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TRAVERSATA DELLE TREDICI CIME

Cartina Kompass 1:50000 n.72 - "Parco Nazionale dello Stelvio"

Giorno 1 Traversata Pizzo Tresero (m 3594) - Punta S.Matteo (m 3678) Difficoltà: EE

L'attraente parete nord del Treséro; a breve


distanza dalla vetta, sulla cresta sud-ovest, si
trova il Bivacco Seveso.

Dal Bivacco Seveso, lungo tracce di sentiero, ci si incammina per la modesta cresta sud-ovest,
eventualmente aggirando a sinistra, sulla neve, un primo risalto roccioso, raggiungendo la vetta del Treséro
(m 3594). Una facile sella e divertenti roccette di primo grado conducono in pochi minuti sulla Punta
Pedranzini (m 3599, nei pressi sono evidenti i resti di baraccamenti militari) dalla quale, senza particolari
difficoltà, si perviene alla Cima Dosegù (m 3560): da essa la visione della parete nord del San Matteo è
veramente mozzafiato. Per raggiungere la sottostante ampia sella (m 3550) occorre prestare un po' di
attenzione alla breve cresta sud-est, che non di rado presenta agghiaccianti cornici verso nord. In caso di
nebbia conviene, qui, tenersi sulle facili roccette completamente a meridione. Per raggiungere il San Matteo
(m 3678) si percorre la poco difficile cresta nevosa N-0, via seguita dai primi scalatori nel 1865, che presenta
pendii fino a 45 gradi e per percorrere la quale, a stagione avanzata, ci vogliono quasi sempre i ramponi.
Dalla vetta si discende su facili pianori ghiacciati, attraversati da profondi crepacci, e si aggira il versante
settentrionale del Monte Giumela (m 3596), passando poco sotto la cima che si può raggiungere agevolmente
in pochi minuti. Un'ultima veloce discesa conduce al Col degli Orsi (m 3304), poco prima del quale è sito il
Bivacco Meneghello (ore 2.30-3, PD+), il quale non è visibile sino a che non siamo sul colle sovrastante.

Giorno 2 Traversata Punta Cadini (m 3524) - Monte Vioz (m 3645) Difficoltà: EE

Dal Bivacco Meneghello, oltrepassato il sottostante Col degli Orsi, si risale il ghiacciato spallone esposto ad
ovest che conduce sulla Punta Cadini (m 3524). Scesi in breve all'omonimo colle, si attaccano le rocce della
cresta sud della Rocca di Santa Caterina. Mantenendosi sul filo di cresta si supera un aereo ed affilato tratto
pianeggiante dopodiché si perviene ad un intaglio sottostante ad una verticale paretina, di pochi metri (II/IV),
che si supera innalzandosi sulla destra (più facile) o direttamente, sfruttando un intaglio. Raggiunta la Rocca
si è, in breve, alla Cima di Peio (m 3549) dalla quale, sempre per cresta, con facili saliscendi e superate
elevazioni minori, si raggiunge la Punta Taviéla (m 3612). La discesa da essa presenta i passaggi più delicati
dell'intera traversata delle Tredici Cime. Con abbondante neve, ci si porta all'estremità orientale della vetta e
si discende un canalino all'inizio piuttosto ripido, obliquante verso sinistra e dominante il Col del Vioz. A
tarda stagione, affiorando le rocce rotte e pericolose da cui è formato, conviene spostarsi all'estremità Nord-
Ovest della vetta e scendere su grossi massi incastrati, con passaggi mai difficili, riportandosi subito in
direzione del colle (m 3330). Da qui, con monotona ed intuitiva risalita, evitando l'ultimo tratto di cresta per
il nevaio di destra, si tocca la vetta del Monte Vioz (m 3645), a pochi minuti dalla quale, sulla cresta sud, è
sito il Rifugio Mantova/Vioz (ore 6-7, AD).

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Giorno n.3 Traversata Monte Vioz (m 3645) - Monte Cevedale (m 3769)Difficoltà: EE

Sul centro destra la vetta del Cevedale vista dal


rifugio Casati.

Dal rifugio Mantova al Vioz si raggiunge in breve la vetta del Vioz (m 3645), dalla quale una lenta e dolce
discesa conduce, verso settentrione, al Passo della Vedretta Rossa (m 3405). Da qui si risale la rocciosa
cresta sud-ovest del Palón de la Mare (m 3703), facile ed ormai segnata da un evidente sentiero, sino a
toccarne la vetta. Un altrettanto facile discesa su ghiacciaio conduce al Col de la Mare (m 3442), poco sopra
del quale è ubicato il Bivacco Colombo. La traversata della biforcuta Cima del M Ròsole (m 3536) è
divertente e conduce all'omonimo Passo (m 3502) dal quale, superando due omogenee spalle nevose, si tocca
la vetta del Cevedale (m 3769), punto più alto dell'intera traversata delle 13 Cime.
Lungo la normale via di salita sul suo versante nord, attraverso pianeggianti distese ghiacciate e senza
sottovalutare le insidie che i nascosti crepacci offrono, si giunge al Rifugio Casati (ore 4-5, PD).

