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MATTEO CRIMELLA, nato nel 1969, dal 1994

è presbitero della Chiesa ambrosiana Dottore


in Scienze Bibliche, insegna Sacra Scrittura alla
Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale (Mila­
no) e al Seminario Teologico del PIME (Monza).
Vive presso una parrocchia di Milano e all'attività
scientifica affianca il ministero pastorale.

Copertina:
Progetto grafico di Angelo Zenzalari
Presentazione
'\lOVA \ EHSIOl\E DELLA BIBBI \DAl TESTI A"'oTICIII

L a Nuova versione della Bibbia diii testi antichi si pone


sulla scia di una Serie inaugurata dall'editore amar-
gine dei lavori conciliari (la Nuovissima versione della
Bibbia dai testi originali), il cui primo volwne fu pubblicato
nel 196 7. La nuova Serie ne riprende, almeno in parte, gli
obiettivi, arricchendoli alla luce della ricerca e della sensibilità
contemporanee.

I volumi vogliono offrire anzitutto la possibilità di leggere


le Scritture in una versione italiana che assicuri la fedeltà alla
lingua originale, senza tuttavia rinunciare a una buona qualità
letteraria. La compresenza di questi due aspetti dovrebbe da
un lato rendere conto dell'andamento del testo e, dall'altro,
soddisfare le esigenze del lettore contemporaneo.
L'aspetto più i.nllovativo, che balza subito agli occhi, è la
scelta di pubblicare non solo la versione italiana, ma anche il
testo ebraico, aramaico o greco a fronte. Tale scelta cerca di
venire incontro all'interesse, sempre più diffuso e ampio, per
una conoscenza approfondita delle Scritture che comporta,
necessariamente, anche la possibilità di accostarsi più diret•
tamente ad esse.
Il commento al testo si svolge su due livelli. Un primo li-
vello, dedicato alle note filologico-testuali-lessicografiche,
offre informazioni e spiegazioni che riguardano le varianti
presenti nei diversi manoscritti antichi, l'uso e il significato
dei termini, i casi in cui sono possibili diverse traduzioni, le
ragioni che spingono a preferirne una e altre questioni ana-
loghe. Un secondo livello, dedicato al commento esegetico-
teologico, presenta le unità letterarie nella loro articolazione,
evidenziandone gli aspetti teologici e mettendo in rilievo, là
dove pare opportuno, il nesso tra Antico e Nuovo Testamento,
rispettandone lo statuto dialogico.

Particolare cura è dedicata all'introduzione dei singoli libri,


dove vengono illustrati l'importanza e la posizione dell'opera
PRESENTAZIONE 4

nel canone, la stmttura e gli aspetti letterari, le linee teologiche


fondamentali, le questimù inerenti alla composizione e, infine,
la storia della sua trasmissione.
L'n approfondimento, posto in appendice, affronta la pre-
senza del libro biblico nel ciclo dell'anno liturgico e nella vita
del popolo di Dio; ciò permette di comprendere il testo non solo
nella sua collocazione "originaria", ma anche nella dinamica
interpretativa costituita dalla prassi ecclesiale, di cui la cele-
brazione liturgica costituisce l'ambito privilegiato.

I direttori della Serie


Massimo Grilli
Giacomo Perego
Filippo Serafini
Annotazioni di carattere tecnico
:\'LOVA VER!'IO'\E DEL L\ BIBRL\ DAl TESTI AYJ'ICHI

Il testo in lingua antica


n testo greco stampato in questo volume è quello della ven-
tottesima edizione del Novum Testamentum Graece curata da B.
Aland- K. Aland - J. Karavidopoulos - C.M. Martini - Bruce M.
Metzger (2012) aulla base del lavoro di E. Nestle (la cui prima
edizione è del1898). Le parentesi quadre indicano l'incertezza
sulla presenza o meno della/e parola/e nel testo.

La traduzione italiana
Quando l'autore ha ritenuto di doversi discostare in modo
significativo dal testo stampato a fronte, sono stati adottati i
seguenti accorgimenti:
- i segni r indicano che si adotta una lezione differente da

quella riportata in greco, ma presente in altri manoscritti o


versioni, o comunque ritenuta probabile;
- le parentesi tonde indicano l'aggiunta di vocaboli che appaiono
necessari in italiano per esplicitare il senso della frase greca.
Per i nomi propri si è cercato di avere una resa che non si
allontanasse troppo dall'originale ebraico o greco, tenendo però
conto dei casi in cui un certo uso italiano può considerarsi dif-
fuso e abbastanza affermato.

I testi paralleli
Se presenti, vengono indicati nelle note i paralleli al passo
commentato con il simbolo Il; i passi che invece hanno vici-
nanza di contenuto o di tema, ma non sono classificabili come
veri e propri paralleli, sono indicati come testi affini, con il
simbolo+.

La traslitterazione
La traslitterazione dei termini ebraici e greci è stata fatta con
criteri adottati in ambito accademico e quindi non con riferi-
mento alla pronuncia del vocabolo, ma all'equivalenza formale
fra caratteri ebraici o greci e caratteri latini.
ANNOTAZIONI 6

L'approfondimento liturgico
Redatto da Matteo Ferrari, rimanda ai testi biblici come pro-
posti nei Lezionari italiani, quindi nella versione CEI del 2008.
LUCA
Introduzione, traduzione e commento

a cura di
Matteo Crimella

~
SAN PAOLO
Nestle-Aland, Novum Testamentum Graece, 28th Revised Edition, edited by Barbara and
Kurt Aland, Johannes Karavidopoulos, Carlo M. Martini, and Bruce M. Metzger in coo-
peration with the Institute for New Testament Textual Research, MUnster!Westphalia. IO
2012 Deutsche Bibelgesellschaft, Stuttgart. Used by pennission

IO EDIZIONI SAN PAOLO s.r.l., 2015


Piazza Soncino, 5 • 20092 Cinisello Balsamo (Milano)
www.edizionisanpaolo.it
Distribuzione: Diffusione San Paolo s.r.l.
Corso Regina Margherita, 2 • 10153 Torino

ISBN 978-88-215-9636-0
INTRODUZIONE

TITOLO E POSIZIONE NEL CANONE

Gli autori antichi sono concordi nell'attribuire la composizione


del terzo vangelo a un personaggio di nome Luca. Nel 170 Tazia-
no compose il Diatessaron (che significa «attraverso i quattro»)
nel tentativo di unificare in una sola opera i quattro vangeli: ne
consegue che a quella data l'autorevolezza dei testi evangelici era
già riconosciuta dalle Chiese. Inoltre, Marcione, Giustino, la Di-
dachè e il Vangelo di Pietro (un testo apocrifo) citano e/o alludono
al racconto di Luca, segno che il terzo vangelo già nel II secolo
era ben conosciuto. Il Canone muratoriano (databile, secondo la
maggioranza degli studiosi, attorno al 170-180) attribuisce a Lu-
ca la composizione di un vangelo, che colloca al terzo posto (il
documento è mutilo e non sappiamo che cosa c'era al primo e al
secondo posto). Anche Ireneo di Lione (circa nel 175-195) ascrive
a Luca la composizione di un vangelo, precisando che l'autore è
stato un compagno di Paolo (cfr. Contro le eresie 3,1,1 e 3,14,1):
egli pone Luca dopo Matteo e Marco, prima di Giovanni. Tale or-
dine è rispettato da molti codici antichi in nostro possesso. Anche
Eusebio di Cesarea insiste sul fatto che Luca fosse compagno di
Paolo e autore di due volumi: il vangelo e gli Atti (cfr. Storia della
Chiesa 3,4,6).
Gli studi critici degli ultimi novant'anni hanno dimostrato la
profonda unità fra il terzo vangelo e gli Atti: l'uno e l'altro sono
pensati insieme, come volumi unitari. Tuttavia nel momento in
cui si è costituito il canone del Nuovo Testamento (agli inizi del
INTRODUZIONE IO

II sec.), i quattro vangeli sono stati raggruppati e il libro degli Atti


è stato separato dal vangelo di Luca e posto appena prima delle
lettere paoline, di cui fornisce il contesto. L'inserzione del quarto
vangelo ha così scisso l'opera di Luca: in realtà era previsto che i
due tomi fossero letti uno di seguito all'altro.
A proposito del titolo dell'opera, nelle edizioni critiche del te-
sto greco del Nuovo Testamento si pone abitualmente come so-
prascritta KATA LOUKAN, ovverosia «secondo Luca>>. Un simile
titolo è certamente editoriale, posto cioè all'inizio del racconto da
qualcuno che ha ordinato i differenti scritti del Nuovo Testamento.
Tuttavia Hengel 1 ha dimostrato, analizzando attentamente papiri,
codici, scritti dei Padri e versioni antiche, che già nel II secolo era
largamente diffusa l'usanza di dare un titolo ai quattro volumetti.
Le inscriptiones (poste in testa all'opera) o le subscriptiones (poste
al termine) sono concordi: nel caso del terzo vangelo si usano le
parole euangélion katà Loukan, ovverosia «vangelo nella versio-
ne di Luca>>. Un simile titolo (comune anche a Matteo, Marco e
Giovanni) distingue i quattro testi dagli altri scritti antichi, solita-
mente contrassegnati dal nome dell'autore al genitivo e dal titolo
dell'opera (come avviene, per il NT, nelle lettere cattoliche). L'inu-
suale inscriptio indica che gli evangelisti non intendono apparire in
qualità di autori "biografici" come altri, ma attraverso la loro opera
vogliono offrire la testimonianza dell'annuncio di salvezza di Gesù.

ASPETTI LETTERARI

Genere letterario e accorgimenti stilistici


Genere letterario. Il genere letterario del racconto lucano è quel-
lo evangelico, del quale Luca non è però l 'inventore. Egli riprende
il genere letterario creato da Marco, ma accentua la dimensione
biografica, inserendo la narrazione dentro una cornice per mezzo
dei racconti dell'infanzia (cfr. l ,5-2,52) e delle apparizioni pasquali
(c. 24) e offrendo pure alcuni riferimenti cronologici alla storia
1 Cfr. M. Hengel, Die vier Evangelien und das eine Evangelium von Jesus Christus.

Studien zu ihrer Sammlung und Entstehung, Mohr Siebeck. TObingen 2008, 87-95.
Il INTRODUZIONE

dell'impero romano (cfr. 2,1-2; 3,1). Secondo Burridge2 i vangeli,


proprio perché concentrati sul ministero e sull'insegnamento di Ge-
sù, dal battesimo fino alla sua morte in croce, rientrano nei canoni
della biografia antica. La loro portata cristologica è interpretata
come un invito a seguire Gesù e a imitarlo. Le biografie antiche non
accumulano gli episodi della vita del protagonista, ma preferiscono
sceglieme alcuni che ritengono essere più rappresentativi, facendo
emergere la complessità di una personalità, al fine di porne in evi-
denza i vizi e/o le virtù. Così, la componente morale è prioritaria,
mentre gli altri aspetti sono ad essa subordinati secondo le neces-
sità. In una parola, le biografie dell'epoca più che al personaggio,
s'interessano di ciò che egli rappresenta. I vangeli, invece, hanno
un progetto diverso: loro scopo è convincere e confermare nella
fede, condurre il lettore a confessare Gesù. Questa finalità fa la
differenza e impedisce di definire i vangeli (e Luca in particolare)
una semplice vita di Gesù: essi sono un invito alla fede, posto
sotto la forma di un racconto storico-biografico. La genialità delle
narrazioni evangeliche è proprio quella di convincere a credere,
raccontando la vicenda di Gesù.
Fonti. L'autore del terzo vangelo nel suo proemio fa riferimento
ad alcuni precursori che si sono cimentati a narrare gli «avvenimen-
ti che si sono compiuti» (l, l). Chi sono questi «molti» di cui Luca
parla? Non è facile saper lo, ma il confronto con Marco e Matteo fa
emergere somiglianze e differenze. Gli studiosi hanno ipotizzato
che Luca abbia avuto sottocchio il racconto di Marco, abbia poi
utilizzato la fonte dei detti (chiamata anche Fonte Q) comune anche
a Matteo, infine abbia introdotto una serie di racconti propri che
non hanno alcun parallelo né nei Sinottici, né in Giovanni.
Circa il trentacinque per cento del racconto di Luca proviene
dal vangelo di Marco; il terzo evangelista segue sostanzialmente
l'ordine del secondo vangelo: ministero di Gesù in Galilea, cam-
mino verso Gerusalemme, passione, morte e risurrezione. Tuttavia
Luca compie alcune significative aggiunte: la «piccola inserzione»
(6,20-8,3) che di fatto corrisponde al discorso della pianura e agli
2 Cfr. R.A. Burridge, Che cosa sono i vangeli? Studio comparativo con la biografia

greco-romana, Paideia, Brescia 2008.


INTRODUZIONE 12

episodi del capitolo 7, mentre la «grande inserzione» (9,51-18, 14)


quasi coincide con il «grande viaggio» verso Gerusalemme. Luca
però tralascia del materiale di Marco (piccola omissione): quanto è
detto in Mc 9,41-10,12 viene soppresso nel terzo vangelo. Infine,
l'evangelista sposta il discorso sul servizio (che in Marco segue
immediatamente la terza predizione della morte [cfr. 10,42-45])
nel contesto della passione (cfr. 22,25-27). Non bisogna poi di-
menticare che, se da un lato Luca concede ampio spazio al «grande
viaggio», dall'altro omette tutti gli spostamenti di Gesù al confine
e al di fuori della terra d'Israele (cfr. in Marco e Matteo i viaggi a
Tiro, Sidone e Cesarea di Filippo, e i passaggi attraverso la Deca-
poli). La dipendenza da Marco non significa che Luca riproponga
tale e quale la sua fonte: egli ha operato un vero e proprio lavoro
di riscrittura. Anzitutto il greco del terzo vangelo è più raffinato
di quello di Marco: lo stile è più elegante, alla paratassi subentra
l 'i potassi, i termini aramaici vengono evitati. Inoltre Luca cancella
i riferimenti alle emozioni di Gesù che Marco registrava (cfr., p.
es., Mc 1,41 e Le 5,13; Mc 3,5 e Le 6,10).
Altro materiale narrativo del terzo vangelo proviene dalla fonte
dei detti (Q): quanto non c'è in Marco ma è condiviso da Matteo e
da Luca è stato attribuito dagli studiosi a un'ipotetica fonte scritta,
indicata con la sigla Q (dal tedesco Quelle, che significa «fonte»;
da cui la curiosa espressione ormai in uso di «fonte Q»). Questo
materiale è quasi interamente inserito nella piccola e nella grande
inserzione, dove spesso si mescola con testi propri di Luca. Essen-
zialmente (con qualche eccezione) questi testi sono raggruppati
in quattro sezioni (3,7--4,13; 6,20--7,35; 9,51-13,35 e 17,23-37).
Infine, una parte importante del racconto (quasi metà) appar-
tiene solo al terzo vangelo: è chiamato «materiale proprio» o, in
tedesco, Sondergut. L'elenco è ricco e più ampio di quello che
offriamo. Essenzialmente: il proemio (l, 1-4), il racconto dell'in-
fanzia (l ,5-2,52), la genealogia di Gesù (3,23-38), la predicazione
a Nazaret (4, 16-30), l'incontro con Marta e Maria (l 0,38-42), l'epi-
sodio di Zaccheo (19, 1-10), il lamento su Gerusalemme (19,41-
44); molte parabole: il buon samaritano (10,25-37), il ricco stolto
(12,16-21), il fico sterile (13,6-9), la dracma perduta (15,8-10), il
13 INTRODUZIONE

figlio prodigo (15, 11-32), l'amministratore scaltro (16, 1-8), Laz-


zaro e il ricco ( 16,19-31 ), il giudice iniquo e la vedova importuna
(18, 1-8), il fariseo e l'esattore (18,9-14); alcuni miracoli: la pesca
abbondante (5,1-11), la risurrezione del figlio della vedova di N ai n
(7, 11-17), la guarigione della donna curva ( 13, l 0-17), la guarigione
de li' idropico (14, 1-6), la purificazione dei dieci lebbrosi (17, 11-
19); alcuni episodi della passione: la ricompensa promessa agli apo-
stoli (22,28-32), il detto sulle due spade (22,35-38), Gesù inviato
a Erode (23,6-12), il buon )adrone (23,39-43); i racconti pasquali:
l'apparizione ai discepoli di Emmaus (24,13-35), l'apparizione agli
Undici (24,36-49), l'ascensione (24,50-53).
Lingua. Da sempre il greco di Luca (insieme a quello della let-
tera agli Ebrei) è considerato come il più accurato ed elegante del
Nuovo Testamento: il terzo evangelista pensa e scrive nella cosid-
detta lingua koinè, ovverosia il greco che si era diffuso nel mondo
antico con Alessandro Magno. Luca padroneggia stili diversi: nel
proemio (l, 1-4) imita a perfezione i grandi classici, nei racconti
dell'infanzia (1,5-2,52) si rifa alla Settanta (la traduzione greca
della Bibbia), in altri passi utilizza la lingua corrente. Tale varietà
è coerente col progetto narrativo e teologico di Luca: egli intende
raccontare la storia della salvezza, ben ancorata nella rivelazione
fatta a Israele (e attestata nella Bibbia che per Luca è di fatto la
Settanta) e insieme aperta a tutte le genti.
Stile. Luca racconta facendo uso di alcune modalità letterarie sue
proprie. Ne mettiamo in luce un paio: le scene-tipo e il triangolo
drammatico.
Luca presenta la relazione di Gesù con gli scribi e i farisei,
ricorrendo alle scene-tipo. Si tratta di situazioni che ricorrono più
volte nella narrazione: le caratteristiche degli episodi sono simi-
li, vi sono frasi-chiave, emergono però significative variazionP.
Le quattro scene-tipo nelle quali troviamo i capi giudei sono le
seguenti. l) Gesù mangia con gli esattori e i peccatori; scribi e
farisei mormorano e Gesù replica (cfr. 5,29-32; 15,1-3; 19,1-10).
2) Gesù guarisce in giorno di sabato alla presenza dei capi giudei
3 Cfr. R.C. Tannehill, The Narrative Unity of Luke-Acts: A Literary Interpretation. 1:

The Gospel According to Luke, Fortress, Philadelphia 1986, 170-171.


INTRODUZIONE 14

che si oppongono al suo comportamento. Ali' obiezione di Gesù,


che difende il proprio agire, i suoi avversari non sanno rispondere
(cfr. 6,6-11; 13, l 0-17; 14, 1-6). 3) Gesù mangia in casa di un fariseo
ma emerge un conflitto; esso offre l'occasione a Gesù di mettere
in discussione il comportamento e le idee farisaiche (cfr. 7,36-50;
11 ,3 7-54; 14, 1-24). Il banchetto diventa cifra della salvezza donata
da Gesù, offerta che chiede una risposta adeguata. 4) Infine, un
capo giudeo chiede a Gesù che cosa deve fare per ereditare la vita
eterna; si cita la Legge, ma poi sorge un problema per la sua inter-
pretazione, al punto che si superano le aspettative di colui che aveva
interrogato (cfr. 10,25-37; 18,18-23). Se sul piano della storia non
vi sono collegamenti fra questi episodi, sul piano della costruzione
del racconto si stabilisce una connessione che permette al lettore
di interpretare e confrontare, entrando così nella ricca prospettiva
della teologia di Luca.
Il terzo evangelista ama poi rappresentare gli incontri di Gesù
con persone che, invece di essere sole, sono in coppia4• Si pensi
al fariseo Simone e alla donna peccatrice e alla differenza del loro
comportamento nei confronti dell'ospite (7 ,36-50), oppure a Marta
e Maria, la cui accoglienza del Signore è così diversa (10,38-42),
o, ancora, ai due ladroni in croce che, per quanto accomunati dal
medesimo terribile supplizio, sanno dire parole l'uno d'insulto,
l'altro di supplice affidamento (23,39-43). Osservando poi le pa-
rabole, si nota che anche là appare un meccanismo molto simile:
il sacerdote, il levita e il samaritano incontrano un ferito (l 0,30-
35), il padre è in relazione col figlio prodigo e col figlio maggiore
(15, 11-32), Abraam è in contatto col povero Lazzaro e in dialogo
con il ricco ( 16, 19-31 ), Dio è invocato nel tempio dal fariseo e dal
pubblicano (18,9-14).
Il procedimento narrativo che vede la presenza di tre personaggi
in reciproca interazione è stato definito «triangolo drammatico».
Questi episodi si caratterizzano, a prima vista, per la contrapposi-
zione antitetica fra due personaggi il cui conflitto è risolto da un
terzo. Ogni volta si presenta una coppia: due viandanti, due figli,
4 Cfr. M. Crimella, Marta, Marta! Quattro esempi di «triangolo drammatico;; nel «gran-

de viaggio di Luca», Cittadella, Assisi 2009.


15 INTRODUZIONE

due morti, due donne, due ospiti, due oranti, due ladroni. Ma il
protagonista principale è la terza figura: il malcapitato assalito dai
briganti, il padre della parabola, Abraam, Gesù, Dio. La chiave
di volta di ogni racconto non sta tanto nella presentazione di due
personaggi antitetici, ma nella contrapposizione dei punti di vista.
Questi episodi combinano sottilmente suspense e sorpresa sul filo
dell'intreccio, disponendo dei tre personaggi del triangolo dram-
matico che interagiscono all'interno di ogni pericope in modo del
tutto originale. Il narratore suscita un'attesa che fa immaginare
una soluzione ma, in luogo del superamento prospettato e/o atteso,
Luca sorprende il suo lettore per mezzo di qualcosa d'inaspettato.
L'imprevedibilità smorza la previsione e ogni pretesa di facile com-
prensione della vicenda, offrendo più ampio respiro alla narrazione
e obbligando a riconoscere la novità introdotta dal racconto. La
sorpresa, poi, si pone non solo al livello del racconto ma pure a
livello rivelativo, cioè teologico. In altre parole, il lettore è guidato
a entrare nella logica del regno di Dio e della rivelazione di Gesù
e deve apprendere a valutare la differenza di reazioni, comporta-
menti, pensieri e parole dei personaggi che popolano i racconti. Il
lettore, cioè, deve riconoscere palesi o sottili resistenze al regno di
Dio e alla persona di Gesù. Il terzo evangelista educa cosi il suo
lettore a discernere, lo rende cioè un interprete delle stesse vicende
narrate. A sua volta il lettore, lasciandosi stupire dalle sorprese nar-
rative, conoscendo la caratterizzazione dei personaggi e afferrando
la logica delle parabole, scopre la novità rivelati va e teologica che
i vari episodi intendono trasmettergli. Così egli diviene un lettore
che, passo dopo passo, si allinea al punto di vista di Gesù e fa sua la
logica paradossale del regno di Dio. Le resistenze, le obiezioni, le
aperture, le trasformazioni dei personaggi sono un prisma per com-
prendere non solo come la rivelazione entri nelle pieghe dell'uma-
nità, ma pure come l'umanità le offra la possibilità di dispiegarsi.

Articolazione del racconto


Normalmente è nella cornice che il narratore comunica al letto-
re che cosa deve aspettarsi dal racconto e come lo deve intendere.
All'inizio (cfr. 1,1-4) Luca espone circostanze, metodo e scopo del
INTRODUZIONE 16

suo scritto, mostrando il legame fra l'autore e i destinatari della sua


opera. Il patto di lettura che il narratore propone al suo destinatario
abbraccia non solo il vangelo, ma si estende pure allibro degli Atti.
Non si parla né di Gesù né di Dio; neppure si fa riferimento all'Antico
Testamento: Luca dichiara solo l'intento della sua opera, destinata a
«far riconoscere» la fondatezza della fede cui Teofilo è stato iniziato
(cfr. l ,4). Non c'è il quid (il «che cosa») del racconto, di cui Luca dirà
poi, ma il quomodo (il «come»). In altre parole, il lettore è chiamato
a intraprendere un processo di verifica per constatare di persona
la fondatezza degli insegnamenti ricevuti nella prima catechesi di
base. Il destinatario (chiamato Teofilo) non è una persona digiuna di
cristianesimo, non uno che deve essere iniziato. Il racconto di Luca
intende cioè consolidare la fede dei suoi destinatari.
Andando all'ultimo capitolo del vangelo, all'episodio dei disce-
poli di Emmaus (cfr. 24, 13-35), troviamo l 'altra parte della cornice:
vi sono due discepoli, Cleopa e un anonimo compagno; Gesù cam-
mina con loro ma essi non lo riconoscono. Ascoltando però la sua
parola, i loro cuori sono «infiammati» (24,32) e, allo spezzare del
pane, finalmente i loro occhi si aprono e riconoscono il Risorto (cfr.
24,31 ). Questo è il passaggio richiesto a ogni lettore del vangelo:
dal mancato all'effettivo riconoscimento di Gesù. La cornice dice
che cosa è e come si deve intendere quel racconto. Se la cornice
iniziale insisteva sulla necessità di riconoscere la fondatezza de-
gli insegnamenti cui il destinatario era stato iniziato, quella finale
mostra che tale riconoscimento avviene per mezzo della fede e
riguarda Gesù, il Crocifisso risorto.
Oggi gli studiosi sono sempre più convinti che il vangelo e gli
Atti degli Apostoli siano da leggere insieme, come una sola ope-
ra pensata e scritta dall'evangelista come un'unità. La continuità
dell'opera lucana è narrativa ma pure teologica. Due sono gliele-
menti principali che unificano i tomi: il simbolo geografico e il tema
del viaggio. Al centro del racconto di Luca-Atti v'è Gerusalemme:
è la città della passione, della morte e della risurrezione di Gesù,
ma è pure al cuore della fede d'Israele. Il vangelo si apre proprio
a Gerusalemme (dopo il proemio, la prima scena è nel tempio, cfr.
l ,5-25) e si chiude ancora a Gerusalemme: gli Undici e gli altri,
17 INTRODUZIONE

dopo l'ascensione di Gesù, «ritornarono a Gerusalemme con gioia


grande e stavano sempre nel tempio, benedicendo Dio» (24,52-
53). Luca poi, sovrapponendo il finale del vangelo e l'inizio degli
Atti, comincia il secondo volume proprio a Gerusalemme, narrando
ancora una volta- ma non senza differenze -l'ascensione di Gesù
(At 1,1-11).
Ma v'è pure il tema del viaggio. Il vangelo è dominato dal tema
della salita verso la città santa: a partire da 9,51 Gesù «prese ferma-
mente la strada verso Gerusalemme». Entrato poi nel tempio (cfr.
19,45), vi rimane e la passione, come pure la risurrezione, sono a
Gerusalemme, senza andare in Galilea (come invece avviene nel
vangelo di Matteo). Ne consegue che il vangelo è un grande viag-
gio che parte da Nazaret (luogo iniziale del ministero di Gesù) e
giunge a Gerusalemme. Gli Atti, invece, partono da Gerusalemme
e sono il cammino del vangelo verso gli estremi confini della terra,
secondo l'ordine impartito dal Risorto agli Undici (cfr. At l ,8). Na-
turalmente c'è da chiedersi: come può Roma, il cuore dell'impero,
corrispondere all'«estremità della terra» (At 1,8)? Si tratta di una
contraddizione? Riteniamo che l'ordine del Risorto e il conseguente
compito dei discepoli non si esauriscano nel racconto degli Atti,
la cui narrazione giunge solo fino a Roma. La corsa del vangelo
procede anche oltre e arriva sino al lettore, oggi.
Si è visto come Luca adatti il racconto di Marco, sviluppando
alcuni aspetti biografici assenti nel vangelo più antico. Tenendo
dunque conto sia dell'elemento biografico, come di quello geogra-
fico e de li' importanza di Gerusalemme nell'opera lucana, possiamo
individuare quattro momenti fondamentali nella narrazione:
l, 1-4 Proemio
l ,5-4, 13 Giovanni Battista e Gesù
4, 14-9,50 Ministero di Gesù in Galilea
9,51-19,44 Il cammino verso Gerusalemme
19,45-24,53 Gesù a Gerusalemme
Si nota come Luca situi con molta precisione e coerenza l'attività
pubblica di Gesù in tre scenari ben definiti. L'indizio più chiaro
di quest'ordine geografico è la dichiarazione di 9,51. A partire da
qui inizia una sezione molto più estesa rispetto a Marco e caratte-
INTRODUZIONE 18

ristica del terzo vangelo, quella del cammino verso Gerusalemme


o «grande viaggio» (9 ,51-19,44). Nei capitoli precedenti l'attività
pubblica di Gesù è collocata in Galilea (4,14-9 ,50), con un segnale
d'inizio in 4, 14; dopo l'ingresso nel tempio (19,45), invece, Gesù
non si allontana più dalla città santa (19,45-24,53). L'elemento bio-
grafico appare soprattutto ali 'inizio della narrazione, allorché Luca
racconta l'origine, la nascita e il principio dell'attività di Gesù per
mezzo di un serrato confronto con l'origine, la nascita e l'attività
di Giovanni Battista.
Dopo il proemio (l, 1-4), la prima parte del racconto (l ,5-4, 13) è
tutta giocata su un confronto fra Giovanni il Battista e Gesù (genere
molto amato nel mondo ellenistico, la cosiddetta sjnkrisis o com-
paratio). Luca apre il suo racconto alternando la presentazione di
Giovanni il Battista e quella di Gesù. Sembra che Luca proceda con
un parallelo perfetto: prima l'uno poi l'altro; in realtà l'evangelista
mostra la sproporzione fra i due personaggi, anzitutto dedicando
alcuni episodi solo a Gesù (2,22-40.41-52), per mostrare che l 'uno
è solo il profeta dell'Altissimo, colui che prepara un popolo ben
disposto (cfr. 1,76), mentre l'altro è colui che porta la salvezza; il
bambino deposto nella mangiatoia in realtà è «un salvatore, che è
Messia Signore» (2, 11 ), la luce che porterà la rivelazione di Dio
a tutte le genti (cfr. 2,29-32). Anche gli inizi della loro attività
confermano questa differenza: Giovanni è semplicemente il pre-
cursore (cfr. 3, 1-20), Gesù invece è il Figlio di Dio, come rivelano
il battesimo (3,21-22), la genealogia (3,23-38) e l'episodio delle
tentazioni (4, 1-13).
Occorre sottolineare almeno ancora un aspetto. Il lettore, al
termine di questa parte, conosce tutto a proposito dell'identità di
Gesù: sa che è il Messia (il Cristo), il salvatore, il Signore, il Figlio
di Dio, la luce delle genti. A informare il lettore di tutto ciò sono
stati personaggi singolari: angeli (Gabriele e le schiere celesti),
persone ricolme di Spirito Santo (Elisabetta, Simeone, Anna), la
voce dal cielo e addirittura il diavolo. Il lettore, in certo senso, non
deve scoprire più nulla; ormai conosce tutto dell'essere segreto
di Gesù. La sua domanda dunque non sarà tanto chi è Gesù, ma
come riconoscerlo, unendo il suo essere (ormai dichiarato) e il suo
19 INTRODUZIONE

apparire, verificando la coerenza fra la sua identità e le sue azioni.


Dopo il solenne portale d'ingresso, Luca narra l'attività di Gesù
in Galilea (4, 14-9,50), ritenuta da quasi tutti i commentatori una se-
zione abbastanza omogenea e coerente con Marco, la fonte del terzo
vangelo. Luca fa iniziare il ministero di Gesù a Nazaret (4, 16-30):
l'episodio ha un forte ruolo prospettico. Il programma cristologico
è come sintetizzato nello svolgersi di questo racconto: la proclama-
zione messianica si fonda sulle Scritture, il lieto annuncio ai poveri
prefigura lo stile di Gesù, l'esempio delle azioni profetiche a favore
della vedova di Sarepta e di Naaman il Siro anticipano l'elezione
dei pagani, il rifiuto opposto a Gesù adombra la passione, il suo
congedo rivela che Gesù domina gli avvenimenti. Vi è poi una serie
di episodi molto vari: miracoli, istruzioni per i discepoli, prese di
posizione contro gli oppositori, parole rivolte a tutti. Gesù mostra di
avere autorità sui demoni, perdona i peccati, chiama a conversione,
guarisce i malati, ha potere sulla morte. Ogni episodio apre uno
scorcio sull'identità di Gesù che il lettore conosce bene dalla prima
parte, ma sulla quale s'interrogano il Battista (cfr. 7, 18-23), Erode
(cfr. 9,7-9), gli stessi discepoli (cfr. 9,45). Tutte le manifestazioni
di Gesù sono coerenti con la proclamazione di Nazaret. Gesù ha
dichiarato di essere colui che realizza quelle promesse ma, insieme,
le supera. Indubbiamente compie opere che evocano alla coscienza
d'Israele la presenza del Messia, ma ne fa altre (perdonare i peccati,
comandare alla natura), riservate unicamente a Dio. Insomma, Gesù
mostra di essere il Messia, ma la sua persona sorprende, interroga,
supera di gran lunga le attese.
In 9,51 c'è una forte cesura: inizia il «grande viaggio», la sezione
più singolare del racconto lucano. La notizia del cammino verso
Gerusalemme è ripetuta altre tre volte, scandendo la narrazione
(13,22; 17,11; 19,28). In realtà, nonostante questa insistenza, l'iti-
nerario geografico non è preciso. Pare insomma che Luca abbia
voluto insistere a dire che Gesù sta camminando verso la città
santa, anche se poi non pare muoversi molto; solo al termine (cfr.
18,35; 19,1) vi sono indicazioni che si stia avvicinando a Gerusa-
lemme. Se l'inizio del «grande viaggio» è quasi universalmente
riconosciuto dai commentatori, la chiusura della sezione è molto
INTRODUZIONE 20

discussa. Alcuni pongono la fine del viaggio in 19,44, ma vi sono


pure altre ipotesi interpretative che lasciano la discussione aperta
(si oscilla da 18,14 a 19,48)5• Utilizzando i criteri dell'analisi nar-
rativa, individuiamo una cesura in 19,44, alla fine del racconto del
pianto di Gesù alla vista della città santa. In 19,45, infatti, lo spazio
cambia: Gesù entra nel tempio e il suo cammino è ormai giunto
a destinazione; cambiano pure gli attori: della folla e dei farisei
non si farà più parola, mentre entrano in scena il popolo e i sommi
sacerdoti con gli scribi. Rispetto alla fase precedente, quella del
ministero in Galilea, questa è caratterizzata da una maggiore radi-
calità e complessità. Gesù sta camminando verso Gerusalemme, la
città della passione, della croce e della risurrezione. L'opposizione
alla sua persona cresce in modo esponenziale. Allorché Gesù vede
Gerusalemme, piange (19,41-44): mentre Zaccaria proclamava la
visita di Dio (cfr. l ,68) e la folla entusiasta acclamava: «Dio ha
visitato il suo popolo» (7, 16), la città santa non accoglie la visita
divina in Gesù. La prospettiva è più drammatica: si profilano non
solo l'accoglienza ma pure il rifiuto e la chiusura (cfr. 18, 18-23 ).
Inoltre l 'insegnamento di Gesù si fa più complesso. A prenderlo
alla lettera, senza un minimo d'intelligenza, pare addirittura con-
traddittorio. Come unire, per esempio, l 'immensa bontà del padre
della parabola (15,11-32) e il giudizio severo nei confronti del ricco
epulone ( 16,19-31 )? Il padre va incontro al prodigo, esce verso il
maggiore colmo d'ira, mostra di non avere la mentalità dei due
figli, unicamente legata al dare e all'avere, al denaro e ai meriti
da conteggiare: egli è ben diverso da loro e le sue ragioni, le sue
scelte, il suo modo di agire sono di tutt'altra natura. Fuor di meta-
fora: gli uni (che siano giusti e/o giudei) e gli altri (peccatori e/o
pagani) devono scoprire la novità di un Padre misericordioso ma,
soprattutto, devono abbandonare la loro logica economica (logica
che accomuna il minore e il maggiore), per accogliere quella del

5 Osserva G.C. Bottini, Introduzione all'opera di Luca. Aspetti teologici, Franciscan

Printing Press- Terra Santa, Jerusalem- Milano 2011, 27-28: La fine del "grande viaggio"
«è variamente delimitata a seconda del criterio adottato. Per alcuni si conclude in 18,14
perché in 18,15 Luca riprende a seguire Marco; per altri si conclude in 19,27 o 19,28 oppure
in 19,44 con l'arrivo di Gesù a Gerusalemme; per altri infine il viaggio culmina in 19,45-46
con l'ingresso nel tempio».
21 INTRODUZIONE

Padre, che è tutta improntata alla gratuità e al dono. Se poi però


si considera la parabola del ricco, il tono cambia: per lui è troppo
tardi. L'insensibilità che l'ha caratterizzato in vita non ha più la
possibilità di un riscatto. Ne viene allora il ritratto di un Dio che è
un Giano bifronte, contraddittorio? Certamente no! L'insegnamento
di Gesù è complesso e, solo tenendo insieme tutto, si è autentica-
mente suoi discepoli, lo si segue sulla strada verso Gerusalemme.
La scoperta dell'infinita misericordia di Dio non può che diventare
attenzione ai poveri; diversamente è pura e vuota retorica. Ancora
una volta Gesù è sorprendente e il suo insegnamento ancor di più.
Sorge una domanda: qual è la relazione fra il cammino verso
la città santa (ovverosia la forma, per quanto stereotipata, della
narrazione) e gli insegnamenti ai discepoli, le polemiche con gli
avversari, i dialoghi, le parabole (cioè il contenuto)? Le risposte
che gli esegeti hanno dato sono differenti. Secondo Conzelmann
la costruzione redazionale del viaggio è rivelativa della conce-
zione cristologica di Luca: «La consapevolezza di Gesù del suo
destino di sofferenza viene espressa come viaggio. Intanto, Gesù
è itinerante in luoghi non diversi dai precedenti. È il suo modo di
essere itinerante che è cambiato. Ora egli ha dinanzi a sé la me-
ta, per incamminarsi verso la quale di fatto, secondo 13,33, non
deve imboccare un'altra strada» 6 • Luca non deve rivelare l'iden-
tità messianica di Gesù; l'accento dunque non cade tanto su chi è
Gesù, ma su come si manifesta. Altri autori, invece, prediligono
l'interpretazione ecclesiologica: la presenza di detti e di parabole, i
numerosi insegnamenti e le controversie mostrano la tendenza pare-
netica e didattica, cioè ecclesiologica. Un terzo gruppo di studiosi,
d'altro canto, sottolinea la portata sia cristologica sia ecclesiolo-
gica del «grande viaggio»: «Se Gesù sale alla città del suo destino
secondo quanto è stabilito, prepara i suoi discepoli alla missione
di annunciare e di proclamare il suo messaggio di salvezza dopo
la sua morte e risurrezione sino ai confini della terra (At l ,8). Il
racconto di viaggio diventa pure una collezione di insegnamenti
per la giovane Chiesa missionaria dove l'istruzione dei discepoli
6 Cfr. H. Conzelmann, Il centro del tempo. La teologia di Luca, Piemme, Casale Mon-

ferrato 1996, 72.


