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Comitato Scientifico
Serena Cattaruzza (Universit di Trieste) / Alan Costall (Universit
di Portsmouth) / Elisabeth List (Universit di Graz) / Riccardo
Martinelli (Universit di Trieste) / Giulia Parovel (Universit di
Siena) / Franco Paracchini (Universit di Ginevra) / Michele Sinico
(Universit di Venezia) / Paolo Spinicci (Universit di Milano) /
Fiorenza Toccafondi (Universit di Parma).
Luca Taddio
FENOMENOLOGIA
ERETICA
SAGGIO SULLESPERIENZA
IMMEDIATA DELLA COSA
Prefazione di Giorgio Derossi
Postfazione di Marcello Losito
I. INTRODUZIONE 23
Paolo Bozzi
RINGRAZIAMENTI
di Giorgio Derossi
PREFAZIONE 15
1.
Assumere come oggetto di interrogazione un cubo
pu apparire filosoficamente e scientificamente super-
fluo, sebbene Voltaire consideri il superfluo una chose trs
ncessaire e Savinio scriva che il progresso della civilt si
misura dalla vittoria del superfluo sul necessario. Laz-
zardo teoretico si situa nel tentativo di circoscrivere il pro-
blema della percezione delle cose del mondo esterno a
un esempio, per cos dire, a portata di mano, sul quale si
ritorner lungo le pagine di questo libro da differenti an-
golature. Pi in generale, si cercato di ancorare lesame
teorico del concetto di cosa a specifici casi osservabili,
in modo che lanalisi concettuale non risulti chiusa in se
stessa. La filosofia della percezione deve costringere il lo-
gos a un sistematico confronto con gli osservabili in atto.
Le alternative costituite da una riflessione di carattere
generale sul concetto di cosa o da unestesa indagine
storico-critica si allontanerebbero dai presupposti meto-
dologici e dagli obiettivi teoretici del presente studio, in-
centrato non solo su concetti, ma anche su singolarit
percettive. La domanda metafisica che cos? (nella
fattispecie un cubo) non appare inscindibile dagli inter-
rogativi di tipo ontologico (che cosa c?) ed episte-
mologico (come conosciamo?). Lapparire della cosa
calamita su di s diverse questioni, ma preliminarmente
occorre gettare luce sul dubbio di natura scettica che la
filosofia ha contrapposto al senso comune, il cui sguardo
ingenuo coglie la presenza del mondo come ovvia, reale
e concreta. Sennonch, talvolta, su ci che appare ovvio,
la nostra esperienza immediata del mondo, vale la pena
interrogarsi.
Se lanalisi della cosa investe la teoria della conoscen-
za, lontologia, la filosofia della mente, la fisiologia, la fisi-
26 FENOMENOLOGIA ERETICA
2.
Accogliamo lossimoro di una fenomenologia spe-
rimentale. In antitesi alla tradizione fenomenologica
classica, intendiamo discutere alcuni esperimenti di psi-
cologia della percezione, alla ricerca non di unessenza
28 FENOMENOLOGIA ERETICA
3.
Con il seguente esempio, Moore difende le credenze
del senso comune: alziamo un braccio, e nessuno, se non
un filosofo di professione, pu sensatamente dubitare
che questo sia il nostro braccio o che questa sia la nostra
mano. Se sai che c una mano allora ti concediamo tut-
to il resto5 afferma Wittgenstein, citando lamico Moore.
2. Cfr. ibid.
3. L. Wittgenstein, Philosophische Bermerkungen, Blackwell, Oxford 1964, tr. it. di M.
Rosso, Osservazioni filosofiche, Einaudi, Torino 1976, 1e; dora innanzi PB.
4. M. Merleau-Ponty, Phnomnologie de la perception, Gallimard, Paris 1945, tr. it. di
A. Bonomi, Fenomenologia della percezione, Bompiani, Milano 2003, p. 146.
5. L. Wittgenstein, ber Gewissheit, G.E.M. Anscombe e G.H. von Wright (a cura di),
INTRODUZIONE 33
Blackwell, Oxford 1969, tr. it. di M. Trinchero, Della certezza. Lanalisi filosofica
del senso comune, Einaudi, Torino 1978, 1; dora innanzi UG. Cfr. G.E. Moore,
Proof of External World, in Philosophical Papers, Routledge, London 1959.
6. Scrive Wittgenstein in Della certezza: La verit di certe proposizioni empiriche
appartiene al nostro sistema di riferimento (L. Wittgenstein, UG, 83). La
nozione di sistema di riferimento per noi di fondamentale importanza e ci
torner utile, come vedremo, non solo da un punto di vista linguistico nelle
Ricerche filosofiche Wittgenstein afferma che: il comportamento umano condi-
viso il sistema di riferimento con cui interpretiamo un linguaggio sconosciu-
to (Id., PU, I, 206) ma anche percettivo.
7. Id., UG, 141, 30.
34 FENOMENOLOGIA ERETICA
8. Cfr. M. Merleau-Ponty, Causeries 1948, Seuil, Paris 2002, tr. it. di F. Ferrari, Con-
versazioni, SE, Milano 2002, p. 15.
9. M. Foucault, Les mots et les choses: une archologie des sciences humaines, Gallimard,
Paris 1966, tr. it. di E. Panaitescu, Le parole e le cose, Rizzoli, Milano 1994, p. 99.
10. Cfr. W. Metzger, Psychologie, Steinkopff, Darmstadt 1941, tr. it. di L. Lumbelli,
I fondamenti della psicologia della Gestalt, Giunti, Firenze 1971, p. 15.
INTRODUZIONE 35
11. I. Kant, Kritik der reinen Vernunft, Insel, Wiesbaden 1956, tr. it. di C. Esposito,
Critica della ragion pura, Bompiani, Milano 2004, p. 61.
36 FENOMENOLOGIA ERETICA
12. Merleau-Ponty, M., Le visibile et linvisible, Gallimard, Paris 1964, tr. it. di A. Bono-
mi, Il visibile e linvisibile, Bompiani, Milano 1993, p. 75.
13. L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, Routledge, London 1961, tr. it.
di A.G. Conte, Tractatus logico-philosophicus e Quaderni 1914-1916, Einaudi,
Torino 1968, prop. 5.634; dora innanzi TLP.
14. Ivi, prop. 5.552.
15. Cfr. P. Bozzi, Fenomenologia sperimentale, Il Mulino, Bologna 1989.
INTRODUZIONE 37
16. Cfr. H. Putnam, Reason, Truth and History, Cambridge University Press, Cam-
bridge 1981, tr. it. di A.N. Radicati, Ragione, verit e storia, Il Saggiatore, Milano
1994, cap. 2.
38 FENOMENOLOGIA ERETICA
4.
Sul filo della mezzanotte don Chisciotte e Sancio la-
sciarono il bosco ed entrarono nella citt, dove accad-
dero loro cose che son veramente cose. Le cose sono
veramente cose per come appaiono, a prescindere dalla
loro origine metafisica. Occuparsi dei fenomeni e della
modalit del loro apparire il compito di una fenomeno-
logia della percezione.
Wittgenstein, nella prima fase del suo pensiero, ritiene
che tutta la filosofia consista in una critica del linguaggio:
N meraviglia che i problemi pi profondi propriamen-
te non siano problemi.17 Pi tardi, nel medesimo spirito,
affermer che lattivit filosofica non consiste tanto nella
risoluzione di problemi quanto nella loro dissoluzione,
poich essi derivano da un crampo del linguaggio. Si-
milmente una descrizione attenta del dato sotto osserva-
zione pu dissolvere pi che risolvere alcuni crampi del
pensiero. Il lavoro in filosofia [...] propriamente pi
un lavoro su se stessi. Sulla propria concezione. Su come
si vedono le cose. (E su che cosa si pretende da esse).18
Fin dal suo inizio la filosofia ha segnato un progressivo
allontanamento dalle cose: scoprendo lidea della verit
24. Cfr. P. Bozzi, Un mondo sotto osservazione, Mimesis, Milano-Udine 2007, p. 137.
25. M. Ferraris, Il mondo esterno, cit, p. 94.
II.
FORSE UN DIO CI INGANNA1
1. Osservare un cubo
2. Sartre
9. Ivi, p. 16.
10. Ibid., nostro il corsivo di aspetti.
FORSE UN DIO CI INGANNA 51
3. Severino vs Husserl
11. Cfr. E. Husserl, Cartesianische Meditationen und Pariser Vortrge, hrsg. v. S. Stras-
ser, in Husserliana, Bd. I, Martinus Nijhoff, Den Haag 1950, tr. it. di F. Costa,
Meditazioni cartesiane e discorsi parigini, Bompiani, Milano 1989, pp. 37-39.
12. Cfr. ivi, pp. 39 e 57.
52 FENOMENOLOGIA ERETICA
13. E. Severino, Studi di filosofia della prassi, Adelphi, Milano 1984, p. 64. Cfr. E.
Husserl, Meditazioni cartesiane, cit., pp. 43-58.
14. G. Derossi evidenzia come la definizione geometrica di cubo Poliedro
regolare di sei facce che sono quadrate non esplichi, e dia quindi per
scontato, che le sei facce siano uguali fra loro, e che siano tutte ugualmente
visibili, bench non sia dato sapere se contemporaneamente o in successione.