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C.A.I. SEVESO Cresta Sud-Ovest del Monte Treséro, in Valfurva a quota 3398 metri

Difficoltà: EE (escursionisti esperti) Dislivello: m 900 Tempo: 3 ore


Proprietà: CAI sezione di Seveso, via Ada Negri - Seveso S. Pietro (MI)
Numero posti letto: 9

Il bivacco è situato sulla cresta Sud-Ovest del Il bivacco visto dalla vetta
Monte Treséro, a 200 metri di dislivello dalla
cima.

Il bivacco, nel tentativo di sostituire la funzione del vecchio rifugio Bernasconi (che era situato ai piedi della
vedretta Ovest di Tresero) è considerato un'ottima base in vista della prima giornata della "traversata delle 13
cime" che coronano la zona compresa tra il Monte Tresero e il Monte Cevedale (in particolare esse sono:
Tresero, Pedranzini, Dosegù, San Matteo, Giumela, Cadini, S.Caterina, Peio, Taviela, Vioz, Palon de la
Mare, Rosole, Cevedale. Tutte sopra i 3400 metri di quota). In effetti, essendo questa zona molto frequentata
dagli alpinisti, soprattutto nella stagione estiva, è probabile che ci si trovi in troppi dentro al bivacco.
Per accedervi si parcheggia l'automobile al rifugio Berni che sorge proprio dove comincia il lungo pianoro
del Passo Gavia.

Il ponte dell'amicizia

Attraversata la statale si scende alcuni metri procedendo verso Est e superando su di un ponte il Torrente
Gavia. Appena al di là di esso sorge il vecchio rifugio Berni, importante risulta lasciarlo alla nostra destra e
prendere il sentiero 25 che corre palesemente puntando a Nord, verso valle per comprenderci. Pochi passi ed
ecco che si biforca tra 25 e 25A, importante a questo punto tenere il 25 per la via di destra ed andare in lieve
discesa ad aggirare il costone che sbarra la visuale verso il Vallone di Dosegù. Ad un certo punto ci troviamo

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a poca distanza aerea dal fondovalle ma notiamo scorrere impietoso sotto di noi il Rio Dosegù, carico
dell'acqua di fusione del ghiacciaio omonimo. Provvidenziale risulta a questo punto il recente Ponte
dell'Amicizia che ci permette di attraversare il versante della valle e di incontrare le bandiere rosso-bianco-
rosso (vedi foto) con al centro il segnavia 41 che da ora in poi ci guiderà praticamente sino al bivacco. Per
chi non scorgesse il segnavia è bene sapere che la direzione esatta appena superato il ponte è quella verso
destra. Fino ad ora la fatica è stata poca quindi ecco un ripido sentiero che ci fa guadagnare ben presto i metri
persi nella precedente discesa: tra ghiaioni e panorami immensi ci troviamo ad una terrazza che guarda diritta
verso Nord-Est il tormentato ghiacciaio Dosegù, con alle spalle la mole del San Matteo; completamente
verso Sud ai intravede invece la Vedretta di Val Umbrina. Poi, su sfasciumi e detriti, talvolta su morene e
chiazze di neve primaverile, giungiamo in un ampio catino glaciale ancora selvaggio completamente
innevato. Il ripido pendio che segue, conduce direttamente alla vedretta che proviene dalla vetta del Tresero,
consigliabile a questo punto legarsi e mettere i ramponi intraprendendo un ghiacciaio d'alta quota e perenne,
seppur minore rispetto ad altri, per questo da non sottovalutare.

Chi invece preferisse procedere sulla cresta può mantenersi costantemente su di essa in direzione Nord-Est
anch'essa, praticamente più in alto ma parallela alla traccia degli alpinisti che scelgono il ghiacciaio.
Giungiamo in ogni caso in breve al bivacco, appostato a 200 metri circa dalla vetta del Tresero. La cresta, o
la restante parte di ghiacciaio, ci dividono dalla luccicante croce di vetta a m.3594.

- al pizzo Tresero (m.3594) in 1 ora e da Traversata delle Tredici Cime

RIFUGIO MANTOVA - VIOZ Sotto la Cima Vioz , in Valfurva a quota 3535 metri

Difficoltà: EE (escursionisti esperti) Dislivello: m 1140 Tempo: 4 ore

Rifugio Mantova

Dal rifugio Branca. Si risale l'evidente morena che in destra idrografica scende dal ghiacciaio dei Forni, sulla
via normale di salita al Palón de la Mare, fino a toccarne l'ampia conca glaciale superiore. Attraversatala
verso destra, si supera la erta balza rocciosa che va a morire nei seracchi discendenti dal bacino superiore dei
ghiacciaio dei Forni. Lungo quest'ultimo, si punta in direzione est verso il Passo della Vedretta Rossa (m.
3405) dal quale volgendo decisamente a destra, si raggiunge su facili pendii il M. Vioz (m.3645). Da qui in
dieci minuti, si scende verso la Val di Peio al rifugio (ore 3-4, PD+).
Altra via di accesso dal Rifugio Doss dei Gembri (m.2380) con sentiero n.105 che parte da Pejo in provincia
di Trento (ore 4, EE).
Il rifugio, con i suoi 3535 metri, è per altezza il secondo di tutta la Lombardia. Solo la Capanna Marco e
Rosa sul Bernina è ubicata più in alto, a 3609 metri.

