), Edith
Stein - Hedwig Conrad-Martius - Gerda Walther. Fenomenologia
della Persona, della Vita e della Comunit, Edizioni Giuseppe
Laterza, Bari 2011 (In stampa).
ONTOLOGIA FORMALE:
TOMMASO DAQUINO
ED EDITH STEIN
Gianfranco Basti
Pontificia Universit Lateranense
________
1
Premessa
conduce Tommaso dal trascendentale classico dello essere verso quello moderno
dellautocoscienza, laddove Tommaso identifica nella trasparenza dellintelletto a se
stesso il cuore della conoscibilit della verit come adeguazione dellintelletto
allentit dello ente. I due itinerari complementari della Stein e di Tommaso, dal trascendentale moderno al classico e viceversa, ci faranno cos vedere la possibilit di
una sorta di sintesi post-moderna della contrapposizione antitetica fra classico e moderno. Una sintesi che ha proprio nella formalizzazione e nel confronto rigoroso e deideologizzato fra le diverse metafisiche, antiche e moderne, il segreto per superare
scolasticismi e contrapposizioni pre-concette i ridicoli miti moderni del progresso
o le penose nostalgie dei tradizionalismi , senza per cadere in giustapposizioni,
confusioni e relativismi ancora pi deleteri. Frutto di questa analisi incrociata fra la
Stein e Tommaso, tutta concentrata sulla capacit delle diverse teorie, antiche o moderne che siano, di fornire soluzioni praticabili ai problemi perenni della filosofia,
ontologici, logici ed epistemologici, saranno alcuni risultati, se vogliamo tipici della
riflessione tommasiana, ma che, o sono stati gi fatti propri dalla rivisitazione fenomenologica della teoria tommasiana operata dalla Stein, o potrebbero essere agevolmente fatti propri da altre teorie ontologiche, una volta che fossero de-ideologizzate o
de-scolasticizzate e giudicate, non per da chi o come certe cose sono state dette,
ma per ci che effettivamente stato detto. Insomma, se la post-modernit lera del
tramonto delle ideologie anche le teorie ontologiche vanno giudicate per i problemi
che risolvono e non per gli interessi nobili o abietti che siano che mascherano.
3. Nella terza sezione spiegheremo cosa significa formalizzazione di una teoria nei
suoi due momenti costitutivi: 1) della simbolizzazione dei linguaggi naturali in cui
sono espresse le versioni intuitive delle teorie, e 2) dellassiomatizzazione delle teorie
stesse. Se la formalizzazione rende cos pienamente trasparente la comunicazione,
rendendo praticamente impossibile lequivocazione, daltra parte non nasconderemo i
limiti della formalizzazione stessa, espressi in incontestabili teoremi di limitazione.
Praticamente, se si privilegia la forza dimostrativa delle teorie, si perde in capacit espressiva e viceversa. Il resto della sezione sar perci dedicata allesposizione formale delle diverse forme di argomentazione, rispettivamente nelle logiche estensionali,
proprie delle scienze matematiche, teoriche ed applicate, e nelle logiche intensionali
in quanto altrettanti modelli o interpretazioni semantiche di comuni strutture sintattiche di logica modale, logiche (aletiche, ontiche, epistemiche, deontiche, etc.) che
sono tipiche delle discipline umanistiche e della conoscenza intenzionale. Una distinzione, quella delle logiche intensionali dalle estensionali, che Husserl per primo ha evidenziato nel secolo scorso, ma che qui ripresenteremo nella sua versione rigorosamente formalizzata, grazie agli enormi progressi in questo campo degli ultimi cinquantanni di ricerca, nel campo della logica teorica ed applicata (informatica).
4. La quarta ed ultima sessione sar quindi dedicata allapplicazione dei principi formali del calcolo modale estensionale alla formalizzazione delle ontologie. In particolare,
forniremo un primo resoconto semi-formalizzato di due risultati fondamentali
dellontologia tommasiana. Il primo riguarda la sua originale soluzione del problema
della referenza singolare, essenziale nel Medio Evo come oggi, non solo per dare consistenza allontologia e alla epistemologia realista visto che ci che attualmente esistono sono gli individui , ma, in questo quadro, per dare rigore allantropologia
metafisica di ispirazione cristiana. Il secondo risultato, la teoria tommasiana della
partecipazione dello essere, che, se storicamente evidenzia lassoluta originalit della sintesi tommasiana fra platonismo e aristotelismo, teoreticamente, fornisce un chiarissimo schema teoretico per rendere compatibili in metafisica e teologia principio di
creazione e principio di evoluzione. La conclusione di questo lavoro consister co2
s nellindicare, con tutta la chiarezza inequivocabile che la formalizzazione, anche iniziale, dellontologia consente, come nella storia del pensiero occidentale si confrontano due tipi di strutture formali della metafisica, delle quali le singole teorie risulterebbero essere semplicemente dei modelli. Modelli che, nella misura che condividono una medesima struttura formale, condividono determinati assiomi logici e si distinguono, invece, per linserimento di particolari assiomi non-logici che danno lo
specifico delle diverse teorie. In questo quadro, lontologia formale della Stein e la
metafisica di Tommaso risultano essere due modelli estremamente significativi di una
comune struttura formale, propria di tutte le metafisiche della trascendenza.
2
2.1
Per venire al nostro tema: innanzitutto, cosa intendiamo qui per ontologia formale,
primo termine da spiegare, prima ancora di quello di scienze cognitive, e quale il suo collegamento non solo con la scuola fenomenologica, ma anche con la filosofia scolastica?
Nella tradizione logica scolastica, di solito si distingueva fra:
1. Analisi logica che si rifaceva alla tradizione aristotelica, dove si supponeva che il riferimento degli enunciati analizzati fosse alla realt extra-linguistica (de re) e che
dunque si interessava essenzialmente delle leggi del sillogismo apodittico; e
2. Analisi logica che si rifaceva alla tradizione stoica, dove tale riferimento non era per
s supposto, e che quindi si concentrava sullanalisi delle proposizioni in quanto tali
(de dicto), facendo dellanalisi logica una disciplina essenzialmente linguistica che si
interessava essenzialmente delle leggi del sillogismo ipotetico1.
Nellambito dellattuale sviluppo della scienza logica, dopo la cosiddetta svolta linguistica degli inizi del 900 dovuta allo sviluppo della logica simbolica ad opera di Gottlob
Frege, che in qualche modo realizza il sogno leibniziano della Characteristica Universalis, la
1
Il sillogismo apodittico, ovvero il sillogismo dimostrativo della logica dei predicati (aristotelica), caratterizzato dal fatto che la validit formale (coerenza) dellargomentazione legata alla fondatezza (verit) delle premesse. Viceversa, la validit formale dellargomentazione ipotetica della logica delle proposizioni (stoica) indipendente dalla fondatezza delle premesse. Per esempio, il classico sillogismo in Barbara (tutti gli uomini
sono mortali, tutti i greci sono uomini, quindi tutti i greci sono mortali) valido (formalmente vero) se e solo se
le due premesse sono fondate (contenutisticamente o materialmente vere), sempre e ovunque, in qualsiasi mondo possibile, sia dove greci e uomini esistono attualmente, sia dove non esistono attualmente, ma se esistessero
non potrebbero non essere, rispettivamente, mortali e uomini, perch lattribuzione di siffatti predicati ai
rispettivi soggetti, quantificati universalmente, essenziale. Prescinde perci dalla loro esistenza attuale e dunque da una verifica empirica dellattribuzione (con buona pace di Hume). Viceversa, la classica argomentazione
ipotetica (p.es., il classico modus ponens se giorno c il sole, ma giorno, dunque c il sole) sempre valida essendo la forma logica soggiacente, il modus ponens, appunto (((p q) p) q), una legge logica, quindi una tautologia che, per definizione, formalmente vera in tutti i mondi possibili , sia con premesse fondate
(= contenutisticamente o materialmente vere), che no. Nellesempio, precedente, di notte largomento sempre formalmente vero (= valido), ma contenutisticamente, materialmente, falso, mentre di giorno vero in
tutti e due i sensi. Lerrore logico dello scientismo moderno stato voler attribuire mediante la pretesa autoevidenza delle leggi matematiche (Descartes) e fisiche (Newton) valore apodittico anche agli assiomi delle
scienze matematiche (Descartes) e fisico-matematiche (Newton), facendone di fatto una nuova metafisica, quella dellilluminismo razionalista. Questo finch la scoperta delle geometrie non-euclidee (Lobacevskji) e
lassiomatizzazione delle matematiche (Riemann e Peano), nel XIX secolo, da una parte, e la nascita della nuova fisica del secolo XX (termodinamica, quantistica, relativit, scienze della complessit), dallaltra, hanno rimesso le cose a posto, riscoprendo il carattere ipotetico-deduttivo, assolutamente non-metafisico (Popper), delle
leggi e delle argomentazioni delle scienze matematiche e naturali (Cfr. (Basti, 2002, p. 64-68; 183-206). Di qui
la moderna riproposta di Husserl della filosofia come scienza delle essenze (Husserl, 1911), per distinguerla
dalle moderne scienze matematiche e naturali.
suddetta distinzione scolastica fra logica formale de dicto e de re viene oggi espressa nei termini della distinzione fra logica formale, intesa come puro calcolo simbolico, e ontologia
formale, intesa come formalizzazione dei linguaggi, usati allinterno delle diverse comunit
linguistiche (Cocchiarella, 2001; 2009; Basti, 2007; Smith, 1982; Smith, 2004). Tali linguaggi sono relativi, sia a quella porzione di realt con cui una determinata comunit interagisce
(ontologie speciali), sia a quella porzione comune di realt e delle sue strutture universali
con cui lintera comunit umana interagisce (ontologia generale, articolata in diverse ontologie specifiche per i vari generi di enti)2.
Possiamo dire, insomma, che lattuale distinzione fra logica formale e ontologia formale ricalca essenzialmente la distinzione scolastica fra logica de dicto e de re, con tutta
limmensa consapevolezza di necessarie distinzioni e problematiche connesse, che quattro
secoli di sviluppo dellepistemologia e della logica moderne ci hanno consegnato.
In ogni caso, di per s, lespressione ontologia formale in quanto distinta da logica formale si deve a Edmund Husserl che, nella sua Terza Ricerca Logica (Husserl, 1913/21), distingue fra:
1. Ontologia come disciplina filosofica che studia le interconnessioni fra cose (come
oggetti e propriet, parti e totalit, relazioni e collezioni, etc.); e
2. Logica come disciplina che studia le interconnessioni fra verit (come consistenza,
validit, congiunzione, disgiunzione, etc.)3.
Daltra parte, continua Husserl, ambedue le discipline sono formali nel senso che sono ambedue strutture indipendenti dal dominio, ovvero realizzabili in linea di principio in
tutte le loro rispettive sfere di applicazione, ontologiche e logiche.
Cos, per la struttura ontologico-formale parte-di non esistono restrizioni al tipo di
oggetti che possono entrare nella relazione parte-tutto in distinte ontologie materiali (regionali), ovvero in distinti domini di oggetti. Nel nostro caso, per esempio, seguendo la
Stein nella sua ontologia materiale (o ontologia regionale, per usare la terminologia husserliana) dellessere umano, il tutto la persona di cui mente e cervello sono solo par-
Parlare oggi di mondo o di realt tout-court sapendo quanto immenso luniverso, o addirittura gli universi (il multiverso) sia nell infinitamente piccolo (mondo microsocopico del sub-molecolare, del subatomico e oltre), sia nell infinitamente grande (mondo megaloscopico dellinterstellare e del intergalattico)
, quasi che la nostra mente limitata fosse in grado di abbracciarlo attualmente tutto(i), pi che pretenzioso mi
sembra stupido. E ovvio che le diverse porzioni di realt con cui le varie comunit linguistiche umane interagiscono sono in larga parte sovrapponentesi, cos che si pu parlare di una realt con cui lintera comunit umana interagisce. Resta nondimeno vero che la realt attualmente accessibile allintera comunit umana, sebbene
sempre pi estesa grazie al progresso della scienza e della conoscenza, sempre una piccolissima porzione
dellintera realt, anche se virtualmente pur sempre vero che la mente umana ha una capacit di conoscere illimitata. Se le scienze naturali moderne sono un potentissimo veicolo di estensione dei limiti attuali della conoscenza umana nellambito della realt fisica, non sono da meno, in linea di principio, le altre scienze matematiche, logiche, metafisiche e teologiche in altri ambiti della realt. E questo resta vero anche se, per la mancata
capacit di aggiornarsi ai nuovi metodi dellargomentazione razionale, le ultime due le scienze metafisiche e
teologiche hanno vissuto e stanno tuttora vivendo in questi ultimi tre secoli una penosa decadenza. Anzi,
proprio perch hanno perduto in gran parte il loro impianto argomentativo se non dimostrativo per accedere ad
altri generi letterari (aforistico, omiletico, etc.), sarebbe improprio anche definirle scienze. Questa decadenza, tuttavia, non irreversibile, se sapranno risvegliarsi dal letargo dimpotenza in cui si sono fatte cadere.
3
Pi propriamente, come nota molto bene Jean-Franois Courtine in un bel saggio dedicato recentemente
allontologia formale in Husserl (Courtine, 2009), lontologia formale di Husserl pi che relazioni fra cose ha
come dominio relazioni fra oggetti, essendo lidentificazione fra cosa e oggetto e non fra cosa e ente
il proprio dellontologia moderna rispetto alla metafisica aristotelica e tomista, fin dai tempi di Wolff e della
scolastica rinascimentale. Siamo qui al cuore della distinzione fra trascendentale classico e moderno. Vi torneremo.
ti4. Ugualmente si dica per la struttura logico-formale della disgiunzione che pu legare
proposizioni qualsiasi indipendentemente dal loro contenuto in distinte logiche materiali (o
semantiche) (Smith, 2005).
Lo sviluppo dellontologia formale nellambito della ricerca fenomenologica stato costante durante tutto il periodo che va dalle originarie ricerche husserliane fino a tempi pi recenti. Tuttavia, ancor pi interessante il fatto che, grazie allo sviluppo dellapproccio assiomatico alla logica formale, non solo nel campo originario delle logiche estensionali proprie della logica matematica5, ma anche in quello delle logiche modali intensionali proprie
dellontologia e delle altre discipline umanistiche, possibile sviluppare un approccio assiomatizzato allontologia formale. Un approccio che Roberto Poli, per distinguerlo
dalloriginario approccio husserliano dellontologia formale, amo denotare come ontologia
formalizzata. Torneremo nella quarta sezione di questo saggio sulla distinzione fra questi due
approcci allontologia post-moderna, facendo vedere lutilit anche per la fenomenologia
dellontologia formalizzata. Concentriamoci per il momento, invece, sullontologia formale
di tipo fenomenologico, particolarmente in Husserl e nella Stein, nel collegamento possibile,
attraverso la dottrina dei trascendentali dellessere, con lontologia tommasiana6 e dunque
leggendo lintera questione in chiave post-moderna.
2.2
2.2.1
E' chiaro che questo tipo di indagini che pongono in relazione pensiero classico e pensiero moderno per risolvere problemi contemporanei vuol dire essere post-moderni. Potremo
allora definire Edith Stein una delle principali pensatrici post-moderne nel suo tentativo esplicito e sistematico di porre in continuit Husserl e Tommaso dAquino. Un tentativo che
costituisce il centro ed il motivo ideale di tutta la sua produzione matura7. Ecco come si esprime la stessa Stein nella Prefazione di Potenza e Atto, datata settembre 1931:
Lautrice, il cui pensiero filosofico stato formato da Edmund Husserl, si familiarizzata negli ultimi anni con luniverso di pensiero dellAquinate. Per lei, ora, una necessit interiore lasciare che si scontrino in se stessa i differenti modi di filosofare che sono
caratterizzati da entrambi questi nomi. Ella vede la strada per realizzare ci in unanalisi
4
Ecco comunque come la stessa Stein in Potenza e Atto definisce lontologia formale: Lontologia formale,
allora, sussiste come ci che abbraccia tutto lessere: le sue forme sono forme fondamentali dellessere e di tutti
gli essenti, perci essa stessa
(Stein, 1935, p. 71). Come si vede, la Stein facendo
dellessere e non delloggetto il dominio proprio dellontologia formale, anche se, seguendo Husserl, riconosce
loggetto (Gegenstand) come la prima delle forme dellessere di cui lontologia formale deve occuparsi, non
pi moderna, ma come vedremo post-moderna. Come pure lHeidegger del suo famoso saggio di ontologia,
Das Ding, in cui invita a porsi in ascolto dellessere al di l delle sue oggettificazioni post-moderno, rifiuta lidentificazione wolffiana fra cosa e oggetto. Ambedue stanno cercando una nuova sintesi fra classicit e
modernit, sebbene in due direzioni diverse. Vi torneremo.
5
6
La differenza fra tommasiano e tomista analoga a quella di moda alcuni anni fa fra marxiano e
marxista. Tommasiano significa ci che si rif alla lettera dellinsegnamento dellAquinate, mentre tomista significa ci che si rif ad una determinata interpretazione di scuola della dottrina dellAquinate. Oggi
possibile rifarsi direttamente allinsegnamento di Tommaso grazie essenzialmente allIndex Thomisticus del P.
Roberto Busa sj testo pionieristico della linguistica computazionale, realizzato in oltre trentanni di collaborazione con lIBM negli anni 60 dello scorso secolo , reso recentemente on-line dallUniversit di Navarra
7
A questo riguardo Hans Reiner Sepp, nella sua Introduzione a Potenza e Atto cita una lettera della stessa Stein
a Ingarden in cui scrisse che Potenza e Atto sviluppa la problematica a partire da Tommaso e che quindi d vita
ad un mio sistema di filosofia, e questo certamente porta ad un confronto tra Tommaso e Husserl (Lettera
152 del 09/03/1932. Cit. in (Stein, 1935, p. 27 n. 55) Corsivo mio.
oggettiva dei concetti fondamentali tomisti. Sul metodo di questanalisi rende conto la
stessa ricerca (Stein, 1935, p. 53).
Dove con analisi oggettiva, commenta Hans Reiner Sepp nella sua Introduzione al
nostro testo, sintende la analisi fenomenologica, ovviamente. Con ci, continua Sepp,
Riuscita questanalisi, si sono raggiunti tre tipi di obiettivi: 1. il metodo fenomenologicamente praticato, dimostrando un nesso oggettivo, fa s che la sistematica oggettiva
che determina il pensiero tomista trovi conferme in unaltra strada; 2. contemporaneamente, la strada fenomenologica si dimostra legittima per problematizzare in modo fruttuoso, nel contesto della filosofia pi recente, il patrimonio ideale tramandato, fornendo
quindi 3. una giustificazione convincente per il fatto che il pensiero scolastico tramandato con riferimento ad una philosophia perennis possono comunicare luno con
laltro al di l dei tempi (Stein, 1935, p. 27).
Sepp non nasconde certo laudacia, soprattutto ottantanni fa quando lopera fu scritta,
di una tale impostazione, in unepoca di ancora perdurante e dominante storicismo. Soprattutto il riferimento ad una philosophia perennis avvicina la Stein allHeidegger posteriore di
Che cosa significa pensare (Heidegger, 1954) il quale, in maniera meno caritatevole della
Stein, bollava come non-pensanti coloro che definiscono superati (nel senso
dellAufhebung hegeliana) i grandi pensatori del passato che hanno comunque pensato
lessenziale, ovvero hanno pensato lessere e i suoi modi fondamentali di manifestarsi,
alluomo e al suo pensiero.
2.2.2
Una svolta che non per nulla consegue al decennio (1936-46) degli intensi studi e insegnamenti heideggeriani su Nietzsche, messi insieme nellomonima raccolta pubblicata nel 1961
(Heidegger, 1961). Ebbene Vattimo sottolinea come lessenza del nihilismo evidenziata da
Heidegger stesso nei suoi studi su Nietzsche, consista nella riduzione dellessere (=ci che
, N.d.R.) a valore (= ci che si vuole che sia, N.d.R.) nel senso di valore duso (=ci che
utile per la vita, N.d.R.) e quindi nella riduzione della logica a retorica, come Nietzsche
esplicitamente afferma nella sua raccolta postuma di scritti e aforismi che va sotto il titolo di
Volont di potenza:
Tutte le nostre facolt e sensi conoscitivi sono sviluppati solo in vista di conservazione
e di crescita; la fiducia nella ragione e nelle sue categorie, nella dialettica, e cio il giudizio di valore su cui si fonda la logica, dimostrano solo la loro utilit provata dall'esperienza, per la vita , non la loro verit. () Che dev'esserci una quantit di fede,
che permesso esprimere giudizi, che su tutti i valori essenziali manca il dubbio: questo il presupposto di ogni essere vivente e della sua vita. Che cio qualcosa sia ritenuto
per vero necessario, non che qualcosa sia vero (Nietzsche, 1906, p. 77-78. Corsivi
miei).
Come si vede, il post-moderno nihilista di tanta filosofia contemporanea, viene a coincidere con il post-moderno fideista di tanta religiosit non solo teologale, ma anche cosiddetta civile della nostra triste contemporaneit, al di l delle buone e talvolta ottime intenzioni di chi si fa anche generosamente paladino di questa sorta di linea Maginot di difesa
dei valori autentici. In ogni caso, la post-modernit nihilista, confondendo sistematicamente
limpossibilit di un Pensiero Assoluto (metafisico/teologico, nella classicit, scientifico/scientista, nella modernit) con quella, tuttaltro che impossibile, di un pensiero nonassoluto dellAssoluto e quindi un pensiero ontologico e metafisico aperto al dialogo e al
confronto, perch sempre umilmente in ricerca , ha inteso privare noi tutti, post-moderni,
della possibilit di pensare lAssoluto e quindi di pensare-insieme lessere nel suo ultimo
Fondamento, al di l delle differenze culturali e religiose e dei loro propri e reciproci limiti.
Per dirla con levocativo linguaggio nietzschiano e heideggeriano, la post-modernit intesa in questo senso quella che ha scoperto che il Grund (fondamento) del presunto Pensiero Assoluto, cercato dal metafisicismo/teologismo di certa classicit e/o dallo scientismo
di certa modernit, lAb-Grund (abisso, lassenza-di-fondamento). Una strada, questa della
post-modernit nihilista o nostalgica, tanto assolutista nel suo negazionismo, quanto lo erano la classicit e la modernit che essa critica nelle loro pretese di Pensiero Assoluto, ma
che, rispetto a queste, almeno, ha un pregio fondamentale. Quello di aver fatto gettar via, finalmente!, a siffatto assolutismo la maschera ipocrita del paludamento metafisico-teologista
della classicit, o scientifico-scientista della modernit, per mostrare tutto il suo carattere ideologico, di ideologia post-moderna, del pensiero unico. Ha fatto s, cio, che ormai i poteri
forti politico-economici oggi anche tecnocratici e mediatici che si nascondevano dietro siffatti paludamenti, non si vergognino pi come nel passato di mostrare tutta la loro impudenza, inclusa la proclamazione esplicita dellasservimento della scienza e della religione a
fini di potere, quello s davvero assoluto, soprattutto nei mezzi che oggi il potere ha a disposizione. Ripeto: non che non lo facessero anche nel passato, ma oggi, almeno, hanno il coraggio di affermarlo e addirittura propagandarlo, senza alcun pudore residuo!
Oggi dunque il post-moderno nihilista non si vergogna di affermare lasservimento della cultura e addirittura del pensiero, tutto, sia esso scientifico, filosofico o teologico, ad una
ricerca e ad un perseguimento del potere per il potere che, proprio perch nega la possibilit
di ogni pensiero dellAssoluto e quindi di ogni metafisica ed etica su base razionale e ontologica, pretende di essere senza limiti, n morali, n etici, n politici, n ecologici e, ormai, ne7
anche pi di buon senso. In tal modo, in unera di globalizzazione, si rischia molto concretamente di portare lumanit intera e la terra dove essa abita, ad un passo dal baratro.
In questo senso, molto concreto, dunque, dicevo che il nihilismo post-moderno oltre che
disperato ch sarebbe un male solo per chi, mal per lui, lo professa disperante per tutti, anche per chi come noi non ha nessun motivo, n teoretico, n pratico, per professarlo9.
2.2.3
Come anticipato, c per unaltra strada che la nostra era post-moderna pu percorrere
e sta per fortuna percorrendo, quella del post-moderno costruttivo che, quasi seguendo suo
malgrado una logica hegeliana, lavora consapevolmente e alacremente per un fine ambizioso
quanto indispensabile per lumanit contemporanea. Lavora, cio, affinch la post-modernit
che stiamo vivendo possa essere lepoca della grande sintesi, se vero (come vero), seguendo linterpretazione di Feuerbach de lEssenza del Cristianesimo, che il pensiero moderno ha inteso volontariamente e consapevolmente porsi come antitesi immanentista ed atea
alle grandi tesi metafisico-teologiche del pensiero classico occidentale sia nelle sue scaturigini greco-latine, sia nel loro completamento cristiano10 , ma anche del pensiero classico
delle altre culture e religioni non-occidentali. Tutte ormai ridotte, secondo la cultura nichilista
dominante, al rango di superstizioni, buone solo per il folklore dei riti consumistici del turismo e dellintrattenimento di massa.
Di siffatta post-modernit costruttiva e non distruttiva Edith Stein stata certamente,
non solo come pensatrice, ma anche come donna di Chiesa e come proclamato modello di
santit eroica in essa per il suo martirio, una grande rappresentante e testimone, pagando con
la vita la sua avversione totale ad una delle massime espressioni della post-modernit nihilista. Si tratta di quel nazi-fascismo, inteso non come semplice partito, ma appunto come cifra perversa della post-modenit, alle cui lusinghe coerentemente con le sue opzioni filosofiche lex-collega Heidegger non aveva saputo sempre resistere. Il suo germe perverso,
infatti, come insieme di forze pi o meno occulte, culturali, economiche, finanziarie, sociali e
in parte anche ecclesiali, che lhanno espresso e sostenuto ormai pi di mezzo secolo fa facendone una forza politica in grado di condizionare un intero continente, tuttaltro che morto e ininfluente anche nello scenario odierno. E, purtroppo, lo su scala globale, planetaria,
non certo solo europea11. In ogni caso, proprio la globalit meta-culturale del fenomeno ri9
Infatti, ci ricorda ancora Vattimo nella sua rilettura di Heidegger alla luce di Nietzsche, nella nostra societ
delle comunicazioni di massa, dove esiste solo ci che comunicato, solo ci che appare sui mass-media,
la nichilista riduzione dell essere a valore, che ha le sue radici teoretiche nellultimo Kant e in Schopenauer,
si oggi trasformata, dalla nietzschiana riduzione dellessere a valore duso (cfr. nota 8), alla riduzione
dellessere a valore di scambio comunicativo, a espressione della volont di potenza completamente disumanizzata del Grande Fratello, post-moderno Super-Uomo, ormai completamente de-soggettivizzato e decerebrato. Per dirla con le parole stesse di Vattimo: Non che l'essere sia in potere del soggetto il nihilismo;
ma che l'essere si sia completamente dissolto nel dis-correre del valore, nelle trasformazioni indefinite dell'equivalenza universale (Vattimo, 1985, p. 39).
10
Almeno fino al XIII secolo, quando la scolastica cristiana, come quella islamica, divenuta succube di un volontarismo che ha troncato il rapporto fecondo che ambedue avevano saputo instaurare con la nascente cultura
logico-naturalistica di ispirazione aristotelica, che porter alla nascita della scienza moderna, purtroppo in contrapposizione alla cultura teologica. E questa la sintesi del famoso discorso del Papa Benedetto XVI
allUniversit di Ratisbona che purtroppo sui media passato come un attacco allIslam, oscurandone il significato autentico, che voleva essere di riconciliazione del cristianesimo moderato e dellislamismo moderato, in
nome di un rinnovato dialogo di ambedue con la scienza moderna. Francamente troppo per chi da sempre specula sugli opposti estremismi e sulla loro violenta contrapposizione.
11
Rileggendo in questi ultimi mesi il capolavoro di T. W. Adorno e M. Horkheimer, Dialettica dellilluminismo,
(Cfr. (Horkheimer & Adorno, 1947)) ho dovuto constatare la sua attualit proprio su questi temi, anche se considero del tutto storicamente inconsistente lidentificazione da parte di questi due Autori, della radice del perdurante germe totalitarista nel mercantilismo della societ e della cultura di massa statunitense. Si tratta, come
chiede una strumentazione formale meta-logica e meta-linguistica (rispetto ai diversi linguaggi naturali in cui le varie culture si esprimono), per rendere possibile un dialogo altrettanto meta-culturale.
Una strumentazione formale che Edith Stein, ed in genere il movimento fenomenologico, ha individuato nellontologia formale e nel metodo fenomenologico di analisi ad essa sotteso. Ma che pu essere trovato soprattutto per facilitare il dialogo umanesimo-scienza ,
anche nellontologia formalizzata e nel metodo assiomatico di analisi ad essa sottesa. Un metodo assiomatico che, limitato ai suoi inizi alla sola logica matematica, tanti buoni risultati ha
dato, soprattutto nellultimo secolo, nella direzione delluniversalizzazione del metodo scientifico moderno, anche verso culture non-occidentali. Purtroppo per la mancanza, solo cinquantanni fa ancora pressoch assoluta, di unassiomatizzazione delle logiche modali intensionali proprie delle discipline umanistiche, e quindi per limpossibilit di
unassiomatizzazione delle varie ontologie ed etiche che rendessero possibile i confronti costruttivi e le reciproche ibridazioni fra gruppi culturali lattuale globalizzazione solo su
base scientifico-tecnologica, e quindi mercantilistica, ha prodotto risultati spesso riduzionisti,
verso la ricchezza dei contenuti umanistici di queste culture stesse.
In una parola, la cosiddetta globalizzazione cui assistiamo un prodotto nel bene
(universalizzazione del progresso tecnologico, grazie alla formalizzazione del linguaggio
scientifico) e nel male (distruzione delle culture e delle religioni tradizionali, per
lasservimento della tecnologia ai poteri forti trans-nazionali delleconomia e della finanza)
di una formalizzazione solo parziale limitata cio ai soli linguaggi scientifici, ma non al
linguaggio ordinario in cui si esprimono le discipline umanistiche che il metodo assiomatico, inventato poco pi di un secolo fa, ha prodotto. Ununiformazione nel bene, perch,
come appena accennato, la formalizzazione delle discipline scientifiche e tecnologiche a base
matematica ha consentito una reale universalizzazione del progresso scientifico-tecnologico e
dei suoi benefici verso nazioni e culture e speriamo!, in un domani non troppo lontano ,
anche verso popolazioni finora escluse da esso12. Ununiformazione nel male, perch la
oggi tutti possono vedere, di un fenomeno di ben pi ampia portata, con radici europee molto forti ed evidenti,
ma soprattutto di un fenomeno di portata mondiale, visto che si innesta perfettamente nelle tradizioni antidemocratiche delle culture e delle economie emergenti dellEstremo e del Vicino Oriente . Se la cultura europea
ha, infatti, smarrito i principi del personalismo cristiano che sono alla base della democrazia occidentale, per la
nefasta influenza della Filosofia del Diritto hegeliana che ha i suoi succedanei nel totalitarismo di destra e di sinistra, rispettivamente nazional-socialista e comunista, le culture dellEstremo e del Vicino Oriente questo personalismo non lhanno mai assimilato...
12
In una parola, un cinese, per esempio, prima dellestensione del metodo assiomatico a tutte le scienze teoriche
ed applicate a base matematica, per capire ed appropriarsi adeguatamente, anche solo a livello applicativo di una
disciplina scientifica, avrebbe dovuto studiarsi almeno due o tre lingue occidentali, studiarsi qualche secolo di
storia europea e americana, non solo scientifica, oltre che studiare la matematica e la disciplina scientifica in
questione in una o pi di queste lingue e impratichirsi delle varie tecniche sperimentali e di laboratorio sottese a
alle diverse teorie, con uno spreco di tempo e risorse facilmente immaginabile. Quello spreco di tempo e risorse
intellettuali che a tuttoggi ancora occorre per impadronirsi adeguatamente di una disciplina o di una metodologia filosofica o teologica di unaltra cultura e che rende cos difficile e lento il progresso del dialogo interculturale. Viceversa oggi, il medesimo cinese, grazie alluso di un unico linguaggio simbolico, e alla cristallizzazione
di un sapere scientifico di secoli, se non di millenni, in pochi, assolutamente univoci assiomi, ci che prima avrebbe richiesto decine e decine di anni di studio, oggi richiede tre o al massimo i cinque anni di una buona laurea scientifica. In questo modo, la Cina, come lIndia o la Corea del Sud, possono sfornare ogni anno centinaia
di migliaia di scienziati e tecnici di livello ed agguerriti, in grado di spostare in due decenni lasse delleconomia
e dello sviluppo mondiale da Occidente a Oriente, come sta avvenendo. Oggi possibile estendere i vantaggi del
metodo assiomatico anche alle discipline umanistiche, fornendo cos uno strumento effettivo ad un dialogo e ad
una comprensione reciproca e quindi necessariamente anche ad una valorizzazione dei contenuti delle varie culture umanistiche, per una globalizzazione che, valorizzando le differenze, non sia solo scientifica, quindi a senso unico, e perci necessariamente scientista.
mancanza di unadeguata formalizzazione/assiomatizzazione anche delle discipline umanistiche, spesso per questo ancorate a metodi di spiegazione/argomentazione arcaici, largamente
dipendenti dai contesti culturali ristretti in cui si sono sviluppati nellet pre-moderna, le rende incapaci non solo di dialogare efficacemente con altre culture e altre impostazioni, ma soprattutto di reggere il confronto con le argomentazioni scientifiche e soprattutto pseudoscientifiche del pensiero unico nihilista.
Tutto ci sta portando, a passi rapidissimi, ad un appiattimento e ad uninibizione dei
contenuti umanistici e religiosi delle diverse culture, con conseguenti rischi di opposizione
violenta al progresso scientifico e tecnologico, da parte di popolazioni in larga parte escluse
dal banchetto di questo progresso sbilenco, non solo nei paesi in via di sviluppo, ma anche
nei paesi del cosiddetto primo mondo, dopo la recente crisi economica pensata ad arte per
eliminare da questi paesi la cosiddetta classe media.
Di questo appiattimento/vanificazione degli umanesimi tradizionali, gli integralismi e,
finalmente, il terrorismo a sfondo prima ideologico negli anni 70-90 del 900, e ora (anche)
religioso, nonch il moltiplicarsi di conflitti etnici e localistici un po dovunque, sono un allarmante segnale. Un limite, ripeto, oggi ampiamente superato, in linea di principio, dalla
formalizzazione della(e) ontologia(e), e che potrebbe diventarlo, anche in linea di fatto, man
mano che cresceranno i cultori e quindi le applicazioni di disciplina questo e simili tipi di approccio, non solo fra scienziati e informatici, come gi avviene, ma anche fra cultori di discipline umanistiche.
2.2.4
anche Heidegger tenderebbero a dare una risposta affermativa alla questione, certamente
non ne danno una affermativa n Tommaso, n Husserl, n Stein.
Ora, come ricorda un altro grande pensatore post-moderno del nostro secolo e riscopritore, come la Stein, del pensiero di Tommaso nel 900, anche se molto pi vicino al versante
heideggeriano di cui stato peraltro un forte critico, oltre che attendo studioso , il Padre
Cornelio Fabro, ci che radicalmente oppone pensiero classico e pensiero moderno proprio
la dottrina sui trascendentali, ovvero la dottrina sul fondamento extra-logico della verit logica. A questo proposito, Fabro, con felice sintesi, amava parlare di opposizione fra trascendentale classico (essere) e trascendentale moderno (auto-coscienza), con chiaro riferimento
alla cosiddetta rivoluzione copernicana operata da Descartes e tematizzata da Kant, che fa
s che il moderno, a cominciare appunto da Descartes, ponga nellevidenza e quindi nella auto-coscienza dello Io-penso trascendentale (il cogito assolutizzato o lIch denke berhaupt
di Kant), e non nello essere-della-cosa, il fondamento della verit.
Quindi potremmo sintetizzare la contrapposizione fra trascendentale classico e moderno
nel seguente e molto efficace aforisma: un enunciato vero perch evidente (modernit) o
evidente perch vero (classicit)?.
Il collegamento fra evidenza e auto-coscienza evidente mi si perdoni il voluto
gioco di parole. Infatti, levidenza uno stato di coscienza, anche se come Kant, Hegel e
tutta la fenomenologia insegnano, non necessariamente della coscienza individuale, ma
come proprio Husserl ricorda nel definire la fenomenologia, fin dalla Prima Ricerca Logica,
unindagine sullevidenza e sulla sua fondazione se qualcosa davvero evidente per la
coscienza di uno, lo deve essere per la coscienza tutti. Levidenza ha cio una natura intrinsecamente meta-individuale, o inter-soggettiva. Daltra parte, sintetizzare il nucleo della rivoluzione copernicana moderna, nellasserto che afferma la fondazione della verit logica
sullevidenza, non fa altro che riprendere il cuore del metodo cartesiano che, a partire dal suo
testo giovanile Regulae ad directionem ingenii, ripreso nel suo famoso Discorso sul metodo,
pone come prima delle quattro regole del nuovo metodo metodo di fare metafisica , ma
anche di fare scienza in senso moderno il principio di accettare per vero solo ci che
evidente.
Ora, proprio nella risposta alla domanda appena citata sul rapporto fra essere e verit,
che apre il testo del De Veritate, Tommaso fa esplicita professione di classicit, con
unaffermazione per molti versi sconvolgente per noi moderni, abituati a fare della verit
una sorta di propriet della conoscenza consapevole o almeno di certe conoscenze, quelle,
appunto vere, in contrapposizione ad altre false. Afferma infatti Tommaso:
Ogni conoscenza si completa (perficitur) per mezzo dellassimilazione del conoscente
alla cosa conosciuta cos che tale assimilazione il fondamento stesso della conoscenza
(causa cognitionis) (...). E a questa adeguazione della cosa e dellintelletto che, come
stato detto, segue la conoscenza. Cos pertanto lentit della cosa (entitas rei) fonda il
contenuto della verit (praecedit ratio veritatis), ma la conoscenza come un effetto
(effectus quidam) della verit (Tommaso dAq., De Ver., I,1c. Corsivo mio).
Nella nostra ottica post-moderna, mi piace citare a questo riguardo, due dei principali
esponenti del nuovo approccio intenzionale alle neuroscienze cognitive, Walter Freeman
dellUniversit di California a Berkeley e Vittorio Gallese dellUniversit di Parma che, avendo il primo nella filosofia di Tommaso (Freeman, 2007; 2008; 2010), il secondo, col resto
del gruppo del prof. Rizzolatti, in quella della Stein (Gallese, 2005; 2006), i loro referenti filosofici principali esemplificano non solo il senso, ma anche la fecondit innanzitutto scientifica di questo approccio. Esso, infatti, ricordiamolo, richiede sempre che soggetto
11
delloperazione cognitiva sia la persona (Cfr. (Tommaso dAq., S.Th., I,75,4c)) non la mente (anima) o il cervello da soli e quindi coinvolge lintera corporeit individuale in relazione (la persona corpo-in-relazione, con s, gli altri e, primariamente, con lAssoluto), secondo i principi dellantropologia duale (non dualista n monista), comune sia alla antropologia tommasiana13 (ed in genere, cristiana) (Basti, 1995; Basti, 2006; 2009), sia alla antropologia fenomenologica . Ecco come Freeman esemplifica il cuore dellapprocio intenzionale
pre-rappresentazionale alla conoscenza, intesa come azione interiorizzata come gi ebbe
a definirla Jean Piaget, rifacendosi alla dottrina aristotelico-tomista dellatto intenzionale
come atto di auto-assimilazione formale del(le operazioni del) soggetto al(la forma
del)loggetto
Ladeguazione non un adattamento per mezzo di un processamento passivo
dellinformazione e non un processo di accumulazione dellinformazione per mezzo
di risonanze. Per esempio, quando afferriamo un bicchiere per bere, il nostro cervello
non si fa una rappresentazione. Ma riconfigura la mano perch si assimili al bicchiere. Il
cervello riconfigura il s per linterazione ottimale con un aspetto desiderato del mondo. Il fine dellatto intenzionale uno stato di competenza che Maurice Merlau-Ponty
ha definito di massima aderenza (maximum grip) (Freeman, How brains make up their
minds, 2001).
Gli fa eco, praticamente allunisono, ma senza dipendenza diretta da Freeman, Giacomo
Rizzolatti, lo scopritore con il suo gruppo dei neuroni-specchio, base del comportamento
imitativo a livello motorio, essenziale per lo sviluppo inter-soggettivo, dellintelligenza intenzionale:
Si consideri il caso della tazzina: sin dall'iniziale apertura della mano, il nostro cervello
ne seleziona quei tratti (forma e orientamento del manico, del bordo, etc.) che appaiono
pregnanti ai fini dell'azione e che concorrono a determinare tanto la fisionomia motoria
dell'oggetto, quanto lo spazio delle possibili prese. L'una si costituisce attraverso l'altro
e viceversa. (...) Lo spazio dell'oggetto si declina qui nella forma della sua posizione relativa ai vari effettori coinvolti (braccio, bocca, mano, etc.) risultando definito nei termini dei loro possibili scopi d'azione (Rizzolatti & Sinigaglia, 2006, p. 75).
Tornando al testo di Tommaso del De Veritate, va notato innanzitutto che referente del
processo di adeguazione dellintelletto in quanto parte immateriale (formale) del corpo (cfr.
nota 13) s lessere, ma non lessere dellesistenza dellente degli empiristi che cos
sono costretti a fondare con Hume e con Kant nella coscienza del soggetto la formalit
dellesperienza che distingue i vari oggetti, visto che lessere dellesistenza, per definizione,
lo stesso per tutti gli enti, esse commune , ma lente stesso, in quanto entit, caratterizzato
cio dalla sua essenza. Vedremo cos fra poco, commentando brevemente la cosiddetta tavo13
Cos afferma Tommaso nella risposta alla seconda obiezione dellarticolo della Summa appena citato nel testo: Non ogni sostanza particolare ipostasi o persona, ma solo quella che ha la completa natura tipica della
sua specie. Per questo la mano o il piede non pu essere ipostasi o persona. E similmente non lo neanche
lanima, poich essa parte (la parte formale, N.d.R.), che determina lo specifico delluomo (pars speciei humanae) [ibid., ad 2]. In altri termini, per Tommaso, differentemente da Platone luomo non la sua anima.
Invece, in accordo con M. Schlick, si pu dire che l uomo il suo corpo, solo che, a differenza di Schlick,
degli altri neo-positivisti e di come generalmente si pensa, il corpo non solo materia, ma materia e forma, energia e informazione. Infatti, anche per la Bibbia, non di solo pane vive luomo. Luomo, cio,
non solo un sistema energeticamente aperto, che scambia materia/energia con lambiente (metabolismo),
come a partire dai famosi studi di Von Bertalannfy sulla teoria dei sistemi si suole definire luomo e ogni organismo vivente, ma anche, tipicamente, un sistema informazionalmente aperto, che scambia informazione
col suo ambiente, come oggi gli scienziati cognitivi sono abituati a definirlo. Per una sintesi aggiornata, cfr.
(Basti, 2009)
12
la dei trascendentali tomista, esposta proprio nel corpus del I articolo del De Veritate, che
abbiamo finora citato, cosa Tommaso intenda esattamente con la nozione (trascendentale) di
entit come nozione equivalente, ma non identica, di ente o (di nuovo, equivalentemente,
ma non identicamente) di cosa. Credo comunque che non vi possa essere affermazione pi
forte di un approccio assolutamente anti-soggettivista e quindi anti-moderno alla verit, che
definire, come fa Tommaso, la conoscenza un effetto della verit, ovvero un effetto
dellauto-assimilazione formale, del conformarsi dellintelletto alla cosa, da cui la loro adeguazione (verit) deriva, e da questa a sua volta deriva la conoscenza come conseguente
presa di coscienza dellavvenuta adeguazione medesima.
Nondimeno, vedremo nella sotto-sezione successiva di questo lavoro, come Tommaso,
sebbene sia uno dei massimi esponenti del trascendentale classico, rende esplicito, proprio
nellontologia dellatto intellettivo sviluppata nel De Veritate14, un percorso teoretico che va
dal trascendentale classico verso il trascendentale moderno. Infatti, Tommaso fa della
auto-trasparenza o, in termini agostiniani, della presenza, dellintelletto a se stesso, centro dellanalisi fenomenologica dellevidenza e quindi della (inter-)soggettivit dellatto di
coscienza, il cuore del procedimento delladeguazione, del conformarsi dellintelletto alla
cosa.