INTRODUZIONE 22

segue al dibattito con gli oppositori» 7• Sicché al tema della salita di


Gesù verso Gerusalemme- in realtà salita al Padre- s'aggiunge il
tema della sequela sullo sfondo della salvezza escatologica dona-
ta a Israele e ai pagani. Nel «grande viaggio» le azioni potenti di
Gesù intendono «provocare la discussione e, in tal modo, svelare
le radici profonde del rifiuto, delle resistenze» 8 • In altre parole, la
narrazione del viaggio è la proclamazione del Regno che viene con
Gesù. Perciò il lettore è condotto a entrare nelle vie paradossali di
Gesù, cioè di Dio. Una tale ridda di interpretazioni mostra la grande
ricchezza ma pure la complessità del «grande viaggio». Come una
pietra preziosa dalle molte sfaccettature, così la narrazione lucana
rivela la sua poliedricità: ogni tentativo di definizione ne evidenzia
un aspetto senza esaurirne il significato.
Quando finalmente Gesù arriva a Gerusalemme, entra nel
tempio. Quest'ultima parte del racconto (19,45-24,53) è caratte-
rizzata dall'unità di luogo: tutto avviene nella città santa. Gesù
anzitutto insegna nel tempio (19,45-21,38): si difende dagli attac-
chi a lui rivolti, poi fa un discorso assai complesso, il cosiddetto
«discorso escatologico» (21 ,5-36), il cui tono di speranza è più
accentuato che nei paralleli di Marco e Matteo. Segue la passione
vera e propria (che prende gli interi cc. 22 e 23). Di essa vale la
pena sottolineare solo un aspetto: Gesù è rappresentato come un
profeta sofferente, come il «servo di YHWH» di cui parla Isaia (cfr.
Is 52,13-53,12). Il Messia, cioè, è annoverato fra i peccatori e
intercede a loro favore; è rifiutato dai suoi e diviene colui che li
salva; per coloro che lo uccidono invoca il perdono. V'è una vera
e propria ironia del capovolgimento, cioè una sorpresa narrativa
e teologica. Ne è prova il triplice «Salva te stesso!» rivolto al
Crocifisso: prima sulla bocca dei capi (23,35), poi sulle labbra
dei soldati (23,37), infine come urlo disperato delladrone (23,39).
Capi, soldati e ladrone intendono la salvezza come capacità di
scampare dalla morte onnai imminente: sarebbe la prova incon-

7 J.A. Fitzmyer, The Gospel According to Luke (1-JX): Introduction, Translation, and

Notes, Doubleday, Garden City 1981,826.


8 J.-N. Aletti, L 'arte di raccontare Gesù Cristo. La scrittura narrativa del vangelo di

Luca, Queriniana, Brescia 1991, 99.


23 INTRODUZIONE

futabile della messianicità. Gesù, invece, si dimostra il salvatore


proprio perché non salva se stesso dalla morte. Il buon ladrone
intuisce questo mistero nascosto del Crocifisso: egli riceve sal-
vezza proprio in forza della morte di Gesù.
Infine, l'ultimo capitolo del vangelo è dedicato ai racconti pa-
squali. Luca comprime i tre racconti (le donne al sepolcro, i disce-
poli di Emmaus, l'incontro degli Undici e degli altri col Risorto)
in un unico giorno e li colloca a Gerusalemme. Il vangelo tennina,
così, con Gesù che sale in cielo (cfr. 24,51 ): un modo per dire che
Gesù appartiene onnai al mondo di Dio.
Ma il racconto di Luca non è ancora tenninato perché continua
con gli Atti degli Apostoli. Del secondo tomo offriamo solo due ve-
loci annotazioni. Come già ricordato, anche il libro degli Atti ha un
filo rosso legato alla geografia (cfr. At l ,8): si va da Gerusalemme
a Roma. Dopo l'ascensione (At l, 1-11) la narrazione è ambientata
a Gerusalemme (At 1,12-8,1a), poi si va in Giudea e Samaria (At
8, 11r-11, 18), infine verso i confini della terra (At 11,19-28,31 ). In
questo modo la disposizione del secondo tomo di Luca è specula-
re al primo. L'altra annotazione: il libro degli Atti degli Apostoli
(proprio a partire dal suo nome) può essere inteso come il racconto
delle vicende degli apostoli (Pietro, Stefano, Filippo, Barnaba e,
infine, Paolo). Ciò in parte è vero; in realtà, il grande protagonista
del libro è il Signore risorto, che per mezzo del suo Spirito agisce
negli apostoli. È la corsa della parola del vangelo nel mondo inte-
ro. La parola cresce (cfr. At 6, 7; 12,24; 19,20), si diffonde (cfr. At
13,49). Paolo addirittura si dedica tutto «alla Parola» (At 18,5) e
alla fine del libro annuncia con franchezza e senza impedimento «il
vangelo del Regno» (At 28,31 ), esattamente come Gesù.

LINEE TEOLOGICHE FONDAMENTALI

La teologia di Luca è da leggere fra le righe del vangelo e degli


Atti, disseminata in ogni pagina. Fra le molte dinamiche teologiche
che emergono ne sottolineiamo solo alcune che rivestono una certa
importanza.
INTRODUZIONE 24

La storia della salvezza e l'escatologia


Un contributo fondamentale del XX secolo sull'opera lucana è
quello pubblicato nel 1954 da Conzelmann9• La tesi dell'esegeta
tedesco, a partire da Le 16, 16, è che Luca distinguerebbe tre fasi
nella storia della salvezza: «La Legge e i Profeti fino a Giovanni: da
allora è annunciata la buona notizia del regno di Dio, e ciascuno si
sforza di entrarvi». Fino a Giovanni Battista compreso v'è il tempo
d'Israele, ovvero il tempo della promessa; il Battista, diversamente
da Mt 3,2, non annuncia il Regno ma è un predicatore di giudizio,
come i profeti. Poi, con Gesù, è inaugurato il periodo del Regno
annunciato e manifestato (cfr. Le 4,17-21; 18,31; 22,3 7; 24,25-27);
il tempo di Gesù è, nella visione di Conzelmann, «il centro del
tempo». Segue il tempo della Chiesa, inaugurato dalla venuta dello
Spirito nella Pentecoste (cfr. At 2, 1-13 ). Rifacendosi all'esortazione
del Risorto agli Undici («Non spetta a voi conoscere i tempi o i
momenti»: At 1,7), Conzelmann conclude che lo Spirito «rende
superflua la conoscenza di quando [le cose ultime] accadranno ...
Luca si richiama consapevolmente al fenomeno dello Spirito per
risolvere il problema della parusia» 10 • La soluzione è radicale: si
rinuncia all'imminenza del ritorno del Signore, sostituendola con
un'ampia storia della salvezza in cui lo Spirito è il protagonista. Il
tentativo di Conzelmann non può che essere apprezzato, non fosse
altro per la valorizzazione della redazione lucana e della categoria
della storia della salvezza. Dopo sessant'anni, tuttavia, emerge an-
che qualche limite. La triplice scansione della storia della salvezza
appare troppo rigida: il tempo della Chiesa non può essere separato
nettamente da quello di Gesù, in quanto il protagonista del libro
degli Atti è, ancora una volta, il Cristo risorto. Gli Atti affermano
ripetutamente la continuità fra i due tempi. Fra Gesù e la Chiesa,
l'ascensione- non a caso narrata due volte da Luca (Le 24,50-53;
At l ,6-11) con un effetto di sovrapposizione ma pure con non po-
che differenze- rappresenta un collegamento, non una spaccatura.
Anche la sostituzione dell'attesa escatologica con la Chiesa e la
sua opera missionaria - sostituzione che ha dato vita al concetto
9 Cfr. H. Conzelmann, Il centro del tempo.
IO /vi, )46.
25 INTRODUZIONE

di «protocattolicesimo» - appare essere il tributo che l'esegeta


ha dovuto pagare a una certa teologia protestante. Giocando sulle
parole è possibile dire: più che «il centro del tempo» Gesù è «il
centro dei tempi». Il tempo d'Israele e quello della Chiesa, nella
visione di Luca, non sono tutt'altra cosa rispetto al tempo di Gesù,
ma sono con quello profondamente connessi. Negli Atti Luca ha
inteso proseguire la sua opera, incentrata sulla storia della salvezza
che nel tempo di Gesù ha avuto il suo «oggi» (cfr. Le 2, 11; 4,21;
19,5.9; 23,43) definitivo e che ora, sotto l 'impulso dello Spirito
Santo (lo stesso Spirito del Risorto), si prolunga nella Chiesa e nel
mondo. In altre parole: la considerazione della storia della salvezza
rivela che al centro della teologia lucana sta la cristologia.
Luca indubbiamente è uno storico, ovverosia un narratore che
racconta una serie di vicende ancorate nella trama del suo tempo
(cfr. 2, 1-2; 3, 1-2; 13,31 ). Il suo interesse non è tuttavia solo storio-
grafico, ma pure teologico, in quanto racconta una storia nella quale
interviene Dio. Non è dunque il ritardo della parusia a far scattare
l'attenzione alla storia; egli nutre piuttosto la convinzione che non
esiste salvezza fuori dalla storia. In questo senso Luca è in linea
con la tradizione storiografica dell'Antico Testamento, che narra
una vicenda nella quale Dio stesso interviene a favore d'Israele.

La relazione Chiesa-Israele
Intrecciato col tema della storia della salvezza, v'è il rapporto
fra Israele, la Chiesa e i pagani''· Dietro questa relazione v'è il
problema di individuare un punto di vista che consenta di cogliere
lo scopo e l'unità dei due tomi lucani (vangelo e Atti), senza ca-
dere nella fatale alternativa fra storia e teologia, alternativa che ha
caratterizzato per lunghi anni la letteratura secondaria a proposito
dell'opera «a Teofilo». Il proemio del vangelo rivela sia il carat-
tere storiografico sia la finalità ecclesiale dell'intera opera lucana;
l'evangelista si è posto nel solco di Marco e ne ha condiviso il
presupposto, mostrando l'identità fra il Risorto e il Gesù terreno. La
narrazione di Atti, dal canto suo, non aggiunge molte integrazioni.
11 Cfr. V. Fusco, «Progetto storiografico e progetto teologico nell'opera lucana», in Id.,

Da Paolo a Luca. Studi su Luca-Atti, vol. l, Paideia, Brescia 2000, 15-56.


INTRODUZIONE 26

Dal punto di vista cristologico il racconto è pienamente concluso


con la risurrezione e l'ascensione (cfr. Le 24,50-53), nonostante
quest'ultima sia narrata di nuovo all'inizio del secondo volume
(cfr. A t l ,9-11 ). I discorsi (densissimi dal punto di vista cristologi-
co) non aggiungono nulla a quanto già si conosce a proposito del
kérygma (cioè del nocciolo dell'annuncio cristiano). Anche sotto il
profilo escatologico gli Atti non aggiungono nulla: Paolo annuncia
il Regno (At 28,30-31 ), la parusia è incompiuta come ali 'inizio
del racconto (cfr. At l, 9-11) e alla conclusione del vangelo (cfr.
21 ,25-27). E tuttavia il racconto non è sospeso, in quanto il dialo-
go iniziale (At l ,4-8) prende una chiara posizione circa il ritardo
della parusia.
Proprio il problema del rapporto fra Chiesa, Israele e i pagani ap-
pare essere promettente per interpretare la finalità dell'intera opera
lucana. Nel vangelo ci sono promesse che trovano compimento solo
nel libro degli Atti. Il secondo tomo si chiude con un discorso di
Paolo ai giudei di Roma (cfr. At 28,28). Queste parole sono un'eco
di quanto aveva detto Simeone (2,29-32). La salvezza di Cristo
ha raggiunto tutte le genti: nel momento in cui Paolo è giunto a
Roma, nel cuore dell'impero, il vangelo può diffondersi in tutta la
terra. In altre parole: l'intreccio narrativo non si risolve all'interno
del vangelo, ma solo al termine di Atti, nonostante il cambiamento
dei personaggi. Quanto si realizza è il piano di salvezza di Dio a
favore sia dei giudei sia dei gentili, piano di salvezza che le resi-
stenze umane non possono fermare. Il terzo evangelista, dunque,
non mette sullo stesso piano i suoi due volumi. Il vangelo non è
una pura ricostruzione storica ma la presentazione di un messaggio
ancora attuale, destinato a interpellare il lettore e a illustrargli il
cammino della sequela. Con il libro degli Atti invece Luca fron-
teggia l'accusa della rottura con Israele e quindi di introdurre una
discontinuità nella storia della salvezza.
Come i discepoli sono stati vinti nella loro cecità dal Risorto il
quale ha aperto loro gli occhi per mezzo delle Scritture (cfr. 24, 13-
35), così in Atti Luca non offre solo una cronaca degli avvenimenti
ma la loro interpretazione teologica alla luce delle Scritture. La
chiave ermeneutica che permette di leggere queste esperienze della
27 INTRODUZIONE

Chiesa, rimane sempre la risurrezione di Gesù. I due volumi sono


dunque simmetrici, convergenti verso il medesimo centro: il van-
gelo è proteso verso la Pasqua; negli Atti, invece, la Pasqua aiuta
a decifrare gli eventi successivi.
Ne consegue un importante corollario a proposito dell'identità
cristiana. Da una parte, il terzo evangelista cerca le radici del-
la Chiesa a Gerusalemme, cioè nella continuazione di una storia
della salvezza iniziata con Israele. Dall'altra, questa stessa storia
si apre a quell'universalità di cui Roma rappresenta il quadro di
espansione geografico e politico. V'è dunque continuità con Israele
e, allo stesso tempo, sviluppo verso le nazioni: un doppio binario
che rappresenta da una parte il compimento delle promesse delle
Scritture, dall'altra la risposta alla ricerca religiosa del mondo gre-
co-romano. Tale duplicità non è tuttavia da leggere come punto di
partenza (superato) e come punto di arrivo: una tale interpretazione
indurrebbe alla tesi del sostituzionismo (la Chiesa ha preso il posto
d'Israele nell'economia divina), tesi inaccettabile e non iscritta
nel testo. Luca non esclude, piuttosto ingloba per integrazione: il
cristianesimo unisce il meglio di quanto presenta il giudaismo e
il meglio del paganesimo ellenista. Paolo ripete che la speranza
d'Israele trova la sua legittima realizzazione nella fede in Gesù (cfr.
At 23,6; 26,6-8; 28,20). La promessa di salvezza è offerta a tutti i
popoli proprio nella grande società romana.

Il Gesù di Luca
In che modo Luca presenta il personaggio Gesù? Il racconto
evangelico accumula una serie di dati a proposito di Gesù nella
prima parte (l ,5--4, 13): al termine di quella narrazione il lettore sa
praticamente tutto circa il mistero del Nazareno; poi (4, 14-24,53)
però deve verificarlo 12 • Nella prima parte la presentazione di Gesù
è affidata a varie voci. Il narratore interviene solo quattro volte per
caratterizzare il personaggio. Anzitutto, lo chiama «Messia del Si-
gnore» (2,26): si tratta di una definizione messianica il cui linguag-
gio è intimamente legato ali' Antico Testamento (cfr. l Sam 26,9;
12 Cfr. D. Gerber, «Il vous est né un Sauveur>). La construction du sens sotério/ogique

de la venue de Jésus en Luc-Actes, Labor et Fides, Genève 2008.


INTRODUZIONE 28

2Sam l, 16); non a caso l'espressione è messa in relazione con la


«consolazione d 'Israele» (2,25) e con la salvezza per «tutti i po-
poli» (2,31 ). L'intervento salvifico del Dio d 'Israele per mezzo del
suo consacrato (il «Cristo») è a favore del suo popolo come pure
delle genti. Il narratore sottolinea poi, per mezzo della ripetizione,
la particolare «sapienza» di Gesù (2,40.52): il fanciullo mostrerà
una chiara comprensione della volontà del Padre suo, in vista del
ministero che lo attende. Infine, nella catena genealogica il narra-
tore risale fino a definire Gesù «figlio di Dio» (3,38). Oltre al nar-
ratore vi sono le voci celesti, in primis quella di Gabriele. L'angelo
rivela a Maria la speciale relazione del nascituro con Dio, definendo
Gesù «Figlio dell'Altissimo» (l ,32) e «Figlio di Dio» (l ,35), titoli
che toccano la singolarissima relazione con il divino; gli sarà an-
che dato «il trono di Davi d» (l ,32), segno della sua messianicità.
Ai pastori, poi, l'angelo manifesta la funzione di «salvatore» di
colui che è chiamato «Messia Signore» (2,11): l'accumulo dei tre
termini è davvero eccezionale, ma il lettore non ha elementi per
comprendere il tipo di salvezza che Gesù realizzerà. Infine la voce
dal cielo riconosce in colui che si è sottoposto al battesimo il «figlio,
l'amato» (3,22), colui sul quale discende lo Spirito Santo (3,22).
Nel racconto vi sono anche alcune voci umane. La prima è quella
di Elisabetta: l'espressione «mio Signore» (l ,43) per designare il
figlio nel grembo di Maria è ambigua (cfr. nota). È invece Zacca-
ria, «ricolmo di Spirito Santo» (l ,67) a caratterizzare colui che poi
sarà identificato con Gesù: per mezzo delle metafore del «como di
salvezza>> (l ,69, cfr. nota) e dell' «astro che sorge dall'alto» (l, 78)
si introduce il tema della manifestazione potente di Dio in favore
degli uomini, cioè la sua visita (cfr. l ,68. 78) a scopo salvifico. Si-
meone poi si riferisce esplicitamente alla «salvezza>> (2,30) offerta
da Dio nella persona di Gesù. Infine, il Battista parla di uno «più
forte di me» (3, 16), espressione del tutto aperta, ma che permette al
lettore di istituire un confronto fra Giovanni e Gesù; inoltre il rife-
rimento allo «Spirito Santo e fuoco» (3, 16) invita a vedere in colui
che deve venire un temibile Messia caratterizzato come giudice.
Anche se non è un personaggio umano, tuttavia bisogna ricordare
pure il diavolo, che durante le tentazioni insiste sull'identità di
29 INTRODUZIONE

Gesù come «Figlio di Dio» {4,3.9), L'ultima voce è quella dello


stesso Gesù che, in risposta alla domanda di Maria, rimanda a un
legame speciale con colui che chiama «Padre mio» (2,49) e alla cui
obbedienza («devo») si sottomette. Al termine della prima parte il
lettore ha accumulato una notevole serie di dati inerenti l'identità di
Gesù (è il Messia, è il Figlio di Dio, è il salvatore), ma dal seguito
del racconto attende di verificare ciò di cui è stato informato.
Per mezzo dello scarto fra la storia raccontata e la costruzione
del racconto il lettore può assolvere al suo compito. Nella seconda
parte {4,14-9,50) la questione dell'identità di Gesù è un motivo
dominante. Emerge anzitutto la tipologia profetica: Gesù è rappre-
sentato coi tratti di Elia {4,25): come il profeta aveva ridato vita
al figlio della vedova di Sarepta (cfr. IRe 17,17-24), così Gesù
restituisce redivivo alla madre il figlio unico che era morto (7, 11-
17). Il riconoscimento di Gesù come «grande profeta» (7, 16) è una
tappa importante nella scoperta progressiva della sua identità: per
essere accolto come Messia, Gesù deve apparire come colui tramite
il quale si sono compiute tutte le promesse di salvezza di Dio al
suo popolo. La domanda di Erode (9,7-9) funge da transizione:
ricapitola l'intera traiettoria seguita alle voci di Gesù «profeta» e
introduce l'iniziativa di interrogare i discepoli. A domanda {9,18)
i discepoli rispondono e la loro parola conferma l'identità profe-
tica di Gesù da tutti riconosciuta. L'effetto sorpresa è creato dalla
seconda domanda e dalla risposta di Pietro: «il Messia di Dio»
(9,20). L'una e l'altra hanno la funzione d'introdurre nel racconto
l'annuncio del destino del Messia {9,22). Mentre la figura del pro-
feta era iscritta nella tradizione, la figura del Messia sofferente si
rivela essere una radicale novità. Se i discepoli non dovranno dire
niente a nessuno (9,21 ), dovranno però ascoltare e credere a quanto
dice loro Gesù, come pure a quanto dirà la voce dalla nube durante
la trasfigurazione: «Questi è il mio Figlio, l'eletto, ascoltatelo»
(9,35). Con questi episodi termina la ricerca dell'identità di Gesù.
Riconosciuto da tutti come profeta e messia dagli apostoli, deve
ora iniziare il suo cammino verso la città santa. Il lettore, tuttavia,
non può non chiedersi come si articoleranno l'identità profetica e
quella messianica; non solo, ma pure come la componente regale
INTRODUZIONE 30

della messianicità, rivelata dal Gabriele a Maria (1,32-33), potrà


coesistere con la figura di un Messia sofferente.
Nella parte del «grande viaggio» (9,51-19,44) Gesù è anzi-
tutto presentato secondo la tipologia del profeta rifiutato. Per
raccontare che il crocifisso è esattamente il Messia promesso a
Israele, per iscrivere questo avvenimento tragico dentro la con-
tinuità della rivelazione attestata dalla Scrittura e riconosceme
così il senso, Luca è ricorso non solo alla tipologia del profeta
accolto e riconosciuto (4,22; 5,1-9,21), ma pure alla tipologia
del profeta rifiutato (4,28-29; 9,22-19,27), affidando a diverse
voci narrative (quella del narratore, ma pure quella del protago-
nista) la sua presentazione. Tracciando l'itinerario profetico di
Gesù il terzo evangelista può, passo dopo passo, dare contenuto
all'identità del Messia sofferente; per mezzo del dittico (profeta
accolto e poi rifiutato), giocato sulla tipologia, Luca fornisce al
lettore una chiave di lettura per comprendere la morte in croce.
A questa prima grande tipologia Luca ne affianca una seconda,
quella regale: il Messia sofferente è il discendente di David. Non a
caso mentre Gesù si avvicina a Gerusalemme, la figura del profeta
lascia spazio a quella del re.
Dopo tanta insistenza sulle due tipologie, si comprende la spe-
cificità del racconto della passione (cc. 22-23) dove, a differenza
di Marco e Matteo, tutti i personaggi riconoscono implicitamente
o esplicitamente l 'innocenza di Gesù e, contestualmente, la propria
colpevolezza: così è per le donne (23,27), per il «buon ladrone»
(23,41 ), per il centurione (23,4 7) e per gli astanti che si battono
il petto (23,48). La tipologia è a servizio del riconoscimento: il
Crocifisso è al contempo l 'innocente profeta perseguitato e il re
che accoglie il buon ladrone nel suo Regno.
Il capitolo finale insiste sul tema della necessità (dei, «bisogna-
va», «era necessario»). Prima in bocca agli angeli che citano le
parole di Gesù (24, 7), poi nelle parole stesse del viandante ai disce-
poli di Emmaus (24,26), infine nel discorso agli Undici (24,44): per
ben tre volte s'insiste sulla necessità della passione e della morte di
croce. Ecco la sorpresa: la morte di croce non è stata un incidente
brillantemente superato, ma è parte del piano salvifico di Dio. Nel
31 INTRODUZIONE

prisma della Pasqua i discepoli comprendono Gesù alla luce delle


Scritture, ma anche le Scritture alla luce di Gesù. La tipologia
profetica e regale li ha condotti alle soglie del riconoscimento che
il Risorto ormai dispiega all'interno del più ampio quadro della
storia della salvezza.

Ricchezza e povertà
L'evangelista Luca è attento alla dimensione etica della fede.
La sequela di Gesù chiede una radicale trasformazione dell'esi-
stenza: si comprendono dunque i frequenti appelli alla conver-
sione (3,3.8; 5,32; 15, 7.1 0). L'esigenza di una trasformazione
della mentalità è strettamente connessa alla relazione con Gesù
e al suo insegnamento. In particolare v'è un tema che attraversa
l'intero racconto in modo singolare: l'uso delle ricchezze. Sul filo
della narrazione il terzo evangelista fa molti riferimenti a povertà
e ricchezza. Si inizia con la dichiarazione del Magnificai: «Ha
ricolmato di beni gli affamati e gli arricchiti ha rimandato a mani
vuote» (l ,53), si continua con la citazione di Isaia fatta propria da
Gesù di «annunciare la buona notizia ai poveri» (4, 18), si passa
poi alle beatitudini e ai guai (6,20-26) e a un discorso interamente
dedicato al tema del possesso dei beni (12, 13-34); l'insegnamento
si precisa (16,9-13) anche per mezzo della parabola di Lazzaro
e del ricco (16,19-31); l'incontro con l'uomo ricco (18,18-30)
è sotto il segno dal fallimento, mentre l'incontro con Zaccheo
( 19,1-1 O) diventa paradigmatico; infine, la vedova che offre due
spiccioli è additata come esemplare (21, 1-4).
Da questi passi molto differenti (si passa dall'inno, all'insegna-
mento, alla parabola, ecc.) emergono alcune dinamiche. La prima
è la logica del capovolgimento nella sua forma bipolare: il poten-
te conoscerà l'abbassamento, mentre l'umile sarà innalzato. Tale
contrapposizione emerge nel Magnificai, ritorna nelle beatitudini e
nei guai, è ripresa nelle sentenze a proposito del perdere e salvare
la propria vita (9,24; 17,33), nell'antitesi fra «essere innalzato»
ed «essere umiliato» (14,11; 18,14), nella parabola di Lazzaro e
del ricco, nella contrapposizione fra «essere servito» e «servire»
(22,24-27). Tale logica attinge la sua ispirazione nella tradizione
INTRODUZIONE 32

apocalittica, interamente dominata dall'idea di un grande capovol-


gimento finale nel quale i potenti saranno annientati, gli empi puniti
e gli umili esaltati. Luca fa suo questo linguaggio che guarda la
storia a partire dal suo compimento, quando Dio pronuncerà una
sentenza inappellabile di giudizio e di verità sulla storia umana:
poveri e ricchi conosceranno dunque, per volontà di Dio, una sorte
contraria al loro destino umano. Ma v'è una seconda dinamica;
Luca illustra il potere negativo della ricchezza: essa non è intrin-
secamente malvagia; ad essere problematico è l'atteggiamento del
cuore umano nei suoi confronti, come mostrano efficacemente le
parabole (12,16-21; 16,19-31) e l'incontro con l'uomo ricco. In
positivo, come si realizza la salvezza del ricco? La risposta è data
attraverso l'episodio di Zaccheo. Il ricco si salva non tanto alienan-
do ciò che possiede, quanto più usando rettamente dei suoi beni e
assumendo un atteggiamento di condivisione.
V'è una figura reale e, al contempo simbolica e paradigmati-
ca, prediletta da Luca: il banchetto dove è presente Gesù. Il terzo
evangelista descrive il banchetto come il luogo dove Gesù insegna,
analogamente al simposio greco, il cui modello più alto è il Simpo-
sio di Platone. Luca racconta di banchetti in cui Gesù impartisce
il suo insegnamento (5,27-32; 14,1-24; 22,14-30) ma narra pure
parabole di banchetti: l'invito al grande banchetto (14,15-24), la
posizione dei servi e del padrone ( 17,7-8), la ricompensa ai servi
(12,37). Il simposio greco era un'occasione d'incontro di una élite
di intellettuali per discutere di argomenti filosofici. Il banchetto
lucano è differente: intervengono non solo gli intellettuali ma tutti,
soprattutto i poveri; l'insegnamento poi non si discosta dalle scelte
dello stesso Gesù che, per mezzo del suo esempio, opera un ve-
ro e proprio capovolgimento dei ruoli. Anche le regole farisaiche
legate alla purità vengono sovvertite da Gesù. Il banchetto, cioè,
rappresenta in miniatura la comunità cristiana dove tutti sono chia-
mati: giusti e peccatori, poveri e ricchi, ebrei e pagani. I ruoli sono
capovolti, i ricchi sono invitati a condividere, l'invitato deve porsi
ali 'ultimo posto. È la logica del regno di Dio annunciata da Gesù,
ribadita nell'ultima cena (22,24-27) e raccontata nei sommari degli
Atti (cfr. At 2,42-48; 4,32-35).
33 INTRODUZIONE

AUTORE, DATAZIONE E DESTINATARI

Autore
Per individuare il profilo dell'autore del terzo vangelo percor-
riamo due itinerari: il primo è il cosiddetto «autore implicito»,
ovverosia l'identikit che emerge dall'opera stessa; il secondo per-
corso è quello di porsi in ascolto di alcune testimonianze della
tradizione. Quali sono i tratti con cui l'autore si presenta nella sua
opera? L'autore del vangelo spunta solo nel proemio (cfr. l ,3) e il
suo nome è ignoto. Nel proemio si rifà alla tradizione dei «testi-
moni oculari» (l ,2) del ministero di Gesù, cui egli non appartiene;
è quindi un cristiano della seconda o della terza generazione. Si
tratta di un uomo colto, che conosce molto bene la Settanta, come
pure la letteratura greca, sia quella alta come quella popolare. Si
destreggia bene nell'utilizzo delle tecniche letterarie ellenistiche.
Non è di origine palestinese, anche se forse ha visitato il paese,
almeno Gerusalemme e le città della costa mediterranea. Pensa in
greco ma ha una certa abitudine a sentire termini e nomi stranieri,
sa destreggiarsi con le misure e le monete greche e romane. Ha una
limitata conoscenza sia della religione greco-romana sia di quella
giudaica, ha un'avversione per alcune pratiche pagane, mentre è
pratico delle regole dell'esegesi giudaica. Molto probabilmente
è un cristiano di origine pagana che però, prima di aderire alla
fede cristiana, era un timorato di Dio (ovverosia un simpatizzante
attratto dal giudaismo). Luca si destreggia bene anche nella selva
della burocrazia romana e conosce le figure pubbliche dell'epoca,
in particolare gli imperatori.
Quali sono i tratti che emergono dalla tradizione? Il nome Lou-
kds è un diminutivo greco di un nome latino (forse Lucius). Luca
è nominato tre volte nel Nuovo Testamento , come compagno di
Paolo. Nella lettera ai Colossesi si legge: «Vi salutano Luca, il
caro medico, eDema» (4,14). Luca appartiene al gruppo di quelli
che, insieme a Paolo, porgono il saluto anche nel breve scritto a
Filemone: «Ti saluta Epafra, mio compagno di prigionia per Cristo
Gesù, con Marco, Aristarco, Dema, Luca, miei collaboratori» (23-
24). Le lettere ai Colossesi e a Filemone sono in stretto rapporto
INTRODUZIONE 34

fra loro, perché inviate a Colosse e portate da Onesimo, schiavo di


Filemone. Infine, nel momento in cui Paolo lamenta di essere stato
abbandonato da tutti, Luca fa eccezione: «Dema mi ha abbando-
nato, essendosi innamorato del mondo presente, ed è partito per
Tessalonica; Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. Solo
Luca è con me» (2Tm 4, l 0-11 ). Luca è dunque presentato come
un medico 13 (cioè una persona colta), amato e fedele collaboratore
di Paolo. Inoltre, nonostante la cosa sia discussa, non pochi autori
ricordano le cosiddette «sezioni noi» degli Atti (16, 10-17; 20,5-
15; 21,1-18; 27,1-28,16), nelle quali i fatti sono narrati in prima
persona plurale: ne verrebbe che Luca ha accompagnato Paolo nel
secondo e nel terzo viaggio missionario.
Anche la tradizione ecclesiale antica ricorda Luca. Due docu-
menti spiccano per importanza. Il primo è la testimonianza del
Canone Muratoriano: «Terzo è il vangelo secondo Luca. Luca,
il ben noto medico, dopo l'ascensione di Cristo, quando Paolo lo
prese con sé come compagno del suo cammino, scrisse a suo nome
fondandosi su voci (ex opinione); tuttavia non vide il Signore nella
carne ma allo stesso modo, poiché era abile ad accertare i fatti, poté
narrare la storia dalla nascita di Giovanni» (linee 2-8). Il secondo è
il Prologo cosiddetto «antimarcionita», del II secolo, che afferma:
«Luca, siro di Antiochia, di arte medico, è divenuto discepolo degli
apostoli; alla fine, avendo seguito Paolo fino al suo martirio, avendo
servito il Signore senza distrazione, non sposato, senza figli, morì
in Beozia all'età di ottantaquattro [o settantaquattro] anni, pieno
di Spirito Santo».
L'origine antiochena è confermata anche da Eusebio di Cesa-
13 Nell882 Hobart pubblicava un'opera consacrata al linguaggio medico di Luca (cfr.

W.K. Hobart, The Medica/ Language ofSt. Luke. A Prooffrom Interna/ Evidence That «the
Gospel According to St. Luke>> and «the Acts of the Apostles» Were Written by the Some
Person, and That the Writer Was a Medica/ Man, Hodges Figgis - Longmans Green, Dub-
lin - London 1882). Lo studioso irlandese analizzava con acribia il vocabolario lucano e lo
poneva a confronto con le opere classiche della medicina antica (lppocrate, Areteo e Galeno),
concludendo che Luca era medico. La ricerca è stata radicalmente contestata da Cadbury;
egli ha mostrato che il supposto linguaggio medico di Luca è utilizzato pure dalla Settanta,
da Giuseppe Flavio, Luciano e Plutarco, autori che non sono certamente medici. Afferma:
«Lo stile di Luca non ha maggiori elementi che tradiscano una formazione e un interesse
per la medicina di quanto non abbiano altri scrittori non medici» (H.J. Cadbury, The Sty/e
and Literary Method of Luke, Harvard University, Cambridge 1920, 50).
35 INTRODUZIONE

rea (cfr. Storia della Chiesa 3,4,6) e da Girolamo (cfr. Gli uomini
illustri 7). A quanto si conosce dai passi neotestamentari, questi
documenti aggiungono che Luca era d'origine siriana e che scrisse
la sua opera in Grecia dove poi morì.
I dati tradizionali e quelli che emergono dall'opera lucana vedo-
no coerenze e contraddizioni. Che Luca fosse una persona colta è
evidente; che fosse stato un compagno storico (almeno saltuario)
di Paolo è più difficile da dimostrare 14; che sia siriano di Antiochia
e sia morto in Grecia non è possibile provarlo, ma ciò non è in
contraddizione con la sua opera.

Data e luogo di composizione


La tradizione ecclesiale ha indicato la Grecia come luogo
della composizione del vangelo. Gli studiosi hanno pensato ad
Antiochia, Efeso, Corinto e, addirittura, Roma (punto di arrivo
del racconto degli Atti); tuttavia non ci sono argomenti probanti
per confermare queste ipotesi: bisogna ammettere che fino a
oggi non abbiamo elementi per sapere dove il vangelo sia sta-
to scritto. È da escludere la Palestina, in quanto Luca ha una
conoscenza abbastanza sommaria della geografia locale (cfr.
4,44; 17,11; 24, 13). Di più non si può affermare. Intorno alla
data di composizione la discussione è ampia e coinvolge anche
la datazione .di Marco, se s' ipotizza che Luca conosca il più
antico vangelo e da lui dipenda. Alcuni autori vorrebbero porre
la composizione prima del 70, altri dopo. Crediamo che i riferi-
menti alla distruzione di Gerusalemme (cfr. 19,43-44; 21,20-24)
non possano essere sottovalutati, sicché è molto probabile che
il terzo evangelista abbia composto il primo volume della sua
opera intorno ali'S0-85.

