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Oltre il Visibile

Dalla Magia alla Quantistica


Natura e Culture tra conflitto e interazione

Sara Liotta
Da “L’Alchimista” di Paulo Coelho - Bompiani Editore

Il cammelliere se ne rimase silenzioso: capiva di cosa stesse parlando quel giovane.


Egli sapeva che qualsiasi cosa, sulla superficie della terra, è in grado di raccontare la storia di tutte le cose.
Se avesse aperto un libro a una pagina qualunque, se avesse osservato le mani della gente, o un mazzo di
carte, oppure il volo degli uccelli, o qualunque altra cosa, chiunque avrebbe trovato un legame con ciò che
stava vivendo.
In realtà non mostrano proprio nulla: sono gli individui che, guardandole, scoprono la maniera di penetrare
nell’Anima del Mondo.

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Prefazione
Nel corso dell’evoluzione umana sono state applicate a vario titolo e in tempi diversi la geometria euclidea
e la trigonometria, la fisica di Archimede e quella di Newton, la teoria della relatività di Einstein e
l’accelerazione atomica del CERN, l’astrologia babilonese e l’astronomia, le teorie di Copernico, di Keplero,
di Galileo, ogni volta rinnegando, in toto o in parte, le presunte conoscenze precedenti e ogni volta …
meravigliandosi del fatto che qualsiasi teoria l’uomo ritrovasse e applicasse le cose dell’universo restavano
impassibili, immutabili, indifferenti alle teorie umane. Insomma: tutto sembrava funzionare sempre e
comunque indipendentemente da qualsiasi teoria si applicasse.
L’uomo, da sempre, cerca una soluzione unica in cui far rientrare tutte le organizzazioni fisiche, ma, a
quanto pare, oggi possiamo pensare che le fisiche sono tante quante le dimensioni esistenti.
O forse la prospettiva di osservazione fin qui utilizzata dal metodo scientifico non è adatta ad una
valutazione olistica, mente risulta adeguata a un’analisi dei singoli rapporti causa-effetto, delle dinamiche
osservabili.
Curiosamente, con lo sviluppo della fisica quantistica, emergono sorprendenti analogie tra le dinamiche
relazionali della fisica subatomica e le mitologie e teosofie antiche.
Altrettanto interessante il fatto che nelle cose che riguardano la natura, nella sua visione olistica, misterica
e animista, uno dei principi cardine risiede nella qualità della relazione tra le cose e gli eventi, nella
compartecipazione degli elementi tutti, un principio che, se ci si fa caso, è alla base delle tecniche di
comunicazione (qualità della relazione) e dell’autostima ( relazione e partecipazione).

In questo volume ho voluto ripercorrere, con l’ausilio di numerosissime fonti che spero avere
puntualmente citato, il percorso umano nella relazione con il Mistero della Vita, con la non sempre facile
relazione con la Natura, nelle molteplici forme di conoscenza scientifica, parascientifica e non scientifica
sviluppatesi nel corso della lenta evoluzione della specie.
Troverete molti nessi, molte coincidenze, molte possibili sovrapposizioni tra culture di diversissima
provenienza e origine, tutti elementi che possono essere, o almeno così presumo, riconducibili alla

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struttura del pensiero umano, alle modalità con cui organizziamo e sistemizziamo le esperienze per tradurle
in conoscenze trasmissibili.
Si tratta di un lungo excursus che spero non risulti eccessivamente pedante nella forma, che ha per
obiettivo la proposizione di un modello di vita interiore basato sull’Armonia e non sul contrasto, sulla
Partecipazione emotiva e non sull’egocentrismo, sulla Condivisione e non sull’egoismo.
Un modello di vita orientato alla Conoscenza interiore e al sentirsi parte integrante, attivamente partecipe,
del mondo, della natura, dell’ universo e del continuo divenire.
Perché trovare la pace interiore e vivere con serenità è probabilmente uno degli obiettivi più desiderati e
meno facili da conseguire, soprattutto in un mondo governato dal desiderio, dal consumo e dal possesso.

p.s. Qualcuno potrà obiettare che in questo testo si fanno molti riferimenti a pratiche di occultismo.
Rispondo con la definizione di occultismo per dire che sì, probabilmente la stragrande maggioranza delle
nostre idee, delle teorie e delle religioni è permeata di occultismo

occultismo s. m. [der. di occulto]. – Complesso di dottrine fondate su una concezione religiosa, metafisica e
fisica dell’universo che presuppone l’esistenza, al fondo della realtà, di forze dinamiche, personali o
impersonali, fisiche o psichiche, inconoscibili con gli strumenti della logica o della scienza matematica e
sperimentale (da questo punto di vista restano «occulte»), ma con le quali si possono stabilire rapporti
attraverso strumenti conoscitivi o tecnico-pratici riservati a pochi sapienti. Nella storia della cultura il
termine abbraccia atteggiamenti e fenomeni estremamente diversi: dalle pratiche magiche all’alchimia,
dall’astrologia alla geomanzia, e investe anche il campo di esperienze e pratiche religiose

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Oltre il Visibile

Da quando l’Uomo ha sviluppato la coscienza di sé, la consapevolezza del proprio essere, la specie umana
ha affrontato il dilemma irrisolto del rapporto conflittuale con la Natura, un rapporto che definisce l’Uomo
come appartenente al sistema naturale, parte integrante della natura, eppure in perenne lotta, in perenne
contrasto con la natura stessa.
L’umanità allevatrice e coltivatrice lotta accanitamente per controllare e governare l’ambiente e le sue
forze opponenti; l’umanità nomade e stanziale cerca riparo e protezione contro le forze ostili che la natura
mette in atto, vuole sicurezza rispetto ai pericoli “naturali”.
Le religioni monoteiste interpretano l’Uomo come essere distinto e separato rispetto agli altri esseri, un
essere prediletto e creato a immagine e somiglianza del divino, chiamato dalla divinità a governare sulla
natura, individuando in quell’attività di governo un rapporto non armonico, di proprietà, di alterazione, di
sfruttamento da parte dell’Uomo. Un rapporto che è alla base del riferimento frequente, nel mondo
occidentale, alla “natura ostile”.
Per la scienza attuale la dinamica dualistica caratteristica della nostra specie deriverebbe dalla relazione
dualistica tra il cervello (originario e istintivo) e la mente (razionale) e nella tempistica differente tra i due
sistemi, tempistica che fa in modo che il cervello agisca e pochi millisecondi dopo la mente registri ciò che il
cervello ha fatto. La distanza temporale definisce una ridondanza che manifesta un’apparente dualismo tra
cervello e mente. Da questo dualismo discende la sensazione di alterità tra mente e corpo, con le variabili
che attribuiamo - sia sotto il profilo lessicale che per quello funzionale - a spirito, anima, carattere,
personalità, psiche, ovvero alle diverse espressioni della “mente”.
Ancora, il dualismo cervello-mente fa sì che la nostra struttura cognitiva sia costantemente tesa a
individuare una relazione causale tra ogni accadimento, un motivo, una spiegazione, un nesso, attribuendo
a fenomeni esoterici l’inspiegabile, l’inconoscibile. Un nesso causale definisce una causa e un effetto: se
osserviamo l’effetto senza comprenderne la causa attribuiamo la causa a un fenomeno invisibile, non
visibile, esterno, occulto ed esoterico.

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Il dualismo cervello-mente, tradotto in altri dualismi come corpo vs spirito, conscio vs inconscio, tende per
assimilazione e induzione ad attribuire ad ogni cosa, ogni essere vivente, la medesima struttura, i medesimi
attributi. Così, per l’umanità, per ogni cultura primordiale e antica, ogni essere è corpo e spirito, ogni cosa è
dotata di spirito, spiriti benevoli e maligni si contendono la titolarità di luoghi e spazi, il bene e il male sono
concetti che nel tempo vengono antropizzati sia sotto forma di divinità alternanti nella danza cosmica,
come nell’Induismo, sia come realtà opponenti e immanenti come nel cristianesimo.
Manitù, il grande spirito che tutto governa per gli indiani d’America, non è culturalmente molto diverso
dallo Spirito Universale hegeliano. Diversa è la percezione del rapporto tra uomo e Grande Spirito:
integrante per gli Indiani d’America, dialettica per Hegel.
Gli Indiani d’America, come tutti i popoli animisti, panteisti e politeisti, individuano l’essere umano come
parte integrante del mondo naturale, capace di utilizzare positivamente il rapporto con gli altri esseri e la
natura; i popoli monoteisti, diversamente, mostrano un rapporto dialettico, quando non dichiaratamente
conflittuale, con la natura. Un rapporto di alterità, di sfruttamento e opponente. Per gli animisti e i panteisti
dopo la morte si torna nel ciclo infinito delle ricomposizioni; per i monoteisti lo spirito si ricongiunge al
divino, in una partita secca che termina con il premio o la punizione eterna.
Esiste un evidente rapporto tra sensazioni e credenze e tra queste e le specifiche culture popolari, ma forse
le credenze, oggi snobbate da una cultura dominante di stampo razionalistico, non dovrebbero essere
sottovalutate, visto che con sempre maggiore frequenza la fisica quantistica svela “mondi possibili” e
“relazioni tra particelle possibili” straordinariamente somiglianti a quelli descritti dalla speculazione mistica
delle antiche religioni e filosofie orientali.
Oggi, con l’evoluzione scientifica più recente, sappiamo che la struttura dell’atomo (nucleo centrale e
elettroni circostanti) è palesemente simile alla struttura dei sistemi solari; sappiamo che la forma apparente
del nostro universo ricorda la forma di una cellula, contenente al suo interno liquidi, energie, particelle e
molecole allo stesso modo in cui l’universo contiene galassie e sistemi stellari; per altri, in virtù delle
immagini realizzate dal telescopio Hubble, l’universo appare come un “cervello in espansione”, composto
da reti neurali collegate dalla “sinapsi universale” che definiamo materia oscura, quella componente di
materia che si manifesta attraverso i suoi effetti gravitazionali, ma non è direttamente osservabile;
sappiamo che non esistono solamente tre dimensioni, allargate alla quarta dimensione del tempo, ma
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almeno nove, riconosciute dalla fisica classica; sappiamo che lo spazio è curvo, che il tempo (se esiste) è
curvo; che ogni cosa esiste in funzione e in relazione con chi o cosa la osserva o si relaziona con essa; che la
“danza cosmica” di cui narrano i testi sacri orientali è palesemente simile alle oscillazioni – vibrazioni
quantiche, in cui gli opposti sono complementari e necessari, come nella teoria dello Ying e Yiang.
Nel 1929 Edwin Hubble scoprì che l'universo era in espansione. Con lo sviluppo della teoria quantistica della
materia tra gli anni venti e trenta del Novecento, si evidenziò che anche il vuoto possiede una sua ben
definita energia, determinata dalle coppie di particelle e antiparticelle che si formano e si annichilano
continuamente, richiamando alla mente la danza cosmica di cui sopra.
Naturalmente la materia è tecnicamente molto vasta e estremamente complessa: al momento l’Umanità
sta cercando risposte a domande di elevatissima complessità matematico-fisica in cui la speculazione
filosofica, armata della non sempre affidabile parola (peraltro necessaria e utile), non sempre può risultare
di supporto. Anzi, a volte crea maggiore confusione e disagio.
Ma torniamo a noi.
Tra le speculazioni filosofico trascendentali dei mistici antichi e i riscontri della fisica contemporanea
esistono più somiglianze che diversità, ovviamente tenendo presente che i mistici di un tempo tendevano a
rappresentare per metafore e modelli epico-mitologici le loro deduzioni, in modo che fossero comprensibili
e rappresentabili ai più: Veda, Upanisad, Bhagavadgita, sono solo alcuni dei principali testi sacri in cui viene
rappresentato il divenire dell’universo e la danza cosmica, col suo continuo processo di creazione e
distruzione.
Da un lato, quindi, abbiamo culture che definiscono l’Uomo come soggetto particolare, dominante e
utilizzatore della Natura, dall’altro un sistema culturale che inserisce l’Uomo nel mondo, nella natura,
partecipe e soggetto-oggetto di una dinamica infinita, di un Universo dinamico e creativo, di una
dimensione governata da forze immanenti, in cui gli individui sono inseriti come gocce nelle onde del mare.
Esiste, allora, una dimensione invisibile, spirituale, che ci collega all’universo?
Esiste il “Grande Spirito” a cui tutti gli esseri, tutte le cose fanno riferimento, che tutte le cose compongono
ed è presente in ogni cosa? Esiste un livello di consapevolezza possibile che ci fa partecipare l’universo,
uscendo dai vincoli dei nostri sensi fisici, capace di mostrarci anche solo per un istante il segreto della vita?
Io credo di sì e in questo libro cercherò di spiegarvi il perché …
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Fato e Coscienza Collettiva

Non so voi, ma a me è successo diverse volte di riconoscere qualcosa o qualcuno di particolarmente


importante un attimo prima di incontrarla, una specie di flash che entra in azione nel momento in cui sta
per fare la sua irruzione nella mia vita una persona che porterà dei cambiamenti significativi, un campanello
d’allarme che suona quando sto per fare qualcosa che non porterà positività. Molti lo chiamano sesto
senso, ma cosa sia il sesto senso è difficile spiegarlo.
Allora proviamo in questo modo.
La prima volta che mi si offrì la possibilità di andare ad una rappresentazione del Teatro alla Scala avevo
poco più di quattordici anni, ed era il 12 dicembre dl 1969 (Strage di Piazza Fontana); andai a ritirare il mio
primo passaporto alla Questura di Milano il 17 maggio 1973 (strage ad opera di tale Gianfranco Bertoli);
lavoravo all’Itavia il 27 giugno 1980, compagnia aerea chiusa in seguito all’incidente aereo di quel giorno;
lavoravo a Terrasini e stavo andando a Palermo in automobile il 23 maggio 1993, passando dal punto della
strage di Capaci 6 minuti prima dell’esplosione.
Sembra proprio che qualcuno o qualcosa abbia evitato che mi trovassi nel posto sbagliato nel momento
sbagliato. E questo, con il sesto senso, ha poco a che fare. È altro. Altro da me, quanto meno.
A volte mi si inceppava il computer quando volevo inviare dei documenti: spesso, dopo avere insistito ed
essere riuscito a trasmettere quei documenti, l’invio risultava controproducente o negativo, scatenando
polemiche, dissidi, disagi. Come se qualcosa stesse cercando di evitarmi dei pasticci facendo funzionare
male lo strumento computer. Anche queste cose, naturalmente, sono casualità e coincidenze, così come lo
è l’atto razionale (l’insistenza) rispetto all’accadimento casuale (l’inceppamento). Non credo che i computer
dispongano di uno spirito, sia chiaro, ma che alcune forze influenzino il nostro agire, o agiscano per
influenzarlo, forse sì, anche se controvoglia, posso ammetterlo.
Durante una conversazione per ottenere quello che ritenevo un importante impiego l’intervistatrice mi
domandò se avevo sempre raggiunto i risultati che avevo in mente. Risposi che, al contrario, mi era sempre
sembrato che una mano ignota mescolasse le carte per me, che le strade che avevo percorso fossero
sembrate a prima vista molto casuali e solo dopo avevo compreso l’utilità di un certo percorso. Inutile

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aggiungere che non ottenni quell’impiego, ma in compenso mi capitò di raggiungere ben più interessanti e
premianti risultati poche settimane dopo quel colloquio.
Chi mi conosce bene, chi ha vissuto con me per anni, mi riconosce una competenza: quella di sapere
interpretare correttamente l’evoluzione delle cose, di saper dire correttamente cosa accadrà in ambito
politico e storico in un arco di medio periodo. Una specie di Cassandra, se vi piace il paragone, con il dono
della previsione, non certo della preveggenza.
Ma che cos’è una previsione, e cosa è una preveggenza?
Jung ipotizza l’esistenza di una realtà trans psichica (inconscio collettivo che sovra determina quello
individuale) in cui la legge di causalità perde il suo senso generale. Ciò che la coscienza vive come passato,
presente e futuro si relativizza nell’inconscio come a-spaziale e a-temporale . In tal senso sogno e visione
possono avere una capacità premonitrice nel loro linguaggio simbolico. Per dimostrare una simile capacità
della psiche umana è necessario teorizzare l’esistenza di coincidenze e eventi che accadono
sincronicamente e in modo non causale, cioè senza una relazione diretta di causa-effetto , il che va contro
ogni principio di causalità caratteristico del pensiero scientifico moderno, fisica quantistica esclusa.
La sincronicità junghiana può essere intesa nelle forme di telepatia, in quelle di preveggenza, in quegli
eventi fisici e mentali che si connettono pur non appartenendo alla medesima dimensione spazio
temporale.
Generalmente queste cose vengono catalogate come esoteriche, non potendo in alcun modo essere
scientificamente dimostrate. Fenomeni tra loro connessi, ma non collegabili da un rapporto di causa-
effetto, assumono a volte il nome di fato.
Ma il fato è casuale? Oppure chiamiamo fato il frutto della coscienza collettiva, della psiche collettiva di cui
scriveva Jung ?

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Di notte, in un bosco …

Da sempre, per ogni essere animato, l’emozione più importante è la paura. È la paura che consente di
fuggire rapidamente, di riconoscere e evitare i pericoli, di mettersi in salvo. Senza la paura nessuna specie
animale sopravivrebbe. Tanto meno l’uomo.
Per una creatura come l’uomo, debole e poco difesa rispetto alle belve, incapace di adattare la propria vista
al buio, la notte è sinonimo di pericolo, il buio è fonte di disagio inconscio.
Non è un caso quindi se in un mondo di boschi, paludi e foreste, come era l’Europa antica, in cui le nebbie
stagnavano a lungo e il fuoco era un bene prezioso e raro, il timore reverenziale della notte fosse popolato
da spiriti e fantasmi, e la penombra delle foreste nascondesse gnomi, elfi, fate e folletti: una straordinaria
quantità di esseri particolari, alcuni birichini, altri gentili e premurosi, la maggior parte ostili e pericolosi.
Nelle profondità delle foreste, insieme a lupi e gufi, civette e pipistrelli, si celavano streghe e orchi, sciamani
e lupi mannari, creature vere o fantastiche indissolubilmente legate e connesse al territorio ancor più vasto
della paura.
Le più famose e terrificanti favole, da Cappuccetto Rosso a Hansel & Gretel, da Biancaneve alla Bella
addormentata nel Bosco, hanno per teatro il bosco, la foresta, e per protagonisti lupi, orchi e streghe.
Gli eroi delle storie antiche erano chiamati a sconfiggere draghi e mostri, attraversando paludi e foreste:
dovevano confrontarsi con le proprie paure, a sconfiggere i propri spettri, uccidere i draghi dell’anima
sempre pronti a divorare la mente umana.
Questo, naturalmente, nella cultura Europea. In quella Orientale e medio-orientale le fiabe raccontano di
Geni e di tappeti volanti, traendo origine dal territorio di appartenenza e dalle visioni caratteristiche in un
ambiente desertico..
Anche nelle favole moderne occidentali, si pensi alla Storia Infinita, i protagonisti affrontano la prova più
difficile dovendo confrontarsi con se stessi, conoscersi profondamente, sconfiggere senza ipocrisie e trucchi
i propri fantasmi interiori.
Anche nelle favole più celebrate, si pensi al Signore degli Anelli, boschi e foreste si animano, maghi e
stregoni si fronteggiano con le rispettive schiere armate.

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Anche nelle storie più vendute, si pensi a Harry Potter la magia è posta al centro della storia.
Per millenni l’umanità ha attribuito alla “natura” le proprie paure, in un fenomeno di trasferimento
psicologico caratteristico che incolpa dei nostri timori e debolezze ciò che è fuori di noi per non incolpare se
stessi, attribuendosi debolezze e timori.
Per millenni ha affrontato la natura cercando di carpirne i segreti utilizzando forme e rituali diversi, dallo
Sciamanesimo alla Magia, dalla Stregoneria all’Alchimia, frequentemente confuse tra loro.
Per millenni l’umanità ha conteso gli spazi alla natura, ha disboscato per coltivare e per costruire, radendo
al suolo insieme con le foreste anche i pericoli in esse contenuti.
Sostenuto dalle religioni monoteiste l’uomo ha conquistato la natura, perdendo il rapporto privilegiato con
essa, perdendo la relazione, la partecipazione, l’essenza.
Sostenuto da un pensiero scientifico e scientista che ha trasformato l’Alchimia in Chimica, la Magia in
Farmacia, l’uomo ha acquisito la padronanza della meccanica naturale, la conoscenza dei processi naturali,
perdendo di pari passo la partecipazione, il nesso, il senso e l’appartenenza naturale.
E con la relazione con la natura l’uomo ha perso il senso di sé, ha aumentato il disagio del vivere, si è
allontanato da se stesso in un percorso di divisione, separazione, classificazione sempre più minuzioso e
sempre più negativo per comprendere il senso olistico delle cose, della natura, dell’universo.
Oggi, finalmente, con la compresenza di un nuovo sentimento vagamente definibile come ambientalista da
un lato e lo sviluppo della fisica quantistica dall’altro, si sta avviando un percorso inverso.

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CAPITOLO UNO

SAPIENZE ANTICHE
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Il nostro mondo contemporaneo, saturo di tecnologie e sistemi di intelligenza applicata, ha la cattiva
abitudine, se così posso dire, di trascurare le proprie radici, le lontane origini, come se tutto esistesse da
sempre, come se ogni conoscenza fosse data per scontata, per ovvia, fosse quasi una banalità.
Evidentemente non è così: le nostre conoscenze hanno seguito il lento, talvolta lentissimo cammino
evolutivo della specie, dal Pleistocene ad oggi passando attraverso lo stupore e la meraviglia, l’interesse e la
ricerca, il potere di chi aveva la conoscenza e ne impediva l’accesso ad altri, guerre, malattie, carestie e chi
più ne ha più ne metta.
Per noi è ovvio sapere che giorno è, in quale stagione ci troviamo, cosa sono le stelle e come funziona il
firmamento osservabile ad occhio nudo, ma questa semplicità è piuttosto recente nel nostro universo
cognitivo.
Sorprende che nell’era dell’informazione globale esistano tante aree di non-conoscenza, tante aree di
sufficienza con cui i saperi antichi, fondamento degli attuali, vengono trattati.
Nel 17mo secolo i servizi segreti di tutti i reami europei erano impegnati a strapparsi il segreto del calcolo
della posizione geografica, fondamentale per la navigazione. Oggi con i sistemi GPRS neppure ci si fa caso,
ma per l’umanità intera conoscere la propria posizione nell’universo e sul pianeta impegnò generazioni di
studiosi, di osservatori, di astronomi, una quantità immensa di calcoli, fino a definire la costruzione di un
sistema che era insieme gnoseologico e religioso. Il calendario ne è la miglior rappresentazione.

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IL CALENDARIO EGIZIO
Il calendario egizio1 è un calendario composto da tre stagioni di quattro mesi di 30 giorni ciascuno, per un
totale, quindi, di 360 giorni.
Alla fine dell'anno vengono aggiunti 5 o 6 giorni, detti epagomeni.

Il calendario era nato nell'Antico Egitto principalmente per regolare i lavori agricoli. Gli egiziani definivano il
loro anno (uep renpet, wp rnpt = iniziatore dell'anno) come il tempo necessario per il raccolto. I contadini
quindi utilizzavano come inizio dell'anno il giorno dell'arrivo a Menfi della piena del fiume Nilo, evento che
si verificava attorno al 20 giugno, ma è suscettibile di importanti ritardi o anticipi. L'esigenza di definire in
modo accurato la durata dell'anno portò all'introduzione di altri calendari, talora utilizzati simultaneamente
benché potessero adottare come capodanno giorni estremamente diversi e perciò gli storici hanno tuttora
grandi difficoltà nell'interpretare il reale significato di antiche date egizie.

1
Fonte “Wikipedia” l’enciclopedia libera
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Il calendario civile vago
Il principale calendario, quello civile era costituito da 365 giorni esatti e perciò differiva di circa un quarto di
giorno dalla durata reale dell'anno solare. In pratica il capodanno anticipava di un giorno ogni 4 anni. Il fatto
che la posizione del capodanno fosse variabile è il motivo per cui questo calendario viene detto vago, dal
latino annus vagus. Un giorno ogni quattro anni, un mese ogni 120 anni; servivano 1460 anni (4 × 365) del
calendario giuliano, prima che l'inizio dell'anno civile ritornasse a coincidere con l'inizio dell'anno giuliano.
In altre parole 1460 anni giuliani contengono 1461 anni del calendario egiziano civile. Il ciclo dei 1460 anni
veniva chiamato ciclo sotiaco. visto che per gli egizi l'anno iniziava con la prima levata eliaca della
stella Sirio (o Satis nome della Dea egizia dell'inondazione di Elefantina o Sothis come veniva chiamata dai
greci). In concomitanza col solstizio d'estate e con questa elevata eliaca di Sirio (che avveniva il 21 giugno di
circa 4700 anni fa mentre oggi avviene ad agosto a causa dell'effetto della precessione), gli egizi, ben presto
si accorsero che avvenivano le piene del Nilo. Secondariamente l'evento delle piene "scivolava" in avanti
esattamente ogni 4 anni rispetto al loro calendario civile. Ciò nonostante gli egizi non si preoccuparono mai
di inserire un giorno in più nel loro calendario (anno bisestile). Il motivo per cui, per circa 3000 anni, non
inserirono mai un anno bisestile è perché per loro il tempo non era lineare ma ciclico.
La posizione del capodanno egizio entro il calendario giuliano si ricava facilmente da diversi antichi scrittori.
Ad esempio Tolomeo nell'Almagesto dice che esso era caduto il 21 luglio nell'anno 135 e ne dà conferma un
secolo dopo Censorino, scrivendo che il capodanno era caduto il 20 luglio nel 138-139. Nel 22 a.C., invece, il
nuovo anno iniziò il 29 agosto giuliano.

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I SUMERI E LE SAPIENZE PRE-BIBLICHE

Molti pensano che le civiltà che ci hanno preceduto vivessero in condizioni semi-primitive, che avessero
un’idea della realtà dominata da divinità bizzarre e che raccontassero storie fantasiose comprensibili solo
se lette in un’ottica mitologica. Spesso, ad esempio, ho sentito dire che questi popoli scoprivano per caso
una determinata cosa e attribuivano la scoperta agli dèi, interpretando la scoperta come un dono degli dèi.
Si tratta di un’interpretazione inesatta, condizionata da una cultura scientista e tecnica che difficilmente
attribuisce possibilità a culture che raggiungono i medesimi risultati utilizzando modalità e sistemi diversi, a
partire dalla speculazione filosofica.2
Gli antichi avevano conoscenze elevate in molti campi del sapere e ci hanno lasciato testimonianze che solo
recentemente, grazie all’archeologia e alla semantica, siamo riusciti ad interpretare e comprendere.

2
Da http://www.kricio.com/
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Il simbolismo ed i messaggi che sono arrivati sino a noi hanno un importanza immensa e stanno svelando al
mondo un passato remoto dell’Umanità su cui è estremamente interessante investigare, non solo dal punto
di vista mitologico , ma specificamente storico, sociale e culturale.
Per molto tempo ci è stato insegnato che la società moderna abbia avuto origine dagli Egizi, i Greci e i
Romani, e che le popolazioni precedenti a queste fossero molto arretrate ad ogni livello di conoscenza ,
nonostante gli antichi filosofi greci avessero scritto più volte di aver attinto le loro conoscenze da fonti
precedenti e, soprattutto, da tradizioni culturali orientali rispetto a loro, mesopotamiche, certamente, e
indiane.

Esattamente come nell’antico Egitto e nel Centro America pre-colombiano nell’attuale Iraq, nella
Mesopotamia teatro di una parte della Bibbia, sono venute alla luce grandiose cittadelle fortificate con
imponenti piramidi a gradoni chiamate Zigurratt che dominavano il territorio e che fungevano da scala
verso il cielo per gli dèi. Le strutture che costituivano questi edifici e le varie sculture, statue, gioielli, carri,
decorazioni e opere d’arte che vennero alla luce, facevano subito pensare ad uno stile di vita complesso ed
estremamente avanzato.
Gli scavi archeologici hanno portato alla luce tavolette di argilla con impressi nomi, luoghi e eventi, scritte
che trovavano riscontri indiretti di alcune delle storie presenti nella Bibbia. Le iscrizioni svelarono la storia
di due importanti regni mesopotamici in competizione tra loro: i Babilonesi a sud e gli Assiri a nord. Il vero
tesoro, dal punto di vista culturale, furono proprio queste iscrizioni.

Migliaia e migliaia di tavolette in scrittura cuneiforme rappresentano la più rilevante testimonianza di un


avanzato stato sociale e culturale. Atti di matrimonio e divorzio, testi scolastici di grammatica, geografia,
formule matematiche, tavole e previsioni astronomiche, poemi epici, storia, diritti e doveri.
Risultò essere subito evidente che il livello culturale e le conoscenze di queste civiltà erano di notevole
spessore e molte tracce lasciavano intendere che questi popoli avevano a loro volta attinto il loro sapere
da fonti precedenti. Infatti sia gli Assiri che i Babilonesi non si vantavano di aver inventato questo tipo di
scrittura né tanto meno la loro lingua parlata, l’accadico.
La lingua proveniva dal regno di Akkad: la scrittura cuneiforme accadica era sillabica, affine ai geroglifici
egizi. Assiri e Babilonesi avevano ereditato il linguaggio e la scrittura dal precedente Sumero.

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Nel tempo scoperte, ricerche, traduzioni non fecero altro che confermare la parte storica degli scritti biblici
dove troviamo frasi come ”le città reali di Babilonia, Akkad ed Erech si trovavano nella terra di Shin’ar ”, la
città appunto da cui presero il nome i Sumeri.
Di conseguenza nella Bibbia veniva narrata una storia che aveva radici in quei luoghi. Tutto quindi conduce
a pensare che i fondamenti della nostra cultura siano da ricercare proprio in questo popolo che abitò la
Mesopotamia e che fu la fonte principale di tutte le culture successive: Assiri , Babilonesi, Egizi, Greci e poi
Romani.
Scavi e ritrovamenti archeologici testimoniano la teoria che i Sumeri siano stati il primo popolo a noi noto
con una civiltà evoluta, a cui si attribuisce, tra l’altro, l’invenzione della scrittura cuneiforme.

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Per meglio comprendere l’importanza dei Sumeri per tutte le culture che seguirono, dobbiamo soffermarci
ad analizzare insieme ciò che oggi sappiamo sul loro conto. Oltre all’invenzione della scrittura cuneiforme i
Sumeri erano a conoscenza anche dei più importanti principi matematici.

Utilizzavano un sistema matematico particolare, il sistema sessagesimale, ovvero lo stesso sistema con il
quale dividiamo le ore in minuti e i minuti in secondi. Lo stesso metodo che serve a definire i meridiani
terrestri o, più banalmente, a definire il concetto di dozzina, con cui ancora contiamo le uova, che
caratterizza i segni astrologici e il numero degli apostoli del Cristo. Insomma, un numero non casuale.
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E’ evidente che i Sumeri hanno segnato profondamente anche la nostra società complessa.
Ma non è tutto

Ogni tempio, ogni tribunale, ogni luogo, dove venivano comprate merci e prese decisioni avevano il proprio
incaricato, che incideva su tavolette d’argilla bagnata qualsiasi atto.
In pratica i nostri documenti legali e fiscali.
Con l’argilla i Sumeri però facevano anche altre cose come utensili e contenitori di uso quotidiano e
soprattutto fabbricavano mattoni mescolando l’argilla bagnata con canne tagliate, cuocendoli poi nel forno
e con questi costruivano ogni genere di edificio.
Praticamente è la stessa identica cosa che facciamo noi oggi col cemento e le aste di ferro per far si che la
tenuta sia maggiore e più resistente.
Ma come comprensibile da questi primi passi non si limitarono certo a questo. Infatti usavano questi forni
ad alte temperature anche per modellare ogni tipo di metallo che riuscivano a procurarsi, il che
presupponeva conoscenze e capacità di estrazione mai viste prima. Utilizzavano come combustibile bitume

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e petrolio che i ricchi giacimenti mesopotamici avevano in abbondanza, per poter così raggiungere le
elevate temperature nei forni che permettevano ai metalli di essere poi modellati e plasmati a loro
piacimento.
Grazie a queste tecniche riuscirono addirittura a creare vere e proprie nuove leghe come, ad esempio, il
bronzo.
Questi oggetti metallici furono la base di attività commerciali e di scambio con l’Oriente e l’Anatolia, ma
formarono la base per lo sviluppo di una sorta di attività bancaria e della prima moneta: lo “shekel”
d’argento.
La prima moneta e la conseguente circolazione di denaro risalirebbe quindi a quelli che individuiamo come
gli albori della civiltà umana. Tornando a noi ed ai prodotti petroliferi che abbondavano in quelle terre oggi
sappiamo che i Sumeri utilizzavano questi elementi anche come materiali per costruire strade, per
impermeabilizzare le case, per verniciare.
Non a caso tutti i nomi dei derivati del petrolio hanno una chiara origine sumerica come ad esempio il
comunissimo nome “naphta” (nafta) deriva dal sumero “napatu”(pietre che si infiammano).

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I Sumeri erano anche esperti in ambito medico: esistevano tre tipi di medici, “azu” medico dell’acqua,
”iazu” medico dell’olio e i dottori dei buoi e degli asini, praticamente i nostri veterinari.
La medicina era suddivisa in tre gruppi: “bultitu” (terapia), “stipi bel imti” ( chirurgia) e “urti mashmashshe”
(formule e incantesimi).
Su un sigillo che si presume fosse appartenuto ad un medico è raffigurato un simbolo per noi piuttosto
comune: due serpenti attorno a un albero: il Caduceo.
Questo simbolo ha però anche altri significati, infatti rappresenterebbe anche la Kundalini (con i due
serpenti Ida e Pingala) ovvero, secondo la filosofia orientale, il canale energetico che parte dal punto più
basso della colonna vertebrale e, risalendola, avrebbe il suo apice nella ghiandola pineale.
Il collegamento con le filosofie orientali diviene ancora più evidente quando nei sigilli sumerici si trovano
raffigurazioni di pigne in mano a divinità o presenti all’estremità dei bastoni che gli stessi dei avevano tra le
mani.

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La pigna rappresenta da sempre la ghiandola pineale poiché anatomicamente ha quella forma ed è ritenuta
dai praticanti la meditazione trascendentale la porta di accesso al mondo spirituale.
Non a caso quando si entra nello Stato Vaticano uno dei primi simboli che si palesano è una pigna
gigantesca.
Stando alle iscrizioni e alle raffigurazioni, i Sumeri conoscevano pratiche mediche di vario genere: vengono
infatti rappresentati uomini adagiati su tavoli “operatori” circondati da medici, strumenti medici come
quello per recidere il cordone ombelicale e pinze chirurgiche.

Oltre ai rimedi classici come lavare per bene la parte malata o immergerla nell’acqua calda, con l’aggiunta
di solventi minerali, applicare unguenti di derivazione vegetale o effettuare impacchi con composti di
petrolio, i medici infatti utilizzavano veri e propri farmaci fatti di erbe e composti minerali che venivano
mescolati a liquidi come vino ,birra o miele per essere assunti poi oralmente.

Da questo si deduce che non solo inventarono la produzione della birra e molto probabilmente anche del
vino ma sapevano anche che l’alcol (accadico kuhlu - arabo kohl - odierno alcol) svolgeva un ruolo
fondamentale nella disinfezione delle ferite non a caso, è ancora la base della nostra medicina.

La medicina era quindi un’arte molto importante, ma i Sumeri si interessavano di tutto ciò che aveva a che
fare con la vita, la malattia e la morte, come dimostrato da tavolette in cui erano elencate le gesta di un re
di Erech , Gilgamesh, il quale fu sempre alla ricerca di qualcosa che potesse assicurare l’eterna giovinezza.
La Saga di Gilgamesh è, probabilmente, la più antica storia narrata dell’umanità.

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Nel settore dell’agricoltura i Sumeri riuscirono a rendere molto produttivo il proprio territorio utilizzando
complessi sistemi di irrigazione e sfruttando i due grandi fiumi, il Tigri e l’Eufrate.
Tra i prodotti: albicocco (accadico-armanu, latino-armeniaca), ciliegia (accadico-karshu, greco-kerasos,
napoletano cerase), zafferano, mirra, lattughe, cipolle, cetrioli, lenticchie, cavolfiori, carne, pesce etc.
Trasformavano il grano in farina per produrre pani biscotti e dolci in generale, latte da animali, che
bevevano o trasformavano in formaggio, panna o yogurt.
Grazie allo sviluppo agricolo elevato e all’allevamento del bestiame i Sumeri producevano abbigliamento di
ogni tipo: interessante è notare come l’indumento base, il “tug”, fosse senza dubbio il precursore della toga
romana.
Con un economia così florida ricca di scambi commerciali e viaggi anche in paesi molto lontani, alla ricerca
di nuove materie prime, è facile immaginare quanto fosse fortemente sviluppato il sistema dei trasporti.
Nelle raffigurazioni troviamo rappresentati carri e carriole trainate da animali come il cavallo o il bue.
Ma non solo: sappiamo che i Sumeri sfruttavano i due grandi fiumi e la rete di canali artificiali per
trasportare merci e persone, e che avevano qualcosa come 105 tipi diversi di imbarcazioni.
Le conquiste materiali e spirituali furono infine accompagnate da un consistente sviluppo di varie forme
artistiche come ad esempio la musica che, da quanto evidenziato dai reperti archeologici, si basava su una

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scala eptatonica. Non a caso lo studioso greco Filone affermò che i popoli della Mesopotamia erano noti
per la loro ricerca dell’armonia universale, attraverso i toni musicali.

Ma le conoscenze sumere per noi più sconcertanti sono legate all’astronomia.


I Sumeri rappresentavano i pianeti, sapevano che il sole e non la terra era al centro del sistema solare già
secoli prima della rivoluzione Copernicana e addirittura elencavano l’esatto ordine dei pianeti così come li
conosciamo noi oggi.
Conoscevano persino Urano, ri-scoperto nel 1781, Nettuno (1846) e Plutone (1930).
I sumeri facevano riferimento a divinità del cielo, i pianeti, e divinità della terra, ovvero i loro Dei.
Il loro sistema solare era formato da 12 pianeti mentre noi oggi ne conosciamo soltanto 11.
E’ molto curioso a questo punto sottolineare come fossero veramente convinti di questa ulteriore presenza

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nel nostro sistema solare: nei loro racconti epici era espressa una sofisticata cosmogonia in cui era
rappresentata la creazione del nostro sistema solare.
Nei loro scritti troviamo tracce che ci parlano di questo ipotetico dodicesimo pianeta chiamato Nibiru
(pianeta del passaggio), il cui simbolo era una croce, pianeta sul quale abitavano gli Annunaki, coloro che
dal cielo scesero sulla terra, ovvero i loro Dei. Curioso osservare che nella Bibbia Elohim significa la stessa
cosa.
Nibiru, il dodicesimo pianeta, aveva un’orbita ellittica particolare il cui apogeo si spingeva oltre i limiti del
nostro sistema solare.
Ancora, i Sumeri furono i primi a catalogare e dividere le costellazioni, infatti l’attuale termine zodiaco,
deriva dal greco Zodiakos Kylos (cerchio di animali) poiché appunto una volta raggruppate queste stelle
sembravano assumere forme di diversi animali (toro, leone, pesci, ariete, scorpione), ma anche in questo
caso, come riportato da Talete, le conoscenze astronomiche erano state attinte da fonti precedenti
mesopotamiche.
In alcune tavole ricche di calcoli matematici i Sumeri cercavano di quantificare le distanze tra i vari corpi
celesti: in una di queste vi sono elencate le 26 stelle maggiormente visibili del tropico del cancro:
Metodi che analizzavano la distanza tra due stelle in termini di tempo, altri in termini di gradi di arco del
cielo e altri con veri e proprie unità di misura come i “beru”.
Esattamente come noi oggi misuriamo le distanze dalla terra di determinate stelle col sistema della
parallasse.
I Sumeri erano consapevoli della sfericità terrestre, del fatto che il sole era al centro del nostro sistema
planetario e probabilmente erano a conoscenza della precessione , ovvero il lento oscillare della terra sul
proprio asse nel suo moto attorno al sole.
I Sumeri prestavano particolare attenzione a questo processo in particolare nel giorno dell’equinozio di
primavera il 21 marzo. Per il fenomeno della precessione l’equinozio di primavera accumulava ritardo di
anno in anno si trovava così ritardato di un intera costellazione zodiacale ogni 2.160 anni.
Verso il 2100 della nostra era l’equinozio di primavera ritarderà così di una costellazione ed è proprio per
questo motivo, noi oggi affermiamo che stiamo per entrare nell’era dell’Acquario.
Sumeri e Maya – ricordate la profezia del 2012, l’ingresso del mondo in una nuova epoca ? - condividevano
importanti conoscenze astronomiche, pur trovandosi a migliaia di chilometri di distanza, in epoche
differenti, e senza disporre di strumentazioni ottiche di particolare efficienza.
Come è possibile?

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Le antiche rappresentazioni sumere contenevano le registrazioni del cielo all’equinozio. In particolare, una
tavoletta elenca le costellazioni dello zodiaco cominciando da quella del Leone, il che ci fa supporre che un
possibile inizio sia stato proprio sotto questo segno circa 13 mila anni fa, un periodo a cui dovrebbe risalire
il diluvio biblico.
La sfinge d’altronde non rappresenta un Leone?

Se i Sumeri conoscevano con così grande precisione i moti del nostro sistema solare, la domanda sorge
spontanea, in che modo riuscirono ad ottenere simili nozioni?

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Il calendario di Nippur, il più antico mai conosciuto risalente a 6400 anni fa nell’era del Toro, rifletteva già
alcune conoscenze: prevedeva la divisione in 12 parti di 30 gradi ciascuna del cerchio (come il Calendario
Azteco, messicano precolombiano), che il ciclo della terra compiva intorno al sole ed era basato su un
sistema sole-luna che prevedeva un anno solare di poco più di 365 giorni suddiviso in mesi lunari di poco
meno di 30 giorni .
E’ facilmente intuibile che questo calendario non solo è il modello del nostro attuale sistema di misurazione
del tempo, ma che per questo popolo avesse un’importanza cruciale, poiché la sua precisione era
fondamentale per determinare il giorno esatto del capodanno e delle festività legate al culto degli Dei.

Il calendario di Nippur

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Come è possibile che i Sumeri fossero a conoscenza di questi particolari ? Un popolo così avanzato che
aveva conoscenze di ogni genere. Furono praticamente i primi in tutto: il primo parlamento della storia,
con codici giuridici e sociali, le prime scuole, la prima farmacopea, le prime forme di medicina ed
agricoltura, la prima cosmologia e la prima cosmogonia, le prime forme artistiche di un certo spessore, la
stampa (su argilla), il carro, l’industria tessile, la scrittura, il trasporto su ruota o per acqua, primi insomma
in ogni cosa.
Risulta chiaro che molti elementi oggi comuni fanno riferimento all’antica conoscenza dei Sumeri! Un
popolo misterioso che segnò l’inizio della nostra civiltà, un popolo che apparve dal nulla nelle terre del
Medio Oriente e che conobbe un avanzato livello culturale.

Ma la parte più interessante della cultura Sumera è legata ai racconti epici di questo popolo, una storia che
narra di periodi molto lontani nel tempo in cui la terra era popolata da dei e da semidei , storie come quella
del diluvio, di Noè e della creazione di Adamo che trovano uno straordinario riscontro nell’epopea di
Gilgamesh e nella Bibbia.

Gilgameš (in accadico, anche nell'adattamento in Gilgamesh), o (in sumerico) Bilgames (dgiš-bil-ga-mes), è:

1. un sovrano di Uruk secondo la Lista Reale Sumerica;


2. una divinità delle religioni mesopotamiche;
3. il personaggio principale di alcune epopee religiose mesopotamiche.

Le sue vicende sono in particolar modo narrate nel primo poema epico della storia dell'umanità
pervenutoci, denominato successivamente Epopea di Gilgameš (Epopea classica babilonese). Si tratta di
una epopea babilonese il cui nucleo principale deriva da antichi racconti mitologici sumeri che furono
rielaborati e trascritti successivamente in ambiente semitico. La prima struttura dell'Epopea, pervenutaci in
frammenti, appartiene quindi alla letteratura sumerica, mentre la versione più completa sinora nota venne
incisa in lingua accadica su dodici tavole di argilla che furono rinvenute tra i resti della biblioteca reale nel
palazzo del re Assurbanipal (Aššur-bāni-apli) a Ninive, capitale dell'impero assiro; questa redazione tarda
del mito, attribuita allo scriba ed esorcista cassita Sîn-lēqi-unninni, risale quindi presumibilmente al XII
secolo a.C., o comunque a prima dell'VIII secolo a.C..

Ma di Gilgamesh e degli archetipi ci occuperemo dettagliatamente in una diversa sezione di questo libro.
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IL CALENDARIO MAYA
Il calendario maya3 è il calendario che veniva utilizzato dai Maya e da altri popoli dell'America
centrale (Aztechi e Toltechi). Si tratta di un calendario molto elaborato, basato su più cicli di durata diversa:

il ciclo Tzolkin aveva una durata di 260 giorni.


il ciclo Haab aveva una durata di 360 giorni, più i "cinque giorni fuori dal tempo".
il Lungo computo indicava il numero di giorni dall'inizio dell'era maya.

I Maya (seguiti dagli altri popoli antichi dell'America centrale, quali gli Aztechi e i Toltechi) misuravano il
tempo mediante tre calendari: accanto al calendario religioso, chiamato Tzolkin, e a quello civile,
chiamato Haab, utilizzavano infatti un sistema per il conteggio nel lungo periodo.

Lo Tzolkin
Il ciclo Tzolkin, lungo 260 giorni, era un calendario religioso basato su due cicli più brevi, uno di 13 giorni e
un altro di 20. La combinazione di questi due cicli formava un ciclo di 260 giorni (13×20 = 260), il ciclo
Tzolkin appunto.
Ogni giorno entrambi i cicli avanzavano di uno. Il primo ciclo seguendo una sequenza numerata da 1 a 13. Il
secondo seguendo una sequenza di nomi: Ahau, Imix, Ik, Akbal, Kan, Chicchan, Cimi, Manik, Lamat, Muluc,
Oc, Chuen, Eb, Ben, Ix, Men, Cib, Caban, Etznab, Caunac.
La sequenza risultante era quindi: 1 Ahau, 2 Imix, 3 Ik, 4 Akbal, eccetera. Arrivati a 13 Eb si riprendeva a
contare da 1, ma la successione dei nomi continuava: 1 Ben, 2 Ix, 3 Men, eccetera. Allo stesso modo,
terminata la serie dei nomi con il 7 Caunac, si ripartiva da Ahau senza azzerare la numerazione: 8 Ahau, 9
Imix, 10 Ik, e così via. (Quindi i giorni con lo stesso nome non si succedevano con una numerazione
progressiva, come accade nei calendari in cui i giorni sono raggruppati per mese, ma secondo la posizione
che occupavano nel ciclo di 13 giorni, la sequenza quindi era: 1, 8, 2, 9, 3, 10, 4, 11, 5, 12, 6, 13, 7.)

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Da Wikipedia, l’enciclopedia libera
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I giorni con lo stesso nome e lo stesso numero si ripresentavano quindi dopo un intero ciclo Tzolkin, cioè
ogni 260 giorni (essendo 260 il minimo comune multiplo tra 13 e 20).
Questo calendario si limitava a dare un nome a ogni giorno, creandolo dalla combinazione di un numero (da
1 a 13) con un nome (da un elenco di 20), a sua volta abbinato al numero del giorno (kin) del calendario per
il computo degli anni, spiegato di seguito.
I 20 nomi erano:
0 Ahau 4 Kan 8 Lamat 12 Eb 16 Cib
1 Imix 5 Chiccan 9 Muluc 13 Ben 17 Caban
2 Ik 6 Cimi 10 Oc 14 Ix 18 Etznab
3 Akbal 7 Manik 11 Chuen 15 Men 19 Caunac
I numeri posti prima del nome corrispondono ai giorni (kin) del calendario di lungo periodo.
Combinando i numeri da 1 a 13 con i 20 nomi si otteneva un ciclo di 260 giorni con nomi diversi (13 x 20
=260), come, ad esempio, 1 Etznab, 4 Oc, 10 Akbal.
L'associazione tra il numero e il nome rendeva i giorni più o meno "fortunati".

L'haab
Il ciclo Haab, lungo 360 giorni, era un calendario civile legato al ciclo delle stagioni. Era composto da 18
"mesi" di 20 giorni, con i seguenti nomi: Pop, Uo, Zip, Zotz, Tzec, Xul, Yaxkin, Mol, Chen, Yax, Zac, Ceh, Mac,
Kankin, Muan, Pax, Kayab, Cumku. A questi si aggiungevano 5 giorni chiamati Uayeb, con i quali si
raggiungeva la durata di 365 giorni: questi 5 giorni erano considerati particolarmente sfortunati.
I giorni del mese erano numerati da 0 a 19: i maya infatti conoscevano l'uso dello zero.
Le date del ciclo Haab e quelle del ciclo Tzolkin ritornavano a corrispondere tra loro ogni 52 cicli Haab, pari
a 73 cicli Tzolkin, pari a 18980 giorni: 18980 (quasi 52 anni), è infatti il minimo comune multiplo tra 365 e
260. Il giorno iniziale di questo periodo era il 4 Ahau (Tzolkin) 8 Cumku (Haab).
Era il calendario civile, come si è detto, ed era formato da 18 mesi di 20 giorni ciascuno, più 5 giorni
detti Uayeb, per un totale di 365 giorni.

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I giorni di ogni mese erano numerati da 0 a 19; i cinque giorni Uayeb erano considerati particolarmente
sfortunati.
I nomi dei 18 mesi erano:
1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9)
Pop Uo Zip Zotz Tzec Xul Yaxkin Mol Chen
10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) 18)
Yax Zac Ceh Mac Kankin Muan Pax Kayab Cumku

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Il Lungo Ciclo Dei Maya
Il minimo comune multiplo fra 260 (durata in giorni del calendario sacro) e 365 (durata in giorni del
calendario civile) è 18980: ecco perché un periodo di 18980 giorni (circa 52 anni) costituiva per i Maya un
ciclo importante, al termine del quale si temeva sempre il rischio di una fine del mondo.
Ma per misurare il tempo lungo i secoli occorreva un terzo sistema di datazione, costituito dai seguenti
elementi:
kin (giorno)
uinal: 1 uinal = 20 kin = 20 giorni
tun: 1 tun = 18 uinal = 360 giorni
katun: 1 katun = 20 tun = 7200 giorni
baktun: 1 baktun = 20 katun = 144000 giorni
La data era formata da cinque gruppi di cifre, che rappresentavano i cinque elementi come in questo
esempio:
7.9.14.12.18
Questa data sta appunto a significare:
7 baktun, 9 katun, 14 tun, 12 uinal e 18 kin.
I kin, i tun e i katun erano numerati da 0 a 19, mentre gli uinal andavano da 0 a 17 e i baktun da 1 a 13.
Ciò significa che la data presa come esempio corrisponde al giorno n. 1078098 dall'inizio del conteggio:
infatti
18 + 12 x 20 + 14 x 18 x 20 + 9 x 20 x 18 x 20 + 7 x 20 x 20 x 18 x 20 = 1078098.
Data di partenza è considerata il 13.0.0.0.0 (che equivarrebbe allo 0.0.0.0.0, se il baktun cominciasse da 0
anziché da 1), coincidente con quella conclusiva, oltre la quale il ciclo ricomincia.
Un ciclo siffatto ha una durata di 1872000 giorni, cioè circa 5125 anni (1872000 = 13 x 144000).
Anche se non vi è certezza assoluta a riguardo, le date più accreditate a corrispondere a quella di partenza
sono l'11 o il 13 agosto 3114 a.C. del calendario gregoriano (attenzione: ciò significa il 6 o l'8 settembre
3114 a.C. del calendario giuliano), e quindi quella conclusiva del ciclo (corrispondente al 13.0.0.0.0)
dovrebbe essere stata il 21 o il 23 dicembre 2012.

33
CAPITOLO DUE

GOVERNARE LA MATERIA
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ALCHIMIA, MADRE DELLE SCIENZE MODERNE

Rappresentazione allegorica dell'alchimia.

L'alchimia4 è un antico sistema filosofico esoterico che si espresse attraverso il linguaggio di svariate
discipline, come la chimica, la fisica, l'astrologia, la metallurgia e la medicina, lasciando numerose tracce
nella storia dell'arte. Il pensiero alchemico è altresì considerato da molti il precursore della chimica
moderna prima della nascita del metodo scientifico.

Diversi sono i grandi obiettivi che si proponevano gli alchimisti: conquistare l'onniscienza; creare
la panacea universale, un rimedio cioè per curare tutte le malattie, per generare e prolungare

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indefinitamente la vita; la trasmutazione delle sostanze e dei metalli; la ricerca della pietra filosofale. In
realtà, però, nessun alchimista ha mai dichiarato quali fossero le finalità dell'alchimia: secondo alcuni lo
scopo era mistico e l'esercizio di una filosofia (scienza, in termini moderni) era propedeutico al
raggiungimento di uno stato metafisico di conoscenza. Per una interpretazione più grossolana e popolare,
la creazione della pietra filosofale, sostanza di tipo etereo, era considerata il fine dell'alchimia, ma anche
qui il termine sembra più metaforico che reale.

L'alchimia, oltre ad essere una disciplina fisica e chimica, implicava un'esperienza di crescita o, meglio, un
processo di liberazione spirituale dell'operatore. In quest'ottica la scienza alchemica viene a rappresentare
una conoscenza metafisica e filosofica, assumendo connotati mistici esoteriologici, nel senso che i processi
e i simboli alchemici, oltre al significato materiale, relativo alla trasformazione fisica, possiedono un
significato interiore, relativo allo sviluppo spirituale. Ad esempio, la comune interpretazione che vede nel
piombo e nell'oro nient'altro che i corrispettivi materiali è da considerarsi un equivoco assolutamente
riduttivo.

Il termine alchimia deriva dall'arabo al-kimiyah, al-kimiyà o al-khimiyah (‫ ال ك يم ياء‬o ‫)ال خ يم ياء‬, composto
dell'articolo al- e della parola kimiyà che significa "chimica" e che a sua volta, sembrerebbe discendere dal
termine greco khymeia (χυμεία) che significa "fondere", "colare insieme", "saldare", "allegare", ecc.
(da khumatos, "che è stato colato, un lingotto"). Un'altra etimologia collega la parola con Al Kemi, che
significa "l'arte egizia", dato che gli antichi Egiziani chiamavano la loro terra Kemi ed erano considerati
potenti maghi in tutto il mondo antico. Il vocabolo potrebbe anche derivare da kim-iya, termine cinese che
significa "succo per fare l'oro".

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Il laboratorio dell'alchimista, illustrazione di Hans Vredeman de Vries
contenuta nell'Amphitheatrum sapientiae aeternaedi Heinrich Khunrath.

L’alchimia è una scienza esoterica il cui primo fine era trasformare il piombo, ovvero ciò che è negativo, in
oro, ovvero ciò che è positivo nell’uomo, per fargli riscoprire la sua vera “natura interna”, il proprio Dio. Gli
alchimisti dovevano nascondersi, rendersi occulti usando allegorie, per non subire le reazioni della chiesa.

Per comprendere l'alchimia, bisogna considerare come la conversione di una sostanza in un'altra, che
formò la base della metallurgia fin dal suo apparire verso la fine del Neolitico, appariva, in una cultura senza

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alcuna conoscenza formale di fisica o chimica, come un'opera magica. Nei tempi remoti, una fisica priva di
una componente metafisica sarebbe stata parziale ed incompleta al pari di una metafisica sprovvista di
manifestazione fisica. Pertanto, per gli alchimisti non vi fu ragione alcuna di separare la dimensione
materiale da quella simbolica o filosofica.

L'alchimista di Pieter Bruegel il Vecchio

La trasmutazione dei metalli di base in oro (ad esempio con la pietra filosofale o grande
elisir o quintessenza o pietra dei filosofi o tintura rossa) simboleggia un tentativo di arrivare alla perfezione
e superare gli ultimi confini dell'esistenza. Gli alchimisti credevano che l'intero universo stesse tendendo
verso uno stato di perfezione, e l'oro, per la sua intrinseca natura di incorruttibilità, era considerato la
sostanza che più si avvicinava alla perfezione. Era anche logico pensare che riuscendo a svelare il segreto
dell'immutabilità dell'oro si sarebbe ottenuta la chiave per vincere le malattie ed il decadimento organico;

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da ciò l'intrecciarsi di tematiche chimiche, spirituali ed astrologiche che furono caratteristiche dell'alchimia
medievale.

La scienza dell'alchimia ebbe inoltre una notevole evoluzione nel tempo, iniziando quasi come
un'appendice metallurgico-medicinale della religione, maturando in un ricco coacervo di studi,
trasformandosi nel misticismo ed alla fine fornendo alcune delle fondamentali conoscenze empiriche nel
campo della chimica e della medicina moderne.

Fino al XVIII secolo, l'alchimia era considerata una scienza seria in Europa; per esempio, Isaac
Newton dedicò molto più tempo allo studio dell'alchimia piuttosto che a quello dell'ottica o della fisica per
le quali divenne famoso. Tuttavia Newton mantenne sempre un notevole riserbo intorno ai suoi studi
alchemici, e non pubblicò mai opere sull'argomento. Fu l'economista John Maynard Keynes che
nel 1936 rese pubblici manoscritti newtoniani sull'alchimia, dei quali era entrato in possesso ad un'asta.

Altri eminenti alchimisti del mondo occidentale furono Ruggero Bacone, il Parmigianino, Thomas Browne, e
non ultimo Cagliostro. Si interessarono di alchimia anche San Tommaso d'Aquino e Giordano Bruno.

Il declino dell'alchimia iniziò nel XVIII secolo con la nascita della chimica moderna, che fornì una più precisa
e concreta struttura per comprendere le trasmutazioni della materia, e la medicina, con un nuovo grande
disegno dell'universo basato sul materialismo razionale.

La storia dell'alchimia è diventata un prolifico campo per speculazioni accademiche. Via via che
l'ermetico linguaggio degli alchimisti andava gradatamente decifrato, gli storici hanno cominciato a trovare
connessioni intellettuali tra quella disciplina ed altre componenti della storia culturale occidentale, come le
società mistiche, del tipo di quella dei Rosa Croce, lastregoneria e naturalmente l'evoluzione della scienza e
della filosofia.

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Il Processo alchemico

L'alchimista in cerca della Pietra Filosofale (1771) di Joseph Wright of Derby (Derby Museum and Art Gallery,Derby, Regno Unito).

L'opus alchemicum per ottenere la pietra filosofale avveniva mediante sette procedimenti, divisi in quattro
operazioni, Putrefazione, Calcinazione,Distillazione e Sublimazione,e tre fasi, Soluzione, Coagulazione
e Tintura.

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Attraverso queste operazioni la "materia prima", mescolata con lo zolfo ed il mercurio e scaldata nella
fornace (atanor), si trasformerebbe gradualmente, passando attraverso vari stadi, contraddistinti dal colore
assunto dalla materia durante la trasmutazione.
Il numero di queste fasi, variabile da tre a dodici a seconda degli autori di trattati alchimistici, è legato al
significato magico dei numeri.

I tre stadi fondamentali sono:

Nigredo o opera al nero, in cui la materia si dissolve, putrefacendosi;


Albedo o opera al bianco, durante la quale la sostanza si purifica, sublimandosi;
Rubedo o opera al rosso, che rappresenta lo stadio in cui si ricompone, fissandosi;

Sulphur Et Mercurius
Si tratta, letteralmente, di "zolfo e mercurio", cioè, nel linguaggio simbolico dell'alchimia, di due essenze
primordiali viste nel quadro di un sistema dualistico che ritiene qualsiasi materiale come miscela di questi
due componenti, vale a dire di un elemento "in combustione" (zolfo) e di uno "volatile" (mercurio), dotati di
gradi diversi di purezza e in un diverso rapporto di mescolanza tra loro. Da Paracelso (1493-1541) venne poi
aggiunto un terzo elemento, il sal (il sale), che doveva costituire la tangibilità: quando il legno è in
combustione, la fiamma prende origine dal sulphur, il mercuriustrapassa in evaporazione, mentre il sal ne è
la cenere residua.

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Simboli alchemici
L'universo alchemico è pervaso di simboli, che, intrecciandosi in mutue relazioni, permeano le varie
operazioni e gli ingredienti costitutivi del processo per ottenere la pietra filosofale.
Così per esempio l'oro e l'argento acquisiscono nell'iconografia alchemica i tratti simbolici del Sole e
della Luna, della luce e delle tenebre e del principio maschile e femminile, che si uniscono (sizigia)
nella coniunctio oppositorum della Grande Opera (Rebis).
A parte i simboli degli elementi primati, vale a dire i sette metalli corrispondenti ai
sette Pianeti dell'astrologia classica, l'iconografia alchemica è ricca di simboli che rimandano a strumenti e
tecniche di trasformazione della materia la quale, è bene ricordarlo, non è mai identificata dagli alchimisti
con la "materia volgare". In altre parole gli alchimisti si riferivano, con le loro allegorie, alla trasformazione
psichica e spirituale dell'essere umano, che in seguito ad una serie di progressivi processi di
perfezionamento giungeva a trasformare se stesso da vile piombo in "Oro filosofico".
Il Rosarium philosophorum attribuito ad Arnaldo da Villanova, il Commentarius attribuito a Raimondo Lullo,
la Duodecim Claves philosophicæ attribuita a Basilio Valentino sono tra le opere che hanno ispirato, nei
secoli, il maggior numero di interpretazioni iconografiche.

Un'opera alchemica che spicca invece per l'originalità della sua iconografia è un mazzo di 78 carte
conosciuto come Tarocchi Sola-Busca, dal 2009 conservato alla Pinacoteca di Brera a Milano. Come hanno
dimostrato vari studiosi, a partire da Sofia Di Vincenzo, Giordano Berti e, più recentemente, Laura Paola
Gnaccolini, i Tarocchi Sola-Busca sono un vero e proprio "libro muto" che descrive per sole immagini i
processi di trasformazione riportati da vari alchimisti nelle loro opere.

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Simboli astrologici

Simboli da un libro sull'alchimia del XVII secolo.


I simboli utilizzati hanno una corrispondenza univoca con quelli utilizzati nell'astrologia del tempo.

Gli elementi cosmici avevano grande importanza non solo per la loro influenza sui processi alchemici, ma
anche per il parallelismo che li legava agli elementi naturali, in base alla credenza che "ciò che sta in basso è
come ciò che sta in alto".

Tradizionalmente, ognuno dei sette corpi celesti del sistema solare conosciuti dagli antichi era associato
con un determinato metallo

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La lista del dominio dei corpi celesti sui metalli è la seguente:

Il Sole governa l'Oro


La Luna è connessa con l'Argento
Mercurio, Mercurio
Venere, Rame
Marte, Ferro
Giove, Stagno
Saturno, Piombo

Credo utile sottolineare che secondo le leggi alchemiche sia i metalli che i corpi celesti erano in relazione con
l'anatomia umana e le sette viscere dell'uomo.

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Simboli animali

L'uroboro in un'incisione di Lucas Jennis, tratta da una edizione del trattato


De Lapide Philosophico, dell'alchimista tedesco Lambspringk.

Nelle illustrazioni dei trattati medievali e di epoca rinascimentale compaiono spesso figure animali e
fantastiche. I tre principali stadi attraverso i quali la materia si trasformava, la nigredo, l'albedo e
la rubedo erano rispettivamente simboleggiati dal corvo, dal cigno e dalla fenice.

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Quest'ultima, per la sua capacità di rinascere dalle proprie ceneri, incarna il principio del "nulla si crea e
nulla si distrugge", tema centrale della speculazione alchimistica.

Inoltre, era sempre la fenice a deporre l'uovo cosmico, che a sua volta raffigurava il contenitore in cui era
posta la sostanza da trasformare.

Anche il serpente ouroboros, che si mangia la coda, ricorre spesso nelle raffigurazioni delle opere
alchemiche, in quanto simbolo della ciclicità deltempo e dell'"Uno il Tutto" ("En to Pan").

Alchimie extra europee


L'alchimia abbraccia alcune tradizioni filosofiche che si sono propagate per quattro millenni e tre
continenti, e la loro generale inclinazione per un linguaggio criptico e simbolico rende difficile tracciare le
loro mutue influenze e relazioni.

Si possono distinguere almeno due grandi canali, che sembrano essere in gran parte indipendenti, almeno
nelle tappe più remote: l'alchimia orientale, attiva in Cina e nella zona della sua influenza culturale, e
l'alchimia occidentale, il cui centro nei millenni è slittato tra Egitto, Grecia, Roma, il mondoislamico ed alla
fine l'Europa. L'alchimia cinese fu strettamente connessa al Taoismo, mentre quella occidentale sviluppò un
proprio sistema filosofico, connesso solo superficialmente con le maggiori religioni occidentali. Se queste
due tipologie abbiano avuto una comune origine e fino a che punto si siano influenzate l'una con l'altra è
tuttora oggetto di questione.

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Alchimia cinese

Mentre quella occidentale fu più concentrata sulla trasmutazione dei metalli, l'alchimia cinese ebbe una
maggiore connessione con la medicina. La pietra filosofale degli alchimisti europei può essere comparata
con l'elisir dell'immortalità cercato dagli alchimisti cinesi. Comunque, da un punto di vista ermetico, questi
due interessi non erano separati e la pietra dei filosofi era spesso equiparata all'elisir di lunga vita.

Testo attribuito a Ge Hong.

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La Cina appare il centro di una tradizione alchemica molto antica, risalente forse al IV-III secolo a.C., ma
documentata con sicurezza per la prima volta nel Ts'an T'ung Ch'i, scritto verso il 142 a.C. da Wei Po-Yang,
sotto forma di commentario all'I-Ching, Libro delle Mutazioni. In questa opera, classico del Canone taoista,
l'autore afferma che i contenuti del Libro delle Mutazioni, delle dottrine taoiste e dei procedimenti
alchemici siano variazioni di un'unica materia sotto il travestimento di nomi diversi. Egli fonda il processo
alchemico sulle dottrine dei cinque stati di mutamento, erroneamente chiamati "elementi" (acqua, fuoco,
legno, metallo e terra) e dei due contrari (yin e yang): di questi due, il primo è associato alla luna ed il
secondo al sole, e dalla loro dinamica si originano gli elementi. Ogni elemento combinato
con yang differirebbe da quello combinato con yin, nel senso che il primo è attivo e maschile, il secondo
passivo e femminile. Il testo, di non facile interpretazione, per le sue interferenze con dottrine
cosmologiche e magiche, presenta una concezione evolutiva dei metalli e il loro trasferimento su piani non
sperimentali, ora psichici, ora cosmici. Nel IV secolo l'alchimia ha un nuovo grande maestro in Ko Hung,
detto Pao-p'u-tzu, che aggiunge alle tecniche indicate alcuni particolari metodi taoisti destinati alla
conquista dell'immortalità. Questo fu l'avvio per una sempre più stretta connessione con forme taoiste di
medicina tradizionale cinese ed una ricca fioritura di opere fino al XIII secolo.

Le scuole di alchimia cinese, pur avendo come obiettivo comune la ricerca dell'immortalità, si
differenziavano per i metodi di ricerca:

Gli alchimisti della scuola esterna si occupavano prevalentemente della ricerca dell'elisir di lunga vita
attraverso la produzione di rimedi, elisir e pillole dell'immortalità, le cui componenti erano in gran
parte sostanze vegetali e in misura minore sostanze animali e minerali.

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Gli alchimisti della scuola interna, invece, ricercavano l'immortalità attraverso l'utilizzo di pratiche
fisiche e mentali che provocassero una trasmutazione del corpo, consentendo al praticante di vivere
indefinitamente. Il corpo stesso del praticante veniva concepito come un laboratorio alchemico e l'elisir
di lunga vita scaturiva teoricamente dalla distillazione di sostanze corporee, prodotte attraverso
l'utilizzo delle funzioni vitali (respirazione, circolazione, funzionamento endocrino, etc..) che venivano
guidate dall'alchimista.

La medicina tradizionale cinese ha ereditato dall'alchimia esterna le basi di farmacologia tradizionale e


dall'alchimia interna la parte relativa al Qi Gong ed alle ginnastiche mediche. In queste discipline molti dei
termini utilizzati sono di chiara derivazione alchemica.

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Alchimia indiana

L’alchimia giocò un ruolo di spicco fin dalle origini del pensiero indiano. Gianluca Magi nota come:
« L’idea di uccidere i metalli vivi per farli rinascere nobili, metafora del tentativo esoterico di trasmutazione
spirituale dell’Io che viene ucciso per far rinascere il Sé della coscienza pura, è presente in India fin dall’età
vedica.Ciò per dire che l’alchimia indiana, Rasayā na ovvero il «Veicolo mercuriale», non fu né una scienza
empirica né una proto-chimica, bensì una scienza soteriologica per fare del corpo e della mente il proprio
laboratorio, per sperimentare un altro piano di realtà in cui si diventa pietre filosofali, ovvero pietre vive. [...]
Molto probabilmente gli esperimenti dell’alchimia tradizionale condussero alla scoperta di molti fenomeni
chimici, ma agli inizi non ne parlò perché erano considerati di secondaria importanza: il fine reale era la
trasmutazione interiore dell’uomo, la sua rinascita e Liberazione. La stessa trasmutazione del mercurio in
oro è del tutto marginale rispetto a ciò che l’alchimista indiano chiama la condizione di vita senza morte
(amṛtattva) (da cui deriva il greco 'ambrosia', il cibo degli dèi che rende immortali), lo stato del liberato in
vita, jīvanmukta. »
(Gianluca Magi. 'Uscite dal sogno della veglia. Viaggio attraverso le filosofie indiane della Liberazione, Edizioni della
Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa, Rimini 2008, p. 67.)

A questa prima fase soteriologica del pensiero alchemico indiano, ne seguì una seconda – descritta da al-
Biruni, scienziato e viaggiatore persiano dell'XI secolo –, dovuta all’influsso musulmano, che portò a
numerose scoperte chimiche importanti. Poi, a partire dal XIV secolo:
« gli alchimisti indiani iniziarono quasi esclusivamente a dedicarsi alla preparazione di medicine metalliche o
minerali. Ciò che in precedenza era un’operazione d’introversione che dava valore solo ai risultati raggiunti
attraverso il coinvolgimento personale (alchimia), cedeva il passo necessariamente a un atteggiamento di
estroversione che implicava l’impegno a rimanere il più possibile distaccato dall’esperimento per conseguire
risultati oggettivi (atteggiamento scientifico) »
(Gianluca Magi, op. cit., p. 68.)

Il padre dell'alchimia indiana è considerato Śrīman Nāgārjuna Siddha (XIII secolo, or earlier), figura
semileggendaria, ritenuto l'autore di alcuni testi alchemici quali il trattato di magia Kakṣapuṭa Tantra,
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quello sul mercurio Rasendramangalam e il Susruta Samhita. Il migliore esempio di un testo basato su
questa scienza è il Vaishashik Darshana di Kaṇāda, che si ritiene abbia introdotto in oriente la teoria
atomica.

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Alchimia nell'antico Egitto

Ermete Trismegisto

Gli alchimisti occidentali generalmente fanno risalire l'origine della loro arte
all'antico Egitto. Metallurgia e misticismo erano inesorabilmente legati insieme nel mondo antico, in cui
una cosa come la trasformazione dell'oro grezzo in un metallo scintillante doveva sembrare un atto
governato da regole misteriose.

La città di Alessandria in Egitto fu un centro di conoscenza alchemica, e conservò la propria preminenza fino
al declino della cultura egiziana antica. Sfortunatamente non esistono documenti originali egizi
sull'alchimia. Questi scritti, qualora fossero esistiti, andarono perduti nell'incendio della Biblioteca di

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Alessandria, nel 391. L'alchimia egiziana è per lo più conosciuta attraverso le opere di antichi filosofi greci,
sopravvissute solamente in traduzioni islamiche.

La leggenda vuole che il fondatore dell'alchimia egiziana fosse il dio Thot, chiamato Ermes-Thoth o Ermes il
tre volte grande (Ermete Trismegisto) dai Greci. Secondo la leggenda il dio avrebbe scritto i quarantadue
libri della conoscenza, che avrebbero coperto tutti i campi dello scibile, fra cui anche l'alchimia.

Il simbolo di Ermes era il caduceo, che divenne uno dei principali simboli alchemici e oggi simbolo della
pratica medica.

La Tavola di smeraldo di Ermes Trismegistus, che è nota solamente attraverso traduzioni greche ed arabe, è
generalmente considerata la base per la pratica e la filosofia alchemica occidentale.

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Alchimia greco-alessandrina

Le dottrine alchimistiche della scuola greca passarono attraverso tre fasi evolutive: l'alchimia come tecnica,
cioè l'arte prechimica degli artigiani egizi, l'alchimia come filosofia ed infine quella religiosa. I Greci si
appropriarono delle dottrine ermetiche degli Egiziani, mescolandole, nell'ambiente sincretistico della
cultura alessandrina, con le filosofie del Pitagorismo e della scuola ionica e successivamente
dello Gnosticismo. La filosofia pitagorica consiste essenzialmente nella credenza che i numeri governino
l'universo e che siano l'essenza di tutte le cose, dal suono alle forme.

La Tavola di smeraldo - versione latina - dal De Alchimia, Norimberga1541.

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Il pensiero della scuola ionica era basato sulla ricerca di un principio unico e originario per tutti i fenomeni
naturali; questa filosofia, i cui esponenti principali furono Talete ed Anassimandro, fu poi sviluppata
da Platone ed Aristotele, le cui opere finirono per diventare parte integrante dell'alchimia. Si delinea, come
base della nuova scienza, la nozione di una materia prima che forma l'universo, e che può essere spiegata
solamente attraverso attente esplorazioni filosofiche. Un concetto molto importante, introdotto in quel
tempo da Empedocle, è che tutte le cose nell'universo erano formate solamente da
quattro elementi: terra, aria, acqua e fuoco. A questi elementi Aristotele aggiunge l'etere, la materia di cui
sono formati i cieli e che viene denominata quintessenza. La terza fase si differenzia dalla precedente di
speculazione filosofica per le caratteristiche di una religione esoterica, per l'abbondanza di rituali misteriosi
e per il linguaggio. Nei primi secoli dell'età imperiale, in età ellenistica, si sviluppò una letteratura di
carattere filosofico-soteriologico-religiosa accomunata dalla pretesa rivelazione da parte del dio Thot-
Ermete, da cui il nome di letteratura ermetica. Il supporto dottrinale di questa letteratura è una forma di
metafisica che si rifà al Neoplatonismo ed al Neopitagorismo.

Nel II secolo sarebbero stati scritti anche gli Oracoli caldaici, dei quali sono pervenuti solo frammenti, che
presentano molte analogie con gli scritti ermetici. In questo momento storico, quindi, si sarebbe operata
una fusione tra il patrimonio filosofico greco e la gnosi ermetica, nella quale la grande opera assume
connotati di tecnica tesa alla realizzazione in senso interiore e cosmico.

Tra gli alchimisti ellenistici vanno citati la figura storica-leggendaria di Maria l'ebrea e quelle di Bolo di
Mende e Zosimo di Panopoli, il primo autore che abbia scritto opere alchemiche in modo sistematico e
firmando la propria creazione.

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Alchimia nel mondo islamico

La distruzione del Serapeo e della Biblioteca di Alessandria segnò la fine del centro culturale greco,
spostando il processo dello sviluppo alchemico verso il Vicino Oriente. L'alchimia islamica è molto meglio
conosciuta perché meglio documentata e molti dei testi antichi giunti sino a noi si sono preservati come
traduzioni islamiche.

Alchimisti islamici come al-Razî (in latino Rasis o Rhazes) diedero un contributo fondamentale alle scoperte
chimiche, come la tecnica della distillazione, e ai loro esperimenti si devono l'acido muriatico (l'antico nome
dell'acido cloridrico), l'acido solforico e l'acido nitrico, oltre alla soda (al-natrun) e potassio (al-qali), da cui
derivano i nomi internazionali di sodio e potassio,Natrium e Kalium. L'apporto di nomenclatura alchimistica
a tutta la posteriore cultura occidentale è di origine araba: termini arabi sono
infatti alchimia, atanor (fornace), azoth (forma corrotta da al-zawq, 'mercurio'), alcool (da al-kohl, indicante
una polvere per il trucco ricavata dall' 'antimonio'), elisir (da al-iksīr, "pietra" filosofale) e alambicco. La
scoperta che l'acqua regia, un composto di acido nitrico e muriatico, potesse dissolvere il metallo nobile -
l'oro - accese l'immaginazione degli alchimisti per il millennio a venire.

I filosofi islamici diedero anche grandi contributi all'ermetismo alchemico. Al riguardo la più grande e
influente figura è probabilmente Jabir ibn Hayyan (in arabo ‫ح يان إب ن جاب ر‬, il Geber o Geberus dei Latini).
Questo importante alchimista, nato agli inizi dell'VIII secolo, fu il primo, a quanto sembra, ad aver analizzato
gli elementi secondo le quattro qualità base di caldo, freddo,secco e umido. Jâbir ipotizzò che, siccome in
ogni metallo due di queste qualità erano interne e due esterne, mescolando le qualità di un metallo, si
sarebbe ottenuto un altro metallo. La grande serie di scritti che gli vengono attribuiti esercitò un'enorme
influenza sulle correnti alchimistiche europee.

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Alchimia nell'Europa medievale

Pagina dal trattato di alchimia diRaimondo Lullo (XVI secolo)

Dopo essere caduta alquanto in disuso durante l'alto Medioevo, l'Occidente riprende contatto con la
tradizione alchemica greca attraverso gli Arabi. L'incontro tra la cultura alchemica araba ed il mondo latino
avviene per la prima volta in S pagna, probabilmente ad opera di Gerberto di Aurillac, che più tardi
divenne Papa Silvestro II, (morto nel 1003). Nel XII secolo va ricordata la figura del più importante dei

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traduttori di opere arabe, Gerardo da Cremona, che interpretò Averroè, tradusse l'Almagesto, e forse
alcune opere di Razes e Geberus.

Il rientro vero e proprio dell'alchimia in Europa viene in genere fatto risalire al 1144, quando Roberto di
Chester tradusse dall'arabo il Liber de compositione alchimiae, un libro dai forti connotati iniziatici, mistici e
esoterici, nel quale un saggio, Morieno, erede del sapere di Ermete Trismegisto, insegna al Re Calid.

Il materiale alchimistico dei testi arabi verrà rielaborato durante tutto il XIII secolo. Alberto Magno (1193-
1280) affronta la tematica alchemica nel De mirabilibus mundi e nel Liber de Alchemia di incerta
attribuzione. A Tommaso d'Aquino (1225-1274) vengono attribuiti alcuni opuscoli alchemici, nei quali è
dichiarata la possibilità della produzione dell'oro e dell'argento.

Il primo vero alchimista dell'Europa medievale deve essere considerato Ruggero Bacone (1241-1294)
un Francescano che esplorò i campi dell'ottica e della linguistica oltre agli studi alchemici. Le sue opere,
il Breve Breviarium, il Tractatus trium verborum e lo Speculum Alchimiae, oltre ai numerosi pseudo-epigrafi
a lui attribuiti, furono utilizzate dagli alchimisti dal XV al XIX secolo.

Alla fine del XIII secolo l'alchimia si sviluppò in un sistema strutturato di credenze, grazie anche all'opera
di Arnaldo da Villanova (ca. 1240-ca. 1312), con il suo Rosarium philosophorum, e soprattutto
con Raimondo Lullo (1235-1315), che divenne presto una leggenda per la sua presunta abilità alchemica.

Nel XIV secolo l'alchimia ebbe una flessione a causa dell'editto di Papa Giovanni XXII (Spondent Pariter) che
vietava la pratica alchemica, fatto che scoraggiò gli alchimisti appartenenti alla Chiesa dal continuare gli
esperimenti.

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Misteriosi simboli alchemici incisi sulla tomba di Nicolas Flamel a Parigi

L'alchimia fu comunque tenuta viva da uomini come Nicolas Flamel, il quale è degno di nota solamente
perché fu uno dei pochi alchimisti a scrivere in questi tempi travagliati. Flamel visse dal 1330 al 1419 e
sarebbe servito da archetipo per la fase successiva della pratica alchemica. Il suo unico interesse per
l'alchimia ruotava intorno alla ricerca della pietra filosofale; in anni di paziente lavoro riuscì a tradurre il
mitico Libro di Abramo l'ebreo, che avrebbe acquistato nel 1357, e che gli avrebbe rivelato i segreti per la
costruzione della pietra dei filosofi. Leggenda vuole che abbia raggiunto l'immortalità insieme alla
moglie Perenelle.

Nell'alto Medioevo gli alchimisti si concentrarono nella ricerca dell'elisir della giovinezza e della pietra
filosofale, credendo che fossero entità separate. In quel periodo molti di loro interpretavano la
purificazione dell'anima in connessione con la trasmutazione del piombo in oro (nella quale credevano che
il mercurio giocasse un ruolo cruciale). Questi individui erano visti come maghi e incantatori da molti, e
furono spesso perseguitati per le loro pratiche.

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Alchimia nel Rinascimento

The Alchemist di Sir William Fettes Douglas, XIX secolo

Nel contesto delle idee del Cinquecento è impossibile delimitare una disciplina scientifica dall'altra, come
anche tracciare molte linee di separazione tra il complesso delle scienze da un lato e la riflessione
speculativa e magico-astrologica dall'altro. In questo periodo magia e medicina, alchimia e scienze naturali
e addirittura astrologia e astronomia operano in una sorta di simbiosi, legate le une alle altre in modo
spesso inestricabile.

Agli inizi del XVI secolo uno dei maggiori interpreti di questo coacervo di discipline scientifiche fu il medico,
astrologo, filosofo e alchimista Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim, 1486-1535. Costui credeva di
essere un mago e di essere capace di evocare gli spiriti. La sua influenza fu di modesta entità, ma come
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Flamel, produsse opere, fra le quali il De occulta philosophia, alle quali fecero riferimento tutti gli alchimisti
posteriori. Ancora come Flamel fece molto per cambiare l'alchimia da una filosofia mistica ad una magia
occultista. Inoltre mantenne vive le filosofie degli antichi alchimisti, che includevano scienza
sperimentale, numerologia, ecc., aggiungendovi la teoria magica, che rinforzava l'idea di alchimia come
credenza occultista.

Il nome più importante di questo periodo è, senza dubbio, Paracelso, (Theophrastus Bombastus von
Hohenheim, 1493-1541), il quale diede una nuova forma all'alchimia, spazzando via un certo occultismo che
si era accumulato negli anni e promuovendo l'utilizzo di osservazioni empiriche ed esperimenti tesi a
comprendere il corpo umano. Rigettò le tradizioni gnostiche e le teorie magiche, pur mantenendo molto
delle filosofie ermetiche, neoplatoniche e pitagoriche. In particolare si concentrò sullo sviluppo medicinale
dell'alchimia, ponendo ai margini della dottrina la ricerca metallurgica sui metalli preziosi.

Per Paracelso l'alchimia era la scienza della trasformazione dei metalli reperibili in natura per produrre
composti utili per l'umanità. La iatrochimica di Paracelso era basata sulla teoria che il corpo umano fosse un
sistema chimico nel quale giocano un ruolo fondamentale i due tradizionali principi degli alchimisti, e cioè
lo zolfo ed il mercurio, ai quali lo scienziato ne aggiunse un terzo: il sale. Paracelso era convinto che l'origine
delle malattie fosse da ricercare nello squilibrio di questi principi chimici e non dalla disarmonia degli umori,
come pensavano i galenici. Quindi, secondo lui, la salute poteva essere ristabilita utilizzando rimedi di
natura minerale e non di natura organica.

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Il laboratorio dell'Alchimista diGiovanni Stradano, Studiolo di Francesco I nel Palazzo Vecchio aFirenze.

È in questo periodo che viene pubblicata la prima storia dell'alchimia, nel 1561 a Parigi. L'autore è Robert
Duval.

Anche molti artisti, come per esempio il Parmigianino, e persino personalità politiche del periodo si
interessarono all'alchimia. Tra questi: Caterina Sforza, Francesco I de' Medici, nel cui studiolo di Palazzo
Vecchio fece dipingere allegorie alchimistiche da Giovanni Stradano, e Cosimo I de' Medici.

In Inghilterra, l'alchimia nel XVI secolo è spesso associata al dottor John Dee (1527-1608), meglio
conosciuto per il suo ruolo di astrologo, crittografo ed in generale "consulente scientifico" della
regina Elisabetta I d'Inghilterra. Dee si interessò anche di alchimia tanto da scrivere un libro sull'argomento
(Monas Hieroglyphica, 1564) influenzato dalla Cabala.
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Il declino dell'alchimia occidentale

Il declino dell'alchimia in Occidente fu causato dalla nascita della scienza moderna con i suoi richiami a
rigorose sperimentazioni scientifiche ed al concetto di materialismo.

Nel XVII secolo Robert Boyle (1627-1691) diede l'avvio al metodo scientifico nelle investigazioni chimiche,
alla base di un nuovo approccio alla comprensione della trasformazione della materia, che di fatto rivelò la
futilità delle ricerche alchemiche della pietra filosofale.

Anche gli enormi passi avanti compiuti dalla medicina nel periodo seguente la iatrochimica di Paracelso,
supportati dagli sviluppi paralleli della chimica organica, diedero un duro colpo alle speranze dell'alchimia di
reperire elisir miracolosi, mostrando l'inefficacia se non la tossicità dei suoi rimedi.

Distillazione con un alambicco

Ridotta ad astruso sistema filosofico, distante dalle pressanti faccende del mondo moderno, l'Ars
magna subì il fato comune ad altre discipline esoteriche quali l'astrologia e la cabala; esclusa dagli studi
universitari, l'alchimia venne banalizzata, ridotta ai suoi procedimenti materiali, e messa al bando dagli
scienziati quale epitome della superstizione

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A livello popolare, tuttavia, l'alchimista era ancora considerato come il depositario di grandi saperi arcani.
Facendo leva sulla credulità popolare, molti imbroglioni si attribuirono titoli di guaritore e per dimostrare
effettive capacità produssero manuali manoscritti che imitavano, nel gergo e nelle illustrazioni, i trattati di
famosi autori alchemici (in tal modo, nacquero anche i cosiddetti "erbari dei falsi alchimisti" che solo di
recente hanno iniziato ad essere analizzati in modo attento dagli studiosi).

Dopo aver goduto per millenni di un grande prestigio intellettuale e materiale, l'alchimia scomparve in tal
modo dalla gran parte del pensiero occidentale, per tornare, però, ad essere approfondita nelle opere di
pensatori come lo psicanalista Carl Gustav Jung, oppure di insigni studiosi di occultismo come Julius
Evola o Giuliano Kremmerz.

La tesi dello psicanalista svizzero consiste nell'identificazione delle analogie esistenti tra i processi alchemici
e quelli legati alla sfera dell'immaginazione ed in particolare a quella onirica.

