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controcorrente
A 50 anni dal Sessantotto – A.M. Rossi ________________________» pp. 5-8
Quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario degli avvenimenti del Sessantotto,
un’occasione che offre la possibilità di una riflessione su una delle rivoluzioni più
rilevanti e discusse del secolo scorso, oltre che sul significato di rivoluzione in ge-
nerale. A mezzo secolo di distanza, più che fare un bilancio si può tentare di gettare
uno sguardo su quell’evento da una diversa prospettiva, considerando la forza di
impatto che l’esigenza di un cambiamento ha avuto sulla società a livello globale e
quale direzione ha impresso per il futuro.
Focus
La Chiesa nella babele culturale
L’occhio profetico di Chiara Lubich. Una lettura del rapporto fra vangelo
e culture – R. Catalano _____________________________________ » pp. 19-35
Lo studio si propone una riflessione sul rapporto fra vangelo e culture visto dalla
prospettiva del carisma dell’unità, che si inserisce nel lungo processo che, nel corso
dei secoli, ha visto il cristianesimo adottare una terminologia diversificata: “adat-
tamento”, “accomodamento”, “assimilazione”, “acculturazione”, “indigenizzazione”,
“contestualizzazione”, e, più recentemente, “inculturazione”. Come per altri studi
sommario
su questo argomento, anche questo sguardo non può e non vuole essere esaustivo.
Intende, semplicemente, aprire alcune piste di ricerca e di riflessione tratte da testi,
interventi ed esperienze di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari e
protagonista di esperienze profonde di contatto con persone, singoli e gruppi, ap-
partenenti a diverse culture. Tutto questo richiederà nel tempo il necessario appro-
fondimento e la dovuta riflessione sull’esperienza che si è già cominciata a realizza-
re in diversi contesti socio-ecclesiali.
scripta manent
Istruzione per i vicari apostolici della Cocincina, del Tonchino e della
Cina (1659) – Congregazione de Propaganda Fide ____________ » pp. 79-92
Si propone qui un documento che è stato definito la magna charta delle missioni mo-
derne, perché condensa le linee essenziali della strategia missionaria elaborata da
Propaganda Fide. In essa emergono elementi moderni come il rispetto delle culture
native, la necessità di fornire ai missionari una preparazione scientifica e spirituale,
la creazione di un clero indigeno, e la proibizione di intervenire nella vita politica e di
partecipare ad attività commerciali.
parole chiave
Intercultura e vangelo – E. Merli ___________________________ » pp. 93-96
punti cardinali
Il principio della sussidiarietà dal Codice di Camaldoli alla Costituente –
B. Di Giacomo Russo _____________________________________ » pp. 97-105
Per comprendere la portata della sussidiarietà è necessario approfondire il Codice di
Camaldoli e la Costituzione italiana. La lettura diacronica evidenzia caratteristiche
della sussidiarietà rilevabili dall’applicazione storica, ma rende comprensibile anche
l’influenza sia sul diritto pubblico e costituzionale sia sull’organizzazione sociale.
sommario
in biblioteca
I sentieri del giurista sulle tracce della fraternità – L. Bozzi__ » pp. 147-150
Culture a confronto. La lezione di Valignano – J.M. Povilus___ » pp. 151-154
diversi, partendo dalla Summer of Love del ’67 negli Stati Uniti e diffonden-
do la cultura hippy con straordinaria velocità in molti Paesi, dagli jipitecas
in Messico ai provos olandesi, dai nomadi housetruckers in Nuova Zelanda
all’Onda Verde in Italia. Un inedito protagonismo dei giovani emerge nelle
forme della contestazione e della rivendicazione dei diritti delle minoranze
e si allarga rapidamente, senza alcuna forma di preparazione o coordina-
mento, montando come un fiume in piena, scardinando forme e strutture
politiche, sociali e culturali fino ad allora ritenute non negoziabili, dai Paesi
europei al Giappone, dal Messico agli Stati Uniti, con armi fino ad allora
poco o mai sperimentate: il sit-in, l’occupazione studentesca, la canzone di
protesta, le grandi manifestazioni, i cortei, gli slogan.
La vastità e la simultaneità del fenomeno sono evidenti se si ripercorrono
cronologicamente, anche solo in modo sintetico, alcuni eventi di quell’anno:
a gennaio l’offensiva del Tet durante la guerra del Vietnam e la conseguente
reazione degli Stati Uniti, che scatena la protesta dei giovani a livello mon-
diale; in aprile l’assassinio a Memphis del leader della non-violenza Martin
Luther King e le rivolte dei ghetti neri; il “maggio francese” (divenuto quasi
il ’68 per antonomasia) con l’occupazione studentesca della Sorbona e la
protesta operaia; la primavera di Praga in agosto; ad ottobre la strage di
Piazza delle Tre Culture a Città del Messico alla vigilia dei giochi olimpici e
il famoso gesto di protesta degli atleti afroamericani Tommy Smith e John
Carlos che, alla premiazione olimpica dei 200 metri piani, sul podio alzano il
pugno chiuso in un guanto nero, simbolo del Black Power.
E come ogni nuova corrente nella storia, anche il movimento del Sessan-
totto richiede parole nuove e un nuovo linguaggio, che riflettano una nuova
visione delle cose. Alla lingua ingessata, dalle strutture grammaticali rigide
e inviolabili, si oppone la lingua del paradosso antinomico e degli slogan:
“vietato vietare”, “siate realistici, chiedete l’impossibile”, “l’immaginazione
al potere”, “siamo tutti indesiderabili”. Parole da ricordare, da ripetere, da
gridare. Una lingua per tutti, che riconsidera il significato di regole e di er-
rore, e che in Italia trova nel testo di don Milani Lettera a una professoressa il
caposaldo dell’educazione linguistica democratica, restituendo dignità alla
lingua di ciascuno, a partire dai dialetti. Non a caso è a questi anni che si fa
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anna maria rossi
1
Cf. C. Brezzi, I linguaggi del ’68, in AA.VV., I linguaggi del ’68, Franco Angeli,
Milano 2009.
2
Cf. F. Pizzuti, Le “suggestioni del mondo” e il Sessantotto, in B. Coccia (ed.), 40
anni dopo: il Sessantotto in Italia fra storia, società e cultura, Editrice APES, Roma 2008.
3
Cf. U. Eco, Il grande caldo, in ’68. Una storia aperta, supplemento a «L’Espres-
so», 25 gennaio 1988, p. 89.
4
Cf. H. Arendt, On revolution, Penguin, New York 1963, trad. it., Sulla rivoluzione,
Einaudi, Torino 2009.
5
G. Arrighi - T.H. Hopkins - I. Wallersten, Antisystemic Movements, Manifesto-
libri, Roma 1992, p. 85.
6
C. Lubich, Maria, Città Nuova, Roma 2017, p. 108.
7
Cf. C. Lubich, Colloqui con i gen. Anni 1966/1969, Città Nuova, Roma 1998.
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controcorrente
Alla politica viene rimproverata oggi una perdita di senso nella sua narrati-
va. Non si tratta di promettere un futuro tranquillizzante, ma di concepire
questo cambio d’epoca come un passo nuovo, richiesto a noi come umanità,
proprio nell’ambito delle relazioni, per portarle a un livello più alto rispetto
a quello esclusivamente commerciale, economico, giuridico. E questo livello
più alto – inizio di una nuova era che tutto può rivoluzionare – è l’amore
scambievole tra i popoli.
L’intervento che segue è un estratto di quello che ebbi occasione di ri-
volgere alla ventiquattresima assemblea generale della Interparliamentary
Assembly on Orthodoxy (Iao)3, tenutasi presso il Parlamento italiano dal 25
al 30 giugno 2017, grazie alla collaborazione nata tra la Iao e il Movimento
politico per l’unità (Mppu). Li considero solo primi cenni, in cui ho cercato
di dimostrare che è conveniente e urgente che oggi la politica assuma un
nuovo ruolo secondo questo paradigma, poiché «quel giorno, inizio di una
nuova era», può iniziare oggi, nella storia dell’umanità che cammina verso
la sua unità.
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Sì, qui sorge una domanda cruciale: se cioè la politica oggi, intesa global-
mente come attività dell’umanità, sia in grado di lettura, di visione, di pensie-
ro. Ed è una domanda determinante perché, se la risposta fosse no, allora la
politica non avrebbe senso, sarebbe morta, almeno in questo tempo. E dato
che non è pensabile affrontare questo cambio d’epoca senza idee, la doman-
da successiva sarebbe: chi ha il diritto e il compito di averle queste idee?
La risposta a mio avviso non è né sì, né no. È una risposta inedita, se così
si può dire. Invece di pensare la politica depositata nella tenda del capo, nel
palazzo reale, nei parlamenti, nelle istituzioni internazionali… oggi dobbia-
mo scoprire che essa è anche fuori, in quei luoghi fino a ieri definiti “privati”,
in contrapposizione ai luoghi “pubblici”. Ovunque oggi è depositata la re-
sponsabilità della convivenza dell’umanità. Analizzando oggi qualsiasi sfida
del nostro tempo, da quella ambientale fino a quella migratoria, possiamo
facilmente convincerci che c’è una moltitudine di attori che, in diversi modi,
comprende anche noi come singoli cittadini, e che quindi anche l’intelligen-
za per rispondere a tali sfide è diffusa.
Ne consegue che non ci deve spaventare tanto l’assenza di idee della
sfera politica, quanto piuttosto la sua ancora troppo scarsa capacità di far
emergere e di far agire armonicamente letture, visioni e pensieri che già esi-
stono dentro la società, sollecitati anche dalle fatiche dell’umanità di oggi,
dalle possibilità di ricerca e dalla coerenza di tante persone e di tanti gruppi.
In altre parole, nel mondo interconnesso di oggi il ruolo politico è quello
della relazione, rivolta sempre – e qui è saldo il compito sempre antico e
sempre nuovo della politica – al bene comune, sia nella convivenza locale
sia in quella internazionale.
Vorrei, infine, soffermarmi su una tematica di forte attualità: quella della
crisi delle comunità sovranazionali e delle tensioni interne agli Stati.
La sfida dei dualismi – “unificazione-identità”, “universalismo-sovrani-
smo”, “apertura-protezionismo”, “unità nazionale-autonomia” – richiede,
forse più di altre, un nuovo paradigma.
L’attuazione di una politica per l’unità e gli studi sulla cultura dell’unità ci
suggeriscono che proprio l’unità può essere tale nuovo paradigma. Essa, in-
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1
Chiara Lubich (1920-2008), fondatrice nel 1943 del Movimento dei Focolari,
è considerata una delle personalità spirituali di maggiore rilievo del Novecento. È
stata impegnata in prima linea nella comunione ecclesiale, nell’ecumenismo, nel
dialogo interreligioso e con persone di convinzioni non religiose, promotrice instan-
cabile di una cultura dell’unità e della fraternità tra i popoli (www.centrochiaralu-
bich.org).
2
C. Lubich, Maria, Regina del mondo, «Città Nuova», 30 agosto 1959.
3
La Iao è un gruppo interparlamentare nato da una iniziativa del Parlamento
greco, che nel 1993 ha indetto una conferenza sulla “Ortodossia nella nuova realtà
europea”. I partecipanti provenivano da numerosi Paesi, sopratutto dell’Est euro-
peo, ma ben presto la Iao si è spinta oltre i confini europei. Considera la comune
appartenenza alla fede ortodossa come un «punto di incontro per la partecipazione
alla costruzione della complessa realtà contemporanea». Per questo si sta aprendo
a collaborazioni con il Parlamento panafricano e con l’Unione parlamentare degli
Stati membri dell’Organizzazione della cooperazione islamica (Oic); cf. http://eiao.
org/homeenglish.
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4
Mafalda è un personaggio immaginario protagonista dell’omonima striscia a
fumetti realizzata dall’argentino Joaquín Lavado, in arte Quino, pubblicata dal 1964
al 1973, molto popolare in America Latina e in Europa.
5
Aspenia76_Editoriale.pdf.
6
L. Guglielmoni - F. Negri, Per cortesia…, Effatà Editrice, Torino 2012, pensiero
n. 80.
7
64 mila km di strade, 4 mila km di ferrovie, gallerie, porti, aeroporti, 2 mila km
di oleodotti e gasdotti, reti elettriche, mille km di cavi internet, satelliti, reti cellulari,
data base…; fonte: Parag Khanna, Connectography, 2016 .
8
Solo 500 km; fonte: ibid.
9
Cf. ibid.
10
Edward Lorenz, meteorologo del Massachusetts Institute of Technology
(Mit) di Boston, fu il primo ad analizzare l’effetto farfalla in uno scritto del 1963
preparato per la New York Academy of Sciences.
11
Pitirim Aleksandrovič Sorokin (1889-1968) visse da protagonista i dramma-
tici eventi della Rivoluzione russa: fu arrestato per la sua opposizione allo zarismo
nel 1911 e nel 1913, in seguito segretario del presidente Kerenskij, fu poi perseguitato
sotto la dittatura leninista nel 1918 ed esiliato nel 1922. Nel 1923 si trasferì negli
Stati Uniti per insegnare dapprima all’Università del Minnesota, quindi ad Harvard,
dove fondò nel 1931 la Facoltà di Sociologia e successivamente l’Harvard Research
Center in Creative Altruism. È da annoverare tra i massimi sociologi del secolo XX,
ricevendo per la sua carriera accademica onori e riconoscimenti, tra cui, nel 1963, la
presidenza dell’American Sociological Association.
CRISTIANI RAGIONEVOLI
oltre i luoghi comuni della scienza
e dell’esistenza
di Leonardo Becchetti / Alessandro Giuliani
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focus. la chiesa nella babele culturale
L’occhio profetico di
Chiara Lubich
Una lettura del rapporto
fra vangelo e culture
Roberto
Catalano
condirettore 1. premessa
del centro
per il dialogo Il “Focus” di questo numero della rivista Nuova Uma-
interreligioso
nità propone una serie di riflessioni sul rapporto fra van-
del movimento
dei focolari. gelo e culture1. Ovviamente non si pretende di esaurire
professore presso un argomento di grande ampiezza che, in modo molto
la pontificia diversificato, ha interessato il mondo cristiano fin dal
università suo apparire e che, ancora oggi, è al centro della rifles-
urbaniana
sione teologica e necessita di essere affrontato da diver-
(roma), l’istituto
universitario se prospettive. Si tratta, infatti, di un nodo fondamentale
sophia di loppiano nella vita e nella storia del cristianesimo che, a partire
(figline - incisa dalla stagione del Concilio Vaticano II, accompagnato
in val d’arno, dal tramonto del colonialismo, dalla crescita delle Chie-
firenze) e
se locali e dalla progressiva trasformazione dell’Europa
l’accademia di
scienze umane e in continente post-cristiano e del cristianesimo in reli-
sociali di roma. gione sempre più globale e dunque extra-europea, è tor-
nato ad essere di assoluta centralità. Da un lato, oggi si
cerca di rileggere quanto accaduto in un passato spesso
caratterizzato da errori e problemi, ma, dall’altro, è ne-
cessario essere coscienti di quanto questo aspetto sia
cruciale anche ai nostri giorni in un mondo sempre più
plurale, oltre che caratterizzato da nuove culture, tra-
sversali, come quella cibernetica, massmediale e tecno-
logica2. Inoltre, non si può ignorare la sfida dei processi
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Focolari delinea un’efficace sintesi che porta una chiave importante per una
prospettiva ecclesiologica e di teologia delle religioni: «avere un cuore per
tutta l’umanità […]. Gesù è morto per tutti, anche per ognuno di quelli di al-
tre religioni». È opportuno sottolineare che questo incontro avviene ancora
durante il Concilio, due anni prima dell’uscita di documenti come Ad gentes,
Unitatis redintegratio, Dignitatis humanae e Nostra aetate, che avrebbero por-
tato contributi di grande respiro su questo tema.
È, dunque, opportuno approfondire i due elementi di cui si è appena
accennato.
3. fondamento e metodologia
Quanto emerge nell’episodio riferito non è una novità assoluta. Fin dai
primi tempi trentini della nuova esperienza ecclesiale, infatti, si potevano
cogliere i segni di quello che sarebbe stato il fondamento antropologico
nella concezione dell’altro nella prospettiva del nascente carisma dell’unità:
la paternità di Dio12 e la conseguente fratellanza universale13. In una delle
lettere della fitta corrispondenza che intratteneva con amici e amiche, che
condividevano con lei i primi passi del Movimento, troviamo questo invito.
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origine a una cultura mondiale che porti in primo piano quei valori
che sono sempre stati la vera ricchezza dei singoli popoli […]20.
Amore, dunque, che significa apertura verso una cultura, per certi versi,
misteriosa, che la Lubich non solo mostra di apprezzare per la sua ricchis-
sima diversità, ma in cui riconosce la presenza della grazia di Dio e che ha
tanto da dirci.
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casioni, al suo ritorno, era solita raccontare a gruppi che incontrava le sue
impressioni ed esperienze, soprattutto se erano avvenute con persone di
altre culture e religioni. Nel 1997, nel corso del suo secondo viaggio in Asia,
dopo una prima fruttuosa tappa in Thailandia dove aveva incontrato e par-
lato a diversi gruppi di monaci, monache e laici buddhisti, trovandosi nelle
Filippine, sollecitata da una domanda di una cattolica, sottolineò come la
sua esperienza in Thailandia coi monaci theravada fosse stata caratterizzata
da «un arricchimento provocato da tutto ciò che di buono questi popoli han-
no ereditato nei secoli»42.