Un punto, questo, che non pu non aver colpito la Stein nel suo percorso inverso a
quello di Tommaso, e che va, come abbiamo detto, dal Trascendentale Moderno dellautocoscienza, al Trascendentale Classico dellessere che trascende limmanenza dellatto di
(auto-)coscienza.
Quindi, per sintetizzare quanto finora detto e per aprirci al resto di questo saggio, potremmo dire che la consonanza fra Stein e Tommaso nasce sostanzialmente dal fatto che
mentre la Stein, in quanto pensatrice post-moderna percorre, soprattutto nelle sue due opere
filosofiche della maturit, Potenza e Atto e Essere finito, Essere Eterno, il tragitto che va dal
Trascendentale Moderno a quello Classico, Tommaso come ultimo grande pensatore essenziale della classicit, prima del declino rinascimentale della grande teoresi scolastica medievale, gi delinea un percorso che va dal Trascendentale Classico verso quello Moderno.
Essendo questo mio saggio inserito nel contesto di contributi di studiosi che conoscono
la Stein molto meglio di me, ed essendomi limitato allanalisi dellapporto della Stein
allanalisi ontologico formale dellessere umano cos come emerge dallopera Potenza e Atto,
per illustrare il tragitto intellettuale della Stein dal Trascendentale Moderno a quello Classico,
mi limiter a ricordare come tutta lanalisi filosofica della Stein medesima derivi, ma non si
riduca, allevidenza originaria della soggettivit, posta alle scaturigini del Trascendentale
Moderno. Scaturisce cio dallevidenza, non dellessere come primum cognitum e quindi
come prima verit da cui qualsiasi conoscenza deriva, come in Aristotele e Tommaso, ma
14
Ontologia dellatto intellettivo che si distingue dalla psicologia del medesimo, sviluppata invece nelle due
Summae e nel Commentario al De Anima aristotelico, mediante la famosa dottrina della conversio ad phantasmata dellintelletto. Ovvero, della necessit dellatto intellettivo di rivolgersi comunque al dato sensibile nella
sua conoscenza delluniversale concettuale, non solo quando conosce la cosa extra-mentale, ma anche quando
riflette e ragiona. Un atto che comunque, per Tommaso come per noi (Cfr. infra) abbisogna sempre di un riferimento allesperienza, in questo caso memorizzato, e dunque di un riferimento corporeo, evidenziabile neurofisiologicamente. E questo del sempre, necessario riferimento alla corporeit che non contraddice, ma anzi sostenta la natura spirituale dellatto intellettivo, laspetto pi esaltante per un post-moderno della teoria duale, del
mente-corpo, anzi per essere pi esatti, della teoria duale del persona-corpo (Cfr. (Basti, 2006; 2009);
(Metzinger & Gallese, 2003)).
13
15
La ricerca del fondamento della certezza (Gewiheit) versus la ricerca del fondamento della verit (Wahrheit) sono dunque i due diversi interessi, direbbe Heidegger, e dunque le due diverse originarie aperture di
senso che definiscono il filosofare della modernit versus quello della classicit, determinando due diversi
cominciamenti del pensiero, come gi Heidegger aveva evidenziato nella sua analisi ontologica fin da Essere
e Tempo, tutta tesa al confronto fra classicit e modernit, ormai dal di fuori di questultima. Un dal di
fuori, che anche un dopo Husserl, ma soprattutto un dopo Nietzsche, perch un dopo Schopenuaer,
perch un dopo lultimo Kant, quello della Prima Introduzione alla Critica del Giudizio, mai pubblicata,
perch Kant aveva scoperto nello interesse della stessa Ragion Pura la radice volontaristica di tutto
limpianto della sintesi trascendentale fra fenomeni e categorie (concetti). Tutti questi dopo consistono,
cio, per Heidegger nellaver perso l innocenza husserliana che si possa dare fenomenologicamente originaria apertura di senso dellintelletto intuente le essenze, entro cui i diversi significati percepiti si articolano e
si costituiscono, che non dipenda da un pi originario interesse del condizionamento storico in cui luomo
gettato. Un condizionamento che pre-costituisce allintelletto del pensiero pensante e alla ragione del pensiero
pensato, la significanza di ci che ha senso, e dunque significato. Ora, secondo lanalisi heideggeriana, nelle
diverse epoche, cambiando ci che davvero interessante, cambiano anche le aperture di senso e dunque la
significanza e perci i significati di ci che E luomo, sia come singolo, sia come gruppi, non ha alcun
potere su questo destino (Geschick) di pensare lessere secondo una significanza e dunque unapertura di
senso che la storia (Geschichte) ha deciso per lui, ed in cui egli si trova gettato (geworfen). E questo il nucleo (nihilista) del pensiero ontologico heideggeriano cos come si sviluppa, ripetiamo, fin da Essere e Tempo e
che dunque fa s, che a differenza dellanalisi fenomenologica della Stein, Heidegger non sia propriamente discepolo di Husserl, ma fondamentalmente di Nietzsche, come Vattimo correttamente suggerisce. Il cominciamento di Heidegger diverso da quello husserliano che era approdato alla fenomenologia dallo studio dei fondamenti della logica e della matematica. Heidegger , lo ripeto, essenzialmente un post-nietzschano, un filosofo
della storia, non della logica. Per lui la logica retorica, come la Stein pi volte lo rimprovererer: l essere
espressione di volont prima che di intellettualit, di una volont che lintelletto non pu controllare e indirizzare, se non entro i limiti che la volont stessa ha pre-costituito per lui (cfr. lo stretto legame fra le nozioni
nietzschane di volont di potenza e di eterno ritorno , e quella heideggeriana di circolo ermeneutico inteso comunque sempre come una Verwindung, come un torcersi entro dei limiti comunque pre-costituiti). Per
questo una ragione siffatta non potr mai attingere lAssoluto, ma al massimo provarne una disperante, frustrante, nihlista nostalgia. Anche per Heidegger il Grund Ab-Grund. Per questo ho definito la post-modernit
heideggeriana una post-modernit nihilista o nostalgica di un pensiero non assoluto sullAssoluto, tragicamente confuso con limpossibilit di un Pensiero Assoluto e che perci si identifica con lAssoluto stesso, come
per Hegel.
14
E evidente dunque il punto di partenza del Trascendentale Moderno, mutuato nella fattispecie da Husserl, da cui la Stein muove. Ma come nota Sepp, la Stein, in una straordinariamente lucida successione di pochissime pagine di Potenza e Atto, indice di una riflessione
molto profonda maturata per tanti anni, mediante la sua analisi fenomenologica di questo cominciamento, attinge ad una duplice sfera di trascendenza che separa nettamente la Stein da
altri seguaci della fenomenologia. Ora, come la Stein stessa pi volte afferma, questa sua divergenza di percorsi con Husserl a partire dalla pur comune scaturigine della certezza
dellauto-coscienza di esistere, dipende essenzialmente dalla sua lettura di Tommaso e, innanzitutto, del De Veritate. Cerchiamo di capire dov il nucleo di questa Diremtion Tommaso-Husserl da cui la Stein prende le mosse per il suo percorso di rilettura fenomenologica
post-moderna di Tommaso. Una lettura che la porter, fra laltro, a degli esiti molto diversi da
quellanaloga rilettura in chiave onto-teologica di Tommaso sviluppata da Heidegger nel suo
saggio sulla Essenza della Verit (Heidegger, 1943).
In estrema e per questo molto rozza e non del tutto appropriata sintesi: Husserl,
una volta riconosciuto il carattere intenzionale o diretto a un contenuto
dellautocoscienza, sebbene sia attento a non pretendere, come Kant, di operare una formalistica deduzione trascendentale delle forme logiche del pensiero dalla spontaneit vuota
dellautocoscienza trascendentale kantiana, tuttavia resta fedele a Kant nel fare della soggettivit trascendentale dellautocoscienza, anche se intenzionalmente intesa, il fondamento della verit, facendone un metro col quale tutto misurare, finendo cos nellimmanentismo epistemologico della (inter-)soggettivit trascendentale. Si pensi alla metafora della relazione
intenzionale soggetto/oggetto, come i due fuochi dellellisse chiusa dellautocoscienza trascendentale
E, infatti, nel suo recente e notevole saggio gi citato sullontologia formale husserliana,
Courtine come in genere tutti i contributori del volume in cui il saggio raccolto
(Esposito, 2009) fornisce, da una prospettiva molto diversa da quella neo-scolastica di Fabro della distinzione fra trascendentale classico e moderno, una lettura del tutto congruente ad
essa della differenza fra ontologia classica e moderna, quella husserliana inclusa. Una lettura,
quindi, del tutto congruente a questa nostra interpretazione del differente approccio fenomenologico, in Husserl e nella Stein, allontologia formale.
Courtine fa, infatti, risalire le origini dellontologia husserliana alle scaturigini stesse
dellontologia moderna, in contrapposizione a quella aristotelica, e a quella scolastica medievale, che ad Aristotele si rif. Come gi accennato nella nota 3, la fondazione intenzionale
dellatto di coscienza, fa s che propriamente, per Husserl, dominio dellontologia formale
non sia lo ente e quindi le relazioni fra enti , ma l oggetto, ossia laltro fuoco,
insieme al soggetto, dellellisse intenzionale chiusa dellatto di coscienza. In questo senso Courtine si rif allanalisi heideggeriana della VI Ricerca Logica husserliana dove Heidegger, nel porsi la questione se lontologia formale husserliana abbia la capacit di attingere
allessere, da una risposta sostanzialmente negativa a questa domanda. Infatti, il carattere
trascendentale della soggettivit intenzionale in Husserl fa s che per lui lessere si riduca
essenzialmente allo essere-oggetto per un soggetto. Cosicch lontologia formale, nella
suddetta Ricerca, nellanalizzare lenunciato predicativo questo foglio bianco nella forma
intenzionale io vedo che questo foglio bianco, individua nellintuizione meta-regionale
delloggettualit (Gegenstndlichkeit) in generale, il sostrato di tutte le intuizioni regionali
di oggetti particolari sostrato comune cui rimandano come tali, in generale senza
cio che sia definito il termine relativo particolare di cui ciascuna di esse si predica , tutte
le espressioni linguistiche indicizzanti (indexical) del tipo: il, un, molto di,
poco di, ma anche, appunto, , non , qualcosa di, nulla di. Conclude
perci Courtine,
15
Studiando con attenzione il testo del De Veritate di Tommaso, lo stesso che aveva lungamente studiato e tradotto la Stein, vedremo che questa identificazione di cosa e oggetto non assolutamente accettata da Tommaso. Delle due luna: o Tommaso non un filosofo scolastico o la scolastica rinascimentale non quella medievale. In ogni caso gi Fabro prima di me ha opposto Tommaso pensatore essenziale al pensiero scolastico
rinascimentale e moderno.
16
17
Come qualsiasi cultore di logica modale sa, il modo fondamentale e anche storicamente originario di introdurre la modalit in logica e dunque la distinzione possibilit / attualit, la riflessione sulla temporalit della predicazione. Infatti, distinguendo fra presente (attuale) e passato/futuro (non attuale), per ci stesso si
introduce la distinzione fra attualit e possibilit e quindi fra necessit e possibilit/contingenza. questo il cuore delle cosiddette logiche temporali(tense logic) che costituiscono uno dei possibili modelli in cui
interpretare gli assiomi della logica modale, in quanto sistema puramente formale di logica proposizionale (cfr.
infra 3.4).
17
Come tomista essenziale mi permetterei di dissentire da questa affermazione della Stein. Il metodo ontologico di Tommaso ha bisogno di una giustificazione solo se parto come la Stein dalla modernit e dal suo dubbio metodico, ma proprio questo che non ha pi ragion dessere avendo tale dubbio una giustificazione storica, non teoretica (cercare nellevidenza il fondamento della verit), ormai completamente superata Ormai
qualsiasi analisi filosofica di tipo ontologico-scientifico adusa a distinguere, nelle sue analisi sui diversi approcci al reale, fra livello empirico (osservazionale), livello semantico (logico), livello epistemico (cognitivo), e nessuno pi si sognerebbe, come i moderni o i rinascimentali, di far dipendere i primi due dal terzo.
Questo, soprattutto questo, significa post-modernit, ed qui il punto di contatto maggiore con il Medio-Evo,
o in generale, con il pre-moderno e il pre-rinascimentale.
19
Sia in quanto correlativo di soggetto, sia in quanto erroneamente identificato dai moderni con la cosa dei
classici (cfr. sopra le citazioni tratte dal saggio di Courtine). E questo comunque quanto letteralmente afferma
la Stein in Potenza e Atto. Dopo aver correttamente riconosciuto che la filosofia tomista separa dalle categorie i
trascendentali, alla luce delluso costitutivo della soggettivit nella riflessione fenomenologica, e del parallelismo fra uso logico e ontologico delle categorie a partire da Aristotele stesso, la Stein cos continua: Ma sussiste
ancora una necessit di vincolare il termine categoria a questa delimitazione? Se pensiamo di nuovo al parallelismo fra categorie logiche ed ontologiche, corrisponde alla categoria logica fondamentale del soggetto, la
forma ontologica pi universale delloggetto o Qualcosa, ed appare cos sensata una formulazione del concetto
ontologico di categoria, il quale permette di abbracciare con ci tutto lessente (inclusi i trascendentali, N.d.R.)
(Stein, 1935, p. 125.126). Ovviamente, Stein qui cita lHusserl delle Idee (Husserl, 1913, p. 15-67), visto che su
questa particolare interpretazione della nozione di categoria ontologica, la Stein basa subito dopo la sua di-
18
vero punto di contatto fra i due (platonico: cfr. nota 27), comune sia a Tommaso, nella sua tavola dei trascendentali che esamineremo subito, sia alla Stein.
2.2.5
Il pi volte citato Sepp, molto opportunamente, osserva che il distacco della Stein dal
trascendentale moderno legato al fatto che ella non affatto incline ad accettare il punto di
vista rinascimentale, pienamente acquisito dalla modernit, che punta il faro dellattenzione
teoretica sulla soggettivit. Se dunque, correttamente, retro-datiamo le scaturigini prime del
trascendentale moderno al Rinascimento, ci troviamo molto vicini a Tommaso. Invero, se dovessimo essere fedeli a certe etichette, c solo un secolo, il XIV, temporalmente (e certo scotismo, soprattutto, teoreticamente)20, che separano Tommaso pensatore essenziale per
ogni epoca, come lo definisce Fabro seguendo lHeidegger di Cosa significa pensare
(Heidegger, 1954)21, e ultimo grande pensatore della classicit , dalle scaturigini prime, rinascimentali, della modernit.
Cos, nel primo paragrafo della risposta al primo articolo della prima questione del De
Veritate, Tommaso definisce in maniera, rigorosa anche per un logico contemporaneo, il cuore della sua ontologia formale, ponendola al fondamento della logica della predicazione. Infatti, dice Tommaso:
Come in ogni disciplina dimostrativa di cui la logica (delle proposizioni) si occupa, si deve risalire dalle proposizioni dimostrate (teoremi, in termini moderni) alle proposizioni
indimostrabili (assiomi22, in termini moderni) per non regredire allinfinito,
stinzione fra categorie ontologiche formali, dellontologia formale fenomenologica, e categorie ontologiche materiali, della ontologia materiale fenomenologica. Naturalmente, nessun tomista, neanche tommasiano, e
quindi neanchio, possiamo essere daccordo su questa riduzione di tutto lessente, essere incluso, al categoriale. La distinzione logica e ontologica fra determinazioni trascendentali e categoriali dellente tuttaltro che
superata e senza di essa cadiamo in svariate confusioni, non solo quelle fra oggetto, cosa ed ente, gi
evidenziate, ma anche quella, molto pi delicata perch legata a questioni antropologiche fondamentali, fra individualit in senso trascendentale e categoriale, anche se questa sembra avere origini lontane, ben prima di Husserl nella scolastica medievale, non tomista (Cfr. infra, nota 44). Ovviamente, unontologia formalizzata pu
chiarire queste confusioni distinguendo fra le diverse ontologie formali e facendo vedere con chiarezza punti di
convergenza e divergenza.
20
Giustamente C. Esposito fa notare come nel passaggio che porta dalla metafisica aristotelica a quella moderna
da Wolff in poi, abbia un ruolo fondamentale la sistematizzazione tardo-scolastica della metafisica ad opera di
Francisco Suarez che trasforma dallinterno la grande tradizione aristotelica, definendo in maniera nuova dal
suo interno il suo soggetto, il suo oggetto, il suo metodo, la sua interna struttura sistematica, suddivisa dora in
poi secondo una precisa suggestione scotiana in una parte generale e una speciale, la quale ultima tratta
degli enti determinati (rispettivamente, lente infinito, o Dio, e gli enti finiti o creati) (Esposito, 2009, p. XV.
Corsivo mio). Cfr. anche la bibliografia al riguardo citata da Esposito.
21
Fabro rifacendosi appunto allidea heideggeriana del pensare filosofico autentico come pensiero essenziale, al di l di ogni idea storicista moderna di superamento del pensiero dei grandi pensatori antichi, parla di
tomismo essenziale e di Tommaso come pensatore essenziale. Post-modernit insomma, anche nel senso
riduttivo heideggeriano, vuol dire anche recupero della philosophia perennis, perch pensiero ontologico, pensiero capace di (ri-)porsi in ascolto dellessere della cosa, senza ridurlo, kantianamente e scientisticamente, a
mera rappresentazione.
22
Mai Tommaso avrebbe definito assiomi (in latino dignitates) le proposizioni indimostrate di una determinata teoria dimostrativa da cui derivare deduttivamente le altre. Per Tommaso infatti dignitates, assiomi, per s evidenti per tutti sono solo i primi principi della logica formale e della metafisica (principio di non contraddizione, principio del terzo escluso, etc.), proposizioni da cui per s spiega di nuovo molto correttamente Tommaso dal punto di vista della scienza logica non possibile derivare nulla, essendo di per s meta-regole di ogni
procedura dimostrativa, di cui ogni uomo ha una conoscenza abituale, innata, auto-evidente (per se noti apud
omnes) , non acquisita, alla base della sua capacit di ragionamento (si tratta del cosiddetto intellectus, habitus
principiorum Cfr. In III Sent., 23, 2, 2, 1 co.; Q. de Ver., 2,12 co. e //). Le proposizioni indimostrate delle altre
scienze anche matematiche, viceversa, sono per Aristotele e Tommaso legate allesperienza, oppure inventate
dalla fantasia creatrice del matematico, sulla base di esperienze spazio-temporali elementari. In ogni caso, sono
19
Cos, nellanalisi dei termini che costituiscono le proposizioni (definizioni) semplici, soggetto/predicato, di cui la logica (dei termini o dei predicati) si interessa, sempre per evitare il regresso allinfinito, bisogna risalire dai termini definiti, a termini non definiti (i
cosiddetti termini primitivi delle teorie), che si suppongono conosciuti in maniera intuitiva da coloro ai quali ci si rivolge.
Ebbene, per Tommaso, la nozione di ente costituisce la nozione primitiva pi immediata e universale, al fondo di ogni altra espressione predicativa una nozione trascendentale, dunque , nozione che, in base a diverse relazioni fondamentali che ogni ente in
quanto ente pu avere con se stesso, con i suoi costituenti ontologici (essere e essenza) e
con tutti gli altri enti in quanto tali , si articola in differenti nozioni equivalenti a quella di
ente, ovvero in differenti modalit di dire ente: le altre nozioni trascendentali oltre a
quella di ente, appunto. Nozioni equivalenti a quella di ente che per, proprio per la diversit delle relazioni sottese, sono assolutamente non-identiche, sia fra di loro, sia con la nozione di ente. Sono cio solo estensionalmente, ma non intensionalmente reciprocamente predicabili fra di loro e con la nozione di ente (commutano fra di loro e con la nozione di ente)23. Citiamo qui per esteso il passo del De Veritate dove Tommaso esplica il cuore della sua
ontologia formale che, distinguendo fra ente e vero come due nozioni equivalenti ma non
identiche, ne fa i primi due trascendentali della sua tavola (cfr. nota 23).
Come nelle proposizioni dimostrabili bisogna operare la riduzione a qualche principio
per s noto allintelletto, cos bisogna fare quando si ricerca il che cos (quidditas: la
definizione, N.d.R.) di una certa cosa, altrimenti in entrambi i casi si andrebbe
allinfinito, e cos verrebbero meno del tutto la scienza e la conoscenza delle cose. Ora
ci che innanzitutto lintelletto concepisce come la cosa pi nota di tutti ed in cui risolve tutti i concetti lente (la nozione pi primitiva di tutte in qualsiasi linguaggio,
tuttaltro che auto-evidenti (al massimo sono evidenti solo per i cultori di quella data disciplina: per se noti quoad nos) e quindi non sono definibili come assiomi (per se noti apud omnes) , ma come postulati o principi. Se vogliamo, tutta la rivoluzione copernicana moderna a partire da Descartes, consiste proprio nel supporre come auto-evidenti gli assiomi delle matematiche e, con Newton, anche le tre leggi della meccanica (principi di inerzia, di proporzionalit fra forza e massa x accelerazione, di azione-reazione). Con ci si pongono le
basi logiche non solo della indistinguibilit fra assiomi e postulati nella logica della dimostrazione moderna,
ma ultimamente fra la metafisica e le altre scienze. Ovvero, si pongono le condizioni logiche-ontologiche per
considerare le scienze fisico-matematiche, basate sul principio moderno di evidenza, come la nuova sorgente di
certezze assolute (= scientismo), invece che la metafisica e la teologia dellantichit.
23
Due predicati (e, epistemologicamente, le nozioni sottese) sono logicamente equivalenti se sono soddisfatti
(resi veri) dallo stesso insieme di argomenti (nomi di oggetti), se hanno cio la medesima estensione. P.es.,
being red, in inglese, e essere rosso, in italiano, sono due predicati equivalenti, cos essere acqua, in italiano, e essere H2O, in fisico-chimica. Ma sebbene abbiano i medesimi referenti (ovvero medesimi sono gli
oggetti che i loro argomenti denotano, ovvero medesimo il loro riferimento, in italiano, reference in inglese,
Bedeutung in tedesco, secondo il classico linguaggio di Frege), non affatto detto che siano identici sotto tutti
i rispetti, e quindi reciprocamente sostituibili in qualsiasi contesto, senza che il senso (meaning in inglese,
Sinne in tedesco, secondo il classico linguaggio di Frege) delle rispettive proposizioni e quindi la loro verit
ne venga profondamente alterato. I diversi trascendentali dellente della tavola tommasiana sono dunque
nozioni (predicati) equivalenti di (e quindi commutabili con) ente (ovvero: entit, cosa, uno, qualcosa, vero, buono, tutti commutano con ente, p.es., ogni ente unentit, ovvero ogni entit un ente;
oppure: ogni cosa un ente, ovvero ogni ente una cosa, etc.), ma non identiche (non hanno il medesimo
significato) e quindi ripetiamo, e mai come in questo delicatissimo caso ripetita iuvant! non sempre reciprocamente fra loro sostituibili, senza che il senso e la verit della proposizione ne sia alterata. P.es., oggetto estensionale dellatto intellettivo come pure dellatto volontario comunque lente, ma delluno in quanto vero
(oggetto intensionale dellatto intellettivo), dellaltro in quanto valore (il bonum di Tommaso, oggetto intensionale dellatto volontario). Come pure ci che costituisce il referente della verit come procedura di adeguazione comunque lente, ma non in quanto valore (Nietzsche) o in quanto qualcosa (Platone), ma in quanto
entit. La logica dellontologia formale in generale, quelle tommasiana e fenomenologica, in particolare,
dunque una logica intensionale e non estensionale (cfr. nota 5).
20
N.d.R.) () per cui necessario che tutti gli altri concetti dellintelletto siano ottenuti
per aggiunta allente. Ora allente non si pu aggiungere niente come estraneo, al modo
in cui la specie si aggiunge al genere o laccidente alla sostanza, perch ogni natura
lente predicato a modo di essenza (essentialiter:in modo cio da rendere convertibile il
soggetto con il predicato24, N.d.R.), come anche il Filosofo prova nel III libro della Metafisica. Si dice invece che alcune cose aggiungono qualcosa allente in quanto esprimono un modo dello stesso ente che non espresso dal nome di ente. Il che accade in
una duplice maniera. Innanzitutto quando il modo espresso un qualche modo speciale
dellente. Vi sono infatti diversi gradi di entit (entitas)25 secondo i quali si prendono i
diversi modi di essere (esistere, N.d.R.), e secondo questi modi si prendono i diversi generi delle cose. Per esempio, la sostanza non aggiunge allente qualche differenza che
designi qualche natura sopraggiunta allente, ma col nome di sostanza si esprime semplicemente un certo speciale modo di essere (esistere, N.d.R.), cio lessere per s, e cos per tutti gli altri generi. La seconda maniera si ha quando il modo espresso un
modo generale dellente (Q. de Ver., I,1co.).
Dunque il fondamento pre-categoriale di tutte le categorie e quindi di tutti i predicati
(generi concettuali) lessere-dellessenza del singolo ente, o entit dellente, che determina la modalit di esistere di un dato ente sia esso sostanza (prima, individuo, o seconda, genere/specie naturale) o accidente in quanto frutto di un determinato concorso causale26. Senza riportare qui tutto il seguito del corpus della risposta in cui Tommaso espone le
24
Ogni predicazione essenziale (p.es., luomo animale razionale) analitica, tale cio da rendere convertibile il soggetto e il predicato (infatti: lanimale razionale uomo), senza per questo essere tautologica. E questa
la differenza fondamentale fra ontologia tommasiana e leibniziana, o se vogliamo, fra ontologia classica e moderna.
25
La nozione di entitas la nozione-chiave dellontologia formale tomista tanto quanto loggettualit per quella husserliana. Infatti, come l oggettualit il correlativo rispetto alla soggettivit della relazione intenzionale veritativa del trascendentale moderno, l entit il correlativo dell intelletto secondo la relazione di
adeguazione come abbiamo visto nella citazione precedente. Lentit di un ente dunque lesseredellessenza di un ente, che specifico per ciascun ente in quanto determina la sua specifica modalit di esistenza secondo diversi gradi di partecipazione allessere e dunque secondo diversi generi naturali gerarchicamente
ordinati cui lente in oggetto appartiene. Lessere-dellessenza con la sua specificit si distingue cos dallesseredellesistenza che invece lesse commune a tutti gli enti, nel senso che tutti gli enti esistono, ciascuno secondo la sua modalit di esistenza (o essenza), e quindi secondo i suoi diversi generi di appartenenza (cfr. nota 26),
ciascuno relativo ad un determinato concorso causale, da cui lesistenza di quellente/entit, secondo la sua propria modalit di esistenza dipende (Cfr. infra, 4.3.3). P.es., la specie del dinosauro, ovvero lesistenza di entit
biologiche individuali di quella specie, dipende dal concorso causale (nicchia ecologica) di cause ambientali e
genetiche che, essendo venute meno, hanno determinato lestinzione di quella specie, ma che nella misura in cui
fossero restaurate, renderebbe di nuovo attuale (e non solo possibile come oggi) lesistenza di quelle entit. Ugualmente il genere dei viventi organici, cui noi come i dinosauri apparteniamo, dipende da un determinato concorso causale molto particolare che si prodotto sulla terra gi da alcuni milioni di anni (e che potrebbe darsi,
nel passato, nel presente o nel futuro anche su altri pianeti), e che potrebbe durare sulla terra ancora per svariate
migliaia e forse milioni di anni, sempre che riusciremo a trovare una soluzione al disastro ecologico che
stiamo perpetrando, che ormai sta mettendo a rischio la sopravvivenza della nostra come di altre specie, per cui
potrebbe essere gi tanto arrivare alla fine di questo millennio (Cfr. (Basti, 2002, p. 356ss.))
26
Ente, e/o entit, e/o cosa, e/o uno, e cos via tutti i trascendentali sono non solo le sostanze prime
(individui) e/o seconde (generi e specie cui un individuo appartiene), ma anche tutti gli eventi o accadimenti o accidenti di una data sostanza (qualit, quantit, relazioni, etc.). Come pure sono enti e/o
entit non solo sostanze ed eventi naturali, ma anche gli enti logici e addirittura gli enti fantastici, in
quanto anchessi a loro modo esistono, in quanto causati da processi mentali, come gli enti naturali sono
causati da processi naturali P.es., esemplifica Tommaso (De ente et essentia, 3), se definisco laraba fenice
come luccello che risorge dalle sue ceneri chiaro che esso non esiste, perch la modalit di esistenza biologica sottesa al genere avicolo incompatibile con la propriet della resurrezione. Viceversa, se lo definisco come luccello mitologico che risorge dalle sue ceneri, la modalit di esistenza fantastica (fiction) pu essere
compatibile con la propriet della resurrezione, anzi in quel dato mito, effettivamente (storicamente) lo . In altri
21
nozioni equivalenti di ente che costituiscono altrettanti trascendentali dellessere, possiamo cos sintetizzare questo testo, come ho gi riportato altrove (Basti, 2002, p. 397-399):
Dunque, secondo Tommaso, ci sono dei termini equivalenti alla nozione di ente, che
sono autoevidenti quanto questa nozione, ma che esprimono dei modi di dire lessere di un
ente che la nozione di ente da s sola non in grado di esprimere. Tali modi si suddividono
in due fondamentali:
1. In un modo speciale di essere, ovvero, secondo la specifica entit o grado intensivo di
essere di ciascun ente (p.es., essere-sostanza e quindi essereuomo, o esserecavallo,
etc.; oppure essere-accidente e quindi esserenumero quantit o essere-relazione, etc.
Cfr. nota 25). Questa della distinzione fra le due nozioni equivalenti di entit ed
ente la distinzione pi originale e pi fondamentale della semantica ontologica
tommasiana. Infatti, ricordiamolo, Tommaso nello stesso articolo del De Veritate aveva detto che la verit adeguazione dellintelletto allentit (essere dellessenza attualmente implementata in quellente) di un ente.
2. In modi generale di essere, comuni a tutti gli enti. Cio, qualsiasi linguaggio, qualsiasi sia la specie di enti di cui si occupa, di fatto tratter di enti che sono tutti cose,
che sono tutti in s delle unit, che sono tutti in qualche grado, anche nullo, veri,
che sono tutti in qualche grado, anche nullo, dotati di valore, etc.. Pi esattamente,
rispetto a questi modi generali di essere:
a. Rispetto a se stesso (= in s), ogni ente :
Affermativamente una generica cosa, ovvero genericamente dotato di una qualsiasi essenza
o natura;
Negativamente un indiviso, un uno, ovvero ununit trascendentale o individualit (si tratta
delluno trascendentale in quanto fondamento dellunit formale e dellunit quantitativa di un ente, ma che non si confonde con esse).
termini, il dictum parmenideo, ogni ente esiste certamente vero nellontologia tommasiana, purch si distinguano le diverse modalit di esistenza relative al concorso causale in grado di giustificarne lesistenza, secondo,
appunto una determinata modalit (essenza). Di qui il principio fondamentale dellontologia tomista della composizione metafisica di ogni ente di essenza e atto dessere, per cui ogni ente partecipa dellessere (dipendenza verticale dallEssere Assoluto) secondo un determinato grado e modalit, dipendente, appunto, dalla
sua essenza (dipendenza orizzontale dagli altri enti).
27
In tal modo, come ogni ente definito uno perch indiviso in s stesso, cos definito anche qualcosa
perch diviso rispetto ad altro da s (In De Ver. 1,1, resp.). Questa osservazione di Tommaso essenziale.
Infatti, l'errore del razionalismo consiste essenzialmente nell'identificare platonicamente il fondamento dell'unit
o individualit dell'ente realmente esistente (questo albero, quest'uomo, etc.) nella sua unit formale. Ma questo
implica necessariamente la compresenza di tutti gli altri enti rispetto ai quali lente in questione si diversifica
come unico (si pensi alla haecceitas di scuola scotista (anche se non necessariamente di Scoto) e di tanta analisi
logica contemporanea sul concetto di referenza (Salmon, 2005)). Se cos, lindividualit dell'ente non mai
fondata, a meno che la mente umana non abbia capacit divinatorie di conoscenza della totalit assoluta. La genialit della sintesi tomista di aver legato l'individualit allin s di un ente, e non al suo essere-rispetto-adaltro, ma al suo essere uno-in-s (indiviso in se stesso: unit trascendentale). Questo essenziale in antropologia: l'individualit personale non legata alla relazionalit ad altri, altrimenti n lembrione, n il malato in
coma, sarebbero individui personali. L'individualit di un ente, di ogni ente, uomo compreso, legata al suo essere in s e dunque, come vedremo, al suo atto d'essere partecipato. Sono le relazioni a fondarsi sull'individualit in s della sostanza, non viceversa. Solo nella SS.ma Trinit vero il contrario: le Persone divine sono relazioni sussistenti, ma guai a confondere ordine soprannaturale con quello naturale, umano. Il cosiddetto dialogo
propriet, facolt dell'essere personale dell'individuo umano, ma non fonda questo essere, al massimo cerca di
esprimerlo. Ci significa che ogni persona umana si caratterizza per una radicale incomunicabilit del suo esse-
22
Rispetto ad un ente che pu entrare in relazione con qualsiasi altro ente, ovvero rispetto alla
mente (di un qualche essere intelligente, umano o altro), ogni ente:
(pi o meno) vero, in quanto oggetto di diversi gradi e modalit di conoscenza da
parte dellintelletto, corrispondenti ai diversi gradi di entit propri di quellente
(pi o meno) buono, dotato cio di un certo valore, in quanto si pone in diversi
modi in relazione con la volont
Lessere dellente dunque al fondamento tanto della verit logica, quanto del valore
etico, ma non si identifica n con il vero (= razionalismo) n col valore (= volontarismo,
nichilismo)28.
Ente
In specie
In genere
In s
Entit
Ad altro da s
A tutti gli enti
Uno
Cosa
Alla mente
Qualcosa
Vero
Buono
23
metafisicamente costituito allincrocio di una relazione causale verticale di partecipazione allessere dallEssere Sussistente lUnico in cui non si d reale differenza
essenza/essere perch Causa cusante incausata , e da un insieme di relazioni causali
orizzontali, sebbene fra loro gerarchicamente ordinate con altri enti (cause causanti,
a loro volta causate) che determinano lessenza (o natura e quindi il genere naturale
di appartenenza) di quellente e perci la modalit della sua partecipazione
allessere30 (Cfr. Tavola 2). Il fatto che l essenza sia modalmente dalla parte della
potenza e non dello atto di essere, non dipende come per i moderni dalla funzione
costitutiva della soggettivit, cos da confondere fra potenza/necessit ontologica
(causale) e possibilit/necessit logica, riducendo la cosa ad oggetto, ma dal
fatto che la causalit orizzontale costitutiva dellessenza di ciascun ente, suppone
lesistenza del causante e quindi la sua dipendenza causale prima dallo Essere Sussistente di ogni ente causato/causante. In tal modo, lEssere Sussistente la Causa
Prima o il Fondamento dellesistenza e dellessenza di ogni ente, per la mediazione di altri enti cause seconde. Laddove per la fede biblica, identificassimo la Causa
Prima o il Fondamento delluniverso degli enti esistenti passati, futuri (= possibili) e
presenti (= attuali), con il Dio Unico e Personale della Bibbia e, quindi identificassimo la partecipazione dellatto dessere con latto creativo simultaneo a perch
contiene causalmente in s tutta levoluzione delluniverso, abbiamo lo schema
ontologico di congruenza creazione/evoluzione, contro tutti gli assurdi -ismi ideologici di contrapposizione fra creazionisti ed evoluzionisti (Cfr. (Basti, 2002, p.
357-369) e Tavola 2).
Tavola 2. Schema della inter-relazione fra Causa Prima Metafisica (frecce grandi, causalit verticale, metafisica o
trascendentale), fuori delluniverso spazio-temporale (cerchio grande chiaro), e cause seconde fisiche (frecce piccole, causalit orizzontale, fisica o categoriale) dentro tale universo che concorrono a determinare su un livello
causale diverso dalla Causa Prima, come si simbolizza nel disegno col fatto che le cause seconde sono su due dimensioni, la Causa Prima su tre dimensioni lessere (il contenuto) e lessenza (il contorno) dellesistenza dei singoli enti
(cerchi piccoli pi scuri). Lessere di ogni ente, essenza ed essere, entit ed esistenza consiste dunque nel risultato del
concorso causale di Causa Prima e cause seconde, dellEssere Sussistente e degli altri enti fisici.
30
Come ho spiegato altrove (Basti, Filosofia della Natura e della Scienza. Vol. I: I Fondamenti, 2002, p. 298300; 357-369) il proprium della ontologia aristotelica rispetto a quella platonica la teoria della spiegazione
causale delle essenze mediante una causalit naturale di tipo fisico gerarchizzata, dove cio i corpi fisici pi stabili e fondamentali (i corpi celesti) esercitano unazione causale stabilizzante sullazione causale dei corpi fisici
pi instabili (gli elementi di cui sono fatti i corpi terrestri), garantendo cos la stabilit delle specie/generi (sostanze seconde) mediante il succedersi degli individui (sostanze prime): homo generat hominem et sol. Lo
stesso schema ontologico-formle sebbene con una fenomenologia fisica del tutto diversa che ritroviamo
nellattuale biologia e cosmologia evolutive, dove la stabilit delle specie di molecole, atomi e particelle subatomiche a livello microscopico, come pure delle diverse specie di composti (corpi) inorganici e organici a livello macroscopico dipende dalla stabilit dei relativi concorsi causali che ne determinano lesistenza possibile
(cfr., p.es., la nozione di diagramma di Feynman in fisica microscopica e di nicchia ecologica in fisica biologica).
24
3. Rispetto allontologia post-moderna della Stein una volta posta fra parentesi con
una sorta di riduzione ontologica analoga, sebbene inversa alla riduzione fenomenologica husserliana, linizio dalla steiniana soggettivit costitutiva, ma non trascendentale31 , le due istanze di trascendenza orizzontale (dalla soggettivit della coscienza alla soggettivit ontologica della sostanzialit dellio) e verticale (dalla sostanzialit contingente dellio allEssere Assoluto) rispetto alla soggettivit costitutiva
dellautocoscienza dellanalisi ontologica steiniana, bisogna dire che vi unindubbia
analogia (identit di struttura formale con diversit di contenuto) con listanza della
doppia fondazione causale tommasiana, orizzontale (fondazione causale dellessenza)
e verticale (fondazione causale (partecipazione) di tutto lessere degli enti, e quindi
anche della loro esistenza), dellens e del verum. Si tratta cio di due modelli (intepretazioni) ontologici distinti di ununica struttura formale ontologica soggiacente:
quella comune a tutte le metafisiche della trascendenza. Ci diventer chiaro non
appena passeremo dallontologia formale fenomenologica, allontologia formalizzata
dove queste analisi della struttura formale unica di diverse ontologie (modelli ontologici) possono essere sviluppate adeguatamente, indipendentemente dalle scuole di
pensiero, e dunque in senso post-ideologico o post-moderno (Cfr. infra 4.4).
Alla luce di tutto questo, si pu dunque capire quanto dicevamo nella conclusione del
precedente paragrafo e che possiamo qui ripetere. Come, cio, il tragitto steiniano dal trascendentale moderno a quello classico, perfettamente esemplificato nella sequenza sempre ripetuta in questo ordine dalla Stein delle forme fondamentali studiate dalla sua ontologia formale: oggetto-qualcosa-essere, trittico di cui la prima forma costituisce il punto di partenza moderno, la terza il punto di arrivo classico, con il qualcosa come il vero
punto di contatto (platonico: cfr. nota 27) comune a Tommaso, nella sua tavola dei trascendentali, come alla Stein.
La domanda che ci poniamo ora la seguente: esiste in Tommaso un tragitto inverso,
dallo essere e dallo essere qualcosa fino allo essere oggetto-per-un-soggetto? Certamente in questi termini no, perch Tommaso come tutti i classici al di qua della contrapposizione rinascimentale e moderna soggetto/oggetto, almeno tanto quanto i post-moderni sono
al di l di essa (Cfr. infra 4.3, la teoria della doppia significazione dei predicati versus la
teoria della doppia predicazione, da Abelardo in poi). Eppure, proprio perch Tommaso come
i fenomenologi, sono interessati al fondamento ante-predicativo della verit logica, esiste un
punto di contatto comune con lanalisi epistemica tommasiana dellessere, sebbene, ripeto,
mai Tommaso pu riconoscere alla coscienza, e quindi a siffatta analisi, un carattere anche
solo costitutivo nel senso della Stein32, e men che mai trascendentale, nel senso di Hus-
31
Tale riduzione ontologica o messa fra parentesi della soggettivit moderna giustificata dal fatto che essa
ha per la Stein valore costitutivo di fondazione della certezza, ma non della verit della conoscenza, non ha
cio valore trascendentale. Prescindiamo qui, per, da unanalisi della consistenza di questo passaggio, teorizzato dalla Stein proprio in Potenza e Atto, dalla soggettivit epistemica dellio del cogito agostiniano-cartesiano,
alla soggettivit ontica dellio-sostanza che, di fatto, critica il nucleo comune dei famosi paralogismi della Ragion Pura con cui Kant negava la possibilit stessa di una metafisica e/o di unontologia dellio a partire dal cogito cartesiano. Ovviamente questa sospensione del giudizio di consistenza non perch pensiamo qui che
tale passaggio sia di per s inconsistente nella Stein, sebbene Tommaso in riferimento ad un certo analogo tentativo da parte dellagostinismo medievale lo ritenesse tale (Cfr. per una ricostruzione infra e (Basti, 1991), ma
perch unanalisi di consistenza richiederebbe ben altro spazio e profondit di analisi.
32
Ma vedremo come limmanenza immediata (auto-trasparenza) dellatto intellettivo per Tommaso costituiva
nel senso della Stein delloperazione intellettiva e della stessa coscienza, sia come presenza a se stesso sia
come autocoscienza. Tommaso cio afferma la riflessivit dellatto non della facolt (potenza attiva) in quanto
attuata.
25
serl (e, mutatis mutandis, di Kant), rispetto alla verit logica (nellintelletto umano, ma neanche nellintelletto divino)33.
