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Estratto

Leo Spitzer
Lo stile e il metodo
Atti del XXXVI Convegno Interuniversitario
(Bressanone/Innsbruck, 10-13 luglio 2008)

a cura di Ivano Paccagnella e Elisa Gregori

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Questo volume è stato stampato con il contributo
del Dipartimento di Romanistica dell’Università degli Studi di Padova

© 2010 Esedra editrice s.r.l.


via Palestro, 8 - 35138 Padova
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Quaderni del Circolo Filologico Linguistico Padovano

- 24 -

fondati da Gianfranco Folena

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Angelo Pagliardini

Aspetti stilistici delle gallerie di immagini


nell’Orlando innamorato e nell’Orlando furioso

All’interno della letteratura rinascimentale, l’utilizzo di quella specie


particolare di descriptio avente per oggetto la rappresentazione di opere
d’arte scultoree o pittoriche, denominata ecfrasis,1 va a collocarsi in quei
giochi di concorrenza e complicità per il primato fra le varie arti, giochi
e procedimenti che oggi potremmo definire multimediali.2 Basti citare le
nodose argomentazioni di Leonardo a difesa della non inferiorità della pit-
tura rispetto alla scrittura e comunque l’ammissione sofferta di essere co-
stretto a scrivere al fine di poter dare una visibilità illustre alla propria arte:

Come la pittura avanza tutte l’opere umane per sottile speculazioni apparte-
nente a quella.
[…]
E se tu, poeta, figurerai una storia colla pittura della penna, el pittore col pen-
nello la farà di più facile sadisfazione e men tediosa a essere compresa.3

Voi avete messa la pittura infra l’arti meccaniche. Certo, se i pittori fussino atti
a laldare l’opere loro come voi, io dubito non diacerebbe in sì vile cognome.4

Secondo i canoni estetici rinascimentali su tale applicazione molto par-

1
Si prescrive questa distinzione fra `descrizione´ in senso generale ed ecfrasis in questo
senso ristretto, lamentandone anche le confusioni metodologiche in P.V. Mengaldo, Prima
lezione di stilistica, Roma-Bari, Laterza, 2001, p. 133. Stimolanti contributi al tema vengono
dai saggi raccolti in G. Venturi - M. Farnetti (a c. di), Ecfrasi. Modelli ed esempi fra Medioevo e
Rinascimento, Roma, Bulzoni, 2004, 2 voll. Si noterà per inciso la non coincidenza grafica fra
i termini usati rispettivamente nel testo di Mengaldo e nel volume miscellaneo appena citati.
2
Molto interessante la posizione espressa nel suo trattato da Romano Alberti, il quale
afferma che la nobiltà della pittura deriva proprio dalla sua stretta interconnessione con la
poesia, cfr. R. Alberti, Trattato della nobiltà della pittura, in P. Barocchi (a c. di), Trattati d’arte
del Cinquecento, Bari, Laterza, 1962, vol. III, pp. 211-212. Del resto che non si tratti di un dibat-
tito solo antico lo si può ricavare da D.P. Fowler, Narrate and Describe: The Problem of Ekphrasis,
in «The Journal of Roman Studies», LXXXI, 1991, p. 26, dove si ricorda la controversia sul
fatto che le scene descrittive siano o meno subalterne alla narrazione, con interventi sul tema
di Lukacs e Genette.
3
Leonardo Da Vinci, Scritti, a c. di C. Vecce, Milano, Mursia, 1992, p. 143.
4
Ivi.

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ticolare del principio oraziano ut pictura poesis si focalizzava uno spiccato in-
teresse, dato che in questo caso la poesia si cimentava non semplicemente
nell’esercizio retorico di gareggiare con le arti visive nella rappresentazione
della natura, ma aspirava a riprodurre nella pagina scritta le rappresenta-
zioni pittoriche o scultoree della natura. A proposito di questo intreccio
referenziale fra natura, arte, letteratura, sul piano della rappresentazione,
possiamo ricordare che è stato osservato, ad esempio da Plett, che anche
per le arti non verbali (die nicht-verbalen Künste) valevano nel Rinascimento
i principi della retorica e in particolare quegli elementi che sono propri
della «retorica dei topoi» (Die Topik).5
Il topos della descrizione delle opere d’arte era ben connaturato al gene-
re epico, dalla descrizione omerica dello scudo di Achille, alla descrizione
virgiliana dello scudo di Enea, fino ai vari padiglioni ornati di figure dei ro-
manzi cavallereschi e in particolare quello di Luciana nel Morgante di Pulci,
ricordato da Rajna.6 Tuttavia per mettere a fuoco, in via del tutto sommaria
ed esemplificativa, lo sfondo concettuale e culturale in cui maturano le
scelte stilistiche di Boiardo e Ariosto allorché inseriscono nei loro poemi
descrizioni di gallerie di immagini, vorremmo ricordare due elementi che
contribuiscono ad inserire questi testi particolari dei due poeti nella corni-
ce della corte ferrarese. Una delle figure più importanti e attive del rinasci-
mento ferrarese, Isabella d’Este, sorella del duca di Ferrara Alfonso I d’Este
e marchesa di Mantova, si era fatto tradurre in volgare il testo delle Eikon
o Imagines di Filostrato il Giovane,7 catalogo di esercizi retorici consistenti
nella descrizione di una galleria di affreschi posta in una dimora napoleta-
na, non identificata e da gran parte della critica ritenuta fittizia.8
Il secondo elemento che vorremmo richiamare all’attenzione è la re-
alizzazione, a Ferrara, del Camerino di Alfonso d’Este, il cui programma
iconografico prendeva le mosse anche dalla suddetta opera di Filostrato. Il
programma del Camerino ferrarese, purtroppo smantellato e depauperato
delle sue opere, comprendeva gli Andrii e l’Offerta a Venere del Tiziano, in