3.7 La reciprocità
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conoscenza, quel qualcosa di valido, che offre la cultura dei nostri fratelli.
L’inculturazione esige uno scambio di doni»47. Ma la reciprocità va al di là
di questo. In secondo luogo, si dà all’interlocutore anche la possibilità di in-
teressarsi alla nostra cultura e alla nostra religione. Infatti, dopo che si è
ascoltato, il “culturalmente altro” sente «il dovere di ascoltarti, se non altro
per gentilezza, se non altro perché è logico. E ti dicono: “E tu? E tu?”. E allora
tu […] spieghi»48. Eccoci, dunque, all’annuncio.
Modello del rapporto fra vangelo e culture e/o religioni, nella prospettiva
del carisma dell’unità, è Maria. Per la Lubich, infatti, Maria è modello sia per
la possibilità di cogliere la presenza di Cristo nelle culture sia per la capacità
di generare Cristo all’interno di esse. Come accennato, era stato il viaggio
in Messico del 1997 che aveva offerto l’occasione di trovare in Maria una
strada nuova all’incontro fra le culture.
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1963: «Gesù è morto per tutti, anche per ognuno di quelli di altre religioni».
La Lubich ha maturato la convinzione che «c’è la Chiesa, ma poi c’è la Chiesa
anche fuori della Chiesa» e, riprendendo una prospettiva già espressa da
Tommaso d’Aquino, afferma che «la Chiesa non è soltanto commisurata dai
cattolici che ci sono dentro, ma è commisurata da tutte le persone per le
quali Gesù Cristo è morto. Ora Gesù Cristo è morto per tutti»55.
1
Si noterà che in questi studi i termini “cultura” e “religione” sono spesso
citati insieme o, addirittura, considerati sinonimi. In effetti, è praticamente im-
possibile separare culture e religioni. Il rapporto fra le due è di reciprocità. Da un
lato, infatti, la cultura offre il canale attraverso il quale la religione può esprimersi
e, dall’altro, la religione permea le rispettive culture con la propria spiritualità e
con la propria ritualità, senza dimenticare la terminologia (cf. G. Campese, Oltre
l’inculturazione, in S. Mazzolini [ed.], Vangelo e culture. Per nuovi incontri, Urbaniana
University Press, Roma 2017, p. 226).
2
Su questo argomento cf. L. Pandolfi, Nuovi umanesimi e inculturazione. Tran-
sculture, comunicazione massmediale e reti digitali, in S. Mazzolini (ed.), Vangelo e cul-
ture, cit., pp. 147-168.
3
Cf. G. Campese, Oltre l’inculturazione, in S. Mazzolini (ed.), Vangelo e culture,
cit., pp. 219-236.
4
Cf. papa Francesco, Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2017, Città
del Vaticano, 4 giugno 2017 (http://w2.vatican.va/content/francesco/it/messa-
ges/missions/documents/papa-francesco_20170604_giornata-missionaria2017.
html).
5
Citato nel Notiziario, in «Il Concilio di Trento. Rivista commemorativa del IV
centenario», 1 (1942), p. 75, riportato da M. Nicoletti, Il mondo cattolico trentino fra il
fascismo e la guerra e le radici di Silvia Lubich, in A. Leonardi (ed.), Comunione e inno-
vazione sociale. Il contributo di Chiara Lubich, Città Nuova - Università degli Studi di
Trento, Roma 2012, pp. 13-33, qui p. 25.
6
Nel presente studio cultura e religione appariranno spesso sinonimi. È, infatti,
da tener presente che, sebbene il Movimento si sia diffuso piuttosto velocemente
in tutto il mondo, nel corso della sua vita la Lubich ha avuto un incontro profondo
con altre culture in occasione di eventi o incontri che l’hanno portata in contatto con
buddhisti (in Giappone e in Thailandia), con indù (in India), con musulmani (negli
Usa e in Medio Oriente) e con le religioni tradizionali (in Camerun).
7
È opportuno ricordare che nel 1961 erano iniziati i rapporti con cristiani evan-
gelici e riformati e che per questo si era dato vita al Centro Uno, destinato a di-
ventare sotto la guida sapiente di Igino Giordani un punto di riferimento, non solo
nell’ambito dei Focolari, ma dell’intero movimento ecumenico.
8
Si tratta di Bruna Tommasi e Graziella De Luca.
9
Si tratta del Centro Uno, sorto nel 1961 sotto la direzione di Igino Giordani,
che la Lubich ha sempre considerato confondatore del Movimento dei Focolari. Per
maggiori dettagli cf. E.M. Fondi - M. Zanzucchi, Un popolo nato dal Vangelo. Chiara
Lubich e i Focolari, San Paolo, Cinisello Balsamo 2003, in particolare il capitolo Dialo-
gando, pp. 356-376.
10
C. Lubich, Domande e risposte con focolarini esterni, Ala di Stura (To), 12 agosto
1963.
11
Ibid.
12
Su questo aspetto della spiritualità di comunione nata dall’esperienza di Chia-
ra Lubich cf. C. Lubich, La dottrina spirituale, Città Nuova, Roma 2006 (M. Vandelee
ne [ed.]), pp. 101-114.
13
Cf. ibid., pp. 130-143 e 461-483.
14
C. Lubich, L’arte di amare, Città Nuova, Roma 2005, p. 29.
15
La Lubich si era recata a Fontem in Camerun, non lontano da Douala, per
visitare i primi focolarini – medici e infermieri – che vi si erano trasferiti su invito
del vescovo locale monsignor Peters per contribuire a curare l’altissima mortalità
infantile che affliggeva la popolazione locale. Per una maggiore conoscenza di que-
sta esperienza dei Focolari cf. M. Zanzucchi, Fontem. Un nuovo popolo, Città Nuova,
Roma 2002; L. Dal Soglio, Presi dal mistero. Agli albori dei Focolari in Africa, Città Nuo-
va, Roma 2013.
16
C. Lubich, La mia esperienza nel campo interreligioso: punti della spiritualità aperti
alle religioni, Aachen, Germania, 13 novembre 1998.
17
Ibid.
18
Il Premio Templeton (Templeton Prize) è un riconoscimento assegnato fin dal
1973 a persone che si sono distinte in campo religioso. Chiara ne venne insignita nel
1977 e ricevette il premio a Londra dalle mani del principe di Edimburgo, dopo una
solenne cerimonia tenutasi alla Guildhall.
19
C. Lubich, Possono le religioni essere partners sul cammino della pace?, in «Nuova
Umanità» 152 (2004/2), pp. 161-174.
20
Id., Attualità. Leggere il proprio tempo (M. Zanzucchi [ed.]), Città Nuova, Roma
2013, pp. 102-103.
21
Chiara Lubich ha visitato l’India due volte, nel 2001 e nel 2003. Sono stato
testimone diretto di quelle visite avendo vissuto in quel Paese dal 1980 al 2008.
22
C. Lubich, Diario n. 3, Diari dall’India, 3 gennaio 2001.
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23
Id., Diario n. 1, Diari dall’India, 31 dicembre 2001.
24
Cf. Id., Risposte alla città di Loppiano, 7 febbraio 2001 (trascrizione da video
non pubblicata).
25
La Lubich spiega il “più profondo farsi uno” nel corso di una conversazione
telefonica dove comunica un pensiero spirituale a membri del Movimento sparsi in
diverse parti del mondo. «Ma allora quale l’atteggiamento nostro nei suoi confronti
[del fratello]? […] Dobbiamo […] accostarlo completamente vuoti di noi stessi e
spostare per lui anche ciò che possediamo di più bello, di più grande: il nostro stes-
so carisma, la nostra spiritualità, la nostra Opera, per essere di fronte a lui “nulla”
come Gesù Abbandonato, come Maria Desolata. […] In tal modo il fratello può ma-
nifestarsi, perché trova chi lo accoglie: può donarsi. Ma, poiché il “nulla” in noi è un
“nulla d’amore”, lo Spirito Santo […] ci dà modo di cogliere quel qualcosa di “vivo”
che è nel cuore del fratello. […] E su quel qualche cosa di “vivo” noi possiamo – ser-
vendo – innestare con dolcezza, con amore, con illimitata discrezione, quegli aspetti
della verità, del messaggio evangelico che portiamo in noi e danno pienezza e com-
pletezza a ciò che quel prossimo già crede […]. È un modo, questo, eccellente per i
continenti dove la Chiesa (e in essa anche noi) fa leva sui semi del Verbo esistenti
nelle varie culture per innestare la Vita (Gesù) su qualcosa di già vivo, come è vivo
ogni albero, anche selvatico, non ancora innestato» (C. Lubich, Collegamento CH,
28 maggio 1992).
26
F. Whaling, Christian Theology and World Religions: A Global Approach, Marshall
Pickering, Basingstoke 1986, pp. 130-131.
27
Ibid.
28
C. Lubich, Intervento alla Radio Vaticana, in «Mariapoli», 2000/2, p. 14
29
Id., Risposte ai focolarini dell’Africa, 12 maggio 1992. A questo proposito è op-
portuno chiarire che tale processo di deculturalizzazione non significa assoluta-
mente una perdita di identità. Per la Lubich l’identità, soprattutto in quanto cristiana
cattolica, è sempre stata un punto chiaro e fermo, mai oggetto di compromessi di
alcun tipo. Si tratta di deculturalizzarsi per amore di chi ci sta di fronte per attendere
il momento opportuno di donare la propria cultura e identità, senza mai imporla, ma
proponendola per amore.
30
Per questo aspetto cf. C. Lubich, Il grido, Città Nuova, Roma 2001 e 2003, e
Id., La dottrina spirituale, cit., pp. 143-155 e 503-505.
31
H. Waldenfels, Gesù crocifisso e le grandi religioni, Edizioni Dehoniane, Napoli
1987, p. 60.
32
Cf. E.M. Fondi - M. Zanzucchi, Un popolo nato dal Vangelo, cit.
33
C. Lubich, L’unità e Gesù Abbandonato, Città Nuova, Roma 1984, pp. 117-118
34
Cf. ibid.
35
R. Catalano, La spiritualità di comunione e il dialogo interreligioso. L’esperienza di
Chiara Lubich e del Movimento dei Focolari, Città Nuova, Roma 2010, p. 155.
36
Cf. C. Lubich, La dottrina spirituale, cit., pp. 214-225.
37
Su questo argomento possono essere consultati diversi studi. Fra questi si
suggeriscono il capitolo La sapienza delle nazioni, nel libro di J. Daniélou, Messaggio
evangelico e cultura ellenistica, Il Mulino, Bologna 1975 (originale francese, 1969),
pp. 51-90. È opportuno ricordare, poi, che la Lubich era ben cosciente che il ruo-
lo degli insegnamenti di questi Padri della Chiesa come opportuno fondamento
al rapporto della Chiesa con le culture e le religioni è stato riconosciuto espli-
citamente in autorevoli documenti successivi al Concilio Vaticano II. Cf. Pontifi-
cio consiglio per il dialogo interreligioso e congregazione per l’evangelizzazione
dei popoli, Dialogo e annuncio. Riflessioni e orientamenti sul dialogo interreligioso e
l’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo, 19 maggio 1991, nn. 24-25; Commissione te-
ologica internazionale, Il cristianesimo e le religioni, in «La Civiltà Cattolica» 148
(I/1997), pp. 146-183, nn. 40- 45.
38
C. Lubich, Risposte ai focolarini dell’Africa, 12 maggio 1992.
39
Id., Risposte alla città di Loppiano, 7 febbraio 2001.
40
Confusione fra le religioni o conferme per un’unica fede universale? Questa
la tentazione di alcuni, forse, ma non della Lubich che, a un giornalista svizzero che,
ancora nel 1998, aveva azzardato se fosse «favorevole ad un annullamento delle
frontiere tra le religioni, tendendo così ad un’unica religione su questa terra», aveva
con fermezza chiarito: «No, assolutamente no, assolutamente no. […] Ho detto che
nelle altre religioni, pur essendo congegnate ognuna in una maniera diversa, ci sono
dei “semi di verità”, noi andiamo cercandoli, questi semi, per poter avere un qualco-
sa di comune su cui parlare, su cui agire». Su questo punto c’è sempre stata non solo
chiarezza da parte della Lubich e dei Focolari, ma anche impegno a non dare adito a
soluzioni sincretiste o, anche solo, a scorciatoie pericolose.
41
C. Lubich, Risposte alla città di Loppiano, 19 febbraio 1986.
42
Id., Diari dall’Asia. Tagaytay (Filippine), 10 gennaio 1997.
43
Ibid.
44
C. Lubich, Risposte alla città di Loppiano, 7 febbraio 2001.
45
Ibid.
46
C. Lubich, Risposte ai focolarini dell’Africa, 12 maggio 1992.
47
Id., Discorso al Santuario della Madonna di Guadalupe, Città del Messico, 7 giu-
gno 1997.
48
Id., Risposte alla città di Loppiano, 7 febbraio 2001.
49
Ibid.
50
C. Lubich, Risposte al convegno degli amici di convinzioni non religiose, Castel
Gandolfo, 8 febbraio 1998.
34 nu 229
roberto catalano
51
Id., Discorso al Santuario della Madonna di Guadalupe, Città del Messico, 7 giu-
gno 1997.
52
Id., Maria (B. Leahy - J. Povilus [edd.]), Città Nuova, Roma 2017, p. 131.
53
Ibid.
54
C. Lubich, Diario n. 3, Diari dall’India, 3 gennaio 2001.
55
Id., Risposte alla città di Loppiano, 7 febbraio 2001.
NOI DUE
di Angelo Alessi
nu 229
focus. la chiesa nella babele culturale
Inculturazione ed
evangelizzazione alla luce
del carisma dell’unità
Jesús
Morán
1. esprimere l’inespresso
copresidente
del movimento
dei focolari. Il tema dell’inculturazione è legato al mistero dell’in-
filosofo, teologo. carnazione del Verbo e, in questo senso – anche se la
riflessione è venuta dopo – diremmo che è un tema
centrale nella storia della rivelazione1. Quindi l’incultu-
razione – in quanto legata all’incarnazione del Verbo – è
centrale per la fede cristiana e quindi per la storia della
Chiesa. L’inculturazione comincia proprio con l’incarna-
zione e possiamo notare che il primo esempio di incultu-
razione del vangelo – e quindi del cristianesimo – sono i
Vangeli stessi: ogni Vangelo è già un’inculturazione del
messaggio rivelato di Gesù.
In seguito troviamo, già nel Nuovo Testamento, l’in-
sorgere di tensioni particolari che dimostrano quanto
l’inculturazione sia la prima vera problematica della
Chiesa nascente. Per esempio, nella Prima lettera ai
Corinzi notiamo la tensione tra l’annuncio di Gesù Cri-
sto come centro del kérigma, «Non conosco che Cristo
e Cristo crocefisso» (cf. 1 Cor 2, 1-2), e, più oltre, l’esi-
genza di Paolo di farsi Greco con i Greci e Giudeo con
i Giudei (cf. 1 Cor 9, 19-23). Pertanto c’è un solo mes-
saggio centrale che va, però, mediato all’interno delle
diverse culture.
C’è, poi, molto conosciuta, la questione del rapporto e delle relative ten-
sioni tra i cristiani di ascendenza ebraica e quelli che venivano dal paganesi-
mo (cf. At 10.11.15). Infatti vi era stato un momento in cui nella Chiesa sem-
brava che la mediazione ebraica, da cui proveniva il kérigma, dovesse essere
l’unica mediazione possibile. Le situazioni, invece, sotto la spinta dello Spi-
rito, hanno condotto la Chiesa nascente a capire, in modo inequivocabile,
che occorreva, in qualche modo, sapersi affrancare dalla cultura ebraica per
poter evangelizzare tutto il mondo di allora.
Quindi constatiamo già questa problematica, che possiamo chiamare
la tensione dell’inculturazione, presente all’inizio della Chiesa. Ciò vuol dire
che l’inculturazione non è un problema della Chiesa in Africa o della Chiesa
in America, è un problema della Chiesa tout court, perché ha a che vede-
re con l’evangelizzazione stessa, essendo la rivelazione un fatto storico in
quanto Dio ha voluto entrare nella storia umana.
Ora, questa prospettiva non è stata oggetto di riflessione immediata da
parte della stessa Chiesa, tanto meno della comunità cristiana e solo molto
recentemente si è preso coscienza di tale problematica. Infatti, per affron-
tare la questione della necessaria mediazione culturale della rivelazione,
si è dovuto aspettare il periodo in cui il cristianesimo è stato chiamato a
confrontarsi con le grandi trazioni culturali e spirituali degli altri continenti
(America, Asia, Africa). A quel punto la prima mediazione, avvenuta all’in-
terno della cultura greco-latina, ha mostrato tutte le sue insufficienze ed è
così che, lentamente e non senza scossoni e tensioni, è incominciata una
riflessione approfondita sulla questione.
Di tutta questa storia, vorrei sottolineare solo un aspetto, un’idea che
comincia a farsi largo sin dai primi pronunciamenti della Chiesa in materia e
che culmina – a mio avviso – esplicitamente solo con papa Francesco.
Prima, però, desidero prendere in esame un testo sorprendente della
Congregazione di Propaganda Fide che esisteva già nel 1600: è un testo del
1659, da cui traspare come questa questione fosse già una problematica
presente non appena il cristianesimo arriva nel “nuovo mondo” e in partico-
lar modo nell’evangelizzazione dell’America Latina e dell’Asia.
