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Scienza e teologia naturale nella tradizione Bizantina
Il rapporto tra scienza e teologia nella tradizione Bizantina e’ profondamente influenzato dal
contributo patristico dei Padri della Chiesa greci. Da Basilio (329-379) a Gregorio di Nissa (335-
395), da Gregorio di Nazianzeno (329-390 ca) a Massimo il Confessore (580-662) questi grandi
figure della fede e del pensiero hanno operato una colossale sintesi tra la filosofia naturale Greca
e il Cristianesimo nel tentativo di concettualizzare la natura e il cosmo creato. Il pensiero
patristico quindi, dal IV al VII secolo, sara’ segnato in qualche modo da questa doppio
riferimento: da una parte l’Ellenismo della cultura antica e dall’altro il Cristianesimo che da esso
emerge. L’oscillazione tra questi due poli permarra’ in qualche modo anche nei secoli successivi
nel mondo spirituale intellettuale Bizantino provocando non poche polemiche e controversie.
A partire da Basilio, i padri greci daranno forma a un nuovo paradigma fisolosofico-religioso che
punta fondamentalmente a un’armonizzazione tra l’Ellenismo e il Cristianesimo. Le nuove
elaborazioni filosofiche che nascono dal loro pensiero mirano a un ricongiungimento di una
selettiva parte della tradizione filosofica greca (soprattutto Platone, Aristotele e gli Stoici) con la
visione Cristiana del mondo e dell’economia della salvezza in un tentativo di sviluppare nuovi
concetti dottrinali che possano gettare luce sulla conoscenza scientifica di allora dell’universo.
E’ importante sottolineare che i padri della Chiesa, nel formulare il messaggio centrale della
dottrina Cristiana bizantina, non rigettarono nulla della scienza naturale e della letteratura
dell’antico mondo pagano greco, anche se la continuarono a considerare inferiore alla Sacra
Scrittura. D’altro canto, i Padri enfatizzarono le limitate capacita’ dei sensi umani e della
razionalita’ per ottenere una completa comprensione delle realta’ fisiche senza la fede. Questo
rimarra’ un tratto distintivo dell’atteggiamento della fede Cristiana espressa particolarmente in
oriente, e cioe’ che nella natura giace sempre un surplus di significato che rimane inaccessibile
alla ragione da sola.
I Padri greci si mettono quindi di fronte alla natura fondamentalmente con un approccio
contemplativo. In altre parole, attraverso cioe’ la fede in Dio creatore e alla luce
dell’incarnazione, il fedele cerca una espansione della capacita’ cognitiva umana al fine di
riconoscere la dimensione spirituale immanente nell’intero creato. Questo sguardo rimane come
il punto di riferimento e lo sfondo contro cui si articolera’ la teologia e la spiritualita’ bizantina
lungo i secoli con riferimento alla natura. Oltre al contributo dei Padri della Chiesa, il pensiero
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scientifico dei Bizantini fu anche profondamente influenzato dal Neoplatonismo (III – VI secolo)
secondo cui la comprensione della natura dovesse includere principi metafisici. Il pensiero che
viene fuori dalla fusione del Neoplatonismo col Cristianesimo comincio’ quindi a vertere
sull’idea che la comprensione della natura non poteva avvenire fuori dal contesto dei principi
metafisici di base. Di consequenza, le scienze naturali come le intendiamo oggi erano
profondamente legate al pensiero religioso. Questo mettema di fatto in rapporto la natura con le
cause divine che nel linguaggio cristiano conosciamo come Divina Provvidenza.