Constatiamo quindi di nuovo che la definizione geometrica formula esclu-
FORSE UN DIO CI INGANNA 53
17. Il noto esempio fatto, con humour britannico, da B. Russell, scrive Deros-
si di un canguro che potrebbe inopinatamente sostituire una o pi facce
del cubo, , nella sua bizzarria, interessante []. Un canguro, infatti, un
ente tridimensionale, e pertanto non strutturalmente idoneo a sostituire
la faccia di un cubo che invece bidimensionale (ovviamente il cubo un
solido tridimensionale terminato da lati idealmente anche se non material-
mente bidimensionali). Certo logicamente possibile, cio non contraddit-
torio, pensare di mettere al posto di una o pi (non pi di tre, per) facce
del cubo un canguro, dopo averle trasformate nel simpatico animale. Che
per non vi si troverebbe affatto a suo agio (come non lo sarebbe del re-
sto neanche il suo percipiente); ma non perch vi starebbe eventualmente
troppo stretto, o viceversa troppo lasco, o per altri motivi logistici, ma
proprio per motivi logici o logico-ontologici inerenti alla strutturazione
spaziale coinvolta nellintera faccenda. Il canguro, in effetti, come qualsiasi
altro ente tridimensionale, potrebbe occupare il posto lasciato libero, per
dir cos, da una o pi facce del cubo, ma non potrebbe sostituirle, cio adempiere
alla loro stessa funzione. questultima in effetti e qui tocchiamo un punto cru-
ciale a essere pre-vista nellosservazione iniziale, da parte del percipiente, delle
facce visibili: queste manifestano, a tale osservazione, una conformazione
che non solo pre-figura quella delle altre facce ancora non viste, ma anche la
pre-determina in quanto struttura spazialmente obbligata. I profili dei tre lati
visibili non possono infatti che essere gli stessi di quelli invisibili in quanto
comuni agli uni e agli altri: tutti, pertanto, devono essere quadrati, per
corrispondere non tanto alla definizione del cubo quanto alla sua determi-
nazione e visualizzazione spaziale.
56 FENOMENOLOGIA ERETICA
18. Se per dicessi: che qui ci sia un cubo una verit assoluta, dovrei ricono-
scere come verit assolute anche le leggi dellottica e in generale della fisica,
che devo adoperare per verificare la proposizione: Questo un cubo. E
queste leggi non sono verit assolute non solo dal punto di vista del sapere
assoluto dal punto di vista, cio, con terminologia husserliana, di chi pratica
la riduzione fenomenologica trascendentale , ma nemmeno oggi, come
ben noto, dal punto di vista della fisica (E. Severino, Studi di filosofia della
prassi, cit., p. 66). Il cubo non lo si pu mai guardare integralmente, non se
ne possono mai vedere contemporaneamente tutti i lati. Bisogna ricorrere a
sistemi di specchi, cio a ipotesi interpretative; ma che lo specchio mostri ci
che il rispecchiato unipotesi (Id., Lidentit della follia, Rizzoli, Milano
2007, p. 243).
19. Cfr. W. Khler, Gestalt Psychology, Liveright, N.Y. 1929, tr. it. di G. De Toni, La
FORSE UN DIO CI INGANNA 57
psicologia della Gestalt, Feltrinelli, Milano 1961, p. 110. Questo tema sar ripre-
so analiticamente nel cap. 3.
58 FENOMENOLOGIA ERETICA
20. E. Husserl, Meditazioni cartesiane, cit., pp. 74-75. (Sul tema della cosa si veda
inoltre: Id., Ding und Raum. Vorlesungen 1907, in Husserliana, Bd. XVI, hrsg. v.
U. Claesges, Martinus Nijhoff, Den Haag 1973, tr. it. di A. Caputo, La cosa e lo
spazio, Rubbettino, Soveria Manelli 2009).
21. E. Severino, Studi di filosofia della prassi, cit., p. 65.
FORSE UN DIO CI INGANNA 59
22. E. Husserl, Meditazioni cartesiane, cit., p. 94. Cfr. G. Leghissa, Levidenza impossi-
bile, Lint, Trieste 1999, pp. 128 sg.
23. E. Severino, Studi di filosofia della prassi, cit., p. 66.
24. Ibid.
60 FENOMENOLOGIA ERETICA
25. Ibid.
26. Nel commento di Severino allesempio husserliano del cubo implicita lim-
possibilit di poter eliminare ogni forma di dubbio sullannientamento delle
facce del solido restando allinterno delle categorie occidentali del divenire.
Solo affermando la necessit del destino di ogni ente, cio lesser s dellessente, si
pu eliminare tale dubbio. La cosa implica, secondo le categorie occidentali
del divenire, la possibilit di oscillare tra lessere e il niente (Cfr. Id., Destino
della necessit, Adelphi, Milano 1980, pp. 20 sg.).
FORSE UN DIO CI INGANNA 61
27. Cfr. Id., Essenza del nichilismo, Adelphi, Milano 1982, pp. 27 sg., e p. 86.
28. E. Husserl, Meditazioni cartesiane, cit., p. 72.
29. R. De Monticelli, Lordine del cuore, Garzanti, Milano 2003, p. 35.
62 FENOMENOLOGIA ERETICA
30. E. Husserl, Meditazioni cartesiane, cit., p. 75. Loggetto pertanto non fa parte
delle esperienze vissute. In queste, Husserl distingue un aspetto soggettivo
costituito dagli atti che mirano ad affermare loggetto (per esempio, il perce-
pire, il ricordare, limmaginare, ecc.) che detto noesis, dallaspetto oggettivo
(il percepito, il ricordato, limmaginato) che detto noema. Il noema non
loggetto stesso: nella percezione del cubo, loggetto il cubo ma il noema
di questa percezione il complesso dei predicati o dei modi dessere dati
dallesperienza: il cubo rosso, illuminato, non illuminato, percepito, ricorda-
to ecc. Il cubo (loggetto) costituisce il polo intorno a cui vengono a orientar-
si e a raggrupparsi i noemi dellesperienza vissuta.
31. R. De Monticelli, Lordine del cuore, cit., p. 35. Evidenza e trascendenza si
implicano reciprocamente, vale a dire che il modo tipico che una ha di darsi
a conoscere anche il modo tipico che essa ha di sparire nellinvisibile, per
cos dire; e che quanto della sua realt non appare, o non si d immediata-
mente a conoscere, si nasconde tuttavia in modo tipico. Un po come il lato
nascosto della cosa visibile, il profilo della trascendenza, [] suggerito dal
profilo dellapparenza (ibid).
32. Cfr. E. Husserl, Meditazioni cartesiane, cit., p .75.
33. Ivi, p. 73.
FORSE UN DIO CI INGANNA 63
34. Cfr. ivi, pp. 73-74. Tuttavia scrive Derossi questa procedura esige dei chiari-
menti su alcuni punti. Il primo costituito dal fatto che essa si compone di due
tipi di attivit ben diversi fra loro, quali sono il percepire e il ricordare. La
teoria husserliana delle protensioni e ritensioni cerca di mostrare in effetti
come tali due attivit siano non solo fra loro compatibili ma altres sinergica-
mente cooperanti nella concreta effettuazione dei processi percettivi. Anche
ammessa per la validit di questa teoria, essa non pare comunque sufficiente
ad eliminare unulteriore difficolt di carattere, diremmo, logico-ontologico:
per quanto mantenute nel giro della percezione mediante gli atti di riten-
sione, le facce del solido di volta in volta non viste, sia pure per pochi istanti,
potrebbero trasformarsi in quel brevissimo lasso di tempo in qualcosa di com-
pletamente diverso, per cui gli atti di protensione, pur rinviando alle altre fac-
ce del solido, non procurerebbero unevidenza assoluta circa la completezza
e quindi lesistenza stessa del cubo. Per quanto concretamente improbabile,
una simile eventualit logicamente possibile e tanto basta a compromettere
la piena affidabilit della conoscenza percettiva (Cfr. supra, nota 14).
35. E. Husserl, Meditazioni cartesiane, cit., p. 69, corsivo nostro.
36. Il lato non visibile del cubo incluso nel senso del cogitatum e co-intenziona-
to in modo meramente non-intuitivo (ivi, p. 77). La dinamica del processo
percettivo orientata dalle indicazioni dei lati non ancora percepiti forni-
te da quelli attualmente percepiti: tali indicazioni consistono in percezioni
potenziali che rendono visibile ci che non ancora visibile. Riaffiora qui
lineludibile questione, scrive Derossi, concernente la possibilit delle deter-
minazioni di manifestare quelle propriet che, da un lato, sono formulate
nella definizione dellente e, dallaltro, orientano e determinano la percezio-
ne dellente stesso rendendola congruente alla definizione medesima.
64 FENOMENOLOGIA ERETICA
4. Da Husserl a Merleau-Ponty
esterne; [...] La coscienza ingenua non vede in essa [nellanima] la causa dei
movimenti del corpo e neppure la introduce nel corpo come un pilota nella
sua nave. Questo modo di pensare proprio della filosofia, ma non implici-
to nellesperienza immediata (ivi, pp. 205-206, corsivo nostro).
78. Ivi, p. 207, corsivo nostro.
FORSE UN DIO CI INGANNA 77
Io vedo solo tre facce del cubo perch vedo con i miei occhi,
dove possibile soltanto una proiezione di queste tre facce, e
non vedo gli oggetti che sono dietro di me perch non si proiet-
tano sulla mia retina. Ma si potrebbe anche dire il contrario.
