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Frasi di William Shakespeare


1. Presta a tutti il tuo orecchio, a pochi la tua voce.

2. Sappiamo chi noi siamo, ma non sappiamo cosa potremmo essere.

3. Un amore crollato, ricostruito, cresce forte, leggiadro, grande più di prima.

4. Chi sta in alto è soggetto a molti fulmini, e quando infine cade si sfracella.

5. Sii fedele a te stesso da che deve seguire, come la notte al giorno, che tu non potrai essere falso con
nessuno.

6. Ama tutti, credi a pochi e non far del male a nessuno.

7. Amore guarda non con gli occhi ma con l´anima e perciò l'alato Cupido viene dipinto cieco.

8. Attraverso le vesti stracciate si mostrano i vizi minori: gli abiti da cerimonia e le pellicce li nascondono
tutti.

9. Bisogna guardarsi bene dal concepire un'opinione molto buona delle persone di nuova conoscenza;
altrimenti nella maggior parte dei casi si rimarrà delusi con proprio scorno o magari danno.

10. Buona notte, buona notte! Separarsi è un sì dolce dolore, che dirò buona notte finché non sarà mattina.

[Giulietta: atto II, scena II]

Altra versione:

Buona notte, buona notte! Lasciarti è dolore così dolce che direi buona notte fino a giorno.

11. C'è poca scelta tra le mele marce.

12. C'è una storia nella vita di tutti gli uomini.

13. Che ogni occhio negozi per se stesso e non fidi in agente alcuno.

14. Chi ha la barba è più che un giovane, e chi non ha barba è meno che un uomo.

15. Chi non ha denaro, mezzi e pace, manca di tre buoni amici.

16. Chiamami solo amore, e sarò ribattezzato.


17. Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia.

18. Com'è amaro guardare la felicità attraverso gli occhi di un altro!

19. Come arrivano lontano i raggi di una piccola candela, così splende una buona azione in un mondo
malvagio.

20. Con chi sta fermo il tempo? Con gli uomini di legge quando sono in ferie, perché essi dormono fra una
sessione e l'altra, e non s'accorgono che il tempo si muove.

21. Cosa c'è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo
profumo.

[Giulietta: atto II, scena II]

Altre versioni:

Che cosa c'è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro
nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo.

Forse che quella che chiamiamo rosa cesserebbe d'avere il suo profumo se la chiamassimo con altro nome?

22. Dagli occhi delle donne derivo la mia dottrina: essi brillano ancora del vero fuoco di Prometeo, sono i
libri, le arti, le accademie, che mostrano, contengono e nutrono il mondo.

23. Dolce è l'alba che illumina gli amanti.

24. Dubita che le stelle siano fuoco, dubita che il sole si muova, dubita che la verità sia mentitrice, ma non
dubitare mai del mio amore.

25. E' bella e quindi può esser corteggiata; è donna e quindi può essere conquistata.

26. E chi muore senza portare nella tomba almeno una pedata ricevuta in dono da un qualche vecchio
amico?

27. È davvero un buon padre quello che conosce suo figlio.

28. E' la reputazione una veste effimera e convenzionale, guadagnata spesso senza merito e perduta senza
colpa.

29. È tutta colpa della luna, quando si avvicina troppo alla terra fa impazzire tutti.

30. Essere saggio e amare eccede le capacità dell'uomo.

31. Fingi una virtù, se non ne hai.


32. Fortuna, buona notte, sorridi ancora una volta, fai girare la tua ruota.

33. Fragilità il tuo nome è donna.

34. Gli uomini, in certi momenti, sono padroni del loro destino.

35. Ho sciupato il tempo, e ora il tempo sciupa me.

36. I nostri dubbi sono dei traditori che ci fanno spesso perdere quei beni che pur potremmo ottenere,
soltanto perchè non abbiamo il coraggio di tentare.

37. Il dolce latte dell'avversità, la filosofia.

38. Il dolore infierisce proprio là dove si accorge che non è sopportato con fermezza. Poichè il ringhioso
dolore ha meno forza di mordere l'uomo che lo irride e lo tratta con disprezzo.

39. Il male che gli uomini compiono si prolunga oltre la loro vita, mentre il bene viene spesso sepolto
insieme alle loro ossa.

40. Il mio cuore aveva mai amato? Occhi rinnegatelo, perchè non ha mai conosciuto la bellezza fino ad ora.

41. Il nostro corpo è un giardino di cui è giardiniere la nostra volontà.

42. Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio.