Secondo Jung, le fasi attraverso le quali avverrebbe l'opus alchemicum avrebbero una corrispondenza nel
processo di individuazione, inteso come consapevolezza della propria individualità e scoperta dell'essere
interiore. Mentre l'alchimia non sarebbe altro che la proiezione (psicologia) nel mondo materiale
degli archetipi dell'inconscio collettivo, il procedimento per ottenere la pietra filosofale rappresenterebbe
l'itinerario psichico che conduce alla coscienza di sé ed alla liberazione dell'io dai conflitti interiori.

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CAPITOLO TRE

CREDENZE & MISTERI

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Alzi la mano chi non ha mai letto con interesse il proprio oroscopo, magari dicendo tra sé e sé “non ci
credo, ma non si sa mai…”.
Oppure alzi la mano chi non si è mai fatto leggere le carte, leggere la mano, chi non ha evitato di passare
sotto ad una scala, chi non si è “toccato” all’attraversamento della strada da parte di un gatto nero, chi non
ha buttato un po’ di sale dietro la spalla snistra, chi non ha messo due gocce di vino caduto sulla tovaglia
dietrol’orecchio, insomma: alzi la mano chi non ha mai avuto un atteggiamento in qualche modo
scaramantico, chi non ha messo un po’ di magia nel suo quotidiano.
Di magia il nostro mondo è pieno, anche se non sempre chiamiamo le cose col nome giusto e definiamo
magiche molte pratiche che collimano con le pseudoscienze o con la più bieca cialtroneria.
Da che l’uomo pensa, si interroga. Si pone domande e ha dubbi per ogni cosa, oppresso com’è
dall’incomprensibile immensità dell’universo che osserva e tramortito dal mistero dei misteri, dalla paura
delle paure, il mistero e la paura della morte che accompagna e fa da collante ad ogni teosofia, credenza,
religione e pratica.
In questa sezione ci occupiamo di sistemi antichi e moderni tesi ad aiutare l’uomo nella comprensione, e
nell’accettazione, della propria essenza.

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ASTROLOGIA
L'astrologia5, il cui nome deriva dal greco antico ἀστρολογία (astrologhía = ἀστῆρ/ἀστέρος, astêr/asteros,
stella + λόγος, lógos, discorso), è un complesso di credenze e tradizioni che ritiene che le posizioni e i
movimenti dei corpi celesti rispetto alla Terra influiscano sugli eventi umani collettivi e individuali. Chi
pratica l'astrologia è chiamato astrologo e la sua divinazione è chiamata oroscopo.
Dall'antichità fino al XVII secolo, mentre era accreditato il sistema geocentrico, col termine astrologia si
indicavano gli studi rientranti nell'ambito dell'astronomia. Dopo la dimostrazione dell'eliocentricità del
nostro Sistema Solare, durante la rivoluzione copernicana, le due discipline hanno iniziato a distinguersi e
l'astrologia è oggi considerata una pratica dell'occulto.
Tutte le più importanti civiltà antiche hanno dedicato grande attenzione all'osservazione dei fenomeni
celesti e sviluppato una propria astrologia. Possiamo ricordare l'astrologia babilonese (di cui è erede
l'astrologia occidentale), l'astrologia vedica o indiana (ancora oggi diffusa in India ma anch'essa erede
dell'astrologia babilonese), l'astrologia cinese (sostanzialmente diversa da quella occidentale) e l'astrologia
del popolo Maya nell'America Centrale.
Anche presso popoli primitivi è esistita una forma di astrologia, certamente meno avanzata rispetto a
quella maturata presso le grandi civiltà a causa delle ridotte capacità matematiche, essenziali a definire il
movimento degli astri. L'assenza di fonti scritte non permette una conoscenza dettagliata delle tecniche
astrologiche praticate dai "popoli della natura", tuttavia si può dedurre che i principali punti di riferimento
astrale fossero il Sole, la Luna, Venere e la stella Sirio, oltre ad alcune costellazioni (i due Carri, Orione, le
Pleiadi).
L'astrologia, in quanto supposto strumento di previsione del futuro, ha avuto presso tutti i popoli del
mondo forti legami con altre pratiche divinatorie, in particolare con la chiromanzia, la metoposcopia e
la geomanzia. Al tempo stesso è stata, ed è tuttora, un essenziale punto di riferimento nelle pratiche
magiche.

5
Fonte Wikipedia, l’Enciclopedia libera
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Viaggio nell’astrologia che studia la correlazione tra gli archetipi, simboli dell’inconscio collettivo, e la
realtà psichica individuale. (di Rita Tagliaferri)

“I miti o deità non sono stati letti nel cielo eppoi riportati sulla Terra bensì sono partiti dall’animo umano,
creati dal cuore, dalla psiche dell’uomo per essere poi lanciati nel cielo e questo indica il bisogno, insito
nell’individuo sin dall’inizio dei tempi, di trovare una correlazione tra il microcosmo (realtà terrena ed
individuale) e macrocosmo (realtà divina) – una correlazione quindi tra cielo e terra” (Carl Gustav Jung)

A partire dai popoli vissuti in Mesopotamia, dal 5° al 1° millennio avanti Cristo, l’Astrologia veniva
considerata una scienza sacra, e lo rimarrà ancora per molto tempo, fin quando la chiesa, millenni dopo,
non la condannò a mera pratica magica o stregonesca.
Al tempo di Babilonia, l’astronomia e l’astrologia avevano un’unica funzione: l’astronomo leggeva nelle
posizioni degli astri e delle costellazioni nel cielo gli eventi che sarebbero accaduti sulla terra e ne faceva
rapporto al Dio-Re del tempo. Sin d’allora vi era la conoscenza quasi completa del nostro sistema solare e
delle più lontane costellazioni. Vi sono rappresentazioni di bassorilievi, su steli in pietra che delimitavano le
proprietà terriere chiamati “kundurru”, della Luna, del Sole, di Venere e di varie costellazioni come lo
Scorpione, la Capra-Pesce (l’attuale Capricorno), il Sagittario, la Vergine ed altre come l’Idra, il Drago, il
Cane ecc. Tavole astronomiche del 2048 a.c., rinvenute nei recenti scavi di Ebla in Siria, testimoniano già la
conoscenza dei principali pianeti del nostro sistema solare ovvero Mercurio, Venere, Marte, Giove e
Saturno cui veniva chiaramente attribuito un nome di divinità sumeriche.
Giovanni Pettinato (archeologo-assirologo) nel suo libro “La scrittura celeste” cita: “ Nei capitoli in cui ci
soffermeremo sulla documentazione astrologica del mondo mesopotamico, non potremo non sottolineare il
forte legame che l’astrologia e, anzi, la stessa astronomia hanno con quegli esseri divini e soprannaturali nei
quali i Babilonesi credevano fermamente. Non solo gli astri e i pianeti sono creazione del grande dio
Marduk, signore di Babilonia, ma sono al contempo immagine e somiglianza degli stessi dei…..”

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Anche più avanti nei secoli i greci e i romani si rivolgevano agli astrologi-sapienti, che a quei tempi erano al
servizio dei grandi re, per avere dei responsi che soddisfacessero i loro animi inquieti e le risposte
provenivano sempre dal cielo che era abitato dalle divinità.
Attraverso i millenni, a partire dalla civiltà mesopotamica, le divinità associate agli astri presenti nel cielo
sono cambiati nel nome ma non nel loro significato profondo.
Inanna-Istar-Afrodite-Venere rappresenta da sempre il principio d’attrazione e di amore. Una divinità
femminile positiva, che governa le messi ed i campi e favorisce le unioni ed è portatrice di armonia e di
ispirazione artistica.
Nanna – Sin – Ecate – Luna rappresenta da sempre il principio assoluto femminile, l’energia Yin, l’imago
mater universale, l’anima, la padrona dei sogni, dell’inconscio, delle acque profonde e regola la crescita e
le maree.
Utu – Samas – Elios – Sole rappresenta da sempre, in tutte le culture, il Dio padre, il principio maschile
universale, l’imago pater, l’energia Yang, lo spirito, la coscienza, il calore che dona la vita ecc.
La divinità veicola quindi il significato profondo del principio che rappresenta e di conseguenza l’astro
presente nel cielo è in analogia con il principio primo o idea originaria scaturita dalla sintesi del mitologema
della divinità stessa.

Anticamente gli archetipi principali erano sette :


1. il principio creativo o Sole,
2. il principio ricettivo o Luna,
3. il principio di attrazione-amore o Venere,
4. il principio di comunicazione-espressione o Mercurio,
5. il principio di azione-impulso o Marte,
6. il principio di espansione-crescita o Giove,
7. il principio di resistenza-conservazione o Saturno.

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In epoca moderna (dalla fine del 700 agli inizi del 900) si sono aggiunti 3 nuovi pianeti rappresentativi di
altri archetipi:
il principio di rinnovamento-rivoluzione o Urano,
il principio di trasformazione-fusione o Nettuno,
il principio di dissoluzione-creazione o Plutone.

Ciascun pianeta è collegato alla storia del mito che rappresenta e nell’oroscopo si traduce in una specifica
funzione psichica o potenzialità caratteriale.

Il pianeta Marte, ad esempio, rappresenta la sintesi analogica del mito dell’omonimo dio della
guerra (Ares per i greci) ed esprime nell’oroscopo azione pura, forza, moto, aggressività, coraggio,
combattività, conflitto, prepotenza, incoscienza, rischio, rabbia, impulsività.
E’ in analogia con l’elemento fuoco, con il colore rosso, con il sangue, con il ferro, con le armi, con l’eros
maschile. Ma la qualità della sua espressione dipende dalla sua posizione in una determinata costellazione
o dagli aspetti che crea con gli altri pianeti nell’oroscopo. Ad esempio un Marte in un segno d’Acqua
renderà l’individuo discontinuo nelle sue azioni e reattivo emotivamente. Un Marte in un segno di Terra
colora di cautela le azioni ma incrementa la forza di volontà. Lo stesso pianeta congiunto al Sole viene
esaltato nelle sue qualità di fuoco ed enfatizzato, congiunto alla Luna, oppure a Nettuno, perde molta
carica vitale e conseguentemente tende a formare un individuo passivo ed introverso.

L’Astrologia, quindi, permette di scoprire come i principi primi o archetipi, rappresentati dai pianeti e la loro
posizione nel cielo al momento di un qualsiasi evento, si esprimono in un individuo determinandone la
personalità, le potenzialità, i limiti, la meta evolutiva.
La posizione dei pianeti-miti nell’oroscopo crea un’impronta nella nostra anima al momento della nascita.

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Per lo studioso, filosofo e psicologo, James Hillman, fondatore della Psicologia degli Archetipi, l’impronta è
chiamata “daimon” (demone), non nel senso negativo del termine, ma come compagno e veicolo del
destino, impronta energetica a cui non ci si può sottrarre.
Se ad esempio un individuo nasce con un Mercurio dominante, oppure con il Sole ed altri valori astrali nel
segno dei Gemelli (segno dominato da Mercurio), la sua vita sarà condizionata dal modo mercuriale di
rapportarsi al mondo. Avrà quindi assoluta necessità di movimento, di relazioni, di espressione verbale e di
scambio intellettuale. Avrà funzione di “ponte” fra gli uomini, metterà quindi i relazione realtà molto
diverse tra loro, ma avrà anche la tendenza a razionalizzare i sentimenti, a vivere più nel pensiero che
nell’azione, a rifiutare l’impegno e la responsabilità per difendere il suo stato di “puer aeternum”. Tutte le
esperienze vitali quindi saranno “condizionate” da questa impronta mercuriale ed interiorizzate in un certo
modo.
Alla maniera di Hillman, possiamo ipotizzare, che proprio tale, a volta scomoda impronta è l’impulso che
ogni essere possiede per cercare di formarsi e trasformarsi attraverso questo processo di apprendimento
che è la vita.

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I Veda e l’Astrologia
I piu' antichi testi che trattano di astronomia e medicina sono i Veda, ma probabilmente le origini
dell'astrologia sono molto piu' remote, poiche' in essi e' scritto che la conoscenza fu consegnata
direttamente dal Dio creatore Brahma a pochi uomini saggi (Rishi) che l'avrebbero distribuita in successione
diretta ai loro discepoli e nella sua purezza si sarebbe tramandata oralmente per generazioni e generazioni.
La parola Veda deriva dalla radice vid-, vedere, visione, veggenza . Nella mitologia Veda si narra che nei
tempi antichi gli esseri umani più saggi fossero in grado di conoscere la realtà in maniera diretta e
istantanea utilizzando le informazioni presenti nel campo morfogenetico, e che la sapienza universale fosse
conservata in un grande archivio conosciuto con il nome di Memorie dell'Akasha, cui era possibile accedere
attraverso il corpo astrale.
Con l'avvento dell'attuale era oscura (Kaliyuga), e con il diminuire dei saggi e dei veggenti, gli uomini non
furono piu' in grado di aprirsi alla conoscenza diretta della realta' e per non dimenticare divenne necessario
imparare a scrivere, a leggere, ad avere dei libri dove registrare la conoscenza e cosi', circa 5000 anni fa,
tutto il sapere dell'umanita' venne trasposto nei Veda.
Con la comparsa della scrittura ciò che veniva scritto cominciò ad essere più importante della realtà, anzi si
potè iniziare la creazione di una nuova realtà, quella scritta sui libri, divulgandola come il frutto di una
rivelazione divina, e quindi verità inconfutabile.
A seconda della verità che occorreva dimostrare in un certo periodo storico, molte informazioni potevano
essere aggiunte, altre potevano essere eliminate e distrutte per sempre: i meccanismi della comunicazione
sono gli stessi, da che mondo è mondo …
La parte dei Veda che si occupa di astronomia e astrologia e' chiamata Jyotisha Vedanga, dove Yotish e' una
parola sanscrita che significa Scienza della Luce.
Dall'India la cultura dell'astronomia e della astrologia si diffuse presso i Sumeri, gli Assiri e i Babilonesi,
presso gli Egizi, i Greci e i Romani, qrischiò di scomparire nel Medioevo, riemerse nel Rinascimento, fu
rinnegata dal 600 in poi (benche' Galileo stesso ne facesse uso) e relegata infine e definitivamente a pratica
magica e superstiziosa nel 700, con l’avvento della prima rivoluzione industriale.
Fu solo dalla fine dell'800, che pochi eletti, tra cui Omraam Mikhaël Aïvanhov, Alice Bailey, Helena Petrovna
Blavatsky, Rene' Gue'non, G. I. Gurdjieff, Rudolf Steiner, Gustav Jung, compresero la grande importanza

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della cultura orientale e iniziarono a riportare nell'occidente i semi perduti della antica conoscenza
dell'Ayurveda, dello Yoga e dell'Astrologia.
Cosi' scrive nel 1925 il filosofo kantiano Ernst Cassirer :
"L'Astrologia e' uno dei piu' grandiosi tentativi che mai siano stati osati dallo spirito umano per fornire una
rappresentazione simbolica globale del mondo"
Paramhansa Yogananda nel suo celebre libro Autobiografia di uno Yogi del 1947 narra che il suo maestro
spirituale, Swami Sri Yukteswar ,famoso astrologo, era solito dire:
"Un bambino nasce nel giorno e nell'ora in cui i raggi celesti si trovano in matematica armonia con il suo
karma individuale. Il suo tema natale e' un autentico ritratto del suo inalterabile passato e del suo probabile
futuro. Ma questo certificato di nascita puo' essere interpretato soltanto da uomini di grande saggezza e
intuizione; e questi sono pochi.”
In Psicologia e Alchimia (1944) Jung scrive: "la scienza comincio' con lo studio delle stelle, nelle quali
l'umanita' scopri' le dominanti dell'inconscio, gli Dei, cosi' come le bizzarre qualita' psicologiche dello
zodiaco, proiezione completa della caratterologia".
E ancora Jung, in una lettera del 6 settembre 1947 all'astrologo indiano B. V. Raman scrive: «Nei casi di
diagnosi psicologiche difficili di solito faccio fare l'oroscopo per acquisire un ulteriore punto di vista da una
visuale completamente diversa. Debbo dire che molto spesso ho trovato che i dati astrologici spiegavano
certi punti che altrimenti sarei stato incapace di capire».

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Lo Zodiaco
Lo Zodiaco, dal greco "ruota degli animali", ma anche "ciclo della vita", e' una fascia circolare immaginaria
parallela all'equatore avente una circonferenza di 360 gradi e una ampiezza di 17.
E' attraversato dall'eclittica solare, la linea circolare che rappresenta il cammino apparente del sole, tutti i
pianeti, osservati dalla terra, si muovono all'interno di questa fascia.
I 12 segni zodiacali sono le sezioni in cui e' diviso lo Zodiaco, misurano 30 gradi ciascuno e devono il loro
nome ad una costellazione.
L'Ariete e' il primo segno dello Zodiaco che in occidente coincide con l'equinozio di Primavera, il 21 Marzo.
In realta', da un punto di vista astronomico, a causa della rotazione dell'asse terrestre, fenomeno
conosciuto con il nome di "precessione degli equinozi", sono circa 2000 anni che nell'equinozio primaverile
il sole si trova nella costellazione dei Pesci.
Al tempo degli Egizi e degli Assiro Babilonesi, dal 2000 a.C fino alla nascita di Cristo, il Sole si trovava
effettivamente nella costellazione dell'Ariete nel periodo che va dal 21 marzo al 21 aprile.
Cosi' come Mitra, divinita' Indo Iranica, 4000 anni fa uccideva il Toro, il Cristo 2000 anni fa ha posto fine alla
vecchia era dell'Ariete inaugurando quella dei Pesci. Fra qualche decina di anni il 21 marzo cadra' nella
costellazione dell'Aquario, dando inizio alla famosa New Age che molti stanno aspettando.
La coincidenza dell'equinozio primaverile con il segno dell'Ariete e' rimasta invariata nella astrologia
occidentale, forse proprio come conseguenza della perdita di conoscenze astronomiche, sebbene nel
frattempo il periodo di transito del Sole nelle costellazioni si sia gradualmente spostato in avanti di 30 gradi,
ossia un mese.
L'oroscopo vedico, al contrario, ha conservato l'antica conoscenza astronomica e ha sempre considerato la
effettiva corrispondenza tra il sole e le costellazioni, retrocedendo le posizioni planetarie nei segni di una
ventina di gradi, per questo motivo viene definito siderale, mentre l'oroscopo occidentale, basato sulla
semplice corrispondenza tra i segni e le stagioni, viene chiamato solare o tropicale.
Inoltre se nell'astrologia occidentale e' la posizione del sole, simbolo dell'io e della personalita', che
definisce l'appartenenza ad un segno zodiacale, nell'astrologia vedica e' la posizione della luna, simbolo
delle qualita' del cuore e dell'anima.

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Potrebbe essere sconcertante per una persona nata a fine marzo e quindi convinta di appartenere al segno
dell'Ariete, scoprire che in realta' il suo Sole si trova nella costellazione dei Pesci. E se poi la sua Luna si
trovasse in Toro, nell'Oroscopo Vedico quello sarebbe il suo segno.
L'astrologia occidentale, focalizzata sul rapporto terra-sole-pianeti, potra' fornire utili indicazioni sulla
struttura psicologica dell'individuo e sulla possibile risoluzione e integrazione dei conflitti, mentre
l'astrologia siderale incentrata sul rapporto tra il sistema solare, le stelle fisse e la galassia stessa sara' piu'
appropriata per darci informazioni sulla struttura della nostra anima e sul significato evolutivo della nostra
attuale incarnazione.

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Astrologia Archetipa
L'Astrologia Archetipica si propone di utilizzare al meglio le conoscenze dell'Astrologia Solare e di quella
Siderale, in fondo anche questo e' un modo di praticare Reiki, che e' unire tutto cio' che appare separato.
(Articolo di Umberto Carmignan)

I segni zodiacali sono una rappresentazione del tempo solare, delle stagioni e dei cicli vitali della natura.
Ogni mese coincide con un segno zodiacale al quale sono stati attribuiti significati psicologici in armonia con
il ciclo naturale che si svolge in quel periodo.
Ogni segno zodiacale appartiene a uno dei quattro elementi costitutivi della natura: Fuoco, Terra, Aria e
Acqua configurandoli quindi come modelli d’energia. L’elemento a cui appartiene ogni segno insieme alla
posizione occupata nel cerchio dello zodiaco descrivono la modalità in cui questa energia si esprime nel
macrocosmo (Terra) e nel microcosmo (Uomo).

Lo zodiaco è una fascia celeste di 360°, divisa in 12 settori di 30° ciascuno che vengono chiamate
costellazioni in astronomia e segni zodiacali in astrologia. Queste dodici parti, a cui ognuna corrisponde il
nome di quella costellazione, sono chiamate case astrologiche e rappresentano i diversi settori della vita e
dello sviluppo psichico e spirituale dell’essere umano.
La suddivisione dello zodiaco nelle 12 case (o campi) è determinata dal moto di rotazione terrestre ed è
chiamata dagli astrologi domificazione.
Esistono molti metodi diversi di domificazione, la più usata è quella di Placido, le altre più conosciute sono
quelle di Koch, Campano e Regiomontano.
La prima casa inizia con l'Ascendente, che è il punto dove l'orizzonte orientale terrestre interseca lo
Zodiaco.
Ciascuna casa rappresenta un settore della vita, la posizione dei pianeti nelle case determina quindi il
settore della vita dove l'influenza del pianeta andrà maggiormente a manifestarsi

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All'interno di un oroscopo spiccano due grandi suddivisioni che dividono in quattro quadranti il grafico:
l'orizzonte, visibile orizzontalmente e che delinea l'asse ascendente-discendente e il meridiano, visibile
verticalmente, che delinea Il Medio Cielo o Medium Coeli (MC) e il Fondo Cielo o Imum Coeli (IC).
La parte sopra l'orizzonte è la parte superiore e diurna, quella sotto l'orizzonte è la parte inferiore e
notturna, a seconda della collocazione dei pianeti sotto o sopra l'orizzonte, gli astrologi effettuano le loro
interpretazioni della personalità.
Le linee di separazione tra una casa e l'altra si chiamano cuspidi, e dipendono dall'ora e dal luogo di nascita
di ciascuno.
L'ascendente è la cuspide della prima casa ed è, in un certo senso, la personalità manifesta del soggetto, ciò
che con il suo aspetto e comportamento comunica agli altri.

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DIVINAZIONE

Un indovino Mambila inCamerun interpreta il modo in cui alcuni granchi diacqua dolce hanno modificato la disposizione di alcuni
oggetti; in lingua mambila questa arte mantica è chiamata nggàm.

La divinazione o mantica6 è la pratica o la presunta capacità di ottenere informazioni, ritenute inaccessibili,


da fonti soprannaturali; tale pratica si esprime spesso attraverso un rituale, solitamente in un
contesto religioso, e può basarsi sull'interpretazione di segni, eventi, simboli o presagi oppure manifestarsi
attraverso una rivelazione. Ci sono sia pratiche di predizione del futuro di una persona, più quotidiane e a
titolo individuale, sia pratiche con caratteristiche formali e sociali.

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Chi pratica la divinazione è chiamato generalmente indovino o vate, ma va tenuto presente che ogni arte
divinatoria ha il suo termine particolare per indicare la persona che interpreta i segni o riceve la rivelazione.
Come fenomeno culturale, la divinazione è stata osservata dagli antropologi in molte religioni e culture, in
tutte le epoche fino ai giorni nostri. Ogni cultura e religione ha sviluppato i propri metodi di divinazione.
L'Ebraismo, il Cristianesimo e l'Islam le escludono totalmente. L'Induismo ammette diverse forme di
divinazione, che sono codificate nei Vedānta.
Ciò che distingue le predizioni divinatorie dalle previsioni scientifiche è l'assenza di
una causalità dimostrabile tra il segno interpretato e il risultato previsto, un legame che i sostenitori
suppongono esistere a livello mistico (intuitivo-religioso). Per questo motivo la divinazione, in varie epoche
e culture, è stata talvolta considerata una forma di superstizione e oggi la comunità scettica
scientifica occidentale la considera, in alcune sue forme, una pseudoscienza.

Dinamiche sociali
La divinazione risponde a una delle esigenze umane primitive: dissipare l'incertezza del futuro e conoscere
l'ignoto; la funzione sociale della divinazione (che è o dovrebbe essere religiosa) si basa su due presupposti:
che l'informazione cercata sia a disposizione di qualche entità o forza soprannaturale e che questa
informazione possa essere trasferita nel mondo naturale.
Un individuo, un gruppo o una comunità si rivolge a un indovino in un momento di crisi allo scopo di
ottenere, in modo soprannaturale, delle indicazioni ritenute adatte a superarla. La crisi può essere un
evento fortuito (una malattia, un disastro, una guerra...), l'inizio di un'attività (una battuta di caccia, la
fondazione di una città...), un periodo considerato sensibile (l'inizio dell'anno, una ricorrenza particolare...)
e così via. Talvolta le occasioni di consultazione sono regolate o stabilite da norme religiose; la ritualità di
alcune forme di divinazione, presente in molte culture, serve per conoscere i mezzi che garantiscano,
secondo le credenze religiose locali, un appoggio soprannaturale nel portare a termine un'impresa.
Presso alcune culture, il responso (talvolta chiamato oracolo, altre volte con termini più precisi) può
assumere il valore di norma religiosa, in particolare quelli ottenuti in occasioni istituzionali o quelli relativi a
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personalità di grande rilevanza come per esempio il monarca. Laddove vi sia una religione di Stato il
responso può assumere risvolti importanti anche nella vita sociale.Quando la consultazione è di carattere
individuale, spesso la norma religiosa prevede, oltre alla consegna del responso, anche la prescrizione di un
rito che il consultante deve compiere per poter risolvere la crisi; questo rito serve per prendere contatto
con gli agenti soprannaturali (che, a seconda delle credenze religiose, possono essere entità
come divinità, spiriti o antenati oppure forze come la stregoneria o la magia) che secondo l'indovino hanno
causato la crisi e ha lo scopo di offrire al consultante dei mezzi tradizionali per superare il senso di
impotenza e di isolamento e quindi reintegrarsi nella comunità.
Nell'approccio alla divinazione non si pone il problema della causalità tra segno e responso; la necessità di
avere risposte o di compiere qualche azione è spesso preponderante rispetto alla correttezza della risposta
o alla funzionalità dell'atto. Ciò può essere vero sia a livello individuale sotto una spinta emotiva, sia a
livello sociale, per esempio sotto la pressione di un superiore o di un gruppo verso una persona insignita di
un ruolo.
Nelle culture primitive spesso si richiede che l'indovino sia isolato dal culto e dalla vita comunitaria, questo
per garantirne l'autonomia nella produzione del responso. A seconda del ruolo che la divinazione svolge per
una particolare cultura, la figura dell'indovino può confondersi con quella del guaritore, dello stregone o
dello sciamano, soprattutto nelle religioni primitive, oppure esserne chiaramente distinta in quelle più
avanzate.

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Storia della divinazione

La divinazione è nata a seguito del pensiero mitico della preistoria. Nei tempi antichi ha rappresentato
un'evoluzione di conoscenza in un momento in cui scienza e magia non erano distinguibili; solo in tempi
recenti, dopo uno sviluppo di quasi tre millenni, vengono viste come completamente antitetiche. La stessa
scienza agli albori o nei primi momenti di indagine non negava l'affinità ad una forma di magia: nel XVI
secolo si chiamavano "magia naturale" le discipline che poi sarebbero diventate "scientifiche".
Prima dell'avvento del metodo scientifico qualunque tipo di previsione ricadeva nell'ambito della
divinazione; con lo sviluppo delle scienze è stato possibile prevedere alcuni eventi in modo più o meno
preciso, ad esempio le eclissi, il clima e le eruzioni vulcaniche. Oggi questa non è più considerata
divinazione in quanto queste previsioni si basano su osservazioni empiriche e sono spiegate da teorie che
fanno riferimento esclusivamente a fenomeni naturali, mentre la divinazione presume l'influenza
del destino o di forze soprannaturali. Così, come definizione operativa, la divinazione può comprendere
tutti i metodi di pronostico che non si possono dimostrare efficaci usando la ricerca scientifica. Tuttavia
anche la divinazione prevede un approccio razionale fondato sull'analisi dei segni o dei presagi.

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Le origini: Mesopotamia ed Egitto
Dai primi momenti della storia delle civiltà mesopotamiche, dalle tavolette di argilla, emergono
numerosissimi esempi di uso e pratiche di divinazione, che costituiscono le più vivide rappresentazioni della
vita di tutti i giorni in quei tempi antichi. La divinazione scaturiva da una profonda convinzione che le cose
del mondo fossero associate e si muovessero contemporaneamente; il detto "così in cielo come in terra"
non era una recitazione cadenzata ma la constatazione evidente di una associazione universale:
« le manifestazioni nel cielo così come quelle sulla terra ci danno segni
cielo e terra, ambedue mandano segni univoci
ognuno per proprio conto, ma non indipendentemente, perché cielo e terra sono interconnessi
un segno cattivo in cielo è anche cattivo in terra
un segno cattivo in terra è anche cattivo in cielo! »
(tavoletta di una scuola teologica a Babilonia)

Sumeri, Accadi e Babilonesi raccolsero, nell'arco di dieci o forse quindici secoli, decine di migliaia
di presagi e li trascrissero accuratamente in manuali dettagliati, ognuno accanto all'evento che lo seguì e
che, secondo la loro credenza, ne fu la conseguenza. Questi manuali raccoglievano osservazioni di
qualunque tipo: nascite prodigiose o mostruose, comportamenti animali o umani, forme di pietre o di
piante, fenomeni atmosferici e meteorologici, posizioni degli astri e dei pianeti, sogni, ecc. La raccolta più
completa che sia stata rinvenuta consta di 107 tavolette di argilla con circa 10.000 presagi ed è
chiamata summa alu dalle prime due parole della frase (in accadico) "se una città è posta su un'altura" con
cui questa raccolta inizia.
L'astrologia e l'astronomia sono nate come una medesima disciplina durante la civiltà babilonese, in quanto
lo studio dei movimenti astrali era considerato sussidiario allo scopo divinatorio. In Mesopotamia, come
anche nell'antico Egitto e in altre culture, gli oracoli sul re assumevano importanza nella vita sociale.
Già nel XIX secolo a.C. in Egitto esisteva l'oracolo di Amon, che avrebbe conservato la sua funzione anche
nelle epoche successive.

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Età classica greca, etrusca e romana
La parola "mantica" deriva dall'aggettivo greco "μαντική (mantikḗ)" che a sua volta deriva
dal sostantivo "μάντις (mántis)" ossia indovino; questo va messo in relazione con
la radiceindoeuropea "ma-" che può significare sia "mente", "pensiero" sia "mania", "follia", "furore"; in
quest'ultimo senso, si deve tener presente che gli antichi Greci ritenevano che la saggezza, l'ispirazione e la
follia avessero origine dal furore divino.
La parola "divinazione" deriva dal verbo latino "divinare" che a sua volta deriva dall'aggettivo "divinus" che
significa "divino", "proprio della divinità".
Entrambi i termini lasciano trasparire la natura religiosa della divinazione per la cultura classica.
Il termine "mantica" fu utilizzato anche da Platone, che considerava la divinazione come una capacità
superiore alla stessa ragione. Anche gli Stoici ritenevano possibile divinare il futuro interpretando i segni del
presente, in quanto consideravano il mondo retto da una ragione universale (Logos).
Nella Grecia antica la divinazione era regolata dalla religione e si esprimeva nella consultazione
degli oracoli; i responsi dell'oracolo di Delfi erano tenuti in elevata considerazione, al punto da costituire
norme religiose; queste norme, raccolte dai sacerdoti di Apollo, sono considerate la base della comune
cultura greca e non solo dal punto di vista etico o religioso.
Nella Roma antica era molto popolare recarsi ogni anno al santuario della Fortuna Primigenia per una
consultazione. Di diversa natura erano i Libri sibillini, trascrizione di responsi oracolari che erano consultati
da appositi sacerdoti (detti viri sacris faciundis) in occasione di certe decisioni pubbliche di carattere
religioso.

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Dal Cristianesimo all'età contemporanea
Con l'avvento del Cristianesimo le pratiche divinatorie pagane e i templi oracolari vennero
progressivamente abbandonati. Gli imperatori e in seguito i re cristiani continuarono comunque ad affidarsi
a indovini e astrologi di corte, anche se ufficialmente bandivano tali pratiche. Durante il periodo
dell'Inquisizione gli indovini, al pari degli stregoni, venivano giudicati eretici,scomunicati e, soprattutto nel
periodo della caccia alle streghe, condannati a morte sul rogo.

La Divinazione nella Civiltà indiana


La cultura indiana aveva già sviluppato autonomamente una propria semplice forma di divinazione, basata
soprattutto sull'astrologia, il cui scopo principale era rituale ossia scoprire i giorni ritenuti fausti o infausti
per intraprendere determinate attività; quando entrò in contatto con l'ellenismo, influenzata in particolare
dagli studi approfonditi della civiltà babilonese, la tradizioneastrologica e divinatoria indiana si arricchì e
venne codificata nel Jyotish, una delle sei discipline dei Vedanga della tradizione Induista.
L'influenza del rito divinatorio per la cultura indiana è ancora attuale; in tempi recenti ha addirittura
determinato il giorno dell'indipendenza dell'India: inizialmente era prevista per il 14 agosto 1947, ma
essendo considerato giorno infausto l'indipendenza slittò al giorno successivo.

La Divinazione nella Civiltà cinese


Le prime documentazioni scritte della cultura cinese si riscontrano sugli ossi oracolari ritrovati ad Anyang,
come dire che la storia della divinazione in Cina è antica almeno quanto la scrittura.
In seguito nella cultura cinese la divinazione divenne più rituale, allo scopo di scoprire i giorni fausti o
infausti per intraprendere determinate attività.

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Nella cultura cinese (come in quella messicana e in quella dell'antica Roma, per citarne altre) si riscontrano
le raccolte oracolari, ossia trascrizioni di presagi o interpretazioni a cui non si dà un seguito immediato, ma
sono lasciate per un momento successivo.

La Divinazione nelle Civiltà araba e persiana


Durante il Medioevo la civiltà araba ha avuto il merito di continuare la cultura classica conservandone gli
scritti; tra questi, ha conservato anche gran parte della memoria delle pratiche divinatorie, arrivando
addirittura ad approfondire quelle che avevano un approccio di tipo induttivo e che erano ancora
indistinguibili da quelle che oggi chiameremmo scienze come, per esempio, l'astrologia.
Mentre l'espansione araba in Occidente riportava in auge la divinazione in Europa, l'avvento dell'Islam la
proibì nel mondo musulmano in quanto, secondo questa religione, la conoscenza dell'ignoto appartiene
solo a Dio.

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Contestazioni

La contestazione alla divinazione è molto antica; una voce contrastante è sicuramente quella di Marco
Tullio Cicerone che, nel suo De divinatione, un'operetta in 2 libri facente parte delle opere filosofiche che
completa il De natura deorum, opera maggiore in 3 libri, parla della divinazione come un'arte inaffidabile e
fallace. Secondo l'oratore latino non sarebbe possibile prevedere il futuro interpretando i segni; tuttavia, in
quanto strumento politico, la divinazione rappresenta un utile mezzo per mantenere il controllo dello Stato
e l'equilibrio delle istituzioni (De Divinatione, libro II, 148-150). Nel II secolo d.C., Luciano di
Samosata dedicò un arguto saggio alla carriera di un ciarlatano, Alessandro il falso profeta, addestrato da
"uno di quelli che pubblicizzano incantesimi, miracoli, amuleti per gli affari di cuore, catastrofi per i vostri
nemici, scoperte di tesori sepolti...", anche se molti romani credevano nei sogni e negli incantesimi.
Oggi i sostenitori della divinazione dicono che esistono abbondanti prove aneddotiche dell'efficacia della
divinazione, ma finora non è stata trovata alcuna prova sperimentale in condizioni di controllo scientifico e
lo scetticismo scientifico la scarta da sempre come una mera superstizione.
Oltre alle semplici spiegazioni di prove aneddotiche, ci sono alcune teorie pseudoscientifiche su come la
divinazione possa funzionare. Una di tali teorie affonda le radici nella natura della mente inconscia, e
sostiene di avere alcune basi scientifiche empiriche. Basandosi su questa teoria, la divinazione sarebbe il
processo con cui vengono decodificati i messaggi della mente inconscia. Il credo in agenti soprannaturali o
in forze occulte come fonte di questi messaggi è ciò che distingue tale teorie da una spiegazione scientifica,
insieme all'assenza di prove sperimentali a sostegno.
Secondo il Cristianesimo, la rivelazione è compiuta nella Bibbia e dunque la divinazione (il cui scopo è
quello di rivelare le cose nascoste) perde di significato. Alcune forme di divinazione come
la bibliomanzia (divinazione attraverso la lettura di un versetto estratto a sorte dalla Bibbia, arte mantica
mutuata dall'Ebraismo) si riscontrano nel Protestantesimo. Nel Cattolicesimosolamente Dio può conoscere
le cose nascoste; la divinazione, attribuendo ad altri questa capacità, è considerata idolatria ispirata
dal diavolo.

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Metodi & Classificazioni nella Divinazione
Una prima classificazione delle arti mantiche, di origine classica, raggruppa le pratiche in due gruppi:

divinazione induttiva: si basa sull'interpretazione di segni o eventi oggettivi e presuppone la


conoscenza di un'arte (che anticamente era considerata e chiamata scienza) da parte dell'indovino;
divinazione intuitiva: si basa sulla rivelazione da parte di un'entità soprannaturale e presuppone una
particolare predisposizione da parte dell'indovino.
Nella divinazione induttiva gli strumenti possono essere svariati:

per mezzo di procedimenti più o meno complessi si producono i segni da interpretare su determinati
oggetti, dedicati allo scopo o di uso comune; in questo caso, l'arte dell'indovino non consiste solo
nell'interpretazione del segno ma anche nella produzione del segno stesso;
può trattarsi di una collezione di simboli oppure di oggetti simbolici o diversamente marcati dalla quale
sono estratti o disposti a sorte gli elementi da interpretare;
possono essere ricercati nell'ambiente circostante, anche sul corpo del consultante, e può trattarsi di
oggetti o, più spesso, di eventi, presagi o anche sogni.
Nella divinazione intuitiva lo strumento è l'indovino stesso; si tratta generalmente di una persona in grado
di indursi in stato di trance, spontaneamente o mediante danze estatiche o attraverso l'uso di psichedelici,
talvolta è uno sciamano.
Non tutte le diverse forme di divinazione possono essere riscontrate all'interno della stessa cultura.
Piuttosto, è stata notata in generale la predilezione di ciascuna cultura verso una sola di queste tipologie:

cleromanzia o divinazione per sorteggio, prediletta dalle religioni africane e riscontrabile come forma
popolare nella religione dell'antica Roma, ma formalmente vietata ai personaggi pubblici;

87
divinazione ispirata, dove l'arte dell'indovino si esprime nella ricerca del segno o nel ricevere la
rivelazione, prediletta dalle religioni americane e unica forma di divinazione accettata ufficialmente
nell'antica Roma.
Julian Jaynes categorizzò la divinazione secondo le seguenti tipologie:

Presagi e loro scrittura. "Il metodo più goffo e primitivo, ma duraturo... è la semplice registrazione di
sequenze di eventi insoliti o importanti." (1976:236) La storia cinese offre occorrenze scrupolosamente
documentate di nascite strane, di fenomeni naturali e di altri dati. La pianificazione governativa cinese
si affidava a questi metodi di previsione per le strategie a lungo termine. Non è irragionevole assumere
che le moderne indagini scientifiche inizino da questo tipo di divinazione; il lavoro di Joseph
Needham prese in considerazione proprio questa idea.
Sortilegio. Questo consiste nell'estrarre a sorte con rametti, pietre, ossa, fagioli, o altri oggetti. I
moderni giochi di carte e da tavolo si sono sviluppati da questo tipo di divinazione.
Auguri. Divinazione che valuta una serie di possibilità date. Può essere qualitativa (valuta forme,
prossimità, ecc.). La radioestesia (una forma di rabdomanzia) si sviluppò da questo tipo di divinazione. I
romani dell'epoca classica usarono i metodi etruschi di augurio, come l'epatoscopia.
Gli aruspici esaminavano i fegati degli animali sacrificati.
Spontanea. Una forma non vincolata di divinazione, libera da un particolare mezzo, è in realtà una
generalizzazione di tutti i tipi di divinazione. La risposta arriva da qualsiasi cosa il divinatore veda o
ascolti. Alcuni cristiani e membri di altre religioni usano una forma di bibliomanzia: essi pongono una
domanda, scorrono le pagine dei loro testi sacri e prendono come risposta il primo passaggio che cade
sotto i loro occhi. Altre forme di divinazione spontanea comprendono la lettura dell'aura e i
metodi New Age del Feng shui.

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Un'altra possibile classificazione è la seguente:

divinazione artificiale, basata sull'analisi di simboli costruiti dall'indovino;


divinazione naturale, basata sull'osservazione di segni naturali ricercati dall'indovino;
divinazione occasionale, consistente nell'interpretazione di fatti accidentali.

La Sibilla delfica di Michelangelo

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ARUSPICINA
L'aruspicina era l'arte divinatoria che consisteva nell'esame delle viscere (soprattutto fegato ed intestino) di
animali sacrificati per trarne segni divini e norme di condotta e chi esercitava l'aruspicina era
chiamato aruspice.
Essendo una pratica d'origine etrusca, nell'antica Roma gli aruspici erano considerati stranieri e non
costituivano alcun collegio sacerdotale ufficiale. Gli aruspici furono consultati per tutta la durata
dell'impero romano e si tramanda che ancora nel 408, durante l'assedio di Roma, aruspici pronunciarono
maledizioni in lingua etrusca per lanciare fulmini sui visigoti di Alarico I. Si dice anche che l'aruspice
personale di Giulio Cesare, l'etrusco Spurinna, avrebbe predetto al dittatore romano la tragica morte alle idi
di marzo.
L'arte aruspicina si basava sulla determinazione del templum, ovvero lo spazio sacro su cui si proiettava la
suddivisione della volta celeste. Questa si ipotizzava attraversata da due rette
perpendicolari: cardo (direzione nord-sud) e decumano (direzione est-ovest). Partendo dalla linea del
decumano e andando verso est si delimitava la pars familiaris (dove risiedevano gli dèi benevoli, fra
cui Tinia e sua moglie Uni), mentre verso ovest la pars hostilis(dove risiedevano gli dèi ostili ovvero gli dèi
dell'oltretomba).
Prendendo la linea del cardo e andando verso sud si delimitava la pars àntica, mentre verso nord la pars
postica. L'intersezione delle due rette (cardo e decumano) ripartivano la volta celeste in quattro quadranti,
ognuno dei quali era a sua volta suddiviso in quattro parti. Il cielo era così composto da 16 settori in tutto,
ognuno dei quali costituiva la sede di una divinità diversa.
Per la stretta relazione tra macrocosmo e microcosmo, la ripartizione della volta celeste si rifletteva anche
su singoli elementi, viventi e non viventi, della terra, fra cui il fegato e le viscere degli animali. Gli aruspici
predicevano il destino studiando attentamente il fegato e l'intestino (soprattutto fegato) degli animali
sacrificati (in genere pecore): se osservavano segni particolari come cicatrici o altre anomalie,

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confrontavano il fegato con un modello bronzeo (famoso è il fegato di Piacenza, modello in bronzo
riportante le ripartizioni e i nomi degli dèi) per capire a quale settore del cielo corrispondeva e, quindi,
quale divinità aveva mandato quel segno (se era di buon auspicio o meno), per poi cercare di capirne il
significato.
Gli aruspici erano vestiti con un mantello frangiato, indossavano un alto cappello conico e tenevano in
mano un particolare bastone con l'estremità a spirale chiamato lituo, anticipando l’iconografia classica dei
Maghi.

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NEGROMANZIA

John Dee ed Edward Kelley evocano lo spirito di una persona deceduta (Ebenezer Sibly, Astrology by Sibly, 1806)

La negromanzia7 (dal greco νεκρομαντεία, nekromanteía, composto di νεκρός «morto» e μαντεία


«predizione») è una forma di divinazione in cui i praticanti (detti negromanti) cercano di evocare "spiriti
operativi" , "spiriti della divinazione" o riportare in vita i morti per varie ragioni, dalla protezione spirituale
alla saggezza. Comunque, a partire dal medioevo, la negromanzia è stata associata sovente alla oscura e

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all'evocazione di demoni in genere. In teoria: "necromanzia" sarebbe la magia operata sulla morte -
μαντεία (divinazione, magia) sul νεκρός, (morto); "negromanzia" invece è un calco latino che sostituisce
aνεκρός il lemma niger (gen. nigri), e sarebbe da intendersi letteralmente come "magia nera". In pratica i
termini sono spesso erroneamente confusi, cosa che ovviamente genera un circolo vizioso (e molta
confusione soprattutto nella letteratura ad essi inerenti, come la narrativa fantasy).
Sinonimo di negromanzia è psicomanzia (dal greco "ψυχο-, psycho-": anima).

La negromanzia nella storia


Lo storico Strabone cita la negromanzia come principale arte divinatoria dei persiani e si ritiene che essa
fosse molto diffusa anche in Caldea, Etruria e a Babilonia. I negromanti babilonesi erano
chiamati Manzazuu o Sha'etemmu, e gli spiriti che essi invocavano erano detti Etemmu.
Il Libro dei morti egizio viene spesso erroneamente considerato come una antica forma di testo di
negromanzia, benché il suo scopo non sia quello di richiamare un defunto dall'aldilà quanto piuttosto di
agevolarne il passaggio verso l'altro mondo.
Anche la Bibbia contiene numerosi riferimenti alla negromanzia. Nel Deuteronomio, il popolo
di Israele viene messo in guardia dalle pratiche negromantiche degli abitanti di Canaan. In un altro
passaggio, lo stesso Saul chiede alla Strega di Endor di invocare lo spirito di Samuele, da cui però ottiene
solo un presagio di morte e distruzione imminenti (cfr. 1 Samuele 28,7-25).
Nel paganesimo scandinavo pre-cristiano esisteva la pratica di Sedere sul Tumulo, la quale consentiva di
mettersi in contatto col defunto.
Il rosacrociano Robert Fludd, nel XVII secolo, descrive la negromanzia (Ars Goetia) come un commercio con
spiriti impuri.
Anche nel mondo moderno vengono praticate tecniche di divinazione che sono chiaramente correlate alla
negromanzia. Lo spiritismo, fondato da Allan Kardec nel XIX secolo, non è una forma di negromanzia,
perché esso condanna la divinazione. Il channeling consente, secondo i suoi fautori, di mettersi in contatto
con creature soprannaturali che includono gli spiriti dei defunti. All'interno dello stesso Vudù, ancora oggi
praticato ad Haiti e in altri luoghi, esistono pratiche riconducibili a una forma di negromanzia.

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La negromanzia nella cultura
Il tema della catabasi dell'eroe, che si spinge negli inferi per ottenere servigi o conoscenza dai defunti,
ricorre nella letteratura almeno dall'Odissea, in cui Ulisse si reca nell'Ade e tenta di mettersi in contatto con
lo spirito dell'indovino Tiresia usando gli incantesimi appresi da Circe.
La discesa all'Ade di Ulisse è replicata da quella di Enea nell'Averno, nell'Eneide di Virgilio.
Nell'anti-Eneide per eccellenza, la Pharsalia, Lucano inserisce un episodio di negromanzia: la maga tessala
Eritto, riesumando il cadavere di un soldato morto in battaglia, gli fa predire la futura distruzione di Roma.
Lo stesso tema si ritrova frequentemente nella mitologia nordica. Nella Völuspá, per esempio, Odino evoca
una veggente morta per chiederle informazioni su eventi futuri.
La tradizione letteraria della negromanzia propriamente detta si perde nella storia medievale e nella
letteratura ottocentesca, ad esempio nel mito di Faust. Da qui essa è passata direttamente nella fantasy (ad
esempio nel Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien, o in The Summoning di Kelley Armstrong).

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CHIAROVEGGENZA
La chiaroveggenza8 è la capacità di acquisire conoscenze di eventi, luoghi o oggetti, che possono essere
lontani (nel tempo o nello spazio) oppure nascosti, attraverso una presunta percezione extrasensoriale.
La parola deriva dal francese clairvoyance, «visione chiara», e questa dal latino clarus, «chiaro» e videre,
«vedere»; a seconda del contesto si può intendere sia alla lettera come percezione di tipo visivo, sia in
senso esteso come acquisizione generica di conoscenza; in questo senso esteso è chiamata
anche telestesia o metagnomia.
Chi è dotato di chiaroveggenza è chiamato chiaroveggente.
La chiaroveggenza, come termine della parapsicologia, è distinta dalla divinazione poiché in quest'ultima le
conoscenze provengono da una fonte soprannaturale come una divinità o un ente spirituale, mentre nella
chiaroveggenza provengono direttamente dalle capacità del sensitivo. Tuttavia questa distinzione non è
sempre rispettata: sia nell'uso comune sia nell'uso letterario i termini "chiaroveggenza" e "chiaroveggente"
sono talvolta utilizzati anche per pratiche di tipo divinatorio, come la chiromanzia o la cartomanzia; c'è chi
addirittura li usa per indicare una spiccata perspicacia di tipo intellettivo, che è però estranea sia alla
chiaroveggenza sia alla divinazione.
La credenza che esistano fenomeni di chiaroveggenza esiste da sempre in tutte le culture. In Occidente,
uno dei primi chiaroveggenti ad acquisire grande notorietà fu Nostradamus, nel 1555. Il mistico
svedese Emanuel Swedenborg, nel XVIII secolo, suscitò perfino l'attenzione di Kant, nell'opera I sogni di un
visionario spiegati coi sogni della metafisica (1766). La chiaroveggenza era anche uno dei fenomeni
attribuiti ai pazienti di Franz Mesmer.
Durante l'epoca d'oro dello spiritismo, a cavallo tra XIX e XX secolo, numerosi medium affermavano di poter
praticare la chiaroveggenza, che è stata studiata scientificamente dalla Society for Psychical Research a
partire dal 1882. Alcuni parapsicologi ritengono che chiaroveggenza, telepatia e precognizione siano
manifestazioni diverse di uno stesso fenomeno; tuttavia non è ancora stata formulata una teoria
soddisfacente di quale possa essere tale meccanismo, né tantomeno sono state trovate fino ad ora prove
scientifiche che tali fenomeni esistano davvero. D'altra parte, queste percezioni extrasensoriali possono

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essere pseudosensi, ed in tale veste sono studiati nel campo della psichiatria come
fenomeni deliranti nel disturbo schizotipico di personalità e nelle allucinazioni, ma in tali casi
evidentemente non si possono avere riscontri non casuali alle proprie percezioni allora meramente
soggettive.
Alcuni medium e sensitivi, tra i quali l'olandese Gerard Croiset, studiato da Wilhelm Heinrich Carl Tenhaeff,
direttore dell'Istituto di Parapsicologia dell'Università Statale di Utrecht, hanno affermato di poter
individuare attraverso la chiaroveggenza persone scomparse (generalmente deceduti dei quali non è
ancora stato ritrovato il cadavere).

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SPIRITISMO

Lo spiritismo 9 è una dottrina filosofica apparsa nel 1857 in Francia, codificata da Allan Kardec (pseudonimo
del pedagogista francese Hippolyte Léon Denizard Rivail). È composta di cinque libri: Il libro degli Spiriti, Il
libro dei medium, Il Vangelo secondo gli Spiriti, Il Cielo e l'Inferno e La Genesi. Il termine 'Spiritismo' fu
adottato per evidenziare i nuovi postulati rispetto alle altre visioni spiritualiste della vita.

Allan Kardec, fondatore dello spiritismo

Nelle sue ricerche egli osservò una serie di fenomeni e formulò l'ipotesi che tali fenomeni potessero essere
attribuiti solamente a intelligenze incorporee (spiriti). Le comunicazioni spiritiche avverrebbero "grazie
all'intervento di un medium", ossia una persona con particolari doti che fungerebbe da mediatore fra spiriti
e viventi, durante la cosiddetta seduta spiritica. La sua ipotesi di comunicazione con gli spiriti fu inoltre
oggetto di studio da parte di alcuni istituti privati di ricerca parapsicologica che hanno studiato tali
fenomeni e che ne continuano le ricerche tuttora in vari paesi del mondo. La sua opera fu successivamente

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Da Wikipedia, l’Enciclopedia libera
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proseguita da Leon Denis, Sir Arthur Conan Doyle, Ernesto Bozzano, Chico Xavier, Divaldo Pereira
Franco, Raul Teixeira e altri.
Lo Spiritismo ha decine di milioni di seguaci in molti paesi del mondo, inclusa Francia, Spagna, Stati Uniti,
Giappone, Germania, Inghilterra, Argentina, Portogallo e soprattutto Brasile, dove ha la diffusione maggiore
che in ogni altro Stato.

Etimologia
Il termine spiritismo (fr. spiritisme) fu utilizzato da Allan Kardec nella sua introduzione de Il libro degli
spiriti (Le Livre des Esprits), pubblicato il 18 aprile 1857, nel quale egli riportò i risultati di due anni delle sue
investigazioni sui cosiddetti fenomeni paranormali e di interviste nelle quali Kardec e il suo gruppo
dialogavano con gli spiriti, attraverso svariati medium francesi. Le questioni contenute nel libro
riguardano Dio, cosa accade prima della nascita e dopo la morte, le leggi alla base dei fenomeni
paranormali, il messaggio del Cristo, la responsabilità per le azioni degli uomini, la descrizione del mondo
dell'aldilà, l'evoluzione morale e spirituale dell'uomo.
Tuttavia, proprio come il termine demone (il quale nella mitologia greca indicava semplicemente entità
sovrannaturali e spiriti, senza nessuna connotazione maligna), la parola "spiritismo" fu adottata dai non
spiritisti come un termine dispregiativo per tutti i movimenti e religioni che praticavano la medianità
attribuendo loro il concetto del male, nel tentativo di demonizzare lo Spiritismo e le altre religioni, come
Candomblé, Cao Dai, Santería, Quimbanda, Santo Daime.
Lo spiritismo iniziò come parte del movimento spiritualista che sorse nella metà del 1800. In senso
lato, spiritualismo è un qualsiasi movimento filosofico o religioso che si oppone almaterialismo. In senso
stretto, è un qualsiasi movimento che crede all'esistenza di entità spirituali e che gli esseri umani possano
comunicare con loro e avere facoltà medianiche. Perciò lo Spiritismo è Spiritualista.
Kardec e Sir Arthur Conan Doyle confermarono che lo Spiritismo è Spiritualista (ma non viceversa). Come
conseguenza, molti studi sullo spiritualismo furono largamente accettati nello spiritismo, in particolare gli
studi dei fisici Sir William Crookes, Sir Oliver Lodge e altri.

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Storia

Le sorelle Fox. Gli scettici ritengono che usassero dei trucchi. Una delle sorelle confessò tale circostanza, ritrattando poco dopo

Dopo il 1848, con gli apparenti fenomeni paranormali prodotti dalle sorelle Fox, l'America e in seguito
l'Europa furono invase da pratiche somiglianti che erano diffuse nelle diverse classi sociali. Nel
giornale L'Illustration del 14 maggio 1853 si leggeva: "Tutta l'Europa, cosa dico, l'Europa? Tutto il mondo ha
oggi lo spirito disturbato da una esperienza che consiste in farsi muovere dei tavoli. Galileo fece meno
rumore quando provò che era infatti la Terra che girava intorno al sole".
Allan Kardec fu il primo a tentare di indagare in modo sistematico i fenomeni spiritici; dopo anni di ricerche
si convinse della loro realtà iniziò a divulgarne gli insegnamenti, pubblicando a proprie spese Il libro degli
spiriti, considerato il testo base dello spiritismo, che ottenne subito un enorme successo. Nel 1861pubblicò
quindi Il libro dei medium, dove descrisse i vari tipi di facoltà medianiche e i metodi per dar modo a
chiunque di dialogare con gli spiriti ed apprendere la dottrina direttamente da essi. Questo scatenò
immediatamente la reazione degli ecclesiastici cattolici, i quali iniziarono una durissima repressione in tutta
Europa, mettendo all'indice i libri di Kardec e vietando categoricamente ogni tipo di pratica spiritica. Si
arrivò persino a bruciare in piazza a Barcellona i libri di Kardec, considerandoli opera diabolica.

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Kardec completò i cinque principali testi chiave dello spiritismo con le opere Il Vangelo secondo gli spiriti, Il
cielo e l'Inferno (La Giustizia Divina secondo gli spiriti) e La Genesi (Miracoli e premonizioni secondo gli
spiriti). Dopo la pubblicazione di questi testi sorsero migliaia di centri spiritici in molti paesi del mondo,
nonostante la repressione cattolica, e in particolare in Brasile, dove lo spiritismo si integrò facilmente con la
cultura e la tradizione locali. Nel 1870 lo spiritismo contava già 10 milioni di seguaci, che diventarono oltre
15 milioni nel 1890.
Dopo Kardec, l'elaborazione della dottrina spiritista fu proseguita dall'ing. Gabriel Delanne e da Ernesto
Bozzano negli aspetti scientifici e da Leon Denis e Chico Xavier negli aspetti filosofici.

Lo spiritismo come dottrina filofica


Lo spiritismo, come dottrina filosofico-religiosa derivante dagli insegnamenti degli spiriti, predica la carità,
l'umiltà, la solidarietà, l'abnegazione e la fratellanza universale per il progresso morale dell'umanità, in
contrapposizione all'egoismo, all'orgoglio e al materialismo, richiamandosi agli insegnamenti di Gesù Cristo,
al quale gli spiritisti sono devoti.
Lo spiritismo si basa sulla convinzione che gli spiriti non siano altro che le anime disincarnate degli uomini.
L'unica differenza tra uomini e spiriti è solo quella che i primi sono temporaneamente incarnati in un
involucro corporeo. Già lo scienziato Emanuel Swedenborg scriveva: "Dopo che lo spirito si è separato dal
corpo (il che succede quando una persona muore), quella persona è ancora viva, proprio com'era prima".
La dottrina non ammette la presenza di angeli o demoni come esseri separati dalla creazione divina, ma
solo come spiriti con maggiore o minore evoluzione spirituale. I demoni quindi sarebbero spiriti non ancora
moralmente evoluti e gli angeli al contrario spiriti già arrivati a un alto livello di perfezione morale. Lo
spiritismo parimenti non ammette l'inferno come luogo di espiazione eterna delle pene, in quanto secondo
la dottrina Dio vuole l'evoluzione spirituale di tutti i suoi figli e non sarebbe logico condannarli per l'eternità
sulla base di errori momentanei.
Lo spiritismo si fonda sui concetti di immortalità dell'anima, di pluralità delle esistenze, della non eternità
delle pene e offre una spiegazione razionale della reincarnazione, vista non come un infinito ciclo di
sofferenze senza scopo, ma come un progressivo perfezionamento morale di esperienze terrene, il quale

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termina una volta raggiunto uno stadio di progresso morale avanzato. Secondo la dottrina, in altri termini,
si incarna solo chi ha la necessità di purificarsi da difetti morali.
La dottrina spiritista studia tutta la fenomenologia riguardante l'evento della nascita (cd. incarnazione) e
della morte (cd. disincarnazione) o ritorno allo stato di spirito, tutti i fenomeni relativi alle apparizioni,
materializzazioni, infestazioni, possessioni e alle comunicazioni spiritiche.

Critiche allo spiritismo


Lo spiritismo è stato criticato aspramente sin dai suoi inizi, sia da parte degli scettici, sia da parte dei
religiosi cattolici e protestanti. Nonostante ciò è da notare come in Brasile, attraverso l'opera di Chico
Xavier, molti non aderenti allo Spiritismo frequentano le riunioni di assistenza spirituale, studio ed eventi
del movimento spiritista(Espiritismo).

Lo spiritismo come "scienza"


Secondo diversi studiosi di parapsicologia lo spiritismo sarebbe una scienza, in quanto gli esperimenti
sarebbero condotti con metodo scientifico e in quanto le ricerche mirerebbero a spiegare le leggi naturali
alla base dei fenomeni, considerati naturali e non sovrannaturali.
Per la comunità scientifica, lo spiritismo invece non può essere considerato una scienza poiché non c'è
alcuna pubblicazione o sperimentazione che comprovi la ripetibilità del fenomeno in condizioni di controllo;
ogni qual volta gli scettici hanno effettuato esperimenti, nessun fenomeno è stato osservato. Gli stessi
parapsicolgi hanno ammesso la difficoltà di fare accettare le loro ricerche alla comunità scientifica.
Nessuna rivista indipendente riconosciuta dalla comunità scientifica, come ad esempio Nature, ha mai
pubblicato studi volti a provare l'esistenza dello spiritismo o di altri fenomeniparanormali.
Esiste inoltre un "Premio di un milione di dollari" messo in palio dal prestigiatore e debunker James Randi a
chiunque sia in grado di produrre un qualsiasi fenomeno paranormale purché in condizioni di controllo.

Spiritismo e cristianesimo
La religione cristiana, in ogni sua confessione, ha sempre combattuto la comunicazione con gli spiriti,
considerata di per sé reale, ma interpretata come opera di natura luciferina edemoniaca, pertanto vietata
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poiché considerata pratica satanica eminentemente maligna, e come tale potenzialmente pericolosissima
per via di un divieto biblico della legge mosaica che proibisce ogni forma di divinazione.
Kardec obietta ai cristiani che, se le comunicazioni sono precedute da sincere preghiere a Dio e fatte
rispettosamente con ottime intenzioni, non vi sarebbe nulla di diverso da una comunicazione tra persone
civili viventi, in quanto, secondo l'ottica spiritista, gli spiriti non sono altro che le anime degli uomini. Al
contrario, secondo gli spiritisti, se condotte al di fuori di un contesto di preghiera a Dio e solo per frivola
curiosità o per divinazione allora il rischio di imbattersi in entità malevole è molto elevato e pericoloso.
Anche gli spiritisti condannano senza riserve la divinazione, ossia la richiesta di prevedere il futuro o
la fortuna, in quanto, secondo la dottrina, gli spiriti non conoscerebbero affatto il futuro.
Malgrado la posizione nettamente contraria allo spiritismo da parte del magistero, non sono mancate
alcune limitate eccezioni di ecclesiastici cattolici che hanno manifestato alcune aperture e si sono
interessati al colloquio con i defunti, rimanendo sempre all'interno di un contesto di preghiera e di rispetto
a Dio. Tra questi vengono ricordati padre Ulderico Pasquale Magni e padre Andreas Resch, il quale
condusse esperimenti in prima persona e tenne persino dei corsi in Vaticano.
Il teologo padre François Brune, autore del libro I morti ci parlano, ha sostenuto che gli studi di
padre Agostino Gemelli rettore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e padre Pellegrino
Ernetti sarebbero stati appoggiati da papa Pio XII il quale avrebbe detto: "Caro padre Gemelli, non ha
davvero nessun motivo di preoccuparsi. L'esistenza di queste voci è un fatto rigorosamente scientifico.
Questo esperimento potrebbe divenire la pietra angolare di un edificio per gli studi scientifici che rafforzerà
la fede della gente nell'Aldilà". Tale posizione non è condivisa dalla storiografia.
Papa Paolo VI avrebbe scritto inoltre che "In Vaticano ho incontrato un atteggiamento favorevole nei
confronti della metafonia" quando nominò Friedrich Jürgenson, famoso ricercatore delfenomeno delle voci
elettroniche, Cavaliere dell'Ordine di S. Gregorio.
Padre Pistone, Superiore della Società di San Paolo in Inghilterra, dopo i colloqui con i defunti rilasciò la
seguente dichiarazione: "Nelle Voci non vedo niente di contrario agli insegnamenti della Chiesa Cattolica;
sono qualcosa di straordinario ma non c'è ragione di temerle, né vedo alcun pericolo".

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Il Giusto Reverendo Mons. Prof. C. Pfleger commentò: "I fatti ci hanno dato la consapevolezza che fra la
morte e la risurrezione c'è un altro stadio di esistenza post mortem. La teologia cristiana ha poco da dire
riguardo a questo stadio"
Padre Gino Concetti, uno dei teologi più competenti del Vaticano, ha detto in una intervista: "Secondo
il catechismo moderno, Dio consente ai nostri cari defunti, che vivono in una dimensione ultra-terrena, di
inviare messaggi per guidarci in certi momenti difficili della nostra vita. La Chiesa ha deciso di non proibire
più il dialogo con i morti, a condizione che questi contatti siano motivati da seri propositi religiosi e
scientifici".
Il cugino di papa Pio XII, Gebhard Frei, noto parapsicologo a livello internazionale e presidente della Società
Internazionale dei Parapsicologi Cattolici affermò: "Tutto ciò che ho letto e sentito mi obbliga a credere che
le voci provengono da entità trascendentali e individuali. Mi piaccia o no, non ho il diritto di dubitare della
genuinità delle voci".
La Chiesa d'Inghilterra istituì un comitato per esaminare le prove sulla medianità. Dopo due anni di
approfonditi studi e sedute con i più dotati medium d'Inghilterra, giunse alla conclusione che "L'ipotesi che,
in alcuni casi, le comunicazioni spiritiche provengono da spiriti disincarnati, è corretta"
Tuttavia, nonostante queste aperture, la posizione ufficiale della Chiesa Cattolica e Protestante rimane
quella di proibire i tentativi di comunicazione tra fedeli e spiriti in ogni caso.

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NUMEROLOGIA

La numerologia10 è lo studio della possibile relazione mistica o esoterica tra i numeri e le caratteristiche o le
azioni di oggetti fisici ed esseri viventi.
La numerologia e la divinazione numerologica erano pratiche popolari fra i primi matematici come Pitagora,
ma non sono più considerate parte della matematica. Questo sviluppo è storicamente simile a quello avuto
dall'astrologia nei confronti dell'astronomia o dall'alchimia nei confronti della chimica.

Significato esoterico dei numeri


Il seguente elenco cerca di sintetizzare le opinioni dei moderni numerologisti i quali non di rado si
scontrano con gli "scientisti" che insistono nell'affermare che non esistono prove matematiche o
scientifiche che dimostrino la fondatezza di tali "proprietà" simboliche dei numeri.
Nel Rinascimento, quando i numeri erano utilizzati e studiati in dettaglio per la musica, la poesia e
l'architettura, l'associazione, per analogia, dei significati ai specifici numeri era molto più dettagliata e ricca
dell'attuale sintesi moderna.
Uno è il primo numero usato per contare e quindi gli è riconosciuto un grande potere; senza di esso non ci
sarebbe il sistema numerico così come lo conosciamo. Ogni sistema numerico che possiamo immaginare ha
il suo punto d'inizio. Spesso è visto come l'origine di tutte le cose e rappresenta la perfezione, l'assoluto e la
divinità nelle religioni monoteiste. L'Uno è la sorgente di ciò che esiste, di ciò che è altro dall'Uno: da esso
emanano le forme, le dimensioni, i colori, le direzioni, lo spazio, quindi il tempo, dunque la diversità. L'Uno
è il punto, la retta (l'asse), la sfera. Nell'Uno coesiste il Tutto inespresso e indifferenziato dal quale rimarrà
necessariamente distinto; in tal senso è Pienezza, Completezza, cioè Perfezione. In ambito mistico presso
molte culture è concepito come punto di attracco per lo spirito dell'uomo Degno, Illuminato, Consapevole
che vi si abbandona in un anelito di perfezione nel tentativo di ritornare all'Origine. È considerato un
numero maschile, il principio attivo e materiale della creazione. Anche detto motore primo.

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Due può avere molti significati, rappresentanti, da un lato, associazioni e interazioni con gli altri e, dall'altro
polarità differenti e contrapposizione. Nel simboleggiare associazione, il Due implica che i risultati
individuali non sono realistici, in quanto solo attraverso la cooperazione e il lavoro di squadra tali risultati
sono perseguiti in modo migliore. Mentre la dualità è richiesta per la formazione della vita delle specie
viventi che si riproducono in modo sessuato, è anche vista nella sua accezione negativa come contrasto al
perfetto e unificante numero Uno. Due rappresenta le polarità distinte quali bene e male, bianco e nero,
maschio e femmina, destra e sinistra. Un polo non può esistere senza l'altro; questa idea di
complementarità è meglio simboleggiata dal Tao Yin-Yang. Le polarità possono anche creare conflitto e
discordia. Nella valenza positiva, Due può essere considerato femminile, intuitivo e corrisponde all'istinto di
protezione. Nella valenza negativa, Due può essere avido, soffocante e frustrante. L'aspetto frustrante è
derivato dalla delusione e dall'insoddisfazione dello spirito umano a cui venga sempre negata la prima
posizione.
Tre risolve i contrasti creati dalle polarità del Due, fornendo un risultato di una nuova integrazione e senso
di interezza. Il mondo visibile è a tre dimensioni e mente, corpo e spirito insieme formano un essere
umano. Nella valenza positiva Tre indica sviluppo e apprendimento tramite le esperienze della vita, è
spesso associato alla buona fortuna e al denaro; può simboleggiare un gruppo di persone che si uniscono
per raggiungere uno scopo comune attraverso associazioni sociali o professionali; rappresenta la
comunicazione di tutti i tipi (dramma, humor, ...); è associato alla fede e alla conoscenza, oltre ad essere il
numero degli angeli e di dio. il 3 comanda l'universo ed è il numero più magico e potente.
Quattro deriva il suo significato da molte fonti. È il primo numero pari non primo, e il tetraedro, la più
semplice figura solida, ha quattro facce. Da quest'ultima interpretazione viene quindi associato alla materia
e alla Terra in particolare, così come la Terra è legata ai quattro punti cardinali (Nord, Sud, Ovest ed Est). Un
altro concetto legato a questo numero riguarda il tempo in quanto l'anno è diviso in quattro stagioni, i mesi
hanno all'incirca quattro settimane e, secondo un punto di vista Cristiano, la vita di Gesù è raccontata
tramite quattro Vangeli, ognuno dei quali è, a sua volta, legato ai quattro classici elementi alchemici di
fuoco, aria, terra e acqua. Più in specifico il Vangelo di San Matteo è associato alla terra (in quanto insiste
sull'incarnazione del Cristo nella sua forma terrena), il Vangelo di San Marco è associato all'acqua (poiché
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enfatizza l'importanza del battesimo), il Vangelo di San Giovanni è associato al fuoco (in quanto è quello più
"spirituale"), mentre il Vangelo di San Luca è associato all'aria (in quanto è il più "lungo"). Nella
religione ebraica il Quattro simboleggia il Tetragramma biblico, cioè le quattro lettere che compongono il
nome di Dio e che sono tanto sacre da non poter essere pronunciate da nessuno. Nella numerologia cinese
(così come in altre lingue orientali) la parola "quattro" è una omonima della parola "morte" e quindi il
numero viene considerato sfortunato. Nella sua valenza positiva il Quattro rappresenta l'essere pratico (o
"terra-terra"), mentre il fatto che sia il primo numero pari non primo lo lega a una personalità composita
che trae idee da fonti diverse e spesso in conflitto per elaborare un fiero modo di pensare "fuori dal coro".
il Quattro comanda gli elementi della terra. il Quattro e considerato anche numero sfortunato.
Cinque è collegato alla consapevolezza dei cinque sensi così come alla protezione. Rappresenta anche il
servizio agli altri. In quanto numero delle dita della mano, il cinque indica il potere dell'uomo. Questo
significato si riflette nella matematica a base 10 (visto come doppio cinque), nelle costruzioni militari a
forma di pentagono o di stella a cinque punte, nello stesso pentacolo. il 5 comanda il sole e le stelle.
È un numero dalle molte facce che collega lo stato fisico alla salute mentale, che governa l'abilità di pensare
chiaramente e la capacità intellettuale. Rappresenta l'apertura a nuove idee ed esperienze, è altamente
analitico e ha l'abilità di pensare in modo critico, ma può ponderare così eccessivamente un problema da
fargli perdere significato. È la ricerca della libertà, dell'avventura.
Sei è relativo al tatto, alla bellezza e all'armonia. Il Sei possiede carisma, grazia, la possibilità di conversare
con tutti, la diplomazia, la capacità di costruire relazioni in incontri a due. Tratta delle cose da cui si è
attratti o da cui si trae piacere. Denota perfezionismo in quanto le operazioni 1+2+3 e 1X2X3 lo danno come
risultato. Nella sua valenza positiva è associato ad una piccola somma di denaro ed è considerato il numero
madre/padre. Nella sua valenza negativa è associato alla gelosia, all'infedeltà, all'amarezza e alla vendetta.
Inoltre all'interno della numerologia cristiana il 666 è simbolo della seconda bestia nell'Apocalisse.
Sette è considerato un numero spirituale in quanto è illusivo e contiene veli che devono essere scoperti,
uno dopo l'altro, per arrivare all'illuminazione ultima. Sette è detto sacro in quanto la settimana è
composta da sette giorni, in Genesi la creazione è stata eseguita in sette giorni, l'antico sistema

106
solare consisteva di sette pianeti, il corpo umano consiste di sette plessi o Chakrae, qualche versione
della Cabala è composta da sette sephirot. Nella sua valenza positiva possiede le qualità della
consapevolezza nel sogno, nella spiritualità e nella sfera psichica.
Otto è considerato un numero di influenza karmica che richiede il pagamento di debiti contratti nella vita
attuale o in una vita precedente. Rappresenta un lavoro profondo e le lezioni imparate attraverso
l'esperienza e può quindi risultare un numero "difficile" per le restrizioni imposte dalla sua natura. Più di
ogni altro numero l'Otto rappresenta la ricerca di denaro e successo materiale, ma la sua natura implica il
confrontarsi con rischi estremi e molti capovolgimenti di vita. Considerato l'importanza ai massimi livelli
data alla reputazione e alla posizione sociale, coloro che ricadono in modo preminente sotto l'Otto
dovranno condurre una vita onesta, in quanto ogni imprudenza sarà quasi certamente resa pubblica nel
modo meno lusinghiero. Sebbene l'Otto nella cultura cinese sia considerato di buon auspicio, nella
numerologia cinese non gli è assegnata particolare importanza.
Nove era considerato un numero sacro dagli antichi e, di conseguenza, non venne associato a nessuna
lettera dell'alfabeto caldeo. Rappresenta il cambiamento, l'invenzione e la crescita attraverso l'ispirazione.
Nove è umanitario ed è stato ritenuto di particolare importanza dal fatto che occorrono nove mesi del
calendario per la gestazione di un bambino. Nove rappresenta infine la perfezione numerica attraverso
esempi come la prova del nove, dove il risultato di un'operazione aritmetica di moltiplicazione o divisione è
corretto a meno di un multiplo di nove.
Dieci è la rappresentazione di Uno in una "ottava" maggiore e significa la fine di un importante ciclo dal
quale scaturirà un cambio di circostanze. Dieci porta con sé una grande carica di significato esoterico che è
reso evidente dal fatto che una gravidanza dura dieci mesi lunari, in molte versioni della Cabala ci sono
dieci sephirot, il sistema numerico più utilizzato al mondo è quello decimale. Le persone hanno dieci dita
che usano per contare, portando ad una innata adozione del Dieci come base nel sistema numerico
intuitivo. Da notare che Dieci è considerato un numero moderno di completamento perché è solo negli
ultimi secoli che è stato utilizzato come blocco base di sistemi numerici, valuta e misura. Quando Dieci
sostituì Dodici come il numero supremo, portò un cambio negli schemi mentali umani rendendoli più
scientifici nell'approccio a questioni di natura esoterica. (I sostenitori di Dodici sono in disaccordo con
107
quest'ultima affermazione). Il Dieci era sacro ai Pitagorici, che amavano rappresentarlo tramite la Tetratkys
(una sorta di triangolo equilatero composto da 10 punti:la base di 4, poi a salire 3 2 1). Per i Pitagorici dieci
erano anche le entità celesti: Sole, Luna, Terra, i cinque pianeti visibili a occhio
nudo: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno, il Cielo delle stelle fisse più l'Antiterra: un pianeta
invisibile perché in opposizione alla Terra rispetto al sole.

Undici è il numero Due in una ottava maggiore ed è considerato un numero maestro (il secondo numero
maestro è il 22). Undici è considerato la via della consapevolezza spirituale e la conoscenza oltre la
comprensione altrui. Porta con sé vibrazioni psichiche e ha una uguale presenza di proprietà maschili e
femminili. È anche associato ad apertura mentale, intuizione, idealismo e visione. Nella sua valenza
negativa (proprio dovuto al grande potere di consapevolezza spirituale e all'acuto senso di sensibilità) è
associato al tradimento di nemici segreti.
Dodici è il numero Tre in una ottava maggiore ed indica un gran livello di comprensione e saggezza. La
maggior parte della sua esperienza deriva dall'esperienza di vita, che permette ad un senso di calma di
prevalere anche nelle situazioni più turbolente. Dodici era molto significativo nella vita umana antica per il
fatto delle dodici tribù di Israele, dei dodici discepoli che seguivano Gesù, dei dodici segni zodiacali e delle
dodici ore in cui è diviso un orologio. È considerato il numero antico del completamento come segnale della
fine della fanciullezza ed ingresso nella vita adulta. In più sistemi numerici e di misura antichi erano basati
su Dodici, ne sono esempio la dozzina, lo scellino (12 pence) il piede (che misura 12 pollici).
Tredici è il numero Quattro in una ottava maggiore ed è uno in più di Dodici, l'antico numero della
completezza. Tredici è associato il significato della fine di un ciclo, dal fatto che ci sono tredici mesi lunari in
un anno e tredici sono i segni nell'astrologia celtica e dei nativi americani. Mentre Tredici predice nuovi
inizi, significa anche che i vecchi sistemi devono terminare per favorire le trasformazioni richieste. Visto
come 12+1 è il numero dell'iniziato, in quanto una ottava musicale cromatica è composta da 13 suoni
differenti (anche se il primo e l'ultimo sono la stessa nota ma in ottave diverse). Nella geometria sacra

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Tredici simboleggia l'eterna distruzione e creazione della vita. Tredici ha anche un significato astrologico in
quanto la somma dei primi 13 numeri dà come risultato 91 che è il numero di giorni di una stagione.

Armoniche dell'alfabeto
Esiste una scuola di pensiero che ritiene che a differenza della società nella quale viviamo normalmente,
basata sulla comunicazione verbale, le mitiche civiltà antiche come Atlantide e Lemuria siano state basate
su differenti e compositi metodi di comunicazione, incluse forme d'arte capaci di veicolare un messaggio
all'osservatore. La nostra era della conoscenza è basata sulla storia scritta deriva dalle registrazioni degli
eventi mediante rappresentazioni pittoriche, cioè pittogrammi, capaci di raccontare e tramandare storie
elaborate da parte degli uominipreistorici. Nel tempo queste immagini sono state contratte ed abbreviate
nei geroglifici, con un simbolo per ciascun vocabolo. Successivamente, in molte culture, i simboli si sono
modificati fino a rappresentare un singolo suono o un concetto. L'alfabeto che utilizziamo oggi è
probabilmente derivato da un antico sistema egizio, il quale derivava a sua volta da un sistema pittografico
simile concettualmente al cinese e al giapponese. Con l'evoluzione dei geroglifici in lettere rappresentanti
un suono invece di parole specifiche, le lettere hanno assunto caratteristiche peculiari proprie, a tal punto
che la scrittura di certe parole è rimasta inalterata nonostante le lingue parlate, con la loro evoluzione e
trasformazione, abbiano reso certi suoni obsoleti. Con l'evoluzione del pensiero umano e dello stile di
comunicazione, che diviene sempre più verbale, appare sempre più evidente che ciascun suono genera
particolari armoniche (vibrazioni) di particolare significato esoterico. I numerologi ritengono che ogni
lettera dell'alfabeto abbia un suo particolare carattere, che può essere meglio descritto associandola ad un
valore numerico, che semplifica i calcoli. Ogni lettera di una certa parola contribuisce ad aggiungere un
particolare aroma o colore che contribuisce a chiarirne il significato: specialmente quando la lettera è
l'iniziale dalla parola o è ripetuta molte volte nella parola stessa. La lettera iniziale di una parola,
consonante o vocale, è quella che contribuisce maggiormente a rivelare il reale significato della parola o del
nome. Esiste una corrente di pensiero che associa ad ognuna delle ventun lettere dell'alfabeto italiano la
corrispondente lamina degli arcani maggiori dei tarocchi, in questo modo la A risulta legata al Bagatto, la B
alla Papessa e così via, incentrando il significato delle lettere su questa corrispondenza. La carta che resta

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slegata a qualunque lettera è il Matto il cui significato divinatorio risulta piuttosto particolare e con più di
un significato, risulta infatti la fine e il principio del mazzo allo stesso tempo.

A è l'equivalente numerico di 1. È fortemente collegato alla confidenza che ci rende capaci di


raggiungere gli obiettivi. Coloro che si chiamano con un nome la cui iniziale è la A, tendono ad essere
vigili e audaci. Nel suo significato negativo A può essere eccessivamente critico nei confronti degli sforzi
altrui. Si ritiene che il suono della vocale A abbia un significato ancestrale che può essere ritrovato nel
suono dello sbadiglio e richiamerebbe la calma e il buon sonno.

B è l'equivalente numerico di 2. Rappresenta le reazioni emozionali. Coloro che si chiamano con un


nome in cui iniziale è B sono persone amichevoli, compassionevoli alle quali piace l'ambiente
domestico. Nel suo significato negativo B può essere auto-assorbito se non un po' avido.

C è l'equivalente numerico di 3. Rappresenta l'energia. Influenza particolarmente l'umore e si presta


bene anche con le altre lettere. Nel suo significato negativo C può essere scrupoloso e inattendente ai
bisogni altrui.

D è l'equivalente numerico di 4. Rappresenta in bilanciamento. È molto potente ed è la lettera


associata agli affari. Se è la prima consonante in un nome, la persona presenta un notevole senso e
bisogno di ordine e giustizia. Nel suo significato negativo, D può essere testardo e intransigente.

E è la seconda vocale nell'alfabeto e l'equivalente numerico è 5. Rappresenta un cuore-caldo, amicizia,


e passione. Se è la prima vocale nel nome è segno di una persona libera, amorevole e carismatica. Nel
suo aspetto negativo E può essere instabile e poco affidabile. Il suono della E sarebbe legato alla vitalità
e al risveglio.

F è l'equivalente numerico di 6 e rappresenta l'amore. Caratterizza persone dal cuore caldo, passionali
e con la capacità di far stare meglio gli altri. Quando è la prima consonante in un nome, essa porta le

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vibrazioni di una persona molto protettiva. Nel suo aspetto negativo F può portare un senso di
malinconia.

G è l'equivalente numerico di 7 e rappresenta le esperienze mistiche e religiose. Questa lettera è


immaginativa, creativa e cerca soluzioni alternative ai problemi di ogni giorno. Quando è la prima
consonante in un nome, la persona tende ad essere intuitiva, colta e in qualche modo solitaria.
Negativamente le G detestano ricevere consigli dagli altri, anche se sono i migliori possibili.

H l'equivalente numerico di 8 e rappresenta la creatività e la forza. Questa lettera ha un forte senso per
gli affari e pertanto nella maggior parte di casi aiuta a ricavare profitti. Quando è la prima consonante
in un nome, la persona tende ad avere successo negli affari. Negativamente, può essere assorta ed
egoista.

I è la terza vocale nell'alfabeto ed è l'equivalente numerico 9. Rappresenta la giustizia, e generalmente


è sensitiva, compassionevole e umana. Nel suo lato negativo, la I manca di autostima e si arrabbia
facilmente. Il suono della vocale I sarebbe legato alla stabilità corporea e alla buona postura. Pare che il
suo suono prolungato abbia impatto sul corretto allineamento della colonna vertebrale e più in
generale sia legato alla buona postura.

J è l'equivalente numerico di 1 e rappresenta le nostre aspirazioni. Questa lettera è veritiera,


benevolente e intelligente. Quando è la prima consonante in un nome, la persona possiede un
incontenibile desiderio di insistere, resistere, di non mollare mai, fino a trovare il successo o
l'opportunità giusta. Negativamente, J può essere pigra e smarrita.

K è l'equivalente numerico di 2 e rappresenta l'estremità. È a volte molto sicura di sé e autorevole, altre


volte piuttosto emotiva. Quando è la prima consonante in un nome, la persona possiede un'intuitività
che spesso non viene capita o compresa dagli altri. Nel suo lato negativo, K può essere insoddisfatta
nella vita.

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L è l'equivalente numerico di 3 e rappresenta l'azione. È caritatevole e ben regolata, ma a volte può
essere piuttosto soggetta ad incidenti/scontri.

M è l'equivalente numerico di 4 e rappresenta la spiritualità. Questa lettera tende ad essere molto


sicura di sé e aiuta nella realizzazione di un obiettivo di successo. È anche una lettera diligente che può
essere piuttosto stacanovista. Nel suo lato negativo, M può essere frettolosa e facile nell'arrabbiarsi.

N è l'equivalente numerico di 5 e rappresenta l'immaginazione. È intuitiva e comunicativa, ma nel suo


aspetto negativo è predisposta alla gelosia.

O è la penultima vocale dell'alfabeto e equivale al numero 6. Essa rappresenta pazienza ed è rende


particolarmente abili nello studio. Quando è la prima vocale nel nome, la persona ha un buon senso
della famiglia ed è un buon studente. Negativamente O necessita di molto allenamento per ottenere il
controllo delle proprie emozioni. Il suono della O può essere denominato "farmacia vocale" in quanto
avrebbe poteri taumaturgici, il suono, legato alle meditazioni orientali dell'OM farebbe entrare in uno
stato meditativo e le micro vibrazioni prodotte avrebbero potere di rilassare gli organi interni facendo
trarre notevole beneficio a tutto l'organismo.

P è l'equivalente numerico di 7 e rappresenta la forza. Porta a un forte senso del comando e possiede
molta conoscenza e saggezza. Quando è la prima consonante in un nome, la persona è attratta dalle
materie spirituali. Negativamente, P tende a racchiudersi in sé stesso con una certa tendenza a
immedesimarsi nelle preoccupazioni degli altri.

Q è l'equivalente numerico di 8 e rappresenta l'originalità. È una lettera misteriosa che in molti cose
mostra zone che altrimenti sarebbero sconosciute. Negativamente, Q può essere estremamente
noiosa.

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R è l'equivalente numerico di 9 e rappresenta le possibilità. È tollerante e umano ma ha la tendenza a
diventare facilmente irascibile. Quando è la prima consonante in un nome, la persona spesso agisce
come rappacificatore.

S è l'equivalente numerico di 1 e rappresenta l'inizio. Ha degli attributi molto attraenti e possiede un


istinto di abbondanza o di ricchezza. Negativamente, S può agire in modo impulsivo e crea forti
sconvolgimenti nelle persone.

T è l'equivalente numerico di 2 e rappresenta la crescita. È una lettera irrequieta che cerca risposte a
questioni spirituali. Quando è la prima consonante in un nome, la persona ha una spiccata forza di
volontà nell'aiutare le persone e tende ad essere insofferente. Negativamente, T è troppo emozionale
e viene facilmente influenzato dalle opinioni degli altri.

U è l'ultima vocale dell'alfabeto e il suo equivalente numerico è 3. Questa lettera rappresenta


l'accumulo ed è considerata essere molto fortunata. Quando è la prima vocale in un nome, la persona
sa amare liberamente senza restrizioni. Negativamente, U può essere egoista, avida e indecisa. Il suo
suono pare sia legato all'oscurità e al superamento delle paure ancestrali collegandosi all'ululare
notturno del lupo che crea paura per il suo suono minaccioso, ma che poi non risulta particolarmente
pericoloso per l'uomo in sé. Il suono prolungato e ripetuto pare tenda a fluidificare il rapporto tra ES e
SUPER IO.

