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DIALISI

Quali sono i trattamenti dell'insufficienza renale cronica terminale? Bisogna ricordare prima di
tutto che l'insufficienza renale acuta è reversibile, mentre la cronica al V stadio è irreversibile.

Il paziente nella cronica può scegliere due strade: la dialisi (come trattamento sostitutivo) ed il
trapianto. Non sempre il paziente fa prima dialisi e poi trapianto. Può capitare che faccia
direttamente il trapianto ed in tal caso si parla di trapianto di rene in status pre-emptive.
Quindi in questi pazienti la filtrazione glomerulare è inferiore o uguale a 15 ed il paziente può
trapiantare. Se non ci sono i requisiti per un trapianto, la terapia salvavita per il paziente è il
trattamento dialitico: emodialisi o dialisi peritoneale.

Va fatta una precisazione: sia il danno renale acuto (con IRA) che cronico (con IRC) sono
suscettibili di trattamento dialitico. La differenza sta nel fatto che nel danno acuto, dopo una
fase transitoria di dialisi si avrà una risoluzione clinica del problema e quindi il paziente potrà
sospendere il trattamento sostitutivo.

In caso di danno cronico, che può derivare da un insulto che ha determinato direttamente un
danno cronico o da insufficienza renale acuta che non si è risolta ed è diventata cronica, il
paziente necessiterà di dialisi o trapianto o di dialisi e trapianto.

Sappiamo che fra le complicanze dell'insufficienza renale acuta e soprattutto cronica, abbiamo
una serie di problematiche quali:

- l'iperazotemia o l'ipercreatininemia

- poi c'è ovviamente la contrazione della diuresi. Il paziente è oligo-anurico nell'IRA, mentre
nella cronica diventerà oligo-anurico nella fase terminale o dopo trattamento dialitico.

- sintomi generali: di solito è iperteso, stanco, inappetente e con pallore da anemia


sideropenica.

- il tutto si associa a lungo termine a complicanze cardiovascolari.

La dialisi è un trattamento sostitutivo della funzione renale in grado di garantire la


sopravvivenza ed una discreta qualità di vita del paziente, che continua a condurre la sua vita
regolarmente (si cerca soprattutto nei soggetti giovani di mantenere una buona qualità di vita)
e soprattutto previene le complicanze dell’uremia (un paziente sottoposto a dialisi, oggi, ha una
aspettativa di vita anche di 25 anni).

Il trapianto sicuramente è l'opzione migliore (perché nella dialisi il paziente deve venire 3 volte
alla settimana al centro dialisi, per il trattamento..si vedrà meglio dopo) però necessita di una
terapia immunosoppressiva, che protegge dal rigetto dell'organo e che ovviamente a lungo
termine può dare una serie di effetti collaterali.

Secondo stime internazionali, nel 2010 i soggetti sottoposti a dialisi (solo nei paesi in cui questa
procedura è praticata) sono circa 2 milioni.

Che cos’è la dialisi?

La dialisi è come già detto un trattamento che sostituisce la funzione renale.

In base a processi di diffusione e convezione (spiegati più in là), è in grado di eliminare dal
compartimento ematico tutte le tossine, ma anche l’acqua (che forse è la principale tossina
dell’uremico, il quale naturalmente non ha la capacità di eliminare l’acqua e questo causa
complicanze cardiovascolari di notevole entità).

La dialisi utilizza una membrana che svolge la funzione di filtro e quindi fondamentale nel
depurare il sangue.

Si distinguono 2 tipi di dialisi a seconda della membrana utilizzata: emodialisi (in cui questa
membrana è esterna ed è artificiale ed è detta filtro da dialisi) e dialisi peritoneale (in cui la
membrana è naturale, è una membrana nostra e cioè la membrana peritoneale).