14 A proposito delle «sezioni noi» affenna Marguerat: «[S]ostengo che l'identificazione

dell'!ÌilE1ç collettivo con l"'io" di Le l non è appropriato, per tre ragioni: l) l"'io" autoriale
non è equiparabile a un "noi" narrativo; 2) l"'io" di Le 1,1 è extradiegetico, mentre il "noi"
delle sezioni è attribuito a un personaggio (collettivo) del racconto, il gruppo dei compagni
di Paolo, dunque intradiegetico; 3) diversamente dal l'"io" del proemio, che domina dali' alto
la storia raccontata, il "noi" non si rivolge direttamente al lettore e rimane interno alla storia
raccontata» (D. Marguerat, La prima storia del cristianesimo. Gli Atti degli apostoli, San
Paolo, Cinisello Balsamo [MI] 2002, 36).
INTRODUZIONE 36

Destinatari
La critica è abbastanza unanime nell'identificare l'uditorio lu-
cano in un gruppo di cristiani provenienti dalla gentilità, ovverosia
in membri delle Chiese del Mediterraneo orientale. Ma Luca punta
anche a guadagnarsi un ampio uditorio nell'ambiente ellenistico.
A questo scopo il terzo evangelista, pur dipendendo da Marco,
sua fonte, ritocca alcuni dettagli che nel più antico vangelo sono
fortemente legati all'ambiente palestinese: il tetto verosimilmente
di frasche (cfr. Mc 2,4) diventa un tetto con le tegole (cfr. Le 5, 19);
i termini in ebraico o aramaico sono grecizzati: Rhabbi (Mc 9,5)
diventa epistata, ossia «Maestro» (Le 9,33); Talithà kum (Mc 5,41)
sparisce e lascia spazio a un semplice «Fanciulla, alzati» (Le 8,54).
Valorizzando il fatto che la duplice opera di Luca è indirizzata a
Teofilo (cfr. Le l ,3; At l, l) e che il movimento spaziale del vangelo
è una salita a Gerusalemme, mentre gli Atti si dirigono a Roma,
Kilgallen ha proposto di cogliere qui un segnale indicativo dei
destinatarP 5• In altre parole, l'evangelista offrirebbe una spiega-
zione di come la parola di salvezza di Dio ha raggiunto Teofilo, un
membro della comunità di Roma. Il destinatario dell'opera lucana
comprenderebbe così, nel luogo dove risiede, qual è stato il cam-
mino della Parola che l'ha raggiunto. Tale ipotesi è indubbiamente
suggestiva. D'altro canto occorre ricordare che l'ordine del Risorto
di giungere «fino ali 'estremità della terra» (At l ,8) non trova il suo
compimento nel racconto del secondo tomo di Luca: l'annuncio
della salvezza giunge a Roma, il centro dell'Impero. In altre parole,
il racconto di Luca-Atti è un solo segmento della più ampia corsa
della Parola che raggiunge il lettore.

TESTO E TRASMISSIONE DEL TESTO

Il testimone più antico del vangelo di Luca è un papiro (classifi-


cato con la sigla SJ)4), circa dell'anno 200, conservato a Parigi presso
la Biblioteca Nazionale (Supplementi Greci 1120) e contenente

15 Cfr. J.J. Kilgallen, «Luke Wrote to Rome: A Suggestion», Biblica 88 (2007) 251-255.
37 INTRODUZIONE

alcune pericopi dei primi sei capitoli. Della fine del II o dell'inizio
del III secolo è il papiro Bodmer XIV (IP' 5), prima conservato a
Ginevra, ma dal 2007 presso la Biblioteca Vaticana, contenente
quasi per intero i capitoli 3-24 del vangelo: è in ottime condizio-
ni e la calligrafia maiuscola dello scriba è leggibilissima. Del III
secolo vi sono anche altri due importanti papiri: il papiro Chester
Beatty I (IP45 ), conservato a Dublino presso la Biblioteca Chester
Beatty e contenente ampi frammenti dai capitoli 6-14; il papi-
ro di Oxyrhynchus XXIV (IP69), conservato a Oxford nel Museo
Ashmolean e contenente alcuni versetti del capitolo 22. Circa le
pergamene scritte con caratteri maiuscoli (o onciali), la più antica
(intorno al 300) è conservata a Firenze presso la Biblioteca Lau-
renziana e contiene alcuni versetti del capitolo 22; è catalogata tra
i Papiri della Società Italiana (2.124) e classificata tra i manoscritti
del N uovo Testamento con la sigla Ol 71.
L'intero vangelo è però attestato dai grandi codici onciali (ov-
verosia scritti con caratteri maiuscoli) del IV e del V secolo. Il più
prestigioso è indubbiamente il codice Vaticano (B), uno dei più
importanti manoscritti della Biblioteca Vaticana. Martin i, confron-
tando il papiro Bodmer XIV e il codice Vaticano, ha dimostrato
che «[i]l testo di Le del codice B è sostanzialmente quello esistente
all'inizio del secolo III in Bodmer XIV, e le diversità vanno attribui-
te a motivi casuali in entrambi o a qualche sporadico fatto editoriale
che non ha operato in maniera sistematica». Aggiunge poi: «[T]utto
fa pensare che l'ascendenza comune [del papiro e del codice] è da
riportare più indietro nel tempo, senza che sia possibile precisame
l'antichità. Si può tuttavia ritenere che essa ascenda almeno ad
alcuni decenni prima del tempo di IP' 5 , il che ci porta a collocare
l'archetipo IP'5-B non più tardi della fine del secolo 11» 16 • In altre
parole, il codice Vaticano (B), pur essendo del IV secolo, custodisce
un tipo testuale della fine del II secolo, non ancora influenzato dai
lavori critici di Origene, né dalle concezioni teologiche della Chiesa
del III-IV secolo e, dunque, non molto lontano dal testo originale.
Significativo è il codice Sinaitico (N), del IV secolo, conservato
16 C.M. Martini, Il problema della recensionalità del codice B alla luce del papiro

Bodmer XIV, Pontificio Istituto Biblico, Roma 1966, 149.


INTRODUZIONE 38

alla British Library di Londra, dove v'è pure il codice Alessan-


drino (A), del V secolo; degno di nota è anche il codice di Efrem
riscritto (C), del V secolo, conservato a Parigi presso la Biblioteca
Nazionale (in quest'ultimo il testo di Luca ha parecchie lacune).
Singolarissimo appare invece il codice di Beza (D), bilingue
greco-latino del V secolo, conservato alla Biblioteca universitaria
di Cambridge, uno dei più importanti testimoni del cosiddetto «te-
sto occidentale». Le varianti di questo codice sono numerose e il
testo degli Atti è di un nono più lungo degli altri onciali. Spesso i
manoscritti della cosiddetta Vetus Latina17 e il codice siriaco Cu-
retoniano (syc) 18 testimoniano il «testo occidentale».

17 Il tennine indica un insieme di traduzioni in latino della Bibbia sorte in epoca prece-

dente alla Vulgata di Girolamo.


18 Il codice, risalente al V secolo, prende il nome dal suo scopritore W. Cureton ed è

conservato alla British Library di Londra.


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KATAAOYKAN

Secondo Luca
LUCA 1,1 44

1nEpÌ -rwv
1 'EnEl~~m:pnoÀÀoÌ ÈnEXElPTJOCXV àva:-ra~a:cr8a:1 ~l~YTJOlV
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2 Ka:8wç na:pÉ~ocra:v ~~iv oi àn' àpxfjç a:ù-r6n-ra:1 Ka:Ì ÙnTJpÉ-ra:t

yEv6~Evot-roO Àoyou, 3 l~o~Ev Kà~oì na:pTJKOÀou8TJK6n


avw9EV néicrtv <ÌKpl~Wç KCX9E$fiç 001 ypa\f'a:l, Kpancr-rE
9E6c:ptÀE, 4 \va: Èmyvq>ç nEpì wv KCX't"TJX~9TJç Àoywv -r~v
àcrc:paÀElCXV.
1,1 Comporre (&.vat~cu)- Verbo molto re compiuto»: gli avvenimenti costituiscono
raro; suggerisce l'idea di <<allineare», «enu- qualcosa di compiuto e di realizzato, qualcosa
merare», «riprodurre»: si sottolinea che i da conoscere; non v'è alcun riferimento alla
componimenti precedenti erano semplici logica della promessa e del compimento.
raccolte. Fra noi (Èv tÌIJ.'Lv)- Luca stesso, Teofilo e il
Narrazione (lhtfrJ<nç) -Il termine non in- lettore del vangelo.
dica nessun genere letterario specifico; può 1,2 Testimoni oculari ... ministri (u&t6trtUL ...
rappresentare l'opera storiografica (cfr. Lu- ÙlTTlpÉtuL) - I testimoni oculari sono coloro
ciano, Come si deve scrivere la storia 55: che hanno visto Gesù (cfr. At l 0,36-41 ), i
«Il rimanente corpo dell'opera storica è una ministri invece coloro che hanno annuncia-
lunga narrazione»), il racconto (cfr. Elio Te- to Cristo dopo la Pasqua (cfr. At 10,42-43).
one, Esercizi preparatori 78: «Il racconto è Per Luca è importante non tanto che coloro
un discorso che espone fatti accaduti o come che hanno trasmesso gli eventi della storia di
se fossero accaduti»), la ricerca medica (cfr. Gesù ne siano stati testimoni oculari (anche
le opere di Ippocrate e Galeno). altri lo sono stati), ma che questi testimoni
Si sono compiuti (trf1TÀ1JPOij>Op11i.J.fVwv)- Il siano divenuti predicatori, cioè che si siano
verbo ha tre significati. A proposito di cose e posti al servizio dell'annuncio.
persone: «riempire completamente» (cfr. Qo Della Parola (tou À6you)- Il termine usato
8, Il; 2Tm 4,5); quando si tratta dell'animo, il in senso assoluto (con l'articolo) indica l'an-
verbo al passivo significa: <<essere pienamente nuncio cristiano nella sua interezza (cfr. At
convinto» (cfr. Rm 4,21 ); a proposito della 4,4.29; 8,4; 10,36; ecc.).
volontà: <<essere soddisfatto», «mostrarsi 1,3 È parso bene anche a me ("EOOI;Ev K&.i.J.o()-
compiaciuto». Qui va inteso nel primo signifi- Alcuni testimoni della Vetus Latina leggono:
cato e ha il senso di «essere riempito» o <<esse- <<È parso bene a me e allo Spirito Santo» (cfr.

PROEMIO (1,1-4)
Il terzo vangelo si apre con una proposizione nella quale Luca espone le circostan-
ze, il contenuto, le fonti, il metodo, la dedica e lo scopo del suo scritto, mostrando
pure il legame fra l'autore e i destinatari dell'opera. Stile e vocabolario sono unici
rispetto al racconto evangelico; evocano i proemi classici (cfr. Erodoto, Tucidide, Po-
li bio) ed ellenistici (cfr. Giuseppe Flavio, Guerra giudaica l ,6 § 17: «Poiché anche
molti giudei prima di me hanno narrato con accuratezza la storia degli antenati ... »).
Nel proemio v'è il patto di lettura fra autore e destinatario che si estende non solo
al vangelo ma abbraccia pure il libro degli Atti: l'opera di Luca è destinata a far rico-
noscere a Teofilo la fondatezza della fede cui è stato iniziato (cfr. 1,4). Come già nei
proemi dell'antichità, cosi anche Luca fa riferimento ad altri che hanno tentato una si-
mile impresa, senza però nominare nessuno. Che cosa Luca abbia conosciuto (Marco,
la cosiddetta fonte Q, altri documenti) è questione ancora ampiamente dibattuta (cfr.
Introduzione). L'affermazione di Luca non si ferma allivello storico; c'è una chiara
finalità teologica, tutta tesa a garantire l'affidabilità della sua opera per fortificare la
fede dei suoi lettori. Sullo sfondo sta probabilmente la difficile situazione dei cristiani
45 LUCA1,4

1 1Poiché
molti posero mano a comporre una narrazione degli
avvenimenti che si sono compiuti fra noi, 2come ce li hanno
trasmessi coloro che fin dal principio furono testimoni oculari
e divennero ministri della Parola, 3è parso bene anche a me,
avendo seguito tutto dall'inizio in modo accurato, di scrivere a te
con ordine, illustre Teofilo, 4perché tu riconosca la solidità delle
parole intorno alle quali sei stato istruito.

At 15,28). Si fa esplicita menzione all'ispi- rio di Luca (cfr. At l, l), né se fosse cristiano, pa-
razione, cioè al fatto che l'autore scrive un gano o <<timorato di Dio» (cioè un pagano molto
testo che è parola di Dio. È però una glossa vicino all'esperien2ll religiosa ebraica); nemme-
(cioè un'aggiunta) posteriore. no si può escludere che il nome sia simbolico
Avendo seguito (trapTJCoÀ.Ou6TJcon)- Normal- («l'amico di Dio»), cioè che sia l'immagine di
mente il verbo ha senso di «seguire»; meno ogni lettore desideroso di verificare e comple-
sicuro quello di <<ricercare», <<investigare»; tare le proprie infonnazioni su Gesù; è possibile
quando però è costnùto col dativo della cosa, pure che Teofilo sia il mecenate dell'opera.
non indica un'indagine supplementare ma è 1,4 Riconosca (hlyvC\)ç)- Cioè: «compren-
da intendere nel senso di <<appoggiarsi» (a da a fondm>; il verbo ha pure la sfumatura
una cosa o a una esposizione), «seguire at- della decisione e del giudizio.
tentamente», «seguire con la mente», «avere Solidità (ào4MXJ..n11v)- Posto in posizione en-
completa familiarità con una questione>>. fatica, il vocabolo ha la connotazione della
Con ordine (KilEit~f)c;)- L'avverbio (cfr. Le «sicurezza», dell'affidabilità: l'accento cade
8,l;At3,24; 11,4; 18,23)indical'ordinecro- sulla qualità letteraria e retorica de li' opera,
nologico. Vedervi piuttosto la progressione caratterizzata dali' assenza di contraddizioni
logica e di significati, come fanno alcuni e da un'argomentazione certa e sicura inte-
interpreti, è sovradeterminame il significato. ramente a vantaggio del lettore.
lllustre (KplinotE) - Titolo onorifico degli Sei stato istruito (KiltTJX~Elrlc;) - Il verbo si-
alti funzionari (termine usato solo da Luca: gnifica «disporre di informazioni» (cfr. At
cfr. At 23,26; 24,3; 26,2.5). 21,21.24) e «istruire», cioè «offiire un'istru-
Teofi/o (E>Eocj>~J..E) - Nome molto comune zione cristiana» (cfr. Rm 2,18; ICor 14,19;
all'epoca (può essere giudeo o pagano). Non Gal6,6). Qui pare prevalere il secondo senso.
conosciamo la condizione sociale del destinata- + 1,1-4 Testo affine: At 1,1
nel tardo periodo apostolico: essi non conoscono più nessuno di coloro che hanno
incontrato Gesù; per questo Luca fa riferimento alla tradizione che lo precede. Ma il
suo racconto, se è in continuità con quella tradizione (al punto che l'autore tace anche
il proprio nome, quasi a sottolineare che si pone all'interno di quel flusso), tuttavia se
ne distingue, cosicché da un lato è intrecciato con l'annuncio cristiano fondamentale (il
kérygma: Gesù è morto ed è risorto), dali' altro lo configura proprio come narrazione.
Luca, uomo di Chiesa, assicurando la trasmissione della tradizione per mezzo di un
racconto, compie un duplice cammino: uno all'indietro, per approfondire l'affidabilità
di ciò che ha ricevuto; l'altro in avanti, per rifondare la memoria di Gesù, rileggendo
la tradizione all'interno della propria contemporaneità. Luca poi non intende per
niente separare la storia e la sua interpretazione, quasi che le due cose siano distinte.
A questo proposito è singolare che l'evangelista parli di coloro che furono testimoni
oculari e sono diventati ministri della Parola, quasi a dire: molti sono stati i testimoni
di quegli eventi ma solo alcuni, aderendo alla fede comune, sono divenuti annunciatori
(è la medesima logica di At 1,21-22). La testimonianza è dunque un fatto teologico
profondamente intrecciato con gli stessi eventi storici.
LUCA 1,5 46

5'EyÉvero Èv rate; ~~patc; 'Hp<f>&>U ~amMwc; n;c; 'Iou&xiac; iEpeUc;


ne; òv6J.Lan zaxap\ac; €ç Èq>l'JJ.LEP\ac; ~~W, KCrl yuv~ aòr<f> ÈK rwv
9uyarépwv ~apwv KaÌ t'Ò OvO}la aòn;c; 'EÀlCJ(X~Et'. 6 ~crav oè: OtKaWl
<Ì}.lcport:pot Èvavnov t'OU 9t:o0, 7tOpEUOJ.lEVOl Èv mxcrmç raiç Èvt'OÀaiç
KaÌ Ot~}lamv roO Kupiou ~mot. 7 KaÌ oÙK ~v aòrotç rooov,

1,5 Nei giorni di Erode (fv taiç n~ÉpaLç 469) fino al4 a.C., sicché l'indicazione cro-
'Hp~u)- Erode ricevette l'incarico di re- nologica di Luca è assai vaga Egli estendeva
gnare da Marco Antonio e dal senato romano il suo dominio sull'intem regione e non solo
nel40 a C. ma iniziò a esercitare la sua autori- sulla Giudea (qui forse la parte sta per il tutto).
tà solo dal 37 (cfr. Giuseppe Flavio, Antichità Zaccaria (Zaxap(aç) - Il nome significa
giudaiche 14,14,4-S §§ 383-386; 14,16,1 § «Dio si ricorda>>, ma Luca non lo esplicita.

GIOVANNI IL BATTISTA E GESÙ (1,5-4,13)


Il terzo evangelista dedica la prima parte della sua narrazione a presentare il suo per-
sonaggio principale, di cui non ha fatto parola nel proemio. Egli, tuttavia. non si limita
a introdurre la persona del Nazareno, ma compie l'operazione istituendo un continuo
confronto fra Gesù e Giovanni il Battista, secondo il gusto del tempo che prediligeva la
comparazione (in greco sfnkrisis). Con una continua alternanza di spazi e di personaggi,
Luca mette in campo Giovanni e Gesù, prima bambini, poi adulti. D racconto presenta
tre paralleli: anzitutto, l'annuncio della nascita di Giovanni e di Gesù, cui fa seguito
l'incontro delle due madri (cfr. l ,5-56); la narrazione della nascita. della circoncisione
e della crescita di Giovanni e di Gesù (cfr. 1,57-2,52); le attività del Battista onnai
adulto cui segue il battesimo, la genealogia e le tentazioni di Gesù adulto (cfr. 3, 1-4, 13).
Il primo parallelo (cfr. 1,5-56) è interamente giocato sulla differenza fra l'identità
dei due bambini, ma pure sulla reazione umana alla rivelazione di Dio. Giovanni è
solo un precursore, colui che preparerà «al Signore un popolo ben disposto» (l, 17};
Gesù invece è il Messia ed è «il Figlio di Dio» (1,35}. Zaccaria. il sacerdote, cui l'an-
gelo Gabriele appare, non crede alla promessa divina. ricordando la situazione sua
e della moglie e chiedendo elementi concreti per riconoscere la verità della parola
proveniente dall'alto; invece Maria. la giovane ragazza di Nazaret, crede all'annun-
cio di Gabriele. L'intervento di Dio nella storia guida gli uomini a salvezza: è quanto
canta Maria nel Magnificai (cfr. 1,46-55) dopo l'incontro con Elisabetta. Visitata
dalla vergine, la madre di Giovanni riconosce sia la potente azione di Dio, sia la
fede di Maria: dimensione teologica e antropologica s'intrecciano armoniosamente.
Il secondo parallelo (cfr. l ,57-2,52) continua il confronto fra Giovanni e Gesù. La
nascita del precursore è una festa per tutti: l'anzianità della madre che lo ha generato, il
mutismo del padre, il suo stesso nome sono segni che Giovanni non sarà un bambino
qualsiasi. La nascita di Gesù è molto diversa: si tratta di un bambino come tutti, avvolto
in fasce e deposto in una mangiatoia; in realtà gli angeli si manifestano ai pastori e
annunciano che egli è il «salvatore, che è Cristo Signore» (2, Il), prima di intonare
il loro inno, il Gloria (cfr. 2, 14). Alla nascita e alla circoncisione del Battista segue il
cantico di Zaccaria. il Benedicoo (cfr. l ,68-79): esso rappresenta una pausa d'arresto
47 LUCA 1,7

'Nei giorni di Erode re della Giudea c'era un sacerdote di nome


Zaccaria della classe di Abia; la moglie era discendente di Aronne
e il suo nome era Elisabetta. 6Entrambi erano giusti davanti a Dio,
osservavano irreprensibili tutti i comandamenti e le prescrizioni
del Signore, 'ma non avevano figli, perché Elisabetta era sterile

Discendente di Aronne (ÉK twv 9uy!XtÉpwv ta all'osservanza scrupolosa di tutti i precetti


'A!Xp(Aiv)- Alla lettera: «tra le figlie di Aron- della Legge mosaica.
ne». Il nome Elisabetta significa «Dio ha giu- Osservavano (110pHlOj.IEVO~) - Alla lettera:
rato», oppure «il mio Dio è pienezza>>. Ancora «camminanti»; il cammino indica il compor-
una volta Luca non ne esplicita il significato. tamento secondo la Legge (cfr. Es 15,26; Dt
1,6 Giusti (cSLKU~o~) -La giustizia qui è lega- 4,40; Salll9,1), cioè l'obbedienza a Dio.

nella narrazione ma, insieme, fornisce la chiave interpretativa per scoprire il senso
degli avvenimenti. Intriso di riferimenti anticotestamentari, l'inno invita a situarsi in
una storia più ampia che, a partire da Abraam e passando per David, si apre al futuro:
nello sviluppo di questa vicenda si manifesta il piano salvifico di Dio. Come Zaccaria
è «ricolmo di Spirito Santo» ( 1,67), cosi anche Simeone è «mosso dallo Spirito» (2,27)
e pronuncia il suo inno, il Nunc dimittis (cfr. 2,29-32): non solo Gesù è il salvatore
del suo popolo Israele, ma è pure la luce che porterà la rivelazione di Dio a tutte le
genti, cioè ai pagani. L'apice narrativo e teologico è l'episodio di Gesù dodicenne al
tempio (cfr. 2,41-52): per la prima volta Gesù prende la parola e interpreta il proprio
comportamento (e se stesso) come segno del compimento della promessa di Dio. Egli
rivela così la coerenza fra chi egli è e che cosa egli fa.
Il terzo parallelo (3,1-4,13) vede il confronto fra Giovanni Battista e Gesù onnai
adulti. Alla presentazione dell'attività del Battista (cfr. 3,1-20), segue un trittico ri-
guardante Gesù: il battesimo (cfr. 3,21-22), la genealogia (cfr. 3,23-38) e, infine, le
tentazioni (cfr. 4, 1-13). Le promesse proclamate da Gabriele si sono compiute: il Bat-
tista dimostra di essere il «profeta dell'Altissimo» (l,76). Gesù invece si manifesta per
quello che è, il «Figlio di Dio» (l ,35). Intorno alla sua identità trova unità il trittico a lui
dedicato: la voce celeste al battesimo dichiara: «Tu sei mio figlio» (3,22), la genealogia
risale di figlio in figlio sino al «figlio di Dio» (3,38}, infine il tentatore apostrofa Gesù
chiamandolo «Figlio di Dio» (4,3.9}, eco della dichiarazione battesimale.
Nella narrazione degli inizi Luca differenzia sempre più le due figure, mo-
strando la superiorità di Gesù su Giovanni Battista. Tale superiorità va pure al di
là delle promesse evocate per mezzo del linguaggio lirico-orante degli inni: Gesù
infatti non è solo il Messia, ma pure il Figlio di Dio; la salvezza che egli porterà
raggiungerà non solo i figli d'Israele ma anche tutti i figli di Adamo (la genealogia
di Luca risale proprio sino ad Adamo e quindi a Dio).

1,5-25 L'annuncio a Zaccaria


La struttura del brano è concentrica: A. Situazione iniziale: Zaccaria ed Eli-
sabetta sono giusti, ma senza figli (vv. 5-7); B. Avvio del racconto: Zaccaria nel
LUCA 1,8 48

m96n ~v ~ 'EÀtcra~E-r o-cEipa, mì IÌJl<pO-rEpotnpo~E~YJKO-rEc; tv -raic;


~}Jépatc; <XÙ'tWV ~oav. 8 'EyÉvE'tO ÒÈ: ÈV 't<f> ÌEpa'tEVElV <XÙ'tÒV ÈV 'tfj -ra~El
'tfjc; ècpYJJ.!Eptac; aù'tou Évavn -rou 9Eou, 9 K<l'tà -rò f9oc; 'tfjc; iEpa-rdac;
fÀ<IXEV 'tOU 9u}ltcXa<ll EioEÀ9wv Eiç 'tÒV V<IÒV 'tOU KUptOU, 10 K<IÌ miv 'tÒ
JtÀfj9oc; ~V 'tOU Àaou npooEtJXOJlEVOV Ef,w 'tfj W~ 'tOU 9u}lta}la-roc;.
11 wcp9YJ ÒÈ: <XÙ't<f> ayyEÀoç Kup{ou É:o-cwc; èK Ò~tWV 'tOU 9uot<IO"'CYJptou

-rou 9uJltO:Jla-roc;. 12 K<IÌ hap<lxSYJ zaxap{ac; iòWv K<IÌ cpo~oc; tnÉm:oev


, ' , , 13 ,. ~J. ' , òv ' " "'l
E1t <lU'tOV. ElJtEV ue Jtpo<; <lU't O ayy~~·
l'V"

Jl~ cpo~ou, zaxap{a,


Òton EÌOYJKOUo9YJ ~ ÒÉYJot<; oou,
Kaì ~ yuv~ oou 'EÀtoa~E-r yevv~oEt uiov oot
Kaì KaÀÉoEtc; -rò ovoJla aù-rou 'IwavvYJv.

1,8 Svolgeva le sue funzioni (w tljì l.fpatfliE=w) Santuario- Luca distingue fra va6ç (il «san-
- Zaccaria è incaricato del servizio nel tem- tuario» al cui cuore c'era il Santo dei Santi) e
pio, una funzione che occupava ogni classe l.fp6v, tennine che indica l'intero edificio del
di sacerdoti (ce n'erano ventiquattro in tutto) «tempio» costituito dal santuario e da una
due volte, una settimana all'anno, da un sabato serie di cortili e di portici (cfr. 2,27.37.46;
all'altro, con una serie di compiti precisi asse- 24,53).
gnati estraendo a sorte. Il servizio che tocca 1,10 Tuna la moltitudine ('rriiv tò rrlf)lloç)- Ti-
a Zaccaria, l'offerta dell'incenso, em partico- pica espressione lucana(cfr. 8,37; 19,37; 23,1).
larmente prestigioso, in quanto pennetteva di Del fXJfXJio {toiì ÀaOU) -In Luca Àa6c; indica
avvicinarsi al luogo più sacro del tempio, il l'intero popolo d'Israele, destinatario delle
Santo dei Santi, nel quale poteva entrare solo promesse di Dio.
il sommo sacerdote. Nell'ora dell'offerta (tfl ~ tou ~~~toç)
1,9 Offrire l'incenso {toiì ~liùxu)- Secon- -I paralleli di Dn 9,21e At 3,1 indicano l'om
do Es 30,7-8 l'incenso doveva essere offerto nona, cioè le tre del pomeriggio.
mattina e sem (cfr. Mishnà, Tamid 5,2-6,3). 1,11 Gli apparve- La forma verbale Wcjle,

tempio e popolo fuori (vv. 8-1 O); C. Racconto centrale (vv. 11-20); B'. Conclu-
sione del racconto: popolo in attesa, Zaccaria a casa (vv. 21-23); A'. Situazione
finale: Elisabetta concepisce (vv. 24-25). Anche il racconto centrale (C) ha una
struttura concentrica: a) apparizione dell'angelo (v. 11), b) reazione di timore di
Zaccaria (v. 12), c) messaggio (vv. 13-17), b') reazione di Zaccaria (v. 18), a')
risposta finale dell'angelo (vv. 19-20). Una simile costruzione mostra che al cuore
della narrazione c'è il messaggio dell'angelo, nel quale viene descritta la figura e
la missione del Battista. Il genere letterario è quello dell'aMuncio di nascita (cfr.
Gen 15,1-4; Gdc 13,1-7). Tutto si svolge nel tempio di Gerusalemme, il simbolo
stesso del giudaismo; i protagonisti sono tipici rappresentanti della pietà ebraica.
L 'intervento di Dio. Se al centro della narrazione (elemento C) v'è la futura mis-
sione del nascituro, Luca abbonda nei particolari descrivendo Zaccaria ed Elisabetta
(elemento A): la loro appartenenza a famiglie sacerdotali, la loro irreprensibilità quanto
alla Legge e la loro età. Tutto intende porre in luce il paradosso fra la loro pietà giudaica
49 LUCAI,I3

ed entrambi erano avanti negli anni. 8Mentre egli svolgeva le sue


funzioni davanti a Dio nel turno della sua classe, 9secondo l'usanza
del servizio sacerdotale, gli toccò in sorte di entrare nel santuario
del Signore per offiire l'incenso, 10mentre tutta la moltitudine del
popolo era fuori a pregare, nell'ora dell'offerta dell'incenso. 11 Gli
apparve un angelo del Signore, che stava alla destra dell'altare
dell'incenso; 12 al vederlo Zaccaria fu turbato e fu preso da timore.
13 Gli disse allora l'angelo:

«Non temere, Zaccaria,


la tua supplica è stata esaudita;
tua moglie Elisabetta partorirà un figlio
e lo chiamerai Giovanni.

(terza persona singolare dell'indicativo ao- airrov) - Alla lettera «una paura piombò su di
risto passivo di òpciw, «vedere») indica le lui» (allusioneaDn 10,7 eTb 12,16): tipica re-
apparizioni e le epifanie divine (cfr., p. es., azione umana di fronte a1l' epifania del mondo
Gen 12,7; 17,1; 18,1;26,24;Lc24,34;At2,3; celeste (cfr. Gdc 6,22; 13,6.22).
7,2.26.30.35; 9,17; 13,31; 16,9; 26,16). 1,13 È stataesaudita(Etm,Kofuan)- Dio ascol-
Un angelo del Signore (uyyEl~ Kup(ou)- ta le preghiere dei pii e dei giusti (cfr. 2Re 20,5;
Gli angeli erano pensati come annunciatori 2Cr 6,19-21; 2Mac 1,8; Sal 6,10; 27,6 LXX
e rappresentanti di Dio (cfr. Es 3,2; Gdc [1M 28,6]; 39,2 LXX [1M 40,2]; 65,19 LXX
6, 12; 13,3 ). Nel post-esilio si sviluppa [1M 66,19]).
un'angelologia che fa di loro esseri perso- Partorirà unfiglio (yewfpH ui.Ov)- La formu-
nali intermedi. I farisei accettavano questa la allude a Gen 17,19 LXX (llipplx ~ yuvt1 oou
credenza ma non i sadducei (cfr. At 23,8). t~Et!XL ooL uì.Ov, «Sara, tua moglie, ti partorirà
Qui l'angelo porta una parola che ha carat· un figlio»).
tere epifanico. Giovanni ('Iwavvnv) - Etimologicamente:
1,12 Fu preso da timore (cjl6!3oc; ~TifTIEOEV ~n· «Dio fa grazia»; Luca non lo esplicita.

e la mancanza di figli, cioè l'assenza del segno della benedizione di Dio, aggravato
pure dall'anzianità. L'apparizione e il messaggio dell'angelo colmano proprio tale
mancanza, annunciando l'intervento di Dio nella vita di Zaccaria ed Elisabetta, che si
concretizza con la nascita di Giovanni. Al tennine del racconto (elemento A'), dwtque,
l'anziana donna concepisce, cosi che la mancanza è scomparsa. Tuttavia l'intervento
di Dio, benché sia conosciuto solo da Zaccaria (che uscendo dal santuario è muto e
quindi non può parlare) e dal lettore (messo a parte dal narratore di tutto quanto acca-
de), è pure testimoniato da tutto il popolo (elementi B e B'), il quale prima sta fuori dal
santuario (v. IO), poi è in attesa ed è meravigliato per l'indugio del sacerdote (v. 21).
In altre parole, benché nesswto dei presenti sappia che cosa sia successo a Zaccaria,
tutti riconoscono che v'è stato un intervento di Dio, il quale avviene proprio nel luogo
più sacro per il giudaismo, cioè il tempio.
Una tessitura di allusioni. Il messaggero annuncia che Dio intende realizzare
qualcosa di straordinario: la nascita di un figlio per Elisabetta e Zaccaria si pre-
LUCA 1,14 50

14 KaÌ EO't'at xapa O'Ol KaÌ àyaÀÀiaot<;


KaÌ ltOÀÀOÌ ÈnÌ t'ft YEVÉO'El aÒt'OO xap~O'OVt'at.
15 Eot'at yàp }lÉyaç €vwmov [ ToO] Kupiou,
1" ' , , ' ,
t
Kal OlVOV Kal CJlKEpa OV f.l1'/ mn,
Kaì nvEU}laToç àyiou nÀlloe~oETat
En ÈK KolÀiaç }lllTPÒ<; avToO,
16 Kaì noÀÀoùç Twv uiwv 'Iopa~À €moTpÉlJ'Et

ÈnÌ KUptov t'ÒV eeòv aÒt'WV.


17 KaÌ aÒTÒ<; npoEÀEUO'Et'at ÈVwmov aVt'OO

ÈV ltVEU}lan KaÌ ~UVa}lEl 'HÀ{ou,


ÈmoTpÉlJ'at Kap~iaç naTÉpwv ÈnÌ TÉKva
KaÌ à:net9Eiç Èv cppov~oEt ~tKaiwv,
Ét'Ot}laoat Kupi<p Àaòv KaTEoKEuaO'}lÉvov.
18 KaÌ EÌltEV Zaxapiaç npòç t'ÒV lfyyEÀDV' Kat'à n VVWoO}lat t'Ofuo; Èyw

yap EÌ}ll1tpEo-J3~ç KaÌ ~ yuv~ }lOU npoj3e~11KUUx ÈV Taiç ~}lÉpatç aim;ç.

1,14 Gioia ed esultanza (x.upa ... Kat -I nazirei (consacrati al Signore) non pote-
aya.U.(runc;)- È annunziata la reazione wnana vano bere vino o bevande inebrianti, non si
per la nascita del bambino. La formula rioorda tagliavano i capelli e non potevano toccare
1b 13,15; Sal95,11-l2 LXX [fM 96,ll-12]. i cadaveri (cfr. Nm 6,2-8; Gdc 16,17; lSam
1,15 Davanti al Signore (~vwtTLov (toii) l, Il). Qui si esplicita solo la prima carat-
Kuplou) - L'articolo toii è attestato in teristica, comune pure ai sacerdoti allorché
manoscritti importanti (fra cui il codice entravano nel tempio (cfr. Lv 10,9).
Vaticano [B)) e omesso da altri (fra cui il Rico/mo di Spirito Santo (TTVE=U.Wtoc; èty(ou
codice Sinaitico [K]). Da qui l'incertezza TTÀTJ09~oEtu~)- Sono evocati personaggi
degli editori, segnalata dall'uso delle pa- dell' AT cosi caratterizzati: Giuseppe (cfr.
rentesi quadre. Gen 41,38), Mosè (cfr. Nm 11,17), i giu-
Non berrà ... inebriante (otvov ... oli 11~ TTL\1) dici (cfr. Gdc 3,10; 6,34; 11,29), Sansone

senta come promessa sorprendente. Ma l'angelo interpreta pure il senso di quella


nascita, affermando che il bambino sarà un precursore, prima che si manifesti la
salvezza escatologica di Dio. Il discorso deH'angelo, mentre tratteggia l'identità
e la missione del nascituro (superando di gran lunga l'attesa di Zaccaria), è una
tessitura di allusioni che fanno eco all'intera Scrittura. La sterilità di Elisabetta
ricorda quella di Sara (cfr. Gen 11,30; 16,1), di Rebecca (cfr. Gen 25,21), di Ra-
chele (cfr. Gen 29,31; 30, l), della moglie di Manoach (cfr. Gdc 13,2), di Anna
(cfr. l Sam l ,2). La nascita di un figlio da una donna sterile e anziana ricorda la
nascita di Isacco (cfr. Gen 17,19); l'imposizione del nome da parte di Dio (cfr. ls
7,14; IRe 13,2) segnala l'importanza del personaggio e ricorda ancora una volta
la vicenda di Isacco (cfr. Gen 16,11); l'astinenza da vino e da bevanda fermentata
(cfr. Nm 6,3) evoca il nazireato di Sansone (cfr. Gdc 13,4) e di Samuele (cfr. lSam
51 LUCA 1,18

14 Avrai gioia ed esultanza,


e molti si rallegreranno per la sua nascita.
15 lnfatti sarà grande davanti al Signore;

non berrà vino né bevanda inebriante,


sarà ricolmo di Spirito Santo
fin dal grembo di sua madre
16e ricondurrà molti figli d'Israele

al Signore loro Dio;


17egli camminerà al suo cospetto

con lo spirito e la potenza di Elia


per ricondurre i cuori dei padri verso i figli
e i ribelli alla saggezza dei giusti,
per preparare al Signore un popolo ben disposto».
18Zaccaria disse all'angelo: «In base a che cosa posso conoscere

questo? lo, infatti, sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni».

