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Elena Marcheschi
DOI: 10.4000/books.edizionikaplan.620
Editore: Edizioni Kaplan
Luogo di pubblicazione: Torino
Anno di pubblicazione: 2015
Data di messa in linea: 12 gennaio 2018
Collana: Orizzonti
ISBN digitale: 9788899559151
http://books.openedition.org
Edizione cartacea
ISBN: 9788899559007
Numero di pagine: 160
ISBN 978-88-99559-00-7
Videoestetiche dell’emergenza
L’immagine della crisi nella sperimentazione audiovisiva
k a p l a n
Indice
Introduzione 7
Un punto di partenza e un quadro di riferimento
Capitolo 1 21
Geograie dei conlitti
Capitolo 2 51
Emergenza pianeta Terra: incidenti nucleari, calamità naturali e
psicosi collettive
Capitolo 3 75
Società globale, efetti collaterali
Capitolo 4
Contro/informazione e contro/politica 105
Bibliograia 131
Videoilmograia 143
Sitograia 147
1
Questi processi, già avviati nel secolo precedente, sono stati ampiamente analizzati e
studiati da punti di vista diferenti (antropologico, sociale, ilosoico...). Alcune di queste
prospettive, come si avrà modo di rilevare, sono state reimpiegate anche nel presente te-
sto, provando così a ofrire una contestualizzazione più completa alle opere analizzate.
2
Jürgen Habermas in Giovanna Borradori, Filosoia del terrore. Dialoghi con Jürgen Ha-
bermas e Jacques Derrida, Laterza, Roma-Bari, 2003, p. 32.
3
Slavoj Žižek, Welcome to the Desert of the Real: Five Essays on September 11, Verso, Lon-
don-New York, 2002 (tr. it. Benvenuti nel deserto del reale. Cinque saggi sull’11 settembre e
date simili, Meltemi, Roma, 2002, p. 20).
7
Introduzione
opinioni. Questa «catastrofe delle catastroi […] evento degli eventi, o come
lo ha deinito Jean Baudrillard, l’evento che ha posto ine “allo sciopero degli
eventi” cui ci avevano abituato gli anni Novanta»4, ha provocato un’onda
d’urto la cui portata delagrante non solo si è riverberata in ogni compagine
sociale, ma è stata oggetto di rilessione anche nelle pratiche artistiche, nelle
arti visive, nello spettacolo5, nella letteratura 6 e, in generale, in tutte le scienze
umane. In particolare il cinema statunitense, hollywoodiano e non, ha cer-
cato di elaborare il luttuoso trauma storico collettivo, proponendo risposte
attraverso la costruzione di immaginari che potessero contribuire alla rico-
struzione di una identità e di una spiritualità collettiva solidale7, ma anche
dando corpo a grovigli di sentimenti diversi, tra desiderio di rimozione e
impulsi violenti, facendo da specchio e argine a una nazione “rotta”, ferita,
psicologicamente disorientata e da ricostruire 8 .
4
È questa una delle tante interpretazioni che Marco Belpoliti propone in un suo recen-
te e illuminante testo che fotografa le discrasie delle nostra contemporaneità attraverso
una lettura interdisciplinare che ha, tra i principali fulcri di attenzione, anche l’attentato
alle Torri Gemelle. Marco Belpoliti, L’età dell’estremismo, Guanda, Parma, 2014, p. 112.
Le considerazioni di Jean Baudrillard sull’11 settembre e sul terrorismo sono sviluppate
in varie pubblicazioni: Jean Baudrillard, L’esprit du terrorism, «Le Monde», 3 novembre
2001 (tr. it. Lo spirito del terrorismo, Rafaello Cortina, Milano, 2003); Id. Power Inferno,
Galilée, Paris, 2002 (tr. it. Power Inferno, Rafaello Cortina, Milano, 2003); Jean Bau-
drillard, Edgar Morin, La violence du monde, Le Félin, Paris, 2003 (tr. it. La violenza del
mondo. La situazione dopo l’11 settembre, Ibis, Pavia, 2004).
5
Soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito dopo l’11 settembre si sono moltiplicate
le forme di teatro d’impegno politico, con sfaccettature e implicazioni diverse. Cfr. Jenny
Spencer (ed.), Political and Protest heatre After 9/11. Patriotic Dissent, Routledge, New
York-London, 2012.
6
Tra i testi più noti, Jonathan Safran Foer, Extremely Loud & Incredibily Close, Houghton
Milin Harcourt, 2005 (tr. it. Molto forte, incredibilmente vicino, Guanda, Parma, 2005); Don
DeLillo, Falling Man, Picador, London, 2007 (tr. it. L’uomo che cade, Einaudi, Torino, 2008).
Tra gli scrittori che hanno considerato la letteratura un nuovo “fronte” di guerra per la libertà
di parola, razionalità e individualità, si pensi a Ian McEwan, Martin Amis, Philip Pullman.
Sulla loro letteratura “politica”, cfr. Arthur Bradley, Andrew Tate, he New Atheist Novel.
Fiction, Philosophy and Polemic After 9/11, Continuum, London-New York, 2010.
7
Cfr. Giulia Fanara (a cura di), Shooting from Heaven. Trauma e soggettività nel cinema
americano dalla seconda guerra mondiale al post 11 settembre, Bulzoni, Roma, 2012.
8
Cfr. Roy Menarini, Il cinema dopo il cinema. Dieci idee sul cinema americano 2001-2010,
Le Mani, Recco-Genova, 2010; Andrea Bellavita (a cura di), Filming (in) America. Rac-
contare gli Stati Uniti dopo il 9/11, «Segnocinema», 146, luglio-agosto, 2007, pp. 16-33;
Leonardo Gandini, Andrea Bellavita (a cura di), Ventuno per undici. Fare cinema dopo l’11
settembre, Le Mani, Recco-Genova, 2008.
8
Introduzione
9
Franco Marineo, Il cinema del terzo millennio. Immaginari, nuove tecnologie, narrazioni,
Einaudi, Torino, 2014, pp. 6-7.
9
Introduzione
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Introduzione
11
Introduzione
12
Introduzione
autori le cui opere si nutrono di immagini dal vero, per poi accogliere un’im-
maginazione funzionale ad astrarle in connotazioni simboliche.
Inine, resta comunque vivo l’interesse verso i linguaggi televisivi istitu-
zionali, non come modelli da riprodurre, ma per metterne criticamente in
evidenza l’attitudine manipolatoria, il portato alienante e depotenziarne le
pulsioni più sensazionalistico-commerciali.
Gli autori stessi appaiono “deterritorializzati”: pionieri del nuovo millen-
nio, migranti tra formati e linguaggi, “surfano” sull’onda digitale con una
libertà espressiva che non li determina più come cineasti o videomaker, ilm-
maker o documentaristi. Essi viaggiano con presupposti diversi e con mezzi
nuovi verso orizzonti ancora da scoprire, afermandosi come (ri-)produttori
di realtà e immaginari che, per essere compresi, necessitano di approcci di
lettura nuovi e trasversali.
La “deterritorializzazione” di questa produzione ha a che fare anche con la
sua visibilità: non esiste una logistica di fruizione precisa, un suo punto di ap-
prodo naturale. Ai luoghi isici dei festival dedicati, che ancora resistono negli
spazi delle sale cinematograiche, si aggiungono quelli delle gallerie e dei musei
d’arte contemporanea, delle grandi esposizioni d’arte, dei centri culturali più
aperti alla divulgazione dei linguaggi sperimentali. A questi si aianca lo spazio
virtuale della rete, ormai diventata un canale di esposizione che, seppure disper-
sivo, viene utilizzato come potenziale platea mondiale a cui mostrare le proprie
opere, sia come trailer che in formato integrale.
Alla molteplicità di “luoghi” in cui questi lavori trovano dimora corri-
sponde, ovviamente, anche un pubblico multiforme, spinto alla fruizione di
queste opere da interessi diversi e non solamente legato alla pratica esperien-
ziale, immersiva e collettiva della sala, ma anche più mobile e decentrato
come nella fruizione degli spazi d’arte, o assorbito nell’esperienza frontale e
logisticamente variabile dei personal media.
In un suo recente studio, Ivelise Perniola ha individuato in questa ten-
denza al «globalismo audiovisuale» una tra le cause principali che, secondo
lei, hanno determinato la morte del documentario e l’inizio di una deriva
postdocumentaria in cui «l’etica e l’estetica non contano più»20. A mio avviso,
dalla famiglia palestinese al-Haddad e da Yoav Gross e Ehab Tarabieh del B’T selem
Video Department, in cui vengono mostrate “in diretta” le azioni di perquisizione svolte
nella casa di una famiglia palestinese da parte di una milizia israeliana.
20
Ivelise Perniola, L’era postdocumentaria, Mimesis, Milano-Udine, 2014, p. 125. Sulle derive e
prospettive del documentario si faccia riferimento anche a Luciano Barisone, Carlo Chatrian,
Luca Mosso (a cura di), Speciale documentario, «Duellanti», 60, marzo 2010, pp. 60-69.
13
Introduzione
21
Diversi tra gli artisti citati sono emergenti e, inora, meno analizzati e/o valorizzati dalla cri-
tica o inseriti in studi teorici. In tal senso, questo studio ha voluto coscientemente evidenziare
produzioni forse più marginali, ma certamente funzionali nell’assetto generale dell’ambito di
ricerca e del testo e certamente meritevoli di uno spazio di approfondimento.
22
Cfr. Elena Marcheschi, Sguardi eccentrici. Il fantastico nelle arti elettroniche, ETS, Pisa,
2012. Questa tendenza alla ricostruzione di mondi alternativi, di evasioni, utopici e di-
stopici pare essere anche tipica della produzione cinematograica rispetto ai momenti di
crisi. Nel caso della produzione fantastica post 11 settembre cfr. Roy Menarini, Il cinema
dopo il cinema. Dieci idee sul cinema americano 2001-2010, cit., pp. 51-57.
14
Introduzione
23
Questa tendenza al recupero del passato, tra nostalgia, omaggio, fascinazione e riles-
sione, è tipica anche della produzione cinematograica contemporanea. Cfr. Giulia Fana-
ra (a cura di), Il passato nel cinema contemporaneo, Bulzoni, Roma, 2013.
15
Introduzione
24
Cfr. Verso una videosaggistica? in Sandra Lischi, Visioni elettroniche. L’oltre del cinema e
l’arte del video, Scuola Nazionale di Cinema, Roma 2001, pp. 100-103.
25
Un approfondimento sulla genesi e caratteristiche del ilm-saggio (quest’ultime in parte
sovrapponibili all’ambito del video-saggio), è rintracciabile in vari testi, tra questi: Su-
zanne Liandrat-Guigues, Murielle Gagnebin (sous la direction de), L’essai et le cinéma,
Champ Vallon, Seyssel, 2004; Laura Rascaroli, he Personal Camera: Subjective Cinema
and the Essay Film, Walllowers, London, 2009; Laura Rascaroli, he Essay Film as Sublime
heoretical Paradox, in Francesco Casetti, Jane Gaines, Valentina Re (a cura di), Dall’ ini-
zio, alla ine. Teorie del cinema in prospettiva/In the Very Beginning, at the Very End. Film
heories in Perspectives, Forum, Udine, 2010, pp. 265-272; Ivelise Perniola, Chris Marker
o Del ilm-saggio, Lindau, Torino, 2003. Per un interessante approfondimento sul cinema
saggistico ci si riferisca anche a AA. VV., Dossier: Les essais cinématographiques, «Bref. Le
magazine du court métrage», 65, mars-avril 2005, pp. 19-35.
26
«I media sanno rispecchiare e riproporre le misure del tempo [...]», Francesco Casetti,
L’occhio del Novecento. Cinema, esperienza, modernità, Bompiani, Milano, 2005, p. 32.
16
Introduzione
17
Introduzione
stravolta delle realtà più crudeli, appare come l’unica soluzione possibile per
renderle più sopportabili, mantenendo gli spettatori a una distanza di sicurezza,
quasi per proteggerli. L’irrapresentabilità del reale, attraverso l’ampliicazione
mitigata resa possibile dall’immaginazione e la creatività, diventa così accetta-
bile. In tal modo, le immagini possono continuare ad avere un valore estetico,
mantenendo un signiicato etico. Riprendendo le rilessioni elaborate da Geor-
ges Didi-Huberman nei suoi scritti, queste opere diventano anch’esse «l’occhio
della storia» con la loro «tenace vocazione a rendere visibile il mondo»30, arri-
vano da esso per essere restituite generosamente dagli artisti, ogni pezzo come
parte di ciò che egli deinisce «luogo del comune»31. Entrare in quella dimensio-
ne dove «le immagini ci abbracciano»32 implica prendere coscienza, attraverso
un’etica dello sguardo, di ciò che ci circonda e, tra evidenza e immaginazione,
arrivare a vedere e a comprendere meglio il tutto: noi stessi, il mondo, la storia.
30
Georges Didi-Huberman, Images malgré tout, Les Éditions de Minuit, Paris, 2003 (tr.
it. Immagini malgrado tutto, Rafaello Cortina, Milano, 20052, p. 59-60).
31
Georges Didi-Huberman, Rendere un’ immagine, «Aut Aut», 348, ottobre-dicembre
2010, p. 27. Il saggio si concentra soprattutto sull’opera di Harun Farocki.
32
Georges Didi-Huberman, L’ image ouverte. Motifs de l’ incarnation dans les arts visuels,
Gallimard, Paris, 2007 (tr. it. L’ immagine aperta. Motivi delle incarnazioni delle arti visi-
ve, Mondadori, Milano, 2008, p. 1).
18
Introduzione
19
Capitolo 1
1
Per un approfondimento delle panoramiche storiche e relazionali tra cinema e guerra si
è fatto riferimento a Giaime Alonge, Cinema e guerra. Il ilm, la grande guerra e l’ immagi-
nario bellico del Novecento, Utet, Torino, 2001 e a Paul Virilio, Guerre et cinéma. Logisti-
que de la perception, L’Étoile, Paris, 1989 (tr. it. Guerra e cinema. Logistica della percezione,
Lindau, Torino, 20022). Il testo di Virilio, in particolare, si concentra sulle evoluzioni
tecnologiche legate allo sguardo che hanno modiicato la percezione dei campi di batta-
glia durante il secolo. Per un’interessante interpretazione della fotograia di guerra e del
suo signiicato in relazione anche ai contesti culturali e politici di riferimento si leggano
anche Caroline Brothers, War and Photography, a Cultural History, Routledge, London-
New York, 1997 e Susan Sontag, Regarding the Pain of the Others, Farrar, Straus and
Giroux, New York, 2003 (tr. it. Davanti al dolore degli altri, Mondadori, Milano, 2003).
2
Il dibattito attuale sulla fotograia e l’avvento del digitale verte sul suo statuto episte-
miologico e sulla possibilità di considerarla come produttrice di “veri” documenti storici
in un’epoca dominata dai media. Queste tematiche sono rintracciabili in diversi saggi
recenti, tra questi: Giovanni Fiorentino, L’occhio che uccide. La fotograia e la guerra: im-
21
Capitolo 1
maginario, torture, orrori, Meltemi, Roma, 2004; Vita Fortunati, Le immagini di guerra.
Una complessa mediazione tra documento storico e inzione, Rita Monticelli, La fotograia
nel trauma della comunicazione mediatica, in Vita Fortunati, Daniela Fortezza, Maurizio
Ascari (a cura di), Conlitti. Strategie di rappresentazione della guerra nella cultura contem-
poranea, Meltemi, Roma, 2008, pp. 95-110. Il tema della manipolazione delle immagini
digitali e del rapporto che intrattengono col reale è stato oggetto di un’interessante mo-
stra tenuta al Centro di Cultura Contemporanea Strozzina di Firenze da settembre 2009
a gennaio 2010, dal titolo Realtà manipolate. Come le immagini rideiniscono il mondo,
curata da Franziska Nori e il cui catalogo riporta stimolanti saggi sull’evoluzione della
fotograia e il suo nuovo assetto nell’era digitale (Alias, Firenze, 2009).
3
Cfr. Leonardo Quaresima, Alessandra Raengo, Laura Vichi (a cura di), La nascita dei ge-
neri cinematograici, Forum, Udine, 1999; Giaime Alonge, Roy Menarini, Massimo Mo-
retti, Il cinema di guerra americano, 1968-1999, Le Mani, Genova, 1999; Stefano Alpini,
Visioni di guerra. La fabbrica del consenso nel cinema hollywoodiano, ETS, Pisa, 2011. Si è
concentrata sulle tematiche del cinema di guerra più attuale il focus Radiograie. Obiettivo
nemico, a cura di Gianni Canova, Luciano Barisone, Carlo Chatrian, Alessandro Matella,
Massimo Rota, Franco Marineo, «Duellanti», 37, novembre-dicembre 2007, pp. 5-18.
4
Cfr. il capitolo di Massimo Moretti, La cicatrice interiore. Hollywood e il Vietnam lontano
dal Vietnam, in Giaime Alonge, Roy Menarini, Massimo Moretti, Il cinema di guerra
americano, cit., pp. 49-66. Un importante contributo sulla copertura mediatica di vari
scenari di guerra del Novecento è quello del noto giornalista neozelandese Peter Arnett,
Live from the Battleield: From Vietnam to Baghdad, 35 Years in the World’s War Zones,
Simon and Schuster, New York, 1994 (tr. it. Campi di battaglia. Dal Vietnam a Baghdad,
Sperling & Kupfer, Milano, 1994). E sulla copertura televisiva delle guerre, dal Vietnam
alla Guerra del Golfo, si faccia riferimento a Bruce Cumings, War and Television, Verso,
London-New Yor, 1992 (tr. it. Guerra e televisione, Baskerville, Bologna, 1993).
5
Scriveva Marc Ferro in Cinema e Storia, oltre trent’anni fa: «Oggi, con il difondersi del
super8, siamo a una nuova tappa: il cinema può diventare, in modo ancora più attivo,
strumento per una presa di coscienza sociale o culturale; pertanto la società non è più
soltanto un oggetto d’analisi, in cui ciò che viene ilmato svolge il ruolo del buon sel-
vaggio a uso di un nuovo colonizzatore: il militante cameraman. Non più “oggetto” per
una “avanguardia”, la società può d’ora innanzi farsi carico di se stessa. Questo potrebbe
22
Geograie dei conlitti
essere il senso del passaggio dai ilm dei militanti ai ilm militanti». Marc Ferro, Cinéma
et Histoire. Le cinéma, agent et source de l’ histoire, Denoël-Gonthier, Paris, 1977 (tr. it.
Cinema e storia. Linee per una ricerca, Feltrinelli, Milano, 1980, p. 11).