83. Id., La struttura del comportamento, cit., pp. 235-236, nostro il corsivo. Il lin-
guaggio di cui abitualmente si fa uso pu tuttavia essere compreso; la mia
percezione del cubo me lo presenta come un cubo completo e reale, la mia
percezione dello spazio come uno spazio completo e reale al di l degli aspet-
ti che mi sono dati. quindi naturale che io abbia la tendenza a staccare lo
spazio e il cubo dalle prospettive concrete e a porli in s. La stessa operazione
si verifica a proposito del corpo. Di conseguenza io sono naturalmente in-
cline a far nascere la percezione da una operazione del cubo o dello spazio
oggettivi sul mio corpo oggettivo. Questo tentativo naturale, ma il suo falli-
mento tuttavia inevitabile (ivi, p. 236).
FORSE UN DIO CI INGANNA 79
Dal punto di vista del mio corpo io non vedo mai eguali le sei
facce del cubo, anche se di vetro, e tuttavia la parola cubo ha
un senso, e il cubo stesso, il cubo in verit al di l delle sue appa-
renze sensibili, ha le sue sei facce uguali.84
89. Cfr. M. Merleau-Ponty, Fenomenologia della percezione, cit., p. 277, corsivo nostro.
90. Ivi, p. 278, corsivo nostro.
82 FENOMENOLOGIA ERETICA
93. Ibid.
94. Ivi, p. 278.
95. Ibid.
84 FENOMENOLOGIA ERETICA
99. Ibid. Percepire il susseguirsi delle facce del cubo secondo lapparenza pro-
spettica non costituisce lidea del geometrale che rende ragione di queste
prospettive, ma il cubo gi l di fronte a me e si svela attraverso questi
lati, che non sono proiezioni ma appunto lati (ivi, pp. 277-279). Il proble-
ma viene ripreso anche da C. Sini a commento di alcuni passi de La prosa del
mondo: Il disegno prospetto del cubo dunque un indice di deformazione
riferito allimmagine di un mondo in s. Esso indica il luogo geometrale
di ogni prospettiva in generale (C. Sini, Disegno e verit, in M. Carbone e C.
Fontana (a cura di), Negli Specchi dellEssere, Hestia, Como 1993, p. 153). Si
vedano inoltre: M. Merleau-Ponty, La prose du monde, Gallimard, Paris 1969, tr.
it. di M. Sanlorenzo, La prosa del mondo, Editori Riuniti, Roma 1984, p. 150.
100. Soggetto e oggetto sono momenti derivati di un Fuori di entrambi che il tra e la
superficie della loro reversibilit. La veduta delloggetto e la visione del soggetto
sono sempre gi presi nello stesso mondo carnale (P. Gambazzi, Locchio e
il suo inconscio, Cortina, Milano 1999, pp. 124-125).
86 FENOMENOLOGIA ERETICA
vero, il cubo stesso, dalle sei facce eguali, esiste solo per uno
sguardo non situato, per una operazione o ispezione dello spirito
che risiede al centro del cubo, per un campo dellEssere E tutto
104. Ibid.
105. Merleau-Ponty evidenzia come il cubo appare nel-mondo: Il dado l, riposa
nel mondo (ivi, p. 422). Ci che , il mondo, implica necessariamente
che, ci che , sia in noi: la nostra esperienza quel rivolgimento che ci
installa molto lontano da noi, nellaltro, nelle cose (ivi, p. 176). Princi-
pio: non considerare linvisibile come altro visibile possibile, o un possibi-
le visibile per un altro: ci equivarrebbe a distruggere la membratura che
ci congiunge ad esso. Del resto, poich questaltro che lo vedrebbe, o
questaltro mondo che esso costituirebbe, sarebbe necessariamente colle-
gato al nostro, la possibilit vera riapparirebbe necessariamente in questo
collegamento Linvisibile qui senza essere oggetto, la trascendenza pura,
senza maschera ontica (ivi, p. 242).
FORSE UN DIO CI INGANNA 89
5. Visualizzare un cubo
6. Percezione e movimento
112. Cfr. H. Wallach, D. N. OConnell, The Kinetic Depth Effect, in Journal of Expe-
rimental Psychology, 45, (1953), pp. 205-217.
113. Cfr. W. Gerbino, La percezione, cit., p. 201.
94 FENOMENOLOGIA ERETICA
133. Cfr. A. Coliva, Moore e Wittgenstein, cit., p. 129. Scrive Wittgenstein: Io non vo-
glio di certo dare una definizione della parola sogno, e tuttavia quello che vo-
glio fare qualcosa di simile al descrivere luso della parola. La mia domanda
quindi suona allincirca cos: Se io arrivassi presso una popolazione straniera
la cui lingua mi ignota, e la gente avesse unespressione che corrisponde al
nostro io sogno, egli sogna ecc. come farei a scoprirlo; come farei a sa-
pere quali espressioni della loro lingua devo tradurre in queste espressioni?
(L. Wittgenstein, Bemerkungen ber die Philosophie der Psychologie (1946-1949),
2 voll., Blackwell, Oxford 1980, tr. it. di R. De Monticelli, Osservazioni sulla
filosofia della psicologia, Adelphi, Milano 1990, I, 374; dora innanzi BPP).
FORSE UN DIO CI INGANNA 101
134. Cfr. M. Ferraris, Matrix e la mozione degli affetti, in M. Cappuccio (a cura di),
Dentro la matrice, Albo Versorio, Milano 2004, p. 64. Si noti la giusta precisazio-
ne di E.J. Lowe quando scrive: Quindi, in virt di cosa diciamo che Lacqua
H2O una necessit logica ampia? Ma in virt della natura dellacqua! Non
in base alle leggi logiche e alle definizioni o ai concetti di acqua e di H2O
(E.J. Lowe, The possibility of Metaphysics, Oxford, NY 1998, tr. it. di Cirio L. De
Florio, La possibilit della metafisica, Rubbettino, Soveria Manelli 2009, p. 31).
102 FENOMENOLOGIA ERETICA
135. Il Demone, cos, ci fa vedere le cose come sono, solo che non ci sono. Il che
a questo punto non tocca la verit delle cose rappresentate, come a dire che
da tutte e due le parti, il mondo reale e quello della Matrice, ci sono un sacco
di cose vere (ivi, p. 61).
136. Williams individua tre tipi di restrizioni: a) restrizioni disciplinari (topical/disci-
plinary constraints): per esempio, il non mettere in dubbio che la Terra esista
FORSE UN DIO CI INGANNA 103
e se qualcuno ha qualcosa
da dire si alzi in piedi.
E taccia
Karl Kraus
1. Questo capitolo nasce dalla rielaborazione critica di appunti tratti dal cor-
so di Metodologia delle scienze del comportamento che P. Bozzi tenne a
Trieste nellanno accademico 1992-1993 sulle Osservazioni sulla filosofia della
psicologia di Wittgenstein. Una prima versione di questo capitolo (qui svilup-
pata e approfondita) stata pubblicata nel volume a cura di L. Perissinotto,
Un filosofo senza trampoli, Mimesis, Milano-Udine 2009.
NON VEDERE COME WITTGENSTEIN 115
2. Vedere e interpretare
7. P. Johnston, Wittgenstein Rethinking the Inner, Routledge, London 1993, tr. it.
di R. Brigati, Introduzione alla filosofia della psicologia di Wittgenstein, La Nuova
Italia, Firenze 1998, p. 45.
8. Ibid.
NON VEDERE COME WITTGENSTEIN 121
9. Ibid.
10. La nozione di tempo di presenza sar presa in esame nello specifico nel
capitolo successivo. (Si veda anche: P. Bozzi, Vedere come, cit., pp. 40-47).
11. Ivi, p. 45.
12. Ivi, p. 17.
122 FENOMENOLOGIA ERETICA
23. Nel caso della F scrive Bozzi accade ugualmente un cambiamento di sta-
to, ma senza che si avverta il balenare della ristrutturazione; la nuova postura
della F (infatti, data linclinazione della sbarra portante, come se la lettera,
volgendosi ora a destra, ora a sinistra, leggermente si sbilanciasse) appare
evidente, ma non sorge da una crisi del precedente modo dessere vista. Il
cambiamento di stato, nei due casi, prova del fatto che il vedere uno stato
(P. Bozzi, Vedere come, cit., p. 19).
24. Cfr. G.Mc. Fee, Wittgenstein on Art and Aspect, in Philosophical Investigation,
22, 3, (1999), p. 268.
126 FENOMENOLOGIA ERETICA
4. Vedere vs vedere-come
31. Il vedere laspetto e limmaginare sono sottoposti alla volont. Esiste il co-
mando: Immagina questa cosa! e Ora vedi la figura in questo modo! ma
non Ora vedi questa foglia verde! (L. Wittgenstein, PU, II, XI, p. 279).
130 FENOMENOLOGIA ERETICA
33. Ibid.
34. Ivi, p. 18.
35. Cfr. L. Wittgenstein, BPP, I, 70.
36. Si consideri anche lesperienza dellAh! trattata da Bhler come fenome-
no soggettivo di acquisizione di conoscenza di fenomeni complessi: Cfr. K.
Lorenz, Die Rckseite des Spiegels, R. Piper & Co., Mnchen 1973, tr. it. di C.B.