Per quanto riguarda la dialisi peritoneale (ora in realtà sta parlando di quella manuale ma c'è
anche l'automatizzata), in questo trattamento viene posizionato un cateterino (generalmente si
usa il catetere di Tenckhoff di circa 2,5 mm di diametro interno e 5 mm di diametro esterno)
nella cavità peritoneale, che viene utilizzato giornalmente ed a cui viene attaccata una
soluzione (2 litri); questi 2 litri di liquido vengono introdotti nella cavità addominale e vi
persistono per circa un paio d'ore, dopodiché il liquido viene rimosso e rimpiazzato con liquido
fresco.

La soluzione dialitica contiene al suo interno glucosio, che è fondamentale per motivi osmotici,
perché crea un iperosmolarità di questo liquido, che determinerà un richiamo di acqua dai
capillari peritoneali al liquido stesso (che poi ovviamente verrà drenato via, quindi in questo
modo si eliminano i liquidi in eccesso nell'organismo). Elettroliti e scorie azotate invece
passeranno per diffusione.

In tal caso la membrana di scambio, cioè quella che permetterà la depurazione del sangue è
appunto quella peritoneale.

Questo trattamento viene fatto a casa: una volta che è stato posizionato questo catetere (in
silicone e morbido) in addome (attraverso la parete addominale anteriore) torna a casa e si può
attaccare lui stesso la sacca contenente la soluzione, e fa questo trattamento per circa 4 volte al
giorno, utilizzando una sacca esterna (questo nel trattamento manuale) oppure c'è anche un
trattamento automatizzato in cui il paziente può essere attaccato ad una macchina a cui sono
attaccate le sacche, sempre effettuando il trattamento a casa ma in questo caso verrà
effettuato di notte.

Quindi riepilogando ci sono due tipologie di dialisi peritoneale:

• il trattamento manuale che si 4 volte al giorno (dura un'ora ciascuno) ed il paziente deciderà
in quali orari farlo , e nel quale il paziente:

1) attacca la sacca superiore contenente la soluzione

2) il liquido per gravità scende attraverso il catetere e si porta in cavità addominale

3) e dopo circa una o due ore il liquido verrà rimosso e defluirà in una sacca inferiore

• nel trattamento automatizzato il paziente si attacca la sera ad una macchina a cui sono
attaccate le sacche (questo dura 9-10 ore...ed impegnerà le ore del sonno), si sveglia la mattina,
si stacca e va a lavorare.

Quali sono i vantaggi della dialisi peritoneale?

- può essere svolto tutto a casa

- consente di conservare la diuresi (quindi il paziente continua ad urinare, diversamente


dell'emodialisi); ciò perché la dialisi peritoneale si fa tutti i giorni, diversamente dall'emodialisi,
perché il peritoneo è meno efficiente come filtro rispetto al filtro da dialisi utilizzato
nell'emodialisi. Ciò però ha il vantaggio di creare una situazione più simile alla fisiologica (in cui
il rene funziona in maniera costante) e garantisce quindi la conservazione della diuresi.

È controindicato qualora ci siano stati grossi interventi chirurgici addominali, che non
permettono di utilizzare la membrana peritoneale, perché è una membrana su cui si è già
lavorato chirurgicamente, quindi non è integra e non può svolgere la sua funzione di filtraggio.
Altro problema è la mancata compliance del paziente, visto che praticamente deve fare tutto lui
e soprattutto deve fare il tutto in estrema sterilità, perché il cateterino peritoneale può
rappresentare una porta d'ingresso per microorganismi, quindi la complicanza più temuta e
frequente è la peritonite. Una volta che il paziente va incontro per almeno 2 volte a peritonite,
ovviamente dovrà abbandonare la dialisi peritoneale e switchare all'emodialisi.

I segni che devono far pensare che il paziente stia andando incontro a peritonite sono:

- un dialisato torbido, con > 100 leucociti per mm3 di cui > 50% sono neutrofili
- dolori addominali, febbre ecc..