33
Con buona pace di Heidegger, che conosce Tommaso solo attraverso la mediazione di testi medievali di scuola scotista e, sembra, erroneamente attributi a Scoto stesso, lAquinate non un ontoteologo: lidea nella mente di Dio non costituisce affatto la norma cui lintelletto umano deve adeguarsi per conoscere la verit, come
Heidegger invece interpreta la teoria tommasiana delladaequatio nel suo saggio sulla Essenza della verit, evidentemente condizionato dal suo studio sulla dottrina delle categorie attribuita a Duns Scoto, oggetto della sua
tesi di abilitazione, alla cui luce rilegge tutto il pensiero scolastico. Viceversa, per Tommaso, lessere-dellacosa o entit la misura della verit logica conoscibile allintelletto umano e mai lidea-norma nella mente di
Dio. Se cos fosse cadremmo, appunto nellontoteologia di certi teologi medievali e moderni, ovvero nella supposizione che la teologia la base dellontologia e quindi, appunto, ladeguazione non alla realt sensibile attingibile direttamente alla mente umana attraverso i sensi (e alla realt intellegibile attingibile inferenzialmente alla
mente umana a partire da quella sensibile), ma la corrispondenza allidea-norma divina, la misura tanto della
verit ontologica che logica. Ecco, per esempio cosa dice Tommaso a tal riguardo proprio nella Quaestio I del
De Veritate: Il completamento di qualsiasi movimento o operazione si ha sempre nel loro termine. Il moto della facolt cognitiva termina sempre nellanima. Infatti, necessario che il conoscente sia nel conosciuto secondo
la modalit propria del conoscente. Ma il moto della facolt deliberativa termina alle cose. Per questo il Filosofo
pone una sorta di circolarit negli atti dellanima, secondo il quale la cosa che fuori dellanima muove
lintelletto, e la cosa in quanto compresa dallintelletto muove il desiderio, e il desiderio tende a raggiungere la
cosa dalla quale il moto ha avuto inizio. () Bisogna perci sapere che la realt (res) si relaziona in modo diverso allintelletto pratico e a quello speculativo. Lintelletto pratico causa la realt (le azioni delluomo, N.d.R.)
e quindi misura delle cose che accadono per suo mezzo (cio le azioni finalizzate al raggiungimento
dellobiettivo desiderato, N.d.R.); ma lintelletto speculativo che riceve dalle cose in qualche modo mosso dalle cose stesse e quindi la realt (res) che lo misura. Dal che risulta evidente che le realt naturali (res naturales), dalle quali il nostro intelletto apprende la scienza (non, quindi, per illuminazione dallintelletto divino,
N.d.R.), misurano il nostro intelletto, come si dice nel X Libro della Metafisica, ma esse, a loro volta, sono misurate dallintelletto divino nel quale sono tutte, come gli artefatti sono nella mente dellartefice. Cos, pertanto,
lintelletto divino misurante non misurato; la realt naturale misurante (lintelletto umano speculativo,
N.d.R.) e misurata (dallintelletto divino e dallintelletto umano pratico, N.d.R.); mentre il nostro intelletto misurato e non misurante le realt naturali, ma misura solo di quelle artificiali da lui prodotte (Q. De Ver., I,
2c. Corsivi miei). Pur tuttavia, come spiega bene lo stesso Tommaso in un articolo seguente, il quarto, della medesima Quaestio, siffatto riferimento ultimo metafisico alla verit che nellintelletto divino, non ha nulla a
che fare con il principio dellidea-norma assoluta dei nostri poveri intelletti, tanto cara agli onteoteologi (e agli
integralisti religiosi) di ogni epoca. Essendo il problema trattato nellarticolo quarto, la classica questione ontoteologica circa lesistenza o meno di ununica verit a partire dalla quale derivano tutte le verit, la risposta
negativa di Tommaso a questo asserto ontoteologico, viene cos argomentata: Come appare evidente da quanto detto nellarticolo secondo, la verit propriamente si trova nellintelletto umano e/o (vel) nellintelletto divino,
come la salute si trova propriamente nellanimale. Nelle altre cose, dunque, la verit si trova per relazione
allintelletto, proprio come anche l esser sano viene predicato (analogicamente, N.d.R.), di altre cose, o in
quanto sono effetto (p.es., il sangue o lurina possono essere detti sani per analogia dellanimale in salute che
li produce, cos le cose possono esser dette vere per analogia allintelletto divino che le produce, N.d.R.), o in
quanto sono causa della salute dellanimale (p.es., come il cibo pu esser detto sano per analogia con la salute
dellanimale che ne mangia e viene dunque reso sano da quel cibo, cos le cose possono esser dette vere per
analogia allintelletto umano che si adegua ad esse e quindi viene reso vero dalle cose, N.d.R.). Pertanto, la
verit nellintelletto divino propriamente e primariamente; nellintelletto umano propriamente e secondariamente; nelle cose impropriamente (analogamente, N.d.R.) e secondariamente, visto che sono vere solo rispetto
alluna o allaltra verit. La verit che nellintelletto divino dunque una soltanto, dalla quale per derivano
nellintelletto umano molteplici verit (). Le verit che sono nelle cose sono, infatti, molteplici quanto le loro
entit (e ciascun ente unentit, come sappiamo, N.d.R.) (). Se pertanto prendiamo la verit propriamente
detta secondo la quale tutte le cose sono principalmente vere (cio, in quanto esistenti e dunque in relazione
allintelletto dellArtefice Divino, come un artefatto in relazione allintelletto umano che lo produce: verit ontologica, N.d.R.), allora tutte sono vere di ununica verit, cio della verit dellintelletto divino. Ma se prendiamo
la verit propriamente detta secondo la quale le cose sono dette secondariamente vere (cio, in relazione
allintelletto umano: verit logica, N.d.R.), allora di molteplici cose vere avremo altrettante verit, ma anche
della medesima cosa vera avremo molteplici verit in anime diverse (ogni mente umana infatti avr un suo proprio percorso di adeguazione alla medesima realt, proprio perch ogni mente diversa dalle altre, N.d.R.) (Q.
de Ver., I, 4c. Corsivi miei). In ogni caso, la verit logica, ovvero la verit che a noi qui interessa, ha la sua misura nellessere delle cose, non nellidea-norma divina naturalmente inconoscibile, anche se questo dispiace
molto agli integralisti religiosi, ovvero a coloro che, pretendendo di avere un accesso privilegiato alla mente di
26
2.2.6
Il punto di contatto epistemico fondamentale fra Tommaso e la Stein, ed oggi di ambedue le scuole, tomista e fenomenologica, con le scienze cognitive, dopo il loro attuale cambio
di paradigma dal rappresentazionale allintenzionale (cfr. (Freeman, 2001); (Rizzolatti &
Sinigaglia, 2006); (Basti, 2006))), lidea che la conoscenza solo secondariamente rappresentazione cosciente. Primariamente essa azione intenzionale, azione causale da/a la realt
extramentale, interiorizzata nella mente mediante latto cognitivo dei sensi e, nelluomo, (anche) dellintelletto, finalizzata ad una relazione e ad un comportamento adeguati ai fini del
soggetto conoscente (istintivi nellanimale, (anche) razionali nelluomo) nei confronti della
realt conosciuta, secondo quella circolarit cos ben sintetizzata da Aristotele, ripresa da
Tommaso nei testi del De Veritate riportati nella nota 33 e di cui qui citiamo solo il nucleo:
Per questo il Filosofo pone una sorta di circolarit negli atti dellanima, secondo il quale
la cosa che fuori dellanima muove lintelletto, e la cosa in quanto compresa
dallintelletto muove il desiderio (volont), e il desiderio tende a raggiungere la cosa
dalla quale il moto ha avuto inizio.
La circolarit della relazione intenzionale soggetto-oggetto dunque per Tommaso
primariamente una relazione che inizia e finisce fuori della mente, ed dunque in questo senso che Tommaso non pu riconoscere un carattere costitutivo (e men che meno trascendentale) allatto di coscienza. Infatti, come vedremo meglio in seguito citando Aristotele,
lintelletto percepisce se stesso nellatto di conoscere loggetto fuori della mente: prima viene
la conoscenza delloggetto, ma proprio perch questa conoscenza significa un atto di progressiva auto-assimilazione dellintelletto alla res, la riflessivit dellatto intellettivo (la parte agente dellintelletto che agisce su quella possibile) implica (non suppone!: ecco perch la coscienza di s non-costitutiva per Tommaso) la coscienza di s dellintelletto. Tuttavia e
qui il punto di contatto col trascendentale moderno e con lanalisi post-moderna di esso da
parte della Stein latto cognitivo dellintelletto, come atto di progressiva autoassimilazione formale allentit di ciascuna cosa, man mano che le evidenze sensibili forniscono nuovi dati, ha nella presenza o immediata trasparenza dellintelletto a se stesso in
quanto facolt spirituale, la sua chiave di volta epistemica, come vedremo immediatamente.
Punto di partenza della teoria tommasiana della conoscenza intellettiva , infatti, che
lintelletto conosce la verit quando formula il giudizio, connettendo in forma appropriata
soggetto e predicato (affermando o negando, cio, la loro connessione), ripiegandosi sui dati
sensibili (conversio ad phantasmata), e non quando apprende lessenza, al termine
dellascesa cognitiva, secondo il modello platonico della intuizione dellessenza. Ambedue
queste operazioni dellintelletto (apprensione dellessenza e formulazione del giudizio),
tuttavia sono anche consapevoli perch fondate su unatto di immanenza immediata (senza la
mediazione di una gerarchia di organi come nei sensi) dellintelletto, ovvero fondate
sullazione della parte agente dellintelletto su quella possibile. Questa azione immanente
immediata quella che Tommaso, seguendo Aristotele, connota come azione dellintelletto
(in quanto agente) su se stesso (in quanto possibile). In tal modo, grazie a questa riflessivit,
non solo e non tanto sia lapprensione atematica, pre-categoriale, dellessenza delloggetto34
che la susseguente formulazione del giudizio sono ambedue e simultaneamente atti consapevoli (intellectus percipit se intelligere o prima riflessione dellintelletto) e qui sarebbe il
Dio, perch illuminati in qualsiasi maniera, pretendono poi ideologicamente di comandare sulle coscienze e le
menti di tutti.
34
Introspettivamente: la sensazione di illuminazione interiore quando pensiamo di aver capito, senza ancoraaver detto neanche a noi stessi cosa abbiamo (o, troppo spesso, crediamo di avere) capito, formulando un giudizio.
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punto di contatto col trascendentale moderno ma, soprattutto, proprio questa immanenza immediata dellatto intellettivo a se stesso per la sua natura spirituale, ci che rende capace lintelletto di adeguarsi progressivamente alla realt. In tal modo, la riflessivit o immanenza immediata dellatto intellettivo, invece di essere ci che chiude lintelletto
nellimmanenza dellauto-coscienza, ci che lo apre al reale, man mano che nuovi dati
sensibili (per conoscenza diretta o strumentale, oppure per apprendimento culturale) vengono
offerti ad esso, e quindi lo rendono capace di conoscere la verit, facendosi progressivamente
misurare dalle cose e non dai propri pre-giudizi, legati alle conoscenze passate, siano esse
individuali o per retaggio culturale. Ecco, dunque, il testo-chiave del De Veritate (I, 9, resp.)
di Tommaso su questo punto e che ha certamente ispirato la Stein quando scriveva della spiritualit dellatto intellettivo e della sua immediata presenza a se stesso, come chiave di volta
della conoscenza della verit 35.
Lintelletto realizza la propria operazione nella misura in cui il giudizio dellintelletto sulla realt secondo ci che essa . Questa, infatti, viene conosciuta dallintelletto nella misura in cui lintelletto si ripiega sul proprio atto, non solo in quanto conosce il proprio atto (ch questo in qualche modo proprio
anche sei sensi, N.d.R.), ma in quanto conosce la sua proporzione alla cosa36,la quale non potrebbe essere conosciuta se non fosse conosciuta la natura del proprio atto. Ma questa non pu essere a sua volta conosciuta se non fosse conosciuta la natura del suo principio attivo, ovvero la natura del medesimo intelletto alla quale appartiene la capacit di conformarsi alle cose. dunque in questo senso che lintelletto
conosce la verit in quanto riflette su se stesso ( cio presente o trasparente a se stesso N.d.R.). La
verit invece nel senso solo come conseguenza del proprio atto, nella misura cio in cui il giudizio del
senso sulla cosa secondo quello che (p.es., il senso distinguendo rettamente il colore di un dato oggetto, giudica in maniera vera di esso). Tuttavia la verit non nel senso in quanto conosciuta dal senso
stesso (perch il senso, per la sua fisicit non trasparente a se stesso, N.d.R.): sebbene giudichi veritativamente sulle cose, non tuttavia esso conosce la verit (la misura della propria adeguazione, N.d.R.), per
mezzo della quale esso giudica veritativamente. Sebbene, infatti, il senso conosca di sentire (attraverso
una gerarchia di sensi esterni/interni, in cui il senso di livello superiore sente loprazione dellinferiore37,
N.d.R.), non conosce tuttavia la natura propria, e per conseguenza neanche la natura del proprio atto,
quindi neanche la sua proporzione alla realt e perci nemmeno la propria verit. Ed il motivo questo:
le cose che sono le pi perfette fra gli enti come lo sono le sostanze intellettuali, ritornano sul proprio atto
con un ritorno completo (reditio completa, godono cio della propriet di auto-riferimento, N.d.R.): in
tanto in quanto conoscono qualcosa posto fuori di loro, in qualche modo si proiettano fuori di loro; nella
misura in cui sanno di conoscere, cominciano a ritornare su se stesse, poich latto di conoscenza medio
fra il conoscente e il conosciuto. Ma siffatto ritorno completo se e solo se conoscono le proprie nature:
per questo si dice nel De Causis che tutto ci che conosce la propria essenza, ritorna su stesso di ritorno
completo. Il senso invece, che fra tutti gli enti quello pi vicino ad una sostanza intellettuale, comincia
a tornare sulla propria essenza poich non solo conosce loggetto sensibile, ma sa di conoscere. Non
completa tuttavia il proprio ritorno, perch non conosce la sua essenza. Della qual cosa Avicenna d la
seguente motivazione: il fatto che il senso conosce attraverso un organo corporale. Ora non possibile
che un organo corporale sia medio fra una facolt sensitiva e se stessa38. Daltra parte le potenze non do35
Sarebbe interessante aver avuto fra le mani questo testo nella traduzione tedesca della Stein, che a quanto dettomi da chi lha studiata attentamente, pi che una traduzione una parafrasi, arricchita anche di alcuni commenti, per rendere il testo accessibile ad un lettore moderno. Dalla parafrasi fattane dallAutrice potrebbe, infatti, risultare ancora pi chiaramente la risonanza che questo testo ha avuto in lei. Mi riservo un simile studio ad
un altro momento.
36
Vedremo fra poco cosa precisamente Tommaso intende con questa analogia aritmetica
37
Cfr. per questa sintesi sulla coscienza sensibile ed animale secondo Tommaso in relazione a quella intellettiva, Cfr. (Basti, 1995).
38
Altrove Tommaso d unesemplificazione molto efficace di questo principio: nessun martello pu martellare
se stesso, anche se pu essere martellato da un altro martello. Quindi la coscienza sensibile pu essere fisicamente implementata solo attraverso una gerarchia di organi, che rendano possibile una circolarit parziale
delloperazione complessiva che essi implementano. Queste intuizioni pre-scientifiche, sono, una volta formalizzate ed operazionalizzate, alla base della cosiddetta teoria della comunicazione e dei controlli automatici, ovvero della cibernetica, dove la simulazione dei processi di comunicazione e auto-controllo animale negli automi,
ottenuta mediante una gerarchizzazione appropriata di sotto-sistemi di controllo, legati da complessi circoli di
retro-azione. Il motivo per cui nessun sistema logico-matematico, in quanto implementato ricorsivamente e
28
tate di sensibilit (quelle dei corpi fisici non-animali, vegetali inclusi, N.d.R.) non ritornano su se stesse
in alcun modo, neanche parziale: non sanno, infatti, di agire, come il fuoco che non sa di riscaldare.
Questo testo di Tommaso, estremamente sintetico ed efficace, richiede un approfondimento perch vengono introdotte due nozioni estremamente interessanti per la riflessione fenomenologica in generale e quella di ispirazione steiniana in particolare, perch anticipatrici
e dunque in sostanziale continuit, proprio degli esiti teoretici dellontologia materiale dello spirito umano della Stein:
1. La distinzione fra le due operazioni dellintelletto, ovvero lapprensione semplice
dellessenza in quanto distinta dalla platonica intuizione dellessenza e la formulazione del giudizio. La novit della nostra trattazione che, avendo messo le cose al
punto giusto grazie allontologia formale, potremo dare una visione unitaria, semplificata, perch coerente e de-immaginificata, perch riportate tutte alla struttura formale soggiacente, delle diverse componenti dello studio tommasiano delloperazione
cognitiva conversio ad phantasmata, lumen dellintelletto agente, formulazione del
verbum mentis come previa alla formulazione del giudizio, etc. , riportandole tutte
al punto-chiave, strutturale, della capacit dellintelletto di conoscere la misura della
propria adeguazione al reale grazie alla sua natura spirituale.
2. La distinzione fra due tipi o livelli di coscienza nelluomo, in termini tommasiani fra
una prima e seconda riflessione dellintelletto su se stesso cui corrisponde una
conoscenza delloggetto in prima (conoscenza della cosa come azione intenzionale
di adeguamento al reale) e seconda (conoscenza delloggetto mediante una rappresentazione interna del reale) intenzione.
3. La conseguente via soggettiva alla dimostrazione della spiritualit dellanima che,
come vedremo, ha proprio nellidea della presenza (o trasparenza) a se stesso
dellintelletto la sua chiave di volta. Ma siccome questa presenza la base ontologica
per la capacit delluomo di conoscere la verit logica e quindi per la sua stessa capacit di conoscere intenzionalmente gli universali (conoscere sub intentione universalitatis), anche la base ontologica della cosiddetta via oggettiva alla dimostrazione della spiritualit dellanima umana.
In questo senso, dunque, di una superiore sintesi fra via soggettiva dellinteriorit (platonico-agostiniana) e via oggettiva naturalistica (aristotelica) va compreso litinerario tommasiano dal trascendentale classico a quello moderno. Luomo insomma capace di conoscere
lessere e la verit, proprio perch il suo intelletto, in quanto capace di presenza (trasparenza)
a se stesso, capace di misurare la sua adeguazione al reale in base ai dati disponibili e
quindi di migliorarsi continuamente. Litinerario tommasiano cos inverso, ma per questo
complementare a quello steiniano e ambedue possono essere presi come i due punti di vista
complementari per unadeguata ontologia delle moderne scienze cognitive a base intenzionale di cui tratteremo nellultima sezione di questo nostro saggio.
Dedicheremo dunque le tre prossime sotto-sezioni, conclusive di questa seconda sezione del nostro lavoro, allapprofondimento dei due punti sopra evidenziati. Prima per di addunque meccanicamente, capace di autoriferimento completo (ma parziale sempre possibile) formalmente
dato dal secondo teorema di incompletezza di Gdel che vieta, appunto, lautoreferenzialit completa delle teorie ricorsivamente formalizzate in logica, e quindi dei sistemi fisici di auto-controllo, artificiali e naturali, rispettivamente in ingegneria ed in biologia, che possono considerarsi, perci, altrettante implementazioni fisiche di
teorie formali ricorsive. Ed infatti la modellistica matematica di questi sistemi tutta basata su un formalismo di
tipo ricorsivo. Il buon Avicenna e il buon Tommaso, come si vede, non sono affatto in contraddizione con la
scienza contemporanea. La logica, infatti, lunica scienza perenne, perch ogni dottrina pu dirsi scientifica
solo se logicamente strutturata, almeno per noi esseri umani
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UN TESTO DI TOMMASO ANTICIPATORE DEL DOPPIO ESITO RAZIONALISTA E/O NIHILISTA DEL RAPPRESENTAZIONISMO IN EPISTEMOLOGIA
C' un testo della Summa Theologiae (I,85,2c) che risulta particolarmente significativo
per noi, in quanto esplicita il proprio della gnoseologia aristotelico-tomista dell'intenzionalit
oggettiva in contrapposizione alle gnoseologie rappresentazionali empiriste e/o razionaliste.
Ovvero, esplicita la teoria della species o idea come, primariamente, mezzo-mediante-il-quale
(id quo) il soggetto conosce anche razionalmente la cosa reale, e non come oggetto (id quod)
della conoscenza stessa, al di l del quale, come uno specchio di Alice, la cosa diventa un puro noumeno, un puro pensabile o, pi coerentemente ormai, un puro nulla. Posto di fronte a
tale dilemma, Tommaso, intorno al 1266, cos lo risolveva (mi si consenta, per quanto finora
detto, una lettura post-moderna (evidenziata dalle mie parentesi) di questo eccezionale testo):
Rispondo dicendo che alcuni affermarono che le facolt cognitive che sono in noi, non conoscono nulla
se non le proprie passioni (= recezioni passive, N.d.R.), per esempio, che il senso non conosca se non la
passione del suo organo ( la versione empirista, p.es., humiana, del rappresentazionismo, N.d.R.). E
perci che l'intelletto non conosca altro se non la sua passione, cio la specie intellegibile ricevuta in esso
(e non astratta da esso: la versione razionalista, p.es., cartesiana, innatista del rappresentazionismo,
N.d.R.). Quindi una siffatta specie sarebbe il medesimo oggetto (ipsum quod ) dell'atto intellettivo.
Ma questa opinione appare manifestatamente falsa per due motivi. Primo, perch sono le stesse, e le cose
che comprendiamo e quelle di cui facciamo scienza. Se pertanto le cose che comprendiamo fossero solo
le specie che sono nell'anima, ne seguirebbe che tutte le scienze non riguardano le cose che sono fuori
dell'anima, ma solo le specie intellegibili che sono nell'anima; proprio come secondo i Platonici tutte le
scienze riguardano idee che essi affermavano essere delle cose intellette in atto (= idealismo, N.d.R.). Secondariamente, perch ne seguirebbe l'errore degli antichi (p.es. i Sofisti, N.d.R.) che dicevano che "tutto
ci che appare vero", cos che anche le contraddizioni sarebbero simultaneamente vere. Se infatti la facolt non conosce se non la propria passione, giudica solo di essa. Cos qualcosa appare nella misura in
cui la facolt conoscitiva influenzata. Sempre perci il giudizio della facolt sar di ci che essa giudica, cio della propria passione, secondo quella che ; e perci ogni giudizio sar vero. Per esempio, se il
gusto non sente se non la propria passione, quando qualcuno che ha il gusto sano giudica che il miele
dolce, giudicher rettamente; e similmente quello che ha il gusto malato e giudicher che il miele amaro, giudicher anch'egli rettamente: ciascuno dei due infatti giudica secondo come il gusto influenzato.
E cos ne seguirebbe che ogni opinione sar ugualmente vera ed universalmente ogni preferenza
(=nihilismo il "tener per vero nietzchiano, N.d.R.).
E perci bisogna dire che le specie intellegibili stanno all'intelletto come ci mediante il quale esso conosce (id quo cognoscitur). Il che si manifesta cos. Poich infatti vi una duplice azione, come si dice nella Metafisica (IX, 8,1050a,23-b,2), l'una che rimane nell'agente (=azione immanente, N.d.R.), come il vedere ed il comprendere, l'altra che passa nella cosa esteriore (=azione transitiva, N.d.R.) come il riscaldare ed il tagliare, ambedue per avvengono secondo una qualche forma . Ora, come la forma secondo la
quale proviene l'azione che tende alla cosa esteriore ci che fa simile all'agente (similitudo) l'oggetto
dell'azione, p.es., come il calore di ci che riscalda ci che fa simile all'agente l'oggetto riscaldato; inversamente, la forma secondo la quale proviene l'azione che rimane nell'agente similitudine dell'oggetto. Quindi, la similitudine della cosa visibile ci secondo il quale la vista vede; e la similitudine della
cosa compresa, che la specie intellegibile, la forma secondo la quale l'intelletto conosce.
Ma poich l'intelletto pu riflettere su se stesso, secondo la medesima riflessione conosce anche il proprio comprendere e la specie per mezzo della quale conosce. E cos la specie, solo secondariamente
l'oggetto (id quod) della conoscenza. Ma ci che primariamente si conosce la cosa di cui la specie intellegibile la similitudine (per un approfondimento della distinzione fra prima e seconda riflessione intellettiva, Cfr. Tommaso, S.Th., I,87,1.2.3 e infra, N.d.R.).
E ci anche rende evidente l'affermazione degli antichi che dicevano che il simile si conosce con il simile (=Empedocle, N.d.R.). Dicevano infatti che l'anima per la terra che era in essa conoscerebbe la terra
che era fuori di essa. Se invece prendiamo la specie della terra al posto della terra, secondo la dottrina di
Aristotele (De An.,III,8,431b,28-432a,3) che dice che non la pietra nell'anima ma la sua specie, ne
seguirebbe che l'anima conosce per mezzo delle specie intellegibili le cose che sono fuori dell'anima.
30
Come si vede, la dottrina dell'intenzionalit oggettiva implica una teoria della conoscenza assolutamente opposta a quella rappresentazionale. Nell'atto del comprendere la coscienza accompagna innanzitutto la "conversione" (conversio) dell'intelletto dai/ai sensi
(=astrazione della specie intellegibile dalle sensibili / applicazione della specie intellegibile
ai dati sensibili per formulare il giudizio: quella che gli psicologi cognitivi chiamano la riorganizzazione gestaltica), quando conosce in prima intenzione la cosa esterna attraverso le
specie intellegibili e sensibili. In questo senso, la coscienza di comprendere le cose poste dinanzi a noi il frutto della prima riflessione dell'intelletto sul proprio atto, quella che abbiamo definito la "presenza (trasparenza) a se stesso" dell'intelletto39. Ma la coscienza accompagna anche l'altro atto che l'intelletto pu compiere. Quello con cui cerca di comprendere in
seconda intenzione, non le cose attraverso le idee, ma se stesso e le proprie idee. Questo
l'atto della seconda riflessione, quella che i moderni, avendo identificato la prima operazione
dell'intelletto, quella che porta alla comprensione delle cose, con la "coscienza", hanno definito, appunto, autocoscienza. Daltra parte, grazie a queste due usi del medesimo predicato
ontologico (prima intenzione) e logico (seconda intenzione) Tommaso pu rendere
conto del doppio senso ontologico e logico dei generi e quindi delle stesse categorie, intese
come altrettanti generi sommi. Una duplicit di sensi e usi delle categorie cui giustamente
la Stein dedicava tanta attenzione (cfr. sopra nota 19). Torneremo in seguito sulla teoria
tommasiana della doppia predicazione ontologica e logica dei generi e quindi delle categorie
quando discuteremo sulla formalizzazione dellontologia di Tommaso (Cfr., infra 4.3).
Sinteticamente, dunque, partendo dal punto chiave della capacit dellintelletto umano
in quanto spirituale di conoscere la propria natura e dunque la misura della propria adeguazione alla res (verit) si pu offrire una visione sintetica alla luce di questo che abbiamo
definito il punto di contatto di Tommaso col trascendentale moderno della classica dottrina di scuola tomista della della doppia operazione e della doppia riflessione dellintelletto
(Cfr. (Basti, 1995), cap. IV).
2.3
Nella dottrina dell'intelletto tomista, occorre distinguere fra due operazioni dellunico
intelletto apprensione semplice dellessenza e formulazione del giudizio , legate
allunica azione immanente immediata dellintelletto su se stesso (azione dellintelletto in
quanto agente, su se stesso intelletto in quanto possibile):
2.3.1
Nella terminologia filosofica moderna il termine "riflessione" dell'intelletto viene riservato a quella che tomisticamente la "seconda riflessione" del medesimo, quella dell'auto-oggettivazione o autocoscienza del medesimo. Ma per Tommaso, genericamente il termine reflexio indica semplicemente un atto dell'intelletto su se stesso, ovvero una relazione riflessiva. Per non generare equivoci si pu comunque benissimo usare il termine agostiniano di presenza a se stesso usato da Tommaso stesso.
40
Da questo punto di vista, nellevoluzione del pensiero husserliano, potremo dire che egli parte da una posizione pi platonica nelle Idee ad una molto pi vicina a questa di ispirazione tommasiana allorch parla di una
comprensione delle essenze legata alla cosiddetta teleologia universale, facendone una funzione di un processo
intenzionale intersoggettivo coinvolgente tutte le culture e la storia stessa delle culture.
31
conoscere la propria adeguazione alloggetto cos come i sensi ce lo presentano, tale capacit
si estrinseca innanzitutto in quella di astrarre, dai dati sensibili stessi, in quanto intelletto agente, la specie intellegibile, cos da de-materializzare latto cognitivo umano, da decontingentizzarlo. Stiamo qui, cio, parlando della capacit dellintelletto, poich in grado di
conoscere la misura della propria adeguazione alloggetto, di astrarre la differenza fra la conoscenza previa o a priori delloggetto che esso stesso possiede in quanto memoria intellettiva (Cfr. la teoria aristotelica dellintelletto possibile come locus specierum intelligibilium e
quindi tuttaltro che una tabula rasa in senso empirista (Cfr. Aristotele, De An., III,4,429a,2729; Tommaso dAq., S. Th., I,79,6; S. c. Gent., II,74; In de Mem.,ii e //)) e lesperienza attuale. In tal modo lintelletto in quanto agente rende se stesso in quanto possibile, capace di conoscere loggetto come se fosse una tabula rasa(ta) (Cfr. Aristotele, De An.,
III,429b,29-430a,2; Tommaso dAq., S.Th., I,79,2c e //). Ovvero, lintelletto attraverso
lalchimia aristotelica dellintelletto agente che, astraendo la specie, attua lintelletto possibile
rende se stesso capace di conoscere loggetto in forma intenzionalmente universale (intentio universalitatis: cfr S. Th. I,85, 2; 3 e //), non legata cio allesperienza limitata del singolo
soggetto. Rende se stesso, insomma, non schiavo delle proprie pre-comprensioni, come affermato invece nellaverroismo latino, ai tempi di Tommaso, e nellapproccio ermeneutico di
tipo heideggeriano ai tempi nostri.
I moderni, invece, si pensi per esempio a Locke, fino a Popper, hanno completamente
frainteso il senso di questa metafora, aristotelica, prima, e quindi tomista, della tavoletta di
cera rasata dello scriba, interpretando in senso statico lespressione. Come cio se lintelletto
fosse privo di pre-comprensioni legate allesperienza, sia innata che passata, contraddicendo
cos non solo il buon senso (tutti, non solo nasciamo con pre-comprensioni, ma le aumentiamo giorno per giorno col crescere delle nostre esperienze), ma anche il senso metaforico proprio del paragone aristotelico.
Infatti, se nella metafora della tavoletta di cera degli antichi scribi, essa rappresenta
lintelletto in quanto possibile, in quanto capacit di comprendere per universali, ovvio
che lo stilo dello scriba rappresenta lintelletto agente in quanto ci che rende capace
lintelletto stesso di comprendere in forma universale, staccando il soggetto umano dalla contingenza dei propri a priori, sia individuali che culturali. Infatti, ed questo ci che sfugge ai
moderni, lo stilo degli scribi serviva non solo a scrivere, ma, prima di scrivere, anche a cancellare la tavoletta cerata con laltra estremit a spatola dello stilo stesso, cos che la tavoletta
era non rasa, ma come se fosse rasa (come la lettera del testo aristotelico afferma) perch
continuamente rasata dallo stesso stilo che vi aveva gi scritto in passato e di nuovo si accinge a scrivervi sopra.
Fuor di metafora, la capacit dellintelletto umano di farsi consapevole della propria adeguatezza/inadeguatezza al reale attraverso il dato empirico via via disponibile e che varia
continuamente, rende luomo capace di comprendere in forma intenzionalmente (progressivamente, tendenzialmente) universale, senza che rimanga schiavo delle proprie precomprensioni, dei propri a-priori. Senza cio quella limitazione tipica del modo di conoscere,
per usare la lettera dei testi di Tommaso, a modo dei sensi che, per la loro materialit, sono
limitati nella loro capacit di riadeguamento dai limiti fisici e quindi dalla loro appartenenza
ad una data specie biologica. Con una lettura post-moderna, tutto ci pu essere posto in continuit con la produzione dellultimo Husserl e la sua teoria della teleologia universale. Ma
Husserl non la Stein, e questo richiederebbe uno studio a parte.
32
Ecco un testo fondamentale del De Unitate Intellectus (c. 4) in cui Tommaso critica la
nozione averroista41 che, similmente a quella ermeneutica contemporanea, assegna alle idee
memorizzate nellintelletto possibile come locus specierum intellegibilium, la funzione di
griglia interpretativa del dato sensibile attuale. Usando la nota metafora della luce intellettuale Tommaso afferma, infatti, recisamente, che l'illuminazione (illuminatio) astrattiva
del dato da parte dell'intelletto agente non pu essere ridotta, secondo il dettato averroista, ad
una irradiazione (irradiatio) del dato sensibile attraverso la griglia (la griglia interpretativa dellermeneutica) delle idee gi possedute nell'intelletto possibile separato e unico per tutti
degli averroisti. Dice dunque Tommaso ma, naturalmente, neanche a dirlo, i traduttori
moderni del testo non colgono la differenza fra irradiatio e illuminatio:
Se si ritiene che le idee (species) intelligibili irradino sui dati sensibili e che in questo modo esse vengano
intese dall'intelletto, ne seguirebbe che questi dati diverrebbero idee intelligibili in atto, non per mezzo
dell'intelletto agente, ma per mezzo dell'intelletto possibile grazie alle idee che esso contiene. In secondo
luogo ne deriverebbe che questa irradiazione (irradiatio) non sarebbe in grado di rendere davvero intelligibili in atto (= universali, N.d.R.) questi dati. Infatti, essi diventano intelligibili solo per astrazione. Invece, in questo caso si tratterebbe pi di una recezione che di un'astrazione. Daltra parte, poich ogni recezione conforme alla natura del recipiente, l'irradiazione dei dati ad opera delle idee intelligibili che gi
sono in noi non avverrebbe in maniera intelligibile (universale, N.d.R.), ma in maniera sensibile e individuale (lesperienza passata di ciascuno varia da individuo a individuo e/o da cultura a cultura, N.d.R.) e
cos per mezzo di questa irradiazione non si avrebbe alcun modo di intendere l'universale.
In termini post-moderni, ognuno, insomma, intenderebbe i dati sensibili attuali alla luce
della propria conoscenza passata che ovviamente differente da individuo a individuo, da
gruppo sociale a gruppo sociale e cos non si produrrebbe alcuna vera universalizzazione del
dato empirico di partenza (cfr. la nozione heideggeriana di gettatezza delluomo nel destino della sua storicit). Diversamente dallirradiatio infatti, dice Tommaso in un altro passo
complementare a quello appena citato, la illuminatio dei dati sensibili ad opera del lumen
dellintelletto agente non individuata, diversificata, dalle pre-comprensioni passate. Viceversa, solo dalla diversit (= specificit) dei dati sensibili (imaginatorum) che pu esser
definita la diversit della luce (lumen) intellettuale (S.Th., II-II, 174,3, ad 1).
Sta perci dicendoci Tommaso: il concetto o verbum mentis espresso dallintelletto
(possibile) in quanto capacit di conoscere in forma intenzionalmente universale, rasato-eriscritto come fosse una tabula rasa dallintelletto stesso (agente, preso cio nella sua funzione astrattiva-attuativa),
non nasce dall'intelletto in modo tale che una parte venga pre-compresa (preintelligatur) come recipiente,
ed un'altra parte derivi dall'intelletto, ma nella sua totalit il verbo intellettivo ha origine dall'intelletto,
come nella sua totalit un concetto (verbum) nasce da un altro allo stesso modo in cui una conclusione
nasce dai suoi principi (S.c.Gent., IV,14,3501).1).
Alla luce di tutto questo, si comprende perch Tommaso afferma che le idee intellegibili nelle menti dei vari individui, pur dando luogo a enunciati universali, sono assolutamente
individuali cosa incomprensibile per una gnoseologia rappresentazionale in cui
luniversalit implica che le idee intellegibili essendo oggetto e non mezzo di conoscenza devono essere uguali per tutti per la gioia di tutti gli integralisti di ogni colore e parrocchia.
Infatti, se la specie intellegibile ci che rende possibile ladeguazione al dato, poich
41
Si tratta della dottrina del cosiddetto averroismo laico o latino, propugnata allUniversit di Parigi da Sigieri di Brabante e contro cui Tommaso scrive il suo trattato De Unitate Intellectus contra Averroistas che stiamo qui citando. Secondo questa dottrina il singolo uomo non possiede facolt spirituali, ma solo la cogitativa
(lultimo dei sensi interni nella psicologia intenzionale tommasiana). Esso riceverebbe allora le specie intellegibili da un intelletto possibile unico per tutti un intelletto comunitario, come recita unefficace traduzuione italiana del testo averroista, antesignano della nozione moderna di cultura che fornisce ai simgoli le griglie
interpretative con cui leggere il reale , alla luce delle quali, per irradiatio dunque e non per illuminatio, i singoli interpretano i loro dati esperienziali.
33
lesperienza passata individuale ed irripetibile per ciascuno, allora ognuno dovr percorrere
percorsi diversi per adeguarsi al medesimo dato.
E ci che Tommaso ci dice in questaltro testo:
Bisogna dire che l'intenzione di Aristotele non di asserire l'identit dei concetti della mente per riferimento alla loro enunciazione verbale, come se una medesima enunciazione sottintendesse una medesima
concezione della mente: poich le enunciazioni verbali sono diverse presso diversi soggetti. Al contrario
(Aristotele) intende asserire l'identit dei concetti della mente per confronto con le cose: dice che i concetti sono identici perch si riferiscono in maniera simile (non identica: le menti di chi li concepisce sono
infatti reciprocamente diverse, N.d.R.) alle medesime cose (In Periherm, I,ii,21).
E grazie alla presenza dellintelletto a se stesso, insomma, e alla sua capacit di adeguarsi indefinitamente alloggetto che il singolo uomo, individuale, limitato capace di conoscere in forma intenzionalmente universale: hic homo intelligit (S.Th., I,54,4c; 79,2c; 3c; 4c;
etc.). Lapprensione semplice dellessenza corrisponde cos, introspettivamente, al primo
momento del processo della comprensione intellettiva, ovvero a quella sorta di illuminazione quando pensiamo atematicamente di aver capito qualcosa, prima per di dire, a noi stessi
innanzitutto, che cosa abbiamo effettivamente capito, prima cio di formulare un giudizio, di
esprimere un enunciato predicativo che esplicita loggetto della nostra conoscenza intellettiva
della cosa. Per concludere, se il carattere intenzionale e progressivo della conoscenza delle
essenze delle cose spiega perch Tommaso parla di apprensione e non di intuizione delle
essenze, il carattere atematico e ante-predicativo di questa apprensione giustifica perch
Tommaso parla di apprensione semplice (simplex apprehensio) e non articolata in forma di
giudizio.
2.3.2
In conseguenza della prima operazione dellintelletto, quella dellapprensione semplice dellessenza che porta al concepimento dellidea (concetto), viene dunque perfezionato
latto intellettivo nella sua completezza, formulando il giudizio sotto forma di enunciato predicativo (giudizio). Tale esplicitazione si estrinseca cognitivamente in una riapplicazione
dellapprensione intellettiva ai dati sensibili da cui eravamo partiti, con quel surplus di informazione ottenuta mediante il processo astrattivo, cos da produrre quello che gli psicologi cognitivi chiamano il riorganizzamento gestaltico42.
In tal modo, lintelletto ritorna sui dati completando il processo della conversio ad
phantasmata, dove il termine conversio, nel linguaggio tecnico tomista, consiste proprio
nel processo di comunicazione dellinformazione da una forma di livello superiore ad una di
livello inferiore. P.es., nellangelologia tommasiana, viene chiamata conversio da Tommaso
la comunicazione delle specie (informazione) dallangelo superiore a quello inferiore visto
che langelo non ha corpo da cui prendere linformazione, cosicch tutta linformazione negli
angeli deriva da Dio, attraverso una serie di passaggi (conversiones) lungo tutta la gerarchia
angelica (S.Th., I,106,3,ad 3) e, nel caso delluomo, dallintelletto ai sensi.
Ora, ci che caratterizza la formulazione del giudizio sotto forma di enunciato predicativo (soggetto-predicato) e rende noi post-moderni capaci di valorizzare a pieno la genialit e
loriginalit di Tommaso di nuovo legato al fatto, evidenziato dalla precedente citazione sul
verbum mentis, che esso prodotto dallintelletto nella sua totalit , raschiando via i pregiudizi. Infatti, come ben sa chiunque, epistemologicamente, logicamente e informaticamente, si interessato del problema dei problemi in campo cognitivo, quello della conoscenza
42
Tipicamente, nel caso della percezione di figure ambigue (p.es., del vaso o dei due volti che si confrontano), il vedere nei dati luna o laltra figura dipende da un surplus di informazione dato dalla decisione, dal giudizio, per luna o laltra delle alternative, grazie al quale la vediamo disambiguata nel dato empirico.
34
E ogni ente, in quanto res, in quanto realmente esistente con una sua essenza, un individuo qualitativamente
distinto e non un astratto membro di una classe (logica) o di un genere (ontologico), come Tommaso ci ricordava nella sua Tavola dei Trascendentali.
44
Nella recente tesi di dottorato del P. Francesco Alfieri, curatore di questo volume (Cfr. (Alfieri, 2010)), oltre a
portare nuova evidenza alla tesi del Gilson che il termine dellhaecceitas non sia di origine scotiana (che lo usa
pochissime volte), quanto piuttosto scotista, si difende la posizione che il fondamento del principium individuationis, secondo il grande filosofo e teologo francescano, debba intendersi in riferimento allultimo fondamento dellessere di ogni ente, cio in base alla sua relazione trascendentale con lAssoluto. Il che appare in
straordinaria continuit con il pensiero di Tommaso che vede nella partecipazione dellatto dessere a ciascun
ente nella misura della sua essenza (cfr. la nozione di unit come trascendentale dellente, distinto, ma equivalente allaltro trascendentale dello aliquid) tale fondamento. Latto dessere, dunque, actus essentiae, se si
vuole usare la terminologia di Scoto, ma non nel senso in cui sembra usarlo Scoto, di genitivo soggettivo, ma
innanzitutto nel senso di genitivo oggettivo di actus-essendi-che-attualizza-lessenza partecipandogli,
dallEssere Sussistente o Atto Puro che lAgente dellactus essendi, con la sostanzialit individuale, lultima
differenza che la distingue dagli altri enti della medesima specie. La sostanzialit in quanto inseit ontica e
perseit formale, infatti una relazione riflessiva di auto-riferimento. Solo in questo senso partecipato
dallEssere Sussistente lessenza pu avere una sua attualit come sostanza/essenza individua (p.es., rispetto
agli accidenti, quantit inclusa) facendo s che lessenza/sostanza individuale dia a se stessa, riflessivamente, lultima differenza rispetto agli altri enti della medesima specie. In questo modo si d anche un senso logicamente e ontologicamente consistente (coerente) allinterpretazione scotiana dellactus essentiae come genitivo
soggettivo e, se vogliamo, alla stessa nozione (scotista?) di haecceitas. Ma tutta questa acribia nel fare simili distinzioni pu emergere solo da una rigorosa analisi ontologico-formale(izzata), come vedremo in seguito, di
queste ontologie. In ogni caso, sia per Tommaso, che per Scoto, lactus essendi/essentiae comunque distinto
dallactus existentiae. In questo senso n Tomaso n Scoto sono aristotelici, ma non sono neanche, rispettivamente, tomisti o scotisti, visto che molti loro discepoli hanno spesso confuso questi due sensi dellattualit ontologica. Conseguentemente, lerrore di tomisti e scotisti nelle loro secolari dispute stato dunque quello di
attribuire a Tommaso come principio dindividuazione la nozione, di derivazione democritea e aristotelica, della
materia signata a quantitate, facendo unesiziale confusione tra nozione categoriale e nozione trascendentale di
individualit. Ovvero, fra lunit quantitativa e perci categoriale, fondamento della moltiplicazione di individui della stessa forma (specie), che appunto fa della materia-rispetto-alla-unicit-della-forma il principio della
moltiplicazione di individui entro la stessa specie (pensiamo alla metafora dello stampo e della creta), e lunit
trascendentale (cfr. lesse unum della Tavola 1 di p. 20 dei trascendentali di Tommaso, discussa in precedenza)
che propria di ogni ente in quanto ente. E perci propria anche dellente immateriale come lente logico, o
dellente spirituale come lente angelico e, soprattutto, propria di quellente che costituisce, secondo la felice
metafora tommasiana la linea dorizzonte fra mondo materiale e spirituale: la persona umana. Ora, come ci ha
spiegato Tommaso, lindividualit trascendentale di ogni ente non ha nella materia, ma nella relazione con (o
partecipazione dellatto dessere dal) lAssoluto, il fondamento della singolarit di quellente. Solo che Tommaso, per evitare confusioni terminologiche e, come si vede, era stato molto previdente lascia la nozione di
individuo agli enti materiali, e invece di usare, come facciamo noi moderni, la nozione di singolare e singolarit per la designazione dellunicit anche di enti immateriali (p.es., un universale logico o un ente angelico), preferisce parlare di specificit dellangelo. Ogni angelo, cio, in quanto unico, costituisce per Tommaso
una specie a s che non si moltiplica in molteplici individui proprio perch manca un supporto materiale. Viceversa, quando deve parlare dellunicit di un ente logico p.es. di un universale come lumanit, ovvero di
un predicato nominalizzato e quindi, come fosse un individuo, denotabile con un nome , parla di un quodammodo individuum. Quindi basta capirsi: stiamo parlando della nozione trascendentale, entitativa, pre-categoriale,
di individualit o del principio categoriale, quantitativo, di individualit (singolarit)? Il principium individuationis di cui parlano Agostino (non sempre gli agostinisti), Tommaso (non sempre i tomisti), Scoto (non sempre
gli scotisti), la Stein ed in genere la grande tradizione dellantropologia cristiana, ma anche, fuori della tradizione cristiana, un Cacciari, la nozione entitativa, quindi trascendentale, pre-categoriale, di individualit (singolarit). E solo il riferimento allultimo fondamento dellessere dellente, ovvero la relazione allAssoluto, il
fondamento non solo dellessere, ma anche della singolarit o unit trascendentale dellente stesso. Se invece
facciamo riferimento al secondo senso, categoriale, allora non solo Democrito, Platone, Tommaso, o Pinco
Pallino, ma di nuovo chiunque usi la logica, ad affermare che la materia il principio di individuazione. La
scienza scienza anche in questioni ontologiche e metafisiche e, da questo punto di vista, non conta nulla chi o
quando abbia fatto certe affermazioni o certe scoperte: conta solo la verit e la consistenza logica (inclusa la co-
35
modernit, proprio perch Scoto era di estrazione matematica, e non solo perch insegnante
ad Oxford , cercher di (non) risolvere il problema con la sua teoria dellhaecceitas, recentemente ribalzata agli onori della riflessione logica ed epistemologica, anche per le ovvie implicazioni informatiche della questione (Cfr. (Donnellan, 1966); (Kaplan, 1978); (Salmon,
2005)), la soluzione di Tommaso del tutto originale rispetto agli scotisti e in genere ai logici-matematici45.
