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FILOSOFIA
COME SCIENZA DELLO SPIRITO
II
LOGICA
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in 2010 with funding from
University of Toronto
http://www.archive.org/details/logicacomescienzOOcroc
BENEDETTO CROCE
LOGICA
COME
BARI
GIUS. LATERZA & FIGLI
TI POG KA FI-KDITORI-LIBK AI
1909
PROPRIETÀ LETTERARIA
A NORMA DELLE VIGENTI LEGGI
Vecchi e C.
AVVERTENZA
B. C.
SOMMARIO
PARTE PRIMA
Il concetto puro, il giudizio individuale
e la sintesi a prioki logica
SEZIONE PRIMA
Il concetto puro e gli pseudoconcetti
II
Ili
IV
Le dispute circa la natura del concetto
V
Critica delle divisioni dei concetti
E teoria della distinzione e definizionk
VI
L'opposizione e i principi logici
SEZIONE SECONDA
Il giudizio individuale
proposizioni e giudizi —
Superamento del dualismo di pensiero e lin-
guaggio — Il giudizio logico come definizione —
L' indistinzione di
soggetto e predicato nella definizione. Unità di essenza ed esistenza —
Pretesa vacuità della definizione — Critica della definizione come for-
mola verbale fissa.
XII SOMMARIO
II
mine medio e la natura del concetto — Pretesi giudizi logici non de-
finitori — Il sillogismo come formola vei'bale fissa. Uso e abuso di
essa — Erroneo distacco tra verità e ragione della verità nei concetti
puri — Distacco tra verità e ragione della verità negli pseudoconcetti.
Ili
IV
Il giudizio individuale e la percezione
VI
SEZIONE TERZA
Identità del concetto puro e del giudizio individuale
II
III
PARTE SECONDA
La FILOSOFIA. LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI
E MATEMATICHE
II
La filosofia
Ili
La storia
IV
Identità di filosofia e storia
V
Le scienze naturali
VI
Le matematiche e la scienza matematica della natura
VII
PARTE TERZA
Le forme DEGLI ERRORI E LA RICERCA
DELLA VERITÀ
II
Ili
Il filosofismo
IV
Il MITOLOGISMO
V
Il dualismo, lo scetticismo e il misticismo
logici.
VI
L'ordine degli errori e la ricerca della verità
VII
VIII
« De consolatione Philosophiìe »
PARTE QUARTA
Sguardo storico
II
III
IV
La teoria delle relazioni tra pensiero e parola
E LA Logica formalistica
Relazione tra la storia della Logica e quella della Filosofia del lin-
V
Di questa Logica
IL CONCETTO PURO
IL GIUDIZIO INDIVIDUALE
trove.
La scepsi con- Affrontando, perciò, senz'altro, il problema della Lo-
tro il concetr . , - - • •
^ ' n circa •
t r
^Q
gica, non lo scetticismo assoluto
j.
ne quello la forma
intuitiva formerà il primo ostacolo, che dovremo rimuo-
vere; ma uno scetticismo nuovo e più circoscritto, il quale
mette in questione le due prime tesi, anzi vi si appoggia
sopra, negando, non già la conoscenza o l'intuizione, si
I
I. AFFERMAZIONE DEL CONCETTO 7
ineffabile esperienza.
Se i settatori dello scetticismo logico-estetizzante sono Empirismo.
assottigliamento di
f , i • ^''tti
rappresentazioni. Esso sorge
dalle rappresentazioni, come qualcosa che è implicito in
quelle e deve div^entare esplicito; come esigenza, di cui
quelle pongono le premesse, ma che non sono in grado di
soddisfare, né possono, neppure, affermare. Il soddisfaci-
mento è dato dalla forma, non più meramente rappresen-
I. AFFERMAZIONE DEL CONCETTO 13
II
perciò, non sono ultrarappresentativi; ovvero, non c'è nes- senza uni-
versalità, —
sun contenuto rappresentabile, e perciò non sono onnirap-
presentativi. Del primo tipo possono essere esempì i concetti
di casa, gatto, rosa; del secondo, quelli di triangolo.
18 IL CONCETTO PURO E GLI PSEUDOCONCETTl
sciando stare che talune piante e animali hanno per loro casa
altre piante e animali. Onde, nell'impossibilità di un netto e
universale carattere distintivo, converrà ricorrere, da capo,
all'enumerazione, e chiamare case questi e quegli oggetti,,
i quali, numerosi che siano, saranno, anch'essi, di numero
finito, e, con l'enumerazione compiuta o possibile a com-
piere, escluderanno da sé altri oggetti. Se si vuole impedire
questa esclusione, non resta altro che intendere per casa
qualsiasi modo di vita tra altri esseri; ma, allora, la finzione
eguali a due retti. Un moto libero non c'è mai nella realtà,
perché ogni moto reale accade in condizioni determinate
20 IL CONCETTO PURO E GLI PSEUDOCONCETTI
conserva nella realtà, e niente, che sia stato una volta fatto
S immagma,
•
•s.iitj.'