V è l'equivalente numerico di 4 e rappresenta la costruzione. È una lettera lavorativa, instancabile e


efficiente. Nel suo lato negativo, V può essere imprevedibile.

W è l'equivalente numerico di 5 e rappresenta l'espressione personale. Nonostante questa lettera


possa essere eccessivamente incantevole, possiede anche un'aurea di mistero. Negativamente W può
essere avida e tende a prendere troppi rischi.

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X è la terzultima lettera dell'alfabeto e il suo equivalente numerico è 6. Essa rappresenta la sensualità.
Questa lettera è sempre alla ricerca sfrenata del piacere e può facilmente cadere nella promiscuità e
nell'infedeltà.

Y è la penultima lettera nell'alfabeto e il suo equivalente numerico è 7. Questa lettera rappresenta la


libertà e non conosce freni di nessun tipo. Negativamente, Y può essere indecisa e di conseguenza può
farsi scappare molte opportunità nella vita.

Z è l'ultima lettera nell'alfabeto ed è l'equivalente numerico di 8. Rappresenta la speranza nel riuscire a


rappacificare le persone. Negativamente Z può essere testardo e dovrebbe pensare prima di agire.

Divinazione numerologica
Nella divinazione numerologica si usa la data e l'ora della nascita di un individuo per analizzare e definire gli
aspetti della personalità e le caratteristiche di quella persona.
Gli storici e gli appassionsti ritengono che la moderna numerologia sia un insieme di insegnamenti che
derivano dall'antica babilonia, da Pitagora e i suoi seguaci (VI Secolo A.C. Grecia), dalla Filosofia astrologica
da Alessandria d'Egitto, dai primi mistici cristiani, dall'occultismo dell'antico gnosticismo e dal sistema
ebraico del Kabbalah, dai Veda indiani al il cinese "Circle of the Dead" e l'egiziano "Book of the Master of
the Secret House".

114
Numerologia pitagorica
Pitagora e altri filosofi del tempo credevano che siccome i concetti matematici fossero più "pratici", più
facili da regolare e classificare, rispetto a quelli fisici . Per alcuni l'universo sembra esser fatto di numeri,
per altri i numeri stessi costituiscono l'armonia su cui si fonda il mondo, per altri costituiscono il modello
originario del mondo dal quale originano tutte le cose. Altre interpretazioni sono state messe in luce da
Aristotele nella sua metafisica. Da ricordare l'importanza che la numerologia ha avuto nella storia
dell'estetica musicale, visto che per i pitagorici la natura più profonda dell'armonia e del numero viene
rivelata proprio dalla musica.
Sant'Agostino d'Ippona nel 345 - 430 d.C. scrisse " I numeri sono il linguaggio universale offerto dalle
divinità agli umani come riconferma della verità". Analogamente a Pitagora anche Agostino credeva che
tutto avesse una relazione matematica e spettava alla mente ricercare e investigare i segreti di queste
relazioni o farsele rivelare da una forza divina.
Nel 325 d.C., dopo il Primo Consiglio di Nicea, le materie e le pratiche al di fuori dalle credenze dello stato
della Chiesa vennero classificate come violazioni civili nelle competenze dell'Impero Romano. La
Numerologia non trovò quindi il favore delle autorità cristiane dell'epoca. Essa venne così "assegnata" al
campo delle credenze non approvate, assieme all'astrologia e altre forme di divinazione e "magia". A causa
di questa "pulizia" religiosa, il significato spirituale assegnato ai precedentemente "Sacri" numeri iniziò a
sparire. Ma malgrado la soppressione ci furono comunque molti devoti credenti che mantennero la
"conoscenza segreta" al sicuro.

115
CHIROMANZIA

Buona ventura di Caravaggio.

La chiromanzia 11 è l'arte di descrivere la personalità e prevedere il destino di un individuo attraverso lo


studio del palmo della sua mano.
La parola deriva dal greco "χειρομαντεία (cheiromantéia)", composto da "χείρ (chéir)", "mano" e
"μαντεία (mantéia)" "divinazione".
La pratica, diffusa in tutto il mondo sebbene con numerose varianti culturali, è anche conosciuta
come lettura della mano. Il praticante della chiromanzia è chiamato chiromante, chirologo o lettore della
mano.
La chiromanzia, universalmente considerata una pseudoscienza, si divide in due discipline principali:
la chirologia, che si occupa dello studio delle linee del palmo, e la chirognomia, che si occupa dello studio
della forma della mano.

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116
Storia della chiromanzia
La chiromanzia affonda le sue origini nell'astrologia indiana di cui era una disciplina. Al
saggio induista Valmiki sarebbe attribuito un libro oggi perduto, il cui titolo si potrebbe tradurre con "Gli
insegnamenti di Maharishi Valmiki sulla chiromanzia maschile". Questo libro avrebbe contenuto
567 stanze e potrebbe essere stato scritto più di 5000 anni fa.
Dall'India l'arte della lettura della mano si diffuse poi in Cina intorno al 3000 a.C.; successivamente
raggiunse Tibet, Egitto, Persia e si sviluppò in Grecia, dove fu praticata anche dal filosofo Anassagora. Lo
sviluppo in epoca classica ha lasciato tracce nella terminologia, che indica alcune parti del palmo e della
mano usando i nomi degli antichi Dei greci e romani.
La chiromanzia si è diffusa anche attraverso i Rom e altri popoli zingari, che tradizionalmente la praticano
ancora (e continuano a influenzare l'immaginazione popolare; si pensi per esempio al primo verso della
canzone Zingara, che vinse il Festival di Sanremo del 1969).
Al giorno d'oggi non è ancora stata condotta alcuna ricerca soddisfacente né in sostegno né in contrasto
alla scientificità di questa pratica, che viene generalmente considerata una pseudoscienza, al pari
dell'astrologia e della cartomanzia. Ciò è dovuto alla sua totale assenza di fondamento scientifico e di
possibilità di verifica.

Tecniche
Ci sono molte interpretazioni diverse delle linee della mano a seconda delle differenti scuole di
chiromanzia, e i moderni chiromanti spesso combinano le tradizionali tecniche di preveggenza con
la psicologia, la medicina olistica e altri metodi di divinazione.

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Lettura delle linee

Le linee della mano secondo la chiromanzia o, più precisamente, la chirologia: 1 linea della vita; 2 linea della
testa; 3 linea del cuore; 4 cintura di Venere; 5 linea del Sole; 6 linea di Mercurio; 7 linea della fortuna.
Ci sono tre linee principali, presenti in quasi tutte le mani, che i chiromanti leggono e a cui danno
grossomodo queste interpretazioni.

Linea del cuore


È una linea che attraversa la parte superiore del palmo, e a seconda della tradizione può essere
letta a partire dal bordo del palmo sotto al dito mignolo verso il pollice oppure viceversa;
rappresenta gli "affari di cuore" sia in senso fisico che metaforico (ossia può riguardare
i sentimenti). Può dunque, a seconda della forma, dare indicazioni su stabilità emotiva, prospettive
sentimentali, depressione, stoicismo e salute del cuore.

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Linea della testa
Questa linea parte dal bordo del palmo sotto il dito indice e attraversa il palmo fino all'altro bordo;
rappresenta gli "affari di testa" ossia principalmente la mente e il modo in cui lavora. Può dare
indicazioni su stile di apprendimento, comunicazione, intelletto e desiderio di conoscenza, oltre che
sull'approccio (creativo o analitico) all'informazione.

Linea della vita


È una linea che parte dal bordo del palmo sopra il dito pollice, spesso unita alla linea della testa, e
gira ad arco verso il polso; rappresenta la vitalità e il vigore della persona, e può dare indicazioni
sulla salute fisica e il benessere generale. Alcune scuole vi trovano indicazioni su grandi
cambiamenti che possono intervenire nella vita della persona, compresi cataclismi, incidenti e
trasferimenti. Contrariamente a quanto si crede, i chiromanti al giorno d'oggi non credono più che
la lunghezza della linea della vita sia correlata alla lunghezza della vita della persona.

Linea simiana
Quando le linee del cuore e della testa coincidono o tendono a coincidere la linea si chiama
simiana. Il termine viene dal latino sīmĭa (scimmia), perché in alcune scimmie è stata trovata una
sola linea nel palmo. Questa linea "fusa" si trova principalmente nei portatori di down, ma si può
trovare anche, raramente, in persone sane. Viene individuata come un segno molto fortunato che
denota grande capacità di concentrazione mentale, potenza di immaginazione e secondo la
tradizione può portare, a volte, anche alla chiaroveggenza. La linea si può avere in entrambe le
mani, ma anche solo in una delle due

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CAFFEOMANZIA

La caffeomanzia 12 o coffeamanzia è un metodo di divinazione effettuato tramite la lettura dei fondi


di caffè.
Il metodo più diffuso legge solo le figure che si sono disegnate all'interno della tazzina. Queste
rappresentano il futuro. I residui scivolati nel piattino, invece, rappresentano la situazione attuale. È bene
non muovere il piattino in quanto la posizione in cui le figure si presentano ha un aspetto fondamentale per
la divinazione. Chi effettua la divinazione deve concentrarsi, roteare la tazzina fra le mani, per cercare di
interpretare i segni consolidati sulle pareti interne della tazza.
Le figure si distinguono in:
positive, quelle chiare
negative, quelle scure e dense
L'individuazione del soggetto rappresentato dalle figure deve essere un procedimento spontaneo e deve
richiamare alla mente l'immagine della figura nella sua realtà.
I numeri che si sono formati indicano il tempo (ore, giorni, mesi, anni) entro il quale si verificheranno gli
eventi. A volte il numero può indicare il numero delle persone coinvolte (citazione nel film Il bagno
turco di Ferzan Ozpetek).
I significati più diffusi sono elencati qui sotto, sebbene ogni simbolo porta in sé un angolo di verità che
potrà illuminare la sorte del consultante:
AEREO: partenza improvvisa ALI: la giornata trascorrerà in modo rapido
ANATRA: restituzione di denaro prestato ANCORA: possibile viaggio, o rapporti con l'estero o persone
straniere ANELLO: una riuscita totale, un accordo raggiunto, intesa perfetta APE: un successo, una buona
notizia in arrivo ARCO: cattive notizie ASINO: caparbietà contro ogni possibile logica, ostinazione
BALENA: successo professionale BARCA: visita in arrivo BILANCIA: aspetti legali, rapporti con la giustizia

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BOTTIGLIA: momenti piacevoli CANDELA: aiuti e sostegno CAPPELLO: in arrivo un cambiamento
CARRIOLA: momenti di gioia con amici CASSERUOLA: grande amore in arrivo CAVALLO: in arrivo amore
CERCHIO: realizzazioni sentimentali e professionali, successo CHIAVE: nuove ed inattese prospettive,
sviluppi COLTELLO: ostacoli e difficoltà CONIGLIO: dovrai acquistare coraggio e pazienza, codardia, viltà
CORONA: successo personale CROCE: noie, preoccupazioni, problemi, salute cagionevole, CUORE:
qualcuno ti darà una prova d'amore, amore ricambiato FALCE: delusioni sentimentali, depressione
FARFALLE: spensieratezza, buon umore FIORE: desiderio che si realizza, successo FOGLIE: prosperità,
denaro in abbondanza FORBICI: litigio, affari legali FRECCIA: notizia sconvolgente e improvvisa GATTO:
rapporti con persone ipocrite, monito LIBRO: prudenza, agire solo dopo aver ascoltato dei consigli LINEA:
giornata tranquilla, se è diritta; se è curva, imprevisti; se è sinuosa, giornata instabile; se è rivolta verso
l'alto ottimismo; se è rivolta verso il basso pessimismo. LUNA: crescente: buone notizie; calante: cattive
notizie. MANO: visita di un amico, novità MELA: denaro, successi economici MONTAGNA: superbia,
ambizioni NUMERO: il numero che compare indica tra quanti giorni succede qualcosa di importante
NUVOLE: imprevisti, contrattempi, ritardi OCCHIO: invidia, qualcuno ti osserva ORSO: forza PIUMA:
instabilità QUADRATO: regali, situazione agiata e solida RAGNO: insicurezza, segreto svelato RANA:
cambiamento benefico RUOTA: fortuna, gioia, successi SCALE: evoluzioni, progressi SCURE: ostacoli,
problemi da affrontare SERPENTE: invidia, qualcuno cercherà di farti del male STELLA: in arrivo
cambiamenti positivi, successi STIVALE: novità, successi, riuscita nelle nuove imprese TAVOLA: incontro in
famiglia, nascite TRIANGOLO: con la punta rivolta verso l'alto, riuscita di un progetto; con la punta rivolta
verso il basso significa fallimento del progetto. TRIDENTE: successo, arricchimento, desideri realizzati
TRIFOGLIO: fortuna UOVO: grandi successi, denaro, soddisfazione VOLTO: una persona ti pensa
intensamente

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CARTOMANZIA

La cartomanzia 13 è un metodo di divinazione effettuato tramite la consultazione di un mazzo di carte che


possono essere tarocchi, carte italiane (da briscola), carte cosiddette francesi (da poker), o speciali carte
illustrate dette Sibille. La cartomanzia ha origini piuttosto recente rispetto ad altre forme di divinazione. Le
prime testimonianze certe risalgono al 1770, data di pubblicazione a Parigi di Etteilla, ou la seule manière
de tirer les cartes, dove l'autore, Etteilla, alias Jean-Baptiste Alliette, spiegava l'uso delle normali carte da
gioco francesi per predire l'avvenire. Qualche anno più tardi lo stesso Etteilla dava alle stampe Manière de
se recréer avec un jeu de cartes nommées Tarot (Parigi, 1783-1785) dedicato alla divinazione per mezzo
dei Tarocchi.
Come nota Giordano Berti nella Storia della Divinazione (Mondadori Oscar Storia, Milano, 2007) già
nel Cinquecento e nel Seicento si incontrano, in Italia e Germania, vaghe testimonianze sull'uso delle carte
da gioco a scopo divinatorio, ma queste pratiche sono molto diverse dalla cartomanzia moderna in quanto
le carte non hanno significati precisi.
Dopo Etteilla, la più famosa cartomante fu Marie Adélaide Lenormand (1768-1843), meglio nota come
"Mademoiselle Lenormard", alla quale pare che si rivolgesse Josephine Beauharnais, prima moglie
di Napoleone Bonaparte. Da lei prende nome un particolare mazzo detto "Sibilla Lenormand", la cui
invenzione non va però attribuita a Mlle Lenormand.
Fu invece nell’Ottocento che la cartomanzia attirò le attenzioni di occultisti ed esoteristi, in quanto si iniziò
diffusamente a ritenere che le carte avessero antichissime origini egizie e racchiudessero il sapere
primigenio, l’unico vero.
Il principio base della cartomanzia, esercitata con ogni mazzo, si basa su un motto dell'alchimia: "Come
sopra così sotto", intendendo il "sopra" come il grande universo metafisico, e il "sotto" come la realtà fisica
del mondo intorno a noi.

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Più semplicemente, il mosaico delle carte estratte, attraverso l'interpretazione dei simboli o delle allegorie
in esse contenute e delle posizioni da esse assunte, ci possono fornire una buona approssimazione delle
conseguenze derivanti dalle nostre scelte attuali (metodo intuitivo) o addirittura fornirci una indicazione sul
da farsi o su ciò che comunque accadrà qualunque cosa decidiamo di fare (metodo sacrale).
Più praticamente le carte divinatorie possono essere usate sia per leggere un eventuale futuro sia per
svelare, a chi le studia, particolari aspetti di se stesso.
Chiaramente non vi è nulla di scientifico e di attendibile nei risultati ottenuti dalla cartomanzia.

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I TAROCCHI

Carta della Fortezza, dai tarocchi detti delMantegna (Ferrara,1460-65)

I tarocchi 14 sono carte da gioco la cui origine non è stata ancora dimostrata con certezza definitiva. A tal
riguardo, le teorie più diffuse ne indicano la nascita in Italia settentrionale nel periodo compreso tra la fine
del Medioevo ed il Rinascimento. Secondo altre linee di ricerca, tra cui alcune risalenti agli inizi di questo
secolo, l'origine sarebbe molto più antica; ma si tratta di teorie propugnate da esoteristi che non posano su
alcun dato storico. L'evoluzione di tali teorie fu avviata sul finire del Settecento dal massone
francese Antoine Court de Gébelin, propugnatore dell'origine egizia dei Tarocchi, ed ebbe nuovo impulso
nella metà dell'Ottocento con l'occultista Eliphas Levi (pseudonimo di Alphonse Louis Constant), che
indicava l'origine dei Tarocchi nella Cabbala ebraica. Fu Levi a distinguere le 78 carte del mazzo in "Arcani
maggiori" e "Arcani minori". Negli anni a cavallo tra la fine dell'Ottocento ed i primi del Novecento le
dottrine esoteriche sui Tarocchi furono fissate definitivamente dagli occultisti francesi Papus (pseudonimo
di Gérard Encausse) e Oswald Wirth in una serie di celebri opere ancora in auge. Nei primi decenni del

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Novecento la "Scuola francese dei Tarocchi" cominciò ad essere soppiantata dalla "Scuola inglese"nata in
seno all'Ordine Ermetico della Golden Dwan.
I tarocchi sono formati da 78 carte, dette anche "lame" a partire dall'esoterista ottocentesco Paul Christian
(pseudonimo di Jean-Baptiste Pitois), seguace di Court de Gébelin ed Eliphas Levi. Il gruppo degli "Arcani
maggiori" è costituito da 22 carte illustrate con figure umane, animali e mitologiche, anticamente chiamate
"Trionfi". Il gruppo degli "Arcani minori" consta di 56 carte suddivise nelle 4 serie di semi della tradizione
italiana: denari, coppe, spade e bastoni (anche se, in alcuni casi, i nomi dei semi si adattano alla tradizione
locale). Ogni serie, costituita da 14 carte, include 4 figure, definite anche "onori" o "carte di Corte" (Fante,
Cavaliere, Regina e Re), e 10 carte numerali.
I tarocchi furono creati certamente come gioco di carte didattico; in particolare la sequenza dei Trionfi fu
pensata per l'insegnamento della dottrina cattolica; in seguito sono stati usati per diversi giochi di carte a
scopo ludico. A partire dal XVIII secolo, inizialmente in Francia con il celebre Etteilla (pseudonimo di Jean-
François Alliette), i tarocchi sono stati usati a scopo divinatorio e sono diventati uno strumento molto
utilizzato nella cartomanzia.

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Significato del termine
Secondo alcune ipotesi storiografiche, sino al 1500 le carte furono soprannominate Ludus triumphorum.
Tuttavia, l'allusione ai Trionfi è da sempre controversa. Sono state ipotizzate alcune possibilità:

1. un rapporto diretto con un'opera letteraria omonima, Triumphi, di Francesco Petrarca, le cui sei
allegorie sono state spesso rappresentate in modo simile alle icone trionfali dei tarocchi: Trionfo
dell'Amore = Amanti (Arcano VI), Trionfo della Castità = Temperanza (Arcano XIV), Trionfo della
Morte = Morte (Arcano XIII), Trionfo della Fama = Giudizio (Arcano XX), Trionfo del Tempo =
Eremita (Arcano IX), Trionfo dell'Eternità = Mondo (Arcano XXI);
2. un rapporto con i carri trionfali che nel Medioevo accompagnavano le processioni carnevalesche.
A partire dal 1600 circa, ovvero circa un secolo dopo la creazione del mazzo più antico oggi conosciuto (i
Tarocchi milanesi classificati come Visconti-Sforza), in Italia fu utilizzato il termine tarocco (o tarocchi) la cui
etimologia è tuttora oscura.
Tuttavia, secondo alcune correnti d'indagine, la definizione corretta non sarebbe da cercare nel termine
tarocco (o tarocchi) ma nel lemma Tarot (sostantivo singolare), peraltro usato a livello linguistico in maniera
internazionale. Secondo questo approccio sarebbe possibile cogliere il significato più profondo di questa
parola solo accettando la necessità di un opportuno sistema di decodifica. Per esempio, gli esperti hanno
rilevato che analizzando Tarot si ottiene Rota, che in latino significa Ruota (cioè la Ruota astrologica al
centro della via dei Tarocchi che, per sua natura, è caratterizzata dalla circolarità, parimenti espressa dalla
presenza delle due T all'inizio ed alla fine della parola stessa).
Oppure hanno evidenziato che in Tarot è contenuta la voce Tora, testo sacro ebraico; o che Tar-ro, in
egizio, vuole dire “Via Regale,” e così via. Al di là della validità di queste inferenze, ciò che viene
sottolineato è che, per capire il termine Tarot, così come per cogliere la profonda essenza dello strumento
che definisce, è fondamentale servirsi di precise chiavi di decifrazione in quanto queste 78 immagini
sarebbero connotate da un'ordinata Struttura Cifrata costituita da un sistema di codici e leggi la cui
individuazione e risoluzione fornirebbe il corretto approccio di analisi per indagarne l'autentico significato.

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Funzione dei Tarocchi
Qual è il significato dei Tarocchi? Per che cosa sarebbero stati creati? Per far fronte a questo tipo di quesito
è opportuno porre alcune considerazioni preliminari relative al modo in cui queste immagini sono state
studiate nel corso del tempo. In particolare, possiamo dire che negli ultimi due-tre secoli i principali
approcci d'indagine sono stati due:

1. Il Modello Storico-Documentale: i Tarocchi come passatempo ludico.


2. Il Modello Filosofico ed Esoterico: i Tarocchi come immagini sapienziali.

L'antico gioco del Tarocco


Uno dei modelli di ricerca più conosciuti dal grande pubblico è appunto quello che tratta il tema dal punto
di vista storico, concentrandosi cioè sui documenti, di qualunque natura siano, che li riguardano. Nel
complesso, questo tipo di approccio sostiene che i Tarocchi, creati in Italia nella metà del Quattrocento
circa, avrebbero avuto una primitiva funzione ludico-artistica, cioè sarebbero stati un passatempo ricreativo
analogo ai giochi di carte da cui, probabilmente, deriverebbero.
Il credito di cui gode questa teoria da un lato deriva dal fatto che il mazzo più antico oggi conosciuto è
quello quattrocentesco dei Visconti, dall'altro dal fatto che i ricercatori, più o meno consapevolmente,
sembrano essersi tutti accontentati di seguire pedissequamente una linea già definita. Tuttavia, se è
innegabile che i Tarocchi, nel corso delle epoche, abbiano anche svolto questa funzione, è indispensabile
sottolineare che l'esclusività di questo ruolo non è mai stata acclarata in via conclusiva.
Rispetto al gioco dei Tarocchi, purtroppo manca una doviziosa documentazione scritta prima del XVI
secolo che ci ragguagli sia sull'uso che sulla disposizione delle carte, e non ci sono pervenuti manuali di un
periodo antecedente il XVIII secolo. Inoltre, una ricostruzione delle regole è praticamente impossibile sia
perché queste variavano da città a città sia perché i tipi di giochi erano molto numerosi e caratterizzati da
strategie particolarmente complesse. Ciononostante, conosciamo alcune indicazioni di base. Per esempio, i
partecipanti potevano essere da due a sette; era permesso lanciare segnali ai giocatori e scommettere sulla
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posta; ciascuno poteva tenere in mano fino venti carte; si trattava di un gioco di presa, in cui si calava una
volta a testa e si era obbligati a rispondere al seme o alla carta in modo ciclico. Le briscole, ossia i Trionfi (gli
Arcani Maggiori), avevano maggior valore delle carte numerali, compreso l'Asso (privo di una posizione di
privilegio).
La numerazione dei Trionfi permetteva a quello più alto di vincere su quello più basso. Il Matto non entrava
nel gioco (valeva solo come punteggio) ed alla fine della partita vinceva chi aveva totalizzato il massimo dei
punti. Come già anticipato, a causa dello sfrenato uso che dei giochi di carte si fece, sia presso i ceti
popolari che quelli aristocratici o religiosi, cominciarono ad apparire divieti ed invettive tra cui, nel 1480, il
'Sermones de ludo cum aliis' dove un anonimo predicatore domenicano si scagliava contro l'uso dei
Tarocchi, ed in particolare dei Trionfi. Tale documento riveste un interesse peculiare poiché riporta l'elenco
delle figure con i nomi e la disposizione attualmente noti, seppur accompagnati da note di profondo sdegno
per il fatto che Angeli, Virtù cardinali, Imperatore e Papa e perfino Dio Padre fossero raffigurati in un gioco
profano. Il predicatore terminava condannando l'inventore del mazzo, cioè il Diavolo, colpevole di
trascinare l'uomo nel vizio. La pratica di condannare il gioco di carte era così diffusa che persino
San Bernardino da Siena le stigmatizzò in un famoso sermone tenuto a Bologna nel 1423, dopo il quale fu
acceso un rogo per bruciare mazzi di carte, dadi ed altre vanità.
Poiché nei secoli successivi i vari governi tentarono di reprimere o almeno limitare il gioco senza risultati
convincenti, si giunse al compromesso di tassare le carte e creare disposizioni di fabbricazione e commercio
in modo da scoraggiare evasioni, contraffazioni e contrabbando. Il bollo, ora non più in uso, era applicato
solitamente sull'Asso di Denari.
L'uso dei tarocchi come carte da gioco si trova ancor oggi in molte aree italiane e francesi. Il
tarocco siciliano è ancora giocato in quattro paesi della Sicilia:Barcellona Pozzo di Gotto,Calatafimi, Tortorici
e Mineo. A Bologna si usa il tarocchino bolognese, le cui regole originali sono conservate dall'Accademia del
tarocchino bolognese. A Pinerolo si usa il tarocco ligure-piemontese. In Francia si usa il Tarot nouveau; qui
le regole sono fissate dalla Fédération Française de Tarot.

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Oltre a questo tipo di passatempo, i Tarocchi furono utilizzati come giochi di abilità verbale. Nelle lunghe
serate a corte, infatti, non di rado si utilizzavano le figure per comporre frasi e motti che dovevano ispirarsi
alle carte estratte ed i 22 Trionfi potevano anche essere abbinati (o appropriati, come si diceva) a persone e
gruppi, specialmente gentildonne oppure note cortigiane. Molti di questi sonetti sono giunti fino a noi:
poesiole comiche, satiriche, mordaci, scritte solitamente in ambiente cinquecentesco.
Probabilmente, in questo ambito colto vanno a collocarsi due mazzi: quello cosiddetto del Mantegna ed
il Tarocco Sola-Busca, realizzato con la tecnica dell'acquaforte tra il XIV e il XV secolo. In quest'ultimo le 22
carte dei Trionfi raffigurano guerrieri dell'antichità classica e biblica, mentre le carte numerali
rappresentano scene della vita quotidiana e, in parte, operazioni di alchimia, come ha dimostrato
nel 1995 la studiosa Sofia di Vincenzo.
Anche Pietro Aretino si occupò di Tarocchi nella sua opera Le carte parlanti che ebbe un discreto successo e
godette di varie ristampe.

il Tarocco esoterico
Negli ultimi secoli si è sviluppato un secondo modo di operare nell'indagine conoscitiva dei Tarocchi
definibile un modello esoterico ed occulto. Già dalla fine del Settecento, gli esponenti di questa corrente di
pensiero nel complesso, pur con diverse interpretazioni, sostengono che queste immagini sono un Libro di
Saggezza proveniente dai tempi più remoti e ne fanno risalire la nascita all'antico Egitto.
Scorrendo in rapidissima e non esaustiva rassegna i diversi autori, troviamo che una delle prime
dichiarazioni in tal senso fu quella del pastore e studioso francese Antoine Court de Gébelinche nel 1781
ricopriva da anni la carica di censore reale sotto Luigi XV.
De Gébelin, anche presidente del Musée, rinomata società letteraria parigina del tempo, era una figura di
spicco di certi ambienti francesi, amico degli enciclopedisti Diderot e d'Alembert, degli
scienziati Franklin e Lalande, dei teorici della rivoluzione Danton e Camille Desmoulins e dell'eroe
dell'indipendenza statunitense La Fayette, iniziati presso la loggia massonica Le Nove Sorelle della quale fu

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Maestro Venerabile per due anni. Per queste ragioni, diversamente da quanto accade oggi, ciò che de
Gébelin scrisse sui Tarocchi, ai suoi tempi, di cui riportiamo una breve e significativa sintesi, fu giudicato di
grande interesse senza essere deriso o schernito come una stravaganza:
« Se ci apprestassimo ad annunciare che, ai nostri giorni, sussiste un'Opera degli antichi Egizi sfuggita alle
fiamme che hanno distrutto le loro superbe biblioteche, un'Opera che contiene la più pura dottrina degli
egizi, chi non sarebbe impaziente di conoscere un Libro tanto prezioso, tanto straordinario! E se
aggiungessimo che questo Libro è molto diffuso in gran parte dell'Europa, che da secoli va per le mani di
tutti(....) riguardato come un mazzo di strane figure prive di senso! Chi non penserebbe che scherziamo o
che vogliamo approfittare della credulità degli ascoltatori? E tuttavia quanto sostengo è rigorosamente
vero: questo Libro egizio, il solo rimasto delle loro superbe Biblioteche, esiste ai nostri giorni e, fatto
stupefacente, esso è talmente comune che nessuno, prima di noi, ne aveva intuito l'illustre origine...questo
libro è il gioco dei Tarocchi. »

Nel 1783 un indovino di moda, Aliette, sotto lo pseudonimo di Eteilla (1750-1810), creò un tarocco
fantasioso che pose in relazione con l'astrologia e la cabala ebraica.
Alphonse Louis Constant, alias Eliphas Lévi (1816-1875), nonostante il grande intuito, disdegnò i Tarocchi di
Marsiglia trovandoli "exoterici" e, in Dogma e Rituale dell'Alta Magia, propose una versione "esoterica" del
Carro, della Ruota di Fortuna e del Diavolo. Inoltre, collegò i 22 Arcani Maggiori con l'alfabeto ebraico e la
mistica ebraica e rinnegò i 56 Arcani Minori considerandoli di poco valore. Concentrandosi in via quasi
esclusiva sui Maggiori, li aveva descritti grazie alla Cabala giungendo a considerarli quali chiavi universali
per l'accesso a tutti gli antichi dogmi religiosi.
Gérard Encausse, sotto lo pseudonimo di Papus (1865-1917), seguendo le idee di Lévi, si permise di creare
Tarocchi con i personaggi egizi illustranti una struttura cabalistica.
Arthur Edward Waite, per far combaciare i Tarocchi con le 22 vie dell'Albero della Vita che uniscono le 10
sephirot della medesima Tradizione cabalistica, scambiò il numero VIII della Giustizia con il numero XI della
Forza; trasformò l'Innamorato in Gli Amanti; rivisitò a suo modo il Matto, spogliandolo di qualunque
valenza esoterica, falsificando in questo modo il significato di tutti gli arcani.
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Aleister Crowley, occultista appartenente all'Ordo Templi Orientis, cambiò anche i nomi, i disegni (e quindi
il significato) e l'ordine delle carte: la Giustizia diventa il Giudizio; Temperanza diventa l'Arte; il Giudizio
diventa Eone ed i Fanti ed i Cavalieri, eliminati, sono sostituiti da Principi e Principesse.
Oswald Wirth, occultista svizzero massone e membro della Società Teosofica, disegnò da sé i propri
Tarocchi introducendo negli arcani non soltanto abiti medievali, sfingi egizie, numeri arabi e lettere
ebraiche al posto dei numeri romani, simboli taoisti e la versione alchemica del Diavolo inventata da Éliphas
Lévi, ma si ispirò anche alla grossolana versione di Court de Gébelin.
Joseph Maxwell in Le Tarot, le symbole, les arcanes, la divination (I Tarocchi, i simboli, gli arcani e la
divinazione), non solo fu il primo autore a tornare alle origini, riconoscendo che i Tarocchi di Marsiglia (in
particolare quelli di Nicolas Conver) fossero un linguaggio ottico e che, per comprenderlo, era necessario
osservarlo, ma individuò per primo che il Matto è la chiave per cogliere la Struttura Cifrata presente nei
Tarocchi a partire dal Triplice Settenario.
All'inizio del Novecento un noto autore, Paul Marteau, nel suo libro Le Tarot de Marseille riprodusse le sue
carte. Questo evento, insieme a tutte le deviazioni di cui sono stati oggetto i Tarocchi in questi ultimi due
secoli, ha rappresentato il "colpo di grazia" per i Tarocchi di Marsiglia. Infatti Marteau, pur perseguendo la
strada dello studio dei Tarocchi iniziata da Maxwell, commise due grandi errori: per un verso il suo mazzo è
soltanto un'approssimazione dell'originale (i disegni sono, infatti, l'esatta riproduzione dei Tarocchi di
Besançon pubblicati da Grimaud alla fine del XIX secolo, che a sua volta riproducono altri Tarocchi di
Besançon pubblicati da Lequart e firmati "Arnault 1748." ); inoltre, modificò alcuni dettagli originali, forse
per imprimere il proprio marchio e poter commercializzare il "prodotto" incassandone i diritti d'autore. Per
di più, conservò i quattro colori di base imposti dai macchinari tipografici invece di rispettare gli antichi
colori delle copie dipinte a mano.
In generale, da sempre il mondo accademico contemporaneo schernisce il modo di procedere esoterico
valutandolo un'inammissibile sciocchezza od un colpo ad effetto privo di alcuna attendibilità: perfino chi
non dubita della validità e dell'onestà intellettuale di certi esponenti si interroga se dar credito a
conclusioni all'apparenza tanto azzardate. Si tratta di una questione fondamentale che, lungi dall'essere un

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caso isolato, non può essere liquidata sommariamente. In generale, infatti, qual è il punto debole
del modus operandi occulto? Per comprenderlo, è necessario sapere che i principi adottati come
presupposti di ricerca sono riassumibili in questo modo:

1. Gli esoteristi hanno ipotizzato che il mazzo d'origine, i Tarocchi di Visconti-Sforza, fossero imperfetti
e per questo bisognosi di modifiche e miglioramenti. Quest'idea ha condotto al tentativo di
“perfezionare” il loro simbolismo nel corso delle generazioni e ha portato all'incredibile numero di
mazzi, dal presunto valore esoterico, ridisegnati negli ultimi secoli.
2. Non è mai stata data particolare rilevanza alla pura rappresentazione dei disegni; ciò che contava è
sempre stato, principalmente, il loro valore come simboli. In sostanza, non aveva importanza come
un oggetto fosse rappresentato, quanto che senso gli si potesse attribuire. In questo modo si è
creata una notevole divergenza di pareri in merito al significato simbolico ed un contemporaneo
disinteresse rispetto a come i tratti, i colori ed in generale le immagini dovessero essere o fossero
state eseguite.
3. Il numero complessivo delle carte, 78 (22 Arcani Maggiori + 56 Arcani Minori) e la posizione dei
soggetti raffigurati, in relazione alla sequenza numerica, di volta in volta non sono stati giudicati
essenziali. Per questo, coloro che si sono dedicati ad una rielaborazione dei Tarocchi hanno creato
mazzi con numeri di Arcani spesso diversi e con immagini collocate in maniera arbitraria e
variegata.
Nel complesso si può riconoscere che tutti coloro che si sono cimentati nella spiegazione di un significato
occulto dei Tarocchi si sono trovati nell'impossibilità di dimostrare in maniera oggettiva ed inconfutabile la
veridicità delle loro affermazioni. È un'insidia legata alla connotazione soggettiva, interpretativa, in un certo
senso personale, empirica ed interiore che questa prassi reca in sé. Questo si deve al fatto che il modello
occulto ha da sempre tentato di dimostrare un contenuto sapienziale dei Tarocchi mediante la
comparazione tra questi e gli antichi testi di molteplici tradizioni mistico-religiose (la Cabala, l'Alchimia,
l'Astrologia, il Cristianesimo, il Buddhismo, l'Induismo, etc…), cercando di estrapolare il significato dei primi
attraverso i secondi. Tuttavia, poiché in questo tipo di ricerca è sempre mancato un riferimento critico

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oggettivo, cioè un criterio di orientamento autonomo a garanzia della correttezza delle deduzioni ricavate,
si è prodotta una ridda di esegesi che ha generato la più totale confusione.
In pratica, la visione di ogni occultista ha seguito le sue idee, la sua personalità, la sua formazione fino a
prescindere, in un certo senso, dal contenuto oggettivo grafico presente nei Tarocchi stessi.
Gli esoteristi si difendono dalle critiche mosse contro questa modalità d'indagine ribattendo che chi non è
iniziato a certi misteri e non possiede un intimo sapere esoterico non può comprendere il senso ermetico e
profondo dei Tarocchi. Eppure, proprio l'esistenza di una sterminata e multiforme letteratura sembra una
testimonianza più che convincente del fatto che questo modello di analisi non sia stato particolarmente
efficace e in grado di offrire risposte definitive ed inequivocabili.

I tarocchi di Marsiglia
Non abbiamo riferimenti per la datazione dei tarocchi di Marsiglia così chiamati per la città della Francia
che ha goduto di una posizione di monopolio nella produzione di questo tipo di carte pur non avendole
inventate; sebbene i primi mazzi conosciuti risalgano al XVIII secolo, lo stile delle carte a semi italiani fa
propendere per l'origine latina di questo tipo di mazzo, probabilmente diffusosi dalla Lombardia in
territorio francese. Uno dei modelli più conosciuti dei tarocchi di Marsiglia fu inciso su legno dal francese
Claude Burdel nel 1751.
Egli aveva contrassegnato Il Carro con le sue iniziali, mentre la sua firma per esteso compare sul 2 di denari.
Le figure sono intere, e - relativamente agli Arcani maggiori - recano la denominazione in francese e sono
contrassegnati da numeri romani. La morte non aveva nome. Le scritte erano in un francese
sgrammaticato, spesso privo di accenti e apostrofi. Gli abiti delle figure, pur nella loro forte stilizzazione, si
riferiscono a prototipi rinascimentali. Il mazzo fu poi rielaborato correttamente dal francese Grimaud, e
ristampato nel XIX secolo.

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La composizione dei Trionfi marsigliesi
È questa forse la principale forma definitiva attualmente usata. Molti tarocchi fantastici si ispirano a quelli
marsigliesi. Vale quindi la pena di darne una descrizione più accurata:
I - Il Bagatto (le Bateleur). La parola ha origini latine e sta ad indicare "figura da poco", "bagatella", cosa di
nessun conto. Rappresenta un giovane uomo con un grande cappello e abiti vistosi, posto in piedi davanti a
un tavolo, su cui figurano monete, vasetti, dadi, coltelli, una borsa. L'uomo regge nella mano sinistra un
bastone dorato.
II - La Papessa (La Papesse). È forse una delle figure che ha dato luogo a maggiori discussioni, dal momento
che nessuna donna ha mai avuto accesso al soglio di Pietro. In taluni mazzi è stata sostituita da Divinità o
altre carte. La donna ha un triregno in capo, è seduta su un trono ricoperto da un velo e ha in mano un libro
aperto.
III - L'Imperatrice (L'Imperatrice). Una donna in trono, con la corona in testa, ha in mano uno scettro col
globo sormontato dalla croce (da sempre simbolo di impero). Regge con la mano destra uno scudo con
un'aquila araldica, e ha due ali aperte sulla schiena.
IV - L'Imperatore (L'Empereur). Un uomo barbuto, seduto in trono di profilo, con una gamba incrociata
sull'altra, regge uno scettro con la destra. Sotto al Trono è appoggiato uno scudo con un'aquila araldica. La
carta è evidentemente collegata col potere terreno.
V - Il Papa (Le Pape). Seduto in posizione frontale, il Pontefice col Triregno regge un pastorale a croce con
tre traverse. Ai suoi piedi, di statura notevolmente inferiore, sono inginocchiati due chierici. Il Papa ha la
barba canuta, probabile allusione alla sua saggezza.
VI - L'innamorato (L'Amoreux). Sotto un grande cupido alato, pronto a scoccare la sua freccia, un giovane
sta in piedi tra due figure femminili, una vestita più poveramente dell'altra. I critici sono concordi
nell'identificare questa lama col mito di Ercole, che dovette scegliere tra Vizio e Virtù.

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VII - Il Carro (Le Chariot). Un carro visto in modo rigidamente frontale, è condotto da un giovane guerriero
incoronato, mentre trattiene saldamente due cavalli, uno blu ed uno rosso, che tendono a scartare in
posizioni opposte.
VIII - La Giustizia (la Justice). È questa una delle quattro Virtù cardinali citate nel mazzo, da cui manca
la Prudenza. Una donna in trono regge con la mano sinistra una bilancia dai piatti allineati, e con la destra
una spada. Questo Trionfo contiene in sé l'idea di equilibrio e di punizione.
IX - L'Eremita (L'Hermite). Un vecchio barbuto, appoggiandosi ad un bastone, avanza reggendo una
lampada. Non si può fare a meno di pensare a Diogene che, reggendo una lampada affermava di cercare
l'uomo.
X - La Ruota della Fortuna (La Roue de Fortune). Questa immagine, largamente conosciuta e rappresentata
nel Medioevo, raffigura una ruota sormontata da una sfinge alata con corona e spada, con due esseri
mezzo uomo e mezzo animale arrampicati ai suoi lati. Già in epoca medievale la Ruota era usata per
ricordare la vanità delle conquiste e dei beni terreni.
XI - La Forza (La Force). Una donna con un ampio cappello in testa chiude le fauci di un leone. È una delle
quattro Virtù cardinali raffigurata nel mazzo.
XII - L'Appeso (Le Pendu). Un uomo è appeso per un piede a un palo retto da nodose travi di legno. La
gamba libera è piegata verso l'interno. La carta raffigura una pena praticata realmente durante il Medioevo,
sia dal vero sia in effigie, a chi si rendeva reo di tradimento. Questo tipo di pittura, detta infamante, era
solitamente affidata a mestieranti, ma a volte ad artisti di rilievo, come Sandro Botticelli e Andrea del Sarto.
XIII - La Morte (a volte lasciata senza scritta) - Uno scheletro con una falce cammina in un campo cosparso
di mani e di teste. La figura è collegata con l'iconografia medievale del Trionfo della Morte molto diffusa nel
Medioevo e nel Rinascimento, in cui uno o più scheletri si trascinano, in fila o in una danza macabra,
regnanti, Papi e altri soggetti solitamente di alto livello sociale.
XIV - La Temperanza (La Temperance). Altra virtù cardinale. Un Angelo con la veste bipartita in due zone di
colore blu e rosso, versa un liquido da un'anfora all'altra reggendole entrambe con le mani.
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XV - Il Diavolo (Le Diable). Un essere cornuto dal viso sghignazzante, le ali di pipistrello, i seni femminili, i
genitali maschili, le gambe caprine, sta in cima a un piccolo ceppo a cui sono legati due diavoletti. Gli zoccoli
e il ghigno osceno sono mutuati dalle classiche immagini greche del dio Pan.
XVI - La Casa di Dio (La Maison Dieu). Una torre che ha come tetto una corona, viene scoperchiata da una
lingua di fuoco, mentre due figure umane cadono al suolo e piccole sfere riempiono l'aria. La costruzione
evoca la Biblica torre di Babele, talmente alta che Dio punì gli uomini confondendo il loro linguaggio.
XVII - La Stella (L'etoile). Con questa carta si abbandona il mondo umano e si entra in quello spiritualmente
superiore. Otto stelle, di cui la centrale molto più grande, sormontano una donna nuda che versa per terra
acqua da due anfore. Sul fondo, un minuscolo albero su cui canta un piccolo uccello.
XVIII - La Luna (La Lune). Seconda lama della serie degli astri la Luna splende rotonda in cielo ma con il volto
raffigurato di profilo, mentre gocce colorate partono dalla terra verso di essa. In primo piano un Gambero,
legato zodiacalmente al segno del Cancro, esce da una pozza d'acqua. Due cani ululano e due torri sullo
sfondo sembrano custodire il paesaggio.
XIX - Il Sole (Le Soleil). Un grande sole radiante sparge gocce su due gemelli ritti in piedi vicino a un basso
muretto in mattoni.
XX - Il Giudizio (Le Jugement). Un angelo esce da un nembo colorato suonando la tromba, mentre tre piccoli
corpi sorgono da un avello Anche questa immagine, frequentissima nelMedioevo, può farsi risalire ai
numerosi miti sulla fine del mondo presenti in molte religioni antiche. Il più importante riferimento è
certamente l'Apocalisse di Giovanni, ultimo libro del Nuovo Testamento. Questa carta corrisponde
all'Angelo di altri mazzi da gioco.
XXI - Il Mondo (Le Monde). La carta rappresenta una donna seminuda che regge due bastoncini nelle mani.
Essa è circondata da una mandorla di foglie, mentre ai quattro lati della carta compaiono i simboli
Tetramorfi degli Evangelisti: un Angelo (San Matteo) un'Aquila (San Giovanni) un Toro (San Luca) e un
Leone (San Marco). La carta compendia, se pur in forma elementare due figure geometriche, il cerchio e il
quadrato, che erano considerate il simbolo della perfezione.

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Il Matto (Le Fou). La lama non è numerata e può essere inserita sia all'inizio sia alla fine del mazzo. Un
giullare girovago, col cappello a sonagli, che regge su una spalla un fagottino con le sue poche cose, si avvia
verso una strada non meglio identificata, rincorso da un cane che gli sta lacerando una calza. Una figura
analoga si trova nel tarocco del Mantegna, ma è chiamato il Misero.

I tarocchi contemporanei
Lo straordinario interesse che si è sviluppato intorno ai tarocchi dall'Ottocento in avanti ha spinto numerosi
artisti contemporanei a reinterpretare le misteriose figure. Fra gli italiani si possono ricordare Franco
Gentilini, Renato Guttuso, Emanuele Luzzati, Ferenc Pinter e Sergio Toppi. Fra gli artisti non italiani
spiccano Salvador Dalí e Niki de Saint-Phalle, autrice del fantasticoGiardino dei Tarocchi costruito a
Garavicchio, presso Capalbio.
Numerosi illustratori hanno realizzato nuovi mazzi, talvolta in collaborazione con storici e letterati. Per
esempio, i Tarocchi di Dario Fo sono stati dipinti dal figlio Jacopo su progetto del Premio Nobel Dario Fo,
mentre allo scrittore Giordano Berti si deve la sceneggiatura di dieci mazzi realizzati da vari illustratori.
A Riola, in provincia di Bologna, è stato istituito da tempo un Museo dei Tarocchi con un'ampia raccolta di
carte.

137
I CHING

Il Libro dei Mutamenti 15(caratteri tradizionali: 易經, pinyin yì jīng, Wade-Giles I Ching), conosciuto anche
come Zhou Yi 周易 o I Mutamenti (della dinastia) Zhou è ritenuto il primo dei testi classici cinesi sin dalla
nascita dell'impero cinese (II millennio a.C.). È sopravvissuto alla distruzione delle biblioteche operata dal
"primo imperatore", Qin Shi Huang Di. Lo Yi Jing è diviso in due porzioni, jing 經 o 'classico' e zhuan 傳 o
'commentario', composti in momenti differenti ma tramandati come testo unico da due millenni circa. La
porzione jing è composta da sessantaquattro unità, ognuna basata su un esagramma (gua 卦) composto di
sei linee che sono o continue (⚊) rappresentanti il principio yang o interrotte (⚋) rappresentanti il
principio yin. Per ogni esagramma vi è una spiegazione chiamata 卦辞 guaci, accompagnata dalla
spiegazione delle singole linee costituenti il trigramma chiamate 爻辞 yaoci. I primi due esagrammi del
testo 乾 qian e 坤 kun sono accompagnati da due ulteriori testi chiamati 用六 yongliu e 用九 yongjiu.
Considerato da Confucio libro di saggezza, è utilizzato a livello popolare a scopo divinatorio, e dagli studiosi
per approfondire aspetti matematici, filosofici e fisici. I metodi per ottenere i responsi sono vari e si passa
dai gusci di tartaruga al lancio di 3 monete. Quando si utilizzano gli steli di achillea per estrarre i responsi,
l'arte divinatoria è chiamata achilleomanzia.

15
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138
Storia

Anche se la tradizione attribuisce la scrittura della porzione jing al re saggio fondatore della dinastia Zhou
occidentale (il re Wen, che regnò tra il 1099 e il 1050 a.C.) e a Zhou Gong 周公 (morto ca. 1032 a.C.), ed
anche se probabilmente contiene materiali di quell'epoca, è probabile che riceva la struttura che
accettiamo come definitiva solo alla fine della dinastia Zhou occidentale o addirittura all'inizio del
periodo Zhou orientale.

Tradizionalmente si credeva che i princìpi dell'Yi Jing avessero avuto origine dal leggendario eroe Fu
Hsi (伏羲 Fú Xī). Questa tradizione lo vede come uno dei primi sovrani della Cina (date tradizionali a.C.), a
cui sarebbero stati rivelati i trigrammi (八卦 bā gùa), in maniera soprannaturale. A partire dal tempo di Yǔ il
grande (禹 Yǔ), i trigrammi erano stati sviluppati in esagrammi (六十四卦 lìu shí sì gùa), che erano stati
registrati nella scrittura Lian Shan (《連山》 Lián Shān, detta anche Lia Shan Yi). Lian Shan, che in cinese
significa "montagne continue", comincia con l'attuale esagramma n.52 (艮 gèn), che rappresenta due
montagne una sopra l'altra e che si ritiene sia all'origine del nome stesso della scrittura.

In uno dei più importanti commentari al testo ('Xici zhuan' 繫詞傳) si dice "Il Libro dei Mutamenti è alla pari
dei cieli e della terra e quindi è in grado di valutare perfettamente la via dei cieli e della terra" (yi yu tian di
zhun, gu neng mi lun tian di zhi dao 易与天地准故能彌綸天地之道). L'I Ching è stato infatti spesso inteso
come un microcosmo che comprende in se la via dell'universo.

La filosofia del "cambiamento" derivante da questo e da altri testi ha influenzato notevolmente la


letteratura e l'amministrazione del governo della dinastia Zhou. Essa venne elaborata nel tempo e l'Yi Jing
era completo all'incirca al tempo di Han Wu Di (漢武帝 Han Wu Di), durante la dinastia Han (200 a.C. circa).
Quasi tutti i commentatori confuciani hanno studiato e commentato il testo, ed i primi commentari
canonici al testo (Yi zhuan 易 傳) vengono attribuiti allo stesso Confucio. Comunque il testo non è stato
fondamentale solo per i confuciani ma anche per i Taoisti, ed è stato utilizzato anche da molti buddisti.

139
Dalla data della sua prima pubblicazione (parziale) in latino (1687) è diventato anche il più conosciuto testo
cinese in Occidente.

I Ching fu introdotto in Europa da Gottfried Wilhelm von Leibniz nella sua pubblicazione del 1697 Novissima
sinica (Ultime notizie dalla Cina). Leibniz vide in quel simbolismo (linea spezzata=0; linea unita=1) un
perfetto esempio di numerazione binaria come illustrò nel suo saggio del 1705, Spiegazione dell'aritmetica
binaria. Il sistema numerico posizionale in base 2 o notazione binaria, verrà poi, come è noto, "riscoperto"
nel XIX secolo da George Boole.

Dopo alcune parziali versioni, la prima vera e integrale traduzione in una lingua europea, fu quella
(in tedesco) del grande sinologo Richard Wilhelm che la pubblicò nel 1924 (con una introduzione di Carl
Gustav Jung).

Consultazione

I metodi di estrazione del responso prevedono estrazioni casuali degli esagrammi riga per riga, studiandone
il meccanismo Carl Gustav Jung coniò il concetto di sincronicità (connessione acausale e atemporale di uno
o più eventi significativi). La corrispondenza dell'estrazione dell'esagramma da una parte e della situazione
interrogata dall'altra, ritenute in connessione psichica con l'inconscio personale e collettivo, permette di
associare l'esagramma ottenuto alla domanda relativa e ai problemi che essa pone.

Monete

Il metodo più in uso prevede il lancio di tre monete uguali. Si decide quale lato rappresenti yin e quale yang,
e si attribuisce un valore numerico a ciascun lato della moneta, ovvero 2 per yin e 3 per yang. Si effettua
quindi una serie di 6 lanci e si sommano i valori ottenuti, ordinandoli progressivamente dal basso (primo
posto) verso l'alto (sesto posto). Si valuterà il valore di ogni singola linea come segue:

140
2 + 2 + 2 = 6 linea spezzata mobile
corrispondente a 3 croci

3 + 2 + 2 = 7 linea intera fissa


corrispondente ad 1 testa e 2 croci

3 + 3 + 2 = 8 linea spezzata fissa


corrispondente a 2 teste ed 1 croce

3 + 3 + 3 = 9 linea intera mobile


corrispondente a 3 teste

La terminologia utilizzata vuole indicare, col termine di linea mobile, una linea "mutevole" che si trasforma
dalla polarità originale a quella contrapposta. Una linea spezzata mobile diventa una linea intera fissa, e
viceversa. Nell'interpretazione oracolare sono proprio questi tipi di linea a dare complessità
all'interpretazione e a permettere la comprensione dell'evoluzione degli eventi, ovvero dei mutamenti
temporali che accadranno. Infatti, si ponga che un lancio di monete generi un esagramma che abbia al
primo posto una linea spezzata mobile, tale esagramma è solamente il punto di partenza da cui ogni cosa si
evolve fino ad arrivare ad una situazione descritta dall'esagramma che abbia al primo posto una linea intera
(l'evoluzione di una linea spezzata mobile) e le rimanenti linee identiche all'esagramma di partenza.
L'esagramma di partenza andrà valutato per la sua immagine, la sua sentenza e il commento del duca di
Chou alla linea risultata mutevole durante il lancio: l'esagramma di arrivo, invece, andrà valutato nella sua
interezza fatta eccezione per la linea mutata, e da esso trae origine il consiglio oracolare vero e proprio.

141
Steli di millefoglie

Il sistema più tradizionale di estrazione dei responsi è basato non sul veloce lancio di monete ma sulla
manipolazione di bastoncini di Achillea millefoglie o Achillea palustre, operazione più lenta che attraverso
un preciso rituale permette di raggiungere uno stato mentale più distaccato e quindi una migliore
predisposizione all'interpretazione del responso.

Gli steli della pianta selvatica molto comune anche in Italia, raccolti verso maggio-luglio vengono tagliati e
seccati per comporre un insieme di 50 bastoncini. Nel processo di estrazione dell'esagramma, dai 50
bastoncini se ne accantona uno senza più usarlo per tutto il procedimento e si resta con 49, prendendo il
mucchietto con entrambe le mani si divide in due parti, tenendone uno nella mano destra ed uno nella
mano sinistra. Inizialmente si prende un bastoncino dal gruppo di destra e lo si tiene tra il mignolo e
l'anulare della sinistra, poi a turno prima col mucchio di destra e poi con quello di sinistra, si accantonano
quattro bastoncini per volta, fino a che non restano uno, due, tre o quattro bastoncini e si mettono i resti
tra l'anulare ed il medio e poi tra il medio e l'indice della mano sinistra. Al termine possono restare 9
bastoncini (1+4+4 con probabilità ) oppure 5 bastoncini (1+3+1, 1+2+2, 1+1+3 con probabilità ). Si
accantonano i 9 o 5 bastoncini e si ripete il processo una seconda volta partendo dal mucchietto di 44 o 40,
questa volta ottenendo un numero pari di resto di 8 o 4 bastoncini. Di nuovo si accantonano e partendo dal
mucchietto di 32, 36 o 40, si ottiene ancora un numero di 8 o 4 bastoncini.

Un gruppo di 5 o 4 bastoncini è considerato una unità, associata al numero "tre" (maschile).


Un gruppo di 9 o 8 bastoncini è invece una doppia unità, associata al numero "due" (femminile).

Per calcolare il valore della riga dell'esagramma si considera la seguente tabella:

142
9+8+8 associato a 2+2+2 = 6 linea spezzata mobile

9+8+4 associato a 2+2+3 = 7 linea intera fissa


9+4+8 associato a 2+3+2 = 7 linea intera fissa
5+8+8 associato a 3+2+2 = 7 linea intera fissa

9+4+4 associato a 2+3+3 = 8 linea spezzata fissa


5+8+4 associato a 3+2+3 = 8 linea spezzata fissa
5+4+8 associato a 3+3+2 = 8 linea spezzata fissa

5+4+4 associato a 3+3+3 = 9 linea intera mobile

si trascrive il risultato come riga intera o spezzata, mobile o fissa e si ripete l'intero procedimento (con i 49
bastoncini) sei volte per comporre l'esagramma dalla riga in prima posizione (più bassa) fino alla riga in
sesta posizione (più alta).

Al termine del procedimento si ricompone il mucchio di 50 bastoncini, lo si ripone e si passa


all'interpretazione del responso.

143
Note sulle differenze dei due sistemi

Da un punto di vista statistico di calcolo delle probabilità i due sistemi, quello delle monete e quello degli
steli di millefoglie, sono differenti e restituiscono probabilità differenti nel corso dell'estrazione delle linee. I
due metodi non differiscono tanto per il carattere, "Yin" o "Yang", delle linee risultanti, quanto piuttosto
per il tipo di linea, fissa o mobile (v. tabella qui sotto).

Probabilità delle linee

Monete Steli

linea spezzata mobile 1/8 4/64

linea intera fissa 3/8 20/64

linea spezzata fissa 3/8 28/64

linea intera mobile 1/8 12/64

Ad esempio, nel metodo degli steli, una linea spezzata mobile ha origine dalla serie 9-8-8, che si realizza
componendo il 9 alla prima estrazione (un solo modo possibile) con l'8 alla seconda (2 modi distinti) e alla
terza (altri 2 modi distinti), dunque 4 modi in tutto sui possibili 64.

144
Sincronicità

Carl Gustav Jung, oltre che studiare la psiche umana, cercava il modo di definire quegli aspetti
dell’inconscio non riconducibili alla storia individuale perché collegati, essendo comuni, all’intera umanità.

Nella prefazione de l'I King di Richard Wilhelm del 1948, Jung scrive che aveva già lavorato per oltre
trent’anni sulla traduzione di James Legge e approfondisce anche i motivi per cui aveva maturato la propria
posizione riguardo al principio di causalità. Pose così le basi che avrebbero in seguito costituito la vera e
propria essenza della teoria della Sincronicità del 1952.

Lo studio del meccanismo matematico in cui sono codificati i 64 esagrammi dell'I Ching, lo aveva infatti
portato a formulare il principio che connetteva avvenimenti di analogo contenuto significativo, manifestati
in differenti momenti temporali, legati al principio di casualità e non a quello di causa ed effetto.

Una casualità perfettamente sintonizzata sulle necessità psicologiche di quel momento, basata sul principio
per cui i simboli, e gli archetipi ad essi correlati, sono patrimonio comune di tutti gli individui essendoci a
priori un bacino di conoscenza, contenente ogni informazione, a cui poter accedere liberamente in qualsiasi
momento. Queste informazioni sono trasmesse all’umanità dai simboli che hanno il compito di
rappresentarle.

Il popolo cinese possiede una “scienza” che trova proprio nell’I Ching il suo standard-work. Il principio di tale
scienza, come molte altre cose in Cina, è oltremodo diverso da quello su cui invece è impostata la nostra. cit.
Carl Gustav Jung.

145
CAPITOLO QUATTRO

TEOSOFIE E TRASCENDENZE

146
Quasi tutte le credenze , popolari o meno che siano, hanno la tendenza a trasformarsi in qualcosa di più, in
leggi universali o in regole, in religioni e sistemi sociali ad esse relative. Quasi tutte le convinzioni hanno la
drammatica tendenza a tradursi in imperativi, a volte incidendo anche in maniera importante sulla
mentalità individuale, sui comportamenti, sulla relazioni neuronali. Mistici, veggenti, catarsi e trance,
illuminati e santi, caratterizzano ogni credo, ogni forma di fede, ogni modello di rapporto tra la natura e
l’uomo.
In questa sezione cerchiamo di capire quali sono e come funzionano le teosofie, alcune delle quali divenute
vere religioni, altre ancora di tipo settario, comunque abbondantemente diffuse nel mondo, anche laddove
meno ce lo potremmo aspettare…

147
TEOSOFIA
Il termine teosofia 16(dal greco θεός, 'dio', e σοφία, 'sapienza') indica diverse dottrine mistico-
filosofiche storicamente succedutesi, che si richiamano l'una all'altra. Di seguito un breve elenco:
nella filosofia neoplatonica, la teosofia indica la sapienza divina alla quale l'uomo può accedere solo
attraverso una esperienza mistica.
nella filomazia, la teosofia indica la circolarità di tutte le cose divenire alla quale l'uomo può accedere
solo attraverso la perenne ricerca di se stesso partendo dall'osservazione del contingente realismo.
La teosofia diventa una dottrina filosofica del XVII secolo, la quale sostiene che tutte le religioni hanno
un'unica origine. Tale dottrina afferma di poter condurre l'uomo alla verità tramite una
conoscenza esoterica della divinità.
Un nuovo movimento ed una dottrina religiosa-esoterica risalenti al XIX secolo, in un
sistema sincretico di elementi cristiani, orientali, filosofici, spiritisti, assume la possibilità di un contatto
diretto con la divinità, predicando la metempsicosi (letteralmente passaggio da un corpo a un altro).
La teosofia è anche la dottrina propugnata dalla Società Teosofica, cofondata nel 1875 a New
York da Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891), che appunto si proponeva di divulgare il pensiero
teosofico, ovvero tutte le religioni deriverebbero da un'unica verità divina. Tale verità sarebbe stata
tramandata nel corso della storia attraverso una strettissima cerchia diiniziati, i quali avrebbero rivelato
solo gli aspetti più conformi al periodo storico in cui essi si sarebbero venuti a trovare.

Il testo sacro dei teosofi è il Libro di Dzyan. La cosmogonia teosofica prevede uno sviluppo del mondo
tramite vari stadi intermedi tra la materia e lo spirito; l'uomo, composto di corpo, spirito e anima, cresce
anche esso attraverso vari stadi definiti: materia, corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale, ragione, anima e
infine spirito. L'anima umana non ha né inizio né fine: essa è destinata ad un ciclo di reincarnazioni finché
raggiunge la sostanza assoluta del cosmo.

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148
La Società Teosofica
La teosofia in primis è una Scienza esoterica. Il termine "scienza" ha dunque un significato molto sui
generis, ma neppure così lontano come parrebbe dal significato di "scienza" con cui Husserl indicava la sua
particolarissima fenomenologia, basata sulla credenza che al di là delle conoscenze scientifiche sulle cose,
la loro verità (eidos) fosse accessibile solo per vie logico-astratte per acceder a una sorta di res
cogitans spiritualistica di ascendenza cartesiana. Helena Blavatsky definisce la teosofia, nel testo La dottrina
segreta, come:

« la saggezza accumulata nel corso delle Ere [...] provata e verificata da generazioni di profeti. »

I tre principi e scopi su cui si basa la Società Teosofica sono:

1. Formare un nucleo di fratellanza universale dell'umanità senza distinzioni di razza, sesso, credo,
casta o colore;
2. Incoraggiare lo studio comparato delle religioni, filosofie e scienze;
3. Investigare le leggi inesplicate della Natura e le capacità latenti dell'uomo.
La fondatrice del movimento, Helena Blavatsky, sostenne sempre di aver compiuto un viaggio nell'allora
sconosciuto Tibet, dove avrebbe incontrato i Maestri della Fratellanza Bianca, la cui esistenza sarebbe
attestata in tutte le tradizioni iniziatiche sia orientali che occidentali (sanscrito, vidhyadhara, tib. rig dzin). In
Tibet questi maestri le insegnarono le arti occulte che lei avrebbe rivelato, parzialmente attraverso i suoi
libri, quindi totalmente agli aderenti dei più alti livelli della Società da lei fondata insieme al colonnello
Olcott. Inoltre fu seguita da spiriti-guida che le svelavano progressivamente le verità più segrete.
Il viaggio, se pure anche sia da intendersi in senso metaforico (potrebbe alludere ad una iniziazione da
parte di presunti Maestri, il cui rifugio metaforico o reale si troverebbe "in Tibet", parimenti la Blavatsky
sostenne anche di aver combattuto al fianco di Giuseppe Garibaldi nell'unificazione d'Italia), ha sollevato
non poche riserve da parte di qualche studioso. Influssi nel pensiero teosofico della Blavatsky possono
essere ricondotti alla tradizione ermetico-massonica apprese in Europa.
149
Il "metodo" della Teosofia proponeva un forte "eclettismo" e una conoscenza diretta dei testi sacri. Il
metodo filologico della fondatrice ha sollevato molte riserve da parte degli studiosi (oltre
all'ipnosi e interpretazione dei sogni) che lei stessa citava, come l'eminente indologo (e fondatore della
disciplina delle religioni comparate) Max Müller; in particolare Müller, che evidentemente non dava credito
alle abilità prodotte dai poteri occulti, le contestò di non conoscere le lingue nelle quali lei citava a piene
mani; altri, come Colemann, la accusarono di plagio di libri altrui: in definitiva, secondo il loro giudizio,
avrebbe distorto qualunque fonte perché si piegasse alle proprie idee.
Alcuni studiosi vedono nel movimento teosofico l'origine della moderna "New Age", le cui libere esegesi dei
testi, convenzionalmente ritenuti sacri da vari culti religiosi, secondo alcuni ne altererebbero l'autentico
significato.

Nota a commento:
Personalmente ritengo che il settore dell’occultismo sia stato, e ancora oggi sia, il regno privilegiato di
cialtroni e mistificatori di varia grandezza, ordine e natura. Maghi e ciarlatani, distributori di elisir
portentosi, suggeritori di numeri vincenti, cartomanti abborracciate e chiromanti da Luna Park, uomini
medicina, vedo & prevedo, guaritori porno terapeuti ne abbiamo visti in numero impressionante.
Tra questi, a volte, condizionati dal potere economico o dal carisma personale, alcuni giungono a fondare
vere sette, addirittura chiese riconosciute, come vedremo più avanti nel caso di Scientology, basandosi
essenzialmente sulle paure inconsce e sulle debolezze individuali. Di queste persone, e delle loro sette,
nutro un personalissimo,profondo disdegno, ma non posso esimermi dal presentare anche le loro teosofie
che fanno parte integrante della storia e dell’evoluzione della materia.

150
MISTICISMO
[mi-sti-cì-smo] s.m.17
1 Atteggiamento spirituale o dottrina religiosa o filosofica in base a cui l'intima unione col divino, ottenuta
con l'ascesi e la meditazione interiore, porta alla conoscenza perfetta
2 estens. Tendenza a una fede assoluta, a una dedizione totale a un valore, un'ideologia; religiosità
profonda

San Francesco in meditazione con teschio, Francisco de Zurbarán,1658, Alte Pinakothek, Monaco di Baviera

La mistica (dal greco mystikòs = misterioso, e questo da myein = chiudere, tacere) è la contemplazione della
dimensione del sacro e ne comporta una esperienza diretta, "al di là" del pensiero logico-discorsivo e quindi
difficilmente comunicabile.

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151
Nell'estasi mistica l'uomo si unisce con la "Verità ultima" della propria esistenza e dell'intera realtà cosmica.
Si può ottenere l'estasi mistica al termine di un procedimento di progressivo distacco sia dalla conoscenza
sensibile sia da quella razionale, fino alla perdita dell'"io" nel "tutto", inoltre può essere anche raggiunta
spontaneamente, improvvisamente e senza cause apparenti. Gli episodi di estasi spontanea sono
le apparizioni ai semplici pastorelli come i momenti fondanti nel percorso di un grande maestro o,
addirittura, di una religione.
« L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il
roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. »
(Esodo 3:2)

Si possono distinguere tre fasi dello sviluppo di una religione. Il primo stadio è quello primitivo, nel cui
contesto Levy-Bruhl parla di "partecipazione mistica", dove il divino è semplicemente presente ovunque,
nelle piante, nei fiumi, nella terra, in cielo, negli animali, in ogni cosa e non vi sono distinzioni nella coscienza
umana. Il secondo stadio è il momento creativo, a seguito di una rottura con lo stato primordiale diventa
necessaria una ricomposizione, questo è il momento creativo di una religione in cui le energie sono rivolte
allo sviluppo dei temi e dei miti relativi, la mistica non ha un ruolo in questa fase perché le energie sono
dedicate alla costruzione ma quando una religione ha raggiunto un impianto consolidato, una diffusione ed
una istituzionalizzazione con gerarchie e riti, in quel momento si sente il distacco dal contatto originale con
il divino e lo si ricerca di nuovo, per colmare il baratro che si è venuto a creare. E si sviluppano le mistiche.
In tutte le grandi religioni del mondo vi sono correnti mistiche. Fondate sulla ricerca personale e sul contatto
diretto col divino, le correnti mistiche possono apparire anarchiche ed in contrasto con le istituzioni
delle Chiese, e se è vero che queste ultime hanno compiuto forme di repressione verso i movimenti
estremistici o verso singoli esponenti che esprimevano una teologia "eretica", è vero anche che tutte le
Chiese hanno eletto mistici come i massimi esempi della propria fede. Come scrive Giordano Berti nel
"Dizionario dei Mistici" (Milano 1999, p.7), "ogni religione è in grado di offrire diverse strade mistiche, che
possono assumere toni estremi, persino aberranti, ma che corrispondono evidentemente a una necessità
interiore (si pensi solo alle penitenze cui si sottopongono certi monaci medioevali, alle torture sciamaniche,
ai prolungati digiuni degli asceti induisti e jainisti). Dunque, la mistica può essere al tempo stesso un punto
di contatto oppure un fattore di netto distacco e fra le diverse religioni proprio perché è relativa a differenti
bisogni spirituali, in parte innati e in parte indotti dalle culture e dalle tradizioni locali.
152
Nel Cristianesimo fin dai primi tempi si ritrovano correnti mistiche, alcune integrate e altre espulse
come eretiche, lo gnosticismo in Asia minore, ed in Egitto i Padri del deserto. Nell'Ortodossia sono
ammesse forme di ricerca mistica come l'esicasmo. In ambito cattolico, tra le personalità mistiche si
possono ricordare Ildegarda di Bingen, Meister Eckhart, Teresa d'Ávila, Giovanni della Croce, in
quello protestante Jakob Böhme; ma la mistica non disdegna gli umili, per esempio la piccola Bernadetta di
Lourdes. San Tommaso d'Aquino, la cui opera non è certo di stampo mistico, pure sembra avere vissuto
alcune intense esperienze mistiche verso la fine della sua vita. Nel 1900 si è sviluppata in Italia una corrente
mistica all'interno del movimento pentecostale guidata da Domenico Zaccardi inquadrabile però di più
nell'incavo mistico rigorista; questo movimento - che esiste ancora oggi - cercava di cancellare dall'uomo
tutti i suoi desideri, a cominciare dalla sessualità per sostituirli con un amore totale verso Cristo Gesù.
Nell'ebraismo, la cabala è la corrente esoterica che affonda le radici negli stessi luoghi e negli stessi tempi
della formazione delle correnti mistiche cristiane ma si sviluppa vigorosamente dal X secolo in poi (Abramo
Abulafia), vi è poi il Cassidismo nato in Polonia nel XVIII secolo e l'anomalo movimento
del sabbatianismo di Sabbatai Zevi nel XVII secolo. Nell'islam, le correnti mistiche si raccolgono attorno
al sufismo, ma tutta la religione ha una impronta mistica. Le personalità più note sono Al Ghazali, Gialal al-
Din Rumi e Ibn Arabi. Il manicheismo si strutturava in classi dove potevano diventare sacerdoti solo i
predestinati scegliendo una via di ascesi. Il buddhismo basato gnosticamente sulla ricerca individuale ha
consentito lo sviluppo di correnti mistiche come, ad esempio, lo Zen. Nelle religioni dei popoli primitivi,
lo sciamanesimo consente il contatto diretto con le divinità. I mistici possono avere comportamenti
semplicemente anticonformisti o estremi. Nei primi secoli del cristianesimo gli stiliti vivevano sulle colonne
una vita di digiuno e di preghiera, i maestri zen impartivano insegnamenti con azioni che erano
apparentemente contro ogni logica.
La mistica ha influenzato l'alchimia in una fase prescientifica e poi la psicologia con Carl Gustav Jung.

153
L’Estasi di Santa Teresa – Bernini

154
QABALA
La cabala o Qabbaláh è parte della tradizione esoterica della mistica ebraica, in particolare il pensiero
mistico sviluppatosi in Europa a partire dal VII-VIII secolo. Nell'ebraismo Qabbaláh è l'atto di ricevere.
Base del pensiero cabalistico è la Bibbia ebraica o Tanach (acronimo per "Torah, Profeti, Scritti"). La
secolare esegesi del Tanách, già contenuta nella halakháh (esposizione sotto forma narrativa), nella
haggadáh (presentazione della casistica giuridica), nei due Talmudím, il babilonese e il gerosolimitano, e nei
molti midrashím, aveva ormai da secoli posto l'interpretazione del testo sacro al centro della vita
dell'Israelita.
Il fulcro dell'elaborazione delle dottrine mistiche riguardanti l'aspetto segreto del creato è un'opera
composta verosimilmente in Éretz Yisraél nel VI o VII secolo, il Séfer yetziráh (Libro della formazione). Nel
Sefer yetzirah, che tratta delle forze segrete del cosmo, si trova la prima menzione di un termine che
diventerà centrale nella successiva speculazione: la nozione di sefiráh.
Letteralmente sefirah (plur. sefirót) significa "calcolo, numerazione". Nel Sefer yetzirah il termine acquista
un significato più ampio: le sefirot sono manifestazioni allusive dell'energia divina. Gli autori cabalistici
amano paragonare le sefirot a zaffiri. Partendo da un assonanza dei due termini.
Tra la fine del XII secolo e l'inizio del XIII, fa la sua comparsa una vasta letteratura mistica già ben
organizzata sulla dottrina delle sefirot; queste si possono definire i gradi per mezzo dei quali Dio agisce nel
creato. Praticamente tutti i mistici affermano che esse sono in numero di dieci.

155
I nomi delle Sefirot

keter = primo logos-il padre


chokmah = secondo logos-il figlio
binah = terzo logos-lo spirito santo
chesed = mondo-corpo atomico
geburah = mondo-corpo budhico
tiphereth = mondo-corpo causale
netzach = mondo corpo mentale
hod = mondo-corpo astrale
yesod = mondo-corpo eterico
malkuth = mondo-corpo fisico

156
Non sorprende, tantomeno in termini di cronologia delle religioni, che le prime tre Sefirot della Qabala
rappresentino rispettivamente il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

157
TEOSOFIA ORIENTALE
Jīvātmā, Ātmā, Paramātmā - I Tre Aspetti Di Dio, Brahman O Satcitānanda
(Articolo di Alexander-Einar Verdoux).

Jīvātmā è il Sè individuale in quanto Essere vivente, la Ātmā è un un frammento ed emanazione del


Paramātmā, ed indica l'essenza che ogni individuo (jīvātmā) contiene nel suo Essere; infine la Paramātmā è
la Coscienza Cosmica, Dio, che attraverso la sua espansione comunica la conoscenza e coscienza della Ātmā
attraverso il cuore di ogni jīvātmā. Paramātmā è la SuperAnima, la SuperCoscienza, il Supremo Principio, il
Divino Sè o Supremo Sè, l'Amore Universale, la Verità o Realtà Ultima. La Ātmā si suole indicare come un
raggio della luce del Brahman o Paramātmā. Ogni jīvātmā è coniugato alla Ātmā di ogni altro jīvātmā in
quanto qualitativamente appartenenti alla medesima essenza, tutte eguali emanazioni del Mahādeva,
Signore Supremo Śiva. Come ogni seme contiene tutte le qualità dell'albero, così la Ātmā di ogni jīvātmā
contiene le qualità del Paramātmā. La Ātmā è anche considerata la luce della vita, ciò che permette ad ogni
jīvātmā di riflettere e risplendere la conoscenza ed esperienza del Paramātmā. Jīvātmā, cioè il Sè
individuale, è il riflesso della totalità della Ātmā come individuo; è un'onda che emerge dall'oceano
dell'esistenza, sia attraverso la trasmigrazione delle anime o saṃsāra, sia attraverso l'esperienza e processo
di sviluppo della coscienza in ogni esistenza. Tutto ciò che viene esperito dal singolo jīvātmā torna unità
nella Ātmā. L'esperienza dell'esistenza può portare maggior sviluppo laddove non v'è identificazione con i
mezzi con i quali il jīvātmā esperisce l'Essere, ovvero la mente, i pensieri, il corpo fisico. Il cammino del
jīvātmā consapevole è volto a discriminare ciò che è reale da ciò che non lo è, ciò che è un'emanazione di
Dio e ciò che è solo un mezzo per esperire le sue emanazioni. Sostanzialmente la vivēkā (principio
fondamentale dell' Advaita Vedānta) consiste nel riconoscere la māyā (ciò che è illusorio ed impermanente)
e distinguerla da ciò che è emanazione reale del Paramātmā (eterno e perpetuo), ciononostante la deve
esperire con consapevolezza per accrescere la Ātmā.

Ciò che lega l'esperienza dell'esistenza del jīvātmā al Paramātmā è anche il principio del Ahamkāra, ovvero
l'ego. L'ego secondo i Vedā è la "volontà di esistere", è la volontà di manifestare l'auto-espressione di Sè
158
attraverso un senso di Io. Ciò che trascende l'ego consiste nel riconoscere il fatto che in ogni jīvātmā v'è la
medesima essenza di Ātmā, portando l'individuo a conoscere l'equanimità tra ogni essere vivente. La forma
gassosa dell'acqua, anche se sembra differente dalla forma dell'acqua dell'oceano, corrisponde alla
medesima essenza dell'oceano, ed in questo consiste la dissoluzione dell'ego verso la consapevolezza della
verità invisibile in Tutto Ciò Che E' che è la Suprema Coscienza che unisce ogni cosa che irradiando ogni
cosa si manifesta in diverse forme come Unità di tutte le cose. L'unificazione delle anime individuali o
jīvātmā verso l'unica-conscia-esistenza della Ātma viene chiamata nei Vedā come illuminazione o
autorealizzazione, unico veicolo che ci porta a conoscere e riconoscere Brahman o Paramātmā come
frammentariamente manifesto con la medesima essenza e qualità in ogni essere vivente o jīvātmā.
Illuminazione significa che tutto ciò che viene riconosciuto dalla propria luce interiore (Ātmā) come parte
illusoria dell'Essere, discernendola da ogni identificazione dell'ego, viene lasciata nell'ombra, che è la
creatrice di ogni illusione, ma allo stesso tempo di ogni consapevolezza che poi riporta all'ombra ciò che
viene riconosciuto (attraverso la discriminazione o vivēkā) come non-luce, o illusione (māyā).

Swami Maheshwarananda Mangilal Garg ci insegna: "Non si può esplicare o descrivere la Ātmā, può essere
solamente esperita. La più vicina analogia la possiamo trovare considerando la luce o lo spazio; lo spazio
non può essere distrutto in quanto rimane eternamente lo spazio. Si può dividere lo spazio in zone ben
definite con dei confini, all'interno dei quali troveremo gli spazi individuali, e anche se all'interno di queste
zone riconosceremo sfumature differenti, quando toglieremo i confini riapparirà automaticamente
l'Essenza che unisce ogni cosa, cancellando ogni differenziazione scelta e creata dalla mente. Così come i
confini dividono lo spazio, il corpo, la mente, l'intelligenza, le qualità e l'esperienza identificata nel termine
"persona", definisce all'interno di specifici limiti il Sè. La verità è che il corpo muore, la persona cambia, ma
non la Ātmā. Il nostro vero Sè non è mai nato, è immutabile ed immortale. Il Sè Individuale o Jīvātmā è il
"Re" che governa il punto in cui le "famiglie reali" o forze dell'universo si unificano, disperdendosi prima di
entrare e dopo che è uscito dal suo "palazzo" (corpo)."

La filosofia hindu, ed in particolare all'interno degli insegnamenti dello Yoga, è stata per secoli esaminata la

159
necessità di conoscere la risposta all'essenziale quesito che ogni singolo individuo si pone nei riguardi
dell'esistenza: - Chi sono Io? -.

La risposta a tale quesito si può ottenere solamente con l'esame di se stessi: - Tu sei il corpo? Sei la mente?
Sei per caso le tue qualità, pensieri o emozioni? O sei qualcos'altro? - Tanto più continuerai a cercare in
profondità, tanto più conoscerai ogni aspetto del tuo Essere, tornando alla Sorgente dove ogni Elemento ha
origine. Infine riconoscerai che Tu non Sei un Tattva - una delle trentasei qualità dell'emanazione della
realtà - e nemmeno uno dei Guṇa - le tre qualità costituive della Natura materiale (prakṛti), cioè creazione o
sattva, preservazione o rajas, e distruzione o tamas, del principio cosmico femminile o śakti, contrapposte
alla Natura spirituale (puruṣa), principio cosmico maschile o śiva -, ma riconoscerai l'esperienza di te stesso
come: (Verità-Coscienza-Beatitudine), cioè come l'essenza del Sè Divino o Paramātmā, che vive attraverso
l'eterno, immutabile, infinito Ātmā in ogni jīvātmā. L'unica vera realtà all'interno di ognuno di noi è la Ātmā,
tutto il resto è non-realtà. La Ātmā è trikāladarashi, la conoscitrice dei tre aspetti del tempo (passato, del
presente e del futuro), ma anche Caitanya (Coscienza), ciò che è testimone di Tutto Ciò Che E'.

160
CAPITOLO CINQUE

MAGIA & ESOTERISMO

161
Esoterismo18 è un termine generale per indicare le dottrine di carattere segreto i cui insegnamenti sono
riservati agli iniziati, ai quali è affidata la possibilità della rivelazione della verità occulta, del significato
nascosto.

Etimologia e senso comune del termine


"Esoterico" deriva dal greco εσωτερικός (esotericos), che è l’insieme delle parole εσώτερος (esoteros)
"interno" e εἰκός (eikos) "è naturale" (locuz.). Da cui gli studi esoterici sono gli studi sulla natura interna
dell’uomo che riguardano quelle scienze che portano, attraverso l’introspezione, alla riscoperta di noi
stessi, alla conoscenza della nostra "natura interna", della Verità.
Esoterismo è un termine oggi abusato, ma di uso comune, per indicare prassi magiche, riti di cartomanzia,
calcoli cabalisti e altre forme di superstizione, cioè credenze di natura irrazionale.
Esoterismo è anche sinonimo di nascosto, occulto, in quanto scienze esoteriche come l’alchimia (che
doveva trasformare il piombo, ciò che è negativo, in oro, ciò che è positivo, nell’uomo per fargli riscoprire la
sua “natura interna”) dovevano nascondersi, rendersi occulte usando allegorie, per non subire le reazioni
della Chiesa.

Definizione accademica di esoterismo


Nel 1992 Antoine Faivre, titolare della cattedra di "Storia delle correnti esoteriche nell'Europa moderna e
contemporanea" all'École pratique des hautes études di Parigi, ha proposto la prima definizione storico-
religiosa della nozione di esoterismo. Secondo Faivre, il quale metodologicamente circoscrive la sua analisi
all'ambito delle correnti moderne e contemporanee dell'Occidente, è esoterica ogni dottrina e forma di
pensiero che si basi sui quattro principi seguenti:

18
Da Wikipedia, l’Enciclopedia libera
162
1. l'esistenza di una corrispondenza analogica tra il microcosmo e il macrocosmo (l'essere umano e
l'universo sono l'uno il riflesso dell'altro);
2. l'idea di una natura viva, animata;
3. la nozione di esseri angelici, di mediatori tra l'uomo e Dio, ovvero di una serie di livelli cosmici
intermedi tra la materia e lo spirito puro;
4. il principio della trasmutazione interiore.
A questi quattro principi fondamentali vanno aggiunti i due seguenti, considerati complementari:
5. la pratica della confluenza delle fonti dottrinali;
6. il principio della trasmissione iniziatica.
È evidente che a tali criteri corrispondono le maggiori espressioni di quello che comunemente viene
chiamato "esoterismo" occidentale, quali l'alchimia, la cabala, l'ermetismo, la teosofia. I criteri di Faivre
però lasciano fuori dalla nozione di esoterismo la maggior parte delle correnti new age e neopagane, come
pure le tradizioni massoniche e le tante correnti mistiche minoritarie, occidentali ed orientali, che hanno
contribuito a fondare l'esoterismo contemporaneo. Per tale motivo (cioè per il fatto che tali criteri siano
poco "comprensivi"), la criteriologia di Faivre è stata criticata da altri storici delle religioni, per
esempio Kocku von Stuckrad. Ciò nonostante, essa resta un punto di riferimento centrale per tutti coloro
che si interessano seriamente di esoterismo e vogliono studiare quest'ultimo dal punto di vista storico-
religioso.

Definizioni non scientifiche


Ogni autore di letteratura esoterica è detentore di una propria definizione del termine "esoterismo"
(termine di coniazione piuttosto recente, dato che appare per la prima volta in una lingua moderna, il
francese, nel 1828). Ognuno di essi identifica l'esoterismo con una nozione particolare, dilatandone o
restringendone il campo semantico a seconda delle proprie esigenze.

163
Per Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891), fondatrice della Società Teosofica (1875), l'esoterismo è una
"Dottrina Segreta", una sintesi di tutte le filosofie, di tutte le religioni, capace di svelare gli arcani
dell'Universo e dell'Assoluto.
Per Rudolf Steiner (1862-1925), fondatore dell'antroposofia, l'esoterismo è una "scienza spirituale",
un'investigazione dei mondi soprasensibili attraverso le facoltà della chiaroveggenza.
Per René Guénon (1886-1951) l'esoterismo è innanzitutto la "Tradizione Primordiale", ossia una dottrina
metafisica universale la cui trasmissione si effettua soprattutto attraverso il linguaggio dei simboli.
Secondo Guénon il contenuto di tale dottrina metafisica è reperibile, sebbene in forma alterata, nelle varie
tradizioni religiose della storia, e più precisamente nel loro versante "esoterico" (la cabala per l'ebraismo,
il taoismo per la religione cinese, il sufismo per l'Islam).
Per Omraam Mikhaël Aïvanhov (1900-1986) lo scopo dell'esoterismo o scienza iniziatica è quello di
insegnarci a trasformare i nostri desideri inferiori e di entrare in comunicazione con il mondo divino per
perfezionarci e aiutare tutta l’umanità. Secondo Aïvanhov, certe scienze quali l'alchimia, la magia,
l'astrologia e la Cabala sono di difficile approccio e per capirle bene è consigliabile iniziare a studiarle
nell'uomo, nelle sue attività quotidiane. Nel cibo troviamo l'alchimia, nella respirazione l'astrologia, nella
parola e nel gesto la magia e nel pensiero la Cabala. Lo studio dell'esoterismo, precisa questo autore, non
può essere separato dalla vita quotidiana.