(cfr. Gdc 14,6.19; 15,14), Saul (cfr. lSarn passo sono possibili diverse interpretazioni:
10,6.10; ll,6), David (cfr. lSam 16,13), i a) i padri sono identificati coi giusti e i figli
profeti (cfr. Is 42,1; 61,1; Ez 11,5; 37,9; Os coi ribelli; b) i padri sono i ribelli e i figli
9,7; Gl3,1; Mi 3,8; Zc 1,6; 7,12). giusti. Forse, però, il riferimento non è tanto
Dal grembo (ÉK KOLÀI.a~)- Motivo che evoca alle relazioni familiari, quanto alla relazione
la vocazione profetica (cfr. ls 44,2.24; 49,1; con Dio: i ribelli indicano il rifiuto d'Israele
Ger 1,5). di obbedire a Dio, mentre i giusti il oontrario.
1,17 Con lo spirito e la potenza (tv TM~tL 1,18 In base a che cosa (K~ttò: t(}- Zacca-
KIÙ liuvliJ,IEL)- Tennini che Luca ama unire ria richiede qualcosa (d) in forza del quale
(cfr. Le 1,35; 4,14). (K~tta) poter avere la certezza (yvwaoiJ.IlL)
Per ricondurre ... alla saggezza dei giusti che un evento del tutto improbabile potrà
(ÉrrLatpÉijl~tL ... Év ljlpovi)CH liLK~t(wv)- Del effettivamente realizzarsi.

1,11); l'essere ricolmo di Spirito Santo richiama la vocazione profetica (cfr. Is


49, l; Ger l ,5 ); il compito di camminare davanti al Signore come nuovo Elia ricor-
da la profezia di Malachia (cfr. MI 3, l), mentre la missione della riconciliazione
allude ancora a Elia (cfr. Ml3,23 e Sir 48,10). Un simile mosaico di allusioni e
riferimenti alla Scrittura presenta la funzione profetica di Giovanni; insieme però
mostra che Dio continua ad agire come ha sempre agito nella storia.
La fede di Zaccaria e quella di Abraam. Zaccaria ed Elisabetta, anziani e
senza figli (cfr. vv. 5-7), ricordano Abraam e Sara (cfr. Gen 18,11). Allorché il
sacerdote risponde all'angelo (v. 18), egli intende ricercare gli elementi in base ai
quali potrà riconoscere con sicurezza la verità di quanto gli è stato annunciato. La
domanda non manca di fine ironia, in quanto, pur echeggiando le parole di Abra-
arn: «Signore mio, in base a che cosa posso conoscere che erediterò [la terra]?»
LUCA 1,19 52

19 KaÌ <ÌTtOKpt9fÌç Ò ayye.Àoç f.inf.V atrr<f}· ÈyW djJl fa~pl~À Ò


napEOt'TJKWç èvwmov t'OU 9e.o0 KaÌ ànEot'aÀT)V ÀaÀfjoatnpÒç
oÈ KaÌ €Ùayye:À{oao9a{ OOl t'aUt'a· 2°KaÌ ÌÒOÙ EOTl OlWTtWV KaÌ
J.l~ ÒUVaJJEVOç ÀaÀfjoat axpt ~ç ~J.lépaç yévT)t'al t'aUt'a, àv9' WV
OÙK È1tlOt'€UOaç t'Oiç Àoymç J.lOU, Olt'lVEç 1tÀTJpW9~00Vt'al f.Ìç t'ÒV
KatpÒv aÙt'WV. 21 KaÌ ~V Ò ÀaÒç npooÒOKWV t'ÒV Zaxap{av KaÌ
è9auJJa~ov èv t'q) xpovi~e.w èv t'q) va<f) aùt'6v. 22 è~e.À9wv ÒÈ oùK
èòuvat'o ÀaÀfjoat aùt'oiç, Kaì ènéyvwoav on
ònt'amav ÈwpaKEV
èv t'q) va<f)· Kaì aùt'òç ~v òtave.uwv aùt'oiç Kaì òtéJ.lEVEV Kwcp6ç.
23 KaÌ èyéVEt'O wç ÈnÀ~o9T)oav ai ~jJépal t'fjç À€lt'Oupy{aç aÙt'OU,

ànfjÀ9€V dç t'ÒV OtKOV aÙt'OU. 24 Me:t'à ÒÈ t'aUt'aç t'àç ~jJépaç


ouvéÀa~EV 'EÀtoa~Et' ~ yuv~ aùt'oO Kaì ne.ptéKpu~e.v Èau~v
J.lfjvaç névt'e: Myouoa 25 on
out'wç J.lOtne:noiTJKEV KUptoç èv
~J.lépatç alç ène:iòEV àcpe:Àf.iv ove.tò6ç JJOU èv àv9pwnmç.

1,19 Io sono Gabriele (fyw El~L rappLI}l..)- Annunciarti questa buona notizia
L'angelo è lo stesso che si era rivelato a Da- (eixxyyùtaaaElat aoL tafrra)- Luca predilige il
niele, anche se non nel tempio (cfr. Dn 8, 16; verbo (dieci occorrenze) mentre non usa mai
9,21). Con Michele (cfr. Dn 10,13; 12,1) e il sostantivo e\xxyyÉÀLov (il verbo è utilizzato
Rafael (cfr. Tb 3, 17) è uno dei tre angeli che per un annuncio di nascita da Giuseppe Flavio,
neli' AT hanno un nome (l Enok 20 parla di Antichità giudaiche 5,8,1 § 277; 5,8,3 § 282);
sette «arcangeli» o «angeli del trono»). 1,20 Si compiranno (n.l..npw9naovtaL)- Il

(Gen 15,8 LXX), ha un senso totalmente diverso; di Abraam, infatti, si diceva che
«credette al Signore» (Gen 15,6). Benché, dunque il sacerdote abbia in bocca le
parole del patriarca, tuttavia il suo punto di vista è ben differente. La promessa
ascoltata dall'angelo non gli basta: questa gli chiede di guardare al di là della
concreta situazione sua e della moglie. Zaccaria, cioè, pur conoscendo la Scrittura
(e sapendo che la promessa di Dio si compie), in realtà non crede. Nella replica
(vv. 19-20) il messaggero celeste ribadisce l'autorità dellocutore (che finalmente
si presenta essere l'angelo Gabriele) e l'origine divina del suo lieto annuncio. Per
questa ragione, nonostante e al di là del dubbio di Zaccaria, la promessa di Dio
si compirà. Gabriele poi ricorda al sacerdote la necessità della fede (quella che
Abraam aveva e Zaccaria non ha). Il silenzio che colpisce il sacerdote durerà fino
al compimento della promessa: a parlare non sarà Zaccaria, saranno i fatti stessi.
Inizia il compimento. Nel momento in cui il sacerdote esce dal santuario alla
presenza della moltitudine, colui che cercava un segno diventa ironicamente egli
stesso un segno. L'azione di Dio inizia a compiersi. Il lettore è in una posizione
53 LUCA 1,26

19 L'angelo gli rispose: «lo sono Gabriele che sto alla presenza
di Dio; sono stato inviato per parlarti e annunciarti questa
buona notizia. 20 Ed ecco: sarai muto e incapace di parlare fino
al giorno in cui avverranno queste cose, proprio perché non
hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo».
21 11 popolo stava in attesa di Zaccaria e si meravigliava

per il suo indugiare nel santuario; 22 quando poi uscì e non


poteva parlare loro, compresero che aveva avuto una visione
nel santuario. Faceva loro dei cenni ma rimaneva muto.
23 Terminati i giorni del suo servizio, ritornò a casa sua.
24 0opo quei giorni, Elisabetta sua moglie concepì e si tenne

nascosta per cinque mesi dicendo: 25 «Così ha operato per


me il Signore nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia
vergogna fra gli uomini!».

26 Nel sesto mese l'angelo Gabriele fu mandato

verbo esprime l'efficacia che le parole di ÈTTÀ.~o9T)Oav)- Letteralmente: <<e avvenne


Gabriele avranno (cfr. 4,21; 24,44), nono- che terminati i giorni». Luca spesso utilizza
stante la ritrosia di Zaccaria. la solenne formula Kal ~yt\vet'o che mutua
A loro tempo (etc; t'Òv Klnpòv aùn;iv) - Il dalla Settanta.
tennine KUlpOc; indica il <<tempo opportuno» 1,26 Nel sesto mese (~v OÈ t(\i llT}Vl t(\i EKtct~)
fissato da Dio. -Luca data l'annuncio a Maria riferendosi
1,23 Terminati i giorni (Kat ~yt\vEt'o wc; alla gravidanza di Elisabetta.

privilegiata rispetto al popolo: egli sa che il silenzio di Zaccaria è dovuto all'as-


senza di fede, mentre la gente - in mancanza di altri elementi -ritiene semplice-
mente che egli abbia avuto una visione. La gravidanza di Elisabetta è il secondo
segno del compimento della promessa. La donna non commenta il mutismo del
marito; interpreta l'attesa di un figlio come un segno dell'intervento di Dio che
ha cancellato la sua vergogna. Le sue parole ricordano quelle di un'altra donna
sterile, Rachele, che alla nascita di Giuseppe dichiarava: «Dio ha tolto il mio
disonore» (Gen 30,23). Pur tuttavia si nasconde per cinque mesi. La cosa è assai
singolare, ma ha una funzione narrativa e prepara il seguente episodio: nessuno
sa della sua attesa, cosicché all'anziana donna apparirà chiaro (cfr. 1,42-45) che
Maria ha appreso della sua gravidanza da una rivelazione celeste.

1,26-38 L'annuncio a Maria


Dopo un'introduzione nella quale si offrono le coordinate spazio-temporali
e dove sono presentati i personaggi (vv. 26-27), l'angelo giunge presso la
LUCA 1,27 54

ànò -rou eeou Eiç ltOÀlV -rfjç faÀlÀaiaç OVO}la Na~apÈ9 n


27 npòç nap9Évov È}lVl'JO''t"ElJ}lÉVl'JV àv~pì <f> OVO}la 'IwO'JÌcp È~

oiKov ~avì~ Kaì -rò ovo}la -rfjç nap9Évov Mapux}l. 28 Kaì EicreÀ9wv
' 'av't"l')v
npoç 'T -
emev· xatpe, 'r
Kexapt-rW}lEVl'J, '
o Kvptoç }lE-ra'crov.
-

Da Dio (à~rò toiì 9Eoiì)- Complemento circa un anno; in un secondo tempo era
di moto da luogo: l'angelo Gabriele è introdotta nella casa del marito e iniziava
inviato «da parte di Dio»; alcuni codici la convivenza (nissu 'in).
hanno imò toiì 9Eoiì cioè un complemento Della casa di David (E~ OLKOU ~auUi) -
d'agente. Espressione stereotipata (cfr. l Re 12, 19;
Nazaret (Na.(ap~G) - Luca definisce il vil- 2Cr 23,3), che ricorda l'appartenenza alla
laggio di Nazaret una «città>> (~rélu;), come discendenza davidica.
fa anche per altri luoghi (cfr. 7,11 ), riflet- Maria (Mapux11) - La ricerca del signifi-
tendo molto probabilmente una tradizione cato etimologico del nome ha conosciuto
cristiana. un'ampia fioritura. Nell'antichità erano
1,27 Vergine promessa sposa (upG~vo.; sostanzialmente tre i sensi ad esso attri-
fiLV'lCtEUIL€v'l) - Una ragazza che, pur buiti: «colei che illumina il mare» (da cui
essendo già ufficialmente fidanzata con poi il titolo stella maris), «mare amaro»,
un uomo, non ha ancora avuto alcuna re- «signora». L'interpretazione più plausibile
lazione sessuale con lui. Sullo sfondo vi rimane quella che spiega il nome come «al-
sono le usanze matrimoniali ebraiche che ta», «somma». Il nome era assai popolare in
prevedevano due fasi. Nel primo momento memoria della profetessa sorella di Aronne
v'era un atto solenne (fidanzamento uffi- (cfr. Es 15,20).
ciale detto 'arusin), previo accordo tra le 1,28 Gioisci, tu che sei stata trasforma-
famiglie: la ragazza era cosi legalmente ta dalla grazia - Avvicinando xai:pE e
sposata, ma viveva ancora coi genitori per KEX,apL tWIL~V'l. parole che hanno un suono

vergine (v. 28a) e inizia il dialogo fra i due in tre tempi: al saluto (v. 28b)
segue la reazione di stupore (v. 29); l'annuncio del concepimento di Gesù (vv.
30-33) provoca una domanda di chiarimento di Maria (v. 34); alla spiegazione
dell'angelo (vv. 35-37) corrisponde la risposta della vergine (v. 38a). Infine,
l'angelo parte (v. 38b). Molto complessa, invece, è la definizione del genere
letterario. Il parallelismo con la scena precedente (cfr. vv. 5-25) evoca il genere
annuncio di nascita, mentre la notevole corrispondenza con Gdc 6,11-24 fa
pensare piuttosto a un racconto di vocazione. La presenza di un essere celeste
che porta con sé una rivelazione allude forse a un'investitura messianica di
stampo apocalittico. Infine, vi sono le tracce di una struttura d'alleanza: il
messaggero espone le esigenze di Dio e Maria esprime il proprio assenso di
fede. Riteniamo che le diverse prospettive non siano da escludere, a motivo
della straordinarietà della pericope che resta un unicum difficilmente inqua-
drabile in schemi precostituiti.
Un saluto singolare. Prima di presentare i personaggi umani, Luca introduce
l'angelo Gabriele, sottolineando il suo ruolo di messaggero divino. L'impor-
LUCA 1,28

da Dio in una città della Galilea di nome Nazaret 27a una vergine
promessa sposa di un uomo della casa di David di nome Giuseppe;
il nome della vergine era Maria. 28Entrando da lei disse: «Gioisci,
tu che sei stata trasformata dalla grazi~ il Signore è con te!».

simile ma semanticamente sono differenti, sull'agire di Dio. Maria, dunque, è stata


si suggerisce un'affinità di senso, creando oggetto di una benefica e gratuita azione di
una paronomasia. Luca conosce il saluto Dio, la quale ha prodotto in lei effetti stra-
ebraico «pace» (cfr. l 0,5; 24,36); xex Lpe ordinari, che continuano fino al momento
può indicare il saluto ordinario (cfr. l 'ita- della parola dell'angelo. La traduzione «tu
liano: «salve!))) e cosi è utilizzato anche che sei stata trasformata dalla grazia» (de
in Mt 26,49, ma qui ha un significato pre- La Potterie) rende, meglio di altre versioni,
gnante («gioisci!»). Sullo sfondo vi sono la ricchezza dell'originale.
passi profetici (cfr. Gl 2,21; Sof 3,14; Zc Il Signore è con te (ò KupLoc; IJ.Et"Ù ooii)- Da
9,9) nei quali la figlia di Zion è invitata a intendere non come un auspicio («il Signo-
rallegrarsi. L'appellativo KEXCXPL t~VTl è un re sia con te»), ma come un 'asserzione (cfr.
participio perfetto passivo del verbo cau- Gdc 6, 12; Rt 2,4 ). Alcuni manoscritti (codi-
sativo xcxpL tow («faccio grazia», «mi mo· ce Alessandrino [A], di Efrem riscritto [C],
stro benevolm) ). La radice è la stessa del di Beza [DJ e altri) inseriscono le parole:
sostantivo xcipLc;, che significa «favore», «Benedetta tu fra le donne» (cfr. v. 42 do-
«benevolenza», «grazia». Il verbo esprime ve l'attestazione è sicura), traccia forse di
dunque la duplice idea della benevolenza di un'antica tradizione liturgica. Se la clausola
Dio e della sua efficace manifestazione che fosse originale, sarebbe difficile spiegare la
tocca la persona. Il perfetto indica poi una sua assenza nei codici più importanti (fra cui
realtà passata i cui effetti continuano nel il Vaticano [B) e il Sinaitico [KJ) e in mol-
presente, mentre il passivo pone l'accento tissime versioni.

tanza dell'angelo (già conosciuto dal lettore) è in contrasto con l'insignificanza


di Nazaret (cfr. Gv 1,46), villaggio mai citato nell'Antico Testamento, localiz-
zato in Galilea, una regione ai confini, ben differente dal santuario nel cuore
del tempio di Gerusalemme. Gabriele è inviato a una vergine di cui non si
conosce né la famiglia d'appartenenza, né la pietà (a differenza di Zaccaria ed
Elisabetta). L'angelo non appare a Maria, ma si avvicina a lei: si tratta dunque
di un incontro, non di una visione; l'accento va sul legame interpersonale e
sulle parole del messaggero alla vergine. Il singolare saluto è composto da tre
elementi. Il primo è un forte invito alla gioia (v. 28), segno che sono giunti i
tempi ultimi annunciati dai profeti, tempi nei quali Dio opera nella persona del
suo Messia. L'appellativo «tu che sei stata trasformata dalla grazia» appare co-
me un nuovo nome: esso riconduce al passato e all'effetto continuo del favore
di Dio sulla persona di Maria. Infine, v'è un detto di benedizione («il Signore
è con te))), che ha valore di promessa d'aiuto: allorché Dio chiama una per-
sona a un'importante missione, le assicura la sua protezione (cfr. Gen 28,15;
Es 3,11-12; Gs 1,5; Gdc 6,12).
LUCA 1,29 56

29 ~ 5€ trrì rw Àoy<Jì 5u::rapaxell Kaì 5tEÀoyi~Eto rrorarròç dYJ ò


' \ ouroç.
acmao}Joç + 30 K<Xl\ EmEv
T
o ayyEÀoç aurn·
' - r "

}l~ cpo~ou, Mapta}J, EÒpEç yà:p xaptv rrapà: t<f} 9E<f}.


31 Kaì i8où auÀÀ~llll'n tv yaarpì Kaì ré~n uiòv
Kaì KaÀÉaEtç rò ovo}Ja aùrou 'lrJaouv.
32 oòroç larat }JÉyaç KaÌ uiòç ùq,iarou KÀYJ9~0'Et<X1

Kaì 5waEt aùr<f> Kuptoç ò 9eòç ròv 9p6vov flauì8 rou rrarpòç aùrou,
33 K<XÌ ~<XO'lÀEUO'El Ém tÒV o{KOV 'laKW~ EÌç toÙç aiwvaç

Kaì r~ç ~aalÀEiaç aùrou oùK €arat tÉÀoç.


34 drrEV 5€ Maptà:}J rrpòç tÒV ayyEÀov· rrwç EO't<Xl tOUtO, ÉrrEÌ

av8pa OÙ ytvWO'KW; 35 K<XÌ IÌ1t0Kpt9EÌç Ò ayyEÀoç E{ltEV aÙtfi·


1tVEU}J<X &ytov ÉrrEÀEUO'Et<Xl ÉrrÌ o€

1,29 Si domandava (OLE'À.OyL(no)- Il verbo todi <<Dio aiuta» oppure ((Dio è salvezza>>.
sottolinea la riflessione, l'attenta pondera- 1,32 Egli sarà grande (outoç ~atctL l.l~ycxc;)
zione e insieme l'interrogazione interiore; -L'aggettivo <<grande» (che qui ricorre con
l'imperfetto ha valore durativo. valore assoluto, a differenza di 1,15) non ri-
Saluto (&arrcta116ç) - Non si riferisce solo entra nel vocabolario messianico; solo YHWH
alla prima parola del saluto (<<gioisci!») ma è <<grande» (cfr. Dt 10,17; Sal86,10; 96,4).
all'intera formula utilizzata da Gabriele. L'espressione allude alla realtà trascendente
1,30 Hai trovato grazia (E'Ùj>E'c; yàp xlipLv)- del nascituro.
Allusione alla vicenda di Noè (cfr. Gen 6,8) Figlio del/ 'Altissimo (utòc; ùljl(atou)- Il tito-
e di Mosè sul monte Sinai (cfr. Es 33, 13.16). lo può essere ricondotto al contesto del mes-
1,31 Gesù ('l11aouv)- Nome teoforico (lo sianismo davidico (cfr. Sal 2,7; 89,27-30),
stesso nome di Giosuè), che ha il significa- ma posto dopo l'aggettivo <<grande» assume

Non è immediatamente ovvio comprendere che cosa significhi il saluto. L'an-


gelo ha fatto riferimento a un'opera divina ma non ha specificato come Dio ha già
agito nei confronti della vergine. La reazione di Maria (v. 29} evoca il turbamento
di Zaccaria (cfr. v. 12}, ma la ragione è differente: il sacerdote era preso dalla
paura per l'apparizione angelica, la vergine per le parole di Gabriele. A conferma
di ciò il narratore precisa il carattere riflessivo del dibattito interiore di Maria a
proposito del saluto: il registro, ancora una volta, è quello auditivo e non visivo.
Un Messia singolare. Il secondo dialogo inizia con una parola dell'angelo che
rassicura la vergine (v. 30}. Gabriele la chiama per nome e la invita a superare la
paura (cfr. Geo 15,1; Dn 10,12.19}; poi dichiara il motivo di tutto ciò: Maria è
oggetto di una grazia speciale da parte di Dio. La gratuità del favore divino diviene
ragione di sicurezza che scaccia la paura. La grazia di cui si parla sta nella mater-
nità, descritta qui con le stesse espressioni dell'angelo ad Agar (cfr. Geo 16,11} e
dell'oracolo di Is 7,14: concepire nel grembo, generare, dare il nome. Dio stesso,
per mezzo dell'angelo, conferisce un nome che la madre imporrà al bambino. È
poi precisata l'identità del nascituro (vv. 32-33}, presentato come il Messia della
casa di David, per mezzo di allusioni a 2Sam 7,12-16 (l'oracolo di Natan} e a ls
9,5-6. Tuttavia, il nascituro è chiamato pure «grande» e «figlio dell'Altissimo»,
termini che iniziano a fame percepire la trascendenza; infine l'angelo lo definisce
57 LUCA 1,35

29 A queste parole ella fu turbata e si domandava che cosa potesse


essere un tale saluto. 30Le disse l'angelo:
«Non temere, Maria: hai trovato grazia presso Dio.
31 Ecco, concepirai, partorirai un figlio

e lo chiamerai Gesù.
32 Egli sarà grande, sarà chiamato Figlio dell'Altissimo;

il Signore Dio gli darà il trono di David, suo padre,


33 regnerà sulla casa di Giacobbe per sempre

e il suo regno non avrà fine».


34 Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, se non conosco

uomo?». 35 L'angelo le rispose:


«Lo Spirito Santo scenderà su di te

una sfumatura trascendente: la messianicità usato in senso eufemistico a proposito della


di Gesù prende senso a partire dalla singo- relazione ooniugale (cfr. Gen 19,8; Gdc 11,39).
larità della sua persona. l ,3~ Lo Spirito Santo ... la potenza del/ 'Altis-
1,33 Casa di Giacobbe (rov otKov 'luKWp) simo (1Mii!J.a &y~ov ... OUVIXIL~I; uljl(otou)- Il
- Si usa un'espressione che equivale a «Isra- parallelismo mostra che le due espressioni si
ele)) (cfr. Es 19,3). equivalgono.
Il suo regno non avrà .fine (tflç ~uo~J..Eluç Scenderà su di te ... coprirà- La triplice oc-
IXÙtoiì OÙK rota~ tUoç)- V'è un duplice ri- correnza della particella h( (come prever-
ferimento: alla profezia di Natan (cfr. 2Sam bio [bilioonu~ e ~n~oKLiioEL] e come pre-
7,13.16), quindi al regno davidico, e alle posizione [~nt o4\]) sottolinea il movimento
concezioni escatologiche (cfr. Dn 7, 14.27). dall'alto al basso: la potenza che proviene da
1,34 Non conosco (ou yu,!.loKw)- Il verbo è Dio discende su Maria.

«Figlio di Dio» (v. 35). Mentre l'identità di Giovanni era definita in riferimento
alle sue azioni (cfr. vv. 13-17), Gesù è presentato per quello che è.
Di fronte a un annuncio cosi pregnante, la domanda di Maria (v. 34) fa emergere
la tensione fra quanto ha detto l'angelo e la propria concreta situazione. Già dall'an-
tichità queste parole hanno avuto differenti spiegazioni (Maria avrebbe fatto un voto
di verginità, Maria non avrebbe ancora raggiunto la pubertà, Maria avrebbe compreso
il riferimento al concepimento verginale sulla base di ls 7,14), che però non trovano
fondamento nel testo. La concreta situazione di Maria, ancora nella prima fase del
matrimonio (cfr. v. 27). spiega il motivo della sua domanda. La sua difficoltà sorge dal
fatto che non «conosce» un uomo, cioè non vive ancora con Giuseppe. Maria cioè, in
forza dell'efficacia della parola divina, considera quanto annunciato dali' angelo imme-
diatamente realizzabile e per questa ragione pone l'interrogativo riguardante la propria
attuale verginità. Se Zaccaria chiedeva un segno concreto in base al quale avrebbe potuto
conoscere la verità delle parole dell'angelo (cfr. v. 18), Maria domanda un chiarimento
a partire dalla propria concreta situazione che pare essere un ostacolo alla maternità.
Una generazione singolare. La risposta dell'angelo (v. 35) riguarda la singolare
modalità della generazione e l'identità del nascituro. In forza di un intervento dello
Spirito di Dio (cfr. Gen l ,2; 2,7) sarà resa possibile la maternità verginale di Maria.
L'immagine dello Spirito che scende su Maria coprendola con la sua ombra allude
LUCA 1,36 58

K<XÌ ~UV<X}..ll<; Ùl!Jtot'OU ÈntOKUXOfl oot·


~lÒ K<XÌ t'Ò YEVVW~EVOV ClylOV l<Àf19~0ft'<Xl UtÒ<; 9eou.
36 K<XÌ Ì~OÙ 'EÀtoa~ft' ~ ouyyev{ç OOU K<XÌ <XÒt'lÌ OUVEiÀflcpEV UÌÒV

ÈV y~pet aòt'~c; xaì oÒt'oc; ~~v EKt'oc; Èonv aòt'ft t'ft xaÀou~tvn
Ot'elP'il' 37 Ot'l OÙK à~uva~Ofl1t<Xpà t'OU eeou 1tiÌV p~~a. 38 ei1tEV
~è: Mapta~· Ì~oÙ ~ ~OUÀflKUpiou· yÉVOlt'O ~Ol K<Xt'à t'Ò p~~a oou.
xaì à7t~À9ev à1t' aù~c; 6 ayyeÀoc;.

39 ~vaot'éioa ~è: Maptà~ Èv t'aie; ~~Épatc; t'<Xut'atc; È1topeue11


fie; t'lÌV ÒpEtv~V ~Et'à 01tOU~~c; fie; 1tOÀlV 'lou~a, 4°K<XÌ
fio~À9ev fie; t'Òv oixov zaxapiou xaì ~OTtaoat'o ritv 'EÀtoa~Et'.

Perciò colui che nascerà santo (oLÒ Kal tò 1,36 Parente (auyyEOv(c;) - Una parente
YE'VVW~oLEVOV ayLov)- La frase è difficile: in generale. Inutile speculare sul grado di
l'aggettivo «santo)) può essere considerato parentela o sul fatto che Maria fosse della
soggetto (la nostra interpretazione) o predi- discendenza di Aronne.
cato (da cui: «colui che nascerà sarà san- 1,37 Poiché nulla sarà impossibile a Dio
to))). Il participio yevvwllevov (alla lettera, (<ln OÙK douvan1au napà toO 9eo0 miv
«generato» o «nato») ha valore di futuro. Pfilla)- Alla lettera: «Poiché non sarà im-
Vi sono manoscritti e versioni che leggono possibile da parte di Dio ogni parola>> (cfr.
yevvwllevov EK aou («nato da te»), creando Gen 41,32).
una perfetta simmetria coi verbi precedenti 1,38 Serva (OOUÀ11)- Al maschile è un titolo
sempre seguiti da complemento. onorifico dato ai grandi d'Israele: Abraam

alla nube che si dispiegava sulla tenda dell'incontro e alla gloria del Signore
che riempiva la dimora (cfr. Es 40,34-35; Nm 9,18). Del bambino è detta
chiaramente la trascendenza per mezzo delle espressioni «santo» e «Figlio di
Dio». Come lo Spirito creatore è santo, così anche il nascituro avrà le sue ra-
dici nel mistero stesso di Dio. Senza che vi sia una richiesta da parte di Maria,
l'angelo le offre un segno. A colei che ha dichiarato all'angelo il limite della
propria condizione di verginità, viene dato un segno concreto della potenza
divina: la gravidanza dell'anziana e sterile parente Elisabetta. Il narratore si
riallaccia all'episodio precedente e prepara il terreno per quello seguente.
Tuttavia, se la gravidanza di una donna sterile e anziana ha precedenti illustri
nella Scrittura (evidente il riferimento a Sara), la concezione verginale è del
tutto inedita. 11 carattere straordinario del primo concepimento prepara il se-
condo, ancor più straordinario. L'ultima affermazione dell'angelo sottolinea
l'efficacia della parola divina in Maria: per quanto la dichiarazione alluda
alla promessa fatta ad Abraam (cfr. Gen 18,14 ), il verbo al futuro indica la
concreta situazione della vergine; ogni parola che viene da Dio non rimarrà
senza attuazione. La risposta di Maria (v. 38) comprende un 'autodefinizione e un
59 LUCA 1,40

e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra;


perciò colui che nascerà santo sarà chiamato Figlio di Dio.
36 Ed ecco, Elisabetta, tua parente: anch'ella ha concepito un

figlio nella sua vecchiaia e questo è il sesto mese per lei che era
chiamata sterile. 37Poiché nulla sarà impossibile a Dio». 38Allora
Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo
la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.

391n quei giorni Maria, alzatasi, si incamminò in fretta


verso la regione montuosa, diretta a una città di Giuda;
40 entrò nella casa di Zaccaria e salutò Elisabetta.

(cfr. Sal 105,42), Mosè (cfr. Es 14,31; Dt 15,20), ridondante nella sintassi greca, imi-
34,5; Gs 1,1), David (cfr. 2Sam 7,5.8), il ta la Settanta, indicando l'inizio dell'azione
servo di YHWH (cfr. Is 42,1; 49,3.6). (cfr. Gen 13,17; 22,3).
Avvenga per me (yÉvom:\ !WL)- L'ottativo In fretta (f.Lftà anooof)ç) - La precisazione
(raro nel NT) esprime il carattere possibile non ha un carattere psicologico, ma sugge-
e desiderabile di un'azione. risce l'adeguata reazione di Maria al segno
~ 1,26-38 Testo affine: Mt 1,18-25 che Gabriele le aveva dato.
1,39 In quei giorni (Èv to:tç fli,Lépo:Lç to:uto:LC;) Una città di Giuda (dç no.hv 'Iouoo:) -
-Luca spesso utilizza questa o simili forum- L'identificazione con il villaggio di Ain
le (cfr. 6,12; 9,36; 23,7; 24,18). Karem (a circa otto chilometri da Gerusa-
Alzatasi (dvo:atiiao:) - Il verbo (cfr. 6,8; lemme) inizia solo nel VI sec.

assenso. Maria, definendosi «serva del Signore», affenna la propria sottomissione


a Dio e l'accoglienza della sua volontà. L'assenso ha poi un carattere gioioso ed
esprime il desiderio di vedere realizzato il disegno divino: Maria collabora atti-
vamente e con tutto il cuore al progetto che si realizzerà proprio per mezzo di lei.

1,39-56 L'incontro delle madri


Dopo gli annunci a Zaccaria e a Maria, differenti ma paralleli, la visita di
Maria a Elisabetta sembra essere un semplice epilogo dove i fili narrativi degli
episodi precedenti s'intrecciano. Molto più profondamente, qui si uniscono
i motivi conduttori dei due annunci, ovverosia la fede nella promessa di Dio
e l'interpretazione dei segni: l'una e l'altra si fondono insieme. La cornice è
dominata da elementi spaziali (la regione montuosa, la città di Giuda, la casa
[vv. 39-40]), da verbi di movimento (alzarsi, mettersi in cammino, entrare nella
casa [vv. 39-40], rimanere, ritornare [v. 56]) e da un motivo temporale (tre mesi
[v. 56]) che collega la scena con l'annunciazione (cfr. vv. 26.36); al cuore del
racconto v'è l'incontro fra le due donne, le parole di Elisabetta (vv. 42b-45) e
quelle di Maria (cfr. vv. 46b-55).
LUCAI,41 60

41 K<XÌ ÈyÉVEtO wç ~KOUO'€V tÒV Ò:0'1t<XO'}.lÒV nìç Mapiaç ~ 'EÀtoa~Et,


ÈOKtptJ10'€V tÒ ~pÉcpoç Èv tfj KOlÀl~ aùn;ç, K<XÌ Èn:À~o8J11tVEU}l<Xtoç
ayiou ~ 'EÀtoa~Et, 42 KaÌ Ò:VE<pWVJ10'€V Kpauyft }lfY<iÀTI KaÌ Ein:EV·
EÙÀOYJ1}lÉVJ1 où Èv yuvat~ìv
K<XÌ EÙÀOYJ1}lÉVoç Ò Kapn:Òç nìç KOlÀtaç O'OU.
43 Kaì n:69Ev }lOl rooro !va eÀ9n ~ }l~tJ1p roo Kupiou }lOU n:pòç

~É; 44 ÌÒOÙ yècp wç ÈyÉVEtO ~ cpwv~ tOO Ò:cm<XO'}.lOV oou EÌç tèc
Wta }lOU, ÈO'KlptJ10€V Èv à:yaÀÀtaO'El tÒ ~pÉcpoç Èv tfj KOlÀl~
}lOU. 45 Kaì }lctKapia ~ motEuoaoa on
eorat tEÀEiwotç roiç
ÀEÀ<XÀJ1}lÉVOlç aùtft n:apèc Kupiou.

1,41 Fu ricolma di Spirito Santo (É1TA.ip9T] Benedetta (fÒÀoy~VTJ)- L'aoristo passivo


~tac; &ylou)- L'aoristo passivo segnala che ricorda che quanto Elisabetta dice non è un
ildonoprovienedaDio(cfr.l,67;At2,4;4,8.31). augurio ma una constatazione.
1,42 Esclamò (ètVf4x.>VTJOfv)- Il verbo è uti- Fra le donne (Év yuv!u~(v)- L'introduzio-
lizzato nella Settanta per le acclamazioni del ne di questo termine di paragone indica che
popolo e dei sacerdoti di fronte all'arca del Maria è «la più benedetta» (cfr. Gdc 5,24;
Signore (cfr. ICr 15,28; 16,4.5.42; 2Cr 5,13). Gdt 13, 18; Ct 1,8).

Il saluto e la danza. La narrazione insiste sul saluto di Maria a Elisabetta,


rivelandone l'importanza: due volte nella penna del narratore (cfr. vv. 40.41) e
una volta in bocca a Elisabetta (cfr. v. 44). Tuttavia nulla è detto a proposito del
contenuto di quelle parole, a sottolineare che al centro sta la persona di Maria più
che quanto ha proferito; l'accento va sull'effetto che esse provocano, effetto segna-
lato nel testo greco da un doppio egéneto (vv. 41.44). L'avvenimento è riportato
due volte, anzitutto dal narratore, poi da Elisabetta: il primo racconto (vv. 41-42a)
sottolinea il sussulto di Giovanni, lo Spirito Santo che ricolma Elisabetta, la pro-
clamazione a voce alta dell'anziana donna; Elisabetta (v. 44 ), invece, afferma che
è stato l'ascolto della voce di Maria a fare sussultare Giovanni e che la danza del
figlio nel grembo era un segno di gioia; non si è trattato dunque solo del naturale
movimento del bambino nel grembo materno (cfr. Gen 25,22), ma di una vera e
propria esultanza, motivata dalla presenza del Messia (cfr. Ml3,20; Sap 19,9).
Allusioni anticotestamentarie. Il racconto della visitazione evoca alcuni episodi
dell'Antico Testamento: in primo luogo il solenne trasporto dell'arca dell'alleanza
da parte di David (cfr. 2Sam 6,2-11; l Cr 15,25-29). Benché vi siano non poche dif-
ferenze, sono da rilevare anche alcune analogie. In particolare è da notare il clima di
gioia che caratterizza il trasferimento dell'arca, l'esultanza di tutto il popolo al suo
passaggio e il grido di festa ad alta voce (cfr. lCr 15,28). L'arca poi resta tre mesi
presso Obed-Edom e il Signore benedice tutta la sua casa (cfr. 2Sam 6, Il). Le allu-
sioni, invece, obbligano il lettore a fare memoria di quell'episodio, per comprendere
la continuità della rivelazione: i segni della presenza del Signore provocano gioia e
sono fonte di benedizione. Inoltre le parole di Elisabetta a Maria (Le l ,42) ricalcano
61 LUCAI,45

41 Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino


sussultò nel suo grembo; Elisabetta fu ricolma di Spirito Santo
42 ed esclamò a gran voce:

«Benedetta tu fra le donne


e benedetto il frutto del tuo grembo.
43 A che cosa debbo che la madre del mio Signore venga da

me? 44 Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta alle mie
orecchie, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo.
45 E beata colei che ha creduto nel compimento di ciò che le è

stato detto dal Signore».