cioè, che dimostrazione
la sia come un irre-
sistibile congegno, che afferri il discente pel collo e, no-
lente e repugnante, lo trascini dove egli non vuole e il
comprendono da sé » ^
Ragione del Tutti hanno cosi protestato, e tutti cosi protesteranno
loro risorge-
ancora, nei secoli dei secoli, perché quella insofferenza,
re perpetuo.
quella inaccomodabilità, quel recalcitrare innanzi al peno-
sissimo sforzo di dover abbandonare (sia pure per un
istante solo, e per riconquistarlo in più saldo possesso) il
loro vero e proprio errore; non già l'avere dato realtà em-
pirica ai concetti, mettendoli come esseri singoli accanto
a esseri singoli; stravaganza, che è dubbio se sia stata
mai asserita sul serio da nessun uomo mediocremente sen-
IV. LE DISPUTE CIRCA LA NATURA DEL CONCETTO 43
deua cosa e concctto empirico non è altro se non concetto di cose, os-
U e n e e t-
todeu'indi- sia aggruppamento di un certo numero di cose, sotto una
viduo.
Q altra di esse, che funziona da tipo; che il concetto
astratto è, per definizione, la non-cosa, l' irrappresentabile;
e che il concetto puro è concetto di ogni e di nessuna
cosa. E, circa la terza, che se il concetto astratto è affatto
ripugnante all'individualità; e il concetto puro si posa,
senza soffermarsi, in ogni individualità e, in quanto le
L' intelletto Ma, nel postulare le due facoltà, non si colse con esat-
astratto e la
tezza il carattere proprio dell'una e dell'altra; e si cadde
sua indole
pratica. nell'errore, che già abbiamo avuto occasione di criticare,
concependo l'Intelletto come facoltà di conoscenza, che o
vive nel falso, o si limita a preparare il materiale per la
facoltà superiore, alla quale fornirebbe un primo e imper-
fetto abbozzo del concetto. La facoltà da postulare doveva
essere, invece, di natura, non già teoretica, ma pratica. Se,
poi, alla produzione degli pseudoconcetti sia da serbare il
stessa effettiva.
Le distinzio- Esclusa ogni suddivisione nella forma logica del con-
ni dei concet-
ti non logi- cetto, la molteplicità dei concetti non si può riferire se
che, ma rea-
li. non alla varietà"» dell'oggetto, che nella forma logica del
V. CRITICA DELLE DIVISIONI DEI CONCETTI
e difficoltà lo-
tengano, invece, tante forme varie di realtà, ossia tanti gica che ne
deriva. Neces-
concetti distinti (p. e., passione, volontà, moralità, fanta-
sità di supe-
sia, evia dicendo); tanti universali, laddove il
pensiero, rarla.
S.)e l'indole dei concetti distinti, e, cioè, l'unità nella I concetti op-
posti o con-
distinzione e la distinzione nell'unità, rimane chiarita in
trari.
modo soddisfacente dalle cose dette di sopra, e non può
esservi dubbio circa il carattere unitario, che il concetto
afferma, non già nonostante, ma mediante la distin-
zione; un'altra difficoltà sembra sorgere per effetto di un
altro ordine di concetti, che si chiamano opposti o con-
trari.
Che gli opposti non sieno i distinti, né riducibili ai di- Diversità di
essi dai di-
stinti, è indubitabile; e risulta evidente non appena si ri-
stinti.
chiamino casi degli uni e degli altri. Distinta sarà, p. e.,
e non spiegati.
I
VI. L OPPOSIZIONE E I PRINCIPI LOGICI 67
Il giudizio individuale
1 Si veda Estetica^, p. I, e. 3.
I. IL CONCETTO E LA FORMA VERBALE 77
proposizioni e
viati all'affermazione (di cui si è già messa in chiaro l'er-
giudizi.
roneità ^), che il linguaggio sia funzione logica. Tanto sa-
rebbe chiamare vino l'acqua, perché, dentro l'acqua, è
stato versato vino. Ma altro è il linguaggio come linguag-
gio, ossia come mero fatto estetico; e altro il linguaggio
come espressione del pensiero logico, nel qual caso esso ri-
mane, si, sempre linguaggio e soggetto alla legge del lin-
guaggio, ma è, insieme, più. che linguaggio. Se il primo
si denomina mera espressione, Xóyos come diceva
a7]p.avT'.xós,
1 Si veda sez. I, e. 1.
78 IL GIUDIZIO INDIVIDUALE
a (a -^ h) =^ a ;
— o (convenuto che la negazione di un
concetto si segni col porgli accanto una lineetta verticale)
le altre belle leggi e formolo : a -i- a \
= a; (a \ ) a =a ;
aa I
=: 0. Per chi vi prende gusto, buon divertimento.