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jesús morán
Non fate alcun uso di zelo, non proponete argomenti per convin-
cere questi popoli a cambiare i loro riti, i loro costumi e i loro usi,
a meno che questi siano evidentemente contrari alla religione e
alla morale. Che cosa c’è di più assurdo che il voler trasferire tra i
Cinesi, la Francia, la Spagna, l’Italia o qualche altro Paese d’Euro-
pa? Non introducete tra loro i nostri Paesi ma la fede, quella fede
che non respinge, né ferisce i riti o gli usi di un popolo, purché non
siano detestabili, ma che, al contrario, vuole che siano conservati
e li protegge 2 .
dalle culture dei popoli tutto ciò che è in grado di meglio esprimere le ine-
sauribili ricchezze di Cristo (cf. Ef 3, 8; Gaudium et spes, 15 e 22)»3.
«Meglio esprimere le inesauribili ricchezze di Cristo». Ciò vuol dire che
le mediazioni teologiche elaborate in Europa non hanno espresso tutta la
ricchezza di Cristo. Pertanto vi sono dei doni particolari che riguardano la
rivelazione, che è Cristo, che devono necessariamente provenire da altre
culture e da altre mediazioni. E questo è, in sintesi, il nocciolo della questio-
ne riguardante l’inculturazione.
Anche nel documento Ecclesia in Africa, si dice la stessa cosa. «Per l’incul-
turazione la Chiesa incarna il Vangelo nelle diverse culture e […] trasmette
a esse i propri valori, assumendo ciò che di buono c’è in esse»: siamo al nu-
mero 52 di Redemptoris missio che più avanti si esprime in maniera ancor più
esplicita sottolineando come la Chiesa «conosce ed esprime ancor meglio
il mistero di Cristo, mentre viene stimolata a un continuo rinnovamento».
Si tratta della stessa idea: necessità dell’inculturazione per meglio espri-
mere il mistero di Cristo. Alcuni teorici dell’evoluzione del dogma, come
Newman e altri, dicono: «Esprimere l’inespresso». Quindi l’inculturazione è
indispensabile per esprimere l’inespresso nella rivelazione cristologica, fon-
damentale per l’evangelizzazione in quella determinata cultura.
E tanti altri sono i testi che vanno in questa direzione. In particolare sa-
rebbe anche importante parlare della Africae munus, anche se in essa l’ac-
cento è piuttosto posto sull’inculturazione-evangelizzazione dal punto di
vista delle problematiche umane e quindi della promozione della persona.
Che questo abbia a che fare con la rivelazione lo ha espresso molto bene
Benedetto XVI nella Verbum Domini, quando dice: «Il mistero dell’Incarna-
zione ci rende noto che Dio, da una parte, si comunica sempre in una storia
concreta, assumendo i codici culturali iscritti in essa, ma, dall’altra parte, la
stessa Parola può e deve trasmettersi in culture differenti, trasfigurandole
dall’interno»4.
E qui è sottolineata una cosa importante che è bene mettere in evidenza:
e cioè che l’inculturazione non può essere semplicemente un adattamento
di tipo superficiale, un po’ folcloristico. Cioè non si tratta, tanto, di fare delle
messe dove la gente danza, perché se questo è un aspetto dell’inculturazio-
ne non è, sicuramente, quello centrale. La liturgia è certamente importante,
40 nu 229
jesús morán
ma qui si sta parlando del dogma. Infatti dice ancora Benedetto XVI: «L’in-
culturazione non va scambiata con processi di adattamento superficiale e
nemmeno con la confusione sincretista che diluisce l’originalità del Vangelo
per renderlo più facilmente accettabile»5. «L’autentico paradigma dell’incul-
turazione è l’Incarnazione stessa del Verbo»6.
Cioè l’inculturazione ha a che fare con l’incarnazione del Verbo e que-
sta incarnazione continua, perché noi continuiamo a penetrare quell’evento,
durante tutta la storia della Chiesa. È per questo che nei documenti si parla
tanto del compito dello Spirito Santo nel lavoro dell’inculturazione. Lo Spiri-
to Santo che continua la rivelazione nelle parole e nei gesti di Gesù.
Oltre ai documenti strategici della Chiesa latino-americana – in modo
particolare quelli di Puebla e di Aparecida – che in questa sede non trattia-
mo, credo che questo pensiero maturi ulteriormente e venga espresso con
più forza nella Evangelii gaudium. Si legge al numero 116:
2. il carisma dell’unità:
una spiritualità per l’inculturazione
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jesús morán
1
Versione rivista della conferenza tenuta ai professori della Facoltà di Teologia
della Catholic University Eastern Africa (Cuea) e del Tangasa College a Nairobi, il 21
maggio 2016.
2
Le Siège apostolique et les Missions, Union missionaire du Clergé, Paris 1959:
citato in H. Carrier, Dizionario della Cultura. Per l’analisi culturale e l’inculturazione (“In-
culturazione”), LEV, Città del Vaticano 1997.
3
Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 10.
4
Benedetto XVI, Verbum Domini, 114.
5
Cf. Ad gentes, 22; Pontificia Commissione Biblica, L’interpretazione della Bibbia
nella Chiesa (15 aprile 1993), IV, B: Ench. Vat. 13, n. 3111-3117.
6
Benedetto XVI, Verbum Domini, 114.
7
Cf. Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte, 40.
nu 229
focus. la chiesa nella babele culturale
Carismi ed evangelizzazione
della cultura
Vincenzo
dal vaticano ii all’evangelii gaudium
Zani
arcivescovo Questo tema riveste un’indiscussa rilevanza per le
cattolico sfide che la cultura, intesa in senso globale, e le cultu-
italiano. re locali stanno attraversando in ogni area del mondo,
segretario della a causa dell’erosione dei loro valori tradizionali e dell’in-
congregazione
per l’educazione
sorgenza di problemi inediti che le interpellano in modo
cattolica. radicale. Ovviamente, anche il compito che la Chiesa si
è sempre data, di annunciare il messaggio del vangelo a
ogni uomo e a tutto l’uomo, proprio per questa destina-
zione universale, ne è fortemente interpellato.
Una particolare attenzione da parte della Chiesa
verso le condizioni e le aspettative segrete degli uomi-
ni e delle donne del nostro tempo, e quindi anche verso
la loro cultura, è venuta in forte evidenza nel Concilio
Vaticano II, al termine del quale, diceva Paolo VI, «tut-
ta la ricchezza dottrinale è rivolta in un’unica direzione:
servire l’uomo»1. «Siamo i cultori dell’uomo», è un’altra
delle formule audaci di Paolo VI, che all’inizio è stata
mal compresa, ma che esprime una delle intuizioni più
ricche del Vaticano II, confluite nella costituzione pasto-
rale Gaudium et spes. Questo documento resta la porta
aperta sul mondo e sulla cultura d’oggi e sull’uomo at-
tuale, i suoi bisogni e le sue speranze. Ad esso hanno
dato un’eco straordinaria e una concretizzazione l’esor-
tazione post-sinodale Evangelii nuntiandi (1975) di Paolo
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vincenzo zani
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vincenzo zani
Negli ultimi decenni, il tema della cultura è diventato sempre più og-
getto di una chiara presa di coscienza ai vari livelli della società, come
pure da parte della Chiesa. Il Concilio Vaticano II segna in tale senso una
svolta: è il primo concilio a trattare esplicitamente della cultura umana e
delle culture di questo tempo, e dagli anni del Concilio questa attenzione
è andata crescendo.
Con l’evoluzione della società si è sviluppato anche il concetto di cultura
ed è divenuto una categoria più dinamica. La Chiesa stessa dà un’accezione
dinamica alla parola cultura quando parla del suo impegno di evangelizza-
zione delle culture, di incontro delle culture, di inculturazione8.
Utilizzando questa concezione moderna della cultura, si comprende la
definizione che ne danno i testi del Vaticano II. La costituzione Gaudium et
spes dice:
52 nu 229
vincenzo zani
Se, agli occhi di taluni, il progresso del sapere e dello spirito critico ha
contribuito a purificare una concezione magica del mondo, per altri lo svi-
luppo scientifico condurrebbe a un rifiuto di Dio e della religione. Il Concilio
ha optato per una valutazione a un tempo positiva e critica del progresso
scientifico e tecnico. E in questa linea si colloca l’intero magistero ecclesiale
del dopo Concilio, fino a papa Francesco il quale, nell’enciclica Laudato si’,
da una parte denuncia i mali che stanno minando il mondo attuale – quali
l’inquinamento, la cultura dello scarto, i problemi del clima, dell’acqua, dell’i-
niquità planetaria nonché il deterioramento della qualità della vita umana –,
ma dall’altra rivolge l’appello a tutti, convinto che «l’umanità ha ancora la
capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune» (n. 13). Il vero
progresso culturale dell’uomo è, di per sé, aperto al trascendente: ecco per-
ché il vangelo può essere, in ogni tempo, generatore di cultura. La Chiesa,
con la sua missione di annunciare il vangelo, può così concorrere all’opera
civilizzatrice. La cultura si presenta, in tale prospettiva, come la dignità stes-
sa dell’uomo e il suo bisogno più radicale9.
L’Opera di Maria, modellata a partire dal carisma dell’unità di Chiara
Lubich e ispirata dalle linee del Concilio, grazie alla sua straordinaria espe-
rienza e alle sue articolazioni nei vari campi ecclesiali e socio-culturali, può
offrire un contributo originale e specifico al progetto culturale della Chiesa
per il mondo di oggi, proprio nella prospettiva tracciata dalla Gaudium et spes
e aggiornata dal recente magistero ecclesiale.
3.1 Paolo VI
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vincenzo zani
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vincenzo zani
Si tratta allora di precisare, entro questo quadro, come debba essere in-
tesa ed espletata l’istanza che urge la Chiesa verso un’adeguata evangeliz-
zazione della cultura13.
Queste espressioni di papa Francesco circa la “mistica della fraternità” ci
rimandano alla bellissima meditazione di Chiara Lubich, L’attrattiva del tem-
po moderno, e cioè al compito di «penetrare nella più alta contemplazione e
rimanere mescolati fra tutti, uomo accanto a uomo […]; perdersi nella folla,
per informarla del divino, come s’inzuppa un frusto di pane nel vino [perché
siamo fatti] partecipi dei disegni di Dio sull’umanità»14. È il tema dell’unità
e di Gesù in mezzo che Klaus Hemmerle esprimeva molto bene in un suo
scritto con queste parole:
I cristiani sono per questo invitati ad avere capacità di iniziativa nel campo
sociale e culturale, ad assumersi la responsabilità impegnativa di intervenire
attivamente: «Ciò cui si deve tendere, in definitiva – scrive il papa –, è che
la predicazione del Vangelo, espressa con categorie proprie della cultura
in cui è annunciato, provochi una nuova sintesi con tale cultura» (EG, 129).
Occorre, perciò, avere audacia per far avanzare nel mondo nuovi processi
sociali e culturali.
Se non abbiamo il coraggio di promuovere forme nuove di inculturazione
può succedere che – scrive papa Francesco – «al posto di essere creativi,
semplicemente noi restiamo comodi senza provocare alcun avanzamento
e, in tal caso, non saremo partecipi di processi storici con la nostra coopera-
zione, ma semplicemente spettatori di una sterile stagnazione della Chiesa»
(n. 129). Subito di seguito a queste affermazioni, il papa scrive che i carismi
sono doni dello Spirito Santo elargiti per rinnovare ed edificare la Chiesa, e
quindi per sostenerla nella sua missione di evangelizzare la cultura (cf. n.
130).
Per camminare lungo questa traiettoria, la Evangelii gaudium suggerisce
che è necessario contrastare la logica della “mondanità spirituale”, che si
declina in due modalità profondamente connesse: «il neopelagianesimo
autoreferenziale e prometeico» ed «il fascino dello gnosticismo» (nn. 93-
97). La visione pelagiana viene indicata come la tentazione di avere fidu-
cia nelle strutture, nelle organizzazioni, nelle pianificazioni perfette perché
astratte. Non a caso l’esempio più significativo è quello del dottrinalismo:
il ripiegamento nei bastioni fortificati delle certezze indiscutibili, basate su
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dogmi dottrinali e su norme morali fissati una volta per sempre. Per quanto
riguarda invece lo gnosticismo, esso viene richiamato per riferimento alla
tentazione dello spiritualismo: la fuga in uno spazio virtuale, alla ricerca di
un’irruzione del sacro, che alleggerisca il peso della realtà. Ancora una volta,
viene ribadito che la differenza insormontabile fra la spiritualità cristiana e
qualunque forma di spiritualismo è da ricercare nella centralità dell’incar-
nazione, dalla quale scaturisce «un umanesimo cristiano popolare, umile,
generoso, lieto»16; ed è proprio questo tipo di esperienza vissuta e testimo-
niata che dovrebbe costituire la forma e il fondo della sintesi, sempre da
riconfigurare, tra evangelo e cultura.
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In terzo luogo, a partire dal mistero del Verbo che si è fatto carne, l’e-
vangelizzazione deve sempre avere presente la realtà storica e la dimensione
concreta con cui si deve confrontare.
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nire in campo politico. Si legge, infatti nella Gaudium et spes che si deve fare
distinzione «tra le azioni che i fedeli, individualmente o in gruppo, compiono in
proprio nome, come cittadini, guidati dalla coscienza cristiana, e le azioni che
essi compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori» (n. 75).
È importante sottolineare il carattere di libertà che accompagna l’atto di
coloro che annunciano il vangelo, come di coloro che l’accolgono. L’evange-
lizzazione non va affatto intesa nel senso di un indottrinamento collettivo
che sarebbe imposto intempestivamente a un ambiente culturale. La forza
del vangelo non proviene che dalla forza della parola di verità e di amore vis-
suta, capace di penetrare gli spiriti e di illuminarli come una luce. Questo
atteggiamento di libertà presuppone, da parte della Chiesa, un rispetto pro-
fondo per tutte le culture.
1
Discorso di chiusura del Concilio, 7 dicembre 1965, in Insegnamenti di Paolo VI,
vol. III, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1965, p. 730.
2
I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, Documento preparatorio della
XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, Editrice Ancora, Milano
2017, p. 18.
3
Cf. Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 20.
4
Giovanni Paolo II, Discorso al Pontificio Consiglio per la Cultura, 15 gennaio 1985.
5
Cf. Lumen gentium, 4.
6
J. Ratzinger, I movimenti ecclesiali e la loro collocazione teologica, in AA.VV., I
movimenti nella Chiesa, Atti del Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali (Roma,
27-29 maggio 1998), Pontificium Consilium Pro Laicis, Città del Vaticano 1999, pp.
23-51, qui p. 25.
7
Ibid., p. 39.
8
Cf. H. Carrier, Vangelo e culture. Da Leone XIII a Giovanni Paolo II, Città Nuova,
Roma 1990.
9
Cf. ibid., p. 23.
10
Cf., ad esempio, Giovanni Paolo II, Discorso all’UNESCO, 2 giugno 1980, 13.
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vincenzo zani
11
L’adagio ricorre in particolare nella Summa theologiae di Tommaso d’Aquino
secondo differenti formulazioni (S.Th. I, q. 2, a. 2, ad 1).
12
Cf. D. Albarello, La grazia suppone la cultura. Ordine culturale e pensiero della
fede alla luce di Evangelii gaudium, in «Teologia» 41 (2016), pp. 222-248.
13
Cf. ibid., pp. 227-228.
14
C. Lubich, L’attrattiva del tempo moderno. Scritti spirituali/1, Città Nuova, Roma
1978, p. 27.
15
K. Hemmerle, Partire dall’unità. La Trinità come stile di vita e forma di pensiero,
Città Nuova, Roma 1998, pp. 76-77.
16
L’espressione è tratta dal discorso tenuto da papa Francesco durante l’assem-
blea del quinto Convegno nazionale della Chiesa italiana, svoltosi a Firenze dal 9 al
13 novembre 2015.
Il bellissimo niente
che l’uomo può fare
sulla natura dell'etica cristiana
di Giovanni Salmeri
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focus. la chiesa nella babele culturale
Vangelo, pluralismo
e dialogo interculturale
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lucas cervinho
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lucas cervinho
per dialogare sempre e con tutti20. Lei non ha parlato in modo esplicito del
dialogo interculturale, ma in occasione della sua visita in Messico, nella ba-
silica della Madonna di Guadalupe – patrona dell’America Latina –, ha dato
una definizione dell’inculturazione che c’entra chiaramente con il dialogo
interculturale.
L’inculturazione non è solo farsi uno con un altro popolo spiritualmen-
te, scoprendovi magari e potenziando i “semi del Verbo” presenti in esso,
ma è anche un assumere personalmente, con umiltà e riconoscenza, quel
qualcosa di valido che la cultura del fratello offre. L’inculturazione esige uno
scambio di doni. Questo ci vuol dire la Madonna di Guadalupe. Solo così il
vangelo potrà penetrare nel fondo delle anime e apportarvi la sua rivoluzio-
ne, con tutto ciò che ne consegue21.
Questa visione del rapporto tra vangelo e culture permette di capire il
dialogo interculturale come uno scambio di doni che, quando si vive, mette
in luce e potenzia tutti i frutti d’umanizzazione – il modo di rapportarsi con
se stessi, con gli altri, con la natura e con l’assoluto – che sono nella cul-
tura propria e dell’altro. Allo stesso tempo, questo incontro caratterizzato
da profondità e reciprocità focalizza l’importanza del dialogo nel processo
d’inculturazione: il vangelo penetra nel fondo delle anime soltanto quando si
stabilisce questo livello di dialogo interpersonale ed esistenziale.