6
Al momento della stesura di questo volume, in Italia sono in corso varie mostre che
rilettono sulla guerra a partire dal centenario del primo conlitto mondiale: mi limito
a segnalare La guerra che verrà non è la prima. Grande guerra 1914 – 2014 al MART di
Rovereto e Afterimage. Rappresentazioni del conlitto alla Galleria Civica di Trento.
7
Vita Fortunati, Daniela Fortezza, Maurizio Ascari (a cura di), Conlitti. Strategie di
rappresentazione della guerra nella cultura contemporanea, cit., pp. 9-10.
23
Capitolo 1
24
Geograie dei conlitti
12
L’itinerario artistico di Gianni Toti, protagonista della videoarte internazionale, ma
anche scrittore, giornalista, poeta, cineasta e molto altro, è ricostruito e ripercorso in
modo approfondito nella prima monograia italiana a lui dedicata, vd. Sandra Lischi,
Silvia Moretti (a cura di), Gianni Toti o della poetronica, ETS, Pisa, 2012.
13
Biograia e produzione audiovisiva rintracciabili al sito uiciale dell’artista http://www.
alessandroamaducci.net.
14
Il video, presentato alla 52a Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia nel 2007, è
visibile alla pagina http://paolocanevari.it/bouncing-skull/ del sito personale dell’artista.
25
Capitolo 1
anche l’artista olandese Aernout Mik con l’installazione Raw Footage (2006)15
ha lavorato sulla guerra civile nella ex Jugoslavia, mostrando un montaggio di
riprese televisive scartate dalle agenzie giornalistiche perché non considerate
signiicative per i loro servizi, ma che in realtà mostrano tutta la crudezza dei
fatti dell’epoca.
E i grandi conlitti, la violenza coloniale, gli esili sono temi cruciali nel-
le installazioni, nei ilm e nei video di Yervant Gianikian e Angela Ricci
Lucchi16, i quali hanno lavorato sui ilm recuperati negli archivi dei grandi
cineasti del passato come Luca Comerio, pioniere del cinema italiano e primo
produttore cinematograico milanese, o ritrovati anche durante avventurosi
viaggi nei paesi teatro dei grandi conlitti bellici, ma anche politici e sociali,
avvenuti nel secolo scorso come la ex Jugoslavia, l’Armenia, l’Africa, l’India.
Tra le varie produzioni penso al recente documentario Pays Barbare (Francia,
2013, 65’), rilessione sui materiali riguardanti l’Etiopia coloniale italiana,
oppure alla trilogia Prigionieri della guerra 1914-1918 (Italia, 1995, 64’), Su
tutte le vette è pace (Italia, 1998, 71’), Oh, uomo! (Italia, 2004, 70’) dedicata
alla Prima guerra mondiale, ma anche al Trittico del Novecento (Il corpo ferito,
Aux vainçus, Terrorismo), 2002-2008, presentato nella mostra a loro dedicata
alla Fondazione Hangar Bicocca di Milano nel 201217 come videoinstallazio-
ne a cinque canali in cui vengono narrate le conseguenze terribili delle guerre
del XX secolo.
Anche le videocreazioni animate dell’artista di origine tedesca Michaël
Gaumnitz ci parlano dei conlitti mondiali, proponendo letture originali e
visionarie come in Premier Noël dans le tranchées (Francia, 2005, 52’) o Seuls
contre Hitler (Francia, 2012, 52’).
Le dieci opere analizzate nel percorso di questo capitolo si muovono su
due direttrici: da un lato raccontano storie di conlitti recenti speciici, dall’al-
tro svolgono un’aperta critica alle strategie ofensive militari seguite dagli Sta-
ti Uniti, prima e dopo l’11 settembre.
In alcuni casi (si vedano le opere di Brandner, Abdul, Baechtold, Madan-
15
Una documentazione dell’installazione è visibile alla pagina http://www.strozzina.org/
manipulatingreality/e_mik.php.
16
Tra le pubblicazioni recenti sulla coppia di artisti si veda Rinaldo Censi, Gianikian e
Ricci Lucchi, Starter, Milano, 2013.
17
La mostra intitolata NON NON NON, curata da Andrea Lissoni e Chiara Bertola,
è stata visitabile alla Fondazione Hangar Bicocca di Milano dal 12 aprile al 10 giugno
2012. Informazioni reperibili alla pagina http://www.hangarbicocca.org/mostre/in-cor-
so/non-non-non.
26
Geograie dei conlitti
18
E, tra i vari riferimenti possibili, l’ispirazione non può che venire da registi come Jean-
Luc Godard, Joris Ivens, Chris Marker...
19
Su queste tematiche confronta Jefrey C. Alexander, et. al., Cultural Trauma and Collec-
tive Identity, University of California Press, Berkeley, 2004 e Dominick LaCapra, Writing
History, Writing Trauma, John Hopkins University Press, Baltimore, 2001. L’impiego
della letteratura, delle pratiche cinematograiche e di altri strumenti come la politica
militante vengono indicati come eicaci modalità di reinterpretazione e superamento
del trauma anche nel libro di Cathy Caruth (ed.), Trauma: Explorations in Memory, John
Hopkins University Press, Baltimore-London, 1995.
27
Capitolo 1
20
Per maggiori informazioni sulla biograia e sulla produzione dell’artista si faccia riferi-
mento al sito personale http://www.enimation.at/enimation/biography.html e al canale
Vimeo http://vimeo.com/user4325603 dove il video è visibile.
21
Border è il titolo internazionale del video. In realtà il titolo completo è composto da
molti termini ripresi dalle varie lingue europee, per designare il senso di “conine”: grenze,
granica, frontiere, grens... L’idea di base è quella di ricercare il senso di una connessio-
ne e di una identità europea anche a partire dalle radici del linguaggio. Un’intervista
di approfondimento all’artista è rintracciabile sul sito http://www.labkultur.tv/en/blog/
houses-can-tell-their-own-stories.
28
Geograie dei conlitti
zone limitrofe all’area del conine temporaneo della mai riconosciuta (anche
a livello internazionale) Repubblica della Serbia Krajina. Rispetto alle tra-
giche e complesse vicende che tra il 1991 e il 1995 hanno interessato la ex
Jugoslavia, questo territorio è diventato uno dei punti cruciali della guerra 22.
Il titolo del video allude infatti ai conini che dividono due etnie, la serba e
la croata, con le rispettive culture e religioni. Dopo dodici anni dalla ine del
conlitto, le tracce della violenza devastatrice sono ancora presenti, tutto è
rimasto bloccato e inalterato nel tempo. Le case, distrutte dagli ordigni bellici
e saccheggiate, si erigono mutilate e incerte in un territorio ancora insicuro e
disseminato di mine antiuomo. Con la loro tetra presenza, queste costruzioni
violate si trasformano in luoghi sacri di memoria e gridano mute la propria
storia ainché le atrocità commesse non possano mai essere dimenticate. A
partire dall’osservazione di queste “carcasse architettoniche” e dopo diversi
sopralluoghi, Eni Brandner ha realizzato una videoanimazione sperimenta-
le, cucendo insieme una enorme quantità di fotograie, ricomponendo false
carrellate e movimenti di telecamera che, pur provvisoriamente, ridonano
un’illusione di vita ai luoghi e agli ediici23. Un avvicendarsi di asperità, mac-
chie, crepe, buchi e solchi guidano lo sguardo da sinistra verso destra, in un
movimento che poi diventa caotico e l’aiorare di voragini, sostenuto da una
musica empatica che riporta alla mente le delagrazioni delle bombe, apre
scorci di assoluta distruzione: lo sguardo trapassa case squarciate, vi inciam-
pa dentro, sorpassa tetti divelti e inestre deformate e poi si ritrae in modo
frenetico e scomposto, si pone a distanza per poi riprendere a scivolare in un
percorso a ritroso, verso sinistra. I muri sembrano sgretolarsi da soli e versare
22
Per un approfondimento sulla storia della guerra in Jugoslavia si veda il contributo dello
storico Joze Pirjevec, Le guerre jugoslave: 1991-1999, Einaudi, Torino, 2001.
23
La questione complessa delle relazioni tra immagini isse e immagini in movimento è
stata afrontata dal dibattito critico legato allo studio delle relazioni tra cinema e video.
Tra i testi più signiicativi di ambito francese si faccia riferimento a Raymond Bellour,
L’entre-images, Diference, Paris, 2003 (tr. it. Fra le immagini. Fotograia, cinema, vi-
deo, Mondadori, Milano, 2007); Philippe Dubois, La quéstion vidéo. Entre cinéma et art
contemporain, cit. In ambito italiano ci si riferisca a Bruno Di Marino, Pose in movi-
mento. Fotograia e cinema, Bollati-Boringhieri, Torino, 2009 e, per quanto riguarda in
modo speciico la questione legata all’impiego dell’animazione digitale, Giaime Alonge,
Alessandro Amaducci, Passo uno. L’ immagine animata dal cinema al digitale, Lindau,
Torino, 2003. Ha proposto un dibattito su queste e altre tematiche il recente convegno
internazionale Fotograia e culture visuali nel XXI secolo: “ la svolta iconica” e l’Italia, tenuto
a Roma dal 3 al 5 dicembre 2014 e organizzato dal prof. Enrico Menduni dell’Università
di Roma Tre.
29
Capitolo 1
24
Approfondimenti sulla biograia dell’artista sono rintracciabili in vari siti, tra questi
si consiglia ovviamente la consultazione di quello uiciale http://www.marthacolburn.
com/. Parte delle produzioni audiovisive sono visibili sul canale Vimeo http://vimeo.com/
user3121966, dove Triumph of the Wild appare solamente come trailer.
30
Geograie dei conlitti
25
Il titolo, con un ovvio gioco di parole, allude al ilm di propaganda nazista Triumph des
Willens di Leni Riefensthal.
26
Cfr. Max Golberg, Interviews | Stop Making Sense: Martha Colburn’s Anxious Anima-
tion in http://cinema-scope.com/cinema-scope-magazine/interviews-stop-making-sense-
martha-colburns-anxious-animations/.
27
Ibidem.
28
Un’interessante descrizione del processo lavorativo che l’artista afronta nei propri lavori è leg-
gibile anche nell’intervista di Brian Boucher, Martha Colburn, apparso alla pagina http://www.
31
Capitolo 1
a muovere sui diversi piani disegni, ritagli ed elementi di puzzles, Colburn dà vita
a una sovrapposizione frenetica di azioni ed eventi che poi ha ilmato a passo uno
con la pellicola 16mm29. L’universo esplorato combina insieme la ferocia naturale
degli animali alla violenza cieca degli uomini, rilette sui concetti di cacciato e di
cacciatore, di preda e predatore, combina insieme l’entropia naturale delle aree
selvagge al disordine innaturale delle zone di guerra. I vari aspetti della paura, della
distruzione e della morte vengono riproposti attraverso un linguaggio che a prima
vista può sembrare ingenuamente fanciullesco ma che, nello svolgimento del ilm,
dimostra una profondità intellettuale ed empatica attingendo ai fatti del reale per
darne una trasposizione simbolica e metaforica, quasi a cercare una distanza di
sicurezza al riparo dalla violenza. Nel suo breve svolgimento e attraverso la forza
dirompente della sua accuratissima impaginazione, il lavoro è l’amara allegoria di
una storia che sembra non riuscire a impartire mai una lezione, ma lancia anche
una critica all’apparente necessità che gli uomini e gli stati hanno di rigenerarsi e
ritrovarsi attraverso le guerre, puntando il dito verso quel conine, apparentemente
labilissimo, che distingue l’agire umano da quello degli animali.
32
Geograie dei conlitti
33
Capitolo 1
34
Geograie dei conlitti
35
Capitolo 1
Con una capacità poetica delicata e una sensibilità rigeneratrice tutta fem-
38
Il video è visibile alla pagina Vimeo https://vimeo.com/60612832.
39
Cfr. l’intervista What We Choose to Overlook. Lida Abdul in Conversation with Sara
Raza, alla pagina web http://www.ibraaz.org/interviews/43.
40
Ibidem. La traduzione è mia.
36
Geograie dei conlitti
Nel paese della gafe (di non aver saputo evitare dieci anni di guerra civile
stupida quanto barbara) non resta granché a parte la confusione di una
società esplosa. Tuttavia da questa confusione subliminale emergono a
volte dei denominatori comuni – futili o essenziali – come il colore giallo
dei taxi, le barbe e i turbanti, la preghiera e le armi, i ricchi o i poveri, o
le strade dissestate che formano la trama del racconto. […] Non vi è qui
rappresentato un lavoro da giornalista, ma un afresco animato di un fo-
tografo, testimone sbalordito di un paese sublime42.
41
Questa frase è diventata il titolo della prima mostra personale che Lida Abdul ha tenuto
a Parigi presso la Fondation Calouste Gulbenkian dal 22 gennaio al 30 marzo 2014. Vd.
http://www.gulbenkian-paris.org/images/documents/fondation_gulbenkian_cp_lida_
abdul_2014.pdf.
42
Simonetta Cargioli, Claude Baechtold, Voyage sublime au pays du Gafghanistan, in Si-
monetta Cargioli, Sandra Lischi (a cura di), Istantanee/Instant Images, INVIDEO. Mostra
internazionale di video e cinema oltre, catalogo XIII edizione, A+G, Milano, 2003, p. 45.
37
Capitolo 1
L’approccio di Baechtold al paese è diretto e coinvolto e ciò che resta più im-
presso nella memoria dello spettatore non è l’atmosfera disperata di una guerra,
benché non manchino le immagini delle armi e dei guerriglieri, o il grigiore di un
paesaggio punteggiato da relitti e rovine. Quello che più colpisce è la rappresenta-
zione festosa di una vita che procede nonostante tutto, ricca di colori, di momenti
di vita quotidiana e intima, di animali al pascolo, di campi faticosamente coltivati,
di scuole e di bambini. Lo spirito del reportage si mantiene in una condensazione
di scatti che, osservati al ralenti, mostrano l’andamento del viaggio dell’autore, ma
il viaggio isico, con la sua scansione temporale naturale, viene nel video trasfor-
mata in un’euforia ilmica, in cui non solo grazie agli accostamenti degli scatti si
crea (in certi momenti) un’illusione di movimento “cinematograico”, ma si ribalta
tutta la percezione di un paese additato come covo del terrorismo, portatore di
morte e violenza. E questo ribaltamento morte/vita avviene attraverso la rivisitazio-
ne del materiale fotograico non più inteso, come sostiene Philippe Dubois, come
qualcosa di relativo al passato, irrimediabilmente perso, così come Euridice agli
occhi di Orfeo43. Baechtold al contrario, grazie al digitale, “ri-anima” letteralmente
le immagini, le fa scorrere con impulso vitale. Questo afastellarsi di volti, forme
e colori ci porta a rilettere sul rapporto stesso tra issità fotograica, movimento
cinematograico e trasformazione digitale, regalandoci l’insolita narrazione di un
paese non più terribile come dipinto dalla comunicazione mediatica, ma da rileg-
gere (così come l’immagine fotograica) e poter riscoprire sublime.
43
Cfr. Philippe Dubois, L’acte photographique, Labor, Bruxelles, 1983 (tr. it. L’atto foto-
graico, Quattro Venti, Urbino, 1996, pp. 92-93). La relazione “amorosa” tra fotograia
e morte è stata descritta da molti studiosi e critici, tra questi cito il notissimo Roland
Barthes, La Chambre claire: note sur la photographie, Gallimard-Éditions du Seuil, Paris,
1980 (tr. it. La camera chiara: nota sulla fotograia, Einaudi, Torino, 1980) e John Berger,
he Sense of Sight: Writings, Pantheon, New York, 1985.
44
Una ricostruzione della storia politica dei territori compresi tra Marocco e Iran nell’ar-
co dei secoli, ino a giungere all’analisi delle “primavere” arabe che hanno modiicato il
quadro politico del Medio Oriente Arabo è delineata in vari testi dello storico Massi-
38
Geograie dei conlitti
mo Campanini, tra questi Storia del Medio Oriente contemporaneo, il Mulino, Bologna,
2014 4. Sull’analisi del conlitto israelo-palestinese e sui possibili scenari di pace, si legga
Noam Chomsky, Ilan Pappé, Gaza in Crisis: Relections on Israel’s War Against Palestin-
ians, Haymarket Books, Chicago, 2010 (tr. it. Ultima fermata Gaza. Dove ci porta la
guerra di Israele contro i palestinesi, Ponte alle Grazie, Milano, 2010).
45
Oltre al lavoro delle artiste qui analizzato, penso anche ai percorsi artistici di Omer
Fast, Rabih Mroué, Ahlam Shibli, Akram Zaatari, che spesso hanno prodotto opere lega-
te alla situazione medio-orientale.
46
Rilette su queste tematiche e sulla produzione ilmica nord-americana legata alla
questione israelo-palestinese lo studioso americano Terri Ginsberg nell’articolo Radical
Rationalism as Cinema Aesthetics: he Palestinian Israeli Conlict in North-America Docu-
mentary and Experimental Film, «Situations: Project of the Radical Imagination», IV, 1,
2011, pp. 91-115. Lo stesso Ginsberg ha co-curato un volume sulla produzione cinema-
tograica prodotta nei territori che vanno dal Marocco agli Emirati Arabi, includendo
anche gli stati non musulmani: Terri Ginsberg, Chris Lippard (eds.), Historical Dictionary
of Middle East Cinema, Scarecrow Press, Lanham Md., 2010.
47
Informazioni complete sulla biograia dell’artista sono rintracciabili sul suo sito uicia-
le http://www.madansky.com/.
39
Capitolo 1
40
Geograie dei conlitti
51
Il video è visibile sul canale Vimeo dell’artista alla pagina https://vimeo.com/
groups/269503/videos/80614427.
52
Tra i vari siti, la biograia dell’artista è presente sul sito uiciale alla pagina http://
yaelbartana.com/.
53
Bartana ha rappresentato la Polonia alla 54a Esposizione Internazionale d’Arte di Vene-
zia nel 2011 con la trilogia video … and Europe Will Be Stunned (2007-2011), focalizzata
sulle attività del Movimento per la rinascita degli ebrei in Polonia, un gruppo politico che
auspica il ritorno di tre milioni e trecentomila ebrei nella terra dei loro avi. Cfr. Bice Curi-
ger, Giovanni Carmine (a cura di), Illuminazioni, 54a Esposizione d’Arte Internazionale,
La Biennale di Venezia, Marsilio, Venezia, 2011, pp. 418-419.