Come si vede, se le pcirole e le formolo sono alquanto Identità di
natura della
diverse, niente di diverso è nell'indole della Logica ma- Logistica con
tematica, rispetto a quella formalistica. Dove la nuova Lo- la Logica for-
malistica.
gica contradice alla vecchia, non può dire quale delle si
che è il bel tempo dei Peano, dei Boole, dei Couturat, que-
sti nuovi congegni sono stati offerti sul mercato; e tutti,
Abbiamo già studiato il giudizio, che è proprio del con- Il giudizio in-
dividuale; e
cetto, denominandolo giudizio definitorio o definizione; sua differen-
e mostrato come in esso non abbia luogo distinzione di za da quello
definitorio.
soggetto e predicato, tanto che si può dire che, in quel caso,
di universalità e di valore ;
perché, come sappiamo, teore-
ticamente non attermano altro se non che Pietro ha una
determinazione spirituale diversa dalla bontà (p. e., è uti-
litario, non ancora morale). Di certo, in giudizi come que-
sti che abbiamo tolti a esempio, si mescola (anche ciò è
stato notato, e basta, a questo punto, farne ricordo) l'espres-
sione di un dover essere, il quale, in questo caso, si ri-
l'avvenire \
Oltre la percezione o giudizio individuale, non c'è al- 11 g-iudizio
uà Io
indivi»!
tro fatto conoscitivo da conoscere. In esso, ultimo e per-
come forma
fettissimo dei fatti conoscitivi, il giro della conoscenza si ultima e per-
fetta del
compie. La oscura sensibilità, diventata già chiara intui- c'o-
uos(!ere.
zione, e fattasi poi pensamento dell'universale, viene, nel
giudizio individuale, logicamente pensata, ed è, ormai, co-
noscenza del fatto o dell'accadimento, ossia della realtà
effettuale. Il giudizio individuale, o percezione, adegua
pienamente la realtà.
^
Si veda sopra sez. I, e. 6.
110 IL GIUDIZIO INDIVIDUALE
Il giudizio individuale
e il predicato di esistenza
golo animale » ;
giacché, in questi casi, bisognava dire, in-
vece, che « triangolo » e « mammifero » non si pensano
punto, ma si costruiscono, e, perciò, non hanno né essenza
né esistenza. Per noi, dunque, la questione dell'esistenzia-
lità non può nascere né pel giudizio definitorio puro, che
116 IL GIUDIZIO INDIVIDUALE
l'uomo di genio.
Pel problema, che ora ci occupa, basti aver messo in
chiaro che ogni giudizio individuale importa l'esistenza di
ciò di cui si parla, ossia del fatto dato nella rappresenta-
zione, anche quando questo fatto consista in un atto d'im-
maginazione, purché quest'atto sia riconosciuto in quanto
tale e, in quanto tale, esistenzializzato. Esso adopera un
concetto di realtà, che si gemina in realtà effettuale e in
realtà possibile, in esistenza e inesistenza o mera rappre-
sentabilità. Alcuni dei moderni indagatori della cosi detta
teoria dei valori (studiosi che ondeggiano tra la psico-
e da intendere
. t
come
lità del con-
retto.
^
aiiermazione
.
mano i giudizi 1
essi
luogo, si, a giudizi definitori (quantunque, sempre, arbi- rotta dei pri-
mi ai secon-
trari e astratti), ma non già a quelli individuali. E, in- di.
Identità
del concetto puko e del giudizio individuale
La SINTESI A PRIORI LOGICA
ma il un precedente giudizio
giudizio individuale implica
definitorio. Che si pensi il concetto di uomo, non vuol
dire che l'uomo Pietro esista; ma, se si afferma che l'uo-
mo Pietro esiste, si deve avere, prima, affermato che esi-
10
14G IDENTITÀ DEL CONCETTO E DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE
nitorio.
Coudiziona- Ma la domanda, il problema, il dubbio, è sempre indi-
lità indivi-
duale e sto-
vidualmente condizionato; giacché il dubbio del bambino
rica di ogni non è quello dell'adulto, il dubbio dell'uomo incolto non
domanda e
problema.
è quello dell'uomo colto, il dubbio del novizio non è quello
dell'addottrinato; anzi, il dubbio di un italiano non è quello
di un tedesco, e il dubbio di un tedesco dell'anno 1800
non è quello di un tedesco dell'anno 1900; anzi, meglio,
il dubbio, formolato da un individuo in un determinato
momento, non è quello che lo stesso individuo formola un
momento dopo. Semplificando, si suole affermare, talvolta,
che una stessa domanda è stata mossa da molti e molti
uomini, in vari paesi e in vari tempi ; ma, nel dire ciò, si fa,
costanze ;
quelle che sentivamo il bisogno di dare in uno
stadio del nostro svolgimento mentale, vengono da noi, in
un altro stadio, abbandonate, non perché le giudichiamo
erronee, ma perché ci appaiono inopportune o banali. Que-
sti e altrettali fatti, di agevole osservazione, non sarebbero
possibili, se a produrre il mutamento non intervenisse il
giudizio su determinate situazioni giudizio, che si può
;
Uomini plato- Nella vita ordinaria, si suole distinguere tra coloro che
nici e uomini
aristotelici.
coltivano le idee, e coloro che coltivano i fatti, tra gli
uomini platonici e gli uomini aristotelici. Ma i pla-
tonici, se coltivano sul serio idee, sono aristotelici, colti-
J
II
S.)e l'analisi fuori della sintesi, l'apriori fuori dell'apo- L' identità
del giudizio
steriori, è inconcepibile; se inconcepibile è, del pari, la sin-
definitorio e
tesi fuori dell'analisi, l'aposteriori fuori dell'apriori; l'atto di quello in-
dividuale, co-
vero del pensiero sarà un'analisi sintetica, una sintesi ana-
me sintesi a
litica, un'aposteriori-apriori, o, se piace meglio, una sin- priori.
tesi a priori.
