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proprio compagno di banco invece di crescere nella gioia di scoprire; una società dove
tutta l’economia si fonda sul profitto, privando l’essere umano della sua dignità; una
società dove il progresso deve essere solo crescita; una società dove l’economia ci spinge a
lavorare a ritmi spaventosi per produrre cose per lo più inutili, che poi altre persone,
sempre lavorando a ritmi spaventosi, dovranno comprare. Tutto questo solo per arricchire
pochi, senza dare alcuna felicità a troppi e per di più impoverendo, materialmente ed
umanamente, tantissimi altri. Schiavi del consumo, repellenti all’accrescimento culturale e
delle coscienze. Un imbarbarimento ideale2 più che ideologico; infatti d’ideologia, nella
nostra società-mondo, ce n’è anche troppa e quella dominante che ci sta schiavizzando,
illudendoci di maggiori libertà, è proprio quella neoliberista.!
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G. Leopardi, 1818: “aspirazione o desiderio di natura estetica, morale o intellettuale in contrapposizione agli interessi della vita
materiale”
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Parte prima. La politica dell’Economia!
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I. Che cos’è il finanzcapitalismo!
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Le grandi organizzazioni gerarchiche che usano masse di esseri umani come componenti o
servo-unità sono state definite, già nello scorso secolo, come mega macchine sociali3. Il
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Il capitalismo industriale aveva come motore l’attività manifatturiera, il capitalismo
finanziario si alimenta grazie all’attività speculativa. Si è passati da un’economia reale,
dove il denaro si trasforma in profitto grazie all’intermediazione delle merci (D1-M-D2),
ad un’economia di finzioni contabili e d’ingegneria finanziaria dove il denaro, anche e
soprattutto virtuale, genera altro denaro (D1-D2) senza alcun nesso con l’attività
industriale o commerciale in senso stretto. Una trasformazione tale da stroncare
definitivamente la flebile resistenza marxiana, che derubrica “il Capitale” a nozione
d’archeologia economica. !
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Questo sistema fondato sul nulla, se non sulle scommesse (futures, opzioni e derivati in
genere) e sulla cartolarizzazione, sfruttando la leva finanziaria, ha garantito dei rendimenti
elevatissimi. Questi hanno superato anche il 30 per cento, contrariamente al Pil mondiale
che, da decenni, cresce ad un tasso annuo compreso tra il 3 ed il 5 per cento. Poiché, alla
fine della fiera, profitti e rendite aventi una base reale non possono superare la crescita
della ricchezza prodotta, ci si accorge che qualcosa non torna e che questo surplus di
valore deve, per forza di cose, essere estratto da altre fonti che non sia la sola produzione
industriale.6!
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Purtroppo il capitale è potere e la brama di quest’ultimo genera mostri, così come il
celeberrimo sonno della ragione. Il capitale è il potere di decidere che cosa, come e dove
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e.g. quando si costruisce una casa o una scuola, si elabora una nuova cura, si offre un posto di lavoro retribuito, si piantano degli
alberi…
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e.g. quando si provoca un aumento dei prezzi delle case manipolando i tassi d’interesse o le condizioni dei mutui, si impone un
prezzo artificiosamente alto per la nuova cura, si aumentano i ritmi di lavoro (produttività media del lavoro) a parità di salario, si
distrugge un bosco per farne un parcheggio…
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“Una redistribuzione della ricchezza a spese di altre fonti di reddito realizzata mediante manipolazione di prezzi a scopi
speculativi, salari in flessione, privatizzazione di prestazioni statali o sfruttamento internazionale. La crescita del capitale in forza di
un rendimento più elevato è soltanto un’espressione monetaria nominale. In questo caso essa corrisponde a una inflazione dei titoli
finanziari, a una bolla.” K.H. Brodbeck, 2009
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produrre.7 Il potere di controllare quante persone abbiano diritto ad un lavoro e quante
altre saranno considerate numeri da tagliare; il potere di decidere quali malattie dovranno
essere curate e quali altre trascurate; il potere di stabilire quali debbano essere i prezzi
degli alimenti di base e quindi di scegliere quante persone dovranno morire di fame; il
potere di decidere dove far scoppiare una guerra per approvvigionarsi di una certa risorsa;
il potere di esportare l’illusione di una democrazia manipolata da governi fantoccio
eterodiretti da oligarchie celate.!