43. Il senno si affida molto al passar del tempo.

44. Immaginare il bene ci rende soltanto più sensibili al male. Il dente crudele del dolore non fa mai soffrire
tanto come quando rode la ferita e non la taglia di netto.

45. In cielo fanno economie: le candele sono tutte spente.

46. In nulla mi considero felice se non nel ricordarmi dei miei buoni amici.

47. Inezie più lievi dell'aria sono per un uomo geloso prove più certe delle sacre scritture.

48. La colpa è così piena d'ingenua gelosia che si versa da sola per timore d'essere versata.

49. La fortuna guida dentro il porto anche navi senza pilota.

50. La gioventù che sta in casa ha sempre un ingegno fatto in casa.

51. La gloria è simile a un cerchio d'acqua che non smette mai di allargarsi, fino a che si disperde in un
nulla.
52. La mia biblioteca era per me un ducato grande abbastanza.

53. La morte, questo fiero sergente, è severa nella sua custodia.

54. La ricchezza del mio cuore è infinita come il mare, così profondo il mio amore: più te ne do, più ne ho,
perché entrambi sono infiniti.

55. La terra ha musica per coloro che ascoltano.

56. La vera grandezza non è nell'aspettare grandi cause per muoversi, ma nel trovare degno motivo di
contesa in un fuscello quando è in gioco l´onore.

57. La virtù è ardita e la bontà non ha mai paura.

58. La vita è una favola narrata da uno sciocco, piena di strepito e di furore ma senza significato alcuno.

59. L'abitudine può cancellare il segno della natura, vincere li malefici dell'inferno, e mondare un cuore
con la sua insensibile e meravigliosa potenza.

60. L'amicizia è fedele in tutto, tranne che nei servigi e nelle faccende d'amore.

61. L'azione è più rara nella virtù che nella vendetta.

62. Le compagnie, le compagnie scellerate sono state la mia rovina.

63. Le cose più dolci, una volta che diventano ordinarie, perdono il loro delizioso piacere.

64. L'inferno non è mai tanto scatenato quanto lo è una donna offesa.

65. Loda di più la polvere un po' dorata che la doratura impolverata.

66. Ma Amore è cieco e gli amanti non vedono le dolci follie che commettono.

67. Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?

[Giulietta: atto II, scena II]

Altre versioni:

Chi sei tu che difeso dalla notte entri nel mio chiuso pensiero?

Chi sei tu che avvolto nella notte inciampi nei miei più reconditi pensieri?

68. Nessuno ammira la celerità più dei negligenti.


69. Non bisognerebbe affliggersi per ciò che è stato ed è senza rimedio.

70. Non c'é nulla che sia buono o cattivo: a renderlo tale è il pensiero.

71. Non è nelle stelle che è conservato il nostro destino, ma in noi stessi.

72. Non l'amore bisogna dipingere cieco, ma l'amor proprio.

73. Non mangia che colombe l'amore, e ciò genera sangue caldo, e il sangue caldo genera caldi pensieri e i
caldi pensieri generano calde azioni, e le calde azioni sono l'amore.

74. Non si è mai vista bella donna che non facesse smorfie davanti a uno specchio.

75. Non siamo nati per supplicare, ma per comandare.

76. Non temere la grandezza: alcuni sono nati grandi, alcuni raggiungono la grandezza e altri hanno fede
nella grandezza.