Pavel Alexandrovich Florensky nasce il 9 gennaio 1882 a Evlach, in Azerbaidžan da padre russo,
e madre armena. La sua infanzia trascorre serena immerso nella natura misteriosa, selvaggia e
affascinante del Caucaso. Dai genitori non riceve una particolare educazione religiosa ma viene
piuttosto educato ad una rigorosa visione scientifica del mondo. Durante la giovinezza Pavel
manifesta gia’ una grande curiosità per la natura. E proprio nel rapporto con la natura che,
accanto alla sua mentalità scientifica, presto emerge in lui il fascino per quello che traluce oltre
la superficie del sensibile. La natura stessa sembra fargli da maestra, mostrandogli amorosamente
la sua verità, bellezza, e integrità come descriverà anni dopo:
Dopo il ginnasio Pavel si laurea in Fisica e Matematica all'Università di Mosca. Ben presto il suo
pensiero scientifico si dimostra inadeguato a rispondere alle domande di significato che egli si
pone sempre più fortemente. Questo accende in Florensky il desiderio per la scoperta della
dimensione religiosa dell’esistenza che viene favorita dall’incontro con il vescovo Antonij
Florensov e lo starec Isidor Gruzinkij. La fiducia assoluta nella scienza e l’appagamento
completo, inizialmente fornito dagli studi scientifici, vengono messi in crisi da una sensazione di
incompiutezza, che occupa sempre più la sua mente.
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Florenskij, P. A., Ai miei figli: memorie di giorni passati
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«Se prima non dormivo le notti, eccitato all’idea dell’esperimento del giorno seguente,
ora che l’esperimento poteva essere davvero significativo e nuovo, che il mio orizzonte
intellettuale si era ampliato e le abitudini intellettuali formate, ora esso era diventato
un’incombenza riconducibile più che altro al senso del dovere e che solo a sprazzi
riaccendeva l’entusiasmo. Sentivo la fisica e quanto a essa connesso come un abito non
mio o come una pelle morta che ormai si era staccata da me. Ma non osavo confessare a
me stesso quant’era accaduto e cercavo di convincermi che si trattava di uno stato
d’animo temporaneo».2
Si comincia cosi’ a delineare la sfida decisiva della sua vita: operare una sintesi tra pensiero e
vita, tra spiritualità e cultura universale, che culminera’ con il suo capolavoro teologico-
filosofico “La colonna e il fondamento della verità”.
Nel 1904 entra all'Accademia teologica, dove si occupa soprattutto di spiritualità ortodossa e
logica simbolica. I suoi orizzonti si ampliano e si definisce sempre piu’ i suoi desideri piu’
profondi:
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ibidem
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ibidem
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«Che cosa ho fatto per tutta la vita? Ho contemplato il mondo come un insieme, come un
quadro e una realtà compatta, a ogni tappa della mia vita da un determinato punto di vista
(...) le sue angolature mutano, l’una arricchendo l’altra, e’ qui’ la ragione della continua
dialettica del pensiero assieme al costante orientamento di guardare il mondo come un
unico insieme».4
E nel suo testamento spirituale si appella alla famiglia perche’ trovino in Dio l’unico riferimento
sicuro:
«Vi prego, miei cari, quando mi seppellirete, di fare la comunione in quello stesso giorno,
o se questo proprio non dovesse essere possibile, nei giorni immediatamente successivi.
[...] La cosa più importante che vi chiedo è di ricordarvi del Signore e di vivere al suo
cospetto. Con ciò è detto tutto ciò che voglio dirvi, il resto non sono che dettagli o cose
secondarie, ma questo non dimenticatelo mai».5
Conosciuto anche come il “Pascal” o il “Leonardo da Vinci della Russia”, Pavel Florenskij oggi
e’ riconosciuto come uno dei maggiori pensatori del XX secolo. Florenskij e’ personaggio
estremamente poliedrico, filosofo, scienziato, teologo e sacerdote ortodosso, la sua opera
attraversa con competenza e padronanza i più svariati campi della scienza e della conoscenza.
Tuttavia, lo stupore maggiore per chi accosta Pavel Florenskij e’ piuttosto l’integrità umana e
spirituale della sua persona. Ha osservato Sergej Bulgakov nella commemorazione dell’amico
scomparso: «Padre Pavel non era solo un fenomeno di genialità, ma anche un’opera d’arte. (…).
L’attuale opera di padre Pavel non sono più i libri da lui scritti, le sue idee e parole, ma egli
stesso, la sua vita».