Lidea di Tommaso46 che, quando applicata problema della referenza singolare,
lenunciato predicativo che denota il singolo come tale devessere caratterizzato da una mutua ridefinizione fra soggetto e predicato (Cfr. (Basti & Perrone, 1999; 2001; 2002) o,
andando oltre la teoria fregeana della saturazione del soggetto rispetto al predicato, da una
doppia saturazione fra di essi (Cocchiarella, 2001; 2009). Si tratta di una procedura che sul
finito sempre convergente ed dunque effettivamente (=sempre) computabile, dal punto di
vista logico-formale e informatico.
Ecco leccezionale testo di Tommaso al riguardo della predicazione singolare:
Bisogna sapere che qui universale non viene inteso nel senso di ci che viene predicato di pi soggetti,
ma secondo un qualche adattamento o adeguazione (adaptationem vel adaequationem) del predicato al
soggetto, rispetto alla quale n il predicato viene detto senza il soggetto, n il soggetto senza il predicato
(In Post.Anal., I,xi,91).
36
Naturalmente tutto questo implica che allora mai loperazione intellettiva pu avvenire
senza un riferimento al dato empirico, sia quando lintelletto conosce attualmente, in prima
intenzione (prima riflessione), sia quando si riferisce a conoscenze gi acquisite in seconda
intenzione riflettendo razionalmente su di esse (seconda riflessione). Questo, per noi postmoderni, significa anche che nessuna operazione intellettiva pu avvenire senza una base
neurale, empiricamente evidenziabile dallindagine neurofisiologica: ecco il punto di contatto
con le neuroscienze. Riporto qui due testi di Tommaso al riguardo:
E impossibile che il nostro intelletto, nello stato della vita presente nel quale congiunto ad un corpo
materiale (vedremo, nella conclusione di questo lavoro, che non cos nellaldil, N.d.R.) possa comprendere qualcosa in atto se non convertendosi alle immagini sensibili (nisi convertendo se ad phantasmata). E ci reso evidente da due fatti. 1) Primo, perch essendo lintelletto una facolt che non usa un
organo corporale, non potrebbe essere in alcun modo impedito nellesercizio della sua operazione da una
lesione di un organo corporale, se non richiedesse per tale esercizio loperazione di unaltra facolt che
usa tale organo. Ora i sensi, limmaginazione e le altre facolt sensitive usano degli organi corporali.
Quindi evidente che lintelletto non solo quando acquisisce una nuova conoscenza, ma anche quando fa
uso di una conoscenza gi acquisita richiede luso dellimmaginazione e delle altre facolt sensitive (ci
significa che una lesione neurale pu impedire in tutto o in parte latto intellettivo, senza che questo implichi la materialit dellintelletto, N.d.R.). (...) 2) Secondo, perch ciascuno pu constatare da s medesimo che quando qualcuno si sforza di capire qualcosa, forma a se stesso delle immagini sensibili
(phantasmata) a mo di esempio, come se dovesse trovare in esse ci che si sforza di capire. Ed anche
quando vogliamo far capire qualcosa a qualchedunaltro, gli proponiamo degli esempi, dai quali egli si
possa formare delle immagini sensibili (phantasmata) per capire. (...) Quindi lintelletto non pu conoscere in maniera completa e vera la natura della pietra o di un qualsiasi ente fisico, se non per il fatto che
la conosce in un qualche esistente particolare. Daltra parte, noi apprendiamo il particolare attraverso i
sensi e limmaginazione. E pertanto necessario che, affinch lintelletto conosca il suo oggetto proprio,
si converta alle immagini sensibili, affinch conosca la natura universale come esistente nel particolare
(Tommaso dAq., S.Th., I,84,7c).
Il nostro intelletto non conosce direttamente altro che gli universali. Ma indirettamente, e per una sorta di
riflessione (reflexio quaedam) pu conoscere il singolare. Infatti, come stato spiegato pi sopra (Cfr. citazione precedente), anche dopo che lintelletto ha astratto (dalle immagini sensibili) le specie intelligibili, non pu di fatto comprendere in atto secondo esse, se non convertendosi alle immagini sensibili nelle
quali comprende le specie intelligibili. Cos pertanto lintelletto conosce direttamente luniversale per
mezzo delle specie intelligibili, mentre invece conosce indirettamente le singole cose in quanto rappresentate dalle immagini sensibili. Ed in tal modo lintelletto forma delle proposizioni del tipo: Socrate
uomo (proposizioni che riguardano cio enti singoli, N.d.R.) (Tommaso dAq., S.Th., I,86,1c).
Ed ecco, per concludere, un altro testo di Tommaso in cui egli, sinteticamente, illustra
le due operazioni dellintelletto, riportandole allunica nozione della conversio ad phantasmata appena descritta.
Come, infatti, pi sopra abbiamo detto che non possiamo sentire la differenza fra il bianco ed il dolce se
non vi fosse una potenza sensitiva comune che le conosce entrambe, cos anche non potremmo conoscere
il confronto fra l'universale ed il singolare se non vi fosse una facolt che li conosce entrambi. L'intelletto
pertanto li conosce entrambi, sebbene in due diverse maniere. Conosce, infatti, la natura della specie od
il che cos' (quod quid est) estendendosi direttamente verso di essa, ma conosce il singolare per una
sorta di riflessione, in quanto ritorna sui fantasmi dai quali le specie intelligibili sono state astratte. E
questo quanto Aristotele dice quando afferma che l'intelletto con la potenza sensitiva conosce la carne,
ma con altro, cio con un'altra potenza, distingue l'essere della carne, cio il che cos' della carne. Il
che si pu interpretare in due modi: o che si usa una facolt separata, per esempio, come se la carne si
conoscesse col senso e l'essere della carne con l'intelletto. Oppure, e questa la seconda ipotesi, con la
stessa e medesima facolt (che si conoscono ambedue), ma con due diversi modi di porsi. Cio la facolt
intellettiva conosce la carne, quando, come la linea curva, si ripiega. Insomma, la facolt intellettiva,
quando viene estesa in forma di linea retta (secondo la famosa metafora platonica nella Repubblica della
conoscenza dai sensi allintelletto come processo rettilineo, N.d.R.), discerne l'essere della carne, cio
apprende direttamente la quiddit della carne (= apprensione dellessenza), ma quando si ripiega (sui
sensi) conosce la carne stessa (= formulazione del giudizio) (In de An., III,ii,175-195).
37
2.3.3
47
Che, ovviamente, come ogni logico sa, non solo lindividuo, ma anche il genere, come quando diciamo che
non solo Socrate, ma anche luomo animale razionale Infatti, come il predicato animale razionale,
per essere veritativamente costituito ha da ridefinirsi sullunicit di Socrate, cos ha da ridefinirsi sullunicit
delluomo, rispetto, poniamo, al marziano. L universale, insomma, sia come uno di uno (predicazione singolare), sia come uno di molti (predicazione generica) ha sempre un fundamentum in re.
48
Molte sono le determinazioni (quod quid est) di una medesima cosa: qualcuna di loro pu essere conosciuta,
altre semplicemente supposte (...) Ed Aristotele dice che possiamo conoscere lessere di una qualsiasi cosa prescindendo dal fatto che conosciamo perfettamente la sua essenza (...), p.es., se comprendiamo lessere delluomo
per il fatto che razionale, non ancora conoscendo tutte quelle altre determinazioni che completano la sua essenza (Tommaso, In Post.An., II,vii,472.475). E questo con buona pace di Kant e la sua mitologia della conoscenza dellessenza come conoscenza della cosa in s. Per conoscere progressivamente lessenza di una cosa,
basta non essere schiavi dei nostri a-priori, basta cio non essere kantiani o heideggeriani!
38
di aver compreso qualcosa, ma non abbiamo ancora formulato, a noi stessi prima di
tutto, cosa abbiamo capito.
2. Formulazione del giudizio mediante cui esprimiamo a noi stessi cosa abbiamo capito,
riapplicando l'essenza appresa, ridefinita sui dati sensibili, che sar espressa dal predicato P del nostro enunciato predicativo sulloggetto, per vedere se effettivamente ci
che ci sembra di aver compreso di quel dato oggetto che, a sua volta, sar il soggetto
grammaticale S del nostro enunciato predicativo su di esso, davvero si adegua ai dati
da cui eravamo partiti. Se la risposta negativa vuol dire che le due varazioni del
predicato sul soggetto, P, e del soggetto sul predicato cos variato, S, non sono
congruenti per giustificare lunit dellenunciato predicativo S P, per cui occorre
un nuovo atto astrattivo dai dati per astrarre nuove differenze che consentano, infine,
di giungere ad un risultato (parziale e sempre in fieri) di congruenza che garantisce
che la procedura di adeguazione al reale (per il momento) terminata:
S
P
cost
Capiamo adesso meglio perch Tommaso nella citazione fondamentale di cui alla nota
36 alla pag. 28 che riguarda la capacit dellintelletto di conoscere la verit mediante la formulazione del giudizio, parla di una relazione di proporzionalit49 fra giudizio e res:
Lintelletto realizza la propria operazione nella misura in cui il giudizio dellintelletto sulla realt secondo ci che essa . Questa, infatti, viene conosciuta dallintelletto nella misura in cui lintelletto si ripiega sul proprio atto, non solo in quanto conosce il proprio atto (ch questo in qualche modo proprio
anche sei sensi, N.d.R.), ma in quanto conosce la sua proporzione alla cosa.
Solo dunque al termine della seconda operazione dell'intelletto, ovvero solo dopo la
formulazione del giudizio, quando l'intelletto ha riapplicato l'idea da lui escogitata ai sensi
l'uomo pu sapere se l'idea cos escogitata era vera o no, se era adeguata, in base ai dati disponibili, alla realt che si voleva comprendere e definire attraverso quell'idea o meno.
La conoscenza della verit, insomma, non pu avvenire al solo livello della semplice
apprensione dell'essenza. Quante volte ci era sembrato di aver capito, ed invece, dopo aver
formulato a noi stessi sotto forma di giudizio quanto credevamo di aver capito, ovvero dopo
aver applicato l'idea escogitata al dato empirico di partenza, ci siamo accorti che non era cos? P.es., quando cercavamo di riconoscere chi fosse una persona che si stava avvicinando, ci
sembrava di aver capito chi fosse. Ma quando abbiamo formulato a noi stessi, sotto forma di
giudizio espresso, la nostra apprensione della quidditas, della checcoseit, di quella persona: Ah, Marco!, ci siamo immediatamente resi conto di sbagliare. La discriminazione operata dal giudizio sui dati dell'esperienza, ci ha reso immediatamente evidente l'errore.
Marco ha gli occhiali quellindividuo no: la differenza specifica, che per noi lo definisce
come tale in quel limitato contesto, non appartiene alla persona in questione. Occorre, per
giudicare adeguatamente, veritativamente, ri-operare l'astrazione-apprensione-giudizio intellettivo a partire da questo nuovo dato empirico che ci ha mostrato lincongruenza della definizione di quellindividuo in continua modificazione, perch in continuo avvicinamento, mediante il predicato essere Marco. A meno che, quando quellindividuo diventato vicinissimo e avesse confermato che tutti i suoi dati collimano con quelli del predicato essere Marco cos come lo conoscevamo, ci rendessimo conto che, per rendere congruente il predicato
col soggetto, bisognava connotarlo con una nuova differenza: ha le lenti a contatto (non pi
49
Spero che ai filosofi che mi leggono non sfugga che una proporzione si definisce come lidentit di due rapporti fra grandezze. Nel caso che le grandezze in questione siano variabili, siano legate a un delta di variazione,
si ha comunque proporzionalit quando il valore dei due rapporti resta comunque una grandezza costante. Ci
che appunto scritto nella formula che stiamo illustrando.
39
ha gli occhiali), e su questo modificare proporzionalmente la nostra connotazione del soggetto, cos che:
S
P
2.4
2.4.1
cost
Non avendo alcun valore trascendentale rispetto alla conoscenza vera allessere del
referente del giudizio che spetta questo valore , la coscienza per Tommaso, come ci aveva detto nel passo del De Veritate da cui siamo partiti, solo cum-scientia, ovvero qualcosa
che accompagna, non fonda la conoscenza vera. Oltre alla conversio ad phantasmata, oltre a
quel ripiegarsi o volgersi dell'intelletto ai dati della sensibilit per compiere la sua doppia
operazione di apprensione-giudizio, Tommaso distingue cos, come abbiamo visto, due generi di coscienza o consapevolezza di s e quindi due tipi di riflessione dell'intelletto su se stesso (Cfr. [Tommaso dAq., S.Th., I,87,3c]):
1. Prima riflessione: come appare chiaro anche dalla differenza dei termini, la conversio
ad phantasmata non una vera e propria riflessione dell'intelletto su se medesimo.
Esso infatti nella conversio non si relaziona se medesimo come si richiede ad una
relazione riflessiva , bens dai-ai sensi. Viceversa con "prima riflessione" Tommaso
indica quella consapevolezza a se stesso del proprio atto che accompagna l'intelletto
durante tutte le sue due operazioni tipiche, dell'apprensione e del giudizio, essendo
queste due operazioni effetto dellazione dellintelletto (agente) su se stesso (possibile): azione immanente immediata. Ovvero, l'intelletto non solo comprende loggetto
convertendosi da/ai sensi, ma sa di comprendere mentre opera. Anzi, questa consapevolezza fondamentale, perch solo mediante di essa l'intelletto al termine della sue
due operazioni, pu divenire consapevole di aver giudicato il vero o il falso. E' mediante la prima riflessione che l'intelletto diviene (o non diviene, nel caso dellerrore)
consapevole dell'adeguatezza/inadeguatezza delle sue due operazioni. Per questo
Tommaso diceva che il fine dell'operazione intellettiva non semplicemente il "vero",
l'adeguazione del conoscente al conosciuto, ma il vero intelligibile. Questa consapevolezza, o coscienza, anche definita presenza a se stesso dell'intelletto, visto che attraverso di essa l'intelletto non si sta oggettivando, ma percepisce il proprio atto mentre opera, mentre conosce un oggetto diverso da s. Infatti, proprio perch la prima riflessione o coscienza accompagna le due operazioni dell'intelletto che hanno per
oggetto la realt conosciuta sensibile, l'intelletto non oggetto a se stesso attraverso la
prima riflessione. In altri termini, nella presenza a se stessi, o prima riflessione dell'intelletto, la propria soggettivit che appare in tutta la sua irriducibilit ad oggetto al
medesimo soggetto conoscente. Ed in questo c un indubbio punto di contatto con
tutta lanalisi fenomenologica dello atto di coscienza originario (limmanenza immediata di Tommaso fondamento della presenza a se stessi) che precede la stessa
conoscenza della coscienza (la seconda riflessione di Tommaso), riflessione che
parla a questo proposito, come abbiamo citato pi volte, di trasparenza dellintelletto
a se stesso.
Esaminiamo la configurazione di questo territorio per capire lutilizzazione di alcuni termini come io, coscienza, vissuti e trascendentale. Questo territorio pu essere compreso attraverso limmagine di una lastra, sulla quale si fissa ci che viviamo, in un continuo fluire di iscrizioni. Uso il termine lastra per indicare che tale sfera esiste, ma non facilmente individuabile, anzi, proprio a causa della sua trasparenza
sempre sfuggita alla ricerca, anche se sempre presente. () Dei vissuti configurati abbiamo consapevolezza e ci giustifica il termine coscienza, che non vuol dire conoscenza di secondo grado, cio rifles-
40
2. Seconda riflessione. La seconda riflessione conseguente alle due operazioni dell'intelletto e alla prima riflessione dell'intelletto su di s che le accompagna. In essa l'intelletto chiude gli occhi al mondo esterno e riflette su di s auto-oggettivandosi, ponendo se stesso e le idee che esso ha precedentemente escogitato nelle sue due operazioni, ad oggetto della propria conoscenza. Ovviamente, questa auto-oggettivazione o
autocoscienza dell'intelletto a se medesimo, pu essere sempre e solo parziale, infatti
quella parte dell'intelletto con cui esso sta conoscendo se stesso, per definizione fuori di questa oggettivazione. Per questo si diceva che solo nella prima riflessione il
soggetto presente a se stesso come tale, come appunto ci che non si pu assolutamente oggettivizzare (Cfr. (Tommaso dAq., S.Th., I,87,1c)).
Se guardiamo allora alla prima riflessione, vedremo come in essa, proprio perch accompagna le due operazioni dell'intelletto che hanno per oggetto la realt esterna, le idee sono mezzo mediante il quale (id quo) l'intelletto si adegua al reale. Viceversa, nella seconda riflessione l'idea stessa che assurge ad oggetto (id quod) di indagine dell'intelletto (Cfr.
(Tommaso dAq., S.Th., I,85,2c)), sebbene anche in questa forma di conoscenza auto-riflessa,
lintelletto autocosciente non cessa di essere presente a se stesso come linogettivabile. Cos, mentre tutte le scienze naturali si fondano sulle due operazioni dell'intelletto, mediante cui
l'atto intenzionale ha per oggetto il reale fisico, le scienze logiche e fenomenologiche si fondano sulla seconda riflessione dell'intelletto, mediante cui l'atto intenzionale, oltre che un
soggetto, ha anche un oggetto interno a s medesimo, ovvero le idee stesse che esso ha prodotto. Come gi ricordavamo, dunque, la fenomenologia e l'intenzionalit fenomenologica
sviluppano essenzialmente una met soltanto, la met di per s storicamente meno sviluppata
dal tomismo, della teoria tomista dell'intenzionalit. Esse dunque sono due teorie complementari, assolutamente essenziali luna allaltra.
Ma proprio perch nella seconda riflessione divengono oggetto dellatto cognitivo non
le cose stesse nella loro realt extra-mentale, attraverso le idee prodotte per conoscerle, ma
queste medesime idee, la riflessione su di esse da parte dellintelletto acquista la classica
forma del ragionamento. Di qui, la famosa distinzione fra intelletto e ragione (intellectus et
ratio, per Tommaso e i medievali, Verstand und Vernunft per Kant) che non sono ovviamente
due facolt distinte, ma due modalit di funzionamento, due operazioni del medesimo intelletto (Cfr. (S.Th., I,59,1 ad 1; II-II,49,5,ad 3; etc.)).
1. Con intelletto, in quanto distinto dalla ragione, si intende la stessa intelligenza
delluomo in quanto produttrice di idee e di enti logici (proposizioni), in quanto atto
di pensiero pensante, per usare una terminologia husserliana, thinking in inglese.
50
Ringrazio la professoressa Ales Bello che mi ha suggerito questa citazione da un suo scritto. Effettivamente,
tornando alla Stein qui citata dalla Ales Bello, in base alla nostra rilettura in Tommaso, affermare che la luce
dellintelletto agente, metafora di origine aristotelica, sia per Tommaso una manifestazione di quella immanenza immediata dellatto intellettivo, costitutiva sia della verit conosciuta, sia della stessa coscienza di s, mi
sembra un ottimo suggerimento che la Stein ci d. Come post-moderno, mi permetterei per di suggerire ai discepoli della nostra filosofa: perch ostinarsi a chiamarla ancora coscienza originaria, visto che ci che costituisce la stessa coscienza come trasparenza? Molto appropriatamente Tommaso ci sta suggerendo che questa immanenza immediata dellatto intellettivo pi originaria della stessa trasparenza della coscienza, visto
che la fonda, ed quindi come tale pre-conscia. Non stiamo qui in presenza per usare una terminologia hegeliana di un caput mortuum di modernit che mal si addice alla novit della post-modernit di questa analisi?
41
L'uso della via soggettiva della coscienza nella trattazione tommasiana del problema
dell'anima
ACCENNI ALLO SFONDO STORICO DELLA QUESTIONE
Noi non approfondiremo sistematicamente la questione storica. Preferiamo approfondire il problema dal punto di vista teoretico, individuando i nodi essenziali da sciogliere e
i vari tipi di soluzione proposti, piuttosto che seguire pedissequamente gli Autori nel loro
sforzo di riproporre nei secoli questi stessi nodi con le relative soluzioni, ovviamente con diversi linguaggi e secondo diverse angolazioni e contesti.
Nondimeno, un breve accenno di inquadratura storica per comprendere il contesto in cui
si muoveva Tommaso, essenziale51. Il succo del problema consiste nelle ripercussioni che
aveva avuto nella cultura scolastica del XIII sec. la pubblicazione del testo aristotelico del De
Anima e dei suoi commentari arabi. Il testo, letto dapprima nella cosiddetta Translatio Vetus
della met del XII secolo a cura di Giacomo da Venezia e quindi nella Translatio Nova di
Guglielmo di Moerbeke della met del XIII secolo52, sebbene condannato dall'Autorit Ecclesiastica, era molto conosciuto fin dal primo ventennio del XIII secolo, proprio per la sua
continua lettura in vista della confutazione, in particolare nella Facolt delle Arti dell'Universit parigina.
Il problema che la dottrina aristotelica poneva alla filosofia scolastica del tempo era quanto
mai arduo: come conciliare la spiritualit e la sussistenza dell'anima umana individuale con la
dottrina aristotelica che la faceva forma del corpo. Diverse soluzioni erano disponibili:
1. Quella di Avicenna che parlava di intelletto agente separato dal corpo. Tale dottrina
per sosteneva anche l'unicit di questo intelletto per tutti gli uomini. Dottrina inaccettabile per la fede.
2. Quella di Averro che parlava di spiritualit tanto dell'intelletto agente, come di quello possibile, ma, secondo S.Alberto Magno, negava la loro sussistenza post-mortem.
Dal 1250 in poi appare cos un "secondo averroismo", legato ad una lettura tendenziosa da parte dei teologi della dottrina averroista. E' nel 1252 che per la prima volta ad
Oxford Robert Kilwardby attribuisce ad Averro la dottrina di un'unica anima separata, comune a tutti gli uomini. Attribuzione ripresa e condannata da S.Bonaventura a
Parigi, sempre nel 1252 e fatta propria dal giovane Tommaso nel suo Commento alle
Sentenze (In II Sent., 17,2,ad1). Viceversa, nel 1265, Sigeri di Brabante fa propria
questa dottrina, riprendendola dalle parole di Tommaso, non per condannarla, ma per
difenderla, dando origine cos al cosiddetto averroismo latino, o averroismo "laico".
51
43
Esso appare cos, ironia della sorte!, pi frutto di un eccesso di zelo dei teologi, che
una dottrina del filosofo arabo. A combattere questo averroismo, a partire dal secondo
soggiorno parigino dal 1268, Tommaso dedicher l'opuscolo De Unitate Intellectus
contra Averroistas, nonch molte pagine delle sue due Summae53.
3. La dottrina dell'ilemorfismo universale, sostenuta da un altro filosofo arabo Avicebrol
nel suo De Causis, dottrina sostenuta anche da Avicenna e da S.Bonaventura. Con tale
dottrina, derivante da una lettura neoplatonica di Aristotele, si intendeva giustificare
la sussistenza dei puri spiriti, attribuendo loro una particolare materia. Con ci,
nel contempo, si affermava anche la differenza fra Dio, Atto Puro, e i puri spiriti attribuendo ad essi una costituzione metafisica di atto-potenza. Una dottrina ripresa da S.
Bonaventura e che fu oggetto di un memorabile dibattito con S. Tommaso
allUniversit di Parigi. Vedremo come Tommaso, genialmente, salver questa seconda esigenza, senza sposare la teoria dell'ilemorfismo universale.
4. Infine la dottrina, sostenuta dapprima da Guglielmo d'Auvegne che afferma la molteplicit delle forme del corpo umano. L'anima razionale sopravverrebbe per creazione divina ad un corpo gi formato.
Vedremo come Tommaso propone una via totalmente nuova di approccio al problema,
garantendo una sintesi che non solo pu esser posta in continuit con la fede, ma, esigenza
fondamentale per una dottrina che voglia essere autenticamente filosofica, dotata di una sua
completa e compiuta razionalit. Da un punto di vista aristotelico, poi, questa dottrina non fa
che sviluppare dall'interno l'approccio aristotelico, in perfetta continuit con i principi della
sua Fisica, ma pi in generale, con le esigenze di un autentico naturalismo, valido per qualsiasi epoca della storia. Che poi la scienza naturale di ispirazione aristotelica cui Tommaso fa
riferimento non sia pi oggi quella scienza morta cui Gauthier, per piaggeria alla modernit, fa riferimento nella conclusione un po' omiletica della Prefazione alla sua peraltro ottima e
validissima edizione del Commentario tomista al De Anima, una fortunata (cristianamente:
provvidenziale) contingenza storica presente, di cui dobbiamo fare adeguato conto.
2.5.2
LA VIA SOGGETTIVA, QUELLA OGGETTIVA E LE PROVE RAZIONALI DELLA SPIRITUALIT DELL'ANIMA UMANA
Per ulteriori informazioni su questa strana vicenda cfr. il testo del Gauthier, citato precedentemente.
44
to ad Avicenna. Di solito il terzo argomento viene definito, anche per quanto riguarda Tommaso, l'argomento dell'autocoscienza. Ben diverso per, come vedremo, l'uso tomista di
tale argomentazione rispetto all'uso neo-platonico, quale per esempio quello fattone da Avicenna, dall'Autore del De Causis (di attribuzione dubbia, composto nell'ambiente dell'aristotelismo arabo neo-platonico, collocabile fra il X e l'XI sec. e tradotto in latino all'inizio del
XII sec., con espliciti riferimenti alla dottrina di Proclo) e, precedentemente, da Agostino
stesso nell'et classica, e, susseguentemente, nell'et moderna da Cartesio.
Gi abbiamo visto comunque, nelle quattro sotto-sezioni precedenti che i tre argomenti
hanno la loro radice comune nella capacit dellintelletto di essere trasparente a se stesso e
quindi alla sua capacit di conoscere la propria adeguatezza alla res. grazie a questa capacit di azione immanente immediata su se stesso che lintelletto ha una capacit finita, ma illimitata di conoscenza, capace di conoscere in modo universale, ed anche capace di
coscienza e autocoscienza.
Tornando alla Stein, dunque, questa capacit di azione immanente immediata legata
alla spiritualit delloperazione intellettiva ad avere valore costitutivo, anche se non trascendentale, sul pensiero umano. In questo senso non vero quello che lei diceva a proposito di
Tommaso carente di una sufficiente analisi fenomenologica sui fondamenti del pensiero razionale. Tommaso lha approfondita eccome, anche se, ovviamente, con una terminologia diversa dalla nostra moderna e senza limitarsi metodologicamente ad essa.
Nondimeno, la capacit di un ente di conoscere la propria essenza (direttamente, come
nel caso di Dio e dell'angelo, o per riflessione come nel caso dell'uomo: S.c.Gent., II,49;
II,66) evidenzia la natura spirituale di quest'ente. Ed in questo Tommaso accetta pienamente
la dottrina neo-platonica sull'anima. Tommaso lega per la conoscenza di se stesso non ad un
intuizione diretta della propria essenza54, ma ad una riflessione:
1. Sul proprio atto:
a. mentre lo si compie (=coscienza: "prima riflessione"), o
b. dopo averlo compiuto (=autocoscienza: "seconda riflessione"); oppure
2. Sulla propria natura, per conoscere cio la propria natura o "essenza" mediante una
riflessione razionale che, come vedremo, assume la forma di una subtilis e dificillima
inquisitio.
Con tutto ci per si operato un fondamentale spostamento teoretico: la spiritualit
dell'intelletto umano completamente diversa da quella dell'angelo. O meglio, l'uomo non
un angelo pi un corpo, non la somma di due sostanze separate, una spirituale e l'altra corporea.
La spiritualit dell'operazione intellettiva dunque legata per Tommaso alla capacit
dell'operazione intellettiva stessa di operare su se medesima: nessun corpo pu infatti agire
54
Fra i moderni Cartesio col suo cogito ergo sum res cogitans afferma invece esattamente quanto affermavano i
neoplatonici medievali. Che l'uomo cio capace di conoscere per intuizione diretta la sua essenza di sostanza
pensante. Teologicamente parlando, dunque, l'errore di Cartesio che confonde l'uomo con l'angelo. Ontologicamente parlando, lerrore quello di aver confuso un trascendentale dellente (cosa) con una categoria (sostanza). Logicamente parlando, aver confuso una legge logica (la legge della logica dei predicati, definita come
principio di generalizzazione esistenziale (Pa xPx, per P preso come pensare e per a preso come io:
se io penso, allora esiste qualcosa che pensa), ovvero una tautologia (certezza logica, sufficiente per risolvere
il dubbio scettico agostiniano, ma non per risolvere il dubbio metodico cartesiano, visto lerrore logico soggiacente), con una legge metafisica (certezza ontologica), come gi Gassendi che sar stato anche un epicureo e bieco materialista, ma la logica la sapeva gli rimprover da subito, e come Kant esplicit magistralmente nei suoi famosi paralogismi della Ragion Pura. Chiss: se Descartes si fosse limitato a essere quel gran
matematico che fu, uno dei padri della matematica e della scienza moderna, forse sarebbe stato meglio per tutti.
45
immediatamente su se stesso, n sul proprio atto, se non parzialmente ed indirettamente. Attraverso, cio, il controllo esercitato da un organo del corpo su un altro (S.c.Gent., II,49,
1254s. La dimostrazione presa da Aristotele, rispettivamente, Phys. VIII,5,257a,33-b,13; e
ivi V,2,225b13-226a,23).
Coscienza, autocoscienza, da una parte (=conoscenza soggettiva), conoscenza concettuale degli oggetti naturali e capacit di conoscere concettualmente anche la propria natura
umana (=conoscenza oggettiva), dall'altra, non sono dunque altro che diverse espressioni di
questa capacit delle facolt razionali di esercitare un'immediata "azione" sul proprio atto.
Una facolt spirituale insomma tale perch opera immediatamente su se stessa capace
cio di azione immanente immediata. In questo modo la via oggettiva e quella soggettiva per
la dimostrazione della spiritualit dell'anima manifestano la loro sostanziale unit nella sintesi
di Tommaso e con ci emerge anche l'assoluta genialit ed originalit della medesima, rispetto ai suoi predecessori, ma anche rispetto a una miriade di suoi successori!
E' bene dunque, per non creare sostanziali equivoci che esporrebbero la dottrina tomista
ad una confutazione che non le spetta, non definire il terzo argomento tomista per dimostrare
la spiritualit dell'anima, argomento dell'autocoscienza, ma piuttosto argomento dell' immanenza immediata o argomento dell'immediato dominio dell'anima umana sul proprio
atto intenzionale. Un auto-controllo, dunque, che non mediato, come nel caso di un qualsiasi organismo vivente sub-umano, da una gerarchia di organi l'uno che controlla l'operazione
dell'altro, o, come oggigiorno in un qualsiasi sistema a controllo automatico (si pensi ad un
servo-meccanismo o ad un computer) da una gerarchia di sotto-sistemi in cui uno controlla la
funzione eseguita dall'altro. Bens un auto-controllo immediato, che non passa cio attraverso
alcun organo o gerarchia di essi. Questa l'essenza per Tommaso di un'operazione spirituale.
Qualcosa insomma, e questa l'ultima notazione da farsi al riguardo, che concerne lo specifico della facolt razionale, tanto nell'operazione cognitiva (dell'intelletto), quanto nell'operazione deliberativa (della volont).
2.5.3
UNA PRIMA DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI "ENTE SPIRITUALE" MUTUATA DAL NEO-PLATONISMO
L'affermazione della spiritualit dell'anima razionale dall'interno della psicologia aristotelica dipende dunque, almeno storicamente55, dall'interpretazione dei filosofi spiritualisti arabi della dottrina aristotelica, sebbene al prezzo di affermare l'unicit metafisica dell'anima
razionale per tutti gli uomini. D'altra parte, quest'interpretazione dei filosofi arabi ha una sua
intrinseca coerenza. Se tipico di un'anima razionale di conoscere per universali e la materia
principio di individuazione, nessun individuo umano in quanto tale, proprio perch fatto di
materia, pu pensare per universali. C' un unico intelletto, immateriale dunque metaindividuale che pensa per tutti. Effettivamente, al di fuori della dottrina tomista, riesce molto
difficile trovare una soluzione diversa da questa, che e resta sostanzialmente una dottrina
neo-platonica, che nega unindividualit dellanima spirituale (da cui il suo essere separata
dagli individui umani), tanto per i classici come per i moderni.
Allora, per comprendere l'originalit teoretica della soluzione tomista spiritualit ed
insieme individualit dell'anima umana, ovvero, anima=forma sussistente (o id quod) ed insieme anima=forma sostanziale di (ovvero, appartenente intrinsecamente a) un corpo, o id
quo , la via migliore proprio quella di un confronto diretto fra la dottrina tomista e quella
neo-platonica.
55
Se poi possa dipendere teoreticamente anche dalla stessa dottrina aristotelica considerata in quanto tale, una
questione che lascio agli storici ed agli interpreti di Aristotele. Non c' dubbio infatti che l'operazione intellettiva
sia immateriale per Aristotele, ma che questo sia sufficiente a dimostrare anche, dall'interno del sistema Aristotelico, la capacit di sussistenza dell'anima razionale dopo la morte un'altra questione...
46
In altri termini, "ritorno completo" non significa altro per una cosa che "sussistere in se
stessa", essere sostanza (S.Th., I,14,2c). Una sostanza capace di conoscere la propria essenza
una sostanza semplice (=non composta di materia e di forma, ma solo forma), ovvero una
forma sussistente. Tommaso, molto appropriatamente, per illustrare questa definizione, cita
l'altro testo di Proclo, dove, molto evocativamente, si definisce una sostanza (hypostasis) spirituale un authypostaton. Cos dice Tommaso:
Per terza proposizione (di Proclo) prendiamo la quarantatreesima del suo libro che afferma: ogni cosa
che si converte a se medesima la definiamo "autoipostasi" cio sussistente per se stessa. Il che si prova
dicendo che ogni cosa si converte a ci che la sostantifica (per esempio, l'accidente si converte alla sostanza: cfr. n.311). Quindi se qualcosa si converte a se stesso secondo il proprio essere, necessario che
sussista per se stesso (In de Causis, XV,xv,304).
cio sussiste, altrimenti, dice Proclo, l'operazione sarebbe pi perfetta della propria sostanza,
il che assurdo56. Da questa teoria generale delle sostanze spirituali, la dottrina procliana sull'anima pu riassumersi in tre punti fondamentali (ivi, 308-311):
1. L'anima come ogni ente spirituale conosce la propria essenza;
2. Quindi la conosce non solo attraverso la propria operazione, ma per essenza;
56
La dottrina del De Causis riguardo la reditio completa viene cos sintetizzata in un testo della Summa Theologiae (I,14,2, ad 1), in risposta ad un'obiezione secondo la quale, partendo proprio dal De Causis, si vuole negare
a Dio la reditio completa (Dio non pu mai uscire da S, quindi come si pu affermare che ritorni alla Sua essenza?). Per quanto riguarda la prima obiezione bisogna dire che ritornare alla propria essenza non significa
nient'altro che affermare che la cosa sussiste in se stessa. La forma infatti, in quanto attualizza (perficit) la materia dando ad essa l'essere, in qualche modo si diffonde sopra di essa. In quanto invece ha l'essere in se stessa,
ritorna in se stessa. Le facolt conoscitive che non sono sussistenti, ma atti di un qualche organo, non conoscono
se stesse, come evidente nei singoli sensi. Ma le facolt conoscitive che sono sussitenti per se stesse conoscono se stesse. E per questo si dice nel libro De Causis che ci che conosce la propria essenza, ritorna alla sua
essenza. Il sussistere per se stesso conviene massimamente a Dio. Quindi, secondo questo modo di parlare, Egli
Colui che massimamente ritorna alla Sua Essenza e conosce Se stesso".
47
3. Convertendosi cos a se stessa, mostra di essere una sostanza semplice, che sussiste
per se stessa, "come se non avesse bisogno della materia per sostentarsi". Quindi
l'anima separabile dal corpo.
Ora, commenta Tommaso, proprio sulla prima affermazione che occorre soffermarsi
con attenzione. Mentre infatti la predetta concezione nei suoi tre momenti perfettamente
applicabile al Primo Intelletto, quello Divino, che, per essenza conosce solo se stesso, e, in se
stesso, conosce anche tutte le altre cose (cfr. S.Th., I,14,2c), cos da essere la perfetta Forma
Intellegibile, per le intelligenze create occorre specificare ulteriormente.
1. Per le sostanze separate, vero che esse partecipano tanto dell'intellegibilit quanto
della capacit intellettiva divine. In questo modo, ciascuna conosce se stessa per essenza, sebbene non possano conoscere nella propria essenza le essenze di tutte le cose, ma abbiano bisogno di specie (derivate per illuminazione da Dio e dalla sostanza
superiore) per conoscere le altre cose (cfr. S.Th., I,56,1c; 87,1c;). In altri termini, la
sostanza separata:
a. nell'ordine dell'ssere, si converte a se stessa ( sussistente);
b. nell'ordine dell'operazione, si converte a se stessa per essenza (= forma pura, non
unita ad un corpo) per conoscere la propria essenza, e si converte alla forma di ordine inferiore per illuminarla attraverso le specie (S.Th., I,106,1c e paralleli).
2. Per l'anima umana, invece, vero che essa partecipa per essenza soltanto della capacit intellettiva divina, ma non partecipa dell'intellegibilit. Quindi non pu conoscere
se stessa per essenza, ma solo attraverso i suoi atti. In altri termini, l'intelletto umano,
dice Tommaso, citando Aristotele (De An., III,4,430a1-2), essendo in potenza, realizza l'identit fra intellezione ed intellegibile soltanto quando attualizzato mediante la
specie intellegibile ricevuta dall'intelletto agente, che a sua volta l'ha astratta dai sensi,
che a loro volta la derivano dalla realt.
Ciascuno di noi, insomma, cosciente di se stesso solo quando conosce qualcosa di diverso da s. La nostra conoscenza di noi stessi cio non intuitiva, ma riflessa. Mi accorgo di
esistere solo quando mi accorgo dell'esistenza di qualcosa di diverso da me: basta pensare a
come mi sveglio al mattino. Quindi l'intelletto umano conosce se stesso, primariamente
(=prima riflessione), solo conoscendo qualcos'altro da s. Esso conosce se stesso per riflessione non per essenza, ovvero conosce se stesso (=riflette su di s) mentre sta conoscendo
qualcos'altro da s, attraverso la propria conversione ai fantasmi della sensibilit. Solo secondariamente l'intelletto pu ritornare sul suo proprio atto (=seconda riflessione), per divenire
oggetto esplicito di conoscenza a se stesso. Ma tale riflessione, essendo secondaria e mediata
(suppone la prima e la conversio ad phantasmata), non porter mai ad un'intuizione diretta e
completa, autocosciente, della propria essenza. Se vuole arrivare alla conoscenza della sua
essenza, l'intelletto umano deve percorre una strada diversa da quella dell'autocoscienza.
Ecco, comunque, un altro testo, tolto dalla Metafisica, dove Aristotele illustra il medesimo
principio:
L'intelletto conosce se stesso in quanto partecipa degli intellegibili giacche' esso stesso diventa intellegibile venendo a contatto col suo oggetto e pensandolo, di modo che intelletto ed intellegibile vengono ad identificarsi (Metaph., XII,7,1072b,20s).
Viene cos da Tommaso genialmente trovata la chiave teoretica per comprendere il rapporto intelletto spirituale-corporeit, almeno dal punto di vista dell'operazione intellettiva.
Poich l'intelletto conosce il proprio atto mentre lo compie esso spirituale. Siccome per
questa unione intellezione-intellegibilit viene realizzata episodicamente ogni volta che l'intelletto possibile (=la mia capacit di capire) attualizzato da una specie intellegibile o "idea", astratta dai sensi dall'operazione dell'intelletto agente, l'intelletto in questo modo non co48
Prima di passare ad un testo, di nuovo, del De Veritate (X,8) in cui Tommaso stesso
riassume molto chiaramente la sua posizione riguardo all'evidenza soggettiva della spiritualit dell'anima umana, bisogna ricordare come la dottrina neo-platonica dell'intuizione diretta
della propria essenza spirituale sia stata fatta propria da Agostino come prova essenziale della
spiritualit dell'anima stessa. Infatti, l'articolo del De Veritate scritto da Tommaso proprio
per integrare e correggere questa posizione estrema del grande teologo dell'antichit cristiana.
Affermava infatti Agostino in un testo riportato da Tommaso:
La mente come raccoglie notizie delle cose corporali per i sensi del corpo, cos quelle delle incorporali
per se stessa. Quindi l'anima conosce se stessa per se stessa, poich incorporea (De Trinitate, IX,3,2).
Tommaso sintetizza le due posizioni opposte, stavolta quella agostiniana e quella aristotelica, distinguendo a questo proposito fra presenza abituale e presenza attuale dell'anima a
se stessa. Come vedremo, ben lungi dall'essere un artificio dialettico, tale distinzione rilegge
la via neo-platonica dall'interno della via aristotelica, riducendo le false (e pericolose, come il
resto della storia della filosofia dimostrer) pretese della prima e completando le affermazioni
della seconda.
1. Presenza abituale dell'anima a se stessa57, ovvero l'autopossesso (ogni "abito" intellettivo un modo di "aversi" da parte dell'intelletto: cfr. nota precedente) che per
natura ciascuno di noi, in condizioni normali, ha della propria vita psichica, cosicch
sia in grado di esserne consapevole senza dover imparare a farlo. Non si tratta cio di
un "abito acquisito" come quello, per esempio, che mi rende capace di eseguire e dominare completamente certe operazioni matematiche, ma di una disposizione innata.
La presenza abituale dell'anima a se stessa perci incondizionata o per se stessa, o,
appunto, per essenza. Da essa, conclude Tommaso, derivano quegli atti nei quali essa percepisce se stessa attualmente. Come si vede, siamo ben lungi qui, non solo dall'affermare che l'anima umana conosca se stessa attualmente per essenza, ma sopratutto siamo ben lungi dall'identificazione moderna dello "spirituale" o, peggio, dello
"spirito" con l'"autocoscienza".
Forse per qui siamo in presenza di qualcosa di pi essenziale che tocca la definizione stessa della "spiritualit" in quanto tale, come propriet intrinseca a tutte le facolt spirituali dell'anima razionale, tanto cognitive quanto volitive. Qualcosa dunque che
ci rimanda al centro stesso della dimostrazione della spiritualit di queste operazioni, evidenziandone la loro radice comune. Infatti, se con "abito entitativo" o "innato" si intende
un modo di "aversi", di possedersi di un soggetto vivente rispetto a se stesso, la dipendenza della dimostrazione della spiritualit dell'anima dalla dimostrazione della capacit di
un dominio immediato (che non dipende dalla gerarchizzazione degli organi) delle sue facolt sul proprio atto - dipendenza che abbiamo gi pi volte evidenziato, e di cui la coscienza e l'autocoscienza non sono che espressioni particolari - potrebbe essere la chiave
di volta dell'intera questione della spiritualit dell'anima presa alla sua radice. L'abitualit
57
Il nome abito viene da avere. Da esso per deriva una duplice nozione di abito: in un modo, secondo che un
uomo o qualsiasi altra cosa vien detta avere qualcosa. Nell'altro modo, secondo che qualcosa si ha in se stessa
o verso qualche altra cosa (S.Th., I-II,49,1c). L'abito in questo secondo senso significa dunque un aversi e si
distingue dalla categoria dello abito di cui parla Aristotele nella sua Tavola che indica invece una relazione fra
avente ed avuto (come quando diciamo per esempio che un animale corazzato o bipede, il che significa ha una corazza, ha due gambe) e dunque una relazione fra due cose o due parti di una medesima cosa.