L'esoterismo occidentale e la ricerca accademica


È a partire dal secondo dopoguerra che gli storici delle religioni iniziano a prendere in esame i diversi ambiti
della tradizione esoterica occidentale, fino ad allora ignorata dalla ricerca accademica.
Vengono così forniti contributi scientifici di rilievo, grazie ai quali si inizia ad apprezzare l'importanza
quantitativa e qualitativa del corpus esoterico occidentale. Tra i maggiori artefici di questa svolta si devono
menzionare Mircea Eliade per l'alchimia e lo sciamanesimo (Le Chamanisme et les techniques archaïques de
l'extase, Paris, 1950; Forgerons et alchimistes, 1956), Gershom Scholem per la cabala ebraica (Major Trends
in Jewish Mysticism, 1941), François Secret per la cabala cristiana (Les Kabbalistes chrétiens de la
164
Renaissance, 1964), Frances Yates per l'ermetismo e il neoplatonismo del Rinascimento (Giordano Bruno
and the Hermetic Tradition, 1964; The Occult Philosophy in the Elizabethan Age, 1979), Alexandre Koyré per
la mistica e lateosofia tedesche (Mystiques, spirituels, alchimistes du XVIe siècle allemand, 1970), Charles
Puech per lo gnosticismo e il manicheismo.
Tale fioritura di studi rese necessaria la creazione di una disciplina scientifica nuova, che si facesse carico di
studiare l'esoterismo occidentale in quanto fenomeno storico-religioso a sé stante.
L'impulso alla costituzione di tale disciplina fu dato a Parigi, all'École pratique des hautes études, da
François Secret, titolare fin dal 1964 della cattedra di “Storia dell’esoterismo cristiano”. A Secret successe
nel 1979 Antoine Faivre, sotto la cui direzione la cattedra mutò nome, prendendo il titolo di “Storia delle
correnti esoteriche e mistiche nell’Europa moderna e contemporanea”.
Nel 2002, con l’arrivo all’EPHE di Jean-Pierre Brach, il termine “mistiche” fu soppresso, e l’esoterismo
divenne l’unico oggetto di studio della disciplina, i cui quadri concettuali portanti erano stati
precedentemente definiti da Faivre in alcune importanti pubblicazioni. La fecondità di tale indagine
scientifica è confermata dalla creazione di numerose cattedre in altri paesi, tra cui quella
di Amsterdam (1999) e quella di Exeter in Inghilterra (2006).

165
SCIAMANESIMO
Lo sciamanesimo è la forma di spiritualità più antica del mondo.
Non ha né leggi né templi: poggia le sue fondamenta solo sull'incontro diretto con gli Spiriti, con il Viaggio
dentro la Realtà Altra, una sapienza atavica in cui medicina, magia e mistica sono inestricabilmente
intrecciate.
Per gli sciamani malattia e sofferenza sono solo sentieri nella foresta, dove ci accade di smarrirci ma da cui
è anche possibile tornare indietro - e il compito degli sciamani è quello dei cercatori di anime smarrite.
I loro metodi sono così primordiali e assoluti da essere del tutto simili in ogni parte del mondo, in
popolazioni mai venute in contatto tra loro, come gli indios del rio delle Amazzoni e gli aborigeni
australiani.

Cos'è lo sciamanesimo?
Non è un sistema di credenze o una filosofia o un'interpretazione del mondo.
Non è neppure una religione, come la intendiamo di solito.
È solo il modo naturale, spontaneo di guardare la realtà, quello che abbiamo ancora da bambini prima che i
dogmi della nostra cultura lo reprimano.
Lo sciamanesimo è soltanto quel che c'è prima di ogni sistema di credenze.

Chi sono gli sciamani?


Gli sciamani praticano l'arte antica di trattare con gli Spiriti, esseri che sembrano personali e che esistono
dietro o aldilà di questa Realtà.
Essi sanno viaggiare nei loro Mondi e padroneggiarli.
Riescono a tracciare "una mappa della foresta" per aiutare la loro comunità ad orientarsi lungo i sentieri
misteriosi e spesso duri della vita: malattia, dolore, mancanza di senso, scelte difficili, morte.
Aiutano la loro gente ad essere in equilibrio con tutto l'Universo, con i Poteri della Natura, con gli Spiriti
degli animali, delle piante, con gli Spiriti dei Morti e quelli dei Mondi invisibili.

166
La mentalità moderna ha ridicolizzato a lungo simili pratiche, in obbedienza al dogma imposto dalla scienza,
secondo cui gli spiriti, siano anime di morti o altri esseri incorporei, NON esistono.
Così ogni spirito con cui entriamo in contatto - come ad esempio nei sogni - è considerato per ipotesi irreale
o un prodotto dell'immaginazione, o comunque un contenuto interno della nostra mente, anziché un'entità
esterna dotata di di esistenza propria.
Comunque gli sciamani non credono nel mondo degli spiriti, così come non credono nei dogmi
materialistici, gli sciamani semplicemente fanno esperienza del mondo degli spiriti e ottengono da loro
conoscenza, potere e guarigione.
Non dubitano dell'esistenza degli spiriti solo come non si dubita che esista il fornaio che ci vende il pane che
poi mangiamo.
Lo sciamanismo è un'arte empirica.

167
Sciamanesimo 19, in antropologia culturale, è un termine che indica l'insieme delle credenze ed il modo di
vivere e di vedere il mondo, di societàanimiste non alfabetizzate, imperniato intorno ad una particolare
figura di guaritore-saggio ed alla sua attività magico-religiosa: lo sciamano.
Lo sciamanesimo si riferisce a una vasta gamma di credenze e pratiche tradizionali che comprende la
capacità di diagnosticare e curare malattie, nonché tutti i possibili problemi della comunità e del singolo,
dal come procurarsi il cibo al come sbarazzarsi dei nemici. Ciò attraverso l'asserita capacità dello sciamano
di "viaggiare" in stato di trance nel mondo degli spiriti e di utilizzare i loro poteri. È questa la principale
caratteristica dello sciamano che lo contraddistingue da altre forme di guaritore.
Lo sciamanesimo è un'antichissima pratica transculturale che presenta caratteri distintivi ben precisi e
comuni, all'interno di una struttura flessibile, capace cioè di adattarsi a diverse culture e religioni.
Secondo svariati dizionari etimologici, la parola sciamano (per la prima volta attestata nel 1698) sarebbe
entrata nell'italiano dall'inglese shaman, questo (attraverso lingue slave egermaniche) dal tunguso šaman,
a sua volta dal pali samana, derivato dal sanscrito sramana che significa "monaco". Da notare
la radice indoeuropea sa- legata al verbo "sapere" e mánucon significato di uomo.

La figura dello sciamano


La figura dello sciamano nasce nelle società primitive con lo scopo di risolvere problematiche di base per la
sopravvivenza di qualsiasi società, ovvero:

salute
riproduzione
sussistenza

19
Da Wikipedia, l’Enciclopedia libera
168
Secondo queste società primitive, in ultima istanza, erano gli spiriti ultraterreni a determinare la sorte e gli
avvenimenti terreni; ogni problema poteva perciò essere risolto solo da qualcuno che avesse la capacità ed
i mezzi per entrare in contatto con tali spiriti, affrontando un "viaggio" ultraterreno nel loro mondo,
trovando lì la soluzione ai problemi. Questo è lo sciamano, un "ponte" tra il mondo terreno e quello
ultraterreno. Secondo la cultura sciamanica, non si può diventare sciamani per scelta o per
semplice iniziazione, ma si deve ricevere una "chiamata" da parte degli "spiriti" e a questa chiamata non si
può rispondere negativamente. Detto ciò, è comunque possibile che alcune culture prevedano un qualche
tipo di iniziazione per lo sciamano. Per chi la riceve, la "chiamata" è spesso un dramma: essa ne sconvolge
la vita e ne mina seriamente la stabilità e l'integrità fisico-psichiche; il chiamato ne farebbe volentieri a
meno. Tuttavia, il non accettare, sempre secondo la tradizione sciamanica, avrebbe conseguenze molto più
gravi, che potrebbero portarlo fino alla follia ed alla morte.
Generalmente nello sciamanesimo classico, gli sciamani sono di sesso maschile, ma esistono anche
sciamani di sesso femminile ed il loro numero aumenta man mano che ci si avvicina ai gruppi sedentari,
soprattutto nelle società agricole e contadine (p. es. Uzbeki e Tagiki, ma anche Estremo Oriente e Sudest
asiatico). Il loro ruolo però è generalmente più marginale rispetto a quello degli sciamani maschi perché,
sempre secondo la tradizione sciamanica, il "viaggio" dello sciamano di sesso maschile sarebbe di ben più
ampio respiro, avrebbe un raggio d'azione molto più vasto e la sua azione sarebbe molto più potente. Le
sciamane (dove esistono) sarebbero invece generalmente più "specializzate" in quelle cure che prevedono
l'uso dell'erboristeria.
Molte caratteristiche dello sciamanesimo possono appartenere sia agli uomini che alle donne senza
riguardo per le loro differenze biologiche. Sciamani di entrambi i sessi che suonano tamburi, intonano canti
rituali e compiono guarigioni esistono in tutto il mondo, anche se in molti luoghi gli sciamani di una tribù
appartengono in modo predominante o a un sesso o all’altro. La tribù degli Huichol in Messico, per
esempio, è specializzata sia in guarigione sciamanica che in arte sciamanica. Gli uomini sono per la maggior
parte guaritori e ritualisti e le donne artiste. Da sempre uomini e donne Huichol operano insieme lungo i
sentieri paralleli del guaritore e dell’artista e spesso mariti e mogli seguono l’apprendistato per lo stesso
periodo di anni, offrendo sacrifici differenti alle diverse divinità che rappresentano la via del guaritore e
169
quella dell’artista. Insieme, ma individualmente, lottano per raggiungere ciò che viene chiamato
completamento, e si aiutano a vicenda verso la meta. Tra gli Araucani del Cile, invece, gli sciamani sono
donne, come in Corea e come una volta in Cina, in Giappone e in India. Secondo la maggior parte delle
tradizioni sciamaniche, nel corpo della terra esistono alcuni luoghi di potere che rilasciano emanazioni
percepibili e sperimentabili nel corpo. Gli osservatori occidentali si accorgono di rado che lo sciamanesimo
ha a che fare con il femminino, eppure la maggior parte degli sciamani e delle sciamane, da qualsiasi parte
del mondo provengano, operano nel regno del femminino. Essi pregano la Madre degli Animali o la Madre
di tutte le cose, la Madre Oscura, la Nonna della Crescita, la Dea della Morte o qualche altra manifestazione
del Divino femminino nel suo aspetto di potere oscuro, magico e guaritore. Geoffrey Ashe, uno studioso
britannico di sciamanismo, ha scritto che in origine gli sciamani erano donne e che la forma più antica della
parola sciamano significa proprio donna. Egli afferma che la comunità paleolitica si frazionò in tribù diverse
con dialetti diversi e fu allora che nel dialetto tungus il termine “shaman” assunse anche la connotazione
maschile. Ashe collega l’antico sciamanismo femminile alla costellazione dell’Orsa Maggiore e ad Artemide,
e lo situa in epoca paleolitica. Egli afferma che nell’antichità lo sciamanismo non era un fenomeno
individuale, ma veniva praticato dalle donne in gruppo. E il potere del gruppo femminile è radicato
biologicamente nel ciclo mestruale e nei misteri di sangue del parto. In realtà, il periodo mestruale è
davvero “tabù”, ma nel senso più antico del termine cioè “sacro”. Per gli esseri umani esso costituisce
l’evento magico più importante del mese lunare, che corrisponde alla fase crescente e a quella calante della
luna e al flusso e riflusso delle maree.

170
Guaritore della tribù dei Nasi Foratimentre esegue i suoi misteri su un uomo morente. dipinto di George Catlin,1832.

Lo sciamano, diversamente da quanto succede per il sacerdote o il re, non deriva da un'istituzione, ma ha
base empirica, possiede facoltà innate o trasmesse e, a differenza invece dello stregone-medico, ha un
comportamento di carattere estatico, in trance è ponte fra le energie spirituali e quelle terrene, un canale
della volontà divina e delle forze della natura che mette a disposizione dell'umanità attraverso l'amore e la
comprensione. Durante l'estasi si impadronisce di lui una forza (che può essere concepita sia
dinamicamente come impersonale, sia animisticamente come spirito o demone): con questo aiuto lo
sciamano influisce sulla vita dei compagni. Il legame fra lo sciamano e il potere che lo invade è molto
stretto, perde la sua personalità e diventa temporaneamente l'"altro". Sciamani dell'America
settentrionale e della Groenlandia portano maschere proprio per sottolineare questo significato. Non
sempre tutto questo viene sentito come un dono ma anche temuto come la morte, per la sua potenza.
Gli Sciamani sono protettori della mitologia dei raccoglitori – cacciatori (la cui vita era basata sull'economia
di sussistenza, sulla predizione e sul rapporto diretto con la natura) con un ruolo fondamentale
171
sull'evoluzione delle società di cui facevano parte. Le regole fondamentali della pratica sciamanica sono il
rispetto dell'individualità e della libertà di ogni singolo individuo; divieto per lo sciamano è nuocere a sé e
agli altri, mancare di rispetto alla Madre Terra e a qualsiasi espressione di vita, nonché ricevere compensi in
denaro. Aspetto significativo della "cura" nella credenza sciamanica è che la guarigione è sia fisica che
psichica.
Parte della psichiatria moderna attribuisce le eventuali guarigioni ad ipnosi o autoipnotismo o anche
ad ipnotismo collettivo. Gli strumenti musicali, per esempio, con il frastuono violento che spesso
accompagna queste pratiche, "strappano" il guaritore ed il paziente dalla loro solita esistenza, con funzione
terapeutica.

Diffusione
Lo sciamanesimo, originariamente legato alle culture di cacciatori-raccoglitori, appare diffuso quasi
ovunque nel mondo, dall'Australia alle Americhe con caratteristiche comuni. Lo sciamanesimo è presente
nel continente africano sotto diversi aspetti e forme e spesso usato a scopo di lucro ai danni della
popolazione molto povera e credente.
In Africa raramente si utilizza il termine "sciamanesimo" per identificare gli "operatori" del mondo magico.
Secondo Eliade lo sciamano è colui che controlla gli spiriti e che, attraverso il “viaggio” visita il regno
dell’Oltremondo. Al contrario la possessione presente nei rituali africani rende l’uomo controllato dagli
spiriti che, proprio al contrario della pratica sciamanica, vengono loro a visitare gli uomini. Nonostante
quanto detto, non è facile individuare una netta differenza tra possessione e pratiche sciamaniche.
Gilbert Rouget afferma che la classificazione di Eliade è troppo rigida e esistono tutta una serie di casi
intermedi. Secondo Shefferman anche se lo sciamano domina gli spiriti: essi spesso parlano per bocca dello
sciamano, danzano con il suo corpo e in molte tradizioni ne fanno addirittura cambiare sembianze in
animale. Del resto, ricorda Richard Noll, lo sciamano prima di essere tale, nelle tradizioni tunguse è un
“malato”, ovvero un posseduto dagli spiriti. Nelle pratiche africane, proprio come nelle tradizioni
sciamaniche, gli spiriti sono “chiamati” dalle danze, dal suono di tamburi, da canti, incensi e libagioni.

172
Forme di sciamanesimo possono essere considerate presenti anche nel Vecchio Continente. Sepolture in
caverne del nord dell'Iraq, a Shanidar, datate 150.000 anni fa, come petroglifi di 7000 anni fa del Nord
America, recano tracce di riti sciamanici. Particolarmente radicato appare invece in Asia, specialmente
in Siberia, dove non c'è è stata la sovrapposizione di altre culture; lo sciamanesimo siberiano è pertanto
considerato dagli studiosi quello classico, il meno "contaminato" da altre culture. Sappiamo che lo Stretto di
Bering, spesso ghiacciato, era l'itinerario seguito dai cacciatori del paleolitico (homo sapiens sapiens) per
penetrare nel continente americano; dal sud-est dell'Asia penetrano fino in Australia, 53.000 anni prima
della nostra era e gli attuali aborigeni sono i diretti discendenti.
Pratiche sciamaniche si ritrovano quasi ovunque: presso i Ciukci, gli Inuit, gli Yupik, i Samoiedi, i Cumani,
i Tartari e i Mongoli, i Buriati, i Daigate del Borneo, in Oceania, nel Sud-Est Asiatico,
in India, Tibet, Giappone e nel continente americano ma si hanno anche forme più "raffinate" come presso
gli Yoag Indiani, oppure i Berserkr germanici. Riti sciamanici avevano continuato ad essere praticati nel
corso della storia in Cina: la loro presenza è confermata dalle fonti storiche Han, secondo cui numerosi
sciamani che abitavano il territorio cinese nel III secolo a.C. erano invitati dagli imperatori per la costruzione
di altari e templi nella capitale. Nonostante l'ostilità dei funzionari di corte essi mantennero un ruolo
importante per oltre un millennio fino all'emanazione di un editto del 1023 che rimandava gli sciamani
nelle loro province d'origine, decretando l'abbattimento dei loro altari; in un'epoca in cui lo Stato si era
ormai completamente confucianizzato lo sciamanesimo venne abolito dalla corte, continuando però ad
essere praticato a livello popolare fino ai giorni nostri, seppur con una estensione molto minore. Gli
indigeni della Nuova Guinea, sotto l'effetto di alcune sostanze psichedeliche, erano convinti di entrare in
contatto con i parenti defunti: il problema che sorgeva era che un morto tornato tra i vivi cambiava il
proprio carattere, così da buono sarebbe potuto divenire cattivo e viceversa; questo cambiamento era alla
base dei riti funerari, tesi a prevenirlo o ad assecondarlo. I Roro della Nuova Guinea inscenavano una strana
cerimonia per richiamare al villaggio gli spiriti dei morti, considerandoli loro alleati.
Esistono diverse teorie per spiegare la diffusione quasi globale dello sciamanesimo, le principali sono:

173
1. La cosiddetta teoria diffusionista, ipotizza che il fenomeno, nato presso un popolo, si sia diffuso da
un popolo all'altro, da un luogo all'altro.
2. La teoria della derivazione da una fonte comune, ipotizza cioè che ogni popolazione abbia attinto
alla stessa fonte.
3. La cosiddetta teoria strutturalista, ipotizza che il fenomeno sia sorto contemporaneamente in vari
luoghi e presso varie popolazioni perché innato nella struttura mentale umana.
Probabilmente (come spesso accade) il giusto sta nel mezzo e cioè che tutte e tre le teorie sono valide e
non incompatibili, quindi si possono integrare tra loro.

Elementi fondamentali caratterizzanti


Secondo l'antropologia ufficiale, gli elementi fondamentali caratterizzanti dello sciamano, comuni a tutti i
luoghi ove la credenza sciamanica si sia diffusa e pressoché identici dall'Australia alle Americhe, all'Asia,
sono:

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1. La chiamata sciamanica. Lo sciamano, prima di diventare sciamano, asserisce di ricevere una
"chiamata" da parte degli "spiriti", alla quale non può rifiutarsi di rispondere positivamente.
2. Il viaggio sciamanico. Un "viaggio" mentale, onirico nel "mondo degli spiriti", che lo sciamano
compie alla propria investitura e successivamente, con modalità differenti (a volte anche per
mezzo di allucinogeni), ad ogni suo intervento volto a risolvere problemi propri, della comunità o di
singoli. Le fasi caratteristiche del "viaggio" sono:
1. trance (stato psichico alterato che in alcuni casi viene raggiunto tramite l'uso
di allucinogeni e che permane per tutta la durata del "viaggio"),
2. metamorfosi, lo sciamano si trasforma (durante il viaggio, quindi in sogno) nell'animale che
lo protegge e da cui deriva il proprio potere.
3. combattimento (compie durante il viaggio combattimenti contro gli spiriti ed altri
sciamani).
4. ritorno (lo sciamano "rientra" dal "viaggio" con la soluzione al problema)
3. Anargirismo, ovvero il divieto per lo sciamano di ricevere compensi in denaro (pena la perdita del
potere sciamanico).

Introduzione allo sciamanesimo


Lo sciamanesimo è una pratica che permette, tramite l’ampliamento e le modificazioni degli stati di
coscienza, di mettersi in contatto con gli spiriti di natura.
Secondo Mircea Eliade lo sciamano è maestro dell’estasi. Il termine Sciamano deriva dalla lingua Tungusa
(Siberia): Saman (colui che sa).
Lo sciamanesimo è pratica straordinariamente diffusa in molte diverse zone del mondo: Siberia, Europa del
Nord (Lapponia), Australia, America del Nord e del Sud, Tibet, Giappone, Indonesia e Asia Sud-orientale .
Per lo sciamano la natura è piena di spiriti e tutti gli aspetti del cosmo sono concepiti come mutualmente
connessi, dal momento che l’universo consiste in una vera e propria rete di energie, forme e vibrazioni.
Lo sciamano è una figura di intermediazione tra i vari stati dell’essere.

175
Da non confondere con il medium, che ha un atteggiamento passivo nei confronti degli spiriti che lo
“posseggono”, lo sciamano è attivo ed ha piena coscienza della sua condizione alterata e si assume la piena
responsabilità di ciò che fa durante il viaggio.

Comprendere e praticare lo sciamanesimo


(di Maurizio Balboni )

Lo sciamanesimo è per definizione lo studio e la pratica dei principi e delle tecniche degli sciamani, che
mettono in relazione la propria Forza Vitale con lo spirito di ogni altro essere o cosa, umani, animali,
vegetali, minerali o esseri celestiali.
Il prezzo del progresso sociale e tecnologico che abbiamo vissuto, è stata la definitiva separazione tra
l'uomo e la natura. Nell'occidente contemporaneo industrializzato si attua una separazione radicale tra gli
enti e gli esseri, tra gli oggetti e le entità viventi.
Per la cultura sciamanica tutto è vivo e personale e noi siamo parte di un cosmo vivente che comprende
tutto. La nostra relazione con tutte le case è viva.
Lo sciamanesimo mette in connessione l'individuo con la natura e con altri livelli di esistenza, e così facendo
non cerca affatto di manipolare, controllare o sfruttare, ma piuttosto di promuovere una cooperazione e un
sostegno attivo, evoluto, di tutte le forme di vita, in un atteggiamento reciproco di autosviluppo e crescita,
che è l'evoluzione spirituale.
Lo sciamanesimo non ha nulla a che fare con il cosi detto "sovrannaturale", perché è essenzialmente una
attività naturale e olistica; riconosce ogni cosa come un sistema energetico a sé, all'interno di un sistema
energetico più grande; ogni piccolo sistema energetico è a sua volta collegato a quello di qualunque altra
cosa, sicchè tutto merita lo stesso tipo di rispetto, in quanto ogni elemento ha un suo ruolo nel grande
schema cosmico delle cose.

176
Non è un sistema di credenze perché non propaga alcuna dottrina; non si fonda sulla fede, ma sulla
acquisizione di una conoscenza tramite la esperienza. Il concetto di verità per lo sciamano si fonda sulla
esperienza personale.
Nello sciamanesimo, non si richiede di superare prove di fede né intellettuali; ci si limita a fare le cose per
conoscerle. Per lo sciamano vi è solo la fonte di energia interiore che aspetta di essere risvegliata, e alcune
linee guida necessariamente da rispettare per percorrere il sentiero.
Gli sciamani sono in grado di estendere i confini della loro consapevolezza trasferendo la propria coscienza
in mondi interiori con tecniche di viaggio spirituale. Egli ha il potere di svolgere certe mansioni viaggiando
spiritualmente in un mondo di realtà subconscia "inferiore", e di acquisire ispirazione e conoscenza
viaggiando con l'Anima in un mondo di realtà "superiore".
Questi vari mondi coesistono con il mondo fisico ordinario e lo compenetrano, pur rimanendo nascosti agli
occhi fisici e alle percezioni sensoriali abituali, in quanto essi esistono in altre dimensioni. Per questo il
termine sciamano è stato tradotto anche come chi "cammina tra i mondi".

177
I nuovi sciamani

"Solo come guerriero si può sopravvivere sulla via della conoscenza.


Perché l'arte di un guerriero consiste nel bilanciare il terrore di essere un uomo
con la meraviglia di essere un uomo".
Carlos Castaneda

178
Esistono ancora oggi i nuovi e moderni sciamani20, eredi e continuatori delle tradizioni passate ma al tempo
stesso innovatori perché in grado di integrare l'esperienza e la ricchezza del tempo che stiamo vivendo.
Che cosa può apportare la cultura sciamanica, nata e sviluppatasi in contesti tribali, alla società globale del
terzo millennio?
La risposta è una nuova e più ampia forma di coscienza che ci può condurre al recupero della nostra
integrità, un'integrità che non può esistere nella separazione. Quando un essere è separato dalle forze della
natura trionfano le sensazioni di depressione, dipendenza, impotenza e spasmodico bisogno.
Le conoscenze che gli sciamani ci hanno lasciato ci insegnano a connetterci con l'energia che fluisce nel
cosmo, portarla a noi e trasformarla in amore e potere personale.
La Rinascita dello sciamanesimo, che si esprime in variegate forme, ci mostra sempre più una unica matrice
comune: ristabilire una relazione di pace e armonia tra gli esseri umani e l'intero creato.
Lo sciamanesimo non è la messa in scena di complicati rituali magari conditi con formule recitate in lingue
incomprensibili. Non è neanche la bacchetta magica che ci dona la gioia e la serenità e neppure un modo
per evitare di guardarsi dentro e affrontare la realtà di tutti i giorni.
L'esperienza sciamanica è la caccia all'anima, l'integrazione delle parti rifiutate; un percorso che ci spinge a
dubitare di tutto, compreso di noi stessi. Ci impone di trasformare il nostro Ego e abbattere il senso di
importanza personale. Ci insegna a prenderci la responsabilità totale del nostro essere qui, ad ascoltare il
silenzio e ad affrontare la paura del vuoto.
Se vogliamo davvero cambiare qualcosa, dobbiamo cominciare a cambiare noi stessi e la ingegnosa
macchina suicida che tutti abbiamo collaborato a costruire.
Non si tratta di insorgere o combattere contro l'ordine costituito, ma di sottrarci poco a poco alla sua presa
e imparare di nuovo a pensare e ad agire da esseri indipendenti.
La via del guerriero ci dà i mezzi necessari per rompere le catene e risvegliarci dalla nostra trance
quotidiana; ci aiuta a liberarci dalla servitù e ci fa provare la differenza tra una vita in libertà, protagonisti
della realtà, e un vegetare senza scopo in una società malata, alla deriva in una tempesta cosmica.

20
Da http://www.laviasalka.it/
179
Sciamani si diventa per:
Lignaggio --> Apprendistato --> Iniziazione

Chiamata divina
(sogno mistico o --> Apprendistato
fulmine)

apprendistato,
Ricerca del maestro --> se il maestro accetta -->
iniziazione

Sciamani si diventa per:


Lignaggio Apprendistato --> Iniziazione
Chiamata divina --> Apprendistato
(sogno mistico o fulmine)
Ricerca del maestro --> se il maestro accetta --> servizio apprendistato,
iniziazione
In alcune tradizioni è il maestro che, osservando determinati segnali del Potere,
sceglie l’allievo (vedi il caso di Castaneda)
A volte lo sciamano passa attraverso una malattia che lo spinge fuori dal corpo,
ove rientra con poteri acquisiti

180
Il fatto che lo sciamano possa viaggiare tra i mondi ha fatto parlare qualcuno di stati di schizofrenia o
sdoppiamento della personalità: da un certo punto di vista questo è vero, ma è vero al tempo stesso che lo
sciamano può reintegrarsi in questo mondo e condurre una vita apparentemente normale.
Si può parlare di uno stato di dissociazione controllata.
Per questo motivo è assolutamente indispensabile che chi si avvicina alle tecniche sciamaniche possieda
equilibrio, capacità di controllo e sobrietà che gli derivano da un forte contatto con la terra e da una
acquisita conoscenza si sé.

La Cosmologia Sciamanica
Lo sciamanesimo si sviluppa in terre lontane tra loro, seguendo strade diverse legate perlopiù al tipo di
natura e di cultura delle differenti popolazioni che lo praticano, tuttavia possiede alcuni elementi comuni
nella cosmologia, nella visione e descrizione del mondo.

L’universo dello sciamano ha tre livelli o mondi.


L’uomo vive sulla terra in una zona intermedia, tra un mondo superiore e un mondo inferiore, associati a
volte con il cielo e il mondo sotterraneo. Queste tre zone sono collegate tra loro da un asse verticale (Asse
del mondo) da alcuni chiamato l’albero del mondo.
In alto e in basso questo asse passa attraverso dei “buchi” nella volta cosmica che possono condurre nel
mondo inferiore o nel mondo superiore e , attraverso questi fori, lo sciamano è in grado di passare da un
livello di esistenza all’altro e di compiere il cammino contrario.

Nello sciamanesimo Andino i tre mondi sono:


UKU PACHA: il mondo di sotto, l’oscuro, il non visto, l’inconscio, le viscere della
terra
IL GUERRIERO CHE COMBATTE BENDATO
KAI PACHA: questo mondo, le relazioni sociali la comunità, il conscio
IL GUERRIERO CHE SI MUOVE NELLA CITTA’

181
HANAQ PACHA: il mondo di sopra, lo spirito, l’energia pura, la supercoscienza
IL GUERRIERO CHE DIVENTA UN MISTICO

Nella cosmologia Nordica:

ASGARD
la montagna sacra
L’ALBERO SACRO YGGDRASIL
MIDGARD Le cui radici si estendono nello Hel
la terra di mezzo E i cui rami salgono ad Asgard e al
cielo
HEL
la terra di sotto

Nella cosmologia degli Evenki (Siberia):

UGA BUGA
mondo superiore

DULUGU BUGA FIUME CLAN


questo mondo che collega i mondi

KHERU ERGU BUGA


mondo di sotto

182
La Via Salka

Che cosa significa la parola Salka 21? Sul vocabolario Quechua troviamo la parola Salq’a tradotta come
Salvaje (selvaggio) o Loco (pazzo, folle). Dunque via selvaggia o via folle?
Nessuna delle due e entrambe allo stesso tempo. Salka è il nome dell’energia non addomesticata, energia
armonica, governata dalle fonti di natura.
Salka è il serbatoio da cui possiamo attingere una nuova forza o potere personale, non nell’accezione
comune di potere basato sul possesso e sull’accumulo, ma un potere che si esprime nella persona come
forza magnetica, carisma, intento e che si percepisce come pienezza emotiva e amore .
Una forza capace, per esempio, di sciogliere i blocchi sedimentati a causa di un eccessivo uso di energia
addomesticata.
Dal momento della nostra nascita veniamo addomesticati, cioè limitati. Alla nascita un bambino è un tutto,
immaginiamo un cerchio o un angolo a 360°, tutte le possibilità si dispiegano in questo tutto. Ma da subito
egli viene educato, ovvero certe parti di lui vengono sacrificate al fine di un miglior adattamento sociale o
molto spesso per soddisfare le ambizioni di uno o di entrambi i genitori. In questo processo parte
dell’energia dell’individuo viene mutilata.
Ai bambini si dicono frasi del tipo “non toccare la terra che ti sporchi !” oppure “non stare lì che c’è troppo
vento”.

21
Da http://www.laviasalka.it/
183
Ingiunzioni del genere limitano la capacità del bambino di stabilire un proprio contatto con gli elementi di
natura, con l’universo e soprattutto ledono la sua capacità di sentire.
L’obbiettivo della Via Salka è aiutarci a ricordare per ricontattare parti dimenticate e mutilate di noi. Il
processo tramite cui un apprendista si inizia alla via non è di apprendimento teorico bensì di ricordo, e le
poche tecniche che applica sono atte a far si che il corpo si apra ai ricordi.
Se nella nostra cultura la mente è la sola sede della memoria, nella cultura sciamanica andina da cui la via
Salka prende alcuni spunti, il corpo tutto è sede di memoria, volontà, intuizioni…
Quindi per risvegliare la memoria è necessario lavorare sul corpo e su quelli che gli andini chiamano i tre
poteri, paragonabili ai centri o chakra della cultura vedica.

I Tre Poteri

184
Per gli Andini tutto è energia, e l’uomo è un conglomerato di filamenti ove l’energia scorre come l’acqua in
un torrente di montagna.
I tre poteri potrebbero definirsi come i centri di sviluppo dell’energia ma anche le porte dei serbatoi.
Coloro che assistono alle conferenze di Don Americo Yabar rimangono strabiliati dallo “svitamento delle
porte”, un semplice esercizio che lui fa con una persona scelta a caso tra il pubblico, durante il quale fa
uscire tutta l’energia dai tre centri della persona svitandone le porte con le mani. Il risultato è che la
persona prescelta stramazzi a terra senza più forze ma in uno stato di totale lucidità. Quando le porte
vengono aperte la persona non ha più linfa, non possiede più forza vitale.
Americo usa questa tecnica per dimostrare quanto va affermando e cioè che l’uomo è energia, e che questa
energia è governata dai tre poteri.
Llankay: è il centro della pancia, vi corrisponde il potere fisico, ma anche la volontà e la capacità di lavorare
e organizzare. Il tukuy llankay nyu è il grande potere del lavoro che possiede chi governa e amministra un
gruppo o una comunità.
Munay: è il centro del cuore, potere del sentimento. È il primo potere che viene conferito nel karpay
(iniziazione) andino. Senza munay gli altri poteri possono volgersi verso la strada che non ha un cuore e
quindi diventare pericolosi per l’individuo stesso.
Llachay: è il potere della comprensione e della intuizione. Il Tukuy llachay è il potere che si attribuisce al
saggio, al veggente e al capo spirituale di gruppo e di comunità.

I Tre Mondi
Tanto fuori quanto dentro così in alto come in basso, la triplice divisione non riguarda solo l’uomo e i suoi
poteri ma anche l’universo percettibile che ci circonda.
Così esistono mondi nei mondi a cui abbiamo accesso nel fluire dell’esistenza.
Non esiste una gerarchia fra i mondi , tutti sono importanti perché in essi risiedono i nostri archetipi. Nella
tradizione andina non esiste il concetto di inferno e paradiso, di male o di peccato. Tutto viene visto nei
termini pragmatici di energia fluida o bloccata e pesante.

185
Nello sciamanesimo Andino I tre mondi sono:
UKU PACHA: il mondo di sotto, l’oscuro, il non visto, l’inconscio, le viscere della
terra
IL GUERRIERO CHE COMBATTE BENDATO
KAI PACHA: questo mondo, le relazioni sociali la comunità, il conscio
IL GUERRIERO CHE SI MUOVE NELLA CITTA’
HANAQ PACHA: il mondo di sopra, lo spirito, l’energia pura, la supercoscienza
IL GUERRIERO CHE DIVENTA UN MISTICO

I mondi sono in una continua relazione tra loro, non è possibile essere solo in un mondo, anche lo sciamano
rientra dai suoi viaggi nelle altre dimensioni dell’esistenza per portare aiuto concreto alla comunità dove
vive.

186
Pachamama

“L’uomo moderno si è dimenticato di sua madre, Pachamama, colei che lo sostiene, lo nutre e lo accoglie:
per questo è infelice!”22
La Terra è vista come elemento di proprietà, si può vendere, recintare, perforare, sporcare inquinare.
Pachamama è per gli sciamani non solo un essere vivente meritevole di rispetto, ma una madre
meravigliosa capace di trasformare, assorbire e sanare.
La Madre Terra è un’assistente generosa dello sciamano capace di assorbire Ucha (energia pesante)
Quando ci sentiamo stanchi o stressati a volte abbiamo semplicemente un eccesso di Energia pesante da
scaricare e allora possiamo consapevolmente chiedere aiuto a Pachamama e lasciare che assorba tutta la
stanchezza.

22
Da http://www.laviasalka.it/
187
Ritornare alla consapevolezza e all’amore per Pachamama è ciò che ti rende mago, ed è il primo
insegnamento della via Salka. Questo ci permette di ritrovarci , perché troviamo le nostre radici e un senso
dell’essere qui che va oltre al mutabile ego e che ci colloca in questo mondo per quello che realmente
siamo: meravigliosi e misteriosi.

Dalla testa al cuore


Il compito più difficile per uno sciamano andino nei confronti di un discepolo occidentale, è insegnargli
a vedere (non è la stessa cosa di guardare) che, effettivamente, il Kausay (energia vitale) sta in ogni parte.
Una cosa è credere che tutto è vivo, un’altra ben diversa è “vederlo” e “sentirlo”.
Per giungere a questo il primo passo da imparare consiste nell’abbassare la carica energetica dalla testa al
cuore.
Il continuo chiacchierare della mente è ciò che radica gli uomini al mondo quotidiano.
Il mondo è in “questo” o in “quel” modo solo perché noi ripetiamo continuamente a noi stessi che è così.
Viviamo in un mondo meraviglioso, ma ne possiamo veramente afferrare la magia solamente quando
abbandoniamo la presunzione di poter controllare tutto, di poter catalogare ogni cosa o essere.
Il miracolo inizia quando gli occhi si trasformano da “spie delle mente” a “finestre del cuore”.
Quando il nostro dialogo interno prende una pausa e incominciamo a guardare il mondo come un mistero:
un fiore, un albero, un fiume, gli occhi della persona amata… lentamente cambiano i contorni e
incominciamo a “vedere”.
A volte quando scendiamo dalla testa al cuore incontriamo le lacrime, sono le antiche ferite nascoste e mal
curate, veri e propri blocchi energetici, che per pulirsi tornano a sanguinare. Questo è un grande atto
terapeutico, l’energia ricomincia a fluire e le lacrime vanno a nutrire Pachamama.

Energia pesante
Le reazioni che ci sono state insegnate in caso di aggressione vera o presunta, sono due:
attacco o fuga.

188
Dagli sciamani andini, maestri dell’utilizzo dell’energia, ne impariamo una terza: mangiare la rabbia
dell’aggressore.
La rabbia è Ucha, energia pesante e inquinata, se la mangiamo al nostro aggressore lui si calma e noi, poi, la
scaricheremo sulla Pachamama che, come sempre, si occuperà della sua trasformazione.
Viceversa la reazione “occhio per occhio” tende a far aumentare la Ucha in una spirale perversa che
conduce allo scontro.
Abbassare il livello di energia pesante oggi è nostra responsabilità, nessuna rivoluzione violenta è sfociata in
un sentiero di pace, nessuna guerra santa ha ristabilito le leggi dell’amore.

Intento
Le tecniche di utilizzo dell’energia sono solo gesti vuoti se non sono caricate di intento.
L’intento non è logico, è un atto totale, non ha spiegazioni ma solo risultati.
Per incominciare a ricordare l’intento è necessario rinunciare alla pretesa di poter spiegare ogni cosa, nella
convinzione che possiamo controllare il mondo, ma recuperare la freschezza e la magia del nostro bambino
interiore, che non si domanda ma agisce per la pura gioia di farlo.
L’intento si esprime quando abbassiamo la nostra energia dalla testa al cuore. Quando prevale
nell’individuo il dialogo interno c’è un sovraccarico di energia, la mente funziona a gran velocità e brucia un
quantitativo incredibile di energia a scapito degli altri centri. Infine così sovraccaricata risulta fissata e
bloccata e non lucida, non esercita quindi le funzioni che dovrebbe e in ultima analisi non serve a nulla.
La meditazione come esercizio per la cessazione del dialogo interno è un buono strumento per ricordare e
rafforzare l’intento.
Il servizio e la dedizione totale, vissute con consapevolezza e non per compiacere, aiutano infine a
diminuire il nostro senso di importanza. Quando i maestri sulle Ande accettano qualcuno come
apprendista, gli fanno svolgere per anni i compiti più umili. Non di rado un allievo deve servire la cena al
maestro e ai suoi amici, e lo fa nella maniera migliore, con totale dedizione, non si sente umiliato o
sfruttato perché sa che sta pulendo il suo intento e lo sta rendendo impeccabile.
Allo stesso modo il maestro di tanto in tanto si trasforma in umile servitore del suo allievo, come Cristo che
lava i piedi ai discepoli, per ricordare a sé stesso che egli è nulla.
189
Il mondo come proiezione
Il continuo e spossante dialogo interno è responsabile della creazione del mondo intorno a noi ma per
creare questo mondo sprechiamo moltissime energie. In che modo creiamo il mondo? Tutti i giorni lo
facciamo. Vediamo una persona per la prima volta: subito ne osserviamo il portamento, il vestito, ne
ascoltiamo la voce e già “ci facciamo una idea”. Se veste bene possiamo pensare che è ricca e raffinata, se
queste cose sono importanti per noi diciamo che ci piace o viceversa non ci piace.
L’educazione è spesso un restringimento della coscienza, nasciamo infiniti e misteriosi per diventare presto
limitati e prevedibili.
L’energia addomesticata ci ha trasformato in esseri limitati alla ricerca continua di sicurezza, spaventati
dall’incerto e dal mistero, grandi anime che si identificano in ruoli limitanti. E quando osserviamo il mondo,
ne osserviamo solo la proiezione che ne facciamo sul nostro schermo personale.

La meditazione ovvero spegnere il dialogo interno


Sulla meditazione sono stati scritti migliaia di testi, sviluppate tecniche e posizioni, ma che cosa è meditare?
Nel cammino Salka è semplicemente interrompere il dialogo interno ed entrare in uno spazio dentro, di
pace, di infinito e di mistero. Noi siamo come l’oceano, fuori è increspato e agitato, mentre nelle profondità
è calmo e tranquillo. Meditare è immergersi nelle profondità del nostro oceano, lì cessano le normali
dimensioni spazio temporali. Cessa la separazione dal tutto e diveniamo uno con l’universo di energia di cui
siamo parte. Si può meditare sulle rive di un fiume e sperimentare il diventare acqua oppure su una roccia e
diventare roccia, ma si può meditare anche sul cavalcavia di una autostrada, il rumore dei motori si
trasforma nel mantra che ci porta dentro.
Le tecniche della Via Salka sono semplici e ispirate da un sano pragmatismo. Possono essere applicate nella
vita quotidiana, sono l’attitudine corretta con la quale entriamo in contatto con il creato. Esse ci insegnano
a concepire l’esistenza in maniera Salka, e ci aiutano a realizzare che la vita stessa è Meditazione.
“Non ci sono regole, l’unica cosa che conta è interrompere il dialogo interno. Lo puoi fare camminando,
come quell’indio che porta al pascolo il suo gregge, lo richiama e lo raduna con piccoli gesti, sempre uguali
camminando per gli impervi sentieri andini, …ebbene lui sta meditando.”

190
LE FORME DELLA MAGIA

Con il termine magia23 si indica una tecnica che si prefigge lo scopo di influenzare gli eventi e di dominare i
fenomeni fisici e l'essere umano con la volontà; a tale fine la "magia" può servirsi di gesti, atti e formule
verbali, o di rituali appropriati.
L'etimologia del vocabolo "magia" (in greco Μαγεία) deriva dal termine con cui venivano indicati nell'antica
Grecia i "magi" (Μάγοι), antichi sacerdoti Zoroastriani della Persia.

23
Da Wikipedia, l’Enciclopedia libera
191
Distinzioni e tecniche della magia
Con il termine magia molto spesso si tende a indicare tutto ciò che non è scientificamente spiegabile. Basti
pensare cosa sarebbe capitato andando per esempio 2000 anni nel passato, e una persona fosse stata vista
girare in una normalissima automobile, le persone non sapendo spiegare quel fenomeno con la propria
conoscenza, lo avrebbero attribuito alla magia. O ancora andare nella preistoria con una torcia, i nostri
antenati ci avrebbero considerato divinità in grado di manipolare il giorno e la notte. Dalla maggior parte
delle persone però la magia viene vista come una cosa distinta e separata dalla scienza quindi tende ad
attribuirvi tutti i fenomeni di cui non riesce a capacitarsi. Una prima distinzione che viene generalmente
fatta è quella tra magia bianca e magia nera, a seconda che i fini dell'operatore siano benefici o malvagi, e
se nella sua pratica possono essere coinvolte delle entità positive (angeli, divinità, spiriti degli antenati,
animali totemici) o negative (demoni); questa distinzione non viene però accettata da tutti, infatti alcuni
operatori considerano la magia neutra in sé stessa, da questi infatti essa viene considerata come il fuoco,
che, a seconda di come viene usato, può risultare molto utile e benefico, oppure altamente distruttivo.
Esiste inoltre un insieme di nozioni e pratiche facenti capo ad una categoria intermedia denominata magia
rossa che non può essere definita ne buona né cattiva, ma indirizzata ad ottenere uno scopo personale, il
più delle volte a carattere sentimentale.
Personalmente ritengo che non esista una magia buona e una cattiva: male e bene sono talmente
soggettivi da non poter definire con esattezza un limiti, un di qua e un di là. E poi: ciò che è male per chi
subisce una fattura o un malocchio può essere posiivo per chi glie li ha inviati… Siamo alle solite, con le
distinzioni di contrasto e contrapposizione tipiche della cultura occidentale. Bene e Male sono
complementari, non opponenti.

192
Le tecniche magiche possono essere raggruppate convenzionalmente in cinque categorie:

1. La cosiddetta magia simpatica o d'incanalamento, in cui l'effetto magico è perseguito tramite


l'utilizzo d'immagini od oggetti che possono essere usati, ad esempio come rappresentazione
simbolica della persona cui si vuole fare del bene o si vuole nuocere, oppure per rappresentare lo
scopo che ci si prefigge (ad esempio con l'uso di amuleti e talismani).
2. La magia da contatto, caratterizzata dalla preparazione di pozioni e filtri magici, sacchettini da
indossare, talismani o amuleti da portare con sé, creati utilizzando oggetti ed ingredienti più o
meno naturali.
3. La terza forma di pratica magica è l'incantesimo, che agisce tramite parole (un esempio tipico
è abracadabra) o altre formule magiche.
4. La quarta categoria è quella della divinazione, utilizzata per ricevere informazioni attraverso varie
arti mantiche (come l'astrologia, la cartomanzia, la chiromanzia) oppure attraverso dei talenti
propri dell'operatore (come ad esempio attraverso i presagi, o nella preveggenza e
nella medianicità).
5. La quinta categoria è quella di similitudine: il simile produce il simile, un esempio può essere quello
rappresentato da alcuni popoli primitivi, i quali, prima di andare a cacciare, imitavano i movimenti,
i versi ed i comportamenti in genere dell'animale che desideravano catturare.

Solitamente i riti magici utilizzano una combinazione tra le diverse tecniche. Nei casi in cui il mago, durante
una pratica rituale, ricorra all'intervento di un'entità soprannaturale, a seconda dell'entità in questione si
entra nei campi della negromanzia, dello spiritismo e della demonologia, mentre l'arte di evocare o
invocare potenze sovrumane benefiche (angeli, divinità, spiriti elementari ecc.) è più propriamente
chiamata teurgia.

193
Storia della magia nella cultura occidentale
Nella maggior parte delle culture antiche e moderne, fin dagli albori della civiltà, sono esistite credenze e
pratiche magiche, con caratteristiche sostanzialmente simili anche se formalmente diverse, che si possono
trovare in relazione ad aspetti tipici dell'occultismo, della superstizione e della stregoneria. Alcune scene di
pitture del paleolitico superiore trovate nelle cavernefrancesi sono state interpretate come aventi finalità
magiche (ad esempio l'ottenere successo nella caccia). Nell`antichità si credeva anche che la magia si
potesse relazionare alla varie fasi lunari: luna piena = magia nera, mezza luna = magia bianca.

La magia in Egitto
La società dell'Antico Egitto è fortemente intrisa di credenze occulte. Nel pantheon egizio, oltre
a Werethekau, Heka e Neter anche Iside e Thot, da cui derivò l'ermetismo, sono caratterizzati da poteri
magici. Sono stati trovati molti papiri magici, scritti in greco, copto e demotico, che contengono formule
ritenute capaci di prolungare la vita, fornire aiuto in questioni amorose e combattere i mali. È attestata
anche la credenza nella cerimonia magica dell'apertura della bocca per mezzo della quale si riteneva
possibile conferire un'anima a statuette, utilizzate come controfigure magiche dei defunti. Il
cosiddetto libro dei morti degli antichi egiziani (che in origine era definito: "incantesimi che narrano l'uscita
dell'Anima Verso la piena Luce del Giorno"), scritto su papiri, muri tombali e sarcofagi, è l'insieme
di incantesimi da pronunciarsi per la «...resurrezione dello spirito e il suo ingresso nelle Regioni dell'Al di
là». Per gli antichi egizi tutto è animato, per loro il mondo spirituale non impone leggi al mondo fisico, ma,
per analogia, così come il volto di una persona è considerato espressione dell'anima, il mondo spirituale si
esprime tramite quello fisico. La natura non è inanimata e non sottostà a "leggi", bensì l'espressione della
vita passa attraverso varie fasi spirituali che, in questo mondo, vengono rappresentate dalle esperienze
fisiche vissute direttamente dall'uomo. Tutto è animato e vivente, ogni fenomeno, per analogia, esprime la
manifestazione di un piano spirituale nel piano fisico. L'analogia è applicata alla posizione degli astri, al
simbolismo del colore, alle forme geometriche (ad esempio la figura geometrica della piramide), alle
caratteristiche degli animali (zoolatria) e così via ad ogni espressione della vita. Questa civiltà, oltre

194
cinquemila anni fa, è stata quindi crogiolo per la nascita e la codifica dell'astrologia, della teurgia e
della negromanzia.

La magia nell'antico Medio Oriente


In Mesopotamia, nelle culture sumera, accadica e caldea, come anche in Persia, la terra d'origine dei Magi,
si trovano numerose attestazioni di rituali di magia cerimoniale. Tutte le fonti antiche riportano esempi di
pratiche magiche, come:

l'utilizzo di "parole magiche" che hanno il potere di comandare gli spiriti;


l'uso di bacchette ed altri oggetti rituali;
il ricorrere a un cerchio magico per difendere il mago contro gli spiriti invocati;
l'utilizzo di simboli misteriosi o sigilli per invocare gli spiriti;
l'uso di amuleti che rappresentano l'immagine del demone per esorcizzarlo.
Comunque il più grande apporto culturale del Medio Oriente consisté nell'astrologia: l'osservazione degli
astri era non solo magicamente inscindibile dal computo del tempo, ma anche strettamente legata ad ogni
evento naturale.

La magia nel mondo greco-romano


In Grecia fu Erodoto a coniare il termine "mago" per indicare un sacerdote di una tribù della Persia antica.
Dal IV secolo a.C. il vocabolo mageia cominciò ad essere utilizzato per indicare un insieme di dottrine nate
dalla commistione di tradizioni arcaiche e le pratiche rituali ereditate dai Persiani. Fu comunque
nella koinè culturale ellenistica che ebbe luogo quella fusione dei riti magici con elementi astrologici
e alchimistici, che sarà alla base di tutta la speculazione magica dei secoli successivi.
Nella tarda antichità troviamo numerose testimonianze riguardo a rituali di teurgia la cui provenienza è
spesso attribuita, dagli stessi teurghi, all'antico Egitto. Verso il III - IV secolo della nostra era compaiono
195
anche trattazioni filosofiche a favore di tale pratica, in particolare per opera del
filosofo neoplatonico Giamblico.
Nella letteratura latina si trovano numerose testimonianze relative a tutta una serie di attività occulte.
Esperimenti di negromanzia, uccisioni a distanza, animali parlanti, statue che camminano, filtri d'amore,
metamorfosi, divinazioni, talismani che curano le malattie, sono solamente alcuni degli oggetti e dei rituali
magici adoperati dai maghi che compaiono nelle opere di Orazio,Porfirio, Plinio il Vecchio e Virgilio. Nel
panorama letterario di magia latina un posto di prim'ordine spetta a Le metamorfosi (anche conosciuto
come L'asino d'oro) di Apuleio. L'opera, l'unico romanzo della letteratura latina pervenutoci intero, si
compone di undici libri, nei quali viene narrata la storia di Lucio, un giovane trasformato per magia in asino,
che, dopo varie peripezie, ritorna uomo per intercessione della dea Iside. Da ricordare che lo stesso Apuleio
fu processato per aver costretto con la magia una ricca vedova a sposarlo per impadronirsi della dote.
Tuttavia riuscì a scagionarsi dall'accusa presentando il testamento della vedova, in cui la donna (dietro
consiglio dello stesso Apuleio) lasciava tutto al figlio piccolo. Del resto, nel diritto romano le leggi antiche
prevedevano pene severe per quanti utilizzavano mezzi magici per conseguire scopi criminali.

La magia nell'Islam
La magia è riconosciuta dall'Islam. Essa è considerata tuttavia come una "tecnica", rispondente a precise
leggi, agenti per preciso disposto divino. Si condanna tuttavia la "magia nera" o saḥr shayṭānī (magia
diabolica).

La magia nel Medioevo


Nonostante la polemica antimagica di alcuni scrittori cristiani, come Origene, Sant'Agostino e Tommaso
d'Aquino, e l'ostilità della Chiesa nei riguardi delle arti occulte, il substrato culturale della magia medievale
ebbe una certa rilevanza. Persino il mondo religioso germanico fu prodigo di divinità intrise di doti magiche,

196
come Thor e Odino; anzi lo scopo della magia era quello di liberare le forze occulte possedute dalle potenze
superiori.
La produzione letteraria di carattere magico, soprattutto in età umanistica, fu molto ricca, grazie anche alla
mediazione di scrittori arabi. Alcune opere astrologiche, come il Tetrabiblos di Claudio Tolomeo,
l'Introductiorum di Albumasar, il Liber Vaccae (o Libro degli esperimenti) ed il famoso Picatrix, ebbero una
enorme influenza sulla speculazione magica dell'età rinascimentale.
Tuttavia alcuni autori, come Isidoro da Siviglia e più tardi Ugo da San Vittore, accomunano la magia
all'idolatria, in quanto scienza conferita dai demoni. È nel XIII secolo con Guglielmo d'Alvernia e Alberto
Magno, che s'iniziò a porre l'accento sulla categoria della magia naturale, che tanta fortuna ebbe nei secoli
immediatamente successivi. Sempre nel XIII secolo, tornò in auge anche l'astrologia, con autori allora
famosissimi come il forlivese Guido Bonatti, la cui influenza sarà notevole ancora nel XVI secolo.
La magia nel Rinascimento
« Troverete persino gente che scrive del XVI secolo come se la Magia fosse una sopravvivenza medioevale,
e la scienza la novità venuta a spazzarla via. Coloro che hanno studiato l'epoca sono più informati. Si
praticava pochissima magia nel Medioevo: XVI e XVII secolo rappresentano l'apice della magia. La seria
pratica magica e la seria pratica scientifica sono gemelle. »
(C.S. Lewis, L'abolizione dell'uomo, in «L'Umana avventura», n. 6, Jaca Book, aprile 1979, pag. 44, trad. di F. Marano)

197
Il periodo che va dal XV agl'inizi del XVII secolo segna la grande rinascita della magia, in sostanziale
parallelismo, come fa notare anche C. S. Lewis, con il crescere degli interessi scientifici. L'inizio di questa
rivoluzione magica può essere considerata l'opera di traduzione che alcuni umanisti, il più importante dei
quali fu Marsilio Ficino, fecero delle quattordici opere che formavano il cosiddetto Corpus Hermeticum,
degli "Oracoli Caldaici" e degli "Inni Orfici". Queste opere, attribuite dagli studiosi rinascimentali
rispettivamente ad Ermes Trismegisto, Zoroastro ed Orfeo, erano in realtà raccolte di testi nate in età
imperiale romana, che combinavano elementi neoplatonici, concetti ricavati dal Cristianesimo, dottrine
magico-teurgiche e forme di gnosi mistico-magica. Nel Rinascimento sul substrato colto di dottrine
neoplatoniche, neopitagoriche ed ermetiche si incardinò la riflessione speculativa magico-astrologica-
alchemica, arricchita da idee derivanti dallaCabala ebraica, come testimoniano emblematicamente le figure
di Pico della Mirandola e Giordano Bruno. Il compendio forse più interessante per la magia rinascimentale è
il De occulta philosophia di Cornelio Agrippa von Nettesheim. In questa opera il medico, astrologo, filosofo
e alchimista tedesco definisce la magia "la scienza più perfetta", e la divide in tre tipi: naturale, celeste e
cerimoniale, dove i primi due rappresentano la magia bianca, ed il terzo quella nera o necromantica.
Queste argomentazioni saranno riprese più tardi nel Magia naturalis sive de miraculis rerum naturalium del
napoletano Giovanni Battista Della Porta, il quale vede nella magia naturale il culmine della filosofia
naturale, e nel Del senso delle cose e della magia di Tommaso Campanella. Altra importante figura nel
contesto magico-alchemico rinascimentale è quella di Paracelso, la cui iatrochimica risente della simbiosi
tra magia naturale e scienza sperimentale, tipica del XVI secolo.

198
Declino della magia
Proprio mentre la tradizione magica è al suo culmine, nel XVII secolo s'iniziano a vedere le avvisaglie della
polemica contro la cultura magico-alchimistica, che caratterizzerà maggiormente ilSecolo dei Lumi. Il
precursore della condanna delle varie dottrine magiche in nome del sapere scientifico è da
considerarsi Francesco Bacone. A partire da questo momento la magia inizierà un lento declino, favorito da
pensatori come Cartesio e Hobbes e dallo sviluppo delle correnti filosofiche del meccanicismo,
del razionalismo e dell'empirismo. Nel XVIII secolo, con l'avvento dell'Illuminismo, la magia, definitivamente
sconfitta nell'ambito della cultura dominante, venne relegata in una specie di limbo, nel quale tuttavia
riuscì in qualche modo a sopravvivere.

La magia nel XIX secolo


La seconda metà dell'Ottocento è caratterizzata da un rinnovato interesse nei confronti dell'occultismo e
dell'esoterismo magico. La figura che meglio incarna il revival delle scienze occulte nelXIX secolo è il
mago Eliphas Lévi, nato Alphonse Louis Constant, la cui ricca produzione letteraria influenzò grandemente
la speculazione occultista del secolo successivo. L'ultimo scorcio del secolo vide anche il sorgere di
numerose organizzazioni e società segrete nelle quali la magia aveva un ruolo significativo, come l' Ordre
Kabbalistique de la Rose+Croix fondato in Francia daStanislas De Guaita, l' Hermetic Order of the Golden
Dawn, fondato in Inghilterra da Samuel Liddell MacGregor Mathers, l' Ordo Templi Orientis, fondato in
Germania da Franz Hartmann. Anche nella Società Teosofica, fondata negli Stati Uniti d'America da Helena
Petrovna Blavatsky, esistono alcuni elementi che rimandano a una concezione magica dell'esistenza e dei
rapporti con i mondi ultraterreni.

199
La magia oggi
Il panorama della magia dei nostri giorni è molto variegato e di difficile analisi sistematica, soprattutto a
causa del coacervo sincretistico che caratterizza la maggior parte delle odierne dottrine magiche,
esoteriche e occultistiche. In genere il substrato comune è costituito da alcune teorie che si riallacciano alle
tradizioni neoplatoniche, gnostiche, ermetiche, cabalistiche, astrologiche, alchimistiche e mitologiche
antiche. Su queste e sul pensiero dei moderni occultisti, da Madame Blavatsky a Gérard Encausse,
da Samuel Liddell MacGregor Mathers ad Aleister Crowley, daG. I. Gurdjieff a Gerald Gardner, a Dion
Fortune, a Eusapia Palladino, a Gustavo Rol sono nate tutta una serie di associazioni e gruppi esoterici, più o
meno influenzati dalle nuove correnti della New Age, della Wicca, della Stregoneria Tradizionale e
del Neopaganesimo. In Italia uno degli ultimi celebri rappresentanti e divulgatori della teoria e della prassi
magica fu Giuliano Kremmerz.

200
Interpretazioni della magia
La magia, in quanto fenomeno ubiquitario che ha accompagnato la civiltà umana dagli albori, è stata ed è
oggetto di studio da parte delle scienze sociali, prime fra tutte l'antropologia culturale, l'etnologia e
la psicologia. Le tematiche affrontate nello studio della magia solitamente riguardano la sua relazione con
la scienza e la religione, la sua funzione sociali e la natura del suo pensiero.

Evoluzionismo
Nel 1871 Edward Tylor nella Cultura dei primitivi arrivò alla conclusione che la magia fosse una «scienza
sbagliata» in quanto non in grado di distinguere i rapporti causa-effetto da quelli propriamente temporali.
Vicino alla posizione tyloriana fu James George Frazer, il quale, nel Ramo d'oro, pur considerando la magia
un primo stadio nello sviluppo della civiltà, ebbe il merito di fornire una prima classificazione della magia.
Egli distinse i processi magici in simpatetici/imitativi, basati sulla credenza che il simile agisca sul simile (es.
travestirsi da animale per augurarne la caccia) e contigui/contagiosi, basati sulla credenza che le cose che
sono state in contatto possono continuare a interagire anche se distanti (es. ciocche di capelli, oggetti
appartenenti alla persona su cui gettare il malocchio).

Scuola sociologica francese


L'etnologo francese Lucien Lévy-Bruhl considerò le culture cosiddette primitive come guidate
esclusivamente da una visione magico-mistica del mondo, quindi prescientifica, nella quale ogni cosa si può
trasformare in qualsiasi momento in un'altra. Agl'inizi del XX secolo Henri Hubert e Marcel
Mauss pubblicarono Teoria generale della magia. In quest'opera i due etnologi francesi assunsero un
orientamento più sociologico rispetto al passato, rivolgendo la loro attenzione non tanto alla struttura dei
riti magici, quanto al contesto sociale nel quale essi si svolgono. Hubert e Mauss studiarono anche i rapporti
della magia con la scienza e la religione, giungendo alla conclusione che queste posseggono delle analogie
con la magia in quanto hanno terreni comuni di intervento: la natura (scienza e magia) e il sacro (religione e

201
magia).
Anche Emile Durkheim intervenne nella discussione dei rapporti tra magia e religione. Nel suo Le forme
elementari della religione afferma che la magia essendo per sua natura una pratica privata e quasi segreta,
non può essere paragonata alla religione, che è un fenomeno sociale e prettamente collettivo.
L'attenzione degli studi antropologici sul fenomeno magico si è basata fondamentalmente su due costanti
interagenti e soggiacenti il rituale magico ed interagenti: sistema di simboli e comunicazione sociale.
Un notevole contributo in questa direzione è venuto da Claude Lévi-Strauss. In Antropologia strutturale lo
studioso dedica un saggio dal titolo Lo stregone e la sua magia all'universo simbolico della magia. La
funzione semantica del concetto magico è alla base dell'esempio riportato da Levi-Strauss sulla base di un
racconto di Franz Boas. I casi di guarigione magica per opera dello sciamano Quesalid dimostrano, secondo
l'antropologo francese, che ogni atto magico presuppone l'esistenza di un rituale basato su segni, che
abbiano un significato per la collettività che partecipa all'esperimento magico e ne condivide la speranza di
riuscita.

Scuola inglese
All'antropologo inglese Alfred Reginald Radcliffe-Brown si deve la prima disamina seria del concetto
di mana, utilizzato per la prima volta dall'etnologo R. Codrington. Questa forza non individualizzata insita in
tutte le cose permea l'atto magico (il rituale), chi lo compie (lo sciamano), quanti vi assistono (la società) e
l'ambiente in cui viene svolta l'azione (la natura). L'accento posto dal Brown sul valore rituale e sociale della
magia, contrapposto al presupposto legame magia-scienza condizionò la successiva discussione
sull'argomento.
Un'altra opera che ebbe una considerevole risonanza fu Stregoneria, oracoli e magia tra gli Azande, scritta
nel 1937 da Edgar E. Evans-Pritchard. La ricerca da lui effettuata nel Sudan sud-occidentale lo portò a
conclusioni vicine a quelle del Radcliffe-Brown. Anche l'Evans-Pritchard teorizzò la centralità del contesto
sociale nel quale la magia si esplica e l'assenza di un legame tra scienza e magia, in quanto l'obiettivo finale
del rituale magico non consisterebbe nel modificare la natura, ma nel contrastare i poteri di streghe o
maghi.
202
Funzionalismo
Un contributo fondamentale alla interpretazione della magia dal punto di vista antropologico lo
diede Bronisław Malinowski. Nel suo Magia, scienza, religione, lo studioso polacco nega qualsiasi contatto
della magia con la pratica empirica, che vede come entità separate. Famoso l'esempio della canoa, durante
la costruzione della quale l'artefice non ha bisogno della magia per l'esecuzione tecnica del natante, che
reggerebbe il mare comunque, ma il rituale magico interviene durante il lavoro come sussidio rassicurante.
L'atto magico sarebbe quindi l'espressione simbolica di un desiderio, completamente slegato dal rapporto
causa-effetto, che è comunque tenuto ben presente. Sulla scia di Malinowski, gli antropologi successivi
hanno sottolineato che il ricorso alla magia si ha solitamente in presenza di fenomeni inesplicabili, davanti
ai quali le pratiche empiriche sono considerate impotenti.

La Magia secondo De Martino


Una posizione interessante e diversa rispetto a quella del funzionalismo è quella dell'antropologo Ernesto
de Martino, il quale sosteneva che l'universo magico facesse da mediatore con la concezione dell'aldilà e
con la paura delle persone di perdere la presenza. Nei suoi studi nel Mezzogiorno d'Italia nel 1948 egli
rivelò come, davanti ad una grave crisi, come la morte di una persona cara, la magia, assieme ad una buona
pianificazione sociale, consentisse di incanalare il dolore per riscattarsi dagli istinti animali.

Psicologia e Magia
La natura della magia è stata studiata anche dal punto di vista psicologico. Basandosi sulle teorie
evoluzioniste del Frazer, studiosi come Wilhelm Wundt, Gerardus van der Leeuw e soprattutto Sigmund
Freud accostarono il pensiero magico dell'uomo primitivo a quello del bambino, il quale ritiene che la realtà
sia influenzabile secondo i suoi pensieri ed i suoi desideri. Più recentemente anche Ernesto De Martino ne Il
mondo magico pone l'accento su alcuni fenomeni tipici di pratiche sciamaniche, quali la spersonalizzazione
e lo scatenamento di impulsi incontrollabili.

203
Magia e religione
Secondo alcuni anche la Magia si può in un certo senso considerare religione. La magia è concettualmente
diversa dalla religione? Nella magia l'uomo cerca di far sì che la divinità faccia ciò che l'uomo vuole, o è
nella religione, che di solito l'uomo cerca di fare ciò che la divinità vuole? Probabilmente entrambe si
pongono di fronte al mistero della creazione e della esistenza di uno o più esseri divini o creatori ma
essendo spesso confusa la parola magia con setta occulta, viene considerata prevalentemente
nell'accezione negativa, cioè quella in cui si cerca di risolvere problemi terreni (denaro, amore, successo)
con una pozione o formula ed essere felici senza sforzi… come per magia, appunto!
«La magia riguarda la sfera pratica dell'agire, conscio o inconscio che sia» si sente dire come non ci fosse
nulla di spirituale, solo formule ripetute a memoria, ma al contrario molti si avvicinano alla magia spinti dal
desiderio di capire, di conoscere, ciò che ci è oscuro e occulto, spinti dalla curiosità. L'unione tra magia e
religione è rappresentata dalla medianità, ossia da una forma di esoterismo che esula dai comuni maghi e
stregoni e si propone, attraverso l'azione di un Medium e l'evocazione di entità superiori di sommo livello,
d'intervenire unicamente in magia positiva per recare beneficio ad un individuo. Chi opera per il flusso
regolare della natura e per districare le situazioni riguardanti le persone attua magia bianca (alcuni esempi
riguardano togliere negatività e malefici quali fatture e malocchio, oppure propiziare la fortuna, gli affari e
la riuscita personale) o magia rossa (in caso di legamenti d'amore e ritorni d'amore, legature e fatture
d'amore e rituali d'amore per risolvere questioni sentimentali). Chi, al contrario, tende a dividere, creare
conflitti, imporre il proprio volere ad altri, in maniera palese oppure occulta, e perciò tende a distorcere il
normale corso degli eventi, attua magia nera.

204
Magia e monoteismo
Ufficialmente Ebraismo, Cristianesimo e Islamismo considerano la magia una cosa proibita (stregoneria) ed
hanno spesso perseguitato i presunti praticanti secondo diversi gradi di punizione. Altre teosofie hanno
respinto le pratiche magiche come l'inganno e l'illusione, ritenendole niente di più che espedienti disonesti.
Alcuni ritengono che la recente popolarità del cosiddetto Vangelo della prosperità costituisca un ritorno al
pensiero magico all'interno del Cristianesimo. Si noti inoltre che il Cristianesimo gnostico ha una forte
corrente mistica, ma evita la pratica della magia.

Nel Cristianesimo
La Bibbia si esprime più volte in termini perentori contro il ricorso a pratiche magiche:

«Non lascerai vivere colui che pratica la magia» Esodo, 22,17


«Samuele era morto e tutto Israele aveva fatto il lamento su di lui; poi l'avevano seppellito in Rama sua
città. Saul aveva bandito dal paese i negromanti e gl'indovini», I Libro di Samuele,28, 3
«In quel giorno – dice il Signore – distruggerò […] Ti strapperò di mano i sortilegi e non avrai più
indovini. Distruggerò […]», Michea, 5, 9 – 14
«Molti di quelli che avevano abbracciato la fede venivano a confessare in pubblico le loro pratiche
magiche e un numero considerevole di persone che avevano esercitato le arti magiche portavano i
propri libri e li bruciavano davanti a tutti. Ne fu calcolato il valore complessivo e trovarono che era di
cinquantamila dramme d'argento», Atti degli Apostoli, 19, 18-19
La magia era quindi inaccettabile per la Chiesa cattolica e fin dagl'inizi erano ammesse solo pratiche di
devozione, come l'utilizzo di reliquie o acqua benedetta, in opposizione alla
blasfema"negromanzia (nigromantia), che coinvolgono l'invocazione dei demoni (goetia).
L'attuale Catechismo della Chiesa cattolica tratta della divinazione e della magia nella parte terza, sezione
seconda.

205
Benché sia prevista la possibilità dell'ispirazione della divina profezia, in esso si rifiutano "tutte le forme
di divinazione". Nella sezione "pratiche di magia e stregoneria" le pratiche "di dominare i poteri occulti" al
fine di "avere un potere soprannaturale sugli altri" sono denunciate come "gravemente contrarie alle virtù
della religione".

206
STREGONERIA

Musa della notte, quadro precedente al 1896 di Luis Ricardo Falero che rappresenta la figura della strega

207
La stregoneria24 è considerata un insieme di pratiche magiche e rituali, spesso a carattere simbolico; questo
termine nel corso dei secoli ha assunto diverse valenze negative o positive a seconda del punto di vista
degli autori che hanno trattato l'argomento.

Presso le religioni monoteiste, come abbiamo visto poc’anzi, le pratiche stregonesche sono state
etichettate in maniera spregiativa, considerate distinte dalla religione vera e propria in quanto ritenute
collegata a forze occulte che l'officiante (strega) cerca di dominare e di utilizzare per i propri fini.
Dal punto di vista del neopaganesimo invece il termine stregoneria è stato rivalutato ed usato per indicare
quelle pratiche antichissime (soprattutto rurali), che sopravvissero all'avvento dei monoteismi ed
all'estirpazione violenta degli antichi culti pagani e che in seguito vennero perseguitate con forme di
violenta intolleranza come la caccia alle streghe.
Nel linguaggio comune il termine viene spesso usato in senso figurato (soprattutto nei modi di dire) per
indicare un'azione o realizzazione che appare prodigiosa, ma di cui si è portati a diffidare, ad esempio "le
stregonerie della chimica".
Il termine deriva dal latino strix con cui si indicava un rapace notturno (lo strige o barbagianni) dal verso
acuto (da cui il nome), che le leggende popolari accusavano (erroneamente) di succhiare
il sangue delle capre. A questo uccello venne associata successivamente la strega una donna che prevedeva
il futuro e praticava la magia e che, secondo gli autori cristiani, aveva affari con il diavolo, perciò venne
considerata malvagia e le sue pratiche definite come stregoneria.

24
Da Wikipedia, l’Enciclopedia libera
208
The Magic Circle (1886) di John William Waterhouse

Aspetti antropologici
Anche alcuni aspetti della medicina primitiva, che agiscono a livello psicologico, riguardano la stregoneria
nel senso più ampio del termine, per cui si differenziano dalle pratiche empiriche (cioè dai semplici gesti)
seguite dalle genti allo stato di natura: esistono specifici individui (sciamani o medici-stregoni) che si
occupano di questi particolari aspetti adottando un rituale tipico della stregoneria. Data la loro funzione di
dominare le forze occulte, gli officianti devono essere persone adatte e specificatamente preparate allo
scopo, spesso con un tirocinio lungo, duro e complicato; la loro funzione, quando è svolta nell'interesse
della comunità, viene considerata come un sacerdozio e lo stregone viene punito se non svolge
209
efficacemente i propri doveri; non di rado la professione viene conservata nell'ambito di un solo clan o
trasmessa per via ereditaria. Poiché gli spiriti, secondo le credenze popolari, sono entità bizzarre e
complesse, la stregoneria deve avvalersi di pratiche magiche e rituali, spesso incomprensibili agli occhi degli
altri, che sono accuratamente determinate in funzione degli scopi e degli spiriti interlocutori: si hanno così
rituali per ottenere l'aiuto nelle varie attività umane, rituali per tutte le manifestazioni sociali, rituali per le
pratiche richieste dai singoli (malattie gravi, viaggi, nascite).
Al contrario della precedente, la stregoneria intesa come magia nera viene praticata al di fuori del gruppo
umano e i suoi officianti non hanno funzioni sacerdotali: questi uomini (stregoni, fattucchieri) sono odiati e
temuti e non di rado, se oltrepassano certi limiti, vengono messi a morte. Le loro pratiche, spesso dai
profani confuse con quelle descritte in precedenza, si avvalgono esclusivamente della magia e del terrore,
indotto con mezzi sia psicologici sia materiali (atti di violenza, veleni, ecc.).
A volte i capi di un gruppo umano ricorrono alla stregoneria per motivi esclusivamente politici e in tal caso
lo stregone assume le funzioni sia di sacerdote che di consigliere; questo aspetto è frequente in quei gruppi
etnici retti da re divini oppure organizzati in chefferies (ovvero insieme di famiglie che dipendono da un
medesimo capo tribale).
Esiste inoltre, un altro tipo di stregoneria, ovvero la stregoneria elementale, basata sull'evocazione di
energie benefiche o, malefiche e, sull'evocazione di elementali. Essa consiste nel praticare riti specifici,
forgiare incantesimi e creare filtri.

210
Pratica e diffusione

Streghe nell'Aria (1797 - 1798) diFrancisco de Goya

L’origine della stregoneria è molto antico, precisamente risalirebbe alla Preistoria, questo culto veniva
usato per prosperare fertilità alla coltivazione, avere una cacciagione ricca e altri scopi sociali.
La stregoneria, intesa come pratica magica, è praticata in tutto il mondo; nel significato etnologico è forma
diffusa soprattutto in Africa, sebbene non sia rara in America, in Oceania e in casi circoscritti in Asia.
Nel mondo occidentale, dal 1951 si possono identificare elementi di stregoneria, intesa come culto,
nella Wicca ed altri culti neopagani, molto diffusi nei paesi europei ed anglosassoni e meno in Italia. Va

211
sottolineato che nessuno dei due gruppi è in relazione con il satanismo, con le messe nere o con i sacrifici
cruenti.

Iconografia
Sul finire del Medioevo il mondo dell'arte cominciò ad interessarsi alla stregoneria in modo crescente,
probabilmente in concomitanza con la diffusione di fobie antistregoniche generate dalla battaglia contro le
eresie condotta dall'Inquisizione. Stando agli studi approfonditi di Giordano Berti si possono individuare
varie correnti iconografiche, distinguibili secondo l'epoca e l'area geografica. Tra la fine del Quattrocento e
gli inizi del Cinquecento si evidenzia una tipologia mediterranea, ispirata ad opere letterarie classiche, e una
tipologia germanica derivante dalla commistione della tradizione biblica e di miti germanici. Tra gli autori di
quel tempo spiccano i cicli stregoneschi incisi dai tedeschi Albrecht Durer e Hans Baldung Grien; per il
Seicento vanno ricordati, per la consistente serie di opere sul tema, almeno l'italiano Salvator Rosa, i
fiamminghi David Teniers il Giovane e Frans Francken .
Un forte impulso alla definizione dell'immagine della strega venne dai manuali ad uso degli inquisitori,
grazie ai quali si diffusero le più svariate fantasie sul volo magico, sul Sabba e sui riti negromantici. A partire
dal Settecento l'iconografia delle streghe diventò progressivamente meno cruenta, e quelle che prima
erano dipinte come seguaci di Satana cominciarono ad essere dipinte come guaritrici di campagna,
prosecutrici di antichi riti agresti, più tardi, anche come donne affette da problemi psichici. Un caso a sé
stante è quello di Francisco Goya, che nelle sue numerose raffigurazioni stregonesche, sia incisioni sia
dipinti, volle censurare allo stesso tempo l’ignoranza del popolo e l’ipocrisia dei potenti. Nel primo
Novecento la stregoneria diventò allegoria delle forze oscure che si stavano addensando sull'Europa; si
vedano ad esempio le opere di Paul Klee e Alfred Kubin. Poi, sul finire del secolo prese vigore un'immagine
più positiva, legata alla Pop Art e al Neo-simbolismo, che vedeva la strega come rinnovatrice di antichi culti
femminili.

212
Voodoo
Nel corso delle mie esperienze di viaggiatore mi sono trovato frequentemente alle prese con rituali magici,
iniziazioni, forme sciamaniche e procedure di guarigione magiche. Tra le esperienze più vive che ricordo,
tuttavia, le pratiche Voodoo (o Vudù che dir si voglia) sono probabilmente quelle che mi hanno
maggiormente colpito.
Forse a causa della violenza implicita nelle cerimonie di quella forma religiosa, forse a causa del tasso
alcoolico che circola nelle vene dei praticanti e dei sacerdoti, forse per la forma di trance violento che
colpisce non pochi partecipanti, insomma modalità piuttosto diverse da quelle a cui siamo abituati nei
cerimoniali religiosi occidentali.

213
Il Vudù (talora anche Voodoo secondo la grafìa inglese) è una religione afroamericana dai caratteri
sincretici e fortemente esoterici.25
La si ritiene generalmente come una delle religioni più antiche al mondo, sempre se si vuole considerare la
forma moderna — nata tra il 1600 e il 1700 pressoché contemporaneamente in America latina e in Africa
occidentale — come una continuazione diretta della forma originale. La religione vuduista attuale combina
infatti elementi ancestrali estrapolati dall'animismo tradizionale africano che veniva praticato
nel Benin prima del colonialismo, con concetti tratti dal Cattolicesimo. Oggi il Vudù è praticato da circa
sessanta milioni di persone in tutto il mondo, ed ha recentemente acquisito il privilegio di essere
riconosciuto come religione ufficiale in Benin — dove è fiorentemente organizzato in una Chiesa alla quale
aderisce l'ottanta percento della popolazione — e ad Haiti dove è praticato da gran parte della popolazione,
contemporaneamente alla religione cattolica. Come comunemente si ritiene, il Vudù non è un fenomeno
legato alla magia nera, ma una religione a tutti gli effetti, ed è dotato di un profondo corpus di
dottrine morali e sociali, oltre che di una complessa teologia.

Storia
Il moderno Vudù è la derivazione di una delle religioni più antiche del mondo, presente in Africa sin dai
primordi.
Diffusa in varie aree africane già da prima delle colonizzazioni europee, la saggezza filosofica del Vudù si è
poi diffusa nelle Americhe, in conseguenza della deportazione degli schiavi neri nelle nuove colonie. Risale
proprio a questo periodo — tra il XVII e il XVIII secolo — la codifica del Vudù così come lo si può conoscere
al giorno d'oggi: nato dalla sintesi delle varie espressioni spirituali africane e di alcuni elementi cattolici.
Il Vudù rappresentò per gli schiavi africani uno spiraglio di luce nella miseria della schiavitù; una fede
comune che poteva farli sentire parte di una cultura valorizzata, nonché parte di una comunità. Tuttavia il
Vudù dovette affrontare una dura lotta contro l'oppressione esercitata dal Cattolicesimo: la Chiesa

25
Da Wikipedia, l’Enciclopedia libera
214
cattolica combatté strenuamente contro l'espressione religiosa africana, a causa del suo insieme di
superstizioni e magia nera.
Con le deportazioni nelle Americhe, il Vudù iniziò a diffondersi nelle isole caraibiche, e successivamente in
tutta l'America centrale. Col tempo la religione vuduista si ibridò con quella Cattolica, individuando la
presenza di un Dio supremo e di numerosi intermediari
Nonostante le repressioni subite durante i secoli da parte sia cattolica che protestante, il Vudù attirò un
numero sempre maggiore di adepti, proprio grazie a quell'alone di proibito e misterioso che la sua
condanna aveva originato. In tempi moderni il Vudù sta godendo di una discreta diffusione negli Stati
Uniti e nell'America meridionale: ad Haiti il riconoscimento ufficiale della religione vuduista — praticata da
quasi tutta la popolazione, parallelamente al Cristianesimo — risale al 2003. In Africa occidentale è in corso
un revivalismo: in Benin è riconosciuto in qualità di religione ufficiale dal 1996 ed è praticato dai quattro
quinti della popolazione; viene inoltre amministrato da una Chiesa organizzata e viene insegnato nelle
scuole. Numerose comunità sono infine presenti in Ghana e in Togo.

Teologia
La teologia vuduista si presenta come estremamente complessa e ricca, molto simile a quella delle altre
grandi religioni mistiche del mondo. Il Vudù concepisce infatti la molteplicità dell'universo come una realtà
illusoria, intendendo il cosmo come un "tutt'uno". Le tante cose che costituiscono il mondo non sono
slegate e distinte tra loro, la differenziazione è infatti il velo di Maia (dalla religione induista) che copre
quella che è la realtà, ovvero il fatto che tutto ciò che esiste è parte e manifestazione di un'entità
ancestrale, ineffabile ed eterna, ovvero Dio — che nella tradizione africana è indicato con nomi
quali Mawu, Olorun o Gran Met (dal francese Grand Maître, ovvero "Grande Maestro").
La Divinità suprema è concepita dalla religione vuduista come un principio primordiale che crea l'universo
attraverso un processo di manifestazione, di espressione dello spirito divino, un processo che dà ordine,
vita e moto alla materia. Dio è il creatore, il motore, la fonte mistica di tutta l'esistenza, è l'essenza che
nutre la materia dell'universo, nonché la potenza che dà forma alla sostanza. Quest'ultima, infatti, senza la
forma conferitale da Dio, non sarebbe altro che caos.

215
La teologia vuduista concepisce Dio come un ente inarrivabile, inconoscibile, il quale tuttavia si può rendere
accessibile alla mentalità umana manifestandosi nell'universo infinito che è sua emanazione. Lo stesso
termine dal quale la religione trae il nome, ovvero vodun o vodu, sta ad indicare lo spirito misterioso che
permea e fertilizza la materia cosmica, attivandola e donandole la vita. Nelle lingue africane tale termine
significa letteralmente "segno del profondo" ed è generalmente utilizzato in alternativa a Obatala ed in un
altro termine, quest'ultimo dal significato misterioso, vale a dire "potenza astuta della buca": questo
termine ha un rimando anche a Satana (il "divisore" , il "maligno" , il "menzognero") che i Cristiani pensano
sia capace, con le sue astute menzogne miste abilmente a verità, di soggiogare la mente dell'uomo al suo
volere imponendogli una morale falsa e distorta ed una errata percezione della realtà, dove solo l'aiuto di
Dio può liberare e svelarne tutti gli inganni .
Secondo i vuduisti, queste espressioni sintetizzano la natura dello spirito divino manifesto nel mondo,
perché il vodun è occulto, nascosto nella terra e nel cosmo che permea e di cui è l'essenza. Il vodun ha una
duplice natura: da una parte è spirituale, dall'altra è materiale, ma si tratta di una distinzione pratica, dato
che nel Vudù materia e spirito sarebbero considerati come la medesima realtà, dato che la materia non è
altro che una forma condensata dello spirito cosmico. Il vodun è la forza segreta che presenzia in tutte le
216
cose e che si manifesta all'uomo attraverso riti con simbolismi esoterici e di enfasi estatica. Tali riti, secondo
le credenze, permetterebbe all'essere umano di oltrepassare il velo di Maia, di entrare in contatto diretto
con la Divinità, contemplandola ed intravedendone le potenzialità, il potere e la consapevolezza che
l'"essere inarrivabile" esprime in ogni attimo della sua esistenza.
Nella religione vuduista, il serpente è considerato una rappresentazione ideale e sacrale del vodun. Come il
serpente costrittore si avviluppa attorno alle sue prede (altra similitudine con Satana od altri demoni
rappresentanti i demoni ingannatori o stritolatori), così Dio avviluppa il suo spirito attorno al cosmo ed
adempie perennemente al processo mistico della creazione o manifestazione molteplice.
« Il Serpente sotto i cui auspici si riuniscono tutti coloro che condividono la fede. »
Le spire del serpente rappresentano la forza mistica attraverso la quale la Divinità esprime la propria luce,
emanando l'universo che permea e nutre in eterno con il suo spirito, il vodun. L'anima che compone tutte
le cose tesse tra queste un inscindibile legame: lo spirito di una pietra è identico all'anima di un albero,
l'anima di un albero è identica allo spirito di un animale, lo spirito di un animale è parte della stessa anima
universale che possiede anche l'essere umano. Ogni cosa, sia essa animata o inanimata, è parte di Dio ed è
parte dell'eterno ciclo della creazione.

217
Stando a tutto questo, il Vudù è una religione panteistica, in quanto concepisce tutte le cose come tasselli
di un'unica anima cosmica; parallelamente è però anche una religione monistica. La teologia vuduista
include infatti il concetto di manifestazione pluralistica di Dio: esso è unico e unitario, è la fonte ancestrale
di tutte le cose che esistono, ma non può essere compreso dalla mente umana se non attraverso la
molteplicità delle sue manifestazioni. Il Vudù contempla infatti la presenza di una schiera di varie divinità,
che designa con il termine specifico di loa, che letteralmente vuol dire "misteri", ma che viene spesso
tradotto anche come "santi" o "angeli", per sottolineare la similitudine col Cristianesimo. Questi spiriti della
natura (in parte derivati dagli Orisha della tradizione Yoruba) sono le sfaccettature, i vari aspetti, attraverso
i quali Dio si manifesta nel mondo. Proprio per questo motivo l'uomo non è in grado di sviluppare tutte le
personalità ma si limita ad una. L'uomo, che secondo quanto detto sarebbe limitato nel comprendere il
mistero dell'assoluto, può entrare in contatto con Dio solo passando attraverso il molteplice, essendo
questo l'unica mezzo che può condurlo al divino, il veicolo che permette la comprensione della realtà. La
molteplicità è l'eccezionale capacità di alzare la testa, agire senza paraocchi, distrarre una mente
sovraccarica o ossessionata, staccare e riattaccare la mente proprio come avviene per la concentrazione più
il periodo di recupero è breve maggiore è la durata.
Durante rituali fortemente esoterici e mistici si crede che non esista distinzione tra il mondo divino e il
mondo umano, che ogni cosa è divina in quanto ogni cosa è parte attiva dell'unità. L'uomo potrebbe
condurre una vita che lo porti alla stretta relazione estatica con le manifestazioni di Dio, con le divinità e gli
spiriti dei morti, ma nel momento in cui comprende il segreto del molteplice e del vario, si rende anche
pienamente consapevole del fatto che il molteplice è costituito dai tanti tasselli di un unico mosaico divino.
Tra gli spiriti della natura venerata dai fedeli del Vudù si trovano divinità che fungono da patrone e
personificazioni di elementi e forze della natura. Gli spiriti del cosmo venerati dai vuduisti sono stati
etichettati, nel Vudù centroamericano, con denominazioni in francese o spagnolo, ed associati, in una
erronea analogia frutto di un miscuglio culturale, a santi e figure cattoliche. Pertanto, quei "santi" vengono
considerati o come incarnazioni terrestri delle divinità, oppure come alternative raffigurazioni delle divinità
stesse.
Le divinità sono considerate delle entità indescrivibili, senza aspetto o caratteristiche fisiche; sono
semplici essenze della Divinità suprema. Per questo motivo, nonostante la diffusa iconografia, dovuta in
218
particolare alle commistioni cattoliche, per rappresentarle in via ufficiale, ad esempio per le decorazioni dei
templi vuduisti, vengono utilizzati i veve, i disegni geometrici sacri. Questi sono ritenuti il miglior modo
attraverso cui esprimere l'aspetto del divino, in quanto sono sintetizzazioni simboliche delle funzioni e delle
caratteristiche che contraddistinguono gli spiriti della natura.