5
H. Plett, Topische Poetik der Renaissance, in E. Rohmer et a., Texte Bilder Kontexte, Uni-
versitätverlag Winter, Heidelberg, 2000, p. 71. Una sistematica trattazione teorica di tutti
i casi che si possono verificare nel campo dell’ecfrasis e della rappresentazione pittorica di
una sequenza narrativa, in assenza o presenza del modello pittorico o della sua descrizione
verbale, si trova in T. Yacobi, Pictorial Models and Narrative Ekphrasis, in «Poetics Today», XVI,
4, Winter 1995, pp. 599-649.
6
P. Rajna, Le fonti dell’Orlando furioso, Firenze, Sansoni, 1876, p. 330.
7
Il testo di Filostrato si può leggere in traduzione francese in Philostrate, La galérie de
tableaux, a c. di F. Lissarrague, Paris, Les Belles Lettres, 1991. Una ricostruzione del fatto si
trova in M. Koortbojian - R. Webb, Isabella d’Este’s Philostratos, in «Journal of the Warburg
and Courtauld Institutes», LVI, 1993, pp. 260-267.
8
Cfr ad esempio l’introduzione all’edizione citata del testo di Filostrato, in Philostrate,
La galérie de tableaux, cit. p. 3.

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cui il pittore si era in qualche modo cimentato nella sfida di superare con
la pittura l’esercizio retorico di descrizione di pitture messo in atto nel testo
di Filostrato.9
In questo intreccio di rimandi e giochi riflessi fra pittura e poesia, si
inseriscono i testi che vorremmo prendere in esame. All’interno del poema
boiardesco saranno oggetto di attenzione tre passaggi in particolare: quello
relativo alla sala affrescata del gran castello imperiale di Agramante a Biserta,
sede della solenne assemblea dei trentadue re dell’Africa, in cui si celebra-
no le glorie di Alessandro Magno, avo mitico e illustre del gran re dei Mori
Agramante,10 la loggia istoriata che Brandimarte e Fiordelisa possono am-
mirare nel palazzo della fata Febosilla, dove sono rappresentate le future
glorie della casa d’Este,11 e il bel pavaglione che lo stesso Brandimarte monta
sotto Biserta, nell’attesa di affrontare a duello Agramante, dove si trovano
le gesta dei dodici Alfonsi della casa di Aragona, legatasi agli Este con il
matrimonio fra Ercole I ed Eleonora d’Aragona nel 1473.12 Analogamente
all’interno del poema ariostesco si sono scelte tre scene di questo tipo, e
cioè la visita di Bradamante alla Rocca di Tristano,13 dove Merlino ha fatto
dipingere ai demoni le future guerre dei francesi, dall’epoca di Clodoveo
fino al sacco di Roma, quindi le sale del gran palazzo presso il Po, in cui trova
ospitalità Rinaldo mentre si dirige alla volta di Lipadusa14 e dove il paladino
può ammirare la fontana ornata con preziose statue raffiguranti le donne
della casata estense, infine il padiglione trasportato da Costantinopoli dalla
maga Melissa per i futuri sposi Bradamante e Ruggiero, istoriato con dipinti
che narrano le glorie del cardinale Ippolito d’Este, descritto nell’ultimo
canto del poema.15
Nel suo saggio su The “ode on a grecian urn” di Keats, di fronte al testo
poetico che descrive il reperto archeologico, Spitzer si pone una precisa
domanda: «What exactly has Keats seen (or chosen to show us) depicted on
the urn he is describing?».16 In quel saggio, come messo a fuoco in modo

9
Cfr Ch. Hope, The “Camerini d’Alabastro” of Alfonso d’Este, in «The Burlington Magazine»,
CXIII 824 (Nov., 1971), pp. 641-650; M. Marek, Ekphrasis und Herrscherallegorie. Antike Bild-
beschreibungen bei Tizian und Leonardo, in «Römische Studien der Bibliotheca Hertziana», III
(1985), pp. 38-73.
10
M.M. Boiardo, Orlando innamorato, a c. di G. Anceschi, Milano, Garzanti, 2003 (1978),
2 voll., II, I, 18-30 (l’opera si cita per libro, canto e ottave).
11
Ibid., II, XXV, 42-56.
12
Ibid., II, XXVII, 50-61.
13
L. Ariosto, Orlando furioso, a c. di R. Ceserani. Torino, Utet, 1972. 2 voll., XXXIII, 1-64
(L’opera si cita per canto e ottave).
14
Ibid., XLVV, 73-104.
15
Ibid., XLVI, 79-99.
16
L. Spitzer, The “Ode on a Grecian Urn,” or Content vs. Metagrammar, in «Comparative
Literature», VII, 3, Summer 1955, p. 207.