L'abito nel senso di aversi non implica alcuna relazione di possesso fra due cose distinte, indica invece una
disposizione stabile, una qualit di un soggetto vivente o verso se stesso o verso altro da s. Tutti gli abiti intellettivi sono di questo secondo tipo. P.es., essere matematico significa possedere la scienza matematica in abito, cosicch io posso comprendere o eseguire operazioni matematiche ogni volta che lo voglia. L abito matematico un nuovo modo di avermi, in relazione ai numeri. A loro volta, questi abiti si distinguono in: 1)
operativi, che riguardano cio le operazioni di un soggetto e quindi il suo modo di aversi rispetto ad altro - e
questi sono tutti gli abiti cognitivi (di scienza) e pratici (virt e vizi) acquisiti, che presuppongono cio l'esercizio di qualche atto per conseguirli; e 2) entitativi, che riguardano cio un modo di aversi di un soggetto rispetto a se stesso. A questo tipo di abiti appartengono dunque tutte le disposizioni o predisposizioni naturali di
un soggetto (p.es., tutti i cosiddetti fattori genetici o la cosiddetta ereditariet). Questi ultimi abiti sono perci innati e solitamente non riguardano la sola anima razionale, ma tutto il composto umano, anima e corpo.
La presenza abituale dell'anima a se stessa uno di questi abiti innati. Per l'appunto per, ha la sua sede nell'anima razionale in quanto tale.
50
della presenza dell'anima a se stessa direbbe cio qualcosa di pi, di molto di pi, rispetto
di una pura e semplice disposizione innata a conoscersi da parte dell'anima. Si potrebbe
parlare di una disposizione immediata ed innata della sostanza spirituale ad operare sul
proprio atto, a controllarlo immediatamente. Una disposizione di cui coscienza ed autocoscienza non sono che particolari attuazioni e neanche le pi importanti. Ecco comunque
un testo di Tommaso, tolto sempre dal De Veritate (XXII,12), in cui Tommaso si muove
in questa direzione di ricerca:
Compete alle potenze superiori, per il fatto che sono immateriali, che riflettano sopra se stesse, e l'una
sull'altra, e sull'essenza dell'anima e su tutte le sue facolt. Quindi tanto la volont come l'intelletto riflettono ambedue su se stesse, e l'una sull'altra e sopra l'essenza dell'anima e sopra tutte le sue facolt. L'intelletto infatti conosce se stesso, e la volont e l'essenza dell'anima e tutte le facolt. La volont similmente vuole di volere (vult se velle), vuole che l'intelletto comprenda, vuole l'essenza dell'anima, e cos
anche per le altre (facolt).
Questa precisazione dunque fondamentale, perch in continuit col nucleo della dottrina dell'essenza spirituale dell'anima come forma di un corpo e non come sussistente in
forma indipendente da esso. Ma con ci siamo passati gi all'altra forma di conoscenza della
spiritualit della propria anima, quella mediata dall'analisi razionale. Siamo passati cio, alla
conoscenza della quidditas, del "che cos' l'anima", della sua essenza. Un'essenza, che come
58
Cfr. C.FABRO, Orizzontalit e verticalit nella dialettica della libert, in Riflessioni sulla libert, Perugia, 1983,
39s.
51
ogni altra, prima appresa dall'intelletto, quindi formulata mediante giudizi, ma, in ogni caso,
non pi solamente "percepita" dal singolo individuo.
2.5.6
Questa conoscenza, come dicevamo, ha due momenti, come ogni altra conoscenza di
essenze di enti, sebbene non avvenga per un processo astrattivo dai dati sensibili, ma si svolga esclusivamente all'interno della sfera razionale.
1. Apprensione dell'essenza spirituale dell'anima: nell'atto di conoscere intellegibilmente, mediante le specie intellegibili astratte dai dati, l'anima apprende la propria
essenza spirituale. Infatti, ritrovandosi capace di conoscere universalmente e necessitativamente a partire da esperienze particolari e contingenti, essa apprende l'essenza
spirituale della propria operazione di pensiero e quindi del suo principio ontologico
che l'anima razionale.
2. La definizione e lindagine oggettiva dell'essenza spirituale dell'anima: la definizione
dell'essenza dell'anima non invece cos nota come la sua apprensione, altrimenti non
vi sarebbe tale disparit di opinioni a riguardo. Infatti, per esempio, si potrebbe, come
Platone e Cartesio, affermare che quell'universalit della conoscenza razionale dipende da idee che l'anima ha "contemplato" o "ricevuto" dal di fuori del corpo e non
ha astratto dai sensi. Allora saremmo e realisti logici in ontologia e dualisti in antropologia, affermando la sussistenza separata dell'anima dal corpo anche prima della
morte, diventando cio incapaci di fondare lindividualit dellanima umana. Oppure,
potremmo tentare di far dipendere quell'universalit dal modo dell'intelletto di relazionarsi a se stesso, ovvero dall'universale appercezione o coscienza (il percipit se intelligere di Tommaso) che accompagna la conoscenza individuale: ed allora saremmo
kantiani, e concettualisti in ontologia, negando in via di principio la possibilit di una
metafisica su base naturale ed in particolare la possibilit di unantropologia metafisica su questa base. La spiritualit dell'anima, in questo caso, potr essere solo postulata
per fede, mai dimostrata. Oppure potremmo mettere in dubbio che l'universalit della
conoscenza razionale sia una vera universalit. Essa potrebbe essere una semplice illusione psicologica legata al principio di associazione (Hume) o ad un'"astuzia della
ragione", almeno finch essa venga intesa come facolt individuale (Hegel). Avremmo allora due possibilit: o negare la spiritualit individuale dell'anima, in nome dello
Spirito Assoluto, per salvare l'universalit dell'idea (=idealismo assoluto); oppure negare il fondamento dell'universalit della ragione per fare di questa una semplice pretesa della "volont di vivere" dell'uomo o della sua "volont di potenza", ed allora
sceglieremmo il versante volontarista-esistenzialista.
2.6
Come si vede, il punto di distinzione fra la via soggettiva tommasiana alla dimostrazione della spiritualit dellatto intellettivo bene attenta, rispetto a quella moderna a non confondere mai natura e funzione. E la capacit di riflessione immediata (non-organica)
dellintelletto su proprio atto a fondare ontologicamente le funzioni della consapevolezza
prima (coscienza) e seconda (autocoscienza), intese come altrettante funzioni o facolt
dello stesso intelletto. Agere sequitur esse, lazione e la facolt consegue alla natura e non
viceversa: in questo senso, dunque, la coscienza non avr mai funzione non solo trascendentale, ma neanche costitutiva nel senso della Stein, della sua originariet rispetto
allindagine ontologica. Ed in fondo, a ben guardare, cos anche per la Stein stessa, una volta che come ci ricordava Sepp lei rifiuta recisamente la rinascimentale centratura sul
soggetto e, coerentemente a questa scelta, come ella stessa stavolta afferma, individua nello
essere e non nella oggettit husserliana il proprium dellindagine ontologica. In altri ter52
Come abbiamo pi volte anticipato nel corso di questo saggio, la logica simbolica non
sidentifica con la logica matematica tout court. Semplicemente la matematica stata la prima scienza ad essere assiomatizzata (si pensi agli Elementi di Euclide) e dopo Frege ad essere
completamente simbolizzata e formalizzata, dando alle scienze matematiche, teoriche ed applicate, quella capacit di diffusione universale, che, come gi detto, alla base della globalizzazione tecnico-scientifica contemporaneo. Ora, non che i linguaggi poetici, o quelli religiosi, o quelli filosofici, o pi in generale i linguaggi ordinari delle diverse culture siano illogici o irrazionali, dunque insensati, come il movimento neopositivismo sulla scia del Tractatus di Wittengstein affermava. Essi sono chiaramente dotati di unintima coerenza, tanto che
sono oggetto dinsegnamento e di tradizione o, addirittura, come nel caso delle religioni istituzionalizzate, esistono delle autorit in grado di segnalare quando una determinata dottrina
viola le regole di quel dato linguaggio religioso, diventando cos eretica. Semplicemente
linguaggi poetici, religiosi, come in genere tutti i linguaggi delle discipline umanistiche, ontologia(e) e metafisica incluse, seguono diverse regole logiche59 da quelle della logica matematica. Delle regole che sono altrettanto simbolizzabili, assiomatizzabili e quindi formalizzabili
quanto quelle delle logiche estensionali costituiscono cio un calcolo, o, in termini leibniziani, una characteristica , cos da rendere reciprocamente confrontabili le discipline e le
dottrine che ad esse si rifanno quanto lo sono le discipline scientifiche che usano le logiche
estensionali del linguaggio matematico, superando comunque in ambedue i casi, grazie alla
formalizzazione, barriere ideologiche, culturali, linguistiche. Il passaggio dal cosiddetto
primo (quello del Tractatus) e secondo (quello dei Quaderni) Wittengstein che distingue
fra vari giuochi linguistici ognuno con le sue regole esemplifica questa presa di consapevolezza che alle base del fiorire delle ricerche delle logiche intensionali a partire dalla seconda
met del 900, fino allo sviluppo dellontologia formale.
3.1.1
Regole e non leggi: le leggi logiche sono sempre le medesime e non variano mai per i diversi linguaggi. Ci
che cambiano sono le regole, ovvero lapplicazione delle leggi logiche a determinati contesti e usi linguistici.
53
Con sistema formale sintende nella logica moderna un calcolo formale per il quale si
possono fornire diverse interpretazioni che corrisponderanno ad altrettante teorie formalizzate. Un sistema formale costituisce dunque una sorta di struttura formale valida per
uninfinit di teorie formalizzate che useranno questa struttura.
Da un altro punto di vista, si pu dire che una teoria costituisce un linguaggio formalizzato ovvero un particolare modello o interpretazione di un sistema formale in cui i termini e/o
le proposizioni che appartengono a tale linguaggio sono tutti rigorosamente dichiarati, o definiti, o dimostrati, man mano che vengono aggiunti al linguaggio stesso.
1. Innanzitutto, in tale linguaggio formalizzato e in un sistema formale, ovviamente
devono essere dichiarati quelli che sono i primitivi di quel linguaggio, ovvero termini e/o le proposizioni elementari (soggetto - predicato) che non vengono rigorosamente definiti allinterno del linguaggio, ma che si suppongono conosciuti, visto che
saranno usati per costruire gli assiomi, le regole e le definizioni che costituiranno le
proposizioni-base del sistema formale. Nel caso di una qualsiasi teoria fisica, per esempio, sar un termine primitivo quello che denota la nozione di materia, mentre,
dopo la relativit speciale, non lo saranno pi i termini di massa e di energia che
al tempo di Newton si pensavano fossero termini primitivi, irriducibili. Nel caso
dellontologia, invece, per rimanere nel nostro argomento, ci ha insegnato Tommaso,
saranno termini primitivi quelli che denotano la nozione di ente e tutti gli altri termini che denotano le nozioni cosiddette trascendentali. Infatti tutte le ontologie di
qualsiasi filosofia parlano dellente, sebbene differiscano anche profondamente le une
dalle altre per le definizioni (si pensi, p.es., alle profonde differenze fra ontologie materialiste, idealiste, etc.), gli assiomi (p.es., lassioma platonica di partecipazione
formale, non quello tommasiano di partecipazione dellessere e ambedue non
trovano posto nellontologia aristotelica) e le regole di dimostrazione (p.es., tutte le
ontologie che accettano il metodo dialettico hegeliano sono dette non-scotiste)60,
che ciascuna ontologia usa nel trattare gli enti. Viceversa ha logicamente ben poco
senso dire con la Stein e la fenomenologia che essere e i suoi equivalenti costituiscano le categorie fondamentali dellontologia formale. Se non si vuole denotarli
con il termine trascendentali, benissimo, chiamiamoli pure primitivi di ogni ontologia, ma definirli come categorie crea delle pericolosissime confusioni semantiche, perch le categorie sono generi supremi, come la Stein medesima ammette e
definire lessere un genere vuol dire essere razionalisti, cosa che la Stein n alcun
fenomenologo vuole certamente essere. Come si vede, la formalizzazione pu servire
a far chiarezza anche in fenomenologia.
2. Al di l dei primitivi, ci che caratterizza un sistema formale e quindi un linguaggio
formalizzato sono poi le cosiddette proposizioni-base di esso:
a. Fra di esse, innanzitutto, vi sono gli assiomi, proposizioni non dimostrate entro
quel linguaggio da cui formare per dimostrazione successive proposizioni. Come
sappiamo, essenziale per la rigorosa costruzione di un linguaggio formale che i
suoi assiomi siano in numero finito, che sia dimostrabile la loro reciproca
non - contraddittoriet e che siano effettivamente tali, ovvero non deducibili dagli
altri assiomi del linguaggio.
b. Altro tipo di proposizioni-base sono le definizioni dei termini e delle operazioni
usati per le deduzioni.
60
54
c. Vi sono poi le regole di formazione, mediante cui le definizioni e le altre proposizioni-base sono costruite a partire dai termini primitivi.
d. Vi sono infine le regole di deduzione mediante cui altre proposizioni verranno
successivamente e non ambiguamente dedotte a partire dagli assiomi e dalle definizioni.
3. Tutte le altre proposizioni costruite a partire dalle proposizioni-base costituiranno
cos altrettanti teoremi di quel linguaggio formale. Fra di essi, i teoremi da cui, applicando le regole di deduzione, altri teoremi possono essere dedotti, si definiranno
lemmi.
Alla luce di questi principi fondamentali, con una teoria T sintende un linguaggio che
parla di un certo, limitato, universo di oggetti, ovvero un insieme di proposizioni che, data
linterpretazione I su quelluniverso (o interpretazione standard), risultano in esso vere:
T = {a: I(a)=1}
P.es., tutte le proposizioni vere dellaritmetica elementare, laritmetica intuitiva che tutti usiamo, sono considerate linterpretazione standard I della teoria dei numeri naturali.
Come si appena detto, il tentativo di giungere allassiomatizzazione di una teoria,
muove dallesigenza (o almeno dalla speranza) di derivare mediante un procedimento nito
di dimostrazione, basato quindi selle regole logiche della deduzione tutte le proposizioni
vere esprimibili nel linguaggio formalizzato della teoria stessa, a partire da un insieme di
proposizioni-base privilegiate o assiomi. Per questo, alla denizione generale di teoria, sopra
introdotta, che si basa sulla verit delle proposizioni alla luce di uninterpretazione della teoria, occorre afancare anche una denizione di teoria basata sulla deducibilit logica o dimostrabilit delle proposizioni (a partire dagli assiomi) che sono presenti nella teoria stessa.
Questo secondo modo di denire una teoria, sulla base della dimostrabilit, viene detto
denizione modellistica di teoria.
In altri termini, chiaro che linsieme delle formule {a} di cui T costituisce una interpretazione vera pu essere anche un sistema formale, in tal caso T sarebbe una T formalizzata.
Nel caso delle ontologie, per esempio, potremmo definire interpretazione standard I di
tali teorie T le ontologie stesse in quanto espresse in linguaggio ordinario. Sarebbero ontologie formalizzate quelle medesime teorie in quanto riscritte come altrettanti modelli o interpretazioni di particolari sistemi formali di logica modale che costituiscono la struttura formale di
dimostrazione tipica di ogni ontologia61. Come vedremo subito, nel caso di ontologie fondamentali o teorie metafisiche, esse saranno particolari interpretazioni del sistema S5 di logica
modale, con tutte le sue possibili varianti. Questo ci aiuter immediatamente a vedere al livello pi profondo i rapporti di similarit fra le varie ontologie.
Diamo perci una definizione modellistica di teoria. In base alla precedente definizione
di T, esiste il problema di trovare linsieme delle proposizioni vere che corrispondono a T
mediante una procedura finitistica, ovvero, con un numero comunque finito di passi, evitan-
61
Come si vede, lontologia formalizzata in grado di applicarsi tanto alla distinzione fenomenologica fra ontologia formale e ontologie materiali, quanto alla distinzione scolastica moderna, ma perfettamente compatibile
con la sua fonte tommasiana, fra metafisica (ontologia) generale e metafisiche (ontologie) speciali e le loro soggiacenti strutture logico-formali.
55
do cio quello che classicamente veniva definito un regresso allinfinito, nella ricerca dei
principi.
Esiste cio la necessit di un assiomatizzazione delle teorie, di derivare cio tutte le
proposizioni vere, , in una teoria, esclusivamente da un insieme finito di proposizioni-base
privilegiate, in particolare gli assiomi, supposti veri per quelluniverso di oggetti di cui parla
la teoria . Di qui la definizione modellistica di teoria assiomatizzata, A (T), usando la nozione
di per s infinitaria cio semanticamente (non sintatticamente come le tautologie) vera in tutti
gli infiniti mondi possibili, di conseguenza logica (simbolizzata in logica con ):
T = {a: A (T)a}
Dove con conseguenza logica o implicazione formale sintende la conseguenza vera
di unimplicazione che, a differenza della conseguenza di unimplicazione materiale (cfr. la
tavola di verit del connettivo dellimplicazione materiale in Tavola 4), pu essere implicata solo da premesse a loro volta vere.
Di qui la definizione di T come chiusa rispetto al nesso di conseguenza logica, ovvero
ogni proposizione che una conseguenza logica delle premesse della teoria appartiene alla
teoria. Se T fosse anche completa, ovvero se fosse vero anche che le sue conseguenze coprono la totalit delle proposizioni vere in I, allora la T assiomatizzata coinciderebbe con quella
non assiomatizzata: T I.
I teoremi di Gdel dimostrano invece che la completezza impossibile per le teorie
formalizzate, proprio a partire dalla teoria assiomatizzata della aritmetica elementare. Essi
dimostrano infatti che non tutte le proposizioni vere dellaritmetica elementare sono decidibili (dimostrabili) nellaritmetica assiomatizzata (ovvero nell aritmetica secondo la formalizzazione di Peano). Siccome un precedente teorema di Gdel (teorema di codifica goedeliana)
che fra laltro alla base dellinformatica, dimostra che qualsiasi linguaggio formalizzato
pu essere codificato in termini aritmetici (codifica numerica), i teoremi di incompletezza di
Gdel acquistano valore di teoremi di limitazione universale per qualsiasi linguaggio formalizzato o teoria assiomatizzata. Vediamo sinteticamente questo punto essenziale in relazione a
ci che qui ci interessa, la formalizzazione delle teorie ontologiche.
3.1.2
Generalmente le teorie scientifiche sia teoriche che applicate sono teorie formalizzabili
allinterno del calcolo dei predicati del primo ordine dove, cio, gli argomenti dei predicati
(costanti predicative) e quindi dei quantificatori che li vincolano sono sempre variabili terminali, termini che denotano individui. Viceversa, tanto le teorie dei fondamenti, come in generale tutte le teorie ontologiche sono generalmente formalizzabili allinterno del calcolo dei
predicati (almeno) del secondo ordine. Chi sa di logica capisce immediatamente il perch: in
ogni caso lo spiegheremo questo perch fra poco.
Nel calcolo dei predicati del secondo ordine, gli argomenti di predicati e quantificatori
possono invece anche essere variabili predicative, ovvero simboli che denotano classi e insiemi, nella teoria dei fondamenti delle scienze logiche e matematiche, che denotano propriet e generi naturali nel caso delle scienze ontologiche. In ogni caso, siffatte variabili predicative devono essere argomento di predicati (costanti predicative) e quantificatori di ordine logico pi alto.
P.es., tesi tipica della teoria dei fondamenti della logica dei predicati il cosiddetto
principio degli indiscernibili formulato da Leibniz secondo il quale due individui sono iden-
56
tici se tutti i predicati che convengono ad uno convengono ad uno convengono anche
allaltro, ovvero:
y :
x, y Px
Py
Dove si vede che il primo quantificatore universale ha per argomento una variabile predicativa P, dunque un quantificatore che opera ad un ordine logico pi alto di P, mentre il secondo quantificatore universale ha per argomento variabili terminali, argomento del predicato
P.
Dal punto di vista ontologico chiaro che tutte le ontologie che considerano gli universali come entit reali (concettualismo, logicismo, naturalismo) devono necessariamente poter
considerare i predicati come altrettanti possibili argomenti di quantificatori e predicati, almeno del secondo ordine. Viceversa tutte le ontologie nominaliste che considerano gli universali
come convenzioni linguistiche, dovranno vietare luso dei quantificatori (e predicati) al secondo ordine: esistono solo individui. Ovviamente, andando contro una falsa convinzione
molto diffusa fra filosofi che disdegnano la logica, il platonismo (= realismo logicista) non
lunica alterantiva al nominalismo
In ogni caso, dal punto di vista logico formale, della semantica formale, la distinzione
fra i diversi ordini di predicazione ci porta a considerare la nozione di categorie e gradi semantici, approfondita e sviluppata da Husserl, corrispettivo semantico della nozione sintattica russelliana di tipi logici (Bochenski, 1995, p. 114-116). Fondamentale regola dei gradi semantici, come della teoria dei tipi logici, che per garantire che le proposizioni del sistema
formale di calcolo dei predicati che si sta sviluppando siano dotate di senso, necessario che
le costanti con cui si sostituiscono le variabili argomento dei predicati siano ambedue del medesimo grado/categoria semantica (o tipo).
P.es., nella funzione proposizionale x fuma, per ottenere una proposizione sensata,
vera o falsa che sia, x pu essere sostituita solo con termini del medesimo grado/categoria
semantico/a, in questo caso, variabili individuali con costanti individuali (ovvero nomi di individui, p.es., locomotiva, carta, farfalla, etc. non verbi o costanti predicative). Infatti,
la locomotiva fuma, la carta fuma, la farfalla fuma, sono tutte proposizioni dotate di
senso, anche se solo le prime due, in un contesto appropriato, hanno la possibilit di essere
vere, mentre la terza certamente falsa. Invece se sostituissimo x con un verbo, amare,
bere, etc. otterremmo proposizioni prive di senso: ama fuma, beve fuma, etc.
Quindi:
1. Due termini appartengono alla medesima categoria semantica se e solo se, sostituiti
alla stessa variabile otteniamo comunque proposizioni dotate di senso;
2. Una variabile pu essere validamente sostituita solo da termini appartenenti alla stessa categoria semantica.
Vicersa e complementariamente, per ottenere proposizioni dotate di senso indispensabile che il predicato appartenga ad un grado semantico pi alto del suo argomento:
1. Al I grado appartengono nomi di individui;
2. Al II grado appartengono espressioni composte da predicati e argomenti del I grado.
3. Al III grado appartengono espressioni composte da predicati, almeno un argomento
del II grado e, eventualmente anche argomenti del I grado, etc.
P.es., la classica antinomia semantica del mentitore (Io mento: se mente dice il vero, se dice il vero allora mente), conosciuta fin dal tempo dei sofisti che lhanno ideata, dipende dal fatto che nellespressione non si distinguono bene i gradi semantici coinvolti, come
57
invece lo sono nella seguente espressione: Io dico: Ho mentito. La distinzione dei gradi
semantici evidenziata dalle virgolette interne.
3.2
Di per s il teorema di Skolem riguarda solo laritmetica formalizzata di Peano, ovvero la teoria simbolizzata
e assiomatizzata dellaritmetica, esattamente come i teoremi di incompletezza di Gdel. Ma per il teorema della
codifica aritmetica di ogni linguaggio formalizzato dimostrato da Gdel stesso, nel 1929, due anni prima dei
suoi due famosi teoremi di incompletezza, tali teoremi e quello di Skolem, possono essere estesi a qualsiasi teoria formalizzata.
58
2. Se una teoria formalizzata categorica, quindi dotata di una grande, unitaria ampiezza esplicativa, vuol dire che basata su un metodo dimostrativo meno potente (calcolo dei predicati del secondo ordine). Ci tipico delle teorie del secondo ordine (e oltre), p.es., teorie logiche e matematiche del secondo ordine, teorie dei fondamenti delle varie discipline scientifiche, teorie di discipline umanistiche, anche filosofiche, etc.
Questo limite intrinseco alla formalizzazione significa che, sebbene esso sia un metodo
da seguire per aiutare la comprensione reciproca anche a livello di teorie filosofiche, dobbiamo essere consapevoli del limite di tale metodo e quindi scegliere volta per volta il miglior
compromesso fra forza dimostrativa e capacit (ampiezza) esplicativa della teoria.
Schematizzando, per le teorie basate sul calcolo dei predicati del primo ordine C, in base al teorema di Skolem:
Primo Teorema di Gdel
Completezza di C
Lo stato dellarte della logica formale contemporanea ci assicura cos che il processo di
formalizzazione o assiomatizzazione delle teorie un processo da una parte necessario
dallaltra inesauribile. Detto nei termini di Gdel: ci che possiamo conoscere molto pi di
quanto possiamo dimostare
3.3
3.3.1
Logiche estensionali
TEORIA ESTENSIONALE DEL SIGNIFICATO NEI LINGUAGGI SCIENTIFICI
Laltra grande differenza fra formalizzazione di una teoria scientifica e filosofica (ontologica) gi pi volte ricordata che mentre la prima usa una logica di tipo estensionale laltra
usa una logica di tipo intensionale. Cerchiamo dunque di comprendere bene alcune caratteristiche delle logiche estensionali in quanto formalizzate, per comprendere meglio alcune caratteristiche fondamentali della formalizzabilit delle logiche intensionali e quindi
dellontologia formale.
Nellambito della formalizzazione delle matematiche dopo Riemann e Peano che hanno
reso la matematica da scienza delle quantit una pura scienza delle relazioni, l'hanno resa
cio una disciplina puramente sintattica, il significato delle espressioni (termini, proposizioni,
termini primitivi inclusi) si riduce alluso corretto delle stesse allinterno del sistema formale.
Il significato dei termini cio non esprime altro che relazioni allinterno del medesimo linguaggio formale. P.es., nel modello standard dellaritmetica, gioca un ruolo fondamentale il
59
primitivo della relazione di successione (la relazione n+1) essenziale per la costruzione intuitiva dei numeri naturali in qualsiasi filosofia dellaritmetica, da Pitagora a Kant. Viceversa,
nellassiomatizzazione di Peano, lunico significato correttamente attribuibile a questo primitivo quello formalizzato nellassioma del successore della successiva teoria formalizzata da
Peano, di solito denotata con la sigla PA (Peanos Arithmetics), che esplicita luso corretto di
questa relazione allinterno del sistema, ovvero lassioma Sx+y = S(x+y), dove S la funzione
di successione e x e y sono due numeri naturali qualsiasi (p.es., nel caso in cui x=6 e y=13, ci
significa: S6+13 =S(6+13), ovvero 7+13=S19, cio 20=20, c.v.d.). Naturalmente, il fatto che
Gdel abbia dimostrato che PA incompleta e quindi non lunica teoria formalizzata
dellaritmetica intuitiva (interpretazione standard) causa lincompletezza di PA, significa che
possibile costruire altre (infinite: saranno tutte incomplete) aritmetiche formalizzate con diversi assiomi di successione (Cfr. (Perrone, 1995; Basti & Perrone, 1996).
Allinterno di un sistema formale, dunque, abbiamo un approccio puramente sintattico
al significato. I termini e le formule sono privi di per s di qualsiasi contenuto semantico e
valore denotativo di oggetti, il che significa che il sistema formalmente vero per tutti i mondi possibili solo in senso formale, in quanto cio consiste di un insieme di tautologie (cfr. i
giudizi analitici di leibniziana memoria).
3.3.2
Il grande contributo di Frege e Russell attraverso la loro teoria delle classi stato quello
di poter estendere la nozione estensionale di significato dalle scienze matematiche allanalisi
logica di qualsiasi forma di linguaggio fornendo la base per una formalizzazione rigorosa della logica formale classica dei predicati che interpreta i medesimi in forma di relazione fra i
termini (argomenti) che essi connettono tagliando via ogni riferimento ontologico e contenutistico. Per questo chi non consapevole di questa voluta riduzione metodica e usa questa analisi logica estensionale con finalit ontologica, deve essere consapevole che cos sta di fatto
sposando una metafisica relazionale dellente, una metafisica cio che riduce lessere (in particolare la sostanza) a relazione. Ed proprio perch, in quanto logico e filosofo con formazione matematica Husserl era ben cosciente di questo posit metodologico della teoria estensionale della predicazione in Frege e Russell che egli ha concentrato la sua attenzione sulla
logica dei contenuti (Inhaltlogik), solo che per questo non c bisogno n di rinunciare ai vantaggi della formalizzazione basta trovare quella giusta n a epoch fenomenologiche
sebbene si sempre liberi di farne per concentrare la propria attenzione sullanalisi
dellinteriorit soggettiva, estremamente ricca e suggestiva come abbiamo visto. Ovvero, non
c alcuna necessit logica di rinunciare a unontologia formale di tipo naturalista, che da
una parte possa porsi in continuit post-moderna con la metafisica classica di ispirazione aristotelico-tommasiana, dallaltra con la scienza moderna di tipo galileiano.
Quindi malgrado le confusioni di coloro che confondono logica e ontologia, ovvero
predicazione logica e ontologica, proprio perch argomento dei predicati in logica sono nomi
(termini) che si riferiscono a oggetti (eventualmente, enti) e non gli oggetti stessi
lapproccio estensionale al calcolo dei predicati significa che essi svolgono essenzialmente il
ruolo formale di relazioni fra termini. Questo ruolo trova la sua pi naturale formalizzazione
nella nozione di classe.
Come nella gnoseologia del senso comune ad ogni predicato del linguaggio corrisponde
un concetto, logicamente parlando una intensione che determina per ciascuno e per una
comunit linguistica il ci che si intende con un predicato, nel contesto del calcolo estensionale dei predicati ad ogni predicato corrisponde la sua estensione, formalmente nel
calcolo del primo ordine la collezione degli argomenti che sono nomi denotanti oggetti in60
dividuali, che rendono vero il predicato. Formalmente, si tratta della collezione degli argomenti del predicato per cui la funzione di verit, associata al predicato, acquista valore 1 e
non 0 (Cfr. infra 3.3.4).
Lestensione di un predicato cos definita ci che denotiamo col nome di classe. Nella teoria delle classi di Frege-Russell, ad ogni predicato ben definito corrisponde o, se vogliamo, ogni predicato determina una classe secondo il seguente, cosiddetto, assioma di
comprensione:
A xx
Ax
Dove A (in maiuscolo, grassetto) un segno di (termine che denota una) classe (p.es., la
classe degli oggetti rossi) e A il segno del predicato corrispondente alla classe A (p.es.,
essere rosso), mentre un predicato terminale bi-argomentale che denota la relazione di
appartenenza di classe, nel senso estensionale di essere elemento di. chiaro che sebbene
x e A siano due variabili terminali, esse appartengono a due gradi semantici distinti, con A
appartenente ad un grado superiore (Cfr. sopra, 3.1.2).
Naturalmente il predicato bi-argomentale di appartenenza pu connettere non solo un
nome di individuo e un nome di classe, ma anche due nomi che denotano classi, appartenenti
a due gradi semantici diversi, nel qual caso la formula significa che una classe elemento
dellaltra, ovvero che la prima sottoclasse della seconda.
Il fatto che una classe possa essere membro di unaltra, significa che essa una molteplicit ridotta a unit, quindi il corrispettivo formalizzato logico de-ontologizzato di universale, nelsenso etimologico gi illustrato di unum-versus-alia. Quindi, la classe un oggetto logico-astratto e non va confusa con la collezione di oggetti reali che essa eventualmente denota. P.es., la classe astratta delle lucertole, relativa al predicato essere lucertola non va confusa col genere naturale reale corrispondente, ovvero con la specie delle lucertole, che
composta da milioni e milioni di esemplari e che come tale non pu essere membro unitario
di alcunch63. Ovviamente si pu predicare lappartenenza di un genere a un altro, p.es., della
specie delle lucertole al genere dei rettili. Ma questa appartenenza non vuol dire assolutamente essere elemento di (membership)
Le regole logiche mediante le quali si decide dellappartenenza ad una classe nel senso
dellessere elemento di (p.es., del nome feto64 alla classe degli uomini), non sono le
regole ontologiche mediante le quali si decide dellappartenenza ad un genere di un determinato ente (p.es., di un feto al genere umano).
La regola logica fondamentale per decidere dellappartenenza di un certo elemento ad
una data classe che esso soddisfi i(l) predicati(o) che determina lappartenenza a quella
classe. P.es., in biologia per appartenere alla classe degli umani occorre soddisfare un certo
numero di predicati e le relative definizioni denotate da quei predicati, come avere il genoma
63
Russell, molto appropriatamente distingue fra le classi ordinarie (classes as ones) e le classi come moltitudini (classes as many) facendo vedere le enormi differenze fra queste due forme di predicazione anche dal solo
punto di vista logico. Su questo punto cfr. (Cocchiarella, 2007, p. 230s; 235-271)
64
Col suo denotato in base a determinati criteri di verit (truth conditions) definiti nella semantica di quel particolare linguaggio. Cos, in base a determinati criteri, p.es., pu risultare che il feto in quanto denotato con particolari criteri biologici (come cio soddisfacente determinate definizioni che generalmente un individuo umano
soddisfa, p.es., avere un DNA umano, un proprio, individuale sistema immunitario, un proprio, individuale cervello), non sono soddisfatti dal feto (che dei tre soddisfa solo il primo), il quale, da questo punto di vista perci,
non potrebbe essere rigorosamente connotato come logicamente appartenente alla classe degli umani. Nondimeno, il medesimo feto pu essere altrettanto rigorosamente connotato come ontologicamente appartenente al genere umano. Siamo cio di fronte ad un eclatante esempio di differenza fra predicazione logica e ontologica. Su
questo punto, cfr. (Basti, 2007).
61
tipico della specie umana, avere il sistema immunologico tipico della specie umana, avere la corteccia cerebrale tipica delle specie umana (Cfr. nota 64).
La regola ontologica fondamentale, invece, per decidere dellappartenenza di un certo
individuo ad un medesimo genere biologico quella di condividere con gli altri appartenenti
al medesimo genere, un medesimo concorso causale che determina in maniera necessitante
lesistenza di ciascuno come appartenente a quel genere. Ci significa che alcune propriet,
connotate con le opportune definizioni, che determinano lappartenenza alla classe, potrebbero esistere anche solo virtualmente (in potenza attiva) nel concorso causale grazie al quale attualmente quel feto esiste, anche se verranno attualizzate progressivamente solo in futuro.
Non solo un feto, perci, ma addirittura un pre-embrione (nei primi quindici giorni di vita)
pu appartenere al genere (naturale) umano anche se non si pu dire che appartiene alla classe (astratta) degli umani.
E chiaro che dal punto di vista ontologico con , anche nelle intenzioni di Peano che
invent il simbolo come abbreviazione del termine greco
terza persona del presente del
verbo essere, si intende esprimere formalmente la copula che connette soggetto-predicato in
ogni enunciato predicativo. Cos, p.es., allespressione di LN il cielo azzurro, corrisponde simbolicamente, e biunivocamente, una formula di appartenenza come c A che fornisce
la semantica estensionale della formula del calcolo dei predicati Ac, dove invece manca questa corrispondenza biunivoca con LN.
Naturalmente, nulla di male a interpretare il semantema essere anche come relazione
formale di appartenenza nel senso di membership: questo certamente uno dei tanti sensi che
esso ha in LN, diventato preponderante nella scienza moderna dopo la nascita del concetto
matematico di funzione. Il problema latteggiamento ideologico moderno di ridurre lo
di LN alla sola funzione linguistico-formale di copula, magari con la scusa che solo cos possiamo formalizzare rigorosamente LN. Far questo significa seguire, infatti, al massimo
unontologia di tipo kantiano con la quale, ovviamente, molti contenuti fondamentali del semantema essere di LN vengono eliminati.
P.es., innanzitutto, si elimina la possibilit di formalizzare una metafisica naturalista. Di
qui limpossibilit, fra le altre, di uninterpretazione realista della nozione di causa nella filosofia (ontologia concettualista) kantiana, da cui limpossibilit di ogni prova dellesistenza
di un Principio Assoluto da cui lesistenza del mondo causalmente dipenda, etc. Ma questo
riduzionismo metafisico elimina anche tutti i contenuti di unontologia naturalista da associare alle scienze naturali, ovvero si forza uninterpretazione ontologica puramente fenomenista
delle scienze, alla E. Mach, per intenderci, uninterpretazione su cui la gran parte degli scienziati stessi non sarebbe daccordo.
E chiaro che tutte le espressioni dellordinario calcolo dei predicati hanno un loro corrispettivo nel calcolo delle classi, uso dei quantificatori incluso. Cos le proposizioni a quantificazione universale del calcolo dei predicati si possono esprimere in proposizioni del calcolo quantificato delle classi. P.es.: la proposizione del calcolo dei predicati C: x Ux Mx
diviene nel calcolo delle classi:
x x U
x M
Il che significa che la classe degli uomini U sottoclasse della (inclusa nella) classe dei
mortali M, ovvero: <U M>. Inoltre, basta consultare qualsiasi manuale di logica simbolica
elementare per constatare che tutti i connettivi logici del calcolo classico delle proposizioni k
(cfr. infra 3.3.4) possono essere espresse nei termini delle appropriate operazioni fra classi.
P.es., abbiamo appena visto come il connettivo logico (predicato proposizionale)
62
x Ix
x Ix
Cx dove la
(A)
x Ix
Cx
subalterne
(I)
x Ix
contrarie
(E)
contraddittorie
Cx
subcontrarie
x Ix
Cx
subalterne
(O)
x Ix
Cx
3.3.3
In sintesi, potremmo dunque dire che la teoria moderna, fregeana, della predicazione in
logica, concepita, come il resto del pensiero scientifico moderno, per liberarlo dai legami
con lontologia classica. Nello specifico, per liberarlo da ogni dipendenza con la teoria medievale degli universali.
Tutta la teoria moderna della predicazione prende le mosse, infatti, dalla nozione fregeana di saturazione (Vollstndigkeit) di una proposizione, come fondamento della sua unit
logica (composizione di soggetto/predicato), mediante composizione di:
1. Parte satura: soggetto della proposizione designante un individuo (p.es.: Socrate)
2. Parte insatura: predicato (verbale e/o nominale) della proposizione designante una
propriet e/o una relazione (p.es.: uomo, mangia la mela).
Dal punto di vista ontologico, ci significa lassoluta irrilevanza della copula in
quanto esprimente la semplice relazione di appartenenza fra le due parti che costituiscono la
proposizione. Ci fa tuttuno con una pi generale interpretazione relazionale dei predicati:
P.es., nei predicati n-argomentali, il predicato designa infatti una relazione fra (nomi che designano) individui (P.es.: Socrate (s) mangia (M) la mela (m) <M(s,m)>). Nei predicati
mono-argomentali, il predicato designa una propriet che pu essere allora intesa come relazione ad un solo termine o relazione di un individuo con se stesso (P.es.: Socrate uomo
(U) <U(s)>).
65
Per chi non fosse aduso al simbolismo, del calcolo proposizionale rimando allesplicazione dei simboli nel
paragrafo seguente, al testo di cui la nota 69.
63
64
Si definisce funzione proposizionale ogni espressione (formula) che contenga delle variabili libere, ovvero
non quantificate mediante luso di opportuni quantificatori. Le funzioni matematiche sono dunque una sottoclasse delle funzioni proposizionali, quelle i cui argomenti che le soddisfano (le rendono vere) possono essere solo
numerali, ovvero termini che denotano numeri, qualsiasi cosa io poi ontologicamente intenda con numeri (divinit pitagoriche, enti platonici, enti concettuali, convenzioni linguistiche, o altro). Per trasformare una funzione proposizionale in proposizione, ovvero in una formula di cui si pu predicare la verit o la falsit, esistono
cos due strategie: o sostituire le variabili con delle costanti, come nel nostro caso, o quantificare e dunque
vincolare le variabili con gli opportuni quantificatori, universale (per tutti, ) e particolare o esistenziale (per qualche o esiste almeno uno, ). Infatti, se il predicato stesse per pensare, la funzione proposizionale x pensa pu essere definita vera (o falsa) o sostituendo x con una appropriata costante (p.es.,
Gianfranco pensa vera, Fido pensa falsa), oppure vincolando la variabile ad un appropriato dominio (estensione) di simboli che denotano oggetti. P.es., se vincoliamo x alla classe (dominio o insieme di simboli
che denotano) cani, sia la proposizione x x tutti i cani pensano, che la proposizione x x qualche cane
pensa sono false. Se vincoliamo invece la funzione proposizionale x al dominio (classe) uomini le due proposizioni di cui sopra sarebbero vere (anche se qualche maligno potrebbe dubitare di quella a quantificazione
universale). Ricordiamo, comunque, che indice del modo pre-moderno e non- scientifico di intendere la logica
un modo cio che non distingue fra logica formale e ontologia formale dire che argomento di un predicato
(funzione) sono gli oggetti extra-linguistici. La logica formale come calcolo, anche in semantica, lavora solo e
soltanto su simboli. Argomento di una funzione o predicato sono dunque nomi che denotano oggetti, non gli
oggetti stessi, mentali o extra-mentali che siano (p.es., numerali, non numeri). Questo non nominalismo,
come ancora qualche sprovveduto filosofo afferma: il nominalismo, infatti, un delle tanti possibili ontologie.
Quella per cui non esiste alcun oggetto extra-linguistico (mentale o fisico che sia) denotato dai termini, ma tutto
si riduce a convenzione linguistica e a regole duso linguistico, condizioni di verit incluse. Dire invece che la
logica ha a che fare solo con simboli accettare che la logica essenzialmente calcolo (in greco sillogismo,
inteso come arte per combinare simboli, loghia, secondo regole), sia de dicto, cio, non de re. La disciplina
formale che sinteressa delle strutture formali del linguaggio in quanto si riferiscono a strutture formali de re,
della realt (p.es., le leggi della realt fisica, mentale, spirituale, etc.) lontologia formale (formalizzata). In
questo, dunque, se mettiamo tra parentesi il riferimento al soggetto trascendentale, esisterebbe una perfetta
sovrapposizione fra ontologia formale fenomenologica e ontologia formalizzata della filosofia analitica.
65
Ricordiamo come la scoperta o linvenzione (a seconda se siamo platonici o meno) della logica (calcolo) delle proposizioni si deve agli Stoici, mentre la scoperta o invenzione della logica (calcolo) dei predicati si deve
al loro maestro Aristotele. In ogni caso, fedeli al detto aristotelico che ci che primo nellessere ultimo nella
conoscenza, la logica delle proposizioni teoreticamente pi fondamentale della logica dei predicati. E infatti
grazie alla logica delle proposizioni che la logica divenuta da semplice tecnica come era nellOrganon aristotelico (che appunto si richiama allidea di strumento, di insieme di regole per largomentare (Analitici Primi e
Secondi) e il parlare (Dialettica) corretto secondo diversi generi letterari), diviene scienza grazie alla scoperta
stoica delle leggi logiche. Anzi, diviene la scienza pi fondamentale di tutte, visto che ogni disciplina esplicativa
(scienza) tale se dimostrativa, se le regole particolari che presiedono alla coerenza del suo linguaggio e quindi delle sue argomentazioni, cio il suo metodo, seguono le leggi logiche fondamentali.
68
In un senso molto intuitivo, ma corretto si pu dire che nella logica delle proposizioni, le proposizioni vengono prese come altrettante scatole nere senza cio analizzarle nel senso dei loro costituenti elementari come nel
caso della logica dei termini o dei predicati.
69
Ovvero p equivale a q, visto che q vero o falso se e solo se p vero o falso, e viceversa.
66
I dunque una funzione che associa ad ogni variabile: p, q, r,un valore di verit: I(p)=1,
I(q)=0, I(r)=1, ovvero uninterpretazione o modello di quelle variabili.
3.3.5
Il metodo con cui verificare la validit (verit formale) di formule (catene) proposizionali complesse spiegato in qualsiasi manuale di logica simbolica. Sostanzialmente si tratta
di sostituire tutte le variabili proposizionali con tutte le combinazioni possibili di ambedue i
valori di verit ammessi (1/0) e controllare poi, per ciascuna combinazione di valori
(=modello), applicando ricorsivamente le tavole di verit, cominciando dalle parentesi pi interne delle formule, il risultato finale sia comunque 1. Vorr dire allora che la forma logica
dellintera argomentazione, poich risultata sempre vera senza riferimento a contenuti semantici particolari, sar una tautologia, ovvero una legge logica.