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La storia è piena di esempi che mostrano la veridicità dell’assioma citato. Durante la
stesura della mia tesi8 non ho potuto fare a meno di notare le affinità coi nostri tempi e
pensare a come sia affascinante studiare i corsi e ricorsi della storia. Probabilmente, senza i
numerosi interventi finanziari della famiglia Fugger, gli Asburgo oggi non avrebbero quel
posto d’onore che gli si riserva nei libri. Se nel 1519 a Francoforte fosse stato eletto
Francesco I di Francia (1494-1547) a dispetto di Carlo V d’Asburgo (1500-1558) oggi non
sapremmo nulla del sovrano sul cui regno non tramontava mai il sole. Il capitale (sistema
finanziario) è potere (sistema politico) e le due forze sono intimamente intrecciate.!
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Abbiamo assistito all’evoluzione storica del “finanziatore del potere” partendo dal
semplice mercante medioevale, per passare al mercante-banchiere della prima Età
Moderna, quindi alle banche stesse e dalle aziende più facoltose, per arrivare ai giorni
nostri in cui esistono vere e proprie società finanziarie, dette bank holding companies, che
operano in dozzine di settori differenti e che controllano al tempo stesso sia gli istituti
bancari che le compagnie assicurative. !
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L’influenza del sistema finanziario sul sistema politico è aumentata a tal punto da
trasformarsi da semplice strumento a servizio del potere in un capestro per manipolare e
veicolare le strategie politiche stesse. In favore di lauti rendimenti da raccogliere nel breve
periodo, il tutto a discapito del nostro avvenire. A conferma di ciò: gli Investitori
Istituzionali, ovvero coloro che raccolgono i risparmi dei lavoratori per investirli per il
“loro” futuro, gestiscono un capitale di oltre 60 trilioni di dollari, equivalente al Pil del
mondo del 2009. Le loro strategie d’investimento influenzano pesantemente sia le sorti
delle grandi corporation sia quelle dei bilanci statali. Questi detengono oltre la metà di
tutte le società quotate in borsa, per cui hanno un ruolo determinante nel proporre e
imporre politiche sia finanziarie che industriali.!
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Al contrario di quanto si pensi non è stata l’economia, con tutte le sue innovazioni, a
travolgere la politica, bensì è stata la politica ad aver identificato i propri fini con quelli
dell’economia finanziaria, adoperandosi con ogni mezzo per favorire la sua ascesa. La
politica ha abdicato al proprio compito storico di incivilire la convivenza umana
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Durante una delle prime lezioni di Economia Aziendale nel triennio fui sconvolto da un’affermazione della Prof.ssa Sibilio: “la
produzione genera la domanda”. Ingenuamente avevo sempre pensato fosse il contrario, ovvero che siano i bisogni dell’uomo ad
indurre le aziende a creare prodotti che possano soddisfarli. Invece, basta guardare le nostre case e rendersi conto della quantità di
orpelli inutili che ci circondano per capire come stanno le cose. Siamo indotti ad acquistare per soddisfare i nostri bisogni indotti,
talvolta sopraffacendo anche quelli primari.
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“Rico como un Fucar, gli affari dei Fugger con la Corona di Spagna nella Prima Età Moderna”, relatore Prof. F. Guidi Bruscoli,
candidato E. Mungai, 2011
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governando l’economia, contribuendo a trasformare il finanzcapitalismo nel sistema
politico dominante a livello mondiale. Questo sistema è stato capace di unificare le civiltà
preesistenti in una sola civiltà-mondo occidentalizzata, e al tempo stesso di svuotare di
sostanza e di senso il processo democratico.9 !
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II. Una civiltà asservita alla finanza dalla politica!
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Dal 1980 in poi l’economia è stata intensivamente finanziarizzata: il denaro generato
attraverso altro denaro ed anche attraverso il debito, ha preso il sopravvento rispetto ai
criteri guida dell’azione economica ovvero la produzione di merci per mezzo di altre merci
al fine di ottenere un reddito (M1-D-M2). Oggi una banca privata può creare denaro anche
in misura superiore dieci volte rispetto ai depositi in essa effettuati e registrati. In teoria
secondo gli accordi di Basilea I e II, una banca europea sarebbe tenuta ad avere un cassa
almeno 8€ ogni 100€ prestati e quindi dovrebbe limitarsi a concedere prestiti fino ad un
massimo di dodici volte e mezzo il proprio capitale. In realtà attraverso la “finanza
creativa” si riesce a creare debito, e quindi denaro, in misura enormemente superiore. !