In tal caso si tratterà il paziente con antibiotici come Vancomicina, Gentamicina...

Vi sono anche complicanze non infettive come:

- malfunzionamento del catetere

- dolore addominale (causato dalla distensione addominale indotta dal liquido)

- emoperitoneo (sangue in cavità peritoneale, che nelle donne avviene prima del flusso
mestruale)

- pneumoperitoneo (passaggio di aria in cavità peritoneale, generalmente per problemi tecnici)

- iperglicemia (per la presenza di glucosio nella soluzione, che abbiamo visto è utile per motivi
osmotici)

- ipertrigliceridemia ed obesità

È bene precisare che il peritoneo, come tutte le membrane biologiche non può essere usato a
vita, perché va incontro a processi fibrotici. Di solito si usa per 5-6 anni, come ponte per
pazienti che faranno il trapianto o comunque poi va sostituito con l'emodialisi.

Il nefrologo deve consigliare la dialisi peritoneale soprattutto:

- ai giovani

- a pazienti con una buona situazione cardiovascolare, non particolarmente ipertesi, perché
questa metodica permette la depurazione ma la rimozione di liquidi è meno efficace rispetto
all'emodialisi, quindi se il paziente è iperteso, in tal caso questa metodica non è consigliata; così
come non è consigliata in un cardiopatico in cui la funzione di pompa del cuore è già
compromessa e quindi non può tollerare alti volumi di liquidi (quindi bisognerà tenere il
soggetto "più asciutto possibile" e non potremo farlo con la dialisi peritoneale ma dovremo
usare l'emodialisi).

Oltre che nei giovani è consigliata come bridge (ponte) al trapianto. Perché? Qual è il vantaggio
della dialisi peritoneale? Essa, come già detto, ci permette di conservare la funzione urinaria e
quindi permette alla vescica di essere sempre riempita dalle urine e ciò agevola la ripresa del
rene trapiantato, perché la vescica è formata da muscolo e quindi se viene lasciata svuotata
(non riempita) per qualche anno, si atrofizza e quindi quando il soggetto trapiantato riprende
ad urinare fa più fatica a recuperare la funzione vescicale.
PARTE PRESA DALLA DISPENSA DI GESUALDO 2012: dal momento che la dialisi peritoneale costa
meno dell’emodialisi, per ridurre l’ingente spesa che la dialisi apporta al sistema sanitario
italiano (basti pensare che i trattamenti dialitici da soli rappresentano il 2% della spesa totale),
bisognerebbe privilegiare quindi i trattamenti intracorporei, i quali hanno comunque lo stesso
risultato benefico dei trattamenti extracorporei)

Emodialisi

Si tratta di un trattamento extracorporeo, perché in tal caso la depurazione del sangue avviene
all'esterno dell'organismo, mentre il precedente era intracorporeo, perché il sangue depurato
grazie al peritoneo.

Anche questo è un processo di depurazione del sangue che coinvolge due soluzioni:

- il sangue, che è pieno di sostanze di scarto in un soggetto con insufficienza renale cronica
terminale

- ed una soluzione sterile contenente bicarbonato, Na, K, glucosio...

Stavolta la membrana utilizzata (detta filtro di dialisi) è una membrana esterna all'organismo
ed è una membrana semipermeabile.

La terapia emodialitica avviene con una sorta di rene artificiale, che è una macchina (detta
monitor da dialisi) in cui è sito un filtro che permette, tramite principi di diffusione e
convezione, di togliere acqua e sostanze a maggiore concentrazione nelle 2 soluzioni.

Viene fatta in ospedale, 3 volte a settimana ed ogni seduta dialitica dura dalle 3 alle 4 ore e
mezza.

Di solito è così in tutti gli ospedali (cioè 3 volte a settimana ecc)...alternative più recenti sono
l'emodialisi notturna e l'emodialisi domiciliare.