41
Capitolo 1
Il video, presentato a Kassel in una stanza raccolta con una struttura a gra-
doni che ricordava la Assembly Hall in cui venivano tenute le prime conferen-
ze, i primi spettacoli e le prime proiezioni cinematograiche del nascente stato
socialista di Israele54, documenta le azioni del quarto campo estivo tenuto dal
gruppo ICAHD, Israeli Committee Against House Demolition55. Lo spettatore
vede all’opera un gruppo eterogeneo di persone costituito da cittadini israeliani,
palestinesi e di altre provenienze, che collaborano alla ricostruzione di una casa
nel villaggio di Anata, demolita dalle autorità israeliane nel dicembre del 200556.
Anata è un villaggio palestinese situato nelle vicinanze di Gerusalemme, le cui
terre sono state parzialmente annesse dallo stato di Israele durante l’occupazione
della parte est della città nel 1967. Oggi esiste una sorta di conine invisibile tra
i territori di pertinenza israeliana e palestinese, problema che ovviamente crea il
presupposto per continui scontri. Il gruppo dell’ICAHD, impegnato in azioni
di resistenza non violenta, agisce contro la distruzione delle case palestinesi nei
territori occupati ricostruendole, ma di fatto questa forma di resistenza sembra
essere precaria e pressoché inutile in quanto, non avendo il permesso per farlo,
verosimilmente le nuove abitazioni verranno ridemolite dallo stato di Israele.
Le prime immagini di Summer Camp mostrano una lunga carrellata sulle
macerie dell’ediicio demolito, seguita dall’immagine di due bulldozer, una
jeep dell’esercito e un uomo a cavallo di un somaro mentre si allontanano dal
luogo. Il meticoloso ritratto della location viene accompagnato da un altro
ritratto, quello del gruppo di persone in maglietta e cappellino verde che,
come turisti, arrivano sul posto, si orientano, scattano foto. Nelle immagini
successive il gruppo solidale, composto da uomini e donne di tutte le età,
inizia a ripulire l’area e a lavorare alla ricostruzione della casa. Riprese lente e
attente colgono particolari e dettagli delle operazioni, mettendo in particola-
re risalto la polvere, i detriti, gli attrezzi utilizzati, l’impegno isico, la fatica,
il sudore, ino all’ultimazione della costruzione. Nel documentare l’intensità
54
Cfr. Roger M. Buergel, Ruth Noack (eds.), Documenta Kassel, 16/06-23/09 2007, Ta-
schen, Köln, 2007, p. 218.
55
In altre occasioni l’installazione è stata realizzata con la doppia proiezione speculare di
Summer Camp e di alcuni estratti del ilm di Helmar Lersky Awodah (1935). Cfr. A Con-
versation Between Yael Bartana, Galit Eilat and Charles Esche, in Joa Ljunberg (ed.), Yael
Bartana. And Europe Will Be Stunned, catalogue exhibition Moderna Museet, Malmö,
May 22-September 19 2010, Revolver, Malmö-Berlin, 2010, p. 94.
56
Le informazioni riportate sono state reperite nel saggio di Galit Eilat, Non-Zionist
Propaganda, in Sergio Edelsztein (ed.), Yael Bartana. Short Memory, catalogo mostra, he
Center for Contemporary Art, April 2008-June 2008, Tel Aviv, 2008, pp. 105-109.
42
Geograie dei conlitti
57
Cfr. Sergio Edelsztein, Utopias and Historical Reversibility: Yael Bartana’s New Works, in
Yael Bartana. Short Memory, cit., pp. 25-30.
58
Come scrive Volker Pantenburg in un suo articolo: «Awodah starts with numerous
dissolves of feet and legs, wandering through barren soil, across plains and mountains,
rocks and stones. It ends self-consciously with the lag of the Star of David blowing in
the wind. In the ifty minutes between the shots of the feet and those of the lag, land is
cultivated. he ilm shows the settlers desperately drilling for water, mostly without suc-
cess, until — in an impressive montage reminiscent of Sergei Eisenstein’s Staroye i Novoye
(Old and New or he General Line, 1929) and its famous cream separator sequence – water
inally sputters from a spout, gushes through the irrigation ditches, feeds the crops and
provides for a copious harvest. he transition that Awodah propagates is one from the
homeless and tired traveller to the successful and happy pioneer settler; from exhaustion
to triumph and prosperity; from the individual quest to the nation state». Volker Panten-
burg, Loudspeaker and Flag: Yael Bartana, from Documentation to Conjuration, «Afterall»,
30, Summer 2012, rintracciabile alla pagina http://www.afterall.org/journal/issue.30/
loudspeaker-and-lag-yael-bartana-from-documentation-to-conjuration.
43
Capitolo 1
44
Geograie dei conlitti
45
Capitolo 1
Il gioco dadaista della capriola di senso diventa qui analisi dura e implaca-
bile, sempre condotta fra voce e materiali d’archivio, vecchi ilm tutt’altro
che innocui, immagini di provenienza diversissima eppure compatte: un
muro ideologico insormontabile, la scientiica costruzione della paura in
un collage mediatico fatto di racconti che si presentano come inofensivi
[…]63.
63
Sandra Lischi, Su canecapovolto, in AA.VV., Canecapovolto. Il futuro è obsoleto (1992-
2002), cofanetto 3 DVD + libro, malastrada.ilm, Catania, 2009, p. 17.
46
Geograie dei conlitti
Con An Example of Just and Fair Punishment64, il gruppo spinge oltre lo stile
già composito adottato in Impero, scavalcando il documentario e adottando una
veste più luida e videoartistica (molti sono gli efetti impiegati), con una ricchis-
sima impaginazione di immagini e testi in sovrimpressione che segue anche le
logiche ritmiche del videoclip. Le tematiche del terrorismo e dell’espansionismo
“in nome di Dio” vengono qui trattate con stile ancor più provocatorio, stabilen-
do un parallelo tra alcuni brani del Vecchio Testamento dalla connotazione evi-
dentemente violenta e sanguinaria e un vasto complesso di estratti da immagini
di repertorio di varia natura (documentari, ilm, giornali...), che mostrano azioni
militari, guerre, fanatismi religiosi, armi, morti, stragi. Onore, fedeltà, senso del
dovere e altri concetti ricorrenti nella retorica bellica e patriottica vengono po-
sizionati specularmente a concetti di matrice religiosa radicale, dove vendetta e
distruzione intercettano nel sacriicio e nella morte gli estremi gesti di martirio
in nome di Dio. Ed è seguendo la follia inverosimile di questa retorica sanguina-
ria che il gruppo proila nel video anche la pianiicazione di un attacco degli Stati
Uniti contro la Cina, espansa a dismisura sul territorio africano unicamente per
tornaconto economico.
Giocando con le immagini, facendole entrare in consonanze e dissonanze
produttive di sensi e controsensi, ma anche componendo complessi panorami
sonori iperstratiicati, ricchi di inserti musicali, stralci di discorsi politici e
militari e sonorità elettroniche, Canecapovolto strizza l’occhio alle teorie e
alle strategie audiovisive rivoluzionarie auspicate e (parzialmente) attuate dal-
le avanguardie storiche e a una certa “ruvidezza” di marca underground, svi-
scerando analisi e denuncia politica attraverso un linguaggio sperimentale in
cui realtà e verosimiglianza si mescolano generando inquietanti interrogativi.
Tra brusche sollecitazioni e cinici spiazzamenti lo spettatore viene così invita-
to a pensare, a scoprire, a credere o a dubitare e a trovare il proprio percorso
per ricomporre la verità tramite e oltre i ferali messaggi stridenti dei media.
64
Il titolo è ripreso dal Levitico.
47
Capitolo 1
65
Per un’analisi dei fenomeni geopolitici e geostrategici meno presenti nella comunica-
zione dei mass media tradizionali è possibile consultare le informazioni presenti sul sito
dell’Osservatorio Mashrek. Rispetto alle guerre “invisibili” si può fare riferimento alla
pagina http://www.osservatoriomashrek.com/2015-le-guerre-invisibili/.
66
Mosse ha lavorato in équipe come embedded journalist insieme al cineoperatore, diret-
tore della fotograia e del montaggio Trevor Tweeten e al compositore, musicista, pro-
duttore discograico Ben Frost. Il sito dell’artista è consultabile alla pagina http://www.
richardmosse.com/.
67
L’intervista è visibile sul canale Vimeo della rivista «Frieze», dedicata all’arte e alla
cultura contemporanea: https://vimeo.com/67115692.
48
Geograie dei conlitti
ovatta rosa, anche i soldati, nelle loro pose severe, sfoggiano uniformi sui
toni del viola. Tutti i colori appaiono magicamente trasformati. Ma questa
coloritura resta solo apparentemente iabesca, ammantando in modo sinistro
gli sguardi terrorizzati di folle di disperati, le gestualità violente militari, gli
scenari truculenti di sangue e morte. Dai luoghi percorsi emergono tracce di
orrore, anche sui corpi sfregiati delle donne e degli uomini e, in questo sce-
nario surreale, trionfa la grandiosità lussureggiante della natura. Tragedia e
bellezza, vita e morte. L’apparente ammorbidimento cromatico stride sinistro
col contesto di guerra e la consueta lettura che i nostri occhi registrano del
mondo viene qui alterata, resa insicura, messa in discussione.
Ne risulta il (non)ritratto perturbante di un mondo che non esiste, da
un lato per l’innaturalità della rappresentazione, dall’altro perché la guerra
in Congo è sottaciuta a livello mondiale. Mosse, grazie alla tecnica adottata,
sida così il concetto di fedeltà al vero che contraddistingue le pratiche do-
cumentarie e della fotograia di reportage. Nelle varie interviste rilasciate68,
l’artista aferma che l’idea di base di quest’opera era proprio quella di rendere
visibile l’invisibile (analogamente all’uso militare che veniva fatto di questa
tipologia di pellicola), di rivelare ciò che viene nascosto dai mass media ui-
ciali, mettendo sotto i rilettori un conlitto dimenticato:
49
Se la tragedia di questo conlitto è inenarrabile, come quella di ogni
guerra, se non è possibile trovare le parole, allora forse solo nuove immagini
inattese potranno davvero descriverne l’assurdità, l’inquietudine, il terrore.
Credo sia questo il punto cruciale su cui si basa l’operazione di Mosse, che
va al di là di una sterile estetizzazione della violenza, così come hanno voluto
sottolineare alcune critiche sfavorevoli. La fotograia e il documentario pos-
sono davvero raccontare la brutalità? Esistono parole adatte per descrivere
qualcosa che va oltre il pensiero umano? A queste incapacità, Mosse risponde
non solo con l’alterazione cromatica funzionale delle immagini, ma anche
attraverso la complessità di un’installazione priva di un centro di raccogli-
mento e di una continuità narrativa. È all’interno di questo lusso audiovisivo
eccentrico e frammentato che lo spettatore deve trovare il senso di un’opera
in cui l’incubo inefabile della guerra prende forma attraverso la declinazio-
ne artistica di un approccio documentaristico, quasi a volere dimostrare che
certi aspetti estremi della realtà possono essere espressi solamente attraverso
linguaggi trascendenti, capaci di comunicare direttamente con la mente e le
emozioni degli spettatori.
50
Capitolo 2
51
Capitolo 2
3
Cfr. Ulrich Beck, Risikogesellschaft. Auf dem Weg in eine andere Moderne, Suhrkampf
Verlag, Frankfurt am Main, 1986 (tr. it. La società del rischio. Verso una seconda moderni-
tà, Carocci, Roma, 2000, p. 15).
4
Cfr. Massimiano Bucchi, Vino, alghe e mucche pazze. La rappresentazione televisiva delle
situazioni di rischio, Nuova Eri, Torino, 1999, p. 8.
5
Interessanti in tal senso i recenti contributi di alcune studiose italiane: Manuela Fari-
nosi, Alessandra Micalizzi, NetQuake. Media digitali e disastri naturali, Franco Angeli,
Milano, 2013 e di Francesca Comunello, Social media e comunicazione d’emergenza, Gue-
rini Associati, Milano, 2014.
52
Emergenza pianeta Terra: incidenti nucleari, calamità naturali e psicosi collettive
cui andrebbero trattati certi scenari viene talvolta compromessa dalla neces-
sità economica di sfruttare la “notiziabilità” degli eventi, al punto limite di
andare a creare sindromi da panico collettivo6 .
Ed è in generale sulle psicosi, sul timore della scomparsa dell’uomo dalla
terra per i drammi più svariati – terremoti, tornado, glaciazioni, meteoriti,
eruzioni vulcaniche, collisioni e altro – che, dagli anni Cinquanta a oggi, con
un notevole incremento dagli anni Novanta in poi grazie agli sviluppi dell’ef-
fettistica digitale7, si è sviluppata loridamente una produzione cinematograi-
ca che della catastrofe ha fatto la propria miniera d’oro nei termini di successo
di pubblico. Film come When Worlds Collide (Quando i mondi si scontra-
no, Rudolph Maté, 1951), Terremoto (Earthquake, Mark Robson, 1974), 12
Monkeys (L’esercito delle 12 scimmie, Terry Gilliam, 1995), 2012 (Id., Roland
Emmerich, 2009), sono solo alcuni esempi di una ilmograia estremamente
variegata che per gli spettatori svolge una funzione quasi catartica: esasperan-
do le paure più recondite delle epoche in cui si collocano, in questi ilm non
solo il mondo, quello vero, appare assai meno temibile di quello che viene
rappresentato ma, anche nel più disperato scenario, si conigura la speranza
di sopravvivenza per l’umanità. Il cinema della catastrofe ofre allo spettatore
un servizio terapeutico, fa rilasciare adrenalina, lo aiuta a rimettere il mondo
nella giusta prospettiva e a porsi nella giusta distanza rispetto ai drammi reali.
Una sorta di liberatoria e consolatoria terapia audiovisiva.
Diverse sono comunque le interpretazioni in merito. Nel 1965, nel saggio
Immagine del disastro8 Susan Sontag riletteva sulle catastroi dispensate dal
cinema di fantascienza americano, sottolineando come la fantasia messa in
atto in quella tipologia di ilm avesse due scopi: fare rifuggire gli spettatori in
un estremo quanto rassicurante esotismo, con l’assoluta certezza di salvezza
inale e distogliendo così l’attenzione dalle paure reali, ma anche riportare su
un piano di normalità paure altrimenti insopportabili, creando così una sorta
di preparazione-assuefazione al peggio. Parallelamente, in un suo recente stu-
6
Sui vari ruoli ricoperti dalla comunicazione politica, da quella scientiica al giornalismo
rispetto alle emergenze si faccia riferimento alla raccolta di studi presenti in Mihaela Ga-
vrila, L’onda anomala dei media. Il rischio ambientale tra realtà e rappresentazione, Franco
Angeli, Milano, 2012.
7
Per un approfondimento delle relazioni tra gli efetti speciali permessi dalle nuove tec-
nologie e la deinizione di nuove forme cinematograiche si veda Alessandro Amaducci,
Anno zero. Il cinema nell’era digitale, cit.
8
Susan Sontag, he Imagination of Disaster, «Commentary», October, 1965, pp. 42-48 (tr.
it. L’ immagine del disastro, in Id., Contro l’ interpretazione, Mondadori, Milano, 1967).
53
Capitolo 2
9
Mathias Nilges, he Aesthetics of Destruction: Contemporary US Cinema and TV Culture,
in Jef Birkenstein, Anna Froula, Karen Randell (eds.), Reframing 9/11. Film. Popular
Culture and the “War on Terror”, Continuum, New York-London, 2010, pp. 23-29.
54
Emergenza pianeta Terra: incidenti nucleari, calamità naturali e psicosi collettive
bi, dialogano con l’inconscio e la sua parte più primitiva e surreale. E così
molti altri artisti lavorano sull’impatto che le tecnologie e la scienza hanno
sull’uomo, su come queste possono potenziarlo o modiicarlo nell’ottica di un
corpo postorganico: penso a Orlan, a Stelarc, a Jana Sterback, ma anche alle
conigurazioni visionarie dei personaggi del he Cremaster Cycle di Matthew
Barney. Si tratta, però, di esperienze che esulano dal contesto che sto afron-
tando in questa sede.
Le opere che ho eletto a casi di studio in questo capitolo si dividono es-
senzialmente in tre gruppi: 1. rilessioni sul nucleare; 2. calamità naturali ed
emergenze sanitarie; 3. percezione del rischio e ipotetiche catastroi. Sono state
realizzate a posteriori rispetto al momento in cui si sono veriicati i fatti a cui si
riferiscono. Non hanno dunque l’aspirazione informativa e cronachistica della
diretta, ma si propongono come pause di rilessione critica rispetto agli eventi.
Tra queste solo due hanno un carattere inzionale (Portrait from Haiti di
Giovanni Fantoni Modena e I morti di Alos di Daniele Atzeni), per quanto in
entrambi i casi si tratti di narrazioni sperimentali che nulla hanno in comune
né con le sceneggiature, né con le rappresentazioni del cinema catastroico. Gli
autori in questi due casi ricostruiscono due storie, una vera, l’altra di inzione,
facendo leva su strategie opposte: Fantoni Modena lavora più sulla sensorialità
della catastrofe vissuta in prima persona dal protagonista della storia e la ricrea
“audiovisivamente” per impattare nel modo più diretto possibile sullo spetta-
tore; Atzeni presenta invece il racconto di una credibile, per quanto irreale,
tragedia dell’Italia rurale e, per supportarne la verità, si serve di materiali docu-
mentari che incastonano il fatto in una cornice di riferimento realistica.
In Help Is Coming di Ben Mor o On the Way to the Sea di Tao Gu l’im-
pronta documentaria è certamente più forte, anche se si tratta di un referente
che va visto nella sua accezione più ampia, spuria: se per Ben Mor lo sguardo
sulla catastrofe prodotta dall’uragano Katrina registra con realismo lo sce-
nario, innestandosi sul terreno di una viva polemica politica sorta intorno ai
ritardi dei soccorsi, nel lavoro di Tao Gu gli occhi che guardano al disastro
sono quelli dell’anima, registrano dati reali, incorporano storie, viaggiano tra
passato e presente, tra pace perduta e nuovi dolori, restituiscono l’oggettività
del fatto tramite una soggettività emozionale. In questo caso l’esperienza del-
la videoarte si sente maggiormente, le immagini elaborate si susseguono come
quadri onirici completati da una concezione sonora attenta e mai banale.
Riporta invece alla memoria l’esperienza del cinema sperimentale più ma-
terico In the Dark di Ho Tam e l’andamento convulso delle immagini spinge
a una radicalità di visione e di ascolto che sollecita le capacità percettive.
