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PAIDEIA MIMESIS
PRESENTAZIONE
È evidente che la potenza di quel rendersi simile propria della mimesi va incanalata, regolata,
sottomessa, indirizzata alla costruzione del sé e sottoposta della saggezza dell’educatore. Che deve
essere maestro di sé prima di essere maestro di altri. È così l’ascesi del maestro è la garanzia
dell’ascesi del discepolo.
PREMESSA
FILOSOFARE SULL’EDUCATIVO: è investigare appassionato e serio per guadagnare uno svelamento su
ciò che ha forza di rendere migliore l’uomo e la convivenza di cui questi è parte. Dove rendere migliore
vuole dire rendere più bello, più buono e più giusto. Dove la misura di questa riuscita è la felicità di
ciascuno.
In un moment di crisi come questo si rende necessario tornare ai grandi dinamismi che pertengono
all’umano nell’uomo per attingere energie radicali che consentano di dar fondamento solido e
procedere verso futuri equilibri che abbiano la forza di accendere il vivere dell’uomo con l’uomo. La
consapevolezza che ogni crisi che investe l’uomo è un problema del suo relazionarsi, tale
consapevolezza costringe chi si preoccupa dell’umanarsi dell’uomo al ricercare e all’indagare su di un
movimento che sia alla base del relazionarsi umano, e che esprima lì appartenenza dell’umano e del
non umano a un tutto.
L’opera la Repubblica di Platone si occupa del binomio paideia-mimesis
INTRODUZIONE
Esiste un gioco da bambini che tutti conosciamo: quello in cui si fa come se si fosse qualcun altro o
qualcos’altro. A questo gioco da bambino gli adolescenti e gli adulti, che sono li attorno, non giocano
più, leggono, passeggiano silenziosi, ma non atteggiano più il loro corpo, la loro voce, i loro gesti come
se fossero un animali, un personaggio o qualunque altra cosa che loro ben sanno non essere sé. Se
qualche adulto agisse così in un parco potrebbe incontro a conseguenze sgradevoli. TANTA PAIDEIA
IN OCCIDENTE SI È SPESA PROPRIO PER IMPEDIRE QUEL GIOCO; e che l’inibizione di quel gioco nel
singolo ha conseguenze serie nella convivenza umana. In questa ricerca si afferma implicitamente che
gi adulti non sanno + giocare a quel gioco appunto perché sono educati e che l’educazione che hanno
ricevuto se pur molto diversa, li ha resi adulti ed educati anche nella misura in cui è riuscita ad inibire
quel gioco. Ma se ciò fosse vero cosa nasconderebbe questo gioco di malvagio?
La mia tesi è che l’atteggiamento adulto sarebbe il risultato di una meticolosa azione educativa,
mentre, invece, il gioco in questione sia una dotazione naturale intrinsecamente umana
1–
MIMESIS
MIMESIS: RENDERSI SIMILE SIA NELLA VOCE CHE NEI GESTI A QUALCUNO O QUALCOSA DISTINTO
DA NOI
La più grande condanno operata da Platone alla poesia si è trasformata col tempo alla condanna della
sola mimesis, condanna che si è spinta fino alla messa al bando.
Cos’è far la mimesis?
Rendersi simili a qualcuno è fare la mimesis di quel qualcuno o di quel qualcosa a cui si assimila.
Socrate introduce la mimesis quando è impegnato a distinguere le varie forme di poesia:
Forma DRAMMATICA: totalmente mimesica in quanto il poeta non sembra parlare ma fa come
se fossero i vari personaggi a parlare.
DESCRITTIVA: il poeta non fa alcuna mimesis, ma ci si mostra apertamente come colui che
racconta
MISTA: il poeta mentre interpreta alterna la mimesis al racconto
Per definire questo stile, relativo alla poesia, Platone non si basa sull’osservazione della composizione
dell’opera in quanto oggetto in sé, ma sposta la sua attenzione sul piano dell’interpretazione
dell’opera. L’opera poetica viene riconosciuta attraverso il movimento dell’interpretazione attoriale
dell’opera stessa.
Ma SCARAMUZZO CREDE: sia sufficiente tornare a far rivivere in noi, da adulti, quella capacità che era
viva in noi quando eravamo bambini, e che ci consentiva di giocare a tutti quei giochi in cui si faceva
come se fossimo questo o quell’altro personaggio reale o fantastico. In assenza di un esperire adulto di
questo atto, si corre il rischio di fraintendere completamente cos’è mimesis, e di confonderla con
imitazione.
