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Il racconto speculare: saggio sulla mise en abyme

I blasoni di Andr Gide


Per chiarire ci che si intende per mise en abyme, Dllenbach prende in esame il testo dove
compare per la prima volta. Dllenbach fissa questi parametri di riferimento:

La mise en abyme si manifesta come una forma di riflessione;


La sua principale caratteristica consiste nel far risaltare l'intelligibilit e la struttura formale
dell'opera;
Essa costituisce una realt strutturale che non appannaggio n della narrazione letteraria n
della sola letteratura;
Deve la sua denominazione ad un procedimento araldico che Gide ha scoperto nel 1891.

E chiarendo l'ultimo punto, si potrebbe dire che facendo riferimento ad un trattato di araldica
abisso, il cuore dello scudo. Si dice che una figura in abisso quando con altre figure al centro
dello scudo, ma senza toccare nessuna di queste figure. Tenendo conto di questo, Dllenbach
assicura che Gide affascinato da "l'immagine di uno scudo che accoglie, al centro, una replica in
miniatura di se stesso." Dunque, mise en abyme ogni inserto che intrattiene una relazione di
somiglianza con lopera che lo contiene.
Cos come nel quadro di Van Eyck Matrimonio Arnolfini, linvisibile reso visibile attraverso un
piccolo specchio (il cui potere di rivelazione), che ci permette di scorgere fra i due sposi dei
personaggi che si ritrovano sulla soglia della stanza e che soltanto gli sposi possono vedere: gli
invitati alle nozze tra i quali il poeta stesso (specchio-trappola: consacra e memorizza per sempre
levento di ununione), in Meninas di Velazquez (ma con una certa differenza), il re e la regina si
trovano sul davanti del quadro, riflessi nello specchio. Il pittore realizza una reciprocit di sguardi
tra chi contempla il pittore e le figure che lo contemplano, facendo oscillare linterno con lesterno e
spingendo limmagine ad uscire dalla sua cornice, nello stesso momento in cui invita i visitatori ad
entrare.

In letteratura, in Amleto, la scena centrale mette in atto la rappresentazione nella


rappresentazione, raddoppiando il crimine del re e linfedelt della regina, mette davanti ai
colpevoli uno specchio accusatore, dando ad Amleto la prova di non essere stato ingannato da un
genio maligno e, infine, lo inciter a passare ai fatti, forte della consapevolezza di averne diritto.
Ci che esso riflette non sono i dubbi delleroe, ma la preistoria del dramma cos come il racconto
dello Spettro la fa conoscere. Tuttavia, secondo Gide nessuno di tali esempi giusto del tutto, ma lo
sarebbe di pi quel procedimento attraverso cui in uno stemma si mettesse un altro abyme.

Ci a cui auspica Gide, la costruzione reciproca dello scrittore e dello scritto. Egli presenta tale
fenomeno di reciprocit nel suo Diario. Grazie ad una sua annotazione, si sa che accadeva a Gide
di scrivere davanti a uno specchio allo scopo di ispirarsi alla parola e allascolto del suo doppio.

Tuttavia, mentre lesperienza visuale dello specchio istantanea, lo scrittore e il suo doppio si
parlano e si rispondono alternativamente.
E a Tentativo damore che Gide si riferisce metaforicamente al blasone. In tale opera, lautore,
tormentato da un sogno di felicit che sa di essere fuori dalla sua portata, si identifica con un
narratore che ha il compito di raccontare a una Dama fittizia, gli amori felici di Luc e Rachel.
Allinizio vi una relazione di contrasto tra la tristezza del narratore e la felicit degli amanti, ma
presto lequilibrio si modifica, e alla noia di Luc e di Rachel che simpadronisce del narratore,
segue, trionfante la presa di coscienza che il suo vano desiderio non meritava di distrarlo da progetti
pi ambiziosi. E dunque, una vera terapia quella che ha infine esercitato il narratore, attraverso
lidentificazione immaginaria che egli stesso ha messo in moto, rinato grazie al suo lavoro di
finzione.
La mise en abyme gidiana consiste strutturalmente nellattribuire ad un personaggio del racconto
lattivit stessa del narratore che se ne fa carico. Questa sostituzione diversa dal trasferimento di
narrazione introdotto nelle Mille e una notte e utilizzato per esempio o nel roman comique o nel
romanzo picaresco, perch il secondo racconto, in Gide, riflette il primo nella misura in cui
necessario, affinch si riproduca la retroazione, che ci sia analogia tra la situazione del personaggio
e quella del narratore o per esprimerlo in altra maniera tra il contenuto tematico del raccontocornice e quello del racconto incastonato. Si pu dunque definire la mise en abyme gidiana come
un accoppiamento o un gemellaggio di attivit che vertono su un soggetto similare o se si preferisce
come un rapporto di rapporti, essendo la relazione di un narratore N con il suo racconto R in
omologia con quella del personaggio narratore n con il suo racconto r. Dunque, limmagine del
blasone rende bene la duplicazione del soggetto relazionale dellopera allinterno della stessa.
Il termine mise en abyme designa quello che alcuni autori chiamano lopera nellopera.