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esemplare da Wellek, Spitzer prende le distanze dalle interpretazioni orien-


tate sul predominio dell’imagery, per sostenere la centralità del testo e quin-
di di un’analisi di stampo filologico dell’ecfrasis.17 Gli esempi riportati dai
poemi di Boiardo e di Ariosto possono aiutare, da questo particolare an-
golo visuale, a tracciare o confermare alcune linee delle strategie narrative
dei due poeti.18
L’episodio del concilio di re africani nella reggia di Agramante, che apre
solennemente il secondo libro del poema boiardesco, inserisce l’elemento
dell’esotismo dal punto di vista stereotipico, in quanto non si identifica-
no con specifiche caratteristiche culturali o religiose i musulmani, bensì i
pagani, nel senso di non cristiani, diventano anche genericamente i “non
romani”. Ecco che allora la reggia di Agramante viene a costituirsi come
simbolo di questo blocco stereotipico in quanto, da un lato, al suo interno
di riuniscono tutti i re d’Africa sotto il comando di Agramante, dall’altro il
re Agramante rappresenta l’anello di congiunzione fra i “pagani” antichi (i
greci) e i “pagani moderni”, i non cristiani, essendo il discendente e l’erede
di Alessandro Magno.19
L’elemento predominante della struttura architettonica e poi del ciclo
figurativo descritti è quello dello sfarzo celebrativo, elemento che ritorna
più o meno in tutte le gallerie prese in esame:

Eravi un gran castello imperiale,


Dove Agramante avea sua residenzia:
Il sol mai non ne vide un altro tale,
di più ricchezza e più magnificenzia.
A duo a duo montarno i re le scale,
Coperti a drappi d’ôr per eccellenza;
Intrarno in sala, e ben fu loro aviso

17
R. Wellek, Leo Spitzer (1887-1960), in «Comparative Literature», XII, 4, Autumn 1969,
p. 326. Si tratta di un ricordo molto articolato tracciato in occasione della scomparsa dello
studioso.
18
Bruscagli presenta il tema delle gallerie di celebrazione dinastica come un sottogenere
ecfrastico ben definito nel suo saggio R. Bruscagli, L’ecfrasi dinastica nel poema eroico del Rina-
scimento, in G. Venturi - M. Farnetti (a c. di), Ecfrasi. Modelli ed esempi fra Medioevo e Rinasci-
mento, cit. I vol. pp. 269-291.
19
Ad esempio in S. Friede, Un héros et sa tente: la tente du sultan dans la Chanson de Jéru-
salem, in L’épopée romane. Actes du XV Congrès international rencesvals, Poitiers, Centre d’études
supérieures de civilisation médiévale, 2002, vol. II, pp. 673-680, si riscontrano precise cor-
rispondenze fra il motivo della tenda del sultano nella canzone analizzata, quella di Enea
davanti a Laurento nel Roman d’Enéas e quella di Alessandro Magno nel Roman d’Alexandre.
Inoltre in C. Mossé, Alexander der Große. Leben und Legende, Düsseldorf-Zürich, Patmos Verlag
2004 [trad. di Alexandre. La destinée d’un mythe, Paris, Payot, 2001], nel capitolo sulla immagi-
ne medievale del sovrano macedone l’autrice mostra una serie di fenomeni che hanno porta-
to ad una “arabizzazione” del personaggio nel Medioevo e ad una sua identificazione sempre
più forte con il mondo islamico, in contrapposizione a quello europeo cristiano.

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Veder il celo aperto e il paradiso.

Lunga è la sala cinquecento passi,


E larga cento aponto per misura:
Il cel tutto avea d’oro a gran compassi,
Con smalti rossi e bianchi e di verdura.
Giù per le sponde zaffiri e ballassi
Adornavan nel muro ogni figura,
Però che ivi intagliata, con gran gloria,
Del re Alessandro vi è tutta la istoria.20