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BIVACCO MENEGHELLO Al Colle degli Orsi sotto la Punta San Matteo a quota 3450 metri

Cartina Kompass n.72 - settore D4

Proprietà: CAI sezione di Vicenza, Contrà Riale 12 - 36100 Vicenza - Tel. 0444 / 545369

Il bivacco è situato nel tratto di cresta fra la Punta Cadini (m.3524) ed il S.Matteo (m.3678) chiamato Colle
degli Orsi. Lo si incontra percorrendo la ben famosa "Traversata delle 13 cime" e talvolta proveniendo
invece dal rifugio Branca (m.2493) in val Cedec, a cui rimandiamo per il percorso sin lì. Da quest'ultimo ci
abbassiamo leggermente verso la morena del Ghiacciaio dei Forni e la percorriamo seguendo inizialmente
l'itinerario del Sentiero Glaciologico. Prima della fine della morena prendiamo sulla destra la traccia che
punta verso il ghiacciaio in direzione Sud. Ora ne attraversiamo l'ampia distesa glaciale per poi risalire l'erto
pendio verso la cresta. L'ascesa, seppur faticosa, è ampiamente ripagata dalla vista che spazia da Est verso
Ovest su buona parte delle famose Tredici Cime: M.Vioz, Cima di Peio, Rocca di S.Caterina, Punta Cadini,
Punta S.Matteo e più lontano il Pizzo Tresero. Giunti al Colle degli Orsi percorriamo la dorsale verso destra
ed in breve siamo al bivacco. La struttura in legno è stata ricavata nel 1952 dai ruderi militari della Grande
Guerra. Non a caso prende il suo nome da quello del capitano Francesco Meneghello, Medaglia d'Oro,
volontario durante la spedizione in Russia. Il Bivacco ben pulito, nel periodo estivo è molto frequentato
rendendo non improbabile il rischio di trovarlo affollato.

Il bivacco è situato nel tratto di cresta fra la Punta Cadini (m.3524) ed il S.Matteo (m.3678) chiamato Colle
degli Orsi. Lo si incontra percorrendo la ben famosa "Traversata delle 13 cime" e talvolta proveniendo
invece dal rifugio Branca (m.2493) in val Cedec, a cui rimandiamo per il percorso sin lì. Da quest'ultimo ci
abbassiamo leggermente verso la morena del Ghiacciaio dei Forni e la percorriamo seguendo inizialmente
l'itinerario del Sentiero Glaciologico. Prima della fine della morena prendiamo sulla destra la traccia che
punta verso il ghiacciaio in direzione Sud. Ora ne attraversiamo l'ampia distesa glaciale per poi risalire l'erto
pendio verso la cresta. L'ascesa, seppur faticosa, è ampiamente ripagata dalla vista che spazia da Est verso
Ovest su buona parte delle famose Tredici Cime: M.Vioz, Cima di Peio, Rocca di S.Caterina, Punta Cadini,
Punta S.Matteo e più lontano il Pizzo Tresero. Giunti al Colle degli Orsi percorriamo la dorsale verso destra
ed in breve siamo al bivacco. La struttura in legno è stata ricavata nel 1952 dai ruderi militari della Grande
Guerra. Non a caso prende il suo nome da quello del capitano Francesco Meneghello, Medaglia d'Oro,
volontario durante la spedizione in Russia. Il Bivacco ben pulito, nel periodo estivo è molto frequentato
rendendo non improbabile il rischio di trovarlo affollato.

- Punta S.Matteo (m.3678 in 1 ora, direzione Ovest) e Punta Cadini (m.3524 in 1 ora, direzione Est) e da qui
alle altre cime del gruppo (Traversata delle Tredici Cime) - Monte Giumela (m.3596)

Traversata delle 13 cime (giorno 2) : dalla Punta Cadini alla Cima Vioz

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RIFUGIO BRANCA nei pressi del ghiacciaio dei Forni, in Valfurva a quota 2493 metri

Difficoltà: E (escursionistica) Dislivello: m 300 (dal rifugio dei Forni) Tempo: 1 ora