La sua ricerca appassionata per la verita’ fanno di lui un modello di pensatore e di cristiano per le
donne e gli uomini del nostro tempo. Non è un caso che Giovanni Paolo II, nell’enciclica Fides
et ratio (74), abbia indicato Florenskij tra quei pensatori che hanno condotto una “ricerca
coraggiosa” indirizzata all’incontro tra pensiero moderno e fede. Padre Florenskij può davvero
essere guida ed esempio per quella ricomposizione tra cultura laica e religiosa, tra scienza e fede
per cui ha speso il suo pensiero e la sua vita.
Vorrei sottolineare in particolare due elementi del ricco patrimonio che Florenskij ci ha lasciato
con la sua vita e le sue opere.
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Florenskij, Pavel A. Non dimenticatemi. Edizioni Mondadori, 2016.
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ibidem
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Sfida epistemologica – l’allargamento della ragione alla carita’
Secondo Florenskij il reale, il mondo concreto in mezzo al quale viviamo, rappresenta una sfida
conoscitiva di prim’ordine. La sua idea del reale è inscindibilmente connessa con il tema del
mistero. Il pensiero di Florenskij con la sua enfasi alla complessita’ del reale e al simbolismo
ontologico si configura come una cristica al razionalismo proponendo un nuovo modello di
ragionare. In linea con la tradizione ortodossa, la spiritualità e il pensiero di Florenskij e’ di fatto
una mistagogia. Egli non nega la realtà di questo mondo, per rifugiarsi idealisticamente in un
altro mondo, ma ci invita ad aprire lo sguardo al mondo come presenza del mistero,
riconoscendo nel mistero la vita del mondo. Per Florenskij sotto la “maschera” del visibile si cela
sempre una realtà misterica invisibile:
«Nei meandri della realtà fisica giace il mistero, che dietro al corporeo si cela ma che
corporeo non è, e il corporeo del mistero non solo non cancella il mistero stesso, ma anzi
in determinate occasioni può essere a propria volta cancellato»6
Dalla percezione del mistero e dall’interrogazione che questo suscita interiormente, ha origine
ogni autentico atteggiamento scientifico verso la realtà conoscibile.
L’allargamento della ragione alla carità, è per Florenskij l’unica via per iniziare a vedere e ad
apprezzare il mondo creato e “tenuto in essere” da Dio Trinità. Non sorprende il fatto che
Florenskij – senza voler confondere fede e scienza, religione e filosofia – consideri la spiritualità,
intesa come formazione del cuore, la parte essenziale della gnoseologia. Infatti, affinché l’uomo
sia in grado di raggiungere ed esercitare questo tipo di conoscenza, è necessario che pratichi
l’“ascesi” della carità, che permette al cuore di manifestarsi nella sua potenzialità originaria.
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eravamo compresi; e non solo io capivo lei, ma ancor più lei capiva me. E io sapevo che
lei mi conosceva e mi vedeva ancora meglio di quanto la vedessi io, e soprattutto sapevo
che mi voleva bene […]. Dove prima non c’era nulla, di colpo spuntava uno sguardo: ora
tenero, profondo e pieno di attesa nei miei confronti, ora furbo-allegro, che mi diceva che
io e la natura sapevamo quel che gli altri non sapevano e non dovevano sapere ».7
Va detto che questa percezione del reale non ha in sé niente di esoterico, ma è da comprendere
alla luce della teoria del simbolo che Florenskij elabora e considera fondamentale per il suo
pensiero. Essa dice che tutto ciò che appare, il fenomeno, non è altro che la porta verso un
qualcosa di più grande che sta “oltre”, il noumeno, che è realmente presente nel fenomeno,
fondandone l’essere (in quanto fenomeno) e dandosi a conoscere solo in e tramite esso. Una
simile teoria vede nel reale un insieme di innumerevoli livelli o strati – paragonabile ad una
cipolla fatta di tanti “veli” –, che sono interdipendenti e reciprocamente comunicanti e di cui si
può dire che lo strato più “in superficie” ha il suo fondamento nello strato “nascosto” sotto di
esso e che perciò quello più “in superficie” è il simbolo dello strato “nascosto”.