55
Capitolo 2
56
Emergenza pianeta Terra: incidenti nucleari, calamità naturali e psicosi collettive
Nuclear War Films, Southern Illinois University Press, Carbondale, 1978; Mick Brode-
rick, Nuclear Movies. A Critical Analysis and Filmography of Over 850 Feature-Lenght Dra-
mas Concerning Nuclear Issues from 1914-1989 and from Over 30 Countries, McFarland,
Jeferson, 1991; Mick Broderick (ed.) Hibakusha Cinema: Hiroshima, Nagasaki and the
Nuclear Age in Film, Keegan Paul International, London, 1996; Joyce A. Evans, Celluloid
Mushroom Cloud. Hollywood and the Atomic Bomb, Westview Press, Boulder-Oxford,
1999; Jerome F. Shapiro, Atomic Bomb Cinema. he Apocalyptic Imagination on Film,
Routledge, New York-London, 2002.
12
Una ricca rilettura della produzione nell’ambito dell’arte contemporanea alla luce del
trauma nucleare del 1945 viene proposta da Darrell D. Davisson, Art After the Bomb.
Iconographies of Trauma in Late Modern Art, AuthorHouse, Bloomington, 2009.
13
Di questo artista si parlerà più difusamente nel Capitolo 4 di questo libro. I video di
Périot sono visibili sul suo canale Vimeo https://vimeo.com/jgperiot.
14
«Sapevamo che il mondo non sarebbe più stato lo stesso. Alcune persone risero, altre
piansero. I più rimasero in silenzio. Io ricordai un passo dello scritto hindu Bhagavad-Gi-
ta; Vishnu cerca di persuadere il Principe che dovrebbe fare il suo dovere e, per impressio-
narlo, assume la sua forma dalle molteplici braccia e dice: “Ora sono diventato la Morte,
il distruttore dei mondi». Suppongo che tutti lo pensassimo, in un modo o nell’altro”. Cfr.
57
Capitolo 2
E ancora il dramma della bomba atomica viene riletto nel video Le conte
du monde lottant (Francia-Giappone, 2001, 24’)15 del riconosciuto e pluripre-
miato artista francese Alain Escalle, il quale afronta la tragedia di Hiroshi-
ma attraverso una ricostruzione profonda e potente dell’evento, fondendo in
un’elegante manipolazione digitale la propria conoscenza della cultura igura-
tiva giapponese con l’esperienza del cinema, della pittura, della danza e delle
arti graiche, restituendo allo spettatore la bellezza infranta di un mondo tra-
gicamente violato. A proposito di questa opera Antonio Costa ha scritto:
Elena Marcheschi, Jean-Gabriel Périot, We Are Become Death, in Sandra Lischi, Elena
Marcheschi (a cura di), Orizzonti globali/Global Horizons, INVIDEO. Mostra internazio-
nale di video e cinema oltre, catalogo XXIV edizione, Mimesis, Milano 2014, pp. 66-67.
15
Il video è visibile in rete alla pagina http://www.dailymotion.com/video/xnciok_le-
conte-du-monde-lottant_shortilms.
16
Antonio Costa, Impressions d’Alain. Note sull’opera di Alain Escalle, in Sandra Lischi,
Elena Marcheschi (a cura di), A rovescio/Reverse Images. INVIDEO. Mostra internazionale
di video e cinema oltre, catalogo XV edizione, Mimesis, Milano, 2005, pp. 25-26. Per la
biograia e la ilmograia dell’artista si faccia riferimento al suo sito web http://www.escalle.
com/. Una lettura del lavoro viene proposta anche nel testo di Alessandro Amaducci, Vi-
deoarte. Storia, autori, linguaggi, Kaplan, Torino, 2014, pp. 165-166. Nel 2012, Escalle ha
realizzato il video Le livre des morts (Francia, 35’), dove afronta la memoria della Seconda
guerra mondiale attraverso un linguaggio oniricio e inzionale, chiudendo così la trilogia
composta da D’aprés le naufrage (1994) e Le conte du monde lottant (2001),
58
Emergenza pianeta Terra: incidenti nucleari, calamità naturali e psicosi collettive
È soprattutto alla luce di questa seconda spinta identitaria che, col tempo,
si è concretizzata la costruzione di oltre cinquanta reattori nucleari su un
territorio ad altissimo rischio sismico, aspetto che, inevitabilmente e parados-
salmente, ha autoesposto il paese a un nuovo incubo nucleare.
Fatalmente l’incidente è arrivato: l’11 marzo 2011, a seguito di un dram-
matico terremoto e di uno tsunami nel Giappone nord-orientale, tre reat-
tori della centrale nucleare Daiichi di Fukushima sono andati in meltdown,
provocando una fuoriuscita di radiazioni e un’emergenza di massima gra-
vità, equiparabile nella storia all’incidente della centrale di Chernobyl del
198618 .
Kyeonghun Che, giovane artista coreano attualmente basato a Tokyo, con he
Memory of Shima (Giappone-Repubblica di Corea, 2013, 10’) propone una riles-
sione critica sull’evento e sulle contraddizioni di un paese in cui, pur essendo anco-
ra vivo il trauma delle bombe atomiche, il nucleare viene visto più come una risorsa
che come una minaccia. Il punto di vista dell’autore trova forma in un’operazione
tesa e radicale, dall’andamento circolare, che mantiene come punto di gravità l’im-
magine dell’esplosione di uno dei reattori di Fukushima, costruendovi intorno una
narrazione memoriale dell’esperienza “nucleare” in Giappone. A questa immagine
universalmente conosciuta perché circolata negli apparati mediatici istituzionali,
l’artista aggancia un eterogeneo repertorio di contributi prelevati da vari contesti:
ricorrono le immagini dei politici e dei responsabili dell’industria che, con dife-
renti retoriche, promettono il ripristino della sicurezza e la ripresa del paese19; c’è
17
Toshio Miyake, Da Hiroshima/Kagasaki a Fukushima: cinema, manga e anime nel Giap-
pone postbellico, «Cinergie», 2, novembre 2012, consultabile alla pagina http://www.ci-
nergie.it/?p=1510.
18
Quattro anni dopo l’anniversario del disastro di Fukushima, un breve documenta-
rio apparso sulla Pagina web della rivista «Internazionale» ricostruisce l’evento e le sue
conseguenze attraverso testimonianze e racconti, vd. http://www.internazionale.it/vi-
deo/2015/03/11/giappone-fukushima-nucleare.
19
Anche il gruppo italiano auroraMeccanica, sensibile alle tematiche mondiali e sociali
attuali, ha dedicato alla tragedia di Fukushima e alla retorica manipolatoria di un politico
59
Capitolo 2
60
Emergenza pianeta Terra: incidenti nucleari, calamità naturali e psicosi collettive
61
Capitolo 2
23
«Con l’espressione valore aggiunto designiamo il valore espressivo e informativo di cui un
suono arricchisce un’immagine data […]. Il fenomeno del valore aggiunto funziona soprattut-
to nel quadro del sincronismo suono/immagine, per il principio della sincresi, che permette di
istituire una relazione immediata e necessaria tra qualcosa che si vede e qualcosa che si sente».
Michel Chion, L’audio-vision. Son et image au cinéma, Nathan, Paris, 1990 (tr. it. L’audiovisio-
ne. Suono e immagine nel cinema, Lindau, Torino, 1997, p. 12). Corsivo nel testo.
24
http://www.telegraph.co.uk/news/newsvideo/7016856/Haiti-earthquake-UN-worker-
found-alive-under-rubble.html.
25
Secondo Francesco Casetti e Federico Di Chio narrazione forte, narrazione debole e
antinarrazione sono i tre grandi “regimi” del racconto che presiedono l’organizzazione
diegetico-narrativa del cinema e del ilm. Cfr. Francesco Casetti, Federico Di Chio, Ana-
lisi del ilm, Bompiani, Milano, 1990, pp. 206 ss.
62
Emergenza pianeta Terra: incidenti nucleari, calamità naturali e psicosi collettive
perché non c’è più immagine “pura” che possa reggere in quanto tale.
Non è più tempo di “speciici” e di delimitazioni categoriche […]. Non il
cinema contro (versus) il video, ma il cinema e (con) il video, i due insieme,
nello stesso tempo, all’orizzonte di un solo e contemporaneo sguardo27.
26
Cfr. Elena Marcheschi, Realizzare sguardi utopici. Il videofonino come mezzo di ripresa
e Alessandro Amaducci, L’occhio nella mano in Maurizio Ambrosini, Giovanna Maina,
Elena Marcheschi (a cura di), I ilm in tasca. Videofonino, cinema, televisione, ETS, Pisa,
2009, pp. 29-41 e pp. 143-156.
27
Philippe Dubois, Marc-Emmanuel Mélon, Colette Dubois, Cinema e video: compene-
trazioni, in Sandra Lischi (a cura di), Cine ma video, ETS, Pisa, 1996, p. 81.
28
Le conseguenze del disastro e le polemiche che ne sono conseguite sono bene documen-
tate nell’articolo rintracciabile alla pagina http://www.ilpost.it/2013/05/15/il-terremoto-
in-sichuan-cinque-anni-fa/.
63
Capitolo 2
realizza On the Way to the Sea (Canada, 2010, 20’)29. Girato in un bianco e
nero struggente e granuloso, evocativo della polvere delle macerie e indeinito
come la memoria del trauma, il lavoro trascende la forma documentaria com-
binando elementi di iction, riprese dal vero, astrazioni visive, traducendo i
ricordi, le sensazioni, le ansie, gli incubi e lo smarrimento isico e psicologico
dei testimoni con un linguaggio audiovisivo poetico che rappresenta lirica-
mente la fragile condizione umana. Le voci narranti che, sempre in fuori
campo, raccontano la propria esperienza del terremoto, entrano in dialogo
con un’accurata tessitura di immagini estremamente lavorate in fase di post-
produzione e montaggio: sovrapposizioni, interferenze, sovraesposizioni, uso
del negativo, interventi sulla velocità alterano le immagini in bianco e nero
girate in pellicola che mostrano gli ediici crollati, le macerie scomposte, il
silenzio e il vuoto desolante e innaturale di quello che un tempo era un centro
vivo e abitato, così come appare da alcune immagini di repertorio girate sul
luogo che l’autore inserisce recuperando nostalgicamente piccoli momenti di
vita quotidiana prima della catastrofe. Lontano da intenti polemici e con uno
sguardo sgomento che entra in empatia con i fatti trascendendo il linguaggio
del documentario, Tao Gu stesso si fa vagabondo tra le rovine, ritrae persone
intente a scavare, raccoglie ulteriori testimonianze. L’esperienza devastante
del terremoto viene rivissuta attraverso rievocazioni visive (da notare anche
l’inserimento di alcune fotograie che ritraggono volti di persone forse scom-
parse) e attraverso racconti che sembrano emergere da una dimensione oniri-
ca, frammentati, distorti, trasformati, ma anche resi innocui da soluzioni che
iltrano immagini e suoni attutendone l’impatto doloroso rispetto a un’uma-
nità spaventata. La ricchissima concezione sonora accompagna le immagini
mixando insieme i suoni della presa diretta con altri rumori più evocativi
che spaziano dal rilassante fragore del mare ad altri più tetri e materici che
rimandano ai crolli e alle grida riferibili allo scenario della catastrofe. Caos,
devastazione, entropia: Tao Gu, a mio avviso, non estetizza la catastrofe, non
abbellisce il disastro, ma si fa traduttore della tragedia riproponendo il dolore
attraverso una modalità poetica che rende osservabile, contemplabile e quindi
accettabile l’inaccettabilità della morte e della perdita. Testimone di secondo
grado rispetto alla tragedia, non vissuta in prima persona, ma esperita solo
successivamente sul luogo e con i racconti dei sopravvissuti, l’autore posa
il proprio sguardo su un paesaggio geograico, sociale e umano completa-
29
Informazioni sull’artista reperibili alla pagina http://theperforminggarage.org/gu-tao/.
Il video, purtroppo, non è visibile integralmente e gratuitamente in rete.
64
Emergenza pianeta Terra: incidenti nucleari, calamità naturali e psicosi collettive
30
Cfr. Marc Augé, Le temps en ruines, Galilée, Paris, 2003 (tr. it. Rovine e macerie, Bollati
Boringhieri, Torino, 2004; 2012, p. 72).
31
Il video è visibile alla pagina https://www.youtube.com/watch?v=zpyEhSL_-gg.
65
Capitolo 2
66
Emergenza pianeta Terra: incidenti nucleari, calamità naturali e psicosi collettive
dal governo cinese prima che si difondesse in modo epidemico varcando i coni-
ni nazionali e raggiungendo il Vietnam, le Filippine, Singapore, Hong Kong e il
Canada32. I telegiornali di tutto il mondo contribuirono a disseminare il panico,
goniando i rischi e l’aggressività della sindrome. Nel 2004 l’artista multidisci-
plinare Ho Tam (1962)33, nato ad Hong Kong ma a quel tempo già trasferitosi
in Canada da diversi anni, a un anno di distanza dall’emergenza SARS realizza
il video In the Dark (Canada, 2004, 6’)34. Grazie al recupero di fonti diverse, tra
le quali alcuni estratti da trasmissioni televisive, stralci di giornali e fotograie,
l’artista rivisita e rielabora le informazioni e gli immaginari proposti dai media
canadesi e internazionali. La globalità dei contributi resa omogenea dall’impiego
del bianco e nero, dall’uso del viraggio in negativo e da altri interventi che, mo-
diicando luce e saturazione, rendono cupe e meno leggibili le immagini, viene
montata in una successione che progressivamente diventa più veloce e nevrotica,
andando a ricreare e restituire lo stato di paranoia e di ansia dei cittadini im-
pauriti. Il risultato visivo inale è quello di un’opera audiovisiva tesa, fortemente
sperimentale, caratterizzata da importanti variazioni di ritmo che, nelle accele-
razioni, assume un andamento licker tramite l’alternanza stroboscopica di luce
e di buio che agisce sulle capacità cognitive dello spettatore, inluenzandone lo
stato emotivo. La scelta complessiva degli interventi delinea un video in cui la
leggibilità dei contributi dei vari media diventa secondaria alla creazione di un
immaginario astratto e volutamente evocativo. Anche i loop sonori che accom-
pagnano ritmicamente le immagini generano ondate di rumore insidioso e bom-
bardamenti acustici che si sposano perfettamente con una visione frammentaria,
diicile, scomoda. Attraverso le pungenti sollecitazioni visive e sonore che, nel
loro insieme, rendono l’esperienza di fruizione del video transensoriale35, Ho Tam
tralascia ogni istanza narrativa e documentaria per restituire lo stato di ansia e
isteria collettiva generate dalla psicosi per l’epidemia, creando così un’opera che,
come la malattia, impatta isicamente sullo spettatore. In tal senso l’impianto
strutturale del video, ma anche l’aspetto granuloso e materico conferito a im-
32
Altre fonti sostenevano che la SARS fosse un’arma batteriologica creata in laboratorio.
Cfr. Roberto Quaglia, Il mito dell’11 Settembre e l’Opzione Dottor Stranamore, PonSin-
Mor, Gassino Torinese, 2006, pp. 236-237.
33
Informazioni sull’artista reperibili alla pagina http://www.ho-tam.com/.
34
Il video è visibile sul canale Vimeo dell’artista, all’indirizzo https://vimeo.com/87837768.
35
Michel Chion deinisce fenomeni transensoriali quei fenomeni di ibridazione tra le in-
formazioni visive e sonore, provocati dal fatto che alcuni tipi di percezione, come per
esempio quelli del ritmo, non sono legati a un’unica facoltà percettiva. Cfr. Michel Chion,
L’audiovisione, cit., p. 117-118.
67
Capitolo 2
36
Pietro Greco, Prefazione, in Giancarlo Sturloni, Le mele di Chernobyl sono buone. Mezzo
68
Emergenza pianeta Terra: incidenti nucleari, calamità naturali e psicosi collettive
69
Capitolo 2
39
Lo stesso Atzeni ha deinito I morti di Alos un mockumentary ovvero un’opera che,
falsiicando le estetiche del cinema del reale, racconta una vicenda di inzione. Su questa
sfuggente e variabile forma ilmica è recentemente uscito lo studio di Cristina Formenti,
Il mockumentary. La iction si maschera da documentario, Mimesis, Milano-Udine, 2013.
Per un articolo con un taglio sia storico che critico si veda anche Andrea Bellavita, Anato-
mia del mockumentary, «Segnocinema», 149, febbraio 2008, pp. 27-29.
40
Tra i principali teorici e sostenitori della decrescita ricordo Serge Latouche e tra i vari
esponenti italiani Mauro Bonaiuti e Paolo Cacciari.
70
Emergenza pianeta Terra: incidenti nucleari, calamità naturali e psicosi collettive
71
Capitolo 2
43
Oltre al sito personale dell’artista dove è possibile reperire informazioni sulla biograia e
sulla sua produzione, http://www.mihaigrecu.org/ e al canale Vimeo https://vimeo.com/
thegrecu, ulteriori approfondimenti sul suo lavoro, in particolare sul video Coagulate
(Francia, 2008, 6’), possono essere rintracciati in Elena Marcheschi, Sguardi eccentrici.
Il fantastico nelle arti elettroniche, cit., pp. 151-156. Il festival INVIDEO ha dedicato a
Grecu una personale all’interno della 24a edizione tenuta nel 2014.
44
Tra i video di Grecu più legati a queste tematiche penso anche a We’ ll Become Oil (Ro-
mania, 2011, 6’) e Centipede Sun (Francia, 2010, 10’17”).
72
Emergenza pianeta Terra: incidenti nucleari, calamità naturali e psicosi collettive
45
Cfr. Jean Baudrillard, Illusion, désillusion esthétiques, Sense et Tonka, Paris, 1997 (tr. it.
Illusione, disillusione estetiche, Pagine d’Arte, Milano, 1999); Jean Baudrillard, La scom-
parsa della realtà. Antologia di scritti, Fausto Lupetti, Bologna, 2009.
73
stato di esitazione che è tipico del fantastico todoroviano46 . E così in questa
incertezza, osserviamo il mondo intorno a noi come non l’abbiamo mai visto
e come non lo vorremmo vedere. In questo labile limite che divide la realtà
dall’irrealtà si annidano la vertigine e il caos di una società che a tutt’oggi
teme il collasso.
46
Tzvetan Todorov, Introduction à la littérature fantastique, Seuil, Paris, 1970 (tr. it. La
letteratura fantastica, Garzanti, Milano, 1977; 2000).
