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San Paolo si spiega in questi termini: «Se il sacerdozio di Levi, sotto il quale il popolo ha ricevuto la legge,

avesse potuto rendere gli uomini giusti e perfetti, che bisogno ci sarebbe stato dell’avvento di un altro prete,
chiamato tale nell’ordine di Melchisedec e non in quello di Aronne? Orbene, essendo cambiato il sacerdozio,
anche la legge doveva necessariamente cambiare. In effetti, colui per cui valgono queste predizioni è di
un’altra tribù di cui mai nessuno ha servito all’altare, poiché è certo che nostro Signore proviene da Giuda,
tribù alla quale Mosè non ha mai attribuito il Sacerdozio. E ciò appare tanto più chiaro per il fatto che si
assiste all’avvento di un altro sacerdote nell’ordine di Melchisedec, il quale non è affatto stabilito attraverso
la legge di un ordine o di una successione carnale, bensì attraverso la potenza della sua vita immortale
come lo afferma la scrittura con queste parole: «Tu sei eternamente sacerdote secondo l’ordine di
Melchisedec» [Epistola agli Ebrei, VII, 11-17].
Così Cristo è sacerdote, ma puramente per diritto spirituale; lo è secondo l’ordine di Melchisedec, e non
secondo l’ordine di Aronne o per effetto di successione carnale; per virtù di questa è la regalità che gli
appartiene, e ciò è conforme alla natura delle cose. D’altronde, il sacerdozio secondo l’ordine di Melchisedec
implica in se stesso anche la regalità; ed è appunto qui che l’uno e l’altra appaiono inseparabili, poiché anche
Melchisedec è sacerdote e re ad un tempo, per cui egli raffigura realmente il Principio in cui i due poteri sono
uniti, così come il sacrificio che egli offre con il pane e con il vino raffigura propriamente l’Eucarestia. È in
virtù di questa doppia prefigurazione che è applicabile al Cristo la parola dei Salmi: « Tu es sacerdos in
aetermum secundum ordinem Melchissedec» [Salmi, CIX, 4].
Ricordiamo il testo del passaggio biblico ove è narrato l’incontro di Melchisedec con Abramo: «E
Melchisedec, re di Salem, fece portare del pane e del vino; ed egli era sacerdote di Dio l’Altissimo. Ed egli
benedisse Abramo [È soltanto più tardi che il nome Abram fu cambiato in Abraham (Genesi XVIII)]
dicendo: «Benedetto sia Abramo da parte di Dio l’Altissimo possessore dei Cieli e della Terra; e benedetto
sia Dio l’Altissimo che ha consegnato i tuoi nemici fra le tue mani. E Abramo gli diede la decima di tutto
quanto aveva preso» [Genesi XVI, 18-20]. Ed ecco in quali termini San Paolo commenta il testo: «Questo
Melchisedec, re di Salem, sacerdote di Dio l’Altissimo, che si presentò davanti ad Abramo mentre questi
tornava dalla disfatta dei re, che lo benedisse e a cui Abramo diede la decima di tutto il bottino, che è
anzitutto, secondo il significato del suo nome, re di giustizia [È in effetti il significato letterale di Melki-
Tsedeq in ebraico], poi re di Salem, cioè re della Pace; che è anche senza padre, senza madre, senza
genealogia, la cui vita non ha inizio né fine, ma che così è fatto simile al Figlio di Dio, questo Melchisedec
resta sacerdote in perpetuità» [Epistola agli Ebrei VII, I-3].
Ora, Melchisedec viene rappresentato come superiore ad Abramo poiché lo benedice, e,
«inoppugnabilmente

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