Per tal modo, l'identità, da noi stabilita, tra giudizio
definitorio e giudizio individuale viene ad assumere un
nome moderna e, assu-
celebre negli annali della filosofìa ;
'M
II. LA SINTESI A PRIORI LOGICA 155
verità.
mentale, e, ancora più, dai ripetitori di lui, i quali non sono noscere.
11
Ili
caia realtà
logica di que-
successione, e illusoria, e semplice prodotto di un'analisi st'ordine.
168 IDENTITÀ DEL CONCETTO E DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE
gica, nel posto che gli spetta nel sistema del Reale.
Filosofìa e Potrebbe sembrare che, a questo modo, sivenga a scin-
Logica pura;
superamento
dere da capo il pensiero e la realtà, e si foggi un dualismo
della dualità. metafisico ; ma il vero è proprio l'opposto. Quando si di-
LA FILOSOFIA, LA STORIA
E LE SCIENZE NATURALI
E MATEMATICHE
Le forme della conoscenza e le divisioni del sapere
vita del pensiero e dell'arte, deve far suo; non senza ac-
12
178 LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI
La filosofia
losofia.
timo della parola : definiscono l'eterna natura della filosofia,
e non determinano, attualmente, nessuna particolare solu-
zione degli altri problemi filosofici ;
quantunque, potenzial-
mente, com'è naturale, ne determinino una, e, cioè, non
186 LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI
non sieno sufficienti. 11 che vuol dire che essa reputa che
l'idealismo di quelle filosofie sia insufficiente, e, cioè,
che esse non sieno pari a sé medesime, e restino inferiori
al loro assunto intrinseco ; ma non già che il loro assunto
non sia idealistico. Se non fosse tale, non sarebbe filoso-
Dalla identità della filosofia col concetto puro si deduce Carattere si-
hanno, certamente, la loro utilità (tutto ciò che esiste ha teraria del si-
stema.
funzione e valore propri); perché serbano e promuovono
la cultura acquistata, costringendo ad esaminare difficoltà,
le quali, se venissero trascurate, potrebbero riuscire ina-
spettatamente di grave impaccio e danno. Di qui, l'amore
pel sistema, o per la forma letteraria del sistema: amore,
che anche l'autore di queste pagine nutre nell'animo e di
cui ha cercato di dare qualche prova, scrivendo un si-
cerca .
13
194 LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI
La storia
vando come i medesimi fatti vengano narrati nel modo più e conseguen-
te richiesta
diverso; e che, per gli uni, è opera di Dio quella che,
di uua sto-
per gli altri, è opera del demonio; per gli uni, esplica- ria seuza
giudizio.
zione di forze spirituali quello che, per altri, è prodotto
di moti materiali del cervello mal nutrito o troppo nutrito ;
per gli altri, ciò soltanto che è ordinato lavoro sotto la tu-
tuizione non dice altro se non ciò che noi, in quanto in-
può impedire che la storia, anche del passato remoto, sia rav-
vivata, qua e là, dagli accenti del nostro presente e del
nostro avvenire. Ancora più legittimo è il significato di
quella polemica, quando s'intende biasimare mal vezzo il
14
210 LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI
1 Si veda sopra, p. I, s. I, e. 4.
in. LA STORIA 211
dà la piena verità ;
— se la verità è la conoscenza della
chiaro sulle qualità di codesta cultura, posta come requi- sta nei aioso-
contenta mai del tutto ; ogni libro ci spegne una sete sol-
1 Phoedr., 275.
220 LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI
A Phcedr., 276-7.
IV. IDENTITÀ DI FILOSOFIA E STORIA 221
pietà.
Nessun altro significato, fuori di questo, si può trovare Significato
deUa eterni-
nella celebrata eternità e superiorità della filosofia rispetto
tà della filo-
al tempo e allo spazio. L'eternità di ogni proposizione fi- sofia.
gnificato
;
di
nua o innata o nascosta {cibdita), che sarebbe sola per-
esso. manente nel variare delle opinioni filosofiche, o a cui lo
spirito, dopo molti erramenti, tornerebbe. Alla medesima
1 Meno, 97-8.
224 LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI
losofia e storia sono, non già due forme, si bene una for-
15
226 LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI
Le scienze naturali
gnificato gno-
una conoscenza filosofica della natura in quanto volontà,
seologico, co-
con una Filosofia della pratica. Esse sono, come si è già me metodo
naturalistico
detto, non conoscenza di volontà, ma volontà; non verità,
o empirico.
ma utilità. In conseguenza di ciò, si estendono a tutta
la realtà, teoretica e pratica, ai prodotti dello spirito teore-
ché se ne parla.