All’inizio del canto Boiardo aveva narrato la storia della discendenza di


Alessandro Magno e in particolare che dei suoi tre figli, divenuti sovrani
dell’Africa, il minore, Argante, aveva avuto come discendente Agramante.
Con la descrizione della galleria abbiamo una ulteriore analessi temporale,
in quanto si torna indietro alla nascita del re macedone e si giunge poi al
punto in cui era iniziata la narrazione precedente, la nascita dei tre figli di
Alessandro Magno. E non a caso proprio questa parte, che costituisce il seg-
mento più importante in quanto si tratta della vita di Alessandro Magno, vie-
ne affidata alla rappresentazione su materiali preziosi finemente intagliati.
Non può sfuggire a questo punto il parallelismo fra questa scena del
concilio dei re pagani nel palazzo di Agramante, che apre il secondo libro
del poema di Boiardo, e la “corte reale” bandita da Carlo Magno, a cui sono
invitati tutti i cavalieri pagani e cristiani, dei quali si descrivono ricchezze
e magnificenze di apparato, episodio che apre il primo libro del poema.21
La celebrazione della corte di Agramante, che poi renderà grandi onori
al pagano Ruggero, indirettamente risponde ai fini encomiastici del poema
in quanto prepara la comparsa in scena di Ruggero, indicato da Boiardo
come il capostipite degli Estensi.22
Anche l’inserto figurativo che contiene l’encomio della genealogia degli
estensi è introdotto, come il ciclo di bassorilievi dedicato ad Alessandro,
da un inserto narrativo, laddove il mago Atalante, protettore di Ruggero e

20
M.M. Boiardo, Orlando innamorato, cit., II, I, 20-21.
21
Ibid., I, I, 8-20. A questo proposito è interessante notare come le strutture spaziali aveva-
no sempre giocato un ruolo molto importante nella costruzione di immagine che ha portato
alla creazione dello spazio concreto e ideale al tempo stesso della corte estense, come mette
in evidenza Gabriele Nori nella sua analisi del pellegrinaggio di Niccolo III d’Este nel 1413
in Terrasanta, in G. Nori, La corte itinerante. Il pellegrinaggio di Niccolò III in Terrasanta, in G.
Papagno - A. Quondam (a c. di), La corte e lo spazio: Ferrara Estense, Roma, Bulzoni, 1982, vol.
I, pp. 235-236.
22
Per una ricostruzione di questa operazione culturale e per le motivazioni si veda M.
Villoresi, La letteratura cavalleresca, Carocci, Roma, 2002, pp. 154-155; il problema viene il-
lustrato e approfondito anche in R. Bruscagli, Matteo Maria Boiardo, in Storia della letteratura
italiana, a c. di E. Malato, Roma, Salerno Editrice, vol. III, pp. 675 e ss.

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conscio del destino di gloria e di morte del giovane, allorché questi viene
armato cavaliere e avviato a partecipare alla guerra con le truppe di Agra-
mante, tesse piangendo la storia futura dei discendenti del pagano destina-
to al battesimo e al matrimonio con la cristiana Bradamante.23
La loggia istoriata con ritratti e storie dei più famosi antenati della casata
estense si colloca in un contesto meno ufficiale e solenne dei fregi sulla vita
di Alessandro Magno: Brandimarte e Fiordelisa stanno cercando la fanciul-
la che era apparsa prima del combattimento contro il gigante-serpente e
contro il cavaliere presso ad un sepolcro, che popolano il castello di Febo-
silla. In questo caso si tratta di un quadriportico dipinto, o comunque di
una loggia con quattro gruppi di affreschi:

Onde si stanno, e non san che si fare,


E solo una speranza li assicura:
Che quella dama che gli ebbe a cennare,
Gli mostri a trarre a fin questa ventura.
Ma, stando quivi in ocio ad aspettare,
Cominciarno a mirar la dipintura
Che avea la loggia istoriata intorno
Vaga per oro e per color adorno.24

Il poeta descrive prima gli effetti che producono le immagini dipinte,


quindi dichiara di non conoscere né il pittore né chi abbia potuto fornire il
soggetto di questi dipinti, presupponendo implicitamente che si tratti della
trasposizione pittorica del contenuto di un testo.

La loggia istoriata è in quattro canti,


Et ha per tutto intorno cavallieri
Grandi e robusti a guisa de giganti,
E con lor soprainsegne e lor cimieri.
Sopra allo arcione e armati tutti quanti
Sì nella vista se mostravan fieri,
Che ciascadun che intrava de improviso,
Facean cambiar per meraviglia il viso.

Chi fu il maestro, non saprebbi io dire,


Il quale avea quel muro istoriato
De le gran cose che dovean venire,
Né so chi a lui l’avesse dimostrato.
[…]25

23
Cfr. M.M. Boiardo, Orlando innamorato, cit., II, XXI, 51-61. Il brano viene analizzato in
R. Bruscagli, L’ecfrasi dinastica nel poema eroico del Rinascimento, cit., p. 270.
24
M.M. Boiardo, Orlando innamorato, cit., II, XXV, 41.
25
Ibid., II, XXV, 43.