Il rifugio Branca e l'annesso Martinelli sono situati ai piedi del Ghiacciaio dei Forni. Vi si accede partendo
dal parcheggio sottostante l'Albergo Rifugio dei Forni, raggiungibile grazie alla strada carrozzabile che sale
da Santa Caterina Valfurva per 5 km in direzione della Valle dei Forni (13 km totali da Bormio). Dal
parcheggio, dove lasciamo l'auto, prosegue in direzione est una strada sterrata che si dirige verso un laghetto
formatosi in seguito al ritirarsi del Ghiacciaio dei Forni, che alcuni secoli fa si estendeva imponente fin qui.
Ora la strada comincia a salire e supera, su di un ponte, l'agitato torrente Cedec, che scende dall'omonima
valle. Superiamo in rapida successione due tornanti, poi lasciamo sulla sinistra una deviazione che prosegue
verso la località Malga dei Forni e procediamo a mezza costa fino al rifugio per l'agevole stradina che nel suo
ultimo tratto diventa un poco ripida. Raggiunto il rifugio, lo sguardo spazia sull'esteso ghiacciaio e su alcune
delle famose Tredici Cime che lo coronano. Nei pressi si trova anche il laghetto delle Rosole, che prende il
nome dalla valle che qui confluisce.

Al rifugio si può accedere anche grazie alla traversata che lo collega al rifugio Pizzini. Da quest'ultimo si
percorre a ritroso la Val Cedec per breve tratto, sull'ottima carrozzabile. Giunti nei pressi di un'area adibita a
pic nic, si attraversa il fiume, portandosi sul versante sinistro idrografico. Ha qui inizio il sentiero 28C, che
procede mantenendosi sempre in quota, dapprima in Val Cedec e poi nella Valle dei Forni.
Tempo di percorrenza: un'ora e 30; dislivello: 200 metri.

- al Monte Rosole (m.3531);


- al Palòn de la Màre (m.3708);
- al Monte Vioz (m.3645);
- alla Punta San Matteo (m.3678);
- alla Cima Dosegù (m.3560);
- alla Punta Pedranzini (m.3599);
- al Pizzo Tresero (m.3594);
- alla Punta Cadini (m.3524);
- alla Rocca Santa Caterina (m.3529);
- alla Cima di Peio (m.3549);
- alla Punta Taviela (m.3612).
Il rifugio Pizzini e la Val Cedec

Proprietà: CAI Sez. Milano, Via S. Pellico 6, 20121 Milano - Tel. 02 / 86463516 - 02 / 8056971 (+fax)
Gestione: Eugenio Alberti, Santa Caterina Valfurva (SO) trebaite@libero.it
Apertura: da marzo a metà maggio; da luglio a metà settembre Numero di posti letto: 120
Numero di telefono del Rifugio: 0342 935501
Numero di telefono cellulare o fax: Fax 0342 935561
Numero di telefono di casa del gestore: 0342 935350

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RIFUGIO CASATI-GUASTI Gruppo del Cevedale, in Valfurva a quota 3269 metri

Difficoltà: E (escursionistica) Dislivello: m 1100 (dal rifugio dei Forni) Tempo: 3 ore

Il rifugio Casati, alle spalle del quale si erige il


Rifugio Guasti, sorge nei pressi del Passo
Cevedale (m.3269), dove comincia il lungo ma
dolce pendio glaciale che porta sul Monte
Cevedale. La struttura venne dedicata dal "CAI
sezione di Milano" all'ingegnere nonché
sottotenente dell'esercito italiano Gianni Casati,
caduto a Gorizia durante la prima guerra
mondiale. E' il terzo rifugio più alto della
Lombardia dopo il rifugio Marco e Rosa sul
Bernina ed il rifugio Vioz sull'omonima cima del
Il rifugio con sullo sfondo il Gran Zebrù. gruppo Ortles-Cevedale.

Un primo itinerario per accedervi è quello che parte dal rifugio Pizzini (m.2700), in Val Cedec, dove si
imbocca un'agevole strada sterrata che dopo una ventina di minuti giunge alla stazione della teleferica di cui
usufruisce il rifugio Casati. Da qui, camminando per detriti e a volte chiazze di neve, si guadagna quota
fiancheggiando l'imponente Vedretta del Cedec che scende fra le vette del Monte Pasquale (m.3553) e del
Cevedale (m.3769). Si procede poi lungo uno sperone roccioso molto faticoso per la sua ripidità che non
molla fino al Passo Cevedale, oltrepassato il quale si è al rifugio. L'escursione prevede circa 1 ora 30 minuti
di camminata dal rifugio Pizzini (3 ore circa, se con sufficiente allenamento, dal Rifugio Albergo dei Forni).
In assenza di neve è inoltre possibile accedere al rifugio percorrendo il ripido sentiero a tornanti che segue la
direttrice della teleferica, raggiungendo la normale via nei pressi del Passo Cevedale. Un secondo itinerario
sale partendo dal Rifugio Città di Milano in Val Solda e quindi lungo un agevole percorso sul ghiacciaio
verso la Vedretta di Solda (ore 3.00). Un ultimo percorso possibile è quello che dalla Val Martello raggiunto
il Rif. Nino Corsi lungo facile sentiero, tocca la vedretta lunga del Cevedale sino al passo del lago gelato e
quindi alla Casati in h. 3.30 / 4.00