Le niusioui Con ciò, non intendiamo, in sede di Logica, avere for-
dei materia-
^^^^ j^ piena risoluzioue del problema circa il dualismo o
listi e dua-
listi, il materialismo del reale; soluzione che (ripetiamo) non si
16
242 LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI
^
Lettera alla D'Épinay, del 12 ottobre 1776.
V. LE SCIENZE NATURALI 245
il
V. LE SCIENZE NATURALI 249
\
VI
Le matematiche
e la scienza matematica della natura
operazione dellaritmetica.
tì li*
Prendiamo la molti-
j« i
tuiMli.
tiche non sono immaginabili ; e perciò mabfraente sono
stati detìniti entità immaginarie, nel qual modo cessereb-
bero, perfino, di avere validità in quanto apriori. Essi
sono a priori, ma senza carattere di verità; contradizioni
organizzate. Se la matematica (diceva l'Herbart) dovesse
morire per le contradizioni di cui è contesta, sarebbe
morta da lunga pezza ^ Ma non ne muore, perché
essa
non si prova a pensarle ; come un animale velenoso non
muore del proprio veleno, perché non se lo inocula. Se
pretendesse pensarle e darle come vere, quelle contradi-
zioni diventerebbero, tutte, falsità.
Ora, una funzione che organizzi contradizioni teoreti- Ideiitilìca-
/ione deUe
che senza pensarle, e, perciò, senza cadere in contradi-
matematiche
zione, è una funzione non teoretica, ma pratica; e a noi (jon gli pseu-
doconoetti a-
è già perfettamente nota come quella particolare forma pro-
stratti
duttiva dello spirito pratico, che foggia pseudoconcetti.
Ma, poiché quelle contradizioni sono a priori e non apo-
steriori, pure e non rappresentative, le matematiche non
possono consistere in quegli pseudoconcetti, che sono i
strazione.
Tali, intatti, sono le finzioni della matematica: uni-
versalità senza concretezza, e, perciò, finta universalità.
con la prefazione.
17
258 LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE SCIENZE NATURALI
_lje dilucidazioni date circa le varie forme del sapere La teoria del-
le forme del
sono, insieme, dilucidazioni circa le categorie dello spirito
sapere e la
teoretico e teoretico-pratico : l'intuizione, il concetto, la dottrina del-
le categorie.
storicità, il tipo, il numero ; e, ancora, la qualità e la quan-
tità e la quantità qualitativa, lo spazio, il tempo, il movi-
mento, e via dicendo. Esse fanno parte di quella dottrina
gore filosofi-
genza intrinseca a t^ili tentativi è quella stessa, che con- co, coinciden-
metodici ai
difetto di coscienza circa l'indole varia delle ricerche che manuali sco-
sono state mescolate tra loro, molti autori sogliono pre- lastici ; o la
loro i m p o-
mettere ai loro volumi prologhi teorici, metodiche, come tenza.
le chiamano, delle loro scienze: la logica speciale delle sin-
gole discipline è da rimandare (si afferma) ai libri, che
trattano di queste. I manuali in lingua tedesca, in ispecie,
sogliono avere questa disposizione, preceduti, come sono,
da prologhi pesantissimi, che occupano gran parte del vo-
lume o dei v^olumi dell'opera; e fanno contrasto ai libri
18
274 LE FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERITÀ
Gli errori po- Eppure, tutti conosciamo errori, distinguibili dalla ve-
sitivi ed esi-
rità ed esistenti per sé. L'evoluzionista afferma la forma-
stenti.
zione biologica dell'apriori; l'utilitarista risolve il dovere
nell'interesse individuale; il cristiano dice che Dio padre
mandò Gesù suo figliuolo a redimere gli uomini dalla perdi-
zione, in cui erano caduti pel peccato di Adamo il bud- ;
riposo.
Infitti, colui che produce un errore, non ha nessun
potere di torcere o snaturare o inquinare la verità, la
quale è il suo pensiero stesso, il pensiero che opera in lui
come in tutti; anzi, non appena egli tocca il pensiero, ne
viene toccato: pensa, e non erra. Egli ha soltanto il po-
tere pratico di passare dal pensiero al fare; e un fare, e
già un pensare, è aprire la bocca o emettere suoni cui
non corrisponda un pensiero, o, che è lo stesso, un pen-
siero che abbia valore, precisione, coerenza, verità; im-
brattare una tela, cui non corrisponda alcuna intuizione;
rimare un sonetto, combinando frasi altrui, che simulino
la genialità assente. L'errore teoretico, allorché è vera-
mente tale, è inscindibile dalla vita del pensiero, che, in
tanto è, in quanto supera perpetuamente quel momento
negativo, sempre rinascente ; allorché è dato scinderlo e
considerarlo per sé, ciò che si ha innanzi è, non più errore
teoretico, ma atto pratico.