Ceppi, Laltra faccia dello specchio, Adelphi, Milano 1974, p. 57. (Si veda inoltre:
S. Cattaruzza, Indicazione della realt, Mimesis, Milano-Udine 2008).
37. Si potrebbe obiettare afferma Bozzi che parlare di ci che si vede impli-
chi un legame inscindibile tra linguaggio e percezione. Affermare attraverso
il linguaggio parte della nostra esperienza appena vissuta non implica che
essa, quando era vissuta, necessitasse il linguaggio. Il mondo esterno delle cose
visibili, tangibili, odorabili, gustabili, udibili ha esistenza precategoriale auto-
noma e, in quanto tale, costituisce il banco di prova rispetto a ci che affer-
miamo su e di esso.
132 FENOMENOLOGIA ERETICA
ROTTURA GRAMMATICALE
___________________________________________________________________
Sentire (intendere/comprende-
re) una frase musicale come una
conclusione o sentire lindica-
zione musicale come da molto
lontano (disposizioni richie-
ste: una cultura, ci piacerebbe
dire! scrive Wittgenstein)
44. Cfr. P. Johnston, Introduzione alla filosofia della psicologia di Wittgenstein, cit., p. 54.
136 FENOMENOLOGIA ERETICA
49. Ibid.
50. Per quanto riguarda il peso del comportamento in queste faccende, si tenga
presente il 83 della presente opera [le Osservazioni sulla filosofia della psico-
logia di Wittgenstein]: vedere non significa reagire cos, poich io posso
vedere senza reagire affatto. Naturalmente. Poich n io vedo significa: io
reagisco, n egli vede significa: egli reagisce, n io vidi, io reagii (P. Boz-
zi, Vedere come, cit. p. 130).
NON VEDERE COME WITTGENSTEIN 139
51. L. Wittgenstein, Last Writings on the Philosophy of Psycology. The Inner and the
Outer 1948-1951, Blackwell 1992, tr. it. di B. Agnese, Ultimi scritti 1948-1951. La
filosofia della psicologia, Laterza, Roma-Bari 1998, I, 172; dora innanzi LS.
52. R. Casati, Il linguaggio psicologico, in D. Marconi (a cura di), Guida a Wittgen-
stein, Laterza, Roma-Bari 1997, p. 236.
140 FENOMENOLOGIA ERETICA
56. Cfr. P. Spinicci, Lezioni sulle Ricerche filosofiche di Wittgenstein, Cuem, Milano
2002, cap. 18.
57. Cfr. L. Wittgenstein, BPP, I, 70.
NON VEDERE COME WITTGENSTEIN 143
59. P. Johnston, Introduzione alla filosofia della psicologia di Wittgenstein, cit., p. 48.
NON VEDERE COME WITTGENSTEIN 145
Che cosa fai? E soprattutto: Sai quello che fai? No. Bene,
forse lo sguardo che prima si fissa sulla base e poi si sposta
sul vertice. Ma sei in grado di affermare che in un altro
contesto lo sguardo non potrebbe muoversi esattamente alla
stessa maniera senza che tu abbia visto il triangolo in questo
modo? Prova a fare questaltro esperimento. Vedi il triangolo
in modo tale che (come la punta di una freccia) punti ora
nella direzione A, ora nella direzione B.60
60. L. Wittgenstein, BPP, I, 23; cfr. ivi, I, 315; cfr. PU, II, XI, p. 264.
61. P. Johnston, Introduzione alla filosofia della psicologia di Wittgenstein, cit., p. 48.
62. Ivi, p. 53. Cfr. L. Wittgenstein, BPP, I, 70, 80, 82 e 84.
146 FENOMENOLOGIA ERETICA
66. Ivi, p. 50. Questi esempi evidenziano la differenza tra la relazione che noi
abbiamo con le figure e quella che ha il cieco agli aspetti; in tal senso, gli
esempi giustificano laffermazione che noi vediamo le figure diversamente da
lui. Inoltre questa spiegazione chiarisce il fenomeno della comparsa improv-
visa di un aspetto: vuol dire che, in un simile caso, ci rapportiamo alla figura
prima come un certo oggetto, poi come un altro (ibid).
148 FENOMENOLOGIA ERETICA
67. Gibson comprende le qualit espressive nel concetto di affordances (Cfr. J.J.
Gibson, The Ecological Approach to Visual Perception, Houghton Mifflin, Boston
1979, tr. it. di R. Luccio, Un approccio ecologico alla percezione visiva, Il Mulino,
Bologna 1999, cap. 8). Possiamo considerare le qualit espressive n sogget-
tive n oggettive; esse tuttavia dipendono dalla conformazione del dato fe-
nomenico, come scrive Wittgenstein: Il timore in generale io non lo
congetturo in lui, lo vedo.
68. Pu sembrare un abbinamento improprio, ma senza spingerci oltre il sem-
plice accostamento ci limiteremo a trattare esempi specifici, utilizzati sia da
Merleau-Ponty che da Wittgenstein (circoscrivendo lanalisi a fatti diretta-
mente osservabili). Entrambi i filosofi hanno esaminato immagini tratte dalla
psicologia della Gestalt, discutendone dettagliatamente figure ed esperimenti.
Tali immagini possono essere considerate fatti sotto osservazione, comuni a
loro quanto a noi. Sullargomento Merleau-Ponty-Wittgenstein si veda, per
esempio, il saggio di J.-P. Cometti, Merleau-Ponty, Wittgenstein, and the Question
of Expression, pp. 73-91 in Revue Internationale de Philosophie, n. 1, (2002),
pp. 73-91.
NON VEDERE COME WITTGENSTEIN 149
75. Ibid.
76. Ivi, p. 350. Anche nei casi in cui lorganizzazione ambigua e in cui posso
farla variare, non ci riesco direttamente; una delle facce del cubo passa in
primo piano solo se la guardo per prima, se il mio sguardo muove da essa per
seguire gli spigoli e trovare infine la seconda faccia come uno sfondo indeter-
minato (ibid.).
NON VEDERE COME WITTGENSTEIN 153
82. L. Wittgenstein, PU, II, XI, p. 266. E ora si sarebbe inclini a dire: limpres-
sione visiva dei disegni visti in modo tridimensionale tridimensionale; nel
NON VEDERE COME WITTGENSTEIN 157
caso dello schema del cubo, per esempio, un cubo. (Perch la descrizione
dellimpressione la descrizione di un cubo) (Id., LS, I, 626).
83. La rappresentazione o immagine scrive Derossi per certi versi si ri-
vela, pur nei suoi limiti, o proprio in virt di essi, pi potente della stessa
presentazione percettiva, in quanto, con opportuni accorgimenti (come
per esempio la prospettiva), riesce a far vedere simultaneamente ci che la
presentazione non pu che far percepire successivamente. Questa maggiore
potenza conoscitiva per pagata con una diminuzione del grado di perce-
zione della realt tipica del mondo delle immagini, come del resto anche
di quello dei simboli (Cfr. supra, nota 14).
158 FENOMENOLOGIA ERETICA
84. L. Wittgenstein, Zettel, Blackwell, Oxford 1981, tr. it. di M. Trinchero, Zettel.
Lo spazio segreto della psicologia, Einaudi, Torino 1986, 249; dora innanzi Z.
NON VEDERE COME WITTGENSTEIN 159
92. Ferraris nota come le interpretazioni non incidano sulla cosa, il piano ontolo-
gico delle cose inemendabile rispetto ai diversi piani epistemologici. Tuttavia,
la visualizzazione propostaci ambigua. Il cubo disegnato in alto offre due
aspetti e non sei visualizzazioni, inoltre, le sei cose visualizzate non sono un
cubo (Cfr. ivi, pp. 96 sg.).
93. Tra i molteplici oggetti che popolano il mondo dellesperienza vi sono le
rappresentazioni pittoriche. Esse hanno un carattere peculiare rispetto agli
oggetti che esperiamo quotidianamente perch rappresentano qualcosa.
Nellafferrare un quadro, ci che tocchiamo, loggetto fisico o immagine ma-
teriale, certamente qualcosa, ma ci che indichiamo come quadro, immagi-
ne, raffigurazione, rappresentazione, disegno non loggetto materiale bens
ci che vediamo in esso.
NON VEDERE COME WITTGENSTEIN 165
94. Cfr. M. Wertheimer, Untersuchungen zur Lehre von der Gestalt, in Psychologi-
sche Forschung, (1923), tr. ingl., The General Theoretic Situation, in W.D. Ellis
(a cura di), A Source Book of Gestalt Psychology, Routledge, London 1938.
95. L. Wittgenstein, LS, I, 445, corsivo nostro.
166 FENOMENOLOGIA ERETICA
96. Lo schema, come vedremo in seguito nel dettaglio, pu illustrare le varie fasi
che determinano, a partire dalloggetto fisico, la nostra esperienza.
NON VEDERE COME WITTGENSTEIN 167
103. Cfr. A. Voltolini, Guida alla lettura delle Ricerche Filosofiche di Wittgenstein,
Laterza, Roma-Bari 1998, p. 146.
NON VEDERE COME WITTGENSTEIN 171
104. Ibid.
105. W. Khler, La psicologia della Gestalt, cit., pp. 76-77.
IV.