Ecclesiologia
Il Vudù si presenta generalmente con un'organizzazione costituita da un sistema di congregazioni.
Ad Haiti e in Benin esistono due vere e proprie Chiese vuduiste che amministrano molte di queste
congregazioni e gestiscono le cerimonie religiose, oltre che i seminari per la formazione del clero vuduista;
in Benin la Chiesa del Vudù è un'istituzione molto importante nella società e nella vita dei cittadini, essa
gestisce infatti parecchi servizi pubblici, quali ospedali, scuole, college ed alcuni enti per la beneficenza. Il
clero vuduista è costituito da sacerdoti e sacerdotesse, che svolgono generalmente le medesime funzioni; i
sacerdoti di sesso maschile vengono chiamati oungan (anche ungan o houngan), le donne vengono
chiamate mambo. Ogni congregazione vuduista possiede poi i propri alti sacerdoti e alte sacerdotesse,
chiamati rispettivamente papaloa e mamaloa; questi sacerdoti capi hanno il compito di gestire al meglio gli
interi collegi clericali, avendo alle spalle molti anni di esperienza. Esistono inoltre alcune decine di
cosiddetti "Roi" (Re), che godono di un prestigio particolare e insieme formano la leadership della
219
cosiddetta "Chiesa" Beninese. Sono i discendenti degli antichi sovrani del Dahomey e hanno diverse
specializzazioni; Towakon Guedehongue II, ad esempio, benché gli sia spesso attribuito il titolo di "Papa"
del Vodou, non è altro che uno dei tanti Roi, specializzato nella supervisione sulla correttezza dei rituali nei
vari Hounfour. Il clero offre servizio in templi, gestiti dalle congregazioni e diffusi sul territorio; oggi
esistono templi vuduisti in particolare in America centrale e in Africa occidentale, sebbene luoghi di culto si
possano trovare anche in tutti gli Stati Uniti e in alcuni Paesi europei, in particolare in quelli in cui le attività
del Vudù sono più radicate. Ad esempio esiste un Hounfour a Fyé, in Francia, chiamato "La Mandragore"; è
l'unico Hounfour europeo ufficialmente riconosciuto in Benin. I templi sono considerati dei luoghi in cui
l'essere umano può entrare in contatto con la Divinità, ed è per questo che vi si svolgono i rituali. Gli edifici
di culto sono decorati con vari elementi, tra cui un ingente quantità di candele, raffigurazioni di santi e
oggetti considerati legati ai loa. Questi ultimi, in quanto non rappresentabili, sono celebrati di solito
mediante l'utilizzo dei veve, le geometrie sacre. Durante i rituali sono molto frequenti i sacrifici animali, in
particolare — tipico della tradizione vuduista — è il rituale che prevede lo sgozzamento del galletto.
Possono essere utilizzate anche le famose bambole vudù . Altra caratteristica importante dei riti vuduisti è il
forte misticismo, vale a dire il forte contatto che viene teso tra il mondo divino e il mondo umano, portando
ad un'unione rituale tra uomini e dèi.
Le liturgie prevedono infatti la possessione divina, attraverso cui una divinità loa o lo spirito di una persona
defunta si impossessa del corpo del celebrante — solitamente un membro del clero — interagendo con i
partecipanti al rito. Nei momenti di estasi il posseduto viene detto uno zombi ovvero una persona viva
sotto il controllo di un ente che in realtà non appartiene al suo corpo. Si crede infatti che durante i rituali di
possessione, una delle due anime del posseduto lasci il corpo per permettere alla divinità di penetrarvi.

Magia
Come tutte le religioni antiche anche il vuduismo ha numerosi cerimoniali legati alla magia e
particolarmente vasto sembra essere l'arsenale della magia distruttiva o nera.
Per quanto non esistano prove dell'efficacia di tali magie, non vi possono essere dubbi sulla presa di queste
superstizioni sul popolo: numerosi dittatori hanno approfittato di ciò per rinsaldare il loro potere,
spacciandosi per potenti stregoni.
220
Escatologia ed etica
Nel Vudù o Voodoo, il concetto della salvezza e del raggiungimento della salvezza è molto complesso. La
visione si può dire che, a grandi linee, abbia alcuni punti in comune con quella cattolica: infatti entrambe
le escatologie di queste religioni si basano sulla credenza in una vita dopo la morte. Nel Vudù tuttavia esiste
una concezione molto diversa per quanto riguarda l'anima: mentre infatti nel Cattolicesimo l'anima viene
considerata il "principio spirituale dell'uomo" (Catechismo della Chiesa Cattolica - CCC n. 363), o la "forma
del corpo" (CCC n. 365), destinata a ricongiungersi ad esso dopo la morte con la risurrezione, (cfr. CCC n.
990), nel Vudù essa è concepita come distinta in due corpi numistici, vale a dire il grande angelo guardiano
e il piccolo angelo guardiano. La prima parte dell'anima è considerata quella più materiale, e per questo
strettamente legata al corpo, tanto da lasciarlo solo in seguito alla morte. La seconda è considerata invece
la parte più sottile, in grado di lasciare spesso il corpo — anche durante il sonno —, e quella più soggetta ad
influssi esterni, tanto che si ritiene se ne possano impossessare, imprigionandola, persone che praticano la
221
magia nera, attraverso la quale riuscirebbero a controllare il piccolo angelo guardiano e, direttamente, la
persona cui l'anima appartiene, rendendola uno zombi. I sacerdoti vuduisti possono, in questo caso,
proteggere il malcapitato preparando un pot de tête, ovvero una sorta di amuleto nel quale racchiudono
anticipatamente il piccolo angelo guardiano impedendo che venga catturato. Quando una persona muore,
la sua anima ascende al paradiso. Durante la vita ogni essere umano possiede inoltre un proprio maestro
della testa (met tet, derivato dal francese maître tête). Questa entità corrisponde all'angelo custode della
tradizione cristiana, un nume dunque che porta consiglio e protezione alla persona cui è associato.
Eticamente il Vudù esercita una morale che enfatizza la valorizzazione della vita umana e il rispetto della
natura. Quest'ultima, essendo il Vudù una religione panteistica è considerata sacra e permeata dalle
divinità. La religione vuduista sta rappresentando, in particolare nelle regioni meridionali del Togo, una
forza particolarmente fervente che lotta per la salvaguardia delle zone boscose considerate sacre e nelle
quali si celebrano molto spesso i rituali vuduisti.
Per quanto riguarda la vita umana - un insegnamento che può essere utilizzato come esempio principale
della forza etica che caratterizza il Vudù - è il valore che questo dà alle persone con handicap fisici o
mentali perché considera manifestazione mistica qualsiasi cosa che sia speciale o semplicemente diversa.

Zombie
Secondo la tradizione magica del vudù, alcuni potenti stregoni sarebbero in grado di riportare alla vita i
morti, creando i cosiddetti zombie. Sembrerebbero esserci numerose testimonianze a tal proposito; la
scrittrice statunitense Zora Hurston, ad esempio, riuscì a fotografare una zombie ad Haiti: si sarebbe
trattato di Felicia Felix Mentor, deceduta nel 1907, ricomparsa misteriosamente nel 1936 sotto forma di
zombie. Al di là delle leggende, il professor Heinz Lehamann, dopo aver esaminato diversi zombie, afferma
che in realtà si tratterebbe di malcapitati a cui è stata somministrata una potente droga che indurrebbe uno
stato di morte apparente prima e di vita vegetativa poi.

222
Vuduismo e cristianesimo
Nonostante alcune persone affermino che i cristiani avessero convertito sotto minaccia di morte gli schiavi
e che questi avessero adottato l'iconografia cristiana per camuffare gli antichi riti africani, non v'è nessuna
prova che le cose siano andate così. Vi è prova che i cristiani obbligarono gli schiavi a battesimi di massa,
ma la loro influenza si limitò a questo. C'è da ricordare che il Vuduismo originale africano era già di per sé
una mescolanza di varie religioni native e che per gli schiavi immigrati in America era del tutto normale e
spontaneo accettare nuove religioni ed integrarle al Vuduismo: questo fu probabilmente il destino anche
del cristianesimo.

223
È indubbio che il cristianesimo perseguitò alcuni aspetti del Vudù, che presentava forti connessioni con il
satanismo tradizionale: sacrifici animali, l'importanza ritualistica del sangue e di animali che i cristiani
considerano maligni (serpenti in particolar modo), possessioni e magia nera.
Un rapporto quindi doppio: da una parte una persecuzione degli aspetti più incomprensibili e
presumibilmente malvagi, dall'altra una integrazione spontanea degli elementi ritenuti simili.

224
CAPITOLO SEI

NEOPAGANESIMO

225
I sistemi teologici 26 contemplati dalle religioni neopagane sono molteplici. Come prima istanza
il Neopaganesimo è definibile panteistico, ovvero identificante l'Uno con il principio divino che sta
all'origine di tutte le cose che esistono e che produce perennemente l'essenza che caratterizza la
formazione dei cicli cosmici (il meccanismo dello spirito o Riso degli Dèi. Questi fanno sì che la materia si
organizzi progressivamente in modo evolutivo e armonico. In questo contesto si inserisce l'ottica
dell'eterna creazione, e prende forma il monismo dal quale dipanano tutte le differenti concezioni su cui si
fondano i punti di vista delle diverse religioni neopagane. La teologia monistica prevede infatti che
dall'unità primordiale il divino si dispieghi andando a dare forma al caos originando l'esistenza. Dal principio
primordiale si giunge quindi ad una molteplicità feconda finale. Le varie concezioni d'intermezzo variano
dal dualismo wiccano alsuiteismo odiano sino al pandeismo heidinn. Le divinità vengono ad ogni modo
sempre viste come essenze dell'universo, ovvero quelle forze o teoremi attraverso cui il teorema principale,
ovvero l'Uno, si manifesta. Gli dèi sono essenzialmente le basi dalle quali si originano le forze naturali e i
cicli dell'esistenza.

Altare wiccan appartenuto a Doreen Valiente, con le statuette del Dio cornuto e della Dea madre.

26
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226
Il neopaganesimo è un movimento spirituale che abbraccia un'eterogenea varietà di nuovi movimenti
religiosi, ispirati ad una ripresa delle antiche spiritualità pagane. Tale movimento si è sviluppano
principalmente in Occidente nel corso della seconda metà del Novecento. Le religioni incluse nel
movimento spaziano da filosofie di vita che si richiamano ad una continuità con passate esperienze
religiose politeiste — i fenomeni di metodoricostruzionistico — a sistemi di credenza totalmente
nuovi, sincretici e universalistici definiti per tali caratteristiche come eclettici. Sebbene lavisione del mondo,
della teologia e dell'essere umano vari profondamente tra una religione neopagana e l'altra, esiste una
tacita condivisione di un approccio naturalistico e umanistico all'esistenza. I movimenti neopagani sono
spesso definiti come religiosità della Terra.
Complessivamente gli aderenti a movimenti religiosi di matrice neopagana possono essere stimati in circa
un milione, di cui la maggior parte presenti in Stati Uniti d'America e Canada.

Origine del termine paganesimo


Il termine paganesimo deriva dal termine latino paganus, indicante in epoca romana l'abitante dei "pagi"
(dal latino pagus, pagi), una tipologia di villaggi di campagna relativamente autonomi dal punto di vista
amministrativo. Con il graduale imporsi del cristianesimo come religione prevalente dell'Impero romano, i
cristiani iniziarono ad indicare spregiativamente come pagani tutti coloro che non desideravano convertirsi
ed abbandonare le vecchie religioni, i quali risiedevano soprattutto nelle campagne, mentre il cristianesimo
si era largamente diffuso nei centri urbani. Il termine assunse coi secoli un significato neutro, essendo il
paganesimo nel frattempo scomparso, venendo pacificamente usato in ambito di studio delle antiche realtà
religiose pagane.

227
Il pentacolo è l'emblema più in uso presso i movimenti spirituali neopagani. Simbolo originariamente
appartenente al culto di Afrodite, venne demonizzato durante la diffusione del Cristianesimo il quale lo
associò alla figura di Satana. Fu essenzialmente per questa associazione che il pentacolo venne utilizzato,
in particolare nella sua forma ribaltata, dalle religioni misteriche del Novecento. Oggi il simbolo è divenuto
centrale nel Neopaganesimo per i suoi complessi significati esoterici, legati in particolare alla visione del
mondo teologica e cosmologica. Il pentacolo simboleggia infatti una riproduzione in miniatura del cosmo,
in cui il disegno tracciato dalle linee del pentagramma sta a rappresentare l'evoluzione e manifestazione
delle forze divine, che fluiscono nell'universo. Il pentacolo simboleggia l'eterna creazione, ovvero l'origine
di tutti quei processi alla base della natura generati dal teorema universale che costituisce tutte le cose.
Il cerchio nel quale è inscritto il pentagramma sta a simbolizzare l'eternità e l'infinitezza, mentre nell'intero
sistema a cinque punte è individuabile la figura dell'essere umano, valorizzato come nelle
filosofie umanistiche e illuministiche. L'uomo è infatti concepito dal Neopaganesimo come padrone di se
stesso e parte della natura.

228
Origine del termine neopaganesimo
Il termine neopaganesimo (nuovo paganesimo) è un neologismo basato sul
termine paganesimo popolarizzato a partire dal 1968 con la pubblicazione dei primi numeri del Green Egg,
rivista neopagana gestita dalla Chiesa di Tutti i Mondi. Il lemma è oggi utilizzato tranquillamente dalla
maggior parte delle comunità neopagane per indicare le religioni postcristiane occidentali includibili nel
gruppo allo stesso modo di come ci si identifica "cristiani", "ebrei" o "taoisti" , sebbene gli aderenti alle
religioni gentili - dette anche ricostruzionistiche - preferiscano generalmente l'omissione del prefisso neo-,
dal momento che utilizzano la ritualità antica ancora oggi presente nei testi storici dell'epoca: quindi la loro
non sarebbe una ricostruzione moderna ma un riutilizzo degli antichi riti.

Storia del Neopaganesimo


Molti neopagani richiamano come origine ideale dei rispettivi movimenti religiosi le speculazioni di molti
intellettuali del Rinascimento, i quali recuperarono, studiarono ed imitarono il sapere letterario della
classicità greco-romana. Tale patrimonio culturale fu uno tra i principali fattori del recupero di un
ideale umanista di interesse e di esaltazione dell'uomo, contrapposto idealmente da costoro alla
concezione cristiano-medioevale dell'essere umano, concepita come mortificante l'uomo in quanto tale,
essendo che a questi era riconosciuto un reale valore non in quanto tale, ma solo nella prospettiva di un
suo rapporto con Dio. Molti neopagani richiamano come origine ideale dei rispettivi movimenti religiosi
anche speculazioni di molti intellettuali dell'eterogeneo movimento illuministico, il quale di fatto si
caratterizzò per una dura critica nei confronti delle credenze tipiche delle religioni abramitiche e per la
volontà di recuperare una presunta religione naturale originaria, accomunante tutti gli uomini in quanto
tali, secondo un ideale tipicamente cosmopolita.

229
Origine e sviluppi storici
L'origine storica del neopaganesimo si ha nel XIX secolo con l'emergere del Romanticismo dell'Europa
settentrionale, che portò alla diffusione di fenomeni quali la risorgenza vichinga nelle isole britanniche e
in Scandinavia ed il movimento völkisch in Germania. La ripresa della religione germanica derivò da un
accresciuto interesse, tipico del romanticismo e dei nazionalismi ottocenteschi - tesi a indagare le origini
del proprio popolo e a recuperarne anche artificiosamente i simboli, gli usi, per il folklore, l'ecologia,
l'occultismo e l'identità nazionale. Fu questo clima che vide il formarsi delle radici etene e
del celtismo nell'Europa nordoccidentale. L'Inghilterra rappresentò uno dei più forti epicentri della rinascita
pagana, che comportò la comparsa dei primi gruppi druidisti e di associazioni di carattere occultistico quali
l'Ordine Ermetico dell'Alba Dorata e l'Ordo Templi Orientis, le quali tentavano di mescolare nella propria
dottrina elementi estrapolati dalla religione egizia, dalla Cabala ebraica e da altre tradizioni esoteriche.
Influenzati dal The Golden Bough di James George Frazer parecchi scrittori e artisti di prominenza furono
coinvolti nell'attività occultistica.

Simboli di religioni neopagane:slavismo, druidismo, ásatrú,dodecateismo, pentacolo, Via romana agli


dei, wicca, kemetismo,giudeopaganesimo

230
Tra questi sono annoverabili William Butler Yeats, Maud Gonne, Arthur Edward Waite, e l'occultista Aleister
Crowley. Anche l'ambiente accademico aveva dato e continuava a dare i suoi frutti; negli anni venti,
l'antropologa ed egittologa Margaret Murray sostenne l'ipotesi dell'esistenza, poi provata storicamente
come in gran parte infondata, di una religione praticata in segreto, derivata dalla
spiritualità stregonica del Medioevo, sopravvissuta in qualche modo alle persecuzioni delle autorità
religiose ufficiali, in special modo alla cosiddetta caccia alle streghe esercitata dalle autorità cristiane e
pubbliche tra i secoli XII e XVIII. Gli studiosi moderni rigettano in buona parte le tesi della Murray in quanto
basate sulla similarità delle dichiarazione degli accusati di stregoneria e delle informazioni contenute nei
manuali cristiani per la caccia alle streghe. Le prime fonti furono probabilmente generate solo
successivamente in base alle seconde.
Una notevole svolta per l'ambiente neopagano si manifestò nei primi anni cinquanta quando
l'inglese Gerald Gardner affermò di essere stato iniziato ad una religione basata sulla stregoneria medievale
da una congregazione del New Forest guidata da una donna che Gardner nominava con lo pseudonimo
di Vecchia Dorothy. Lo stesso Gardner trascorse la gioventù in Malesia, dove si era trasferito con la
bambinaia quando era ancora molto piccolo. La permanenza nel Sud-est asiatico spiegherebbe la forte
influenza delle religioni orientali rintracciabile nella Wicca, la religione neopagana ufficialmente fondata
da Gerald Gardner nel 1954 e che, tra le religioni neopagane, ha avuto più seguito e sviluppo.
Gli anni sessanta e settanta videro la risorgenza del Celtismo e la sistematizzazione dell'etenismo con la
nascita dell'Ásatrú negli Stati Uniti e in Islanda. Tra il 1980 e i tempi contemporanei si è registrata una
crescita nell'approccio guidato dal ricostruzionismo, sia nei già presenti movimenti eteni e celtisti, sia con la
nascita di religioni quali l'ellenismo, il kemetismo e del movimento neopagano esteuropeo, oltre che di
religiosità minori quali il cadiscismo, la Via Romana agli Dèi e l'olimpianesimo. Il solco della cultura legata
alla New Age — la quale è stata in un certo senso prodotta anche dal neopaganesimo, per poi influenzarlo
— è largamente prevalsa in movimenti particolarmente eclettici quali il giudeopaganesimo, il sincretismo
cristiano-pagano, l'indopaganesimo e il gaianesimo.

231
Confronti con altri paganesimi
Nello sviluppo del neopaganesimo occidentale, ebbe una notevole influenza l'incontro con l'Oriente. A tal
proposito riportiamo quello che Vivianne Crowley scrisse proprio su questo argomento in un suo saggio]:"La
società europea incontrò una nuova sfida quando la colonizzazione portò gli Europei, soprattutto Britannici,
in Oriente. In India gli Europei scoprirono la ricca cultura dell'Induismo, come anche la profondità filosofica
e la comprensione della psiche che erano stati sviluppati ed erano fioriti nei reami indiani, attraverso gli
insegnamenti dello yoga e del tantra. L'incontro tra Oriente ed Occidente fece esportare in India le
istituzioni e la cultura europee, ma non fu uno scambio unidirezionale. Molti europei furono influenzati dal
pensiero hindù e bhuddista e adattarono idee orientali alla cultura occidentale attraverso la teosofia ed
altri sistemi esoterici. La seconda metà del secolo XIX vide la fondazione da parte di Helena Petrovna
Blavatsky di una influente organizzazione di insegnamento, chiamata società teosofica. La teosofia combinò
idee bhuddiste ed hinduiste con quelle del paganesimo classico, principalmente il Neoplatonismo, creando
una eclettica sintesi spirituale, che incluse le nozioni della reincarnazione e del karma. Il paganesimo
europeo di oggi ha molte similitudini con l'hinduismo, la maggiore religione pagana dell'Oriente. Questo è
in parte dovuto all'influenza che l'hinduismo ebbe nello sviluppo del pensiero occidentale moderno;
sebbene l'hinduismo sia una religione orientale, i suoi creatori provenivano dallo stesso gruppo di popoli
dal linguaggio indo-europeo, dai quali provenivano anche gli antichi Greci, Latini, Celti e Germani. Non per
nulla i pantheon ed i miti di tutti questi popoli contengono temi e storie assai simili e facilmente
sovrapponibili con quelle induiste. Vi sono però delle grandi differenze rispetto al pensiero occidentale. La
mente occidentale è maggiormente estroversa rispetto a quella orientale. Di fronte alle estreme difficoltà
di vita materiale che si trovano in India, ha avuto perfettamente senso lo sviluppo di un modo di pensare
introverso, che ricerca la negazione del mondo della materia come māyā, illusione, per rivolgersi al mondo
interiore così da entrare in una realtà spirituale. Anche il paganesimo occidentale ricerca la realtà spirituale,
ma non intende abbandonare il mondo della Natura, ma piuttosto di spiritualizzarlo, rendendo manifesto il
divino nella materia, anziché abbandonare l'esistenza materiale".

232
Le Basi del Neopaganesimo

Il neopaganesimo include tutte quelle nuove religioni che si rifanno in modo più o meno diretto ai
culti pagani dell'Europa antica. Religioni come la Wicca, che talvolta viene definita la Vecchia
religione (espressione promulgata da Margaret Murray), oppure il Fyrnsidù, il cui nome significa
letteralmente "antica tradizione", si propongono come spiritualità nuove ma riportanti alla luce
la Weltanschauung precristiana, ovvero quel modo di vedere il mondo che pone l'essere umano non al di
sopra ma all'interno del sistema della natura. Questi concetti sono stati riscoperti solo in concomitanza con
la diffusione dell'Illuminismo e delle filosofie umanistiche. L'essere umano è dunque — nelle varie religioni
neopagane — parallelamente considerato signore della sua persona, della sua morale e della sua società, e
membro di un eterno e ciclico equilibrio universale. Le religioni neopagane di tipo ricostruzionistico si
richiamano a una continuità che le riallacci all'antico, sebbene spesso si riconosca che le contaminazioni e
l'adattamento a certe visioni moderne siano inevitabili. La religione wiccana stessa, eclettica per
definizione, si definisce una forma moderna di un'ipotetica antica spiritualità monoteistica incentrata sul
culto della Dea Madre e diffusa nelle zone europee durante il Neolitico.

Il pentagramma simboleggia i quattro elementi e lo spirito

233
Questa tesi ha radici negli studi accademici degli anni cinquanta, quando esponenti di rilievo quali Marija
Gimbutas e Robert Graves supportarono e approfondirono la questione. L'ipotesi della religione della Dea
Madre è tuttavia rifiutata — o meglio disputata — dalla maggior parte degli studiosi contemporanei, tra
cui Ronald Hutton. Le idee legate al culto della Dea si riallacciano con la stregoneria medievale, vista dai
nominati studiosi come una religiosità basata sugli stessi concetti della moderna Wicca, e da cui
quest'ultima avrebbe attinto caratteri nel momento dell'iniziazione di Gerald Gardner. Caratteristica
accomunante le religioni neopagane è una rilevanza minima se non nulla delle mitologie, come dopotutto
valeva anche per gran parte dei pagani dell'antichità classica. I pochi gruppi che mantengono l'importanza
dei miti ne sottolineano il significato puramente allegorico ed etico. A differenza della fondamentalità della
mitologia all'interno delle religioni abramitiche — nelle quali la Bibbia è spesso interpretata secondo una
chiave letterale —, le religioni neopagane tendono a rifiutare i miti anche per evitare l'irrigidimento delle
dottrine e la loro deformazione in dogmi. Il neopaganesimo poggia infatti su un universalismo e
un'apertura al pensiero relativistico che conduce a un rigetto delle strutture più formali, e in questa istanza
anche dei testi sacri. Controtendenze sono riscontrabili tra i ricostruzionisti — e in alta percentuale nel
Teodismo —, i quali spesso fanno di ideologie selettive e geneticistiche le chiavi di volta del proprio
approccio alla spiritualità. Fondamenti largamente attinti dalla tradizione occultistica del XIX e del XX
secolo — con rappresentanze di primo piano nell'ermetismo, nel Rosacrocianesimo e nelle spiritualità
legate — sono ben visibili, in particolare nella religione wiccana, la quale include parecchi elementi di
lampante legame con le dottrine di Aleister Crowley.
Ruolo dominante è anche quello delle religioni orientali, prima di tutte l'induismo, il taoismo e
il buddhismo, elementi delle cui tradizioni sono rintracciabili quasi ovunque nel patrimonio religioso
neopagano. Parallelamente l'influenza è forte anche nel momento della provenienza dall'ambito
della filosofia greca — dalla quale sono stati estrapolati il concetto dell'Uno e le differenti
concezioni neoplatoniche, plotiniche, pitagoriche —, e da quella nettamente paganeggiante sorta tra
il XVI e il XVII secolo che passa dall'attitudine naturalistica di Giordano Bruno a
quella panteistica dello spinozismo. Nell'ambiente più eclettico grande spazio è stato occupato dalla New
Age, movimento filosofico sincretico gemmato — tra le tante origini — anche dal neopaganesimo per poi

234
contribuire a formarlo, in particolare in quelle frange neopagane fortemente impregnate dalla
cultura nordamericana. Flussi di questo carattere hanno portato all'ingresso nel movimento neopagano di
elementi della religione nativa americana e dello spiritualismo, favoriti dalla quasi totale assenza di
definite ortodossie e ortoprassi.

Dottrine
Le religioni neopagane sono caratterizzate da una serie di elementi dottrinali relativamente condivisi, e da
un ampio raggio di possibilità di approccio alla teologia, alla cosmologia e alla Weltanschauung.
Tendenzialmente le religioni gentili dette anche ricostruzionistiche — principalmente sentieri come la Via
romana agli dei, certe frange dell'etenismo, certe dell'ellenismo, il cadiscismo e la linea principale del
filone neopaganesimo est europeo — cercano di mantenere in primo piano il politeismo, non inteso però
come credenza in più principi cosmici ma come accettazione della molteplicità dell'espressività che
caratterizza ciò che è divino e spesso degli dèi come proiezioni o rappresentazioni partorite dalla mente
umana. La visione teologica è tuttavia generalmente caratterizzata da un panteismo, un monismo,
un enoteismo e un animismo di raccordo tra le differenti vie neopagane, sistemi che vedono gli dèi come
rappresentazioni delle forze della natura emanate dalla Divinità ancestrale, oppure che li vedono allo stesso
modo della concezione precedentemente citata; da questi tre sistemi generalmente fissi si dipanano
concezioni che spaziano dall'acosmismo, al nonteismo (che è in un certo senso insito nella visione
panteistica), al deismo, al pandeismo, al panenteismo, al dualismo, al suiteismo e all'autoteismo, fino
allo psicologismo, quest'ultimo enfatizzante una lettura mentale e psicologica della religione, in modo
simile al buddhismo. In alcune circostanze è studiata anche la valenza esoterica e mistica della ricerca
spirituale.

235
Teologie
Mentre nell'antichità la teologia di tipo monistico e panteistico era poco diffusa tra il popolo mentre era
una caratteristica prominente all'interno dei circoli misterici e delle dottrine riservate agli ordini sacerdotali,
oggi avviene esattamente il contrario. I neopagani odierni sostengono una visione del mondo che vede
l'intera esistenza e l'universo come prodotti dell'attività manifestativa di un'unica forza
divina, immanente la natura di tutte le cose e agente secondo l'ordine dell'eterna creazione (il progresso
evolutivo armonioso, rappresentato dal simbolo del pentacolo). Le religioni neopagane non implicano
dunque la credenza in un trascendente o un soprannaturale, dato che la vera spiritualità sta nell'esistenza
fisica stessa. La sorgente cosmica da cui deriva ogni cosa è l'Uno ereditato dai sistemi orientali e
dalla filosofia greca, ed è generalmente un concetto riconosciuto sia dagli eclettici sia dai ricostruzionisti.
L'identificazione del principio primo è in secondo luogo libera e differenziata per ogni religione neopagana.
La Wicca tende ad esempio al dualismo, ovvero al vedere il principio come manifesto in una primordiale
dualità. La religione wiccana è effettivamente dualistica, ma le due controparti — che vengono chiamate
il Dio e la Dea — sono la rappresentazione del naturale scontro di forze opposte e complementari che
caratterizza la vita, e che ne permette l'evoluzione. Il concetto della Dea Madre, identificata con Madre
Natura e con Gaia — lo spirito della Terra —, ha assunto una prevalenza in certi ambienti wiccani quali
quello dianico, e in religioni impregnate delle filosofie newager quali il gaianesimo. Di fatto la Dea viene in
questi casi elevata al ruolo di principio primo e dunque identificata con l'Uno.
Tutte queste strutture teologiche hanno la caratteristica di essere aperte alla scienza, vista come la faccia
opposta alla religione ma facente parte della stessa medaglia. L'unione olistica della spiritualità e del sapere
scientifico deriva dalla consapevolezza del fatto che il dominio esplorato dal secondo è quello fisico, ovvero
di tutto ciò che l'essere umano può intendere con i propri cinque sensi, mentre il dominio della prima è
quello della metafisica, cioè di tutto ciò facente parte delle infinite realtà possibili che l'uomo non è in
grado di percepire o immaginare con le proprie percezioni. Il punto di contatto sta nel panteismo e in tutto
ciò che logicamente ne deriva, tra cui la ciclicità dell'esistenza. Quest'ultima non è vista dalle religioni
neopagane come una linea retta, ma come un insieme di processi ciclici che si dispiegano a partire dal
principio di tutte le cose. La manifestazione dell'universo a partire dall'attività dell'Uno è
236
conseguentemente una forma di sviluppo, di evoluzione o involuzione delle cose. La materia è puramente
una forma di energia, la stessa energia emanata dalla Divinità e frutto del dispiegamento della Divinità
stessa, la quale dunque è a tutti gli effetti coincidente con l'universo e la sua natura in tutte le loro possibili
interpretazioni e realtà. L'insieme di meccanismi cosmici che portano all'emanazione del cosmo a partire
dall'attività generata dalla Divinità è la cosiddetta eterna creazione (che tuttavia non è creazionistica in
senso abramico), ossia l'ordine che lo spirito (corrispondente alla forma o alla sostanza divina attiva) dà al
caos primigenio (corrispondente alla sostanza divina passiva).

Escatologie
Dalla concezione ciclica del mondo deriva una generale escatologia basata sul concetto
della reincarnazione o dell'illuminazione, ereditati — il secondo innanzitutto — dalle religioni orientali,
sebbene più simili alla metempsicosi classica. La ciclicità dell'esistenza comporta l'annullamento della
morte, ossia la visione di questa come un semplice momento di trasformazione, non una fine assoluta. Di
fatto le religioni del neopaganesimo offrono una salvezza senza fede, ovvero non necessitante la credenza
in dogmi. Questo perché per le religioni neopagane l'uomo non necessita di alcuna salvezza, in quanto già
eterno o immortale poiché parte del tutto cosmico, della stessa sostanza divina di cui tutte le cose sono
fatte. Il corpo trasmuta, rientra nel ciclo della natura e va a costituire qualcos'altro. L'anima è spesso
considerata come un impulso energetico attivo che caratterizza il sistema nervoso. Secondo gran parte dei
neopagani questo impulso cosciente, dopo la trasformazione del corpo si riunirebbe con l'Uno, l'energia
cosmica e pura, di cui già era parte, raggiungendo uno status di flusso etereo e beatitudinale.
Nella wicca questa visione è espressa dal concetto della Terra dell'Estate. Anche l'ambiente etico delle
religioni appartenenti al neopaganesimo è molto variegato, sebbene anche in questo contesto siano
riscontrabili delle caratteristiche di raccordo. Innanzitutto va considerata la sacralità della natura, in quanto
vista come continuo prodotto dell'eterna creazione delle forze divine, identificata spesso con la Dea,
nonché — come ogni cosa che esista — vista come parte costituente dell'Uno immanente, la sostanza che
compone il tutto. I neopagani nutrono un forte rispetto di amore e devozione nei confronti del mondo
naturale, e la definizione di ciò che è naturale è parallelamente estesa a qualsiasi cosa, anche ai prodotti

237
della società umana nel caso di chi si rifà all'ideologia del tecnopaganesimo. In quanto
religioni umanistiche, relativistiche e razionalistiche, quelle neopagane non pongono l'uomo al di sopra del
cosmo (in qualità di essere prescelto o eletto da una qualche entità trascendente), ma considerano l'uomo
come uno degli infiniti prodotti dell'evoluzione delle cose, della natura, e dunque dell'attività ciclica e divina
che costituisce il sostrato dell'intera esistenza.
L'essere umano è dunque divino come lo è ogni cosa, e il suo posto all'interno dell'universo lo colloca in
posizione di gestore e amministratore della sua società, non dell'intero mondo naturale. Il compito
dell'uomo è quello di garantire la costituzione di una società armoniosa, che sia caratterizzata da un
equilibrio di pace interno (ovvero di reciproco rispetto tra i vari individui) ma anche esterno, ovvero di un
equilibrio che garantisca l'ordine delle leggi naturali. A differenza delle religioni abramitiche, che separano
l'uomo dal mondo vedendo quest'ultimo come semplicemente creato in servizio alla società di fatto
annichilando il valore di questo mondo e rendendo la vita un nichilismo, le religioni neopagane riallacciano i
legami tra gli esseri umani e la natura di cui sono parte integrante.
Il rifiuto del trascendentismo tipico del cristianesimo che pone Dio al di fuori del cosmo (in una dimensione
spirituale completamente opposta alla dimensione materiale), oltre che della visione personale della
Divinità (cioè in qualità di ente simile all'uomo), parallelo all'accettazione del fatto che in realtà la Divinità
corrisponda al tutto, implica un annullamento della dicotomia tra il bene e il male. Nel neopaganesimo
questi non sono visti come due principi assoluti o due entità distaccate, ma sono semplicemente
considerati inesistenti. Ciò che è bene e ciò che è male è una distinzione totalmente relativistica, ovvero
personale e versatile in base all'individuo, alla società, alla mentalità e al tempo storico. Le positività e le
negatività devono essere valutate dall'essere umano unicamente in funzione della sua società in quanto
non sono dei concetti calati dall'alto, ma sono dei prodotti puramente umani, creati dall'uomo, voluti
dall'uomo e gestiti dall'uomo stesso. Da tutto questo scaturisce un codice di comportamento aprioristico,
non basato su una morale che stabilisce ciò che è benefico e ciò che è malefico, ma piuttosto su di un'etica
collettiva e cooperativa, garantita innanzitutto dall'armonia sociale basata fondamentalmente sui principi di
accettazione delle differenze e sul rispetto della natura.

238
Aderenti

Druidi celebrano un rituale aStonehenge, Amesbury, Inghilterra

In termini assoluti, è difficile quantificare con precisione il numero di neopagani in Italia e nel mondo.
Sebbene in paesi come gli Stati Uniti e il Canada, dove esistono Chiese neopagane riconosciute dalla legge e
gli aderenti sono liberi di praticare pubblicamente e di allestire seminari e templi, in parecchie altre nazioni
molti neopagani evitano di rendere pubblica la propria appartenenza al neopaganesimo a causa di
convenzioni sociali o circostanze ambientali. Inoltre è praticamente impossibile stabilire una correlazione
tra quanti sono pubblicamente neopagani e quanti aderiscono privatamente a questo credo. Stime basate
su dati oggettivi, come il numero di aderenti che si sono dichiarati pubblicamente tali e il numero di siti
riferenti ad essi, mostrano che la tradizione ad avere maggior diffusione è la Wicca,
radicalmente universalistica, che costituisce il fenomeno neopagano più studiato e di conseguenza quello
su cui è più semplice operare delle considerazioni in materia di diffusione. Alcuni sondaggi condotti tra
il 1999 e il 2001 (tra cui il più vecchio effettuato dalla Congregazione della Dea, mentre uno studio, con dati
del 2001, dall'American Religious Identification Survey) sul territorio nordamericano, calcolarono il numero

239
dei neopagani dalle 307.000 unità (di cui 134.000 wiccani, 33.000 celtisti e 140.000 altri neopagani) alle
768.400, in una conferma generale del milione mondiale stimato da Adherents.com.

Membri di Nova Roma conducono un rituale per la dea Concordia ad Aquincum, Budapest, Ungheria

Nel caso in cui queste statistiche fossero univocamente riconosciute si potrebbe dichiarare esplicitamente
una crescita dei neopagani costante e crescente. Un'altra comunità neopagana consistente è quella
del Regno Unito, collocata da alcuni studi di Ronald Hutton alle 250.000 persone. La cifra al 2007 è
presumibilmente maggiore ma mancano statistiche numeriche attendibili.
In termini relativi, il neopaganesimo è attualmente il movimento religioso più rapidamente in crescita nel
mondo. Tale diffusione, che sta avvenendo in modo capillare e a tutti i livelli della società, sta portando a
conseguenze e cambiamenti di varia portata dal punto di vista culturale. Il tasso di crescita è stimato al
143% annuo su scala mondiale, con un numero assoluto che tenderebbe a duplicare ogni trenta mesi. La
maggior parte delle conversioni si verifica nell'Occidente postcristiano, grossomodo costituito
dall'America sia settentrionale che meridionale, dall'Europa sia occidentale sia orientale, e dall'Oceania;
gruppi di neopagani hanno tuttavia preso piede in località non definibili postcristiane o non secolarizzate —

240
ed è questo il caso del Sudafrica —, o tradizionalmente non cristiane — e questo secondo caso è quello
dell'India.

Ideologie
L'influenza che le visioni naturalistiche del mondo delle religioni neopagane stanno esercitando sulla
società contemporanea, hanno comportato la nascita di veri e propri sistemi di pensiero come
l'ecopaganesimo che non rappresentano semplici filosofie ma intendono tradursi in concreti attivismi. In
quanto le religioni neopagane sono religioni della Terra, esse riconoscono la sacralità della natura in quanto
madre di tutte le cose. La natura va per questo motivo rispettata, salvaguardata e vissuta in modo
equilibrato. Questa attitudine conduce i neopagani all'essere particolarmente attivi in
cause ambientalistiche e in studi ecologici, i quali spaziano dalla protezione della foresta vergine,
all'agricoltura biologica, alla permacoltura, alla salvaguardia dei diritti degli animali. Quest'ultimo aspetto
cozza spesso contro il muro delle religioni ricostruzionistiche, i cui gruppi dovrebbero essere portati per
coerenza alla pratica del sacrificio animale. Questa pratica è tuttavia generalmente sfavorita dalla
stragrande maggioranza dei neopagani. Altri prodotti della moderna cultura neopagana sono il
tecnopaganesimo e due approcci alla religione nettamente distinti tra loro, ovvero il mondialismo e
il geneticismo. Il tecnopaganesimo è un'analisi logica riguardante la sacralità del mondo che intende
includere in tale santità universale anche i prodotti più antropici della società umana. Mentre infatti certe
correnti — di fatto pochissime, si parla in particolare di quella teodistadell'etenismo — tendono a rifuggire
la modernità perché vista come eccessivamente degenerata e discostata dalla natura,
il tecnopaganesimo intende mettere in luce il fatto che anche ciò che è puramente prodotto dall'uomo,
come per esempio la tecnologia, è parte della Divinità in quanto parte del tutto, e frutto della Terra sulla
quale dimora l'umanità. Il mondialismo e il geneticismo sono invece due modi di intendere la religione
applicabili esclusivamente alle religioni ricostruzionistiche, in quanto la wicca e gli altri
movimenti eclettici sono per definizione aperti a tutti, senza alcuna limitazione di carattere culturale. La
lettura mondialistica è quella che intende mantenere un orientamento universalistico simile a quello delle
religioni eclettiche, ed è di gran lunga la frangia ricostruzionistica prominente (dominante nell'ellenismo,
nel celtismo, nel kemetismo e quasi nella metà delle tradizioni etene). La visione opposta è quella
241
geneticistica, la quale intende dare alla religione un carattere etnico o culturalmente circoscritto. Questa
seconda tipologia di approccio è dominante nel neopaganesimo esteuropeo. Le definizioni
di religione o fede applicate all'ambito neopagano assumono un significato molto diverso da quello che
risulta dall'applicazione in altri contesti di vario tipo. Essere neopagani non significa solamente credere in
qualcosa di soprannaturale, ma anche "esistere", "vivere", essere cioè partecipi del mondo. Quello del
neopagano è uno status di identificazione del proprio essere come una parte della natura; tale
impostazione filosofica è detta neopaganità.

242
DRUIDISMO

Un gruppo di druidi britannici alla cerimonia per la celebrazione del solstizio, Stonehenge

Il Druidismo o Celtismo è una religione 27 neopagana nata come una ripresa dell'antica religione celtica.
Il Druidismo è una religione che promuove pace, preservazione e armonia della e con la natura.
Per il Druidismo inoltre, l'essere umano non è superiore al resto del mondo e degli esseri viventi, ma fa
parte di esso.

27
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243
Liturgia druidica

Rituale in onore del Sole, Yule

Feste e principi
Le cerimonie druidiche includono incontri in luoghi boscosi, tenuti solitamente una volta alla settimana,
anche se molti gruppi si basano sul calendario lunare. Nelle cerimonie viene celebrata l'assunzione rituale
degli spiriti (Scotch o Whiskey irlandese allungato con acqua) chiamati acqua della vita (uisce beatha),
vengono intonati canti e recitati sermoni e possono essere ordinati nuovi sacerdoti.
I maggiori giorni sacri sono quelli in cui cadono i solstizi, gli equinozi e i festival (Sabbat). Possono essere
allestite feste e banchetti con danze in cerchio e cantici. Non sono necessariamente collettivi, ognuno può
festeggiare anche personalmente.
Un valore fondamentale è quello dell'ecologia, vista come unica via attraverso cui mantenere il legame
naturale tra l'uomo e gli spiriti della natura, attraverso il rispetto e il mantenimento di quest'ultima.

244
Concetto del divino

Il triskele druidico, rappresentante laDea triplice

Gli dei principali sono la Madre Terra (spesso chiamata mia/nostra Madre), vista come personificazione
delle realtà materiali e identificata con il concetto della Dea triplice; Béal, la personificazione delle realtà
non materiali, e Dalon Ap Landu, il Signore dei Boschi. Ai primi due vengono solitamente associati la Terra e
il Sole. Ma la cerchia delle divinità non si chiude qui. Il Druidismo si basa anche sulla credenza di spiriti e
divinità della natura come:

Cernunnos, il Dio Cervo chiamato spesso anche Re Cervo;


Morrigan, la dea della guerra rappresentata sotto le spoglie di un corvo;
Lúg, il Dio della luce e di tutte le arti.
Arkan Sonney è un maialino e si dice che chi lo acchiappi trovi fortuna per tutta la vita. È anche
conosciuto con il nome di Lucky piggy.
Banshee: al contrario di come spesso si pensa la banshee è un folletto socievole, femminile, divenuto
però solitario per i dolori patiti.
245
Leanhuan Shee: un bellissimo spirito femminile Irlandese che vaga alla ricerca dell'amore degli uomini.
Tra le divinità druidiche ci sono anche animali come il lupo e il serpente, che non sono vere e proprie
divinità ma incarnano simbolicamente degli spiriti della natura. Il serpente ad esempio è lo spirito della
medicina, della salute, del mistero, della magia, ad esso si attribuisce conoscenze e saggezza.
Con l'arrivo del Cristianesimo divinità e simboli delle religioni pagane vennero spesso identificati
in demoni infernali e simboli satanici. Il serpente è infatti uno dei principali simboli maligni nella visione
cristiana. L'immagine della Madonna che calpesta la testa del serpente è esemplare della trasformazione
avvenuta. Per divinità che non è stato possibile cancellare sono stati creati santi, primo tra tutti San
Patrizio, nonché l'uso del trifoglio che si fa nella sua leggenda: originariamente usato per la triplice
immagine della Dea diviene simbolo della Trinità.

Il sacerdozio
Il sacerdozio è generalmente suddiviso in tre fasi a cui si accede tramite iniziazione:

Bardo, il sacerdote di primo grado, ha conoscenze basilari sulla mitologia e la filosofia druidica.
Ovate (termine derivato da una erronea lettura del greco ουατες "vati"), il sacerdote di secondo grado,
iniziato ai sacri misteri, nella religione antica dotato di profezia.
Druido, il terzo grado del sacerdozio si raggiunge quando un sacerdote diviene sufficientemente
maturo e saggio da poter insegnare ad altri le proprie conoscenze.
Esistono tuttavia altri tipi di suddivisioni, a volte a sé stanti a volte integrate a quelle sopra citate. Ad
esempio si può trovare la suddivisione in gilde in base alla differente specializzazione dei sacerdoti. Non si
tratta di tessuti organizzati per il fatto che il Druidismo è una religione nata di recente.

246
Il sacerdozio femminile

Tre sacerdotesse druidiche con le vesti marroni o verdi per affinità con la Madre Terra

Nel Druidismo la donna è molto rispettata. Il sacerdozio è aperto ad entrambi i sessi e mentre il sacerdote
uomo viene chiamato druido, la donna è semplicemente sacerdotessa. In genere le donne celebrano i riti
dedicati alla Dea e tutti i riti di fertilità e morte che scandiscono l'anno, ma quelli fondamentali per il
Druidismo sono presieduti sia da sacerdotesse sia da druidi.

247
Sessualità mistica e rapporto con il Cristianesimo
Nella religione druidica ha grande importanza l'unione sessuale di uomo e donna, si ritiene che durante un
rapporto sessuale si sprigioni enorme energia mistica, in quanto l'unione di uomo e donna simboleggia
l'unione del Dio e della Dea, il principio maschile e quello femminile. Questa sessualità mistica ha però un
sicuro precedente, nella religione celtica originaria, solo limitatamente all'Irlanda e in riferimento alla
congiunzione rituale del solo nuovo sovrano - o comunque capotribù - con un sostituto della dea-madre,
probabilmente la propria stessa moglie o la promessa consorte. Non sembrano pertanto esistere prove
intorno a forme di ierogamia praticate da druidi o elementi sacerdotali a essi riconducibili, né tantomeno
ritualità sessuali patrimonio dell'intera popolazione. Il Cristianesimo, tendendo ad assimilare le vecchie
credenze a culti demoniaci, ha in qualche modo mirato a una sovrapposizione delle festività, sostituendo le
sue celebrazioni ai momenti di culto celtici, per avere la certezza che i fedeli cristiani non partecipassero ai
riti della vecchia religione. Più tardi, in particolare a partire dal XII sec., ogni eventuale rapporto sessuale
rituale non poteva non apparire se non corrispondente a una lotta tra succube e demone, in cui la
sacerdotessa era descritta come una donna che era stata sedotta dal maligno e costretta ad atti riprovevoli
con il demonio stesso.
Con il tempo sono state assimilate anche altre divinità che non potevano essere cancellate.
Nel limite del possibile sono state assimilate a demoni preesistenti nella cultura cristiana.

248
WICCA – la religione delle Dee

Il pentacolo, un simbolo utilizzato da molti wiccan

La wicca28 è la più diffusa delle religioni e correnti spirituali appartenenti al movimento neopagano; spesso
anche detta la "religione della natura" o, ormai più raramente, l'"antica religione" può essere considerata
una religione/percorso spirituale di tipo misterico che venera principalmente il divino immanente; perciò
da essa vengono celebrati i cicli della natura ed il divino considerato presente nel mondo sotto infinite
forme, spesso riassunte in un principio divino femminile, la Dea, ed uno maschile, il Dio. Questi due principi
cosmici, emanazioni dell'Uno, sono contrapposti ma complementari ed il loro continuo interscambio sta
alla base del continuo divenire del mondo.
La wicca venne presentata per la prima volta nel 1954 attraverso gli scritti di un
ex funzionario pubblico britannico esperto di esoterismo, Gerald Gardner. Questi affermò di essere stato
28
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249
iniziato nella New Forest Coven, appartenente ad una vecchia tradizione misterica (la vecchia religione),
continuazione dei culti esoterici medievali, perseguitati come stregoneria dalle autorità, culti che erano a
loro volta imperniati sulle religioni pagane dell'Europa antica; la veridicità delle esperienze di Gardner
rimane per alcuni controversa, visto il venir meno delle tesi dell'antropologa Margaret Murray sulla
sopravvivenza di culti stregoneschi antichi. Gli storici ed accademici hanno dibattuto molto su questo
argomento e se viene escluso ormai il "mito" di un culto stregonesco unico e di derivazione antica,
sopravvissuto fino al XIX secolo, è invece provata la presenza fino all'Età Moderna, di notevoli residui
pagani in vari ambiti, ad esempio nel folklore popolare o nell'esoterismo delle classi colte, e moltissimi di
questi aspetti sono poi confluiti nella wicca, sia come ispirazione ideale che nella pratica vera e propria.
Nello specifico è stato provato che Gardner stesso contribuì a riscrivere completamente (assieme a Doreen
Valiente) gran parte della ritualistica, traendo spunto dall'esperienza delle grandi correnti esoteriche
presenti in Inghilterra all'epoca (come la Golden Dawn) tanto è vero che gli studi più recenti sostengono
che questa ritualistica non possa essere fatta risalire a prima degli anni venti.
I wiccan odierni, nella maggior parte dei casi, accettano senza riserve i risultati di questi studi accademici e
non si pongono più di tanto il problema, perché accolgono il racconto di Gardner più come un "mito di
fondazione" della religione, che come un fatto storico accertabile. La wicca ha subito negli ultimi anni una
capillare diffusione in tutto il mondo. Comunità, associazioni e "Chiese" sono oggi presenti particolarmente
in America settentrionale, in Europa, in America meridionale, in Sudafrica, in India e in Oceania.
Non esistono attualmente dati stabili sul numero di aderenti a questa religione. La vastità del fenomeno,
oltre che le sue conseguenze e impatti culturali, lasciano pensare ad ogni modo che la stima più ottimistica
si aggiri attorno ad una cifra che va dai 3 ai 5 milioni di praticanti nella sola America settentrionale (ma in
questo caso comprendendo anche i praticanti saltuari). Altre stime molto più restrittive, risalenti al 1996,
limitano il numero globale di aderenti a circa 800.000. Si può perciò stimare che attualmente i praticanti
effettivi e continuativi si aggirino tra 1 e 2 milioni in tutto il mondo. Lo storico ed accademico
britannico Ronald Hutton, nel suo fondamentale studio sulla wicca ha stimato in circa 250.000 gli iniziati nel
suo solo paese e calcolato che mediamente nella partecipazione ai rituali pubblici neopagani tenuti in Gran

250
Bretagna, ci sia un iniziato wiccan ogni sei o sette partecipanti, dei quali almeno più della metà sono wiccan
non iniziati.

Storia
La storia più o meno mitica della religione wicca è ricostruita in base alle testimonianze lasciate da Gerald
Gardner, raccolte da studiosi degli anni successivi alla sua scomparsa. Si deve considerare che l'interesse
per la wicca è piuttosto recente, e sono presenti tratti, in particolare quelli legati all'origine della religione,
che rimangono relativamente oscuri. La wicca fu per la prima volta presentata al grande pubblico nel 1954,
quando Gerald Brosseau Gardner pubblicò il libro intitolato Witchcraft Today.
Gardner, un ex funzionario pubblico, affermò di avere avuto l'opportunità di entrare a far parte, dopo
un'iniziazione, in un periodo collocato poco dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, di una
congrega segreta (la cosiddetta New Forest Coven) praticante una religione, che sarebbe stata definita
come prosecuzione della stregoneria medievale, a sua volta conservante elementi del Paganesimo antico e
della religione preistorica della Dea Madre e del Dio Cornuto delle foreste, della caccia e della vegetazione.
Il gruppo nel quale Gerald Gardner sarebbe stato iniziato era stanziato nel sud dell'Inghilterra e viene oggi
definito come coven della New Forest (dove New Forest sta ad indicare una regione geografica inglese). È
ancora materia di controversie la circostanza in cui Gardner entrò a far parte di questo gruppo iniziatico
segreto; rimane però una questione minore nello studio del vasto movimento cui la wicca ha dato origine
nel corso degli anni. Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, Gardner fondò inizialmente una
nuova coven (la cosiddetta Bricket Wood Coven), la quale praticava e diffondeva una religione che iniziò a
definirsi come wicca ma che si differenziava un poco da quella originaria. In seguito Gardner si spostò
sull'isola di Man dove contribuì alla fondazione del celebre Museo del folklore, della stregoneria e della
superstizione; da lì inoltre fondò numerose altre coven nel resto della Gran Bretagna.

251
Origine
Gerald Gardner affermò che la sua iniziazione avvenne nella cosiddetta New Forest Coven, inoltre che la
religione da lui resa pubblica fosse una sopravvivenza delle religioni matriarcali pagane e, risalendo a tempi
ancor più antecedenti, al culto della Dea Madre diffuso nell'Europa preistorica; sostenne inoltre che gli
fosse stata insegnata dalla somma sacerdotessa della coven, una donna che utilizzava lo pseudonimo
di Vecchia Dorothy. Una delle prime sacerdotesse di Gardner, Doreen Valiente, nelle sue ricerche
documentarie, identifica la donna con Dorothy Clutterbuck Fordham, un'ex colona britannica, dama della
buona società, rientrata dall'India in quel periodo storico, effettivamente conosciuta da Gardner ed
abitante nella zona interessata; la Valiente afferma inoltre che essa possa essere forse identificata
con Dafo, quella che Gardner definiva la prima sacerdotessa della sua coven.
Mentre Valiente opta per questa identificazione, altri studiosi come Philip Heselton hanno dimostrato come
Dafo e la Clutterbuck fossero due persone distinte. Mentre è certo che Dorothy Clutterbuck esistette
realmente, il Professor Ronald Hutton concluse come non ci fosse alcuna prova testimoniante il fatto che la
donna fosse stata coinvolta nella formazione della wicca, che anzi fosse improbabile che la Clutterbuck
potesse essere la persona in questione e che molto probabilmente Gardner usò la figura della Vecchia
Dorothy in modo piuttosto ironico, per tutelare la privacy di qualcuno che voleva restare anonimo, vale a
dire Edith Woodford-Grimes, che probabilmente fu anche l'amante di Gardner.
Parere discordante è quello di Heselton che, citando evidenze più recenti, identifica in accordo con Hutton
la vera Dafo con Edith, ma sostiene comunque con una certa sicurezza che la Clutterbuck ebbe ugualmente
in qualche modo a che fare con il "culto wica" delle origini. Mentre Hutton affermava che una notabile
conservatrice come la Clutterbuck fosse con poca probabilità coinvolta nella wicca, Heselton al contrario
nelle sue ricerche documentarie sulle origini della wicca stessa, ha mostrato come la Clutterbuck nei suoi
diari fosse solo di facciata una dama della buona società, ma anzi avesse idee paganeggianti ed inoltre
intrattenesse segretamente una relazione lesbica con una amica.

252
Inizialmente altri studiosi come Aidan Kelly e Francis King sostennero che Gardner fu l'inventore di queste
figure, ma le loro tesi sono state ormai in gran parte smentite appunto dalle ricerche di Valiente, Hutton ed
Heselton; inoltre sostennero, però in questo caso con maggiori argomenti, che Gardner stesso scrisse o
piuttosto riscrisse gran parte della ritualistica iniziale della wicca, sincretizzando elementi tratti anzitutto
dai suoi studi esoterici (egli fu effettivamente uno dei maggiori esoteristi del suo tempo, fu realmente
iniziato ad alcuni ordini e nel suo gruppo erano presenti diversi rosicruciani, co-massoni e membri
della Golden Dawn) con elementi tratti dalla magia popolare dei cunning people rappresentatati dai
membri della famiglia Mason, considerati streghe tradizionali ereditarie.
Numerosi altri elementi possono essere individuati dalle esperienze avute da Gardner in oriente e presso le
culture primitive di Sri Lanka, dell'Indonesia e Malesia; inoltre da diverse tradizioni religiose, con le quali
entrò più volte in contatto, come l'induismo ed il taoismo (in realtà alcuni aspetti riconducibili a queste
religioni orientali ed assorbiti dalla wicca erano però già stati teorizzati nell'antichità mediterranea,
soprattutto in Grecia ed in Egitto, e sopravvissero sottotraccia in Europa, per millenni, nell'Ermetismo). Altri
elementi possono venire ricondotti alla Cabala (che Israel Regardie, definì "lo Yoga dell'Occidente"). Infine
nella religione wiccan sono individuabili influenze riconducibili alle tesi antropologiche di Margaret
Murray e all'opera intitolata Aradia, o il Vangelo delle Streghe di Charles Godfrey Leland.
La storia della vita di Gerald Gardner può aiutare a comprendere meglio alcuni concetti presenti nella
wicca. Innanzitutto l'uomo visse lunghi anni in Asia, precisamente nel Sudest Asiatico, in Borneo e
in Malesia. Grazie a queste esperienze scrisse alcuni trattati antropologici su quelle popolazioni, apprezzati
in ambiente accademico e che gli valsero diversi riconoscimenti. Nel 1936 dopo essere andato in pensione,
tornò in patria, e poi si ritirò nella zona della New Forest, nell'Inghilterra del Sud. Già in Oriente Gardner si
era interessato alle tradizioni magiche locali ed aveva aderito anche alla Società Teosofica. Al ritorno in
Inghilterra venne perciò naturalmente accolto con favore dagli ambienti teosofici ed entrò a far parte di
una "Fraternità Rosicruciana" della New Forest i cui membri erano quasi tutti teosofi. Solo dopo alcuni anni
dopo essere rientrato in madrepatria avrebbe incontrato "Dafo" e avrebbe vissuto l'esperienza
dell'iniziazione al culto misterico verso il 1939.

253
In quel periodo la legislatura inglese proibiva forme di religiosità stregonica, che furono rese legali solo
nel 1954, quando Gardner iniziò a pubblicizzare la wicca. Gardner pubblicò proprio quell'anno Witchcraft
Today e nel 1960 The Meaning of Witchcraft. Mentre il formato rituale manifesta grosse influenze derivate
dall'occultismo vittoriano (e la stessa Doreen Valiente ammette di notare forti legami con la Thelema e le
altre filosofie di Aleister Crowley), il comparto spirituale e iconografico della wicca è largamente ispirato
alle religioni pagane, ma presenta anche non minimizzabili influenze buddhiste, induiste e in
particolare taoiste, probabilmente derivate dall'influenza che l'Oriente ebbe sulla vita di Gardner.
Per quel che concerne la ritualistica wiccan, è facilmente constatabile come i riti e i concetti di Gerald
Gardner siano stati ripresi dalle dottrine di altri e non furono di fatto innovativi per l'ambiente del periodo.
Il lavoro di Gardner fu piuttosto quello di elaborare un sistema sincretizzando abilmente altre esperienze,
un sistema che alla fine risultò molto pratico e funzionale, soprattutto dopo il lavoro poetico e di ulteriore
sistemazione, avvenuto da parte di Doreen Valiente. Roger Dearnaley, in An Annotated Chronology and
Bibliography of the Early Gardnerian Craft, descrive la ritualistica wiccan come un patchwork.
Alcuni affermarono che Gardner avesse commissionato la scrittura della ritualistica a qualche occultista del
tempo, cosa che è stata poi smentita dalle fonti. Comunque per questo motivo alcuni studiosi hanno
ipotizzato che il vero "iniziatore" di Gardner possa essere stato Aleister Crowley (1875-1947), accusato
addirittura di avere scritto a pagamento, per Gardner, i primi rituali della wicca. Dai diari di Crowley si
ricava però che Gardner lo andò a trovare solo tre volte, e per poche ore, nel 1947, pochi mesi prima della
morte dello stesso Crowley; inoltre il vecchio mago era molto provato nel fisico e malato, e non avrebbe
potuto aiutate Gardner a creare un rituale (che del resto, in forma embrionale, è provato dalla
documentazione, che quest'ultimo aveva già elaborato prima del 1947), anche se lo aiutò fornendogli
indicazioni per trovare alcuni libri difficili da reperire.
Inoltre tutta la ritualistica di influenza Crowleyana che si può constatare negli scritti iniziali di Gardner, era
già da parecchi anni stata pubblicata da Crowley stesso sulla rivista Blue Equinox .Doreen Valiente e Margot
Adler (nel suo Drawing Down the Moon), affermano che Gardner probabilmente si ispirò ad altro per
lo scheletro del rituale, aggiungendo dettagli estrapolati dalla sua esperienza. D'altronde Gardner stesso
ammise alla Valiente che i rituali insegnatigli dalla Vecchia Dorothy erano frammentari, e per renderli
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completi dovette aggiungere supplementi. Infine alcuni ricercatori quali Isaac Bonewits individuano anche
influenze derivate dal Rosacrocianesimo, dalla dottrina dell'Ordine Ermetico dell'Alba Dorata e altre
religioni esoteriche del Novecento.
L'idea della religione preistorica incentrata sulla figura della Dea Madre era inoltre diffusa negli ambienti
accademici del periodo di Gardner (tra gli accademici si ricordi Erich Neumann o Margaret Murray) e
ambienti amatoriali nei quali spiccò Robert Graves. Negli anni successivi accademici come Carl Gustav
Jung e Marija Gimbutas, continuarono le ricerche riguardanti quest'area che sembrò consolidarsi con gli
studi ancora successivi di Joseph Campbell, Ashley Montagu, Riane Eisler ed altri.
Il dibattito sulla wicca e le sue origini è tuttora aperto, ma una buona sintesi su queste origini la diede a suo
tempo già lo stesso Robert Graves, che ebbe modo di conoscere di persona Gerald Gardner:
« Il Dott. Gardner venne da principio iniziato in una coven dell'Hertforshire, la cui tradizione sembra essere
stata reinterpretata da un gruppo di teosofi, prima di essere da lui riallineata alle sue stesse idee di ciò che
delle giovani streghe necessitassero per ciò che concerne il divertimento e i giochi »

Sviluppi e diffusione
Il professore dell'università di Bristol, Ronald Hutton, nel suo studio fondamentale sulla Wicca ha mostrato
in maniera molto chiara quale sia stato il substrato culturale e sociale da cui essa nacque e poi come essa si
sia evoluta: l'Inghilterra fu il primo paese al mondo a sperimentare, nel bene e nel male, tutti gli effetti
della Rivoluzione Industriale. Una delle reazioni a questo fenomeno, che sconvolse completamente la
società e la civiltà dei paesi da essa investiti, fu spesso una riscoperta ideale della natura e delle proprie
antiche origini, e la Wicca si inserisce perfettamente in questo contesto e nel particolare milieu che assunse
il Romanticismo inglese.
L'Inghilterra inoltre, grazie ai suoi legami coloniali con l'Oriente ebbe modo di essere profondamente
influenzata culturalmente dalle filosofie, dalla spiritualità e dalle pratiche Indiane ed orientali in genere, che
spesso non erano altro che un riallacciarsi ad antiche filosofie e pratiche già presenti e diffuse nell'antico
bacino mediterraneo (come testimoniano l'Ermetismo e il Pitagorismo o anche gli antichi culti misterici di
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Iside o Eleusi). Un altro grande momento di sviluppo avvenne nella Wicca quando essa venne portata nel
Nuovo Mondo: la Wicca era nata almeno più di trenta anni prima del fenomeno della New Age, perciò essa
nel suo passaggio e diffusione in America, influenzò notevolmente questa movimento; ma a sua volta però
la Wicca venne profondamente rinnovata da questo stesso passaggio, cosicché ritornando in Europa, da
fenomeno all'apparenza un po' elitario e reazionario nei confronti della modernità, essa divenne
decisamente più liberal, influenzando e venendo influenzata dal movimento ambientalista, dalla rivoluzione
sessuale, dal movimento di liberazione della donna e dalla riscoperta e valorizzazione del divino femminile.
La Wicca si è sviluppata in direzioni varie e differenti da quando venne pubblicizzata da Gerald Gardner.
La tradizione Gardneriana è la corrente che più rimane fedele agli insegnamenti originari del fondatore,
conservando in toto anche l'aspetto iniziatico e misterico. Il Libro delle Ombre, il testo religioso contenente
gli insegnamenti della tradizione gardneriana, fu mantenuto segretamente e scrupolosamente dalle prima
coven/congreghe, per poi diffondersi e subire differenti adattamenti in base alle differenti tradizioni che
andarono a costituirsi.
Direttamente derivata dal gardnerianesimo è la Wicca Alexandriana fondata da Alex Sanders negli anni
sessanta, che introdusse nuovi ulteriori elementi estratti dalla Cabala, dall'ermetismo e dalla magia
cerimoniale e compì i primi rituali in pubblico, separando quindi per primo la ritualistica in una parte
exoterica, accessibile a tutti, da una parte riservata all'interno delle coven, misterico-iniziatica-esoterica.
Queste due tradizioni, dopo i primi anni di separazione, e spesso di aspre divergenze, negli ultimi decenni
tendono invece a riunirsi, con il fenomeno del riconoscimento reciproco delle iniziazioni. Raymond
Buckland fu il primo a divulgare la Wicca in America, spostandosi nel 1962 a Long Island.
Buckland fu inizialmente scrupoloso nel mantenersi fedele agli insegnamenti derivanti da Gardner
attraverso la sua iniziatrice, Monique Wilson; tuttavia, dopo la separazione da sua moglie ed alta
sacerdotessa, egli fondò una sua corrente, la cosiddetta Seax Wicca, che cambiò molto degli aspetti iniziali,
tanto che anche molte delle coven che andarono a formarsi su questo modello, iniziarono ad adattarlo alle
proprie esigenze, creandone di fatto innumerevoli versioni. Da quel momento esplose la frammentazione
della Wicca in disparate confessioni o tradizioni, alcune ancora legate alla dottrina di Gerald Gardner altre
combinanti questa, con le più disparate influenze (la Cabala, il Paganesimo celtico che ha influenzato
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fortemente l'intero sistema wiccan, lareligione nativa americana, l'Ermetismo e la Massoneria, le religioni
orientali). Questa differenziazione e dispersione però, in generale non ha stravolto il nucleo ritualistico
originario, tanto che i Wiccan delle più disparate tradizioni, quando capita che si runiscano in eventi che li
accomunano, non hanno solitamente problemi a celebrare assieme un rituale.
Coloro che non seguono alcuna delle correnti più o meno stabilite, sono detti wiccan eclettici, e tendono a
praticare una versione personalizzata, solitaria e libera della religione e di tutto ciò che comporta,
discostandosi perciò di parecchio dalla Wicca originaria, che invece era nata come religione da praticare in
gruppo, dentro alla coven. Inoltre essi basano la loro ritualistica soprattutto sulla parte exoterica della
Wicca originale, che è stata resa pubblica, mancando quindi di tutta la parte iniziatico-misterica-esoterica,
rimasta segreta all'interno delle coven. Questa forma assunta dalla religione viene spesso definita anche
come Neo Wicca che in tanti casi si è talmente discostata dall'originale da risultare quasi non più
riconoscibile. Alcuni esempi di questa forma vengono spesso accusati di dare un'immagine troppo
semplicistica, edulcorata, distorta, approssimativa e new age della Wicca, per la quale è stato coniato il
termine di Wicca Fluffy Bunny.
Il primo matrimonio ufficialmente riconosciuto dallo Stato e celebrato con rituale wiccan risale al 2004 ed
ebbe luogo nel Regno Unito. Nel 2007 il simbolo della Wicca è stato riconosciuto come lecito
dal Dipartimento degli Affari dei Veterani degli Stati Uniti, il quale ne ha permesso l'utilizzo sulle placche
memoriali dei militari wiccan sepolti nei cimiteri statali. Il riconoscimento è stato possibile solo dopo una
controversia di due anni seguita alla morte del soldato wiccan Patrick Stewart. In luglio dello stesso anno la
religione è stata riconosciuta ufficialmente in India, con la registrazione della Brigata Wiccan, fondazione
umanitaria della sacerdotessa Ipsita Roy Chakraverti. La prima tradizione Wiccan a giungere in Italia
durante il corso degli anni novanta fu quella del Tempio di Ara, della quale attualmente esistono diversi
iniziati, ma non coven strutturate. Di queste ultime invece ne esistono attualmente della Tradizione
Gardneriana-Alexandriana, della Black Forest e relativa alla Progressive Witchcraft, fondata da Janet Farrar
e Gavin Bone.

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Distinzioni con altri neopaganesimi
La Wicca è una religione appartenente al gruppo neopagano, perciò la maggior parte delle tradizioni della
Wicca si riconoscono nei principi stilati da tempo dalla Pagan Federation International, senza quindi
distinguersi molto da altri percorsi simili sotto questo punto di vista. Ciò che però distingue indubbiamente
la Wicca dalle altre religioni neopagane, viene sottolineato da Fred Lamond nelle sue opere: anzitutto la
Wicca è stata la prima a riportare in auge sin dagli anni '50 il divino al femminile, che per oltre duemila anni
era stato soppiantato e defraudato, non solo in Occidente, da un Dio maschilista, misogino e patriarcale,
anticipando quindi di venti anni l'enorme sviluppo che il divino femminile avrebbe poi avuto con la New
Age e la rivoluzione sessuale. Poi per Lamond ciò che distingue la Wicca è il suo rapporto con la magia e le
sue pratiche: tipiche della Wicca sono soprattutto le tecniche di innalzamento del "cono di potere" per
lo spellcasting; e le tecniche di trascendenza dell'ego per il drawing down. Le prime derivano soprattutto
dalla magia popolare, a sua volta derivante dallo sciamanesimo, e vengono utilizzate per la guarigione
spirituale e per il benessere del singolo e della comunità. Le seconde sono tecniche teurgiche derivate
dall'alta magia, utilizzate per canalizzare il divino. Entrambe sono tecniche non scritte, ma trasmesse con
l'esempio ed oralmente, ai soli iniziati, secondo il principio: “ti viene insegnata una via per giungere alla
verità, non la verità stessa.”
Quest'ultimo aspetto sottolinea un'altra peculiarità della Wicca, il fatto cioè di essere una religione
misterica; come negli antichi misteri, e come tutt'oggi ad esempio nel tantrismo o nell'umbanda, agli iniziati
vengono insegnate le tecniche e le pratiche per cercare di giungere alla comunione con il divino, ma poi sta
ad ogni singolo individuo affrontare il percorso e poi il mistero di questa comunione, che può essere assai
peculiare per ciascuno. A loro volta i tre gradi di iniziazione nella Wiccan rappresentano tre tappe in questo
percorso spirituale: il primo grado affronta il mistero della nascita (o rinascita); il secondo grado il mistero
della morte; il terzo grado infine affronta il mistero dell'unione del maschile e del femminile e soprattutto il
mistero della trascendenza dell'ego e dell'unione e comunione con il numinoso.

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Teologia
La teologia wiccan ha una struttura complessa, che tende a mantenersi tale per la maggior parte delle
correnti, o Tradizioni. Il concetto fondante dell'intero sistema teologico wiccan è la complementarità tra i
due principi cosmici primari, rappresentati dal Dio e dalla Dea (la Dea viene concepita come triplice e legata
sia alla Terra che alla Luna; il Dio è rappresentato come il Dio cornuto, che ha molto in comune con
il Cernunnos celtico, signore delle foreste, degli animali, della vegetazione, particolarmente legato ai cicli
vitali della natura). Per questo motivo molti considerano la Wicca una religione dualistica, ed
effettivamente il dualismo è una concezione molto forte nelle correnti più legate alla filosofia originaria
di Gerald Gardner (Tradizioni Gardneriana e Alexandriana). Un'altra tendenza che è andata a manifestarsi
con la comparsa di nuove tradizioni, è invece quella del monismo, che vede i due principi cosmici del Dio e
della Dea come le due forze di un unico principio universale, ovvero l'Uno o Dryghten, come definito
da Patricia Crowther.
Dryghten, è un termine dell'Inglese antico che indicava una entità suprema e riutilizzato dalla Crowther per
sintetizzare la divinità panteistica universale della Wicca. Fu però già in precedenza Gerald Gardner ad
utilizzare questo termine indicandolo come il primo mobile (un termine ripreso da Aristotele), specificando
inoltre che i wiccan non lo venerano in quanto esso consiste nella parte ineffabile ed inaccessibile del
divino. È stato inoltre utilizzato anche da Scott Cunningham per riferirsi all'Uno, ma questa volta
riprendendo un concetto Neo-platonico. Molti Wiccan il cui studio e la cui pratica comporta un interesse
nella Cabala considerano le divinità quali emanazioni o espressioni dell'ineffabile Uno. Il Dryghten può
essere paragonato anche al Brahman dell'Induismo, ove quest'ultimo rappresenta l'aspetto di immutabilità,
di infinito, di immanenza e di realtà trascendente, l'Origine divina di tutti gli esseri, che però come tale non
ha un culto, in quanto viene venerato attraverso il culto agli dei che sono i suoi agenti.
La Divinità (intendendo l'Uno) è la sorgente dalla quale viene emanata l'energia primordiale, che costituisce
tutte le cose che esistono, e che va ad organizzarsi in processi armonici, concretizzandosi come materia,
ovvero ciò che i 5 sensi umani riescono a percepire, che è una parte infinitesimamente piccola del tutto,
dell'Uno, che è infinito. Anche le tradizioni dalla visione monistica riconoscono ad ogni modo, al secondo
livello della teologia, il fatto che l'Uno dispieghi la propria essenza creativa, che dà origine ai cicli del
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mondo, scindendosi in una polarità di forze, che sono appunto il Dio e la Dea. In questo caso perciò il
sistema monistico della teologia wiccan presenta molte affinità con quello del Taoismo. Il Dio e la Dea sono
le forze che permettono la costituzione armonica e l'equilibrio del mondo.
Ogni cosa è costituita dall'eterno incontro e rapporto di complementarietà che sussiste tra le due Divinità.
Fondamentalmente il Dio e la Dea sono anche una rappresentazione del dualismo del mondo materiale, per
il quale ogni cosa esiste ed ha un proprio contrario, ma soprattutto esiste, ed è definibile, solo perché esiste
anche la sua controparte speculare. Il dualismo che sta alla base delle cose del mondo è dunque un fattore
intrinseco e fecondo. Il dualismo è dunque una fonte di vita, dato che la vita, o comunque il cambiamento,
l'evoluzione, il progresso, sono sempre dei prodotti nati dall'incontro (o dallo scontro) tra due controparti
che si fondono insieme, si confrontano e diventano un unicuum o danno inizio ad un nuovo ordine.
« Tutti gli dèi sono un Dio; tutte le dee sono una Dea. »

Il dualismo monistico è conseguente sia alla visione totalmente dualistica sia a quella monistica, dato che si
applica alla dualità polare del Dio e della Dea. La frase che meglio esprime questo concetto è quella che
afferma che tutti gli dei sono un Dio e tutte le dee sono una Dea. Molti Wiccan, come antecedentemente
spiegato, concepiscono il Dio e la Dea come le forze primordiali del cosmo. La religione wiccan accetta
tuttavia la venerazione di immagini o rappresentazioni molteplici e varie delle due Divinità,
rappresentazioni che in molti casi sono una ripresa delle antiche divinità del Paganesimo. Come già in
alcune religioni pagane del mondo mediterraneo, le varie divinità non sono viste dalla Wicca come veri
esseri antropomorfi e senzienti, ma come essenze senza aspetto di apparenza e senza dimensione fisica,
che eventualmente sono proprio gli uomini a visualizzare in forma antropomorfa, per la necessità di tentare
di concepire cose che sfuggono alla limitatezza delle sensazioni umane.
Le varie divinità sono dunque forze archetipali, attraverso cui si manifestano il Dio e la Dea, o, in certi casi,
semplici rappresentazioni che permettono all'uomo di comprendere le due Divinità primordiali. C'è una
tendenza trasversale a tutte le tradizioni wiccan, ma che trova un compimento solo nel Dianismo, a
considerare la Dea come principale manifestazione del Dryghten, mentre il Dio come manifestazione di
supporto alla Dea, suo consorte e, in determinati miti, assumente anche la forma del figlio. Il Dio è dunque

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la controparte che permette alla fecondità della Dea, che è Dea Madre del cosmo, di realizzarsi. Una
eccezione notevole però esiste in molte correnti presenti nella tradizione dianica dove la figura del Dio
viene eclissata totalmente, e viene implementato una sorta di panteismo fondato unicamente sulla visione
della Dea come il tutto cosmico.

La triplice Dea

Di notevole importanza nella teologia wiccan è anche il concetto della Dea triplice. Il termine "Dea triplice"
fu popolarizzato da Robert Graves che constatò come l'archetipo delle triadi di dee ricorresse
frequentemente nelle mitologie indo-europee. Il tema della trinità della Dea è studiato nelle opere di Jane
Ellen Harrison, A.B. Cook, George Thomson, Sir James Frazer, Robert Briffault e Jack Lindsay per nominarne
alcuni. La Dea triplice fu anche studiata da psicologi studiosi degli archetipi come Kerenyi e Jung. Uno degli
studiosi che ha trattato il tema più di recente è l'archeologo Marija Gimbutas i cui studi sull'Europa antica
hanno aperto nuove strade di ricerca.
La pubblicazione dei testi completi di antichi papiri dell'Egitto greco-romano furono esempi esaustivi del
fatto che molti concetti di solito erroneamente attribuiti agli studi di Graves, non furono in realtà concepiti
da lui e misero in luce come il concetto della Dea triplice fosse ampiamente diffuso nelle culture antiche.

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Nei testi la Selene a tre facce è identificata con le tre Grazie, le tre Moire, e le tre Parche; spesso ci si
rivolgeva ad essa con i titoli di parecchie dee:
« ... loro ti chiamano Ecate,
dea dai molti nomi, Mene,
Artemide lanciatrice di dardi, Persefone,
Signora dei cervi, luce nel buio, dea dai tre suoni,
dea dalle tre teste, Selene dalle tre voci,
dea dal triplo volto, dea dal triplo collo,
dea delle tre vie, che tiene,
la fiamma perpetua in tre contenitori,
tu che offri la tripla via,
e che regni sulla tripla decade. »

All'interno del poema è ampiamente descritta come giovane, portatrice di luce ... figlia di Morn, come
madre di tutto, prima ancora che gli dèi nascessero, e come dea del buio, portatrice di quiete. È esaltata in
qualità di divinità suprema del tempo e dello spazio:
« ...madre degli dèi,
degli uomini, della natura, madre di tutte le cose...

...l'Origine
tu sei la fine, e tu sola regni su tutto.
per tutte le cose che provengono da te, e che agiscono in te...
tutte le cose, giungono alla loro Fine. »

Il papiro rivela elementi dell'Egitto greco-romano non solo presi dalla tradizione classica egiziana ma anche
dalle culture della Mesopotamia e del Medio Oriente in generale. La triplicità della Dea, in questi testi, è
uno dei tempi più ricorrenti. La triplicità della Dea consiste nella visione della Divinità femminile come
manifestatasi in tre forme, quella della fanciulla/vergine, quella della madre e quella della anziana/vecchia.

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Le tre forme di manifestazione della Dea hanno significati cosmologici e escatologici. Sono innanzitutto una
rappresentazione della ciclicità che caratterizza il cosmo, e sono per questo abbinati alle tre fasi della
Luna (la luna crescente, la luna piena e la luna calante) durante un mese siderale (27 giorni 7 ore 43 minuti
e 11,5 secondi) oppure sinodico (29 giorni 12 ore 44 minuti e 2,9 secondi), costituenti oltretutto il simbolo
principale della Wicca, cioè la Triplice Luna o Triluna.
La ciclicità è applicata alla visione dell'esistenza come procedente in cerchio, come un progressivo ritorno
all'origine, alla nascita dalla morte. Ogni cosa attraversa una vita circolare, e la triplicità della Dea è per
questo abbinata anche alle tre fasi principali della vita umana: la nascita, la crescita e la morte. Tutti
attraversano questi tre eventi fondamentali, ed è in questa circostanza che si innesta la
visione escatologica della Wicca. La reincarnazione è una conseguenza della ciclicità del mondo; dopo la
morte avrà inizio una nuova vita, così come dopo laluna calante ha sempre inizio un nuovo giro lunare.
La concezione di una figura come quella dea triplice era molto diffusa in tutta Europa (vedi anche Dea
Matrona), inoltre dopo l'eradicazione del paganesimo, rimase ben presente e radicata nel folklore europeo
(basti ricordare la presenza di triplici Fate in numerose favole della tradizione, soprattutto in occasione
della nascita di uno dei protagonisti) e trovò un suo corrispettivo persino nella tradizione cristiana, con le
fantomatiche Tre Marie, presenti al momento della nascita, morte e resurrezione di Cristo. Lo storico delle
religioni rumeno Mircea Eliade (1907-1986) ha parlato di metafisica della luna.

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Il Dio cornuto

Il Calderone di Gundestrup con un dettaglio del pannello con la raffigurazione del dio Cernunnos

Il "Dio Cornuto" è un termine moderno per un dio sincretico nato dall'unione di varie divinità dei tempi
antichi, in particolare Cernunnos, un dio cornuto dei Celti e le divinità greco-romane Pan e Dioniso. Esso è
anche collegato con un'ampia varietà di divinità della natura, tratte da varie mitologie, inclusi
l'inglese Herne il cacciatore, l'egizio Osiride, l'InduPashupati e il Fauno romano. Tutte queste divinità
maschili sono viste come provviste di corna e di un'associazione allanatura. Molte figure dal folklore
britannico, anche se normalmente descritti senza corna, sono considerati nondimeno correlati: Puck, Robin
Goodfellow e il Green Man.
Attraverso la storia, molte divinità pagane e figure folkloristiche sono state descritte come provviste di
corna e caratteristiche animali, simili a capre o cervi. Un dipinto rupestre preistorico, chiamato "Lo
Stregone" trovato in Francia rappresenta una figura metà uomo, metà cervo, anche se potrebbe
rappresentare uno sciamano che sta svolgendo un rituale. Il dio celtico conosciuto come Cernunnos dai
Romani-Gallici aveva le corna di un cervo ed era associato alla fertilità.

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Il personaggio cornuto nel folklore inglese conosciuto come Herne the Hunter (Herne il Cacciatore)
potrebbe essere stato originato da Cernunnos. Nella Grecia antica il dio con zampe di capra Pan era
venerato e venne associato a Fauno del pantheon romano. Sempre nella mitologia greca, Dioniso era
dotato di piccole corna da capretto, mentre lo Zeus dell'oracolo di Ammone veniva raffigurato con corna di
ariete. In India, un dio cornuto chiamato Pashupati ("il signore degli animali") era visto
come epiteto dell'attuale dio Shiva (che in effetti possiede moltissime affinita sia con Dioniso che con il Dio
cornuto della Wicca).
L'idea che tutte queste immagini cornute fossero di divinità e che rappresentassero manifestazioni di un
singolo Dio Cornuto, un dio del quale il Cristianesimo ha cercato di sopprimere la venerazione associandolo
con Satana, si sviluppò originariamente nei circoli occultisti alla moda di Inghilterra e Francia nel XIX secolo.
La famosa illustrazione di Baphomet di Eliphas Levi, nel suo Dogme et Rituel de la Haute Magie del 1855
(basata sul dipinto del Sabba delle Streghe di Goya del 1789) accompagnò i primi suggerimenti in questa
direzione. L'immagine di "Baphomet" di Levi è riflessa nella maggior parte dei dipinti del Diavolo fatti da
allora.
Il simbolismo è tratto dalla carta Le Diable dei Tarocchi di Marsiglia del XVII e XVIII secolo: con ali di
pipistrello, cornuto e ungulato con seni femminili, posato su di un globo; Levi aggiunse il Caduceo di
Mercurio nel suo inguine, spostò la torcia fiammeggiante per incoronare la sua testa e lo fece gesticolare
verso la falce di luna. Questa non era un'immagine malvagia, contestò Levi, ma un dio del vecchio mondo,
reso clandestino e condannato come una figura della stregoneria dal cristianesimo ostile. Margaret
Murray raccolse questo suggerimento e lo fuse con un adattamento delle antropologie culturali di James
Frazer per definire un dio della fertilità pan-europeo.
Dove Frazer vide folklore moderno e i relativi costumi come rituali agricoli dimenticati, autori come Murray
e i suoi contemporanei alla Folklore Society lo videro come una prova della sopravvivenza di un culto della
fertilità, una tradizione segreta demonizzata, resa clandestina e soppressa dal cristianesimo. Questi temi
diedero forma sia all'immagine popolare del Diavolo che al concetto moderno del Dio Cornuto venerato
oggi. Margaret Murray associò il Dio Cornuto con boschi, animali selvatici e caccia, per rappresentare in
particolare lo stato di natura dell'uomo, la sua parte animale, selvaggia, istintiva, che resta presente anche
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nell'uomo più civilizzato, come una parte originaria insopprimibile, che può emergere ed esplodere in
maniera violenta se viene repressa anziché compresa ed incanalata correttamente. Egli è stato anche
associato con la virilità maschile e la sessualità.

I cinque elementi
Fondamentale nella visione cosmologica della Wicca è anche la ripresa dell'idea classica dei cinque
elementi. Secondo i wiccan i cinque elementi sono le regole fondamentali del mondo fisico, attraverso le
quali si può giungere al contatto mistico con le due Divinità o con l'Uno. Quattro di questi elementi sono
l'acqua, l'aria, il fuoco e la terra e rappresentano il modo in cui la materia si manifesta a noi come liquida,
solida, aeriforme e nel plasma presente nel nucleo stellare. Oltre a questi vi è lo spirito, chiamato
anche etere. Lo spirito è considerato come la regola organizzatrice dell'equilibrio del mondo, il teorema
base dal quale si dipanano tutti i teoremi minori, su cui si regge l'evoluzione ciclica delle cose.
Gli elementi sono abbinati alle cinque punte del pentagramma e del simbolo del pentacolo, essendo
quest'ultimo una rappresentazione simbolica del cosmo. Il cerchio nel quale è inscritto il pentagramma
simboleggia l'infinito e l'eternità. Ad ogni elemento è poi abbinato un guardiano o Torre di Guardia. I
guardiani sono considerati gli spiriti patroni degli elementi, e le entità che catalizzano l'energia del cosmo,
chiamati a vegliare sul rito e a difesa dell'operazione. La concezione dei guardiani cambia di tradizione in
tradizione, ad esempio nella Tradizione Alexandriana sono visti come la personificazione delle quattro
direzioni, in altre si richiamano gli arcangeli o dei simboli totemici.