Platone riconosce alla poesia, nell’attualità in cui vive, lo status di paideia più autorevole e influente ed
è la poesia a dover essere, prima di ogni altra forma di paideia, misurata a fondo e ortogonalizzata e se
necessario anche vietata in talune sue forme, al fine di rendere presente nello stato ideale soltanto
retta paideia.
LE DIMENSIONI PAIDEUTICHE
La mimesis non è qualcosa che concerne soltanto l’agire di chi è poeta, ma il far la mimesis può
appartenere all’agire degli uomini. Platone fa questa semplice scoperta: tutti gli uomini possono fare
quella mimesis che concerne il conformarsi nei gesti e/o nella voce.
La mimesis è qualcosa che si innesta nella paideia o viceversa?
Le due realtà si trovano intrecciate. Anche quella mimesis che si sarebbe portati a valutare come gioco
infantile si rivela infatti paideia che struttura radicalmente il soggetto fino a modellarne la voce, il
pensiero, corpo. Nell’organare platonico paideia e mimesis ci appaiono annodate: si diventa uguali a
ciò di cui si fa la mimesis ma non superficialmente, ma nelle nostre fibre + intime.
È proprio grazie all’approccio corporeo che Platone ci propone una sorta di antropomorfizzazzione di
tutto ciò che per l’uomo è oggetto di conoscenza.
NON SI TRATTA DI UMANIZZARE CIÒ CHE NON È UMANO, QUANTO PIUTTOSTO OFFRIRSI COME
MATERIA PLASMABILE IN QUELLA FORMA CHE PER CERTI VERSI È CREATA E PER ALTRI È PATITA
DAL SOGGETTO.
La mimesis è quella capacità che consente all’uomo di ricreare una qualsiasi realtà attraverso un
processo di trasfigurazione in una forma umana che si assuma in proprio. La mimesis segnala un poter
crearsi esteriore e certamente anche interiore a immagine e somiglianza di qualunque ente, anche
molto diverso da sé.
L’uomo ci mostra di possedere in sé tutte le armonie e tutti i ritmi che sono in natura, e mostra ciò
proprio perché possiede in sé e per sé la capacità mimesica, che gli consente di produrre con il
materiale che lo costituisce ogni genere di mutazione.
Platone tuttavia vede i pericoli della mimesis: nell’uomo dimostra sia la malleabilità sia la
proteiformità dell’uomo stesso, è dinamismo cruciale per la sua formazione, consente di suscitare
dall’esterno l’attivazione di dinamismi interno al soggetto, esponendolo al rischio di essere
manipolato.
In una modernità liquida potrebbe considerarsi come perfettamente educato un uomo in cui le
proprietà di malleabilità e proteiformeità fossero particolarmente allenate. La società della post-
modernità sembra richiedere ai suoi membri un perfezionarsi che è agli antipodi di quello che era
desiderato da Platone per i suoi cittadini. Si avverte qui la straordinaria attualità della riflessione
platonica: egli vede nell’azione paideutica della poesia, cioè nella mimesis che la poesia è in grado di
produrre il rischio di generare qualcosa di molto simile a una società liquida in cui si potrebbe
decretare la morte della paideia come sforzo di edificazione, in cui questa si ritroverebbe asservita a
quella stessa liquidità.
Il solo sviluppo della capacità mimesica non sembra però educare l’uomo e non lo rende una persona
utile per la convivenza anzi al contrario: il virtuoso nella mimesis sarà salutato come un grande artista
degno di molti onori, ma sarà considerato un pericolo sia per l’uomo che ignora la vera natura della
mimesis, sia per la convivenza.
Ma da 401b si apre un nuovo orizzonte: gli stessi effetti sull’interiorità del soggetto provocati dalla
mimesis poetica ci si presentano provocati, suscitati, accessi nel cittadino da qualcosa che non è la
poesia. TUTTE LE CREAZIONI UMANE CHE CI CIRCONDANO SONO MIMESIS.
Il relazionarsi del soggetto con l’opera dell’artefice viene qui svelata attraverso il concetto di
HOMOIOSIS che dice della modalità con cui il soggetto si crea interiormente. Homoiosis costituiva il
tratto essenziale della definizione di mimesis, viene così a distendersi su tutte le poiesi umane.
Anche se l’uomo non produce esteriormente una azione mimesica, sembra tuttavia patirla, la mimesis
sembra in qualche modo prodursi nell’uomo al semplice guardare o ascoltare quello che lo circonda.