74
Capitolo 3
Questi primi quindici anni del terzo millennio sono stati interessati dall’inten-
so moltiplicarsi di evoluzioni planetarie, in particolare riconducibili alle dina-
miche innescate dalla globalizzazione. Com’è stato sottolineato da molti teorici,
non si è trattato solamente di una riconigurazione dei mercati e dell’economia
mondiale o dello sviluppo di nuove relazioni di interdipendenza a carattere
anche tecnologico e mediatico: la globalizzazione sovrintende a tutta una serie
di complessi fenomeni di fusione, di collisioni, di sovrapposizioni, di interse-
zioni sociali e culturali, in cui le logiche e le strutture dei tanti “mondi locali”
di un tempo sono delagrate in modo incontrollato e incontrollabile fuori dai
conini originari, dando vita a realtà pluraliste, dalla forma magmatica e indi-
stinta, diicilmente descrivibili. I cambiamenti macroscopici in atto sul pianeta
ci toccano da vicino e da vari punti di vista. Tra questi è osservabile l’ampli-
icazione e moltiplicazione dei lussi migratori causati da motivazioni diverse:
alla drammaticità dei conlitti scatenati da attriti di carattere religioso, etnico,
politico, economico, che spingono masse di persone fuori dai propri paesi nata-
li, si assommano le nuove migrazioni di soggetti alla ricerca di assetti migliori,
nella prospettiva di un “altrove” dove poter attuare una realizzazione personale.
E non si tratta più solamente di movimenti che avvengono dai paesi del terzo
mondo verso quelli industrializzati, ma anche di migrazioni con direzioni assai
meno prevedibili del passato e che interessano anche individui appartenenti a
ceti sociali non esclusivamente poveri.
Andando a riprendere i concetti elaborati dal sociologo e ilosofo Zygmunt
Bauman, in questa conigurazione “luida” delle nuove società determinata
dalla concezione post-fordista dei sistemi produttivi, serpeggiano sentimenti
di disagio e malessere che denotano uno stato di crisi complessiva, in cui
diferenza e pluralismo implicano uno stato di caos caratterizzato da instabi-
lità e disarmonia sociale1. A fronte di una globalizzazione “buona”, capace di
1
Tra i tanti testi dell’autore che rilettono su questi argomenti, segnalo: Zygmunt Bau-
man, Globalization. he Human Consequences, Columbia University Press, New York,
75
Capitolo 3
1998 (tr. it. Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, Laterza, Roma-Bari,
1999); Id., Liquid Fear, Polity Press, Cambridge, 2006 (tr. it. Paura liquida, Laterza,
Roma-Bari, 2006).
2
Cliford Geertz, Mondo globale, mondi locali. Cultura e politica alla ine del ventesimo
secolo, il Mulino, Bologna, 1999, p. 25.
3
Giandomenico Amendola, La città postmoderna. Magie e paure della metropoli contempo-
ranea, Laterza, Roma-Bari, 20085, p. 47.
76
Società globale, efetti collaterali
4
Cfr. Daniel Birnbaum, Jochen Volz (a cura di), Fare Mondi // Making Words, 53a Esposi-
zione Internazionale d’Arte, La Biennale di Venezia, Marsilio, Venezia, 2009, pp. 138-139,
146-147.
5
Alcune riviste hanno dedicato i loro numeri alla crisi, cfr. AA. VV., Radiograie. Cine-
ma della crisi: Cosmopolis | Margin Call, «Duellanti», 77, luglio-agosto 2012, pp. 6-14;
«Cinergie. Il cinema e le altre arti», 1, marzo 2012, versione digitale visibile alla pagi-
na http://www.cinergie.it/?page_id=11; «Necsus. European Journal of Media Studies»,
Spring 2012, visibile alla pagina http://www.necsus-ejms.org/portfolio/spring-2012/.
6
E la ricca proliferazione di studi a riguardo lo dimostra. Tra le recenti pubblicazioni
sulla relazione tra cinema e migrazione in Europa, cfr. Daniela Berghahn, Claudia Stern-
berg (eds.), European Cinema in Motion: Migrant and Diasporic Film in Contemporary
Europe, Palgrave Macmillan, New York-London, 2010. Sulle produzioni di autori mi-
granti rappresentative dell’attuale era postcoloniale e di un mondo ormai transnazionale,
Laura Marks, he Skin of the Film: Intercultural Cinema, Embodiment, and the Senses,
Duke University Press, London, 2000; Hamid Naicy, An Accented Cinema: Exilic and
Diasporic Filmmaking, Princeton University Press, Princeton, 2001. Tra le pubblicazioni
di ambito italiano: Sonia Cincinelli, Senza frontiere. L’ immigrazione nel cinema italiano,
Kappa, Roma, 2012; Andrea Corrado, Igor Mariottini, Cinema e autori sulle tracce delle
migrazioni, Ediesse, Roma, 2013; Leonardo De Franceschi (a cura di), L’Africa in Italia.
Per una controstoria postcoloniale del cinema italiano, Aracne, Ariccia (RM), 2013. Tra i
contributi su rivista segnalo Mario Molinari (a cura di), TERREMOBILI. Scenari di cine-
ma migrante, «Segnocinema», 179, gennaio-febbraio 2013, pp. 14-31.
77
Capitolo 3
Con toni decisamente diversi tra loro, non sempre (ma anche) drammatici, è
in questo contesto che si collocano Exodus di Almagul Menlibayeva, Berlun di
Ezgi Kilinçaslan, Guests di Krzysztof Wodiczko e Border di Laura Waddington.
Realizzati con linguaggi marcatamente sperimentali (in un caso anche grazie
all’impiego di immagini catturate con lo smartphone), tutti i lavori mostrano
la presenza forte degli autori all’interno delle proprie opere. Un ilo rosso lega il
lirismo cinematograico contaminato con le performance simboliche di Exodus
alla testimonianza diretta di Berlun, per abbracciare la complessa profondità
concettuale dell’installazione Guests o la videomilitanza di Border, ed è quello
che riguarda la loro intenzionalità, ovvero il desiderio di divulgare fatti, di re-
stituire agli spettatori la verità di alcuni spaccati di vita reale nei quali si river-
berano però tante realtà, tante identità, tanti sradicamenti.
Da un punto di vista linguistico, un dato che accomuna queste opere è il
ricorso a una tipologia di immagine estremamente naturale: fatta eccezione
per alcuni interventi di post-produzione che riguardano soprattutto l’uso del
ralenti, la realtà viene rappresentata per quello che è, senza artiici. Più che di
volontà documentaristica (anche le ombre di Wodiczko sono in realtà imma-
gini reali di veri immigrati e non animazioni come si potrebbe pensare a un
primo approccio), credo si tratti di desiderio di adesione trasparente rispetto
7
La dimensione migrante e apolide di molti artisti è ben nota e costella tutti i campi delle
pratiche artistiche.
8
Franziska Nori, Territori instabili. Conini e identità nell’arte contemporanea, cit., p. 13.
78
Società globale, efetti collaterali
Ma gli efetti collaterali della società globale sono anche altri e riguardano
un sentimento difuso di precarietà individuale che non è soltanto econo-
mica, ma anche esistenziale e che genera spirali di isolamento e solitudine.
Ritraggono queste situazioni i video 370 New World di Marcantonio Lunardi
e Sequence Error di George Drivas. Entrambi basati su azioni performative
e sulla messa in scena, adottano due linguaggi stilisticamente molto diver-
si: il primo, appoggiandosi alla tradizione dei tableaux vivants, instaura un
dialogo che connette il linguaggio audiovisivo alla pittura e alla scultura; il
secondo sfrutta invece a pieno le potenzialità della post-produzione digitale,
accentuando l’atmosfera surreale di un licenziamento di massa in corso in
un’azienda.
Da un punto di vista concettuale, queste opere reclamano il diritto di
volersi fare portavoce anch’esse di queste trasformazioni e fratture del pre-
sente e si aggiungono ai dibattiti contemporanei, mettendo spesso in luce
situazioni meno note all’opinione pubblica. Inoltre riafermano l’uso dei
linguaggi audiovisivi sperimentali come strumento di osservazione adegua-
to nel saper restituire la complessità del mondo. Inine esprimono una co-
scienza partecipativa chiara degli autori, i quali sembrano sentire il dovere
di una condivisione umana che va oltre il dato artistico, quasi a voler dire
che queste tematiche che riguardano la società globale ormai toccano tutti
da vicino e ci radicano gli uni nella vita degli altri, più di quanto se ne abbia
consapevolezza.
9
Jürgen Habermas in Giovanna Borradori, Filosoia del terrore. Dialoghi con Jürgen Ha-
bermas e Jacques Derrida, cit., p. 130.
79
Capitolo 3
80
Società globale, efetti collaterali
81
Capitolo 3
boliche, diventa rappresentativo di tanti altri esodi avvenuti nel passato (l’al-
lusione del titolo alla fuga degli Ebrei dall’Egitto è chiara) e di tutti quelli che
segnano dolorosamente l’era contemporanea. E, attraverso lo sguardo isso in
camera di una bambina che cammina scalza in direzione contraria rispetto al
gruppo migrante, l’artista si interroga e ci interroga sul futuro di questo e di
altri popoli, sul concetto di identità e di come esso si mantenga in equilibrio
precario tra un passato da salvaguardare e una trasformazione globale che
potrebbe polverizzare ogni speciicità.
14
Questa paragrafo dedicato all’analisi del video di Ezgi Kilinçaslan è il frutto della
rielaborazione del paper Proxy-visione e afermazione dell’ io al tempo del videofonino, pre-
sentato al convegno Re-writing and self-inscription, Università degli Studi di Pavia, 10
aprile 2013.
82
Società globale, efetti collaterali
Ezgi Kilinçaslan (1973, Besny), artista turca migrata a Berlino, dopo avere
avviato la propria carriera nell’ambito della pittura, ha iniziato a lavorare in
ambito intermediale, misurandosi con la fotograia, il video e le installazio-
ni. I punti centrali della sua indagine riguardano le problematiche del pote-
re legate alle concezioni patriarcali e di genere17. Berlun (Germania, 2008,
15
Ho sviluppato e ampliato a più riprese gli studi sul videofonino. Per un ampliamento
dei concetti qui trattati si faccia riferimento a: Elena Marcheschi, Videophone: A New
Caméra Stylo?, in Francesco Casetti, Jane Gaines, Valentina Re (a cura di), Dall’ inizio,
alla ine. Teorie del cinema in prospettiva/In the Very Beginning, at the Very End. Film he-
ories in Perspectives, Forum, Udine, 2010; Elena Marcheschi, Realizzare sguardi utopici.
Il videofonino come mezzo di ripresa, in Maurizio Ambrosini, Giovanna Maina, Elena
Marcheschi (a cura di), I ilm in tasca. Videofonino, cinema, televisione, cit., pp. 29-41;
Elena Marcheschi, Famiglie allargate: dal cinema al videofonino. Storia degli inseparabili
che da tre divennero quattro, in Sandra Lischi, Elena Marcheschi (a cura di), Senza meta/
No Destination, INVIDEO. Mostra internazionale di video e cinema oltre, catalogo XIX
edizione, Mimesis, Milano, 2009, pp. 36-38. Si faccia anche riferimento a Roger Odin
(a cura di), Il cinema nell’epoca del videofonino, «Bianco e Nero», LXXI, 568, settembre-
dicembre 2010.
16
Luciano Petullà, Davide Borrelli, Il videofonino. Genesi e orizzonti del telefono con le
immagini, Meltemi, Roma, 2007, p. 175.
17
Alcune informazioni sull’artista alla pagina https://www.ifr.com/en/persons/ezgi-
kilin-aslan/.
83
Capitolo 3
18
Il video è visibile su vari siti web, tra questi segnalo http://www.bielefelder-kunstverein.
de/en/exhibitions/subjective-projections/ezgi-kilincaslan.html.
19
Laura Marks, Touch: Sensuous heory and Multisensosry Media, University of Minnesota
Press, Minneapolis, 2002.
20
Federica Villa in un suo recente saggio ha parlato di «gestualità autoritrattistica auto-
noma», sottolineando l’importanza dell’attitudine, di un modo di esistere e porsi che è
modo di essere odierno. Cfr. Federica Villa, Time-lapse Self Portrait. L’autoritratto e la
cosa metamorica, «Fata Morgana. Quadrimestrale di cinema e visioni», 15, settembre-
dicembre 2011, p. 27.
84
Società globale, efetti collaterali
85
Capitolo 3
legami afettivi mentre, nel caso degli autoritratti dell’artista, si tratta di una
continua punteggiatura del suo esserci, del suo esistere: quasi a dire “io mi
fotografo, dunque io sono, io esisto”. Non si tratta, a mio avviso, di un gesto
performativo narcisistico così come descritto da Rosalind Krauss nel celebre
saggio del 1976 22 . Rispetto al “testo-confessione” che si dipana lungo tutto
il video, osserviamo piuttosto il reiterarsi di un gesto di afermazione sociale
più dimesso, più misurato, come se gli scatti del videofonino andassero a
comporre un’immagine doppia nella quale l’autrice possa tornare a scorgere i
propri tratti caratteristici isici, per ricomporre i tasselli di un periodo segnato
da incertezza e scissione interiore.
Ritornando al testo scritto, dopo le prime rilessioni sul disorientamento
logistico-culturale soferto, l’autrice prosegue descrivendo l’iniziale (quanto
fugace) apparente sensazione di tranquillità provata in Europa in quanto don-
na, non costretta a difendere se stessa da giudizi e sguardi maschili ossessi-
vi. Ma laddove apparentemente non è più la questione “di genere” a essere
sollevata, permane comunque una certa sgradevolezza legata a innumerevoli
pregiudizi, per esempio la costante messa in dubbio della sua origine turca
rispetto a considerazioni somatiche o al confronto con modelli stereotipati
del passato.
Dal punto di vista visivo è possibile notare come queste considerazioni
vengano accompagnate da un incremento nell’uso di autoscatti: sono mol-
tissimi i primi e primissimi piani dell’artista (allegra, pensierosa, assonnata,
assorta, annoiata), che si autoritrae anche nei momenti di intimità di coppia,
alternati ai particolari del corpo con una speciale attenzione agli occhi, alla
bocca e, talvolta, anche indirizzando sguardi fugaci verso il proprio sesso. La
luce è quasi sempre artiiciale, domestica, gli scatti vengono spesso realizzati
sul letto, tra le lenzuola. Ricostruendo una dimensione tanto intima e privata,
Kilinçaslan continua a interrogarsi su cosa signiichi avere una determinata
nazionalità, appartenere a una certa comunità, riconoscersi o non riconoscersi
in determinati valori, certa però di aver perso la iducia in un riscatto sociale.
Eppure è da una tale situazione di incertezza e disincanto che emerge una
inale presa di coscienza, ovvero la consapevolezza di dover portare avanti
la propria evoluzione e rivoluzione personale, dando libero sfogo e urlando
quello che viene dal cuore.
22
Rosalind Krauss, Video: he Aesthetics of Narcisissism, «October», 1, Spring 1976, pp.
50-64; traduzione italiana Il video, l’estetica del narcisimo, in Valentina Valentini (a cura
di), Allo specchio, Lithos, Roma, 1998.
86
Società globale, efetti collaterali
23
Una documentazione dell’installazione è visibile all’interno di un’intervista fatta all’arti-
sta e rintracciabile al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=UX1aj57VkKg.
87
Capitolo 3
Wodiczko gioca con la visibilità degli immigrati, i quali sono “quasi a por-
tata di mano” e, allo stesso tempo, sono “dall’altra parte”, al di là di quei
“vetri” che confondono la loro immagine. E questo ci ricorda lo status
ambiguo dell’immigrato, la sua invisibilità sociale24.
24
Daniel Birnbaum, Jochen Volz (a cura di), Fare Mondi // Making Words, 53a Esposizione
Internazionale d’Arte, cit., p. 100.
25
La separazione netta dell’ambiente, le tenebre artiiciali, la dimensione degli schermi
e la natura collettiva dell’esperienza. Sull’esperienza spettatoriale in sala vd. Francesco
Casetti, Mariagrazia Fanchi, Terre incognite. Lo spettatore italiano e le nuove forme di espe-
rienza di visione del ilm, Carocci, Roma, 2006; Gabriele Pedullà, In piena luce. I nuovi
spettatori e il sistema delle arti, Bompiani, Milano, 2008, pp. 51-72.
26
Gene Youngblood, Expanded Cinema, Studio Vista, London, 1970 (tr. it. Expanded
Cinema, CLUEB, Bologna, 2013).
88
Società globale, efetti collaterali
27
Sandra Lischi, Sovrimpressioni: rilessioni sul “cinema espanso” e “ l’arte del video”, «Bian-
co e Nero», LXVII, 1-2, 2006, pp. 65-72.
28
Esplora i principali modelli di audience, con una parte dedicata anche all’esperienza
spettatoriale partecipativa e performativa dagli anni Ottanta o oggi, il testo di Mariagra-
zia Fanchi, L’audience. Storia e teorie, Laterza, Roma-Bari, 2014.
89
Capitolo 3
29
Per la biograia dell’artista si veda il sito http://www.laurawaddington.com/.
30
Il video è rintracciabile alla pagina https://www.youtube.com/ watch?v=0X42CxOomqQ.
Border ha riscosso un notevole successo e ha ricevuto premi e riconoscimenti internaziona-
li. Nel 2005 sono state organizzate retrospettive dei lavori dell’autrice sia al Festival del
cortometraggio di Oberhausen in Germania, che alla 41a Mostra Internazionale del nuovo
cinema di Pesaro.
31
Cfr. l’intervista di Filippo Del Lucchese, he Two Speeds of “Frontera”. Interview with
Laura Waddington, visibile alla pagina http://www.jgcinema.com/single.php?sl=laura-
waddington.
90
Società globale, efetti collaterali
con essi, nel freddo della notte, con la paura di essere catturati e non farcela.
Come ha scritto la ilmmaker e critica marocchina Bouchra Khalili,
[...] questo è forse l’aspetto più essenziale del cinema di Laura Wadding-
ton, una certa capacità di negoziazione con la paura, con il visibile e le sue
necessità – quella che potrebbe essere chiamata una costante negoziazione
morale con la realtà 32 .
32
Bouchra Khalili, he Pain of Seeing. he Videos of Laura Waddington, in AA. VV.,
51. Internationale Kurzilmtage Festivalkatalog, Karl Maria Laufen, Oberhausen, 2005, p.
171. La traduzione è mia.
91
Capitolo 3
Distante anni luce dal cinema convenzionale, ben oltre il formalismo del
cinema sperimentale, in posizione radicalmente contraria rispetto a qualsiasi
linguaggio televisivo e senza l’attitudine informativa del documentario, l’au-
trice condivide con Border la propria esperienza di video-militanza attiva,
lavorando al conine delle immagini e su un sentimento di vuoto e di perdita
che, quasi come un ossimoro, conigura e issa nella sua memoria e in quella
degli spettatori la presenza indeinita di quanti senza un volto, senza docu-
menti e alla ricerca di un futuro, reclamano il proprio diritto di esistere, di
essere riconosciuti e di vivere.