77. Nulla è bene o male, se non si pensa di fare bene o male.

78. Nulla può andare male se viene insieme ai soldi.

79. O cielo! Se solo l'uomo fosse costante, sarebbe perfetto.

80. O, un bacio, lungo come il mio esilio, dolce come la mia vendetta.

81. Ogni fatica che ci è grata ha con sè il suo rimedio.

82. Oh! E' eccellente avere la forza d'un gigante, ma è tirannico usarla come un gigante.

83. Oh! guardati, mio signore, dalla gelosia: è il mostro dagli occhi verdi che schernisce la carne di cui si
nutre.

84. Per prima cosa, ammazziamo tutti gli avvocati.

85. Piangere un guaio ormai passato è il modo migliore per tirarsene addosso un altro.

86. Più di una bella impiccagione previene un pessimo matrimonio.

87. Più la Fortuna vuol favorire gli uomini, più li guarda con occhi minacciosi.

88. Procura che la tua amata sia più giovane di te, o il tuo affetto per lei non durerà.

89. Quando ambiamo al meglio, spesso roviniamo ciò che è bene.


90. Quando i ricchi furfanti hanno bisogno di quelli poveri, quelli poveri possono fare il prezzo che
vogliono.

91. Quanto è più crudele del morso di un serpente l'ingratitudine di un figlio.

92. Quegli amici che hai e la cui amicizia hai messo alla prova, aggrappali alla tua anima con uncini
d'acciaio.

93. Quel che amore tracciò in silenzio, accoglilo, che udir con gli occhi è finezza d'amore.

94. Ride delle cicatrici colui che non è mai stato ferito.

[Romeo: atto II, scena II]

95. Se l'amore è cieco, tanto meglio si accorda con la notte.

96. Se non ricordi che Amore t'abbia mai fatto commettere la più piccola follia, allora non hai amato.

97. Se si trattasse ognuno a seconda del suo merito, chi potrebbe evitare la frusta?

98. Sei tutto ghiaccio; la tua gentilezza raggela.

99. Si dice che muore giovane chi è tanto giovane e saggio.

100. Sì, tutte le nostre gioie sono vane, ma ancor più vane sono quelle che, comprate col dolore, ereditano il
dolore.

101. Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni.

102. Son sicuro che l'afflizione è nemica della vita.

103. Tutti gli uomini sanno dare consigli e conforto al dolore che non provano.

104. Un giorno l'afflizione sorriderà di nuovo, e fino ad allora, dolore, stai a cuccia.

105. Un uomo può pescare con il verme che ha mangiato un re e mangiare il pesce che ha mangiato quel
verme.

106. Un vero amore non sa parlare.

107. Vivi per essere la meraviglia e l'ammirazione del tuo tempo.

108. Ci vuole un padre saggio per conoscere il proprio figlio.


109. Colui che oggi verserà il suo sangue insieme al mio, sarà mio fratello.

110. [Amare] È esser tutto fantasia, passione, e tutto desiderio, adorazione, esser dovere, rispetto, umiltà,
esser pazienza ed impazienza insieme, castità, sofferenza, obbedienza.

111. Che epoca terribile quella in cui degli idioti governano dei ciechi.

112. Gioventù che al paese vuol restare, paesana nell'anima rimane.

113. Sarai stanco amore, perché è tutto il giorno che cammini nella mia testa.

114. Il vaso vuoto è quello che rende il suono più ampio.

115. Succeda quel che succeda, i giorni brutti passano esattamente come tutti gli altri.

116. Amami o odiami, entrambi sono a mio favore. Se mi ami, sarò sempre nel tuo cuore. Se mi odi, sarò
sempre nella tua mente.

117. Con un'aria devota e un'azione pia inzuccheriamo lo stesso diavolo.

118. Io oso fare tutto ciò che può essere degno di un uomo, chi osa di più non lo è.

119. E così ricopro la mia nuda perfidia con antiche espressioni a me estranee rubate ai sacri testi e sembro
un santo quando faccio la parte del diavolo. [Riccardo III]

120. La donna uscì dalla costola dell'uomo, non dai piedi per essere calpestata, non dalla testa per essere
superiore ma dal lato, per essere uguale, sotto il braccio per essere protetta, accanto al cuore per essere
amata.

121. Spengiti, spengiti breve candela! La vita non è che un'ombra che cammina, un povero commediante
che si pavoneggia e si agita, sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla più; una favola
raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla.

122. Non t'ama chi amor ti dice ma t'ama chi guarda e tace.

123. Ogni volta che lo riterrai opportuno accendi un sogno e lascialo bruciare in te.

124. La fragola profumata fiorisce sotto l'ortica; ed è vicino ai frutti selvatici, che le piante salutari
s'innalzano e maturano di più.

125. L'amore non vede con gli occhi, ma con la mente.

126. Più non ti affliggere per ciò che hai fatto:


le rose hanno spine e le argentee fonti fango,
nuvole ed eclissi macchiano e luna e sole,
e il ripugnante bruco vive nel bocciolo più dolce.
Tutti commettono colpe, e anch'io in questo,
giustificando con paragoni la tua trasgressione,
corrompendo me stesso nel medicare il tuo malanno,
scusando i tuoi peccati oltre misura;
poiché alla tua colpa sensuale io porto senso,
e la tua parte avversa diventa il tuo avvocato,
e contro me stesso intento causa legale.
Tale guerra civile è nel mio amore e odio
che complice devo per forza diventare
di quel dolce ladro che amaramente mi deruba.