Grande attrazione per gli alpinisti sono due imponenti vette del Gruppo Ortles-Cevedale che da qui si
presentano agli amanti delle vette innevate; tanta fatica per arrivare sino a qui ed ora anche l'occhio vuole la
sua parte: basta guardare da una parte e poi voltarsi di spalle per ammirare il Gran Zebrù o il Monte
Cevedale. Il rifugio è proprio la base ideale per la salita alla cima del Monte Cevedale, al confine tra le
province di Sondrio (Lombardia) e Bolzano (Trentino). La salita richiede equipaggiamento pesante ed
attrezzature quali corda, piccozza e ramponi. Non è richiesta alcuna capacità in arrampicata ma non deve
mancare comunque un buon allenamento fisico, essendo la nostra meta a 3769 metri di altezza. In circa 2 ore
dalla Casati si giunge in vetta, sempre trovando buone condizioni della neve; a tal proposito si sconsiglia la
salita in periodi estivo in cui il caldo perdura da giorni inquanto sono assai frequenti a queste altezze aperture
crepacciali a volte pericolose. Nei pressi del ghiacciaio del Cevedale sono inoltre presenti dei cannoni a
ricordo e testimonianza della prima guerra mondiale, nelle logoranti battaglie tra italiani ed austriaci.

- al rifugio Città di Milano in ore 2.00; - al Monte Cevedale (m.3769 in ore 2.00);
- al rifugio Nino Corsi in ore 3.00; - al Gran Zebrù (m.3851 in ore 6.00);
- al rifugio V° Alpini-Bertarelli dalle Pale Rosse - al Monte Pasquale (m.3553 in ore 2,00);
in ore 3.00; - al Palon de la Mare (in ore 4.15)
- al rifugio Mantova al Vioz in ore 6.45 attraverso
la prima tappa della "Traversata delle 13 cime"

Proprietà: CAI - sezione di Milano


Gestione: Renato Alberti - via S. Antonio, 36 - S. Antonio Valfurva casati@equipo.it
Apertura: da metà marzo a fine maggio e da metà giugno a fine settembre; weekend invernali
Numero di telefono del Rifugio: 0342 935507 Numero di telefono di casa del gestore: 0342 945759
Numero di posti letto disponibili: 220+40 (Rif. Guasti)
Presenza di locale invernale per emergenze: SI (Rif.Guasti)

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RIFUGIO PIZZINI-FRATTOLA in Val Cedec (Valfurva), ai piedi del Gran Zebrù a quota 2706 metri

Difficoltà: E (escursionistica) Dislivello: m 530 (dal rifugio dei Forni) Tempo: 1 ora e 30 min

Il rifugio e, sullo sfondo, la testata della Val


Cedec, con il ghiacciaio dei Forni Rifugio ed il Gran Zebrù sullo sfondo

Il rifugio Pizzini sorge all'inizio della testata della Val Cedec, dominato dalla magnifica ed austera vetta del
Gran Zebrù (m.3859), e dalla parte opposta dal Monte Pasquale (m.3553). Al rifugio si accede dal sentiero
che parte dal rifugio Albergo Forni (m.2176), quest'ultimo raggiungibile attraverso la strada carrozzabile che
sale da Santa Caterina Valfurva per 5 km in direzione della Valle dei Forni (13 Km in totale da Bormio). Dal
parcheggio limitrofo al rifugio si imbocca la via che procede lungo la costa destra idrografica della Val
Cedec, passando per un bacino artificiale e per il ponte che ci permette di attraversare il torrente Cedec; si
comincia quindi a salire alcuni tornanti e si guadagna presto quota. Lungo questo tratto in salita è possibile
ammirare la "colata" del Ghiacciaio del Forno con l'imponente Punta S.Matteo (m.3684) ed il M.Vioz
(m.3645), oltre ad altre vette appartenenti alle famose Tredici Cime del gruppo Ortles-Cevedale. La
camminata prosegue attraverso la Val Cedec, dove il sentiero si fa più dolce; un'ultima breve salita porta
infine alla costruzione, situata in un'incantevole posizione panoramica, dove emerge l'attacco alla parete sud
del Gran Zebrù. L'escursione prevede circa un'ora e 30 di cammino. Sempre dall'Albergo dei Forni parte un
secondo itinerario, di carattere storico, che conduce alla nostra meta, parallelo al primo, ma più in quota. Dal
parcheggio dell'albergo ci si inoltra nella strada sterrata che, attraverso alcuni tornanti, guadagna quota lungo
il versante destro orografico della valle. Dopo 10 minuti si imbocca una mulattiera militare che conduce alle
Baite dei Forni (m.2389), lungo la quale è possibile ammirare ruderi di vecchie fortificazioni militari e quel
che resta di una caserma (m.2547), tutte opere militari costruite dagli italiani nel corso della prima guerra
mondiale. Sul versante opposto si aprono invece alla vista grandi ghiacciai e maestose vette. Si procede in
direzione Nord, si passa lungo un magro pascolo e, dopo aver attraversato il corso d'acqua del Rio Grande, si
perde leggermente quota, raggiungendo in breve il rifugio. Questo secondo itinerario, più lungo ma assai più
bello del precedente, richiede circa 2 ore di marcia.