Immagini, quelle di Laura Waddington, che non scendono a compromes-
si, che riescono a creare un cortocircuito fecondo tra realtà e immaginazione,
tra testimonianza e rappresentazione e che, vive e incisive “come le lucciole”34,
33
Eva Kuhn, Border: he Videographic Traces by Laura Waddington as a Cinematographic
Memorial, paper presentato alla conferenza Images of Illegalized Immigration presso l’Uni-
versità di Basilea in data 01/09/2009. Rintracciabile alla pagina http://www.laurawad-
dington.com/article.php?article=41. La traduzione è mia.
34
Georges Didi-Huberman nel suo recente libro Survivance des lucioles, Éditions de Mi-
nuit, Paris, 2009 (tr. it. Come le lucciole, Bollati Boringhieri, Torino, 2010), traccia le
linee per una “politica della sopravvivenza” alla oscura barbarie contemporanea che, a
suo avviso, può essere contenuta cercando senso e supporto anche a partire dalla lettura e
92
Società globale, efetti collaterali
squarciano lievi il buio del vuoto etico in cui sembra essere sprofondata la
società contemporanea.
93
Capitolo 3
presentare il recente 370 New World (Italia, 2014, 5’08”)37, un video che ha
partecipato a moltissimi festival internazionali dove ha avuto ottimi riscontri.
In questo lavoro, Lunardi prosegue la rilessione già intrapresa nel video De-
fault (Italia, 2012, 2’52”) e osserva da vicino uno spaccato sociale variegato
per composizione, ma appiattito in una serie di ritualità e disfunzioni di mar-
ca contemporanea. Il video si apre con una galleria di tableaux vivants: sono
persone colte nei propri ambienti domestici, chiuse nelle proprie intimità e
separate dal mondo, al quale si “collegano”, però, attraverso uno sguardo isso
e costante sui tablet la cui luce fredda illumina i loro volti, trasformandoli in
contemporanei personaggi caravaggeschi. Ambienti familiari come le cucine
domestiche, una volta teatro di conversazioni e scambi, oggi appaiono svuo-
tate di contatti umani, i dialoghi sembrano interrotti e così il desiderio di
comunicazione. Questa fredda alienazione si tramuta nel vuoto e nel silenzio
ormai dilagante che pervade i locali, i ristoranti, i teatri, le scuole e la soli-
tudine diventa anche quella dei lavoratori, degli artigiani, degli intellettuali,
dei padri che non riescono più a parlare con i propri igli. Si trasformano
così i luoghi riconoscibili di un tempo in non-luoghi, le rassicuranti relazioni
familiari e sociali diventano presenze senza contatto, ino al paradosso dolce
ed emblematico di una Madonna contemporanea, che, mentre allatta il suo
bambino, continua a issare lo schermo del tablet. Lunardi assimila così tra gli
efetti collaterali della crisi globale anche la nuova alienazione indotta dall’uso
dei personal media che, nel momento in cui stabiliscono un contatto tra gli in-
dividui e il mondo, astraggono le persone dalla vita circostante, sprofondan-
dole in un limbo di estraniazione surreale tra realtà e dimensione digitale. Il
inale si chiude con un’apertura in esterno e una speranza: nonostante tutto,
qualcuno ostinatamente continua ancora a seminare e lo fa anche sull’asfalto
di un mulino ormai dismesso, in virtù di un legame simbolico con la terra
dalla quale, forse, tutto potrebbe o dovrebbe ripartire.
Con una fotograia impeccabile che dialoga con i valori cromatici e lumi-
nistici della pittura barocca, ma anche con le esperienze di alcuni fotograi
americani contemporanei38, e anche grazie all’impiego di una musica origina-
le che sostiene le immagini in senso drammatico, Lunardi restituisce lirica-
mente lo spirito di questo tempo attraverso un linguaggio visivo che guarda
37
Per informazioni sulla biograia e sulla produzione dell’artista si faccia riferimento alla
sua pagina web http://blog.marcantonio.eu/. Il video qui in oggetto è visibile alla pagina
https://vimeo.com/96724219 del suo canale Vimeo.
38
Penso a Evan Baden (si veda la serie he Illuminati) e alle drammatiche messe in scena
“cinematograiche” delle foto di Gregory Crewdson.
94
Società globale, efetti collaterali
95
Capitolo 3
96
Società globale, efetti collaterali
Al contrario, come dimostra Lischi nelle pagine dello stesso studio riguar-
41
Tra gli studi più signiicati sulle mutazioni territoriali e urbane si faccia riferimento a:
Michael P. Conzen (ed.), World Patterns of Modern Urban Change, Chicago University
Press, Chicago, 1986 (tr. it. L’evoluzione dei sistemi urbani nel mondo, Franco Angeli, Mi-
lano, 1989); Marco Torres, Nuovi modelli di città: agglomerazioni, infrastrutture, luoghi
centrali e pianiicazione urbanistica, Franco Angeli, Milano, 2004; Serena Vicari Had-
dock, La città contemporanea, il Mulino, Bologna, 2004; Donatella Calabi, Storia della
città. L’età contemporanea, Marsilio, Venezia, 2005; Mario Fumagalli, Il volto della città.
Note di geograia del paesaggio urbano, Maggioli, Sant’Arcangelo di Romagna (RN), 2011.
Una lettura di taglio semiologico e interdisciplinare sulle evoluzioni urbane è proposta
da Gianfranco Marrone, Isabella Pezzini (a cura di), Senso e metropoli. Per una semiotica
posturbana, Meltemi, Roma, 2006.
42
Sandra Lischi, Visioni elettroniche. L’oltre del cinema e l’arte del video, cit, p. 128-129.
Recenti studi di ambito italiano si sono focalizzati sul rapporto tra immagine cinemato-
graica e immagine della città contemporanea. Una prospettiva sociologica è oferta dal
volume di Sergio Bisciglia, L’ immagine della città nel cinema. Descrivere, comprendere e
promuovere il territorio attraverso il ilm, Progedit, Bari, 2013. Uno sguardo trasversale tra
una molteplicità di esperienze artistiche contemporanee viene proposto dal recente volu-
me di Vincenzo Trione, Efetto città. Arte cinema modernità, Bompiani, Milano, 2014.
97
Capitolo 3
43
Informazioni sugli artisti e i link per vedere la loro produzione sono reperibili alla pa-
gina web della casa di produzione: http://www.pohjankonna.i/.
44
Il video è visibile alla pagina Vimeo https://vimeo.com/41795883.
98
Società globale, efetti collaterali
99
Capitolo 3
45
Informazioni aggiornate sulla biograia e la produzione dell’artista sono rintracciabi-
li alla sua pagina web http://www.zhenchenliu.com/, dove il video è visibile solamente
come estratto.
46
A tal proposito si consiglia la lettura dell’articolo di heresa Ricci, Demolizioni forza-
te. Un attentato all’uomo e alla cultura, leggibile alla pagina http://asianews.it/notizie-it/
Demolizioni-forzate,-un-attentato-all%27uomo-e-alla-cultura-442.html. Estremamente
toccante è la lettera del docente universitario e scrittore Yan Lianke, indirizzata a Segreta-
rio Generale e al Primo Ministro cinesi, sul dramma delle demolizioni. Vd. http://china-
iles.com/it/link/14443/caratteri-cinesi-lassurdita-delle-demolizioni-forzate.
100
Società globale, efetti collaterali
47
Il video, per tematiche e linguaggio, ricorda il lavoro dell’artista francese Hendrick
Dusollier, Obras (Francia, 2004, 12’), visibile alla pagina https://www.youtube.com/
watch?v=aFL3CFzzL0M.
48
Sono molte le problematiche su cui si concentra l’etica ambientale e che riguardano i
cambiamenti climatici e l’esigenza di conservazione della natura, il tema della sostenibili-
tà, l’estetica ambientale e l’etica degli animali. Tra i tanti testi, per un compendio generale
assai dettagliato si faccia riferimento a Piergiorgio Donatelli (a cura di), Manuale di etica
ambientale, Le Lettere, Firenze, 2012.
101
Capitolo 3
Reise zum Wald – Journey to the Forest (Germania, 2008, 7’) del ilmmaker
tedesco Jörn Staeger49 è tra gli esempi di quella che potrebbe essere deinita
“videobotanica resistente”. Gli alberi sono il soggetto principale del video:
alberi che si intravedono dall’interno delle inestre delle case, dalle aperture
di alcune architetture, alberi vivi, verdi, mossi dal vento, con il fruscio delle
foglie a fare da sottofondo al canto degli uccelli. A partire dall’osservazione
di alcuni panorami urbani desolati, dove predomina il freddo grigiore dei pa-
lazzi moderni, la presenza degli alberi appare come un respiro vitale solitario
che interrompe la monotonia e la frenesia cittadina, creando oasi di benessere
visivo, di pace cromatica, di stasi rigenerante. E si tratta di un respiro che
diventa più profondo e potente man mano che lo sguardo dell’artista esce
dallo spazio urbano per andare a scivolare tra i viali alberati dei parchi, nella
campagna, accompagnando lo spettatore ino al cuore della foresta, presenza
reale e simbolica tanto centrale nella cultura tedesca, nella sua letteratura,
nella ilosoia, ma anche come luogo vitale in cui peregrinare, rifugiarsi, ri-
prendere contatto con la terra. Staeger combina le riprese dal vero con un
ritmo di montaggio sostenuto, impiegando con vivacità inquadrature, punti
di vista particolari e dettagli che, insieme alla concezione sonora densa di
rumori ripresi dagli ambienti e successivamente rielaborati, sconinano nella
costruzione di una fanta-iction drammatica il cui protagonista è lo sguardo
stesso. Un tripudio di verdi diferenti e di tronchi, talvolta più rassicuranti,
altre volte più minacciosi, sembra uscire in tutta la propria matericità dalle
iabe dei fratelli Grimm, confortando e disorientando lo spettatore che, sbal-
zato fuori dalla consueta artiicialità della vita quotidiana, deve imparare a
orientarsi nell’entropia dell’ambiente naturale. Ma qui, la pace degli alberi
secolari itti e nodosi che padroneggiano la natura silenziosa e selvaggia vie-
ne infranta dall’intervento umano e da una deforestazione letale, che lascia
tronchi adagiati al suolo come cadaveri. Omaggiando poeticamente il mito
della foresta, Staeger sottolinea con questa opera sperimentale la necessità di
guardare all’ambiente come a un bene da tutelare e da valorizzare nell’ottica
del benessere sociale e condiviso.
Sulla stessa scia di rilessioni che riguardano la metropoli, l’industrializza-
zione, la natura e le problematiche legate all’inquinamento e alla tutela della
salute si pone la produzione in video dell’artista costaricana Ana L. Mar-
49
Informazioni sulla biograia dell’artista sono presenti in vari fonti web, tra queste se-
gnalo http://www.cinemambiente.it/ilm_ambiente/3104_Reise_zum_Wald.html. Il vi-
deo è visibile a pagamento su Internet.
102
Società globale, efetti collaterali
ten che, con Emergencia (Costa Rica, 2008, 2’), mette in atto un confronto
diretto tra realtà urbana e ambiente naturale, spostando la prospettiva dal
basso verso l’alto, sovrapponendo alle immagini delle geometrie dei palazzi e
dei grattacieli quelle degli alberi, dei rami, delle foglie. Interrogandosi sulle
strategie che l’uomo dovrebbe adottare per poter conciliare in armonia città e
natura, Ana L. Marten ha scritto:
Conservare la natura, anche dal punto di vista degli artisti, oggi appare
un imperativo imprescindibile che, per essere attuato, deve poter contare su
una retrocessione delle concezioni antropocentriche e sul rispetto delle risorse
naturali, in modo tale da poter migliorare la qualità della vita di oggi e di
coloro che abiteranno il pianeta nel futuro.
50
Sandra Lischi, Elena Marcheschi (a cura di), Terre e cieli/Lands and skies. INVIDEO.
Mostra internazionale di video e cinema oltre, catalogo XVIII edizione, Mimesis, Milano
2008, p. 80.
103
Capitolo 4
Contro/informazione e contro/politica
1
Una ricostruzione dell’atmosfera e delle pratiche dell’epoca, arricchita dall’analisi delle
opere di alcuni protagonisti, è ben delineata in Michael Rush, Video Art, hames &
Hudson, London, 2003 (tr. francese consultata, L’Art Vidéo, hames & Hudson, Paris,
2003, pp.13-27).
105
Capitolo 4
2
Yvonne Spielmann, Video. Das relexive Medium, Suhrkamp Press, Frankfurt, 2005
(traduzione inglese consultata, Video. he Relexive Medium, he MIT Press, Cambridge
(MA)-London 2008, p. 81). La traduzione in italiano è mia. Tra i testi che propongono
una panoramica storica della Guerrilla Television, si faccia riferimento anche a: Deirdre
Boyle, Subject to Change. Guerrilla Television Revisited, Oxford University Press, New-
York-Oxford, 1997; David Joselit, Feedback: Television Against Democracy, he MIT
Press, Cambridge (MA), 2010.
3
Marita Sturken, Paradossi nell’evoluzione di un’arte. Grandi speranze e come nasce una
storia, in Alessandro Amaducci, Paolo Gobetti (a cura di), Video Imago, «Il Nuovo Spet-
tatore», n. speciale 15, maggio 1993, p. 160.
106
Contro/informazione e contro/politica
4
Simonetta Fadda, Deinizione Zero. Origini della videoarte fra politica e comunicazione,
Costa & Nolan, Milano, 20052, p. 111,
5
Cfr. anche Chris Meigh-Andrews, A History of Video Art. he Development of Form and
Functions, Berg, Oxford-New York, 2006, pp. 59-69; Michael Rush, New Media in Late
20th Century Art, hames & Hudson, London, 1999 (tr. francese consultata Les Nouveaux
Medias dans l’art, hames & Hudson, Paris, 2000, pp. 78-83)
6
«La télévision n’est pas un médium artistique. C’est déjà de l’art. CBS, NBC et ABC
sont parmi le plus grands producteurs d’art dans le monde. Le Levine, 1970». Cfr. il capi-
tolo TV as a creative medium: vidéo et télévision, in Stéphanie Moisdon (sous la direction
de), Qu’est-ce que l’art vidéo, Beaux Arts, Boulogne, 2008, pp. 26-31.
107
Capitolo 4
7
Enrico Menduni deinisce così le trasmissioni signiicative solo in una determinata i-
nestra temporale. Si pensi ai notiziari, gli approfondimenti informativi, ai quiz, ai talk
show... Enrico Menduni, I linguaggi della radio e della televisione. Teorie, tecniche, formati,
Laterza, Roma-Bari, 20102, pp. 118-119.
8
Peppino Ortoleva ofre un’analisi dell’abbondanza dei messaggi dell’universo mediatico
attuale, analizzando i vari efetti d’invasione, i processi di banalizzazione e di ripetizione
generati dal bombardamento della “mediasfera”. Si faccia riferimento in particolare al
Capitolo 3: Per un’antropologia della ridondanza, in Peppino Ortoleva, Il secolo dei media.
Riti, abitudini, mitologie, il Saggiatore, Milano, 2009, pp. 72-103
108
Contro/informazione e contro/politica
9
Enrico Menduni, La televisione, il Mulino, Bologna, 20044, p. 68.
10
Tra i tanti studi cito solo alcuni: Joshua Meyrowitz, No Sense of Place. he Impact of
Electronic Media on Social Behaviour, Oxford University Press, New York, 1985 (tr. it.
Oltre il senso del luogo. L’ impatto dei media elettronici sul comportamento sociale, Baskervil-
le, Bologna, 1995); Peppino Ortoleva, Mass media: nascita e industrializzazione, Giunti,
Firenze, 1995; Davide Borrelli, Il mondo che siamo: per una sociologia dei media, Liguori,
Napoli, 2008; Denis McQuail, Mass Communication heory, Sage, London, 1983 (tr. it.
Sociologia dei media, il Mulino, Bologna, 2007).
11
Sul tema della percezione del reale rispetto all’inluenza dei mass media si è fatto ri-
ferimento a: Niklas Luhmann, La realtà dei mass media, Franco Angeli, Milano, 20022;
Albert Bandura, Social Cognitive heory of Mass Communication, «Media Psychology»,
III, 3, 2001, pp. 265-299; Pierfranco Malizia, La seconda “realtà”. Rilessioni sulla real-
tà “ dai” media, «Sociologia», XXXVI, 1, 2002 p. 47; Enrico Cheli, La realtà mediata.
L’ inluenza dei mass media tra persuasione e costruzione sociale della realtà, Franco Angeli,
Milano, 1992.
109
Capitolo 4
110
Contro/informazione e contro/politica
111
Capitolo 4
unendo le possibili forme che il tema della guerra può assumere sulle varie
piattaforme e ofrendo allo spettatore vari punti di accesso. L’efetto che l’autore
ottiene è quasi quello di voler rassicurare lo spettatore sulla inzione dell’opera-
zione, mostrando e sottolineando l’aspetto ludico del dispositivo di realizzazio-
ne del video. Questo avviene in vari modi: da un lato attraverso un’organizza-
zione del proilmico in cui appaiono in dimensione reale alcuni degli elementi
facenti parte della narrazione miniaturizzata, penso alla palla del badminton,
ai fucili, alle camionette giocattolo, al foglio del pluriball impiegato per simu-
lare il rumore degli spari; dall’altro grazie allo svelamento del dispositivo che
ha reso possibile il video attraverso l’impiego del green e blue studio, oltre che
dell’animazione. L’artista, pur immergendo lo spettatore in un’ipotetica guerra
tutta giocata su un tavolo da cucina, facendolo sentire minacciato da possibili
attacchi di camionette inferocite contro innocue tazzine da cafè o da minac-
ciosi jet sorvolanti, lo rassicura: nello spazio di uno studio alcune persone vestite
completamente di verde muovono carri armati e cacciabombardieri sul tavolo;
l’artista stesso, ripreso in green studio mentre fabbrica un fucile di legno, viene
ricollocato nell’immagine in bianco e nero di un mirino, diventando così un
target che verrà poi colpito, oppure, una volta truccato e travestito da soldato,
diventerà uno dei tanti caduti sul campo di battaglia.
Tra un eccidio compiuto a scoppi di pluriball e lo svelamento del disposi-
tivo, si spegne la radio, l’uomo che leggeva il giornale lo ripone, la televisione
interrompe la sua comunicazione. Lo spettacolo della guerra è inito.