127. Il sangue e il coraggio s'infiammano di più a risvegliar un leone, cha a dar la caccia a un timido
daino.

128. I paurosi muoiono mille volte prima della loro morte, ma l'uomo di coraggio non assapora la morte
che una volta.

129. Caro amico, per l'amor di Gesù astieniti,


dallo smuovere la polvere qui contenuta.
Benedetto colui che custodisce queste pietre,
E maledetto colui che disturba le mie ossa.

130. Per tutte le violenze consumate su di Lei, per tutte le umiliazioni che ha subìto, per il suo corpo che
avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l'ignoranza in cui l'avete lasciata, per la
libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le ali che le avete tagliato, per tutto
questo: in piedi Signori, davanti a una Donna!

131. Un boccale di birra è un pasto da re.

132. Oh Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo? Rinnega tuo padre, e rifiuta il tuo nome! O, se non lo vuoi,
tienilo pure e giura di amarmi, ed io non sarò più una Capuleti.

[Giulietta: atto II, scena II]

133. Se l'amore è cieco, tanto meglio si accorda con la notte.

[Benvolio: atto II, scena I]

134. Sperperiamo le nostre luci invano, come le lampade di giorno.

[Mercuzio: atto I, scena IV]

135. È un cattivo cuoco quello che non sa leccarsi le dita.

[2° servo: atto IV, scena II]


136. A Verona, in una piazza.
Entrano Sansone e Gregorio con spade e scudi.
Sansone: Gregorio, ti giuro che a noi non ce la fanno.
Gregorio: No, se no si passa per buffoni.
Sansone: Voglio dire che alla peggio gli si dà addosso.
Gregorio: Certo, finché sei vivo tieni su il collo.
Sansone: Io, se mi smuovono, tiro lesto.
Gregorio: È che tu non sei tanto lesto a smuoverti.
Sansone: Che ci provi un cane di quei Montecchi.
Gregorio: A smuoversi c'è da cadere. Se si vuol essere forti bisogna star bene sulle gambe; e così, se ti
smuovono, scappi.
Sansone: Un cane dei Montecchi mi smuove a stare fermo; e io salterei il muro di tutti i Montecchi, uomo o
donna che fosse.
Gregorio: Vl dire che sei uno schiavo molto debole; perché i più deboli sono quelli che vanno al muro.

[Traduzione di Paola Ojetti, Newton, 1990]

137. Nella bella Verona dove la scena è collocata, due famiglie di pari dignità piombano per rancori
antichi in una nuova discordia che insozza le mani dei cittadini con il loro stesso sangue. Dai lombi fatali di
questi nemici, trae vita una nuova coppia di sfortunati amanti, le cui sventure pietose con la morte, la faida
dei loro genitori sepelliscono. [...] se vorrete ascoltare con orecchio paziente, la nostra fatica si proverà ad
emendare.

138. Amore è un fumo levato col fiato dei sospiri; purgato, è fuoco scintillante negli occhi degli amanti;
turbato, un mare alimentato dalle loro lacrime. Che altro è esso? Una follia discreta quanto mai, fiele che
strangola e dolcezza che sana.

[Romeo: atto I, scena I]