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La politica si è impegnata ad adattare la società all’economia, anziché prefiggersi di
regolare l’economia per adattarla alla società. Essa si propone tutt’al più di soccorrere in
ultima istanza coloro che più direttamente sono stati colpiti dalla crisi piuttosto che
tutelare tutti i cittadini dall’insicurezza socio-economica; invece di produrre beni comuni e
tutelare quelli esistente, la politica mette in atto privatizzazioni per lasciarle produrle al
mercato, con finalità di profitto, in sua vece.!
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A partire dagli anni ’80 i confini tra economia e politica sono stati spesso valicati, andando
la prima sovente a condizionare la seconda. I primi interventi che hanno permesso questo
sono stati le eliminazioni di tutte le misure ostative alla libertà di circolazione dei capitali,
la facilitazione delle attività speculative delle banche e la possibilità di produrre strumenti
finanziari sempre più complessi. Il pensiero neoliberale non è stato prerogativa esclusiva
dei politici americani da Reagan (1981-1989) a Clinton (1993-2001), ma anche e soprattutto
dall’intellighenzia europea, con paladini come Mitterand (1981-1995), Thatcher (1979-1990)
e Kohl (1982-1998).!
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Stiamo assistendo da tempo alle cosiddette revolving doors, ovvero alti dirigenti di
istituzioni finanziarie private che diventano ministri o titolari di importanti cariche
pubbliche o viceversa ex ministri che diventano dirigenti di grandi banche. Molti
parlamentari, negli Stati Uniti, si stimano in circa un terzo, una volta finiti gli svariati
mandati sono diventati consulenti di società private alle quali suggeriscono i modi più
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Queste strette relazioni simbiotiche tra politica ed economia sono state rese possibili con
l’appoggio sostanziale dell’ideologia neoliberista, che dopo esser riuscita a pervadere
l’intero sistema culturale, ha promosso e legittimato l’idea che l’intervento dello Stato
nell’economia fosse quanto di più dannoso per l’accrescimento del benessere,
demonizzando lo sviluppo dello stato sociale e l’eccessivo potere attribuito ai sindacati.
Economisti della Scuola Austriaca, della Scuola di Friburgo e più tardi, ma più
incisivamente, della Scuola di Chigago hanno promosso questa dottrina politica, che
riveste i panni di una teoria economica, e che è stata lo strumento tecnico della
controffensiva politica diretta a cancellare, per quanto possibile, le conquiste sociali delle
classi lavoratrici ottenute nel trentennio dopo la seconda Guerra Mondiale: i diritti del
lavoro, i servizi pubblici, i sistemi di protezione sociale, le pensioni. Queste hanno infatti
compiuto nell’arco di una generazione un enorme balzo all’indietro gettando nell’oblio
una grandissima fetta della società. Liceali che non hanno più, se non formalmente, il
diritto allo studio; operai che devono mantenere con il sangue ed i denti il proprio posto di
lavoro; impiegati senza una benché minima prospettiva di carriera; esodati senza né un
lavoro, né una pensione; anziani senza la certezza di poter ricevere le giuste cure mediche
per cui hanno pagato una vita tra tasse ed imposte.!
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I think tanks che hanno potentemente contribuito all’affermazione pressoché globale
dell’ideologia neoliberista, dal dopo guerra ad oggi, sono stati foraggiati da gruppi
finanziari e corporations industriali in diversi paesi. Il Cato Institute e la Heritage
Foundation negli Stati Uniti, l’Adam Smith Institute e l’Institute of Economics Affairs in
Gran Bretagna, la Mont Pelerin Society fondata in Svizzera nel 1947, le Bildelberg
Conferences iniziate in Olanda nel 1952, la Trilateral Commission nata nel 1973 su
iniziativa delle precedenti, hanno prodotto rapporti e memoranda che hanno
considerevolmente influito sull’insegnamento universitario11, sui media e sulle politiche