Lo scambio di doni mette in luce innanzitutto che l’evangelizzazione non
consiste nel portare qualcosa – una visione di Dio, una dottrina, dei riti ecc. –
che non è presente nella cultura dell’altro o nei diversi ambiti del sociale.
L’evangelizzazione, prima di tutto, è trasmettere un’esperienza; anzi, stabi-
lire insieme all’altro un dialogo interculturale fino allo scambio di doni, fa-
cendo del dialogo un’esperienza spirituale. Questa esperienza di unità nel-
la differenza, permette di innescare la rivoluzione del vangelo nel cuore di
ogni uomo e di ogni donna secondo le rispettive condizioni culturali, sociali
e spirituali. Lo scambio di doni fa venir fuori il Cristo che vive in ogni uomo,
perché «con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni
uomo»22, secondo le sue condizioni.
La strada del dialogo fino allo scambio di doni, che fa sì che il dialogo sia
esperienza spirituale, fa sì che, nell’evangelizzazione, la buona novella – Dio ti
ama immensamente, ama e fai quello che vuoi (sant’ Agostino) – sia qualco-
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lucas cervinho
la spiritualità nell’evangelizzazione:
lo scambio dei doni come mistica dell’incontro
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lucas cervinho
evento che ogni volta che accade ci trasforma dal di dentro. In questo in-
contro cresciamo spiritualmente, cresce in pienezza tutto l’essere umano.
Allora il dialogo diventa un’esperienza di trasfigurazione: cambia il nostro
sguardo verso il mondo, verso gli altri – per diversi che siano –, verso il mi-
stero di Dio. Impariamo a scoprire e a intravedere l’azione amorosa dello
Spirito che continuamente sta generando e sostenendo ogni creatura nel
cosmo. Ci sentiamo partecipi dell’interrelazione di tutto con tutto. Crescia-
mo in una spiritualità della «solidarietà globale»29.
Vivere lo scambio dei doni in ogni dialogo interculturale è possibile nella
misura in cui riusciamo a «scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere in-
sieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci,
di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una
vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegri-
naggio»30. In questi tempi di pluralismo radicale, la spiritualità che sostiene
ogni evangelizzazione non può coltivarsi come ripiegamento su se stessi o
su gruppi chiusi e tribali per la paura del diverso, neanche come spirito di
espansione e di assimilazione della differenza dell’altro. La sorgente spiri-
tuale del secolo XXI sta nell’incontro con l’altro riconoscendo la sua diversi-
tà e nell’apertura con l’altro al mistero ineffabile, per trovarci insieme nella
voragine dell’amore. Questa è la chance storica cha abbiamo di fronte come
cristiani, fare sì che la marea caotica del pluralismo, grazie al dialogo inter-
culturale come scambio di doni che ci apre alla presenza del divino, diventi
unità nella diversità e sia percepita – secondo la diversità di ciascuno – come
carovana solidale e giusta o come santo pellegrinaggio per ringraziare Dio o
come esperienza di fraternità interculturale e interreligiosa.
1
Cf. Lumen gentium, 1: «Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adu-
nato nello Spirito Santo, desidera dunque ardentemente, annunciando il Vangelo
ad ogni creatura (cf. Mc 16, 15), illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo che
risplende sul volto della Chiesa».
2
Cf. Gaudium et spes, 44: «È dovere di tutto il popolo di Dio, soprattutto dei
pastori e dei teologi, con l’aiuto dello Spirito Santo, ascoltare attentamente, discer-
nere e interpretare i vari linguaggi del nostro tempo, e saperli giudicare alla luce
della parola di Dio, perché la verità rivelata sia capita sempre più a fondo, sia meglio
compresa e possa venir presentata in forma più adatta».
3
Francesco, Evangelii gaudium, 115.
4
P. Berger, Los numerosos altares de la modernidad, Sigueme, Salamanca 2016, p.
10 (traduzione mia).
5
R. Panikkar, Pluralisme e interculturalitat, Fragmenta Editorial, Barcelona 2010,
p. 13 (traduzione mia).
6
J. Melloni, Hacia un tiempo de síntesis, Fragmenta Editorial, Barcelona 2011, p.
28 (traduzione mia).
7
Cf. R. Panikkar, Diàleg intercultural i interreligiós, Fragmenta Editorial, Barcelo-
na 2014, p. 75.
8
Cf. J. Melloni, Hacia un tiempo de síntesis, cit., pp. 26-29.
9
Francesco, Evangelii gaudium, 220.
10
Ibid., 116.
11
Ibid., 238.
12
Ibid., 272.
13
Ibid., 118.
14
Ibid., 116.
15
Francesco, Omelia nella solennità di Pentecoste, Città del Vaticano, 4 giugno
2017.
16
Id., Evangelii gaudium, 116.
17
Cf. Id., Omelia nella solennità di Pentecoste, cit.
18
Chi ripercorre i duemila anni di storia del cristianesimo riconosce l’impor-
tanza della dimensione carismatica della Chiesa. Infatti, lo Spirito Santo fa sorgere
diversi carismi per rispondere alle necessità e alle sfide di ogni epoca. Di fronte
alle ricchezze opulente della Chiesa nel Medioevo sorgono gli ordini mendicanti, di
fronte alla modernità con la centralità del soggetto nascono i Gesuiti, e così via. In
questa chiave bisogna guardare il carisma dell’unità come una luce e un’azione dello
Spirito per vivere in tempi di pluralismo.
19
Giovanni Paolo II, Messaggio a Chiara Lubich in occasione del 60o della nascita del
Movimento dei Focolari, Città del Vaticano, 4 dicembre 2003.
20
Cf. C. Lubich, La dottrina spirituale, Città Nuova, Roma 2006, pp. 438-490.
21
Id., Discorso al Santuario della Madonna di Guadalupe, Città del Messico, 7 giu-
gno 1997.
22
Gaudium et spes, 22.
23
Francesco, Evangelii gaudium, 238.
24
Gaudium et spes, 22.
25
Francesco, Evangelii gaudium, 272.
76 nu 229
lucas cervinho
26
Id., Discorso ai rettori e agli alunni dei Pontifici Collegi e Convitti di Roma, Città del
Vaticano, 12 maggio 2014.
27
Id., Evangelii gaudium, 272.
28
Ibid..
29
Francesco, Laudato si’, 240.
30
Id., Evangelii gaudium, 87.
VAN THUAN
libero tra le sbarre
di Teresa Gutiérrez de Cabiedes
nu 229
scripta manent
Congregazione
de Propaganda
Fide
1. prima di partire1
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congregazione de propaganda fide
esercitare il suo ufficio con continuità; affinché non accada che, col mutare
frequentemente le persone, ne subentri qualcuna, un po’ troppo negligente
e inesperta, e provochi così non lievi danni ai problemi da trattare.
Appena avrete ricevuto queste istruzioni dal Nunzio Apostolico, partite
il più presto possibile e nella maniera più riservata, […] per evitare che la
divulgazione della notizia susciti nei molti luoghi che toccherete molteplici
ostacoli a tanta impresa.
2. durante il viaggio
3. nella missione
82 nu 229
congregazione de propaganda fide
agli ordini sacri il maggior numero possibile di persone e le più atte, formarle
e a tempo opportuno promuoverle.
Se poi tra quelli che avrete promosso ne vedrete alcuni degni dell’epi-
scopato, guardatevi (e ciò vi è assolutamente proibito) dall’insignire alcuno
di loro del carattere di così grande dignità; ma comunicate prima a questa
Sacra Congregazione il loro nome, le loro doti, l’età e tutto ciò che conviene
conoscere, come, ad esempio, in quale luogo possano essere consacrati o a
quali diocesi essere messi a capo […].
E poiché dall’obbedienza dei vescovi alla Sede Apostolica dipende l’unità
di tutta la Chiesa, la comunione dei Santi e il fermo ripudio delle eresie e
dello scisma, che sono un pericolo particolarmente temibile in regioni così
lontane, non solo voi stessi dovete essere obbedientissimi al Pontefice Ro-
mano, ma dovete altresì adoprarvi con tutte le forze affinché i Cinesi e gli
altri popoli sottoposti alla vostra giurisdizione si convincano che la saldezza
e la norma della fede ortodossa si fondano sul fatto che anch’essi riverisca-
no questa Santa Sede come maestra e strumento dello Spirito Santo, si sot-
tomettano totalmente alle sue disposizioni in tutto ciò che riguardi l’ambito
spirituale, la consultino nelle difficoltà e accettino di buon animo di essere
guidati dalle sue direttive; e ciò risulterà tanto più facile e accettabile, quan-
to più ne verrà l’esempio da voi che siete le loro guide.
Non trattate dunque affari importanti senza il mandato di questa Sacra
Congregazione, e rendetele conto per iscritto di tutto ciò che avete fatto
nell’assolvimento del vostro ufficio e secondo le circostanze, in modo che i
Cinesi comprendano che negli affari di una certa importanza è necessario
consultare la Sede Apostolica […].
E affinché i Cinesi, atterriti dalla distanza dei luoghi e dalla difficoltà di
ricorrere alla Santa Sede, non adducano come pretesto l’inopportunità di
abbracciare una religione il cui capo ben difficilmente può far giungere fin lì i
suoi responsi, col vostro esempio mostrate come la sollecitudine del Roma-
no Pontefice, anche nel caso non sia stato richiesto, supplisca alle difficoltà
della distanza nominando dei vescovi muniti di amplissimi poteri; e fate in-
tendere che, se Dio concederà che la religione cristiana metta in Cina più
stabili radici, il Pontefice ovvierà alla distanza in modo più completo anche
per mezzo di Nunzi, senza tener conto di spese o di difficoltà, come del re-
sto già avviene senza disagio in altri paesi, anche se non così lontani come
la Cina.
Se nell’eseguire gli ordini di questa Sacra Congregazione vi capitasse di
incontrare o di prevedere difficoltà così gravi che essi non possano essere
accettati senza forti reazioni, evitate assolutamente di imporli contro vo-
glia, di stabilirli con la forza o con la paura di castighi, di seminare discordie
per la disobbedienza di alcuni. Al contrario, avendo indulgente riguardo alla
debolezza dei neofiti, sarà preferibile lasciar cadere per il momento quelle
prescrizioni, fin tanto che non abbiate informato con la massima sincerità
di tutta la questione la Sacra Congregazione ed essa non vi abbia risposto
cosa si debba fare.
Poiché nulla s’oppone maggiormente alla conversione dei popoli e all’u-
nità della fede e nulla ritarda e impedisce maggiormente la diffusione del
Vangelo in tutto il mondo che la difficoltà di corrispondere e di comunicare
col mondo cristiano e soprattutto con la Sacra Congregazione Apostolica,
tanto più dovete impegnarvi con tutta la cura e l’attenzione possibile affin-
ché la corrispondenza si svolga in un senso e nell’altro nelle migliori con-
dizioni di sicurezza […]. E affinché più scrupolosamente lo adempiate, vi è
severamente imposto nel Signore.
E anche se non passerà quasi giorno in cui non vi capitino molti fatti che
sia opportuno far conoscere in modo particolare, voi tuttavia non lasciateci
all’oscuro[…] neppure di quelli che vi parranno di minore importanza: già
questa è cosa di grande importanza, il sapere che la situazione non è mutata
e che non è avvenuto nulla di particolare rilievo.
Affinché poi le vostre lettere raggiungano sicure il luogo a cui sono di-
rette, inviatele per mezzo di corrieri diversi e utilizzate anche strade diverse,
e speditene anche più copie, una dopo l’altra, per lo stesso itinerario. Non
dimenticate che l’impegno della corrispondenza vi è tanto strettamente rac-
comandato e ordinato che, se lo trascurerete, potete esser certi che nessuna
vostra futura mancanza risulterà più molesta a questa Congregazione o più
difficilmente perdonabile.
Non scriveteci alcuna informazione relativa a questioni politiche o ad af-
fari che possano offendere i prìncipi e i governanti, ma rimandate a tempi
più opportuni il racconto completo e dettagliato di tali fatti.
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congregazione de propaganda fide
86 nu 229
congregazione de propaganda fide
no con voi per celebrare i sacri misteri, lo facciano con grande discrezione. E
in queste adunanze non permettete che si tratti se non di argomenti religio-
si, e proibite nel modo più assoluto che diventino occasione di discussione
politica.
Le vostre zone di missione sono state separate intenzionalmente, in
modo che non avvengano ingerenze reciproche. Se una necessità indero-
gabile e una pesca sovrabbondante costringessero a chiamare i compagni
da un’altra barca7, vi può essere consentito di assentarvi per breve tempo
dalla vostra zona e di lavorare in un’altra; ma perché nel frattempo la vostra
missione non subisca danno, dovrete farvi sostituire da un vicario idoneo.
Restate però assenti il minor tempo possibile e scrivete alla Sacra Congre-
gazione i motivi dell’assenza e la sua durata, descrivendo la situazione della
vostra missione al momento in cui l’avete lasciata e come l’avete ritrovata
al vostro ritorno.
[…] Se dovesse sorgere tra voi o tra i vostri missionari qualche contro-
versia, evitate assolutamente risse, clamori e scandali, soprattutto alla pre-
senza del popolo. Se non riuscite a risolvere da soli le controversie, portatele
davanti a questa Sacra Congregazione; ma abbiate per certo che essa sarà
più severa e più propensa a condannare coloro che sono ostinati, caparbi ed
eccessivamente attaccati ai propri diritti; sarà invece più indulgente e com-
prensiva nei confronti di coloro che rinunceranno volentieri ai propri diritti
e che saranno disposti piuttosto a perdere del proprio che ad usurpare ciò
che è degli altri.
Preoccupatevi di avere sempre un clero e dei missionari eccellenti, e tali
conservateli con ogni cura e sollecitudine. Assegnate a ciascuno di loro un
compito specifico nel vostro territorio e una vigna delimitata da precisi con-
fini in cui abbia a lavorare8. A nessuno di loro sia assolutamente consentito
di uscirne senza il vostro esplicito permesso scritto; voi però non lo conce-
derete facilmente, a meno che non lo imponga un legittimo e urgentissimo
motivo […].
Se invece un missionario, entrato in un territorio diverso dal suo, non vo-
lesse sottostare all’ordine stabilito, prima correggetelo, così, se si ravvedrà,
guadagnerete un fratello9; se invece si ostinerà nel suo errore, coloro il cui
88 nu 229
congregazione de propaganda fide
diritto è leso evitino di entrare in contesa con persona siffatta; ma, rinun-
ciando al proprio diritto, vi informino di tutto l’accaduto.
Non rimandate in Europa nessun missionario, a meno che una assoluta
necessità e motivi molto urgenti vi abbiano indotto a farlo, anzi vi ci abbiano
costretto quasi controvog1ia. Questi motivi possono essere: cattiva condot-
ta, dottrina perversa, incapace di sopportare gli altri e soprattutto impigliato
in faccende politiche e interessi mondani. Può essere infine valido motivo la
necessità di informare la Sacra Congregazione della situazione generale e
dello stato dell’intera missione in tutte le sue province.
Con quale prudenza voi dobbiate comportarvi nelle relazioni col clero
regolare vi è stato ampiamente detto […]. Per ora attenetevi dunque esatta-
mente a queste indicazioni, fino a che non abbiate accuratamente descritto
alla Sacra Congregazione lo stato di quelle regioni. Tenete come principio
generale che è molto meglio permettere che i vostri diritti siano lesi da loro,
piuttosto che rivendicare con scandalo anche una minima vostra preroga-
tiva legittima.
Non vogliate in alcun modo rendervi odiosi al popolo per delle questioni
materiali. Ricordatevi della povertà degli Apostoli che guadagnavano con le
proprie mani ciò che era necessario per sé e per i loro compagni10. A mag-
gior ragione voi, emuli e imitatori degli Apostoli, accontentatevi del vostro
cibo e del vostro abito e astenetevi da ogni indecoroso provento ottenuto
mediante elemosine o raccolta di denaro, donativi e offerte. E se qualche
offerta siete comunque costretti a ricevere, nonostante i vostri rifiuti, distri-
buitela ai poveri sotto gli occhi dei vostri benefattori, ben sapendo che nulla
suscita tanta ammirazione fra i popoli quanto il disprezzo dei beni temporali
e la povertà evangelica che, elevandosi al di sopra di tutte le realtà terrene,
accumula tesori in cielo11.
Nessuno di voi o dei vostri collaboratori si leghi a qualche persona in
modo durevole o gli sia così sottomesso. Non lasciatevi perciò legare le
mani da favori eccessivi ma insidiosi che possano non solo nuocere al bene
comune, ma anche togliere la libertà di parlare e di biasimare i vizi del do-
natore stesso.
Poiché è necessario, per promuovere in questi paesi lo studio delle lette-
re sacre, tradurre dal latino o dal greco nella lingua locale non poche opere
dei dottori della Chiesa e di altri autori religiosi, ricercate con ogni diligenza
chi dei nostri lì o altrove sia all’altezza di questo compito per la perfetta
conoscenza delle due lingue e delle scienze sacre, e segnalate il suo nome
alla Sacra Congregazione. Aprite ovunque delle scuole con grande cura e in-
segnate gratuitamente ai giovani di quei paesi la lingua latina e, nell’idioma
locale, la dottrina cristiana. Preoccupatevi anche che nessun cattolico faccia
educare i figli a degli infedeli, ma solo a voi e ai vostri collaboratori.