139. Ah! Allora, lo vedo, la regina Mab è venuta a trovarti.


Essa è la levatrice delle fate, e viene,
in forma non più grande di un'agata
all'indice di un dignitario,
tirata da una muta di piccoli atomi,
lungo il naso degli uomini, mentre sono addormentati.
Con esili zampe di ragno son fatti i raggi delle ruote del suo carro;
ali di cavallette per mantice,
la ragnatela la più sottile per tirelle;
brina di raggi di luna per pettorali,
osso di grillo per manico della frusta, un filamento sottilissimo per sferza;
un moscerino di grigia livrea è il cocchiere,
grosso appena metà di un piccolo verme tondo,
estratto con uno spillo dal pigro dito di una fanciulla.
Un guscio di nocciola per cocchio,
scavato dallo scoiattolo falegname o da una vecchia larva,
da tempo immemorabile son essi i carrozzieri delle fate.
Così messa Mab cavalca notte dopo notte,
attraversa la mente degli innamorati facendoli, così, sognar l'amore;
o anche le rotule dei cortigiani che nel sogno si inchinano in salamelecchi;
o sulle dita degli avvocati perché sognino laute parcelle;
talvolta sulle labbra delle dame così che sognino d'esser baciate,
e spesso, quando irritata dai loro aliti guasti per i troppi dolci, Mab vi lascia delle pustole.
Talvolta galoppa lungo il naso di un cortigiano,
così che senta, in sogno, l'odore d'una petizione a pagamento;
talaltra solletica il naso di un prevosto col crine d'un porcello della decima,
inducendolo a sognare un altro benefizio parrocchiale.
A volte le capita di passare lungo il collo di un soldato,
e quindi il sogno è tutto un tagliare forestieri gargarozzi,
di brecce, di imboscate, di lame spagnole, e di brindisi con enormi, colmi, bicchieri;
poi, all'improvviso, un tamburo rulla nell'orecchio si sveglia e salta su di botto,
e dopo avere smoccolato per la paura una bestemmia o due,
riprende a dormire morto di sonno. Questa è la vera Mab
che nella notte intreccia le criniere dei cavalli
e fa con i loro crini dei nodi magici
che portano sventura a chi li prova a districare.
È questa la strega, che quando le pulzelle giacciono supine,
le pressa perché imparino a "portare"
così che imparino a essere donne di "buon portamento".
Questa è lei.

[Mercuzio: atto I, scena IV]

140. In questa bella Verona, due casate, di pari nobiltà, si scagliano, per antico rancore, in sempre nuove
contese che macchiano di sangue veronese mani di veronesi. Dalla tragica progenie di questi nemici sono
nati sotto cattiva stella due amanti che con la loro pietosa morte mettono termine alla furia dei loro parenti.
Lo sventurato corso del loro fatale amore e l'odio costante delle loro famiglie, troncato soltanto alla fine di
queste creature, saran per due ore l'argomento della nostra tragedia. Ascoltate con orecchi pazienti e noi ci
sforzeremo di rimediare ai nostri difetti.

141. Dico che a stare a traccheggiar qui fuori, noi sprechiamo le luci delle fiaccole come a tenerle accese
in pieno giorno.

[Mercuzio: atto I, scena IV]

142. Oh, essa insegna alle torce come splendere. Sembra pendere sul volto della notte come ricca gemma
all'orecchio d'una Etiope. Ma è bellezza di un valore immenso che mai nessuno avrà, troppo preziosa per la
terra. Come colomba bianca in una lunga fila di cornacchie sembra la fanciulla tra le sue compagne. La
voglio vedere dopo questo ballo; come sarei felice se la mia mano rude sfiorasse quella sua. Ha mai amato
il mio cuore? Negate, occhi: prima di questa notte non ho mai veduto la bellezza.

[Romeo: atto I, scena V]

143. Il mio solo amore, nato dal mio solo odio!


[Giulietta: atto I, scena V]

144. L'amore è cieco, e il buio gli si addice.

[Benvolio: atto II, scena I]

145. Oh, ma quale luce irrompe da quella finestra lassù? Essa è l'oriente, e Giulietta è il sole. Sorgi, bel
sole, e uccidi l'invidiosa luna già malata e livida di rabbia, perché tu, sua ancella, sei tanto più luminosa di
lei: Non servirla, se essa ti invidia; la sua veste virginale e d'un colore verde scialbo che piace solo agli
stupidi. Gettala via! Ma è la mia dama, oh, è il mio amore! Se solo sapesse di esserlo! Parla eppure non
dice nulla. Come accade? È il suo sguardo a parlare per lei, e a lui io risponderò. No, sono troppo audace,
non è a me che parla. Due elle più belle stelle del cielo devono essere state attirate altrove e hanno pregato
gli occhi di lei di scintillare nelle loro orbite durante la loro assenza. E se davvero gli occhi di lei, gli occhi
del suo volto, fossero stelle? Tanto splendore farebbe scomparire le altre stelle come la luce del giorno fa
scomparire la luce di una lampada: in cielo i suoi occhi brillerebbero tanto che gli uccelli si metterebbero a
cantare credendo che non fosse più notte.

[Romeo: atto II, scena II]

146. Guarda come appoggia la guancia alla sua mano: Oh, potessi essere io il guanto di quella mano e
poter così sfiorare quella guancia!