Atto pratico, e non errore pratico, ossia male; perché Atti pratici
e non errori
quell'atto pratico è del tutto razionale. Chi dubiti di ciò,
pratici.
rivolga uno sguardo a coloro che producono errori; e si
persuaderà subito che essi operano con perfetta raziona-
lità. L'imbrattatele produce un oggetto, che è richiesto
sul mercato da gente, che vuole avere in casa quadri pur-
chessia, da coprire le pareti e attestare per mezzo di essi la
non già di confutare tutti gli errori (il che si assolve dalla
Filosofia nel suo insieme), ma di stabilire in quanti modi
i prodotti delle varie forme del conoscere e del sapere pos-
sano essere praticamente combinati, e quali sieno, perciò, le
cano nel vapore delle intuizioni e nel lago gelido dei con-
sofia fondata
è quella che, dal sistema di Augusto Comte, prese nome
sulle scien- di positivismo, ed espresse, anche nel nome, il propo-
ze, la meta-
fisica indut-
sito di appoggiarsi sui fatti (sui fatti, cioè, storicamente
tiva. accertati) per classificarli, riducendo la filosofia a una clas-
sificazione; la quale, come tutte le classificazioni, andava
dal più povero al più ricco, dall'astratto via via al meno
astratto, benché non mai al concreto. Il positivismo pa-
reva non accorgersi che i fatti, da cui intendeva muovere
e che credeva materiale bruto di esperienza, erano già
determinazioni filosofiche e, soltanto per questa via,
II. l'estetismo, l'empirismo e il ma tematismo 285
19
290 LE FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERITÀ
Il filosofismo
fico), filosofismo.
La Filosofia H logicisuio, panlogismo filosofismo è l'usurpazione
che la filosofia in senso stretto compie sulla storia, preten-
dendo di dedurre, come si dice, la storia a priori. Usurpa-
zione logicamente impossibile, per la già dimostrata identità
di filosofia e storia, onde cattiva storia è cattiva filosofia,
errare nel momento dopo, e non già che le due cose sieno
possibili nel medesimo atto. Senonché, l'usurpazione, logi-
camente impossibile, si effettua praticamente; nel qual
caso, a rigore, non è usurpazione, quantunque venga con-
siderata come tale dal punto di vista logico. D'altra parte,
fismo, il panlogismo.
La Filosofia Per prendere corpo, la Filosofia della storia ricorre al-
della storia,
e le false a-
l'analogia; procedimento legittimo del pensiero, che, ri-
losofici e sto-
valore dei libri, i quali, di solito (specie nei grandi pensatori
rici.
e scrittori), hanno motivi più profondi e parti più pregevoli.
tate via, se non si vuol buttare via l'oro per non darsi la
fatica di liberarlo dalla scoria. La depurazione, di cui si
Il mitologismo
mitologismo.
predicato, che è un soggetto astratto, e, quindi, mera rap-
presentazione; si ottiene, come dicevamo, l'errore inverso
di quello che abbiamo or ora particolarmente esaminato.
Quello è stato denominato filosofismo; questo potrebbe
dirsi storicismo; ma, giacché l'ultimo vocabolo si adopera,
una forma di positivismo, sarà più
di solito, per indicare
opportuno denominarlo mitologismo.
Il processo di questo errore (alquanto astruso nel modo
in cui l'abbiamo enunciato) si rischiara subito per virtù
del nome che gli è stato assegnato. Tutti hanno presenti
alla memoria esempì di miti; poniamo: il mito di Urano
20
o06 LE FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERITÀ
I
IV. IL MITOLOGISMO oli
1 Proslog., e. 18.
V. IL DUALISMO, LO SCETTICISMO E IL MISTICISMO )U7
21
VI
Illunemente, ha
sua logica; e noi dobbiamo dire, più
la
correttamente, che esso non si può costituire come errore,
se non togliendo a prestito, dalla verità, la logicità.
Esempi di Ciò si vede chiaro già nell'esposizione che si è data
quest'ordine
delle forme dell'errore logico; e più. chiaro ancora, quando,
nellevarie
parti della riassumendo, si consideri che lo spirito, allorché si ribella
filosofia.
al concetto, per ciò stesso deve affermare il termine che è
distinto dal concetto, la rappresentazione, intuizione o pura
sensazione, che si chiami: donde, la necessità della forma
dell'errore (in certo senso, la prima), che è l'estetismo,
affermazione della verità come pura sensazione. Di sotto
a essa, può scendere, annullando il problema nel
lo spirito
cerca della due serie possono bene apparire disgiunte. La verità, nella
verità.
ricerca, è a capo della scala degli errori; e, come si può
VI. l'ordine degli errori 327
ma innocente.