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I quattro gruppi di affreschi riprendono rispettivamente la scena di una


battaglia fra Guelfi e Ghibellini, in cui la parte guelfa è rappresentata dagli
Estensi, quindi la battaglia combattuta da Azzo I d’Este contro Ezzelino da
Romano, con le violenze e le efferatezze compiute, almeno secondo la pro-
paganda guelfa, da Ezzelino, quindi il ritratto di Ercole I d’Este, protettore
del Boiardo, il cui personaggio viene in parte a coincidere con l’omonimo
eroe mitologico, e infine il figlio del duca, il futuro Alfonso I, qui dipinto
ancora giovane e di cui si preannunciano grandi imprese. Siamo quindi di
fronte alla galleria in cui il tema dell’elogio dinastico è più esplicito e di-
retto, tuttavia il cui senso è chiaro per i lettori, e soprattutto per il pubblico
ferrarese, ma non per i personaggi, per Brandimarte e Fiordelisa, che non
sanno che cosa rappresentino le immagini dipinte.26
Il terzo luogo del poema di Boiardo che vorremmo prendere in esame è
quello del padiglione montato da Brandimarte presso Biserta. Siamo qui di
fronte all’unica galleria di immagini profetiche “firmate”, in quanto si dice
esplicitamente che l’artefice del padiglione è la Sibilla Cumana, elemento
che rafforza ed esplicita la derivazione virgiliana e la continuità con il mon-
do classico delle profezie del poema:

Questo era sì leggiadro e sì polito,


Che un altro non fu mai tanto soprano.
Una Sibilla, come aggio sentito,
Già stette a Cuma, al mar napolitano,
E questa aveva il pavaglione ordito
E tutto lavorato di sua mano;
Poi fu portato in strane regione,
E venne al fine in man de Dolistone.

Io credo ben, Segnor, che voi sappiati


Che le Sibille fôr tutte divine,
E questa al pavaglione avea signati
Gran fatti e degne istorie pellegrine
E presenti e futuri e di passati;
Ma sopra a tutti, dentro alle cortine,
Dodeci Alfonsi avea posti de intorno,
L’un più che l’altro nel sembiante adorno.27

Il topos del padiglione istoriato è ampiamente presente nella letteratura

26
Il topos dell’oscurità o dell’enigmaticità delle immagini che vanno a costituire un’ec-
frasis dinastica viene analizzato da Bruscagli, che ricorda come anche nel testo virgiliano pa-
radigmatico di questo genere, le rappresentazioni scolpite sullo scudo di Enea, l’eroe stesso
non capiva che quelli sarebbero stati i suoi successori, cfr R. Bruscagli, L’ecfrasi dinastica nel
poema eroico del Rinascimento, cit., p. 273.
27
M.M. Boiardo, Orlando innamorato, cit., II, XXVII, 51-52.

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cavalleresca, come osserva anche Rajna,28 semmai una innovazione boiar-


desca è costituita dalla combinazione del topos del padiglione con quello
della galleria profetica. Inoltre ci sembra significativa la scelta strutturale
di celebrare esattamente dodici personaggi, trasponendo in qualche modo
sulla casata d’Aragona il paradigma dei dodici paladini di Carlo Magno.
Come poi avverrà per le storie dei francesi nella rocca di Tristano del poe-
ma di Ariosto, con questa galleria l’encomio degli Este si allarga sugli sce-
nari delle alleanze e della politica estera ferrarese.29
La prima galleria di immagini che si analizzerà nel poema ariostesco è
proprio quella della rocca di Tristano, i cui dipinti non vengono descritti di-
rettamente dal narratore, ma dal signore del castello che guida Bradaman-
te nella visita. Il canto si era aperto con un catalogo di pittori dell’antichità
classica e con un parallelo canone di pittori contemporanei all’Ariosto:

Timagora, Parrasio, Polignoto,


Protogene, Timante, Apollodoro,
Apelle, più di tutti questi noto
E Zeusi, e gli altri ch’a quei tempi fôro;
di quai la fama (mal grado di Cloto,
che spinse i corpi e dipoi l’opre loro)
sempre starà, fin che si legga o scriva,
mercé degli scrittori, al mondo viva:

e quei che furo a’ nostri dì, o sono ora,


Leonardo, Andrea Mantegna, Gian Bellino,
duo Dossi, e quel ch’a par sculpe e colora,
Michel, più che mortale, Angel divino;
Bastiano, Rafael, Tizian, ch’onora
Non men Cador, che quei Venezia e Urbino;
e gli altri di cui tal l’opra si vede,
qual de la prisca età si legge e crede:

questi che noi veggiàn pittori, e quelli


che già mille e mill’anni in pregio furo,
le cose che son state, coi pennelli
fatt’hanno, altri su l’asse, altri sul muro.
Non però udiste antiqui, né novelli
Vedeste mai dipingere il futuro:
e pur si sono istorie anco trovate,
che son dipinte inanzi che sian state.30

28
P. Rajna, Le fonti dell’Orlando furioso, Firenze, Sansoni, 1876, p. 330 e ss.
29
Per i rapporti fra il poema di Boiardo e il matrimonio di duca Ercole I d’Este ed Eleo-
nora d’Aragona, figlia del re di Napoli Ferdinando d’Aragona, cfr. A. Pagliardini, La Spagna
musulmana nei cantari e nei poemi cavallereschi, Firenze, Cesati (in stampa).
30
L. Ariosto, Orlando furioso, cit., XXXIII, 1-3.