[Romeo: atto II, scena II]

147. Ma parla..Oh, dì ancora qualcosa, angelo splendente, così glorioso in questa notte, lassù, sopra la mia
testa, come un messaggero alato del cielo quando abbaglia gli occhi stupiti dei mortali, che si piegano
all'indietro per guardarlo varcare le nubi che si gonfiano pigre, e alzare le vele nel grembo dell'aria.

[Romeo: atto II, scena II]

148. L'amore corre ad incontrar l'amore con la gioia con cui gli scolaretti fuggon dai loro libri; ma l'amore
che deve separarsi dall'amore ha il volto triste degli scolaretti quando tornano a scuola.

[Romeo: atto II, scena II]

149. Il pericolo è più nei tuoi occhi che in venti delle loro spade: se mi guardi con dolcezza, sarò forte
contro il loro odio.

150. Con le ali dell'amore ho volato oltre le mura, perché non si possono mettere limiti all'amore e ciò che
amor vuole amore osa.

[Romeo: atto II, scena II]

151. M'ami tu? So bene che dirai "sì" e io accetterò il tuo verbo; però, se giuri, potresti riuscir falso: agli
spergiuri degli amanti, Giove dicono ride.

[Giulietta: atto II, scena II]


152. Anche se tu mi dai tanta gioia, non provo gioia per il giuramento di stanotte: è troppo avventato,
affrettato, improvviso, troppo simile al lampo, che svanisce prima che uno possa dire: "eccolo, guarda".

[Giulietta: atto II scena II]

[Although I joy in thee, I have no joy in this contract tonight: it is too rash, too unadvised, too sudden, too
like the lightning, which doth cease to be ere one can say: 'it lightens]

153. È fidato il vostro servo? Non avete mai sentito dire che due persone possono serbare un segreto se
soltanto una sola lo conosce?

[La nutrice a Romeo: atto II, scena IV]

154. Gli piace sentirsi parlare; parla più in un'ora di quanto ascolti in un mese.

[Romeo a proposito di Mercuzio: atto II, scena IV]

155. Chi è troppo veloce, arriva tardi, come chi va troppo lentamente.

[Atto II, scena VI]

156. Le gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo, come il fuoco e la polvere da sparo,
che si consumano al primo bacio. Il più squisito miele diviene stucchevole per la sua stessa dolcezza, e
basta assaggiarlo per levarsene la voglia. Perciò ama moderatamente: l'amore che dura fa così.

[Frate Lorenzo: atto II, scena VI]

157. Tebaldo: Mercuzio, tu tieni corda a Romeo?


Mercuzio: Corda? E che ci hai preso, per violinisti? Se ci credi violinisti, non sentirai da noi che stonature.
Ecco l'archetto del mio violino [mostra la spada] che ti farà ballare. Altro che tenere corda!
Benvolio: Non ci mettiamo a discutere qui: può passare gente [...]. Qui abbiamo gli occhi di tutti addosso.
Mercuzio: E lasciali guardare! Gli occhi son fatti per questo. Non mi scomodo per i begli occhi di nessuno,
io!

[Atto III, scena I]

158. Mercuzio: Sono ferito. La peste alle vostre famiglie. A tutte e due. Sono spacciato. E quell'altro che è
scappato, non ha nulla?
Benvolio: Oh! Sei ferito?
Mercuzio: Uno sgraffio uno sgraffio ma per Dio! quanto basta [...].
Romeo: : Coraggio amico, la ferita non sarà profonda.
Mercuzio: No, non come un pozzo, né grande come la porta di una chiesa: ma è quanto basta, e basterà.
Venite tutti a cercarmi domani a casa mia: mi troverete nella tomba. Sono condito a dovere, per questo
mondo, ve lo assicuro [ride]. La peste alle vostre due famiglie. Per Giuda! un cane, un topo, un sorcio,
graffiare a morte un uomo. Un gradasso, un mascalzone, un ribaldo, che si batte coll'abbacco alla mano.
[...] Aiutami ad arrivare a casa, Benvolio, o vi casco qui. La peste alle vostre due famiglie: hanno fatto di
me pasto da vermi. Ah, la mia l'ho avuta, e a dovere... Le vostre famiglie!

[Atto III, scena I]

159. Vieni dunque, o notte solenne, matrona sobriamente vestita di nero, e apprendimi a perdere una partita
vinta, nella quale vengon giuocate due intatte verginità.