Se in queste scuole noterete dei giovani dotati di buona indole, e che
lascino sperare di poter abbracciare la vita ecclesiastica, alimentate il loro
zelo e aiutateli a proseguire gli studi senza che siano distratti da altri inte-
ressi. Quando avranno sufficiente istruzione e formazione religiosa, potrete
accoglierli tra i chierici, e a suo tempo promuoverli agli ordini sacri, dopo
averli saggiati con molti esercizi spirituali e dopo avere esaminato la loro
intenzione e la loro vocazione allo stato ecclesiastico. Li incaricherete poi di
insegnare ai loro compatrioti il Vangelo di Cristo.
Ci sarebbero moltissime altre cose da dire e prescrivere […] ma voluta-
mente si omettono, perché la Sacra Congregazione ha tale stima del vostro
zelo e del vostro impegno da ritenere per certo che voi saprete supplire alle
lacune […], mediante la lettura degli eccellenti libri che sono stati pubblica-
ti sull’India e sulla Cina, e soprattutto sulla conversione di quei popoli. Tra
questi libri vi raccomandiamo vivamente la vita di san Francesco Saverio e
soprattutto le sue lettere12; da questi infatti attingerete molti orientamenti
che possono ritenersi norme sicure sia sui riti di quei paesi sia sul modo
di trattare con gli abitanti e di comportarvi onorevolmente nelle maggiori
difficoltà. Leggete anche il Vericello13 soprattutto quella parte che tratta dei
problemi dubbi relativi ai Cinesi. Leggete anche il Bozio14 e il quarto tomo
delle opere del carmelitano scalzo Tommaso di Gesù15.
Poiché la Sede Apostolica vi ha mandato come compagno il terzo vesco-
vo16, molti problemi che la situazione presente ha indotto a tralasciare, forse
in condizioni più opportune saranno precisati, se così la Sacra Congrega-
zione giudicherà conveniente nel Signore. Egli benedica le vostre fatiche e
vi conduca felicemente col gregge a voi affidato alla dimora eterna. Amen.
90 nu 229
congregazione de propaganda fide
1
Trascrizione dal testo italiano pubblicato nel 1980 dalla Jaca Book e curato da
Massimo Marcocchi. Il testo pubblicato dalla Jaca Book porta la versione latina a piè
di pagina.
2
Cf. 1 Gv 4, 1.
3
Cf. Lc 9, 62; Mc 4, 16-17.
4
Cf. 1 Cor 9, 22.
5
Cf. 1 Pt 2, 18.
6
Cf. Lam 3, 26.
7
Cf. Lc 5, 7.
8
Cf. Is 5, 1-7.
9
Cf. Mt 18, 15.
10
Cf. 1 Cor 4, 12.
11
Cf. Mt 6, 20; Lc 12, 33.
12
Si tratta probabilmente della Vita Francisci Xaverii del gesuita Orazio Torsel-
lini (Roma 1593). Cf. C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, t. VIII,
Bruxelles-Paris 1898, col. 140. Il Torsellini curò anche la traduzione in latino delle
lettere di Francesco Saverio (Roma 1596).
13
Il teatino Angelo Maria Verricelli (1656), missionario a Costantinopoli e nel
Vicino Oriente, compose un’opera intitolata Quaestiones morales ut plurimum no-
vae ac peregrinae, seu tractatus de apostolicis missionibus, Venetiis, apud Franciscum
Baba, 1656. Cf. A. F. Vezzosi, I scrittori de’ chierici regolari detti Teatini, parte seconda,
Roma 1780, pp. 470-472.
14
Tommaso Bozio (1548-1610) appartenne alla congregazione dell’Oratorio
fondata da Filippo Neri. Collaborò con il Baronio alla redazione degli Annales eccle-
siastici e condensò il frutto delle sue ricerche negli Annales antiquitatum che in parte
furono pubblicati nel 1637. II De signis Ecclesiae Dei contra omnes haereses (2 voll.,
Roma 1591-1592) è l’opera del Bozio che ebbe più larga diffusione. Cf. la voce “Bozio”
di P. Craveri in Dizionario biografico degli Italiani, 13, pp. 568-571.
15
II carmelitano scalzo Tommaso di Gesù (al secolo Didaco Sanchez d’Avila)
nacque a Baeca in Andalusia intorno al 1568 e morì a Roma nel 1627. In qualità
di provinciale di Castiglia e poi di definitore della Congregazione di Spagna, ebbe
modo di seguire l’attività dei suoi confratelli impegnati a predicare il vangelo nel Vi-
cino e nel Medio Oriente. Da questa partecipazione alle vicende missionarie nacque
un’opera che godette di vasta notorietà: Thesaurus sapientiae divinae in gentium om-
nium salute procuranda, schismaticorum, haereticorum, judaeorum, saracenorum, cete-
rorumque infidelium errores demonstrans, impiissimarum sectarum maxime orientalium
ritus ad historiae fidem XII libris enarrans, errores ad veritatis lucem coflutans, Antver-
piae 1613. Qualche anno prima, nel 1610, aveva pubblicato uno Stimulus missionum
(Roma, 1610). Gli scritti di Tommaso di Gesù furono editi nel 1684 col titolo Opera
92 nu 229
parole chiave
Intercultura e vangelo
94 nu 229
elena merli
tare o meno ai gentili. Anche gli apostoli sono immersi nella loro cultura e,
dal di dentro di essa, portano tutta la novità di Gesù risorto. Paolo, ebreo di
nascita, cittadino romano, di lingua greca, di cultura ellenista, non può es-
sere un esempio di intercultura ante litteram? Pensiamo ad esempio alla sua
posizione riguardo alla circoncisione, non necessaria per i gentili, anche se
poi fa circoncidere Timoteo, ebreo di nascita, perché sia più adatto a portare
il vangelo tra gli ebrei.
Una sfida enorme per l’uomo di oggi che, grazie alle attuali circostanze,
ha forse una chance in più di diventare, espressione usata più volte da Chiara
Lubich, “uomo-mondo”.
(1987/1), p. 12.
2
Da una conversazione telefonica con i membri del Movimento dei Focolari,
gennaio 2006, conservata nell’Archivio generale del Movimento dei Focolari.
96 nu 229
punti cardinali
Bruno Di
Giacomo 1. premessa
Russo
Sul tema della sussidiarietà sono stati proposti nu-
docente di diritto merosi studi, tuttavia non sembra che ad oggi si sia
costituzionale
all’università effettivamente giunti a una nozione univoca che possa
degli studi bene definirne il senso.
milano-bicocca. Prima di iniziare una disamina di tale principio e delle
responsabile sue applicazioni nel nostro ordinamento, è necessario
dell’ufficio darne una ricostruzione, partendo dalla sua origine. Il
studi della
cisl sondrio. dato da segnalare è che di esso, quale principio generale
di organizzazione sociale, non v’è traccia nella lettera-
tura precedente il secolo XIX, anche se vi sono i primi
germi di una concezione a dimensione sociale della vita
di gruppo.
La sussidiarietà va considerata come elemento ispi-
ratore di alcune norme fondamentali della convivenza e
dell’organizzazione sociale, fra quelle che valorizzano la
persona e l’autonomia delle formazioni sociali.
Il testo è diviso secondo una linea prevalentemente
storica.
Lo studio parte dall’esame del Codice di Camaldoli,
documento fondato sui princìpi essenziali della dottrina
sociale della Chiesa e che rappresenta il precedente va-
loriale per la definizione del nucleo fondamentale della
Costituzione della Repubblica italiana del 1948.
2. il codice di camaldoli
98 nu 229
bruno di giacomo russo
100 nu 229
bruno di giacomo russo
promesso”, sintesi dell’arte della politica, fra istanze contrapposte che con-
vergono al fine di evitare la rottura definitiva.
Secondo la cultura costituzionale evocata a più riprese da Dossetti, la Co-
stituzione deve esprimere una tensione al futuro, una finalità condivisa, un
programma volto a catturare il consenso popolare che ruoti intorno al nuovo
testo. Questa tensione al futuro è evidente nel cuore ideologico della Costitu-
zione, elaborato sulla base di un ordine del giorno dello stesso Dossetti, poi
confluito negli artt. 2 e 3 Cost.9.
Con la nuova Costituzione si sceglie la centralità della persona umana
come singolo e nelle formazioni sociali in cui vive e si sviluppa10. In merito,
rilevante è l’impegno di Dossetti nella stesura degli artt. 2 e 3 Cost., che
sono la base del principio personalista, nel senso della centralità e della
dignità della persona umana come scopo fondamentale del nuovo ordi-
namento e finalizzazione dell’esercizio dei pubblici poteri, e del principio
pluralista, nel senso del ruolo delle formazioni sociali, dell’articolazione ter-
ritoriale dello Stato e del riconoscimento della famiglia come fondamento
della nuova società.
A tali princìpi si affianca il principio di uguaglianza sostanziale, che rifiu-
ta una concezione meramente formalistica dell’uguaglianza, ma impegna la
Repubblica e tutti gli organi pubblici nel superamento delle disuguaglianze
sociali, e il principio di solidarietà che completa la dimensione sociale della
nuova forma di Stato, ora non più solo Stato liberale11.
Questo pezzo di Costituzione esprime l’idea pluralista della società, ri-
spettosa dei diritti della persona, singola e associata, che esistono da prima
dello Stato e che lo Stato riconosce come originari.
Il principio del prioritario riconoscimento delle comunità intermedie e
del loro ruolo di luoghi privilegiati per lo sviluppo della persona umana è di
Jacques Maritain, quale poi principio ispiratore di Mortati, così come per
Dossetti e La Pira, che lo trasformano nell’art. 2 Cost.12.
Dossetti e La Pira sostengono con forza la preminenza della società sullo
Stato e la premessa quindi per affermare la funzione puramente integrativa
e residuale dello Stato13.
Inoltre, tutto ciò contiene un’idea di Stato tutt’altro che minimo, in cui
le istituzioni assumono il compito, propriamente etico, di creare solidarietà
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bruno di giacomo russo
1
Cf. S. Pezzotta (ed.), Il Codice di Camaldoli, Edizioni Lavoro, Roma 2005, pp.
VIIss.
2
Mi sia concesso il rinvio a B. Di Giacomo Russo, Il valore della sussidiarietà.
Origine e attualità, Città Nuova, Roma 2015, pp. 51ss.
3
Cf. A. Barbera, Commento all’art. 2 Cost., in G. Branca (ed.), Commentario della
Costituzione. Principi fondamentali, art. 1-12, Zanichelli editore - Il foro italiano, Bolo-
gna-Roma 1975, pp. 51ss.; G. Pastori, Il pluralismo sociale dalla Costituzione repub-
blicana ad oggi: l’attuazione del pluralismo nel trentennio repubblicano, in AA.VV., Il
pluralismo sociale nello Stato democratico, Vita e Pensiero, Milano 1980, pp. 104ss.; P.
Grossi, Il diritto costituzionale tra principi di libertà e istituzioni, Cedam, Padova 2005,
pp. 178ss.
4
Cf. A. D’Andrea, La prospettiva della Costituzione italiana e il principio di sus-
sidiarietà, in «Jus», 2000/2, pp. 324ss. Altri invece esaltano la comunanza della
valorizzazione in entrambi «della soggettività della persona e dei gruppi»; fra tutti,
cf. P. Duret, La sussidiarietà orizzontale: le radici e le suggestioni di un concetto, in «Jus»,
2000/1, pp. 139ss.
5
R. Pezzimenti, Il movimento cattolico post-unitario. Dall’eredità di Rosmini a De
Gasperi, Città Nuova, Roma 2014, afferma a proposito del Codice di Camaldoli che
«il ruolo dei “veterani” è facilmente riscontrabile già nel primo capitolo, quello sullo
Stato, se non redatto, sicuramente, ispirato da Capograssi. Qui, “si rilanciava, sul-
la scia della Quadragesimo anno di Pio XI, la funzione unicamente sussidiaria delle
istituzioni e dei poteri pubblici nei processi sociali ed economici”, di fatto ispirando
quella terza via che sarebbe stata una delle basi dei lavori della Costituzione». Per
queste considerazioni, l’Autore cita N. Antonetti - U. De Siervo - F. Malgeri, I cattolici
democratici e la Costituzione, I, Rubbettino, Bologna 1998, p. 133.
6
Nel commentare l’art. 1 Cost., Mortati afferma che l’istanza che sta alla base
del principio democratico ha trovato «il suo profondo fondamento e la più essen-
ziale giustificazione nell’etica cristiana che, mentre attribuisce valore assoluto alla
persona umana e così riconosce a ognuno pari dignità, quale che sia la condizione
e posizione occupata, impone poi di considerare gli altri simili a sé e a tutti di pro-
digarsi in una reciproca, operosa gara di affratellamento», C. Mortati, Commento
all’art. 1, in G. Branca (ed.), Commentario della Costituzione, cit., p. 6.
7
Cf. A. Moro, La democrazia incompiuta. Attori e questioni della politica italiana
1943-1978, Editori Riuniti, Roma 1999, pp. 177ss.
8
Per quanto concerne il contrasto tra la Democrazia cristiana e i partiti socia-
lista e comunista, all’interno dell’Assemblea costituente, si legga, diffusamente, a
partire da U. De Siervo, La transizione costituzionale (1943-1946), in «Diritto pubbli-
co», 1996/3, fino a U. Allegretti, Storia costituzionale italiana. Popolo e Istituzioni, il
Mulino, Bologna 2014, pp. 105-111.
9
Nella proposta di ordine del giorno, presentata il 9 settembre 1946 alla pri-
ma sottocommissione dell’Assemblea costituente, Dossetti afferma che il principio
di sussidiarietà orizzontale non esige un generalizzato arretramento del pubblico,
ma ne funzionalizza gli interventi, ammettendoli quando il privato non è in grado
di agire. Nella proposta si legge: «La sottocommissione, esaminate le possibili im-
postazioni sistematiche di una dichiarazione dei diritti dell’uomo, [...] ritiene che la
sola impostazione veramente conforme alle esigenze storiche cui un nuovo statuto
dell’Italia democratica deve soddisfare è quella che: a) riconosca la precedenza so-
stanziale della persona umana (intesa nella completezza dei suoi valori e dei suoi
bisogni, non solo materiali, ma anche spirituali) rispetto allo Stato e la destinazione
di questo al servizio di quella; b) riconosca ad un tempo la necessaria socialità di
tutte le persone, le quali sono destinate a completarsi e a perfezionarsi a vicenda
mediante una reciproca solidarietà economica e spirituale: anzitutto in varie comu-
nità intermedie, disposte secondo una naturale gradualità (comunità familiari, ter-
ritoriali, professionali, religiose, ecc.), e quindi, per tutto ciò in cui quelle comunità
non bastino, nello Stato; c) che per ciò afferma l’esistenza sia dei diritti fondamen-
104 nu 229
bruno di giacomo russo
tali delle persone, sia dei diritti delle comunità anteriormente ad ogni concessione
da parte dello Stato». Il testo è riportato in V. Falzone - F. Palermo - F. Cosentino,
La Costituzione italiana illustrata con i lavori annotati, Giuffrè, Milano 1976, pp. 28ss;
è richiamato altresì da A. D’Atena, Il principio di sussidiarietà nella Costituzione, in
«Rivista italiana di diritto pubblico comunitario», 1997/3-4, p. 605 alla nota 8; e Id.,
Lezioni di diritto costituzionale, Giappichelli, Torino 2001, pp. 59ss.
10
Cf. S. La Porta, L’organizzazione delle libertà sociali, Giuffrè, Milano 2004, pp.
11ss.; V. Onida, I principi fondamentali della Costituzione italiana, in G. Amato - A. Bar-
bera (edd.), Manuale di diritto pubblico, il Mulino, Bologna 1997, vol. I, pp. 101ss.;
A. Amorth, Il “principio personalista” e il “principio pluralista”: fondamenti costituzio-
nali della libertà di assistenza, in Id., Scritti giuridici 1958-1986, vol. IV, Giuffrè, Milano
1999, pp. 2122ss.; A. Barbera, Commento all’art. 2 Cost., in G. Branca (ed.), Commen-
tario della Costituzione, cit., pp. 50ss.
11
In tal modo, secondo Giuseppe Dossetti, si sarebbe sancito a livello costitu-
zionale l’obbligo della solidarietà sociale e il parallelismo tra dignità della persona
umana e promozione della solidarietà sociale; cf. A.M. Poggi, I diritti delle persone. Lo
Stato sociale come Repubblica dei diritti e dei doveri, Mondadori, Milano 2014, p. 35.
12
Sul contributo di Jacques Maritain alla politica costituzionale del dopoguerra,
cf. L. Elia, Maritain e la rinascita della democrazia. Schema per una ricerca, in «Stu-
dium», LXXIII, 1997/9-10, pp. 579ss.
13
Si pone in diversa posizione Costantino Mortati, cattolico ma anche giurista
formato sul diritto tedesco, che matura una visione che diventa, nella sintesi fra
le sue diverse ispirazioni, più compattamente organicistica, in quanto considera
le comunità intermedie come anelli a interessi sempre più generali che servono a
rendere quindi lo Stato più forte, più capace di sintesi, cosa che la frammentazione
degli interessi renderebbe altrimenti impossibile; cf. G. Amato, Costantino Mortati
e la Costituzione italiana. Dalla Costituente all’aspettativa mai appagata dell’attuazione
costituzionale, in Id., Le istituzioni della democrazia. Un viaggio lungo cinquant’anni, il
Mulino, Bologna 2015, p. 91.