Distinzione La distinzione, che è di capitale importanza, tra l'er-
tra l'errore
rore in quanto errore, e l'errore in quanto tentativo,
come errore,
e l'errore co- tra l'errore e l'ipotesi o procedimento euristico, si trova
me ipotesi.
in fondo ad alcune comuni distinzioni, quali sono quelle
tra sproposito ed errore, tra errore in buona fede
ed errore in mala fede, e simili. Queste, e le altre si-
La Fenomenologia dell'errore
E LA Storia della filosofia
I ritorni alle In ciò prende origine un fatto, che non può non fer-
filosofie ante-
riori, e il lo-
mare l'attenzione, nella storia della filosofia: la tendenza^
ro significato. che vi ha, a ritornare, come si dice, a questa o quella
filosofia del passato, o, più correttamente, a questo o quel
punto di vista filosofico del passato. Il secolo deciraoterzo
ritornò ad Aristotele, il Rinascimento a Platone ; il Bruno
restaurò la filosofia del Cusano, il Gassendi quella di Epi-
curo; l'Hegel volle rinnovare Eraclito; l'Herbart, Parme-
nide; in tempi recenti, si è tornato al Kant, e, in tempi
anche più recenti, all'Hegel. Sono movimenti spirituali,
che si debbono intendere nella loro serietà. La quale con-
siste tutta nei bisogni dello spirito filosofico di un deter-
minato momento, che, alle prese con un errore, scorge il
i Si veda sopra P. H, e. 3.
340 LE FORME DEGLI ERRORI E LA RICERCA DELLA VERITÀ
di filo-
iden- .. t\.,/>
Sistema hegeliano)
,
De coNSOLATioNE Philosophl^:
losofia, co-
non sarebbe, non si può accettare il comune concetto di una
me gioia del filosofìa sconsolante. La consolazione, il piacere, la gioia
pensiero e
è l'attività stessa, la quale gioisce di sé medesima: altro
del vero. Im-
possibilità modo di piacere, gioia e consolazione, non si è, finora,
di uu piace-
re nascente
che si sappia, escogitato. Ora, la conoscenza del vero, quale
da falsità e che questo sia, è attività e promove l'attività; perciò, reca
illusione.
con sé la sua consolazione. « Conosciuto, ancor che tri-
letti il Vero ».
vili. « DE CONSOLATIONE PHILOSOPHLE » Ul
Tuttavia (si dirà), il vero può essere triste; vero, ma Critica del
concetto di
triste. E anche questo pregiudizio conviene eliminare. Il
una verità
vero è la realtà; e la realià non è mai né lieta né triste, tiiste.
non dai
dalla distrazione e occupazione della vita vissuta, e
concetti). Nello sforzo di pensare un Dio fuori del mondo,
despota del mondo, siamo presi da un senso di paura per
quel Dio, il quale sarebbe un essere solitario, dolorante
per la sua onnipotenza, che gli rende impossibile l'attività,
una diretta azione sui mali della vita, e farne, per conse-
guenza, la totalità stessa del reale. Ma la filosofìa non ha
pezzuole per asciugare tutte le lacrime che l'uomo versa,
né è in grado (come la gente sentimentale pretende) di
consolare gli amanti infelici e i mariti disgraziati: essa
può soltanto contribuire al loro conforto, col medicare
quella parte del loro dolore, che deriva da oscurità teore-
tica. Questa parte, certamente, non è piccola: tutti i no-
stri dolori sono irritati, e resi più pungenti, dalle tenebre
mentali, che paralizzano o inceppano la catarsi dell'azione.
Ma è una parte, e non il tutto. Ogni forma di attività
dello Spirito, l'arte come la filosofìa, la vita pratica come
quella teoretica, sono fonte di consolazione ; e nessuna ba-
sta da sola.
SGUARDO STORICO
La Storia della Logica e la Storia della Filosofia
23
354 SGUARDO STORICO
24
370 SGUARDO STORICO
che non si supera ciò che non esiste), e, cioè, con la di-
tutti e tre (e, segnatamente, gli ultimi due) non sono sem-
plicemente kantiani. Essi adoperano elementi, che il Kant
ignorava o timidamente adoperava, e, in particolare, la tra-
dizione mistica e le nuove tendenze del pensiero este-
eppure, non offre altro che l'elaborazione, in forma più ri- sintesi a prio-
ri kantiana.
gorosa, della sintesi a priori kantiana; cosicché, si po-
trebbero, senz'altro, considerare questi due termini come
equivalenti: la sintesi a priori logica ^- l'Idea; e l'Idea è
la sintesi a priori logica. Se l'Hegel non è stato inteso,
ciò dipende dal fatto che il Kant stesso non è stato inteso;
e coloro che asseriscono d'intendere ciò che il Kant vo-
lesse dire, ma non già quel che volesse dire l'Hegel, s'il-
i
KuNO FiscHEu, nejla sua Logica, esponendo il pensiero dell'Hegel,
distingue limpidamente i concetti empirici dai concetti puri, e nota
che quelli puri o filosofi.ci sono, nello spirito, fondamento e presuppo-
sto degli altri. Giacché, questi altri, gli empirici, < si formano dalle
378 SGUARDO STORICO
adoperano
,
il
si
si
pei con-
ri-
ghiana.
Tuttavia, la storia del pensiero non si arresta nell'He- Le lacune e
gli errori del-
gel; nell'Hegel stesso si scorgono i punti, cui si doveva la Logica he-
attaccare la storia seguente: le lacune, che egli lasciò, e gli geliana. Con-
seguenze di
errori, nei quali cadde. L'errore fondamentale fu l'abuso essi.