1,43 A che cosa debbo (KaÌ. tréel:v 110~ toiito) - ll titolo <<Signore>> sulle labbra di Elisabetta
- La domanda allude a quanto aveva detto riflette la fede pasquale della comunità cristia-
David: «Come potrà venire da me l'arca del na oppure è Wl titolo messianico (come nel Sal
Signore?>> (2Sam 6,9). Tuttavia il re si scher- Il O, l: «Oracolo del Signore al mio signore»).
misce, perché ha paura della presenza dell'ar- 1,44 Ha sussultato (liyaHuiau) - Eco
ca, Elisabetta invece è colma di meraviglia. dell'annuncio fatto da Gabriele (cfr. v. 14).
Madre del mio Signore (l, lltlnP to\urupiou j.LOI!) + 1,3945Testiaffini:2Sam6,2-ll;Gdt 13,18
le parole di Ozia a Giuditta: «Benedetta sei tu. o figlia, da parte dell'altissimo Dio,
sopra tutte le donne che sono sulla terra e benedetto il Signore Dio, che creò il cielo
e la terra» (Gdt 13,18). Nell'uno come nell'altro caso (con le debite differenze) Dio
ha agito nell'esistenza delle due donne donando la sua benedizione. Qui la singolare
novità è l'identità del bambino che Maria porta nel grembo.
Lo Spirito Santo. Il narratore affenna che Elisabetta fu ricolma di Spirito Santo
(v. 41 ). A partire da questo dono quanto Elisabetta dice non è un semplice saluto in
risposta a quello di Maria: la sua proclamazione echeggia la parola ispirata dei profeti,
una parola capace di riconoscere l'azione di Dio e, dunque, di cogliere la profondità
della realtà. Inoltre, benché i personaggi siano tutti esseri umani, il cielo continua ad
avere un ruolo importante. Se nelle scene degli annunci Zaccaria e Maria reagivano
all'intervento di Gabriele, qui al saluto di Maria consegue l'azione dello Spirito. Lo
Spirito rende Elisabetta capace di interpretare correttamente quei segni che altrimen-
ti resterebbero impenetrabili. Mentre Zaccaria cercava un elemento per conoscere
la verità di quanto gli era stato annunciato dall'angelo, sua moglie, per dono dello
Spirito, gode di una conoscenza speciale. Le parole di Elisabetta, in effetti, hanno un
singolare carattere rivelativo. Non nomina Maria ma la definisce in rapporto al piano
di Dio per mezzo di tre titoli. Anzitutto «benedetta» (v. 42): non un augurio ma una
constatazione di quanto Dio ha già operato in Maria Poi <<madre del mio Signore»
(v. 43), riconoscendo al contempo l'identità di Maria(madre) e di Gesù (il Signore) e
facendo risuonare per la prima volta nel racconto il titolo kfrios (Signore) applicato a
Gesù. Infine, con l'espressione «beata colei che ha creduto» (v. 45), Elisabetta utiliz-
za un macarismo che s'indirizza certamente a Maria ma interpella pure il lettore; la
LUCA 1,46 62

46 Ka:Ì ElltfV Ma:pt.<lJ.l'


Meya:Àuvet ~ 'lfJux~ JJOU ròv Kuptov,
47 Ka:Ì ~ya:ÀÀia:oev rò TtVeOJ.la J.lOU èrrì r<f> 9e<f> r<f> owrijpi J.lOU,

48 on ÈTtÉ~Àf\fJeV ÈTtÌ 't~V ra:ltftVWO'lV rijç ÒOUÀTJ<; a:ÙroO.

iòoò yàp à:rrò roO vOv J.La:Ka:ptoOoiv J.lf mioa:t ai yevea:i,


49 O'tt È1tOtTJO'ÉV J.lOl J.leyaÀa: OÒuva:roç.

Ka:Ì aytov rò OVOJ.la: a:ùroO,


5°Ka:Ì rò EÀfoç a:ùroO dç yeveàç Ka:Ì yevEàç

roiç cpo~OUJJÉvotç a:ùr6v.


51 'Erroi11oev Kparoç èv ~pa:xiovt a:ùrou,

ÒteOK6pmoev ùrrepTJcpavouç òta:voi~ Ka:pòia:ç a:ùrwv·


//1,46-55 Testo parallelo: !Sam 2,1-10 La mia anima(~ ljlux~ !WU)- Espressione
1,46 Maria disse (KIÙ ~ttr~v Mllp~)-Alcuni della Settanta per esprime !'(<io» dell'orante.
manoscritti della Vetus Latina leggono: «Eli- 1,47 Il mio spirito (tò 1M:\ìj.l& !WU)- Altra
sabetta disse». Se le prove interne non sono forma per ribadire il soggetto, (<io».
decisive (c'è coerenza fra il linguaggio del Esulta (Tria.U[aa~v)- Il verbo ha la stessa ra-
Magnificate quello dell'annunciazione, ma dice di àya.U[aa~c; con cui si esprimeva l'esul-
pure fra la situazione di Elisabetta e l'inno; tanza di Giovanni (v. 44); l'aoristo ha valore
inoltre il v. 56 nomina Maria, mentre si riman- gnomico (esprime cioè un'azione valida in
da a Elisabetta per meuo di un pronome, cosi ogni tempo) e, in forza anche del parallelo con
che il nome di Maria nel v. 46 appare essere il v. 46b, può essere tradotto con un presente.
/ectio diffici/ior [cioè una lettura più difficile + 1,46b-47 Testi affini: Sal 34,9; l Sam 2, l;
da spiegare]), quelle esterne (la testimonianza Ab 3,18
della maggioranza dei codici e delle tradu- 1,48 Umiltà (turr~tv<.xnc;)- Non indica tanto
zioni antiche) fanno propendere per Maria. una virtù morale ma uno stato di povertà, di

definizione più generale fa sì che Maria sia presentata come un modello di fede nella
divina promessa (cfr. Il ).7). Benché si passi dalla considerazione di quanto Dio ha
fatto in Maria («benedetta>>) a quanto ella ha fatto («ha creduto»), l'accento, ancora
una volta, va su Dio e sulla sua promessa, cui Maria ha dato il suo assenso di fede.
Il Magnificai. Ben raccordato per meu.o di richiami lessicali all'annunciazione
e alla visitazione, il Magnificai (forse un antico inno giudeo-cristiano rielaborato
da Luca e inserito nella trama della sua narrazione) è il primo cantico del racconto
dell'infanzia. La prima parte (vv. 46b-50) è dominata dalla personale azione di
grazie di Maria, mentre la seconda parte (vv. 51-55) si apre su un ampio oriz-
zonte, evocando pure la vicenda d'Israele. Si passa cioè dalla biografia singolare
di Maria all'intera storia della salvezza. La coerenza interna è assicurata dalla
ripetizione dei termini megalynei («magnifica») e megtila («grandi»; vv. 46.49),
tapeinosin («umiltà») e tapeinoW; («umili»; vv. 48.52), geneai («generazioni») e
geneas («di generazione»; vv. 48.50), epoiésen («ha fatto», vv. 49.51), dynatos
(«potente») e dynastas («potenti»; vv. 49.52), éleos («misericordia») ed eléous
(«della misericordia»; vv. 50.54).
Il cantico non si limita a una visione retrospettiva degli avvenimenti: da un lato
63 LUCA 1,51

46 Maria disse:
«La mia anima magnifica il Signore
47 e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
48poiché ha volto lo sguardo all'umiltà della sua serva.

Ecco, d'ora in poi mi diranno beata tutte le generazioni


49poiché ha fatto in me cose grandi il Potente.

Il suo nome è santo


30 e la sua misericordia, di generazione in generazione,

è per quelli che lo temono.


31 Ha dispiegato con forza il suo braccio,

ha disperso gli intimi propositi degli arroganti.

umiliazione, di oppressione da cui Dio libera presenta la persona: qui evoca Dio stesso.
(cfr. Gen 29,32; Dt 26,7). + 1,49b Testi affini: Sal 1ll,9
+ 1,48a Testi affini: ISam l,ll; Sal31,8; 1,50 Quelli che lo temono (toi' cjKlpo\JILÉvoL<;
Gen 29,32 aòt6v)- Non è una limitazione ai «timorati
+ 1,48b Testi affini: Gen 30,13 di Dio» (pagani interessati all'ebraismo).
1,49 Cose grandi (IJ.Ey&ì..a.)- Con l'uso dita- + 1,50 Testi affini: Sal103,17
le aggettivo, quanto Dio ha fatto in Maria è 1,51 //suo braccio (Év ppax(ovL aòtoii)-
posto in relazione con la liberazione d'Israele Immagine frequente per indicare la potente
dall'Egitto (cfr. Dt 10,21; 11,7; 2Sam 7,23). azione di Dio a favore d'Israele durante il
Il Potente (ò cSwatéc;) -Il singolare titolo divi- cammino nel deserto (cfr. Es 6,1.6 LXX).
no (presente solo in Sof3,17; Sal24,8; 89,9) Gli arroganti (ùnepTJC!xivouç)- Cioè gli orgo-
evoca l'affermazione di Gabriele (cfr. v. 37). gliosi: coloro che si oppongono a Dio (cfr.
+ 1,49a Testi affini: Dt 10,21 Is 2,12; 13,11; Sall39,6 LXX [fM 140,6]).
Il suo nome (tò livo!J4 aòtoii) -Il nome rap- + 1,51 Testi affini: Sal89,11; ll8,15
canta, nella fonna lirica dell'inno, la straordinaria e inaudita esperienza dell'incontro
con Dio che attraversa i tempi e tocca persone diverse; dall'altro, testimonia la fedeltà
di Dio al suo piano di salvezza. È dunque un inno fortemente teologico. Maria non
separa se stessa dagli altri perché la grazia proviene da Dio. Ella continua a pensare
se stessa in solidarietà coi poveri. Ciò che Dio ha fatto per lei è un segno di ciò che
Dio ha fatto e farà per loro. Dupont ha notato che l'inno, a differenza di molti Salmi,
«non s'indirizza a Dio, parlandogli alla seconda persona; parla di Dio, alla terza
persona». Per mezzo di un'immagine rara, Dio è detto il «Potente>> (v. 49a; cfr. nota).
La potenza si manifesta nella salvezza che Dio stesso realizza nella storia di Maria:
egli è il «salvatore» (v. 47) che «ha fatto[ ... ] cose grandi)) (v. 49a). Al v. 49b appare
un'altra caratteristica di Dio: la sua santità. Essa si precisa come misericordia che
attraversa i tempi: raggiunge tutte le generazioni (v. 50) e soccorre Israele (v. 54). In
questa luce prendono senso le opposizioni dei vv. 52-53: la sconfitta dei forti inquadra
l'azione salvifica di Dio che innalza gli umili e ricolma di beni gli affamati. Coloro
che sono oggetto dell'intervento divino sono caratterizzati secondo tre differenti
campi semantici. Anzitutto quello religioso: l'antitesi fra «quelli che lo temono»
(v. 50) e «gli arroganti» (v. 51) ripropone la classica contrapposizione fra giusti ed
empi; poi quello socio-politico: i potenti e gli arricchiti sono all'opposto degli umili
LUCA 1,52 64

52 Ka9fiÀfV Ouvacr-raç ànÒ 9povwv


KaÌ ihJ1WO'EV t'llnEtVOU<;,
53 nEtvwvraç èvÉnÀ'lcrEV àya9wv

Kaì nÀou-rouvraç è~anécrrEtÀfv KEVouç.


54 àvrEÀa~Ero 'Icrpa~À natòòç aù-rou,

}JV'lcr9fivat ÈÀÉouç,
55 Ka9wç ÈÀaÀ'lcrEV npòç roùç narépaç ~}JWV,

r<f> ì\~paÒ:}l KllÌ r<f> crnÉp}lllt'l llUt'OU EÌ<; t'ÒV aÌwva.


56 "E}JElVEV OÈ Maptà:}l crùv aurfj wç }lfjvaç -rpdç, KaÌ ÙnÉcrrpElJ'EV
' ' T , -
El<; 'tOV OlKOV llUt"l<;•

1,52 I potenti (cSuvciotcu) - I signorotti, i 10,14; Gb 12,19; Ez 21,31; Sal107,9


dominatori, coloro che esercitano il potere. 1,54 Ha soccorso (àvtEÀ.IipEto)- Alla lettera
Gli umili (ta'lfHvét;)- Persone che non con- il verbo significa: «afferrare per sostenere»
tano nulla nella società. (cfr. Is 41 ,8-9).
1,53 Gli arricchiti ('lfÀOutoùvtaç) - Il par- Suo servo ('lfiXLOÒç aùtoù)- L'espressione,
ticipio non indica tanto «i ricchi» (in greco riferita a Israele, evoca alcuni importanti
'lfÀOtxHOL) ma coloro che si sono «arricchiti» passi del Secondo Isaia (cfr. Is 42,1; 44,1;
per aver accumulato beni. 45,4; 52, 13).
+ 1,52-53 Testi affini: 1Sam 2,7-8; Sir 1,55 Aveva annunciato (ÈÀI1À110EV) -Il ver-

e degli affamati; infine quello etnico: il popolo d'Israele, discendenza di Abraam, è il


luogo dell'intervento di Dio. Proprio la menzione di Abraam (per la prima volta nel
testo evangelico) mostra il concatenamento degli episodi. Zaccaria citava le parole di
Abraam (cfr. l, 18) ma non aveva la fede del patriarca. Maria invece, pur senza citarlo,
condivide la fede di Abraam nel potere illimitato di Dio e nella sua misericordia Dio
realizza una promessa che pare impossibile agli occhi deli 'uomo e la sua misericordia
si estende oltre i tempi e le persone. La salvezza che toccò Abraam è sempre valida
per coloro che come Maria condividono la fede del patriarca.
Per la prima volta nel racoonto è affermata la logica del capovolgimento, che ritornerà
a più riprese: nelle beatitudini e nei guai (cfr. 6,20-26), nelle sentenze a proposito del per-
dere e salvare la propria vita (cfr. 9,24; 17,33), nell'antitesi fra l'essere esaltato e l'essere
umiliato(cfr. 14,11; 18,14),nella parabola del povero Lazzaro e del ricco (cfr. 16,19-31),
nella contrapposizione fra l'essere servito e il servire (cfr. 22,24-27). Tale logica attinge la
sua ispirazione nella tradizione apocalittica, interamente dominata dall'idea di un grande
capovolgimento finale nel quale i potenti saranno annientati, gli empi puniti e gli umili
esaltati. Il Magnificai riflette questo linguaggio che guarda la storia a partire dal suo
compimento, quando Dio pronuncerà una sentenza inappellabile di giudizio e di verità
sulla vicenda umana Tuuavia, mentre il linguaggio apocalittico annuncia un futuro che
ancora deve realizzarsi, Maria parla al passato e il suo canto rimanda a qualcosa che si
è già compiuto. C'è da chiedersi a quale passato rimandino tali affennazioni. Forse che
Maria intenda ricordare la costante azione di Dio nella storia? Oppure voglia affermare
65 LUCA 1,57

52 Ha rovesciato i potenti dai troni


e ha innalzato gli umili,
53 ha ricolmato di beni gli affamati

e gli arricchiti ha rimandato a mani vuote.


54 Ha soccorso Israele suo servo,
ricordandosi della (sua) misericordia
55 come aveva annunciato ai nostri padri,

in favore di Abraam e della sua discendenza per sempre».


56 Maria rimase con lei circa tre mesi poi ritornò

a casa sua.

57Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio.

bo ha un senso pregnante e, seguito dalla + 1,55a Testi affini: Is 41,8-9; Sal98,3;


preposizione npoç, può assumere anche la + 1,55b Testi affini: Mi 7,20; 2Sam 22,51
sfumatura profetica di «promettere)) (cfr. Es 1,56 Tre mesi (lli;vaç tpfiç)- Sono da ag-
12,25; Dt 1,11). giungere ai sei mesi (cfr. vv. 26.36): Maria
In favore di Abraam (t~ 'A~)- Meglio lascia Elisabetta alla vigilia del parto.
interpretare la fonnula come un dativo di 1,57 Si compi il tempo (b}.rpat, ò xpovoç)-
vantaggio piuttosto che come un'apposizio- L'espressione ricorda Gen 25,24 LXX (riferi-
ne («adAbramo)); cosila versione CEI 1974) to a Rebecca) anche se l'uso di xp6voç le dà un
dell'espressione «ai nostri padri)). sapore ellenistico (la Settanta usa o:t ~L).

quanto avverrà al termine dei giorni? Maria canta l'azione di Dio nella propria vicenda
personale dove l'impossibile è divenuto possibile proprio nella generazione di quel
figlio che è pure il Figlio dell'Altissimo: <<Nulla sarà impossibile aDio» (1,37). Quanto
è avvenuto nel suo grembo è il segno di quel rovesciamento che ella canta: la miseria
del mondo è riabilitata dalJa potenza del Dio d'Israele, fedele alla sua promessa.

1,57-80 Nascita di Giovanni


Nell'episodio c'è la paradossale combinazione di rivelazione e nascondimento:
l'azione di Dio si manifesta, ma non pochi aspetti rimangono nascosti e misteriosi.
Vi sono poi alcune transizioni: Zaccaria passa dal muto silenzio alla lode, i pre-
senti dalla gioia allo stupore e alla domanda, la manifestazione di Dio dall'ambito
privato a quello pubblico; si passa poi dalla promessa al compimento, dalla fede
all'interpretazione dei segni. Giovanni infine (v. 80) va a vivere nel deserto; il
narratore prepara cosi la transizione dal Battista a Gesù.
Un gioco di punti di vista. Allorché la parola detta da Gabriele a Zaccaria si
compie, il centro di gravità del racconto si sposta dalla fede nella promessa all'inter-
pretazione dei segni del compimento. Tuttavia i punti di vista divergono: il lettore,
insieme a Zaccaria ed Elisabetta, conosce già il significato del segno; le comparse
del racconto (v. 58: «i vicini e i parenti»; v. 66: <<tutti coloro che ascoltavano»), in-
vece, lo ignorano. Ma proprio qui sta l'interesse della narrazione: mentre, infatti, la
nascita di Giovanni è ridoua a una frase stereotipata (v. 57), la reazione della gente
LUCA 1,58 66

UÌOv. 58 KaÌ ~KOUOCXV OÌ 1tEpl01.K01. KaÌ OÌ OlJ)'YEVEiç almi<; On


È}Jfyamvev K6pwc; -rò fuoc; a&too 1Je-r' almi<; KaÌ ouvÉXmpov a&rfj.
59 Kaì ÈyÉvETO Èv 'tfi ~lJÉN 'tfi òyoon ~ÀBov rrEpt-rqJEiV TÒ mnòiov

Kaì Èl<Mouv a&tò È1tÌ -r<f> òv6}l'Xn -roO mxtpÒ<; aù-roO Zaxapiav. 60 KaÌ
ànoKpt9Eioa ~ ~~'tllP aù-roO EtltEV' oùxi, èiM' KÀfl~OETat 'Iw<Xvv.,c;.
61 KaÌ EtltCXV 1tpÒ<; C:XÙTIÌV on OÙÒEi<; ÈcmV ÈK 'dj<; OlJ)'YEVEiaç OOU &;

KaÀEi'tat -r<f> ÒVO~ TOVr(f>. 62 ÈvÉvEUOV ÒÈ -r<f> mx-rpÌ alrtOU TÒ lÌV n


eéÀot KaÀEio9at aù-r6. 63 KaÌ ai.~oac; mvaKiòwv Éypm!JEV M.ywv
'Iw<Xvv.,<; Èorlv OvO}la C:XÙ-roO. KaÌ È9atJ}laoCXV mWrE<;. 64 àvE<f>xful ÒÈ
-rò OTO}la a&toO mxpaxpfi}la Kaì ~ y'J..Wooa a&toO, KaÌ ÈM:ÀE1. EÙÀOywv
TÒV 9E6v. 65 Kaì ÈyÉvETO ÈltÌ ltCXvCa<; cpO~O<; TOÙ<; 1tEp1.0U<OWTa<; alrtOU<;,
Kaì Èv oÀn Tfi òpavft 'tfj<; 'Iouòaia<; Ò~TO 7UMa -rà: P~}laTa -rafua,
66 Kaì E9EVTO ltCXVTE<; oi àKouoavTE<; Èv Tfi KapÒ~ aùt"wv 'AiyOVTE<;' n
apa TÒ mnòiov TOUTO Ecrrat; KaÌ yà:p XEÌp KUpiou ~V }JeT' CXÙToO.

1,58 Aveva esaltato (È!LfyliÀuvw)- È lo stes- giudaiche 14,1,3 §IO; 20,9,1 § 197; Guer-
so verbo che apre il Magnificai (cfr. v. 46), ra giudaica 4,3,9 § 160; 5,13,2 § 534); più
qui però usato con una sfumatura differente: usuale era imporre il nome del nonno (cfr.
<<fare grande», cioè «accordare una grande Giuseppe Flavio, Vita l § 5).
misericordia». 1,62 Facevano cenni (Év~~uov)- Zaccaria,
1,59A//'ottavo giorno (Q, tfl~ tfl6y60n)- oltre che muto, sembra essere pure sordo.
SecondoGen l7,12eLv l2,3ilmaschiodeve Come voleva (tò tL lìv 9UoL)- La sostanti-
essere circonciso dopo otto giorni dalla nascita. vazione, mediante l'uso dell'articolo neutro,
Volevano chiamarlo (EK(XA.OIJV)- L'imposi- dell'interrogativa indiretta è tipica dello stile
zione del nome e la circoncisione sono stret- di Luca (cfr. 9,46; 19,48; 22,2.4.23.24; At
tamente unite già in testi antichi (cfr. Gen 4,21; 22,30).
17,5.10; 21,3.4). 1,63 Si meravigliarono (e9a4utoav)- Il mo-
Col nome di suo padre (Éut tQ 6va.wn tou tivo della meraviglia è tipico di Luca (cfr.
uatpòc; aùtoii)- L'usanza di dare al bambino 2,18.33; 4,22), che in questo si differenzia
il nome del padre è inconsueta ma possibile da Matteo e Marco.
(cfr. Giuseppe Flavio, Vita l § 4; Antichità 1,64AII'istante si aprì la sua bocca, si scio/-

occupa l'intero racconto. In prima battuta i presenti riconoscono che Dio opera e la
sua azione è una manifestazione di misericordia (v. 58). Quando poi Zaccaria scrive su
una tavoletta il nome del bambino (v. 63), gli astanti ignorano (ma non il lettore) che il
sacerdote conferma unicamente la decisione celeste. Infine, fra la notizia che Zaccaria
benedice Dio (v. 64) e l'inizio del cantico al v. 68, il JUIJT8tore informa a proposito dello
stupore generalizzato dei presenti (essi cioè percepiscono la presenza misteriosa di Dio
all'opera) ed esplicita il loro interrogativo (vv. 65-66a). Anche l'attesa generalizzata
degli abitanti della regione aumenta la tensione nanativa. L'ulteriore notizia deli' azione
di Dio nei confronti di Giovanni (v. 66b), se da una parte esplicita l'intervento divino nei
confronti del bambino, dall'altra non dichiara la modalità di quest'azione, col risultato
che la tensione narrativa e l'attesa del lettore crescono ulteriormente.
67 LUCA 1,66

581 vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei


la sua misericordia e gioivano insieme a lei. 59Ali' ottavo giorno
vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col
nome di suo padre, Zaccaria. 60Sua madre intervenne: «No! Si
chiamerà Giovanni». 61 Le dissero: «Non c'è nessuno della tua
parentela che si chiami con questo nome». 62 Allora facevano
cenni a suo padre (per sapere) come voleva che si chiamasse.
63 Chiesta una tavoletta scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti

si meravigliarono. 64All'istante si aprì la sua bocca, (si sciolse)


la sua lingua e parlava benedicendo Dio. 65 Un timore prese tutti i
vicini e per l'intera regione montuosa della Giudea si discorreva
di tutti questi avvenimenti. 66Tutti coloro che ascoltavano li
custodirono nel loro cuore dicendo: «Che sarà mai questo
bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.

se la sua lingua (ch~t.;x9T! OÈ tò até~ aùtoil ne greca), piuttosto si riferisce all'interiorità


napaxpfl~ tcat ~ yÀWaaa aùtoil) -Alla lette- della persona, alla sede dell'intelletto, della
ra: «si aprila sua bocca all'improvviso e la conoscenza e della volontà (cfr. l Sam 21, l3;
sua lingua»; uno zeugma: da un unico verbo Ml2,2; Dn 1,8; Sir S0,28).
dipendono più tennini, creando un'incon- La mano del Signore (xd.p tcup(ou)- Antro-
gruenza semantica; il codice di Beza (D) e pomorfismo biblico (cfr. Es 9,3; ISam S,6;
altri manoscritti hanno una lezione più lunga Rt l, 13) usato da Luca per esprimere la po-
e meno aspra: «E all'improvviso fu sciolta tenza di Dio (cfr. At 11,21; 13,11).
(UOOT]) la sua lingua, e tutti si meravigliaro- Era con lui (~v IJ.E't' aòtou)- Il codice di Be-
no; si apri poi la sua bocca» (cfr. Mc 7,3S). za (D) e alcuni testimoni della Yetus Latina
1,65 Questi avvenimenti (tà pl}Lata)- Il ter- non hanno il verbo, cosi che la frase diventa
mine pfl~ è ambivalente e indica sia «paro- parte della domanda: «Che cosa sarà mai
la>) che «fatto». questo bambino, dal momento che la mano
1,66 Ne/loro cuore (Èv ttì tcapli(q. aùtwv)- del Signore è con lui»? Una simile lettura
Nella Bibbia il termine tcapli(a non indica la elimina l'osservazione che il narratore riser-
sede della vita psichica e spirituale (accezio- va unicamente al lettore.

Il nome. Il racconto accorda grande importanza non alla circoncisione ma


all'imposizione del nome. Il nome esprime la personalità del bambino e indica
il disegno di Dio su di lui. L'accento, poi, non va sul significato etimologico
del nome (che non viene precisato), ma sul fatto che l'imposizione di un simile
nome obbedisce al piano rivelato da Dio a Zaccaria per mezzo dell'angelo. Il
lettore era stato già messo a parte di tutto ciò (cfr. l, 13 ); se, dunque, il suo vo-
lume di conoscenza non cresce, la narrazione gli fa cogliere il compimento della
promessa. Tuttavia né Zaccaria né Elisabetta hanno spiegato perché il bambino
si chiami Giovanni; nemmeno sappiamo come la donna abbia conosciuto la
volontà divina. Le domande aperte si accumulano: il processo di rivelazione è
solo ali 'inizio.
LUCA 1,67 68

67 Kaì zaxap{a(; ò mmìP aìrcoO ÈnÀ~oel'J rrvru}l<noç àyioo Kaì


Èrcpo<p~t"EUOEV ÀÉyWV"
68 EÙÀoyl')-rÒç Kuptoç ò Seòç -roO 'Icrpa~À,

on ÈTtECJKé~a-ro KaÌ È1t0ll'JOEV Àu-rpwcrtv -r<f> Àa<f> aÙ-roO,


69 KaÌ ~YElj)EV KÉpaç OW't"l')ptaç ~}liV

tv otK<p l!aoì~ nat~òç aù-roO,


7°Ka8wç tÀaÀl')crEV ~tà cr-r6}la-roç -rwv àyiwv
' ' atwvoç
an ,_ - ,
npocpl')-rwv ao-roo, -
71 crw-rl')piav E:~ txepwv ~}lwv

Kat' 'EK xe:tpoç


'
nav-rwv
'
-rwv
-
}ltcroov-rwv
,
l')}laç,
r-

1,68 Benedetto (Eùloy'ltéc;) - L'aggetti- indica l'iniziativa salvifica e misericor-


vo verbale nel NT è riferito unicamente diosa di Dio (cfr. Es 4,31; Sal 79 ,l 5;
a Dio (o a Cristo); per l'uomo si utilizza Zc 10,3; Rt 1,6).
il participio perfetto fÙÀO'Y'l~Évoc; (cfr. Riscattato (trro( "'IEV lutpwow) -Alla lette-
1,42). La benedizione è formulata come m: «ha fatto riscatto»; il sostantivo richiama
in molti passi dell' AT (cfr. l Sam 25,32; l'esodo, quindi la dimensione storico-salvi-
IRe 1,48; 8,15; Sal4l,l4; 72,18; 106,48; fica dell'intervento di Dio.
ecc.). Il suo popolo (t<\ì A.a4ì uòtoiì)- Un dativo di
Ha visitato (ÉTTEOKfljluto) - Il verbo vantaggio: «in favore del suo popolo».
ÉTTLOKÉTTto~uL («visitare», <<esaminare») 1,69 Una salvezza potente (K~puc; owt'lP(uc;)

Il Benedictus. Il cantico- che è caratterizzato da una sintassi molto com-


plessa, essendo composto da due sole proposizioni (vv. 68-75.76-79)- si apre
con la lode per la visita che Dio ha già realizzato (v. 68) e si chiude sospeso sul
futuro: Dio visiterà nuovamente il suo popolo (v. 78). L'effetto di tale visita
è la liberazione (ovverosia la redenzione) realizzata dal Messia davidico, che
rivela la sua potenza di salvezza (v. 69). Il cuore dell'inno è rappresentato dai
vv. 72-73, dove l'alleanza di Dio col suo popolo è richiamata dal giuramento
ad Abraam (cfr. Gen 17,4; 22,16-17; Sal 89,4.35-36; 105,8-9; Sap 12,21;
18,22). La fedeltà di Dio si distende nella storia fino alla venuta del Messia,
per mezzo del quale Dio manifesta la sua misericordia e libera il suo popolo
dalla schiavitù del peccato. L'inno, dunque, a differenza del Magnificai, è
esplicitamente cristologico ed è focalizzato sul Messia più che su Giovanni
Battista. La discussione sulla sua origine (inno giudaico, giudeo-cristiano,
battesimale) giunge a conclusioni che restano puramente ipotetiche. Tre sono
le unità che lo compongono, corrispondenti ai tre soggetti dei verbi principali:
quanto ha fatto Dio (vv. 68-75), il futuro compito del bambino (vv. 76-78a) e
quello che farà la stella e/o il germoglio (vv. 78b-79). Zaccaria ha un duplice
ruolo: è il padre del Battista e il rappresentante della speranza escatologica
d'Israele. Lo sguardo profetico intreccia i differenti momenti della storia della
69 LUCA 1,71

67 Zaccaria, suo padre, fu ricolmo di Spirito Santo e profetò


dicendo:
68 «Benedetto il Signore, Dio d'Israele,

poiché ha visitato e riscattato il suo popolo,


69e ha fatto sorgere per noi una salvezza potente

nella casa di David suo servo,


70 come aveva annunciato da lungo tempo per bocca dei suoi santi

profeti,
71 salvezza dai nostri nemici

e dalle mani di tutti coloro che ci odiano.

-Alla lettera: «un como di salvezza»; il cor- re: «dai tempi antichi» (cfr. Gen 6,4); tipica
no è metafora di forza e potenza (cfr. l Sam espressione lucana (cfr. At 3,21; 15, 18).
2,10; lCr 25,5) oppure segno di Dio stesso 1,71 Dai nostri nemici(~~ ~xOpc;ìv 1\Lwv)-
(cfr. 2Sam 22,3; Sall8,3): qui indica il Mes- Cfr. Sal 106, l O. l «nemici» nell' AT sono gli
sia (cfr. Sal 132, 17; Ez 29,21 ). avversari di Dio (cfr. Nm 10,34; Dt 32,41),
Casa di David (oiK~ L\auili) - Il nesso fra del suo popolo (cfr. Lv 26,17; Dt 30,7),
quanto cantato da Zaccaria e Gesù è stabilito dei singoli individui (cfr. 2Sam 22,18; Sal
dal lettore, che conosce l'annuncio a Maria 18,18.41 ). Non è da escludere un riferimen·
(cfr. 1,27.32). to politico, che però non preclude una più
1,70 Da lungo tempo (cin' ai.wvat;)- Oppu- profonda dimensione teologica.

salvezza: l'opera di Giovanni in riferimento alla promessa di Dio e l'opera


di salvezza di Gesù.
Una serie di convergenze. Nella dinamica del racconto dell'infanzia il
Benedictus è un vero e proprio punto di convergenza. Posto sulla bocca
di Zaccaria, l'inno rappresenta la risposta umana alla rivelazione divina.
In primo luogo s'intrecciano le modalità per mezzo delle quali Dio finora
si è manifestato: come Maria, anche Zaccaria è stato destinatario di una
rivelazione angelica e, come Elisabetta (cfr. v. 41 ), è ricolmato di Spiri-
to Santo (v. 67). Nell'episodio della visitazione Elisabetta profetizzava,
ovverosia parlava ispirata a proposito del ruolo di Maria ali' interno del
piano divino; Maria, invece, lodava Dio con le parole del Magnificai. Ora
lode e profezia si fondono insieme: il sacerdote benedice Dio (vv. 68-75)
e parla del ruolo di Giovanni all'interno del piano di salvezza (vv. 76-79).
Il cantico è pure una prima risposta alla domanda posta dagli astanti a
proposito dell'identità di Giovanni (cfr. v. 66). L'inno ritorna sul passato
per comprendere come Dio agisce nel presente e come agirà in futuro. Il
linguaggio è militare: il Messia è associato all'immagine del «corno di
salvezza» (traduzione letterale del v. 69), la manifestazione della miseri-
cordia è compresa come «salvezza dai... nemici» (v. 71 ), gli stessi nemici
LUCA 1,72 70

72 not~oat eÀfoç }lETà t'WV nat'épwv ~}lWV


KaÌ }lVfl0'8~vat Sta8~Kll<; àyiaç aùt"ou,
73 opKOV 8v W}lOO'EV npòç 'A~paà}l t'ÒV nat'épa ~}lWV,

t'oli Souvat ~}liv 74 à:cp6~wç ÈK XEtpòç txepwv puo8évt"a<;


Àat'pEuEtv aùt'<f> 75 èv òm6t'fln Kaì StKatocruvn
,, ,_, _,,t-
EVWntOV aUt'OU naoat<; t'al<; fl}lEpat<; fl}lWV.
76 Kaì où Sé, natSiov, npocp~t'fl<; òljJiot'ou KÀflS~on·

nponopEuon yàp èvwmov Kupiou hot}laoat òSoùç aùt"ou,


77 t"ou Souvat yvwmv owt'flp{aç t'<f> Àa<f> aùt"ou

èv à:cpéoEt <Ì}lapnwv aùt'wv,


78 Stà onÀayxva èMouç 8Eoli ~llwv,

Èv OÌ<; ÈntO'KÉ\jJEt'at ~}léi<; Ò:Vat'OÀ~ È~ U\jJOU<;,


79 Èmcpéivat roiç Èv O'KOt'El KaÌ O'Kl~ 8avarou Ka8ll}lfvot<;,

t'OU Kat'Eu8uvat t'OÙ<; n6Saç ~}lWV EÌ<; òSòv EÌp~Vfl<;.

1,72-73 Ha avuto misericordia ... si è ricor- in quanto è attratto dal pronome relativo.
dato ... giuramento fatto (troLila«L H.roç ... 1,74 Dalla mano dei nemici (ÉK xupòç
ov
jJ.VTJC19flVUL ... opKOV WtJ.ooev)- Secondo èxepc;>v) - Alcuni codici leggono: «dei no-
una suggestiva ipotesi le tre azioni divine al stri nemici», ma si tratta di un'assimilazione
centro dell'inno in ebraico hanno la stessa al v. 71.
radice dei nomi dei tre personaggi: Giovanni Di servir/o (ÀatpeUE:w uòtC\))- Il verbo ha un
(Dio fa misericordia), Zaccaria (Dio si ricor- senso cultuale (il servizio d'Israele in quanto
da), Elisabetta (Dio ha giurato). Questi indizi popolo sacerdotale [cfr. Es 19,6; Gs 24,14]),
rimanderebbero a un'antica forma ebraica ma non può essere ridotto al servizio al tem-
dell'inno. pio (cfr. 2,37) ed esprime la conseguenza
1,72 Ha avuto misericordia (troLf)a«L Uroç) della liberazione (cfr. Es 3,2; At 7,7).
- Espressione tipica della Settanta (cfr. Gdc 1,75 Santità e giustizia (l:v òauh11n KuÌ.
1,24; 8,35; IRe 20,8; Rt 1,8): l'azione mi- liLKULOOUV(l)- Coppia di sostantivi che com-
sericordiosa di Dio si manifesta come libe- pare in Sap 9,3 per determinare le modalità
razione e salvezza. attraverso le quali Dio governa il mondo.
1,73 Giuramento fatto (opKov Bv WtJ.OOEV) 1,76 Profeta dell'Altissimo (trpocjl~t'llc;
- Alla lettera: «giuramento che giurò». ùljl~atou)- Espressione assente daii'AT ma
Benché il sostantivo opKOV sia apposizione analoga a «profeta di YHWID> (cfr. l Re 18,22;
del precedente liLu9~K11<; è all'accusativo, 22, 7). Giovanni è posto in relazione con il

sono descritti come coloro che agiscono contro Israele impedendogli di


servire il Signore (v. 74).
La remissione dei peccati. Come i profeti hanno interpretato e trasmesso la
promessa fatta ad Abraam (v. 70}, cosi Zaccaria profetizza (cfr. v. 67} a proposito
di Giovanni, il «profeta dell'Altissimo» (v. 76), colui che annuncerà la visita di
Dio al suo popolo. La novità sostanziale di quanto Zaccaria dice riguarda non
71 LUCA 1,79

72 Ha avuto misericordia per i nostri padri


e si è ricordato della sua alleanza santa,
73 (cioè il) giuramento fatto ad Abraam nostro padre

di donarci, 74 liberati dalla mano dei nemici,


di servirlo senza timore 75 in santità e giustizia
al suo cospetto per tutti i nostri giorni.
76 E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo,

infatti camminerai al cospetto del Signore preparandogli le strade,


77per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza

nel perdono dei loro peccati,


78 grazie alla profonda misericordia del nostro Dio

ci visiterà un astro che sorge dall'alto


79per risplendere su quelli che si trovano in oscurità e ombra di morte,

per guidare i nostri passi su una strada di pace».