[Giulietta: atto III, scena II]

160. Tu sei sposato alla calamità.

Altra versione:

L'afflizione s'è innamorata della tua persona, e tu ti sei sposata la sventura.

[Frate Lorenzo a Romeo: atto III, scena III]

161. No: più mondo non è, fuor delle mura | Di Verona: ma carcere di pene, | Ma tormento, ma inferno.
Ahi! che l'esiglio | Da queste mura è l'esiglio dal mondo, | E l'esiglio dal mondo è morte! Il bando | È vera
morte con diverso nome. | Nomandola così, tu con aurata | Bipenne il capo mio tronchi, e sorridi | Del fatal
colpo che mi dà la morte.

[Romeo: atto III, scena III]

162. Giulietta: Vuoi già partire? L'alba è ancor lontana. | Era dell'usignolo, | non dell'allodola, il cinguettio
| che ha ferito poc'anzi il trepidante | cavo del tuo orecchio. Un usignolo, | credimi, amore; è lui che canta,
a notte, | laggiù sull'albero di melograno.
Romeo: No, cara, era l'araldo del mattino, | l'allodola; non era l'usignolo.

[Atto III, scena V]

163. L'allodola, | a martellar gli archivolti del cielo | con le sue note, sopra il nostro capo.

[Romeo: atto III, scena V]

164. È giorno, invece, è giorno! Ahimè, fa' presto! | Va'! È l'allodola quella che canta, | ora, con quel suo
verso fuori tono, | sforzandolo con aspre dissonanze. | Dicono che l'allodola | sa modulare in dolci
variazioni | le note del suo canto; questa no, | perché in luogo di dividere le note | in armonia, divide noi.
L'allodola, | dicono pure, ha scambiato i suoi occhi, | col ripugnante rospo. | Che si siano scambiate anche
le voci? | Perché questa, che va destando il giorno, | ci strappa trepidanti dalle braccia | l'uno dell'altro, e
mi ti porta via.

[Giulietta: atto III, scena V]

165. Giulietta: Ciò che deve essere, sarà.

Frate Lorenzo: Questa è una sentenza sicura.


[Atto IV, scena I]

166. Eh, monsignore, non è provetto cuoco di mestiere, quello che non si sa leccar le dita.

[2° servo: atto IV, scena II]

167. Non tentare un uomo disperato.

[Romeo: atto V, scena III]

168. Amore mio, mia sposa! La morte, che ha gia succhiato il miele del tuo respiro, nulla ha potuto sulla
tua bellezza. Ancor sulle tue labbra e le tue guance risplende rosea la gloriosa insegna della bellezza tua:
su te la Morte non ha issato il suo pallido vessillo... Tebaldo, tu che te ne stai là in fondo nel tuo bianco
lenzuolo insanguinato, qual maggiore tributo posso renderti che spezzare con questa stessa mano che ha
spezzato la tua giovane vita quella dell'uomo che ti fu nemico? Perdonami, cugino!... O mia Giulietta,
perché sei tanto bella ancora, cara? Debbo creder che palpita d'amore l'immateriale spettro della Morte? E
che quell'aborrito, scarno mostro ti mantenga per sé qui, nella tenebra, perché vuol far di te la propria
amante? Per paura di questo, io resterò per sempre accanto a te e non mi partirò mai più da questo palazzo
della scura notte. qui, qui, voglio restare insieme ai vermi, tue fedeli ancelle, qui fisserò l'eterno mio riposo,
qui scrollerò dalla mia carne stanca il tristo giogo delle avverse stelle. Occhi, guardatela un'ultima volta,
braccia, stringetela nell'ultimo abbraccio, o labbra, voi, porta del respiro, con un bacio puro suggellate un
patto senza tempo con la morte che porta via ogni cosa. Vieni, amarissima mia scorta, vieni, mia disgustosa
guida. E tu, Romeo, disperato nocchiero, ora il tuo barco affranto e tormentato dai marosi scaglia contro
quegli appuntiti ronchi a sconquassarsi... Ecco, a te, amor mio! Bevo al mio amore! [beve il veleno] O
onesto speziale! Il tuo veleno è rapido, e così, con un bacio, io muoio.