Questo movimento ha la forza di creare conformando e opera senza che il soggetto stesso se ne
accorga (NEURONI A SPECCHIO).
Tutte le creazioni di un qualunque artefice sono mimesis, ogni essere umano subisce mimesicamente
qualunque creazione di artefice in cui si imbatte, perché è mimesica la modalità antropologica di
relazionarsi all’altro da sé.
Il bambino non è ancora pronto per vivere la verità ma può ugualmente attraverso la mimesis godere
della bellezza del logos, qui la mimesis avviene naturalmente attraverso il semplice contatto del
bambino attraverso la vista o l’udito con le belle poiesi umane.
In questo ultimo passaggio platonico troviamo esplicitata l’azione mimesica interiore attraverso 3
dinamismi:
1) HOMOIOSIS
2) PHILIA
3) SYMPHONIA
Che arricchiscono cos’è la mimesis di due delicate accezioni.
IL COINVOLGIMENTO CORPOREO
Il permanere di un dinamismo corporeo interiore legato all’homoiosis ci apre l’ipotesi che la mimesis,
nel suo riprodursi interiore, unita alla filosofia consente il vero nutrimento.
Perché ci sia paideia l’occhio si deve girarsi con tutta l’anima.
Se il corpo è girato da un’altra parte non abbiamo paideia. Nello svolgere l’azione educativa a cui sono
preposte la scuola e le altre istituzioni educative, per sortire i risultati sperati per il soggetto di cui si
occupano, potrebbero forse, lasciarsi suggestionare dalla mimesis per ripensare un coinvolgimento
corporeo.
Forse a volte il corpo degli studenti a scuola si ritrova girato in un’altra direzione rispetto a quella in
cui si vorrebbe che l’occhio guardasse. Nodale è per noi preoccupati dell’educativo, capire come
costringere la parte a-razionale dell’anima al voltarsi, cioè come provocarla affinché si giri e si
direzioni liberamente verso il vero oggetto del vedere del logos.
3–
PAIDEIA – MIMESIS
L’agire mimesico nell’aedo è contestato da Platone in quanto egli produce mimesis senza preoccuparsi
di contattare l’essenza di ciò di cui si fa la mimesis. Il poeta come l’attore, così come lo spettatore, sono
contestati in quanto non fanno la mimesis con la profondità esigita dl vero: non ricercano il
rapportarsi al bene in quel qualcosa di cui producono la mimesis e perciò non colgono la relazione
essenziale che realizza quel qualcosa e lo fa un ente, proprio perché considerano quel qualcosa sotanto
per quel che in esso è apparenza.
LA MIMESIS SI PUÒ FARE IN + MODI, ED È UNA CERTA MODALITÀ DI FARE CHE VA CONDANNATA E
ALLONTANATA, NON LA MIMESIS IN QUANTO TALE: QUELLA CONDANNATA È QUELLA CHE HA
COME OGGETTO CIÒ CHE APPARE COSÌ COME APPARE.
L’importante è essere capaci di conoscere, non di fare la mimesis, perchp imprta non il saper far bene
la mimesis ma il fare la mimesis del bene. L’utopia platonica, per quanto concerne la paideia, opera su
due piani qualitativamente distinti ma che richiedono entrambi il ricorso alla mimesis: un piano
TEORETICO: in cui si procede unendo la mimesis alla filo dell’educazione
PRATICO: in cui si procede unendo la mimesis alla paideia che può prodursi anche senza il
piano teoretico, cioè senza preoccuparsi se sia buona o cattiva la paideia che si propone.
Un agire che avrebbe risposto ad entrambi i piani avrebbe fatto di Omero un vero educatore, invece
egli si è limitato ad abitare soltanto il secondo.
ABITARE ENTRAMBI I PIANI È L’IMPEGNO CHE PLATONE PESEGUE PER SE’ E CHE SUGGERISCE A CHI
VUOLE OPERARE PER IL SUO STESSO FINE: RENDERE BELLO E BUONO L’UOMO E LA POLIS.
È la capacità MAIEUTICA che consente a chi e è esperto di riconoscere se l’altro ha generato qualcosa
di vivo che risulta essere determinante per valutare se una azione è per l’uomo e per la convivenza
oppure non lo è.
La più pesante accusa di Platone alla poesia è quella di dire che essa riesca addirittura a guastare le
persone dabbene, eccetto ben poche. Nello Stato va ammessa solo quella poesia costituita da inni agli
dei ed elogi agli onesti.