16
Curiosa e arguta è l’analisi sagace che Michele Serra afronta su questi temi nel suo libro
Tutti i santi giorni, Feltrinelli, Milano, 2006. Per uno studio sulle modalità adottate dalla
televisione per mettere in scena alcune situazioni a rischio, si faccia riferimento anche al
112
Contro/informazione e contro/politica
già citato Massimiano Bucchi, Vino, alghe e mucche pazze. La rappresentazione televisiva
delle situazioni di rischio, cit.
17
Secondo le teorie dell’agenda setting: «Gli individui tendono a includere o a escludere
dalle proprie conoscenze ciò che i media includono o escludono dal proprio contenuto».
Enrico Borello, Silvia Mannori, Teoria e tecnica delle comunicazioni di massa, Firenze
University Press, Firenze, 2007, p. 27.
18
Sul sito dell’artista è possibile reperire notizie su biograia e opere, vd. http://www.
assaus.it/, mentre sul canale Vimeo sono visibili i suoi video, tra i quali anche Quest’anno
le zanzare saranno più cattive: http://vimeo.com/user8932004.
19
La stanza sembra riproporre lo “pseudo-ambiente” di lippmanniana memoria, alimenta-
to da fatti e opinioni che non provengono da esperienze reali, ma sono riportati dai mezzi
di comunicazione e quindi esposti al rischio di manipolazione. Cfr. Walter Lippmann,
Public Opinion, Harcourt, Brace & Co, New York, 1922 (tr. it. L’opinione pubblica, Don-
zelli, Roma, 1999). L’isolamento della giovane rispetto al mondo riconduce anche all’idea
di “sequestro” avanzata da hompson, secondo il quale: «Il sequestro dell’esperienza dai
luoghi spazio-temporali della nostra vita quotidiana va di pari passo con la difusione di
esperienze mediate, con il mescolarsi di esperienze che la maggior parte di noi vive di
rado in prima persona». John B. hompson, he Media and Modernity: A Social heory
of the Media, Stanford University Press, Stanford, 1995 (tr. it. Mezzi di comunicazione e
modernità: una teoria sociale dei media, il Mulino, Bologna, 1998, p. 291).
113
Capitolo 4
Sono questi alcuni dei titoli-slogan che l’artista propone (sia come scritte che
appaiono in sovrimpressione sulle immagini sia in voice-over), talvolta iperbolici
ino alla surrealtà ma che, pur facendoci sorridere, dipingono una società che an-
naspa nel terrore. La stessa De Gennaro chiarisce il senso del lavoro: «La paura è il
sistema migliore per controllare le masse, la sottile violenza che esercita una società
allarmistica e disfattista genera individui spaventati, senza ambizioni e isolati l’uno
dall’altro»20. L’uscita della ragazza dalla stanza, metafora di una società in cerca di
una via di fuga, segna la sua salviica liberazione. Stavolta il cielo azzurro che le si
proila innanzi mostra all’orizzonte un messaggio chiaro e silenzioso: «Open the
door», apri la porta e libera la mente dai condizionamenti, dalla propaganda, dalle
inutili paure, dalle manipolazioni del sistema mediatico.
20
Sandra Lischi, Elena Marcheschi (a cura di), Distanze variabili/Shifting Distances. IN-
VIDEO. Mostra internazionale di video e cinema oltre, catalogo XXI edizione, Mimesis,
Milano 2011, pp. 32-33.
21
Nel Capitolo 3 di questo testo è stata analizzata la sua opera 370 New World (2014).
Un approfondimento biograico dell’artista è rintracciabile sul sito personale http://blog.
marcantonio.eu/. La sua produzione audiovisiva, compresi i lavori qui commentati, è
visibile sul canale Vimeo http://vimeo.com/marcantonio. Le argomentazioni proposte in
questo paragrafo sono frutto della rielaborazione del mio articolo Marcantonio Lunardi:
il militante poetico della videoarte italiana, apparso sulla pagina web http://www.4rum.
it/2013/06/marcantonio-lunardi-il-militante.html.
114
Contro/informazione e contro/politica
22
La videoinstallazione è stata presentata a Lucca all’interno di LookAt Festival – festival di
videoinstallazioni e musica elettronica, nel maggio 2010. Cfr. Elena Marcheschi (a cura di),
ImmaginAzioni, catalogo, Fondazione Ragghianti Studi sull’Arte, Lucca, 2010, pp. 32-35.
115
Capitolo 4
116
Contro/informazione e contro/politica
23
Jean-Gabriel Périot, Cinéma, testo rintracciabile alla pagina del sito web dell’artista
http://www.jgperiot.net/TEXTES/FR/FR%2007%20JG%20cinema.html. La traduzio-
ne è mia.
24
Ulteriori informazioni sulla produzione dell’artista possono essere rintracciate sul suo
sito http://www.jgperiot.net, mentre alcuni dei suoi lavori, compreso Les barbares, sono
disponibili sul canale Vimeo http://vimeo.com/jgperiot.
25
Tra i più recenti contributi sull’uso del found footage, si faccia riferimento a Marco Ber-
tozzi, Recycled cinema. Immagini perdute, visioni ritrovate, Marsilio, Venezia, 2012.
26
«Il concetto di ilm-saggio è assai luido […]. Esso non solo incrocia ilm “documentari-
stici” come quelli autobiograico-diaristici o di compilazione ma investe anche esperienze
anomale di cinema di inzione e di cinema sperimentale. È un bene che il campo d’inda-
gine resti aperto, perché non si tratta di classiicare un nuovo genere ma di individuare
una “rivoluzione” linguistica che oltretutto ha dietro di sé una lunga storia». Cfr. Adriano
Aprà, Note sul cinema saggistico, «Filmmaker», 5, aprile 1996.
117
Capitolo 4
È attraverso questo approccio critico che Périot entra in dialogo con il ma-
teriale found footage raccordandolo, ofrendosi come traduttore di un tempo,
di un evento e invitando gli spettatori a partecipare con una visione diretta e
sincera del proprio mondo e della propria storia.
Si colloca in questa prospettiva ideologica e creativa Les barbares (Francia,
2010, 5’), un video che si propone come rivisitazione e adattamento di una
rilessione che viene dal libro del ilosofo francese Alain Brossat, La Résistance
ininie28 . L’idea di base è che se lo spazio democratico funziona sul consenso,
allora ogni gesto politico non può che generare forme di dissenso29.
Il video si divide in due parti: la prima si soferma sul concetto di “con-
sensuale” attraverso una carrellata di foto di gruppo, dove gli individui si
caratterizzano non per le proprie singolarità, ma per l’essere inglobati in un
determinato contesto sociale. Le immagini iniziali, immediatamente ricono-
scibili dagli spettatori, sono quelle di personaggi politici disposti in forma-
27
Emmanuelle Sarrouy, testo apparso sul catalogo della Mostra Internazionale del Nuovo
Cinema di Pesaro, edizione 2007 e rintracciabile alla pagina http://www.jgperiot.net/
TEXTES/AUT/ITA%2007%20PESARO%20portrait.html.
28
Alain Brossat, La Résistance ininie, Lignes-Léo Scheer, Fécamp, 2006. Quello del con-
senso è un tema cruciale nella comunicazione politica, strettamente connesso al ruolo
svolto dai mass media. Tra gli studi di ambito italiano si faccia riferimento a Mario
Rodriguez, Consenso. La comunicazione politica tra strumenti e signiicati, Guerini e As-
sociati, Milano, 2013.
29
Si veda l’intervista all’artista sul video Les barbares alla pagina https://www.youtube.
com/watch?v=BsDFoNr6plQ.
118
Contro/informazione e contro/politica
30
Sono molti gli studi che hanno analizzato le igure dei leader politici, le loro campagne elet-
torali e la ricerca del consenso. Tra questi: Paul F. Boller, Presidential Campaigns. From George
Washington to George W. Bush, Oxford University Press, Oxford, 2004; Pierre Musso, Sarkober-
lusconismo: le due facce della rivoluzione conservatrice, Ponte alle Grazie, Milano, 2008; Edoardo
Novelli, La turbo politica: sessant’anni di comunicazione politica e di scena pubblica in Italia: 1945-
2005, BUR, Milano, 2006; Maurizio Ridoli (a cura di), Propaganda e comunicazione politica:
storia e trasformazioni nell’età contemporanea, Mondadori, Milano, 2004.
31
La relazione tra individui, gruppi e comportamenti sociali è stata oggetto d’indagine
degli studi di Henri Tajfel e John C. Turner i quali, alla ine degli anni Settanta, hanno
119
Capitolo 4
elaborato la Teoria della identità sociale (Social Identity heory), che si è posta alla base
di vari sviluppi della psicologia sociale. Henri Tajfel, Human Groups and Social Categories:
Studies in Social Psychology, Cambridge University Press, Cambridge, 1981 (tr. it. Gruppi
umani e categorie sociali, il Mulino, Bologna 1995).
32
Sandra Lischi, Il linguaggio del video, Carocci, Roma, 2005, p. 42.
33
Filippo Tommaso Marinetti, Bruno Corra, Emilio Settimelli, Arnaldo Ginna, Gia-
como Balla, Remo Chiti, La cinematograia futurista (1916), testo riportato in Andrea
Martini (a cura di), Utopia e cinema. Cento anni di sogni, progetti e paradossi, Marsilio,
Venezia, 1994, p. 77. Si faccia riferimento anche a Paolo Bertetto, Diferenza e intensità.
Le strutture formali del cinema d’avanguardia, in Paolo Bertetto, Sergio Tofetti (a cura
di), Cinema d’avanguardia in Europa, Lindau, Torino, 1996.
34
Cfr. Bruno Di Marino, Interferenze dello sguardo. La sperimentazione audiovisiva tra
analogico e digitale, Bulzoni, Roma, 2002, in particolare il Capitolo 2, Azzeramento e
moltiplicazione dell’ immagine. Film, struttura, dispositivo, pp. 69-90.
120
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35
Approfondimenti sulla biograia e sulle opere dell’artista possono essere rintracciati
sul suo sito internet http://yiorgosnalpantidis.com e sul canale Vimeo http://vimeo.com/
user6824676/videos, dove è presente anche un estratto del video analizzato.
36
Il tema delle “parole della crisi” è stato afrontato spesso da testate giornalistiche, sia
di ambito economico e inanziario, ma anche più divulgativo, sulla stampa cartacea e su
web. Tra gli studi italiani su questo argomento si faccia riferimento ad Alessandro Arien-
zo, Marco Castagna (a cura di), Le parole della crisi, Etica della comunicazione, percorsi di
riconoscimento, partecipazione politica, Diogene, Pomigliano D’Arco (Na), 2013.
121
Capitolo 4
Qui Nalpantidis non ricorre alle vivacità metamoriche consentite dai sof-
tware, al contrario, la scrittura non è né creativa né decorativa, ma essenziale
e fredda, così come i contenuti che essa vuole esprimere. Le parole, dunque,
non sono presentate allo spettatore per essere tradotte in immagini, ma per
riverberare imponenti nei loro contenuti incomprensibili, fortemente astratti,
eppure temibili. La semplicità dell’impaginazione graica pervade lo schermo,
trasformandolo in una sorta di lapide elettronica contemporanea.
In una prospettiva diversa, ma tra loro analoga, si collocano i video Pas
de Deux (Olanda, 2007, 1’40”) di eddie d e 100% (Francia, 2007, 1’05”) di
Chris Quanta. Entrambi i lavori rilettono criticamente sulla comunicazione
veicolata dalla TV e su come essa abbia contribuito al processo di persona-
lizzazione della politica, mettendo in evidenza la igura del leader con il suo
37
Christian Metz, L’ énonciation impersonelle, ou le site du ilm; Klinsieck, Paris, 1991 (tr.
it. L’enunciazione impersonale o il luogo del ilm, Edizioni Scientiiche Italiane, Napoli,
1995, p. 78).
38
Sandra Lischi, Visioni elettroniche. L’oltre del cinema e l’arte del video, cit., p. 74.
122
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123
Capitolo 4
41
Tra i più noti il ilm-documentario Fahrenheit 9/11 del regista americano Michael Moore.
42
John Callaghan realizza documentari, corti, clip musicali, opera nell’ambito degli in-
teractive trasmedia storytelling e sviluppa software per la creazione di contenuti multime-
diali. Informazioni sulla biograia e la sua produzione sono rintracciabili sul sito perso-
nale dell’artista http://www.cal-tv.net e sul canale Vimeo http://vimeo.com/caltv, dove è
anche presente il video Imagine his.
43
Una lettura del video viene anche proposta da Richard L. Edwards, Chuck Tyron, Po-
litical Video Mashups As Allegories of Citizens Empowerment, «First Monday. Peer-reviewed
journal on the internet», September 2009, http://irstmonday.org/ojs/index.php/fm/arti-
cle/view/2617/2305.
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Bricoleur elettronico, attraverso i suoi lavori Salier non solo aferma una
propria posizione politica netta e decisa, ma fa parte di quegli autori che,
attraverso il mix di immagini, propongono una rilessione sullo statuto stesso
dell’immagine, sulla funzione non solo estetica, ma anche etica dell’anima-
zione e delle sue potenzialità manipolatorie.
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non sempre trasparenti, ma sfodera anche una acuta critica contro il sistema
televisivo, la sua capacità manipolatoria e mistiicatoria rispetto a un pubbli-
co facilmente ingannabile. Immettendosi nel solco tracciato dalla Guerril-
la Television tra gli anni Sessanta e Settanta, Söderberg, con un linguaggio
visivamente assai ricco grazie alla duttilità concessa dal digitale, evidenzia
le menzogne delle istituzioni e dei mass media, immaginando una società
futuribile e distopica, mimando e riproducendo in modo iperbolico da un
lato le nefandezze della politica, dall’altro ipotizzando un canale televisivo di
vera “disinformazione”.
Ipertroica, bulimica e deviata, he Voice non è dunque la migliore tele-
visione possibile, ma la peggiore che potrebbe avverarsi in un mondo che ci
auguriamo di non dover vedere mai.
129
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142
Videofilmografia
Opere analizzate
Capitolo 1
Geograie dei conlitti
Capitolo 2
Emergenza pianeta Terra: incidenti nucleari, calamità naturali e psicosi collettive
Capitolo 3
Società globale, efetti collaterali
143
Videoilmograia
Capitolo 4
Contro/informazione, contro/politica
Opere citate
Introduzione
Pippo Delbono, La paura (Italia, 2009, 66’)
Famiglia palestinese al-Haddad, Yoav Gross, Ehab Tarabieh, Smile, and the World
Will Smile Back,(Isreale, 2014, 20’)
Capitolo 1
Geograie dei conlitti
144
Videoilmograia
IV: A Sun Without Shadow (Germania, 2010, installazione); War Tropes (Ger-
mania, 2011, installazione).
Gianni Toti: Tupac Amauta – primo canto (Francia, 1997, 53’19”); Acà Nada
(Francia, 1998, 27’); Gramsciategui ou les poesimistes – secondo grido (Francia,
1999, 55’)
Alessandro Amaducci: Aleph-Taw, memorie dello sterminio (Italia, 1993, 35’); Il
giudizio di Norimberga (Italia, 1994, 36’); Dybbuk, memorie dei campi (Italia,
1996, 30’)
Paolo Canevari, Bouncing Skull (2007, 10’30”)
Aernout Mik, Raw Footage (2006, installazione)
Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi: Pays Barbare (Francia, 2013, 65’); Pri-
gionieri della guerra 1914-1918 (Italia, 1995, 64’); Su tutte le vette è pace (Italia,
1998, 71’); Oh, uomo! (Italia, 2004, 70’)
Michaël Gaumnitz: Premer Noël dans le tranchées (Francia, 2005, 52’); Seuls contre
Hitler (Francia, 2012, 52’)
Waël Noureddine, July Trip (Francia, 2006, 35’)
Capitolo 2
Emergenza pianeta Terra: incidenti nucleari, calamità naturali e psicosi collettive
Capitolo 3
Società globale, efetti collaterali
145
Christian Boustani, Sienne (Francia, 1992, 7’); Brugge (Francia, 1995, 11’)
Nicole e Norbert Corsino, Circumnavigation (1992-1995, serie di video)
Zimmerfrei, serie video Temporary Cities, tra i quali Hometown | Mutonia (Italia,
2013, 69’); Temporary 8th (Italia/Ungheria, 2012, 53’); he Hill (Danimarca,
2011, 40’)
Devis Venturelli, Eterotopia (Italia, 2012, 4’13”); Apolidea (Italia, 2011, 7’); Super-
ici fonetiche (Italia, 2009, 3’)
Guillaume Delapierre, Lisboa Orchestra (Francia, 2012, 12’)
Jimena Prieto Sarmiento, Helena Salguero Vélez, Sinfonía do mercado (Colombia,
2012, 27’21”)
Egbert Mittelstädt, Elsewhere (Germania, 1999, 5’49”); Appearing (Germania,
2004, 2’50”); 30° N 31° E (Germania, 2003-2006, 1’24”)
Telemach Wiesinger, 1plus9 (Germania, 2011-2012, 40’)
Mathieu Brisebras, Christophe Gautry, Vertige (Francia-Belgio, 2012, 8’)
Hendrick Dusollier, Obras (Francia, 2004, 12’)
Marcantonio Lunardi, Default (Italia, 2012, 2’52”)
Capitolo 4
Contro/informazione, contro/politica
146
Sitografia
Capitolo 1
Geograie dei conlitti
Il sito personale di Harun Farocki: http://www.harunfarocki.de
Il sito personale di Alessandro Amaducci: http://www.alessandroamaducci.net
Il sito personale di Paolo Canevari dove è visibile Bouncing Skull (2007): http://
paolocanevari.it/
Una documentazione dell’installazione Raw Footage (2006) di Aernout Mik:
http://www.strozzina.org/manipulatingreality/e_mik.php
Sulla mostra personale NON NON NON dedicata a Yervant Gianikian e Angela
Ricci Lucchi:
http://www.hangarbicocca.org/mostre/in-corso/non-non-non
Il sito personale e il canale Vimeo di Eni Brandner: http://www.enimation.at/
enimation/biography.html, http://vimeo.com/user4325603
Intervista a Eni Brandner: http://www.labkultur.tv/en/blog/houses-can-tell-their-
own-stories
Il sito personale e il canale Vimeo di Martha Colburn:
http://www.marthacolburn.com/, http://vimeo.com/user3121966
Interviste a Martha Colburn:
Max Golberg, Interviews | Stop Making Sense: Martha Colburn’s Anxious Anima-
tion
http://cinema-scope.com/cinema-scope-magazine/interviews-stop-making-sense-
martha-colburns-anxious-animations
Brian Boucher, Martha Colburn
http://www.artinamericamagazine.com/news-features/magazine/martha-colburn/
Su Waël Noureddine:
Giacomo Galeno, Libano. Il cinema di Waël Noureddine, tra politica e poesia, alla
pagina http://osservatorioiraq.it/cultura-e-dintorni/libano-il-cinema-di-wael-
noureddine-politica-e
Intervista condotta da Olivier Hadouchi alla pagina: https://www.youtube.com/
watch?v=B0VycD0xXrY
Informazioni su Lida Abdul:
http://artasiapaciic.com/Magazine/86/LidaAbdul
http://www.mots.org.il/Eng/Exhibitions/WorkItem.asp?ContentID=697.