Uneredit critica
Dallenbach si dedica alla discussione delle interpretazioni della charta, fornite da due critici:
Magny e Lafille, ai quali rimprovera sostanzialmente due errori: di aver lasciato che il termine
tecnico abyme venisse contagiato dal suo latente senso metafisico, e di aver assimilato la mise en
abyme allo specchio a dispetto di quanto affermato nella charta. E in questa sezione che
Dallenbach comincia ad abbozzare una prima classificazione delle modalit di manifestazione della
mise en abyme al fine di controllarne i pericolosi slittamenti analogici. Le categorie sarebbero tre:

La riflessione semplice, rappresentata dal blasone nel blasone, il microcosmo e la monade


(Ulisse e Un amore di Swann);
La riflessione allinfinito, simbolizzata anchessa dalle monadi, ma soprattutto dal
riferimento matematico, linfinito degli specchi paralleli (la scatola di Quaker Oats: si
vede un moralista che tiene in mano una scatola di fiocchi davena sulla quale c un altro
moralista che regge unaltra scatola; e la frase auto-iterativa di Jean Wahl a proposito della
filosofia di Jaspers);
La riflessione paradossale, rappresentata dal commento che Magny fornisce della frase di
Jean Wahl e da questa stessa frase, che gira su se stessa allinfinito.

Ora, nelle interpretazioni dei due critici si assiste a un uso indiscriminato delle tre categorie e
dellassimilazione allo specchio. Dallenbach, per si mostra conciliante, e ipotizza che le
divergenze di lettura della mise en abyme dipendano da una diversa selezione dei testi di Gide

considerati. Infatti, mentre la sua analisi si applicata al testo menzionato nella charta, ovvero il
Tentativo, Magny e Laville avrebbero rivolto le loro attenzioni ad un testo decisamente
posteriore: I falsari del 1925, la cui complessit di struttura sembra giustificare il ricorso a tutte le
categorie citate e al paradigma speculare.
Dunque, sulla base di ci in Dallenbach sorge un dubbio, se Gide col passare del tempo abbia
rinnegato il proprio pensiero, o rettificato, precisato ed esteso. Eccolo, quindi dedicarsi a una
disamina dei Falsari, e ancor prima ad un altro testo gidiano Paludi, del 1895. Egli giunge ad
ammettere che la lettura di Paludi e dei Falsari, mostra nellottica limitata che la nostra, che la
charta del 1893 risulta completata e relativizzata dalla pratica successiva di Gide. Questo perch
in tali testi Gide legittima luso della metafora dello specchio, e perch vi appare evidente che gli
aspetti relazionali della mise en abyme debordano il concetto di duplicazione interna: poich il
suo compito designare il romanzo nel romanzo, ma anche il romanzo del romanzo, che
comporta il romanzo del romanziere e il romanzo del romanzo del romanzo. Concepire, dunque
la mise en abyme come opera nellopera o duplicazione interna vuole dire necessariamente
impoverire in significato. Tutto ci fuori discussione, ma il punto che la mise en abyme non
mai stata concepita come tale neppure da Dallenbach stesso, se non in quellistante di oblio
intenzionale in cui si sceglie di non tenere conto della natura del soggetto sdoppiato, sulla quale
poco prima aveva fondato la struttura medesima della mise en abyme. Ma questi istanti di oblio,
sono tuttaltro che conclusi. Inoltre, Dallenbach ribadisce lequivalenza acquisita di mise en
abyme e specchio e definisce pi dettagliatamente le tre figure essenziali in cui si esplica la
riflessione:

La duplicazione semplice: frammento che intrattiene con lopera che lo include un rapporto
di similitudine (il dramma nel dramma di Amleto);
La duplicazione allinfinito: frammento che intrattiene con lopera che lo include un
rapporto di similitudine e che include anchesso un frammento che, e cos di seguito
(lInghilterra in miniatura che contiene unInghilterra in miniatura al suo interno e cos via,
immaginata da Borges);
La duplicazione aporistica: frammento che presumibilmente include lopera che lo include
(lautoinclusione paradossale della seconda parte del Chisciotte, in cui i personaggi
discutono del libro che contiene le stesse gesta).

Anzich optare arbitrariamente per luno o per laltro, Dallenbach li accetta tutti e tre. Bisogna fare
attenzione per a non ridurre la mise en abyme a quella struttura semplice che lanalisi di
Paludi e dei Falsari ha smentito. Dunque la mise en abyme uno specchio interno che riflette
linsieme del racconto attraverso una duplicazione semplice, ripetuta o speciosa. Lo stesso Jean
Paul afferma che la mise en abyme per manifestarsi pu prendere la forma della tale o tal altra
duplicazione, senza mai cessare di essere unica.
Il romanziere che illustra le propriet riflessive della propria opera non si accontenta di evocare la
circolarit speciosa che essa realizza di fatto, ma il suo ideale elevarla a potenza, di modo che il
blasone nel blasone generi allinfinito lo stesso blasone sempre pi ridotto.