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA
DEL RIGORE DELLA SCIENZA
LE COSE
1. Borges: Le cose
1. Cfr. R. Bodei, La vita delle cose, Laterza, Roma-Bari 2009, pp. 11-19. (Si veda
inoltre la voce cosa a cura di V. Vitiello: Enciclopedia filosofica, Bompiani,
Milano 2010).
2. Cfr. M. Heidegger, Die Frage nach dem Ding. Zu Kants Lehre von den transzenden-
talen Grundstzen, Klostermann, Frankfurt 1984, tr. it. di V. Vitiello, La questio-
ne della cosa. La dottrina kantiana dei principi trascendentali, Guida, Napoli 1989,
pp. 41-42.
178 FENOMENOLOGIA ERETICA
3. Ivi, p. 42.
4. Cfr. ibid.
5. Su questo punto rimangono imprescindibili le riflessioni di Heidegger e di
Severino: M. Heidegger, Sein und Zeit, Niemeyer, Tbingen 1977, tr. it. di F. Vol-
pi, Essere e Tempo, Longanesi, Milano 2005; E. Severino, Lessenza del nichilismo,
Adelphi, Milano 1982.
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 179
8. Si veda su questo punto il dibattito tra A.C. Danto, N. Carroll e M. Rollins in: A.C.
Danto, La storicit dellocchio, a cura di M. Di Monte, Armando, Roma 2007.
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 181
9. Esempi tratti da: D. Marconi, Per la verit, Einaudi, Torino 1997, cap. 1.
10. G. Vattimo, Le ragioni etico-politiche dellermeneutica, in E. Ambrosini (a cura di),
Il bello del relativismo, Marsilio, Venezia 2005, p. 81.
11. Su questo tema rinviamo al testo di V. Mathieu, Loggettivit nella scienza e nella
filosofia moderna, Accademia delle scienze, Torino 1960.
182 FENOMENOLOGIA ERETICA
12. Unesperienza, anche la pi banale, un campo vasto che tocca la sfera del-
le emozioni. Noi ci occuperemo dellesperienza della percezione visiva, non
della visione intesa come vedere con locchio della mente, ma dellesperienza
diretta delle cose del mondo esterno.
13. E. Severino, Lidentit della follia, cit., p. 283.
14. Ivi, p. 35. (Cfr. L. Taddio, Introduzione, in: E. Severino, La guerra e il mortale,
Mimesis, Milano-Udine 2009, pp. 9-28).
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 183
lesperienza non dice nulla della sorte che compete a ci che usci-
to dallesperienza. [...] Sennonch questo schema non una
visione di ci che appare, ma una interpretazione di ci che
appare. [...] Lesperienza (o lapparire) non attesta alcunch
di ci che si manifesta.16
15. Ibid.
16. Ivi, pp. 367-368, corsivo nostro.
184 FENOMENOLOGIA ERETICA
24. Cfr. Id., Il destino della tecnica, cit., p. 240. Lepistme viene evocata per domi-
nare il divenire; tuttavia, essa stessa finisce per renderlo impossibile: Gli
immutabili e gli eterni che lOccidente ha evocato per salvarsi, cio per do-
minare lirruzione del divenire sono stati, di volta in volta, il dio della tradizio-
ne greco-cristiana e il dio dellimmanentismo moderno, lordine e il diritto
naturali, cos come il bene e il bello naturali, lanima immortale delluomo,
lautorit e linsegnamento del figlio di Dio e della Chiesa, lautorit del
padrone, del monarca, dello Stato, i rapporti di produzione delleconomia
capitalistica, la legge morale, il determinismo della natura, la razionalit dia-
lettica della storia, lirreversibilit del tempo, la societ comunista come sboc-
co della lotta di classe. Alla radice di tutti gli immutabili sta quellimmutabile
che lepistme, ossia il luogo, lo spazio non oscillante in cui possono essere
innalzati con verit tutti gli immutabili (ivi, p. 19).
25. Cfr. Id., La filosofia futura, Rizzoli, Milano 1989, pp. 41 sg.
26. Cfr. ivi, p. 53.
27. Id., La tendenza fondamentale del nostro tempo, cit., p. 176.
28. Id., Crisi della tradizione occidentale, cit., p. 65.
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 187
29. Ibid. (Su questo tema si veda: V. Mathieu, Il problema dellesperienza, Facolt di
Magistero, n.1, 1963, cap. V, e P. Bozzi, Unit, identit, causalit, cit., cap. 1).
30. Cfr. E. Severino, La follia dellangelo, Mimesis, Milano-Udine 2008, pp. 40-41.
31. Cfr. W. James, The Principles of Psychology, Holt, New York 1890, tr. it. di A. Tam-
burini, Principi di psicologia, Societ Editrice Libraria, Milano 1911, p. 609.
32. Ibid.
188 FENOMENOLOGIA ERETICA
33. P. Bozzi, Un mondo sotto osservazione, cit., p. 129. (Si vedano inoltre le consi-
derazioni sugli oggetti di taglia media in: M. Ferraris, Inemendabilit, ontologia,
realt sociale, Rivista di estetica, 19, (1/2002), XLII, Rosenberg & Sellier, pp.
160-199).
34. Cfr. ivi, p. 127.
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 189
35. Ibid.
36. Il tempo di presenza (successivamente chiamato presente psichico, pre-
sente fenomenico, o con riferimento a Bergson durata reale) in de-
terminate occasioni percepibile come un chiaramente presente aspetto
dellevento che in esso ha luogo. Quando comincia lo squillo del telefono
per un attimo sentiamo benissimo che, appunto, esso inizia ma non ab-
biamo neppure il tempo di focalizzare questa idea che gi esso dura, gi
evidentemente iniziato, ed omogeneamente presente come un suono che
iniziato un attimo fa (diverso da un suono che durava da tempo, e anche da
un piccolo suono o rumore continuo che improvvisamente ci siamo accorti
di sentire, sottraendolo dun tratto alla nostra distrazione). A volte un suono
a cui non stavamo badando improvvisamente cessa, e noi sentiamo istantane-
amente che esso stato, che durato fino a un attimo fa, e questo silenzio
appunto presente, presente nel presente (ivi, p. 128).
190 FENOMENOLOGIA ERETICA
3. Questa cosa
37. Ibid. (cfr. A. Meinong, Teoria delloggetto, tr. it. di E. Coccia, Quodlibet, Ma-
cerata 2003; A. Meinong, Gli oggetti dordine superiore in rapporto alla percezione
interna, tr. it. di E. Melandri, in Ch. von Ehrenfels, Le qualit figurali, Faenza
editore, Faenza 1979, pp. 29-110).
38. Ibid.
39. Su questo argomento si vedano: F. Paracchini, Le ragioni del tempo, cit.; G.B.
Vicario, Il tempo, Il Mulino, Bologna 2005.
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 191
52. Cfr. A. Voltolini, Guida alla lettura delle Ricerche Filosofiche di Wittgenstein, cit.,
p. 26.
53. Cfr. L. Burigana, Singolarit della visione, Upsel, Padova 1996, p. 48.
54. Ibid.
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 195
56. Cfr. M. Ferraris, Goodbye Kant!, Bompiani, Milano 2001, cap. 6. (Si veda anche
il capitolo decimo di J.L. Austin, Sense and Sensibilia, Clarendon, Oxford 1962,
tr. it. di A. DellAnna, Senso e sensibili, Marietti, Genova 2001).
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 197
66. K. Koffka, Principi di psicologia della forma, Boringhieri, Torino 1970, pp. 37 sg.
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 201
69. Cfr. ibid. Sul concetto di unit rinviamo a: P. Bozzi, Unit, identit, causalit,
cit., cap. 2.
70. Il neologismo deriva da to afford (offrire la possibilit di): J.J. Gibson, Un ap-
proccio ecologico alla percezione visiva, cit., cap. 8. Per quanto concerne lanalisi
di questa nozione rinviamo direttamente al saggio di M. Losito, Affordances,
Zeta Filosofia, 3, (2006), pp. 12-15.
71. K. Koffka, Principi di psicologia della forma, cit., p. 84.
72. Un confronto tra la fenomenologia husserliana e la fenomenologia speri-
mentale un terreno ancora per molti aspetti da esplorare.
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 203
73. Cfr. A. Massironi, Fenomenologia della percezione visiva, Mulino, Bologna 1998,
pp. 98 sg.
74. K. Popper, Logica della scoperta scientifica, cit., p. 103. Credo che la teoria
una teoria o unaspettativa almeno rudimentale venga sempre per prima;
che essa preceda sempre losservazione; e che il ruolo fondamentale dellos-
servazione e dei controlli sperimentali sia mostrare che alcune delle nostre
teorie siano false, e cos stimolarci a produrne di migliori (Id., Conoscenza og-
gettiva, cit., p. 343). Nella scienza losservazione piuttosto che la percezione
a giocare la parte decisiva. Ma losservazione un processo in cui giochiamo
una parte intensamente attiva. Unosservazione una percezione pianificata
e preparata. Non abbiamo unosservazione, ma facciamo unosservazio-
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 205
6. Lesperienza fenomenica
77. G.W. Leibniz, La Monadologie, 1714, tr. it. di S. Cariati, La Monadologia, Rusco-
ni, Milano 1997, 17.
78. Un ragionamento simile viene fatto da Frege nelle Ricerche logiche, a cui rin-
viamo per un confronto: G. Frege, Logische Untersuchungen, (1918), tr. it. di R.