14
Cf., diffusamente, E. Cheli, Nata per unire. La Costituzione tra storia e politica, il
Mulino, Bologna 2012; L. Carlassare, Nel segno della Costituzione. La nostra carta per
il futuro, Feltrinelli, Milano 2012; V. Onida, La Costituzione, il Mulino, Bologna 2007.
Parole di vita
vol. 5 della nuova collana
OPERE DI CHIARA LUBICH
a cura di Fabio Ciardi
nu 229
punti cardinali
Confronto tra
l’esagono di civiltà di Senghaas
e la spiritualità dell’unità
Claudia
Hubert Nel preambolo della costituzione dell’Unesco è scrit-
to: «Poiché le guerre hanno origine nello spirito degli uo-
teologa, esperta mini è nello spirito degli uomini che si debbono innal-
di scienze sociali,
diplomata in peace
zare le difese della pace»1. Ecco il perché dell’impegno,
and conflict specialmente dell’educazione alla pace, per far crescere
studies presso nelle future generazioni, e non solo in loro, la capacità di
l’università di poter vivere in pace pur essendo diversi.
augsburg. esperta Gli studi sui conflitti e sulla pace però mostrano
in strategie
sociologiche per
che, oltre a educare alla pace, a implementare e a far
la prevenzione crescere una cultura della pace, è necessario svilup-
dei conflitti. pare strutture che favoriscano e alimentino uno stile
di vita pacifico. Un modello che si staglia su questa li-
nea di pensiero è l’esagono di civiltà di Dieter Senghaas,
studioso tedesco delle scienze sociali e dei Peace and
Conflict Studies. Lui individua sei punti considerati cru-
ciali perché una società possa vivere in pace. Offre un
modello che, a ben vedere, può essere valido anche per
la vita di un’organizzazione, affinché la diversità possa
portare al bene di essa anziché a conflitti distruttivi.
La domanda su cui ci soffermiamo è se questo
modello rimanga una spiegazione astratta della realtà
o se se ne possano trovare anche esempi pratici. In
questo articolo lo sguardo va alla spiritualità dell’uni-
tà, ispiratrice di una specifica cultura e di specifiche
forme di azione sociali, che a loro volta possono es-
sere viste come un possibile modo di vivere i punti cardine del modello
di Senghaas.
1. l’esagono di civiltà
108 nu 229
claudia hubert
110 nu 229
claudia hubert
fosse fatto a te. L’uso della violenza quindi non è consentito, perché, come
dice Gandhi, «non posso farti del male senza ferirmi»10. Ecco le radici del
principio della non-violenza vissuto nelle grandi religioni ed anche nel Movi-
mento dei Focolari.
L’amore cristiano è la scintilla ispiratrice nella vita del Movimento dei
Focolari11; la “legge” fondamentale della sua vita e di quella dei suoi membri,
dai più piccoli agli adulti, dei rapporti tra di loro e con tutti coloro che in-
contrano. È la base della sua “metodologia dialogica” 12: quella del mettersi
di fronte all’altro, chiunque sia, in un atteggiamento di ascolto, di rispetto,
volendogli bene in modo concreto.
La messa in pratica della scoperta che tutti gli uomini sono fratelli tra
di loro, il mettere al primo posto il rapporto con l’altro posponendo i propri
pensieri, i propri gusti, le proprie idee e i propri bisogni conducono ad un
certo controllo delle proprie emozioni.
Per quanto riguarda la partecipazione, si può notare nella prassi del Mo-
vimento dei Focolari una caratteristica forse unica: qui si uniscono processi
decisivi sia orizzontali che verticali. Anche se al suo interno è presente una
“gerarchia” verticale (la presidente, il copresidente ecc.), essa non si tro-
va al di sopra dei membri “comuni”, ma sta al servizio di questi. Ciascun
membro è responsabile poiché lo scopo del Movimento dei Focolari si rea
lizza lì dove ognuno si trova. Ma ciò non determina un attivismo frenetico
o scoordinato, infatti le azioni da fare vengono decise in comunione con gli
altri. Tutto ciò implica necessariamente due atteggiamenti: donare il proprio
pensiero, senza rimanere attaccato ad esso difendendolo a tutti i costi, e far
proprio il pensiero dell’altro. Questa è l’esperienza di tanti decenni in cui si
è constatato che, facendo così, si trovano soluzioni nuove, che non sono né
la somma di differenti pensieri, né una decisione della maggioranza in cui il
pensiero della minoranza non viene ascoltato.
Il ritrovarsi fratelli porta con sé la giustizia sociale – non si posono lasciare i
propri fratelli privi del necessario per vivere. Si comincia a condividere i propri
beni con chi ne ha bisogno. Chiara Lubich spiegava questo atteggiamento at-
traverso un’immagine ben precisa: si deve fare come le piante, che prendono
dalla terra solo quello di cui hanno bisogno per vivere e crescere13. Per questo
si vive, fin dalla nascita del Movimento dei Focolari, la cosiddetta comunione
4. conclusioni
112 nu 229
claudia hubert
ambiti di vita del singolo – per esempio sul posto di lavoro, perché lì vengono
ritenuti utili per gli scopi del funzionamento dell’organizzazione –, mentre in
altri non vengono considerati.
L’esagono di civiltà mostra ciò che si sta già vivendo all’interno del
Movimento dei Focolari, e che può aiutare anche a trovare o a sviluppare
processi regolamentati che favoriscano la vita del dialogo, che possono
essere messi al servizio delle organizzazioni anche fuori di esso. Così il
dialogo tra i modelli per costruire la pace – come quello di Senghaas – e la
vita concreta nelle organizzazioni – come il Movimento dei Focolari – pos-
sono portare a nuovi modelli e strutture organizzative per favorire la vita
di pace e la soluzione costruttiva dei conflitti, una vita in cui le differenze
non sono unicamente causa di conflitti ma portano a una crescita dell’or-
ganizzazione e dei suoi membri.
1
http://www.unesco.it/it/Documento/Detail/6.
2
Cf. D. Senghaas, Über Frieden und die Kultur des Friedens. Welche makropoliti-
schen Rahmenbedingungen eine Friedenspädagogik zu bedenken hat, in R. Grasse - B.
Gruber - G. Gugel, Friedenspädagogik. Grundlagen, Praxisansätze, Perspektiven, Ro-
wohlt, Reinbek bei Hamburg 2008, p. 22.
3
Cf. ibid., p. 23.
4
Cf. ibid., p. 24.
5
Cf. ibid.
6
Cf. ibid., p. 25.
7
Cf. ibid., p. 26.
8
C. Lubich, discorso all’Unesco, 17 dicembre 1996, http://www.centrochia-
ralubich.org/it/documenti/video/1339-discorso-in-occasione-del-conferimento-
del-premio-unesco-per-l-educazione-alla-pace.html.
9
Cf. ibid.
10
Cf. W. Mühs, Parole del cuore, San Paolo, Cinisello Balsamo 1996, p. 82.
11
Cf. Giovanni Paolo II, Discorso ai membri del Movimento dei Focolari, Centro in-
ternazionale Mariapoli, Rocca di Papa, 19 agosto 1984.
12
Cf. R. Catalano, Spiritualità di comunione e dialogo interreligioso. L’esperienza di
Chiara Lubich e del Movimento dei Focolari, Città Nuova, Roma 2010, p. 69.
13
Cf. C. Lubich, Parola di Vita, in «Città Nuova», 22 (2003), p. 7.
14
www.edc-online.org.
nu 229
alla fonte del carisma dell’unità
Discernimento
e carisma: epistolario
introduzione
i testo
116 nu 229
carlo de ferrari - chiara lubich
Altezza Reverendissima,
ii testo
«Anche fra quelli che s’erano proposti Iddio come ideale, qualcuno ogni tanto
veniva meno. Il Signore permette grandi prove quando dona grandi grazie ed il
primo nucleo di anime unite subiva allora una grande scossa»: così scrive Chiara
Lubich in un noto testo4 sintetizzando con discrezione, in brevi e sobrie parole,
una prova vissuta nella primavera del 1948 dal Movimento nascente. A causa
di accuse presentategli, l’arcivescovo si trovò di fronte alla necessità di condurre
un’inchiesta, sebbene il 1o maggio 1948 «constatato l’ottimo spirito e fervore degli
associati» avesse rinnovato ad triennium lo Statuto dei Focolari della Carità (Gli
apostoli dell’Unità). La lettera che segue, scritta nel mezzo della «terribile burra-
sca», documenta l’atteggiamento con cui Chiara e il gruppo intorno a lei vissero
questo delicato momento.
Altezza,
So che molti Le scrivono in questi giorni.
Anch’io, nel bel mezzo della terribile burrasca, voglio scriverLe alcune
righe.
Nulla ci spinge, Altezza: nessun timore, né alcun desiderio di piegarLe il
cuore verso di noi.
Solo un desiderio: consolarLa un po’ in questi giorni dolorosi pure per Lei.
Lei ci fu Padre, veramente Padre.
Ed in Lei noi vedemmo sempre l’immagine della dolce paternità di Dio.
E ci amò come figli. E sperò molto da noi. È logico che ora debba soffrire.
Forse si vede tradito nella Sua fiducia.
Altezza, quante volte in questi lunghissimi e dolorosissimi giorni avrei
voluto esserLe accanto e dirLe e spiegarLe ogni cosa. Lei m’avrebbe capita.
Ci sono dei misteri nelle anime che solo in Paradiso si conosceranno.
In questi giorni in cui siamo come sulla croce, nel più crudo dolore, sen-
tiamo crescere ogni giorno la gioia. Sempre più.
Adoriamo la Divina Volontà.
Sentiamo che mentre tutto ci potrebbe venir preso, nulla ci è tolto.
No. Perché non avevamo programma all’infuori della Divina Volontà.
E quella si può adempiere in ogni attimo.
Domani, Altezza, forse moriremo.
118 nu 229
carlo de ferrari - chiara lubich
E, se la morte sarà nostro destino, vorremmo morire per quelli che invo-
lontariamente, colla retta intenzione e per lo zelo della nostra anima ce l’hanno
cagionata.
Gesù benedica quelle anime, le tenga nel suo Cuore divino, le faccia san-
te e strumenti della causa per cui noi volevamo combattere.
Il Cuor di Gesù ed il Cuor Immacolato di Maria consolino pure Lei, Altez-
za, e Le rimettano in cuore la fiducia, la certezza.
Ci benedica
per tutte le più fedeli
Chiara Lubich5
iii testo
Ho cercato nella Sacra Scrittura una frase che meglio convenisse alle
recenti vicende nostre di questi ultimi giorni passati.
E non è stato difficile cercarla e trovarla perché la Sacra Scrittura è un
tesoro inesauribile nel quale tutti possono attingere. Ed è questa: «Aquae
multae non potuerunt extinguere Caritatem».
E che acque, scrosci, lampi e tuoni, e non è mancato neanche qualche
chicco di grandine.
Io, come vostro Pastore ho il diritto, anzi il dovere, di dirvi che avete su-
perato una prova: e che prova!
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carlo de ferrari - chiara lubich
iv testo
Sul finire del 1950, Chiara Lubich viene chiamata ripetutamente dalla Supre-
ma Sacra Congregazione del Sant’Uffizio per essere interrogata. Chi le è accanto
constata la sua tenacia nel mantenere, pur nel dolore, il riserbo su quanto vissuto.
Padre Giovanni Battista Tomasi, ex superiore generale degli Stimmatini e consul-
tore della Sacra Congregazione dei Religiosi, a cui dal 1949 monsignor de Ferrari
aveva chiesto di seguire il Movimento, soffre nel vederla tornare «affranta e de-
solata» dalle prime udienze, ma in seguito «piena di pace e anche di allegrezza».
Una lettera di Chiara a monsignor de Ferrari svela qualcosa dei sentimenti che
attraversano l’anima di lei e il segreto della sua “allegrezza”.
Altezza Reverendissima,
122 nu 229
carlo de ferrari - chiara lubich
Non so dirLe in fin fine che una cosa sola: sono tanto, tanto, immen-
samente, felice. E Le posso assicurare che Gesù Abbandonato mi sosterrà
sempre.
Del resto: «Beati quando vi separeranno e, mentendo, diranno ogni
male di voi. Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa
nei Cieli».
Mi benedica sempre
sua figliola Chiara
v testo
Nei primi mesi del 1958 l’approvazione del Movimento dei Focolari sembra
ormai prossima. In una lettera riservata a monsignor Carlo de Ferrari, Chiara Lu-
bich comunica l’8 maggio 1958 quanto papa Pio XII aveva desiderato farle sapere:
l’Opera «non è uscita dal S. O. [Sant’Offizio] perché fu raccomandata da qualcu-
no, ma perché è Opera di Dio». «Tutto qui, Altezza – continua Chiara – . Questa
cosa ci diede una grande gioia come speriamo la dia anche a Lei. Abbiamo sempre
creduto che la voce del Vescovo fosse la voce di Dio per noi, ora se parla anche il
Papa…». La risposta dell’arcivescovo è del giorno successivo.
L’ARCIVESCOVO
DI
TRENTO
Carissimi tutti,
Sia benedetto Iddio e la Mamma nostra che ormai ci rende sicuri di essere
entrati in pieno nelle sue materne simpatie.
Preziosissime, per quanto riservate, le espressioni così esplicite del S.
Padre in persona. Si entra dunque ormai in pieno stadio di vita, se già geme
sotto i torchi addirittura lo Statuto. E poi quelle espressioni così decisive del
S. Padre! Quanto sono lieto della vostra stessa letizia, pur non riconoscendo-
mi altro merito che di non avervi contrariate sul principio e di aver compreso
il digitus Dei est hic, a partire dalla cara testolina di Chiara fino all’ultimo dei
focolarini. Questo sì, ma questo non è un merito mio, è una grazia singolare
che il Signore mi ha fatto e di cui non Gli sarò mai grato abbastanza.
E son grato a Chiara e compagni della fiducia mostratami e del bene
fattomi.
Benedico tutti e singoli
aff.mo
+ Carlo, Arciv.
focolarino onorario
1
C. Lubich, Storia del Movimento dei Focolari – Gli albori, in «Città Nuova», 3
(1959), numero speciale dedicato al Movimento dei Focolari dell’unità, pp. 2-3.
2
Cf. Giovanni Paolo II, Agli appartenenti ai Movimenti ecclesiali e alle nuove Co-
munità nella Vigilia di Pentecoste, Discorso, 30 maggio 1998, in Insegnamenti di Gio-
vanni Paolo II, vol. XXI, 1 (1998), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2000,
p. 1122.
3
Lettera di Chiara (Silvia) Lubich a monsignor Carlo de Ferrari, S. Francesco [4
ottobre] 1947, in L. Abignente, “Qui c’è il dito di Dio”. Carlo de Ferrari e Chiara Lubich:
il discernimento di un carisma, Centro Chiara Lubich - Città Nuova, Roma 2017, pp.
97-98.
4
C. Lubich, Il “trattatello innocuo”, in C. Lubich - I. Giordani, “Erano i tempi di
guerra…”. Agli albori dell’ideale dell’unità, Città Nuova, Roma 2007, p. 31.
5
Lettera di Chiara Lubich a monsignor Carlo de Ferrari, 12 giugno 1948, in L.
Abignente, “Qui c’è il dito di Dio”, cit., pp. 113-114.
124 nu 229
carlo de ferrari - chiara lubich
6
Discorso dell’arcivescovo di Trento ai Focolari dell’Unità, 21 luglio 1948, in L.
Abignente, “Qui c’è il dito di Dio”, cit., p. 115.
7
Lettera di Chiara Lubich a monsignor Carlo de Ferrari, 5 gennaio 1951, in L.
Abignente, “Qui c’è il dito di Dio”, cit., pp. 176-177.
8
Monsignor Angelo Zorer, segretario dell’arcivescovo.
9
Lettera di monsignor Carlo de Ferrari a tutti i focolarini, 9 maggio 1958, in L.
Abignente, “Qui c’è il dito di Dio”, cit., pp. 240-241.
Confutazione di
alcune dottrine aristoteliche
Vol. 253
di Pseudo-Giustino
nu 229
alla fonte del carisma dell’unità
Storia di Light. 13
Un pezzetto di cielo chiuso
tra le Dolomiti
128 nu 229
igino giordani
Quella parola nipponica per molti dei convenuti suonò inusitata, valse
a divulgare l’opposizione di Foco, alla quale si aggiunse presto la convalida,
niente di meno, del generale dei Gesuiti e del Santo Padre; essi esclusero
la fusione. Nello stesso senso si espressero il vescovo di Trento e padre
Martegani3.
Tra gli ospiti della Mariapoli 1957 si ebbe monsignor Carlo de Ferrari4 il
quale in un discorso tessé l’elogio meditato e commosso del Movimento dei
Focolari, il frutto più bello della sua diocesi, come ribadì. Ci furono molti altri
vescovi, ospiti applauditi; tra essi il vescovo di Ragusa, rimasto colpito dalla
carità e dalla letizia dei mariapoliti sotto la regalità di Maria, e il vescovo di
Adria e Rovigo. Il vescovo di Cortona ebbe a dire: «Possa la Mariapoli esten-
dersi in ogni città, in tutte le regioni d’Italia, in tutte le nazioni d’Europa, in
tutto il mondo». Difatti anche noi ci proponevamo di concorrere a fare del
mondo una sola Mariapoli.