Escatologia
Non esiste una escatologia wiccan propriamente detta. Tuttavia, poiché la Wicca come religione venera i
cicli naturali, è molto presente il concetto della reincarnazione, derivato dalla visione del mondo ciclica e
strettamente legato al concetto della Dea triplice e del Dio che si sacrifica e muore e poi rinasce
periodicamente. Perciò le tre forme di manifestazione della Dea sono considerate

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rappresentazioni allegoriche delle tre fasi della vita, ovvero la fanciullezza, la maturità e l'anzianità, mentre
la morte e rinascita del Dio, rappresenta in altra maniera i cicli vegetativi.
La concezione ciclica dell'esistenza porta ad un ridimensionamento del concetto di morte, quale un
semplice passaggio ad un'altra vita, (o, per alcune confessioni della religione come l'Amitistianesimo, ad
uno stadio di esistenza più elevata, eterea, che culmina con la fusione e identificazione mistica con il tutto).
Nelle principali tradizioni wiccan l'unione con l'essenza finale del Dryghten è possibile soltanto attraverso la
liberazione dai debiti del karma, liberazione che è possibile mediante il rispetto della regola e
dell'etica wiccan. Una volta purificata, l'essenza dell'essere umano può tornare a far parte dell'energia
cosmica che sta al di là dello spazio e del tempo. La ciclicità di tutte le cose è espressa anche dal concetto e
dalla mitologia che gira intorno alla Ruota dell'Anno.
Si tratta di un concetto molto simile a quello dell'Illuminazione taoista o di altre religioni orientali. In alcune
circostanze questo status di unione con il Dryghten è rappresentato in forma di metafora attraverso l'idea
della Terra dell'Estate, la quale non corrisponderebbe appunto ad un reale mondo dell'al di là, ma ad una
simbologia dello stato di coscienza eterea. Questa credenza fu decisamente influenzata dallo Spiritismo, il
quale, quando la Wicca faceva i suoi primi passi, era molto popolare, e con cui Garder e altri Wiccan più
anziani, come Buckland e Sanders hanno avuto alcune esperienze.. La reincarnazione è ad ogni modo la
versione dell'escatologia wiccan più diffusa e che più si raccorda con la visione ciclica del mondo, la Dea
triplice e il legato concetto della Triplice Luna.

Etica e morale
« Se male non fai, fa cioè che vuoi. »

Nella Wicca non esiste una morale codificata ed imposta dalla religione, piuttosto il comportamento è
lasciato all'etica di ogni singolo wiccan, fortemente basata sul Rede (termine ripreso dall'antica Lingua
proto-germanica Anglosassone e significante letteralmente "consiglio" o "proverbio"), la cui regola
principale è quella del fai ciò che vuoi, purché non ferisci nessuno. Questa regola è nella maggior parte dei
casi interpretata come un'esortazione al fare ciò che più renda felici se stessi senza nuocere agli altri,
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ovvero mantenendo la propria espressività in certi limiti dettati dalla semplice idea del non fare male, ma in
realtà il concetto è ben più ampio e trova accoglimento soprattutto nel concetto di capire quale sia la
nostra vera volontà e cercare di realizzarla, esaudirla senza in alcun modo ferire nessuno; e con il concetto
di "nessuno", è inteso anche noi stessi, non solo il prossimo.
La massima del Rede è una regola universalitica che assume un ruolo portante e fondamentale in qualsiasi
contesto culturale e sociopsicologico la si inserisca. Il non fare del male implica infatti un rispetto dell'altro,
che si trasforma in un limite totalmente naturale per le proprie azioni. Ciò che enfatizza il Rede è dunque
anche la naturalezza e la spontaneità che deve caratterizzare l'essere umano che vuole costruire una
società basata sull'armonia della natura. Il concetto del Rede, oltre a riprendere principi molto antichi come
la regola d'oro, incorpora in se' anche il "fa ciò che vuoi", un'espressione introdotta da Aleister Crowley e
scritta nel Liber Al Vel Legis, il Libro della Legge.
Altro elemento diffuso dell'etica wiccan (ma non riconosciuto da tutti) è la cosiddetta Legge del Tre, la
quale si basa sull'idea del ritorno triplicato delle conseguenze di qualsiasi azione si compia. La Legge del Tre
è un'esortazione al bene; la metafora del ritorno triplicato corrisponde all'idea secondo la quale seminare il
bene possa produrre altro bene, mentre seminare il male non farà altro che produrre altro male.
Tale precetto compare in una delle pubblicazioni di Gerald Gardner e non se ne fa menzione in altre
tradizioni esoteriche. Si pensa che per elaborarlo, Gardner si sia ispirato alla Regola d'oro della filosofia
greca antica e al concetto del karma delle religioni orientali. Nonostante ciò, pare fosse abitudine di
Gardner inventare leggi della stregoneria per giustificare le proprie idee personali, spesso creando conflitti
decisivi con altri appartenenti alla propria tradizione. La Legge del Tre potrebbe esserne un esempio, dato
che la stessa Doreen Valiente, considerata dal mondo Neo-pagano la "Madre della Wicca", durante una
famosa intervista rifiutò a priori che potesse esistere una legge universale, karmica e magica che
influenzasse solamente gli appartenenti ad una certa religione, una certa via spirituale o ai cultori di un
cammino magico quale è la Wicca.
Parecchi wiccan coltivano anche i valori racchiusi nell'Incarico della Dea di Doreen Valiente, nel quale sono
riportate virtù quali la reverenza, l'amore, l'umiltà, la forza d'animo e la compassione. Nel poema della

268
Valiente questi valori sono appaiati in coppie speculari, a rimandare al dualismo della teologia wiccan,
ovvero al concetto dell'opposizione complementare del Dio e della Dea. Alcune tradizioni adottano infine il
sistema delle Ardane o Leggi Wiccan, scritte dallo stesso Gerald Gardner. Si tratta di una serie di
centosessantuno precetti che non sono universalmente riconosciuti nella Wicca a causa della loro origine
controversa. Sarebbero stati infatti scritti da Gardner nel periodo della divisione della sua coven da quella
di Doreen Valiente.
Di grande importanza è infine la questione dell'ambientalismo, considerato da molte branche della
religione e da molte coven un elemento insegnabile quale dottrina etica. I gruppi wiccan — come
quelli neopagani in generale — pongono molta enfasi sulla visione della natura come sacra in quanto
l'universo emanazione e dispiegazione del divino e in quanto la natura stessa, nella sua fecondità,
identificabile con la Dea. Rispettare la natura significa dunque, per gli wiccan, rispettare la madre
dell'universo, la fecondità e la fertilità della Terra, che è divina in quanto parte dell'esistenza infinita.

Rituali
La ritualistica wiccan si è andata, nel corso del tempo, a sistematizzare progressivamente tanto che oggi è
strutturata in modo abbastanza ben definito. Comprende vari tipi di rituali (i quali possono essere anche
personalizzati in base alla tradizione nella quale se ne fa uso, piuttosto che in base alle preferenze delle
coven o di ogni piccolo gruppo).
La ritualistica classica gardneriana/alexandriana comprende[70]:

1. il rito di purificazione e consacrazione dello spazio sacro e dei partecipanti (con acqua e sale,
incenso, o altro)
2. il rito della tracciatura del cerchio
3. il rito per la chiamata dei guardiani degli elementi, sia a protezione del cerchio, sia ad assistere e/o
partecipare ai rituali stessi
4. il rito per l'invocazione teurgica degli Dei

269
5. una eventuale operazione propiziatoria o magica, accompagnata solitamente da alcune delle
tecniche per l'innalzamento del cono di potere
6. il Grande Rito
7. il banchetto rituale o libagione
8. una serie di riti eventuali, compresi quelli di appropriato congedo dei guardiani e di saluto alle
divinità

Il Grande Rito
« ... Che la mia adorazione risieda nel cuore che gioisce; giacché tutti gli atti di amore e piacere sono rituali
a me consacrati.. »
(da l'"Incarico della Dea".)

Tra gli innumerevoli rituali presenti nella Wicca, ha particolare rilevanza il Grande Rito; esso viene praticato
in ogni celebrazione liturgica ed è un rito di tipo ierogamicocompiuto dai sacerdoti; esso può essere
effettivo, cioè comportare la vera e propria unione sessuale tra i sacerdoti, ma nella maggior parte dei casi
esso viene svolto in maniera solo simbolica. I sacerdoti sono solitamente un uomo ed una donna, ma non
mancano situazioni in cui i sacerdoti siano dello stesso sesso. Il grande rito attuato solo simbolicamente
coinvolge l'utilizzo di due dei principali oggetti rituali wiccan, ovvero l'athame e il calice. Questi due utensili,
la lama e il calice, sono importanti in quanto costituenti l'allegoria degli organi genitali degli esseri umani.
La Wicca è una religione della fertilità, celebrante la fecondità e la nascita della vita; proprio per questo
l'attività sessuale è considerata sacra, poiché riproducente quello che è il mistero dell'unione e
completamento cosmico e vicendevole del Dio e della Dea. Nell'occasione di ogni Grande Rito i sacerdoti
simulano, mediante l'utilizzo degli oggetti sacri, un rapporto sessuale di penetrazione. L'Athame, simbolo
del fallo, viene immerso nella coppa, riempita con del vino o altra bevanda e rappresentante lavulva. Il
Grande Rito eseguito in modo effettivo esprime lo stesso concetto, ma in modo più concreto mediante
la ierogamia, esso avviene in casi estremamente rari, in privato, tra sacerdoti sposati tra di loro (o
comunque all'interno di coppie già consolidate).
270
L'importanza della pratica è fortemente enfatizzata, in quanto rappresentazione effettiva dell'unione divina
tra il maschile e il femminile, unione che è contemporaneamente fisica, chimica, psicologica e astrale,
riproducente l'amore eterno che scaturisce dalle due Divinità, ovvero il loro perenne unirsi e scontrarsi che
dà inizio alla manifestazione dell'esistenza.

Crescita e prodotti culturali


La religione wiccan ha subito, dal 1990 al 1999, anno al quale risale l'ultima statistica ufficiale sebbene non
scientifica, una crescita e una diffusione impressionante. Le prime statistiche in assoluto risalgono
al 1972 quando John Godwin nel suo Occult America stimava la presenza di 20.000 membri organizzati
nel settentrione. Nel 1980 Gordon Melton dell'Istituto per lo Studio sulle Religioni Americane (Institute for
Study of American Religion) speculò un tra un 30.000 e 40.000 appartenenti alla comunità wiccan. Questa
stima fu costruita in base a dati collezionati in occasione di un festival pagano del 1979.
Nell'Ottantasei Margot Adler, autrice di Drawing Down the Moon fissava tra i 50.000 e i 100.000 pagani
negli Stati Uniti, la maggior parte dei quali aderenti alla Wicca. Tra il 1990 e il 1992 con la crescita
dell'interesse accademico per la religione wiccan, le stime si impostarono su cifre tra i 50.000 e i 113.000
membri.
Questi dati sono supportati da fonti quali Religious Requirements and Practices of Certain Selected Groups:
A Handbook for Chaplains, scritto dalla United States Army per istruire i cappellani cristiani dei militari sul
come gestire i rapporti con soldati aderenti ad altre religioni; dalle ricerche di Craig Hawkins e dal
censimento ufficiale del Canada. Eric Raymond, autore di Frequently Asked Questions about
Neopaganism avallava la cifra dei 200.000 wiccan e definiva il movimento come in
esplosione. Nel 1996 Vernieda Vergara stimava un numero di 360.000 wiccan, ma fu nel 1999 che si
registrarono le statistiche più ottimistiche anche se spesso fantasiose. Loren Wilkinson, scrivendo un
articolo per Christianity Today, definiva ilneopaganesimo e in particolare la Wicca come la forma di
religiosità più velocemente in crescita negli Stati Uniti.

271
Effetti
Questa rapida diffusione del movimento wiccan ha avuto un forte impatto sull'ambiente religioso negli
ultimi decenni. Innanzitutto va analizzato il grande contributo che la religione wiccan ha esercitato
nell'emersione dell'intero fenomeno del neopaganesimo. La Wicca è infatti antecedente a quasi tutte le
religioni neopagane, essendo comparsa negli anni 1950, e va dunque considerata il pioniere che ha dato il
via o comunque alimentato l'attività del fenomeno neopagano. Non è difficile riscontrare contaminazioni o
interi complessi religiosi neopagani ispirati alla dottrina wiccan. L'esempio principale è il Druidismo, ma
caratteristiche rimandanti alla Wicca sono riscontrabili anche nelle religioni del movimento eteno,
nel Dodecateismo e nel Kemetismo.
Affermare che la Wicca abbia posto le basi per l'emersione del neopaganesimo è di certo azzardato, in
quanto il Celtismo e l'Etenismo affondano le proprie radici a prima degli anni cinquanta, e in quanto in
generale il fenomeno del ricostruzionismo pagano ha avuto una storia relativamente distaccata rispetto a
quella della tendenza eclettica, di cui la Wicca è la religione più influente. Ciò che comunque è certo è il
fatto che la religione wiccan — anche in quanto la più diffusa — abbia avuto e continui ad avere un'autorità
dominante sull'intera struttura del neopaganesimo. La stessa Wicca adotta a piene mani tendenze culturali
tipiche di tutte le religioni neopagane, come per esempio il tecnopaganesimo e l'ecopaganesimo, entrambi
perfettamente compatibili con la religiosità wiccan.

272
Etimologia della parola "Wicca”
Il termine Wicca (oggi pronunciato [wikka]) è un termine ripreso dall'inglese antico, nel quale wicca, al
maschile, pronunciato [wɪʧʌ], e wicce, femminile, pronunciato [wɪʧe], stanno rispettivamente ad indicare
quello che oggi si intende per "stregone" e "strega", ovvero praticanti della stregoneria, definizione
collettiva di tutta una serie di culti misterici ed esoterici che si presume fossero diffusi sotterraneamente
nel Medioevo.
Effettivamente tali termini sono alla base anche delle definizioni in inglese moderno, apparse nel XVI
secolo, di witch, "strega", e witchcraft, "stregoneria", attraverso il passaggio inglese mediodi wicche,
originariamente sia maschile che femminile in seguito solo femminile, per lasciare spazio alla formazione
di wizard e warlock, le forme maschili. Risalire all'origine dei lemmi in inglese antico wicca e wicce è
arduo. Rosemarie Lühr ne riconnette le radici a wigol, ovvero "profetico", e wīglian, verbo che indica il
"divinare" (connessi anche con il basso tedesco mediowichelen, "incantare", e wicker cioè di nuovo
"incantare" o in senso sostantivo "incantatore", "indovino") e suggerisce un legame anche con
il protogermanico wigon, geminato in *wikkōn. La forma base si pensa fu wicce derivata da *wikkæ,
prodotto dal protogermanico wikkon.

273
Stregoneria tradizionale

La cosiddetta stregoneria tradizionale 29è un termine ombrello, che è stato introdotto negli ultimi decenni
per riferirsi a varie pratiche più o meno sciamaniche o stregonesche dell'Europa attuale, che sono tutte
delle forme di ricostruzionismo neopagano che hanno voluto differenziarsi soprattutto dalla wicca, non
accettandone i principi. D'altra parte, per quanto paradossale possa apparire, la stregoneria tradizionale,
pur richiamandosi a delle tradizioni più antiche, viene allo scoperto solo dopo l'avvento, il successo e la
grande diffusione della wicca come percorso spirituale neopagano.
In realtà non c'è un termine collettivo che può essere usato correttamente per riferirsi a tutte queste
tradizioni, così l'uso del termine stregoneria tradizionale risulta piuttosto vago e forse sarebbe meglio
utilizzarlo al plurale, stregonerie tradizionali, proprio per indicare che è un termine collettivo, che raccoglie
le più svariate pratiche; un termine più corretto potrebbe essere stregoneria ricostruzionistica localistica
visto il grande peso che viene dato alle realtà locali di appartenenza. Coloro che seguono queste vie
tradizionali a volte desiderano essere chiamati come "tradizionalisti".
Sfortunatamente per i tradizionalisti è impossibile definire in modo coerente e collettivo tutte le loro
credenze culturali e tradizioni, che differiscono significativamente da quelle proposte nelneo-paganesimo
eclettico; in ogni modo il termine stregoneria tradizionale viene usato da chi ha deciso di differenziarsi dal
neo-paganesimo eclettico e dalla sua controparte wiccan. Altri ancora adottano il termine stregoneria
tradizionale per descrivere un movimento di ribellione contro il finto buonismo che sembrava manifestarsi
dentro al paganesimo.

Differenze tra stregoneria tradizionale e wicca


In realtà è quasi impossibile fare una distinzione netta, perché da un lato si ha nella wicca una pratica
religiosa-spirituale che, sebbene molto flessibile e differenziata in molte correnti, risulta essere ormai ben

29
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274
strutturata, una pratica che si è diffusa capillarmente e viene abbondantemente copiata, anche da coloro
che si definiscono tradizionalisti e che teoricamente la dovrebbero rifiutare; dall'altro nelle stregonerie
tradizionali si racchiudono tutta una serie di pratiche che, in tanti casi, partono dalla wicca stessa come
spunto, in altri si differenziano moltissimo, da luogo a luogo, o da gruppo a gruppo, per non parlare dei
praticanti solitari, che seguono un percorso personale, mischiando talvolta in modo eclettico varie
influenze.
A grosso modo però si possono fare queste distinzioni:

La wicca è la principale corrente (per diffusione nel mondo e numero di aderenti) della stregoneria
moderna, essa è stata rifondata negli anni '40 dall'inglese Gerald Gardner, dopo essere stato iniziato in
una coven precedente e prendendo ispirazione sia da famosi ordini occultisti ed iniziatici precedenti
(come Rosacroce, Ordo Templi Orientis e Golden Dawn), sia dalla tradizione tutta inglese dei cunning
men e delle wise women (che corrispondono ai tradizionali guaritori di campagna italiani). La
Stregoneria Tradizionale riunisce anch'essa varie forme di ricostruzionismo, che però preferiscono
rifarsi soprattutto a credenze e tradizioni locali più o meno popolari, come quella dei guaritori di
campagna e dei già citati cunning men, rifiutando però le influenze cerimoniali.
Oltre che una pratica, la wicca è indubitabilmente anche una religione; invece le cosiddette stregonerie
tradizionali, pur conservando talvolta una radice legata al culto di dèi pagani, è andata incontro a una
progressiva cristianizzazione, fino a diventare una pratica di magia popolare, che mischiava il culto dei
santi (che spesso andavano a coprire figure precristiane) o raramente di dèi, con delle tecniche di
guarigione, fattucchierie, culto agli antenati ed altro. Poi solo a partire dagli anni '70 e con il diffondersi
ed il successo della wicca, le persone coinvolte hanno rivendicato di chiamarsi strega e hanno spogliato
la propria pratica di elementi cristiani in favore di una manifesta aderenza al paganesimo, ricostruendo
talvolta più e talvolta meno fedelmente la pratica originaria.
La wicca è una pratica religiosa-spirituale di tipo misterico ed iniziatico, più o meno chiusa verso
l'esterno a seconda delle correnti, e che prevede lunghi periodi di training, prima di essere ammessi

275
alle varie iniziazioni. Non si conosce se i vari cosiddetti tradizionalismi hanno carattere misterico-
iniziatico, se prevedono cerimonie iniziatiche, periodi di prova, eccetera.
I rituali wiccan possono essere molto formali (sebbene risultino molto più semplici rispetto a quelli dei
classici ordini occultistici e della magia cerimoniale), nelle varie Stregonerie Tradizionali invece essi
vengono descritti come ancor più semplici ed eventualmente istintivi. Un esempio è l'assenza del
cerchio magico e della chiamata degli elementi, tipici invece della wicca.
Al contrario che nella wicca, idee e filosofie antiche come l'ermetismo, o orientali
come monismo, taoismo, karma (che però hanno un corrispettivo nell'antichità filosofica classica,
greco-romana), non hanno influenza nelle pratiche tradizionali, che dovrebbero avere origini solo
locali, circoscritti a ciascuna delle regioni europee.
La wicca ha dei fondamenti etici, anche se variabili nelle sue tradizioni, che si esprimono ad esempio
attraverso il "rede" (e molto più raramente nella "Legge del Tre"), mentre nei seguaci delle pratiche
tradizionali non vi sono regole definite e si lascia la responsabilità dei propri atti alla coscienza dei
praticanti.
La wicca può incorporare nella sua pratica pantheon di tutto il globo secondo il motto "tutte le dee
sono la dea e tutti gli dei sono il Dio", poiché le divinità corrispondono ad archetipi universali, presenti
in tutte le culture; i tradizionalisti invece seguono uno (o raramente più) pantheon specifici, d'accordo
con la tradizione locale che seguono.
La stregoneria tradizionale non usa solitamente insiemi formali di strumenti, a differenza della wicca
che ne ha elencato con precisione i tipi e le forme (coppa, athame, bacchetta, pentacolo, incensiere,
corde, frusta, bastone, ecc.) e ne ha codificato l'utilizzo, prendendo spunto dalla struttura cerimoniale
degli ordini iniziatici da cui ha avuto origine.
La wicca celebra gli otto sabbat della ruota dell'Anno, mentre per i tradizionalisti le feste sono diverse
da tradizione a tradizione e molto spesso derivano dal folclore popolare del proprio luogo d'origine
(anche se molti tradizionalisti in realtà hanno ormai adottato dalla wicca le otto festività della ruota
dell'Anno).
Nelle stregonerie tradizionali anche la credenza in una vita dopo la morte varia da luogo a luogo,
mentre in alcune tradizioni wiccan è molto diffusa la credenza nella reincarnazione.
276
Satanismo di LaVey

Simbolo del Baphomet— simbolo ufficiale della "Chiesa di Satana"

Il Satanismo 30 di Anton Szandor LaVey è una concezione del mondo e una filosofia di vita, ufficialmente
praticata dalla Chiesa di Satana. Il suo teorizzatore e fondatore fu Anton Szandor LaVey, un esoterista,
scrittore e musicista statunitense, fondatore dell'organizzazione religiosa chiamata Church Of Satan. A capo
dell'organizzazione si trova un "sommo sacerdote" (assistito dalla "gran sacerdotessa", che in linea con la
filosofia dell'organizzazione può essergli legata sentimentalmente): ovviamente fu, dal 1966 al 1997, Anton
LaVey. Attualmente il successore è Peter H. Gilmore, insieme alla moglie, Peggy Nadramia. Questa
organizzazione conta ad oggi numerosi adepti, molti dei quali dicono pubblicamente di essere satanisti
laveyani: tanto per fare un esempio nel 2004 il ventiquattrenne Chris Cranmer, un tecnico militare, è stato
(ufficialmente) il primo membro della Chiesa a far parte della Marina Militare Americana. La Chiesa di

30
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277
Satana non fa nemmeno mistero della sua esistenza, al punto che Il 6 giugno 2006, ha tenuto il suo primo
rituale pubblico nella città di Los Angeles.

Caratteristiche
Per LaVey, Satana è un simbolo, nulla di più. Satana simboleggia il nostro amore per tutto ciò che è terreno
e la negazione dell'immagine del Cristo pallido e magro sulla croce. LaVey dichiarò, nel descrivere il suo
pensiero, di essere stato pesantemente influenzato dalle idee di Nietzsche, Aleister
Crowley, Machiavelli, Ayn Rand, Jack London, e dalle biografie di personaggi famosi, come Basil
Zaharoff, Cagliostro e Rasputin. Per LaVey, e per la sua filosofia, l'uomo è realmente «il suo proprio dio» ed
è l'unico responsabile delle sue azioni e del suo destino; la stessa figura di Satana, in contrasto con le altre
correnti sataniste, viene intesa come un archetipo, cioè un simbolo di una forza interiore presente in ogni
persona: una forza in grado di portare il singolo a vivere una vita realizzata, senza chiedere intercessioni a
divinità esterne. Questo messaggio è sostanzialmente comune a tutte le correnti di pensiero sataniste:
rifiutare il controllo della propria vita da parte di terzi, e vivere in modo responsabile ed autonomo, porta a
vivere in modo realizzato e libero. La grossa differenza è però nella visione di Satana che la filosofia
laveyana descrive: "Satana", in questa visione, non rappresenta una reale divinità da servire ed adorare, ma
appunto il simbolo della propria autodeterminazione. Nelle altre correnti, invece, è visto come una reale
entità, cosa che invece è rifiutata da quella laveyana. Il satanismo laveyano è quindi, cosa che lo distingue
nettamente da tutte le altre visioni, unicamente una filosofia di vita, il cui "dio" è l'uomo stesso, una
filosofia atea e dedita solo all'aspetto "terreno", tangibile, rifiutando l'esistenza di entità ultraterrene o
divinità. Lo stesso Gilmore è arrivato definirlo una "non-religione", essendo questa una visione di stampo
molto più filosofico che dogmatico. Anche la ritualistica, di cui la filosofia laveyana tratta in modo
approfondito, è vista non come la reale adorazione di una divinità, ma al contrario come uno psicodramma:
l'uomo, avendo bisogno di categorizzare, di "toccare con mano" e visualizzare i suoi obbiettivi ed
aspettative, ha quindi la possibilità di farlo attraverso un rito. Rito che è comunque solo una manifestazione
esteriore, tesa a focalizzare energie già presenti nell'uomo e non a chiedere l'intercessione di un'entità
ultraterrena, come invece è per le altre correnti.

278
Filosofia
Le Nove Affermazioni Sataniche possono essere citate come i punti essenziali della filosofia LaVeyiana:
1. Satana rappresenta indulgenza invece di astinenza.
2. Satana rappresenta l'energia vitale invece di sogni spirituali di cornamuse.
3. Satana rappresenta saggezza manifesta invece di autoinganno ipocrita.
4. Satana rappresenta gentilezza e tenerezza a chi le merita invece di amore sprecato agli ingrati.
5. Satana rappresenta vendetta invece di porgere l'altra guancia.
6. Satana rappresenta responsabilità a chi è responsabile invece di considerazione per vampiri
psichici.
7. Satana rappresenta l'uomo giusto come un altro animale, talvolta migliore, molto spesso peggiore
di quelli che camminano a quattro zampe, che, a causa del suo sviluppo divino spirituale e
intellettuale, è diventato l'animale più vizioso di tutti.
8. Satana rappresenta tutti i così detti peccati, finché tutti loro portano a gratificazione fisica,
mentale, o sentimentale
9. Satana è stato il miglior amico che la Chiesa abbia mai avuto, perché Egli l'ha tenuta in affari tutti
questi anni.

I Nove Peccati Satanici


1. Stupidità (considerato dai Satanisti come il peccato capitale per eccellenza).
2. Pretenziosità.
3. Solipsismo.
4. Autoinganno.
5. Conformità al gregge.
6. Mancanza di prospettive.
7. Dimenticanza delle ortodossie passate.
8. Orgoglio controproducente.
9. Mancanza di estetica.
279
Scientology
Una chiesa particolare

280
Scientology 31è un'organizzazione che raccoglie e diffonde l'insieme delle credenze e pratiche ideate da L.
Ron Hubbard nel 1954 basate sul precedente sistema di auto-aiuto denominato Dianetics. Hubbard ha dato
nel tempo diverse definizioni di Scientology ("filosofia religiosa", "corpo organizzato di conoscenza"), i siti
ufficiali di Scientology parlano di "filosofia religiosa applicata".
La qualifica di Scientology è argomento di dibattito: se fonti terziarie la caratterizzano come "associazione
religiosa" o "filosofia religiosa" o "movimento religioso", altre fonti la definiscono una setta. Il Cesnur la
include tra le religioni e movimenti del potenziale umano.
Da un punto di vista giuridico il riconoscimento dello status di "religione" è accordato a Scientology solo in
alcuni Stati (per esempio Stati Uniti e Australia); in Europa, nella maggioranza degli Stati, non gode dello
status di religione riconosciuta.
Secondo Scientology al 2005 l'organizzazione contava otto milioni di praticanti, fonti esterne tuttavia
ridimensionano molto la cifra con numeri variabili tra i quarantamila e i cinquecentomila praticanti in tutto
il mondo.
Il quartier generale di Scientology, soprannominato Int Base o Gold, si trova a nord delle
cittadine statunitensi di San Jacinto e Hemet. Ivi è la sede della RTC (Religious Technology Center che
gestisce i marchi d'impresa dell'organizzazione) e residenza di David Miscavige, COB dell'organizzazione.
Qui inoltre si trovano le sedi dei più importanti dipartimenti dell'organizzazione (RTC, CMO, OSA, Sea Org,
WDC e appunto Gold una divisione cinematografica). Sede operativa di grande rilevanza è la Flag Land
Base (la Mecca di Scientology) che si trova nella costa est degli Usa nella cittadina di Clearwater in Florida.
Dopo la morte di Hubbard nel 1986, il movimento è guidato da David Miscavige, presidente del Consiglio
d'Amministrazione del Religious Technology Center (RTC).
La parola scientology deriva dal latino scio che significa conoscere e dal vocabolo greco logos discorso.
Perciò il significato letterale di scientology è discorso sulla conoscenza.

31
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281
La storia di Scientology è strettamente legata a quella del suo fondatore L. Ron Hubbard che, sin dagli anni
trenta, è stato uno scrittore di fantascienza (ricordato soprattutto per i romanzi Il tenente e Battaglia per la
terra, da cui è stato tratto l'omonimo film) ed altri generi letterari (western, avventure, romanzi
sentimentali, fantasy, letteratura gialla).
Dopo una vita avventurosa e movimentata e, secondo i documenti presentati in un caso legale americano,
anche molto colorita di episodi frutto soltanto di una fervida fantasia (il giudice Breckenridge della Corte
suprema dello stato della California per la Contea di Los Angeles nel giudicare il Caso No. C420153, 16
ottobre 1984, disse di Hubbard: "Le prove ritraggono un uomo che è stato letteralmente un bugiardo
patologico in relazione alla sua storia, al suo passato e alle sue imprese"), Hubbard ottenne grande
successo pubblicando nel 1950 il libro Dianetica (Dianetics: The Modern Science of Mental Health), nel
quale descrive un metodo o disciplina che viene definito dai suoi sostenitori "un sistema per l'analisi,
controllo e sviluppo del pensiero umano, che fornisce anche tecniche per ottenere maggiori capacità,
razionalità e libertà dalla scoperta della singola fonte delle aberrazioni che sono la causa delle malattie
psicosomatiche".
Esponenti della comunità psichiatrica e scientifica (come ad esempio lo scrittore Isaac Asimov) criticarono
duramente le teorie di Hubbard e la loro mancanza di scientificità. Nonostante ciò, Dianetics fu un grande
successo editoriale, e conta ad oggi oltre venti milioni di copie vendute. La pubblicazione del libro e il suo
grande successo popolare portarono alla fondazione di istituti denominati "Hubbard Dianetics Research
Foundations" in alcune città degli Stati Uniti, provocando inizialmente forte entusiasmo e seguito.
Tuttavia in poco più di un anno il clamore si sgonfiò, lasciando Hubbard e le sue Fondazioni piene di debiti e
con una serie di problemi pratici da affrontare:
le crescenti critiche interne che lamentavano l'assoluta mancanza di metodo scientifico nelle pratiche
di quella che doveva essere una "scienza della mente"; l'accorpamento di
nozionimistiche e metafisiche; l'atteggiamento crescentemente autoritario di Hubbard.
un'indagine della Associazione Medica del New Jersey sulla Fondazione Dianetics della città
di Elizabeth, accusata di insegnamento illegale della medicina.

282
la perdita temporanea di Hubbard dei diritti sulle sue Fondazioni a favore di Don Purcell, che lo aveva
salvato dai debiti.

La croce di Scientology

Fu in quel periodo che Hubbard rese pubbliche le sue congetture relative alla natura spirituale dell'uomo,
indipendente dal corpo e dalla mente: l'essere spirituale userebbe la mente e il corpo per agire
nell'universo fisico che lo circonda. Hubbard prese quindi momentaneamente le distanze da Dianetics,
ormai in mano a Purcell, e nel 1952 fondò la Hubbard Association of Scientologist, da cui nacque
nel 1954 Scientology. Frattanto era rientrato in possesso dei diritti di Dianetics, entità che a tutt'oggi è
parte integrante di Scientology e viene da più parti definita un "gruppo di facciata" per veicolare tra le file
di Scientology persone con problemi interpersonali o di scarsa autostima che mai penserebbero di affidare i
propri problemi a una chiesa o religione.
Nel corso degli anni sessanta Hubbard venne considerato persona non gradita in Gran Bretagna, nel 1978
condannato in contumacia da un tribunale francese per frode a quattro anni di carcere, dopo che già era
stato espulso dalla Grecia e rifiutato dalla Rhodesia.
283
Nel 1967, a seguito dei crescenti problemi che lui stesso e la sua organizzazione stavano sperimentando in
Inghilterra e ai resoconti non lusinghieri dei media locali, Hubbard fondò la "Organizzazione del Mare" (Sea
Org) e assieme ad una cerchia di fedelissimi prese il mare a bordo di due navi e uno yacht acquistati
all'uopo, auto proclamandosi Commodoro della sua piccola flotta privata.
Trascorse i successivi otto anni incrociando nel Mediterraneo ed al largo delle coste nordafricane e
portoghesi. Il comportamento non sempre chiaro dei suoi seguaci, le frequenti "shore story" (storie
inventate di pura fantasia) usate con le diverse autorità portuali in merito ai loro scopi e presenza, il fatto
che i capitani della sua flotta non fossero sempre all'altezza dei compiti di governo dei natanti fece sì che il
gruppo fosse regolarmente al centro di controversie e talora di vibranti proteste delle popolazioni locali, e
in certe circostanze la flotta dovette precipitosamente abbandonare il porto o le venne ordinato di salpare
l'ancora.
Uno degli scopi dichiarati della sua presenza nel Mediterraneo era condurre spedizioni archeologiche per
provare le sue teorie sulle sue presunte vite passate. Il resoconto di tali spedizioni è stato pubblicato dallo
stesso Hubbard con il titolo Mission Into Time.
Tra le accuse mosse ai membri dell'organizzazione vi erano anche quelle di spionaggio, e proprio di
spionaggio (e cospirazione) si resero colpevoli nei confronti del governo americano dodici alti funzionari
dell'organizzazione, tra cui la stessa moglie di Hubbard. La vicenda esplose nel 1977 e vide i congiurati finire
condannati dal governo degli Stati Uniti, e Hubbard citato come co-cospiratore non imputato.
Formalmente Scientology censurò il comportamento di quei membri resisi colpevoli. Si trattava dell'Ufficio
del Guardiano (Guardian's Office), altrimenti noto come GO. Era stato istituito nel1966 per curare gli affari
legali ed esterni dell'organizzazione. Oggi non esiste più, essendo stato smantellato agli inizi degli anni
ottanta dall'attuale amministrazione dell'organizzazione e sostituito con l'Ufficio degli Affari Speciali, o OSA.
Secondo i seguaci e la dirigenza del movimento, "nel GO si erano infiltrate persone esterne ed esso aveva
fallito la sua missione di proteggere l'organizzazione". Le condanne inflitte per azioni antigovernative
colpirono però i vertici stessi del GO, tra cui la stessa moglie e braccio destro di Hubbard. Il GO era stato
costituito come unità indipendente che rispondeva unicamente a Mary Sue Hubbard, nominata
284
"Controllore a vita" delle sue attività proprio dal marito e fondatore L. Ron Hubbard (Organization
Executive Course, vol. 7, p. 503). Secondo le testimonianze di diversi fuoriusciti di alto livello che all'epoca
lavoravano ai vertici dell'organizzazione, Mary Sue Hubbard, massimo dirigente del Guardian's Office e suo
Controllore, obbediva e rispondeva delle sue azioni e decisioni unicamente al marito.
Le operazioni illecite del GO erano venute alla luce grazie alla denuncia e alle testimonianze di un suo
operativo, tale Meisner, colto in atteggiamenti sospetti all'interno di un edificio del Governo da dove da
tempo asportava documenti riservati. Sul momento era stato rilasciato, ma era partita un'inchiesta. Dopo
diverse settimane di latitanza, secondo le sue parole protetto dall'organizzazione stessa, Meisner si costituì
alle autorità e collaborò con esse per quell'indagine federale che avrebbe portato prima alle irruzioni nelle
sedi di Scientology di Washington DCe Los Angeles e al sequestro di migliaia e migliaia di documenti interni,
e poi al processo e alla condanna dei vertici del GO.
Allorché le attività illecite del GO divennero di pubblico dominio la dirigenza di Scientology disse di essersi
adoperata al suo smantellamento e di avere allontanato i suoi leader corrotti e deviati. Attualmente le
cariche un tempo ricoperte dal Guardian's Office sono di pertinenza dell'Ufficio Affari Speciali, OSA. Uno dei
passi intrapresi da Scientology per evitare che niente come il GO potesse ripetersi in futuro, fu l'istituzione
del Religious Technology Center (RTC), presieduto da David Miscavige, una struttura che da allora ha lo
scopo di mantenere la religione pura e conforme agli insegnamenti del suo Fondatore.
Alcuni osservatori esterni, che erano al corrente degli eventi culminati nello smantellamento del GO, hanno
spesso rimarcato i modi decisi e la determinazione con cui l'intera situazione è stata affrontata. Quindi
Scientology ha riallacciato le sue relazioni con il governo degli Stati Uniti e ottenuto dall'Internal Revenue
Service (l'ufficio del fisco statunitense) il pieno status di associazione esentasse, operante esclusivamente a
fini umanitari e religiosi.
Probabilmente a causa del clamore suscitato dal processo e forse nel timore di essere messo
personalmente sotto inchiesta, nel 1982 Hubbard si ritirò dalla scena ed entrò in esilio volontario in una
località segreta. Solo al momento della morte, nel gennaio del 1986, si saprà che luogo prescelto per

285
quell'esilio era un lussuoso ranch in California, dove in quegli anni era stato accudito da una coppia di
coniugi scientologist, Pat e Ann Broeker.
Nonostante Pat Broeker fosse ritenuto il legittimo erede della dirigenza del movimento, alla morte del
fondatore il comando passò a sorpresa, e non senza polemiche interne, nelle mani dell'attuale leader,
David Miscavige. Miscavige era membro del gruppo dei "Messaggeri del Commodoro", la fazione più
potente all'interno di Scientology in cui era entrato giovanissimo, al seguito dei genitori e senza nemmeno
aver terminato la scuola superiore che, a suo dire, era solo una perdita di tempo. Il gruppo capitanato da
Miscavige fece piazza pulita dei suoi oppositori interni, e da allora gestisce fermamente il comando, con il
compito di mantenere l'ortodossia degli scritti e delle pratiche, senza sostituirsi ad Hubbard nel ruolo di
Fondatore della religione.
Nel 1994 sul newsgroup alt.religion.scientology cominciò la diffusione in Internet degli scritti segreti di
Scientology, quelli che costituiscono i suoi "livelli avanzati di conoscenza". L'organizzazione non gradì e
diede origine a tutta una serie di battaglie legali per proteggere la sua proprietà intellettuale dalla
distribuzione non autorizzata, vedendo in alcuni casi riconosciuti i propri diritti sui copyright violati. La cosa
suscitò molto scalpore e ancora più controversia, dando il via a un infuocato dibattito che vide coinvolti i
libertari della Rete. Fu in quel periodo, e a seguito della iper-reazione di Scientology, che tra di essi nacque
un vero interesse per il movimento e i suoi metodi, e iniziarono a nascere innumerevoli siti critici e di
denuncia. Da allora, e nonostante le azioni legali intraprese, il contenuto dei livelli segreti di Scientology è
comunque diventato di pubblico dominio e discussione.
Nel 1995 la morte di Lisa McPherson, avvenuta dopo diciassette giorni di permanenza nella cosiddetta
"Mecca di Scientology" di San Jacinto (California), creò al movimento una pessima pubblicità. La ragazza,
una scientologist che aveva da poco raggiunto lo stato di "Clear", cioè libera da aberrazioni e
comportamenti irrazionali, aveva avuto un piccolo incidente automobilistico al seguito del quale era uscita
dall'auto e si era spogliata nuda in mezzo al traffico cittadino.
Ricoverata nel reparto psichiatrico per accertamenti, contro il parere medico aveva chiesto di essere
dimessa (gli scientologist mantengono un atteggiamento ostile nei confronti della psichiatria e delle sue

286
pratiche) e si era affidata alle cure dei compagni scientologist al Fort Harrison Hotel, dove poi troverà la
morte. Il rapporto del medico legale riferì di segni di disidratazione, costrizione fisica e forte deperimento.
Scientology negò ogni sua implicazione e contestò tenacemente la versione offerta dal medico legale,
dando origine a un caso giudiziario tra l'organizzazione, la procura e la famiglia della ragazza. Un
cambiamento nella perizia medico-legale, grazie alle informazioni riportate dall'organizzazione, indusse la
pubblica accusa a ritirare il procedimento.
Fin dalla sua fondazione Scientology è stata al centro di molte polemiche, procedimenti giudiziari e
contenziosi legali che danno la cifra visibile della diffidenza suscitata e dei problemi creati
dall'organizzazione e dai suoi seguaci o, nell'ottica di Hubbard, dell'enorme complotto contro Scientology
montato dai suoi nemici. Secondo Scientology il conflitto risale al 1950 periodo in cui, a suo dire, "la
psichiatria aveva legami strettissimi con i servizi di controspionaggio americani e prosperava grazie ai
copiosi stanziamenti dello Stato". Nel maggio di quell'anno Ron Hubbard aveva pubblicato Dianetics:
Scienza Moderna della Salute Mentale (ribattezzato poi in Italia alla fine degli anni ottanta Dianetics: La
forza del pensiero sul corpo) in cui, tra l'altro, etichettava come pericolosi gli ultimi ritrovati della
farmacologia psichiatrica e disumani i trattamenti a base di elettroshock e lobotomia.
Il volume si presentava come un facile manuale di psicoterapia "fai da te" e venne immediatamente
stigmatizzato dalla comunità medica, la quale sottolineò che non esisteva alcun riscontro scientifico alle
affermazioni "scientifiche" dell'autore, e sottolineava i potenziali pericoli dello sperimentare pratiche
psicoterapiche senza alcuna preparazione specifica se non, appunto, quel confuso manuale.
Le forti critiche di merito avanzate dall'American Medical Association (AMA), dalla American Psychological
Association (APA) e dalla American Psychiatric Association (APA) fecero ritenere ad Hubbard di essere in
presenza di un "complotto psichiatrico" teso a minare le sue scoperte, che a suo dire rappresentavano un
valido sostituto, se non l'unico, alle pratiche di salute mentale fino ad allora utilizzate.

287
Psicomagia
Jodorowsky 32, surrealista, grande ammiratore di André Breton, negli anni 60 entra in contatto con una
guaritrice messicana, Paquita. Vede in lei un modo di agire analogo a quello surrealista. Vede che i metodi
che Paquita utilizza per guarire i suoi "pazienti" non hanno alcun valore dal punto di vista della medicina
tradizionale, ma la "forza" che li pervade è tale da portare spesso il "paziente" a reagire, a intraprendere
egli stesso la strada per una guarigione, per ritrovare una forza positiva dentro di sé oppure,
paradossalmente, per un'accettazione serena della malattia. Jodorowsky, profondamente affascinato da un
metodo di cura tanto caratterizzato da intrigante mistero e nello stesso tempo da consapevole finzione -
che pure risulta così psicologicamente appagante e quindi "necessario" al benessere delle persone - elabora
quindi una forma d'arte che abbia come fine la guarigione. E la chiama "Psicomagia". Per mezzo di quello
che egli chiama "atto effimero", propone all'interlocutore un gesto da realizzare, in apparenza privo di
logica, ma in realtà carico di un dirompente impatto emotivo che lo porterà a vedere e percepire la propria
realtà da un punto altro, diverso e nuovo. In seguito, l'interlocutore, realizzando il gesto proposto dallo
psicomago, spezzerà la quotidianità con i suoi problemi e il suo personale vissuto, per arrivare a una nuova
percezione del problema stesso.
Esempi di atti psicomagici: una persona parlava a Jodorowsky dei propri problemi economici, dicendogli che
non aveva mai un soldo in tasca. Jodorowsky gli chiese semplicemente di incollare alle proprie scarpe due
monete, in maniera tale che camminando si potesse sentire il tintinnio delle monete sulla strada. A un
ragazzo, orfano del padre, la cui figura, idealizzata e severa, continuava a influenzarne negativamente la
vita, chiese di bruciare una foto del padre, gettando le ceneri in un bicchiere di vino, e quindi di berlo.
Il gesto psicomagico è dunque finalizzato ad essere costruttivo e positivo. Il suo è un tentativo di dare
all'arte una dimensione di "guarigione", non più meramente estetica né con fini politicizzati.
La sua opera "I vangeli per guarire" è un ulteriore tentativo in tal senso.

32
Da Wikipedia, l’Enciclopedia libera
288
Nel libro "La danza della realtà" Jodorowsky racconta di come si rivolse a lui e alla psicomagia per curarsi
dalla depressione anche un grande attore italiano. Il nome dell'attore in questione non è mai citato, ma
dalle pur scarne descrizioni fatte si potrebbe pensare a Vittorio Gassman, il quale - ammesso si tratti di lui -,
pare si fosse rifiutato di compiere il gesto psicomagico proposto da Jodorowsky (un complesso rituale in cui
doveva sgozzare un gallo sulla tomba della madre), dicendo "ma io non posso. Io sono Vittorio Gassman".
Per Jodorowsky quella fu la vera natura della depressione dell'attore, il dover "portare" un nome come
un'etichetta.

289
CAPITOLO SETTE

MITI & ARCHETIPI

290
GLI ARCHETIPI
I MODELLI DI RIFERIMENTO ORIGINARI

La parola "archetipo" 33 significa “immagine originaria”, “modello originario” (dal greco archè, origine,
principio, e typos, modello, marchio, esemplare) e si contrappone a “stereotipo” (stereos in greco
significa solido, rigido, tridimensionale) che significa “copia”, “duplicazione”, “riproduzione”.

L’archetipo è il principio primo, universale, completo e perfetto, di cui gli stereotipi sono una parziale
imitazione; si distingue anche dal prototipo, che è semplicemente il primo elemento (realizzato sulla
base di un archetipo, o di un progetto) di una serie di riproduzioni.

Platone e la dottrina delle idee

Il termine “archetipo” viene introdotto dai filosofi greci per riferirsi ai principi universali, ai modelli
preesistenti della realtà: in particolare Plotino (III sec. D.C.) e Proclo (V sec. D.C.) si riferiscono agli
archetipi come alle idee universali presenti nella mente di Dio e da cui è derivata la Creazione
(concetto poi fatto proprio dalla dottrina cristiana di Sant’Agostino). Questo concetto di archetipo lo
ritroviamo secoli dopo nell’empirismo inglese di Berkeley e Locke, in contrapposizione con l’essenza
della realtà empirica.

Il concetto di archetipo deriva direttamente da quello di idea platonica: nella sua dottrina delle idee
Platone parla dell’Iperuranio, un luogo metafisico (oltre la materia) in cui risiedono i concetti nella loro
purezza, astrazione. Si tratta di principi universali immutabili, non soggetti quindi al divenire e al
mutamento come gli oggetti empirici, i quali si pongono rispetto alle idee in un rapporto di imitazione
o somiglianza. Per Platone le idee esistono a prescindere dalla realtà, e sono accessibili a quattro
livelli:

33
da www.archetipi.org
291
1. a livello dell’essere, perché gli oggetti immanenti partecipano delle idee per somiglianza o
imitazione (un cavallo “reale” cerca di assomigliare all’idea di cavallo, e ciascun cavallo assomiglia
all’idea di cavallo a modo proprio);
2. a livello della conoscenza, dal momento che noi possiamo riconoscere gli oggetti solo in base alle
idee a cui li associamo (per sapere che quello è un cavallo devo attingere all’idea di cavallo);
3. a livello di valore, in quanto un oggetto è tanto più perfetto quanto più si avvicina all’idea, e
tanto meno perfetto quante più peculiarità ha;
4. infine l’idea è un principio unificatore della molteplicità (ci sono molti cavalli, ma una sola idea di
cavallo).

Adattamento sociale e stereotipo

La società e la cultura in cui nasciamo hanno un effetto potente su di noi: in primo luogo la famiglia di
origine, che ci assegna una classe sociale, una nazionalità, una religione, che possono rinforzare alcuni
archetipi, reprimerne altri e soprattutto creare stereotipi, ossia modelli comportamentali non originali.
Gli stereotipi, le forze di adattamento sociale (oppure i condizionamenti) si sovrappongono agli
archetipi e quindi si crea confusione tra gli originali e le copie: il processo evolutivo di cre scita
personale consiste nell’uscire dal mondo “esterno” degli stereotipi ed entrare nel mondo “interno”
degli archetipi.

Le nostre predisposizioni innate o archetipiche possono venire accolte o rifiutate dalla società, in
primo luogo dai nostri genitori. Gli stereotipi sono le aspettative esterne della società alle quali ci viene
chiesto di conformarci, quando già non lo facciamo di nostra spontanea iniziativa; in ogni caso ci
portano a tradire i nostri archetipi interiori, le nostre predisposizioni innate . Se il divario tra quello che
sentiamo dentro e quello che “gli altri” si aspettano da noi è eccessivo, perdiamo l’autenticità e
l’autostima e ci creiamo una maschera, recitiamo dei ruoli che non rispecchiano nel profondo quello
che siamo veramente.

292
Ognuno è unico in quanto è una combinazione particolare di diversi ingredienti: il corpo e l’aspetto
fisico, le nostre molteplici intelligenze (non solo quella logico-matematica), la nostra predisposizione
spirituale e, soprattutto, le nostre esperienze.

Composti di archetipi, ognuno di noi è archetipo di se stesso, non deve conformarsi a nessun modello
se non esprimere la propria intima, autentica e singolare natura.

Attivazione e gestione degli archetipi

Ognuno di noi ha quindi al suo interno più archetipi, più dèi, più sub-personalità, più “personaggi”, che
vanno a costituire il puzzle della nostra anima, e che deve imparare a gestire nel modo più armonico.
Ma prima di tutto dobbiamo conoscere gli archetipi attraverso un lavoro di osservazione e analisi,
cercando di individuare quello o quelli dominanti, quelli più sviluppati e quelli che necessitano di
essere coltivati maggiormente, quelli la cui influenza è più forte e quelle parti da noi rifiutate, non
accettate e negate.

Gli archetipi sono forze istintive che, se non sono consapevolizzate, agiscono in modo inconscio,
mentre la consapevolezza nel contempo li attiva e li gestisce: ciascuno di noi nasce infatti con alcuni
archetipi già attivi, mentre altri sono ancora dormienti. Per attivare gli archetipi è necessario diventare
prima di tutto consapevoli della loro esistenza, dobbiamo cioè concepirci e sentirci come se ci fossero
più personalità al nostro interno. Se invece continuiamo a pensare che siamo fatti in un solo modo,
monolitico, vuol dire che siamo identificati solo con una parte e non vediamo le altre parti, che altro
non sono se non le potenzialità nascoste che aspettano di essere viste, scoperte, risvegliate.

Per attivare gli archetipi che hanno più difficoltà ad esprimersi in noi, possiamo decidere
consapevolmente di comportarci come indicato dalle loro caratteristiche, sforzandoci inizialmente di
assumere gli atteggiamenti che vogliamo coltivare e sviluppare. Oppure possiamo vederli in azione

293
attraverso esercizi di visualizzazione, cercando di immedesimarci in loro e percepirne le qualità; infine
li possiamo invocare come veri e propri dèi, pregarli, conversare con loro, offrire tributi, servirsi di un
simulacro (un’immagine, una pietra o un cristallo).

È l’Io, che è il centro della personalità, l’osservatore, il direttore d’orchestra, che deve fare questo
lavoro: di osservazione e analisi prima, di comando, controllo, gestione delle varie parti poi. In questo
modo prima si conosce se stessi e poi si diventa padroni di se stessi, acquisendo la capacità di scegliere
quale archetipo lasciar esprimere, in quale modo, in quale circostanza, quanto spazio concedergli in
base alle situazioni esterne. Ciò che è importante comprendere è che non sono gli archetipi che
devono dominare l’uomo ma l’uomo che deve “dominare” gli dèi dentro di lui, nel senso di saperli
gestire in modo armonioso, di dar voce ad ognuno senza reprimere nessuno.

È bello, oltre che utile, immaginare che all’interno di noi ci sia un’assemblea, dove i vari aspetti della
nostra personalità siedano attorno ad un tavolo, e l’Io siede a capo tavola e presieda l’assemblea,
decidendo quando e a chi spetti il turno di espressione.
L’Io deve conoscere bene i vari membri dell’assemblea e saper ascoltare le varie voci, i vari punti di
vista, i vari bisogni e motivazioni. In questo modo possiamo riscoprire parti rimosse di noi che non

294
eravamo nemmeno consapevoli di avere, potenzialità nascoste inaspettate. L’importante è che faccia
parlare uno per volta, che ascolti ogni punto di vista con calma e ordine, perché se nega la parola o
censura alcuni archetipi, questi vengono rimossi e sepolti nell’inconscio, come se fossero buttati fuori
dall’aula assembleare: riemergeranno in seguito attraverso sintomi fisici, che s ono il modo più violento
per la psiche di far sentire la sua voce all’Io.
L’armonia e la pace regneranno all’interno di noi quando i vari membri dell’assemblea riusciranno a
collaborare tra loro e troveranno espressione a turno nelle circostanze della vita a loro più
appropriate.
Alla fine per diventare completi, ossia completare il puzzle della nostra anima, dobbiamo “ integrare”
tutte le qualità di ciascun archetipo e nello stesso tempo riconoscerne e poi superare tutti i difetti.

Miti & Archetipi in Psicologia e Psichiatria

Molti miti antichi, una vasta gamma e categoria di archetipi, una quantità straordinaria di allegorie e
metafore fanno parte del nostro vivere quotidiano, in parte conscio ma in larga misura operante a
livello subconscio e inconscio.

In alcuni casi, ad esempio nelle favole per bambini, il significato profondo e allegorico sfugge
all’interpretazione infantile ma non alla costruzione psicologica dell’individuo, che assume in sé e
introietta non-razionalmente i codici comportamentali, etici e antropologici inseriti nella favola.

Tra i maggiori studiosi della relazione degli archetipi con l’inconscio individuale e collettivo è
spontaneo citare Carl Gustav Jung, Erich Neumann e James Hillmann (vedi le rispettive schede nelle
pagine seguenti) hanno sviluppato teorie che trovano oggi sostanziale applicazione nel campo
psichiatrico così come in quello della psicologia cognitivo sociale.

In questa nostra lunga chiacchierata siamo invece molto più interessati a un approccio psicologico –
formativo derivante da una delle più note favole per bambini: Cappuccetto Rosso.
295
Cappuccetto Rosso

C'era una volta una piccola bambina chiamata Cappuccetto Rosso...


La fiaba di Cappuccetto Rosso è una classica rappresentazione dei passaggi evolutivi dall'infanzia
all'adolescenza, alla maturità, alla vecchiaia...
Riguarda in particolare quel delicato passaggio nella vita di una donna caratterizzato dalla comparsa
del menarca, cioè la prima mestruazione. Ma anche l'incontro con il maschile, la prima esperienza
sessuale, la perdita della verginità. In effetti nell'iconografia classica Cappuccetto Rosso è vestita di
bianco e di rosso, che riporta alla mente l'idea di un tessuto macchiato di sangue.
Quando Cappuccetto Rosso saluta la Mamma per andare a trovare la Nonna, in realtà sta cominciando
il suo Viaggio nella Vita. Per trovare la Nonna (Il Sè) occorre attraversare Il Bosco (L'Esperienza della
Vita, il Mistero dell'Amore e della Morte, lo Spirito, l'Inconscio Personale). L'incontro con il Lupo
rappresenta, tra le altre cose, la Perdita dell'Innocenza, ma è proprio grazie a quell'incontro che la
piccola e ingenua bambina potrà diventare una donna adulta e matura e potrà imparare a riconoscere
la propria Essenza (La Nonna, cioè l'archetipo del Saggio) dalla Maschera Sociale (Il Lupo travestito).

296
Il Lupo rappresenta anche l'incontro terribile con la propria Ombra, (Il Diavolo) la cui astuzia è appunto
quella di proporre comode scorciatoie ma in realtà di sviarci dalla retta via (Lo Scopo della nostra Vita).
Il Viaggio è pieno di rischi e di pericoli, ma va affrontato o non avremo mai l'opportunità di contattare
la parte più autentica e profonda del nostro essere.
Quale storia potremmo raccontare se Cappuccetto Rosso di fronte alle prime difficoltà fosse tornata
indietro di corsa e non fosse più uscita di casa...?
E quanti di noi invece di affrontare e risolvere i problemi, i conflitti, le paure, (Draghi) preferiscono
rifugiarsi in un mondo illusorio e rinunciare poco per volta ai propri sogni...?
Invece è bello essere adulti, sentire il proprio potere di realizzazione nella vita pratica e concreta (il
Sovrano), è bello sapere che possiamo realizzare tutti i nostri sogni (il Mago), è bello avere fatto
esperienza della vita, essere passati attraverso mille pericoli e avere fatto mille esperienze e avere
tratto importanti insegnamenti (il Saggio). È bello soprattutto scoprirsi adulti ma non cinici, maturi ma
non rassegnati, con doveri e responsabilità magari pesanti, con scelte difficili da fare talvolta, ma pur
sempre gioiosi e capaci cogliere la bellezza di ogni attimo che passa (il Folle).
Quando Cappuccetto Rosso si rende conto di essere stata ingannata è ormai troppo tardi. Il Lupo la
divora, come spesso ci accade quando ci facciamo risucchiare da situazioni o da persone che non ci
piacciono e non ci corrispondono (Il Distruttore Ombra). Ma è a questo punto che occorre imparare a
sguainare la spada, a difendere i propri confini, a ristabilire i termini autentici di una relazione. Il
Cacciatore è l'archetipo del Guerriero che squarcia la pancia del Lupo e riporta le cose alla loro natura,
che ristabilisce l'ordine naturale. Cappuccetto rosso e la Nonna escono illese dal la pancia del Lupo. La
Grazia vivificatrice può sempre far risorgere ciò che sembrava morto, può sempre restituire ciò che
sembrava perduto per sempre. (il Lasciar Andare)

Il Viaggio è una chiamata, la chiamata verso i Misteri dello Spirito, il richiamo verso la scoperta di un
mondo che noi sappiamo esistere al di là delle illusorie apparenze e delle convenzioni sociali.

297
Archetipi contemporanei

In questa sezione ripercorriamo alcuni degli archetipi più importanti, significativi e resistenti che
popolano il nostro inconscio. È interessante osservare come anche nell’organizzazione inconsapevole
del nostro vivere, la vita viene interpretata come un percorso, come un viaggio a tappe, in un modo
molto simile a quello illustrato nell’ambito delle teosofie orientali. La vita come percorso di
miglioramento, di crescita, di cambiamento, di superamento delle difficoltà e degli ostacoli. Ma è
meglio fermarsi qui con le analisi e passare direttamente ad affrontare gli archetipi e i loro significanti.
Le schede tecniche dei diversi Archetipi indicati sono consultabili nell’apposita Appendice nella parte
finale del libro.

Ombra e Proiezione

L’Ombra è un archetipo potente, è il contenitore di tutto quello che ci è mancato nel bene e di tutto
quello che abbiamo ricevuto nel male. É quindi il nostro Alter Ego, il Nemico, l’Antagonista, quello che
nei miti e nelle fiabe interpreta il ruolo del cattivo e che spesso viene rappresentato sotto forma di
mostro, drago o demone. Ogni nostra sofferenza deriva dal venire sopraffatti dall’aspetto negativo di
un archetipo (il lato Ombra) che dobbiamo imparare prima a vedere e riconoscere, e poi a dominare,
contrastare, opporgli resistenza.

La maggior parte della nostra Ombra deriva dalla repressione delle emozioni che scivolano
nell’inconscio e diventano sempre più potenti perché non le viene permesso di esprimersi: l’Io deve
imparare a riconoscere le emozioni negative ed esprimerle in qualche modo (catarsi, sport, arte, ecc.),
perché solo così può contattare le emozioni positive che si trovano ad un livello più profondo.

L’Ombra è la parte di noi che dobbiamo riconoscere e integrare poiché senza di essa non saremo
completi L’Ombra e la Proiezione sono intrinsecamente legate. Se l’Ombra è composta da tutte quelle

298
parti che non vogliamo vedere in noi, significa che le proietteremo sugli altri, che sono come schermi.
Ognuno di noi è uno schermo bianco su cui gli altri proiettano qualcosa di loro. Tutto quello che
diciamo ad un’altra persona lo diciamo a noi stessi con una percentuale che può variare 50-50, 20-80
ecc. Se nell’altro vedo qualcosa che mi piace significa che non riesco o voglio vederla ancora in me,
perché ancora non riconosco le mie qualità, e quindi la devo ancora integrare. Se nell’altro vedo
qualcosa che non mi piace significa che non riesco o voglio vederla ancora in me, perché ancora non
riconosco i miei difetti, che devo prima accettare e poi trasformare.

L’aggancio proiettivo non è altro che appendere un nostro vestito (un nostro problema) sul manichino
più adatto (che sono gli altri). Dobbiamo rimuovere gli strati di proiezione uno sull’altro e, come
quando si sbuccia la cipolla, ad ogni strato si piange: se assieme alla proiezione c’è anche un’emozione
(paura, rabbia, ecc.) vuol dire che c’è una memoria, un ricordo di una situazione passata in cui non
abbiamo espresso quell’emozione; le relazioni con gli altri che ci fanno da specchi fanno riemergere
quel ricordo, ci danno la possibilità di elaborare quella prima esperienza.

Solo una volta che abbiamo ritirato tutte le nostre proiezioni perché abbiamo riconosciuto che tutto è
dentro di noi, allora finalmente potremo vedere l’altro così come è veramente.

299
IL VIAGGIO DELL'EROE

Il Viaggio dell'Eroe 34 è il viaggio dell'Io per raggiungere l'Autorealizzazione, l'Individuazione e


l'Illuminazione.
Ogni stadio della vita, ogni passaggio cruciale, è scandito dall'attivazione di precisi archetipi. Dalla
nascita alla morte, dall'infanzia alla vecchiaia, dall'adolescenza alla maturità, ogni aspetto d ella nostra
vita può essere portato alla consapevolezza, esplorato, vissuto e realizzato grazie al supporto
dell'Approccio Fenomenologico e della Teoria degli Archetipi. I nostri momenti di cambiamento, di
trasformazione interiore, di morte psicologica di una parte di noi, non sono altro che un passaggio

34
Da www.archetipi.org
300
dall'influenza di un archetipo ad un altro, e spesso coincidono con le fasi cruciali della vita (andare a
vivere da soli, cambiare lavoro, sposarsi, ecc.).
Gli Archetipi li ritroviamo nei miti, nelle leggende, nelle fiabe, nei sogni, nelle visioni e nelle espressioni
religiose e artistiche di tutti i popoli della terra, dalla Grecia all'antico Egitto, dall'India alla Cina e al
Giappone, dall'Africa all'Oceania. Gli Archetipi fondamentali sono 12, come i mesi dell'anno, come i
Segni dello Zodiaco, come le fatiche di Ercole, come le Tribù di Israele, come gli Apostoli. Tutti gli
Archetipi sono potenzialmente dentro di noi, ma solitamente si ha un particolare rapporto con due o
tre di essi che risultano dominanti in noi e in questa nostra vita. Alla fine quello che conta è trovare
l'armonia tra di essi. Il Viaggio dell'Eroe ci porta alla fine a trovare il Tesoro del nostro vero Sé.

La ricerca è tutta rischi, trabocchetti, prove, tentazioni, ma offre grandi ricompense: se non
affrontiamo il viaggio non avremo mai l'opportunità di contattare la parte più autentica e profonda del
nostro essere.
Il Viaggio è una chiamata verso i Misteri dello Spirito, il richiamo verso la scoperta di un mondo che
sappiamo esistere al di là delle illusorie apparenze e delle convenzioni sociali. Ogni viaggio è un viaggio
unico, ognuno segue un sentiero, una via, ma la traccia del viaggio è archetipica, come ci raccontano i
miti che sono universali ed eterni.

301
Il Drago, la Fanciulla, il Tesoro, il Regno

Il Viaggio dell'Eroe è composto essenzialmente dalle seguenti esperienze archetipiche:

1. combattere e sconfiggere il Drago


2. salvare la Fanciulla
3. impadronirsi del Tesoro
4. edificare il Regno

Ogni Eroe sa bene che non si può ottenere il Tesoro se prima


non si è disposti ad affrontare e uccidere il DRAGO,
rappresentato dalla propria Ombra, da qualsiasi problema, da
qualsiasi ostacolo che cerca di sviarci dalla via verso la nostra
autorealizzazione, in primis la dipendenza psicologica e
materiale dalla famiglia di origine e i condizionamenti sociali. Il
Drago è anche il lato ombra di ogni archetipo: le tentazioni, la
droga, il karma, i conflitti, il mistero. Il Drago più potente è
tuttavia rappresentato dalla Grande Madre: la sfida più
importante per gli esseri umani è tagliare il cordone psicologico
con la madre che li ha portati in grembo.

302
Il fine ultimo del Combattimento contro il Drago è la
Liberazione della FANCIULLA prigioniera, ossia l'incontro tra il
Maschile e il Femminile. Nel corso del Combattimento l'Eroe e
l'Eroina riescono a liberare la propria Anima dal potere del
Drago, cioè separare l'immagine della Donna/Uomo Amata/o da
quella della Madre, che è la prima dispensatrice di Amore, ma
anche di Dolore.

L'Eroe deve essere disposto a discendere all'inferno per


affrontare i Demoni, perché è lì che si trova il Tesoro. Il TESORO
rappresenta la ricompensa per il coraggio di aver intrapreso il
cammino e di aver affrontato l'Ombra, è il recupero dei nostri
talenti, la consapevolezza delle nostre capacità e del nostro
potere. É anche lo strumento per riconquistare il Trono e il
Regno.

Il REGNO è la nostra vita, qualunque essa sia, e noi ne


dobbiamo diventare i Re e le Regine, i padroni, i comandanti, i
gestori, assumendocene tutta la responsabilità.

303
Le Fasi del Viaggio

Le fasi fondamentali del viaggio sono tre, ciascuna con i vari archetipi e temi esistenziali:

Nella prima fase del Viaggio l'Io deve innanzitutto strutturarsi per imparare a vivere nella realtà in cui
si trova: i requisiti fondamentali sono fiducia in se stessi (Innocente), autonomia e senso pratico
(Orfano), coraggio e intraprendenza (Guerriero), rispetto di sé e degli altri (Angelo Custode).

In particolare dallo sviluppo e integrazione di Innocente e Orfano ricaviamo la Sicurezza, data dalla
fiducia in se stessi e dalla capacità di cavarsela da soli. Dallo sviluppo di Guerriero e Angelo Custode
otteniamo la Responsabilità, ovvero la capacità di fissare obiettivi, di onorare la parola data e gli
impegni presi, assieme alla capacità di prenderci cura di noi stessi, dei nostri progetti e degli altri.

Senza un Io sano e strutturato non può esserci un adeguato sviluppo psicologico e spirituale. L'Io in
questo senso deve costruire una maschera sociale, una personalità in grado di convivere con gli altri
nella società (l'archetipo strutturale che Jung definisce Persona). Nel periodo che va dalla nascita alla
fine dell'adolescenza si va creando anche l'Ombra, ossia il contenitore, il ripostiglio, la cantina oscura
dove riponiamo tutte quelle parti della nostra psiche che non risultano adeguate all'Io ideale che
cerchiamo di rappresentare.
304
Spesso questa prima fase della vita è la più difficile e viene vissuta come un "Inferno", in quanto non si
hanno ancora gli strumenti per affrontare la vita e spesso non si hanno genitori in grado di fornirceli.

Lo scopo di questa prima fase della vita è uscire dai legami della famiglia di origine, infrangere la
"lealtà familiare", tollerare il senso di colpa per aver abbandonato il nido, ringraziare per tutto quello
che si è ricevuto e andare per la propria strada.

305
Innocente

L'innocente è la parte di noi che crede nella vita, in noi stessi e negli altri, è l'entusiasmo con cui
cominciamo una relazione, un viaggio, un lavoro.

"Se non ritornerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli" diceva qualcuno...

Si attiva nell'infanzia quando i genitori ci amano, ci proteggono e credono in noi e nel nostro
potenziale incoraggiando i nostri sforzi per usare e sviluppare le nostre capacità.

306
È l'individuo "prima della caduta", che ricorda il mondo protetto dell'utero della madre, che ha ben
presente la felicità dei primi anni di vita, che vuole riconquistare e vivere nel Paradiso Terrestre,
ovunque esso si trovi.

L'Innocente è la parte di noi che continua a credere, a qualunque costo, perche ha una incrollabile fede
che il mondo è un luogo sicuro e gli esseri umani sono buoni. Questa fiducia lo ricompensa donandogli
apertura, capacità di apprendimento e perseveranza.

L'Innocente però tende a negare i problemi e a rifuggire dai conflitti, spesso isolandosi in un mondo di
fantasia. L'Innocente è anche assolutista e dualista, non può ammettere la propria imperfezione senza
inorridire di sé, senza cadere preda della vergogna o del senso di colpa.

Se neghiamo di avere subito un torto, non dovremo insorgere a nostra difesa, se proiettiamo le nostre
aspirazioni sugli altri, non saremo tenuti a cambiare. Se colpevolizziamo gli altri dei nostri errori,
eviteremo di affrontare noi stessi, se interiorizziamo gli altrui atteggiamenti violenti, potremo
continuare ad autodistruggerci. Se fuggiamo da ogni situazione impegnativa non dovremo fare i conti
con il nostro senso di inferiorità e impotenza.

L'Innocente si sente molto fragile e vulnerabile e, come è evidente, cerca in tutti i modi di difendersi da
ciò che considera una minaccia alla propria integrità. Ma c'è un altro modo, più maturo, di relazionarsi
con i fatti della vita.

307
Il Sacrificio dell'Innocente

Molti miti e leggende parlano del Sacrificio dell'Innocente, del Fanciullo o della Fanciulla, della Vergine.

In effetti, quando soffriamo o siamo impauriti perché perdiamo il senso dell'unità con la Madre Terra o
con lo Spirito, con la famiglia o la comunità, stiamo sacrificando la nostra illusione e uscendo dal
diniego della realtà.

La grande lezione che deve imparare l'Innocente è che non bisogna mai abbandonare i propri ideali e i
propri sogni, ma che si deve anche essere disposti a sacrificarli quando non sono autentici. È
necessario talvolta compiere il sacrificio della propria innocenza per poterla riacquistare ad un livello
più elevato.

Caravaggio – Il sacrificio di Isacco

308
Orfano

Gli Orfani sono bambini a cui è mancata la protezione e il nutrimento da parte dei genitori o
addirittura hanno subito violenze fisiche o psichiche.

Quando l'Innocente cade e si fa male, si rialza e va avanti con rinnovata tenacia, l'Orfano, al contrario,
ha una ulteriore dimostrazione che la vita è dolore.

L'Orfano si attiva ogni volta che siamo traditi o abbandonati dalle figure o situazioni su cui facciamo
riferimento. Se un insegnante è stato ingiusto con noi, se i nostri compagni di scuola ci hanno preso in
giro, se gli amici hanno sparlato di noi alle nostre spalle, se l'uomo o la donna che ci promettevano
eterno amore ci hanno lasciato, tutto questo ci allontana sempre più dal ricordo del Paradiso e ad un
certo punto dimentichiamo di esserci mai stati.
309
L'Orfano ci invita a sviluppare autonomia e senso pratico, ci esorta a rimboccarci le maniche e a
ricominciare sempre tutto da capo.

Tuttavia il rischio dell'Orfano è quello di fare l'abitudine alla rinuncia e alla privazione, di perdere la
speranza e diventare arido, freddo, cinico e diffidente.

Se l'Orfano sa rinunciare alla Promessa del Paradiso e del Privilegio (come Adamo ed Eva, Ismaele,
Lilith, Caino, Lucifero), se impara a sacrificare l'illusione dell'Immortalità, può imparare a

"vivere e morire e rifiutare di essere un Dio per essere un Uomo..." (Albert Camus)

L'Orfano rinuncia all'infantile desiderio di unione con il Padre e con la Madre per prendere atto della
sua mortalità e in questo modo comincia a crescere e a cooperare con gli altri, mortali anch'essi e
bisognosi gli uni degli altri.

La cooperazione, l'interdipendenza e la collaborazione fra uguali prende il posto della adorazione di


un Ente Supremo Onnipotente, il senso non proviene più da fuori, ma viene ricercato all'interno di se
stessi e del gruppo.

310
Autotradimento e maschera

L'Orfano alla guida della nostra vita può portarci a tradire gli altri e i nostri valori ( autotradimento), a
sviluppare nel tempo una identità fittizia, una maschera capace di nasconderci così bene agli altri da
alienarci perfino a noi stessi.

Ironia della sorte, quanto più viviamo in maniera cinica, falsa e insincera per difenderci dalle ferite,
tanto più Orfani e delusi diventiamo, mancanti di un senso di identità, interiormente vuoti,
acriticamente legati all'immagine proposta dalla società del tempo, schiavi del materialismo che
sostituisce denaro, potere, oggetti e ruoli al senso profondo dell'essere.

La sfida per l'Orfano è assumersi la responsabilità della propria sofferenza ed essere ciò che è, per
quanto possa fare male fare i conti con le ferite ricevute e comprendere che in definitiva è proprio la
mancata risposta del mondo esterno ai nostri bisogni che motiva il viaggio verso la conquista di ciò che
siamo e vogliamo.

311
Guerriero

Il Guerriero dentro di noi ci impone di essere coraggiosi, integri e forti, capaci di fissarci delle mete e
di raggiungerle, di evadere dai confini che ci imprigionano e di partire alla conquista del mondo.

Si attiva in generale in tutte le situazioni in cui dobbiamo imparare a difendere noi stessi e i nostri
confini o proteggere qualcuno da minacce e aggressioni.

312
Il Guerriero richiede un forte impegno alla propria integrità, richiede autodisciplina, fermezza e senso
dell'onore. I Guerrieri vivono e quando serve combattono per le proprie idee o i propri valori, anche
quando questo costa molto in termini economici e sociali.

Il Guerriero è il guardiano della Porta del Cuore, che dice: "Altolà! Qualificati o sparo"; deve essere
così vigile da riconoscere ogni minimo attentato alla nostra integrità psicofisica, deve usare bene
l'organo della vista e dell'olfatto per stare all'erta circa i pericoli e i potenziali invasori.

È la capacità di dire "No", di dire "Fuori dalla mia vita", di escludere chi non usa rispetto, chi prima
non bussa e non rispetta le regole che noi ci diamo in casa nostra, nel nostro spazio.

Tuttavia il Guerriero può diventare eccessivamente duro, rigido, amante della competizione e della
vittoria ad ogni costo. Il Guerriero tende a giudicare, razionalizzare e separare quello che viene
ritenuto segno di debolezza. Tenerezza, sensibilità, fragilità, accoglienza, comprensione e tolleranza
sono spesso oggetto di repulsione e disprezzo.

313
Angelo Custode

L'Angelo Custode crea comunione aiutando gli altri a sentire che sono protetti, amati e stimati,
incoraggia rapporti positivi fra le persone, crea l'ambiente dove ci si possa sentire a proprio agio e
liberi di esprimersi con sincerità.

Un simbolo dell'Angelo Custode è l'Albero della Vita che continuamente ci nutre e ci sostiene.

314
È l'albero mistico che si trasforma in croce e rappresenta il più alto grado di sacrificio, quello del Cristo,
morto per la salvezza dell'umanità.

L'Angelo Custode è l'archetipo del genitore che si prende cura dei figli, è la Madre Interiore che ci
nutre, sostiene, accudisce, che ci fa sentire protetti, amati, coccolati con morbidezza e delicatezza: si
prende cura dei nostri bisogni, del nostro Bambino Interiore, del nostro Innocente.

Se questo archetipo non è attivo in noi, rimarremo sempre "mammoni" e dipendenti dalla mamma
reale, oppure ci aspetteremo sempre che qualcuno si prenda cura di noi, chiedendo addirittura ai
nostri figli di farci da genitori.

L'Angelo Custode nella sua parte oscura è anche castrante e divorante, tende a far sentire in colpa
("con tutto quello che ho fatto per te...") e a deresponsabilizzare ("ci penso io, tu sei troppo piccolo...").

Il principale problema dell'Angelo Custode è la sua dipendenza dagli altri e il senso di inutilità ed
impotenza nello stare solo con se stesso.

315
Il Viaggio vero e proprio

Conosci te stesso e conoscerai l'universo e gli Dèi

In questa fase lo scopo è sperimentare, trovare fuori, nella vita, quello che è mancato nella famiglia di
origine per poi costruirsi una nuova famiglia migliore; le domande a cui dobbiamo dare risposta sono
quelle che permettono di conoscere se stessi: "Chi sono?", "Da dove vengo?", "Dove voglio andare?",
"Qual è il mio scopo?". Quando sentiamo il desiderio di conoscere il senso della nostra vita, quando
aspiriamo ad incontrare il nostro destino, quando siamo pronti ad entrare in contatto con ciò che non
conosciamo, inizia il Viaggio.

Quando riusciamo a staccarci del conosciuto ed esplorare il mistero nei suoi vari aspetti, iniziamo a
cercare qualcosa di ineffabile e ad aspirare a qualcosa che ci trascende (Cercatore), impariamo ad
instaurare relazioni d'amore (Amante), impariamo a liberarci da quello che non ci serve più,
distruggere le vecchie strutture e lasciare andare (Distruttore) e impariamo a creare quello che
veramente vogliamo (Creatore).

In questa fase si arriva ad acquisire il senso di Identità, dato dallo sviluppo e dall'integrazione
dell'Amante e del Cercatore, che mi permette di riconoscere che sono ciò che amo e amo ciò che sono
e che posso trovare le qualità che mi mancano fuori di me, nella relazione con il mondo; in una
seconda fase si approda all'Autenticità, data dallo sviluppo e integrazione di Creatore e Distruttore,
ovvero la capacità di creare sulla base di un progetto e di un'intenzione e la libertà dal passato, la
capacità di lasciare andare tutto quello che appesantisce, rallenta, ostruisce e ostacola il viaggio.

316
È nel viaggio vero e proprio che dovremo fari i conti con tutte le parti che abbiamo rimosso e scaricato
nell'inconscio e che si ripresenteranno sotto forma di Mostri e Demoni. È di fronte a questi mostri che
molti rinunciano, tornano a casa, sprangano la porta e si chiudono per sempre al Mistero della Vita.

Questa fase della vita può essere considerata il "Purgatorio" in quanto facciamo le esperienze che ci
servono per capire chi siamo veramente, scegliendo, sperimentando, cercando la via che ci conduce al
Paradiso.

317
Amante

L'archetipo dell'Amante presiede al processo di formazione dell'identità; risponde alla doman da: "Cosa
ci attrae? Cosa ci appassiona? Cosa piace a noi?". Una volta prese le distanze dalle aspettative della
famiglia di origine, iniziamo a conoscere noi stessi in base a cosa piace a noi, e non a cosa piace agli
altri. L'amore è una forza di attrazione: noi siamo quello da cui siamo attratti, perché ciò da cui siamo
attratti lo dobbiamo integrare dentro di noi.

L'identificazione dell'Amante si realizza quando "io sono ciò che amo, e amo ciò che sono", attraverso
la relazione e l'amore verso qualcuno (o qualcosa) divento sempre più autentico, divento sempre più
me stesso.

318
L'Amante ci insegna a portare insieme la luce e l'ombra, a superare la separazione che nasce dal
giudizio e dalla polarità. L'archetipo dell'Amante presiede alle Nozze Sacre fra il Maschile e il
Femminile, fra la Materia e lo Spirito, fra conscio e inconscio.

Il Segreto che Artù ha dimenticato è che il Re e la sua Terra sono Uno, quando l'uno si ammala anche
l'altra rovina. Egli dice, bevendo dalla Sacra Coppa: "Non sapevo quanto la mia anima fosse vuota
finché non è stata riempita..."

L'Agape è l'amore individuale che diventa compassione universale. Amare senza condizioni,
comprendere e perdonare chiunque abbia fatto del male a noi o ad altri è l'unico modo per integrare la
parte ombra della nostra psiche e insieme l'ombra universale della specie umana.

Come nella fiaba "La Bella e la Bestia", l'amore della giovane fanciulla modifica il rude carattere del
mostro e viceversa. La fanciulla superando l'orrore della Bestia (la propria Ombra) incontra l'amore.

319
Cercatore

L'archetipo del Cercatore si attiva sotto forma di un'inspiegabile insofferenza verso il conosciuto, il
solito, l'ordinario, alimentata da un desiderio di qualcosa di nuovo: è lo spirito della ricerca, che ci
scuote quando cominciamo a sentirci alienati, prigionieri o vuoti. Il Cercatore è lo spirito di iniziativa
dei pionieri alla ricerca dell'oro, è la certezza di Martin Luther King quando dice "I have a dream!", è
l'impresa eroica di Giasone e degli Argonauti alla ricerca del Vello d'oro, è la missione dei Templari alla
ricerca del Sacro Graal.

L'istinto della ricerca nasce da un'ardente aspirazione, dalla Sete di Assoluto. Non sappiamo definire
ciò che ci manca, ma aneliamo a quel misterioso qualcosa che è oltre la vita di tutti i giorni.

320
È lo Spirito che ci chiama, che ci invita ad esplorare i Misteri (Vocazione). Il Cercatore Interiore è un
ricercatore di significato, rappresentato simbolicamente nei miti del Graal e della Terra Promessa. Egli
non si arresta di fronte a nulla pur di trovare la verità sul cosmo e il senso della vita umana.

La ricerca ci permette di apprendere che tutto ciò che stiamo cercando è dentro di noi. Quando
scopriamo questa verità il compito è di tornare portando i doni del Graal dentro di noi cos ì da poter
essere una coppa, un mezzo di rigenerazione per ogni creatura vivente.

Il Viaggio del Cercatore richiede il coraggio di spezzare le dipendenze e fare un salto nell'ignoto. Il
Cercatore è la parte di noi pronta a cercare non solo per noi stessi ma per tutta l'umanità.

321
Creatore

Il Creatore è la parte di noi collegata al potere creativo dell'universo: ogni volta che creiamo qualcosa,
strutturiamo qualcosa, ci avviciniamo a Dio, al Padre Creatore, e nello stesso tempo al Dio che è
dentro di noi.

Nel momento in cui prendiamo coscienza del nostro collegamento con la fonte creativa dell'universo,
iniziamo a prendere coscienza della nostra parte nella creazione (Responsabilità). È il nostro Spirito e
non il nostro Io che crea la vita.

322
Quando perdiamo questo contatto, il nostro Spirito può manifestarsi attraverso il Distruttore e
scegliere la malattia, la sofferenza o la perdita per iniziarci a una saggezza più profonda e metterci in
contatto con la responsabilità di creare in maniera autentica la nostra vita.

Dalle ceneri, dal sacrificio, dalla morte, rinasce la nuova vita, cioè si attiva il Creatore.

Le persone che pensano di non essere creative né originali, in realtà ancora non hanno imparato ad
ascoltarsi: come lo scultore libera una figura che vede imprigionata nel marmo, così noi dobbiamo
scoprire e liberare il nostro Sé nascosto all'interno, e allora saremo originali e autentici perchè il
nostro Spirito è unico nell'universo. Essere creativi significa rispondere alle situazioni in modo sempre
nuovo, senza farsi influenzare dai condizionamenti del passato e dalla memoria bi ologica.

L'archetipo del Creatore ci aiuta a risvegliare il seme (essenza) nascosto nel profondo della nostra
identità. Entelechia (dal greco én-télos-échein, "avere dentro il proprio scopo") è il nostro "destino
individuale", la missione profonda e segreta di ogni essere, è lo scopo e il senso del suo percorso
evolutivo, diretto e guidato dal Creatore attraverso lo strumento dell'Ispirazione.

323
Distruttore

A un certo punto della vita arriva il momento in cui scopriamo che tutto ciò per cui abbiamo lavorato
non esiste più. Quello in cui abbiamo creduto è finito nel nulla. Ci sentiamo falliti, vuoti, delusi,
amareggiati, andiamo in pezzi e la vita non ha più senso. Proviamo un senso di impotenza e di
ingiustizia verso la vita, verso forze più grandi di noi, ci sentiamo in balia del fato, con la sensazione
che ci sia caduto il mondo addosso.

324
In quei momenti è attivo il Distruttore che è essenziale alla metamorfosi, alla crescita, all'evoluzione e
agisce tramite abbandono, tradimento, giudizio, flagellazione, derisione, supplizio, smembramento,
frantumazione, crocifissione, morte e rinascita: questi sono tutti elementi del processo di Iniziazione, e
permettono il Risveglio.

I misteri dell'amore, della nascita e della morte esigono un sacrificio per essere compresi; il Distruttore
ci aiuta a interrompere le relazioni che non funzionano, a sbarazzarci di modi di pensare e di essere
non più confacenti alle nostre esigenze, a lasciare andare tutte le cose a cui si è attaccati, a
destrutturarsi da tutti gli schemi e le regole, da tutti i condizionamenti.

Il Distruttore è l'Angelo della Morte che ci rende autentici, spogliandoci del superfluo e dell'inutile, e ci
fa capire che tutto quello che conta è l'esperienza che rimane nell'anima e non nelle cose terrene.

Bisogna essere alleati della morte, vivere camminando a fianco della morte con la consapevolezza che
si può morire da un momento all'altro, solo così si può vivere pienamente il momento presente nel qui
e ora.

325
Il Ritorno

Il Ritorno è il ritorno a se stessi, costruirsi il proprio regno così come lo vuole la propria anima,
compiere il proprio destino, realizzare tutte le potenzialità che ci sono state date, metterle a frutto per
noi e per gli altri. Lo scopo di questa fase della vita è costruirsi il proprio Regno e diventare Re e
Regine: è importante gestire il lavoro, il denaro e le relazioni con giustizia, ordine e benevolenza
(Sovrano), sapendo cogliere i sottili e invisibili legami tra tutto ciò che esiste (Mago), sviluppando la
consapevolezza che la realtà è un'illusione (Saggio), senza perdere la capacità di godere pienamente
e prendere ogni cosa come un gioco (Folle)

326
In questa fase si arriva alla conquista del vero Potere, dato dallo sviluppo e integrazione di Mago e
Sovrano, ovvero della capacità visionaria di trasformare la realtà e vedere oltre le apparenza
unitamente alla capacità di governare e gestire le risorse e opportunità; in un secondo momento si
acquisisce la piena e completa Libertà, grazie allo sviluppo e integrazione di Saggio e Folle, che danno
accesso alla verità sul mondo e su se stessi assieme alla capacità di gioire, di sdrammatizzare, di godere
pienamente di ogni attimo con la consapevolezza che ogni cosa è importante, e allo stesso tempo
niente lo è.

Se il più delle volte l'infanzia è un inferno, l'età adulta il purgatorio, la vecchiaia può rappresentare il
Paradiso, ovviamente solo laddove siamo riusciti a compiere il viaggio in un certo modo e siamo riusciti
a riconquistarcelo.