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In questo caso il carattere emulatorio e concorrenziale della rappresen-


tazione della pittura all’interno del testo letterario viene sottolineato ed
evidenziato dal doppio canone di pittori posto all’inizio del canto, di cui si
dice che in ogni caso non avevano mai potuto dipingere i fatti prima che
accadessero. Ma certo questa competizione non è solo quella fittizia fra i
pittori citati e l’artefice delle immagini profetiche descritte nel testo, ma
richiama direttamente anche la competizione fra la penna dello scrittore e
il pennello del pittore.31
Il soggetto rappresentato qui non riguarda che indirettamente i duchi
di Ferrara, in quanto vengono descritti una serie di episodi caratterizzati
dalla discesa dei francesi in Italia e dalla loro successiva sconfitta, dai tem-
pi di Clodoveo fino all’epoca contemporanea e in particolare al sacco di
Roma. Dunque come nel padiglione di Boiardo che descrive i dodici Al-
fonsi della casa di Aragona, si ribadisce la collocazione filo-spagnola della
politica estense e al tempo stesso si condanna l’attività politico-militare in
Italia dei francesi.
Il tema encomiastico lo si ritrova nel secondo passaggio ariostesco che
abbiamo scelto, e cioè nella fontana adorna di statue all’interno del castello
che ospita Rinaldo presso il Po durante il suo viaggio alla volta di Lipadusa:

Un tratto d’arco fuor di strada usciro,


e inanzi un gran palazzo si trovaro,
onde scudieri in gran frotta veniro
con torchi accesi, e fêro intorno chiaro.
Entrò Rinaldo, e voltò gli occhi in giro,
e vide loco il qual si vede raro,
di gran fabrica e bella e bene intesa;
né a privato uom convenia tanta spesa.32

In questo caso il rapporto fra testo e immagine è molto complesso in


quanto, le statue che rappresentano donne estensi poggiano, ciascuna ri-
spettivamente, su due sculture che ritraggono due poeti che le hanno ce-
lebrate. Tali poeti sono stati ripresi nell’atto di cantare, quindi siamo di
fronte in qualche modo ad una composizione multimediale, plastica ma
dotata di un effetto sonoro:

La prima inscrizion ch’agli occhi occorre

31
A questo proposito Enza Biagini non manca di rilevare una certa ambiguità della trat-
tatistica cinquecentesca di fronte al valore e all’autonomia della figura dell’ecfrasis, in quanto
possa sussistere autonomamente dall’oggetto artistico che descrive, cfr. E. Biagini, Ecfrasi,
dipintura. Sguardo sulle teorie della descrizione nei trattati del Cinquecento, in G. Venturi - M. Far-
netti (a c. di), Ecfrasi. Modelli ed esempi fra Medioevo e Rinascimento, cit., vol. I, 409-410.
32
L. Ariosto, Orlando furioso, cit., XLII, 73.

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400 angelo pagliardini

con lungo onor Lucrezia Borgia noma,


la cui bellezza et onestà preporre
debbe all’antiqua la sua patria Roma.
I duo che voluto han sopra sé tôrre
tanto eccellente et onorata soma,
noma lo scritto, Antonio Tebaldeo,
Ercole Strozza: un Lino et uno Orfeo.33

Alla fine di questa galleria di terne di statue, come si è visto molto strut-
turata, abbiamo un elemento asimmetrico costituito da un gruppo sculto-
reo costituito da una statua di donna e un solo poeta, entrambi resi anoni-
mi dalla mancanza del cartiglio. Si tratta di Alessandra Benussi, musa del
poeta di cui Ariosto inserisce la statua insieme al proprio autoritratto in
scultura. La statua chiude lo spazio in modo che viene a trovarsi fra l’ultima
statua descritta, Diana d’Este, e la prima, Lucrezia Borgia:

Tra questo loco e quel de la colonna


che fu sculpita in Borgia, com’è detto,
formata in alabastro una gran donna
era di tanto e sí sublime aspetto,
che sotto puro velo, in nera gonna,
senza oro e gemme, in un vestire schietto,
tra le più adorne non parea men bella,
che sia tra l’altre la ciprigna stella.34

L’ultimo degli inserti iconografici nel poema ariostesco che si intende


analizzare è il padiglione nuziale preparato per le nozze di Ruggero e Bra-
damante, l’episodio culminante del poema ariostesco, e in qualche modo
di tutta la vicenda che ha per protagonista il pagano Ruggero scelto come
capostipite degli estensi già nel poema di Boiardo. Si tratta in questo caso di
un prezioso drappo ricamato dalla sfortunata principessa veggente Cassan-
dra, passato di mano in mano dopo la caduta di Troia, fino all’imperatore
bizantino Costantino, a cui lo ha temporaneamente trafugato, per farne il
padiglione nuziale degli sposi, la maga Mellissa, che poi lo rimetterà al suo
posto:35

33
Ibid., XLII, 83.
34
Ibid., XLII, 93.
35
Sarà opportuno ricordare a questo punto il ruolo non sempre positivo che i poemi ca-
vallereschi attribuiscono ai bizantini. Ad esempio nell’Orlando innamorato abbiamo l’episodio
del torneo del re di Cipri, dove Orlando prende le insegne di Costante per difendere il suo
amore, mentre questi, figlio dell’imperatore di Bisanzio, lo allontana con l’inganno dalla
contesa per poter avere una gloria piena e viene descritto come greco e «di malizia pieno
/ (come son tutti de arte e di natura)» (M.M. Boiardo, Orlando innamorato, cit. II, XX, 37).