La notturna prevede una dialisi più lenta che occupa tutta la notte, sempre in ospedale e 3
volte a settimana (ciò per mettere a suo agio il paziente e fargli vivere una qualità di vita
migliore, con meno fastidi possibili)

Per quanto riguarda l'emodialisi domiciliare, non sono tanti i centri che la fanno (noi siamo uno
di quelli) ed il paziente viene avviato al trattamento emodiliatico, comunque in una struttura
ospedaliera (come il mitico policlinico); al paziente e ad un parente viene insegnata la
procedura emodialitica, compreso l'attacco e lo stacco, che avviene mediante un accesso
vascolare (quindi con degli aghi).
Il paziente però dializza a casa (sempre 3 volte a settimana). Tutto questo con un collegamento
in tempo reale con la struttura di appartenenza, che monitora i parametri emodinamici ed
ematochimici del paziente in maniera mensile. Per qualunque problema può quindi rivolgersi al
centro che lo segue.

In tutti e tre i tipi di emodialisi appena viste, la seduta emodialitica ha la stessa procedura e
soprattutto funzione. Quali sono queste funzioni?

- elimina i fluidi in eccesso, quindi l'acqua a differenza della dialisi peritoneale, dove l'acqua
comunque viene rimossa ma il volume di rimozione è molto minore

- depura una notevole varietà di tossine uremiche

- ripristina l'equilibrio acido-base (si ricordi che il più delle volte il paziente con insufficienza
renale cronica presenta uno stato di acidosi metabolica) grazie al bicarbonato contenuto nel
tampone

- ripristina l'equilibrio idroelettrolitico

Come si fa l'emodialisi? L'emodialisi usa un accesso vascolare (cioè verrà posizionato un


catetere in un vaso, che "estrarrà" il sangue dal paziente...ovviamente il paziente verrà
collegato alla macchina con due cateteri e quindi con due aghi, perché il sangue non deve solo
uscire ma deve anche tornare al paziente) che può essere:

- una vena periferica (femorale). Il catetere in vena femorale è un accesso vascolare d'urgenza
e di breve utilizzo (va rimosso appena possibile)

- un accesso venoso centrale (quindi un catetere in vena giugulare interna o in vena succlavia),
questi diversamente dal catetere nella femorale possono essere più permanenti

- l'opzione migliore nell'adulto (nel bambino è meglio il catetere in giugulare o succlavia) è


l'allestimento di una fistola artero-venosa, che è un'anastomosi chirurgica tra una vena ed
un'arteria del braccio e ciò allo scopo di "arterializzare una vena": la vena dovrà avere il flusso e
pressioni di un'arteria, perché noi dobbiamo prendere il sangue, farlo passare attraverso la
macchina e restituirlo al soggetto, quindi abbiamo bisogno di un flusso importante (il sangue
arterioso ad alta pressione ed alta velocità di scorrimento, si porterà nella vena, che è a bassa
pressione, per effetto del gradiente pressorio), perché l'efficienza della dialisi dipende anche
dalla quantità di sangue trattata nel tempo (generalmente 300-350 ml/min), quindi nel caso
della vena periferica il flusso è modesto, il catetere venoso centrale è una buona alternativa
ma a lungo andare può portare ad infezioni e trombosi, mentre quello arterioso può dare
ematomi.
Dobbiamo pungere il vaso senza rischi per 3 volte alla settimana, e quindi pungiamo una vena
anziché un'arteria (forse per gli ematomi di cui parla Gesualdo). Quindi allestendo una fistola ci
serviamo della parete della vena (per la puntura) e del sangue ad alta pressione dell'arteria.

In questo modo noi realizziamo una connessione del paziente ad un circuito extracorporeo. Il
circuito extracorporeo è il monitor di dialisi. Questa connessione come già detto, avviene
mediante gli aghi.