Infatti sono possibili tre casi:
1. Argomentazioni (proposizioni complesse) sempre valide o tautologie o leggi logiche:
sono quelle proposizioni complesse che sono sempre vere per qualsiasi combinazione
dei valori di verit delle proposizioni componenti.
P.es.: La formula <((p q) p)q> (P.es., Se piove, allora la terra umida, ma
piove, dunque la terra umida) schema formale di unargomentazione sempre valida (Cfr. infra, 3.3.6). Infatti, la formula simbolica appena citata costituisce la formalizzazione della famosa legge logica del modus ponendo ponens, base di qualsiasi
teoria deduttiva (se pongo la premessa, pongo la conclusione).
2. Argomentazioni (proposizioni) non sempre valide, ovvero soddisfacibili o contingenti: sono quelle proposizioni che sono vere solo per alcune sostituzioni delle variabili
(soddisfacibili).
P.es.: La formula <p(p q)> falsa con p/1, q/0 (infatti, con queste sostituzioni otterremmo 1(1 0), quindi, risolvendo la parentesi, avremmo: 10, il cui valore
0), mentre vera con qualsiasi altra sostituzione. Esempio, largomentazione se piove, allora piove e mi arrabbio un argomentazione valida solo se la pioggia mi fa
innervosire
3. Argomentazioni (proposizioni) contraddittorie o sempre false: sono quelle proposizioni che risultano false per qualsiasi sostituzione delle variabili.
P.es., <p p> falsa sia per p/1 che per p/0. Non per nulla la negata di questa formula, < (p p)>, dar una proposizione sempre vera. Questultima formula, infatti, la
67
Generalmente unargomentazione ha la forma di una congiunzione di una serie di proposizioni semplici e/o complesse (premesse) che hanno come conclusione una o pi proposizioni semplici o complesse (teorema/i).
La verifica della sua validit, consister dunque nel controllare se per qualche sostituzione delle variabili si potr ottenere globalmente una implicazione falsa <1 0>, che falsificherebbe comunque tutta largomentazione rendendola invalida.
Il metodo delle tavole di verit fornisce un algoritmo molto semplice per tale verifica.
Infatti, generalmente, non ci sar bisogno di provare tutte le combinazioni delle possibili sostituzioni delle variabili. Baster controllare solo quella(e) che potrebbe(ro) portare alla implicazione falsa finale.
La formula del modus ponendo ponens prima esaminata ci fornisce un classico esempio.
Data la formula <((p q) p)q> chiaro che essa un argomentazione a due premesse
che, a prima vista potrebbe essere falsificata solo per p/1 q/0. Ma con queste sostituzioni avremmo : <((1 0) 1)0>, quindi <(0 1)0>, e cio <00> che d 1. Quindi la formula
valida.
Viceversa la formula <((p q) q)p> lo schema di una classica fallacia in cui spesso chi non sa di logica incorre, quello cio di pensare che la verit della conclusione implica
sempre e comunque la verit della(e) premessa(e). Infatti, la sostituzione che potrebbe falsificare la formula, p/0, q/1, effettivamente la falsifica: <((0 1) 1)0>, quindi <(1 1)0>, e
cio <10> che d 0. Quindi la formula invalida.
E per questo motivo, fra laltro, che i controlli empirici che possiamo dedurre da una
certa teoria scientifica, anche se positivi, non potranno mai verificare la teoria, ma solo falsificarla, se saranno negativi. Infatti, per questultimo caso, una proposizione valida la legge
del cosiddetto modus tollendo tollens : <((p q) q) p> (se una conclusione falsa allora certamente sar falsa anche la premessa). Infatti, la sostituzione che potrebbe falsificarla
sarebbe : p/1, q/0, quindi : <((1 0) 0) 1>, <(0 1)0>. Ma : <00> 1. Quindi la
formula schema di una proposizione sempre valida, lo schema di una legge logica, appunto.
3.3.7
SINGOLARIT, IDENTIT E TEORIA DESCRITTIVA DELLA REFERENZA (CFR. (GALVAN, 1991, P. 59SS.))
1. Universale generico o universale-uno-di-molti, grammaticalmente espresso nei linguaggi naturali (LN)70 dalla copula , con laggiunta, alla destra di essa:
a. O di un nome comune (= predicazione nominale) preceduto dallarticolo indeterminativo (Socrate un uomo)71 che ha come fondamento reale (denota) un particolare genere o specie di individui, ovvero, aristotelicamente parlando, una sostanza seconda (p.es., lessenza comune al genere dei mammiferi, o alla specie
dei gatti, dei cani, etc.);
b. O di un aggettivo (=predicazione attributiva) che ha come fondamento reale (denota) una particolare propriet di un individuo e/o genere di individui, che, aristotelicamente parlando, denota un accidente di (letteralmente: un evento che accade a) una particolare sostanza, prima (individuo) o seconda (genere). P.es.,
lessere bipede comune a tutti gli uomini, ovvero al genere umano; o lessere
filosofo proprio di Socrate, etc..
2. Universale individuale o universale-uno-di-uno, grammaticalmente espresso da un
nome proprio (p.es., Platone, o Aristotele, o Cristoforo Colombo) e/o da un
termine descrittivo, ovvero unespressione composta da pi parole, preceduta
dallarticolo determinativo (p.es., il maestro di Aristotele o lo Stagirita (il filosofo
di Stagira) o lo scopritore dellAmerica), che ha come fondamento reale non la
natura o genere/specie cui lindividuo appartiene, ma lessenza individuale di un
singolo individuo, ovvero aristotelicamente parlando, di una sostanza prima da cui
il (falso) problema medievale dellhaecceitas, legato allidentificazione della specie
specialissima in grado di identificare univocamente e assolutamente (rispetto a tutti i
possibili) un individuo.
Conseguentemente a tutto questo, nella logica formale medievale si distingueva fra
quantificazione universale e particolare per gli universali generici (uno-di-molti), e quantificazione singolare (uno-di-uno) per gli universali individuali.
chiaro che, in ogni caso, metafisica medievale a parte, nomi propri e termini descrittivi, come pure la quantificazione singolare, hanno un ruolo fondamentale in ogni LN,
per il problema della denotazione di un termine (nome proprio) mediante la relativa connotazione (descrizione definita), almeno secondo il classico approccio fregeano alla questione,
ovvero secondo la cosiddetta teoria descrittiva della referenza.
Esso, per, crea uninfinit di problemi in semantica formale (=semantica dei linguaggi
formalizzati), irrisolvibili finch limitiamo lanalisi logica delle espressioni referenziali, sia
nei linguaggi ordinari che formalizzati, alla sola indagine formale, semantica e sintattica. Tali
problemi sono, infatti, legati ultimamente ai teoremi di Tarski e Gdel e come tali irresolvibili finch non li trattiamo anche in pragmatica, mediante una particolare versione della cosiddetta teoria causale della referenza, distinta cio dalle classiche versioni di essa (Cfr.
(Kaplan, 1978); (Kripke, 1980); (Putnam, 1988); e, per una sintesi critica (Salmon, 2005)),
che esamineremo fra poco, visto che, nellambito delle logiche intensionali, essa costituisce il
cuore dellontologia tommasiana formalizzata. Dedichiamoci invece qui ad una brevissima
70
Il grassetto dovuto al fatto che ciascun linguaggio naturale pu essere considerato un insieme di simboli e
regole (grammaticali) di formazione di espressioni corrette (formule ben formate, fbf) allinterno di esso.
71
Nei libri di logica in inglese invalso di definire questi nomi comuni usati in forma predicativa come sortal
names. In effetti, gli appartenenti a un genere, in quanto individui solo genericamente definiti, sono distinti solo
numericamente, ovvero in quanto oggetti di un conteggio (sorting). il classico approccio della riduzione di un
individuo a numero che tipico di ogni predicazione scientifica, per lappunto generica. Degli individui
come tali (come singoli, se vogliamo addirittura come persone che denota il massimo della singolarit individuale) non si fa scienza (individuum non est scientia).
69
descrizione della teoria descrittiva della referenza, in quanto tipica della tradizionale trattazione estensionale dei predicati.
Punto di partenza di tale teoria innanzitutto la formalizzazione della quantificazione
singolare ( !x: esiste un unico x tale che) secondo il calcolo classico dei predicati, senza
cio far riferimento ai generi ontologici, ma solo allentit astratta delle classi, attraverso la
seguente esplicitazione di questa quantificazione.
Supponiamo (Cfr. (Galvan, 2004, p. 62ss.) di voler rendere nel linguaggio formalizzato
C del calcolo dei predicati lespressione di LN:
Esiste un unico filosofo
A tale scopo sufficiente dichiarare: Esiste un x tale che filosofo e per ogni y, se y
filosofo, allora y uguale a x, ovvero, formalizzando:
x Fx
y Fy
!x Sx Fx
A questo punto, possiamo rendere formalmente anche le descrizioni definite in quanto
connotano termini singolari come nellespressione di LN: Platone il maestro di Aristotele, che formalizzata diventa:
! x Px ! y Ay M x, y
Come si vede possibile esprimere nella logica del linguaggio estensionale dei predicati termini di qualsivoglia complessit di LN usando semplicemente variabili, quantificatori e
il segno didentit, naturalmente a patto di svuotare queste espressioni del significato ontologico che esse hanno in LN e nella metafisica medievale che usava LN e che invece esse possono tornare ad avere nel linguaggio di unontologia formalizzata adeguata. Per capire
la portata di quanto qui stiamo dicendo, dobbiamo capire meglio cosa si intende con identit
in senso estensionale e la connessa nozione di classe di equivalenza e come essa si relaziona
alla nozione fregeana di referenza mediante una descrizione definita.
3.3.8
Le strette relazioni fra logica delle classi, dei predicati e delle proposizioni consentono
di costruire una teoria estensionale dellidentit, basata cio su una teoria della significazione
dei predicati che riduce lanalisi del significato dei predicati stessi alla sola analisi
70
dellestensione (ci a cui i predicati si riferiscono) dei predicati stessi, senza considerare la
loro intensione (ci che si intende con quei predicati).
Estensionalmente, due cose sono identiche, quando i loro nomi denotano (significano)
la stessa cosa. P.es.: diciamo che Marco Tullio identico a Cicerone.
Intensionalmente, due cose sono identiche, quando tutti i predicati che convengono ad
una convengono anche allaltra, e viceversa, ovvero:
x y : P Px
Py ; x y :
x y
In ogni caso, la relazione didentit, soddisfa alle tre relazioni, riflessiva,
simmetrica,
x, y
x , e transitiva
x, y, z
x x
x ,
chiaro che la teoria delle classi consente una (come vedremo subito: parziale) riduzione della stessa nozione intensionale dellidentit appena vista, in termini di equivalenza di
predicati, ad una estensionale in termini di classi di equivalenza, classi cio determinate da
predicati fra loro equivalenti e che quindi denotano ununica classe, dato che luguaglianza
fra classi, p.es., P e Q, si definisce, estensionalmente, nei termini della loro equivalenza (Cfr.
lassioma di estensionalit, sopra illustrato) dellavere cio la medesima estensione (Cfr.
slide Error! Bookmark not defined.). Ovvero:
P, Q
x, y
Px
Qy
P, Q
x, y
P=Q
Il carattere parziale di questa riduzione, diviene subito evidente quando, p.es., sostituiamo ai predicati P e Q i predicati di LN essere animali razionali ed essere bipedi implumi. chiaro che ambedue questi predicati sono equivalenti e perci determinano
ununica classe di equivalenza, quella appunto degli uomini. Il che soddisfa pienamente la
suddetta formula, in senso appunto estensionale.
altrettanto chiaro, per, che il contenuto intensionale della formula in LN non pienamente soddisfatto, dato che definire descrittivamente la classe degli uomini nei termini di
animali razionali o di bipedi implumi non affatto equivalente, n a livello di ci che si
intende con queste due predicazioni (livello concettuale), n a livello delle rispettive propriet
naturali cui ci riferiamo con le due distinte predicazioni (livello ontico). Lo stesso dicasi col
problema delle descrizioni definite. Immaginiamoci di definire Cristoforo Colombo come
lo scopritore dellAmerica ed immaginiamoci che invece lAmerica fosse stata realmente
scoperta da un Vichingo, diciamo Olaf Palme, omonimo progenitore del famoso primo ministro svedese. Allora, Cristoforo Colombo Olaf Palme? Oppure lAmerica stata scoperta dal primo ministro svedese?
evidente perci che una logica di tipo intensionale rimanda necessariamente a delle
soggiacenti ontologie, concettualiste, naturaliste e/o allintersezione delle due, il cosiddetto
realismo concettualista
3.3.9
DALLE DESCRIZIONI DEFINITE IN LOGICA DEI PREDICATI ALLE FUNZIONI DESCRITTIVE IN LOGICA DELLE
RELAZIONI
Infine, per capire dove si trova il cuore del problema delle insormontabili difficolt della teoria descrittiva della referenza importante comprendere qual la chiave logico-formale
dello stretto rapporto che abbiamo appena illustrato esistente fra le descrizioni definite, la
quantificazione singolare e la teoria descrittiva della referenza. Per questo ci pu aiutare lo
stretto legame esistente fra descrizioni definite in logica dei predicati e le cosiddette funzioni
descrittive in logica delle relazioni, che costituiscono il corrispettivo delle descrizioni definite
nella logica delle relazioni. Abbiamo gi visto come pi in generale, nella teoria logica delle
71
predicazione, ogni predicato corrisponde a una particolare relazione fra termini S/P, come
questa relazione, che in LN corrisponde alla copula 72, si riduce, nella teoria estensionale
della predicazione, alla relazione di appartenenza di classe , che nel caso della connotazione di termini singolari sar una classe monadica (ad un solo elemento), cos che la quantificazione singolare, !x Fx (Aristotele il Filosofo), in quanto espressione dellunicit di
una certa predicazione per un dato individuo sottende sempre unidentit come abbiamo appena visto:
!xFx
x Fx
y Fy
Unidentit che, per essere coerente con la teoria estensionale della predicazione, dovr essere sempre fra un termine quantificato individualmente, xFx, ed un tertium quid, fra
lindividuo e la classe di appartenenza, di solito denotato simbolicamente con y e quantificato
universalmente con cui si vuole cos esplicitare la totalit dellestensione della classe con cui
lindividuo si identifica. In questo modo, abbastanza contorto, ma univoco, si vuole garantire
la singolarit della predicazione per quellindividuo e quindi lunivocit della denotazione.
Nel nostro caso, cio, quando parlo de il Filosofo non possono non intendere Aristotele.
Passando alle descrizioni definite e quindi alla teoria fregeana descrittiva della referenza, abbiamo visto come si tratta di una generalizzazione della connotazione singolare prima esaminata da predicati mono-argomentali (come il nostro essere filosofo) a predicati nargomentali (come il nostro bi-argomentale essere maestro di, nellesempio Platone il
maestro di Aristotele.
Ma c un altro modo non solo meno contorto, ma pi generale, perch non di per s legato esclusivamente ad una teoria estensionale della predicazione, ma alla molto pi universale caratterizzazione logico-formale dei predicati in termini di relazioni a n termini, una
caratterizzazione che pu applicarsi tanto a uninterpretazione estensionale quanto intensionale dei predicati stessi73. Proprio perch pi generale e fondamentale, la trattazione del problema della referenza in termini di logica della relazione ha il pregio di evidenziare immediatamente dov il cuore della problematica del fallimento della teoria fregeana dellapproccio
descrittivo alla referenza. Inoltre, la generalit della logica delle relazioni, non solo consente
di rileggere in essa tutto il resto della logica, ma anche di formalizzare in essa relazioni nonlogiche, per esempio quelle ontologiche, diventando cos lo strumento fondamentale per la
formalizzazione della stessa ontologia, come esemplificheremo subito.
Non il caso di fornire qui una trattazione esaustiva della logica delle relazioni che si
pu trovare agevolmente in qualsiasi buon manuale di logica formale, sufficiente fornire
poche nozioni fondamentali che ci aiutano a evidenziare il cuore del problema, essenziale per
poter giustificare una formalizzazione dellontologia. Per esempio un predicato biargomentale come essere maestro di (Mx,y) si scrive in logica delle relazioni come la relazione di ammaestrare fra x e y, ovvero xMy, che chiaramente una relazione asimmetrica
(differentemente, per esempio, da quella dell essere amico che invece simmetrica), visto
che fra y ed x sussiste laltra relazione quella di essere discepolo, ovvero yDx. Notevole, in
questo caso, in logica delle relazioni la resa dei predicati mono-argomentali, quelli che in
logica intensionale denotano le propriet che caratterizzano i rispettivi soggetti e che evidentemente esprimono una relazione riflessiva, p.es., il predicato essere filosofo (Fx) esplicita una relazione riflessiva xFx , una relazione che detta cos pu applicarsi a uninfinit
72
Qualsiasi predicato verbale pu ridursi al predicato nominale corrispondente, ovvero alla copula ed il corrispondente nome/aggettivo verbale, generalmente un participio, p.es., Luigi corre corrisponde a Luigi corrente, etc.
73
72
di altri individui, yFy, zFz,. Se, viceversa, deve denotare un singolo cui solo pu attribuirsi
il predicato essere il filosofo la relazione sar una funzione descrittiva xFx o, pi sinteticamente, Fx, il corrispettivo logico di quella relazione riflessiva che ontologicamente caratterizza ogni sostanza e che Tommaso definiva reditio completa ad semetipsum.
Giustamente, ricorda il grande Bochenski nel suo geniale manualetto di logica simbolica scritto come raccolta di dispense per i suoi studenti della Pontificia Universit di S. Tommaso nellormai lontanissimo 192974 e ristampato nel 1995 con successive ristampe
(Bochenski, 1995, p. 128ss), delle funzioni descrittive si fa larghissimo uso in matematica
quando si vuole denotare il singolo valore di una funzione, p.es. <sin x>, seno di x, che ha
un singolo valore ben definito per ciascuna x (p.e.s, 1 per il seno dellangolo retto, se ricordiamo la trigonometria del liceo).
Generalizzando, se R denota la relazione di maternit, Ry connota la madre di y,
ovvero ci che in LN costituisce la sostanzializzazione in un individuo e quindi la nominalizzazione singolare mediante larticolo determinativo , della relazione xRy. Connota
cio x come un singolo irripetibile (mater semper certa est)75. P.es., se y denota
SantAgostino, Ry , ovvero la madre di S. Agostino, connota in maniera definita e quindi
denota univocamente Santa Monica. Perci, continua ancora Bochenski con la sua straordinaria chiarezza, siccome una funzione descrittiva connota sempre un individuo singolo esistente, non ha senso scrivere il figlio di No, perch No ha avuto molti figli, n il padre di
Adamo perch non mai esistito.
Ovviamente si possono definire funzioni descrittive che connotano classi e non individui. Le classi, infatti, come gli universali logici (=i generi concettuali o logici) essendo oggetti astratti, logici, differentemente dai generi naturali, supportano quella reductio ad unum,
quellessere trattati come oggetti singoli (logicamente) esistenti, che un genere naturale, invece, in quanto entit extra-logica (collezione di individui naturali esistenti, appartenenti p.es.,
alla stessa specie biologica), in quanto sostanza seconda, esistente non in s, ma nei molti,
per dirla con Aristotele, assolutamente non supporta. Il simbolo con cui in logica si denota
una funzione descrittiva di classi quello che in matematica soprattutto i fisici usano per definire un vettore di valori, ovvero un certo insieme di valori, in quanto questi costituiscono
il dominio o, pi spesso, il codominio di una certa funzione.
Quindi in logica, data la relazione xRy, dominio di R si scrive R ' y (o anche <sgRy>
(dove sg sta per il latino sagitta, freccia)), ovvero la classe o insieme degli {x} che hanno
74
Quelle poche pagine dal titolo Nove lezioni di logica simbolica abbraccia in meno di centocinquanta agilissime pagine tutte le nozioni fondamentali della logica simbolica, dalla logica delle proposizioni, alla logica dei
predicati, alla logica delle classi, alla logica delle relazioni. Ci sono pi idee ed intuizioni in quel libretto che in
molti altri manuali quattro, cinque volte pi ponderosi. Non per nulla il grande Alonso Church corresse le bozze
del capolavoro di Bochenski, La Logica Formale, la pi incredibile storia della logica mai scritta perch, senza
che il lettore se ne accorga, nelle sue oltre mille pagine, con quasi duecento di bibliografia, contiene esclusivamente le citazioni delle opere originali dei vari autori, legate da pochi, brevi, geniali commenti del curatore di
questa incredibile opera in collaborazione scritta a centinaia di mani, da quelle di Parmenide a quelle di Gdel, in una collaborazione che abbraccia pi di duemilacinquecento anni di storia. Ed infatti Church considerava
il geniale logico domenicano uno dei pi grandi del 900, degno membro di quella Scuola Polacca di logica cui
appartenevano nomi come Tarski, Lukasiewicz, Lesniewski, nomi che hanno fatto la storia della logica, non solo del 900
75
O almeno lo era: oggi non detto che la madre biologica (partoriente) coincida con quella genetica (che ha
fornito lovulo), quindi la relazione di maternit R oggi va definita meglio, per poter costruire con essa una
funzione descrittiva. La relazione di paternit, invece, ha sempre avuto di questi problemi .
73
con {y} la relazione R. P. es., se R la relazione di paternit, R ' y connota {x} che denota linsieme dei padri, mentre {y} denota linsieme dei figli.
Codominio di R: R ' x (o anche <gsRx> (dove gs un modo per denotare linverso di
sg), ovvero la classe o insieme degli {y} con cui gli {x} hanno la relazione R.
P. es., se R la relazione di paternit, R ' x connota {y} che denota linsieme dei figli,
mentre {x} denota linsieme dei padri.
3.3.10
Come abbiamo appena visto, nella semantica dei linguaggi formalizzati (= semantica
formale), anche nel caso dellanalisi del significato di un termine, del suo senso (connotazione, meaning) e del suo significato (denotazione, reference), esso viene analizzato in termini
proposizionali. Nei termini, cio, della proposizione corrispondente a quel termine, pi esattamente:
1. Della descrizione definita (logica dei predicati) e/o della funzione descrittiva (logica
delle relazioni) che connota (descrive) quel termine e quindi determina la sua capacit
denotativa, la sua capacit di riferirsi univocamente a un determinato oggetto (P.es.,
connotare Platone identificandolo con il maestro di Aristotele).
2. Della definizione estensionale dellidentit in termini di equivalenza dei predicati e di
uguaglianza fra classi di equivalenza, che Frege pensava di poter estendere anche ai
termini singolari, cos da giustificare quella che stata definita una teoria descrittiva
della referenza.
Se per la definizione estensionale dellidentit, applicata a termini generici, porta a
delle chiari ed inaccettabili riduzioni sul significato delle espressioni in LN e quindi delle teorie che fanno uso di LN, le teorie filosofiche innanzitutto (si veda quanto detto sopra, a proposito dellequivalenza fra la classe degli animali razionali e la classe dei bipedi implumi, riferita agli uomini), lampliamento della teoria estensionale dellidentit fino ad includere in essa i termini singolari, e dunque la soluzione del problema della referenza, porta a
delle vere e proprie inconsistenze.
Infatti, dopo i teoremi di incompletezza di Gdel , come daltra parte gi Tarski aveva
indipendentemente messo in evidenza nei suoi teoremi di semantica formale finalizzati ad
una formalizzazione della teoria aristotelica della verit come corrispondenza ai fatti76, pretendere di estendere ai termini singolari in un linguaggio formalizzato L, lidentit estensionale fra le classi e quindi la soluzione del problema della referenza e della verit come corrispondenza-ad-oggetto, significa supporre che entro la classe di equivalenza stessa, sia definibile una funzione descrittiva (una funzione caratteristica nel caso di insiemi) in grado di
enumerare completamente tutti gli oggetti della classe, se stessa compresa.
Ma precisamente questa funzione che non pu esistere in L, allinterno del medesimo
linguaggio formale, come i teoremi di Gdel (in particolare il secondo) e di Tarski dimostrano. Quando tale funzione esistesse in un meta-linguaggio L L, afferma Tarski, tale metalinguaggio devessere di ordine logico (grado semantico) pi alto del linguaggio-oggetto di
cui si vuole provare la verit, in grado cio di esprimere in se stesso, tutti i simboli e le relazioni del linguaggio-oggetto, gli oggetti che il linguaggio-oggetto intende rappresentare
76
Questi risultati erano stati gi presentati da Tarski in Polonia fin dal 1929, anche se pubblicati per la prima
volta in tedesco solo nel 1935 (Tarski, 1935). In quelloccasione, Tarski cit esplicitamente i teoremi di Gdel a
supporto dei suoi stessi risultati.
74
mediante i suoi simboli e le relazioni di denotazione esistenti fra questi oggetti e i relativi
simboli.
Non per nulla, quando seguendo Bochenski, abbiamo denotato la funzione descrittiva,
associata alla relazione R, con R, per esprimere la sua capacit di denotare un termine singolare (p.es., se R
essere madre, R
la madre di), si intendeva proprio questo. Rprimo deve essere di ordine pi alto di R perch deve avere per argomento non un individuo
x generico uguale a qualsiasi altro rispetto a R, ma deve avere per argomento un singolo x!,
ovvero deve avere per argomento anche la relazione R con quellx in quanto tale (x!), quindi
R non pu essere R stessa.
P.es., per rimanere nellambito dei nostri esempi ecclesiastici dati per esplicitare , nel
caso dell essere madre, il modo unico con cui la maternit ineriva a Monica, la madre di S.
Agostino, non lo stesso modo con cui ineriva a Margherita, la mamma di S. Giovanni Bosco, sebbene ambedue, madri di santi. Molto pi semplicemente, per dirlo nei termini in cui
Tarski lha detto nei suoi teoremi di semantica formale, se R bi-argomentale, come nel nostro caso della maternit (Rx,y), R avendo per argomento anche R, devessere almeno triargomentale (Rx,y,R), n, per soddisfare alla regola dei gradi semantici, pu appartenere allo
stesso grado semantico (o tipo logico per dire la stessa cosa nei termini della teoria dei
tipi di Russell, quelli in cui effettivamente il teorema di Tarski si esprime)77 del suo argomento R, ma ad uno pi alto.
Ecco perch per tutti coloro che riducono la logica al calcolo logico estensionale delle
proposizioni, dei predicati e delle classi, in una parola al calcolo logico delle relazioni e
quindi riducono la semantica alla teoria estensionale del significato, il problema della referenza diviene un problema logicamente intrattabile (una questione di fede, ma non di ragione) e con ci divengono fortemente problematiche le stesse nozioni di verit e necessit logiche.
Questo stato dellarte dellontologia scientifica a base estensionale che lo stato
dellarte di una qualsiasi interpretazione ontologica delle teorie scientifiche naturali del
prendere cio gli asserti empirici, e logico-matematicamente formalizzati delle scienze naturali, come asserti ultimi su ci che il reale veramente (scientismo) fu denunciato da W.
V. O. Quine nel suo famoso saggio del 1953 sui Due dogmi dellempirismo (Quine, 1980, p.
21-46), dove critic la vecchia distinzione kantiana fra analitico e sintetico. Neg quindi
che la scienza potesse fornire giudizi sintetici a priori sul reale, enunciati che potessero pretendere una verit/validit assoluta. Quine infatti dimostr che, dopo i teoremi di Tarski e
Gdel, ha ben poco senso per il filosofo analitico distinguere, seguendo Russell nellanalisi
dei linguaggi scientifici, fra verit concettuali a priori, analitiche (nel senso dei giudizi sintetici a priori di Kant) e verit sintetiche a posteriori, contingenti perch empiriche e nonconcettuali.
Secondo Quine, se eccettuiamo le tautologie delle leggi logiche delle quali, per definizione, nessuna interpretazione fattuale possibile dare, non c pi traccia di verit analitiche
77
Pi esattamente, i fondamentali risultati ottenuti da Tarski sono due: 1) usando la teoria finita dei tipi di Whitehead e Russell come meta-teoria della teoria formalizzata delle classi L, una formalizzazione meta-teorica T
dellenunciato predicativo Evero che x, Tr(x), di verit come corrispondenza ai fatti, dove x una qualsiasi
formula del linguaggio-oggetto in LN semplicemente impossibile (Tarski, 1935, p. 246); 2) usando come meta-teoria la teoria trans-finita dei tipi in cui cio si suppone lesistenza di classi infinite di tipo via via pi alto
che includono quelle di tipo inferiore , oppure usando la teoria degli insiemi transfinitamente estesa, e usando
il metodo gdeliano per provare le formule meta-linguistiche al suo interno, la formalizzazione T di Tr diviene
possibile, ma con la condizione che non si pu definire un predicato di verit Tr se lordine del metalinguaggio
al massimo uguale a quello del linguaggio-oggetto stesso (Tarski, 1935, p. 273).
75
di tipo empirico nellorizzonte di unanalisi concettuale a base linguistica della scienza come
quella inaugurata dai lavori di Russell e Wittengstein allinizio del 900. Nei termini resi famosi da Frege: dire x esiste in questa ontologia equivale a dire qualche x appartiene ad y.
Ovvero, affermare lesistenza di un oggetto si riduce ad affermare lappartenenza di
quelloggetto ad una classe consistente di oggetti ed, al limite, ad una successione di classi
equivalenti definite in diversi linguaggi, senza la possibilit di uscire mai da questo reticolo
di equivalenze. Per dirla nei termini Quine:
Gli oggetti servono come meri nodi nella struttura, e questo vero dei bastoni e delle
pietre non meno degli elettroni, dei quark, dei numeri e delle classi (Quine, Sticks and
stones or the ins and the outs of existence, 1984, p. 24)
La scienza, di fatto, ha solo una cosa da portare avanti: il proprio discorso, le proprie affermazioni,
affermazioni vere, speriamo; verit che riguardano la natura. Gli oggetti, o i valori delle
variabili, sono solo punti di riferimento lungo il cammino e noi possiamo permutarli o
sostituirli a piacimento nella misura in cui la struttura di enunciatoadenunciato sia
preservata (Quine, Sticks and stones or the ins and the outs of existence, 1984, p. 54).
Quel speriamo aggiunto al predicato vero attribuito a determinate affermazioni delle scienze non piaggeria narcisistica. Una semantica formale, che rimanda allin(de)finito
(si pensi alla gerarchia trans-finita dei meta-linguaggi conseguenza dei teoremi di semantica
formale di Tarski-Gdel: cfr. nota 77) la soluzione del problema referenza, una semantica
che non sa ultimamente giustificare la verit di alcun enunciato, n la stessa necessit logica,
se vero come vero che la nozione stessa di conseguenza logica in semantica suppone la
nozione di verit logica.
3.3.11
IL RECUPERO DELLA DISTINZIONE FRA VERIT NECESSARIE E CONTINGENTI AD OPERA DI S. KRIPKE E LA CENTRALIT DEI DUE TRASCENDENTALI
Di solito tutti gli storici recenti del movimento filosofico-analitico del 900 (Soames,
2005, p. 333ss; Huges, 2004) sogliono indicare unaltra data, storica, dopo il 1953 e la dimostrazione, pubblicata da Quine in quellanno nel suo saggio sui Due dogmi dellempirismo, di
inconsistenza della distinzione fra verit necessarie e verit contingenti nei termini concettualisti neo-kantiani della filosofia analitica delle origini.
Si tratta della pubblicazione nel 1971 delle famose tre conferenze tenute da Samuel
Kripke nel 1970 a Princeton, riunite nel famoso saggio Naming and Necessity, in cui la distinzione fra verit necessarie e verit contingenti veniva reintrodotta in logica:
1. Interpretando in forma ontologica le scoperte di Tarski verit come corrispondenza ai fatti di teorie come sistemi formali semanticamente aperti e Gdel incompletezza delle teorie e verit solo per teorie interpretate come modelli di sistemi
formali , distinguendo cio fra enunciati veri in tutti i mondi possibili ed enunciati
veri in alcuni soltanto (p.es., ci che in semantica sono modelli, in ontologia sono
mondi, attuale/possibili). In altri termini, dopo Tarski e Gdel non ha un senso logicamente consistente parlare di verit-come-corrispondenza-ai-fatti, le teorie scientifiche essendo necessariamente incomplete, possono essere vere solo in contesti limitati, mentre teorie logiche e metafisiche, se realmente tali, possono e debbono essere vere, in tutti i contesti.
2. Aggiornando lontologia con levidenza del carattere evolutivo, non solo della biologia, ma dellintera cosmologia e delle sue leggi.
76
P.es., il fatto che lacqua sia H2O una verit necessaria, non ad opera di qualche nostra concettualizzazione (Russell) o convenzione linguistica (Quine), ma perch sebbene
lacqua esista attualmente come H2O soltanto in quelle parti e et delluniverso in cui valgono le leggi chimiche (= mondo attuale, ovvero parti o et delluniverso in cui, causa le relativamente basse temperature, possibile la stabilit dei composti atomici e molecolari), mentre non era possibile che esistesse ai tempi delluniverso primordiale, n a tuttoggi lo
allinterno delle stelle (= mondi fisicamente possibili); pur tuttavia laddove lesistenza
dellacqua come H2O solo causalmente possibile per le alte temperature, necessario che
sia possibile sempre e ovunque nelluniverso fisico solo come H2O. Infatti:
1. Che lacqua sia solo causalmente possibile nelle parti/et delluniverso ad alta temperatura dipende dal fatto che luniverso attuale e/o la composizione chimica delle
parti delluniverso a bassa temperatura dipendono causalmente dalluniverso ad alte
temperature delle origini e/o la composizione chimica delle molecole sulla terra effetto causale della fisica ad alte energie del sole, se non altro perch la terra un pezzo di sole raffreddatosi);
2. Pur tuttavia, ripetiamo, laddove lacqua come H2O solo causalmente possibile necessario che sia possibile solo come H2O. Infatti, il fatto che lacqua sia H2O fa parte
dellessenza dellacqua, visto che tutte le propriet fisico-chimiche dellacqua dipendono da questa sua struttura atomica. E questo vero, sia dove essa esiste in atto (come effetto di uno specifico concorso causale: mondo fisicamente attuale), sia dove
essa esiste solo nella potenza attiva delle cause proprie che determinano la sua essenza, il suo esser-acqua (mondi fisicamente possibili).
Come si vede, questa ripresa della distinzione logica fondamentale in logica dei predicati fra verit necessarie e verit contingenti , avviene in Kripke recuperando al postmoderno alcune nozioni classiche della filosofia pre-moderna, aristotelica e scolastica, per il
fallimento sistematico della modernit di fondare la verit/necessit logica solo sulla concettualizzazione (evidenza) e le relazioni logiche (leggi, tautologie) e non sullessere delle cose
e le relazioni reali, quelle che con Kripke possiamo definire a-posteriori necessari, ovvero
cause, o analiticit non-tautologiche. Sebbene la teoria di Kripke stesso non sia immune
da critiche e ingenuit come molti critici gli hanno correttamente rimproverato, sia per la possibilit di fornire una teoria causale della referenza anche delle descrizioni definite se incorporate in uninterpretazione intenzionale degli atti linguistici (Searle, 1983, p. 231-261), sia
nella giustificazione data da Kripke dellesistenza di a-posteriori necessari (Cfr. (Fodor,
2004; Rorty, 2005)). Per aiutare il lettore, nella breve sintesi appena data della rilevanza di
Kripke, abbiamo gi offerto quella che consideriamo lunica possibile soluzione ad una teoria
sufficiente degli a-posteriori necessari, quella di una fondazione causale e non concettuale o
epistemica di essi, sia a livello della denotazione singoli individui, che di singoli generi (classi). Resta in ogni caso fondamentale questa notazione di Soames sulla rilevanza del contributo di Kripke che, non per nulla, costituisce anche la conclusione del suo ponderoso studio in
due volumi sulla storia del movimento analitico, che, dice Soames, senza Kripke probabilmente neanche avrebbero dovuto essere scritti.
In ogni caso, lidea centrale che non tutte le possibilit epistemiche sono possibilit metafisiche, sembra sia essere solida, sia essere capace di fornire la chiave per rispondere
alle () obiezioni sugli a-posteriori necessari. () (Tale idea) uno dei maggiori risultati filosofici del XX secolo, ha trasformato il paesaggio filosofico, ricalibrato il nostro
sentire su ci che possibile, e ridefinito il nostro passato filosofico. Nessuna singola
intuizione stata pi importante di questa nel farci riguadagnare la prospettiva necessaria per comprendere e valutare criticamente la tradizione filosofica (Soames, 2005, p.
255s.).
77
lapproccio kripkiano alla formalizzazione dei linguaggi aveva aiutato a superare, liberando il
movimento analitico dal vicolo cieco in cui lavevano posto una fondazione di tipo concettualista della necessit logica/ontologica e la conseguente corretta critica di Quine a tale (non)fondazione. Dalle parole di Quine, tuttavia, traspare anche il limite sopra rilevato della posizione di Kripke qua talis, proprio per una non ancora sufficiente fondazione in essa della nozione chiave della necessit a-posteriori, cos da far interpretare a Quine la rivendicazione
kripkiana di una modalizzazione dellontologia nei termini di un ideologico recupero
dellessenzialismo aristotelico (e scolastico). Afferma recisamente Quine:
Difendere lessenzialismo aristotelico () non fa parte dei miei intenti. Una tale filosofia tanto irragionevole ai miei occhi, quanto lo agli occhi di Carnap e di Lewis. Ma
la mia conclusione, a differenza di Carnap e di Lewis : tanto peggio per la logica modale (). Infatti, se non ci prefiggiamo di operare la quantificazione attraverso
loperatore di necessit, non si vede quali possano essere i vantaggi di quelloperatore
rispetto al semplice citare che un enunciato analitico (Quine, 1986, p. 145).
3.4
3.4.1
Logiche intensionali
CARATTERISTICHE COMUNI
E evidente, dunque, che se le regole del calcolo estensionale dei predicati valgono per
gran parte dei linguaggi scientifici e matematici, con le limitazioni che abbiamo appena visto,
non valgono per moltissimi usi del linguaggio ordinario, in particolare nei suoi usi ontologici, ma non solo in quelli.
P. es., per partire dallanalisi logica di quella che anche nel nostro saggio stato il punto
di partenza dellitinerario della Stein, dalla soggettivit fenomenologica dello io-pensoqualcosa alla soggettivit ontologica dell io-sostanza, ovvero lanalisi logica dei contenuti temporali della coscienza (Cfr. sopra 2.2.4) e quindi la semantica formale legata alle logiche temporali (tense logic), elementare capire che la verit della proposizione composta
Giulio Cesare scrisse il De Bello Gallico mentre combatteva contro i Galli non certo
analizzabile verofunzionalmente, nei termini cio del solo valore di verit delle due proposizioni elementari componenti, com invece necessario e sufficiente nelle teorie estensionali
del significato.
Occorre necessariamente, per render conto della verit della proposizione composta,
una comprensione del denotato dei termini in senso modale, distinguendo fra ci che attuale (presente), e ci che solo possibile, o nel senso di passato o nel senso di futuro, interpretando la relazione di contemporaneit, che il predicato proposizionale temporale
mentre denota, nei termini di una necessaria comune connotazione temporale delle due
proposizioni semplici componenti (o ambedue presenti, o ambedue passate, o ambedue
future). In sintesi, il predicato proposizionale temporale mentre, come gli altri predicati
proposizionali temporali: prima, dopo, etc., non sono analizzabili nei termini del calcolo
estensionale delle proposizioni, verofunzionale, ma in unappropriata interpretazione o
modellizzazione intensionale del calcolo proposizionale modale, quei modelli, cio, che
vanno sotto il nome di logiche temporali.
Passando dalla logica delle proposizioni a quella dei predicati, dal punto di vista ontologico, lapproccio intensionale alla predicazione si caratterizza rispetto a quello estensionale
per un approccio non semplicemente relazionale, ma contenutistico alla predicazione medesima. P. es., se prendiamo la proposizione Isidoro sapiente:
1. In senso estensionale, il senso corrisponde allasserzione che Isidoro uno degli elementi della (appartiene alla) classe dei sapienti: I S.
79
80
2.
3.
4.
5.
3.4.2
Le logiche modali sono estensioni della logica classica con conseguenze sia sul piano
sintattico che semantico.
1. Sul piano semantico le logiche modali sono estensioni della semantica classica che
mantengono il principio della bivalenza (vero/falso) ma non quello della vero78
Ovviamente, qui, per ragioni espositive si sta sovra-semplificando. Le logiche aletiche non sono solo a due
valori, anzi proprio perch spesso si devono muovere nellambito di teorie dimostrative che non suppongono la
coestensivit di p.d.c. e p.t.e. (p.es., logiche di tipo intuizionistico, logiche quantistiche, logiche fuzzy etc.) hanno
una grande rilevanza sia logiche a pi valori, sia logiche libere senza presupposizione esistenziale (p.es., logiche
dove una certa relazione non fra esistenti ma solo fra possibili), etc.
81
funzionalit (la verit/falsit delle proposizioni composte non dipende da quella delle
proposizioni elementari componenti),
2. Sul piano sintattico le logiche modali sono estensioni della logica classica perch ne
inglobano i segni del linguaggio (= alfabeto) e le regole del calcolo (=regole di deduzione), con laggiunta di nuovi segni e nuove regole.
Conveniamo cos di indicare con m79 un qualsiasi calcolo modale, allora tutti i calcoli
modali presentano lo stesso linguaggio L(m) = <A(m), F(m)>, dove L(m) il linguaggio
formale del calcolo modale, A(m) lalfabeto del calcolo modale, F(m) sono le regole di
formazione di proposizioni del calcolo modale. Pi esattamente,
1. A(m) = <A(k) + > A(k) lalfabeto del calcolo proposizionale, e il segno della necessit.
2. F(m) = <F(k) + F()> dove F(k) sono le regole di formazione di proposizioni del calcolo proposizionale e F() la regola di formazione per formule necessitate:
F() := a80 una formula a una formula
3. Introduzione delloperatore di possibilit mediante la seguente definizione:
a:= a
4. Un calcolo m si ottiene aggiungendo le regole caratteristiche di deduzione di m, D(m), a
L(m). D(m) costituito dalle regole del calcolo proposizionale classico D(k) pi le regole
tipiche del calcolo modale.
Regola fondamentale comune a tutti i calcoli m la seguente regola di necessitazione
(N):
(X a)
(X a)
dove X denota linsieme delle formule del linguaggio da cui derivo mentre con X si denota linsieme di tutte le necessitazioni delle formule appartenenti al linguaggio X. In virt di
N tutti i suddetti calcoli modali m sono detti normali.
Vi sono poi regole specifiche per ogni singolo calcolo modale. Poich sono tutte regole
a zero premesse e zero assunzioni, saranno denominate pi propriamente come assiomi. I
principali assiomi dei calcoli modali sono i seguenti:
79
Luso del grassetto motivato dal fatto che questi simboli denotano tutti collezioni (e/o insiemi) di oggetti
(simboli e formule).
80
Ricordiamo che il meta-simbolo denota uninfinit di possibili simboli di variabili proposizionali: p,q, r,
del linguaggio-oggetto su cui stiamo effettuando lanalisi.
82
brevemente la loro rilevanza filosofica. Mi limiter ai primi quattro assiomi delle sintassi che
sono quelli che useremo di fatto:
D: <
Se necessario allora possibile. Pu essere interpretato come la
formalizzazione della regola sintattica fondamentale in ogni etica: impossibilia nemo tenetur: nessuno pu essere obbligato a ci che per lui impossibile. Ma, in
uninterpretazione di ontologia fisica, pu essere interpretato anche come formalizzazione
della legge fondamentale dellontologia aristotelica, cio la sua soluzione dellapparente
antinomicit del divenire, denunciata da Parmenide. Notazione fondamentale per filosofi
come Severino (e il suo maestro Bontadini) che interpretano il divenire anche in Aristotele come contraddittorio, come un assurdo passaggio dall essere al non essere, dimenticandosi che per lontologia fisica di Aristotele lattuale ha come sua condizione necessaria il possibile. Il divenire, infatti, passaggio per lo Stagirita non dal non essere
allessere, ma fra due forme di esistenza, dallesistenza possibile a quella attuale.
Dove si parla, beninteso, di possibilit ontologica, ovvero in senso causale non logico (
power e non possibility, in inglese), come se lattuale sia solo implicito nel possibile).