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Aspetti stilistici nell’Orlando innamorato e nel furioso 401

Di sopra a Costantin ch’avea l’impero


di Grecia, lo levò da mezzo il giorno,
con le corde e col fusto e con l’intero
guernimento ch’avea dentro e d’intorno:
lo fe portar per l’aria, e di Ruggero
quivi lo fece alloggiamento adorno.
Poi finite le nozze, anco tornollo
miracuolosamente onde levollo.36

Pur essendo la situazione assai differente, non si può non vedere in que-
sto padiglione una delle mute citazioni boiardesche del poema di Ariosto,
in quanto si tratta di un elemento assai ben confrontabile con il bel pavaglio-
ne usato da Brandimarte e di cui si è già parlato. Il drappo ricamato è frutto
del lavoro di cucito di Cassandra, principessa troiana con il dono della pro-
fezia, la cui voce era inascoltata dalla sua famiglia e dalla sua gente. La pro-
fezia contenuta nel padiglione riguarda un discendente molto speciale del
troiano Ettore, e cioè il cardinale Ippolito d’Este, protettore dell’Ariosto, di
cui si descrivono gli eventi biografici più significativi, a partire dalla nascita:

Quivi le Grazie in abito giocondo


una regina aiutavano al parto:
sì bello infante n’apparia che ‘l mondo
non ebbe un tal dal secol primo al quarto.
Vedasi Iove, e Mercurio facondo,
Venere e Marte, che l’avean sparto
a man piene e spargean d’eterei fiori,
di dolce ambrosia e di celesti odori.37

Dunque il testo rende onore agli estensi sia celebrando le lodi del cardi-
nale che di Ariosto era protettore, sia inserendo implicitamente la discen-
denza estense all’interno dell’asse epico-mitologico costituito dalla guerra
di Troia e in particolare facendo discendere gli estensi da Ettore, procedi-
mento già attuato da Boiardo che aveva indicato in Ruggero il progenitore
degli estensi e al tempo stesso un discendente di Ettore troiano.
Al termine di questa breve e sommaria carrellata possiamo notare come
le gallerie di opere figurative che abbiamo esaminato all’interno del poema
di Boiardo e di quello di Ariosto abbiamo la funzione costante di inserire
nel testo una digressione encomiastica con forti escursioni diacroniche, per
dirla nei termini usati da Bruscagli, soprattutto nel poema ariostesco trovia-
mo un vero e proprio «sistema ecfrastico laudatorio».38 Un primo elemen-

36
Ibid., XLVI, 79.
37
Ibid., XLVI, 85.
38
R. Bruscagli, L’ecfrasi dinastica nel poema eroico del Rinascimento, cit., p. 276.

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402 angelo pagliardini

to che accomuna queste scene è una profonda commistione mediatica, in


quanto entrano in gioco sia elementi visivi che sonori e inoltre viene spesso
ribadito il rapporto fra il testo scritto, costituito da un precedente episodio
o racconto, e l’opera figurativa. In secondo luogo notiamo una raffinata
combinazione di tecniche artistiche differenti, in quanto si va dalla pittura
al bassorilievo, alla scultura al ricamo. In terzo luogo possiamo affermare
che è molto evidente in tutti questi passaggi un gioco di emulazione per
quanto riguarda le capacità mimetiche della poesia o della parola in gene-
rale e delle varie arti figurative.
Ma non possiamo non rilevare anche numerose e profonde differenze
fra i due autori. In primo luogo ci pare significativa a questo proposito la
semplicità di impianto strutturale del testo di Boiardo, che introduce le due
parentesi figurative rispettivamente con valore analettico e prolettico, ol-
tre all’invenzione del padiglione profetico. Lo schema risulta essere invece
assai più articolato in Ariosto, in quanto abbiamo non l’elogio diretto dei
duchi di Este, presente in Boiardo, bensì gli elogi delle donne di casa d’Este
e quello del cardinale Ippolito d’Este. L’elogio di quest’ultimo viene con-
dotto con strategie molto sottili in quanto si tesse l’elogio di Ippolito e al
tempo stesso si fa la storia di questo padiglione, mostrando come la casata
d’Este discenda direttamente dal figlio di Ettore, l’eroe della guerra di Tro-
ia, e quindi completando in questo modo quel ciclo di agnizioni nobilitanti
iniziato con l’ingresso di Ruggero nell’Orlando innamorato. Pare significati-
vo concludere queste osservazioni ponendo ancora l’attenzione su quella
che ci sembra l’immagine più raffinata fra quelle mostrate, e cioè quell’au-
toritratto scultoreo dell’Ariosto che canta le lodi della propria donna, che
con fine artificio retorico viene rappresentata dal poeta stesso nell’atto di
disdegnare la poesia offerta dall’autore.39