«Sia la natura che l’uomo sono infiniti, e per questo loro essere infiniti, e in quanto
equipotenti, essi possono essere reciprocamente parte l’una dell’altro. Dirò di più, essi
possono essere parte di se stessi e parti equipotenti tra sé e con l’intero. L’uomo è parte
del mondo, ma allo stesso tempo egli è complesso tanto quanto lo è il mondo. Il mondo è
parte dell’uomo, ma anche il mondo è complesso tanto quanto lo è l’uomo»
P.A. Florenskij, Macrocosmo e microcosmo, in Id., Il simbolo e la forma, p. 210
Oltre la scienza
Per Florenskij la funzione della scienza e’ solamente quella di fornire una descrizione simbolica,
mentre sarebbe compito della filosofia – come gia’ delineato da Platone – indagare per una
spiegazione dei piu’ intricati meccanismi nei fenomeni e del reale. La scienza tratta con le
superfici, con il “guscio esterno” della realta’ e non si occupa invece della dimensione mistica
interna della realta’. Florenskij rimane convinto che scienza e filosofia, cosi’ come la cultura in
generale, sono basate e servono una fondamentale unita’, cioe’ il fattore religioso, o piu’
precisamente il culto. Di consequenza il vero scienziato e’ obbligato a basare le sue affermazioni
su convinzioni religiose. Sarebbe la scienza, e non la religione, a necessitare di essere provata e
giustificata. D’altro canto Florenskij considera le sue idee scientifiche come originate dal senso
del mistero. Egli ha voluto creare una visione integrale della realta’ (da lui chiamata ‘metafisica
concreta’) che potesse unire le prospettive teocentriche e scientifiche, anche se la priorita’ per lui
andrebbe sempre alla prima.
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ibidem
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Florenskij percepisce soprattutto il mistero della presenza di Dio nel cuore del reale, ossia in
tutto ciò che esiste, sia un dato di fatto che andrebbe preso sul serio anche dalla scienza. E
Florenskij mantiene la stessa convinzione anche quando, nel 1933, viene arrestato, torturato e
rinchiuso in un gulag staliniano. Alcuni mesi prima di essere fucilato, scrive al figlio Kirill in una
lettera:
«Che cosa ho fatto per tutta la vita? Ho contemplato il mondo come un insieme, come un
quadro e una realtà unica, ma in ogni istante o, più precisamente, in ogni fase della mia
vita, da un determinato angolo di osservazione. Ho esaminato i rapporti universali in un
certo spaccato del mondo, seguendo una determinata direzione, in un determinato piano,
e ho cercato di comprendere la struttura del mondo a partire da quella sua caratteristica,
di cui mi occupavo in quella fase. I piani di questo spaccato mutano, tuttavia un piano
non annulla l’altro, ma lo arricchisce, cambiando: ossia con una continua dialettica del
pensiero (il cambio dei piani in esame, con la costante dell’orientamento verso il mondo
come un insieme)»8
Bibliografia
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Florenskij, Pavel A. Non dimenticatemi. Edizioni Mondadori, 2016.
8
Obolevitch, T. (2019). Faith and Science in Russian Religious Thought. Oxford
University Press, USA.
Palini, A. (2017). Pavel Florenskij, uno scienziato nei gulag staliniani. Altronovecento
(34) http://www.fondazionemicheletti.it/altronovecento/articolo.aspx?
id_articolo=34&tipo_articolo=d_persone&id=145#sdfootnote19anc (consultato il 29
marzo 2020)
Rojek, P. (2019). Pavel Florensky’s Theory of Religious Antinomies. Logica Universalis,
13(4), 515-540.
Nicolaidis, E., Delli, E., Livanos, N., Tampakis, K., & Vlahakis, G. (2016). Science and
Orthodox Christianity: An Overview. Isis, 107(3), 542-566.
Florenskij, Pavel Aleksandrovič, Lubomír Žák, and Natalino Valentini. Ai miei figli:
memorie di giorni passati. A. Mondadori, 2003.
Florenskij, Pavel A. Non dimenticatemi. Edizioni Mondadori, 2016.