E potenza attiva nella causa agente, e potenza passiva nella instabilit/indeterminazione
della materia, su cui lagente agisce. Ugualmente, e questo vale solo per Severino, la
creazione stessa in teologia non passaggio da un non essere assoluto all esseredellente, ma suppone come condizione necessaria la potenza attiva del Creatore, che,
nel caso sia un Essere Intelligente, ma non necessario che lo sia (la religione non metafisica e lEssere Sussistente della metafisica non necessariamente un Dio Personale:
per definizione la Libert della Causa Prima non metafisicamente dimostrabile), deve
includere anche la Sua libera scelta. Il nihil della creatio ex nihilo non insomma un
nulla assoluto, che non esiste e mai potr esistere, ma un nulla-relativo-allente, un
nihil sui et subiecti (di forma e materia) dellente.
T: <
Se Se necessario, allora invece la regola logica fondamentale
del determinismo fisico, sia interpretando necessario in senso scientifico moderno,
fenomenico-matematico (se, per la legge di Galilei, necessario che questo corpo cada,
allora cade, sia in senso ontologico-causale (se, per lazione dellattrazione terrestre,
necessario che questo corpo cada, allora cade).
4: <
Tavola 6. Alcuni dei calcoli modali ottenibili dai principali assiomi modali
Alla luce delle interpretazioni semantiche con cui abbiamo aiutato a capire il senso di
alcuni degli assiomi modali sopra ricordati, vedremo che i sistemi formali pi significativi per
noi saranno il KT5 (S5) che fornisce la struttura logico-formale, sintattica, di qualsiasi teoria
metafisica; KT4 (S4) che fornisce la struttura sintattica di qualsiasi teoria di ontologia fisica81; KD45, forse il pi versatile di tutti, che pu fornire la struttura logico-formale, sintattica, sia di teorie di logica epistemica, che di teorie di logica deontica (KD45 come S5 deontico); ma anche di tutte quelle teorie metafisiche (KD45 come S5 ontico) che suppongono un
Fondamento Trascendente, innanzitutto, come ho gi anticipato altrove la teoria metafisica
tommasiana dello essere come atto, ma alla luce di quanto qui abbiamo detto anche quella
della Stein e alla luce della tesi fondamentale del P. Alfieri sul fondamento del principium individuationis in Scoto, anche quella di Duns Scoto. In tal caso, ma vi torneremo, KD45 pu
essere definito anche come S5 secondario, in quanto la struttura di S5 contenuta in essa
come struttura fondata su una particolare relazione causale, trascendente dal Principio Primo, quella di partecipazione dello essere appunto.
3.4.3
Sempre per aiutare filosofi non-analitici, digiuni e impauriti dai simbolismi, a prendere confidenza con essi, per sfruttare appieno questo eccezionale strumento di chiarificazione
intellettuale e di dialogo, vediamo qualche esemplificazione di interpretazioni intensionali
81
E importante notare che mentre la relazione di accessibilit in S4 puramente transitiva (quindi appropriata
per rappresentare la causalit fisica), la relazione di accessibilit in S5 transitiva, simmetrica e riflessiva. Essa
appare cos compatibile col fatto che tutti i mondi possibili costituiscano in metafisica ununica classe di equivalenza rispetto alle leggi che definiscono quella struttura. Questione: come possibile combinare queste due evidenze in una metafisica della creazione, dove la relazione causale metafisica dal Fondamento devessere ugualmente solo transitiva, non simmetrica (perch allora ci significherebbe che tanto il mondo ha bisogno di Dio
quanto Dio del mondo, cadremmo cio nellimmanentismo teologico (contraddizione in termini) hegeliano), n
riflessiva (perch lessere partecipato da Dio al mondo non lEssere Stesso di Dio, altrimenti non saremmo pi
in grado di distinguere Natura e Soprannatura, natura e grazia). Uninterpretazione ontica di KD45 appunto
la risposta
84
possibili degli operatori modali, usate nelle logiche intensionali sottese alle diverse discipline
filosofiche tradizionali, nello spirito di quella post-modernit costruttiva di cui si diceva.
Abbiamo gi detto che la principale differenza semantica fra il calcolo proposizionale
classico k, e le interpretazioni intensionali del calcolo proposizionale modale m consiste nel
diverso trattamento delle nozioni semantiche di verit e significato, rispettivamente estensionali e intensionali, nei due calcoli:
Connettivi Vero-Funzionali o Estensionali di k: (secondo Frege: estensione = significato
= valore di verit di una proposizione), cos definiti in quanto interpretati come funzioni
(mono-, bi- o n-argomentali) definite su valori di verit (ovvero: a ogni connettivo corrisponde bi-univocamente una tavola di verit: Cfr. 3.3.5), quindi il valore di verit formale di una proposizione complessa (=consistenza sintattica di una catena dimostrativa) pu
essere determinato attraverso la sola conoscenza del valore di verit delle proposizioni
semplici componenti (Cfr. sopra 3.3.6).
Connettivi Non Vero-Funzionali o Intensionali di m (secondo Frege: intensione = senso di
una proposizione ), legati, in base allintuizione fondamentale del secondo Wittengstein a
diversi insiemi di regole e condizioni di verit, corrispondenti, in base allintuizione fondamentale di Husserl e della scuola fenomenologica, ad altrettante interpretazioni intensionali degli operatori modali fondamentali. Di qui avremo altrettante interpretazioni non
vero-funzionali della verit V di una proposizione p, in base al principio tommasiano,
confermato dai teoremi di Gdel e di Tarski (Cfr. sopra, 3.3.9), della asintoticit inattingibile alla ragione della Unica Verit Assoluta e della partecipazione ad essa delle verit parziali attingibili alla mente umana nei suoi diversi usi (Cfr. sopra, 2.2.5).
Per questo, per ciascun contesto modale e per i(l) relativi(o) connettivi(o) intensionali(e), definiremo anche formalmente le rispettive condizioni formali di verit delle proposizioni intensionali argomento del connettivo (operatore) medesimo. Ovviamente, facendo cos
non formalizzeremo in modo rigoroso i diversi contesti semantici in tal modo individuati, ci
limiteremo qui solo al primo passo della formalizzazione, quello della simbolizzazione,
dellindividuazione cio di quali simboli usare per rendere le nozioni fondamentali di quei
contesti e soprattutto fornire una prima definizione delle condizioni di verit per ciascun contesto.
3.4.4
Sono i contesti delle logiche descrittive di stati di cose, che possono essere, sia quelli
della logica di una teoria nella cosiddetta logica materiale o dei contenuti, quando cio
facciamo analisi logica semantica di una teoria descrittiva, sia essa scientifica, o filosofica, o
artistica o altro) , sia quelli dellontologia di una teoria (filosofica o scientifica che sia).
Quando, cio, facciamo unanalisi semantico-prammatica di una teoria, nella sua capacit di
riferirsi a, e/o di rappresentare linguisticamente allinterno di un determinato contesto o gruppo linguistico, stati di cose extra-linguistici, naturali o concettuali che siano. Loperatore semantico di necessit aletica ideograficamente lo stesso delloperatore sintattico di necessit
in m. In simboli:
p : E necessario che p
P. es. necessario che i viventi muoiano (contesto ontico, dellontologia biologica,
anche se qui non distinguiamo ancora, a livello di simboli, fra aleticit logica e ontologica,
come faremo fra poco).
Per determinare il valore di verit V (1/0) di p non sufficiente conoscere il valore
di verit di p, come nel calcolo estensionale, ma devo sapere, nel caso dellesempio, che la
morte propriet necessaria degli organismi viventi, cio legata costitutivamente alla loro
85
natura. E, cio, una legge universale della biologia (scienza), ovvero una propriet essenziale
dei viventi (metafisica), in tutti i mondi possibili, sia in quelli(o) in cui essi esistono attualmente, come il mondo in cui viviamo, sia in quelli dove esistevano (o esisteranno) solo potenzialmente nelle cause fisiche in grado di produrli (cio, se vi esistessero sarebbero comunque mortali).
Di qui la definizione di verit delloperatore di necessit aletica:
p
1 se e solo se p
Loperatore semantico-aletico di possibilit in logica (contingenza82 in ontologia), ideograficamente lo stesso che loperatore sintattico di possibilit nel calcolo m ed ugualmente definibile tramite loperatore di necessit. In simboli:
p: possibile che p
p:= p
La definizione di verit delloperatore di possibilit (logica) / contingenza (ontologica):
p
1 se e solo se p
Di per s in ontologia bisognerebbe distinguere fra operatore di potenzialit causale (attiva/passiva) e operatore di contingenza, non lo facciamo qui per semplificare.
83
Uso la minuscola perch di fatto la teoria di Hawking, malgrado tutto il battage pubblicitario che ha accompagnato luscita di questo libro in qualche modo, purtroppo, voluto da Hawking stesso, di fatto non confuta
lidea del Dio Creatore n della Bibbia, n della Tradizione. Confuta, invece, quella caricatura di esso che
lidea cartesiana del dio della spintarella iniziale al suo universo-automa-inerziale, universo che, dopo il
principio di equivalenza fra inerzia e gravitazione della relativit einsteinia, devessere considerato necessariamente un universo-automa-gravitazionale, come Hawking stesso ci spiega con dovizia nellultimo capitolo
del suo libro. In un siffatto universo a somma energetica zero (sistema energeticamente chiuso) non c alcun
spazio per quella caricatura di idea di creazione dal nulla che significherebbe iniettare in esso dal di fuori
materia/energia. Detto, di nuovo nei termini usati da Hawking stesso in altri suoi testi, non ha senso considerare
dio una condizione al contorno del big-bang.
86
Unimportante conseguenza di tutto ci che lassioma T, interpretato ontologicamente, dunque una formalizzazione del principio di causalit efficiente proprio
dellontologia/metafisica aristotelico-tomista. Ovvero, per essere pi esatti, lassioma T ha
una delle sue principali interpretazioni ontologiche nel principio aristotelico di causalit efficiente.
3.4.5
Riguardano lordine ideale del dover essere, in quanto distinto dallordine logico e ontico (fisico e metafisico) dellessere. Linterpretazione deontica delloperatore sintattico di necessit in m, loperatore di obbligazione deontica (morale/legale). In simboli:
Op
P.es.: obbligatorio che i cittadini paghino le tasse.
Definizione della condizione di verit di unobbligazione la seguente:
Op
Pp
1 se e solo se p
Pp
Pp:= O p
1 in alcuni mondi possibili idealmente buoni
Per sottolineare la duttilit e lutilit della nozione semantico formale di mondo possibile nelle logiche modali (cfr. nota 84), si vede subito che i mondi idealmente buoni dei
contesti deontici, sono, in contesto aletico, altrettante alternative possibili in senso logico,
ovvero eventi contigenti in senso ontologico. E ci perfettamente consistente con la nozione di scelta libera che caratterizza i contesti deontici, rispetto al determinismo dei contesti aletici. Ci apparir subito non appena esamineremo il principio di riflessivit deontico in
confronto con quello aletico. Per far questo per dovremo introdurre loperatore di ottimalit,
Ot .
Il concetto di ordinamento assiologico (alla base della costituzione dei cosiddetti mondi buoni) multivoco o analogo. Perci gli ordinamenti assiologici (sistemi di valori) si
differenziano tra loro non solo per contenuto ma anche per tipologia. Avremo infatti:
1. Ordinamenti soggettivi, ovvero ordinamenti costituiti dalle preferenze del soggetto
2. Ordinamenti oggettivi, ovvero ordinamenti dei valori a cui il soggetto tenuto ad attenersi (p.es., perch riconosce lautorit morale/legale di chi o cosa ha emanato
lordinamento, oppure perch un dato ordinamento in qualche modo legato alla natura delloggetto considerato).
84
Come si vede, il concetto di mondo possibile introdotto da Kripke per formalizzare le diverse semantiche
formali del calcolo modale ha un carattere esclusivamente stipulatorio, come egli non si stanca di ripetere: una
nozione di semantica formale modale. E una nozione, cio, che di per s non ha nulla di ontologico, come invece laveva nella scolastica, sia medievale, che leibniziana, sebbene sia possibile anche uninterpretazione ontologica di questa nozione, come abbiamo appena visto. Possiamo dire che il carattere stipulatorio della nozione
di mondo possibile consiste nel fatto che essa sta per ciascuna collezione (anche unitaria: pu stare cio anche
per un singolo oggetto o stato di oggetto) di oggetti o stati di oggetti (contenuti, diremmo in LN), propria di
una determinata semantica modale, coerente con le regole duso di quel linguaggio o giuoco linguistico. E
proprio la staordinaria duttilit della nozione, anche nel livello del rigore che si pu usare nel definirla nei diversi contesti, a renderla cos preziosa per lanalisi semantica.
87
Perci possibile caratterizzare anche il caso specifico dellordinamento delle preferenze del soggetto in situazione, ovvero quellordine di preferenze del soggetto che indipendentemente dalla conformit dellordinamento assiologico oggettivo o ad ordini preferenziali
del soggetto in altre situazioni capace di muoverlo allazione e, se non ci sono impedimenti, condurlo effettivamente al compimento reale di questa azione.
In tal modo, in base a questo riferimento essenziale al soggetto intenzionale libero, possiamo porre le basi per scendere dal mondo delle idee a quello reale, ovvero far s che
obbligatorio (Op) diventi ottimale (Ot (x,p)), dove loperatore di ottimalit, Ot (x,p), appare essere a due argomenti: uno per il soggetto dellazione x, laltro per la variabile proposizionale p.
Di qui la definizione della condizione di verit delloperatore di ottimalit, Ot (x,p):
Ot(x,p) 1 se e solo se p 1 in tutti i mondi buoni
(rispetto allordinamento preferenziale in situazione del soggetto x)
Da tutto questo deriva la caratterizzazione prima e la definizione poi del principio di riflessivit deontica, la cui confusione con il principio di riflessivit aletico (logico e ontologico) alla radice di tutte le confusioni fra ordine logico, ontologico, etico e legale.
E evidente che il principio di riflessivit deontica non pu valere se lobbligazione sar
espressa nei termini di O. Ovvero:
Op
p
Infatti, per definizione, Op 1 rispetto a un sotto-insieme di mondi possibili idealmente buoni in cui il mondo attuale non incluso, altrimenti i i mondi buoni non sarebbero ideali, ma reali. Questo, ovviamente, non pessimismo etico, ma logica. In altri termini,
lordine dell essere, della causalit fisica/metafisica, non quello del dover essere, altrimenti Cp Op, identificheremmo ordine fisico e ordine morale, cadremmo cio nel determinismo metafisico.
Se invece intendiamo loperatore dellobbligo nel senso delloperatore dellottimalit
Ot, allora pu valere il seguente principio di riflessivit deontica:
(Ot (x,p) ca cni ) p
Dove ca = condizione di accettazione dellordinamento preferenziale in questione e
cni = condizione di non impedimento. Infatti, se unazione appare ottimale a un certo agente,
se esso (che allora un egli) consapevolmente laccetta come tale e non ci sono cause impedienti (si realizza cio la condizione della cosiddetta libert negativa, o assenza di costrizioni) a che egli la realizzi, allora lazione prodotta.
E chiaro perci che si deve trattare di un agente consapevole libero capace di realizzare cio anche la seconda condizione della libert, quella positiva dell autodeterminazione ad agire in vista di scopi, ovvero ad agire in vista di fini consapevoli.
In altri termini, perch il mondo dei fini abbia a che fare col mondo reale, occorre incorporarlo nellazione di qualche soggetto consapevole. Questo cos ci aiuta a capire
laffermazione propria dellaristotelismo secondo la quale la causalit finale realmente distinta dalle altre cause (in particolare, non si riduce alla semplice causalit formale) solo
nellordine intenzionale ovvero quando supponiamo che la causa efficiente sia un agente
intenzionale consapevole e libero ma mai nellordine fisico. Ci va contro la sistematica
confusione fra causalit efficiente e finale, tipica di tutte le metafisiche neoplatoniche (p.es.,
di Plotino, che supponeva che la Causa Prima (efficiente) fosse anche Ultima (finale), pur essendo necessitata a creare, non essendo cio Libera) e dei loro succedanei anche moderni.
88
Per questo possiamo dire, concludendo, che il principio di riflessivit deontica per
loperatore Ot una formalizzazione modale del principio di causalit finale delle ontologie
aristoteliche, ontologia tommasiana inclusa, in quanto esse suppongono tutte che la causa finale possa essere anche efficiente, se e soltanto se essa supposta essere un soggetto intenzionale85
3.4.6
1 se e solo se p
in tutte le rappresentazioni fondate del mondo ammesse da x (sotto la clausola cio che il
mondo attuale sia in relazione di fondazione con questo insieme rappresentazioni)86. In sintesi, la definizione della condizione di verit delloperatore S(x,p) si ottiene da quella
delloperatore di credenza C(x,p) ponendo questa specifica clausola.
Di qui il fondamentale principio di riflessivit epistemica. evidente che il principio
non valga per loperatore di credenza C(x,p) dal momento che essere convinti di certe rap85
89
presentazioni del mondo attuale, non assicura che queste rappresentazioni siano (onto)logicamente vere, ovvero fondate sul mondo attuale87. Quindi:
C x, p
p
Viceversa, il principio vale rispetto alloperatore di sapere S(x,p), in quanto sapere
qualcosa rispetto al mondo, per la definizione della verit associata alloperatore del sapere,
implica che il contenuto del sapere sia anche (onto-) logicamente vero, ovvero fondato sul
mondo attuale (cfr. la contrapposizione parmenideo-platonica fra
):
S(x,p) p
Sia sufficiente quanto detto finora come esemplificazione del fatto che le diverse logiche intensionali possano essere interpretate come altrettante interpretazioni della logica formale (sintassi) modale, ovvero di un calcolo proposizionale cui si aggiungono gli operatori
modali di necessit/possibilit e i relativi assiomi. Prima per di passare allontologia formalizzata come unulteriore modello di tipo logico-aletico di logica modale, introduciamo un
primo abbozzo di formalizzazione della semantica formale dei mondi possibili di Kripke, della cui fecondit abbiamo gi potuto avere qualche esemplificazione in quanto abbiamo detto
finora.
3.5
3.5.1
87
E chiaro che mondo attuale, in quanto contrapposto a mondi possibili, non sidentifica col mondo degli
enti fisici, che solo un sotto-insieme di esso (esistono anche gli enti logici), n si identifica col mondo presente, nel senso che sia impossibile un sapere fondato su mondi possibili particolari, quali, per esempio,
quelli degli eventi passati o futuri. E chiaro per che, per esempio, per essere fondato, questultima forma di sapere retro- o pre-dittivo, i mondi di cui si parla devono essere in una particolare relazione ontica
(causale) col mondo attuale o con parti di esso, nel senso, rispettivamente come sua (loro) causa o sua (loro)
effetto. Per esempio, possiamo parlare in maniera fondata (ovvero sapere) del big-bang perch esso in relazione ontica, causale, col nostro mondo attuale, non solo dal punto di vista di unontologia fisica o fisica
teorica fondamentale, ma anche dal punto di vista della fisica come scienza galileiana a base sperimentale (almeno osservativa). Questo perch abbiamo misurato in qualche modo questa relazione fondativa, controllando che le disomogeneit nella radiazione cosmica di fondo delluniverso, effettivamente soddisfacevano le
ipotesi della teoria fisica fondamentale.
90
Nella metafisica e teologia naturale e questo il senso pi antico del termine che risale alla Scolastica e a Leibniz la nozione pu essere interpretata per formalizzare universi alternativi allattuale, ma che Dio era libero di creare.
Nelle scienze fisiche, i mondi possibili possono, per esempio, rappresentare diversi stadi
evolutivi delluniverso passati o futuri rispetto allattuale, oppure possibili evoluzioni
delluniverso compatibili con le stesse condizioni iniziali, ma mai realizzati.
Nelle scienze biologiche, possono rappresentare diversi processi evolutivi o stadi evolutivi della materia biologica distinti da quelli attualmente vigenti, ma ugualmente compatibili con le leggi biochimiche e biofisiche.
In etica e morale, diverse scelte alternative aperte alla capacit decisionale delluomo,
ovvero alternative alle scelte attualmente fatte dal soggetto, oppure possono rappresentare
i mondi idealmente buoni, distinti da quello attuale, con cui formalizzare lobbligo morale.
In epistemologia, come abbiamo gi detto, possono essere interpretati come distinte rappresentazioni del mondo attuale, etc.
Ma ci che caratterizza, tuttavia, la semantica formale modale di Kripke e che fa s che
essa venga definita semantica relazionale, che i diversi modelli semantici possibili relativi
ai diversi sistemi modali dipendono dalle relazioni che i vari mondi possibili e attuali hanno
fra di loro. In altri termini, ed qui leccezionale utilit del formalismo di Kripke, come
lunica nozione di mondo possibile passibile delle pi diverse interpretazioni, cos i pi diversi tipi di relazioni fra oggetti nelle diverse teorie (causali in fisica e metafisica, inferenziali e referenziali in logica, legali in diritto, etc.) possono essere considerati come interpretazioni di ununica relazione fra mondi possibili: la relazione di accessibilit.
Ci ha reso possibile una teoria unificata delle varie semantiche modali intensionali dei
sistemi di logica aletica (inclusa lontologia), deontica ed epistemica, oltre che a fornire
ununica e molto intuitiva rappresentazione grafica della semantica relazionale di esse.
3.5.2
DEFINIZIONI PRELIMINARI
Innazitutto, la definizione della nozione di struttura o frame. Essa una coppia ordinata
<W, R> costituita da un dominio non vuoto W di mondi possibili {u, v, w} e da una relazione R a due posti definita su W, ovvero da un insieme di coppie ordinate di elementi appartenenti a W (R W W) dove W W il prodotto cartesiano di W per W)88.
P.es., con W = {u,v,w} e R = {<u,v>}:
v
Secondo tale modello la relazione R, detta di accessibilit, solo nel senso che v accessibile a partire da u, mentre w irrelato con qualsiasi altro mondo. Nel caso invece che
tutti i mondi sono in relazione reciproca, cio:
R= {<u,v>,<v,u>,<u,w>,<w,u>,<w,v>,<v,w>}, avremo:
88
Con prodotto cartesiano dellinsieme W si intende tutte le possibili combinazioni di coppie ordinate di elementi di W
91
Viceversa, per avere che R non solo sia inclusa in W W ma che R=W W, dovremmo
avere che ciascun mondo sia relato anche con se stesso, avremo cio:
Cos, dal punto di vista della logica delle relazioni, interpretando cio linsieme {u,v,w}
come elementi di una classe, potremmo dire che questa struttura rappresenta una classe di
equivalenza, un classe di termini equivalenti fra loro. Ma allora come definire formalmente
un interpretazione su una struttura di mondi possibili? Possiamo definire linterpretazione I su
un dominio W:
I: V W {0,1}
Dove V un insieme di variabili proposizionali. Quindi I(p,u)=0 significa che p non
vera in u; mentre I(p,v)=1 significa che p vera in v.
Da notare che, come tutte le interpretazioni del calcolo proposizionale sono determinate
rispetto a tutte le variabili, cos tutte le interpretazioni di un calcolo modale sono determinate
rispetto a tutte le coppie appartenenti a V W.
Tralasciamo qui altri aspetti semplici, ma pi tecnici delle semantiche modali. Concentriamoci invece sui vari tipi di relazione che possiamo rappresentare con queste strutture.
R seriale89:
(om u)(ex v)(uRv)
R seriale se e solo se, dato un qualsiasi mondo della struttura <W,R>, ne esiste sempre
un altro accessibile dal precedente. Sono perci esempi di relazioni seriali i due seguenti:
u
w
u
R riflessiva
(om u) (uRu):
89
La serialit una propriet fondamentale per lontologia formale. Infatti, la caratteristica propria di tutte le
relazioni causali in natura che, come si vede anche intuitivamente dalla rappresentazione in semantica delle relazioni, devono costituire una catena chiusa. La propriet di serialit delle relazioni causali cos fondamentale
in ontologia delle scienze fisiche, perch il corrispettivo ontologico dei principi di conservazione dellenergia,
comunque li si interpretino. Luniverso cio costituisce nel suo complesso un sistema energeticamente chiuso,
a somma zero diremmo. Lo stesso vale per lontologia della teologia naturale tommasiana, in quanto il dato
che Dio abbia creato luniverso degli enti materiali con un singolo atto creativo o di partecipazione dellessere
c una nuova partecipazione solo per la creazione di ogni nuova sostanza spirituale significa che
nellaccesso allesistenza dei singoli e anche evolutivamente diversi enti (sostanze) materiali che lo compongono le quantit fisiche fondamentali si conservano. Il che perfettamente coerente con i principi della fisica. Per questo, luniverso nel suo insieme (non i singoli enti materiali al suo interno) sempieterno (eterno nella direzione del futuro), come le singole sostanze spirituali
92
R simmetrica
(om u) (om v) (uRv
vRu):
R transitiva
(om u) (om v) (om w) (uRv et vRw
u
uRw) :
R euclidea
Veniamo alla illustrazione della relazione pi interessante per noi, quella che a partire
da una relazione transitiva e seriale di un mondo con ciascuno di un numero indefinito di altri, per ciascuna coppia ordinata di essi, in grado di fondare fra gli elementi di ciascuna
coppia, dapprima una relazione transitiva, poi una riflessiva per ciascuno di loro e, simultaneamente, unaltra transitiva fra di loro nella direzione opposta. In pratica, passo passo:
(om u) (om v) (om w) (uRv et uRw
vRw) :
vRw et wRv):
Le due suddette propriet derivate dalleuclidicit sono dette di riflessivit e simmetricit secondaria, da cui il quadro complessivo:
93
3.5.3
mativit di una legge fisica), cio detto u un qualsiasi mondo possibile, allora u accessibile
a partire da s stesso. Il sistema di logica modale cos ottenuto il sistema KT, dove K, ricordiamolo indica lassioma fondamentale della logica modale, quello che aggiunge agli assiomi ordinari di deduzione del calcolo proposizionale, la regola N di necessitazione.
KT, allora, il sistema tipico della normativit fisica. Complementariamente, se una
formula possibilitata in u, allora dovr esser vera in qualche mondo (situazione) accessibile
a partire da u (p.es., il cono di luce che ha nel mondo attuale u il suo vertice nel senso che
leffetto di eventi causali passati compatibili col volume del cono stesso).
Riguardo al secondo problema del cambiamento delle leggi naturali, esso essenziale
per lattuale concezione evolutiva del mondo fisico (e biologico). Abbiamo, infatti, due possibilit: il decremento e lincremento delle leggi fisiche e quindi della necessit fisica stessa.
1. Decremento (p.es., ci che avveniva in certi stadi delluniverso iniziale, quando in
base alle teorie di stringa esisteva uno spazio a 21 dimensioni, non avviene pi negli
stadi successivi e non avviene oggi)
a,
2. Incremento: P.es., le leggi della meccanica quantistica e della termodinamica valide fin dai tempi pi antichi delluniverso e che continuano a valere ancora oggi
non sono sufficienti a determinare le leggi della biologia anche se ne sono condizioni
necessarie, nel senso che gli organismi biologici (livello macroscopico di organizzazione della materia) comunque devono rispettare le leggi della termodinamica (livello
mesoscopico) e della meccanica quantistica (livello microscopico).
a
POSSIBILIT METAFISICA
Diciamo adesso qualcosa rispetto alla possibilit metafisica. Grazie alla semantic moddale e a quella relazionale di Krupke diventa di elementare evidenza in che senso la possibilit metafisica non va confusa con quella fisica. Se KT sicuramente un ingrediente di una
qualsiasi teoria metafisica, pur tuttavia non basta. Infatti, riguardo la possibilit fisica
(lassioma T si pu leggere anche in maniera contrapposta a a) non affatto garantito
che a sia vero in tutti i mondi possibili,come invece si richiede in metafisica che legifera
sulle essenze. P.es., rispetto alle leggi fisiche vigenti allinizio delluniverso dove le energie
erano altissime o anche rispetto alle alte energie esistenti attualmente in stelle come il nostro
95
sole, lesistenza di molecole organiche e quindi di organismi viventi semplicemente impossibile. Nondimeno, metafisicamente, si richiede che se anche gli organismi impossibile che
esistano, se esistessero, dovrebbero avere quelle caratteristiche che la loro natura (essenza)
richiede
Per ottenere questo (ovviamente non rispetto allesistenza, ma allessenza di un dato
corpo si deve rinforzare KT con lassioma 5 ( a a). Allora KT5(S5) sar il sistema
formale, comunque requisito per qualsiasi teoria metafisica, caratterizzato da R riflessiva ed
euclidea per lassioma T, e quindi anche riflessiva, transitiva e simmetrica:
Cfr. Figura seguente, linsieme (classe di equivalenza) A pu essere suddiviso nei due
sottoinsiemi (sottoclassi di equivalenza) disgiunti B e C: ((B C) A).
Tornando alla metafisica, se KT5 dunque la struttura semantica formale che tutte le
teorie metafisiche, se formalizzate, devono possedere, sono possibili diversi modelli di
KT5, ovvero diverse teorie metafisiche. Essi si ottengono mediante laggiunta, allinsieme
comune di assiomi logici quali, appunto, linsieme di assiomi KT5, di altri insiemi di assiomi extra-logici diversi per le diverse teorie. Tutto questo significa che ci che valido in
un insieme di mondi possibili che costituiscono un modello o teoria metafisica come particolare interpretazione di KT5, necessariamente valido perch sempre vero in ciascuno di questi mondi che costituiscono il modello. E ci che caratterizza, in altri termini, luniversalit e
necessit del ragionamento apodittico di ciascuna teoria metafisica (vero in tutti i mondi possibili di ciascuna teoria metafisica)90. Ovvero, necessariamente valido in ciascuno di quei
mondi resi possibili da quella metafisica, ma non di per s valido per un altro insieme di
mondi possibili proprio di unaltra teoria metafisica. P.es., non tutto ci che vero e deduttivamente valido nella metafisica tomista, vero e valido nella metafisica hegeliana, e viceversa.
Aggiungo il di per s, perch la storia del pensiero scientifico moderno insegna che,
una volta applicato rigorosamente un metodo assiomatico di indagine, molte teorie che sembravano allorigine indipendenti, una volta formalizzate e rese rigorose, si sono dimostrate
sottoinsiemi di una nuova teoria pi potente in grado di includerle (si pensi, per esempio, a
cosa avvenuto in fisica dallottocento in poi, con lunificazione di teoria elettrica e magnetica nella teoria elettromagnetica, quindi dellunificazione della teoria elettromagnetica con la
teoria della forza nucleare debole, nella teoria elettro-debole, e cos via). Daltra parte, sarebbe oggi la prima volta, che, grazie alla globalizzazione, tutte le teorie metafisiche, appartenenti alle diverse culture/religioni possono affacciarsi ad una comune arena, ed sempre
oggi che, grazie allestensione delle tecniche di formalizzazione, le varie metafisiche potrebbero confrontarsi in maniera dialogica e costruttiva, e non di lotta e di sopraffazione come
avvenuto talvolta nel passato (ma purtroppo anche oggi) per alcune di loro.
In ogni caso, la struttura semantica di S5 esemplifica al meglio cosa intendesse Kripke
quando parlava di necessario a posteriori e come, in generale, grazie alla sua semantica dei
mondi possibili, sia possibile reintrodurre nella filosofia analitica la distinzione fra necessario
e contingente, nei termini, rispettivamente di vero in tutti i mondi possibili e vero in alcuni mondi possibili (Cfr. sopra 3.3.11). In questo andando al di l dei vicoli ciechi della vecchia fondazione concettualista kantiana di analitico-sintetico, riletta con Russell in chiave
linguistica e giustamente criticata da Quine (Cfr. sopra 3.3.10).
90
Mentre il ragionamento ipotetico proprio delle teorie fisiche fa s che, malgrado esso sia valido in tutti i mondi possibili (le leggi logiche che lo caratterizzano sono comunque tautologie, formalmente vere in tutti i mondi
possibili), sia semanticamente vero solo in alcuni di essi, quelli che costituiscono luniverso attuale.
97
Resta tuttavia una critica fondamentale a Kripke che gi abbiamo anticipato e qui potremmo cos sintetizzare, alla luce di questa esposizione della sua semantica relazionale. Nulla da eccepire sulla chiarezza e la pulizia formale di questapproccio alla semantica formale,
ma qual linterpretazione di questo schema che possa fondare una siffatta distinzione fra
necessit e contingenza? La forma, cio non pu sostituire il contenuto: quale fondazione ontologica o metafisica pu essere data di un simile approccio se non una di tipo concettualista?
Se questo il succo teoretico della critica di molti filosofi analitici a Kripke (Cfr. fra quelli da
noi citati in 3.3.11, Quine stesso (Quine, 1986, p. 145), e quindi (Searle, 1983; Rorty, 2005;
Fodor, 2004)), la risposta a questa critica va data nella direzione indicataci da Soames, in quel
contesto gi ricordata, della distinzione operata da Kripke fra possibilit metafisica e possibilit epistemica, come uno dei maggiori contributi alla filosofia del XX secolo. Questa distinzione ci rimanda a quella fra trascendentale moderno e classico ed ai loro rapporti, oggetto
del presente saggio.
3.5.5
POSSIBILIT EPISTEMICA
Quale dunque, dal punto di vista formale, la trattazione della nozione di possibilit epistemica che la semantica relazionale di Kripke consente? Particolarmente significativo per i
nostri scopi nelle logiche epistemiche il sistema KD45 perch, in una sua specifica interpretazione, costituisce il sistema-base del sapere fondato, in quanto distinto dalla credenza
(Cfr. sopra 3.4.6).
In tale schema, infatti, il mondo di partenza u pu essere interpretato come il mondo reale o un oggetto di esso, a (p.es., lacqua) di cui gli altri, v,w,z,, costituiscono linsieme
delle sue rappresentazioni possibili, a1, a2, a3, . (p.es., i termini, nelle diverse lingue, acqua, water, eau). Esse, come si vede, costituiscono una classe di equivalenza di rappresentazioni di a, valendo per loro simultaneamente la relazione riflessiva, simmetrica e transitiva a partire dalla relazione solo transitiva Ra che a ha con ciascuna di esse, costitutiva della
classe stessa.
Che Ra sia costitutiva della classe si evince immediatamente quando si consideri la propriet di euclidicit (Cfr. sopra 3.5.2) di cui la relazione Ra gode nei confronti degli altri
mondi. A partire da essa, cos possibile istituire fra gli altri mondi le relazioni transitiva,
simmetrica e riflessiva, secondarie, proprio perch tutte fondate su Ra.
Linsieme delle relazioni fra u,v,w,z costituisce un insieme euclideo proprio perch la
relazione fondante da u verso gli altri elementi fa s che si instauri fra gli elementi in questione una triangolazione per la costituzione fra v,w,z, di ununica misura invariante rispetto ad u. Ha un senso ben preciso affermare dunque affermare che v,w,z sono misurati da u.
Nellinterpretazione epistemica, ci rimanda immediatamente alla fondazione di
unepistemologia realista dove la realt ad essere misura della conoscenza e non viceversa.
In tal senso si pu dire che linsieme delle rappresentazioni si riferiscono ad a in quanto
da a costituite. Ci fornir a noi nella prossima sezione la possibilit di fornire una inter98
pretazione forte, perch ontologicamente fondata, della cosiddetta teoria causale della referenza difesa da autori come Kripke stesso (Kripke, 1980), Kaplan (Kaplan, 1978), Putnam (Putnam, 1975; Putnam, 1988) e, pi recentemente in versione sintetica e critica insieme delle precedenti da Salmon (Salmon, 2005). La relazione di referenza (dalla rappresentazione al reale) appare cos correttamente asimmetrica mentre la relazione opposta
(dal reale a una sua rappresentazione) appare come una relazione causale (transitiva)
anche se di tipo particolare.
Ma su tutto questo torneremo nella prossima sezione conclusiva dove forniremo una
particolare interpretazione ontologico formale (formalizzata) delle strutture che la semantica
relazionale di Kripke ha messo a nostra disposizione, quelle metafisiche ed epistemiche innanzitutto.
4
4.1
Lo sviluppo della logica e dellepistemologia delle scienze moderne ha portato alla progressiva separazione della forma logica dal contenuto extra-linguistico delle espressioni linguistiche la cui radice, come abbiamo visto, nella sistematica impossibilit dei linguaggi
basati sulla logica estensionale di giustificare formalmente la referenza extra-linguistica. Tutto questo legato allo sviluppo di una logica (quella estensionale della logica matematica) e
di una espistemologia (quella rappresentazionale) inadeguate a svariati usi del linguaggio in
forme non-scientifiche di comunicazione fra soggetti umani. Ci, come abbiamo visto, ha
portato alla reazione della scuola fenomenologica, ma anche alla reazione della scuola semiotica che individua, per lanalisi logica o metalinguistica di un linguaggio inteso come insieme di segni dotati di senso, pu essere effettuata considerando tre classi di relazioni che le
varie parti (parole, frasi, discorsi, etc.) possono avere:
1. Con il mittente o con il ricevente di una comunicazione linguistica;
2. Con altre parti del linguaggio
3. Con gli oggetti (linguistici o extralinguistici) cui le parti del linguaggio si riferiscono.
Di qui la tripartizione della semiotica e della logica secondi C.W. Morris (1901-1979):
1. Pragmatica: studio dei linguaggi in riferimento alle relazioni dei diversi segni con gli
agenti della comunicazione ed alla capacit del linguaggio di modificare i comportamenti (p.es., pubblicit, retorica,etc.). Lo studio della dimensione pragmatica della logica dei linguaggi, ha sempre fatto la figura della parente povera, ma essa oggi appare fondamentale e oggetto di studi sistematici, sia perch indispensabile alla formalizzazione dellontologia, sia perch essa risulta formalizzabile come le altre parti della logica, in termini di logica e semantica delle relazioni. In ogni caso, nella storia novecentesca della filosofia del linguaggio e dellepistemologia, lideologizzazione di
questa dimensione porta al cosiddetto pragmatismo, se lutilit pratica diviene lunico
criterio di sensatezza degli asserti, secondo il classico approccio di C.S. Peirce (18391914).
2. Sintattica: studio dei linguaggi in riferimento alle relazioni dei diversi segni linguistici fra di loro prescindendo sia dai contenuti che dagli agenti della comunicazione. La
sintattica o logica formale sempre stata, dai tempi di Aristotele, la parte fondamentale della logica, anche se nel 900 non manca lideologizzazione di questa parte della
logica. Essa prende il nome, secondo D. Hilbert (1862-1943) di formalismo, laddove
99
si considera la coerenza formale e quindi la consistenza dei linguaggi non solo unico
criterio di sensatezza dei medesimo, ma anche di verit e addirittura di esistenza degli oggetti cui il linguaggio si riferisce.
3. Semantica: studio dei linguaggi in riferimento alle relazioni dei diversi segni con i loro oggetti intra o extralinguistici (= referenti). Semantica o Logica materiale o
Logica dei contenuti: parte della logica che studia la semantica dei linguaggi. Realismo: se verit (adeguazione alloggetto) dei linguaggi scientifici considerata fondamento della loro stessa coerenza formale.
Generalmente nellanalisi logico formale delle teorie scientifiche basate sul metodo ipotetico-deduttivo, e quindi sulla distinzione fra sistema formale (=componente matematica) e
sua interpretazione sperimentale (= componente empirica), si considerano esclusivamente le
ultime due classe di relazioni (sintattiche e semantiche) che determinano forma e contenuto
delle espressioni e delle argomentazioni delle teorie scientifiche delle scienze naturali, tanto
da poter far affermare a Popper che lepistemologia della scienza senza soggetto conoscente, ovvero senza dimensione prammatica. Cosicch una prima caratteristica comune a
tutte le ontologie formali e formalizzate laffermazione secondo la quale, quando nellanalisi
logica dei linguaggi si tiene conto simultaneamente di tutte e tre le classi di relazioni che determinano la forma e il contenuto, e quindi il senso e la verit delle espressioni e delle argomentazioni corrette allinterno di ciascun linguaggio, non siamo pi nellambito della logica
formale (che si limita al solo studio sintattico e semantico), ma della ontologia formale.
Come gi ricordato pi sopra, nella logica scolastica questa distinzione espressa nei
termini di quella, interna alla logica stessa, fra logica de re e de dicto. Oggi che la logica si
concentra esclusivamente sulle analisi linguistiche, lanalisi de re viene denotata col nome di
ontologia formale. Daltra parte, il riferimento dellontologia alla pragmatica deriva dal fatto
che ogni linguaggio, in quanto sistema di rappresentazioni, ontologicamente neutro. Come
abbiamo visto nella sezione precedente, lanalisi logico-semantica sulla verit degli enunciati
(sentences), sulla loro soddisfacibilit e sulla loro referenza ad oggetti, analisi che permane
a livello squisitamente linguistico. Il riferimento allente extra-linguistico (mentale, fisico)
non pu trascendere cos il livello dellipotesi, come gi Kant si accorse con la sua teoria
dellessere come noumeno rispetto ad un intelletto rappresentazionale ed i teoremi di Tarski
e di Gdel in semantica formale hanno confermato.
Nellanalisi ontologica, si evidenzia dunque la centralit dellanalisi dei linguaggi ordinari, in quanto sono quelli usati dalle diverse comunit di agenti linguistici per interagire fra
di loro e con il mondo naturale e culturale in cui sono inseriti. Di qui unulteriore consapevolezza, comune a tutto il pensiero classico, lontologia, come scienza dellessere e delle sue
diverse modalit ontologiche (=modi di esistere), e quindi di manifestarsi (= modi di essere
conosciuto) e di esprimersi (= modi di essere espresso) non pu non far riferimento alluomo
e al suo pensiero che diventa allora il locus metaphysicus per eccellenza, come gi Parmenide
per primo si accorse
Insomma, il linguaggio delle teorie scientifiche, in quanto prescinde dalla dimensione
pragmatica ed espresso necessariamente in un linguaggio simbolico, ontologicamente
neutro. Esso acquista un valore ontologico solo quando divulgato, ovvero espresso in un linguaggio ordinario per modificare la mente degli agenti di una determinata comunit linguistica e quindi il loro modo di interagire con la realt naturale e culturale in cui sono inseriti.
Naturalmente, questo non vuol dire che la scienza in quanto tale non si riferisca alla realt,
essa, per, si riferisce alla realt nelle sue componenti empiriche, che sono al di qua della distinzione fra i vari enti, innanzitutto quelli della nostra esperienza ordinaria.
100
Il riferimento allente, insomma, ha senso solo quando dal piano delle rappresentazioni
si passa a quello delle azioni, come gi Aristotele per primo si accorse con la sua teoria
dellunit fra atto e oggetto intellettivo, nella sua teoria dellintelletto come atto. In tal modo il linguaggio da sistema di rappresentazioni viene inteso primariamente come un insieme
di atti linguistici di soggetti in relazione attiva-passiva (causale) fra di loro (comunicazione)
e con oggetti del mondo (conoscenza). In questo senso il problema della referenza e della denotazione extra-linguistica degli asserti (statements) non pu prescindere dalla dimensione
prammatica del linguaggio (ontologia).
Ogni linguaggio, perci, in quanto usato da una comunit linguistica, implicitamente
unontologia, ovvero ogni comunit linguistica condivide oltre che determinate categorie logico-grammaticali del proprio linguaggio, anche determinate categorie ontologiche e questo
il senso del termine ontologia nelle analisi linguistiche della scienza delle comunicazioni
e dellinformatica (Smith, 2004). A sua volta, lontologia implicita pu essere resa esplicita
in una determinata filosofia ovvero in una vera e propria teoria ontologica (p.es., le diverse
metafisiche nelle diverse culture o la metafisica stessa in quanto scienza). In quanto tali, le
teorie ontologiche sono espresse nei linguaggi naturali di cui sono in qualche modo primariamente costituite e possono essere oggetto di analisi logica sintattica e semantica come
qualsiasi altra teoria.
Come abbiamo visto, lanalisi metalogica della sintassi e della semantica di una determinata ontologia pu essere operata anche secondo i canoni della logica scientifica moderna.
Abbiamo cos il passaggio dal linguaggio naturale (LN) al linguaggio simbolico (LS) e quindi al linguaggio formalizzato della logica dei predicati (L) e del calcolo dei predicati (C). E
questo il senso dellontologia formale come ontologia formalizzata. Ed questo il senso in
cui useremo dora in poi noi la dizione ontologia formale, senza pi distinguere fra le due.
4.2
logia o categorie ontologiche possono essere deduttivamente trasformate per costruire argomentazioni ontologiche valide.