[Romeo: atto V, scena III]

169. O speziale veritiero! Il tuo veleno è rapido. E così con un bacio io muoio.

[Romeo: atto V, scena III - Ultime parole]

170. Pugnale benedetto! Ecco il tuo fodero... [Si colpisce al petto] qui dentro arrugginisci, e dammi morte.

[Giulietta: atto V, scena III - Ultime parole]

171. Questa mattina porta una pace che rattrista; nemmeno il sole mostrerà la sua faccia. Andiamo via da
qui, a ragionare di questi dolorosi avvenimenti. Per alcuni sarà il perdono, per altri il castigo immediato:
poiché mai storia fu più triste di quella di Giulietta e del suo Romeo.

[Il Principe: conclusione]

172. Il resto è silenzio.

173. Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d'un sogno è
racchiusa la nostra breve vita.
[Prospero: atto IV, scena I]

174. Buona cucina e buon vino, è il paradiso sulla terra!

175. Non ha occhi un ebreo? Non ha mani, organi, statura, sensi, affetti, passioni? Non si nutre anche lui di
cibo? Non sente anche lui le ferite? Non è soggetto anche lui ai malanni e sanato dalle medicine, scaldato e
gelato anche lui dall'estate e dall'inverno come un cristiano? Se ci pungete non diamo sangue, noi? Se ci
fate il solletico, non ridiamo? Se ci avvelenate non moriamo?

[Shylock: atto III, scena I]

176. Essere, o non essere, questo è il problema:


se sia più nobile nella mente soffrire
colpi di fionda e dardi d'atroce fortuna
o prender armi contro un mare d'affanni
e, opponendosi, por loro fine? Morire, dormire
nient'altro, e con un sonno dire che poniamo fine
al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
di cui è erede la carne: è una conclusione
da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.
Dormire, forse sognare. Sì, qui è l'ostacolo,
perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire
dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale
deve farci riflettere. È questo lo scrupolo
che dà alla sventura una vita così lunga.
Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo,
il torto dell'oppressore, l'ingiuria dell'uomo superbo,
gli spasimi dell'amore disprezzato, il ritardo della legge,
l'insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
che il merito paziente riceve dagli indegni,
quando egli stesso potrebbe darsi quietanza
con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli,
grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,
se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte,
il paese inesplorato dalla cui frontiera
nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà
e ci fa sopportare i mali che abbiamo
piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?
Così la coscienza ci rende tutti codardi,
e così il colore naturale della risolutezza
è reso malsano dalla pallida cera del pensiero,
e imprese di grande altezza e momento
per questa ragione deviano dal loro corso
e perdono il nome di azione.

[To be, or not to be, that is the question:


Whether 'tis nobler in the mind to suffer
The slings and arrows of outrageous fortune,
Or to take arms against a sea of troubles,
And by opposing end them? To die, to sleep
No more, and by a sleep to say we end
The heartache and the thousand natural shocks
That flesh is heir to: 'tis a consummation
Devoutly to be wished. To die, to sleep.
To sleep, perchance to dream. Ay, there's the rub,
For in that sleep of death what dreams may come
When we have shuffled off this mortal coil
Must give us pause. There's the respect
That makes calamity of so long life,
For who would bear the whips and scorns of time,
Th'oppressor's wrong, the proud man's contumely,
The pangs of despis'd love, the law's delay,
The insolence of office, and the spurns
That patient merit of th'unworthy takes,
When he himself might his quietus make
With a bare bodkin? Who would fardels bear,
To grunt and sweat under a weary life,
But that the dread of something after death,
The undiscovered country from whose bourn
No traveller returns, puzzles the will,
And makes us rather bear those ills we have
Than fly to others that we know not of?
Thus conscience does make cowards of us all,
And thus the native hue of resolution
Is sicklied o'er with the pale cast of thought,
And enterprises of great pitch and moment
With this regard their currents turn awry,
And lose the name of action.]

177. Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai
innocente.

[Love, love madly, love more than you can and if they say that it's sin, love your sin and you'll be innocent.]

178. Niente è buono o cattivo se non è tale nel nostro pensiero.

179. Potrei essere rinchiuso in un guscio di noce e tuttavia ritenermi Re di uno spazio infinito, se non fosse
che faccio brutti sogni.

180. L'amore è vaporosa nebbiolina formata dai sospiri; se si dissolve, è fuoco che sfavilla scintillando
negli occhi degli amanti; s'è ostacolato, è un mare alimentato dalle lacrime degli stessi amanti. Che altro è
esso? Una follia segreta, fiele che strangola e dolcezza che sana.
181. Quando la tua anima è pronta, lo sono anche le cose.

[All things are ready, if our minds be so.]

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