147
Sitograia
Intervista What We Choose to Overlook. Lida Abdul in Conversation with Sara Raza,
alla pagina web http://www.ibraaz.org/interviews/43.
http://www.gulbenkian-paris.org/images/documents/fondation_gulbenkian_cp_
lida_abdul_2014.pdf
In Transit di Lida Abdul: https://vimeo.com/60612832
Il sito personale di Cynthia Madansky: http://www.madansky.com/
Il sito personale e il canale Vimeo di Yael Bartana: http://yaelbartana.com/, ht-
tps://vimeo.com/groups/269503/videos/80614427
Intervista a Yael Bartana:
Volker Pantenburg, Loudspeaker and Flag: Yael Bartana, from Documentation to
Conjuration, «Afterall», 30, Summer 2012, rintracciabile alla pagina http://
www.afterall.org/journal/issue.30/loudspeaker-and-lag-yael-bartana-from-
documentation-to-conjuration
Il sito uiciale e il canale Vimeo di Canecapovolto: http://www.canecapovolto.it/,
https://vimeo.com/canecapovolto
La pagina dell’ Osservatorio Mashrek sulle guerre invisibili nel mondo:
http://www.osservatoriomashrek.com/2015-le-guerre-invisibili/
Il sito personale di Richard Mosse: http://www.richardmosse.com/
Interviste a Richard Mosse: https://vimeo.com/67115692, http://edition.cnn.
com/2013/06/05/world/africa/congo-richard-mosse-the-enclave/
Capitolo 2
Emergenza pianeta Terra: incidenti nucleari, calamità naturali e psicosi
collettive
Il sito personale e il canale Vimeo di Jean-Gabriel Périot: http://www.jgperiot.net,
https://vimeo.com/jgperiot
Intervista a Périot sul video Les barbares: https://www.youtube.com/
watch?v=BsDFoNr6plQ.
Le conte du monde lottant di Alain Escalle è visibile integralmente alla pagina:
http://www.dailymotion.com/video/xnciok_le-conte-du-monde-flottant_
shortilms
Toshio Miyake, Da Hiroshima/Kagasaki a Fukushima: cinema, manga e anime nel
Giappone postbellico, «Cinergie», 2, novembre 2012, consultabile alla pagina
http://www.cinergie.it/?p=1510.
Un documentario sul post-Fukushima quattro anni dopo il disastro: http://www.
internazionale.it/video/2015/03/11/giappone-fukushima-nucleare
Il sito del gruppo auroraMeccanica: http://www.aurorameccanica.it/
148
Sitograia
Capitolo 3
Società globale, efetti collaterali
Il sito personale di Almagul Menlibayeva: http://www.almagulmenlibayeva.com/
Estratti del video Exodus: https://www.youtube.com/watch?v=g3vCjDV4LUE.
Informazioni su Ezgi Kilinçaslan: https://www.ifr.com/en/persons/ezgi-kilin-aslan/
Berlun di Ezgi Kilinçaslan è visibile alla pagina:
http://www.bielefelder-kunstverein.de/en/exhibitions/subjective-projections/
ezgi-kilincaslan.html.
Una documentazione dell’installazione Guests di Krzysztof Wodiczko:
https://www.youtube.com/watch?v=UX1aj57VkKg
Il sito personale di Laura Waddington e il video Border: http://www.laurawad-
dington.com/, https://www.youtube.com/watch?v=0X42CxOomqQ
L’intervista di Filippo Del Lucchese a Laura Waddington,
he Two Speeds of “Frontera”. Interview with Laura Waddington, alla pagina http://
www.jgcinema.com/single.php?sl=laura-waddington
Eva Kuhn, Border: he Videographic Traces by Laura Waddington as a Cinemato-
149
Sitograia
Capitolo 4
Contro/informazione e contro/politica
Il sito personale e il canale Vimeo di Douwe Dijkstra: http://douwedijkstra.nl/ e
al canale Vimeo http://vimeo.com/douwedijkstra
Il sito personale e il canale Vimeo di Silvia De Gennaro: http://www.assaus.it/,
http://vimeo.com/user8932004
Il sito personale e il canale Vimeo di Marcantonio Lunardi: http://blog.marcanto-
nio.eu/, http://vimeo.com/marcantonio
Il sito personale e il canale Vimeo di Jean-Gabriel Périot: http://www.jgperiot.net,
https://vimeo.com/jgperiot
Il testo citato di Périot: http://www.jgperiot.net/TEXTES/FR/FR%2007%20
JG%20cinema.html
Emmanuelle Sarrouy su Périot: http://www.jgperiot.net/TEXTES/AUT/ITA%20
07%20PESARO%20portrait.html
L’intervista a Périot su Les barbares: https://www.youtube.com/watch?v=BsDFoNr6plQ
Il sito personale e il canale Vimeo di Yorgos Nalpantidis: http://yiorgosnalpanti-
dis.com, canale Vimeo http://vimeo.com/user6824676/videos
Il sito personale e il canale Vimeo di eddie d: http://eddied.nu/index.html, http://
vimeo.com/eddied
Il sito personale e il canale Vimeo di John Callaghan: http://www.cal-tv.net,
http://vimeo.com/caltv
150
Sitograia
151
Indice dei nomi citati
153
Buergel, Roger M. 42 Comunello, Francesca 52
Burroughs, William 125 Conrad, Tony 68
Burroughs, Xtine 126 Contour, Maxime 56, 68, 71
Bush, George W. 31, 46, 65, 124, 125, Conzen, Michael P. 97
126, 128 Corra, Bruno 120
Corrado, Andrea 77
Cacciari, Paolo 70 Corsino, Nicole 98
Cahen, Robert 98 Corsino, Norbert 98
Calabi, Donatella 97 Costa, Antonio 58, 103, 107
Callaghan, John 124, 125 Crewdson, Gregory 94
Campanini, Massimo 39 Crialese, Emanuele 77
Canecapovolto 27, 44-47, 107 Cumings, Bruce 22
Canevari, Paolo 25 Curiger, Bice 41
Canova, Gianni 22 Czubak, Bozena 88
Cargioli, Simonetta 37
Carmine, Giovanni 41 Darwish, Mahmoud 41
Caronia, Antonio 111 Davisson, Darrell D. 57
Caruth, Cathy 27 Debray, Régis 24
Casetti, Francesco 16, 62, 83, 88 De Franceschi, Leonardo 77
Castagna, Marco 121 De Gennaro, Silvia 112, 113, 114
Cati, Alice 85 De Giusti, Luciano 11
Censi, Rinaldo 26 Delapierre, Guillaume 98
Chatrian, Carlo 13, 22 Delbono, Pippo 12
Cheli, Enrico 109 DeLillo, Don 8
Chen Liu, Zen 96 Del Lucchese, Filippo 90
Cherchi Usai, Paolo 11 Dessau, Paul 43
Chiesa, Giulietto 45 Di Chio, Federico 62
Ching, Ross 71 Didi-Huberman, Georges 18, 78
Chion, Michel 62, 67 Dijkstra, Douwe 109, 110, 111
Chiti, Remo 120 Di Marino, Bruno 29, 45, 80, 120
Chomsky, Noam 39 Di Peri, Rosita 32
Cincinelli, Sonia 77 Doctor L 126
Cohen, Jem 98 Donatelli, Piergiorgio 101
Coixet, Isabel 77 Douglas, Mary 69, 136
Colburn, Martha 27, 30, 31, 32 Drivas, George 79, 93, 95, 96
Colucci, Francesco Paolo 123 Dubois, Colette 63
Comerio, Luca 26 Dubois, Philippe 11, 29, 38, 63
Compagnoni, Tom 124 Dusollier, Hendrick 101
154
eddie d 120, 122, 123 Gianikian, Yervant 26
Edelsztein, Sergio 42, 43 Gillette, Frank 107
Edwards, Richard L. 124 Gilliam, Terry 53
Eilat, Galit 42 Ginna, Arnaldo 120
Emmerich, Roland 53 Ginsberg, Terri 39, 40
Escalle, Alain 58 Giovanni Paolo II 128
Evans, Joyce A. 57 Gobetti, Paolo 106
Godard, Jean-Luc 16, 27
Fadda, Simonetta 106, 107 Golberg, Max 31, 147
Fanara, Giulia 8, 15 Greco, Pietro 68
Fanchi, Mariagrazia 88 Grecu, Mihai 56, 68, 72, 73
Fantoni Modena, Giovanni 55, 61, 62, 63 Griin, David Ray 44
Farinosi, Manuela 52 Grii, Alberto 107
Farocki, Harun 18, 24 Gross, Yoav 13
Fast, Omer 39 Grusin, Richard 10, 82
Ferro, Marc 22, 23 Guadagnini, Walter 49
Fiorentino, Giovanni 21 Gu, Tao 55, 63, 64
Fluxus 105 Guthrie, Woody 66
Foer, Jonathan Safran 8
Formenti, Cristina 70, 128 Habermas, Jürgen 7, 79
Fortezza, Daniela 22, 23 Hadouchi, Olivier 33
Fortunati, Vita 22, 23 Hall, David 42, 107
Fracassi, Franco 45 Hardstaf, Johnny 127, 142
Frost, Ben 48 Harries, Guy 43
Froula, Anna 54 Hawking, Stephen 72
Fumagalli, Mario 97 Hitler, Adolf 26, 128
Hobsbawm, Eric J. 51
Gagnebin, Murielle 16 Horkheimer, Max 121
Gaines, Jane 16, 83 Hussein, Saddam 124
Galeno, Giacomo 33 Huxley, Aldous 71
Gallagher, Owen 126
Gandini, Leonardo 8 Ivens, Joris 16, 27
Garrin, Paul 107
Gaumnitz, Michaël 26 Jenkins, Henry 10, 111
Gautry, Christophe 98 Jonas, Joan 81
Gavrila, Mihaela 53 Joselit, David 106
Gazzano, Marco Maria 11 Juhasz, Alexandra 128
Geertz, Cliford 76
155
Kermeolitis, Teo 49 Mannori, Silvia 113
Khalili, Bouchra 91 Manovich. Lev 10
Khomeini, Ruhollah 128 Marcheschi, Elena 14, 24, 58, 63, 72, 83,
Kilinçaslan, Ezgi 78, 82-86 103, 114, 115
Krauss, Rosalind 86 Marineo, Franco 9, 22
Krieger, J. Meryl 126 Marinetti, Filippo Tommaso 120
Kristensen, Jens 61, 62 Mariottini, Igor 77
Kubelka, Peter 68 Marker, Chris 16, 17, 27, 40
Kuhn, Eva 92, 150 Marks, Laura 77, 84
Kyeonghun Che 56, 59, 60 Marrone, Gianfranco 97
Marshall, Philip 44, 95
LaCapra, Dominick 277 Marten, Ana L. 102, 103
La Porta, Andrea 45 Martini, Andrea 120
Latouche, Serge 70 Marziani, Gianluca 45
Lennon, John 124, 125, 126 Matella, Alessandro 22
Lerner, Jesse 128 Maté, Rudolph 53
Lersky, Helmar 42 McCarthy, Corman 71
Levine, Les 107 McCarty, Tom 77
Liandrat-Guigues, Suzanne 16 McEwan, Ian 8
Lianke, Yan 100 McLaren, Norman 31
Lippard, Chris 39, 137 McLuhan, Marshall 111
Lippmann, Walter 113 McQuail, Denis 109
Lischi, Sandra 16, 19, 25, 37, 46, 58, 63, Meigh-Andrews, Chris 107
83, 89, 97, 103, 114, 120, 122 Mélon, Marc-Emmanuel 63
Lissoni, Andrea 26 Menarini, Roy 8, 14, 22
Ljunberg, Joa 42 Menduni, Enrico 29, 108, 109
Loiret, Philippe 77 Menlibayeva, Almagul 78, 80, 81
Lopate, Phillip 17 Merkel, Angela 118
Lopez, Claire 56, 68, 71 Metz, Christian 122
Luhmann, Niklas 109 Micalizzi, Alessandra 52
Lunardi, Marcantonio 79, 93-94, 114-116 Mik, Aernout 26
Lye, Len 31 Miller, Donna R. 122
Mittelstädt, Egbert 98
Madansky, Cynthia 26, 38, 39, 40 Miyake, Toshio 59
Maina, Giovanna 19, 63, 83 Modisakeng, Mohau 81
Makhmalbaf, Mohsen 35 Moisdon, Stéphanie 107
Malizia, Pierfranco 109 Molinari, Mario 77
Manca, Josto 69 Monticelli, Rita 22
156
Moore, Michael 124 Perniola, Ivelise 13, 16, 33, 34
Mor, Ben 55, 65 Petullà, Luciano 83
Moretti, Massimo 22 Peverini, Paolo 125
Moretti, Silvia 25 Pezzini, Isabella 97
Morin, Edgar 8 Pomodoro, Giò 57
Mosse, Richard 27, 47, 48, 49, 50 Potrč, Marjet 77
Mosso, Luca 13 Prieto Sarmiento, Jimena 98
Mroué, Rabih 39 Pullman, Philip 8
Muntadas, Antoni 107
Musso, Pierre 119 Quaglia, Roberto 67
Quanta, Chris 120, 122, 123
Naicy, Hamid 77 Quaresima, Leonardo 22
Nagin, C. Ray 65
Nalpantidis, Yiorgos 120, 121, 122 Ractlife, Jo 81
Navas, Eduardo 126 Raengo, Alessandra 22
Nichols, Bill 34 Raindance 107
Nilges, Mathias 54 Randell, Karen 54
Noack, Ruth 42 Rascaroli, Laura 16
Noguez, Dominique 97 Rashid, Ahmed 35
Nori, Franziska 22, 49, 78 Resnais, Alain 58
Noureddine, Waël 27, 32-35 Re, Valentina 16, 82, 83, 127
Novelli, Edoardo 119 Ricci Lucchi, Angela 26
Ricci, heresa 100
Obama, Barack 118 Ridoli, Maurizio 119
Odin, Roger 83, 85 Riefensthal, Leni 31
Ono, Yoko 125 Robson, Mark 53
Orfei, Giovanni 35 Rodowick, David 10
Orlan 55 Rodriguez, Mario 118
Ortoleva, Peppino 108, 109 Rondolino, Gianni 40
Orwell, George 71 Rosenquist, James 57
Oursler, Tony 54 Rota, Massimo 22
Rush, Michael 105, 107
Paik, Nam June 105 Rutte, Marc 123
Pantenburg, Volker 43
Pappé, Ilan 39 Salguero Vélez, Helena 98
Paradžanov, Sergej 36 Salier, Edouard 124, 126, 127
Pedullà, Gabriele 88 Saraceno, Tomas 77
Périot, Jean-Gabriel 57, 58, 116-119 Sarkozy, Nicolas 118, 123
157
Sarrouy, Emmanuelle 117, 118 Uva, Christian 12
Schneider, Ira 107
Sennett, Richard 10, 93, 96, 141 Valentini, Valentina 86
Serra, Michele 69, 112 Varda, Agnès 16
Settimelli, Emilio 120 Vartiainen, Hannes 96, 98
Shaheen, Jack G. 56 Vasta, Nicoletta 122, 139
Shapiro, Jerome F. 57 Vasulka, Steina 105
Sharits, Paul 68 Vasulka, Woody 105
Shibli, Ahlam 39 Veikkolaine, Pekka 96
Smith, Harry 31 Venturelli, Devis 98
Söderberg, Johan 127, 128, 129 Verde, Giacomo 107
Sontag, Susan 21, 53, 141 Vicari Haddock, Serena 97
Sonvilla-Weiss, Stefan 126 Vichi, Laura 22, 141
Sorlin, Pierre 17 Videofreex 107
Spencer, Jenny 8 Villa, Federica 84, 142
Spielmann, Yvonne 105, 106 Viola, Bill 54, 145
Staeger, Jörn 96, 102 Virilio, Paul 21, 142
Stelarc 55 Volz, Jochen 77, 88
Sterback, Jana 55 Vostell, Wolf 105
Sternberg, Claudia 77
Storr, Robert 34 Waddington, Laura 78, 89, 90, 91, 92
Sturken, Marita 106 Warhol, Andy 57
Sturloni, Giancarlo 51, 68 Wells, Paul 127, 142
Wiesinger, Telemach 98, 146
Tajfel, Henri 119, 142 Wilders, Geert 123
Tam, Ho 55, 66, 67, 68 Wittgenstein, Ludwig 76
Tarabieh, Ehab 13 Wodiczko, Krzysztof 78, 87, 88, 89
Tate, Andrew 8
hatcher, Margaret 128 Youngblood, Gene 88
hompson, John B. 113
Todorov, Tzvetan 74 Zaatari, Akram 39
Tofetti, Sergio 120 Zangh-Ke, Jha 100
Torres, Marco 97 Zecca, Federico 60, 111
Toti, Gianni 25, 98 Zimmerfrei 98
Trione, Vincenzo 97, 142 Zinni, Maurizio 56
Turner, John C. 119 Žižek, Slavoj 7
Tweeten, Trevor 48 Zwicker, Barry 45
Tyron, Chuck 124
158
orizzonti
Giaime Alonge, Uno stormo di Stinger. Autori e generi del cinema americano
Giulia Carluccio (a cura di), America oggi. Cinema, media, narrazioni del nuovo
secolo
Alessandro Faccioli, Leggeri come in una gabbia. L’idea comica nel cinema italiano
Anton Giulio Mancino, Il processo della verità. Le radici del ilm politico-indiziario
italiano
Anton Giulio Mancino, Schermi d’inchiesta. Gli autori del ilm politico-indiziario
italiano
Andrea Martini, Simona Micali (a cura di), Storia patria tra letteratura e cinema.
Senso e Vanina
Paolo Noto, Dal bozzetto ai generi. Il cinema italiano dei primi anni Cinquanta
Valentina Re, Leonardo Quaresima (a cura di), Play the Movie. Il DVD e le nuove
forme dell’esperienza audiovisiva