L'anastomosi deve assicurare un flusso di sangue nella macchina pari a 300 ml/min (Gesualdo
dice 350). Questo sangue che prendiamo dal paziente ( appunto 300ml/min) passa alla
macchina e viene restituito al paziente. Dato che il sangue passa attraverso questo circuito
extracorporeo, bisogna utilizzare anticoagulanti, per evitare la formazione di coaguli che
bloccherebbero il processo, quindi si utilizza Eparina sodica, che verrà somministrata
costantemente mediante un dispositivo collegato al circuito extracorporeo, provvisto di una
pompa di immissione (l'eparina non la prende il paziente).

Il sangue quindi scorre nel circuito extracorporeo, ed attraversa la membrana semipermeabile


(il filtro da dialisi). Tale filtro è un tessuto formato da fibre capillari all'interno delle quali scorre
il sangue prelevato dal paziente e negli spazi fra queste fibre capillari viene immessa la
soluzione prima menzionata, detta bagno di dialisi, che ha una composizione simile a quella dei
liquidi extracellulari in condizioni normali. Tra queste due soluzioni (sangue e bagno di dialisi)
avverrà un passaggio di sostanze dal sangue al bagno di dialisi e viceversa, attraverso il filtro di
dialisi avviene secondo 2 principi:

- diffusione; movimento di sostanze secondo gradiente di concentrazione (da una zona a


maggior concentrazione ad una zona a minor concentrazione). È utile soprattutto per il
passaggio di sostanze a basso peso molecolare come urea e creatinina, che si porteranno dal
sangue al bagno di dialisi (venendo eliminate. Al contrario il bicarbonato si porterà dal bagno di
dialisi al sangue (che poi tornerà nel paziente) andando a tamponare l'acidosi metabolica.

- convezione/ultrafiltrazione; viene determinata da un gradiente di pressione: la pressione del


compartimento ematico del filtro da dialisi è positiva, mentre al liquido da dialisi viene imposta
una pressione negativa tale da creare un gradiente pressorio che favorisce il passaggio di acqua
dal sangue al dialisato e quindi eliminazione di acqua dal corpo. Inoltre se i pori del filtro da
dialisi sono abbastanza grandi questo movimento di acqua trascinerà con sé anche tossine a
medio-alto peso molecolare.

Le membrane utilizzate per la dialisi possono essere di varia natura e negli anni si sono evolute
da membrane più semplici a membrane più complicate e possono essere di cellulosa, cellulosa
modificata, sintetiche. Inoltre possono essere a basso flusso (poco permeabili) o ad alto flusso
(più permeabili e biocompatibili) a seconda della tipologia di membrana.
La varietà delle membrane ci permette "la personalizzazione" della terapia, cioè di adattarla alla
situazione del paziente: ci sono membrane più adatte al paziente ipoteso, membrane più adatte
al paziente con problemi di coagulazione.

La membrana non ha solo quindi una funzione diffusiva ed ultrafiltrativa ma possiamo utilizzare
le proprietà delle membrane anche per me adattarci ad alcune problematiche del paziente (
problemi di coagulazione ecc...).

La membrana che utilizziamo generalmente è una membrana sintetica, perché è più


biocompatibile e cioè ci dà un minor stato infiammatorio, che è una delle problematiche della
dialisi ed è costituita da:

- uno strato sottile all'interno, che determina la permeabilità

- ed una componente spongiosa, che conferisce la resistenza meccanica.

La membrana sintetica quindi è la più utilizzata perché è la più biocompatibile, cioè quella che
ci dovrebbe dare meno reazione infiammatoria ed immunitaria. Inoltre è la più permeabile alle
tossine uremiche e limita il transito dell'albumina e quindi la perdita dell'albumina. Evita anche
il retrotrasporto delle tossine, quindi può succedere che la tossina torni indietro nel sangue e
questo è evitato da questa membrana.

Inoltre è anche la membrana meno procoagulante, quindi richiede meno utilizzo di


anticoagulante.