- al rifugio Casati-Guasti (m.3269 ore 1.30); - al rifugio V Alpini Bertarelli (m.2877).


- al rifugio Branca (m.2487 ore 2.00);
- al rifugio Albergo Forni (m.2176 ore 1.15); - al Monte Cevedale (m.3769 ore 3.30);
- al rifugio Stella Alpina (m.2061 ore 1.30); - al Gran Zebrù (m.3851 ore 6.00);
- al bivacco Passi del Zebrù (m.3028 ore 1.00); - al Monte Pasquale (m.3553).

Proprietà: CAI - Sezione di Milano


Gestione: Claudio Compagnoni rifugio.pizzini@virgilio.it
Apertura: da marzo a maggio e da metà giugno fino al 20 settembre Numero di posti letto: 120
Numero di telefono del Rifugio: 0342 935513
Numero di telefono di casa del gestore: 0342 945618
Presenza di locale invernale per emergenze: SI (nel Rifugio Zeledria, adiacente)

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BIVACCO PASSI DELLO ZEBRÙ In alta Val Zebrù a quota 3028 metri

Difficoltà: E (escursionistica) Dislivello: m 800 (dal rifugio dei Forni) Tempo: 3 ore
Tempo di percorrenza dalla Pizzini: circa un'ora; dislivello: circa 300 metri.
Numero di posti letto: 9

Il bivacco visto dal Rifugio Pizzini

Il bivacco Passi dello Zebrù è situato a cavallo tra la Val Cedec e la Val Zebrù, in una zona
d’incommensurabile bellezza panoramica, in vista delle cime dei gruppi dell’Ortles e del Cevedale. Inoltre,
essendo nel parco dello Stelvio, potremo facilmente imbatterci nei vari animali, dalla marmotta allo
stambecco, che sono i veri padroni di queste montagne. E’ opportuno pertanto non scordare di portare con sè
un buon binocolo e la macchina fotografica. Nella zona anche l'interesse storico si fa sentire essendo noi nei
pressi di trincee della grande guerra.
Va detto che la salita al bivacco non è alla portata di tutti; la lunghezza dei percorsi e l’alta quota da
raggiungere lo rendono accessibile solo ai più preparati. Esistono comunque, su entrambi gli itinerari che
descriveremo, dei rifugi intermedi dove poter sostare per rifocillarci o per pernottare. Inoltre, per i più pigri,
sono stati istituiti dei servizi navetta che percorrono la prima parte dei due percorsi.
Prima di parlare degli itinerari è doveroso però scrivere ciò che ci viene segnalato da un visitatore che
ringraziamo a nome di tutti: "...intendo informarvi che il bivacco Passi dello Zebrù (che in realtà non è un
bivacco vero e proprio, ma una postazione per i guardiaparco) è distutto e inutilizzabile. Esso infatti non ha
una parete in quanto distrutta, non so per quale causa (esso è infatti di legno con tetto in lamiera)". Un
secondo visitatore ci segnala a due anni di distanza: "il bivacco al Passo di Zebrù confermo che è
completamente distrutto, per nessun motivo decidete di bivaccare presso lo stesso perchè è pericolante e
assolutamente non usufruibile".
Ciò significa che invece di ritenerlo una possibile meta per la notte lo calcoleremo soltanto come eventuale
punto di riferimento per un'ottima escursione comeTabella a cura di D. Discacciati già detto pocanzi.
1° Itinerario: Valle dello Zebrù. La località di partenza è Niblogo, che si raggiunge partendo da Bormio e
passando, dopo alcuni chilometri, per Madonna dei Monti e la frazione di Piazzola. A Niblogo si entra in Val
Zebrù e, proseguendo a mezza costa, in breve si arriva in località Ponte delle Tre Croci (m.1619), dove
troviamo un vasto parcheggio ed un’area attrezzata a pic-nic. Da questo punto il traffico è vietato ai mezzi
non autorizzati. Parcheggiata l’auto ci avviamo a piedi, consapevoli che si aspettano circa dieci chilometri di
cammino ed un dislivello da superare di 1400 metri. Lasciamo sulla destra la deviazione per Pradaccio e,
superato su un ponte il torrente Zebrù, iniziamo a salire rapidamente nel bosco. Poco dopo troviamo un’altra
deviazione per la medesima località e proseguiamo a mezza costa fino a quota 1750, dove passiamo un’altra
volta il torrente. Con un paio di tornanti saliamo ora ripidamente fino alle baite di Zebrù di Fuori (m.1850),
ove troviamo il rifugio chiuso del Parco Nazionale. Proseguendo, arriviamo alle case di Zebrù di Dentro
(m.1869) e poi di Chitomas (m. 1881), ai piedi della Pala d’Oro, parete dolomitica che si erge per ben 1200
metri sopra le nostre teste. La strada ora è meno faticosa e, passando tra pini mughi, arriviamo a quota 1900,
ove attraversiamo per la terza volta il torrente in vista delle baite di Pecè. Ancora due ponti e arriviamo a
Pramighen e poi, in piano, fino alla vasta conca ove troviamo il rifugio Campo (m.1989). Oltre il rifugio

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troviamo l’ultimo ponte, con il quale passiamo definitivamente alla sinistra del torrente e, con un’altra
mezz'ora di cammino, arriviamo alla baita del Pastore (m.2168).