39
A proposito dell’efficacia di questa (auto-)rappresentazione ecfrastica di Ariosto ci
sembra ben fondata l’osservazione di Heffernan secondo cui nell’ecfrasi possono entrare in
gioco sia “iconicity” che “pictorialism”: «Iconicity is more complicated than pictorialism be-
cause it embraces sounds and sets of relations as well as visual properties» (J.A.W. Heffernan,
Ekphrasis and Representation, in «New Literary History», XXII, 2, Spring 1991, pp. 297-316.

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INDICE

Gianfelice Peron
Introduzione IX

Pier Vincenzo Mengaldo


Per la storia e i caratteri della stilistica italiana 1

Remo Ceserani
Leo Spitzer tra Stilgeschichte e Geistesgeschiche 13

Riccardo Concetti
Romanisti a Vienna nel primo Novecento: Spitzer e Hofmannsthal 33
a confronto

Guido Lucchini
Spitzer e l’idealismo linguistico in Italia 49

Davide Colussi
Croce e Spitzer 65

Corrado Bologna
Il “clic” del “connaisseur”. Spitzer, Longhi, Contini e la
critica delle affinità 85

Mario Mancini
Spitzer oltre la stilistica 105

Helmut Meter
Leo Spitzer e il volto ultimo della sua explication de textes.
Le lezioni sulla poesia francese all’Università di Heidelberg (1958) 121

Luca Morlino
Levità e paradosso in Spitzer 133

Maria Luisa Wandruszka


«L’esprit des femmes» nella stilistica spitzeriana 153

0HQJDOGRLQGG 
Anna Maria Ulivieri
Da Wunderlich a Spitzer: la Unsere Umgangsprache (sic)
come modello della Italienische Umgangssprache 163

Lorenzo Renzi
Spitzer italiano. La Italienische Umgangssprache nella versione italiana 183

Giulia A. Disanto
L’indagine etno-antropologica del linguista: sulle Lettere di
prigionieri di guerra italiani (1915-1918) 203

Matteo Viale
Spitzer e Migliorini in dialogo sulla lingua in movimento 213

Alexandra Vrânceanu
La redécouverte de l’ekphrasis par Leo Spitzer et son influence
sur les études de littérature comparée américaines 231

Mirka Zogović
Leo Spitzer nella critica letteraria serba 245

Alberto Zamboni
Un metodo senza metodo? Riflessioni sull’etimologia spitzeriana 251

Alvise Andreose
«Etimologie ist Kunst». Sugli studi etimologici di Leo Spitzer 267

Dan Octavian Cepraga


La pecorella veggente e l’armonia del mondo 287

Alessandro Grossato
L’armonia del mondo fondata sulla parola, secondo il rito vedico 303

Francesco Mosetti Casaretto


Letteratura mediolatina ed espediente del dialogo 311

Danielle Buschinger
Aspects de la technique d’adaptation des dérimeurs allemands 323

Veronica Orazi
Lingua spagnola del dialogo: l’esempio del Sendebar (XIII sec.) 339

0HQJDOGRLQGG 
Marina Tramet
Spitzer e Maria di Francia. Il “meraviglioso” come declinazione
del problema morale 353

Giuseppe Polimeni
Grammatica e stile dell’ineffabile: Spitzer legge Dante 371

Francesco Lubian
Una nota su Inferno XIX, 21 381

Angelo Pagliardini
Aspetti stilistici delle gallerie di immagini nell’ Orlando innamorato
e nell’ Orlando furioso 391

Max Siller
«Sprachmengung als Stilmittel». Spitzer sul banco di prova 403

Adone Brandalise
La smorzatura e la sua ombra. Spitzer e il contemporaneo 415

Tobia Zanon
Spitzer, Racine e i poeti italiani del Novecento 429

Riccardo Campi
Spitzer lettore di Voltaire 449

Lorella Bosco
Spitzer lettore di Eichendorff 463

Fabio Magro
L’Aspasia di Spitzer 481

Rossana Melis
Dal saggio su Matilde Serao del 1912 a quello sui Malavoglia del 1956 497

Snežana Milinković
L’originalità della narrazione nei Malavoglia di Spitzer
e le sue molteplici attuazioni interpretative 511

Luca Pietromarchi
Spitzer contra Auerbach: a proposito di «Spleen» IV 519

0HQJDOGRLQGG 
Laura Lenci
Leo Spitzer: saggio su Michel Butor 529

Wolfram Krömer
Particolarità d’interpunzione nei testi di Nathalie Sarraute e
di Peter Handke il metodo di Leo Spitzer 535

Roman Reisinger
«Art is seduction, not rape» (Susan Sontag), l’Eros dell’interpretazione
secondo Spitzer 545

Indice dei nomi 553

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