327
Mago

Ogni Sovrano ha bisogno di un Mago che sia capace di predire il futuro, guarire i malati, creare rituali
in grado di unire i membri di una comunità e mantenere il duraturo contatto con la dimensione
spirituale.

Il Mago è lo sciamano, lo stregone, l'alchimista, il guaritore, il veggente, l'oracolo, il sacerdote,


l'esorcista, lo psicologo. Il Mago ha la funzione di consigliare il Sovrano in modo che le leggi che
promulga per il regno siano in connessione con le leggi universali e naturali allo scopo di evitar e il
mero arbitrio. Il Mago è anche in grado di realizzare i desideri e le aspirazioni del Sovrano, come anche

328
di guarirlo, ma spesso agisce autonomamente, quando avverte i problemi prima che si verifichino,
grazie alla sua capacità di visione e presentimento.

Nell'immaginario narrativo è Merlino, o Gandalf, un personaggio in contatto con una realtà superiore,
che vede in modo diverso se stesso e tutto quello che accade: al Mago il sacro non appare come
qualcosa di trascendente che sta in alto, ma è immanente in tutte le cose.

L'archetipo del Mago è la capacità di pregare, di rivolgersi all'universo, a Dio, di entrare in dialogo con
il sacro presente nella realtà; il Mago attua il comando evangelico: "Chiedete e vi sarà dato, cercate e
troverete, bussate e vi sarà aperto."

Tutti sperimentiamo spontaneamente stati alterati di coscienza quando sogniamo (nel sonno o ad
occhi aperti), ma il punto è farlo volontariamente e consapevolmente: la Magia è l'Arte di cambiare la
coscienza consapevolmente, viaggiare tra i mondi invisibili, comprendere tutte le tecniche degli stati
alterati di coscienza

Il Potere del Mago è quello di trasformare la realtà cambiando la coscienza e creare un campo di
energia positiva in grado di realizzare i desideri e le aspirazioni del Sovrano (La Magia del Fare).

Mosè, Gesù, Buddha compivano regolarmente miracoli. Se dobbiamo camminare sulla loro strada
dobbiamo poterli compiere anche noi.

Via via che diventiamo più grandi, più sani e consapevoli mettiamo in moto un'onda che si ripercuote
sugli altri. Ogni volta che denominiamo una realtà in modo tale da sminuire persone e possibilità, noi,
sia pure involontariamente, stiamo praticando magia nera.

Il Mago ci insegna a usare il potere di nominare per dare forza agli altri e trasformare situaz ioni
limitanti e frustranti in opportunità positive.

329
Sovrano

Lo scopo del Viaggio dell'Eroe è costruirsi un Regno per diventare i Re o le Regine della propria vita:
durante il viaggio si acquisiscono le capacità per diventare leader, ci si prepara al comando, alla
regalità. Il Sovrano materializza nel mondo visibile ciò che il Mago proietta nel mondo invisibile.

Per diventare Sovrani bisogna assumersi la responsabilità della propria vita, ossia bisogna essere
partiti per il Viaggio, aver sconfitto il Drago e trovato il Tesoro; il Regno a cui tornare è la nostra vita,
ciascuno la propria, qualunque essa sia.

L'esterno riflette l'interno, il Re e il suo Regno sono uno: se il Regno è arido e sterile è perché c'è
aridità e sterilità nel Sovrano.

330
La regalità ha delle prerogative, ma anche dei doveri e delle responsabilità: la vita del Sovrano è ricca e
privilegiata, ma esige anche un grande rigore morale; il sovrano deve essere realista, deve prendere
iniziative appropriate alle situazioni concrete, come richiede la politica del potere. Il prezzo della
responsabilità e del potere è la rinuncia ad una parte della libertà: il Sovrano deve essere disposto a
rinunciare a qualcosa di sé, a molte attraenti opportunità, in favore del bene del Regno.

Il Sovrano che è dentro di noi è sempre alla ricerca del potenziale segreto delle persone che ci
circondano per far sì che ogni talento possa essere impiegato in modo produttivo. Egli sa che il Regno
non può essere pienamente produttivo se non regna l'armonia e i conflitti non vengono gestiti in
maniera efficace. Il compito del Sovrano è promuovere l'ordine, la pace, la prosperità e l'abbondanza.

Il Sovrano inoltre sa che per il più alto livello di rendimento nessuna risorsa deve essere sprecata, e per
lui la cosa più triste è sprecare la vita.

Il problema del Sovrano è che spesso si attacca alle cose materiali e agli schemi e rischia di diventare
un arido burocrate anziché una guida illuminata. Egli deve imparare a rinnovarsi, a ripartire
continuamente per il Viaggio e ritornare con nuova energia e nuovo entusiasmo.

Solo così, attraverso il costante sacrificio di se stesso (Il Re è morto! Lunga Vita al Re!) il Regno potrà
prosperare a lungo. Il Sovrano illuminato ha ben compreso che il più grande paradosso è che per
vivere dobbiamo morire!

331
Saggio

La strada del Saggio è il viaggio alla scoperta della verità: su se stessi, sul mondo e sull'universo. La
verità rende liberi, rischiara la via, disperde la confusione, indica il da farsi. La sfida del Saggio è quella
di decifrare i segni e risolvere l'enigma di fondo dell'esistenza. La domanda essenziale è: "qual'é il
senso?". Tutti i saggi sono investigatori alla ricerca della verità che è dietro le apparenze, alla ricerca
del senso profondo degli eventi, della vera causa dei problemi.

332
Il nostro Saggio interiore vuole arrivare a una sorta di verità oggettiva che superi la limitata visione
personale.

Il Saggio parla per enigmi, parabole, simboli, immagini, perché la vita è per definizione nascosta, ama
nascondersi, e per scoprirla bisogna penetrare il velo di Maya, il velo dell'illusione.

Di regola è soltanto quando il Saggio comincia ad attivarsi nella nostra vita che ci rendiamo conto che
raramente vediamo le cose nella loro realtà e che siamo quasi sempre condizionati dalle nostre
Proiezioni.

Il Saggio non ha più paura di morire, né di perdere il proprio Regno, perch é non ha più l'Ego e non ha
più paura che gli venga sottratto qualcosa: ha imparato a morire e a non essere attaccato a niente.

Il "falso" Saggio è colui che ha by-passato il Viaggio, cioè colui che non parla per esperienza, mentre il
vero Saggio ha vissuto e conosciuto sia il Bene che il Male attraverso ogni esperienza. C'è quindi una
differenza tra la conoscenza e la saggezza: l'Insegnante insegna ciò che "sa", mentre il Saggio manifesta
ciò che "è"; ad un certo punto si smette di cercare la conoscenza e si ottiene la saggezza.

333
Folle

È l'Innocente giunto alla sua massima evoluzione. È la base istintuale della nostra natura interiore
indomita e incontrollabile, è la forza dell'Es, è l'aspetto vitale e dirompente del bambino che vive il
gioco, la sensualità, la fisicità, che corre, ride, piange, inconsapevole della morte e del senso del limite.

Il Folle gioca con la vita, tuttavia lo fa e si diverte con la consapevolezza (raggiunta grazie al Saggio) che
tutto è un'illusione. La vita è un gioco, che può essere anche brutto o doloroso, ma è pur sempre un
gioco e quindi non c'è motivo per non vivere con gioia. La gioia del Folle è la celebrazione della

334
bellezza della vita, e tale gioia è ancora più bella se condivisa, è l'entusiasmo (che etimologicamente
significa "avere Dio dentro") di vivere, è vedere Dio in ogni cosa attraverso la porta del cuore.

Il Folle è anche il senso del caos e dell'entropia, l'energia amorale, anarchica, incontenibile, il
desiderio di fare e provare ogni cosa, la percezione della pluralità e dell'indifferenziazione d ella psiche.

Se il Sovrano dirige, ordina e seleziona i vari Archetipi a seconda dei casi in cui devono essere
impiegati, il Folle li vuole far esprimere tutti insieme, per gioire della pienezza e della libertà.

Il Folle è ciò che più pienamente sovraintende al nostro senso di identità, che renda via e totale la
nostra esperienza perché vissuta fino in fondo, che forgia il nostro carattere attraverso una conoscenza
empirica di ogni forma della realtà, senza falsi pudori o pregiudizi, senza intellettualismi o snobismi.

Se il Saggio ha superato la paura di morire, il Folle ha superato la paura di vivere, quindi vive
pienamente la vita attimo per attimo. Il Folle si gode la vita giorno per giorno, attimo per attimo,
senza pensare al domani, ci salva dalla noia poiché è infinitamente creativo e divertente e agisce in
base al principio del piacere.

L'archetipo del Folle è un epicureo iconoclasta dai gusti raffinati, inconsueti, nella sua forma evoluta è
un artista pieno di inventiva e creatività, capace di creare il suo stile di vita e fare spazio alla piena
espressione di tutte le sue potenzialità.

335
L'INTERPRETAZIONE DEI SOGNI

Copertina della prima edizione

336
L'interpretazione dei sogni 35, pubblicato in tedesco nel 1899 con il titolo Die Traumdeutung (ma
datato 1900 per enfatizzarne il carattere di lavoro epocale), è una delle opere di Sigmund Freud che sta alla
base degli ulteriori sviluppi del pensiero del fondatore della psicoanalisi.
Essa segna il passaggio del metodo psicoanalitico, per accedere ai contenuti inconsci della psiche, dalla
semplice tecnica della libera associazione di idee al nuovo metodo che privilegia direttamente
l'attività onirica, che di per sé nullifica o almeno limita considerevolmente l'attività censoria della ragione.
All'uscita di quest'opera il sogno era relegato ai margini degli interessi psicologici e gli veniva negata
addirittura una qualsiasi validità psichica; ciò aiuta a comprendere quanto il volume freudiano fosse
rivoluzionario, accolto parimenti con interesse e con sprezzanti critiche dal panorama culturale
e scientifico dell'epoca.
Freud dunque preparò un volume poderoso, quasi a voler anticipatamente rispondere alle critiche che
inevitabilmente sarebbero venute. In uno degli ultimi capitoli, il settimo, il medico viennese ipotizzò inoltre
un modello psichico che riuscisse a spiegare il meccanismo della "formazione onirica", come via regressiva
del pensiero verso la percezione.

Contenuto manifesto
Si definisce contenuto manifesto quella parte del sogno che viene raccontata al risveglio da parte del
sognatore; in sostanza, la storia e gli elementi del sogno per come vengono espressamente ricordati dal
sognatore. Gli elementi che compongono tale "storia" sono simbolici, e devono essere interpretati
analiticamente per poter arrivare al significato "profondo" del sogno stesso.
Freud ha individuato, elencato ed analizzato tutta una serie di regole secondo cui i sogni si formano,
oscurando i contenuti inconsci e permettendo loro, così camuffati, di arrivare alla coscienza. Utilizzando
quelle stesse regole è possibile decriptare il sogno partendo dal contenuto manifesto (cioè dal racconto del
sognatore).

35
Da Wikipedia, l’Enciclopedia libera
337
Contenuto latente
Si definiscono contenuto latente di un sogno quei contenuti mascherati dagli elementi simbolici che
vengono indicati col termine "contenuto manifesto". Attraverso l'interpretazione analitica dei simboli
contenuti nel sogno si riesce ad arrivare alla ricostruzione dei contenuti inconsci che, altrimenti, non
potrebbero apparire alla coscienza.
Le leggi che regolano i sogni
Sigmund Freud fu il primo a formulare una teoria dei sogni che poteva aiutare nell'interpretazione di questi
ultimi. Per Freud vi erano una serie di leggi che regolavano la formazione del contenuto manifesto di un
sogno. Capendo come si formavano i sogni era possibile, usando le stesse leggi, decriptarne il contenuto
latente. Tali leggi sono:

Condensazione: è il collegamento tra elementi che nella veglia sarebbero scollegati. Quindi ogni
elemento manifesto del sogno rappresenta o può rappresentare una quantità di elementi latenti.
Spostamento: è l'attribuzione di un carattere di un elemento ad un altro elemento.
Drammatizzazione: i contenuti latenti del sogno sono rappresentati nel sogno manifesto tramite azioni
o situazioni.
Simbolizzazione: è un elemento accettabile alla coscienza che nasconde un contenuto inaccettabile.
Freud stabilì un certo numero di simboli che considerava universali, ma ha sempre ritenuto che per
dare significato al simbolo usato da una persona fosse indispensabile conoscerla bene.
Rappresentazione per l'opposto: il contenuto manifesto è l'opposto del contenuto latente. Ossia ciò
che ricordiamo di un sogno è l'opposto di quello che in realtà è il nostro desiderio, consistente appunto
nel contenuto latente.

338
La lunga storia della decifrazione dei sogni

Targa commemorativa in ricordo del luogo in cui Freud cominciò


L'interpretazione dei sogni, nei pressi diGrinzing, Austria.

Tutto l'incipit della "Traumdeutung", titolo con il quale è molto spesso citata l'opera, è volto a documentare
come il desiderio di riuscire a cogliere il significato misterioso dei sogni non è una novità di cui
la psicoanalisi ha il merito, ma che questa esigenza è connaturata alla specie allorché raggiunge un certo
grado di civilizzazione. Infatti l'attitudine a mettere in chiaro il senso oscuro dei sogni affonda nella più
lontana antichità (a partire dall'attività degli interpreti di sogni dei Templi di Esculapio nella Grecia arcaica,
e degli oniromanti in tutto il vicino Oriente antico, come riportato anche dalla Bibbia - cfr. l'episodio di
Giuseppe e del "Sogno del Faraone"; e a partire dall'opera del II secolo d.C. di Artemidoro di
Daldi "Interpretazione dei Sogni").
Freud rileva come molte delle teorie fossero incomplete, lacunose, non suffragate da prove e facilmente
controvertibili, e che nessuna di esse riuscisse a spiegare il meccanismo intimo che nel sonno porta alla
formazione del sogno, arrivando anche a sostenere che le più antiche teorie, tra cui quelle che hanno eco
nella cultura popolare o nei poeti, fossero più simili al vero di quelle presentate da filosofi e scienziati.
339
Teoria del sogno
Il motore dei sogni secondo Freud sono i desideri inconsci, e questo è il pilastro su cui si basa la sua teoria.
Tali desideri, appunto inconsci e non accessibili all'Io, operano ancora all'interno della psiche umana;
durante il sonno rafforzano i loro effetti per via della minore attività della coscienza, e hanno dunque
l'occasione di emergere sotto forma di immagine onirica.
Freud distingue il contenuto manifesto, ovvero la situazione o la scena che appaiono direttamente in sogno,
e il contenuto latente, ovvero ciò a cui il sogno nascostamente allude. Freud spiega la differenza col fatto
che il sogno rappresenta la soddisfazione di un desiderio spesso inaccettabile all'Io del soggetto; di
conseguenza, il contenuto latente viene trasformato in modo da non risultare riconoscibile, ed eludere in
questo modo la censura applicata dal Super-Io del soggetto sognante.
Freud inoltre ipotizza come il sogno tragga origine spesso da residui psichici diurni, cioè da materiale ed
impressioni indifferenti o non completamente elaborati, ma che tali residui non sarebbero in grado di
portare alla formazione del sogno se non si rafforzassero con un desiderio inconscio, per lo più infantile, in
grado di amplificarlo e portarlo all'attenzione della coscienza.
Secondo lui il sogno è una "realizzazione velata di desideri inibiti", cioè espressione di desideri che la
coscienza disapprova e che non vuole siano rivelati. La coscienza esercita infatti una censura psichica
impedendo a quei contenuti di emergere.
Uno degli elementi storicamente fondanti e correlati della psicanalisi fu proprio lo sviluppo della tecnica
della libera associazione, attraverso la quale Freud cercava di raccogliere informazioni sul significato latente
dei sogni raccontati dai propri pazienti.

340
La Mitopsicologia - Il Valore del Mito

Per mitopsicologia si intende l'esegesi del mito su chiave psicologica: il mito viene considerato
rappresentazione di archetipi di personalità e di comportamento.

Carl Gustav Jung e Jean S. Bolen, insieme ad altri studiosi, hanno notevolmente contribuito ad una
psicologia diversa del maschile e del femminile, prendendo come esempi le divinità greche. A dire il
vero, la mitopsicologia riguarda i miti di ogni era e di ogni civiltà; tuttavia, le divinità dell'antica Grecia
sono state usate molto di più per le numerose testimonianze scritte che sono pervenute sui miti e sulle
leggende delle divinità dell'Olimpo.

J. Bolen (nella fotografia) ha tracciato le figure archetipiche delle dee e degli dei nelle persone; tali
archetipi sono dei modelli innati, che plasmano gran parte del carattere di una persona. Conoscerli
significa conoscere la propria persona e le altre, permette di intuire i modelli comportamentali che un
individuo realizza, consapevolmente o meno.

Nelle opere di Bolen, possiamo vedere i modelli archetipici femminili di Era, Demetra e Persefone (dee
vulnerabili, che trovano cioè la piena realizzazione con altre persone), Artemide, Estia e Atena (dee
invulnerabili, che si realizzano pienamente senza l'appoggio di altri individui) e Venere (dea che non
341
rientra nelle due tipologia sopra dette, incarnandole entrambe) anche se lo psicanalista Claudio Risé
distingue tre archetipi all'interno della Venere (oltre Venere stessa, introduce la figura della prostituta
sacra e della Pizia)

Circa gli uomini, la mitopsicologia distingue tre figure principali, gli dei padri (Zeus, Poseidone e Ade) e
un uomo ne incarnerebbe uno di essi, mentre gli dei figli (Ares, Dionisio, Mercurio, Apollo, Efesto)
corrispondono agli archetipi presenti in modo minore in un individuo.

Per la mitopsicologia, in un uomo possono essere presenti vari archetipi, in modo ora maggiore ora
minore, sia maschili che femminili. L'analisi non deve però concludersi nella presa visione del proprio
archetipo, poichè la vita è varia, mutevole e attaccarsi solo al proprio archetipo condanna l'individuo
alla staticità. È bene sviluppare altri archetipi, a seconda delle situazioni che la vita offre.

Partendo dall'analisi dei sogni dei suoi pazienti, Jung riscontra come certe immagini, concetti e
situazioni vissute in sogno e non riguardanti l'esperienza personale, siano in qualche modo innate nella
mente umana, o meglio, derivino da un inconscio collettivo, condiviso, ereditato assieme al
patrimonio genetico.

CARL GUSTAV JUNG

342
Gli archetipi sono quindi l'eredità psicologica inconscia: a differenza di Freud, che riteneva l'inconscio
un contenitore vuoto alla nascita, che veniva man mano riempito di materiale psichico inaccettabile
dalla coscienza, per Jung l'inconscio personale contiene già delle "forme a priori", che fanno parte
dell'inconscio collettivo, e che permettono di trascendere da se stessi, attraverso la funzione simbolica
e di procedere nel processo di individuazione.

JAMES HILLMAN, allievo di Jung, porta a un’evoluzione ulteriore la teoria degli archetipi, andando a
delineare una psicologia archetipica che si stacca dalla terapia stretta, ma va a collegarsi con le forme
culturali e immaginative dell’arte, della poesia, della mitologia, della narrativa. Gli archetipi sono
considerati nella loro manifestazione fenomenica, nel percorso che ciascuno compie dentro la propria
anima. Se di guarigione si può parlare, essa arriva attraverso il riconoscimento di quegli archetipi che
agiscono nelle persone, nel mondo. La psicologia archetipica punta a guarire le idee, il mondo, più che
l’individuo, attraverso il mito.

ERICH NEUMANN approfondisce in chiave evolutiva il concetto di archetipo, andando a confrontare


natura e cultura, ontogenesi (cioè lo sviluppo biologico, fisiologico) e filogenesi (cioè la sp ecificazione
in classi, in gruppi differenziati). Così come il corpo è composto da organi fisici, la psiche è composta da
organi psichici, gli archetipi. Essi sono dei modelli originari di essere, di pensare, di sentire e di agire:
ciascuno con le sue caratteristiche e funzioni, con delle specifiche qualità e dei specifici difetti, una
specifica personalità. Gli archetipi come organi psichici hanno ognuno una determinata funzione nello
sviluppo e nel funzionamento della personalità e della coscienza, sono in collegamento tra loro, e
ciascuno di essi è indispensabile; si sviluppano e agiscono nell’inconscio, senza che ce ne accorgiamo e
sono comunque tutti attivi, sempre. Come si possono ammalare gli organi fisici, così si possono
ammalare gli organi psichici; ed è sufficiente che un organo/archetipo non funzioni bene che tutto il
sistema ne risenta.

343
Psicologia Transpersonale

Nata intorno agli anni sessanta, focalizza la sua attenzione su quelle aree della realtà psichica che si
estendono oltre l'identificazione con la personalità individuale e segue pertanto un approccio
psicologico che si occupa dello studio e della cultura della spiritualità nonché delle esperienze
spirituali, pure rimanendo sempre in un contesto psicologico.

La Psicologia Transpersonale infatti si caratterizza come il contributo degli ambienti scientifici allo
studio ed alla comprensione delle esperienze interiori di ordine trascendente; esperienza che nel corso
dei secoli hanno ricevuto, dalle diverse tradizioni, numerose denom inazioni quali estasi mistica,
esperienza cosmica, coscienza cosmica, esperienza oceanica, peak experience, nirvana, satori, samadhi,
regno dei cieli, ecc.

I principali approcci psicologici tradizionali definivano queste categorie di esperienze come fantasie o
patologie; in base agli specifici e differenti orientamenti teorici queste esperienze venivano infatti
viste come un tentativo di appagare il desiderio di essere accuditi da un "madre buona" o la
conseguenza di anormalità dell'apparato neurale, oppure come il segno di un io fragile ed incapace di
distinguere tra immagini interne e realtà esterna.

L'approccio transpersonale parte, invece, dal principio che le esperienze interiori di ordine mistico ed
estatico così come l'anelito alla trascendenza dell'io costituiscano un aspetto significativo dell'umana
esperienza, degno pertanto di essere oggetto di studio da parte della psicologia.

L'anelito primordiale dell'essere umano volto a comprendere la natura e ad armonizzarsi con essa
diede vita alle prime "religioni della natura", fondate sull'esperienza estatica per le quali esiste una
"unità fondamentale del creato". Esse si diffusero sull'intero pianeta e per migliaia di anni costituirono
il sistema spirituale e terapeutico dominante. Gli studiosi definiscono questo sistema "Sciamanesimo".

344
Secondo questa visone del mondo "originaria", il mondo minerale, vegetale, animale ed umano, il
mondo sottile degli spiriti e delle divinità coesistono l'uno dentro l'altro e l'uno per l'altro. Non a caso
ai nostri giorni, da un lato le acquisizioni della fisica quantistica, dall'altro l'emergere del nuovo
"paradigma olistico" e del movimento transpersonale hanno fornito nuove convalide e nuovo impulso
a questa "Tradizione Primaria".

Sfruttando la sua grande capacità di intessere un rapporto con la dimensione spirituale, lo sciamano
diventa padrone di tecniche estatiche e divinatorie, capaci di offrirgli metodi per viaggiare tra i vari
mondi, ossia tra le varie dimensioni della coscienza. Il tutto non si riduce a una semplice pratica
magica, ma risulta un'esperienza rivolta ad acquisire la forza dell'energia universale, il mana,
attraverso una continua ricerca della conoscenza, iniziata forse quando la specie umana cercava ancora
di definire la propria effettiva collocazione nella vastità del mondo che lo circondava.

Il Processo Transpersonale consiste nell'esplorazione del mondo interiore di sensazioni, emozioni, e


percezioni che conducono senza alcun significato apparente verso l'indagine, verso il graduale
affrancamento dalla propria storia individuale, verso il passaggio attraverso esperienze di radicale
trasformazione ed infine all'accesso alla dimensione transpersonale, luogo delle qualità spirituali e
della "vera natura". L'esperienza transpersonale è, in definitiva, quella condizione nella quale il Sé
comincia ad aggregarsi intorno ad un centro di coscienza "superiore" ed a superare i conflitti
connessi alla mente duale, aprendosi ad una visione unitiva e disidentificata da interessi
esclusivamente personali.

Le esperienze psicodinamiche e biografiche richiedono un ulteriore procedere nel viaggio interiore e


l'acquisizione di una maggiore sensibilità e di una più attenta consapevolezza di sé; ciò tende a
condurre lungo canali percettivi che si aprono su esperienze strettamente connesse con la propria
storia personale e con il proprio mondo emotivo. Si possono così contattare i traumi emotivi
dell'infanzia, i conflitti legati alla struttura caratteriale successivamente prodottasi, i bisogni affettivi, i
desideri, le paure i blocchi ed in definitiva tutti i contenuti rimossi che lo abitano e tendono a

345
dominarlo. Attraverso la consapevolezza, l'osservazione e l'accettazione i ricordi carichi di contenuto
emotivo, le esperienze simboliche ed i risentimenti potranno venire ri-conosciuti, ri-vissuti e quindi
rielaborati e trasformati giungendo alla liberazione dei nodi conflittuali del nostro passato personale.

Le esperienze di morte-rinascita possono presentarsi quando, con l'intensificarsi dell'esperienza


interiore, l'individuo si trova di fronte ad esperienze nelle quali si presenta l'occasione o la necessità di
rivivere le fasi della propria nascita biologica e di doversi confrontare profondamente con la morte. La
riattualizzazione del processo morte-rinascita consente all'individuo di riviverne nella loro pienezza
tutti i sintomi psicofisici. Spesso il processo raggiunge una intensità tale da spingersi fino ai livelli dei
tessuti e delle cellule.

I Temi simbolici e mitologici che accompagnano tali esperienze possono derivare dalle culture più
diverse; tali esperienze sembrano porsi come avvio verso una dimensione transpersonale o spirituale
nella quale verrà richiesta la trascendenza dell'Ego.

Per Jung il Sé è un archetipo che esiste a priori ed esprime un significato collettivo che trascende gli
stretti confini biografici della personalità; egli lo definisce in "Psicologia e religione" il "recipiente della
grazia divina" oppure "scintilla dell'essenza stellare" che "la coscienza sperimenta come qualcosa di
trascendente e fascinoso". Quindi Jung da al Sé una natura transpersonale in quanto lo fa ascendere a
dimensioni che trascendono i limiti spaziotemporali della personalità, partecipando ad una realtà
universale.

Assagioli, il padre della Psicosintesi, accentua la dimensione trascendente e del Sé definendolo come
una totalità bio-psico-spirituale che trascende anche la psiche in quanto parte di un Sé universale come
la goccia è parte del mare; tale concezione si sovrappone a quella delle tradizioni orientali per le quali
il Sé o Atman si identifica con lo spirito che trascende ogni aspetto formale dell'individualità.

Il Processo di Individuazione è scandito da dodici archetipi fondamentali, ciascuno dei quali


corrisponde ad una tappa evolutiva, che non devono essere viste in modo rigido e sequenziale come
346
momenti cronologici limitati a diversi periodi della vita, bensì come fasi ricorrenti che possono svanire
e ripresentarsi a più riprese: il viaggio della vita viene quindi letto come un percorso che attraverso
l'irrequietezza e l'instabilità dell'Innocente, e dell'Orfano raggiunge le dimensioni del conflitto, della
ricerca, dell'identità, della volontà tipiche del Cercatore e del Guerriero, per approdare poi ai quieti lidi
delle saggezza compassionevole e della profondità misteriosa del Mago e del Saggio. Passando
attraverso le ulteriori tappe archetipiche dell'Angelo Custode, dell'Amante, del Creatore, del
Distruttore, del Sovrano e del Folle.

Quindi il soggetto dell'esperienza, l'individuo, è un sistema psicofisico unitario costituito da


sottosistemi interconnessi che stanno ad indicare veri e propri veicoli dell'esperienza interiore e
diverse modulazioni vibratorie della coscienza; tali livelli o veicoli rappresentano in definitiva i corpi
sottili delle tradizioni induista e teosofica:

Il livello o veicolo fisico modula le informazioni inerenti al sistema mediante l'insieme delle
funzioni sensoriali: le sensazioni proprio ed eterocettive;
Il livello o veicolo energetico modula le informazioni inerenti al sistema mediante l'insieme delle
sensazioni proprio ed eterocettive sottili;
Il livello o veicolo emotivo modula le informazioni inerenti al sistema mediante l'insieme delle
funzioni emotivo-affettive: emozioni, stati d'animo, sentimenti, bisogni, desideri, aspirazioni,
motivazioni, ecc.
Il livello o veicolo mentale modula le informazioni inerenti al sistema mediante l'insieme delle
funzioni cognitive: i pensieri, le rappresentazioni, le immagini, i ricordi, le fantasie, ecc.
Il livello o veicolo spirituale è il luogo delle dimensioni superconscie del sé, dimensioni alle quali
si accede mediante l'intuizione, l'insight, la meditazione, l'esperienza mistica, la sensitività, gli
stati di coscienza non ordinari e così via.

347
Il neuro-biologo Karl Pribam ipotizza che lo stato del cervello da lui definito "stato olografico", in cui
sembra che il cervello funzioni come un tutt'unico, sia lo stato base delle esperienze transpersonali e
del livello di coscienza definito intuitivo o mente intuitiva.

348
CAPITOLO OTTO

FILOSOFIE NATURALI & FISICA


QUANTISTICA
349
CONSIDERAZIONI

"Gli ignoranti Mi attribuiscono forma limitata e Mi cercano nella manifestazione, quando Io sono il loro stesso Sè;
perché cercarmi nel limitato quando sono ovunque presente? Quella stessa mente che Mi cerca, quando tace scopre di
essere immersa in Me! Ma essi, confusi dalla mia Maya, Mi cercano nei sensi quando Io li trascendo; accecati dalla
troppa luce si lamentano del buio."
(Krishna ad Arjuna - Bhagavad Gita)

Corpo & Spirito36


Prima di addentrarci ulteriormente in questo cammino di esplorazione dei saperi e delle diverse modalità di
relazione dell’Uomo con la Natura e l’Ignoto, quando non addirittura inconoscibile, è opportuno esprimere
qualche valutazione e considerazione.
Le forme antiche e pagane, animistiche o panteistiche che fossero, presentavano un’idea olistica
dell’Uomo, un’idea di unità della persona nelle sue differenti componenti. La distinzione, e netta
separazione, tra corpo e spirito avviene nella Grecia pre-socratica, e si attribuisce al filosofo Parmenide che
nel Poema sulla natura sostiene che la molteplicità e i mutamenti del mondo fisico sono illusori, e afferma,
contrariamente al senso comune, la realtà dell'Essere: immutabile, ingenerato, finito, immortale, unico,
omogeneo, immobile, eterno.
Da Parmenide a Platone, da Platone a Aristotele fino all’integrazione del pensiero aristotelico con la
filosofia scolastica cristiana, la divisione tra corpo (mutevole e fallace) e spirito (immutabile ed eterno)
finirà con l’essere teorizzata da Cartesio secondo la celeberrima formula “Cogito, ergo sum” e alla
distinzione netta tra Res Extensa (materia) e Res Cogitans (pensiero) , attribuendo così al pensiero, ed
esclusivamente ad esso, l’essere e la dignità dell’essere.
Non si tratta di poca cosa, tanto che nel corso dei secoli cristiani il “corpo” viene sempre più interpretato
come la fonte, la causa del Male: generatore di desideri, corrotto e corruttibile, devastato dalle malattie e

36
Fotografia introduttiva la Nebulosa del Granchio fotografata dal telescopio Hubble
350
dal dolore il corpo va punito, represso, umiliato, nascosto, ignorato per quanto possibile. Il tutto a
vantaggio del “pensiero”, dello spirito, dell’anima, di una serie di cose invisibili e, soprattutto, difficilmente
spiegabili, sfuggenti agli illusori sensi umani.
Le religioni naturali, il paganesimo, l’animismo e il politeismo vengono sommariamente processati dal
monoteismo e in breve chiunque manifesti interesse per il corpo, o per il piacere, viene indicato come
“servo di Satana”, laddove il corpo è lo strumento di Satana e lo spirito l’ancoraggio a Dio.
Questo modello di pensiero non si è affatto sopito, è ancora bello vispo in larga parte del mondo
occidentale, nelle parrocchie come nelle sette puritane delle diverse confessioni cristiane.

Dimensioni variabili
Alcuni elementi della fisica subatomica vengono, però, in aiuto delle filosofie naturali.
Immaginiamo per un momento di essere un fotone, una di quelle minuscole particelle che compongono la
luce (la luce è costituita da campi elettrici e magnetici che si propagano nello spazio come onde. Il fotone è
la particella che costituisce i campi elettromagnetici) e che attraversano il nostro corpo incessantemente.
Cosa vedremmo del nostro corpo ? Per capirlo dobbiamo dare un’occhiata alla struttura degli atomi.
Nel 1911 Rutherford propose un modello di atomo in cui quasi tutta la massa dell'atomo fosse concentrata
in una porzione molto piccola, il nucleo (caricato positivamente) e gli elettroni gli ruotassero attorno così
come i pianeti ruotano attorno al Sole (modello planetario).
L'atomo era comunque largamente composto da spazio vuoto, e questo spiegava il perché del passaggio
della maggior parte delle particelle alfa attraverso la lamina. Il nucleo è così concentrato che gli elettroni gli
ruotano attorno a distanze relativamente enormi, aventi un diametro da 10.000 a 100.000 volte maggiore
di quello del nucleo.
Nel 1913 Niels Bohr propose una modifica concettuale al modello di Rutherford. Pur accettandone l'idea
di modello planetario, postulò che gli elettroni avessero a disposizione orbite fisse, dette anche "orbite
quantizzate", queste orbite possedevano un'energia quantizzata (ossia un'energia già prestabilita
identificata da un numero detto numero quantico principale N) nelle quali gli elettroni non emettevano né
assorbivano energia (questa infatti rimaneva costante).

351
Dette queste cose appare evidente che un transito all’interno del nostro corpo disponendo della
dimensione di un fotone ci farebbe sentire come … in un viaggio interstellare, dove ogni singolo atomo del
nostro corpo è un sistema planetario, ogni cellula una galassia.
Da quel punto di vista e di osservazione potremmo capire la struttura complessiva del corpo ?
Evidentemente no.

Nella fotografia in alto una ricomposizione dell’espansione del nostro Universo; nell’immagine in basso una sezione cerebrale.

352
Mutate le dimensioni e contestualizzate le proporzioni nulla vieta di affermare che noi umani viviamo su un
elettrone. Ma non basta: c’è di più …

La galassia detta del “Sombrero” fotografata dal telescopio Hubble

353
SpazioTempo
Lo spaziotempo in cui viviamo può essere interpretato dall'inizio del secolo scorso essere uno spazio di
Hilbert almeno quadridimensionale. Convenzionalmente si separa alle distanze e velocità della nostra
esperienza quotidiana in tre dimensioni spaziali e una dimensione temporale. Possiamo muoverci in alto o
in basso, a nord o a sud, a est o a ovest, e i movimenti in ogni direzione possono essere espressi in termini
di questi tre movimenti. Un movimento verso il basso è equivalente a un movimento verso l'alto di una
quantità negativa. Un movimento a nord-ovest è semplicemente una combinazione di un movimento a
nord e di un movimento a ovest.
Il tempo è spesso indicato come "quarta dimensione". È in qualche modo differente dalle tre dimensioni
spaziali dal momento che ne esiste solo una, e il movimento sembra possibile solo in una direzione. Al
livello macroscopico i processi fisici non sono simmetrici rispetto al tempo. Invece a livello subatomico
(scala di Planck), quasi tutti i processi fisici sono simmetrici rispetto al tempo (cioè le equazioni usate per
descrivere questi processi sono le stesse indipendentemente dalla direzione del tempo), benché questo
non implichi che le particelle subatomiche possano muoversi indietro nel tempo.
Alcune teorie dell'ultimo mezzo secolo come la teoria delle stringhe ipotizzano che lo spazio in cui viviamo
abbia molte più dimensioni (spesso 10, 11 o 26), ma che l'universo misurato lungo queste dimensioni
aggiuntive abbia grandezza subatomica. In fisica, la teoria delle stringhe è una teoria, ancora in fase di
sviluppo, che tenta di conciliare la meccanica quantistica con la relatività generale, e che si spera abbia
inoltre le caratteristiche necessarie per essere una teoria del tutto. Si fonda sul principio secondo cui
la materia, l'energia e, sotto certe ipotesi, lo spazio ed il tempo siano in realtà la manifestazione di entità
fisiche primordiali che, a seconda del numero di dimensioni in cui si sviluppano, vengono
chiamate stringhe oppure p-brane.

354
Multiversi e altre dimensioni
(da www.oggimedia.it)

Sagittarius A: Wormhole o buco nero al centro della Via Lattea? Ricercatori dell'Università di Shanghai
ritengono che al centro della Via Lattea si trovi Sagittarius A, non un buco nero, ma un Wormhole, ossia un
cunicolo spazio-temporale verso un altro Universo.

L' ipotesi avventurosa di due scienziati dell'Università di Shangai, l'italiano Cosimo Bambi ed il cineseZilong
Li, prevede che il corpo supermassiccio al centro della nostra galassia non sia semplicemente un buco nero
dell'ordine di 4 milioni la massa del Sole, ma un Wormhole, ossia una scorciatoia spazio-temporale per
proiettarsi in un altro Universo o, più semplicemente, in qualche parte del nostro Universo.

Scoperto nel 1974 come potente sorgente di onde radio e raggi gamma, Sagittarius A sembra essere il
fulcro, il centro gravitazionale intorno cui ruotano le stelle della Via Lattea.

Gli scienziati che hanno formulato l'ipotesi ritengono che subito dopo il Big bang si sarebbe formato il
passaggio spazio-temporale intorno al quale, a sua volta, si sarebbe edificata la galassia.
Il passo successivo alla teoria sarà la dimostrazione sperimentale che possa consentire di discriminare la
natura della sorgente Sagittarius A, perché, a detta dei due ricercatori, esiste una differenza nel
comportamento del plasma stellare intorno al buco nero e in quello del plasma orbitante intorno ad
un "buco di tarlo", questa singolare anomalia del tessuto dello spazio e del tempo.
Il ponte di Einstein-Rosen o semplicemente Wormhole è stato teorizzato agli inizi del Novecento e
rappresenterebbe un'anomalia, un imbuto gravitazionale che servirebbe da scorciatoia per ridurre
significativamente le distanze da una parte all'altra dell'Universo.
Sagittarius A dovrebbe avere queste caratteristiche secondo Bambi e Li.
La risposta potrebbe giungere tra non molto quando un interferometro, denominato Gravity, verrà
costruito nel deserto di Atacama nel Cile, affiancando i sistemi di telescopi attualmente in uso, che stanno
studiando il tessuto spazio-temporale come non mai.

355
Sagittarius A non è una singolarità unica ed esclusiva della nostra galassia, dal momento che sembra essere
una caratteristica costante dell'Universo correlabile allo sviluppo delle altre galassie.

Allora Sagittarius A cosa è?

Fonte foto: http://www.andersoninstitute.com/wormholes.html

356
La percezione del tempo

È di patrimonio comune l’esperienza della percezione diversa del tempo. Quando ci si annoia non passa
mai, quando ci si diverte passa troppo in fretta. Da bambini non diventiamo mai grandi, e il tempo
necessario per crescere ci sembra infinito, mentre da adulti abbiamo l’impressione che il tempo voli,
rapidamente, che gli anni trascorrano in un battibaleno.
Cosa rende così diversa la percezione del tempo, fermo restando che il nostro concetto di tempo, di un
prima, un durante e un dopo, è essenzialmente una convenzione culturale, uno stratagemma mentale per
definire una causa e un effetto, un percorso comunque inteso?
Può darsi, e la mia è una riflessione - non un’affermazione – che la percezione del trascorrere del tempo sia
collegata alla relazione soggetto-oggetto nota nella fisica quantistica? Oppure esiste una formula algebrica
per cui il tempo percepito è inversamente proporzionale al tempo vissuto ? Come mai la partecipazione
emotiva, l’interesse, l’attenzione fanno sì che la percezione del trascorrere del tempo si annulli ?

357
Filosofie naturali e Fisica Quantistica
Straordinarie somiglianze37

La maggior parte delle persone pensa che l’essere umano abbia già svelato tutti i misteri legati alle leggi
fisiche dell’universo. Infatti nella visione di Isaac Newton, nel saggio dal titolo Principia Mathematica, il
moto di tutto l’universo era regolato da leggi logiche e prevedibili secondo cui l’universo funzionava come
una grande macchina messa in moto da Dio molto tempo fa, e si sviluppava secondo causa ed effetti. Così
le leggi di Newton sul moto, che avevano comunque salde radici nell’antica filosofia greca, divennero per
l’essere umano l’apice della conoscenza e tutti i fenomeni fisici venivano ricondotti a tali leggi. Questo
avveniva nel lontano 1687 dove Newton, grazie ad accurate misurazioni e quantità meccaniche che
potevano essere calcolate fino ai punti decimali , riuscì a dare delle risposte importantissime, infatti grazie
ai suoi calcoli ridusse le domande spirituali,religiose e metafisiche, a mere previsioni matematiche. Da qui
derivò una visione deterministica della vita che ancora oggi pervade le nostre coscienze.
Il determinismo sostiene che dal momento in cui il motore del grande sistema di Dio si è messo in
movimento, tutti i moti e qualsiasi altra cosa nell’universo sia predeterminato e noi siamo solo una frazione
di questi ingranaggi che fanno parte di questa macchina gestita dal grande schema divino. In questo
contesto l’idea del libero arbitrio è inconcepibile.
Sebbene questo sia un pensiero diffuso gli scienziati hanno studiato concretamente ed in maniera più
approfondita le particelle che compongono la materia , particelle di cui anche noi siamo fatti. Le scoperte di
questi ultimi anni, sono state entusiasmanti.
Infatti, il mondo subatomico sembra ignorare la logica della fisica classica di Isaac Newton e, anzi, offre un
immagine dell’universo pieno di possibilità e di probabilità.
Oggi sappiamo che tutto ciò che ci circonda è vibrazione ed energia in movimento , anche la materia di cui
noi siamo fatti. L’universo è fatto di energia , anche ciò che noi percepiamo come materia è una
manifestazione dell’energia. L’energia è composta da particelle o da onde in costante movimento, espresse
da una vibrazione che può essere misurata in frequenze o cicli/secondo. Proprio come la scala dei colori o

37
Fonte www.kricio.com
358
delle note musicali, qualsiasi cosa ha una frequenza misurabile. Il muro di casa nostra ad esempio che i
nostri sensi indicano essere inequivocabilmente solido, dal punto di vista subatomico è un piccolo universo
in costante movimento.
Ma la cosa più straordinaria è la scoperta che noi come osservatori, con le nostre emozioni ed i nostri
pensieri, siamo delle vibrazioni “regolabili” che influenzano in modo determinante tutto ciò che ci circonda.
Parole pesanti! Eh si, perché se Newton diceva che l’essere umano era solo un ingranaggio inerte
dell’universo o, quantomeno ci faceva sentire tale, la scienza moderna sottolinea che le cose realtà non
stanno esattamente così.
L’idea della grande macchina messa in moto da Dio non è più scientificamente sostenibile. Qualsiasi cosa
nel nostro mondo fisico è fatto di entità quantistiche che interagiscono tra loro.

Scrive Valentina De Toni


Alla luce delle ultime scoperte fatte nel campo della fisica quantistica, nella quale si ritiene che tutte le
particelle subatomiche siano collegate tra di loro in maniera non locale e dimostrato durante gli
esperimenti di Aspect nel 1982 (http://it.wikipedia.org/wiki/Alain_Aspect), posso finalmente asserire che
tutti noi siamo collegati in maniera sottile da un’energia che risuona in noi eco d’altri.
E’ già molto tempo oramai che si fa un largo uso del concetto di inconscio collettivo, ovvero una specie di
mente emozionale ed inconscia che ci unisce tutti e che si manifesta in maniera quasi palpabile in momenti
di grossa crisi.
Per fare un esempio semplice è come quando una persona triste, di malumore o nervosa entra nella stanza
in cui siamo, improvvisamente lo stato d’animo di questa persona invade la stanza stessa e quando se ne
andrà, avrà certamente lasciato uno strascico di umore cattivo aleggiarci attorno.
Sono certa sia capitato a tutti almeno una volta.
In Centro America chiamano questo genere di persone “mala vibra” o “mala onda“, proprio nel senso che
questa persona emette un’onda, una vibrazione associata al negativo.
359
Partendo da tutti questi presupposti il passo successivo è logico quanto semplice. Infatti quanto descritto
finora viene ben rappresentato e spiegato almeno da 3000 anni dalle teorie del Tao, dove il presupposto di
partenza è appunto che esiste un collegamento tra tutti gli esseri viventi, e che viviamo immersi in
energie/vibrazioni che condizionano e stimolano il nostro vivere.
In tutto questo non c’entra per nulla il concetto nostro di dio che è guida e padre (Osservazione che spesso
mi viene rivolta arrivata a questo punto del ragionamento), in quanto la rappresentazione del classico dio
monoteista è una figura che dall’alto osserva, giudica ed interviene quando lo ritiene opportuno, mentre
nelle filosofie taoiste e derivate dal Taoismo, la rappresentazione riguarda più l’infinito che dio in se,
infinito nel quale noi viviamo costantemente immersi in “dio”, senza distinzione tra noi e lui e il resto delle
cose che ci circonda che assumono allo stesso tempo valenza sacra e profana (per intenderci come si
ritrova nelle antiche culture in tutto il mondo prima dell’arrivo del monoteismo: culture pre-celtiche,
Greci, Indiani d’America, Aborigeni, ecc… per citare i più rinomati), dato che siamo tutti composti della
stessa energia.
La differenza fondamentale tra questi punti di vista riguarda l’assunzione delle responsabilità. Infatti fino a
quando riterremo dio solo come una manifestazione esterna a noi stessi, avremo la comodità di dare la
responsabilità dei fatti che ci accadono sempre e solo a lui….
Nella filosofia taoista invece (come appunto nella fisica quantistica), siamo noi i soli artefici e fautori del
nostro destino, in quanto ad ogni azione corrisponde una reazione che dipenderà dall’intenzione e
dall’energia/vibrazione che noi avremo usato (o come diceva mia nonna se semini vento raccogli
tempesta).
Questo modo di vedere però causa tremende paure e rifiuti a coloro che temono di mettere in dubbio i
dogmi con i quali sono cresciuti.
Le implicazioni che porta una filosofia di pensiero nella quale siamo tutti collegati e nella quale siamo
responsabili delle nostre azioni non per un premio postumo e divino, ma per una crescita ed evoluzione

360
durante la nostra vita “terrena”, sono infinite; per questo ho deciso di affrontare questi argomenti per
gradi, senza sbrodolare troppi concetti tutti assieme.

Niels Bohr è stato un fisico, matematico, filosofo della scienza, teorico della fisica e accademico danese.

361
Neutrini all’ Opera
LA PARTICELLA CAMALEONTE

E' una particella di energia oscura con caratteristiche uniche, camaleontiche appunto, in continua
trasformazione capace di cadere a bassi livelli di energia e viceversa, trasmutare ad elevatissime forme di
energia. E' presente ovunque nell'UNIverso. Potrebbe rappresentare la quinta forza dopo quella
gravitazionale, quella elettrica atomica, quella nucleare debole o forte...e potrebbe rivoluzionare la nostra
vita per come la intendiamo oggi all'interno della gabbia matrix.

I ricercatori dell'esperimento OPERA presso i Laboratori INFN del Gran Sasso (Italia) hanno annunciato la
prima osservazione diretta di una particella tau in un fascio di neutrini muonici inviati attraverso la crosta
terrestre dal CERN a 730 km di distanza. Questo è un risultato importante e fornisce il pezzo mancante di
un puzzle che ha intrigato la ricerca scientifica dal 1960 e che apre spiragli interessanti di nuova fisica.

Il mistero dei neutrini è iniziato con la scoperta pionieristica e che è valsa il Premio Nobel allo scienziato
americano Ray Davies agli inizi degli anni 60. Davies osservò che rispetto a quanto predetto dal modello
solare, i neutrini che raggiungono la terra provenienti dalla nostra stella erano decisamente troppo pochi.
Delle due l'una: o il modello solare è palesemente sbagliato, oppure c'è qualcosa che succede ai neutrini
durante il loro viaggio verso la terra. Una possibile soluzione al puzzle fu ipotizzata nel '69 dai fisici teorici
Bruno Pontecorvo e Vladimir Gribov, che per primi suggerirono che l'apparente deficit di neutrini potesse
essere spiegato con mutazioni camaleontiche (oscillazioni) tra differenti tipi di neutrini.

Parecchi esperimenti hanno osservato la sparizione di neutrini muonici, confermando di fatto l'ipotesi di
oscillazioni, ma fino ad oggi non era mai stata osservata la comparsa di un neutrino di tipo tau in un fascio
di puri neutrini muonici: per la prima volta il neutrino camaleonte è stato catturato proprio nell'atto di
mutazione da tipo muonico a tipo tauonico.

362
Antonio Ereditato, il portavoce della collaborazione Opera descrive l'evento come: "un risultato importante
che premia l'intera collaborazione per i suoi anni di impegno e che conferma che furono prese decisioni
sperimentali azzeccate. Siamo confidenti che questo primo evento sarà seguito da altri che dimostreranno
senza ombra di dubbio l'oscillazione del neutrino".

"L'esperimento OPERA ha raggiunto il suo primo obiettivo: la rivelazione di un neutrino tau ottenuto dalla
trasformazione di uno di tipo muonico durante il viaggio da Ginevra ai Laboratori del Gran Sasso" ha
aggiunto Lucia Votano, direttrice dei Laboratori del Gran Sasso. "Questo è un importante risultato che
giunge dopo un decennio di intenso lavoro svolto dalla collaborazione con il supporto del laboratorio e che
riconferma LNGS (Laboratori Nazionali del Gran Sasso) tra i più importanti laboratori nella fisica delle
astroparticelle".

Il risultato di OPERA arriva dopo sette anni di preparazione e oltre tre anni di fascio inviato dal CERN.
Durante questo periodo, miliardi di miliardi di neutrini muonici sono stati inviati dal CERN al Gran Sasso
impiegando soltanto 2.4 millesimi di secondo. L'eccezionale rarità delle oscillazioni dei neutrini, aggiunta al
fatto che questi interagiscono molto debolmente con la materia, rende questa tipologia di esperimenti
molto delicata. Il fascio di neutrini del CERN è stato inviato per la prima volta nel 2006 e da allora i
ricercatori dell'esperimento OPERA hanno attentamente studiato i loro dati alla ricerca della presenza di
una particella tau, segno indiscutibile che un neutrino muonico fosse mutato in uno tauonico. Una pazienza
simile è una virtù nella fisica delle particelle, come ha spiegato dal presidente dell'INFN Roberto Petronzio:

"Questo successo è dovuto alla tenacia e all'inventiva dei fisici della comunità internazionale, che hanno
progettato un fascio speciale per questo esperimento," ha detto Petronzio, "In questo senso, il progetto
originale dei laboratori sotterranei del Gran Sasso è stato coronato con successo. In effetti, in fase di
costruzione, i laboratori furono orientati in modo da poter ricevere un fascio di particelle dal CERN".

Al CERN, i neutrini sono generati dalle collisioni di un fascio di protoni accelerati contro un bersaglio.
363
Quando i protoni colpiscono il bersaglio, altre particelle chiamate pioni e caoni sono prodotte in grande
quantità. Queste decadono molto rapidamente dando vita a neutrini, i quali non avendo carica elettrica
non sono sensibili ai campi elettromagnetici e quindi non è possibile per i fisici controllarne la traiettoria. I
neutrini possono attraversare la materia senza interagire con essa e quindi mantengono esattamente la
medesima direzione di moto di quando furono prodotto viaggiando perfettamente in linea retta attraverso
la crosta terrestre. Per questo motivo, è di estrema importanza che sin dal principio il fascio sia
perfettamente allineato con l'esperimento al Gran Sasso.

"Questo è un importante passo in avanti per la fisica del neutrino", ha detto il direttore Generale del CERN
Rolf Heuer. "I miei complimenti vanno all'esperimento opera e ai laboratori del Gran Sasso, oltre,
ovviamente, alla dipartimento acceleratori del CERN. Restiamo in attesa di svelare la nuova fisica che
questo risultato lascia presagire".

Mentre si chiude il capitolo della comprensione della natura dei neutrini, l'osservazione delle oscillazioni è
un segnale forte di nuova fisica. Nella teoria che i fisici usano per spiegare il comportamento delle particelle
fondamentali, nota con il nome di Modello Standard, i neutrini non hanno massa. Ma perché un neutrino
possa oscillare deve avere massa, rendendo di fatto il Modello Standard incompleto. Nonostante il suo
successo nel descrivere le particelle che compongono l'Universo visibile e le loro interazioni, i fisici sono da
molto tempo consapevoli che tante cose non sono comprese nel Modello Standard. Una possibilità è
l'esistenza di altri tipi di neutrini, mai osservati precedentemente, che possa spiegare l'origine della Materia
Oscura che compone almeno un quarto della massa del nostro Universo.
Nella fisica quantistica gli atomi sono costituiti da onde, da energia e non da piccole palline di materia,
elettroni che ruotano intorno a un nucleo di protoni e di neutroni, come ancora oggi, purtroppo, appare
nelle raffigurazioni dei libri di scuola.
Nella fisica quantistica tutto é possibilitá, possibilitá di scelta da parte della coscienza.
La coscienza é il fondamento dell’esistenza, la coscienza è possibilitá, consapevolezza di scienza e di gioia
suprema.
Cominciando dagli studi sulle energie, prodotti da Nicola Tesla, considerato da molti uno dei precursori
364
della fisica quantistica, per poi passare a quelli di Max Planck scopritore di una costante fondamentale per
calcolare l’energia dei fotoni e di Albert Einstein con la sua innovativa teoria sulla relativitá, ci avviciniamo
all’era moderna dove nuove scoperte hanno cominciato a mettere in discussione le visioni materialistiche
dettate dalla “scienza attuale“.

365
Il Tao & la Fisica

Il Taoismo38
Il taoismo o daoismo, termine di conio occidentale, designa sia le dottrine a carattere filosofico e mistico,
esposte principalmente nelle opere attribuite a Laozi e Zhuāngzǐ (composte tra il IV e III secolo a.C.), sia la
religione taoista, istituzionalizzatasi come tale all'incirca nel I secolo d.C. Nonostante la distribuzione
ubiquitaria in Cina e la ricchezza di testi, si tratta probabilmente della meno conosciuta tra le maggiori
religioni al mondo.

38
Da Wikipedia, l’Enciclopedia libera
366
Come ricorda Stephen R. Bokenkamp, i cinesi non possedevano un termine per indicare le proprie religioni
fino all'arrivo del buddhismo nei primi secoli della nostra Era, quando opposero al Fójiào (佛教, gli
insegnamenti del Buddha) il Dàojiào (道教, gli insegnamenti del Tao).
È uno dei tre insegnamenti cinesi, ovvero buddismo, daoismo e confucianesimo ed a differenza di
quest'ultimo (che lo possiede), il «daoismo non ha né data né luogo di nascita».
«Non è mai stato una religione unitaria, ma una combinazione costante di insegnamenti fondati su
rivelazioni originarie diverse». Esso prese forma gradualmente, durante un lungo cammino, integrando
diverse correnti. Scaturisce da un movimento di pensiero nato dalla combinazione de:
il patrimonio concettuale comune cinese ovvero il Qi, lo yin e lo yang, i cinque elementi
lo sciamanesimo o magia wu, basato per lo più su danze frenetiche e stati estatici, praticato per lo più
da donne
le opere spirituali di Laozi e di Zhuāngzǐ
alcuni concetti buddisti (a cominciare circa dall'anno 370 d.C.) e confuciani.(dal II secolo d.C. circa con
il Neotaoismo)
Il Dio presentato dal daoismo è una sorta di "Principio ordinatore unico ed immanente del mondo", non
troppo dissimile dall'Armonia di Pitagora, il Logos di Eraclito, lo Shinto giapponese, il Dharma del buddismo
Per il mondo cinese un Dio creatore sopramondano, di carattere personale è inconcepibile. Ne consegue
che alla cultura cinese fu preclusa un'ascesi orientata sulla antitesi tra Dio e creatura. Il termine
daoismo/taoismo come detto sopra non ha controparte nel mondo cinese.
Il daoismo ha una forte tensione sincretica, nel tentativo di integrare tutta una serie di insegnamenti
differenti (dall'iniziale sciamanesimo, al buddismo chan...), ma allo stesso tempo ne esalta la
autosufficienza sottolineando la distinzione dalle alte vie.
Del taoismo si trovano influenze nel buddhismo cinese, in particolare nel Chan, nella medicina tradizionale
cinese, nella politica e nell'estetica.

Il daoismo (in particolare quello dei due principali maestri) tende a non dare chiari codici comportamentali,
(a differenza ad esempio del confucianesimo) ritenendo che la spontaneità sia la miglior guida. Tuttavia se
367
«vivere il taoismo significa accettare il caos [...], non legittima la licenziosità, l'arroganza, la violenza, la
sopraffazione, uno stato di natura per cui "tutto va bene"»
Esso quindi esalta la spontaneità, sostenendo che tutto avvenga spontaneamente senza un perché. Crede
che esista un «meccanismo di autoregolazione che può manifestarsi soltanto se non gli si fa violenza». Qui il
daoismo denuncia la sua provenienza dalla classe contadina (per cui l'agricoltura, nonostante la cura,
obbedisce ad orologi interni ed esterni, atmosferici, e per cui il vero motore sia la natura.
Condanna i desideri (fenomeno tipico anche del buddismo): i daoisti auspicano una condizione in cui si
desidera non avere più desideri, a differenza dei buddisti che condannano apertamente la brama che
vincola alla vita.
Condanna l'attività: i buddisti ritenevano che il Karma fosse la causa prima della sofferenza, i taoisti
esaltavano il wei-wu-wei (azione senza azione).

Non che cosa è, ma che significato ha per me, ora


« Tutto il nostro ragionamento si basa sulla legge di causa ed effetto, che opera come una successione.
Qualcosa accade ora, perché qualcos'altro è accaduto allora. Ma i cinesi non ragionano tanto secondo
questa linea orizzontale, che va dal passato al futuro, attraverso il presente: ragionano verticalmente, da
ciò che è in un posto ora a ciò che è in un altro posto ora. In altre parole non si chiedono perché, o per quali
cause passate, un certo ordine di cosa avvenga ora; si chiedono: -Qual è il significato delle cose che
avvengono insieme in questo momento?- La parola Tao è la risposta a questa domanda. »
(Alan Watts, Il significato della felicità)
Quindi un cinese non ragiona seguendo una ideale linea orizzontale di causa effetto ma, piuttosto,
seguendo una linea verticale, cercando di connettere tra loro cose che sono in un posto ora ed in un altro
posto ora. La domanda che si pongono è: "qual è il significato delle cose che avvengono insieme in questo
momento? Ragionano quindi secondo un concetto che potrebbe essere chiamato sincronicità
Ancora
« quando un occidentale sente di pensare, crede che un tale fatto sia dovuto ad una specie di fatalismo o
determinismo. [...] La prima illusione è quella di credere che ciò che sta accadendo accada a lui e che quindi

368
sia vittima delle circostanze. Ma se siamo immersi nell'ignoranza originaria non esiste un tu diverso dalla
cosa che sta accadendo. Quindi la cosa non sta succedendo a noi, succede e basta. [...] La seconda illusione
è quella di credere che ciò che sta accadendo ora è la conseguenza di un evento del passato.[...] Dobbiamo
essere davvero ingenui per credere che il passato provochi quanto avviene oggi. Il passato è simile alla scia
lasciata da una nave. Alla fine ogni traccia scompare.[...] È moto semplice: tutto comincia adesso, perciò è
spontaneo: non è determinato [...] Non è nemmeno casuale. [...]
Il Dao è un certo tipo di ordine [...] che però non è precisamente ciò che noi definiamo ordine quando
disponiamo un oggetto in un ordine geometrico, in scatole od in file. Se osserviamo un pianta di bambù ci è
perfettamente chiaro che la pianta possiede un suo ordine. [...] I cinesi lo chiamano Li[...]. Tutti cercano di
esprimere l'essenza del Li. Ma la cosa interessante è che nonostante si sappia cosa sia, non c'è modo di
definirla. »
(Alan Watts, Il significato della felicità (pag.17-18))

La spontaneità
Il daoismo sostiene che esista nell'universo una sorta di autoregolazione e che lasciare correre
spontaneamente tale meccanismo dia spazio ad una vita serena, senza violenza. Ma, è importante
sottolinearlo, non legittima la sopraffazione ed il caos. Il daoista è convinto che ciascuno abbia in sé stesso
le doti naturali che gli consentiranno di risolvere in molte occasioni. Quindi in quest'ottica l'imperfezione
non esiste e se esiste è solo presente tra gli uomini che non seguono la spontaneità
Normalmente il termine Dao viene utilizzato come una entità stabilita: il Dao. Ovviamente questa è un
pratica erronea in quanto il Dao è ovunque, in tutte le cose ed in ogni tempo. Esso non è un qualcosa che
ne escluda delle altre. Per cogliere il Dao è fondamentale porre l'attenzione alla fase anteriore alla
"definizione delle cose", ovvero tornare alla fase precedente alla spiegazione di chi siamo, al concetto di io,
tu... E su questa posare la propria attenzione. "Osservando le cose in modo originario, non vi è differenza
tra quella che fate, da una parte, e quello che vi accade dall'altra. [...] Ecco ciò che è chiamato Tao [...] Tao
significa fondamentalmente via, corso: il corso della natura."(pag 16-17) Tornare alla spontaneità. La ricerca
del Dao è la ricerca dell'essenziale, e in questo può essere vista come un analogo più elaborato del cinismo
369
greco. Tale fortissimo richiamo all'essenzialità, al cosiddetto tronco grezzo, agli antichi, richiede la difficile
operazione di spogliarsi del superfluo e dei preconcetti. Lo scopo è lasciar fluire l'originale liberando la
spontaneità, che non deve però essere scambiata con il lassismo .
Per comprendere quale sia la natura del Dao bisogna evitare qualsiasi tipo di paragone con il Dio delle
religioni monoteiste. Il Dao non è un ente trascendente e dotato di personalità. Il Dio che viene presentato
dal daoismo è una sorta di "Principio ordinatore unico ed immanente del mondo", non troppo dissimile
dall'Armonia di Pitagora, il Logos di Eraclito, lo Shinto giapponese, il Dharma del buddismo
Il termine Dio suona inappropriato, è preferibile non farne uso, per evitare i parallelismi sopra citati.
Il termine "Dao", che come sopraddetto è fondamentale in tutto il pensiero cinese, ha assunto diversi
significati nel tempo. I principali significati sono tre:
1. Il Principio, l'Eterno Assoluto, la Fonte impersonale e trascendente di tutto ciò che esiste, l'Essere
eterno di Dio al di là del divenire del mondo.
2. La Via nella quale procede tutto ciò che esiste nell'universo, il movimento e mutamento incessante
del mondo. Nel Daodejing questi due significati si trovano distinti e precisati: Daodejing significa
infatti il libro (jing) del Principio (Dao) e della sua Azione (De, potere di azione del Dao da cui nasce
tutto ciò che esiste).
3. Il terzo significato riguarda la capacità e la correttezza nel praticare una data arte, nel seguire una
certa via: il Dao del guerriero (l'abilità nelle arti marziali), il Dao dell'amore (l'arte dei rapporti
amorosi e sessuali), il Dao del governo, della politica.
Ancora il Dao è alla base dell'ordine naturale delle cose, la via operante del mondo quando l'uomo lo lascia
scorrere come è
Il Dao è innominabile. In accordo al Daodejing e con lo Zhuangzi, non si può citare il nome, ed esso non può
essere afferrato o delimitato.
Del Dao ovvero si può solo dire ciò che non è, seguendo un indirizzo non comune nella letteratura del
tempo (tecnicamente approccio apofatico)
la necessità di seguire l'ordine naturale del Dao raccomandato sia il Daodejing che dallo Zhuangzi.
Ma punti principali del Daoija sono:
il bisogno di ritornare alle origini, al Dao
370
la totalità indeterminata
l'esistenza della multiforme diversità nel mondo.
La concentrazione interiore all'interno di se stessi permette la quiete necessaria per sperimentare il Dao.
Esso consiste nel concentrare e unificare lo spirito (shen) e la volontà (zhi) su questa esperienza, e di essere
ricettivi e conforme al fine di ricevere questo Dao. Da qui la pratica della concentrazione sull'Uno (yi), visto
in tutta la storia del daoismo. Questa concentrazione significa liberarsi dai desideri, emozioni e pregiudizi,
rinunciando al sé concettuale, e non rimanere intrappolato nelle preoccupazioni mondane. Il fine è
ritornare alla propria natura originale. Esso è legato ad una visione intuitiva del mondo concepito come una
unità.

Fritjof Capra, il Tao e la Fisica


Fritjof Capra (Vienna, 1º febbraio 1939) è un fisico e saggista austriaco. Fisico e teorico dei sistemi è
saggista di fama internazionale. Diventato famoso con Il Tao della fisica, del 1975, tradotto in italiano
nel 1982 (Adelphi) ha visto la sua fama aumentare con la ristampa del 1989. Si è occupato anche di sviluppo
sostenibile, ecologia e teoria della complessità. Così egli ha descritto la sua intuizione della realtà spirituale:

« Cinque anni fa ebbi una magnifica esperienza che mi avviò sulla strada che doveva condurmi a scrivere
questo libro. In un pomeriggio di fine estate, seduto in riva all’oceano, osservavo il moto delle onde e
sentivo il ritmo del mio respiro, quando all’improvviso ebbi la consapevolezza che tutto intorno a me
prendeva parte a una gigantesca danza cosmica. […] Sedendo su quella spiaggia, le mie esperienze
precedenti presero vita; «vidi» scendere dallo spazio esterno cascate di energia, nelle quali si creavano e si
distruggevano particelle con ritmi pulsanti; «vidi» gli atomi degli elementi e quelli del mio corpo partecipare
a quella danza cosmica di energia; percepii il suo ritmo e ne «sentii» la musica: e in quel
momento seppi che questa era la danza di Śiva, il Dio dei Danzatori adorato dagli Indù. »

(Il Tao della fisica, Adelphi, 1993, pp. 11-12)

371
Capra parte dall'osservazione che la fisica moderna, con la teoria della relatività di Albert Einstein e
la meccanica quantistica, presenta un quadro che può essere visto anche sulla base di
elementi spiritualistici. Le "particelle" subatomiche sono in realtà concentrazioni di energia pura in
vibrazione piuttosto che vere e proprie entità materiali. Secondo Capra il fisico non deve osservare ma
partecipare:

« L’idea di «partecipazione invece di osservazione» è stata formulata solo recentemente nella fisica
moderna, ma è un’idea ben nota a qualsiasi studioso di misticismo. La conoscenza mistica non può mai
essere raggiunta solo con l’osservazione, ma unicamente mediante la totale partecipazione con tutto il
proprio essere. »

(Il Tao della fisica, Adelphi, 1993, p.161)

Il pensiero
Già nel libro Il Tao della fisica (Adelphi), che ha avuto grande successo ed è stato ristampato in varie lingue,
l’autore critica il modello di scientificità (di derivazione cartesiana) prevalente nel mondo moderno
occidentale, in quanto contrassegnato da un’impostazione meccanicistica, quantitativa e riduzionistica, che
non corrisponde alla complessità del reale. Il suo successo sarebbe dovuto non alla portata teoretica, bensì
ai risvolti pratici, in quanto tale paradigma scientifico avrebbe facilitato e potenziato il predominio
dell’uomo sulla natura, così come auspicato da Cartesio, da F. Bacone e da altri “padri” della modernità.
Secondo Capra, vi è un intimo legame tra la gravissima crisi ambientale del nostro tempo e il tipo di cultura
anti-ecologica affermatasi in Occidente negli ultimi secoli. Egli teorizza l’avvento di un nuovo paradigma,
ricavabile dagli sviluppi della “nuova fisica” (e di altri settori della scienza contemporanea), ma anche dal
misticismo orientale (Taoismo in primo luogo) e da varie altre saggezze premoderne orientate
ecologicamente. Si tratta di elaborare un nuovo pensiero, caratterizzato in senso olistico, o meglio
sistemico: esso viene così denominato perché privilegia il sistema, cioè la rete complessa costituita dalle
molteplici interrelazioni, e non le singole unità costitutive (come voleva l’approccio analitico di stampo
cartesiano). Seguendo tale orientamento che privilegia la “rete della Vita” (immagine di grande efficacia più
372
volte impiegata da Capra) e le interconnessioni cosmiche, l’Essere umano stesso è visto come parte della
Natura (e non in contrapposizione ad essa). Le implicazioni che ne discendono sono innumerevoli: qui ci
limitiamo a sottolineare che l'Aspetto Naturale (il Divino) della Natura reale non è più riducibile ad oggetto
di arbitrarie manipolazioni spirituali, mentali o tecnologiche; al contrario, Capra osserva che noi dobbiamo
imparare dai Cicli Cosmici Naturali e dai Principi organizzativi degli Ecosistemi multilevel, anche con lo
scopo improrogabile di costruire delle comunità sostenibili, capaci di ridurre al massimo gli effetti degli
impatti ancora poco ecologici. Questo obiettivo non è più rinviabile, data la gravità della crisi ambientale a
livello planetario: in funzione di ciò, Capra ha fondato a Berkeley il Center for Ecoliteracy, che come
suggerisce il nome, si propone di promuovere l’ecoalfabetizzazione, la cui portata e urgenza è così
delineata dallo stesso Capra: “…l’ecoalfabetizzazione è una dote essenziale per i politici, gli uomini d’affari e
i professionisti in tutti i campi. Di più, l’ecoalfabetizzazione sarà fondamentale per la sopravvivenza
dell’umanità nel suo insieme, quindi costituirà la parte più importante dell’educazione a ogni livello”. Nel
presentare il valore formativo dell’educazione ecologica, Capra si ispira all’ecologia profonda, nel mentre
prende le distanze dall’ecologia superficiale, in quanto caratterizzata in senso antropocentrico ed
efficientistico; infatti “nell’ecologia superficiale gli Esseri umani sono posti al di sopra e al di fuori della
Natura (Intima e reale) e, ovviamente, questa prospettiva si accorda con il dominio su tutti gli aspetti della
Natura... alla Quale si attribuisce esclusivamente un valore d’uso, un valore strumentale. L’Ecologia
profonda vede gli Esseri umani come parte integrante della Natura, come nient’altro che un filo speciale nel
tessuto della Vita Cosmica/Dio/Dao/Tao” .

Il Tao della fisica


Nel libro Il Tao della fisica Capra elenca una vasta serie di "affinità" tra il quadro che sembra emergere dalla
fisica contemporanea e gli insegnamenti delle religioni orientali (Induismo,Buddhismo, Taoismo) e i relativi
sistemi filosofici. L'universo sarebbe la manifestazione di un unico campo astratto di intelligenza universale,
che darebbe origine ad ogni forma e le sue parti sarebbero intimamente connesse a formare un grande
organismo unitario. In questa visione, importanza decisiva viene attribuita alle onde e al concetto di
vibrazione, che sostituisce il concetto tradizionale e statico di materia (che di fatti è superato
dall'attuale fisica nucleare e subnucleare).
373
Punto di svolta
Stiamo finalmente entrando nel merito della questione, ma per avere un quadro davvero definito
dobbiamo ancora affrontare le straordinarie novità proposte Fisica Quantistica rispetto alla concezione
newtoniana-einsteniana del mondo fisico, Leggendo nei paragrafi successivi le caratteristiche essenziali
della Quantistica sarà finalmente chiaro il perché abbiamo attraversato in centinaia di pagine tutto quanto
fino a ieri è stato definito “pseudo-scienza” o fantasia, mistificazione, baggianata, e così via.
Affrontando il “fenomeno dell’Entanglement”, ad esempio, affrontiamo anche la possibilità dell’esistenza
pratica dei fenomeni che chiamiamo telepatia e telecinesi ma soprattutto affermando che è la posizione
dell’osservatore a determinare le modifiche dell’osservato assumiamo in pieno la responsabilità soggettiva
della definizione del nostro mondo.
È la nostra consapevolezza di essere parte del tutto a metterci in relazione col tutto e a farci percepire
l’armonia del tutto. È la consapevolezza del fatto che le nostre emozioni partecipano le vibrazioni di tutto
quanto ci circonda, di ogni particella con cui siamo entrati in contatto a renderci responsabili delle nostre
emozioni, a indicarci la strada della esperienza meditativa, della partecipazione, della positività.
Ma mi sto lasciando prendere la mano, anticipando qualche possibile conclusione.
Per ora soffermiamoci sulle teorie Quantiche e le loro straordinarie conferme.

374
FISICA QUANTISTICA
Alla fine del XIX secolo39 si pensava di aver capito gran parte dei principi fondamentali della natura e della
fisica. Gli atomi erano considerati i mattoncini della materia, le leggi di gravitazione universale di Newton
spiegavano il moto dei pianeti e del cosmo, l’Universo sembrava meccanico come un orologio. Nel XX
secolo gli studi compiuti sulla fisica sub atomica rivoluzionarono gran parte delle certezze precedenti e la
teoria dei Quanti rimise tutto – o quasi – in discussione. Vediamo insieme alcuni principi base della fisica
quantistica:
Sia la luce che le particelle che costituiscono gli atomi e cioè gli elementi fondamentali che compongono la
materia (quindi noi stessi e la realtà a noi manifesta) sono costituite da minuscoli concentrati di energia
detti QUANTI, che hanno una duplice natura: ondulatoria e corpuscolare.
Più precisamente a livello subatomico la materia presenta le caratteristiche tipiche delle onde e solo all'atto
dell'osservazione assume un comportamento corpuscolare. Ad intuire la duplice natura, corpuscolare ed
ondulatoria della materia fu il matematico e fisico Louis De Broglie (1892-1987) che ottenne il premio Nobel
nel 1929.

Le proprietà delle vibrazioni dell'onda quantistica furono descritte matematicamente dalla Equazione
d'onda di Schrodinger matematico e fisico austriaco (1987-1962) che per tale scoperta nel 1933 fu
insignito del premio Nobel .
Non è possibile conoscere simultaneamente la velocità e la posizione di una particella quantistica, poiché
quanto maggiore è l'accuratezza nel determinarne la posizione tanto minore è la precisione con la quale si
può accertarne la velocità e viceversa . La suddetta proprietà è conosciuta come Principio
d'Indeterminazione di Heisenberg (1901 – 1976) fisico tedesco premio Nobel nel 1932.

39
Da http://quantistica.altervista.org/

375
L'indeterminazione non dipende dai limiti dei nostri strumenti, che comportano necessariamente una
interazione più o meno grande con l'oggetto da sottoporre a misurazione, bensì rappresenta una
caratteristica intrinseca della materia. Oltre alla posizione e alla velocità della particelle, il principio di
indeterminazione pone limiti anche alla misura simultanea di altre grandezze come ad esempio l'energia e
il tempo: se si cerca di determinare con precisione l'energia di una particella, diminuirà inevitabilmente il
grado di accuratezza con cui conosciamo la sua durata, e viceversa. Tale aspetto produce delle
conseguenze del tutto incompatibili alla luce della nostra esperienza ordinaria, infatti, il grado di
indeterminazione esistente tra energia e tempo fa si che delle particelle (ad esempio una coppia
elettrone-positrone), possano emergere dal nulla per una frazione infinitesimale di secondo (inferiore a
10-20 secondi), prima di svanire nuovamente.
Dette conseguenze costituiscono più di una semplice ipotesi teorica o di un artificioso calcolo, poiché
sono state verificate in esperimenti di laboratorio
Se due particelle si fanno interagire per un certo periodo e quindi vengono separate, quando si sollecita
una delle due in modo da modificarne lo stato,istantaneamente si manifesta sulla seconda una analoga
sollecitazione a qualunque distanza si trovi rispetto alla prima.
Tale fenomeno è detto "Fenomeno dell'Entanglement".
Il fenomeno dell'entanglement viola il «principio di località» per il quale ciò che accade in un luogo non
può influire immediatamente su ciò che accade in un altro.
Albert Einstein, pur avendo dato importanti contributi alla teoria quantistica, non accettò mai che una
particella potesse influenzarne un'altra istantaneamente e pertanto cercò a lungo di dimostrare che la
violazione della località fosse solo apparente, ma i suoi tentativi furono di volta in volta ribattuti dai suoi
oppositori.

Nel 1982 il fisico Alain Aspect, con una serie di sofisticati esperimenti dimostrò l'esistenza
dell’entanglement e quindi l'inconsistenza della posizione di Einstein.
Infine nell'Ottobre del 1998 il fenomeno dell’entanglement è stato definitivamente confermato dalla
riuscita di un esperimento sul teletrasporto effettuato dall'Institute of Technology (Caltech) di Pasadena,
in California.
376
LA TEORIA QUANTISTICA :
UNA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA E FILOSOFICA PASSATA SOTTO SILENZIO
di Tiziano Cantalupi
dal sito Global view project

Le grandi rivoluzioni della scienza sono spesso seguite da sconvolgimenti in campo filosofico e sociale. Le tesi di
Copernico, ad esempio, il quale sostenne che la Terra non occupava il centro dell’universo, innescarono un
processo di sgretolamento di dogmi religiosi e filosofici che cambiarono profondamente la società europea degli
inizi del Rinascimento. La teoria evoluzionistica di Darwin (secoli dopo), con la distruzione della credenza in uno
stato biologico speciale degli esseri umani, produsse effetti simili. Le teorie di Einstein infine, con l’affermazione
che "tutto è relativo", diedero una spallata definitiva ad un certo modo, "assolutistico", di intendere la scienza e la
vita. Con questi presupposti, desta notevole stupore che la più grande rivoluzione scientifica di tutti i tempi sia
passata per lo più inosservata agli occhi del grosso pubblico. E questo non già perché le sue implicazioni abbiano
scarso interesse, ma perché queste implicazioni sono talmente sconvolgenti da risultare quasi incredibili persino
per gli stessi scienziati che le concepirono. La rivoluzione di cui si sta parlando si è consumata, nella sua fase più
"cruenta", durante i primi trenta anni del ventesimo secolo ed è conosciuta col nome di Teoria
Quantistica o Meccanica Quantistica.
Nata come tentativo di spiegare la fisica delle particelle elementari, la Teoria Quantistica in seguito crebbe sino ad
incorporare gran parte della microfisica e parte della macrofisica. Oggi fra alterne vicende può dirsi (nella sua
versione ortodossa) universalmente accettata.
Sebbene attualmente nessuno dubiti della sua efficacia pratica ci sono ancora ampie schiere di studiosi che ne
mettono in discussione le conseguenze, specie quando queste conseguenze vengono estese alla natura della
realtà.
Fondamenti della meccanica quantistica :
- Non esiste una realtà obiettiva della materia, ma solo una realtà di volta in volta creata dalle "osservazioni"
dell’uomo.
- Le dinamiche fondamentali del micromondo sono caratterizzate dall'acausalità.
- E’ possibile che, in determinate condizioni, la materia possa "comunicare a distanza" o possa "scaturire" dal
377
nulla.
- Lo stato oggettivo della materia, è caratterizzato da una sovrapposizione di più stati.
La conclusione più sconvolgente che si può trarre da quanto sino ad ora affermato è senza dubbio quella che
asserisce che la realtà è tale solo se è presente l’uomo con le sue "osservazioni", con i suoi esperimenti. A
differenza delle precedenti rivoluzioni scientifiche, le quali avevano confinato l’umanità ai margini dell’universo, la
Teoria Quantistica riporta l’uomo ("l’osservatore") al centro della scena. Alcuni eminenti scienziati si sono spinti a
ipotizzare che la Teoria dei Quanti abbia perfino risolto l’enigma del rapporto tra Mente e Materia, asserendo che
l’introduzione nei processi di misura quantistica dell’osservazione umana è un passo fondamentale per
il costruirsi della realtà.

378
UN GRANDE DIBATTITO
Seppur fortemente avversata sin dal suo apparire (Einstein per manifestare la sua contrarietà arrivò a coniare la
frase "Dio non gioca a dadi") la Meccanica Quantistica, è oggi universalmente accettata. Essa, oltre a spiegare
processi a livello microscopico come la stabilità dell’atomo o processi macroscopici come la superconduttività, ha
ottenuto recenti eclatanti conferme sperimentali: si pensi alla diseguaglianza di Bell. Ciononostante il grado di
diffidenza nei confronti di questa materia - sempre in bilico tra Fisica e Metafisica - è rimasto (come si diceva
anche dianzi) alto. I suoi assunti, al limite dell’assurdo, mettono a dura prova le menti più aperte.
Anche nell’era dei computer superveloci, la Teoria Quantistica più che una scienza "accettata" si caratterizza per
una scienza "subita". E sono soprattutto gli studiosi di microfisica, i quali ogni giorno hanno a che fare con i suoi
assunti filosofici e con il suo formalismo matematico, che più soffrono questo stato di cose. Recentemente però,
una agguerrita schiera di fisici, la cui punta di diamante è rappresentata dall’inglese S.Hawking, è riuscita a
rovesciare la situazione, volgendo a loro favore proprio quelle "conseguenze" della Meccanica Quantistica che
maggiormente rendevano perplessi i fisici atomici. In questo contesto Hawking crea una vera e propria disciplina
scientifica, la Cosmologia Quantistica, attraverso la quale molti misteri dell’universo trovano una razionale
spiegazione. E questo, come detto, partendo proprio dagli assunti quantistici più "rivoluzionari". In questa nuova
prospettiva trova coerente giustificazione la nascita della materia dal nulla.
La Fisica del Quanti, in effetti, prevede che in determinate condizioni la materia possa scaturire dal nulla. Questa
non è fantascienza, ma scienza nel senso più alto del termine. E qui tornano alla mente le profetiche parole del
grande W.Heisenberg quando affermava : "La più strana esperienza di quegli anni [1920 – 1930] fu che i
paradossi della Teoria Quantistica non sparirono durante il processo di chiarificazione; al contrario, essi
divennero ancora più marcati e più eccitanti ... ".
Sì, "eccitanti", è la parola giusta per definire il ventaglio di possibilità che allora si dischiudeva e che anche oggi
può dischiudersi affrontando senza condizionamenti la Teoria dei Quanti.
Una nuova interpretazione del principio quantistico denominato "Probabilismo", ad esempio, deporrebbe a
favore del libero arbitrio. Una lettura a trecentosessanta gradi della diseguaglianza di Bell (diseguaglianza che
dimostra la possibilità di azioni a distanza) prova che l’universo non può più essere considerato una mera
collezione di oggetti, ma una inseparabile rete di modelli di energia vibrante, nei quali nessun componente ha
realtà indipendente dal tutto.
379
IL PROBABILISMO E L’ACAUSALITA’
All’inizio del ventesimo secolo, i fisici ritenevano che tutti i processi dell’universo fossero perfettamente calcolabili
purché si avessero a disposizione dati di partenza sufficientemente precisi. Questa filosofia deterministica aveva
preso le mosse due secoli prima quando Newton, con la sua legge di gravitazione universale, era riuscito a
descrivere le orbite dei pianeti. In un sol colpo lo scienziato inglese aveva dimostrato che una mela che cade da un
albero e un corpo celeste che si muove nello spazio, sono governati dalla stessa legge : l’universo ticchettava
come un gigantesco orologio perfettamente regolato.
Ma in concomitanza con la fine dell’epoca vittoriana, quella presuntuosa sicurezza svanì ; avvenne nel momento
in cui i fisici tentarono di applicare quelle leggi meccanicistiche al comportamento del mondo atomico. In quel
minuscolo regno, gli eventi non fluiscono armonicamente e gradualmente con il tempo, ma si modificano in modo
brusco e discontinuo. Gli atomi riescono ad assorbire o liberare energia solo in forma di pacchetti discreti
chiamati Quanti (da qui il termine Meccanica Quantistica). A questo livello la natura non funziona più come una
macchina, ma come un gioco di probabilità. Nei primi decenni del nostro secolo lo scienziato danese Niels Bohr
scoprì che le particelle atomiche si comportavano in modo molto meno prevedibile che non gli oggetti ordinari
come le matite o le palle da tennis. Le parole "sempre" e "mai", di cui si faceva largo uso per i processi del mondo
macroscopico, dovettero essere rimpiazzate dai termini "spesso" e "raramente". Non si poteva dare più nulla per
scontato.
Elementi come le orbite percorse dagli elettroni attorno al nucleo, non potevano più essere definite con
precisione. Anche il "quid" che ad un certo punto induceva l’atomo radioattivo alla disintegrazione doveva
sottostare alle leggi della probabilità.
Il fisico italiano Franco Selleri nel suo libro "La Causalità Impossibile" spiega bene la situazione e le conseguenze
delle idee introdotte dalla Teoria dei Quanti. Egli scrive :
"Il problema che risulta molto naturale porsi è quello di capire le cause che determinano le differenti vite
individuali dei neutroni [liberi]. Lo stesso problema si pone per ogni tipo di sistema instabile come atomi eccitati
[...]. L’interpretazione di Copenhagen [quella della Meccanica Quantistica ortodossa] della teoria dei quanti non
solo non fornisce alcuna conoscenza di queste cause, ma accetta esplicitamente una filosofia acausale secondo la
quale ogni processo di disintegrazione di un sistema instabile ha una natura assolutamente spontanea che non
ammette una spiegazione in termini causali. Secondo tale linea di pensiero il problema delle diverse vite
380
individuali dei sistemi instabili dovrebbe necessariamente restare privo di risposta e dovrebbe anzi essere
considerato un problema non scientifico".