Casati, Ricerche logiche, Guerini, Milano 1988, 71.
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 207
brutale. Eppure i fisici si sono sentiti in dovere di rivedere tutte le loro idee di
base quando si sono trovati di fronte a un puzzle di questo genere (Id., Un
mondo sotto osservazione, cit., p. 223).
84. M. Merleau-Ponty, La struttura del comportamento, cit., p. 212.
85. P. Bozzi, Fenomenologia sperimentale, cit., p. 24. Il potere esplicativo delle spie-
gazioni causali dipende dallampiezza e profondit delle analisi fenomenolo-
giche, e soprattutto dalle nuove scoperte che la fenomenologia sperimentale
in grado di produrre. Ogni nuovo fatto emergente in questambito mette
necessariamente in crisi la spiegazione causale gi bene assestata, e una ne-
cessit epistemologica obbliga le spiegazioni causali di ogni tipo (fisiologico,
computazionale, modellistico, ecc.) a correr dietro allanalisi fenomenologi-
ca (ibid.).
86. Cfr. M. Ferraris, Il mondo esterno, cit., pp. 97 sg.
210 FENOMENOLOGIA ERETICA
91. A. Massironi, Fenomenologia della percezione visiva, cit. p. 62. Egli riassume le dif-
ferenze che caratterizzano la percezione diretta nel modo seguente: a) per
la percezione diretta non ci sono processi inferenziali [...]; b) la percezione
diretta innata, e le regole che ne guidano il funzionamento sono genetica-
mente codificate e trasmesse: non sono apprese; c) la percezione diretta
veloce, proprio perch automatica e non influenzata da altri processi cogni-
tivi. [...]; d) la percezione diretta immediata, non prevede cio che vi siano
passaggi intermedi fra la registrazione stimolatoria e lesito percettivo; e) la
percezione diretta indubitabile, inevitabile, non possiamo con un atto di
volont evitarci di percepire, di sentire un suono o vedere una luce se tenia-
mo gli occhi aperti (questo punto condiviso anche da molti sostenitori della
percezione indiretta); f) la percezione diretta si struttura come un tutto: le
varie componenti stimolatorie vengono organizzate in unit che non possono
essere smontate, pena il disgregarsi del percetto; g) per la percezione diretta
linformazione che riusciamo a raccogliere sufficiente alla produzione del
rendimento percettivo (ivi, p. 63).
92. Idea presente, se pur marginalmente, in alcuni gestaltisti come Khler.
93. G. Kanizsa (a cura di), Fenomenologia sperimentale della visione, Franco Angeli,
Milano 1984, p. 10.
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 213
CUBO CUBO
Mostriamo a un soggetto la prima figura a sinistra e
chiediamogli che cosa vede. Se risponde di vedere la pa-
rola cubo, egli ha risolto un esercizio di problem solving,
ma non ha effettivamente risposto alla domanda cosa
vedi?. Si comporta come colui che nellesempio di Rus-
sell risponde Vedo un transatlantico della linea Cunard
che va da Southampton a New York. Egli sa che quella
la linea del battello, ma non ci che vede; cos il sog-
getto deduce che la terza lettera una B, ma non vede
in senso stretto una B. Possiamo rendere descrittivamen-
te ci che percepiamo affermando di vedere una sorta di
D contigua a un rettangolo o qualcosa del genere: essa
non un caso di completamento amodale, bens di pura
integrazione cognitiva rispetto a un problema dato.
Russell afferma inoltre che alcune cose che pure
hanno carattere di inferenza, in un senso importante, si
deve ammettere che sono percezioni. Per poter dire di
vedere una nave, il protagonista dellesempio deve com-
piere uninferenza. A rigore egli vede unicamente una
macchia scura di forma singolare su uno sfondo azzurro.
Lesperienza gli ha insegnato che quel genere di macchia
99. B. Russell, An Outline of Philosophy, Routledge, London 1951, tr. it. di A. Visal-
berghi, Sintesi filosofica, La Nuova Italia, Firenze 1973, p. 77.
216 FENOMENOLOGIA ERETICA
100. Ibid.
101. Linfondatezza di questo assunto dimostrabile chiedendo a chiunque non
conosca un determinato segno, di indicarvi cosa vede o di scegliere un cam-
pione identico in mezzo a molti altri.
102. Cfr. ivi, p. 53.
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 217
103. Cfr. U. Savardi, I. Bianchi, I luoghi della contrariet, Upsel, Torino 1997, p. 129.
218 FENOMENOLOGIA ERETICA
104. Michotte stato tra i primi a studiare questo fenomeno, definito come pre-
senza fenomenica delle parti non direttamente visibili degli oggetti; oltre a
Michotte ricordiamo: Kanizsa, Petter, Metelli, Gibson e Gerbino e, in ambito
uditivo, Vicario.
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 219
105. Cfr. U. Savardi, I. Bianchi, I luoghi della contrariet, cit., pp. 59 sg.
220 FENOMENOLOGIA ERETICA
106. Cfr. G. Kanizsa, Grammatica del vedere, Il Mulino, Bologna 1980, p. 91.
107. Cfr. Id., Vedere e pensare, cit., p. 51.
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 221
108. Ibid.
109. Cfr. ivi, p. 52.
110. Cfr. ivi, p. 53. I fenomeni pi noti di interpolazione percettiva sono: il movi-
mento beta, il completamento della zona corrispondente alla macula cieca,
la comparsa di oggetti visivi stereoscopici con stereogrammi di punti disposti
casualmente, la formazione di superfici anomale (Cfr. ivi, p. 27).
222 FENOMENOLOGIA ERETICA
115. Cfr. Id., Vedere e pensare, cit., p. 113. Gli studiosi gestaltisti concordano su que-
sta tesi, sebbene non tutti sostengano che la percezione in quanto sistema
separato e autonomo sia implicita nel postulato di modularit, caratteriz-
zante lapproccio computazionale allo studio della visione. Coloro che non
sposano questultima tesi sono di matrice empirista poich sostengono lin-
flusso dellesperienza passata nellapproccio percettivo, ammettendo una
parziale penetrabilit cognitiva (Id., Grammatica del vedere, cit., p. 56).
116. Cfr. ivi, p. 73.
117. Id., Vedere e pensare, cit., p. 54.
226 FENOMENOLOGIA ERETICA
122. Cfr. ivi, p. 75. Il verificarsi degli effetti funzionali comporta che i completa-
menti amodali siano un prodotto del processo primario.
123. Cfr. ibid.
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 229
124. Cfr. ivi, p. 30. (Si veda inoltre: C. Calabi, Filosofia della percezione, cit., p. 141).
125. Cfr. ivi, p. 67.
230 FENOMENOLOGIA ERETICA
136. Alcuni hanno usato questo argomento per sostenere che siamo confinati
completamente in un universo linguistico: procediamo migliorando le de-
scrizioni del fatto verso una descrizione assoluta che non c, restando in un
mondo di proposizioni. Ma si pu anche pensare che il senso di unaffer-
mazione come: la descrizione assoluta non esiste consiste interamente nel
dire che nessuna descrizione, per quanto perfezionata, confrontabile con
la cosa di cui descrizione. Le cose possono essere studiate come le proposi-
zioni (Cfr. Id., Fenomenologia sperimentale, cit., pp. 161-162).
137. Nel primo caso il processo guidato proprio dalla cosa, attraverso un sistema
di relazioni ineludibile che obbliga la descrizione verso la cosa (Cfr. ibid.).
138. Che producono descrizioni a loro volta, correggendo le nostre, fornendoci
espressioni pi appropriate, e, nello stesso tempo, ci fanno scorgere nella
cosa aspetti che altrimenti non avremmo rilevato. Una fase importante di
questo processo di inter-osservazione rappresentata dalla definizione osten-
siva (Cfr. ibid.).
139. Ricorrendo a dettagli definiti dalla cosa e mostrandoli per far vedere che cosa
si intende dire con una certa parola o una certa espressione (Cfr. ibid.).
140. Cfr. ibid.
234 FENOMENOLOGIA ERETICA
149. Le qualit delle cose nellesperienza immediata sono clte nel medesimo
piano di realt, che include lintera classe degli osservabili in atto. Sulla ma-
tematizzazione del mondo operata dalla scienza moderna rinviamo allanalisi
di Husserl ne La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale. Per
unanalisi pi approfondita delle qualit terziarie si veda: P. Bozzi, Fisica in-
genua, Garzanti, Milano 1990, cap. 3. (Si veda inoltre: V. Mathieu, Il problema
dellesperienza, cit., cap. 3; M. Losito, Affordances. Quattro variazioni sul tema, cit.,
pp. 12-15).
LESPERIENZA IMMEDIATA DELLA COSA 237
1. La fenomenologia sperimentale
1. Cfr. P. Bozzi, Note sulla mia formazione, in Gestalt Theory, 25, 3, (2003), pp.
191-198.
2. G. Kanizsa (a cura di), Fenomenologia sperimentale della visione, Franco Angeli,
Milano 1984, p. 10. (Si veda inoltre: S.C. Masin, Il problema della comparsa degli
oggetti fenomenici, in Teorie e Modelli, VII, 2-3, (2002), pp. 121-128. Si consi-
deri anche: G.B. Vicario, On experimental phenomenology, in S.C. Masin (a cura
di), Foundations of perceptual theory, Amsterdam North-Holland 1993, pp. 197-
219).