Venne in aereo alla Mariapoli anche Chiara la quale però dovette restare
a letto. Pur sofferente e immobilizzata alimentò la Mariapoli dandole anima-
zione, ispirazione, giorno per giorno.
Tutti i popi medici cercarono di guarirla: ma estenuata non si riprende-
va. E per questo si fidava della preghiera. Dal letto ella trasmetteva idee
e slancio: sosteneva tutto il Movimento. Andava spesso a visitarla padre
Lombardi.
Il nome di Maria regina – poiché Maria era regina della Mariapoli – venne
nel battesimo assegnato a una giovane protestante tedesca, Renata F. E il
suo accesso alla Chiesa fu una festa per tutti5.
Restava la minaccia sull’Opera. Per essa venne allontanato padre Maria
e don Foresi riparò al Mondo Migliore.
Sfinita, Chiara tornò dalla Mariapoli a Grotta, alla Villa Assunta dove,
vicina alla sua stanza, era una cappellina. L’assistevano la Vale e la Silvana;
venivano i medici popi, tra cui la Gabri6. Era ridotta a tal punto che la nutriva-
no con la sonda. In quella passione, l’unità soprannaturale con le pope fece
sbocciare l’idea di Maria Mistica.
Sorse dalla fantasia e dal cuore, illuminati dal Signore, un giorno che
Chiara pregava nella cappella.
Intanto nel lettino ella si sfiniva sempre più. Trascinata in cappella una
sera disse a Gesù: «Sono diventata un cencio; ma il tuo cencio».
In quel momento, come nei primi tempi studiando aveva capito che
Gesù non era scienza ma la Verità, capì che Gesù non era solo salute ma
era la Vita e tale comprensione le diede gioia mentre confermava quel suo
abbandono a Dio.
Proprio quella sera Foco un po’ di sua testa, crucciato e spaventato di
quella degenza senza fine e senza speranza, pensò di cercare un’altra cura e
si rivolse al professor Nicola Pende. Questi aveva conosciuto Chiara e l’ap-
prezzava assai. Sollecito il giorno seguente venne, con la sua auto e un ca-
rico di medicine. Ma dopo che l’ebbe visitata disse a Foco: «Chiara non ha
nessuna malattia. Ha fame. È esaurita per mancanza di alimenti. Bisogna
nutrirla». E prescrisse di darle almeno mezzo chilo di zucchero al giorno. A
24 ore di distanza, Chiara si levò: era guarita. Otto giorni dopo si recò in tre-
no a Monaco. Lei che era stata quasi sempre maliscente, da allora fu sana e
si mantenne in buona salute, pur con l’eccesso frequente di lavoro. Fu allora
che Foco raccolse in Brescia le impressioni in questo scritto:
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igino giordani
separa stupefatti e rifatti, come non una creatura umana si fosse in-
contrata, ma un angelo. Mi viene fatto di pensare che a noi non oc-
corre un’apparizione tipo Fatima e Lourdes: Maria si presenta a noi
ogni momento in Chiara, ché non vive più lei, ma vive Maria in lei.
Le tre Pale delle Dolomiti e il Mass Maor con le adiacenti pareti dirute
e screpolate, che cadono a picco dal cielo azzurro sui boschi verdi, racco-
gliendosi attorno alla valle dove croscia il Cismon, compongono quasi una
sterminata cattedrale antica, corrosa dal tempo e fatta sacra dall’età. Den-
tro di essa è piazzata una città nuova, non registrata ancora sulle cartogra-
fiche dell’Onu, ma che pullula di giorno in giorno tra Primiero e Tonadico, da
Transacqua a Siror.
Pullula tra luglio e settembre ormai da dieci anni e si chiama Mariapoli.
Si chiama Mariapoli perché vi governa Maria e la popolazione fusa in unità
vuole essere volontà operante di Maria. Nelle ore più belle è difatti Maria,
misticamente dispiegata tra baite e alberghi, tra scuole e chiese, dai muni-
cipi alla baracche. Maria vi sta quale Madre e signora, padrona e maestra: e
i cittadini vi stanno quali figli e sudditi, servi e discepoli, traendo da questo
rapporto una somma di gioie nuove, non immaginabili. Non immaginabili
dove la letizia è soppiantata da quel facsimile illusorio che è il piacere, otte-
nuto con le risorse della tecnica e del rumore sotto le sollecitudini del vizio
e dell’alcool. Qui è altra cosa. Qui si è nel regno della Vergine e si è felici
proprio perché si sottostà alla sua legge, che è di purezza e di amore.
Si usò nelle epoche cavalleresche eleggere Maria regina, castellana ar-
bitra di regni e di città: e nel tratto Ella governò, i sudditi da per tutto si sen-
tirono nella casa di Dio, si amarono tra loro e coltivarono con la giustizia la
bellezza: spesero la vita a vivere, anziché a morire di spada e di noia.
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igino giordani
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igino giordani
previo sborso di un pedaggio, dalle autorità venete, collega con un unico filo
tutte le baite. Ciascuna di esse è chiamata con un segnale proprio (mediante
combinazione di lunghe e di brevi, come i piedi della metrica classica); sì che
tutto il giorno in ogni baita si sente lo squillo, anzi gli squilli lunghi e brevi,
che sono gli appelli delle comunità lontane. Va a rispondere chi è chiamato:
ma tutti possono ascoltare, tutti possono partecipare al dialogo: come una
conca di voci dove ognuno può attingere o versare una stilla della propria
letizia e – qualche volta – tristezza.
Ogni anno è data alla Mariapoli una mansione da cui le viene una par-
ticolare fisionomia. Nel 1958 per esempio, la si volle esposizione di Dio o,
come si diceva per analogia di Bruxelles, l’Expo di Dio. Quest’anno ha voluto
essere dedicata alla gloria di Dio e a questo ideale ha ispirato le sue opera-
zioni: e la gloria di Dio si è manifestata nella ecumenicità della fede, vissuta
in unità e comunione da creature di varia nazionalità e rito e classe; e si è
manifestata nelle conversioni provocate non da argomenti ma dai fatti, dalla
vita, quasi dall’aria che era lo Spirito Santo involgente uomini e cose: e le
conversioni sono state di ogni sorta, sia di atei e di acattolici, sia di peccatori
che da anni portavano in seno il carico della colpa, sia di buoni cristiani i
quali vedendo la gloria di Dio, hanno abbandonato le vie secondarie della
mediocrità e del compromesso per mettersi nella via della donazione totale
che è della croce.
L’ideale di Gesù Abbandonato scelto come unico tutto è uscito dal cuore
di vergini per divenire la vita anche di uomini maturi, mamme, giovanotti,
sacerdoti. E gloria di Dio splende nel Crocifisso. Infine (o principio) la mani-
festazione di essa ha ispirato un proposito di conquista del mondo all’amore
con una riscossa di comunità e di popoli da mettersi sotto la guida di Maria
condottiera. E così Maria è divenuta l’espressione – la luce trionfale – della
gloria di Dio. La nota specifica di gloria di Dio non è una decorazione reto-
rica: è coscienza meditata di una missione comunitaria, precisa e decisa.
Essa è stata oltre che inculcata anche cantata in una poesia, alta e chiara
composta da chi dirige la convivenza: e quel canto, per settimane è valso a
inculcare la verità capitale della mistica cristiana: «Dio tutto, Io nulla». Un
nulla fatto per colmarsi di Dio.
Dice il canto:
Se su nel ciel
si spengono le stelle,
se ogni giorno muore,
se l’onda in mare
s’annulla e non riprende,
è per la Tua gloria.
Ché il creato canta a te: Tutto sei.
E ogni cosa dice a sé: Nulla son.
E se il dolore estenua i nostri cuori,
se l’agonia ci assale,
contemplerem che nulla al mondo vale:
solo la tua gloria.
Ché il creato canta a te: Tutto sei.
E ogni cosa dice a sé: Nulla son.
Se in te, Creator, che accendi in ciel le stelle,
in te, splendore eterno,
noi ci perdiamo, luce nella luce. Nostra è la tua gloria.
Non insisto a descrivervi la città di Maria, dal momento che la più sinte-
tica descrizione è stata redatta da una mariapolita tredicenne, in grado cioè
di vedere le cose senza lenti affumicate di cultura. Essa, Elena De Sanctis
ha scritto:
Mariapoli: un pezzetto di cielo chiuso tra le Dolomiti; uno sfondo
verde e una pace ineguagliabile. Se Firenze è la Mecca di tutti gli
artisti, se Roma è la Mecca di tutti gli storici: Mariapoli è la Mecca
di tutti i cristiani.
Un paese dove la bontà e la felicità si fondono insieme formando
l’ideale di vita di tutti gli uomini, buoni e cattivi: un paese dove le
preoccupazioni e i dolori si sciolgono sotto i raggi di quel sole tanto
risplendenti di amore per Cristo e Maria.
Raggiungere Mariapoli significa raggiungere la felicità; vivere l’Idea
le significa prepararsi alla Vita Eterna; ma chi vuole entrare in Para-
diso, chi vuole godere di quella gioia celeste, deve prima passare di
qui, deve prima conoscere Mariapoli.
Mariapoli, 1959 Elena De Sanctis di 13 anni
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igino giordani
La comunione dei santi: un mistero così vago, così lontano. Sono i santi
che comunicano; si comunicano le grazie di Dio, sì che la convivenza si fa
una circolazione di carismi. San Vincenzo de’ Paoli poneva l’efficacia del-
la sua opera caritativa nella comunione costante di anime tra i suoi colla-
boratori. E così è qui: non si ammette che uno abbia grazie, illuminazioni,
esperienze, gioie, e non le passi alle sorelle e ai fratelli, affinché le anime
svolgano simultaneamente allo stesso livello e crescano con lo stesso ritmo.
Una si dona all’altra, per mettere in comune le anime. Non si concepisco-
no interruzioni in questo scambio, così come nell’organismo umano non si
concepiscono arresti nel flusso di sangue se non come traumi da curare. A
vederle così solidali, così vive nella stessa virtù, delle medesime ispirazioni,
per gli stessi ideali, sì che ad attingere da un’anima è come attingere ad
un’unica fonte, si capisce perché la perfezione umana sta nell’unità e perché
le interruzioni – esclusivismi, individualismi, egoismi, superbia – producano
la morte. L’organismo ecclesiale, come l’organismo umano, vive e prospera
di questo flusso perenne di energie, di virtù, che è sangue di Cristo in circo-
lazione, mosso dal cuore, che è lo Spirito Santo, verso il capo, che è il Padre.
Si stabilisce così, e si stabilisce, ché in siffatta santità spirituale vive una
giovinezza sempre più limpida, una unità di affetti e di giudizi, da cui si muo-
ve un’azione meritoria, concorde: dove la forza si moltiplica. Si stabiliscono
relazioni, in cui non ci sono ombre e non si paventano trabocchetti: tutto è
di tutti. Una menzogna sarebbe sperimentata come una lacerazione; un atto
egoistico come una diserzione della casa comune. Nella circolazione la cari-
tà emette sopra tutto gioia; e i dolori che non mancano li tuffa in quell’onda
di vita dove sono purificati ed elevati: e a loro volta purificano ed elevano le
anime. Infine tutto quel tripudio corale di ideali e di vita converge, come una
corolla di petali rossi, attorno al Crocifisso, da cui attingono le forze della
Redenzione col segreto della resurrezione.
Tutte queste opere non erano previste, né erano prevedibili. Difatti le
ha fatte Dio: le creature hanno collaborato lasciandolo fare e prestando le
proprie persone. Ma quel che più sorprende è lo stile di Dio.
Queste ragazze han cominciato leggendo il messalino. Han trovato che
il Signore vuole tutti santi. E dunque – han concluso – tutti dobbiamo farci
chiara in vacanza
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igino giordani
anche i coniugati furono fatti focolarini in pieno, coi tre voti: creature consa-
crate, appartenenti radicalmente a Dio e recise dal mondo.
Fu, nella mattina ricca di sole, un’esplosione di gioia quando venne an-
nunziato il dono alle focolarine sposate, che si trovavano a Val Tournanche
e che non s’aspettavano questa conclusione del loro corso.
Chiara aveva avuto l’ispirazione di colpo il giorno innanzi, in chiesa le era
stata confermata e chiarita: aveva preso appunti, l’aveva comunicata alle
sue pope, e il sabato mattina s’era presentata alla sala gremita di focolarine.
Fu quasi sotto una carica carismatica, di cui aveva bisogno di liberarsi. Come
si avverte dalla registrazione al magnetofono la sua dizione fu una emissio-
ne di luce e di energie che via via si faceva più intensa e ratta8.
Sotto quell’irruzione, le ascoltatrici, e poi, dal magnetofono, gli ascolta-
tori, scoprivano un nuovo cielo e una nuova terra, per folgorazioni vampanti
e arcobaleni scendenti in firmamenti mai visti. Queste son parole: ma l’ef-
fetto sulle anime non si descrive. Come nell’anima di Foco, che per mesi, per
anni aveva sognato, sofferto, si era logorato per arrivarvi e pareva essere
ormai crollato dinanzi alla trappola dell’aggregato: una posizione giuridica
per cui il coniugato non era inserito nell’Opera di Maria, ma appiccicato. Era
parso, dalla Regola approvata due anni avanti, che fosse stramazzato, mor-
to, il sogno di essere consacrati pur se madri o padri: il sogno di Crisostomo,
di Agostino, di Caterina.
E invece Chiara raccoglieva quelle aspirazioni, le fondeva, le aggiorna-
va, in una sintesi e insieme in una originalità di istituzione nuova, la quale
proromperà nel mondo dello spirito come una rivoluzione ecclesiale della
santità, che sfonda i diaframmi e accomuna le case ai conventi, le piazze
alla clausura, il laboratorio all’oratorio. Si può immaginare (ma è difficile)
la gioia, la gratitudine dei coniugati per Chiara, porta davvero spalancata al
Paradiso, anche per loro nel mondo.
Era il raggiungimento dello scopo del proprio esistere e soffrire e pre-
gare: e segnava un mutamento radicale, un definitivo distacco dal mondo e
insieme un’estasi beatifica. I consigli evangelici erano assegnati loro come
compito essenziale di vita: obbedienza totale, perenne, al capo-focolare; ca-
stità secondo la Casti connubii e oltre; povertà completa mediante la messa
in comune dei beni personali. Dove moglie e marito vivevano la Regola, la
140 nu 229
igino giordani
gando il tempo del tragitto (circa 3 ore) a recitare le 15 poste del rosario,
a far la meditazione, a leggere la copiosa corrispondenza… E poi, in ogni
centro organizzava il da farsi (sopra tutto la Mariapoli: 10 in quell’estate,
e contemporanee in Europa): e tutto faceva con quella carica di luce, quel
sorriso limpido, quell’autorità nascosta nel tratto di sorella amorosa, e in-
sieme con quella praticità, per cui giustamente Foco aveva parlato al Papa
della sua santità e virtù e del suo genio: doti soprannaturali e doti naturali,
raccolte in una fusione perfetta.
Si era fatta forse più seria, come raccolta di più col suo Sposo, sempre
obbedita, ascoltata da tutti con una venerazione, la quale costituiva il più
impressionante documento dell’opera da lei attimo per attimo compiuta. Si
era fatta più raccolta, avendo abbracciato la solitudine interiore per essere
sempre con Gesù Abbandonato e Maria desolata.
Nell’udienza particolare sopra accennata Foco aveva implorato per i fo-
colarini sacerdoti l’esenzione dal vestito talare, perché potessero proseguire
l’azione così feconda tra gli strati sociali più remoti e più avversi alla religio-
ne. Or ecco che ad Ala salivano successivamente i sacerdoti nuovi consa-
crati: i focolarini Vittorio, Fede, Enzo che, con gli altri formavano, attorno a
don Foresi, il nucleo dei sacerdoti in talare. Quei tre venivano dall’Argentina,
dal Brasile, dagli Stati Uniti. La loro ordinazione fu ricordata in un film, cura-
to, passo passo, da lei stessa: e ciò si vedeva già dalla bellezza delle riprese
sul cielo di New York, durante il viaggio intrapreso per assistere a quelle
ordinazioni e impiantar le zone d’America. Era partita il sabato santo e s’era
trattenuta circa un mese in Usa, Argentina e Brasile.
Come questa creatura suscitava tanta vita rinnovatrice e tanta gioia
fatta di purezza e di amore a Dio e in Dio? Lo accennavano spesso i vesco-
vi e altri osservatori: ella era tornata alla fonte riprendendo la rivoluzione
del Vangelo nella sua prima enunciazione. Il tempo non esisteva; la carica
di fantasmi e rottami umani sovrapposta dai secoli alla germinazione sor-
giva della fede era stata rimossa: ella s’era messa a vivere e aveva messo le
sue compagne a vivere l’amore evangelico come lo avevano vissuto Maria,
le pie donne, la Maddalena e Giovanni e gli apostoli e tutti i primi radunati,
con un cuore solo e un’anima sola, nel Cenacolo attorno a Maria e a Pie-
tro. La sua era la Via Mariae e perciò viveva l’esperienza come Maria, che
142 nu 229
igino giordani
era diversa dalle altre, pur volendo ciascuna essere un’altra Chiara, per es-
sere tutte Gesù. Quell’unità difatti rappresentava una scala diritta da terra a
cielo: un accesso per tutti a Gesù.