Messia, chiamato «Figlio dell'Altissimo» scelta seguita anche da diverse versioni, che
(1,32). però sembra essere un'assimilazione al v. 68.
Al cospetto del Signore (~vwmov Kup(ou)- Il Un astro che sorge dall'alto (tivatoÀ.~ ~~
termine KUpLoç nella Settanta indica YHWH; IJIJiouç)- Se la seconda parte dell'espressio-
qui, però, il «Signore>> è il Messia e il Batti- ne (<<dall'alto») rimanda a Dio (cfr. 24,49},
sta ne sarà il precursore. è difficile capire il senso di tivatol~ (alla
1,78 Profonda misericordia (otrlciyxva lettera: «il sorgere»). Può indicare «l'alba»
lliouç)- Alla lettera: «viscere di misericor- o «un astro luminoso» (coerente col conte-
dia». In senso fisico tà anlcinva sono gli sto, in particolare il v. 79), oppure, tenendo
organi interni dell'uomo; in senso traslato conto dell'uso del termine in Ger 23,5; Zc
sono la sede dei sentimenti, in particolare 3,8; 6, 12 alludere al «virgulto» davidico (cfr.
la compassione, la pietà, la misericordia; anche Nm 24, 17).
cfr. il Testamento di Zabu/on: «Negli ulti- 1,79 Per risplendere ... di pace (ÉTrLcjlavaL ...
mi giorni Dio manderà la sua compassione dp~vnç) - Allusione combinata a Is 9, 1-2;
(orrì.linvov) sulla terra e là dove troverà vi- 42,7; Sal106,10 LXX (TM 107,10); indica
scere di misericordia (anlciyxva U.éouç), là la strada aperta dal Battista che per mezzo
abiterà» (8,2). della predicazione della penitenza, della con-
Ci visiterà (ÉtrLOKÉljl~taL) - Molti manoscritti versione e del perdono introduce nel tempo
hanno l'aoristo (ÉtrwKÉljlato, «ci ha visitati»), salvifico del Messia.

tanto la salvezza e la misericordia (temi già annunciati nel Magnificai) quanto la


remissione dei peccati (cfr. v. 77), manifestazione della profonda misericordia di
Dio (cfr. v. 78). Narrativamente l'inno conduce il lettore alla soglia della nascita
del Messia, )'«astro che sorge dall'alto» (v. 78).
Giovanni nel deserto. Mentre Zaccaria ed Elisabetta spariscono, il pia-
no divino rimane al centro della narrazione. Tuttavia, un tale piano ha un
LUCA 1,80 72

80Tò 5f: mn5iov 11u~avev KaÌ ÈKpa-ra\00-co JtVEu~an, KaÌ ~v Èv


-raiç Èp~~otç Ewç ~~Épaç àva5Ei~Ewç aò-rou npòç -ròv 'Iopa~À.

2 1 'EyÉve-ro 5f: ÈV -raiç ~~patç ÈKEivatç È~fjÀ9ev &Swa napà


Kaioapoc; Aòyofutou ànoypacpeo9at rnioav nìv oiKou}JÉVrlv.
2 aU"Cll ànoypacp~ JtPW"Cll ÈyÉvE-ro ~YE~ove6ovroc; "Cfjç I:upiaç

KUP11VlOU. 3 KaÌ ÈTt:OpaJOV"CO nav-reç ànoypacpeo9at, EKaO"Coc; Eiç nìv


Èavrou n6Àw. 4 ~vÉ~115È KaÌ 'Iw~cp ànò "Cfjç faÀlÀaiaç ÈK n6kwç
Na~apÈ9 Eiç nìv 'Iou&rlav Eiç n6Àw ~auì5 ~nç Kaki-rat B118ÀÉE}l.
5t.à -cò EÌvm aò-ròv ~ oiKou KaÌ nmptfu; ~aui5, 5 ànoyp<lqJaoSat oùv
MapuÌ}.l 'tfj È~VllO"CEUlJÉVTl aò-cq>, OUOfl Èyl<t)(f>. 6 'EyÉVE-ro 5È ÈV -rq) EÌvat
aò-coùç È1<d hl~o91loav ai ~~pat -rou 'tEKEiv ~v. 7 KaÌ E"CEKEV -ròv
uìòv aò"Cfjç -ròv rcpw-r6-coKOv, KaÌ Èoltapyavwoev aò-còv KaÌ àvhltvev
aò-ròv Èv cpa-cvn, 5t6n oòK ~v aòroiç -r6noç Èv -rql KaraÀu~an.

1,80 Cresceva (!lil~a.vev) - AJiusione aJia apostoli (cfr. At 16,4). Dal punto di vista giu-
crescita di Isacco (cfr. Gen 21,8) e Sansone ridico romano un OOyj.Ul implica una consul-
(cfr. Ode 13,24). tazione del Senato cui segue un decreto. Più
Nello spirito (TTVE'Uj.L«tL)- L'espressione è che su simili dettagli l'accento di Luca va
ambigua: può indicare la crescita interiore suJI'esercizio deJI'autorità.
di Giovanni, oppure (meno probabilmente) L 'intero mondo abitato (oLKOU~V11) -Equi-
riferirsi allo Spirito Santo (cfr. 1,1 5.41). vale al latino orbis terrarum, cioè l'impero
Regioni deserte (tv ta.ic; {pl\lOLc;)- Il plurale romano (cfr. Polibio, Storie 6,50,6: «l Roma-
(che non ha paralleli) offre un'ambientazio- ni ... in poco tempo assoggettarono l'intero
ne che sarà poi ripresa in 3,2. mondo abitato))).
Manifestazione (Uva&~Lc;)- Termine raro, che 2,2 Questo primo censimento (a. '11 v
indica la cerinlonia d'investitura di un re (il àrroypa.cji'Ì) rrpwt11 ÉyÉvno) - Alla lettera:
suo insediamento) oppure la presentazione al «questo fu il primo censimento, avvenne
popolo di una statua di una divinità provenien- quando Quirinio ... )). Anche dando a rrpc.)n, il
te da un tempio; si tratta dunque dell'insedia- senso di rrp<o}tepoc; (precedente, anteriore, cfr.
mento ufficiale per svolgere una funzione ben At l, l) non si elimina la difficoltà storica;
precisa (cfr. il Verbo cXVa.liEl.KV\+LL in l 0, l). la traduzione: «Questo censimento avvenne
2,1 Decreto (liOyj.L«) -Termine tecnico per prima che Quirinio fosse governatore)) fa
indicare un editto reale (cfr. Dn 3,10; 4,3; violenza al testo ed è dunque da scartare.
6,9.10) o un'ordinanza da parte dell'autori- Era governatore (TrYE'IJ.OVEUovtoc;)- Il verbo,
tà imperiale (cfr. At 17, 7) come pure degli pur richiamando il titolo irf~v («governato-

percorso del tutto singolare, ancora fra manifestazione e nascondimento.


Come Elisabetta restava nascosta cinque mesi, così Giovanni rimane nel
deserto (cfr. v. 80). Ma il narratore mette a parte il lettore della sua futura
manifestazione a Israele. A questo punto il racconto transita dal Battista
a Gesù.
73 LUCA2,7

8011 bambino cresceva e si fortificava nello spirito, e stava in


regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.

2 In quei giorni uscì un decreto di Cesare Augusto per


1

censire l'intero mondo abitato. 2Questo primo censimento


fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 3Tutti
andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4Anche
Giuseppe dalla Galilea, dalla città di Nazaret, salì in Giudea,
nella città di David chiamata Betlemme, perché era della
casa e della famiglia di David, 5per farsi censire con Maria,
che gli era stata data in sposa ed era incinta. 6Mentre erano
là, si compirono per lei i giorni del parto 7e partorl il suo
figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo adagiò in una
mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'alloggio.

re»), ha un senso generico, in quanto in Siria 2,5 Gli era stata data in sposa (tl1
c'era un /egatus Augusti pro pra!tore, cioè un É~VT)OtE1J1.4ÉvtiiXÒtQ)- Come in 1,27. Alcuni
governatore della provincia imperiale. manoscritti e alcune versioni hanno introdot-
2,3 Ciascuno nella propria città (ÉK(Wtoc; Ele; to una glossa (yuva~KL, «donna», «moglie»)
tÌ)v Éautou noÀ~v)- La pratica di recarsi nella per attenuare il verbo che rimanda al sem-
città avita è attestata da un solo papiro egizia- plice fidanzamento. L'osservazione, unita
no (dell04 circa d.C.): «Essendo imminente alla seguente («ed era incinta»), sottolinea
il censimento familiare, è necessario notifica- la concezione verginale.
re a tutti coloro che per qualsiasi ragione sono 2,7 Suo figlio primogenito (npwtétot<:oc;) - La
assenti dai loro distretti di tornare alle proprie precisazione non comporta l'esistenza di altri
case, per compiere le consuete pratiche del figli (<<primo di molti»); sottolinea piuttosto
censimento». Estendere questa regola anche che Gesù aveva i privilegi del maschio primo-
alla provincia della Siria è abbastanza arduo. genito all'interno di una famiglia (cfr. 2,22-40).
2,4 Città di David (noÀ~v l11Xui~)- Nell' AT Per loro (1Xbroic;)- Un dativo d'interesse: «essi
la cittadella di Zion (e per estensione Geru- non disponevano per le loro cure del neonato
salemme) è detta «la città di David» (2Sam nemmeno di uno spazio nella camera» (Benoit).
S,7.9; 6,10.12.16; 2Re 9,28; 12,22; 2Cr S,2). La tradizione che Gesù sia nato in una grotta ini-
A Betlemme David è nato ed è stato unto re zia con Giustino (cfr. Dialogo con Trifone 78).
da Samuele (cfr. l Sam 16,1-13 ). Luca opera Alloggio (Ka't&À.qaa)- Non un «albergo» o un
dunque uno slittamento in quanto la città di «caravanserraglio» (navooxEi.ov, cfr. 10,35),
David è solitamente Gerusalemme. bensi una «stanza», un «locale» (come in 22,11 ).

2,1-20 La nascita di Gesù


L'episodio è suddiviso in tre momenti narrativi, distinti sia per il muta-
mento della composizione di luogo, sia per il cambiamento dei personaggi:
il primo (vv. 1-7) narra il fatto, la nascita di Gesù, nel suo contesto storico
e geografico, mettendo in scena Giuseppe, Maria e il bambino; il secondo
LUCA2,8 74

8KaÌ ltOl}lÉVe:ç ~oav Èv Tfi XWP(jl Tfj aòrfj à:ypauÀoOvre:ç


K<XÌ <pUÀaOOOVt'€<; <pUÀaKàç Tfjç VUKTÒ<; È1tÌ t'~V ltOl}lV'lV
aÙt'WV. 9 KaÌ ayye:Àoç KUplOU ÈltÉOt''l <XÒt'Oiç KaÌ ~6ça KUp{ou
ne:ptÉÀa}l\jJe:v aòrouç, xaì È<po~~e11oav cp6~ov }lÉyav. 10 xaì
eiTtfV aÙToiç Oayye:Àoç· }l~ <pO~e:io9e:, Ì~OÙ yàp EÙayye:Àt~O}l<Xl
ÒJ.liv xapàv }leyaÀ'lv ~nç loratnavt'Ì rq> Àaql, 11 on Èt'ÉX9'1
U}liV O~}le:pov OWt'~p oç Èonv XPlOt'Òç KUptoç ÈV TtOÀfl ~au{~.

2,8 Vegliando nella notte (cjlulaooovnç lo la congiunzione «e» (Ka(), che pare essere
cjmÀaKètc; tiiç vUKtoç) -Alla lettera: «veglian· originale in quanto meno solenne.
do le veglie della notte», una figura etimolo- La gloria del Signore- Nella Settanta, il gre·
gica (cfr. Nm 3,7.8.28; 8,26) dove la radice co&)QIKup(ou traduce l'ebraico k'bOdyhwh
del verbo è la stessa dell'oggetto. (((Splendore [o "gloria"] di YHWH»): indica
2,9 All'inizio del versetto, alcuni manoscritti la potenza che manifesta la presenza di Dio
e alcune versioni leggono: «Ed ecco» (Kat (cfr. Es 16,7.10; 24,17; Ez 1,28).
i6ou). I manoscritti più prestigiosi hanno so- Essijùrono presi da grande timore(~

(vv. 8-14) racconta l'apparizione angelica ai pastori, cioè l'annuncio e l' interpre-
tazione di quel fatto; nel terzo momento (vv. 15-20), infine, i due gruppi umani
s'incontrano. Al culmine del racconto si trova non tanto il solenne annuncio an-
gelico che proclama l'identità di Gesù (v. 11), quanto l'incontro fra i pastori e il
bambino avvolto in fasce e adagiato nella mangiatoia. La visione di quel segno
(v. 17) provoca la reazione dei presenti (v. 18) e di Maria (v. 19). V'è qui una
duplice sottolineatura: l'oggetto di tutte queste reazioni umane è non solo il nudo
messaggio, ma soprattutto il messaggio considerato unitamente al segno.
Il censimento di Quirinio solleva una serie di problemi dal punto di vista storico.
Ottaviano Augusto, infatti, regnò dal 43/42 a.C. sino al 14 d.C. e, per quanto ne
sappiamo, fece un paio di censimenti (29 e 8 a.C.) ma dei soli cittadini romani.
Erode il grande (cfr. 1,5) regnò dal 37 al4 a.C., ma non ci risulta che abbia preso
simili iniziative. Quirinio, invece, divenne governatore della Siria nel6 d.C. (cosi
attesta Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche 18,1,1 §§ 1-3) e in quell'occasione
fece il censimento della sola Giudea (cfr. At 5,37). I dati a proposito del re e quelli
circa il governatore romano sono in chiaro contrasto: com'è possibile che Gesù sia
nato al tempo di Erode (verosimilmente nel6 a.C.) e in occasione del censimento
di Quirinio? Non si conosce poi l'usanza di recarsi nella città degli antenati per
farsi registrare, in quanto il censimento era collegato alla tassazione e, dunque, al
luogo di residenza. I dati storici, cioè, non coincidono con le notizie offerte da Luca.
Perché allora simili informazioni? Luca, inquadrando gli avvenimenti dentro la più
ampia vicenda storica, stabilisce un nesso e fornisce una chiave interpretativa. L'im-
peratore, ordinando il censimento, è posto dall'evangelista al servizio del piano di
Dio: proprio allora nasce il Messia. Ma v'è pure una nota sottilmente ironica: Luca
mostra che il salvatore non è l'imperatore romano (che proprio cosi era acclamato) e
la pace sulla terra (cfr. 2,14) è legata non alla sua persona, ma a colui che è apparso
nel mondo, ovverosia Gesù. Per mezzo poi del viaggio a Betlemme, Luca offre la
ragione per la quale Gesù è nato nella patria del re David e non a Nazaret, luogo
dove poi crescerà (cfr. 2,51; 4,16). C'è qui un'allusione alla profezia di Michea (cfr.
75 LUCA2,11

8C'erano in quella regione pastori che pernottavano all'aperto


e facevano la guardia alloro gregge, vegliando nella notte. 9Un
angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li
avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l'angelo
disse loro: «Non temete. Ecco, vi annuncio una buona notizia
che sarà una grande gioia per tutto il popolo: 11oggi nella città di
David è nato per voi un salvatore, che è Messia Signore.

cjifDIIIJÉ'(av)-Allalettera: «s'impaurironodigran- Cesare «manifestazione divina e com ~me sal-


depaura», Wl'altrafiguraetimologica(cfr. v. 8). vatore della vita wnana»; un'iscrizione egi-
2,11 Oggi (a~pov)- Cfr. nota a 4,21. ziana (l sec. d.C.) chiama Nerone «salvatore
Salvatore (owtivJ)- In 1,47 era riferito a Dio; e benefattore della terra intera».
ora è utilizzato per Gesù, già definito «forza Messia Signore (xpLotòc; KUpLo<;)- La formu-
di salvezza» (l ,69). Il titolo era regolannente la compare solo qui in tutto il NT. Un paio
usato in Oriente per l'imperatore. Un'iscrizio- di testimoni della Vetus Latina normalizzano
ne del48 d.C. trovata a Efeso definisce Giulio leggendo: ((il Messia del Signore».

Mi 5,1) a proposito di Betlemme e ci si riallaccia alla promessa fatta a David (cfr.


2Sam 7,13-14) evocata da Gabriele a Maria (cfr. 1,32-33).
L 'annuncio ai pastori. L'interpretazione che definisce i pastori gente umile,
povera e disprezzata, addirittura il simbolo dei peccatori che Gesù è venuto a
salvare, appare problematica, in quanto troppo dipendente da testi tardi della tra-
dizione ebraica. Se il riferimento all'umiltà quadra (soprattutto nella dinamica del
racconto, che inizia con Cesare Augusto e ora passa ai pastori), la composizione di
luogo spinge fortemente a cogliere un riferimento a David, il pastore di Betlemme
(cfr. ISam 16,11; 17,15; Sal 78,70) scelto da Dio. L'apparizione dell'angelo del
Signore segue il modello dell'annunciazione a carattere epifanico: comparsa del
messaggero celeste che parla in nome di Dio, timore dei destinatari, messaggio
dell'inviato (con un invito a non avere paura e la proclamazione della salvezza
che si rivela), segno. Il v. Il fornisce il contenuto della proclamazione e la ragione
della gioia. Ai pastori sono offerte notizie già conosciute dal lettore: il che cosa
(«è nato»), il quando («oggi»), il chi («salvatore, Cristo [cioè Messia], Signore»),
il dove («nella città di David»). Ogni elemento è fortemente pregnante. Il termine
«oggi» oltrepassa il valore cronologico: il tempo sembra quasi fermarsi e fa entrare
nella storia il mondo escatologico di Dio. I titoli, poi, definiscono il ruolo di Gesù:
egli è colui che porta la salvezza («salvatore» era stato chiamato Dio in 1,47). Se
un simile titolo evoca l'idea del liberatore tipica dell'Antico Testamento (cfr. Gdc
3,9.15), v'è pure la traccia di una sottile polemica contro l'ideologia imperiale.
Gesù è anche definito «Messia Signore» (caso unico nel NT). Se il titolo «Cristo»
è legato alla messianicità ed è in consonanza con la città di David e la promessa
fatta da Dio al re d'Israele, il titolo «Signore» ha un forte senso trascendente che
supera la dimensione messianica per raggiungere quella divina. Luca, tuttavia,
unisce entrambi i titoli, cosicché l'uno determina l'altro: «Cristo» suggerisce quale
e che tipo di «Signore» Gesù sia; «Signore», invece, rivela la profondità della sua
identità messianica. Si avverte un'anticipazione e una prefigurazione della fede
pasquale della Chiesa in colui che è stato risuscitato dai morti.
LUCA2,12 76

12 Ka:Ì TOi}ro Ù}liV TÒ Oll}lEiOV, EÙprlOETE ~pÉ<poç


È:ona:pya:VW}lÉVOV Ka:Ì KEl}lEVOV È:V <pa-rvn. 13 Ka:Ì È(a:t<pVTt<;
EyÉvETO OÙV Tcfl ~ nÀfj9oç o-rpa:nfu; OÙp<XVtOU a:ÌVOUvTWV TÒV
9Eòv Ka:Ì kyév-rwv·
14 OO(a: È:V ÙlJJtOT01<; 9E<f>
\' \ - , ,
Ka:l Em Yll<; Elprtvrt
è:v àv8pwn01ç EÙOoKia:ç.
15 Ka:Ì È:yÉVETO wç ànfjÀ9ov àn' a:ù-rwv Eiç -ròv oùpa:vòv oi

ayyEÀ01, oi 1tOl1JÉvEç È:ÀaÀouv npòç àMr1Àouç· OléÀ9W1JEV o~


ewç B119ÀÉE}l Ka:Ì iOW]JEV TÒ pfj}la: TOUTO TÒ yeyovòç 8 ò KUploç
È:yvwplOEV ~}liV. 16 Ka:Ì ~À9a:v OltEUOQVTE<; Ka:Ì CÌVEupa:v TrlV TE
Ma:plà}l Ka:Ì TÒV 'IWoTt<p Ka:Ì TÒ ~pÉ<poç KEl}lEVOV È:v Tfj <pa-rvn·
17 ioév-rEç OÈ è:yvwploa:v nEpì -roO pr11Ja:-roç -rou Àa:Àrt9Év-roç

a:ù-roiç 1tEpÌ TOU na:lOiou TOUTOU. 18 Ka:Ì nav-rEç oi àKouoa:v-rEç


è:9a:U1Ja:oa:v nEpì -rwv Àa:Àrt9Év-rwv ùnò -rwv nol}lÉvwv npòç a:ù-rouç·

2,12 Questo per voi il segno (toùto u~iv tò Agli uomini della sua benevolenza (Èv
OTJI.Lfiov)- Fonnula classica nell'AI (cfr. Es &vepc.)noLc; ~:ifu<Lac;)- Nei manoscritti più pre-
3,12; ISam 2,34; 10,1; ls 7,14; 37,30; 38,7; stigiosi (codici Sinaitico [K], Vaticano [B] e al-
2Cr 32,34), che introduce i segni divini che tri, comprese molte versioni) si legge ~:ifu<l.ac;
accompagnano una rivelazione. (alla lettera: «e in terra pace agli uomini della
2,14 Gloria (Oé(a)- Benché il tennine sia lo benevolenza»), mentre in altri manoscritti e
stesso del v. 9, qui ha una sfumatura diffe- versioni si legge ~:ifu<l.a (cioè: «e in terra pa-
rente: si tratta dell'onore che gli angeli e gli ce, benevolenza verso gli uomini»). La prima
uomini rendono a Dio; cfr. Salmi di Salomo- possibilità è la più difficile (forse per questa
ne 18, l 0: «Grande è il nostro Dio e glorioso ragione è stata presto corretta) e rimanda a una
(Ev~oç), colui che abita nell'alto dei cieli». costruzione semitica, attestata pure a Qwnran

Il segno. Il contrasto fra il bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia,


e la gloria cantata dagli angeli è forte, con un effetto di straniamento (o defamilia-
rizzazione). Ma in che senso questa indicazione è definita un «segno» (v. 12), ricor-
rendo a una fonnula della Settanta? L'accento cade non tanto sulla paradossalità,
quanto sull'intervento divino che confenna il messaggio. Il fatto che il bambino
sia avvolto in fasce ricorda un'usanza nonnale e pone l'accento sull'attenta cura
per il neonato (la loro mancanza indica trascuratezza; cfr. Ez 16,4). Non è però da
escludere un'allusione a Salomone che fu «allevato in fasce e circondato di cure»
(Sap 7,4), con una sfumatura simbolica regale. Della mangiatoia, invece, parla Isaia
in una requisitoria contro Israele: «Un bue riconosce il proprietario e un asino la
mangiatoia del suo signore (kjrios), ma Israele non mi conosce, il mio popolo non mi
comprende» (Is l ,3 LXX). Il bue e l'asino sono animali preziosi per il proprietario,
al punto che fra loro e l'uomo si stabilisce un legame. Ma qui sta il paradosso: alla
77 LUCA2,18

12 Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in


fasce, adagiato in una mangiatoia». 13E all'improvviso con
l'angelo ci fu una moltitudine dell'esercito celeste che lodava
Dio e diceva:
14 «Gloria a Dio nel più alto dei cieli

e sulla terra pace


agli uomini della (sua) benevolenza».
15 Quando gli angeli si furono allontanati da loro verso il

cielo, i pastori si dicevano l'un l'altro: «Andiamo fino a


Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci
ha fatto conoscere». 16Andarono in fretta e trovarono Maria,
Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia. 17 Quando
lo videro, fecero conoscere ciò che era stato detto loro
riguardo a questo bambino. 18 Tutti quelli che ascoltavano si
meravigliarono delle cose dette loro dai pastori.

(«figli della sua benevolenza>>, Inni [IQH] decisione di Dio, che sceglie alcune persone e
12,32; «per tutti i figli della tua benevolenza» fa loro grazia manifestando la sua predilezione
Inni [IQH] 19,9), sicché è del tutto probabi- (cfr. 10,21 ). Forse qui si gioca sull'anfibologia,
le che sia l'originale. fl termine Eù'ìotcia, che indicando con I.Dl solo termine il duplice movi-
significa «compiacimento)), «volontà)>, «fa- mento dal cielo alla terra e dalla terra al cielo.
vore», «piacere)), <<decisione)), <<oonsiglio)), è 2,15 Questo avvenimento (tò pfllux tofito tò
riferito a Dio o agli uomini? LaPeshitta (<<buo- yEyov6~;) -Alla lettera: «questa parola che è
na speranza per i figli degli uomini))) e la Vul- accaduta» (cfr. il bel calco della Vulgata: hoc
gata (<<pace fra gli uomini di buona volontà)>) verbum quodfactum est). Il tennine pfllux ha
l'hanno interpretato in relazione agli uomini; valore anfibologico, indicando sia la «paro-
ma non è da escludere il riferimento alla libera la», sia l' «avvenimento)) (cfr. anche v. 19).

cura di Dio per il suo popolo, cura che dovrebbe suscitare una risposta d'amore e
di fiducia, corrispondono la ribellione e il peccato. La mangiatoia diviene cosi il
simbolo dell'azione provvidente di Dio che, invece di una risposta positiva, suscita
una forte opposizione, addirittura un rifiuto. Il passo illumina il «segno»: il bambino
adagiato nella mangiatoia evoca la profezia ed è il simbolo dell'amore di Dio nei
confronti del suo popolo. Il capovolgimento è radicale: l'ira di Dio non pesa più sul
popolo peccatore; i pastori, ormai, riconoscono nel bambino, la cui nascita portatrice
di pace era cantata dagli angeli, il Messia, il Signore, il salvatore.
Le reazioni. Lo stupore degli astanti per le parole dei pastori non è da leggere
come incapacità a comprendere; esso, invece, sottolinea la reazione umana di
fronte alla rivelazione di Dio che si rende visibile e tangibile, pur nel paradosso
di una nascita così umile. Maria, invece, è descritta come colei che custodisce
tutte queste «parole avvenute» (cfr. nota a 2,15) e insieme le soppesa nel suo
LUCA2,19 78

19 ~ 0€ Maptà}.t mivm cruvEn1pa t'eX p~lJ'lt'a mOta auJ.113aMouoa Èv tfi


Kap~~ aùtilç. 20 KaÌ ùnfot'JEPav olnot}JÉVEç ~a~ovtEç KaÌ aivoOvrEç
t'ÒV 8EÒV È:7tÌ rnXcnv o«; ~KOuoav KaÌ d&lv Ka8Wç ÈÀaÀ~St, npòç a&ro6ç.

21 Kaì Ot'E ÈnÀ~cr8rtcrav ~}.lÉpat ÒKt'W t'OU 1tEp1t'E}.lEiV aut'ÒV KaÌ


ÈKÀ~STJ t'Ò OVO}.la aut'OU 'Irtcrouç, t'Ò KÀTJ8Èv unò t'OU àyyÉÀou npò
t'OU OUÀÀTJ}.l<p8fjvat aut'ÒV ÈV t'fi K01Àl~.

Kaì Ot'E ÈnÀ~cr8rtcrav al ~}.lÉpat t'OU Ka8aptO}lOU aut'WV


22

Kat'à t'ÒV VO}.lOV MwiicrÉwç, àv~yayov aut'ÒV Eiç 'IEpocroÀU}.la

2,19 Custodiva tutte queste cose (navta di un segno, cioè di stabilirne la retta inter-
(JUIJf;tTpH tà tn\uxtiX mflta)- Il verbo au~ pretazione. Circa il «cuore» cfr. nota a 1,66.
(«conservare», «proteggere») caratterizza 2,20 Ritornarono (ÙnÉatpEijiiXv)- Tipico ri-
l'atteggiamento riflessivo di coloro che hanno tornello che chiude gli episodi nei cc. 1-2
avuto una visione rivelativa da custodire at- (cfr. 1,23.56; 2,40).
tentamente nella memoria, in attesa della sua Glorificando e lodando Dio (.So~açovteç
realizzazione (cfr. Giuseppe il sognatore [Gen tciXl IX l voùvtE'c; tòv 9rov) - La reazione dei
37,11], Daniele [Dn 7,28 testo di Teodozione] pastori echeggia quella delle schiere celesti
e altri personaggi della letteratura apocrifa). (cfr. 2,13-14) e ricorda l'inno dei tre fanciulli
Meditando/e nel suo cuore (aul'l3ciUoooa E:v nella fornace (cfr. Dn 3,26.55 LXX).
tt'JtciXp.S(~ IXÒ'tf)ç) - Il verbo alllli3«Àì..w (alla 2,21 Quando (tciXl ISte) -Alla lettera, «e
lettera: <<mettere insieme», <<avvicinare le quando», tipico dello stile lucano cfr.
parti») allude a un confronto che cerca di 2,22.42; 6, 13; 22, 14; 23,33. La proposizio-
afferrare il significato esatto di una parola o ne temporale introduce frequentemente il

cuore (v. 19). La sua fede (cfr. 1,38) non solo non esclude un lento processo
di comprensione; anzi, lo richiede. Da una parte, infatti, Maria ha ascoltato la
proclamazione della straordinaria identità del bambino (cfr. l'annuncio diGa-
briele); dall'altra, constata la sorprendente modalità della realizzazione della
promessa. Infine, il motivo della lode dei pastori è quanto hanno ascoltato e
.visto, secondo quello che era stato loro annunciato dall'angelo. Il nesso fra
ascolto e lode, visione e glorificazione è tipico dell'opera lucana (cfr. Le 7,16;
13,13; 17, 15; 18,43; 23,47; At 2,47; 11, 18) e segnala la grande gioia per la ma-
nifestazione di Dio. Cosi, cielo e terra sono uniti nello stesso canto di lode, e i
pastori rappresentano tutti coloro che, avendo creduto, hanno visto la salvezza.

2,21 La circoncisione di Gesù


In obbedienza alla Legge (cfr. Lv 12,3), Gesù è circonciso l'ottavo gior-
no (cfr. Gen 17,11-12), entrando cosi a fare parte del popolo dell'alleanza.
I genitori non sono nemmeno menzionati e tutti i verbi (con eccezione di
«circoncidere») sono al passivo. Maria stessa, cui l'angelo ha comandato di
imporre il nome al figlio (cfr. 1,31), non compare. Ne consegue che l'accento
79 LUCA2,22

Maria, invece, custodiva tutte queste cose, meditando le nel suo


19

cuore. 201 pastori ritornarono glorificando e lodando Dio per tutto


quello che avevano udito e visto, come era stato detto loro.
21 Quando furono compiuti gli otto giorni per circonciderlo, gli
fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima
che fosse concepito nel grembo.
22Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione, secondo
la Legge di Mosè, lo condussero a Gerusalemme per presentarlo

tema del compimento (cfr. 1,23.57; 2,6.22). 31,48). L'usodellacongilmzione KCXL, che in ita-
fiii'Ono compiuti (€1TJ..Tpeypxv)- Lo stesso verbo liano non si traduce, per introdurre l'apodosi è
è usato per descrivere l'opera dello Spirito (cfr. lucano (cfr. 2,28; 7,12; 11,34; 13,25).
1,15.41.67). Il verbo nitLnÀ.TJI.L è usato ventidue 2,22 Loro purijìcazione (-roO Kcx9cxpLOIWiì
volte in Luca e Atti e tre volte nel resto del NT. afrrwv) -Il codice di Beza (D) e alcune tra-
Per circonciderlo ('roii !!~L'tEIJ.E'i.V cxùnSv) -Al- duzioni leggono: «la sua purificazione» forse
cuni manosaitti (p. es., il codice di Beza [D]) per venire incontro alla difficoltà del plurale;
e versioni leggono: «cirooncidere il bambino». il comandamento di Lv 12,2-8 riguardava uni-
La costruzione con articolo al genitivo (wii) + camente la puerpera, ritualmente impura per
infinito esprime finalità ed è anch'essa tipica di quaranta giorni a motivo del sangue del parto.
Luca(cfr. 1,74.77.79;2,24; 4,10; 5,7; 8,5; ecc.). Gerusalemme ('!EpoaoÀ.lJIUX)- Fonna greca
Glifu messo nome Gesù- La frase_si ispira in (cfr. 13,22; 19,28; 23,7), meno frequente di
modo inconfondibile alla Settanta (ÉI<:J..{J!h, 'tÒ quella ebraica ('!EpouaCXÀ.1\J,, ventisei occor-
~cxbroii+nome,cfr.Gen 11,9;25,30;27,36; renze nel vangelo).

cade non sui personaggi ma sul fatto stesso, adempimento dell'ordine dato
da Dio: l'iniziativa resta unicamente nelle sue mani. I genitori sono rappre-
sentati sottoposti alla Legge di Mosè e al comando di Dio. Grande enfasi è
data all'imposizione del nome: Luca ricorda al lettore un dato che egli già
conosce, cioè il nome proprio del bambino, Gesù, imposto non da Giuseppe
ma dall'angelo. Il futuro ruolo del bambino è quello di essere il «salvatore»
(cfr. nota a l ,31) di tutte le genti.