3. Sar analizzata la fenomenologia sperimentale di Bozzi: nellesempio della
percezione del cubo, il suo monismo-realismo come risposta allo scetticismo.
244 FENOMENOLOGIA ERETICA
12. Cfr. L. Burigana, Singolarit della visione, cit., p. 526. (In altre parole, afferma
Burigana, la fenomenologia sperimentale si limita ad analizzare le condizioni
e le caratteristiche dei termini empirici percepiti direttamente).
13. Le teorie causali della percezione intendono fornire una rappresentazione
dellesperienza immediata: una spiegazione alla lavagna della percezione
come una sequenza di fasi, che dallo stimolo distale conducono al percetto.
Russell, per primo, parla di questa catena facendo riferimento alle teorie
associazionistiche classiche, ma chi istituzionalizz la teoria fu Ayer. Tale teo-
ria viene detta causale poich pu essere divisa in tappe: gli anelli di questa
catena rappresentano il percorso tra oggetto reale e oggetto percepito.
14. Cfr. P. Bozzi, Unit, identit, causalit, cit., p. 60; Id., Fenomenologia sperimentale,
cit., cap. XI.
IL FENOMENO IUXTA PROPRIA PRINCIPIA 249
(SD) --- (CS) --- (SP) --- (SR) --- (C) --- (/PHI)
denotano altro, altro che non pu mai darsi nellesperienza sotto la specie
di un percetto, come ad esempio un ipotetico processo neuronale, o un pro-
cessamento dinformazione, o una postulata elaborazione di dati. Il fatto che
il percetto sia collocato l, sulla superficie della lavagna, in mezzo ad altri
segni, e sotto forma di segno, lo rende particolarmente adatto ad essere ac-
colto come immagine di unimmagine, alla stregua del contesto di segni che
lo circonda [...] Naturalmente chiaro che, in occasioni come queste, la lava-
gna con tutti i segni che su di essa sono visibili un vero fatto sotto osservazio-
ne, cio il mero percetto ma proprio questa elementare circostanza sfugge
quasi sempre allascoltatore-osservatore che, avvolto dal discorso costruito su
quei segni, pensa al percetto teorizzato e trascura il ben vivo campionario di
eventi percettivi in svolgimento sotto la sua presumibilmente attenta osserva-
zione (Id., Un mondo sotto osservazione, cit., pp. 90-100).
16. Cfr. ivi, p. 143.
IL FENOMENO IUXTA PROPRIA PRINCIPIA 251
35. Lo studio e la discussione dei seguenti paragrafi sono stati approfonditi anche
attraverso lanalisi critica di appunti dei corsi tenuti da Bozzi nel 1992-1993
e nel 1993-1994. (Le dispense sono state lette e rivedute dallo stesso Bozzi e
raccolte dagli studenti T. Alcini, A. Angeli, O. Ceh, L. Deiuri, M. Pavento, A.
Faretto, F. Andrina, L. Liguori, E. Romeri, M. Sinico e C. Visini, con la super-
visione di S. Cattaruzza).
IL FENOMENO IUXTA PROPRIA PRINCIPIA 263
8. Spogliare il mondo
50. Cfr. ivi, pp. 61 sg. Id., Fenomenologia sperimentale, pp. 29 sg. (Cfr. L. Burke,
On the tunnel effect, The Quarterly Journal of Experimental Psychology, IV,
pp. 121-138).
274 FENOMENOLOGIA ERETICA
I.
Il primo caso il pi semplice e consiste nella percezione
veridica della cosa. Loggetto reale, esiste ed tangibile.
In virt di questa tangibilit, o realt delloggetto, possia-
mo dire che lo stimolo distale (SD) vero, esiste. Ci trovia-
276 FENOMENOLOGIA ERETICA
SD SP SR PHI
V V V V
1 1 1 1
QUADRATO QUADRATO QUADRATO QUADRATO
II.
Prendiamo il trapezio ruotante di Ames, disposto in
modo che, dalla posizione in cui ci troviamo, appaia come
un rettangolo (facciamo in modo che tutti gli indici della
sua inclinazione, rispetto al piano fronto-parallelo dellos-
servatore, siano eliminati). In questa situazione avremo:
SD CS SP PHI
F V V V
0 1 1 1
TRAPEZIO RETTANGOLO RETTANGOLO RETTANGOLO
56. A voler essere del tutto logici, qui lerrore dello stimolo potrebbe consistere nel
dire che phi quadrato, non perch tale lo vediamo, ma perch sappiamo che
in SD, o in CS, o in SP; o in SP e CS; o in SD e SP ecc., un quadrato; ma non
potendosi fare il processo alle intenzioni dei soggetti, non un errore (ivi,
p. 173).
IL FENOMENO IUXTA PROPRIA PRINCIPIA 277
III.
Il terzo caso pu essere esemplificato strutturando la
permanenza dellimmagine sulla retina muovendo al buio
davanti agli occhi di un osservatore una sigaretta accesa.
Attraverso un movimento rotatorio, tracciamo un cerchio
a una velocit che consenta la chiusura della scia lumi-
nosa visibile (phi).57 La brace della sigaretta lo stimolo
distale (SD) ed puntiforme, al di l del cristallino, negli
occhi dellosservatore; i raggi emessi dalla brace conver-
gono in un punto, il fuoco. I processi fotochimici sulla re-
tina, avendo una certa inerzia nellestinzione dallattimo
in cui SP non li attiva pi, formano nel loro insieme un
processo di fatto stazionario. Si viene cos a formare un
cerchio luminoso. Dunque:
SD CS SP PHI
F F V V
0 0 1 1
PUNTO PUNTO CERCHIO CERCHIO
IN MOTO IN MOTO STAZIONARIO STAZIONARIO
IV.
Il quarto caso pu essere esemplificato attraverso le
illusioni ottico-geometriche. Prendiamo per esempio
lillusione di Mller-Lyer: i due segmenti, a cui sono ap-
plicate le appendici che sulla carta possiedono la stessa
lunghezza, proiettivamente eguali come costellazione
di stimoli, dnno luogo sulla retina a processi di eguale
dimensione, mentre sono viste come aventi diversa lun-
ghezza. Dunque:
SD CS SP PHI
F F F V
0 0 0 1
EGUALI EGUALI EGUALI DIVERSI
V.
Il quinto caso rappresentato dal fenomeno della costan-
za: davanti a noi c per esempio un quadrato inclinato rispet-
to al piano fronto-parallelo, e in effetti vediamo un quadrato
inclinato, anche se dal punto di vista proiettivo e dellimmagi-
ne retinica sappiamo che si tratta di zone trapezoidali:
SD CS SP PHI
V F F V
1 0 0 1
QUADRATO QUADRATO
TRAPEZIO TRAPEZIO
(INCLINATO) (INCLINATO)
VI.
Il sesto caso pu essere esemplificato cos: supponia-
mo di guardare, in visione monoculare, una sottile linea
tracciata su un fondo omogeneo; supponiamo, inoltre,
che parte della linea (diversa da uno degli estremi) venga
a cadere esattamente in corrispondenza della macula cie-
ca: si vede la linea perfettamente integra. Vi quindi una
linea come stimolo distale (SD), e vi una linea dal punto
di vista proiettivo (CS); dal punto di vista retinico (SP),
invece, vi sono due segmenti: la zona della macula cieca
inerte, e si pu osservare una linea. Dunque:
SD CS SP PHI
V V F V
1 1 0 1
UNA LINEA UNA LINEA DUE SEGMENTI UNA LINEA
VII.
Riprendiamo lesempio del filo di ferro, disponen-
done due pezzi frontalmente in visione monoculare, e
facendoli collimare in modo che formino un unico bloc-
280 FENOMENOLOGIA ERETICA
SD CS SP PHI
F V F V
0 1 0 1
DUE SEGMENTI UNA LINEA DUE SEGMENTI UNA LINEA
58. Cfr. U. Savardi, I. Bianchi (a cura di), Gli errori dello stimolo, cit., p. 71.
IL FENOMENO IUXTA PROPRIA PRINCIPIA 281
VIII.
Prendiamo un esempio di percezione del movimento
illustrando un dispositivo visto dallalto: esso costituito
da un binario, da un oggetto che lo percorre a una cer-
ta velocit e da un soggetto che osserva la scena stando a
unestremit del binario. Loggetto percorre il tratto A con
una determinata velocit, inferiore a quella con la quale
percorre il tratto B (vA < vB), ma, dal punto di vista proiet-
tivo, il movimento appare uniforme. possibile calcolare
la lentezza del moto in A rispetto alla velocit in B, e com-
pensarla con linclinazione di un piano rispetto allaltro di
quel tanto che basta perch la velocit proiettata sia ugua-
le nel tratto A e nel tratto B. La velocit sul piano proietti-
vo devessere vA = vB. Allosservatore dato il compito di
guardare il movimento delloggetto. Lo deve seguire con
lo sguardo fino a giungere ad x e, a questo punto, bloccare
locchio sul target e tenerlo fermo: da A parte il mobile, lo
si segue con gli occhi finch arriva al punto x, dove guarda
il target e il mobile proseguire. Il rendimento percettivo
il seguente: quando il soggetto segue il movimento con
locchio, esso appare pi lento di quando invece tiene loc-
chio fermo e lascia che il campo visivo sia attraversato dal
mobile (effetto di Aubert-Fleischl).59
Dal punto di vista dello stimolo distale (SD) il mobile
va pi lento nel primo tratto che nel secondo: nella proie-
zione del flusso ottico (CS) nel primo tratto procede con
la stessa velocit che nel secondo, mentre sulla retina la
velocit del mobile nel primo tratto, rispetto allocchio,
pari a zero finch osservato, per poi assumere una certa
velocit che in ogni caso sempre inferiore a quella del
secondo tratto, poich passa sulla retina e non pi segui-
to dallo sguardo. Infine dal punto di vista fenomenico, nel
primo tratto il movimento pi lento che nel secondo.