Per ambedue queste funzioni, esiste la centralit della questione di come il nesso della
predicazione viene interpretato nel sistema metafisico che una data ontologia formale rappresenta e questo perch il nesso della predicazione determina come le espressioni delle categorie logico- grammaticali di una teoria formalizzata possono essere validamente combinate e
trasformate deduttivamente. P.es., se ci muoviamo nellambito di unontologia nominalista in
cui il nesso di predicazione non rappresenta altro che convenzioni linguistiche, certe deduzioni sono consentite o meno, diversamente se ci muovessimo nellambito di unontologia
naturalista.
4.3
4.3.1
In ogni caso, universalmente accettato che tre sono le principali teorie della predicazione nella storia del pensiero occidentale nominalismo, concettualismo, realismo che
corrispondono ad altrettante teorie degli universali, intendendo con universale in quanto
distinto da classe o insieme ci che pu essere predicato di un nome, secondo la
classica definizione di Aristotele (De Interpretatione, 17a39). Per ciascun tipo di teoria ontologica indicheremo anche alcuni dei principali esponenti, antichi e moderni, delle diverse ontologie. Inoltre, distingueremo fra almeno tre tipi di realismo: logico, naturalista, senza o con
generi naturali. Infine, dal punto di vista delle logiche dei predicati soggiacenti, chiaro che
tutte le ontologie nominaliste sono logiche del primo ordine, visto che vietato in esse quantificare su simboli di predicati, perch gli universali non esistono in tali ontologie, quindi
non possono essere argomenti che soddisfano predicati di ordine superiore. Viceversa le altre
due ontologie, usano logiche (almeno) del secondo ordine, visto che ammettono, anche se in
sensi diversi, la realt degli universali e quindi possibile quantificare su simboli predicativi. Ammettono cio che variabili predicative possono essere argomenti che soddisfano predicati di ordine superiore al primo.
Dunque i tre principali gruppi di ontologie, col terzo diviso in almeno quattro sottogruppi sono:
1. Nominalismo: gli universali predicabili si riducono alle espressioni predicative di un
dato linguaggio che con le sue regole convenzionali determina completamente le condizioni di verit delluso di quelle espressioni (Sofisti, Quine).
2. Concettualismo: gli universali predicabili sono espressioni di concetti mentali che determinano verit/falsit delle corrispondenti espressioni predicative (Kant e trascendentalisti moderni).
3. Realismo: gli universali predicabili sono espressioni di propriet e relazioni che esistono indipendentemente dalle capacit linguistiche o mentali:
a. Nel mondo logico, avremo cos le ontologie del cosiddetto realismo logicista (Platone, Frege, )
b. Nel mondo fisico, avremo cos le ontologie del cosiddetto realismo naturalista che
pu essere di due tipi:
o Atomismo: senza generi naturali (Democrito, Wittengstein,)
o Essenzialismo: con generi naturali (Aristotele, Tommaso, Scolastica,)
Dove la principale differenza fra queste due forme di realismo naturalista che le teorie
essenzialiste sono quelle che affermano che la distinzione fra predicazioni necessarie e con102
tingenti si basano sulla distinzione fra propriet che appartengono necessariamente a certi enti perch essenziali e altre che appartengono solo in forma contingente ad essi perch accidentali
Infine, bisogna ricordare che ogni forma di naturalismo suppone una qualche forma di
concettualismo, perch propriet e relazioni naturali non possono essere come tali i significati o le intensioni delle corrispondenti espressioni predicative ma lo possono essere solo
mediante i relativi concetti (Cfr. p.es., la nozione tommasiana, e pi in generale scolastica,
delluniversale come ente logico (universale concettuale) con fondamento nella realt (cum
fondamento in re: universale naturale). Nasce di qui il problema logico-epistemologico fondamentale della relazione fra concetti e propriet logiche ed enti e relazioni naturali che essi
significano.
4.3.2
Ci che rende fra tutte le ontologie formali contemporanee lontologia del realismo
concettuale di Nino Barnabas Cocchiarella, ora professore emerito alla Universit
dellIndiana a Bloominghton negli Stati Uniti, la pi utile per una prima, parziale formalizzazione dellontologia tommasiana91 che essa, proprio come quella di Tommaso e contro
limpostazione medievale di Abelardo e di tutti i moderni che per questo sono bloccati
nelle irrisolvibili dicotomie soggetto-oggetto che non esistono due tipi di predicati, reali
e concettuali, ma una doppia significazione dello stesso predicato (predicazione in intentio
prima et secunda: (Cocchiarella, 2001)), in base a diverse relazioni di referenza, alla realt
esterna attraverso i dati sensoriali (species intentionalis come id quo intelligitur), alle idee
astratte dai dati comunque sempre in riferimento ai dati sensoriali (species intentionalis come
id quod intelligitur), come Tommaso ci ha ricordato. Una teoria logica e ontologica siffatta
necessariamente suppone, a livello epistemologico, una teoria intenzionale e non rappresentazionale della conoscenza e la collega direttamente non solo a Tommaso, ma anche
allontologia formale husserliana e in generale fenomenologica, sebbene il naturalismo di
Cocchiarella gli impone un collegamento solo con le diverse forme di fenomenologia naturalizzata contemporanee (Cocchiarella, 2007, p. 16-23), di cui in fondo il suo stesso approccio pu essere considerato un esempio. Viceversa, mi sembra importante qui ricordare la teoria dei noemi percettivi di Husserl che, come le specie intenzionali di Tommaso, hanno la
doppia funzione di mezzo ed insieme di oggetto di percezione, che accompagnano sempre i
noemi propriamente detti (intellettivi) e quindi collegano direttamente la teoria
dellintenzionalit fenomenologica di Husserl, di Merlau-Ponty, in particolare ma anche
della Stein e della Conrad-Martius, aggiungiamo noi alle scienze cognitive (Dreyfus,
1982).
91
Di per s possiamo usare lassiomatizzazione di Cocchiarella solo parzialmente, perch nella sua ontologia
manca la possibilit di formalizzare la nozione di partecipazione dellessere a livello metafisico e, correlativamente, a livello logico-ontologico la possibilit di interpretare la sua teoria della doppia saturazione soggetto/predicato come una teoria di mutua determinazione fra di essi. Non per nulla e molto correttamente, Cocchiarella riconosce come nella sua formalizzazione manca la possibilit di definire lessenza individuale perch, riconosce correttamente, nessuna forma di causalit naturale in grado di giustificare una teoria causale dei generi che arrivi fino a giustificare lesistenza di un genere per ciascun individuo, in particolare lunicit di ciascuna
persona umana. Un limite che, ancora correttamente riconosce Cocchiarella, la sua teoria condivide con
lontologia aristotelica. Infatti, egli afferma citando Plantinga (Plantinga, 1974, p. 71ss.), in tale ontologia sebbene esiste la possibilit del concetto predicabile di essere identico a Socrate non c alcuna nozione che corrisponda alla propriet/genere naturale di essere Socrate (Cocchiarella, 2007, p. 287s.). Propriamente, quindi,
useremo solo LS del realismo concettuale di Cocchiarella e non il suo intero L per cominciare a formalizzare lo
LN della teoria tommasiana anche se, in effetti, basterebbe modificare solo pochi assiomi dello L di Cocchiarella, fondamentalmente la sua definizione di identit, ma non qui il luogo per spingere la nostra analisi cos avanti.
103
Tornando a Cocchiarella, possiamo, innanzitutto, distinguere almeno tre sensi del semantema essere in un ontologia come quella del realismo concettuale di Cocchiarella, che
fa vedere immediatamente la differenza fra la logica estensionale delle logiche matematiche e
le logiche intensionali delle ontologie. In una frase: essere >> esistere, essere dice di pi
che solo esistere:
1.
x, F; x, F}: ci che pu essere (potentia esse, essere potenzialmente), ma
non esiste attualmente (p.es. enti x e/o propriet F passati/futuri rispetto a un io pensante (enti logici, fantastici, etc.) e/o rispetto a un concorso causale naturale (enti naturali, propriet naturali, generi (essenze) naturali, per i quali indicizzeremo con n i rispettivi quantificatori, cio: nx, nF; nx, nF}).
e
2.
x, ex; eF, eF}: ci che attualmente, esiste, come individuo generico x e/o come propriet e/o genere (una sostanza seconda, direbbe Aristotele) F in uno o pi
individui.
3. E!(a):= ( ey) (y = a): ci che esistente come individuo concreto (sostanza prima,
direbbe Aristotele), ma mai come propriet/genere, cio ( eF) E!(F). Dove, come si
vede, non usiamo il semplice quantificatore ma il predicato di esistenza E!(a) per indicare lo essere esistente (non il semplice esistere) dellindividuo concreto, come
ci che contrae alla propria essenza individuale linfinita potenza attiva causale
dellessere come atto, dellessere partecipato, qualcosa che possiamo simbolizzare
ma non formalizzare nellontologia di Cocchiarella (cfr. nota 91).
Con queste distinzioni in mente, possiamo vedere alcune esemplificazioni di simbolizzazioni di concetti filosofici che abbiamo incontrato in questo saggio. Innanzitutto, la nozione
epistemologicamente pi rilevante, sia della teoria tommasiana che della teoria di Cochiarella, del come simbolizzare la nozione di doppia significazione dei predicati comune a Tommaso e Cocchiarella. Richiamando i concetti gi espressi (Cfr. 2.2.6):
1. La significazione naturale (corrisponde alla tommasiana predicazione in prima intenzione ed cognitivamente associata alla conversio ad phantasmata e alla prima
riflessione dellintelletto): collenunciato predicativo si significa (ci si riferisce al)la
propriet/relazione naturale.
2. La significazione concettuale (corrisponde alla tommasiana predicazione in seconda
intenzione ed cognitivamente associata alla seconda riflessione dellintelletto):
collenunciato predicativo si significa il (ci si riferisce al) concetto (alla concettualizzazione della propriet/relazione naturale).
La formalizzazione della teoria della doppia significazione nel realismo concettuale,
resa simbolicamente attraverso unopportuna indicizzazione dei quantificatori che hanno per
argomento anche variabili predicative e non solo individuali (come detto, ci muoviamo ovviamente in una teoria del secondo ordine):
1.
Fj
x1 , , x j F x1 , x j : significazione concettuale (predicato F significa
un concetto). Predicazione in intenzione seconda, anche se logicamente primaria.
Per questo, come anticipato quando abbiamo introdotto la simbolizzazione dei diversi
sensi dellessere, usiamo una quantificazione senza indici. Perch la quantificazione
normale in logica, dove non ci si riferisce mai a entit reali, ma solo astratte (cfr.
logica vs.ontologia).
n
2.
F j C e x1 , , e x j F x1 , x j : significazione naturale (predicato F significa
una propriet naturale). Dove ( n) significa che la variabile predicativa argomento del
quantificatore denota una propriet naturale (F), dove ( e) significa che la variabile
individuale argomento del quantificatore denota un ente naturale (x) attualmente esi104
stente e dove (C) significa che loperatore modale di possibilit preso in senso aletico-ontico di possibilit causale, reale e non logica o razionale.
Ovvero, dipende dallappropriato concorso causale se il predicato F saturato o meno
da individui attualmente esistenti. Per esempio, se F stesse per essere dinosauri, chiaro
che oggi non saturato da nessun individuo esistente, come, al tempo dei dinosauri, il predicato essere lucertole non era saturato da alcun individuo attualmente esistente. Ci non significa che allora le lucertole come ora i dinosauri, non abbiano alcuna forma di realt
biologica, visto che erano (sono) potenzialmente realizzabili nel concorso causale biologico
appropriato. Diverso invece, sarebbe il caso della F araba fenice che mai potr essere implementata in una matrice di causalit biologica, ma solo in una di causalit mentale ( un
ente fantastico, una fiction).
4.3.3
tante). Il discorso potrebbe concludersi dicendo che lappartenenza ontologica al genere fondamento della verit dellappartenenza logica alla classe corrispondente,
ovvero:
(
A) ( yA) C(E!(x)
x=y
A)
dove A il nome comune che denota il genere inteso come congiunzione di individui x
la cui esistenza necessariamente dipende da un concorso causale comune
( xA=ogni x che un A, p.es.: ogni uomo) e A il corrispondente simbolo astratto per la classe, intesa come congiunzione di propriet comuni a pi individui.
Una formalizzazione dei generi naturali di questo tipo si adatta perfettamente a evidenze tolte sia dalla fisica fondamentale che dalla biologia genetica. P. es., in elettrodinamica
quantistica: i generi naturali di questa ontologia possono essere intesi come i nodi stabili della struttura causale di un diagramma di Feynman, ovvero il diagramma delle interazioni che
danno origine ad un intero genere di particelle sub-atomiche della medesima specie, un diagramma che distinto per ogni specie di interazione fra particelle.
Analogamente in biologia genetica, i generi intesi come nodi stabili della struttura causale, sarebbero il corrispettivo ontologico della stabilit del DNA e della nicchia ecologica da
cui la stabilit di unintera specie biologica criticamente dipende.
Discutendo sul significato profondo di queste formule, Cocchiarella fa giustamente notare come definire le propriet/generi naturali reali ( n/ k) come entit che non sono mai individui (ricordiamo il divieto di applicare loro il predicato di esistenza), ma che pure sono
causalmente realizzabili (C) in natura, anche quando non attualmente realizzate, in nessun
individuo attualmente esistente, una ontologia profondamente diversa da quella aristotelica
(Cocchiarella, 2007, p. 275-281) , sebbene necessaria per unontologia formale di un universo
evolutivo, e sebbene, ho aggiunto io allamico Cocchiarella, perfettamente compatibile con
lontologia tommasiana (Tommaso vs. Aristotele: (Basti, 2007)).
Per Aristotele, infatti, le essenze o le sostanze seconde esistono solo negli individui,
quindi non hanno alcuna realt (p.es., biologica), neanche potenziale, se nessun individuo
realizza quellessenza. In questo senso lontologia aristotelica radicalmente anti-evolutiva.
Viceversa, per Tommaso e per la Scolastica fin da Agostino, era fondamentale, poter giustificare in teologia i futuribili per garantire la libert del Dio Creatore.
Il fatto cio che oltre luniverso attuale e gli enti che attualmente lo costituiscono, potevano esistere nella potenza creatrice di Dio altri enti e, al limite, altri universi. In altri termini, mentre nella Tardo-Scolatica le essenze hanno s unesistenza possibile da attuarsi negli
individui, ma solo di tipo logico, in mente Dei (Suarez) o, infine con Kant, in mente hominis soltanto , per Tommaso non cos. Lessere che compete a ogni essenza naturale
sempre in potenza attiva nelle cause Prima e seconde in grado di farla essere in determinati
individui esistenti mediante la partecipazione dellatto dessere e dunque la doppia determinazione potenza/atto che si d anche a questo livello essenza/essere e non solo materia/forma come in Aristotele. Lessere come atto attualizza lessenza, ma limitato dalla potenzialit dellessenza naturale in questione perch dipende dal concorso delle cause seconde: solo nellAssoluto, che perci necessariamente Unico, essenza ed essere coincidono cos che il risultato lindividuo concreto esistente. E questo il cuore della teoria tomista della distinzione reale, cio causalmente fondata, e della reciproca determinazione fra
essenza ed essere, in quanto opposta alla distinzione puramente di ragione sostenuta dai moderni a partire da Suarez (Cfr. (Fabro, 1961)).
Ecco come Tommaso la esprime in due dei testi pi chiari al riguardo:
106
E' evidente che il primo ente, che Dio, atto infinito, cio avente in s tutta la pienezza dell'essere non contratta ad alcuna natura n di genere, n di specie (...). Pertanto,
ogni ente che dopo il primo ente, poich non il suo essere (essere ed essenza non
coincidono, N.d.R.), hanno l'essere ricevuto in qualcosa (nell'essenza con le sue componenti generiche e specifiche, N.d.R.) per mezzo del quale lo stesso essere viene contratto: e cos in ogni ente creato, altra la natura (essenza, N.d.R.) della cosa che partecipa
dell'essere altro lo stesso essere partecipato (...). Quindi, necessario che l'essere partecipato in ciascheduno si relazioni alla natura partecipante come l'atto alla potenza (Q.
de Spir.Cr., 1. Corsivi miei).
In ogni cosa allora si trovano sempre due principi, dei quali l'uno il complemento dell'altro, la proporzione dell'uno all'altro e come la proporzione della potenza all'atto, nulla infatti si completa se non per il proprio atto [S.c.Gent., II,53,1283. Corsivi miei].
Ed ecco un testo di altrettanta chiarezza che forse, secondo gli esegeti, non attribuibile
a Tommaso direttamente, ma certo ad mentem Thomae, tanto da far parte, comunque, del
Corpus Thomisticum, anche nel senso che a questo oscuro discepolo dellAquinate certo non
mancava genialit e rigore come al suo maestro. Si tratta di un testo, tolto dallopuscolo De
Natura Materiae, dove il meccanismo della reciproca determinazione essere/essenza spiegato nellunico modo logicamente consistente possibile e che infatti ritroveremo anzi
labbiamo gi trovato in una delle strutture di semantica modale che abbiamo esaminato.
Ecco dunque il testo in questione, dove, definito lessere in assoluto di un ente il risultato
della doppia causalit, orizzontale (dalle cause seconde) e verticale (dal Fondamento o
Causa Prima: Cfr. lo schema intuitivo di Tavola 2), lo sconosciuto autore evidenzia il nucleo
del problema e cio che lessenza non ci che direttamente ha lessere, ma la sostanza individuale, quindi la doppia reciproca determinazione fra lindividuo e il genere di appartenenza proprio come a livello logico per giustificare la fondazione delle descrizioni definite
Tommaso parla di una doppia determinazione soggetto-predicato. Ecco il testo:
Poich pertanto lessere assoluto il termine di ambedue le azioni causali (delle cause Prima e seconde,
N.d.R.) (...), in tali enti abbiamo una duplice composizione, e cio:
a) del soggetto individuale esistente e dellessenza, poich lindividuo aggiunge molte cose alla sua natura;
b) della composizione del tutto della cosa e del suo essere. (...) Quindi, lessenza in essi non ci che direttamente ha lessere, ma come ridotta allessere attraverso un qualche soggetto individuale cui soltanto
compete di avere lessere ed al quale si termina lazione del producente (De Nat.Mat., 8,404).
Daltra parte, Tommaso stesso che in diversi testi cita lanalogia fra relazione di referenza nelle descrizioni definite e partecipazione dellessere per fondare la sostanzialit individuale, ambedue riportabili allo schema di semantica modale KD45, come vedremo nella
prossima sotto-sezione. Viceversa, Cocchiarella ben consapevole che il suo sistema vive
ancora di una inconsistenza che non riuscito a risolvere. Ovvero, per motivi che adesso sarebbe qui difficile spiegare completamente in termini formali, oscilla, da una parte fra S4
(KT4) visto che la fondazione fisica causale dei generi suppone necessariamente un tipo di
relazione di accessibilit transitiva, seriale e non simmetrica, come appunto si richiede alla
formalizzazione della causalit fisica (causalit efficiente, in termini aristotelici); dallaltra in
quanto sistema metafisico completo, deve possedere una struttura S5 (KT5), caratterizzata da
una relazione transitiva, simmetrica e riflessiva fra tutti gli elementi (mondi) della struttura.
E chiaro che una struttura KD45 mette insieme le due esigenze, sebbene richieda una causalit transitiva trascendente luniverso degli individui e fondante lindividualit unica (singolarit) degli individui medesimi (sostanze prime, nella terminologia aristotelica). Esattamente il punto che caratterizza non solo la metafisica tommasiana dello essere come atto
abbiamo appena visto, nel passo del De Natura Materiae appena citato, che la causalit
efficiente dalla Causa Prima ha come termine la sostanzialit prima del soggetto individuale
107
ma, per ci stesso, lontologia formale della singolarit, innanzitutto della persona umana,
sia in Agostino, che in Tommaso, che nella Stein e in Scoto, per limitarci agli autori cristiani
qui esaminati, ma in ogni sistema coerente di metafisica della trascendenza, di ispirazione
cristiana o no, che allora si manifesterebbero come altrettanti modelli di ununica struttura
formale fondamentale comune a tutti.
Facciamo dunque lultimo passo di questo saggio e illustriamo questo punto che ci aiuter non poco anche a illustrare il proprium della geniale soluzione tommasiana del problema
della referenza singolare, nel campo epistemico ed insieme a illustrare il proprium della non
meno geniale fondazione tommasiana della singolarit di ciascuna sostanza prima le persone umane innanzitutto nel loro riferimento ontologico (trascendentale) al comune Fondamento Trascendente.
4.4
4.4.1
Non sorprenda che cominci questa illustrazione della possibile formalizzazione della
teoria ontologica (metafisica) tommasiana dal problema squisitamente epistemico ed epistemologico della referenza singolare. Essere post-moderni non significa, infatti, dimenticare la
lezione della modernit, ma anzi cercare di trarne il massimo frutto, senza nel contempo rimanere imprigionati nei sentieri interrotti delle sue soluzioni inadeguate dei problemi perenni della filosofia. Ora, il cosiddetto problema critico riguardo le pretese metafisiche e
ontologiche del pensiero e del linguaggio umani, ovvero il problema della conoscibilit ed
esprimibilit adeguate dellessere e delle sue manifestazioni in qualche modo precondizione di qualsiasi ontologia post-moderna, formalizzata o meno che sia. Una soddisfacente soluzione del problema logico della referenza extra-linguistica e della referenza singolare in particolare dunque pre-requisito di una qualsiasi ontologia post-moderna.
Abbiamo gi pi sopra notato che la genialit e lassoluta novit, anche per i moderni
con immediate ripercussioni sia nel campo delle scienze e neuroscienze cognitive, sia nel
campo della implementazione artificiale di comportamenti semantici pre-simbolici in informatica e robotica , consiste nella teoria della reciproca determinazione Soggetto/Predicato
(S/P) nel caso delle descrizioni definite, che hanno come referenti enti singoli in quanto singoli. Una teoria che, come gi detto, ha una sua parziale formalizzazione in quella di Cocchiarella della doppia saturazione soggetto-predicato di contro alla teoria fregeana della
saturazione semplice del predicato da parte del soggetto, eccessivamente dipendente da Aristotele, come Frege stesso riconosceva (Cfr. sopra 2.3.3), ma ha anche e questo lo
aggiungiamo adesso un suo parziale riscontro nel tentativo di John Searle di recuperare,
contro Kripke e la sua teoria causale della referenza, il valore della fregeana teoria descrittiva della referenza, mediante lattribuzione di una valenza intenzionale e quindi intersoggettiva alle descrizioni definite stesse (Searle, 1983, p. 231-261).
Prima per di collocare post-modernamente Tommaso, di vedere cio similitudini e
differenze della sua soluzione al problema della referenza singolare con quelle di Cocchiarella, Kripke e Searle, approfondiamo la sua soluzione del problema della referenza singolare
dei nomi propri in quanto abbreviazioni della descrizione definita soggiacente, in quanto cio
nomi identificati con la singolarizzazione di un determinato predicato, aggiungendo cio al
predicato generico differenza/e specifica/he fra quelle che possono, nei diversi contesti, caratterizzare il referente singolare una sorta di ricorsivizzazione della haecceitas, rendendo108
la in qualche modo f(t), dipendente dal tempo, in ottemperanza al dictum aristotelico che
allintelletto umano non spetta essere, ma diventare progressivamente tutte le cose.
Gi esprimendomi in questi termini procedurali ho espresso il cuore della soluzione
tommasiana al problema delle descrizioni definite, che, se vogliamo, fa tuttuno con la sua
idea di verit come corrispondenza ai fatti non come, platonista, astratta identit, una aequatio appunto, ma come concreta, progressiva, intenzionale ad-aequatio. Per esprimere il
cuore di questa procedura di nuovo prendiamo una struttura KD45 a tre mondi, dove u rappresenta loggetto referenziale, v il soggetto e w il predicato della relativa descrizione definita
e dove la struttura KD45 medesima appare essere il risultato della relazione euclidea che si
pu instaurare fra i tre. Riportando cos solo i grafici dei diversi passaggi del calcolo di semantica formale gi ricordato in 3.5.2, avremo:
v
Tavola 7: schema genetico di KD45 mediante sviluppo della relazione euclidea a partire da un insieme di relazioni
transitive fondative (nella struttura-base a tre mondi: uRve uRw)
Interpretando questi schemi formali alla luce della teoria tommasiana sulle descrizioni
definite, a partire dalle relazioni di fondazione (causali) transitiva e simmetriche uRv e uRw,
si possono fondare le relazioni secondarie: transitive (vRw, wRv), simmetriche (vRw = wRv),
e riflessive (vRv, wRw) che rendono possibile fondare una descrizione definita, caratterizzata
dalla identit S=P. Il carattere dinamico della procedura di doppia determinazione S/P guidata, controllata dal referente si vede non appena interpretiamo le diverse relazioni transitive del
modello come altrettante relazioni causali fra implementazioni fisiche (p.es., dinamiche neurali) dei vari elementi del modello. La procedura consister dunque in una reciproca modificazione S/P guidata dallinput finch non si raggiunge una relativa stabilizzazione, sul finito sempre possibile che corrisponder alla fondazione delle relazioni riflessive o di autoriferimento rispettivamente di S e di T, cos da garantire una loro reciproca invarianza in funzione delloggetto che controlla lintero processo, cos da garantire una transitivit-simmetricitriflessivit secondarie, ovvero unequivalenza (o identit) S/P per riferimento ad oggetto. La
clausola del riferimento significa cio che se rendiamo la procedura iterativa, ovvero indicizziamo spazio-temporalmente gli elementi della struttura con un indice spazio-temporale n
ovvero {un, vn , wn}, la procedura pu essere ricorsivamente riprodotta garantendo la progressiva adeguazione (verificazione) della descrizione definita alle mutate condizioni delloggetto
referenziale.
P.es., tornando alla nostra povera Santa Monica, che spero ci perdoner per questa
strumentalizzazione filosofica ma a fin di bene , denotarla come la madre di Agostino non era certo aver individuato la sua haecceitas, non garantisce quella identit invariante fra mondi possibili o fra stati di mondi possibili, vera croce senza alcuna delizia di
ogni teoria causale della referenza che affidi ai semplici nomi la funzione di designatore
109
rigido come Kripke e i suoi seguaci, Cocchiarella incluso, pretendono. Viceversa il nome
in quanto formula abbreviata della descrizione definita ricorsiva cui appartiene e quindi la
descrizione definita intenzionalmente intesa alla Searle, s, per causalmente fondata alla
Kripke il vero designatore rigido. In altri termini, Monica Monica perch prima di essere Monica, la madre di Agostino, era Monica, la moglie di x, e prima ancora Monica,
la figlia di y, etc. Basta per ogni diverso contesto, indicizzato in n, ripetere la procedura, ed
ecco affrontato il problema della designazione rigida, intenzionalmente intesa, come procedura di riadeguamento continuo alloggetto che cambia, come procedura di vero e proprio tracciamento (tracking) o inseguimento (locking) delloggetto referenziale. La stessa componente
di intenzionalit intersoggettiva che porta Searle a parlare di intenzionalit sociale, nella sua
ontologia dellente sociale pu essere agevolmente cos risolta. E evidente infatti che un
gruppo sociale si definisce essenzialmente dal comune ambiente fisico-culturale che accomuna i suoi membri. Essi cos potranno sviluppare un comune linguaggio ed apparato concettuale, non tanto perch interagiscono fra di loro, quanto perch tutti interagiscono con modalit
assolutamente individuali, ma secondo finalit comuni con un comune ambiente. In una parola, in questo schema di intersoggettivit intenzionale, lintersoggettivit si realizza pi attraverso il guardare tutti nella medesima direzione che per il guardarsi tutti negli occhi, anche se quello non esclude questo, ma semmai lo fonda.
Una parola sullimplementazione neuro-cognitiva di questa procedura. Il modello fisico-matematico neurale capace di implementare una simile teoria dovr essere certamente uno
schema dinamico di rete neurale di tipo caotico, visto che la topologia di connessione fra gli
elementi della rete deve variare continuamente in funzione del locking su un input sempre variabile, ma con finalit persistenti da parte del soggetto conoscente. Senza entrare qui in approfondimenti tecnici chiaro che S e P delle nostre formule dovranno essere implementati in
due circuiti neurali di reciproca attivazione fra neuroni della corteccia senso-motoria, in grado di modificarsi reciprocamente e continuamente praticamente in tempo reale: stiamo
parlando cio di decimi di secondo , in funzione del best matching con un input esterno che
cambia ciontinuamente, dove il criterio di ottimalit (il best del matching) dato dalle interconnessioni con le strutture sub-corticali e quindi dalla componente emotiva del comportamento intenzionale tomisticamente parlando, stiamo qui esplicitando la teoria complexa
della cogitativa, come preparazione immediata allatto del giudizio, di cui abbiamo accennato
alla nota 46.
Il modello neurale che meglio interpreta questi requisiti quello intenzionale di W. Freeman che non per nulla si rif a Tommaso, ma che, attenzione!, non dipende originariamente
da Tommaso. Ovvero Freeman al quale mi lega unamicizia e un dialogo scientifico ormai
da molti decenni solo in questi ultimi quindici anni venuto a contatto con la sintesi di
Tommaso e lha eletta a controparte filosofica dei risultati di oltre quarantanni di ricerca e di
scoperte sul campo (Freeman, 2008). La congruenza dellapproccio di Freeman con quanto
qui esplicitato dato dal fatto che il suo modello neurocognitvo di comportamento intenzionale si basa sul livello mesoscopico di analisi delle dinamiche cerebrali, in quanto distinto,
verso il basso, dal livello microscopico di analisi sui singoli neuroni, e verso lalto, dal livello
macroscopico di analisi, cio, dallo studio delle dinamiche complessive del cervello in quanto
studiabili mediante le varie tecniche di neural imaging: elettro-encefalogramma, TAC (tomografia assiale computerizzata), PET (positron emission tomography), risonanza magnetica
funzionale, etc. (Freeman, 2001). Lo studio di Freeman si cio concentrato sullanalisi
dellattivit basale, continua delle cellule cerebrali, spesso considerata dai neurofisiologi
generalmente e soprattutto nel passato, poco esperti di teoria e analisi fisico-statistica dei segnali , come una sorta di fastidioso rumore di fondo, che ostacolava le loro osservazioni e
misure micro- e macro-scopiche.
110
La differenza fra una dinamica collettiva casuale (stocastica) e una caotica data dal fatto che, mentre il
comportamento degli elementi della prima totalmente e reciprocamente scorrelato, nel secondo caso esistono
correlazioni complesse e locali fra i comportamenti degli elementi componenti, sostanzialmente instabili, che si
ripetono, s, ma ad intervalli di tempo del tutto impredicibili, dando cos limpressione di essere casuali.
93
Dio d e conserva (= partecipa) lessere alluniverso e a tutti gli enti che in esso vengono progressivamente
allesistenza, proprio come noi, con la nostra mente, facciamo esistere in essa dei pensieri, ed essi continuano
ad esistere in essa finch li pensiamo. Cos che se, per assurdo, Dio si distraesse un attimo, il mondo cadrebbe nel nulla Fra i pensieri e la mente che li produce esistono dunque solo relazioni di ragione, perch
essi sono causalmente immanenti alla mente che li produce, sebbene distinti da essa. Le relazioni reali come le
relazioni causali, sono invece fra enti che non solo sono distinti, ma esistono come distinti, anche se, per esempio, lesistenza delluno dipende causalmente dallaltro (p.es., nella relazione causale fra padre e figlio). Cfr.
(Tommaso dAq., In I Sent., d. 27 q. 2 a. 2 qc. 1 co; S. Th., I, 28, 1co).
111
Parlando della formalizzazione della struttura logica di una qualsiasi teoria metafisica
entro la semantica modale dei mondi possibili di Kripke, abbiamo detto che le diverse teorie
metafisiche si distinguono per laggiunta di ulteriori assiomi a quelli logici che determinano la struttura formale comune S5 del calcolo modale soggiacente (Cfr. sopra 3.5.4).
Nel caso della teoria tommasiana, questi assiomi sono quelli relativi alla differenza reale (causale) essere (atto)/essenza (potenza) e quindi alla teoria della partecipazione dellatto
dessere. E evidente perci che lavere Tommaso legato la causalit efficiente della Causa
Prima sullessere di tutti gli enti ad una struttura che contempla la potenzialit dellessenza
come costitutiva della relazione causale stessa cos che la struttura S5 sia in qualche modo
una risultante di questa relazione atto/potenza costitutiva dellesistenza di ogni ente, implica
che la struttura relazionale debba essere quella di un S5 secondario. La teoria tommasiana
offre cos la possibilit di unulteriore interpretazione ontica del sistema modale KD45, oltre
quelle ben note nelle logiche epistemiche pi sopra sommariamente illustrate e delle logiche deontiche che qui non abbiamo avuto modo di illustrare. E Tommaso stesso ad introdurci in questa interpretazione, ponendo unanalogia fra asimmetricit della relazione di fondazione causale della referenza ad oggetto di un enunciato dalloggetto stesso, nellordine epistemico, e asimmetricit della relazione causale di partecipazione dello essere dalla Causa
Prima nellordine ontico.
Tavola 7. Struttura modale KD45 dove, nellinterpretazione epistemica, u rappresenta loggetto referenziale in relazione transitiva-seriale (causale) con la classe di equivalenza di sue rappresentazioni (proposizioni) {v, w, z} che perci
sono con esso in relazione di riferimento. Come si vede la relazione di referenza asimmetrica: le proposizioni rappresentate dallinsieme di mondi possibili {v, w, z} sono vere rappresentazioni del loro comune oggetto referenziale u
perch u in relazione di fondazione e non di referenza con ciascuno degli elementi di {v, w, z}. In altri termini,
linsieme {v, w, z} necessitato dalla relazione che u ha con ciascuno dei suoi elementi, ma non viceversa. u resta u sia
che sia o non sia in relazione con {v, w, z}, ma non viceversa ( necessitante, ma non necessitato dalla sua relazione con
ciascuno degli elementi di {v, w, z}). Ci dice Tommaso, ci che si pu dire della relazione di fondazione logica di un
insieme di concetti/rappresentazioni rispetto al loro comune oggetto referenziale (si riferiscono ad esso perch esso
li/e fonda come tali senza dipendere da essi/e), pu dirsi degli insieme degli enti che compongono luniverso nella loro
relazione di fondazione ontologica dal loro comune Fondamento. Parafrasando un famoso detto di Hegel: il mondo
ha bisogno di Dio per essere mondo, ma Dio non ha bisogno del mondo per essere Dio.
Ci spiega Tommaso: le relazioni con le creature possono essere attribuite a Dio, ma solo
secondo il modo con cui un conoscibile (oggetto) si relaziona al conoscente (soggetto), che
sempre una relazione asimmetrica. Infatti, come lo scibile determina col suo essere la verit
o falsit (esistenza o inesistenza come ente logico) dellenunciato del conoscente su di esso,
nondimeno la relazione cognitiva qua talis conoscente-conoscibile non nello scibile, ma
nello sciente. E lenunciato cio a riferirsi necessariamente allo scibile non viceversa, proprio perch lo scibile (in quanto ente) determina lessere (verit o falsit) dellenunciato,
ma lenunciazione non pu determinare nulla dellessere dello scibile cui essa si riferisce. La
relazione caratterizzata da questa asimmetricit fra lenunciato e il suo referente quella che
Tommaso definisce in tutta la sua produzione, fin dal giovanile Commento al Libro delle Sentenze relazione di ragione (relatio rationis) (Cfr. lasimmetricit della relazione fondazionale una classe di equivalenza di rappresentazioni delloggetto da u verso gli altri mondi
112
(rappresentazioni di u), nel modello epistemico di KD45, che pu quindi definirsi anche, nella parte destra della struttura, S5 secondario.
P.es., continua Tommaso, non perch dico che il cielo azzurro esso azzurro o non
azzurro, bens lazzurro del cielo a determinare lessere logico (verit) dellenunciato il
cielo azzurro o il non-essere logico (falsit) dellenunciato il cielo non azzurro (Cfr.
S.c.Gent., II, 12-15).
Fuori di metafora, la referenza una relazione R asimmetrica, cio xRy yRx, come
Russell medesimo evidenzia nei Principia. Questasimmetria viene cos spiegata da Tommaso, applicandola al nostro problema di esplicitazione della struttura relazionale ente Essere
Sussistente. Come un ente fa essere un enunciato, che allora necessariamente a quellente si
riferisce per essere logicamente come vero, essere vero, cos lEssere Sussistente fa essere un ente che allora a Lui necessariamente si riferisce per essere ontologicamente come
esistente, essere esistente: E!a. (Cfr. Tommaso dAq., In Metaph., V, xvii, 1027).
Si vede cos la specificit della metafisica tommasiana ma a quanto stiamo vedendo
di qualsiasi metafisica della trascendenza rispetto alle metafisiche dellimmanenza.
Mentre queste ultime hanno una struttura (S5 o KT45) senza assiomi di fondazione, la struttura S5 della metafisica tommasiana fondata: un S5 secondario. KD45 , infatti, la struttura formale della metafisica tommasiana della partecipazione. Gi infatti abbiamo notato che
formalmente un sistema KD45 nella sua parte destra, escudendo cio u e la sua relazione di
accessibilit transitiva, asimmetrica e non-riflessiva verso tutti gli altri mondi, fa s che esso
si possa definire qui un S5 onticamente secondario.
Le relazioni transitive, simmetriche e riflessive che gli altri mondi hanno fra di loro e
che ne fanno una classe di equivalenza (sono cio tutti equivalentemente enti per gli assiomi di quella ontologia) si fondano, attraverso una propriet di euclideicit della relazione di
accessibilit, sulla relazione transitiva da u verso ciascuno di loro. Si tratter allora di transitivit, asimmetricit, riflessivit secondarie, e dunque di S5 secondario, epistemico o ontico
in base a quanto visto qui94, a seconda dellinterpretazione del tipo di accessibilit trattato.
Nella versione ontologica, se interpretiamo, cio, la relazione di accessibilit come causazione efficiente (nella accezione pi generale di relazione transitiva e seriale) di tutto
lessere dellente, si viene in tal modo a realizzare una formalizzazione della struttura della
dottrina tommasiana della partecipazione dellessere, con limplicita dottrina della distinzione
reale (= fondazione causale della distinzione) tra essenza e atto dessere. Se infatti interpretiamo u come Ipsum Esse Subsistens e gli altri mondi come la totalit degli enti creati possiamo affermare che:
1. Le relazioni reciprocamente transitive/seriali a partire da quella Fondante95 che un ente ha con gli altri enti (v,w,z,) rappresentano le cause seconde che si sviluppano sul
piano creaturale, mentre la relazione da u la causa ultima di tutto lessere, essenza
ed esistenza di tutti gli enti che non sono u.
2. Anche le relazioni (cause seconde) che sussitono tra gli enti sinstaurano in forza della euclideicit della relazione di accessibilit da u ed in forza del fatto che siamo
partiti da una situazione iniziale in cui u in relazione con tutti gli altri enti. Ci significa che lordine delle cause seconde (incluse le leggi che le governano grazie alla
simmetricit delle relazioni di necessitazione), per poter sussistere, deve appoggiarsi
94
Ma che ha spesso in letteratura soprattutto interpretazioni deontiche: in questo caso la parte destra della struttura caratterizza i mondi idealmente buoni che definiscono il sistema di valori per un soggetto o comunit di
soggetti u: cfr. (Galvan, 1991).
95
La Causa u Prima anche nel senso di fondazione, insieme con lessere, anche del potere causante delle altre cause.
113
E ovvio che un tema del genere, e la fecondit dellapproccio ad esso con unontologia
formale e formalizzata che ho cercato qui almeno di introdurre, si presterebbero ad un approfondimento senza fine. Mi sembra comunque che un primo risultato sia balzato agli occhi.
96
Argomentazione propter quidem la definiva Tommaso: cfr. larticolo immediatamente precedente a quello
che stiamo qui discutendo della Summa.
114
Se tutte le metafisiche, quando formalizzate, non possono non avere una struttura semantico-formale di tipo S5, lapprondimento della reciproca convergenza fra trascendentale
classico e moderno nei due autori Edith Stein e Tommaso dAquino, ambedue filosofi e
teologi, e ambedue santi per la Chiesa Cattolica ci ha portato ad un ulteriore risultato che
fornisce lipotesi di lavoro per ulteriori, fecondissime ricerche. Le due metafisiche, della
Stein e di Tommaso ma con ogni probabilit le metafisiche anche di Agostino e di Scoto,
ovvero di altri due grandi Maestri di teologia e filosofia cristiane, anchessi, a vario titolo
proposti alla venerazione di fedeli risultano compatibili con una variante di S5 che di solito viene indicata con S5 secondario o KD45, ma che, a quanto sappia, mai era stata applicata
sistematicamente alla modellizzazione di strutture metafisiche di pensiero.
Viceversa, non solo, come ho gi anticipato altrove, tale struttura si presta a formalizzare la metafisica di Tommaso e sono convinto che si tratta dellinterpretazione pi forte, data la ferrea struttura logica della teoria tommasiana alla quale credo che altri autori cristiani,
per quanto santi e per quanto maestri venerabili, mai potranno approssimarsi , ma in generale sembra essere la struttura di ogni metafisica della trascendenza, cristiana o no, in quanto
opposta ad una metafisica dellimmanenza. Una metafisica, questultima, o senza Dio, o dove
vi fosse contemplato, sottoposto alla massima hegeliana della doppia necessitazione: sarebbe un Dio che ha bisogno del mondo per essere Dio, tanto quanto il mondo ha bisogno
di Dio per essere mondo.
Tavola 8. S5 secondario (KD45) come struttura delle metafisiche della trascendenza, versus S5 come struttura delle
metafisiche dellimmanenza, dove la differenza schematizzata nei diversi ruoli di u nelle due strutture.
Lascio cos unultima volta alla rappresentazione grafica di queste due strutture metafisiche alternative, ma non certo equivalenti rappresentazione che la semantica relazionale
modale ci consente , il compito non solo di concludere questo lungo saggio, ma di suggerire intuitivamente ulteriori, feconde ricerche, nel solco di una formalizzazione post-moderna
delle ontologie e della metafisica, che aiuti il dialogo e il confronto, inter-disciplinare (scienza, filosofia e teologia), ed anche inter-culturale e inter-religioso. Ma soprattutto li concentri
sui veri problemi e sulle vere questioni per evitare in unepoca cos decisiva per la storia
dellumanit come la nostra che le discussioni fra filosofi e, perch no, fra teologi, assomiglino tanto ai litigi dei famosi capponi di Renzo di manzoniana memoria.
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PREMESSA .......................................................................................................................................... 1
119
2.3.3
Conoscenza dellessere e della verit nella formulazione del giudizio .......................................... 38
2.4 APPROFONDIMENTO DELLA TEORIA TOMMASIANA: LE DUE RIFLESSIONI DELLINTELLETTO ........................................... 40
2.4.1
Coscienza e autocoscienza ............................................................................................................ 40
2.4.2
La spiritualit dell'atto intellettivo ................................................................................................ 42
2.5 L'USO DELLA VIA SOGGETTIVA DELLA COSCIENZA NELLA TRATTAZIONE TOMMASIANA DEL PROBLEMA DELL'ANIMA ........... 43
2.5.1
Accenni allo sfondo storico della questione .................................................................................. 43
2.5.2
La via soggettiva, quella oggettiva e le prove razionali della spiritualit dell'anima umana ....... 44
2.5.3
Una prima definizione del concetto di "ente spirituale" mutuata dal neo-platonismo ................ 46
2.5.4
L'evidenza soggettiva della propria spiritualit come "habitus" dell'anima e la definizione
razionale dell'essenza dell'anima ................................................................................................................ 49
2.5.5
L'evidenza soggettiva-esistenziale della vita psichica:.................................................................. 50
2.5.6
La conoscenza razionale dell'essenza dell'anima.......................................................................... 52
2.6 IN CONCLUSIONE A QUESTA SEZIONE ............................................................................................................... 52
3
120
4.4
CASO NOTEVOLE: KD45 ONTICO E PARTECIPAZIONE DELLESSERE. VERSO UNA FORMALIZZAZIONE DELLA METAFISICA
4.4.1
La formalizzazione della soluzione tommasiana al problema delle descrizioni definite (referenza
singolare) .................................................................................................................................................. 108
4.4.2
Analogia fra ordine epistemico e metafisico nellontologia tommasiana della partecipazione . 111
4.5 CONCLUSIONE GENERALE: METAFISICHE DELLA TRASCENDENZA E DELLIMMANENZA ............................................... 114
BIBLIOGRAFIA ...........................................................................................................................................115
121