1,22-40 Presentazione al tempio


Episodio suddiviso in tre parti, contraddistinte dalla presenza di differenti per-
sonaggi: nella prima parte, cioè l'episodio della purificazione (vv. 22-24), vi sono
i genitori (nemmeno citati) e Gesù; nella seconda parte (vv. 25-35) sopraggiunge
Simeone, che benedice Dio e i genitori di Gesù, pronunciando il Nunc dimittis
(vv. 29-32); nella terza parte v'è la benedizione della profetessaAnna (vv. 36-38).
Il ritorno in terra di Galilea, a Nazaret, conclude la narrazione (vv. 39-40).
Molti sono i motivi che percorrono la pericope: l'obbedienza alla Legge
(cfr. vv. 22-24.27.39), la centralità di Gerusalemme (vv. 22.25.38) e del tempio
LUCA2,23 80

napaonioat -c4> KUp~, 23 Ka9Wç yÉyparrrm Èv V0~4) KUptoU on miv


&pocv &avoiyov prjrpav ayzov rljj KVpf(fJ KÀlJBrjOEraz, 24 KaÌ -coO &,tivm
Buofav Ka"Cà -cò EÌpTJJJÉVOV Èv -c4> v6~ KUpiou, (EOyoç rpvy6vwv fj 56o
voqcovç rrEpz~v. 25 Kaì i&,ù &vepwrroç ~v tv 'IepouoaÀ~~ 4> évo~
I:u}Jfwv KllÌ ò &vepwmx; o&oç 51Klll0<; KlXÌ eùft.a~~ç npooòex6}J€Voç
nap<iKÀT)cnv -coO 'IofXlllÀ, KaÌ nvru~ ~v &ytov f.n' a&r6v 26 KaÌ ~ a&r4>
KfXPT)~o}JÉVov Ò7tÒ "COU nvru~-coç "COU àyiou ~~ iòeiv 9ava-cov npìv
[~] èÌv wn "CÒV :xplOTÒV KUptoU. 27 KllÌ Meev Èv "C4l nveU~an
€Ìç "CÒ iep6v KllÌ Èv -c4> eioayayeiv "COÙ<; yovrl(; "CÒ natÒlov 'IT)OOW
-coO nmfjom a&roùç Ka"Cà -cò eiEho}Jivov -coO v6~ou nepì a&roO

Presentar/o al Signore (mxpaoti'paL t<ji Kuplct>) (nel Testo Massoretico come nella Settanta
-n primogenito di ogni fàmiglia era oonsacrato il versetto suona in modo diverso).
a Dio (cfr. Es 13, 11-16) e doveva essere riscat- 2,24 Una coppia di tortore ((Eilyoc;
tato pagando cinque sicli d'argento (cfr. Nm tpuy6vwv)- Si tratta dell'offerta dei poveri
18, 16). Si evoca qui l'episodio di Samuele oon- (cfr. Lv 12,6.8) che sostituisce quella di un
dotto al tempio (cfr. l Sam 1,24-28; 2,20-22). agnello, più onerosa.
2,23 Come è scritto (KallW.; y€ypamaL)- For- 2,25 Un uomo giusto (ò &v9pwTroc; oùtoc;
mula introduttoria di una citazione (già in t'iLKaLoc;)- Il narratore caratterizza Simeone
2Re 14,6 e come in At 7,42; 1.5, 1.5), in realtà come Zaccaria ed Elisabetta (cfr. nota a l ,6).
quella che segue è una parafrasi di Es 13,2 Pio (Eù~tlç)- Termine esclusivo di Luca

(vv. 27.37), la presenza efficace dello Spirito (vv. 25-27), il compimento della
promessa salvifica di Dio (vv. 25.30.38) sia per Israele (vv. 25.32.34.38) come
per i gentili (vv. 31-32). Tuttavia, il cuore dell'episodio sono le parole di Simeone
e Anna a proposito di Gesù.
Simeone e Anna. L'evangelista ama rappresentare dei dittici che affianchino
un uomo e una donna (cfr. Zaccaria ed Elisabetta in 1,5-25, Giuseppe e Maria
in 1,26-38, Naaman e la vedova di Sarepta in 4,25-27, il centurione e la vedova
in 7,1-10.11-17, il pastore e la donna in 15,4-7.8-10). Simeone e Anna sono ca-
ratterizzati in modo differente: del primo si dà una descrizione interiore (giusto,
pio, mosso dallo Spirito che è su di lui, destinatario del dono di una rivelazione)
mostrando quello che fa e che dice; della profetessa, invece, viene offerta una
descrizione puramente esteriore (gli anni, la tribù d'appartenenza, la sua perma-
nenza nel tempio) spiegando e definendo. Simeone pronuncia due benedizioni:
una indirizzata a Dio, l'altra ai genitori di Gesù; le sue parole riguardano gli
effetti della venuta del Messia a proposito di se stesso, di tutti i popoli, d'Israele
e di Maria. Il discorso di Anna, invece, non è riportato, ma v'è un riferimento
pregnante alla liberazione di Gerusalemme. Entrambi sono pii israeliti, attendono
il compimento della promessa divina (cfr. vv. 25.3 8), parlano ispirati, benedicono
il Signore, sono condotti a riconoscere nel segno del bambino Gesù la visita di
Dio. Se Elisabetta e Zaccaria profetavano nella loro casa, qui tutto avviene nel
81 LUCA2,27

al Signore, 23 come è scritto nella Legge del Signore: Ogni maschio


primogenito sarà sacro al Signore, 24e per offrire in sacrificio
una coppia di tortore o due giovani colombi, secondo quanto è
detto nella Legge del Signore. 25Ed ecco, a Gerusalemme c'era un
uomo di nome Simeone, un uomo giusto e pio che attendeva la
consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26Gli era stato
rivelato dallo Spirito Santo che non avrebbe visto (la) morte prima
di aver veduto il Messia del Signore. 27Mosso dallo Spirito,
venne al tempio e, mentre i genitori portavano il bambino Gesù
per fare quello che prescriveva la Legge a suo riguardo,

(cfr. At 2,5; 8,2; 22,12), che indica la piena la nazione (cfr. ls 40,1; 49,13; 52,9; 61,2).
osservanza della Torà. Platone caratterizza Lo Spirito Santo era (n~ii!J.Il ~v llyLov)-
con i due aggettivi «giusto e pio» l'uomo di Lo Spirito profetico di Dio è su Simeone
stato (Repubblica 311 B). (l'imperfetto sottolinea la continuità): Luca
Che attendeva la consolazione insiste sulla sua azione (cfr. vv. 26.27).
(npoo&xo~voc; nuprucl.TJOLV)- L'attesa qui 2,26 Il Messia del Signore (tòv XPLOtòv
menzionata caratterizza Simeone, Anna Kup(ou)- Espressione tipica dell'AI, che
(2,38) e Giuseppe d' Arimatea (23,5 l); la rimanda alla scelta divina di un Messia,
«consolazione» (nupaKÀ.TJOLt;) richiama la cioè l'unto, il consacrato (cfr. p. es. 1Sam
speranza postesilica per la liberazione del- 24,7.11).

tempio di Gerusalemme, cuore religioso d'Israele. Tuttavia, la profezia di Anna


rimane opaca: infatti, non è chiaro il senso delle sue parole e nemmeno la modalità
della loro realizzazione né per il lettore né per i personaggi (cfr. v. 33); solo lo
sviluppo successivo lo mostrerà.
Due intrecci. Spesso gli episodi sono una combinazione di due tipi di in-
treccio, quello di risoluzione (dove accade qualcosa) e quello di rivelazione
(dove si conosce qualcosa di nuovo). La prima scena (vv. 22-24) dà inizio
a un intreccio di risoluzione (la purificazione di Maria), che però non si
conclude. La seconda scena (vv. 25-35) mette in campo un altro intreccio di
risoluzione: Simeone attende la venuta del Messia e la sua consolazione; da
una parte egli ha ricevuto una rivelazione dallo Spirito, dall'altra è vicino
alla morte: ciò fa aumentare la tensione narrativa e fa sorgere la domanda
se egli riuscirà a vedere il Messia. L'incontro con Gesù risolve la tensione;
le attese di Simeone sono esaudite per mezzo dell'obbedienza allo Spirito.
Ma con l'ingresso nel tempio e l'obbedienza alla Legge si risolve anche il
primo intreccio di risoluzione riguardante Maria. A questo punto, però, si
apre un nuovo intreccio, riguardante proprio la persona di Gesù e realizzato
dalle azioni e dalle parole di Simeone e Anna. Il racconto, cosi, più che la
presentazione di Gesù al tempio, sembra essere la presentazione sintetica al
lettore dell'intera vicenda di Gesù.
LUCA2,28 82

28 KaÌ<IÙtÒçÈ~arocxòròEU;-ràçàyKQ:ÀaçKaÌEÙÀ6)'rlOEV-ròv&:òvJ<aidnE:v-
29 vuv àrroÀuEtç -ròv Oo0À6v oou, OÉ01to-ra,
' 't'- , , , l
Ka-ra -ro prn.1a oou ev Etpllvn·
30 on EÌOov oi. òcp9aÀJ.10l }JOU t'Ò own1pt6v oou,
31 o ~t'Ot}.laoaç Ka-rà rrp6owrrov miv-rwv -rwv Àawv,
32 cpwç eiç àrroKaÀUlpw tevwv

KaÌ Ooçav Àaou O'OU 'lopa~À.


33 KaÌ ~v ò rornìp cxòrou KaÌ ~ }.l~t'llP ~OVtEç brl miç ÀaÀou}JÉvmç

1tEpÌ cxòrou. 34 Kai EÙÀ6)'rlOEV cxòroùç lli}JEWv KaÌ EÌ7tEV rrpòç Maptà}.l -riJv
}.lllt'Épa cxòroo- iòoù oùmç KEi-rat Eiç mwmv KaÌ àvaOt"amv rroMWv Èv
-r<f> 'Iopa~À KaÌ EÌç Oll}JEiOV àvnÀfyO}JEVOV- 35 KaÌ oou [0€] aùniç ~V
lJ'lJXlÌV OtEÀEUO'Et'at po}.lcpa{a - oowç liv àrroKaÀucpewotv ÉK ltOÀÀWV

2,28 Benedisse (~òlOyT)O~V)- Verbo con wta Servo (lioiiì..oç) - Termine che definisce
forte impronta anticotestamentaria che indi- l'uomo fedele e giusto (Sal 27,9; At 4,29)
ca la recita di wta b•rakd («benedizione»), e i grandi personaggi dell'AT (cfr. nota a
cioè wta dichiarazione che riconosce in Dio 1,38).
l'autore di ogni bene. 2,31 Davanti a tutti i popoli (Ka.tci
2,29 Lasci (cboì..&Lç) - Un indicativo non 1rpoow1Tov 1r&vtwv twv ì..awv)- Allusio-
Wl imperativo (come nella CEI 1974: «ora ne a Is 52,10 («Il Signore ha snudato il
lascia>>); ci1Toì..lx.J è spesso usato nella Settan- suo santo braccio davanti a tutte le na-
ta in contesti nei quali si allude alla morte zioni; tutti i confini della terra vedranno
(cfr. Gen 15,2; Nm 20,29; 1b 3,6; 2Mac 7,9). la salvezza del nostro Dio») nel contesto
Signore (li~o1TOt11ç)- Alla lettera: «padro- della rivelazione di Dio a tutte le nazio-
ne» (cfr. At 4,24); nella Settanta traduce ni. Il termine ì..cxoç al singolare indica
talvolta l'ebraico 'iidon (cfr. Gen 15,2; Is Israele (v. 32); al plurale (v. 31) invece
1,24; 3, l), talvolta il tetragramma YHWH indica Israele e le altre nazioni. L'ordine
(cfr. Gen 4,3; Pr 29,25). di specificazione (((popoli», «Israele»)

Nunc dimittis. Il cantico di Simeone (vv. 29-32) rappresenta una sintesi


lirico-orante della teologia di Luca e anticipa temi che troveranno sviluppo
nel vangelo e negli Atti: basti pensare alla posizione enfatica di nyn («ora»,
v. 29) che si riferisce alla presenza di Cristo (cfr. 4,21 ), alla connotazione
cristologica della pace (cfr. 1,79; 2,14; 10,5-6; 19,42; 24,36), alla salvezza
universale. Si coglie un duplice sviluppo: da una parte si passa dalla vicenda
personale di Simeone (vv. 29-30) a una prospettiva universale (vv. 31-22); la
salvezza annunciata dai profeti (cfr.ls 40,5; 52,10) ora raggiunge tutti i popoli
proprio per mezzo del Messia (cfr. At 26, 16-18; 28,28), il bambino Gesù che
Simeone stringe fra le braccia. Inoltre, quella stessa salvezza è rappresentata
come una luce (cfr. ls 42,6; 49,6) che si offre come rivelazione alle genti e,
nel contempo, è gloria d'Israele, a sottolineare il ruolo permanente del popolo
83 LUCA2,35

28 egli stesso lo prese fra le bracci~ benedisse Dio e disse:


29 «0ra lasci, o Signore, che il tuo servo
vada in pace secondo la tua parola,
30perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza
31 che hai preparato davanti a tutti i popoli,
32 luce per una rivelazione alle genti

e gloria al tuo popolo Israele>>.


33 Suo padre e la madre erano meravigliati di quanto si diceva di

lui. 34Simeone li benedisse e disse a Mari~ sua madre: «Ecco:


egli si trova qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele
e come un segno di contraddizione, 35- anche a te una spada
trapasserà l'anima- perché siano svelati i pensieri di molti cuori».

è contrario alle attese (cfr. At 26,17.23; 2,33 Suo padre e la madre (o rra.t~p a.ùtoil
28,27.28) ma sottolinea ancor più l'uni- K!XL ti ll~t'lP)- Alcuni manoscritti per sal-
versalismo. vaguardare la dottrina della nascita vergi-
2,32 Luce ... gloria - l termini cjx3ç e oo~v nale di Gesù, hanno rimpiazzato l'espres-
sono da intendere come apposizioni di sione «suo padre» con «Giuseppe».
awn\pLov («salvezza», v. 30)? Oppure ~av 2,34 Di contraddizione - Il participio pre-
va considerato in parallelo a ò:rroKuÀuljiLv sente à.vnl.Eyoj.LEvov esprime l'azione conti-
(«rivelazione»)? Nella prima opzione la nua (e forse anche quella futura), indicando
«salvezza» è «luce» per i pagani e «gloria» il rifiuto della missione di Gesù (e forse an-
per Israele; nella seconda opzione la «salvez- che di quella dei discepoli).
ZIIl> diventa «luce» sia per la «rivelazione» ai 2,35 Una spada <Poi-UI>a.w) -Il termine greco
pagani, sia per la «gloria» d'Israele. La dif- indica una spada larga a doppio taglio.
ferenza delle due interpretazioni è piccola Perché (orrwç av)- La congiunzione può
La prima ci sembra sintatticamente meglio avere valore sia finale sia consecutivo. Qui
fondata. prevale la seconda accezione.

ebraico. Il libro degli Atti si chiude con un discorso di Paolo ai giudei di Roma
(cfr. At 28,28): le sue parole sono un'eco di quanto aveva detto Simeone (Le
2,29-32). La salvezza di Cristo ha raggiunto tutte le genti: nel momento in
cui Paolo è giunto a Roma, nel cuore dell'impero, il vangelo può diffondersi
in tutta la terra.
Una spada. La parentetica del v. 35 ha generato una ridda di interpretazioni.
Origene vedeva nella spada la metafora del dubbio di Maria, Epifanio il marti-
rio, Ambrogio la profonda comprensione della parola di Dio. L'interpretazione
più diffusa rilegge la sentenza di Simeone alla luce di Gv 19,25-27, facendo di
Maria la mater dolorosa. Tuttavia, leggere Luca per mezzo di Giovanni è pro-
blematico. Rimanendo, invece, all'interno del racconto, l'immagine della spada
è da collegare con il «segno di contraddizione» (v. 34): si tratta dell'opposizione
LUCA2,36 84

KapÒlWV ÒtaÀO)'lCJ)JOi. 36 KaÌ ~V ''Avva rtpocpfjnç, 6uyat11p


«<>avou~À, È:K cpuÀfjç ~orlP" aOTflrtpo~E~T]KUia Èv ~}JÉpatç rtoÀÀaiç,
~~cracra }JE"Cà à:vòpòç Etll Ért-cà à:rtò "Cfjç rtap6EV{aç aù"Cfjç 37 KaÌ
aùnì X~pa EWç f-cwv òyòo~KOV"Ca "CEcrcrapwv, ~ OÙK à:cptcr"Ca"CO "COV
iEpou VT]CJ"CEtatç Kaì òe:~cre:mv Àa-cpe:uoucra vuK-ca Kaì ~lJÉpav. 38 Kaì
aù"Cfj "Cfi wp':l È:mcr"Cacra à:vew}loÀoyEi-co -c<f> 6e:<f> Kaì È:À<XÀEtTtEpì
aù-coO 1t1XCJ1V -coiç rtpocrÒEXO}JÉVOtç Àu-cpwmv 'Ie:poucraÀ~}J. 39 KaÌ wç
È"CÉÀEcrav rtav-ca -cà Ka-cà -còv v6}lov Kup{ou, ÈTtÉcrTpe:wav Eiç nìv
faÀ\Àa{av Eiç rt6Àtv Éau-cwv Na~apée. 40 Tò òè: rtatò{ov 11uçavEV
KaÌ ÈKpa-catOV"CO TtÀT]pOU}JEVOV cro<pt':l, KaÌ xaptç 6e:o0 ~V è:rt' aù-c6.

41 Kaì Èrtope:uov-co oì yove:iç aù-coO Ka-c' l-coç Eiç 'It:poucraÀ~}l


-cft Éop-cft -coO rtacrxa. 42 Kaì o-ce: è:yéve:-co €-cwv òwòe:Ka,
à:va~aw6v-cwv aù-cwv Ka-cà -cò leoç Tfjç Éop-cfjç

2,36 Profetessa (1Tpocjlt;nc;) -Come Miryam presentazione d'Israele (sette volte dodici).
(cfr. Es 15,20), Debom (cfr. Gdc 4,4), Hul- Servendo O.«tpEoooou)- An com una volta si
da (cfr. 2Re 22,14; 2Cr 34,22) e la moglie ricalca il modello di Giuditta (cfr. Gdt 11, 17;
d'Isaia (cfr. Is 8,3). si veda anche At 26, 7).
Giovinezza (1Tup9Ev(a) - Letteralmente: 2,38 La liberazione di Gerusalemme
«verginità». È il primo dei tre periodi della (ÀlJtpwoLv 'lEpououÀ.~IJ.) - Gerusalemme è
vita di Anna: la verginità, il matrimonio e una sineddoche (cioè la parte per il tutto)
la vedovanza. per parlare d'Israele.
2,37 Vedova (x~pu)- Non è chiaro se Anna 2,40 Sapienza ... grazia di Dio (oo4llu ...
sia vedova da ottantaquattro anni (avrebbe xapLc; 9Eoiì) - La «Sapienza» descrive la
cosi circa centocinque anni, l'età di Giudit- crescita di Gesù (cfr. anche 2,52) e prepa-
ta [cfr. Gdt 16,23] che la sua figum evoca m la presenza dello Spirito che animerà la
[cfr. Gdt 8,4-8]), oppure abbia ottanta- sua missione (cfr. 3,22; 4, l). La «grazia di
quattro anni. Il numero (dodici volte sette) Dio» rimanda ali' assistenza divina. Sapienza
rappresenterebbe l'abbondanza e la perfe- e grazia sono gli attributi tradizionali degli
zione; oppure Anna sarebbe la perfetta mp- uomini di Dio (cfr. At 7,10).

e del rifiuto cui andranno incontro Gesù e l'annuncio del Vangelo (negli Atti).
Anche Maria non è esente dalla sfida della retta interpretazione del segno di
suo figlio. L'accento cade sulla difficoltà a obbedire alla parola di Dio (in linea
con 8,21; 11,27-28).
La crescita di Gesù. Ancora un versetto di transizione, o sommario (2,40).
La descrizione allude alle notizie di crescita dell'Antico Testamento: Isacco
(cfr. Gen 21,8), Sansone (cfr. Gdc 13,24), Samuele (cfr. l Sam 2,21.26; 3,19).
Il confronto con il Battista mostra la differenza fra i due: se Giovanni cresce
e si fortifica nello spirito (cfr. 1,80), la notizia circa Gesù è più complessa.
85 LUCA2,42

36C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuel, della tribù di


Asher. Era avanti negli anni, avendo vissuto sette anni col marito
dal (tempo) della sua giovinezza; 37poi era rimasta vedova e ora
aveva ottantaquattro anni; non si allontanava dal tempio, servendo
(Dio) con digiuni e suppliche notte e giorno. 38 Sopraggiunta
in quel momento lodava Dio e parlava di lui a tutti coloro che
attendevano la liberazione di Gerusalemme. 39Quando ebbero
compiuto tutto, secondo la legge del Signore, ritornarono in
Galilea, nella loro città di Nazaret. 4011 bambino cresceva e si
fortificava, colmo di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.

41 1 suoigenitori si recavano ogni anno a Gerusalemme


per la festa di Pasqua. 42 Quando ebbe dodici anni,
vi andarono secondo l'usanza della festa.

2,41/ suoi genitori (ot yoVEic; uùtoil)- Per alla presenza del Signore. La celebrazione
salvaguardare la dottrina della nascita ver- includeva, con tutta probabilità, l 'uccisione
ginale alcuni copisti sostituiscono l'espres- dell'agnello nell'area del tempio, un pasto
sione coi nomi propri, «Giuseppe e Maria» festoso e la conswnazione dell'intero ani-
(cfr. v. 43). male (cfr. 22, l. 7).
Si recavano (bopEoovro)-Alla lettera: «cam- 2,42 Dodici anni (étGv &.Xie<:a)- Nella letteratu-
minavano», verbo con forte valore teologico ra antica l'eroe dimostra di essere straordinario
soprattutto quando la meta è la città santa (cfr. già da piccolo (cfr. Erodoto, Storie 1,108-144
9,51; 17,11; 19,28); esso esprime la consa- a proposito di Ciro; Filone, Vita di Mosè l ,21
pevolezza del destino di sofferenza di Gesù. circa Mosè; Giuseppe Flavio, Vita 2 §§ 8-9 a
La fèsta di Pasqua (tU roptn toil miaxa) - proposito di se stesso). Vedere qui il bar-mi$wfl
Il greco miaxa indica la festa (cfr. 22,1) e (ovverosia la cerimonia con la quale il ragazzo
l'agnello (cfr. 22,7.11). Si tratta di una delle di tredici anni entra a far parte della comunità
tre feste di pellegrinaggio (insieme a Setti- degli adulti) di Gesù appare perlomeno azzar-
mane e Capanne, cfr. Es23,14-17; 34,23; Dt dato: le testimonianze sono molto tarde, e tale
16,16) che obbliga gli uomini a comparire riferimento quadra poco con il contesto.

Il riferimento alla «sapienza» prepara il lettore all'episodio seguente e al


futuro ministero.

2,41-52 Gesù dodicenne al tempio


Ritenuto da non pochi esegeti un'aggiunta secondaria (Brown) o un'unità indi-
pendente (Fitzrnyer), l'episodio è narrativamente il culmine (o climax) dei racconti
dell'infanzia: Gesù, infatti, per la prima volta si presenta come l'interprete di se stesso.
La ricerca. L'evangelista evoca la festa di Pasqua e il costume del pellegrinag-
gio, così che l'inizio della narrazione sembra introdurre dentro una serie di usanze
LUCA2,43 86

43 KO:Ì t"OOWOtlvt"WV -ràç ~jJÉpaç, tv -rc.f> Òltocr-rpÉcpEl.V alrrOÙ<;


~VEV 'l11000<; ÒTtai<; tv 'IEpoUcraÀ~fl, KO:Ì OÙK EyvWO<XV OÌ yovEiç
a1Ìt"OU. 44 VO~lOCIVt"E<; 5È a1Ìt"ÒV EÌV<n tv 'tfj cruvo5~ ~.ÀBOV ~J.lÉpaç
ò5òv KO:Ì àv~~-rouv aù-ròv tv -roiç cruyyevEOmv KO:Ì -roiç yvwcr-roiç,
45 K<XÌ ~~ EÒpOVt"E<; ÒltÉcr-rpElJ'<XV EÌ<; 'IEpoUcra:À~~ àva:<llt"OUvrE<; alrrOV.

46 KO:Ì f:yÉvE-ro ~-rà ~jJÉpaç -rpEiç EÒpov a&ròv tv -re:;> iEpc.f> KO:E)~6~ov

tv JJÉO<f> -rwv 5t&tcooXÀwv KO:ì àKovov-ra: aù-rwv KO:Ì ÈTtEpw-rwv-ra:


aù-rovç· 47 è~icr-r<XV-ro 5è Ttav-rs:ç oi àKovov-rs:ç a&roo èm -rfi cruvÉou KO:Ì
t"cxiç Ò:TtOKplOE<nV alrrOU. 48 KO:Ì ÌOOVt"E<; aÙ'rÒV È~E1Ùuiyr)OC1V, KO:Ì ElTtEV
n
1tpÒ<; <XÙt"Òv ~ ~~t"llP aù-ro& -rÉl<Vov, ÈTtotTJO<Xç ~~iv oiJ-rwç; i&>ù Ò
1ta~p crou Kàyw ò5uvw~m ~llt"oOJ.lÉV OE. 49 KO:Ì EÌTtEV Ttpòç a&roVç·
non ~llt"Eit"É ~; OÙK fl5Ett"E ontv t"Oiç t"OU 1Ult"p6ç l!OU 5Ei EÌvm ~;
2,44 Cercavano (&.vE'(~touv)- Il verbo sot- Interrogava (hE'pwtwvta)- La sapienza è in
tolinea una ricerca comportante sfono. V'è relazione con la capacità di porre domande
uno stretto rapporto tra il tema della ricerca (cfr. Pr 17,28; Qo 7,10) e di rispondere (cfr.
del dodicenne e la ricerca della sapienza e Gb 33,3.5; Sir 5,10-12; 8,9).
dell'intelligenza (cfr. Gb 28,12.20; Pr 2,3-6; 2,47 Si stupivano (~lotcxvtO)- Uverbo ~LatTJU
Sap 6,12; Sir 4,11; 51,13). indica lDl8 situazione di agitazione interiore, lo
2,46 Tre giomi (ti!J,~pac; tpftç)- È accentua- sbigottimento per lo stupore o il timore, l'essere
to il riferimento pasquale (cfr. 9,22; 13,33; fuori di sé (cfr. 8,56; 24,22; At 8,9.11).
18,33; 24,7.21.46;At 10,40). 2,48 Erano sbalorditi (€~ed4yTJOcxv)- Alla
Seduto (Ka9E=(éjlevov)- La posizione assisa è lettera: «essere sopraffatto)), «essere quasi
tipica del maestro (cfr. 5,3; At 6,15) ma qui, scioccato)), «essere fuori di sé)) (cfr. 4,32;
ironicamente, v'è un dodicenne. Gesù è un 9,43; At 13,12).
saggio in mezzo ai saggi. Figlio (t~vov)- Esplicita la dipendenza vi-

consolidate e cicliche. Ma il comportamento di Gesù fa saltare le convenzioni:


rimanendo a Gerusalemme, viene a crearsi una forte suspense che dà avvio alla
ricerca dei genitori. Il lettore sa che il ragazzo è rimasto a Gerusalemme ma ignora
il luogo preciso e la ragione di un tale comportamento; i genitori, invece, ignorano
anche il luogo. La prima ipotesi (sbagliata) è che Gesù sia nella comitiva (v. 44):
essa ha lo scopo di far crescere la tensione narrativa. Allorché i genitori giungono
a Gerusalemme (v. 45), il loro punto di vista coincide con quello del lettore. La
suspense cresce ulteriormente a motivo del prolungarsi della ricerca per tre giorni,
senza che si sappia che cosa sia capitato a Gesù. Allorché Gesù è ritrovato, lettore
e personaggi risolvono la prima domanda, quella circa il dove. Resta tuttavia aperta
un'altra domanda: perché proprio nel tempio? Maria, inoltre, esplicita l'interro-
gativo circa il perché del comportamento di Gesù, oltre a rivelare i sentimenti
suoi e di Giuseppe («tuo padre»), colmi di sgomento e angoscia (v. 48). Il lettore
condivide con i genitori l'umanissima domanda a proposito dell'iniziativa presa
da Gesù e attende la sua risposta.
Una parola enigmatica. La risposta di Gesù (la sua prima parola nel vangelo)
87 LUCA2,49

43 Trascorsi i giorni, mentre essi ritornavano, il ragazzo Gesù


rimase a Gerusalemme senza che i suoi genitori lo sapessero.
44 Ritendendo che egli fosse nella comitiva, fecero il cammino

di una giornata e lo cercavano fra i parenti e i conoscenti


4sma, non avendolo trovato, ritornarono a Gerusalemme per

cercarlo. 46 Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in


mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47Tutti
quelli che lo ascoltavano si stupivano per la sua intelligenza
e le sue risposte. 48 Al veder lo erano sbalorditi e sua madre gli
disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io,
angosciati, ti cercavamo». 49Disse loro: «Perché mi cercavate?
Non sapevate che io devo stare nelle cose del Padre mio?».
scerale e affettiva da colei che lo ha generato dicato alle cose del Padre mio» o «occupato
(il tennine viene dal verbo ttKtw, «generare»). nelle cose (attività) del Padre mio»; l'artico-
Angosciati (ÒISWW!LfVOL)- Vocabolo esclu- lo neutro plurale seguito da genitivo rende
sivamente lucano (Le 16,24-25; At 20,38). logica l'aggiunta di un nome di attività (cfr.
2,49 lo devo stare nelle cose del Padre mio Le 20,25; ICor 2,11). Una terza proposta vi
(fv to'Lç toii natp6ç IJ.OU &'L ~Iva( J.L~) -Tre vede un senso associativo: «tra coloro che
le soluzioni proposte per interpretare la dif- appartengono al Padre mio» (cfr. Rm 16,1 O-
ficile espressione greca. La prima la inten- Il). L'ultima interpretazione, filologicamen-
de in senso spaziale: «nella casa del Padre te possibile, non quadra con il contesto, sic-
mio)) oppure «presso il Padre mio»; il senso ché sono possibili il senso spaziale e quello
è confonne alla Settanta (cfr. Gen 41,5 l; Gb funzionale, con una voluta ambiguità; è un
18,19; Tb 6,11 nel codice Sinaitico [M]). La caso di anfibologia, ovverosia di espressione
seconda, invece, in senso funzionale: «de- a doppio senso.

è una vera e propria sorpresa, in forma di duplice domanda. In primo luogo, con
quel «perché» (greco, ti; v. 49) Gesù punta a svuotare la necessità della ricerca
dei suoi genitori: pare quasi che contesti la loro ignoranza a proposito della sua
situazione. Poi, in seconda battuta, avanza la motivazione che verte sulla rela-
zione che lo lega al Padre celeste. Infine, richiamandosi alla necessità (cfr. al v.
49 il greco dei; «è necessario», «devo», termine ripreso nel terzo vangelo per
dire l'obbedienza di Gesù fino alla croce: cfr. 4,43; 9,22; 11,42; 13,33; 17,25;
22,37; 24,7.26.44) inizia a togliere il velo sulla modalità della rivelazione mes-
sianica. In altre parole, il problema non è tanto chi è Gesù (cosa ben conosciuta
sia da Maria come dal lettore), ma come si manifesta. Ironicamente, però, quella
parola-avvenimento (rhima, v. 50; cfr. nota a 2,15) resta incompresa ai genitori
(come nel corpo del vangelo resterà incompreso l'annuncio della necessità
della passione). Una tale incomprensione, tuttavia, non appare un difetto, in
quanto il narratore dispone dell'intero racconto per spiegare il senso di quella
enigmatica risposta. A personaggi e lettore risulta chiara l'obbedienza di Gesù
alla volontà di quel Dio che egli chiama «Padre mio» (v. 49). In altre parole,
LUCA2,50 88

5°Kaì aù-roì où cruvf\Kav -rò pf\}la oÈÀaÀTJOEV aù-roiç. 51 Kaì


Ka-rÉ~TJ }lt:-r' aù-rwv Kaì ~ÀSt:v EÌç Na~apÈS KaÌ ~v Ù7to-raoo6}lEVoç
aù-roiç. Kaì ~ }l~'tl'JP aù-roO ~lé-r~pEt 1tav-ra -rà: p~}la-ra €v -rft
Kap~içt aù'tfjç. 52 KaÌ 'ITJ000ç 1tpOÉK01t'tEV (€v -rft) oocpiçtKaÌ
~Àl.KlçtKaÌ xaptn 1tapà: St:<f> KaÌ àvSpt~motç.

3 1 'Ev e-rt:t ~È 1tEV'tEKat~t:K6:-r<t> 'tfjç ~YE}loviaç Tt~t:piou


Ka{oapoç, ~YE}lOVEVOV'toç llovriou lll.Àa-rou 'tfjç 'Iou~aiaç, KaÌ
-rt:-rpaapxouv-roç 'tfjç faÀl.Àaiaç 'Hp<f>~ou, <l>l.Ài1t1tou ~È -roO à:~EÀcpoO
aÙ-roO 'tE'tpaapxoOv-roç 'tfjç '1-roupaiaç KaÌ Tpaxwvin~oç xwpaç,
KaÌ Auoaviou 'tfjç i\~l.ÀTJvfiç -rt:-rpaaPXoOv-roç, 2 €m à:pX\épÉwç ''Awa
Kaì Kauxcpa, ÈyÉvt:-ro pf\}la St:oO È1tÌ 'IwawTJV -ròv zaxapiou uìòv
Èv 'tft ÈP~ll<t>· 3 Kaì ~ÀSEV EÌç 1[(Xoav [nìv] 1tEpixwpov -roO 'Iop~avou
KTJpuoowv ~aRnO}la }lE-ravoiaç EÌç èicpt:mv à:}lapnwv,

Il 3,1-20 Testi paralleli: Mt 3,1-12; Mc 1,2-8; cipio TrYEI.IOVEoovta<; rimanda al termine ge-
Gv 1,19-28 nerico fryE~v, che indica colui che governa
3,1 Nell'anno quindicesimo (~v hu 5f una certa regione (cfr. 2,2).
1TEVt€f<(U5EKcXt<y) -Non sappiamo quale Erode ('Hp~Bou) - Erode Antipa, pur es-
calendario di riferimento Luca utilizzi sendo asservito ai Romani, fu tetrarca della
(giuliano, ebraico, siro-macedone o egi- Galilea e della Perea dalla morte di Erode il
ziano), né da quale evento inizi a calcolare grande (4 a.C.) fino al39 d.C. (cfr. Giuseppe
gli anni dell'impero di Tiberio: egli fu co- Flavio, Antichità giudaiche 17,11,4 § 318;
reggente con Augusto (la cui morte fu nel Guerra giudaica 1,33,8 §§ 668-669).
14 d.C.) a partire dall'Il o dall2 d.C. Se Filippo (II>Lll1T1Tou)- Erode Filippo fu tetrar-
si parte dalla morte di Augusto, si arriva ca dei territori a est del Giordano (lturea e
al 28/29 d.C. Traconitide) dalla morte di Erode il grande
Ponzio Pilato (Ilovt(ou II~llitou)- Fu pre- fino al 34 d.C.
fetto della Giudea dal26 al 36 d.C. Il parti- Lisania (Aoocxv(ou)- Personaggio difficil-

l'intreccio è non tanto di risoluzione (i genitori avevano perso Gesù e l'hanno


ritrovato) quanto di rivelazione: l'obbedienza alla volontà del Padre è il criterio
che guida le scelte di Gesù. Alla finale narrativa (riguardante il ritorno a Nazaret
e la sottomissione del dodicenne ai genitori) segue una nota sull'interiorità di
Maria, il cui atteggiamento, custodendo quelle parole e quegli avvenimenti
(anche al v. 51 si usa il greco rhima) nel cuore- pur ribadendo la sostanziale
incomprensione di quanto è accaduto- appare del tutto adeguato e invita anche
il lettore a una più profonda intelligenza di quel mistero che le parole di Gesù
hanno appena fatto intravedere.
Una serie di convergenze. Il racconto è un vero e proprio punto di arrivo, in quan-
to Gesù interpreta se stesso. Le traiettorie degli episodi precedenti trovano qui il loro
punto di convergenza: la visita di Dio e il riconoscimento umano convergono. La
cristologia radicata nell'Antico Testamento prende una sua originalità nelle parole
89 LUCA3,3

Ma essi non compresero la parola che aveva detto loro.


50

Partì con loro e ridiscese a Nazaret e rimaneva loro


51

sottomesso. Sua madre conservava tutti questi fatti nel suo


cuore. 52E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a
Dio e agli uomini.

3 Nell'anno quindicesimo dell'impero di Tiberio Cesare,


1

mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea,


Erode tetrarca della Galilea, Filippo suo fratello tetrarca
della regione dell'lturea e della Traconitide e Lisania tetrarca
dell' Abilene, 2 sotto il sommo sacerdote Hanna e Kaifa, la
parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel
deserto. 3Percorse tutta [la] regione del Giordano proclamando
un battesimo di conversione per il perdono dei peccati,

mente identificabile. L' Abilene è il territorio Ebioniti e altri gruppi,gnostici. Non bisogna
a nord-ovest di Damasco, intorno alla città interpretare il battesimo di Giovanni in modo
diA bila, all'estremità sud dell'Anti-Libano. anacronistico, associandolo agli effetti del
3,2 Hanna e Kaifa (" Avva K«l Kai:ucjla) - battesimo cristiano.
Hanna (o Ananeo) fu sommo sacerdote dal Conversione (!-LftUVOL«) -Alla lettera, «un
6 al 15 d.C., mentre suo genero Giuseppe, cambiamento della mente»; il termine ha
chiamato Kaifa, dal 18 al 37 d.C. (cfr. Gv sempre un senso religioso, come allontana-
11,49; 18,13; At 4,6). mento dal peccato.
3,3 Battesimo @cintLCJII.IX)- Un bagno rituale Perdono dei peccati (cicjlf<nc; UIUlpnwv)- In
con una connotazione religiosa. Dal l SO a.C. greco acjiEoLc; indica l'estinzione dei debiti
al250 d.C. emergono molti gruppi che prati- (cfr. 11,4), la fine della punizione o la li-
cano varie fonne di bagni rituali: gli esseni, berazione dalla prigionia (cfr. 4, 18); qui il
Giovanni e i suoi discepoli (cfr. At 18,25), concetto è riferito alla remissione delle colpe
Gesù e i suoi discepoli (cfr. Gv 3,22), gli operata da Dio.

di Gesù che interpreta se stesso. La risposta, tuttavia, è cosi enigmatica che pone
più domande che risposte: sarà l'intero racconto del vangelo a esplicitare il senso di
quanto qui è preannunciato. Personaggi e lettore sono cosi condotti allo stesso punto.
D'ora in poi si deve ascoltare Gesù. Il ritornello di chiusura riprende 1,80 (Giovan-
ni) e 2,40 (Gesù) e ribadisce (dopo un episodio che ammicca al tema della ricerca
della sapienza) la sapienza di Gesù che conosce e obbedisce al progetto del Padre.

3,1-20 L'attività di Giovanni Battista


Luca concentra qui le attività di Giovanni Battista. Il racconto è inquadrato
da due notizie storiche: all'inizio (vv. l-2) Luca offre le coordinate del ministero
di Giovanni, mentre al termine (vv. 19-20) traccia la sorte tragica del profeta per
mano di Erode. Dentro questa cornice il terzo evangelista sintetizza il ministero del
Battista (v. 3) e ne offre un 'interpretazione scritturistica per mezzo della citazione
LUCA3,4 90

4 wç yéypan-rat ÈV ~{~~ J...éywv 'Hoaioo -roO npocp~-rov


qJwvl] f3owvroç tv rfi éprfJJCf.J'
Érot}JaaarE rl]v 65ov Kvp{ov,
EV8Efaç TrOIElTE raç rp{{3ovçaò-ro0·
5 rraaa qJapay( rrÀqpwBrfaEraz

Kai Trav opoç Kai {3ovvoç raTrElVW8rJC1ETal,


Kai {C!Tal ra O'KOÀlcl Eiç Ev8dav
Kai al rpaxEfaz Eiç 65ouç Adaç-
6 Kai orjJEraz rraaa aap( ro awrrfpzov rou BEOV.