Quindi avremo:
SD CS SP PHI
V F V V
1 0 1 1
MOVIMENTO MOVIMENTO MOVIMENTO
STESSA VELOCIT
LENTO/VELOCE LENTO/VELOCE LENTO/VELOCE
SD CS SP PHI
QUADRATO
I 1 1 1 1 FRONTE
PARALLELO
TRAPEZIO
II 0 1 1 1 DI AMES
III 0 0 1 1 SIGARETTA
MLLER-
IV 0 0 0 1 LYER
QUADRATO
V 1 0 0 1 INCLINATO
LINEA
VI 1 1 0 1 /MACULA
CECA
FILO
VII 0 1 0 1 METALLICO
VIII 1 0 1 1 MOVIMENTO
70. Cfr. P. Bozzi, Un mondo sotto osservazione, cit., pp. 140-141. Possiamo dire allora
che un cubo un cubo a prescindere dalla metafisica sottostante la cosa, ossia
a prescindere dal fatto che la sua presenza sia determinata da un qualcosa
tale che la faccia apparire cos e cos.
71. K. Koffka, Princpi di psicologia della forma, cit., pp. 83-84. Cfr. J.J. Gibson, Un
approccio ecologico alla percezione visiva, cit., cap. 2.
IL FENOMENO IUXTA PROPRIA PRINCIPIA 289
si scopre infatti che nella mente hanno realt non soltanto gli
oggetti ben precisati, ma anche gli sfondi indistinti, il buio, il
vuoto, linvisibile: esiste anche una realt del nulla in pieno
contrasto con la logica, dato che non pu essere reale qual-
cosa di cui si negata lesistenza (con la parola nulla). I
fenomeni che spingono la psicologia a questa sorprendente
affermazione sono di varia natura. Uno la doppia caratteriz-
IL FENOMENO IUXTA PROPRIA PRINCIPIA 291
75. Cfr. R. Casati e A. Varzi, Un altro mondo?, in Rivista di Estetica, 19, (2002),
pp. 131-159. (Cfr. C.F. Ferrari, Causalit pensata e causalit incontrata,
www.lgxserve.ciseca.uniba.it/lei/tfo/public/17/cristianaferrari154_17.pdf).
76. W. Metzger, I fondamenti della psicologia della Gestalt, cit., pp. 32-33.
77. Ivi, pp. 33-34.
IL FENOMENO IUXTA PROPRIA PRINCIPIA 293
80. W. Metzger, I fondamenti della psicologia della Gestalt, cit., pp. 28 sg.
81. Cfr. U. Savardi, I. Bianchi, I luoghi della contrariet, cit., pp. 101 sg.
IL FENOMENO IUXTA PROPRIA PRINCIPIA 295
86. Cfr. G.B. Vicario, Psicologia generale, cit., p. 222. Ci possono essere ricostruzio-
ni fisiche di oggetti impossibili, ma non oggetti impossibili.
87. Ibid.
300 FENOMENOLOGIA ERETICA
89. Cfr. E.C. Tolman, Behavior and Psychological Man, University of California
Press, Berkeley 1951.
90. P. Bozzi, Fenomenologia sperimentale, cit., p. 172.
91. Sulla distinzione sembrare, apparire rinviamo allanalisi di J.L. Austin,
Senso e sensibilia, cit., pp. 48-56.
92. Cfr. P. Bozzi, Fenomenologia sperimentale, cit., p. 160. (Vedasi inoltre: C.F. Ferra-
ri, Causalit pensata e causalit incontrata, cit., parte II, 2.6).
302 FENOMENOLOGIA ERETICA
P. Certo.
M. Ma sei daccordo che linizio della conoscenza presup-
pone un atto di fede? La nostra conoscenza del cubo
un atto di fede. La storia dellOccidente un grande
atto di fede, in primis negli immutabili e oggi nel
loro declino: mito, dio, verit, episteme, ide-
ologie sono forme della nostra volont di potenza,
della nostra volont di cogliere qualcosa in grado di
trascendere il divenire, capace di sottrarsi alla potenza
annientatrice del tempo. Questa cosa pu diventare
nulla, noi possiamo tornare a essere polvere.
P. Intendo le parole di Merleau-Ponty in modo diverso...
La fede percettiva indica un problema: come spiegare
il fatto che noi crediamo allapparire al mondo ester-
no e non ne dubitiamo? Crediamo a qualcosa che il
logos non in grado di giustificare pienamente entro
aggiungerei il proprio sistema di riferimento. Dubi-
tiamo quando facciamo filosofia, ma rimane un miste-
ro il fatto che noi non incarniamo mai il dubbio. Non
riusciremmo ad agire nella quotidianit pensando co-
stantemente che il nostro agire in verit il risultato
della volont di un genio maligno. Perch? E la natura
del nostro agire muta il senso che le azioni in quanto
tali hanno per noi? Si tratta di indagare la struttura di
questa nostra fede. Non possiamo in ogni caso assi-
milare la filosofia alla fede. E tu dirai che questultima
mia affermazione una fede!
M. No! Anche se conosco pi di qualcuno che a questo
punto giocherebbe questa carta. Il discorso filosofico
non un atto di fede, poich intende dimostrare logi-
camente le proprie tesi senza presupporre alcunch.
La filosofia nasce come affermazione non dogmatica
del logos: ascoltando non me, ma il logos sentenzia
Eraclito...
P. E tuttavia, dal tuo discorso, non escludi il mythos, n
lirrazionale.
M. Certo che no. Ma con ci non intendo affermare che il
logos sia unemanazione irrazionale dei nostri bisogni.
(La verit anche un bisogno, e noi abbiamo bisogno
DIALOGHI CONCLUSIVI TRA UN PERCETTOLOGO E UN METAFISICO 319
M. Tornando al cubo...
P. Tornando al nostro cubo, potremmo dire che ogni og-
getto fenomenico un composto di presenza modale
e di presenza amodale (vedi ladombramento in Hus-
serl). La locomozione del soggetto permette la scoper-
ta o la scomparsa degli oggetti (non la creazione o la
distruzione).
M. Il soggetto tende pi facilmente a immaginare ci che
non ha percettivamente dinanzi gli occhi. Col linguag-
gio siamo sempre abituati a parlare di cose che non
sono presenti: siamo portati a descrivere solo ci che
non presente.
P. Giusto!
M. Ma il colore rosso qualcosa di materiale? Non a
rigore una sensazione?
P. Il percepire deve sempre coincidere con oggetti con-
statabili.
M. Non sempre: ci sono per esempio i sogni, le illusioni e
le allucinazioni.
P. Giusta precisazione. Se vuoi ne parliamo, ma i tre casi
vanno tenuti distinti e analizzati singolarmente secon-
do le loro proprie modalit di apparenza.
M. Restiamo al cubo, per adesso.
P. Bene. Nel tuo scetticismo nei confronti dellesistenza
della cosa, e quindi del cubo, hai negato tutto per poter
salvare la tua teoria. Ma tu puoi dubitare di tutto tran-
ne che dellevidenza sensibile: Le cose non solo appa-
iono come appaiono, ma anche sono come appaiono.
M. C sempre lobiezione se dubiti di tutto, tuttavia non
dubiti di dubitare, e quindi ti contraddici. Ma cos
torniamo ai concetti...
P. Possiamo anche raffigurare la situazione cos: Qua-
lunque cosa mi vengano a raccontare non ci credo.
Per se me la mostrano c, e cosa c? C soltanto
lapparenza, durante un istante. Ma coraggiosamente
lo scettico afferma: Ma questo la realt! Lapparenza
in un istante.
M. Una delle conclusioni delle Meditazioni di Cartesio
che io non posso sapere se il mondo della mia espe-
340 FENOMENOLOGIA ERETICA
di Marcello Losito
POSTFAZIONE 381
1. K. Lorenz, Laltra faccia dello specchio, cit., p. 35. Anche J.V. Uexkll e G. Kris-
zat, Ambiente e comportamento, Feltrinelli, Milano 1967, p. 66.
2. K. Koffka, Principi di psicologia della forma, cit., pp. 238-256.
382 FENOMENOLOGIA ERETICA
2. Cristallografia4
3. Funzionalismo
4. Thouless
5. Gruppi
6. Eulero
135
90
45
45
1 2
James, W., 106, 113, 116, 187 n, Mach, E., 15, 210, 214 n, 245, 358
245, 329 Malebranche, N., 244
Johnston, P., 120 n, 135-137, 144- Marconi, D., 139 n, 181 n
146 Martinelli, R., 246 n
Masin, S. C., 243 n, 384 n
Kafka, F., 230, 312 Massironi, M., 204 n, 212
Mathieu, V., 181 n, 187 n, 236
INDICE DEI NOMI 399