1 Logik 1, p. 42 sgg.
II. LA TEORIA DEL CONCETTO 385
25
386 SGUARDO STORICO
1 Si veda, tra gli altri volumi, VAìialid delle sensazioni^ trad. itai.,
Torino, Bocca, 1903.
II. LA TEORIA DEL CONCETTO 387
cazione concettuale ^
In Francia, le idee stesse, o assai simili, sono rappre- II Bergson e
la uuovPv fi-
sentate da un gruppo di pensatori, variamente denominati
losofia fran-
filosofi della contingenza, della libertà, dell'intuizione, cese.
tismo del suo paese, dando, per la prima volta, alla Fran-
cia quella viva coscienza dell'intuizione, che sempre le è
1 PoèL, e. 8.
2 De homine, e. 9.
III. LA TEORIA DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE 395
Perciò (non meno che per la sua forte coscienza del ca-
rattere differenziale tra il concetto metafisico e l'astra-
i
G. Gentile, Contrihution à Vhistoire de la viéthode historique, nella
(p. e., nella dottrina della virtù e del diritto), regni la piti
J
TU. T.A TEORIA DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE 401
26
402 SGUARDO STORICO
Vienna, 1891.
2 Les principes fondamentaux de Vhistoire, Parigi, 1899, 2" ed. col
titolo: La théorie de Phistoire, ivi, 1908.
III. I.A TEORIA DEL GIUDIZIO INDIVIDUALE 403
La storia co- La scconda risposta, che la storia sia arte (e, cioè, una
me arte.
forma speciale di arte, la quale si distacca dalla restante,
perché rappresenta non già il possibile, ma il reale), evita le
del Taine, dello Spencer, del Ranke, del Marx, del Lam-
precht e di altri. È evidente che codeste controversie
concernono, non già soltanto l'indole gnoseologica della
storiografia, ma il sistema dello spirito e del reale, la con-
cezione stessa del mondo. Diversamente le risolveranno il
bera da esso.
per l'appunto, quella Illogica o Logica formalistica. Di-
ciamo nel nostro mondo occidentale; perché, se la Grecia
foggiò e tramandò la dottrina delle forme logiche, che era
un miscuglio di pensieri materializzati in parole e di pa-
role irrigidite in pensieri, è poi nota una Logica, svoltasi,
408 SGUARDO STORICO
forma più compiuta di essa, quale viene offerta da un trattato del se-
colo duodecimo, in H. Jacobi, Die indische Logik^ nelle Nachrichten v. d.
kónigl. Gesellsch. d. Wissensch. zu Gòttingen, Philol.-hist. Klasse, 1901,
fase. 4, pp. 460-484.
IV. LA LOGICA FORMALISTICA 409
malistica.
Questo è il caso delle ribellioni degli umanisti, cicero-
niani e retori, che si ebbero nel Quattro e Cinquecento;
di Lorenzo Valla, di Rodolfo Agricola, di Luigi Vives, di
Mario Nizolio, di Pietro Ramus. Ciò che tutti li moveva,
era l'aborrimento per la pesante armatura scolastica. La
cultura, uscendo dai chiostri, si spargeva nella vita; si
siero, che egli aveva avuto nella sua giovinezza e che, nonostante fosse
immaturo e superficiale, non abbandonò mai neppure dopo: quello di
una caratteristica universale dei concetti, di una scrittura, in
cui ogni concetto venga rappresentato come procedente da altri o come
riferentesi ad altro; quasi che, nella connessione razionale, che è es-
senzialmente dialettica, un contenuto serbi le medesime determina-
zioni, che ha quando è fissato da solo.
« Il calcolo del Ploucquet si è, senza dubbio, appigliato al modo più
consequente di sottomettere la relazione del sillogismo al calcolo. Esso
astrae, nel giudizio, dalla differenza della relazione, e, cioè, dalla sin-
golarità, particolarità e universalità; e fìssa l'identità astratta del
soggetto e del predicato, mettendoli in relazione matematica; la
quale relazione riduce il ragionare a una vuota e tautologica forma-
zione di proposizioni. Nella proposizione: « la rosa è rossa », il predi-
cato deve significare, non già il rosso in generale, ma, soltanto, quel
determinato « rosso della rosa » . ISTella proposizione : « tutti i cristiani
sono uomini » , il predicato deve significare solamente: «^ quegli uomini,
che sono cristiani ». Da questa e dall'altra proposizione: « gli ebrei
non sono cristiani » segue poi la conclusione (che non ha costituito
una buona raccomandazione di questo calcolo presso il Mendelssohn) :
« Dunque, gli ebrei non sono uomini » (non sono, cioè, quegli uomini,
27
418 SGUARDO STORICO
I, pp. 163-186.
2 Si veda il rnio scritto in Critica, III, pp. 428-433 (a proposito del-
l'opera dei signori Couturat e Léau); e cfr. ivi, IV, pp. 379-81.
IV. LA LOGICA FORMALISTICA 421
i
V. DI QUKSTA LOGICA 425
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INDICE DEI NOMI
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INDICE
Avvertenza pag. v
Sommario » vii
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