La val Cedec e, sullo sfondo, il ghiacciao dei


Forni ed alcune cime, quali Tresero e San Matteo.

Fin qui avremo impiegato circa tre ore, ma la parte più ripida ed impegnativa sta solo per iniziare. La strada
volge a sinistra. Prendiamo quota con vari tornanti e, superata un’area da pic-nic ed un sentiero che
ridiscende a Campo, saliamo lungo la morena abbandonata dai ghiacciai dello Zebrù durante il loro ritiro.
Ora la strada diviene sentiero. Più a monte è visibile la sagoma del rifugio V°Alpini- Bertarelli (m.2878).
Verso quota 2600 troviamo sulla destra la deviazione per i Passi dello Zebrù (segnavia n. 20). Valichiamo
l’emissario della Vedretta della Miniera e ne superiamo il cordone morenico, poi iniziamo un tratto a mezza
costa in vista dei ghiacciai del versante nord delle Cime dei Forni. Arriviamo poi ad un canalino ripido, ove
occorre prestare attenzione per la presenza di rocce smosse. Infine, superato un tratto alquanto accidentato e
sovente innevato, anche in estate, giungiamo alla meta agognata. Tempo complessivo: circa 6 ore.
2° Itinerario: Val Cedec. Questo percorso è indubbiamente più breve e meno faticoso. Il dislivello da
superare è ridotto ad 800 metri, percorribili in due ore e mezzo. Partiamo dal rifugio Ghiacciaio dei Forni
(m.2219), facilmente raggiungibile in auto da S. Caterina Valfurva. Dal rifugio imbocchiamo la strada,
chiusa al traffico privato, che sale verso nord est e prendiamo subito quota con un paio di tornanti.
Continuiamo a mezza costa, ammirando le grandiose colate delle vedrette dei Forni. Verso quota 2300
troviamo sulla sinistra il sentiero per le Baite dei Forni e la Valle della Manzina e, proseguendo, entriamo in
Val Cedec. Risaliamo ora tutta la vallata fino alla sua testata. La vista si fa sempre più ampia sul Gran Zebrù
(m.3851), che si erge di fronte a noi e sul Monte Pasquale (m.3553) alla nostra destra.Poi, con un tratto più
impegnativo e dopo aver superato un torrentello, giungiamo al rifugio Pizzini-Frattola (m.2706) a cui come
al solito rimandiamo per maggiori dettagli. Da qui proseguiamo con un sentiero che sale tra sfasciumi verso
nord ovest. Il cammino è abbastanza faticoso, ma è anche alleviato dallo splendido panorama che via via si
allarga sulla sottostante vallata. Il percorso non sempre è evidente, ma è ben segnalato. Dobbiamo superare
uno sperone ed una valletta innevata per giungere al passo orientale (quota 3000) e da qui, in breve, su una
delle cime ove troviamo il nostro bivacco.

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BIVACCO BATTAGLIONE MONTE ORTLES
sulla cresta della cima Val Umbrina in Valfurva a quota 3130 metri