Sempre si torna al mistero dell’Incarnazione e al compito di Maria. Fu
Maria a portare la divinità in mezzo all’umanità, consentendo a questa, in
certo modo, di divinizzarsi. E fu ed è Maria che riportò e riporta l’umanità
verso Dio, a modo che (Dormitio Mariae del lago di Eletto) il suo corpo (l’ele-
mento umano) risalì al cielo, inabissandosi in Dio.
Quella di Chiara è un’operazione mariale: la sua è una partecipazione
all’opera di Maria, della quale i suoi figli la sentono vicaria: uno strappare
amoroso dal cielo i tesori di Dio – le grazie, le ispirazioni, ogni sorta di gioia –,
per donarle agli uomini al fine di riportare le loro anime al cielo: una media-
zione continua tra Padre e figli, nella quale si rivela la sua santità.
Bella si fa la vita di chi ha il privilegio di seguire l’Ideale così bello che vi
si sente il Paradiso.
E tutto questo non fa che sfiorare la realtà, così profonda, mistero pre-
sente della presenza di Maria desolata tra noi.
Presenza: e sì che i più non la vedevano mai, o quasi mai: riusciva a sot-
trarsi alle più accanite ricerche. Quando una persona che le era vicina lascia-
va sorgere in sé un desiderio, un godimento di vederla e ascoltarla, ella se
ne accorgeva subito e si allontanava. Ma anche allontanata, quella persona,
avendo assimilato qualcosa dell’Ideale, sentiva nell’assenza quella presenza.
Esposte così le cose, si potrebbe pensare che si tratti d’un fenomeno
sentimentale, generato dal fascino d’una creatura.
Non è così. Se si va poco più giù delle apparenze, si trova l’ascetica più
severa: la rinunzia totale di giovani e giovanette e anche anziani e sacerdoti,
i quali non vivono mortificati, ma morti a se stessi, per essere a disposizione
totale di Dio e della Chiesa. Essi fanno una rivoluzione silenziosa. A una so-
cietà che corre dietro vanità, denaro, vizio, dissipandosi febbrilmente nelle
apparenze esteriori, nel rumore, nelle esibizioni, tra liquori e languori, tra
forme d’arte vivide e grulle e letture sceme e frolli, questa gioventù oppone
la povertà, la purezza dello spirito, un servizio senza fine e senza umani com-
pensi a beneficio di gente povera, repellente e ingrata, condensando la vita
in un amore soprannaturale, fatto di sacrificio: ispirato di fatti e modellato su
144 nu 229
igino giordani
1
Cf. I. Giordani, Storia di Light. 12, «Nuova Umanità» 228 (2017/4), pp. 110 e 115.
2
Su padre Lombardi e il Mondo Migliore cf. anche I. Giordani, Storia di Light. 7,
«Nuova Umanità» 223 (2016/3), p. 133.
3
Padre Giacomo Martegani, gesuita, ebbe, proprio nel 1957, l’incarico dal
Sant’Offizio di accompagnare il Movimento come “visitatore”, per correggerne i di-
fetti. Cf. L. Abignente, “Qui c’è il dito di Dio”, Città Nuova, Roma 2017, p. 238.
4
Cf. ibid.
5
Erano anni in cui la prospettiva ecumenica era molto diversa da oggi.
6
Gabriella Fallacara.
7
Cf. Igino Giordani, Storia di Light. 6, «Nuova Umanità» 222 (2016/2), pp. 154-
155.
8
Veloce, o anche ripida, scoscesa, usato qui in senso metaforico. Cf. Dante,
Divina commedia, Inferno, Canto III, o Purgatorio, Canto XII.
Opuscoli
ascetismo e mistica
Opere complete di Francesco di Sales
nu 229
in biblioteca
Il libro I sentieri del giurista sulle tracce della fraternità, a cura della profes-
soressa Adriana Cosseddu, è una collettanea di autori che con il loro baga-
glio culturale e scientifico si addentrano nel “sentiero” ancora non tracciato
della relazionalità nel diritto, della confutazione di valori che possano offri-
re alla prospettiva giuridica una visuale differente. Si tratta di una lettura
impegnata e impegnativa, adatta a «coloro che sul diritto si pongono delle
domande diverse dalla correttezza formale della sua produzione, interpre-
tazione e applicazione, o anche del tipo di interessi che le singole norme
tutelano»1.
I saggi esprimono da punti di vista differenti l’impegno nello scovare
e sottolineare la presenza e la rilevanza del principio di fraternità, anche
nel suo significato primigenio di relazione tra esseri umani, nella tradizione
giuridica internazionale, nelle dichiarazioni2, nei trattati, nelle costituzioni
e negli altri testi normativi, negli studi e nell’ermeneutica giuridica. Così
emergono molteplici declinazioni atte a suscitare sollecitazioni e spunti di
riflessione interessanti3. Lungo i “sentieri” si incontrano la solidarietà, la di-
gnità, i diritti umani e inviolabili di ogni uomo, la giustizia riparativa e della
mediazione penale, la libertà, il constitucionalismo fraternal, la buona fede, la
giustizia relazionale. Trovano spazio, nel diritto relazionale, anche i concetti
di dovere, di responsabilità, di prevenzione, di colpa, di duty of care, di so-
stenibilità4. Tutti questi concetti danno senso all’esistenza e alla validità del
principio di fraternità nel diritto e ricevono da esso nuovi impulsi e prospet-
tive di sviluppo de iure condendo.
Caratteristica del libro è la sua ampiezza di ricerca, sia nel senso dell’a-
pertura a diverse aree tematiche sia in senso geografico, poiché per lingua e
dislocazione degli studi viene abbracciata parte del globo. I saggi, infatti, ol-
tre alla prefazione di Fausto Goria (professore ordinario di Diritto romano e
diritti dell’antichità all’Università di Torino) e all’introduzione della curatrice
Adriana Cosseddu (professore aggregato di Diritto penale commerciale e
Istituzioni di diritto e procedura penale all’Università di Sassari), sono nove,
di penna di altrettanti professori e ricercatori: Fernanda Bruno (già profes-
sore di Diritto pubblico comparato all’Università La Sapienza di Roma), Ser-
gio Barbaro (professore incaricato all’Istituto universitario Sophia), Carlos
Augusto Alcântara Machado (professore di Diritto costituzionale all’Uni-
versità federeale di Sergipe e di Tiradentes in Brasile), Josiane Rose Petry
Veronese (professore di Diritto minorile all’Università federale di Santa Ca-
terina in Brasile), Olga Maria Boschi Aguiar de Oliveira (professore all’Uni-
versità federale di Santa Caterina in Brasile) e Monica Nicknich (insegnante
di Amministrazione di impresa all’Università statale e federale di Santa Ca-
terina in Brasile), Vincenzo Buonomo (professore ordinario di Diritto inter-
nazionale alla Pontificia Università Lateranense), Antonio Marquez Prieto
(professore di Diritto del lavoro e della previdenza sociale all’Università di
Malaga) e Rocío Caro Gándara (professore associato di Diritto internazio-
nale privato all’Università di Malaga).
I vari saggi, data l’eterogeneità degli studi, potrebbero risultare tra loro
autonomi e distaccati; invece stupisce il fatto che, nonostante le diverse
prospettive e l’indipendente stesura degli stessi, essi siano in qualche modo
tra loro collegati, dando vita a una lettura diversificata e contemporanea-
mente legata. È come se il singolo saggio non fosse solo per se stesso, ma
avesse anche la funzione di agevolare la comprensione degli altri. In altre
parole, i vari saggi ci offrono una duplice prospettiva: l’osservazione dello
sviluppo del concetto di fraternità e l’approfondimento continuo, dal primo
saggio all’ultimo, dei vari concetti ricorrenti di solidarietà, di dignità, di in-
clusione ecc.
Così, i sentieri del giurista, seppure molti e da percorrere in diverse dire-
zioni, tra loro dialogano in atteggiamento di servizio, dando vita a una col-
lettanea organizzata e organica.
La lettura del libro richiede tempo e attenzione, richiede sicuramente lo
sforzo di “accantonare” i preconcetti e di disporsi liberamente di fronte a
148 nu 229
I sentieri del giurista sulle tracce della fraternità
idee che risultano ancora nuove, ma, se lo sforzo viene fatto, che regalano
orizzonti e colori inaspettati.
Nel saggio Ripensare la legalità nello “spazio” giuridico contemporaneo la
professoressa Cosseddu mette in evidenza che «l’osservanza della norma,
riletta in chiave relazionale, rimette così al centro del diritto, come regola
di coesistenza, quella reciprocità delle relazioni giuridiche, che coniugate
come diritti e doveri, libertà e responsabilità, si sostanziano nel riconosci-
mento dovuto alla “dignità umana” dell’altro»5.
In definitiva, dunque, il libro I sentieri del giurista sulle tracce della fraternità
è l’occasione di scorgere la presenza della relazione e dei rapporti di fra-
ternità nel diritto che mostrano una possibilità nuova: se la fraternità è già
presente nella logica giuridica, questa presenza non va relegata in alcune
sparute nicchie del diritto esistente e/o esistito, ma può essere un indica-
tore importante de iure condendo. I contributi degli autori offrono spunti di
riflessione più che concreti, per spingere il lettore a spostare lo sguardo dal-
le consuete prospettive giuridiche dell’organizzazione in base all’utile, alle
esigenze economiche e all’individualismo, portandolo a pensare la relazio-
ne tra gli esseri umani e in particolare il rapporto fraterno che lega tutte le
persone come il valore che possa dare al diritto un senso e uno scopo da
raggiungere.
Laura Bozzi
1
A. Cosseddu (ed.), I sentieri del giurista sulle tracce della fraternità. Ordinamenti
a confronto, G. Giappichelli Editore, Torino 2016, p. XI.
2
Prima fra tutte la Dichiarazione universale dei diritti umani che all’art. 1
afferma: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi
sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito
di fratellanza».
3
Nel saggio di A. Cosseddu, Ripensare la legalità nello “spazio” giuridico contem-
poraneo, scovato nelle produzioni giuridiche il principio di fraternità e in questo caso
negli studi di B. Pastore, si offre lo spunto per spingersi oltre e riflettere: «Un princi-
pio di solidarietà che diventa “fonte di doveri” e “componente del legame sociale”,
così da richiedere “un impegno volto a ‘farsi carico’ delle esigenze connesse al so-
stegno [...] dello stare insieme in società” [...] Una solidarietà così intesa, nel rinviare
a una dimensione capace della convivenza tra estranei di introdurre la prospettiva di
una “unione nella diversità”, apre altresì, almeno nella lettura fin qui esposta, a una
rinnovata “co-responsabilità”. Ovvero, un agire responsabile anche nell’osservanza
di regole e norme, in ragione di un vincolo solidale e nella consapevolezza di un suo
effettivo riflettersi sulla con-vivenza». A. Cosseddu (ed.), I sentieri del giurista sulle
tracce della fraternità, cit., p. 80.
4
Nel saggio A fraternidade como valor-garantidor da sustentabilidade si legge: «É
fundamental o diálogo entre as categorias sustentabilidade e fraternidade para que
sejam acrescentados noutros aspectos como a cooperação, inclusão, continuidade,
permanência e consumo conscientes». Id., I sentieri del giurista sulle tracce della fra-
ternità, cit., p. 172.
5
Id., I sentieri del giurista sulle tracce della fraternità, cit., pp. 64-65.
150 nu 229
Culture a confronto. La lezione di Valignano
conoscenza di due culture fra loro finora sconosciute, l’una quasi “il rove-
scio” dell’altra, per prendere a prestito una parola usata da Guido Gualtieri,
segretario di Sisto V, in una relazione del 1586.
Valignano, missionario italiano in terre lontane, era convinto che i due
mondi avessero molto da offrire l’uno all’altro. Leggendo gli appunti del
diario (che egli stesso aveva commissionato), ha pensato di tramutarli in
forma di dialogo con un interlocutore locale che interroga i quattro ritornati
in patria e introduce i propri commenti. Il libro, redatto in latino, doveva
servire come testo di quella lingua nelle scuole dei gesuiti in Giappone, e
al contempo aprire le menti degli allievi. Bisognerà aspettare più di 400
anni per la prima traduzione corrente in lingua occidentale (portoghese nel
1997, seguita da quella inglese nel 2012), e ora finalmente (2016) la versio-
ne italiana.
Nella recente recensione di Gianpaolo Romanato nell’Osservatore Ro-
mano (14 aprile 2017) si può trovare una spiegazione ampia e lucida della
straordinaria missione col suo contorno storico, per cui non ci dilunghiamo.
Affascinante nel suo contenuto, Dialogo sulla Missione si presenta come
un reportage fedele fino ai minimi particolari da parte di giovani che vedo-
no e sperimentano per la prima volta una civiltà diversa dalla propria. Essi
trasmettono non solo i fatti ma tutta la loro meraviglia per i costumi, l’ele-
ganza, la bellezza riscontrati, per la grandezza delle città, i sistemi sociali, il
governo, e infine per la carità che, come cristiani nuovi, ai loro occhi animava
tutto e tutti. Il libro apre dunque al lettore uno squarcio vivissimo sull’Europa
dell’epoca con i suoi regnanti, conti e corti, in tandem con la vita della Chie-
sa, con i cardinali, i vescovi e la Curia, con una particolare descrizione delle
comunità dei gesuiti, vivissimi e numerosi 50 anni dopo la nascita. Ovunque
passarono i giovani ambasciatori (più di 100 città in Portogallo, Spagna e
Italia) trovarono un’accoglienza entusiasta da parte dei civili e dei presuli,
che li colmavano di attenzione e di doni, mostrando amore e benevolenza,
accordati – dicono – a «quei neonati figli della cristianità che noi eravamo»
(p. 345) E ancora: «Fu tale l’amore di tutti per noi che ci accolsero come
fossimo caduti dal cielo» (p. 441).
Ma oltre al valore storico del libro, e al fascino di una grande avventura
raccontata da chi l’ha vissuta in prima persona, dal Dialogo sulla Missione
152 nu 229
Culture a confronto. La lezione di Valignano
Così pure riguardo alla danza «Mettere a confronto popoli diversi e pa-
ragonare i loro costumi genera sempre offesa quando si preferiscono alcuni
popoli ad altri. Per questo non fu mai mia intenzione né lodare esagerata-
mente i costumi europei, né denigrare quelli giapponesi», scrive uno dei gio-
vani, concludendo, dopo una descrizione dettagliata: «Ma siano lasciate ad
ogni popolo le proprie usanze» (p. 178).
Così per quanto riguarda il vestito, il modo di sedersi e i vari costumi e
le usanze particolari. In sintesi «non resta che lasciare tutti questi diversi
154 nu 229
english summary
controcorrente Focus
50 Years after 1968 the church in the
A.M. Rossi cultural “babel”
p. 5 The Prophetic Eyes of
This year marks the 50th anniversary of Chiara Lubich:
the events of 1968, and offers us an op- A Reading of the Relationship
portunity to reflect on one of the most between Gospel and Cultures
important and debated revolutions of the
last century, as well as on the meaning R. Catalano
of revolution in general. Half a century p. 19
later we can examine these events from This study proposes a reflection on the
a different perspective, considering the relationship between gospel and cul-
impact that the call for change had on tures seen from the perspective of the
society on a global level, and the direc- charism of unity. This reflection takes
tion it marked out for the future. place in the context of a long process
which, over the centuries, has seen
Christianity adopting a diversified ter-
The Beginning of a New Era? minology: “adaptation”, “accomoda-
tion”, “assimilation”, “acculturation”,
L. De Torre “indigenization”, “contextualization”,
p. 9 and – more recently – ”inculturation”.
Faced with the profound changes of As with other studies on this topic, the
epoch underway – characterized by current study does not and cannot be
uncertainty, conflict, terrorism, envi- exhaustive. It simply intends to open up
ronmental disaster, populisms, fear some research paths and directions of
protectionism, barriers – it might seem reflection drawn from texts, talks and ex-
utopic to imagine that States can go periences of Chiara Lubich, the foundress
beyond signing treaties and work for of the Focolare Movement and protago-
the good of the other State. And yet our nist of deep experiences of contact with
age has extreme need of political vision persons and groups belonging to various
if it is to understand, hope, progress. It cultures. Further study is called for on
is not a question of promising a reas- this experience in various socio-ecclesial
suring future, but of accompanying ef- contexts.
forts to elevate international relations
beyond merely commercial, economic,
legal and technological cooperation.
This higher level when “a new age will
be born” is the age of reciprocal love be-
tween peoples.
156 nu 229
english summary
alla fonte del carisma dell’unità found and poetic description of the life
of the Mariapolis.
Discernment and Charism:
Correspondence
in biblioteca
C. de Ferrari - C. Lubich p. 147
p. 115
This contribution introduces the rea- murales
der to five letters between monsignor
Carlo de Ferrari, archbishop of Trent, G. Berti
and Chiara Lubich. Written between p. 160
1947 and 1951, these cast light on a little
known, but crucial, moment in the early
history of the Focolare Movement. The
texts proposed, with rare spiritual in-
tensity, offer some touches of solid and
foundational reference to the Word of
God and to the constant openness to
listening to the Spirit, characteristic of
the two protagonists.
158 nu 229
dallo scaffale di città nuova
160 nu 229