Volendo schematizzare il circuito dialitico:

- C'è la fistola

- il sangue va nel sistema extracorporeo

- viene dato l'anticoagulante

- il sangue entra nel monitor da dialisi ed attraversa il filtro (attraversato anche dal bagno di
dialisi)

- poi fuoriuscita dell'effluente (il dialisato)

- restituzione del sangue al paziente

Nella sala dialisi (cioè la postazione della dialisi) c'è un letto, che è un letto-bilancia che
permette di pesare il paziente all'attacco e lo stacco del trattamento dialitico e questo è
importante perché a causa della perdita della funzionalità renale, il paziente ovviamente perde
la capacità di eliminare liquidi e quindi, pur minimizzando l'assunzione di liquidi tra un
trattamento dialitico e l'altro (a meno che il paziente non abbia diarrea non deve bere molto), il
paziente prende 2-3 chili di peso (che corrispondono al quantitativo di acqua assunto). Quindi
un'importante funzione dell'emodialisi è anche quella di togliere volumi di liquidi importanti: ad
es come già detto, tra un trattamento dialitico e l'altro il paziente aumenta di 3 chili di liquidi e
quindi noi nelle 3-4 ore di trattamento andremo a togliere quest'acqua in eccesso ed a
depurare il paziente.

(la prof commenta l'immagine) Questo è il monitor di dialisi a cui è attaccato in questa
posizione il filtro di dialisi e questo invece è il monitor di controllo dei parametri emodinamici
(pressione, battito).

Quella in figura però è una macchina più datata, infatti di solito nelle macchine più moderne è
incorporata (quindi non c'è un monitor a parte) anche la misurazione della pressione, del
battito cardiaco ed anche della saturazione dell'ossigeno (oppure appunto il monitor di
controllo dei parametri emodinamici è a parte).

L'accesso vascolare avviene tramite due aghi:

- uno serve per togliere il sangue e portarlo nel circuito e

- l'altro serve per restituire il sangue al paziente

Quali sono le caratteristiche ideali di un trattamento dialitico?

1) Ovviamente dobbiamo cercare di togliere volumi di liquidi (ma non troppo e soprattutto di
toglierli gradualmente nelle 4 ore), quindi un adeguato controllo dei volumi

2) Controllare le tossine uremiche (e quindi depurare il paziente)

3) correggere l'acidosi metabolica

4) il paziente non deve avere emorragie e quindi è importante monitorare il trattamento


anticoagulante

5) il trattamento non deve costare troppo

La complicanza più importante del trattamento dialitico è il fatto di utilizzare la membrana di


dialisi, che è un qualcosa di esterno all'organismo e quindi per quanto possa essere
biocompatibile, il contatto del sangue con essa può innescare una risposta infiammatoria nel
paziente. Quindi il paziente spesso presenterà uno stato infiammatorio cronico, perché è come
se il suo sistema immunitario fosse sempre attivo, perché attivato ad ogni seduta dialitica.
(Questa quindi è una complicanza legata al trattamento)
Ci sono anche complicanze legate alla malattia renale cronica, che la dialisi cerca di prevenire
ma non sempre riesce:

- anemia (per riduzione della produzione dell'eritropoietina)

- osteopenia per alterazione del metabolismo di calcio e fosfato

- malnutrizione perché sia la malattia renale cronica, che lo stesso trattamento dialitico,
portando via determinate sostanze vanno anche a privare il soggetto di sostanze che invece
sono utili

- problemi cardiovascolari (è un discorso a sè stante, perché si associa sia alla malattia renale
cronica che alla dialisi).

Il trattamento dialitico rappresenta un insulto infiammatorio, che quindi favorisce l'aterogenesi,


in più la dialisi è uno stress che può essere trisettimanale ma a volte anche quotidiano e quindi
inevitabilmente il paziente avrà un aumento di rischio cardiovascolare. Per questo la soluzione
migliore è il trapianto.

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