3,4 Come è scritto (wc; yÉypantaL)- L'espii- Giovanni è confonne all'oracolo profeti co.
cita citazione di Isaia è introdotta da una 3,4-6 Voce di uno che grida ... salvezza di
fonnula che si ritrova nella Settanta (cfr. Dio (cjlwvti p0<3vtoç ... tò owt~pLov tou
2Cr 35, 12) e a Qumran: il battesimo di 9E=ou) - La citazione di Is 40,3-5 segue la

di Is 40,3-5 (vv. 4-6). Vi sono poi gli insegnamenti di Giovanni e la presentazione


di un'attitudine negativa (vv. 7-9), immediatamente seguiti da altri insegnamenti
e da un'attitudine positiva (vv. 10-14). Infine il Battista annuncia il «più forte»
(vv. 15-17). Il v. 18 ha la funzione di sommario.
Fra storiogrqfia greco-romana e chiamata profetica. La presentazione del ministero
di Giovanni si rifà a due modelli: quello della storiografia greco-romana (per quanto
riguarda il modo di stabilire la cronologia) e quello profetico (a proposito della chiamata
del Battista). Luca, seguendo le convenzioni classiche, ricorda una serie di personaggi
politici, stabilendo una sincronia fra l'epoca imperiale romana e quella palestinese, al
fine di fissare l'inizio del ministero del Battista; in realtà le difficoltà a ricostruire con
esattezza quel momento storico non pennettono una precisa datazione dell'attività di
Giovanni e, quind~ di Gesù. Per quanto, invece, riguarda la chiamata di Giovanni, essa
è una chiara eco della vocazione profetica(cfr. Ger 1,1-5; Is 6,1; Ez 1,1-3; Os 1,1), di cui
si ripercoiTOno le tappe: «la Parola di Dio venne ... » (v. 2), il nome del profeta, il nome
del padre, la localizzazione, l'ambientazione storica (ricordando il nome almeno di un
re). La citazione di Isaia (vv. 4b-6) precisa che il ministero di Giovanni fu conforme alla
profezia e, al contempo, preparazione del ministero di Gesù il cui carattere di universalità
è già preannunciato dalla stessa parola anticotestamentaria (cfr. v. 6). Da ciò si evince che
Giovanni è un profeta e che il suo ministero è profondamente wtito con quello di Gesù.
Conversione e perdono. La predicazione del Battista include l'appello al bat-
tesimo. I bagni rituali erano conosciuti nel sistema religioso ebraico, come pure a
Qumran. Ma qui Luca connette il battesimo di Giovanni con il perdono dei peccati:
si tratta di una notevole novità, in quanto nel quadro della religione ebraica la
remissione delle colpe avviene solo per mezzo di un complesso sistema sacrifica-
le, praticato nel tempio di Gerusalemme. Lo stesso Giuseppe Flavio, essendo di
origine sacerdotale, relativizza molto il riferimento alla «remissione dei peccati»,
difendendo cosi la visione tradizionale ebraica; afferma: i giudei «non dovevano
91 LUCA3,6

4come è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:


«Voce di uno che grida nel deserto;
preparate la strada del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri;
5ogni burrone sarà riempito,

ogni monte e ogni colle sarà abbassato,


le strade tortuose diventeranno diritte
e quelle impervie piane.
60gni carne vedrà la salvezza di Dio!».

Settanta con pochi ma significativi cam- Dio» (ls 40,3) diventa «fate dritti i suoi sen- .
biamenti (diamo qui una resa più lettera- tieri»; inoltre, Luca omette la frase «allora
le dei testi, per evidenziare le modifiche): si rivelerà la gloria del Signore» (ls 40,5;
l'espressione «fate dritti i sentieri del nostro cfr. Le 2,9).

servirsi (del battesimo di Giovanni) per guadagnare il perdono di qualsiasi pec-


cato commesso, ma come di una consacrazione del corpo insinuando che l'anima
fosse già purificata da una condotta corretta» (Antichità giudaiche 18,5,2 § 117).
L'annuncio di Giovanni si concentra sulla «conversione», termine dalle molte
risonanze bibliche (cfr. Is 6, l O; Ez 3, 19), che indica anzitutto il ritorno a Dio e di
conseguenza l'allontanamento dagli idoli e dai peccati. Il battesimo ha dunque
il senso di una purificazione in vista del perdono dei peccati realizzato da Dio.
La citazione di Is 40,3-5 è più ampia degli altri Sinottici (cfr. Mt 3,3b; Mc 1,3)
che si limitano a citare Is 40,3: essa tratteggia il ritorno del Signore in Zion, il quale
domanda una radicale trasformazione del paesaggio per mezzo di un triplice pa-
rallelismo («preparare» e «raddrizzare», «riempire» e «abbassare», «far diventare
diritto» e «far diventare piano»). Nel contesto evangelico i mutamenti evocati dal
testo profetico illustrano la conversione per accogliere la visita non tanto di YHWH
(come era nel testo di Isaia) quanto del Messia Signore (cfr. 2,11). La citazione (un
po' arrangiata rispetto alla Settanta) spinge in una direzione fortemente cristologica,
evocando le precedenti parole di Simeone, dove Gesù era visto come «salvezza» per
«tutti i popoli» (cfr. 2,30-32), Israele e le genti. La citazione della Scrittura dà alla
predicazione di Giovanni un tono speciale: essa comincia com'è scritto nel profeta
Isaia, sotto il cui patronato è posta l'attività del Battista. L'annuncio di Giovanni si
inserisce dentro una Parola che Io precede e che nessuno può dominare, una Parola
che echeggia il cammino dell'esodo guidato da Dio. La sottolineatura dell'univer-
salità della salvezza (v. 6) è un dato tipico lucano: la predicazione di Giovanni è
dentro il più ampio progetto di Dio che ha il suo culmine in Gesù (cfr. 24,47; At
1,8). Infine la citazione ha un duplice carattere: riprende alcuni termini del Nunc di-
mittis (2,29-32) introducendo cosi non solo il mistero di Giovanni ma anche l'intera
narrazione lucana; anticipa temi del secondo tomo di Luca (dove «la via>> [greco,
hodOs] designa l'intero movimento cristiano [cfr. At 9,2; 19,9.23; 22,4; 24,14.22]).
LUCA3,7 92

7 ''EÀE)'EV OÒV "COiç ÉKTtOpEUO~ÉVOtç OXÀOtç ~anno6~vat ùn'


ati'toi} YEVV~~a"Ca ÉXtSvwv, nç ÙnÉSe:t~EV ù~tv cpuye:iv ànò
"C~ç ~ÀÀOUOT')ç opy~ç; 8 TtOt~OO:"CE OÒV Kapnoùç à#ouç "C~ç
~E"CO:Voiaç KaÌ ~~ ap~T')09E ÀÉyEtV ÉV é:au"Coiç· Tta"CÉpa EXO~EV
TÒv 1\~paa~. ÀÉyw yàp ù~iv an SuvaTat 6 9e:òç ÉK Twv Ài9wv
"COV"CWV ÉyEipat TÉKVa Tq> 1\~paa~. 9 ~Sll Sè: Kaì ~ à~ivl')npòç ~v
p{~av "CWV SÉvSpwv Ke:i"Cat·nav oòv SÉvSpov ~~ notouv Kapnòv
KaÀÒv ÉKKOTt"CE'tat KaÌ Eiç nOp ~aÀÀE"Cat. 1°Kaì É1t11PW"CWV
ati'tòv oi oxÀot ÀÉyovn:ç· "Ci oòv not~crw~e:v; 11 ànoKpt9dç Sè:
EÀE)'e:v ati'toiç· ò exwv Suo XtTwvaç JlETaS6Tw Tq> ~~ exovn,
Kaì ò exwv ~pw~a"Ca ò~oiwç note:hw. 12 ~À9ov Sè: Kaì "CEÀwvat
~anncre~vat KaÌ dnav npòç aÙ"COV' StSaOKaÀE, n TtOt~crw~e:v; 13 ò
Sè: dne:v npòç aù"Couç· ~T')SÈv TtÀÉov napà "CÒ Sta"Ce:Tay~Évov ù~iv
npacrcre:Te:. 14 ÉnT')pwTwv Sè: aùTòv Kaì cr"Cpa"Ce:u6~e:vot MyovTe:ç·

3,7 Ira imminente (tftç IJ.Ellooo11ç òpyflç)- base per la consolazione di Zion. La lettera-
Espressione che ricorre solo qui e in 21,23 tura rabbini ca in vari modi ricorda che essere
per indicare la futura manifestazione della discendenza di Abraam protegge dali' ira di
collera divina: nell' AT rimanda al giudizio di Dio a motivo dei meriti del patriarca.
Dio che annienta il male; spesso questa im- Suscitare figli ad Abraam (ÈyEipaL tÉKva t~
magine è associata al <<giorno del Signore)) 'A~Il)- Dio non intende essere infedele
(cfr.ls 13,9; Ez 7,19; Sof 1,14-16). alla promessa fatta ad Abraam, ma ha pure
3,8 Frutti (Kap1rouç) - Espressione che ap- altre strade per estendere la sua benedizione
partiene alla parenesi cristiana e al linguag- al genere umano. Non v'è qui alcuna idea
gio missionario (cfr. At 26,20). Forse Luca sostituzionista (che veicoli cioè il rifiuto di
attualizza per i suoi lettori quanto ha ricevuto Israele da parte di Dio e la sua sostituzione
dalla tradizione. con la Chiesa).
AbbiamoAbraam CEXOilEV tòv 'A~pwi!L)- La 3,9 La scure è ormai ... gettata ne/fuoco (illl'll
benedizione di Abraam (cfr. Gen 12,1-3) è Bhal ~~(v, ... t:lç 1rup j31illnaL)- L'im-
l'orgoglio e il vanto d'Israele. In Is 51,2-3 magine non è interamente chiara, ma pro-
la benedizione al patriarca e alla moglie è la babilmente è un avvertimento escatologico.

La predicazione di Giovanni. Luca combina detti provenienti dalla cosiddetta


fonte dei logia (cioè dei detti di Gesù, chiamata anche Q) e dalla sua fonte propria. Il
racconto è organizzato intorno a tre unità: avvertimenti circa il giudizio imminente (vv.
7-9), l'appello a un mutamento etico (vv. 10-14),l'annuncio del Messia (vv. 15-17).
Nel primo brano (vv. 7-9) Luca segue Q (cfr. Mt 3, 7-1 0), ma con differenze: in
Matteo il Battista si rivolge ai farisei e ai sadducei, qui invece alle folle. Il tono è
quello della minaccia: Giovanni con forti invettive predice la prossimità dell'ira
di Dio (v. 7); in questo senso il Battista s'inscrive nella tradizione dei profeti
d'Israele (Amos, Osea, Geremia), che parlano del «giorno del Signore» come
manifestazione dell'ira divina contro gli empi. Giovanni non concede nessuna
93 LUCA3,14

'Diceva alle folle che andavano a farsi battezzare da lui:


«Razza di vipere, chi vi insegnò a fuggire dali' ira imminente?
8Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate

a dire fra voi: "Abbiamo Abraam per padre". Vi dico, infatti,


che Dio può suscitare figli ad Abraam da queste pietre. 9La
scure è ormai posta alla radice degli alberi: ogni albero che
non porta un buon frutto sarà tagliato e gettato nel fuoco».
10 Le folle lo interrogavano: «Che cosa, dunque, dobbiamo

fare?». 11 Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche condivida con


chi non ne ha, e chi ha viveri faccia ugualmente». 12 Vennero
anche degli esattori a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro,
che cosa dobbiamo fare?». 13 Ed egli disse loro: «Non esigete
nulla di più di quanto vi è stato fissato». 14 Lo interrogavano
anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?».

Forse c'è un'allusione a Is 10,33-34 dove degli esattori era improntata sulla disonestà,
YHWH è rappresentato come un boscaiolo che in quanto essi aggiungevano al tributo e alla
pota i rami della potente Assiria. legittima commissione ulteriori balzelli che
3,11 Due tuniche (ooo x~ twvw;) - La tunica poi intascavano.
è il capo di vestiario a contatto con la pelle, 3,14 Soldati (atpatEt4E'vo~}- Si tratta o di
sicché un indumento che si cambia spesso. soldati di Erode Antipa, oppure di ebrei che co-
3,12 Esattori (tùWva~}- Giudei responsabili me mercenari servivano nell'esercito romano.
di raccogliere le tasse e le imposte per conto La risposta del Battista assomiglia ai consigli
dei Romani in varie aree della Palestina. Il dati da Giuseppe Flavio ai suoi soldati: «Disse
tennine tElWVT)I;, tradotto tradizionalmente, poi che avrebbe considerato prova della loro
ma erroneamente, con «pubblicano>> (a rigore disciplina in guerra, anche prima di attaccar
essi erano solo i grandi funzionari del fisco battaglia, l'astenersi dalle abituali malefatte,
romano, non i loro agenti ebrei) è da rendere dal furto, dal ladrocinio, dalla rapina, dall'in-
con «collettore di imposte» o «esattore». gannare il connazionale, dal considerare un
3,13 Nulla di più (J.LTJOÈV nÀÉov}- Le parole proprio vantaggio il danno dei più intimi»
di Giovanni sottintendono che la professione (Gue"a giudaica 2;20,7 § 581 ).

immunità agli lsraeliti di fronte al giudizio di Dio e, insieme, propone un battesimo


di conversione. L'appello all'ascendenza abramitica, quindi all'appartenenza al
popolo eletto, non pone al riparo dal castigo; si tratta di convertirsi e di «portare
frutti», cioè comportarsi compiendo la volontà di Dio. L'immagine dell'albero che
non dà frutto (v. 9) indica che il giorno imminente è considerato da Giovanni sotto
l'aspetto del castigo più che della misericordia; la scure drammatizza l'imminenza
dell'avvenimento, ponendo l'accento sull'urgenza a fronte dell'ira di Dio.
Nel secondo brano (vv. 10-14, materiale proprio di Luca) sono indicati i frutti
richiesti. Alla triplice domanda che gli è posta dalle folle (v. 10), dagli esattori
(v. 12) e dai soldati (v. 14) Giovanni risponde. La prospettiva del Battista è un'etica
LUCA3,15 94

d TtOl~CJW}JfV K<XÌ ~}JEt<;; KaÌ ElTtEV aÙ-roiç· }.lf'JÒÉva Òl<lCJElCJf'J't'€


}.lf'JÒÈ OUKOq><lV't'~CJf'J't'€ K<XÌ ècpKftaeE -roiç ÒlJ'WVlOl<; Ù}JWV.
15 npoaÒOKWV't'O<; OÈ -roO ÀaoO K<XÌ ÒlaÀoyl~O}.lÉVWV Tt<XV't'WV Èv

-raiç Kapò{alç aù-rwv nEpi -roO 'Iwavvou, }.l~no-r€ aù-ròç Eif'J 6


Xplo-r6ç, 16 ècTt€Kp{va-ro ÀÉyWV TtCXCJlV 6 'IWclVVf'J'i; ÈyW }JÈV uOan
~an-r{~w Ù}.léiç· EPXE-ral OÈ 6 iaxup6-r€p6ç lJOU, ou oùK EÌ}JÌ ÌKavòç
ÀOaa1 -ròv ÌlJav-ra -rwv ùnoOfJlJ'hwv aù-roO· aù-ròç Ù}.léiç ~anr{aEl
tv TtV€U}.l<Xn ayt(f> KaÌ nup{· 17 oò rò TtWOV tv -rft XElpÌ aù-roO
OtaKa8éipal -r~v aÀwva aùroO KaÌ ouvayay€iv ròv CJlTOV Eiç r~v
ècno8~K11V aù-roO, -rò OÈ axupov K<l't'<lK<lUCJElTtUpÌ èca~ÉCJ't'(f>.
18 noÀÀà: lJÈV oùv Kaì Er€pa napaKaÀwv €Ùf'JYY€Àt~€-ro -ròv Àa6v.
19 'O OÈ 'Hp4>0rJ<; 6 rE-rpaapxrJ<;, ÈÀfVX6}.l€voç ùn' aùroO nEpi

'Hp(f>ÒlaOoç -rfjç yuvalKÒ<; roO ècOEÀcpoO aùroO K<XÌ 1t€pÌ navrwv


WV ÈTtOlf'JCJ€V TtOVfJpWv 6 'Hp4>0rJ<;, 20 npoaÉ8f'JKEV KaÌ roO-ro ÈTtÌ
TtCXOlV (KaÌ] K<ltÉKÀElCJEV tÒV 'IWclVVf'JV tv cpuÀaKft.
Paghe (oljlwvwv)- Il tennine greco origi- «l'Unto»), nel senso di un personaggio fu-
nariamente indicava la razione di cibo per turo unto dal Signore fra i discendenti di Da-
i soldati, ma assunse presto il senso di «de- vide, è in Dn 9,25 (Teodozione ). Anche agli
naro necessario per acquistare una razione altri scritti del l sec. d.C. attestano l'attesa
di cibo». di uno o più Messia.
3,15 Messia- La promessa messianica af- 3,16 Spirito Santo e.fuoco (Èv rrvet!t.wn UyL~
fonda le sue radici nell'oracolo di Natan Kal TrupL) -Il nesso fra Spirito e fuoco cono-
(2Sam 7,14-17) e ritorna negli scritti tardi sce una ridda di interpretazioni: a) il fuoco
dell'Antico Testamento in riferimento a un descrive l'opera purificatrice dello Spirito;
personaggio futuro la cui identità è legata a b) colui che si converte riceve lo Spirito,
David (cfr. Ger 30,9; Ez 37,23-24). La prima mentre colui che non si converte speri-
chiara menzione del titolo xp~at6c; (versio- menterà il giudizio del fuoco; c) i due doni
ne greca dell'ebraico miisiab, alla lettera: anticipano la Pentecoste cristiana. La forza

dell'equità e della solidarietà, punta a una rifonna dei comportamenti, non lancia
un messaggio di rottura sociale. La presenza di categorie sociali cosi disparate
testimonia la considerazione di cui godeva il profeta e la risonanza profonda della
sua predicazione.
Il terzo brano (vv. 15-17, dove Luca dipende da Marco e da Q, pur con note-
voli peculiarità) per mezzo della domanda del popolo mostra la vivida attesa del
Messia in un'epoca segnata dali' oppressione dei Romani. La smentita del Battista
rivela l'impronta cristiana del racconto. Giovanni oppone il proprio battesimo con
l'acqua al battesimo «in Spirito Santo e fuoco» (v. 16). Il fuoco è un'immagine
ambigua: è metafora del giudizio di Dio, ma pure segno della forza dello Spirito a
Pentecoste (cfr. At 2,1-4 ). La dichiarazione dell'indegnità a sciogliere il laccio può
essere intesa come professione di umiltà da parte del Battista, ma può essere pure
ricondotta al rito giuridico dello scalzamento, nel quadro della legge dellevirato
(cfr. Dt 25,5-10; Rt 4,7-8). Cosi Giovanni riconosce di non essere il Messia, nel
senso di non poter vantare alcun diritto di acquisizione «sponsale» nei confronti
9S LUCA3,20

Disse loro: «Non derubate e non estorcete niente


a nessuno ma accontentatevi delle vostre paghe».
15 Poiché il popolo attendeva e tutti si domandavano in se

stessi, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Messia,


16Giovanni rispose dicendo a tutti: «lo vi battezzo con acqua,

ma viene colui che è più forte di me, al quale non sono degno
di sciogliere il laccio dei suoi sandali. Egli vi battezzerà
in Spirito Santo e fuoco. 1'Nella sua mano ha il ventilabro
per ripulire la sua aia e raccogliere il frumento nel suo
granaio; la pula invece la brucerà con fuoco inestinguibile».
18 Esortandolo con molte altre (parole) annunciava al popolo

la buona notizia. 19Ma il tetrarca Erode, rimproverato da


lui a causa di Erodiade, moglie di suo fratello e per tutte le
malvagità che aveva fatto, 20a tutte aggiunse anche questa:
fece rinchiudere Giovanni in prigione.
dell'immagine sta nella sua ambiguità che, fratellastro di Erode Antipa, a sua volta sposa-
mentre evoca il giudizio, si apre all'immer- to con la figlia del re nabateo Areta IV. Erode
sione nello Spirito di Gesù che il racconto Antipa propose a Erodiade di sposarlo ed ella
poi espliciterà. gli pose come condizione di ripudiare la sua
3,17 Ventilabro (tò ntoov)- Speciale stru- prima moglie. Tale unione andava contro il
mento utilizzato dai contadini per ventilare precetto levitico che proibisce di sposare la
il frumento e separare il chicco dalla pula. moglie del fratello (cfr. Lv 18,16; 20,21}.
3,19 Erodiade ('HP<!JO~aooç)- La donna, fi- 3,20 Giovanni in prigione (tòv '!wavvrw l=v
glia di Aristobulo e Berenice, si sposò con cjluÀIXKt'J} - Giuseppe Flavio racconta che il
un figlio di Erode il grande, Filippo (cfr. Mc Battista fu condotto in una fortezza di Erode:
6,17), chiamato da Giuseppe Flavio «Erode)) «(Giovanni) fu portato in catene aMache-
(cfr. Antichità giudaiche 18,5,1 § 109); dal ronte ... e qui fu messo a morte» (Antichità
loro matrimonio nacque Salomè. Filippo era giudaiche 18,5,2 § 119):

del popolo, nonostante il proprio carisma profetico universalmente riconosciuto.


Nel sommario del v. 18 l'attività del Battista è caratterizzata per mezzo della
consolazione (in greco: parakaléo) e dell'annuncio della buona notizia (in greco:
euangelizo), tennini che annodano la predicazione di Giovanni con l'attesa della
consolazione da parte di Simeone (cfr. 2,25), e con l'annuncio della buona notizia a
Zaccaria da parte di Gabriele (cfr. l, 19). Così il Battista prefigura e prepara quella
proclamazione araldica che caratterizzerà Gesù (cfr. 4,18; 6,24).
L'arresto di Giovanni. È sorprendente che il racconto sia posto qui, prima del
battesimo di Gesù. Luca conclude il suo racconto sul ministero di Giovanni per poi
riprendere la sua narrazione su Gesù. A differenza di Marco, Luca non racconta il
martirio del Battista. Il destino di Gesù, profeta perseguitato (cfr. 4,24; 13,33-34)
è adombrato dali 'arresto di Giovanni. È probabile che la presentazione della rela-
zione fra Erode e Giovanni ricordi la classica opposizione fra il tiranno e il filosofo
nella letteratura ellenistica, e fra il re malvagio e il profeta nella letteratura biblica
(come, p. es., Elia contro Acab e Gezabele in IRe 18,16-17; 19,1-2).
LUCA3,21 96

21 'Eyéve-ro ÒÈ ÈV -r<f) ~anna9f\vat anav-ra -ròv ÀaÒv KaÌ 'IT]<:rOU


~anna9€v-roç KaÌ.npoaeuxo}lÉvou àve<px9f\vat -ròv oùpavòv
22 KaÌ Ka-ra~f\Val -rÒ 1tVEU}la -rÒ éiytOV <rW}lanK<f) ei'Òt:l wç
1tt:pta-rt:pàv È1t' aÒ-rOV, KaÌ <pWV~V f.E; OÙpavou yevfa9at· a"Ò d 6
uioç }lOU 6 àyaJtT]-rOç, Èv aoÌ t:ÙÒOKT]<ra.

23 KaÌ aù-ròç ~v 'I T]<rOU<; <ÌpXO}lEVO<; wad È-rwv


//3,11-11 Testi paralleli: Mt 3,13-17; Mc termine El&oç si riferisce ali' apparizione
1,9-11 esternamente visibile, all'aspetto (cfr. 9,29);
3,11 Spirito Santo (tò 1TVEUJ.Ut tò &yLov) - invece l'aggettivo awiJ4tLK6c; può voler sot-
Luca è l'unico evangelista a precisare che tolineare la realtà della visione: non si trattò
lo Spirito che scende su Gesù è «Santo»; di una visione puramente soggettiva. Non si
benché egli ami unire uyLov con nvEUIJ4 an- dice che lo Spirito Santo scese <mella forma
che altrove, qui l'aggiunta pone chiaramente di una colomba» ma, utilizzando un termine
l'evento in rapporto con la promessa di colui di paragone, «come» (wc;) una colomba; egli
«che battezzerà in Spirito Santo», di cui ha scese in una forma visibile che fece pensare
parlato Giovanni (cfr. 3, 16; si vedano anche a una colomba.
At 1,5; 11,16). Tu sei mio figlio (aù Et b ut6c; IJ.OU)- Il codice
Forma corporea come di colomba (aWj.UXtLKc{l di Beza (D) e la Vetus Latina leggono: «Tu
EiliH wc; lTEpLOnpciv)- L'evangelista insi- sei il figlio mio, io oggi ti ho generato» (cfr.
ste sull'aspetto corporeo della colomba. Il Sal2, 7). Luca cita lo stesso versetto del Sal-

3,21-22 Battesimo di Gesù


Il battesimo di Gesù è riportato da un'unica lunga proposizione. A differenza
di Marco (cfr. Mc 1,9-11), Luca non precisa che Gesù fu immerso nel Giordano
da Giovanni, né introduce (come fa Mt 3, 13-17) un dialogo fra i due. Il precursore
è già stato arrestato (cfr. Le 3,20) e, benché Luca menzioni «tutto il popolo» (v.
21 ), la scena riguarda solo Dio e Gesù: la voce dal cielo si rivolge unicamente a
quest'ultimo, senza che gli astanti la intendano. Luca sottolinea quanto avviene
dopo il battesimo: Gesù è in preghiera, tratto che spesso lo caratterizza nel terzo
vangelo (cfr. 5,16; 6,12; 9,18.28-29; 11,1; 22,41.44.45; 23,34.46), e proprio in
quel momento lo Spirito discende e la voce parla. L'apertura del cielo mette in
comunicazione il mondo divino e quello degli uomini; l'immagine allude alla
visione iniziale di Ezechiele: «Nel trentesimo anno, il cinque del quarto mese,
mentre mi trovavo tra gli esuli presso il canale Chebar, si aprirono i cieli e vidi
una visione divina» (Ez 1,1 ). Lo Spirito Santo scende su Gesù: si tratta di un
dono che permane (a differenza degli altri personaggi presentati in precedenza:
Elisabetta, Zaccaria e Simeone ). Benché Gesù sia stato concepito per opera dello
Spirito Santo e sia nato «santo» (1,35), questo speciale dono è necessario perché
inizi il suo ministero (cfr. 4,1.14.18; At 10,38).
97 LUCA3,23

21Mentre tutto il popolo veniva battezzato e mentre Gesù


battezzato pregava, il cielo si aprì 22e discese su di lui lo Spirito
Santo in forma corporea come di colomba; vi fu una voce dal
cielo: «Tu sei mio figlio, l'amato, in te mi sono compiaciuto».

23Lo stesso Gesù, quando cominciava (il suo ministero}, aveva circa
trent'anni, ed era- come era riconosciuto di diritto- figlio di Giuseppe,

mo in At 13,33 (dove l'attestazione è certa) l, l). Giuseppe Flavio indica in quell'età


in riferimento alla risurrezione. Pare dunque la maturità (cfr. Vita 15 § 80: «Avevo al-
che questa lettura sia secondaria. lora circa trent'anni, un'età nella quale,
+ 3,21-22 Testo affine: Gv 1.29-34 anche se uno si tiene lontano dalle pas-
Il 3,23-38 Testo parallelo: Mt l,l-17 sioni illecite, gli è difficile sfuggire alle
3,23 Trent'anni (hwv tpLiilc:ovt!X)- Questo calunnie dell'invidia, specialmente se si
riferimento non è da intendere cronologi- trova in una posizione di grande respon-
camente, cioè come un elemento per datare sabilità»).
con esattezza l'inizio del ministero di Gesù; Circa (ooE()- Tale avverbio accanto a nu-
esso, invece, è da leggere alla luce di alcuni merali è tipico di Luca (cfr. 9,14.28; 22,59;
testi dell' AT nei quali grandi figure proprio 23,44;At 1,15; 2,41; 4,4; 10,3; 19,7).
a quell'età iniziano a compiere qualcosa Come era riconosciuto di diritto (Évo~o~((eto)
d'importante: Giuseppe (cfr. Gen 41,46), - Si ascrive a Giuseppe la paternità secondo
David (cfr. 2Sam 5,4), Ezechiele (cfr. Ez la legge (vOjloç).

La promessa dell'angelo a Maria (cfr. 1,31-32.35) ora si realizza: Gesù è ri-


conosciuto Figlio di Dio e riceve la promessa legata al trono di David. Le parole
provenienti dal cielo alludono all'oracolo di Isaia (cfr. Is 42, l), nel quale Dio si
rivolge al servo, «luce delle nazioni» (42,6), e pure al dialogo fra Dio e Abraam
(chiamato «l'amato» [greco, agapetos, cfr. Gen 22,2 LXX]). Da parte di Dio
v'è l'affermazione di una singolarissima relazione con Gesù: questi è il Figlio;
con l'identità di Gesù il lettore intende pure l'identità di Dio, il Padre di Gesù.
Luca pone in parallelo il battesimo di Gesù e la Pentecoste cristiana: Gesù è il
solo ad avere ricevuto il dono permanente dello Spirito ma, dopo la sua morte ed
esaltazione in cielo, è in grado di donare ai credenti lo Spirito (cfr. At 2,33) che
sarà effuso nel giorno di Pentecoste. L'evento ecclesiologico ha il suo modello e
fondamento in quello cristologico.

3,23-38 Genealogia di Gesù


La genealogia conferma la voce celeste (cfr. 3,22) riguardo la filiazione divina
di Gesù. Il testo si rifa a un genere letterario diffuso neli' Antico Testamento, le co-
siddette tolédot, cioè genealogie (cfr. Gen 5,1-32; 11,10-26; Es 6,14-20; Rt 4,18-22;
lCr 1,1-54; 2,1-17; 3,11-24), la cui funzione è triplice: esse inseriscono l'individuo
LUCA3,24 98

TpUXKOVTa, WV uì6ç, wç ÈVO}.ll~ETO, 'lwcr~<p TOU 'HÀÌ


24 Tou Ma99<h Tou Aeuì Tou MEÀXÌ Tou 'Iavvaì Tou 'Iwcr~cp

25 Tou Manaeiou Tou ì\}.lwç Tou Naoù}.l Tou 'EcrÀÌ Tou

Nayyaì 26 Tou Maae Tou Manaeiou Tou I:E}.lEiv Tou 'Iwcr~x


Tou 'Iwoà 27 Tou 'Iwavàv Tou 'P11crà Tou Zopo~a~ÈÀ Tou
I:aÀa9t~À TOU N11pì 28 TOU MEÀXÌ TOU ì\OOÌ TOU Kwcrà}l
TOU 'EÀ}.laO<Ì}.l TOU "Hp 29 TOU 'I11crou TOU 'EÀtÉ~Ep TOU 'IwpÌ}.l
Tou Ma99àT Tou Aeuì 30 TOU I:U}.lEWV Tou 'Iouoa Tou 'Iwcr~cp
Tou 'Iwvà}.l TOU 'EÀlaKÌ}.l 31 TOU MEÀE<Ì TOU MEvvà TOU
Manaeà Tou Na9à}.l Tou L\auìo 32 Tou 'Iecrcraì Tou 'Iw~~o
Tou B6oç Tou I:aÀà Tou Naacrcrwv 33 Tou ì\}.ltvaoà~ TOU
ì\O}.lÌV TOU ì\pvÌ TOU 'EcrpW}.l TOU Cl>apEç TOU 'IouOa
34 TOU 'laKW~ TOU 'Icra<ÌK TOU ì\~paà}l TOU 9apa TOU

Naxwp 35 Tou I:epoùx Tou 'Payaù Tou Cl>aÀEK Tou "E~ep Tou
I:aÀà 36 TOU KatV<Ì}.l TOU ì\pcpa~àO TOU I:~}.l TOU
Nwe Tou Aa}.lEX 37 Tou MaeoucraÀà. Tou 'Evwx Tou 'IapeT
TOU MaÀEÀE~À TOU KatV<Ì}.l 38 TOU 'Evwç TOU I:~9 TOU ì\O<Ì}.l
TOU eeou.

4 l'lllCJOUç OÈ TtÀ~pllç ltVEU}.lQTOç ayiou ÌmÉcrTpE$EV à:Ttò


TOU 'lopOavou KaÌ ~YETO ÈV T<f> 1tVEU}.lQT1 ÈV Tfj Èp~}.l(f>

Eli (toii 'ID.t)- Il nome del nonno di Gesù è riporta trentasei nomi di persone sconosciute
differente dalla versione di Matteo (che parla (di cui non si ha alcuna notizia neii'AT). Co-
di Giacobbe). I nomi ricordati da Luca in parte me Matteo, anche il terzo evangelista ricorda
corrispondooo a quelli citati da Matteo, in parte l'ascendenza davidica e abramitica di Gesù.
invece non corrispondono. L'elenco di Luca 3,38 Adamo (toii 'A~) -Il riferimento ad

in una memoria famigliare o cianica; legittimano l'autorità di un individuo per via


di successione; attestano la fedeltà di Dio lungo le generazioni. La genealogia non
intende ricostruire con esattezza la filiera storica, ma dimostrare l'appartenenza di
Gesù al popolo eletto. Luca poi dà fonna a una genealogia del tutto originale: se,
infatti, esse (anche quella di Mt 1,1-11) sono sempre discendenti (secondo lo schema
X generò Y), la sua è ascendente ( Yfiglio di X): al terzo evangelista interessa più lo
statuto del figlio che non quello del padre, per ribadire cosi la doppia origine, umana
e divina, di Gesù. Luca enumera settantasette generazioni, trentasei delle quali sono
assenti neli' Antico Testamento e, a differenza di Matteo, non nomina nessuna donna
(nemmeno Maria). Egli risale sino ad Adamo, «il padre del mondo» (Sap 10,1) e
poi, sorprendentemente, sino a Dio. Ne consegue che Luca inserisce l'origine di
99 LUCA4,1

figlio di Eli, 24figlio di Mattat, figlio di Levi, figlio di Melchi, figlio di


Iannai, figlio di Giuseppe, 25figlio di Mattatia, figlio di Amos, figlio di
Naum, figlio di Esli, figlio di Naggai, 26figlio di Maat, figlio di Mattatia,
figlio di Semein, figlio di Iosec, figlio di loda, 27figlio di Ioanan, figlio
di Resa, figlio di Zorobabel, figlio di Salatiel, figlio di Neri, 28figlio di
Melchi, figlio di Addi, figlio di Kosam, figlio di Elmadam, figlio di Er,
29figlio di Gesù, figlio di Eliezer, figlio di Iorim, figlio di Mattat, figlio
di Levi, 30figlio di Simeone, figlio di Giuda, figlio di Giuseppe, figlio
di Ionam, figlio di Eliakim, 31 figlio di Melea, figlio di Menna, figlio di
Mattata, figlio di Natan, figlio di David, 32figlio di lesse, figlio di lobed,
figlio di Booz, figlio di Sala, figlio di Naasson, 33figlio di Aminadab,
figlio di Admin, figlio di Ami, figlio di Esrom, figlio di Fares, figlio di
Giuda, 34figlio di Giacobbe, figlio di !sacco, figlio di Abraam, figlio di
Tara, figlio di Nacor, 35figlio di Seruc, figlio di Ragau, figlio di Falel,,
figlio di Eber, figlio di Sala, 36figlio di Kainam, figlio di Arfacsad,
figlio di Sem, figlio di Noè, figlio di Lamec, 37figlio di Matusala, figlio
di Enok, figlio di Iaret, figlio di Maleleel, figlio di Kainam, 38figlio di
Enos, figlio di Set, figlio di Adamo, figlio di Dio.

4 Poi Gesù, colmo di Spirito Santo, si allontanò dal


1

Giordano ed era condotto dallo Spirito nel deserto

Adamo è stato interpretato in vari modi. l'episodio seguente delle tentazioni); per al-
Alcuni ritengono che Gesù sia considerato tri, invece, l'evangelista colloca il ministero
come il nuovo Adamo: Adamo era figlio di di Gesù nel contesto della storia umana uni-
Dio ma perse quest'onore per mezzo della versale, di cui Adamo è il capostipite.
disobbedienza, cosa che Gesù non fece (cfr. Il 4,1-13 Testi paralleli: Mt4,1-ll;Mc 1,12-13

Gesù ali' interno della creazione: Dio è il creatore di Adamo e di ogni uomo (cfr. At
17,29); Gesù dunque è «vero uomo», appartenente all'umanità Su questo sfondo,
in cui la relazione fra Dio e Adamo è esplicitamente evocata, è da comprendere la
speciale relazione di figliolanza divina di Gesù, di cui hanno già detto sia Gabriele
(cfr. 1,35), sia la voce dall'alto (cfr. 3,22).

4,1-13 Le tentazioni
Lo Spirito. L'episodio delle tentazioni è aperto da una duplice menzione dello
Spirito Santo: Gesù è ricolmato dello Spirito (cfr. 3,22) ed è condotto dallo stesso
Spirito nel deserto (v. l). La prova cui Gesù è sottomesso è dunque voluta da Dio
e da lui stesso sostenuta. Il tema di una grande prova che precede la vita pubblica
LUCA4,2 100

2~}JÉpaç TEOOEpaKOVt<X 1tElp<X~O}JEVOç Ù1tÒ TOÙ Òl<X~OÀOU. KaÌ


oÙK E<payEV oùMv tv -raiç ~}lépatç ÉKEtvatç Kaì ouv-rEÀEo9Etowv
<XÙTWV ÉrtElV<XOEV. 3 EtrtEV ÒÈ <XÙT4} Ò Òta~oÀoç· EÌ uÌÒç Et TOU eEoU,
EÌnÈ -rq> Àte(fl TOUT(fl iva yÉVflT<Xl ap-roç. 4 K<XÌ Ò:1tEKplef1rtpòç aù-ròv
ò 'lf1000ç· yÉypetrtT<Xl onOVK br' aprtp J.lOVlfJ (rfaEraz av8pwrroç. o
5 Kaì àvayaywv aù-ròv EÒElçEV aù-rq> naoaç -ràç ~aOlÀE{aç n;ç

OÌKOU}JÉvfl<; tv CJnY}Jfj XPOVOU 6 K<XÌ EtrtEV <XÙT4} Ò Òta~oÀoç· OOÌ


Òwow nìv Éçouoiav T<XUtT]V anaoav K<XÌ nìv òoçav aù-rwv, on
É}JOÌ rt<Xp<XÒÉÒOT<Xl K<XÌ 4> Éàv eÉÀW ÒtÒW}Jl <XÙnlV' 7 CJÙ OÙV Éàv
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