IL PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE E LE FLUTTUAZIONI NEL VUOTO


Nel 1927 il fisico tedesco Werner Heisenberg scoprì che la natura probabilistica delle leggi della Meccanica
Quantistica poneva grossi limiti al nostro grado di conoscenza di un sistema atomico. Normalmente ci si aspetta
che lo stato di una microparticella in movimento (consideriamo ad esempio un elettrone in rotazione attorno al
nucleo) sia caratterizzata completamente ricorrendo a due parametri : velocità e posizione. Heisenberg postulò
invece, che a un certo livello queste quantità sarebbero dovute rimanere sempre indefinite. Tale limitazione
prese il nome di Principio di Indeterminazione. Questo principio afferma che maggiore è l’accuratezza nel
determinare la posizione di un particella, minore è la precisione con la quale si può accertarne la velocità e
viceversa. Quando si pensa all’apparecchiatura necessaria per eseguire le misurazioni, questa indeterminazione
risulta intuitiva. I dispositivi di rilevazione sono così grandi rispetto alle dimensioni di una particella che la
misurazione di un parametro come la posizione è destinato a modificare anche la velocità. Occorre sottolineare
però che le limitazioni in parola, non derivano solo dalla interazione tra mondo microscopico e mondo
macroscopico, ma sono proprietà intrinseche della materia. In nessun senso si può ritenere che una
microparticella possieda in un dato istante una posizione e una velocità. Queste sono, seguendo Heisenberg,
caratteristiche incompatibili; quale delle due si manifesti con maggior precisione dipende solo dal tipo di
misurazione che lo sperimentatore ("l’osservatore") decide di effettuare. E qui ci si imbatte nella più straordinaria
novità introdotta dalla Fisica Quantistica ; ovvero la dipendenza della realtà obiettiva del mondo atomico (mondo
che, non dimentichiamolo, è alla base di ogni cosa nell’universo) rispetto alle "scelte" effettuate da colui che si
trova davanti all’apparecchiatura di misura. Se lo sperimentatore decide di rilevare la posizione di una particella
questa cesserà (letteralmente) di "esistere" nella dimensione "velocità" e viceversa. Per gli scienziati adusi a
concepire l’universo oggettivo della materia indipendentemente dall’uomo, oppure abituati a calcolare
contemporaneamente e con precisione millimetrica velocità e posizioni dei più disparati oggetti, queste nuove
idee rappresentano una vera e propria rivoluzione.
Oltre alla posizione e alla velocità delle particelle, il Principio di Indeterminazione di Heisenberg pone limiti anche
alla misura simultanea di parametri come l’energia e il tempo. Questo comporta che per periodi brevissimi la
381
legge di conservazione dell’energia subisce una sospensione. Nel mondo di tutti i giorni, materia ed energia non si
creano e non si distruggono: cambiano solo di stato. La benzina non si materializza nei nostri serbatoi, e quando si
brucia un litro di carburante si finisce per ottenere una quantità di "energia" e di scorie che equivalgono
esattamente a un litro di benzina. Ma su scala atomica, le cose non vanno così. Il piccolissimo grado di
indeterminazione esistente tra i vari livelli di energia e tempo, provoca (per intervalli brevissimi), fluttuazioni
nell’energia del sistema. Per tempi che si aggirano intorno al miliardesimo di trilionesimo di secondo un elettrone
ed il suo compagno di antimateria - il positrone - possono emergere improvvisamente dal nulla, congiungersi e
quindi svanire. Questa è più di una semplice ipotesi; gli effetti di questi comportamenti spontanei di creazione e
annullamento sono stati misurati in laboratorio in preciso accordo col Principio di Indeterminazione. E non si
creda che la fugace vita di queste particelle non abbia senso o conduca a nulla. Durante la loro breve esistenza
questi singolari enti possono compiere una bella dose di lavoro ; si pensi all’attrazione e alla repulsione elettrica,
ai processi legati alle le varie forme di magnetismo, ecc.
Questi inusuali eventi subatomici diedero ai fisici una nuova prospettiva per comprendere lo spazio vuoto. Per
Heinz Pagels della Rockfeller University, il vuoto assomiglia alla superficie dell’oceano : "Immaginate di sorvolare
l’oceano con un jet. Da quel punto di osservazione ottimale, la superficie sembra perfettamente uniforme e
vuota. Ma voi sapete che se foste su una barca, vedreste enormi onde tutt’attorno. Così si comporta il vuoto. Su
grandi distanze - ovvero le distanze che noi sperimentiamo come esseri umani - lo spazio ci appare
completamente vuoto. Ma se potessimo analizzarlo da molto vicino vedremmo tutte le particelle quantistiche
entrare e uscire dal nulla ".
I fisici chiamano queste particelle "fluttuazioni nel vuoto". Il concetto sembra sfidare il buonsenso ma è
perfettamente valido nell’ambito della Meccanica Quantistica. "Non c’è punto più fondamentale di questo", ha
scritto John Wheeler, "lo spazio vuoto non è vuoto. In realtà è la regione dove avvengono i fenomeni fisici più
violenti".

LA DISEGUAGLIANZA DI BELL E LE "AZIONI A DISTANZA"


La diseguaglianza di Bell è una formulazione moderna di un famoso paradosso escogitato dai fisici Einstein-
Podolsky-Rosen per dimostrare che la meccanica quantistica non poteva essere considerata una teoria esatta o
quantomeno completa.
382
Sia il paradosso di Einstein e compagni (elaborato nel 1935) che la diseguaglianza di Bell (formulata nel 1965), non
poterono essere verificati sperimentalmente prima del 1982. Fu a partire da quell'anno infatti che Alain Aspect
dell'Università di Parigi, approntò una serie di esperimenti i quali permisero di seguire l'evoluzione spazio-
temporale di coppie di particelle emesse da un'unica sorgente e dirette verso rivelatori lontani.
Non è questa la sede per entrare in dettagli tecnici, qui
basterà sottolineare che i risultati degli esperimenti del
prof. Aspect provarono una
notevolissima violazione della diseguaglianza di Bell e
quindi indirettamente confermarono le tesi sostenute
dai fisici quantistici.
Per spiegare la diseguaglianza di Bell occorre partire
dalla definizione fisica di "localismo" o "realismo
locale" ; è infatti sulla convinzione che il localismo non
possa essere in alcun modo violato che, prima Einstein-
Podolsky-Rosen, poi Bell, fondano i loro teoremi.
Si ha "localismo" quando due oggetti separati da
grande distanza, esistono indipendentemente l'uno
dall'altro, nel senso che l'azione compiuta su uno di
essi non modifica in modo sensibile le proprietà
oggettive dell'altro.

383
Ora, la fisica classica, così come la relatività einsteiniana, non contempla violazioni del "realismo locale" ; la
meccanica quantistica invece, prevede ampie "deroghe" alla possibilità di influenze a distanza. Al riguardo
leggiamo quanto scritto, mezzo secolo fa, da Niels Bohr :
"Tra due particelle [correlate] che si allontanano l'una all'altra nello spazio, esiste una forma di azione-
comunicazione permanente. [...] Anche se due fotoni si trovassero su due diverse galassie continuerebbero pur
sempre a rimanere un unico ente ..."
Questa "azione-comunicazione" permanente tra le due microparticelle faceva infuriare Einstein. Chi non ricorda
come uno degli assunti fondamentali delle sue teorie, oltre al localismo, prevedesse l'impossibilità di viaggiare o
comunicare a velocità superiore a quella della luce. Nel caso della coppia di particelle emesse da un'unica
sorgente dell'esperimento di Aspect, la comunicazione risultava addirittura istantanea.
Per le sue dirompenti conseguenze, la diseguaglianza di Bell, per giudizio unanime di fisici ed epistemologi,
rappresenta una delle tappe più inquietanti nell'intera storia del pensiero scientifico.

384
L'EFFETTO TUNNEL QUANTISTICO
Una interessante conseguenza del Principio di Indeterminazione di Heisenberg è il cosiddetto Effetto Tunnel.
Classicamente una particella può oltrepassare un ostacolo (o una barriera di potenziale) soltanto se possiede
sufficiente energia. In campo umano una situazione simile può essere immaginata pensando ad un atleta
impegnato in un salto in alto. Se dopo adeguata rincorsa, il nostro atleta sarà in grado di esprimere sufficiente
energia, riuscirà ad oltrepassare l'asticella che fissa il limite superiore del salto, viceversa rovinerà contro di essa.
La situazione appena descritta non è vera in meccanica quantistica.
Il piccolissimo grado di indeterminazione esistente tra i vari livelli di energia e tempo, si traduce in rapidissime
fluttuazioni dei sistemi microfisici. Per tempi che si aggirano intorno al miliardesimo di trilionesimo di secondo, un
gruppo di elettroni può prendere a prestito dal "nulla" sufficiente energia e oltrepassare una barriera di
potenziale altrimenti insuperabile. Il Principio di Indeterminazione vincola però la realizzazione di una tale
transizione alla rapidissima restituzione dell'energia utilizzata nel prestito.
L'Effetto Tunnel quantistico ha validità universale ed è alla base di fenomeni quali il "tunneling elettronico" e la
radioattività.
Il nucleo di un atomo è normalmente circondato da una "altissima barriera" che non permette ai neutroni e ai
protoni di allontanarsi da esso. Nonostante ciò (specialmente nei minerali di Uranio e Radio) in seguito all'Effetto
Tunnel, gli inquilini del nucleo, possono "scavarsi ampie gallerie" e lasciarsi alle spalle le barriere di potenziale
rappresentate dall'attrazione nucleare, dando così vita al fenomeno della radioattività.

385
CAPITOLO NOVE

L’UOMO NATURALE

386
OLISMO E SINCRESI
Con due orrendi termini si vuole rappresentare la visione d’insieme, la reciprocità e l’interazione. In tutte le
pagine ho puntato l’ideale evidenziatore su quelle filosofie, teosofie, religioni e pratiche che tendono a dare
dell’Uomo una rappresentazione sia naturale, integrata e appartenente al mondo naturale, sia culturale e
trascendente.
Il dualismo, che nella mentalità occidentale è fonte di contrasto e contrapposizione, può anche essere visto
in un sistema di complementarietà, seguendo le dinamiche della percezione orientale.
Nel momento in cui da contrapposti gli elementi divengono complementari cambia, sostanzialmente,
l’approccio alle dinamiche dell’esistenza, persino alle problematiche quotidiane.
È allora da rilevarsi come proprio della mentalità occidentale, e della sua concezione religiosa dominante, il
concetto di contrapposizione, di perenne lotta tra il bene e il male, tra corpo e spirito, tra natura e cultura,
diversamente d aun possibile approccio basato sulla complementarietà degli apparentemente opposti.
Nella fisica quantistica sorprende la complementarietà (e contemporaneità) dell’essere e del non-essere, e
può persino lasciare esterrefatti il valore che assume la relazione tra i soggetti, osservato e osservatore, che
determina infinite varianti nella determinazione causale.
In questa sezione ho cercato di individuare quali possono essere le migliori, e più pratiche, vie percorribili
per chi desidera percepirsi e considerarsi come essere unico, sincretico, olistico; quali pratiche adottare,
quali esperienze affrontare per definire, ognuno nel suo proprio specifico ambito e desiderio, il proprio
percorso, il proprio cammino.
Grandi autori come Paolo Coelho hanno per decenni praticato alchimia e magia.
Non dico che in ognuno di noi si celi uno sciamano, ma che la scelta olistica può dare a ognuno la serenità.
E non credo sia poca cosa…

387
OM40
Il termine Oṃ compare indubbiamente nelle prime Upaniṣad vediche (IX-V secolo a.C.). Alcuni autori
ritengono tuttavia con sufficiente contezza che la sua presenza sia comunque indicata anche in un inno
tardo del Ṛgveda (XV-XII secolo a.C.)

Oṃ è il mantra più sacro e rappresentativo della religione induista, religione nata dal Brahmanesimo a sua
volta sviluppo del Vedismo.

Esso è considerato il suono primordiale che ha dato origine alla creazione, la quale viene interpretata
come manifestazione stessa di questo suono.

Secondo le scritture induiste, il mantra Oṃ rappresenta la sintesi e l'essenza di ogni mantra, preghiera,
rituale, testo sacro, essere celeste o aspetto del Divino.

In virtù di questo, la sillaba Oṃ viene recitata in apertura delle letture religiose, della pratica della pūjā e
del yajña.

Essendo venerata dagli induisti come il 'suono originario', viene appellata come akṣara (eterna) o anche
come ekakṣara (la sola cosa eterna) e praṇava (da pra e ṇu, udire un ronzio, per via della sua pronuncia
nasalizzata).
Questo mantra viene spesso utilizzato per rappresentare simbolicamente la sintesi di tre aspetti differenti
del tre in uno, un tema comune in molti aspetti dell'Induismo. Questo implica che la nostra attuale
esistenza definita come mithyā ('realtà apparente'), deve essere trascesa al di là del corpo e della mente
intuendo che la vera natura dell'infinito, la natura di Dio, è immanente, trascende la dualità, essendo e non
essendo, e che non può essere descritta a parole, ma solo sperimentata.

40
Nella pagina precedente il simbolo dell’ OM universale
388
YOGA

Lahiri Mahasaya (1828-1895) maestro di yoga del XIX secolo. Da notare lo yajñopavītam, il cordoncino composto da tre fili di cotone
bianco uniti indossati sopra la spalla sinistra, i quali lo indicano come un brahmano.

41
Con il sostantivo maschile sanscrito Yoga devanāgarī, adattato anche in ioga) nella terminologia delle
religioni originarie dell'India si indicano le pratiche ascetiche e meditative. Non specifico di alcuna

41
Da Wikipedia, l’Enciclopedia libera
389
particolare tradizione hindu, lo Yoga è stato principalmente inteso come mezzo di realizzazione
e salvezza spirituale, quindi variamente interpretato e disciplinato a seconda della scuola.
Tale termine sanscrito, con significato analogo, viene utilizzato anche in ambito buddhista e giainista. Come
termine collegato alle darśana, yoga-darśana (dottrina dello yoga) rappresenta una delle sei darśana,
ovvero uno dei "sistemi ortodossi della filosofia religiosa" hindu.In epoca molto più recente, si è cercato di
diffondere lo Yoga anche nel mondo occidentale.

Origine e significato del termine


Molti studiosi, tra i quali Mircea Eliade (1907 – 1986), storico delle religioni rumeno, riferiscono il
termine yoga alla radice yuj- con il significato di "unire". Da questa radice verbale derivano altri termini
sanscriti quali: yuj (verbo) con il significato di "unire" o "legare", "aggiogare";yúj (aggettivo) "aggiogato",
"unito a", "trainato da"; yugá (sostantivo) ossia il giogo che si fissa sul collo dei buoi per attaccarli all'aratro.
Il termine yugà si riscontra già nel più antico dei Veda, il Ṛgveda, con il significato di "giogo".Ananda
Coomaraswamy (1877 – 1947), storico dell'arte singalese, ricorda in tal senso il brano del Ṛgveda dove
viene indicato che l'uomo deve:

« aggiogare sé stesso come un cavallo disposto ad obbedire »


(Ṛgveda Saṃhitā, V.46.1, citato in Ananda Kentish Coomaraswamy, Induismo e Buddhismo, Milano, Rusconi, 1973, p. 76)

In tale accezione, il termine è chiaramente adoperato anche nello Śatapatha Brāhmaṇa (X secolo ca. a.e.v.)
Da qui il significato, posteriore, di yoga come insieme di tecniche anche meditative aventi come scopo
l'"unione" con la Realtà ultima e tesa ad "aggiogare", "controllare", "governare" i "sensi" (indriya) e i vissuti
da parte della coscienza.L'evoluzione appare evidente in questo passo della successiva Kaṭha Upaniṣad:

« I sensi sono i cavalli, gli oggetti dei sensi sono quelli che vi corrono dietro. »

(Kaṭha Upaniṣad, III.4; citato in Dasgupta 2005, p. 44)

390
Nella sua accezione religiosa e filosofico religiosa, il termine sanscrito yoga è così reso nelle altre lingue
asiatiche:

in cinese 瑜伽 yúqié, yújiā;


in giapponese ヨーガ yōga;
in coreano 유가 yuga;
in vietnamita du già;
in tibetano sbyor ba;
in thailandese โยคะ yokha.

Uso contemporaneo
Nel linguaggio corrente con "yoga" si intende il più delle volte un variegato insieme di attività che spesso
poco hanno a che fare con lo Yoga tradizionale, attività che comprendono ginnastiche del corpo e
della respirazione, discipline psicofisiche finalizzate alla meditazione o al rilassamento, tecniche miste che
unirebbero lo Yoga con tradizioni lontane, eccetera. Si è dunque assistito a tutto un proliferare di pseudo
branche dello Yoga e di maestri proclamatisi tali senza l'appartenenza a un lignaggio:

« Ciò che contraddistingue lo Yoga non è solamente il suo aspetto pratico, ma anche la sua natura iniziatica.
Non si può imparare lo Yoga da soli; è indispensabile la direzione di un maestro (guru). »
(Mircea Eliade, in Eliade 2010, p. 21)

In senso ampio lo Yoga è una via di realizzazione spirituale che si fonda su una sua propria filosofia, un
percorso che diviene via via sempre più totalizzante, non un qualcosa al quale ci si può riferire con
espressioni come "fare un po' di yoga":

« Senza dubbio la pratica disciplinata costituisce una delle caratteristiche peculiari dello Yoga in quanto
sistema, ma, come sarà più oltre chiaro, lo Yoga possiede una sua visione su molti altri argomenti come la

391
psicologia, l'etica e la teologia.»
(Surendranath Dasgupta, in Dasgupta 2005, p. 5)

La dottrina dello Yoga nelle Upaniṣad vediche


Se dunque nei Veda, segnatamente nella Ṛgveda Saṃhitā, termini correlati al termine yoga hanno il
compito di suggerire agli uomini di "imbrigliare" i propri sensi, pensieri e vissuti per dedicarli con talento
alle attività religiose e spirituali nelle successive Upaniṣad vediche tale termine inizia ad avere dei significati
più precisi e tecnici.
È nella Kaṭha Upaniṣad, collegata al Kṛṣṇa Yajurveda, che il termine yoga compare per la prima volta.
Questa Upaniṣad del periodo medio, databile intorno al V sec. a.e.v., discostandosi dal clima dei grandiosi
miti cosmogonici delle Upaniṣad antiche, si apre a speculazioni più specificamente filosofiche e
psicologiche, preannunciando elementi che poi saranno sviluppati a fondo nelle successive darśana, le
scuole interpretative dell'induismo.

« Il saggio, in seguito alla realizzazione dello yoga individuale (adhyātma yoga), avendo contemplato [in sé]
il Dio che è difficile da vedere, che è sprofondato nel mistero, che giace nel cuore, che è riposto nella cavità,
che è l'antico, abbandona il piacere e il dolore. »
(Kaṭha Upaniṣad, I.2.12, traduzione di Pio Filippani Ronconi, in Upaniṣad antiche e medie, Torino, Boringhieri, 2007, p. 347)

Śvetāśvatara Upaniṣad
Composta fra il IV e il II secolo a.e.v, questa Upaniṣad riveste un posto particolare, in quanto contempla
temi che saranno propri del successivo induismo: l'aspetto teistico; la fede come devozione, la bhakti cioè;
il concetto di energia divina, la śakti, ossia la potenza creatrice del Dio, il suo aspetto immanente; lo Yoga.
Inizialmente lo Yoga è descritto come disciplina meditativa capace di realizzare la śakti, la potenza stessa
divina (deva-ātma-śakti).Nel secondo canto troviamo descrizioni sia di carattere tecnico sia riguardanti i
segni che contraddistinguono il percorso dello yogin.
392
« A questo punto, avendo controllato i suoi soffi vitali e trattenuto il moto del respiro, allorché il prāṇa è
raffrenato, espiri dal naso; come colui che conduce un veicolo trascinato da cavalli cattivi, così pure il saggio
trattenga la sua potenza mentale senza distrarsi. »
(Śvetāśvatara Upaniṣad, II.9, traduzione di Pio Filippani Ronconi, in Upaniṣad antiche e medie, Torino, Boringhieri, 2007, p. 323)

Vi compaiono dunque precisi accenni al controllo della respirazione, respirazione collegata al prāṇa, il
principio vitale inteso come "soffio"; e al dominio dell'attenzione inteso come capacità di non essere
distratto, quindi di concentrarsi: elementi questi che ritroveremo entrambi nella successiva
sistematizzazione dello Yoga classico. Degna di nota è infine la relazione fra Yoga e immortalità, lo Yoga cioè
come disciplina salvifica.
Maitrī Upaniṣad
L'ancora più tarda Maitrī Upaniṣad (o Maitrāyaṇīa Upaniṣad, composta fra II sec. a.e.v. e il II sec.
e.v., collegata al Kṛṣṇa Yajurveda) entra ulteriormente nell'aspetto descrittivo:

« Si dice anche altrove: 'Colui che ha i sensi assorti come in un sonno profondo, vede mediante il pensiero
più puro (śuddhitamayā dhiyā), come in un sogno, nella caverna dei sensi, ma non soggetto al loro potere,
[l'intimo movente,] chiamato oṃ, che ha la luce come forma, che è libero da sonno, da vecchiaia, da morte,
da dolore. Egli stesso, chiamato oṃ, diventa lui pure l'intimo movente, libero da sonno, da vecchiaia, da
morte, da dolore'. Così dice [la śruti]: 'Per il fatto che egli unifica (ekadhā yunakti:congiungere) al prāṇa e
all' oṃ tutto [il molteplice], e [per il fatto che essi] vengono congiunti (yuñjate), si denomina questo [atto]
congiunzione (yoga) suprema'. L'unità del prāṇa e della mente, nonché dei sensi, e la rinuncia a tutte le
condizioni [di esistenza], ecco ciò che si considera come unione (yoga) »
(Maitrī Upaniṣad, VI.25, traduzione di Pio Filippani Ronconi, in Upaniṣad antiche e medie, Torino, Boringhieri, 2007, p. 409)

In questa Upaniṣad troviamo la più antica suddivisione dello Yoga in


aṅga (lett.: "braccia", "membra"):

393
prāṇāyāma (controllo della respirazione);
pratyāhāra (ritrazione dei sensi);
dhyāna (meditazione);

dhāraṇā ("connessione profonda";


tarka ("pensiero", "ragionamento");

samādhi ("concentrazione").

« Or ecco il modo di ottenere [l'unione con l'Assoluto]: controllo del resipro [prāṇāyāma], ritraimento [dai
senso degli oggetti nelle corrispondenti facoltà] [pratyāhāra], meditazione [dhyāna], concentrazione
[dhāraṇā], riflessione [tarka], assorbimento [nell'Assoluto] [samādhi]; tali sono i sei capisaldi del metodo
chiamato Yoga [unione, congiungimento]. Mediante questo, allorché un veggente vede l'Aureo, il Fattore, il
Signore, lo Spirito, il brahman, la Matrice, allora egli sa, avendo abbandonato il bene e il male, realizza la
onniunità nel Supremo inalterabile. »

(Maitrī Upaniṣad, VI.18, traduzione di Pio Filippani Ronconi, in Upaniṣad antiche e medie, Torino, Boringhieri, 2007, pp. 405-406)

Si tratta quindi di una suddivisione in sei membra, che rispetto a quella classica degli Yoga Sūtra manca
delle norme di carattere generale e morale (le osservanze e le restrizioni: yama eniyama), e dove il
ragionamento prende il posto della posizione (āsana). Tarka è da intendersi come la riflessione ragionata
sugli argomenti delle scritture, dei Veda. Ciò testimonierebbe, secondo questa Upaniṣad, che in questo
stadio lo Yoga era principalmente una disciplina di carattere speculativo.

394
Le vie dello Yoga nella Bhagavadgītā

Kṛṣṇa sul carro di Arjuna; scultura moderna presso Giakarta, Java, Indonesia 2012.

« È appunto questa disciplina antica che io ti ho insegnato oggi. Tu sei il mio fedele adoratore e mio amico;
tale è il supremo segreto. »
(Kṛṣṇa: Bhagavadgītā, op. cit, IV.3)

I 18 canti estratti dal Bhīṣma Parva, sesto libro del vasto poema epico Mahābhārata, noti come "Il canto del
Divino", costituiscono un poemetto a parte per la decisiva importanza e storica e dottrinale che essi
rivestiranno nell'Induismo ortodosso. Di datazione incerta, ma comunque non successiva al III-II secolo
a.e.v. nella loro stesura finale, salvo ritocchi posteriori, la Bhagavadgītā è incentrata sul dialogo fra il
principe Arjuna e il dio Kṛṣṇa, ottavo avatāra di Viṣṇu. Il confronto, sempre in sospeso fra toni ieratici e
punte di alto lirismo, è ambientato in un campo di guerra, là dove Arjuna si ritrova a dover fronteggiare in
battaglia i suoi stessi familiari. L'angoscia del combattimento e il dilemma morale lo assalgono
395
costringendolo a fermarsi.È qui che Kṛṣṇa, sul carro di Arjuna in veste di auriga, risponde ai suoi dubbi, gli
espone le vie della realizzazione, e a lui si manifesta come Dio.
Nella Gītā il termine yoga compare spesso, ma quasi sempre non inteso nel senso di tecnica psicofisica o
visione filosofico-religiosa compiuta come in seguito sarà, bensì come condotta di vita, via o percorso verso
il divino e quindi verso la liberazione. La molteplicità di questi cammini che Kṛṣṇa presenta ad Arjuna
costituisce l'insieme delle vie dello Yoga così come in quest'opera esposte. Fra queste rivestono maggior
importanza: il Karma Yoga, la via dell'azione sacralizzata; il Jñāna Yoga, la via della conoscenza spirituale;
il Bhakti Yoga, la via dell'abbandono devozionale a Dio; il Dhyāna Yoga, la via della meditazione. Al di là
delle particolarità che contraddistinguono i singoli percorsi, lo Yoga esposto in quest'opera è
chiaramente teistico, e si presenta come il risultato di una vasto intento sintetico, nel quale ogni via di
salvezza è considerata efficace se percorsa nel principio validante della fede.

Karma Yoga
Il termine karma è generalmente tradotto con "azione", e nelle tradizioni dell'induismo è connesso alla
dottrina del ciclo delle rinascite, il saṃsāra, tramite quella legge nota appunto come "legge del karma", in
base alla quale ogni azione dell'individuo senziente può essere causa di conseguenze che vincolano il suo
corpo trasmigrante a tornare in vita dopo la morte del corpo fisico. Si è qui di fronte a una teoria
fondamentale in tutte le tradizioni religiose non solo dell'induismo, ma anche del buddhismo,
del giainismo e del sikhismo. La liberazione, il mokṣa, da questo ciclo delle reincarnazioni è il fine ultimo di
queste tradizioni, perché tornare in vita non è che ritornare nelle sofferenze della vita. Il problema che
la Bhagavadgītā si trova a dover affrontare è in fondo il dilemma fondamentale di ogni essere umano:
come conciliare il proprio agire quotidiano con la legge morale. E Arjuna si trova in una situazione limite,
ben più ardua di quella dell'individuo comune: è a capo di un esercito e dall'altra parte egli vede schierati i
suoi stessi consanguinei.
Kṛṣṇa espone ad Arjuna la dottrina del Karma Yoga, che a un primo livello di comprensione è letta come la
via dell'azione disinteressata, il distaccamento cioè dai frutti dell'azione stessa e l'adesione al proprio
396
dovere sociale (svadharma) in quanto tale e non come strumento per raggiungere, o evitare, questo o
quell'obiettivo, o ostacolo. Più in profondità il Karma Yoga pospone la via dell'ascetismo alla via
dell'impegno sociale, reinterpretando quest'ultimo in un'ottica sacralizzata:

« Ma colui che, padroneggiando i sensi mediante la mente, intraprende con distacco la pratica dello Yoga
dell'azione, mettendo in opera le proprie facoltà attive, quegli eccelle [fra gli asceti]. Quanto a te, compi le
azione prescritte, perché l'azione è superiore all'inazione e la tua vita corporale non potrebbe essere
mantenuta senza che tu agisca. A eccezione delle opere compiute per uno scopo sacrificale, l'azione è ciò
che in questo mondo incatena. »
(Bhagavadgītā, op. cit, III.7-9)

L'agire disinteressatamente, in accordo col proprio ruolo sociale diventa quindi atto sacrificale col quale
l'uomo rende a Dio ciò che Dio ha creato:

« Così gira la ruota [cosmica]. Colui che, quaggiù, non la fa girare a sua volta, conduce una vita empia e si
compiace delle fruizioni sensibili, scorre invano la sua vita, o figlio di Pṛthā. »
(Bhagavadgītā, op. cit, III.16)

Il «trionfo» della Bhagavadgītā, usando un'espressione di Mircea Eliade, è in questo suo dare la possibilità
di rendere sacra ogni azione profana vivendola come atto rituale, gesto sacro offerto a Dio, foss'anche un
atto "immorale" come quello di Arjuna. Dissolvendo così nel sacrificio il frutto dell'azione, l'individuo non
"genera nuovo karma", si svincola dal ciclo delle rinascite e può finalmente aspirare alla liberazione.

397
Bhakti Yoga

Kṛṣṇa si manifesta ad Arjuna nella sua forma divina; raffigurazione di epoca moderna.

La bhakti è la devozione verso una divinità personale, il Signore (Bhagavān), o anche verso il proprio
maestro spirituale, attualmente espressa in varie tradizioni religiose dell'induismo come adorazione,
trasporto emotivo intenso e resa totale. La bhakti così intesa è propria dei cosiddetti "movimenti
devozionali", affermatisi verso il VII secolo nell'India del Sud e poi estesisi altrove, ma già presenti nel
periodo in cui la Gītā veniva composta. Nella Gītā compare inoltre per la prima volta la concezione che il
Signore possa ricambiare l'affetto del devoto, essergli amico e anche di più.
Il Bhakti Yoga è dunque la via della devozione, la via che scegliendo l'adorazione e l'abbandono nel Signore,
conduce così alla liberazione. E, cosa notevole, la Gīta estende ora questa possibilità agli individui delle
caste basse e alle donne, tradizionalmente esclusi dal mondo brahmanico:
« Coloro che hanno preso in me il loro rifugio, figlio di Pṛthā, anche se avessero una cattiva nascita, se
fossero donne, artigiani o anche servitori, raggiungono il fine supremo. »
(Bhagavadgītā, op. cit, IX.32)

398
Jñāna Yoga
Jñāna è la conoscenza metafisica,la conoscenza dell'Assoluto, del Brahman cioè:

« Mediante questa [conoscenza] tu vedrai tutti gli esseri, tutti, senza eccezione, nel Sé, cioè in me. »
(Bhagavadgītā, op. cit, IV.35)

Nel quarto canto della Gītā la via della conoscenza è intesa come una forma di sacrificio (IV.32), quella più
alta fra le altre forme di sacrificio (IV.33), identificata con la conoscenza dei Veda (IV.34).

Dhyāna Yoga
Il sostantivo neutro dhyāna è usualmente reso con "meditazione", "attenzione", "riflessione",
"contemplazione". Il sesto canto della Gītā si occupa, tra altro, dell'aspetto contemplativo dello Yoga, e più
che fare riferimento al settimo stadio della suddivisione degli Yoga Sūtra, detto appunto "Dhyāna", in realtà
verte sull'insieme delle ultime tre suddivisioni, il saṃyama ("dominio dello spirito"). I versetti dal 10 al 14
descrivono tecnicamente come il praticante deve operare, e troviamo qui abbozzati ma precisi elementi
che faranno parte dello Yoga classico: osservanza della castità; una posizione stabile in cui meditare;
concentrazione su un unico punto (ekāgra); animo pacificato; mente disciplinata. Questa pratica conduce
all'unione fra l'essenza individuale e quella universale, donando una felicità che non è dei sensi:

« Là dove il pensiero [citta], sospeso mediante la pratica assidua dello yoga, cessa di funzionare, e là dove,
percependo il Sé [ātman] nel Sé [e] mediante il Sé, si trova la [propria] soddisfazione, là dove si trova quella
beatitudine infinita che percepisce l'intelletto [buddhi] ma non i sensi. »
(Bhagavadgītā, op. cit., VI.20-21)

La "sospensione del pensiero" (cittam niruddham) qui evidenziata è del tutto equivalente alla definizione
che si dà negli Yoga Sūtra (citta vṛtti nirodhaḥ).

399
Lo Yoga classico nello Yogasūtra di Patañjali
La prima grande opera indiana che descrive e sistema le tecniche dello Yoga è lo Yoga Sūtra ("Aforismi sullo
Yoga"), redatto da Patañjali, vissuto fra il II sec. a.e.v. e il V sec. e.v., che raccoglie 196 sūtra. A lui va il
merito di aver interpretato lo Yoga quale dottrina soteriologica e soprattutto filosofica da
tradizione mistica che era
Lo Yogasūtra è suddiviso in quattro sezioni dette pāda, che sono:

Samādhi Pāda (la "congiunzione");


Sādhana Pāda (la "realizzazione");

Vibhūti Pāda (i "poteri");


Kaivalya Pāda (la "separazione").
Nel primo pāda viene introdotto e illustrato lo Yoga come mezzo per il raggiungimento del samādhi, lo
stato di beatitudine nel quale, sperimentando una differente consapevolezza delle cose, si consegue la
liberazione (mokṣa) dal "ciclo delle rinascite" (il saṃsāra). Nel secondo è esposto l'Aṣṭāṅga Yoga ("Le otto
membra dello Yoga", noto anche come Raja Yoga, lo "Yoga regale"). Nel terzo Patañjali prosegue
descrivendo le ultime tre fasi del percorso yogico; vengono altresì esposti i "poteri sovraumani" (vibhūti)
che è possibile conseguire con una pratica corretta dello yoga. Nell'ultimo pāda il filosofo dà una veste
filosofica alla disciplina fin ora presentata rifacendosi alla dottrina del Sāṃkhya: il samādhi consente
finalmente di riconoscere la "separazione" (kaivalya) fra spirito (puruṣa) e materia (prakṛti).
Kaivalya, puruṣa e prakṛti, insieme ad altri, sono termini del pensiero del Sāṃkhya, scuola sistematizzata
dal filosofo indiano Īśvarakṛṣṇa intorno al IV secolo e.v., ma di origini ben anteriori. Patañjali adotta il
Sāṃkhya e su di esso fonda il suo Yoga, coniugando così due fra le tradizione più antiche del mondo
indiano, quella filosofica del Sāṃkhya e quella mistica dello Yoga. Così sintetizza il suo contributo lo storico
delle religioni rumeno Mircea Eliade:

« Lo Yoga classico comincia dove finisce il Sāṃkhya. Patañjali fa sua quasi integralmente la dialettica
400
Sāṃkhya, ma non crede che la conoscenza metafisica possa, da sola, portare l'uomo alla liberazione
suprema. »
(Mircea Eliade; in Eliade 2010, p. 47)

Di opinione differente è il filosofo indiano Surendranath Dasgupta, il quale ipotizza un'origine comune per
entrambi i sistemi in quello che è stato definito il "proto-Sāṃkhya", il Sāṃkhya delle origini, del quale però
poco o nulla si conosce non esistendo alcun testo coevo. Egli però non nega a Patañjali di aver operato una
notevole sintesi delle tradizioni dello Yoga e del Sāṃkhya, sia che fossero tradizioni distinte, sia che
avessero origini comuni. Di opinione simile sono anche i commentatori dell'epoca.

Il Sāṃkhya postula l'esistenza di due princìpi eterni e inconciliabili: il puruṣa, il "veggente",


puro spirito frammentato in infinite monadi, testimone inattivo dell'incessante evoluzione della prakṛti, il
secondo principio: la "natura naturante", la materia concepita come ente da cui deriva per differenziazioni
successive ogni aspetto della realtà fisica, materiale e mentale. Sebbene distinti, tra tali due princìpi si
esercita normalmente un'influenza che è causa sia dell'evoluzione del cosmo sia della sofferenza umana. Da
un lato abbiamo il puruṣa, che non possedendo la facoltà di agire si lascia illudere
dalla prakṛti attribuendosi un dinamismo che gli è alieno; dall'altro lato c'è la prakṛti, che nel suo prodotto
più evoluto, cioè il citta (la coscienza), si erge illudendosi d'essere altro dalla materia stessa.
La confusione originata da tale ignoranza condanna il cosiddetto "io trasmigrante" a reincarnarsi dopo la
morte del "corpo grossolano" che lo accoglieva: è il saṃsāra: l'evoluzione della materia prosegue e così
anche la vita intesa in senso lato. E tornare a vivere è ricadere nella sofferenza.
La liberazione da questo ciclo è possibile, secondo il Sāṃkhya e lo Yoga di Patañjali, soltanto riconoscendo
gli aspetti autentici del puruṣa e della prakṛti e quindi il loro stato di effettiva "separazione", il kaivalya. Il
soggetto che può operare tale distinzione non può certo essere il puruṣa, ma la prakṛti stessa nella sua
forma più complessa, la coscienza, il citta. Il citta, l'insieme delle funzioni mentali conscie e inconscie deve
liberarsi da tutto ciò che la oscura e la agita, da quei "movimenti" che Patañjali chiama "vortici" (vṛtti). E
questo altro non è se non il fine dello Yoga.
401
Gli otto stadi del Rāja Yoga

Uno yogin mentre pratica il dhyāna, la meditazione yogica.

« Lo yoga deve essere conosciuto attraverso lo yoga. Lo yoga è il maestro dello yoga. Il potere dello yoga si
manifesta solo attraverso lo yoga. »
(Vyāsa, Yogabhāṣya, commento a Yoga Sūtra, III.6; citato in Iyengar 2010, p. 185)

Gli stadi in cui Patañjali suddivide il percorso yogico sono otto. I primi due, yama e niyama, rispettivamente
le "astensioni" e le "osservanze", sono da intendersi come norme di carattere generale, indispensabili
codici morali da adottare quotidianamente per chi voglia intraprendere il percorso (sādhana).
Tali otto stadi sono:
1. Yama: astinenze; astensioni; freni; proibizioni; regole di comportamento. Queste sono:
Ahiṃsā: non violenza; pacifismo;
Satya: sincerità; genuinità;
Asteya: non rubare; temperanza;
402
Brahmacarya: continenza; castità; letteralmente vuol significare "seguace del Brahman" con
riferimento al primo degli stadi della vita di un hindu che segue il percorso canonico di realizzazione
spirituale;
Aparigraha: non avidità; moderazione; rinuncia;

2. Niyama: osservanze; discipline. Queste sono:


Śauca: pulizia; purezza;
Saṅtoṣa: appagamento; contentezza; soddisfazione;
Tapas: autodisciplina; fervore mistico; ardore; ascetismo; il significato etimologico del termine tapas è
"calore", e in senso figurato sta a indicare l'austerità religiosa;
Svādhyāya: studio (delle scritture sacre, cioè la recitazione dei Veda;); applicazione;
Īśvara praṇidhāna: abbandono al Signore;
Il Signore non è un Dio creatore né un Dio giudice o dispensatore di grazia, ma piuttosto un essere
supremo, un modello cui lo yogin può ispirarsi; sarà soltanto successivamente, con il diffondersi
delle correnti devozionali, che la figura di Dio nello Yoga classico assumerà un ruolo più decisivo,
all'insegna della devozione emotiva, la bhakti;
3. Āsana: posizione fisica; postura;
Patañjali menziona il termine in un solo sūtra, parlando genericamente di una qualsiasi posizione
che risulti stabile e comoda;
4. Prāṇāyāma: controllo della respirazione e del flusso vitale;
Il termine è composto da prāṇa e āyāma, che sta per "allungamento", "espansione", mentre il
primo è generalmene reso con "respiro vitale";
5. Pratyāhāra: ritrazione dei sensi dagli oggetti; astrazione dal mondo; isolamento sensoriale;

403
Si passa da uno stadio in cui le funzioni sensoriali sono dominate dai rispettivi oggetti dei sensi, a
uno stadio in cui i sensi ne sono affrancati per permettere una conoscenza altra, quella che deriva
dalla propria coscienza (citta);
6. Dhāraṇā: concentrazione;
La "concentrazione" è definita come «fissare la coscienza (citta) su qualcosa»;
7. Dhyāna: meditazione; contemplazione profonda;
Non si tratta qui della meditazione comunemente intesa, né di una forma di rimuginazione
interiore: il dhyāna è contraddistinto da uno stato di coerente lucidità;
8. Samādhi: congiunzione con l'oggetto della meditazione; assorbimento della coscienza nel sé; estasi;
Patañjali così definisce il samādhi:
« Quando l'oggetto della meditazione assorbe chi medita, e appare come
soggetto, si perde la consapevolezza di se stessi. È il samādhi. »

(Yoga Sūtra, III.3; citato in Iyengar 2010, p. 181)

Il filosofo distingue due momenti prima del compimento del percorso esposto:

Samprajñāta samādhi: samādhi con sostegno; samādhi consapevole;


Il termine, samprajñāta vuol letteralmente significare "con oggetto della
consapevolezza". Tale samādhi è caratterizzato da quattro componenti: assorbimento nel pensiero
analitico (vitarka), assorbimento nel pensiero sintetico (vicāra), sperimentazione della beatitudine
(ānanda), coscienza dell'unità con sé stesso (asmitā);

Asamprajñāta samādhi: samādhi senza sostegno; samādhi non cosciente.

404
Il termine non è invero usato da Patañjal ma dai suoi commentatori: il filosofo lo definisce soltanto
come un "andare verso la quiete" (virāma paratyaya), nel senso che le funzioni psicomentali,
ancora attive nel samprajñāta samādhi, adesso sono in via di dissoluzione
Quando anche queste funzioni hanno terminato di esercitare del tutto la loro influenza, si è nel:

Nirbīja samādhi: samādhi senza seme;


Tale stadio è quello finale, il samādhi propriamente inteso, nel quale è abbandonata anche quella
forma di percezione differente che lo yogin ha sperimentato precedentemente, iniziata
col pratyāhāra e proseguita fino alle forme compiute di samādhi consapevoli, dette sabīja samādhi,
cioè samādhi "con seme".
« È uno stato al di là dell'esperienza sensoriale del mondo, nel quale
la coscienza è raccolta in sé stessa senza alcun oggetto, ossia è
riflessiva, poiché è essa stessa il proprio oggetto. »
(Gavin Flood; in Flood 2006, p. 132)

Raggiunto il nirbīja samādhi l'individuo ha finalmente liberato il suo puruṣa dall'influenza della materia
rendendogli la propria condizione originale; il suo corpo trasmigrante si è del pari riconosciuto per quel che
è reintegrandosi nella prakṛti: è la condizione del "liberato in vita" (il jīvanmukta), una situazione
paradossale. Pur vivo, egli ha abbandonato il ciclo delle rinascite (ilsaṃsāra); pur continuando a esistere nel
tempo, egli è fuori dal tempo; pur possedendo un corpo, la propria coscienza (il citta) è ora assimilabile
al puruṣa, il testimone delle evoluzioni del materiale e del mentale: egli "si vede". Soggetto e oggetto al
contempo, il liberato in vita vive in uno stato di "sovracoscienza", uno stato di estrema, impassibile lucidità.

405
Le Upaniṣad posteriori e lo Yoga

Illustrazione tratta da un manoscritto del Mahābhārata, 1795. Il disegno mostra le divinità principali dell'Induismo raffigurate
all'interno del monosillabo OṂ, l'invocazione sacra già menzionata nelle Upaniṣad vediche. Nella ben successiva Dhyānabindu
Upaniṣad è esposta una pratica meditativa basata sulla contemplazione dell'OṂ.

Successivo alla Maitrī Upaniṣad e di poco anteriori agli Yogasūtra è un gruppo di Upaniṣad nelle quali
troviamo riferimenti e descrizioni più o meno precisi che riguardano elementi caratteristici dello Yoga: sono
le Upaniṣad Saṃnyāsa, spesso scritte in prosa.
Ben posteriore è invece un altro gruppo di Upaniṣad, le Upaniṣad Yoga, databili fra il XIV e il XV secolo, in
versi.
Le prime, le Upaniṣad Saṃnyāsa, espongono teorie approssimative che esaltano la
vita ascetica e devozionale: il saṃnyāsa è il rinunciante, colui che abbandona la vita sociale e i propri beni

406
per dedicarsi alla conoscenza spirituale. Fra queste Upaniṣad citiamo la Jābāla Upaniṣad, la Saṃnyāsa
Upaniṣad, la Brahma Upaniṣad e la Paramahaṃsa Upaniṣad. In quest'ultima è presentata come meta del
percorso spirituale, l'unione fra l'essenza ultima individuale (il jīvātman) e quella suprema (il Paramātman),
terminologia più prossima alle scuole del Vedānta che a quella del Sāṃkhya.
Nel gruppo delle Upaniṣad Yoga meritano maggior attenzione la Yogatattva Upaniṣad, la Dhyānabindu
Upaniṣad e la Nādabindu Upaniṣad. In queste compaiono molti dei termini e dei concetti che sono
dello Haṭha Yoga, pur risentendo degli influssi del Vedānta.
Nella Yogatattva Upaniṣad abbiamo una teoria del prāṇāyāma, il controllo della respirazione e del flusso
vitale (il prāṇa), con descrizioni tecniche sulla durata delle fasi respiratorie e sulla purificazione delle nāḍī.
Il pratyāhāra, cioè la ritrazione dei sensi dagli oggetti, è associato alla fase di sospensione del ciclo
respiratorio. Il samādhi, lo stato di congiunzione finale del percorso yogico inteso come mezzo salvifico, è la
realizzazione dell'unione frajīvātman e Paramātman.
Un accento particolare in questa Upaniṣad è posto sulle siddhi (o vibhūti), le "perfezioni", cioè i poteri extra-
normali, quelle facoltà straordinarie che la pratica dello Yoga concederebbe: la chiaroveggenza; l'invisibilità
del corpo; la capacità di trasformare metalli in oro; la capacità di volare; l'immortalità; eccetera. Vi
compare quindi descritta una fisiologia del corpo yogico che suddivide in cinque il corpo grossolano
facendo corrispondere ogni parte a uno dei cinque elementi cosmici, a uno yantra, e a un bījamantra. Infine
la Yogatattva Upaniṣad enumera una serie di āsana, le posture da assumere durante la pratica.
La Dhyānabindu Upaniṣad è caratterizzata da elementi tipicamente tantrici, quali l'emancipazione dagli
obblighi morali e sociali; il carattere pratico della conoscenza; una vena antidevozionale, dove le divinità
sono simbolicamente rappresentate in varie forme. Il caso più evidente è la contemplazione
del Brahman quale bījamantra OṂ. Il prāṇāyāma, nei suoi tre momenti di inspirazione, sospensione ed
espansione, simboleggia l'adorazione di Brahma, Viṣṇu e Rudra rispettivamente. Queste tecniche, insieme
ad altre, costituiscono il Dhyāna Yoga, così come in questa Upaniṣad presentato. Vi si trova infine anche un
accenno al "risveglio" di Parameśvarī, la Signora Suprema, con riferimento quindi a Kuṇḍalinī.

407
Di carattere simile è la Nādabindu Upaniṣad, nella quale è interessante evidenziare l'attenzione che viene
rivolta ai fenomeni auditivi che si producono durante la pratica, suoni simbolici che costituiscono una
misura del progresso nel percorso yogico.

« Lo yogin, postosi nella posizionde del Siddhasana e praticando il


Vaishnavi-mudra, dovrebbe sempre prestare ascolto al suono
interiore col giusto orecchio.»
(Citato in Nada-Bindu Upanishad, traduzione di K. Narayanasvami Aiyar.)

Nāda vuole infatti dire "suono", e la teoria si basa sulla convinzione che una delle manifestazioni
dell'Assoluto è quella in forma fonica. I suoni udibili sono distinti in tre livelli: nel primo si può udire il suono
di un tuono, oppure di una cascata, oppure delle onde oceaniche; nel secondo il suono di un tamburo o di
una campana; nel terzo di una piccola campana, oppure di un flauto o anche del ronzio di un'ape. Lo yogin
deve superare tali livelli usando quei suoni per fermare il divagare della propria coscienza (citta), a
somiglianza di un serpente che viene immobilizzato dall'ascolto di musiche opportune. Quando egli non
udirà più alcun suono, allora avrà raggiunto la liberazione (mukti).

408
Lo Yoga nelle tradizioni tantriche

Raffigurazione del corpo umano con raffigurati sette cakra e le tre nāḍī principali; dipinto nepalese del XVIII secolo. Sono
rappresentate, dipinte nei cakra, le divinità che li presiedono.

Con l'espressione "Yoga tantrico" ci si vuol oggi generalmente riferire a una non ben precisata classe che
comprende differenti forme di Yoga o presunte tali, sia tradizionali sia rivisitate in chiave moderna, che si
allontanano dallo Yoga classico di Patañjali e dei suoi commentatori. In realtà non esiste uno "Yoga
tantrico" come disciplina o pensiero a sé stante nelle tradizioni hindu, come del resto non esiste un
fenomeno "tantrico" indipendente in quel vasto e complesso insieme di tradizioni religiose caratteristiche
del mondo panindiano.

409
Si ricorda infatti che il termine "tantrismo", come anche l'aggettivo "tantrico", oggi entrambi ben noti e
diffusi, sono di uso relativamente recente: sconosciuti nel sanscrito, sono stati introdotti da studiosi
occidentali nel XIX secolo con l'intento di riferirsi a certe pratiche e credenze religiose che apparivano
estranee e distinte da ciò che allora si conosceva delle religioni dell'India. Questo insieme di pratiche e
credenze faceva spesso riferimento a testi definiti Tantra, testi sia in sanscrito che in lingue vernacolari: da
qui i termini oggi adoperati.
Ogni testo dei Tantra è suddiviso, o dovrebbe teoricamente essere suddiviso in quattro parti dette pāda,
che riguardano gli aspetti principali della vita deltāntrika (l'adepto di una tradizione); la dottrina (jñāna); il
rituale (kriyā); il comportamento (caryā); e infine lo yoga: la pratica, ovvero i mezzi per ottenere la
liberazione.
Haṭha Yoga, Kuṇḍalinī Yoga, Laya Yoga e Mantra Yoga sono branche considerate essere Yoga tantrico, ma
sotto questo nome vengono annoverate anche forme di Yoga di recente invenzione, in Occidente come
anche in India, che spesso non sono esattamente riconducibili a una tradizione.
Mentre lo Haṭha Yoga è riferibile a un fondatore, Gorakhnāth(XII sec.), a un ordine tuttora esistente
(i Kānpaṭha), e a più di un testo, lo stesso non si può dire del Kuṇḍalinī Yoga, termine anch'esso di uso non
tradizionale, tant'è che alcuni studiosi lo identificano con lo Haṭha Yoga.Chiaramente qui con Haṭha Yoga ci
si riferisce allo Haṭha Yoga tradizionale, non quello moderno, versione reinterpretata di elementi
tradizionali.
È dunque importante individuare e comprendere quali siano quegli elementi caratteristici delle forme di
Yoga che possono definirsi tantriche. In primo luogo si osserva che il seguace di una tradizione tantrica,
il tāntrika, è consapevole di vivere in un mondo che ai suoi occhi si configura come un campo di "energie
sovrannaturali", potenze divine che animano il mondo e il suo corpo stesso.
Quando qui si parla di "corpo", non si deve intendere soltanto il corpo fisico, quello accessibile ai sensi, il
"corpo grossolano", ma anche e soprattutto il cosiddetto "corpo sottile", una struttura immateriale, un
complesso somatico inaccessibile ai sensi che l'adepto crea seguendo culti visionari e pratiche
somatopsichiche, fondamentali in ogni forma di Yoga tantrico:
410
« Un tāntrika praticante è sempre uno yogin. »

(André Padoux, in Padoux 2011, p. 96)

Sul termine "corpo sottile", ormai di uso comune, va precisato, come fa notare l'indologo francese André
Padoux, che si tratta di un termine improprio, perché è la traduzione letterale disukṣmaśarīra, termine che
si riferisce invece al corpo trasmigrante: il "corpo sottile" sarebbe invero quello che sopravvivendo alla
morte è destinato a reincarnarsi (se non c'è stata liberazione). Padoux utilizza pertanto il termine "corpo
yogico"; Gavin Flood utilizza il termine "corpo tantrico"
Le potenze divine che "vivono" nel mondo sono considerate essere espressioni di un'unica potenza, o
energia,la śakti. In termini generici si può definire la śakti come quell'aspetto dell'Assoluto che operando
nel mondo, è fonte di ogni trasformazione, creazione e dissoluzione. Nel corpo è ritenuta presente una
forma di tale energia che di norma è in uno stato potenziale, quiescente: il termine adoperato nella
letteratura tradizionale in sanscrito è kuṇḍalinī, traducibile con "arrotolata". Kuṇḍalinī-śakti è l'energia
potenziale divina che "abita" il corpo umano.

« Tra l'ano e l'organo virile si trova il centro di base, il Mūlādhāra,


che è come una matrice, uno yoni (organo femminile). Là è la 'radice'
a forma di bulbo ed è là che si trova l'energia fondamentale
Kuṇḍalinī avvolta tre volte e mezza su se stessa. Come un serpente,
essa circonda il punto di partenza delle tre arterie principali
tenendosi in bocca la coda proprio davanti all'apertura dell'arteria
centrale (suṣumnā). »

(Śiva Saṃhitā, 5.75-76; citato in Alain Daniélou, Śiva e Dioniso,


traduzione di Augusto Menzio, Ubaldini Editore, 1980, p. 131)

Gli organi principali del corpo sottile sono: i "canali", o "arterie" (nāḍī), fra i quali hanno maggior
importanza la nāḍī centrale, la suṣumnā, e le due laterali, iḍā e piṅgalā; i "centri", o "ruote" (cakra); i
411
"punti" (bindu); il soffio vitale (vāyu). Va precisato che non esiste una fisiologia univoca per il corpo yogico:
il numero, le caratteristiche e le funzioni dei suoi componenti variano con la tradizione e i testi.
Sebbene il corpo yogico e il ruolo che la kuṇḍalinī vi svolge sono sempre presenti nell'interpretazione
metafisica della pratica yogica, quest'ultima può anche contemplare vie che non chiamano direttamente in
causa né gli elementi del corpo né la kuṇḍalinī stessa. È per esempio il caso dello śaktipāta, la discesa della
grazia divina che può egualmente condurre alla liberazione.
Un altro aspetto dello Yoga tantrico che occorre mettere in evidenza riguarda proprio il fine, che non
sempre coincide con la salvezza spirituale intesa come liberazione dal ciclo delle rinascite, quanto più
volentieri con l'acquisizione di effetti benefici sul corpo e soprattutto con l'ottenimento dei poteri
sovrannaturali, le siddhi, o vibhūti, già descritte anche da Patañjali nel terzo pāda degli Yoga Sūtra.
Connessa con la concezione di un mondo pervaso dalla śakti è l'altra, egualmente importante fra le
caratteristiche dello Yoga tantrico, del corpo come microcosmo. Tale visione non è certo nuova,
comparendo già nelle Saṃhitā dei Veda e nelle successive Upaniṣad. Ciò che però adesso assume un
aspetto differente è proprio la considerazione che del corpo si ha,nonché la sua funzione come strumento
stesso per la liberazione: Così il filosofo indiano Abhinavagupta (X – XI) nella sua opera principale,
sistematizzazione delle tradizioni tantriche non dualiste:

« Così il corpo giova vederlo pieno di tutti i cammini, variegato dal


vario operare del tempo, sede di tutti i moti del tempo e dello
spazio. Il corpo, così veduto, e dentro di sé naturato (di
conseguenza) di tutte le divinità, dev'essere quindi oggetto di
contemplazione, di adorazione e di riti di soddisfazione. Chi penetra
in esso, trova la liberazione »

(Abhinavagupta, Tantrāloka, XII.6-7; in Luce delle scritture


(Tantraloka), a cura di Raniero Gnoli, UTET, edizione elettronica De
Agostini, 2013.)

412
La dea Raja Rajeśvari, assimilata a Tripurasundarī, Dea venerata nella tradizione tantrica śakta dello Śrīvidyā, è qui raffigurata su
Śiva immobile. È la rappresentazione dei due poli dell'Assoluto: l'attività e la passività, lo Śiva-Śakti, l'unione meta dello Yoga
tantrico.

Se il corpo è in qualche modo il cosmo stesso, allora tramite il corpo e nel corpo si può replicare il cosmo
come funzione, e la via verso la liberazione diventa quindi il "cammino" stesso dell'emanazione
dell'universo ripercorso all'incontrario. Le tradizioni tantriche, indipendentemente da quale divinità
abbiano eletto come personificazione dell'Assoluto, sono essenzialmente moniste: la Realtà Assoluta è
unica e onnipervadente, il mondo non è che un'emanazione dell'Assoluto. Nelle tradizioni tantriche che
fanno capo allo shivaismo del Kashmir, l'Assoluto è il Supremo Śiva, Paramaśiva, la cui prima
manifestazione nell'emanazione è la Sua polarizzazione come coppia Śiva-Śakti: Coscienza e Energia; luce e
riflesso; passività e attività. Il tempo, lo spazio, la molteplicità, la causalità, eccetera, fino agli elementi
costituitivi, grossolani e sottili (cioè accessibili ai sensi o meno), seguono dal progressivo "discendere"
dell'Assoluto che si fa universo. Ripercorrere questo cammino sino a far ricongiungere l'Energia col suo

413
Possessore, vuol dire tornare nell'unità originaria; vuol dire trarsi fuori dal mondo fenomenico, dal tempo
come dallo spazio; vuol dire liberarsi dal ciclo delle rinascite che inevitabilmente riporterebbe nel mondo
della differenziazione.

« Lo yoga è considerato essere l'unione d'una cosa con un'altra – la


quale "altra cosa" è ciò che occorre conoscere – allo scopo di
realizzare ciò che dev'essere fuggito (e ciò che dev'essere eletto). »

(Mālinīvijaya Tantra, IV.3; citato in Abhinavagupta, Tantrāloka, XII.6-


7; in Luce delle scritture (Tantraloka), a cura di Raniero Gnoli, UTET,
edizione elettronica De Agostini, 2013.)

Nell'interpretazione filosofico-religiosa della liberazione lo Yoga tantrico si distingue quindi nettamente


dallo Yoga classico, il quale si rifà alla filsofia del Sāṃkhya, essendo quest'ultimo dualista oltre che ateista.
Kuṇḍalinī-śakti che da arrotolota si drizza; risale lungo la suṣumnā; attraversa e attiva i cakra, simboli e sedi
delle funzioni cosmico-divine nel corpo umano; raggiunge l'ultimo cakra e infine si unisce a Śiva: questo il
percorso che, variamente interpretato e attuato, esplicito o implicito, lo Yoga tantrico propone.
Fra gli aspetti importanti dello Yoga tantrico non si può tralasciare di evidenziare il ruolo del maestro
spirituale che segue l'adepto nel suo percorso di realizzazione: il guru. È il guru che accetta il discepolo e lo
inizia alla setta; è il guru che "personalizza" il percorso del discepolo (il sādhana) e lo guida è il guru che può
a sua discrezione anche liberare il discepolo intervenendo, per così dire, dall'esterno. La figura del guru è
indispensabile in ogni forma di Yoga tradizionale, ma nelle tradizioni tantriche costui acquista un ruolo che
assurge, per forza di cose, al divino.

414
Haṭha Yoga

Haṭha è traducibile con "forza", "violenza", "ostinazione": Haṭha Yoga è dunque lo "Yoga della forza",o
"Yoga rinforzante", con riferimento al fatto che tale disciplina mira a dare un corpo fisicamente in forma e
in buona salute, e ciò allo scopo di poter affrontare più adeguatamente la meditazione. Il fine ultimo resta
dunque sempre quello della realizzazione, cioè della liberazione in vita.

Fondatore dello Haṭha Yoga è ritenuto essere Gorakhnāth, vissuto intorno al XII secolo, esponente della
setta śaiva dei Nātha, o forse dell'ordine asceticodei Kānphaṭa di cui è comunque ritenuto il fondatore,
personaggio di cui sono note molte leggende ma quasi nulla di storicamente accertato.[98]
I testi principali dello Haṭha Yoga sono: la Haṭhayoga Pradīpikā, del XV secolo; la Gheraṇḍa Saṃhitā, che in
parte si rifà al precedente; e la più tarda Śiva Saṃhitā, con contenuti filosofici maggiormente elaborati e
che risentono della scuola del Vedānta.
L'attenzione principale di questi testi è rivolta a:

415
Purificazioni preliminari (le śodhana, o anche dhauti): riguardano sia il corpo grossolano sia quello sottile.
Le prime non sono soltanto per la superficie esterna del corpo, ma soprattutto per quella degli organi
interni: pulizia dello stomaco, con inghiottimento di un pezzo di stoffa; dell'intestino crasso, tramite
lavaggio anale; delle cavità nasali; eccetera.
Posture (le āsana): distinte in base agli effetti che producono, aspetti sia fisici sia, per così dire, miracolosi,
come la sparizione dei capelli grigi, eccetera.
Controllo della respirazione (il prāṇāyāma): finalizzate anche al raggiungimento delle cosiddette
"perfezioni", le siddhi, ovvero i poteri magici, quali a esempio il potere di rimpicciolirsi o ingrandirsi; di
essere invisibile, eccetera.
Mudrā (lett. "sigillo"): si tratta di gesture articolate che qui coinvolgono anche il corpo, come per esempio
l'ostruzione della cavità orale durante il prāṇāyāma con l'azione della lingua rivolta all'indietro; oppure le
pratiche per il risucchio del liquido seminale dopo il coito.
Col tempo e con la costanza, assicurano i testi, oltre a fortificare il corpo e concedere poteri extra-ordinari,
queste tecniche favoriscono l'ascesa di Kuṇḍalinī e dunque l'ottenimento del samādhi.

416
Kuṇḍalinī Yoga

L'espressione "Kuṇḍalinī Yoga" è molto probabilmente di uso non tradizionale, e gli studiosi la associano a
varie discipline o pratiche che riguardano, come il termine kuṇḍalinī suggerisce, la "manipolazione" di
questa energia cosmico-divina che alcune tradizioni tantriche ritengono essere presente nel corpo umano
normalmente in uno stato quiescente. In quanto tale, anche lo Haṭha Yoga è una forma di Kuṇḍalinī Yoga,
sebbene la sua attenzione possa sembrare rivolta soltanto alla preparazione del corpo. L'accedemico
francese André Padoux riferisce infatti come taluni preferiscano chiamare Kuṇḍalinī Yoga lo Haṭha Yoga.
L'indologo tedesco Georg Feuerstein fa notare come altri identifichino il rituale del Bhūtashuddhi con il
Kuṇḍalinī Yoga. Si tratta di un rito visionario nel quale il praticante effettua la "dissoluzione" (laya) degli
elementi ultimi della materia del proprio corpo (mahābhūta) l'uno nell'altro, fino a farli riassorbire nella
Divinità Suprema. Essendo però questo un rito che contempla la dissoluzione degli elementi e non
coinvolge direttamente la Kuṇḍalinī, esso è più correttamente inquadrato come appartenente allo "Yoga
della dissoluzione", il "Laya Yoga", espressione, questa sì, di uso tradizionale. Vari testi infatti, tra i quali la
417
tarda Yogaśikhā Upaniṣad, classificano quattro forme di Yoga come principali: il Raja Yoga, ovvero lo Yoga
classico di Patañjali e dei suoi commentatori; lo Haṭha Yoga, lo Yoga della forza, di cui si è discusso in
precedenza; il Laya Yoga, lo Yoga della dissoluzione; il Mantra Yoga, lo Yoga che propone come via di
realizzazione spirituale la recitazione dei mantra.
Classificazioni e nomenclatura a parte, le pratiche del Kuṇḍalinī Yoga si distinguono dal ruolo determinante
che vi svolge il corpo sottile, o corpo yogico, e dal fatto che la salvezza è intesa come il risultato dell'ascesa
di Kuṇḍalinī in questo corpo sino al suo ricongiungimento con Śiva. Distinguendo dalle pratiche dello Haṭha
Yoga, che storicamante sono appannaggio dell'ordine śaiva dei Kānphaṭa, restano le tradizioni tantriche che
fanno capo all'ordine dei Kāpālika, evolutesi successivamente in quel variegato alveo di tradizioni e scuole
che va sotto il nome di Kula. L'indologa francese Lilian Silburn, che a lungo si è occupata di queste
tradizioni, così commenta l'argomento:

« Per provocare il risveglio della kuṇḍalinī nascosta in noi in forma


attorcigliata, alcuni Kaula, adoratori dell'energia, non disdegnano il
ricorso a pratiche concrete, le quali però non hanno niente in
comune con le tecniche utilizzate dai sostenitori dello Haṭhayoga,
poiché rifiutano lo sforzo continuo, la tensione della volontà,
l'arresto brusco della respirazione o dell'emissione seminale. »

(Lilian Silburn, in Silburn 1997, p. 69)

L'indologa elenca i seguenti metodi: distruzione del pensiero


dualizzante; interruzione del soffio; frullamento dei soffi; contemplazione delle estremità; espansione della
via mediana. A questi vanno considerati aggiunti metodi di intervento "esterni", quali la cosiddetta "pratica
del bastone" e l'iniziazione mediante penetrazione.

418
Laya Yoga
Il sostantivo maschile sanscrito laya sta per "dissoluzione", e il riferimento è agli elementi costitutivi del
cosmo. Il Laya Yoga è una pratica che mira al "riassorbimento" di questi elementi in uno stato prespaziale e
pretemporale della materia,là dove gli effetti del karma si annullano.
Secondo la visione del Sāṃkhya, la scuola filosofica cui lo Yoga fa riferimento, la materia cosmica (la prakṛti)
dà luogo a tutto ciò che nell'universo esiste, sia materiale sia mentale, svolgendosi in una serie di elementi
che sono alla base di ogni manifestazione. "Riassorbire" questi elementi, "dissolverli" nell'unità
indifferenziata della prakṛti, vuol dire, secondo il Laya Yoga, tornare in uno stadio originario al di là del ciclo
delle rinascite (il saṃsāra), ottenendo così la liberazione.
Il Laya Yoga fa uso di pratiche immaginative, inserite ovviamente in un preciso contesto religioso
tradizionale. Secondo il Bhūtashuddhi Tantra, a esempio, l'elemento terra governa l'area del corpo umano
fra i piedi e le cosce; l'elemento acqua l'area fra le cosce e l'ombelico; l'elemento fuoco l'area fra l'ombelico
e il cuore; l'elemento aria l'area fra il cuore e la fronte; l'elemento etere infine l'area fra la fronte e la
sommità del capo. Il praticante dovrà visualizzare la dissoluzione della terra nell'acqua; dell'acqua nel
fuoco; del fuoco nell'aria; dell'aria nell'etere. Quindi egli procederà dissolvendo l'etere via via negli
elementi superiori.
Mantra Yoga
Il Mantra Yoga è descritto in numerosi testi di epoca tarda, quali la Mantrayoga Saṃhitā (XVII-XVIII sec.),
la Yogatattva Upaniṣad (successiva al XIV sec.), la Mantra Kaumudī, ecc. La disciplina propone come via di
realizzazione spirituale la recitazione dei mantra.
Nelle tradizioni tantriche i mantra rivestono un'importanza primaria, essendo considerati la forma fonica di
una divinità. Il loro uso è pressoché costante nella vita di un tāntrika, sia nei vari culti e riti, sia nelle attività
profane. Un mantra lo si riceve dal proprio guru, non lo si può apprendere per ascolto o tramite lettura, e il
loro uso è strettamente regolato dai testi sacri, pena la loro inefficacia.

419
L'atto di enunciare un mantra è detto uccāra in lingua sanscrita; la sua ripetizione rituale va sotto il nome
di japa, ed è di solito praticata servendosi dell'akṣamālā, un rosario risalente all'epoca vedica. Associato
all'uccāra è il controllo della respirazione, mentre è frequente l'accompagnamento del japa con pratiche
visionarie e con una precisa gestualità, le mudrā. Uno dei significati del termine uccāra è "movimento verso
l'alto", e difatti in alcune pratiche di visualizzazione interiore il mantra è immaginato risalire nel corpo del
praticante lungo lo stesso percorso della kuṇḍalinī
È il caso, ad esempio del "Seme del Cuore", il bījamantra SAUḤ, dove: S è sat ("l'essere"), cioè l'Assoluto al
di là della trascendenza e dell'immanenza; AU è l'insieme delle tre energie che dànno luogo alla
manifestazione cosmica: volontà, conoscenza e azione; Ḥ è la capacità di emissione di Dio, in questo
caso Śiva nella sua ipostasi Bhairava. Il mantra simboleggia quindi sia la manifestazione del cosmo presente
in potenza in Dio, sia la sua immanenza nel mondo. SAUḤ è l'universo indifferenziato, unione di quiescenza
ed emergenza, coscienza interiorizzata del divino, simbolo del cuore di Bhairava. Nell'enunciazione di questi
tre fonemi, il praticante, con attenzione alla respirazione, visualizza l'ascesa di kuṇḍalinī nel proprio corpo,
facendo così ritornare l'energia in Dio, nel suo "cuore".
Il raggiungimento dell'unione cosmica non è un processo di facile realizzazione. Il filosofo
indiano Abhinavagupta (X – XI sec.) descrive con abbondanza di particolari le manifestazioni fisiche che lo
yogin sperimenta in tal caso:

« In chi, attraverso l'esercizio anzidetto, si accinge a penetrare, con


mezzi corporei, in tale supremo cammino, nasce, innanzi tutto, un
senso di beatitudine, dovuto ad un contatto colla pienezza. Segue
poi il salto, cioè a dire un evidente sobbalzo, provocato dalla
penetrazione, per un istante, in una realtà incorporea, simile ad un
lampo improvviso; successivamente si ha un tremor di spavento,
dovuto a questo, che l'improvvisa presa di possesso della propria
forza susseguente all'abbandono dell'unità fra il corpo e la coscienza,
cui siamo assuefatti da un numero infinito di nascite, indebolisce il

420
corpo. Venuta verso l'interno, lo yoghin è preso quindi come da
sonno: il quale dura fintantoché egli non si sia saldamente affermato
nella coscienza. Immersosi quindi nel piano realissimo e fattosi
chiaramente cosciente di come la coscienza sia naturata di tutte le
cose, eccolo tutto vibrare. La vibrazione è infatti identica alla
«grande pervasione». »
(Abhinavagupta, Tantrāloka, V.100b-104; in Luce delle scritture (Tantraloka), a cura
di Raniero Gnoli, UTET, edizione elettronica De Agostini, 2013)

La vibrazione cui il filosofo allude è altrove paragonata al «ventre del pesce»,che senza sosta si contrae e
decontrae, metafora dei processi di emissione e riassorbimento del cosmo, due delle operazioni cosmiche
di Śiva che lo yogin realizzato compie essendo ora la propria coscienza la coscienza stessa di Dio. Le tre
operazioni sono: emissione, mantenimento e riassorbimento. Esse non si riferiscono soltanto all'intero
processo cosmico, ma anche ai singoli dettagli della manifestazione: in ogni istante ogni elemento del
cosmo è emesso, mantenuto e riassorbito nell'energia totale: «l'intero universo risiede nel Sé dello yogin».

421
CAPITOLO DIECI

CONCLUSIONI
422
Ogni cosa è parte del tutto
Ho voluto utilizzare una nota immagine di Escher per introdurre l’ultimo capitolo. Superfluo, alla fine di
questa lunga carrellata, presentare il celeberrimo pittore olandese capace di sovvertire le regole della
percezione prospettica, ma fondamentale, alla fine di questa lunga carrellata, imparare a sovvertire le
regole della percezione.
Per noi occidentali, abituati ad una concezione confrontazionale dell’uomo rispetto alla natura, ad una
religione che abiura (o quanto meno non privilegia) il corpo, e ad un’idea di vita connessa al
raggiungimento di un premio o di una punizione eterne, ad un’immagine di dio fortemente antropomorfa,
ad un’idea dell’universo ereditata dal XIX secolo, meccanica e somigliante ad un orologio, ad un cinismo
scientista che rinnega l’esistenza di energie o spiritualità diverse da quelle visibili e misurabili, ad un
ateismo crescente che rifiuta la persistenza dello spirito, tutto quello che ho scritto o riportato può
sembrare una solenne baggianata.
Per altre culture, e per la nostra più antica cultura continentale pre-cristiana, l’idea che lo Spirito Universale
sia presente in ogni cosa, che si debba e si possa dialogare con le forze della natura e con le altre creature,
che si possano evocare gli spiriti, che attraverso il corretto comportamento personale, sociale e spirituale si
possa raggiungere la trascendenza e la purezza, sono tutte idee accettabili e percorribili.
Il dualismo orientale si basa sulla complementarietà degli opposti, in un continuo processo di creazione e
distruzione generatore di ogni forma di vita. Il dualismo occidentale si basa sulla contrapposizione.
Tutte le culture, indistintamente e diversamente, dispongono di Miti, Archetipi e Credenze, spesso molto
simili tra loro.
Tutte le culture, a diverso titolo e con modalità differenti, individuano nella meditazione e nella salmodia
(preghiera, mantra o recitazione che sia) le modalità per entrare in contatto con l’altro da sé, con lo spirito
universale, con il divino.
Tutte le culture affermano la compresenza di diversi livelli di realtà, di cui quello osservabile dai nostri sensi
è solamente uno dei livelli possibili.
423
Conosci te stesso
Il conoscere se stessi può sembrare in opposizione al conoscere il mondo, ma le due conoscenze possono
considerarsi due facce di una sola medaglia: la filosofia è slancio dell'uomo verso il conoscere e una
conoscenza viva e attuale non può prescindere dalla mente che conosce (e dai suoi condizionamenti).
Pensatori come Socrate e Krishnamurti hanno sottolineato perentoriamente l'importanza di una
conoscenza diretta e viva del mondo, il che non è possibile senza rendersi conto di come funziona la
propria mente, di come essa conosce e riconosce le cose.
Capire questo funzionamento significa potersi liberare da pregiudizi e condizionamenti culturali e poter
conoscere senza filtri.
Nelle Enneadi di Plotino questo precetto delfico è al centro della trattazione della parte antropologica e
psicologica e segna il percorso evolutivo e mistico diretto al congiungimento con la propria essenza divina.
Un concetto simile si trova anche nel monito di Sant'Agostino: "Noli foras ire, in te ipsum redi, in interiore
homine habitat veritas" (Non andare fuori, rientra in te stesso: è nel profondo dell'uomo che risiede la
verità).
Il processo conoscitivo, sostiene infatti Agostino, non può che nascere all'inizio dalla sensazione, nella quale
il corpo è passivo, ma poi interviene l'anima che giudica le cose sulla base di criteri che vanno oltre gli
oggetti corporei.
A partire da Pitagora, che spingeva gli uomini a realizzare sé stessi, per arrivare a Immanuel Kant, molti
filosofi hanno espresso l'importanza di conoscere se stessi nella propria autocoscienza prima di iniziare a
scoprire le verità assolute.
E molte altre culture hanno compreso l'importanza di questa affermazione: dalla cultura indiana, con
gli Inni vedici, alle altre culture orientali, oltre a quella occidentale.
Anche la fisica delle particelle subatomiche (es. Heisenberg, Bell, Bohm) ha osservato in qualche modo
un'inscindibilità dell'osservatore dall'osservato, che sembrano far parte di un solo fenomeno. Questo
sembra coincidere con l'insegnamento dell'Advaita Vedānta, filosofia indiana della non-dualità.

424
La fisica quantistica conferma, almeno ad una prima lettura, le deduzioni delle filosofie orientali e consente
soprattutto di affermare che realmente

ogni cosa è parte del tutto,


ogni cosa è in relazione con il tutto,
ogni cosa influenza il tutto

Ma, ancora e ancor più importante:


ogni nostro pensiero,
ogni nostra azione,
ogni nostra emozione
è in relazione con ciò che ci circonda
e con tutto ciò con cui siamo stati
in contatto o in relazione,
ovunque essa si trovi.

425
A cosa conduce un’affermazione del genere?
Possiamo immaginare che sia possibile trasmetterci reciprocamente impressioni e emozioni senza parlare?
Certo, e molte volte gli amici lo fanno inconsapevolmente.
Possiamo immaginare di poter apparire e scomparire, come suggerisce una pratica Yoga?
Forse no, ma la fisica quantistica afferma che le particelle subatomiche lo possono fare. E lo fanno.

Possiamo immaginare di poter dialogare senza bisogno di parole, telepaticamente?


A volte si ha l’impressione di poterlo fare.

Possiamo immaginare di poter uscire da noi stessi e osservarci ?


Molte testimonianze sono a favore di questa possibilità che si può sviluppare con l’esercizio e la
meditazione.

Possiamo raggiungere il pieno controllo, la piena consapevolezza, il pieno quilibrio sul nostro corpo, le
nostre emozioni, i nostri pensieri?
Sì, con la meditazione e l’esercizio.

Possiamo trasmettere positività, gioia, benessere influenzando così il mondo che ci circonda, le persone con
cui entriamo in contatto?
Sì, certamente, adottando il pensiero e il linguaggio positivi.

426
A proposito di “Conoscere se stessi” credo interessante proporre un saggio tratto dal sito
www.fisicaquantistica.it , postato da Beatrice il 18 novembre 2012 col titolo “Homo nosce te ipsum”:
“Ci si riferisce, in questa massima, forse alla personalità, al carattere? 42Evidentemente no. La conoscenza
della personalità e delle sue tendenze è importante, questo è ovvio, ma se conoscersi fosse unicamente
questo, non si sarebbe posto questo precetto sul frontespizio del Tempio.

Conoscere sé stesso, vuol dire riconoscere il nostro “Vero Essere”, quello che siamo realmente, oltre
qualsiasi speculazione intellettuale o razionale, oltre qualsiasi supposizione. E’ conoscere la radice della
nostra esistenza, il proposito fondamentale e la nostra eredità cosmica. E di tutto questo, ovviamente, ne
sappiamo veramente poco o nulla.
Conoscere sé stesso, è ritrovare tutte le potenzialità e possibilità, che come “Figli di Dio” abbiamo ereditato
dal nostro Creatore. Frugare nelle nostre parti più profonde ed intime, per vedere chi e che cosa siamo
realmente. Questo è il nostro primo dovere come uomini. La tripla interrogazione chi sono? da dove vengo?
dove vado? costituisce il principio filosofico della vita e la primordiale affermazione che l’essere umano
possiede alcune profondità, attecchite in suoli di immortalità, e un anelito altissimo, che esige di scoprirle e
manifestarle.

Quale è il proposito della mia esistenza? che cosa faccio qui? Domande chiave, che prima o poi, sorgono in
ogni uomo, come conseguenza del risveglio dell’intelligenza. Quale è la causa, allora, che ci fa vivere come
esseri che, in realtà, non siamo? La risposta è semplice benché complicata da capire: noi uomini, in realtà,
non siamo “svegli” ma sogniamo di esserlo, e ciò succede perchè siamo sommersi in un profondo sonno
ipnotico.

La psicologia moderna afferma che utilizziamo solo tra il 3% e il 7% della nostra reale capacità cerebrale. E
cosa c’è allora nel restante 97/93%, denominato inconscio? L’unica cosa certa è, che questa parte non

42
da www.fisicaquantistica.it
427
subisce il controllo della nostra volontà. Durante la nostra vita, l’inconscio sta lì, funziona e lavora nel
nostro interno, ma sempre sotto la soglia del nostro frazionato e limitato cosciente. Esso è un incredibile
potenziale latente, ma non manifesto. Si può dire, cioè, che tutti, possediamo un’enorme fortuna che però
non riusciamo ad utilizzare.

L’infracosciente, l’inconscio, il cosciente, e il sopracosciente, sono tutti aspetti differenti di una stessa
realtà mentale, umana e spirituale. Tutti essi agiscono simultaneamente nelle nostre vite, a differenti
livelli, ma l’uomo comune non conosce niente di detta attività interna, e questo lo rende vulnerabile a
qualunque impulso, a qualunque desiderio o tendenza incontrollata.
Il piccolo cosciente, quel misero 3/7%, può essere ingannato, mentre l’inconscio essendo il riflesso di ciò
che siamo realmente, non può essere mai aggirato. I rimorsi di coscienza, le intuizioni spontanee, gli impulsi
incontrollati e senza causa apparente, tutto questo appartiene al mondo inconscio e sopracosciente. Solo
investigando, approfondendo e meditando, possiamo arrivare a conoscere le nostre dimensioni interne,
l’impulso soggettivo e anche la Vera Causa che ci fa essere ed agire, tutti i giorni.

E’ erroneo pensare che l’Inconscio sia attivo solo quando sogniamo o siamo incoscienti. In realtà, esso
funziona e lavora, senza sosta, dentro di noi, per tutto il tempo. La Mente con le sue dimensioni e il
cervello, costituiscono quindi “un potente elaboratore elettronico”. E quando questo è sottomesso alle
direttrici dell’anima, allora rappresenta il migliore strumento di cui dispone l’uomo, per vivere ed evolvere
correttamente.
Buddha disse: “La radice di ogni Male è l’Ignoranza.” “Ogni sofferenza viene da essa.” “Dissolvete
l’ignoranza, fate saggi gli uomini, ed allora tutte le difficoltà svaniranno.”Purtroppo l’uomo è immerso in
una profonda confusione, ma la cosa peggiore è che anche quando crediamo di essere “svegli”, cioè
durante la giornata, la maggior parte del tempo lo passiamo invece “addormentati”. Viviamo immersi in
fantasie ed illusioni, credendo di essere ciò che non siamo, proiettandoci nel passato (cercando di
cambiarlo) e immaginandoci continuamente il nostro futuro.

428
In definitiva, quanto tempo durante la giornata siamo realmente “svegli” e coscienti, attenti a quello che
sta succedendo “qui e adesso”, sperimentando felicemente e pienamente “l’eterno istante”? … forse
cinque minuti! Non sappiamo chi siamo né cosa facciamo, e nella maggioranza dei casi, nemmeno
cerchiamo di investigare questa ignoranza fondamentale.

Ognuno vive nel proprio mondo particolare e nel proprio particolare “sonno”. Certamente, quindi, il
“Risveglio” è necessario, ma questo avverrà solo quando sinceramente incominceremo a lavorare su noi
stessi, togliendoci i veli dell’illusione, forgiati nel corso di molte vite. Solo allora incominceremo a
risvegliarci e ad essere felici…
La conoscenza esoterica ed il lavoro interno che ne consegue, c’insegna propriamente a convertire
l’inconscio in cosciente e ad utilizzare, come risultato, tutto il nostro vero potenziale interno; c’insegna e ci
dà le chiavi per illuminare quelle zone oscure del nostro essere, trasformandole in una “Casa Illuminata” in
armonia con l’Universo.
Questa è la “Strada difficile e stretta” di cui ci parlava il Cristo nei vangeli e che tutti noi dovremo, prima o
poi, percorrere.”

429
Vivere consapevolmente
Ricordate cosa è stato scritto a proposito del “viaggio dell’Eroe”?
Rappresenta il viaggio di ognuno di noi, con le sue tappe, le sue difficoltà, gli ostacoli e le soddisfazioni. Per
la cultura occidentale il viaggio della vita è un percorso iniziatico verso la saggezza fatto di molte tappe; per
quella orientale le tappe sono diverse (infanzia, gioventù, maturità, vecchiaia) ma il fine ultimo è il
medesimo.
Mi piace concludere questo saggio provando a rispondere alla mia discente, quella signora che mi
domandò se avrebbe saputo spostare fogli di carta col pensiero al termine di un corso di PNL.

Cara Signora,
nel prossimo corso a cui parteciperai proverò a darti gli strumenti necessari per sviluppare ogni tua
competenza e possibilità. Poi vedrai tu se sia meglio provare a spostare un foglio di carta o regalare un
sorriso a chi ha bisogno di conforto, se sia meglio concentrarti sull’apparenza o trovare il tuo posto
nell’universo. La fede smuove le montagne … figuriamoci un foglio di carta !

430
Indice

Prefazione 5

Introduzione
Olte il visibile 7
Fato & Coscienza collettiva 10
Di notte, in un bosco 12

UNO - Sapienze antiche 14


Il calendario egizio 16
I Sumeri e le Sapienze Pre- Bibliche 18
il Calendario Maya 32

DUE - Governare la Materia 36


Alchimia, madre delle scienze moderne 37
Simboli Alchemici 44
Simboli Astrologici 45
Simboli animali 47
Alchimie extra europee 48
Alchimia cinese 49
Alchimia indiana 52
Alchimia nell’antico Egitto 54
Alchimia greco-alessandrina 56
Alchimia nel mondo islamico 58
Alchimia nell’Europa medievale 59
Alchimia nel Rinascimento 62
Il declino dell’alchimia occidentale 65
431
TRE - Credenze & Misteri 67
Astrologia 69
Lo Zodiaco 76
Divinazione 80
Aruspicina 92
Negromanzia 94
Chiaroveggenza 97
Spiritismo 99
Numerologia 106
Chiromanzia 118
Caffeomanzia 122
Cartomanzia 124
I Tarocchi 126
I Ching 140
Storia 141
Consultazione 142
Sincronicità 147

QUATTRO – TEOSOFIE E TRASCENDENZE


Teosofia 148
La società teosofica 151
Misticismo 153
Qabala 157
Teosofia Orientale 160

CINQUE– MAGIA E ESOTERISMO


Esoterismo 163
Sciamanesimo 168
432
La figura dello Sciamano 170
Diffusione dello Sciamanesimo 174
Elementi fondamentali caratterizzanti 176
Introduzione allo sciamanesimo 177
Comprendere e praticare lo Sciamanesimo 178
I nuovi Sciamani 180
Cosmologia sciamanica 183
La via Salka 185
Il mondo come proiezione 192

Le forme della Magia 193


Distinzioni e tecniche della magia 194
La magia nella cultura occidentale 196
Magia nel XIX secolo 201
Magia oggi 202
Interpretazione della magia 203
Evoluzionismo 203
Funzionalismo 205
Psicologia e magia 205
Magia e religione 206
Magia e Monoteismo 207

Stregoneria 209
Aspetti antropologici 211
Pratica e Diffusione 213
Iconografia 214
Voodoo 215
Storia 216
433
Teologia 217
Ecclesiologia 222
Magia 223
Escatologia ed etica 224
Zombie 225
Vuduismo e cristianesimo 226

SEI – NEOPAGANESIMO
Sistemi teologici 228
Neopaganesimo 229
Storia del neopaganesimo 231
Le basi del neopaganesimo 235
Dottrine 237
Teologie 238
Ideologie 243

Druidismo 245
Liturgia 246
Concetto del divino 247
Il sacerdozio 248
Sacerdozio femminile 249
Sessualità mistica e rapporto col cristianesimo 250

Wicca – la religione delle Dee 251


Storia 253
Distinzioni con altri neopaganesimi 260
Teologia 261
La triplice dea 263
434
Il dio cornuto 266
I cinque elementi 268
Etica e morale 269
Rituali 271
Il Grande Rito 272
Crescita e prodotti culturali 273

Stregoneria tradizionale 276

Satanismo di LaVey 279


Scientology – una chiesa particolare 282
Psicomagia 290

SETTE – MITI & ARCHETIPI


Archetipi – modelli di riferimento originari 293
Archetipi contemporanei 300
Il viaggio dell’Eroe 302
L’Interpretazione dei sogni 338
Mitopsicologia 343
Psicologia trans personale 346

OTTO - FILOSOFIE NATURALI E FISICA QUANTISTICA


Considerazioni, dubbi e domande 352
Straordinarie somiglianze 360
Tao & Fisica 368
Il Taoismo 368
Fritjof Capra 373
Il Tao della Fisica 375
435
Fisica quantistica 377
La teoria Quantistica 379
Un grande dibattito 381
Probabilismo e Acausalità 382
Principio di Intederminazione e fluttuazioni 383
La diseguaglianza di Bell e le azioni a distanza 384
L’effetto Tunnel quantistico 387

NOVE – L’UOMO NATURALE


Olismo e Sincresi 389
OM 390
Yoga 391
Origine e significato del termine 392
La dottrina Yoga nelle Upanisad vediche 394
Le vie dello Yoga nella Bhagavadgita 397
Karma Yoga 398
Bhakti Yoga 400
Lo Yoga classico nella Yogasutra 402
Gli otto stadi del Raja Yoga 404
Lo Yoga nelle tradizioni tantriche 411
Hatha Yoga 417
Kundalini Yoga 419
Laya Yoga 421
Mantra Yoga 421
DIECI – CONCLUSIONI
Ogni cosa è parte del tutto 425
Conosci te stesso 426
Vivere consapevolmente 432
436
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L’Autrice

Sara Liotta (http://saradellelune.weebly.com) è responsabile dell’Associazione Valore & Territorio, che si


occupa attivamente di dinamiche ambientaliste e naturalistiche.
Produttrice e Conduttrice di documentari nei quali mette alla prova personalmente le proprie competenze
in arrampicata, speleologia e subacquea, aderisce al pensiero naturalista e studia con particolare interesse
le materie relative allo sciamanesimo e a tuto ciò che nel corso della storia umana ha legato e collegato la
natura, e la relazione con la natura, all’Uomo.

http://v-t3.webnode.it

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