Difficoltà: E (escursionistica) Dislivello: m 600 Tempo: 3 ore


Proprietà: ANA - Sezione di Valfurva Numeri di posti a dormire:8

Il ghiacciaio del Dosegù

Per il primo tratto di percorso rimandiamo alla pagina dedicata al rifugio Berni (m.2541), al quale si accede
in automobile e dal quale ha inizio la nostra escursione a piedi. Il sentiero scende lievemente per breve tratto
fino al ponte sul torrente Gavia, che oltrepassiamo per raggiungere il vecchio edificio abbandonato del
rifugio Gavia, sito appunto sul versante opposto della valle. Ignoriamo il sentiero n.110 che conduce al Passo
della Sforzellina e ci portiamo invece verso Nord-Est verso il Pian Bormino, affacciandoci nei pressi di una
sella sulla splendida Valle del Dosegù: alla vista si impone ora il maestoso panorama del Ghiacciaio di
Dosegù e, più lontano, il Pizzo Tresero e la Punta San Matteo. Da qui scendiamo per un breve tratto su
sentiero ben tracciato, ci inoltriamo nella valle attraversando il torrente che scende dal Ghiacciaio della
Sforzellina e successivamente quello che si origina dalla Vedretta di Val Umbrina alla nostra destra.
Deviamo subito in questa direzione, prestando ora molta attenzione al sentiero che si fa via via sempre più
nascosto tra detriti e sfasciumi, per evitare di finire fuori traccia; basta comunque un buon senso di direzione
per non incappare in questo tipo di situazione. Percorso un ripido tratto, l'itinerario incontra in sequenza due
caratteristici laghetti alpini posti al limite inferiore della Vedretta del Vallumbrina, dal quale si sono generati
solo recentemente a causa del progressivo regredire del nevaio. Vista l'altezza a cui ci troviamo (poco
inferiore a 3000 metri) nella tarda stagione estiva essi si presentano già ghiacciati. Occorre mantenersi il più
possibile alla destra del ghiacciaio, costeggiando il costone meridionale della Cima di Val Umbrina. (Una
variante di ascesa è la salita verso sinistra lungo un canale innevato che parte proprio da sotto il Bivacco). La
segnaletica, sebbene ora più puntuale, può risultare in alcuni periodi nascosta dall'abbondante manto nevoso.
Giunti ad una quota di circa 3000 metri, lasciamo la vedretta alle nostre spalle e, verso sinistra, risaliamo per
una vecchia traccia di guerra sino a raggiungere la cresta ove sorge il bivacco, cresta che, se percorsa tutta in
direzione Nord, porta direttamente alla sommità del Val Umbrina (m.3225) in poche decine di minuti. Il
percorso è reso estremamente suggestivo dalla presenza dei ruderi dei baraccamenti del fronte di guerra. Dal
Bivacco si gode di un ottimo panorama a 360°: Pizzo Tre Signori, Vallumbrina, S.Matteo, Tresero,
Adamello e Presanella e, più lontano, le riconoscibili forme delle Dolomiti di Brenta.
La nostra escursione prevede circa 600 metri di dislivello e 2-3 ore di cammino a seconda delle condizioni di
innevamento. La struttura è stata ricavata da una vecchia baracca risalente ai tempi della Grande Guerra;
questo luogo, come altri della zona del bormiese, testimonia e ricorda quegli eventi storici. Il bivacco stesso
è utilizzato come punto di raccolta di cimeli bellici di quel periodo.

- alla Cima Val Umbrina (m.3225) in ore 0.30;


- al Pizzo Val Umbrina (m.3225);
- alla Cima Villacorna (m.3447);
- al Monte Mantello (m.3517);
- alla Punta S.Matteo (m.3678) in ore 3.30.

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- Difficoltà escursionistiche.
 T = turistico. Itinerari su mulattiere o larghi e comodi sentieri con percorsi non lunghi, evidenti, che non
pongono problemi di orientamento. Si svolgono di solito sotto i 2000 mt. Richiedono conoscenza
dell’ambiente montano e preparazione fisica alla camminata.
 E = escursionistico. Itinerari che si svolgono su sentieri di ogni genere, possono esserci brevi tratti di
neve residua. A volte si sviluppano su terreni aperti senza sentiero, ma sempre con segnalazioni
adeguate. Possono avere singoli passaggi su roccia, non esposti, non impegnativi, che non necessitano di
equipaggiamento specifico. Richiedono senso di orientamento, esperienza di montagna, allenamento alla
camminata.
 EE = per escursionisti esperti - Itinerari generalmente segnalati, che implicano capacità di muoversi su
terreni particolari e a quote relativamente elevate (comprese pietraie, brevi nevai, pendii aperti senza
riferimenti). Possibili tratti rocciosi con lievi difficoltà tecniche. Occorrono una buona esperienza della
montagna ed un ottimo allenamento. Per i percorsi attrezzati occorre conoscere l’uso dei dispositivi di
autoassicurazione.
 EEA = per escursionisti esperti con attrezzature. Questa sigla si utilizza per certi percorsi attrezzati o vie
ferrate, richiedendo l’uso di dispositivi di autoassicurazione.

Difficoltà alpinistiche.
Tutte le valutazioni vengono fatte considerando la montagna in buone condizioni e con tempo favorevole. Si
indirizzano ad alpinisti preparati fisicamente e psicologicamente per il livello di difficoltà prescelto. Le
difficoltà sono espresse secondo una valutazione generale d’insieme, sia del livello tecnico che dell’impegno
globale, anche psichico, richiesto da una ascensione. Tiene conto dei due gruppi di indicazioni per le
difficoltà, ovvero per la roccia e il ghiaccio, non rappresentando però né la somma, né la media delle
difficoltà tecniche dei singoli passaggi. Influiscono invece l’asprezza della montagna, l’isolamento, la
variabilità delle condizioni del terreno, la qualità della roccia, la difficoltà di una ritirata e della posa di punti
di assicurazione. Precisazioni tecniche più specifiche per le varie salite in programma potranno essere
richieste ai responsabili di gita.

La valutazione d’insieme viene espressa mediante le sigle seguenti:

 F = facile
 PD = poco difficile
 AD = abbastanza difficile
 D = difficile
 TD = molto difficile.

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