Mise en abyme e riflessivit


Gide concepiva loggetto della riflessione come il soggetto stesso dellopera. Tale espressione
designa non soltanto il tema o lintrigo del romanzo ma, la storia raccontata e lagente della
narrazione, ai quali si aggiungono, quando si tratta dei Falsari, la storia, lestetica e la critica

dellopera. Dunque, il soggetto un enunciato e pi concretamente un enunciato sineddotico. Una


riflessione un enunciato che rinvia allenunciato, allenunciazione o al codice del racconto. Prende
allora evidenza, il fatto che ogni riflessione un processo di sovraccarico semantico o che
lenunciato che supporta la riflessivit funziona almeno a due livelli:

Quello del racconto, in cui continua a significare come qualsiasi altro enunciato;
Quello della riflessione, in cui interviene come elemento di una metasignificazione che
permette al racconto di tematizzare se stesso.

Ora, niente impedisce, di accostare lunit riflessiva ad altre realt di linguaggio che manifestano
questa stessa sovrabbondanza del significato in rapporto a un unico significante: il simbolo e
lallegoria. Ha in comune con queste strutture di doppio senso, il fatto di essere sovradeterminata e
di dare asilo al parassitismo semantico (perch uno dei due codici vive e profitta dellaltro) e
sedimentare le sue significazioni in tal sorta che un senso primo, letterale e ovvio, copre e rivela
allo stesso tempo un senso secondo e figurato. Tuttavia differente perch la riflessione non un
simbolo poich la relazione esistente tra il senso metaforico e il senso letterale istituita. Non
nemmeno unallegoria perch non esiste a priori un rapporto di traducibilit tra i sue sensi. La
riflessione esiste al modo di una duplice intesa la cui identificazione e decifrazione presuppongono
la conoscenza del racconto. Dallenbach distingue due tipi di principi ermeneutici che devono
guidare la lettura:

E linsieme del testo che d senso ad ognuno dei suoi segmenti e che non possibile
attribuire un valore riflessivo a questa o quella sequenza a meno che non lo autorizzi la
totalit del racconto;
Complementare del primo, impegna a non praticare una allegoresi riflessiva su testi nei quali
la riflessivit non si trovi tematizzata e non garantisca una certa sistematicit.

I racconti si riconoscono in quanto fanno cadere laccento sulla loro dimensione referenziale
piuttosto che sulla loro dimensione letterale. Tuttavia non ci permette ancora di arrivare ad una
conclusione sul concetto di riflessivit.
Gide, ne introduce un altro: parla di trasposizione nella scala dei personaggi. Dallenbach si chiede
se proprio questa trasposizione su questa scala non comporti, come nellinserto araldico, la
necessaria presa di una cornice, di una bordura. Nella fattispecie si darebbe mise en abyme solo
in caso di incassatura di una sequenza al centro di un testo che la circonda. Dunque, lo stricto sensu
pare essere il secondo segno distintivo della mise en abyme. Esso, in effetti corrisponde a ci che
Gide enuncia nella prima frase della charta. Dallenbach crede che i personaggi in questione siano
opposti allautore e che la specificazione gidiana equivalga a negare la qualit della mise en abyme
ad ogni segmento riflessivo che non sia pertinente alluniverso spazio-temporale del racconto: della
diegesi. Questa esclusione colpisce ogni intervento dautore che si esprima col proprio nome
allinterno del racconto, ma anche ogni prologo o invocazione alla Musa che preannunci il racconto
sotto forma di riassunto. Restano in discussione gli enunciati riflessivi diegetici (o intradiegetici),
gli enunciati riflessivi metadiegetici, infine i metaracconti (o racconti secondi) riflessivi.
Dallenbach definisce il metaracconto (discostandosi da Genette) come lunico segmento testuale
sostenuto da un narratore interno al quale autore o narratore cedono temporaneamente il posto,
liberandosi cos della loro responsabilit di conduttori del racconto. Cos, se ne deduce che il
metaracconto riflessivo si caratterizza pe la sua quadruplice propriet di:

Riflettere il racconto;

Di segmentarlo;
Di interrompere la diegesi;
Di introdurre nel discorso un fattore di diversificazione.

Tale metaracconto a carico di unistanza narrativa differente da quella che regola il racconto
primo, linserimento legittima le variazioni stilistiche, e permette allo stesso dintrodurre un
racconto personale in una finzione scritta in terza persona o allinverso, di rendere impersonale per
una durata variabile un racconto condotto da un io.
Gli enunciati riflessivi metadiegetici si distinguono dai metaracconto in quanto non mirano a
emanciparsi dalla tutela narrativa del racconto primo, infatti disdegnando il turno di narrazione, essi
si limitano a riflettere il racconto e a sospendere la sola diegesi. Tra questi figurano:

I racconti in stile indiretto;


I sogni;
Certe rappresentazioni visive;
Certe rappresentazioni auditive ecc

Per quanto riguarda gli enunciati riflessivi intra-diegetici, non danno luogo n a cambiamenti
distanza narrativa, n a soluzioni di continuit diegetica, dipendendo totalmente dal racconto
primo, ne seguono il corso e rimangono nelluniverso che stato loro prescritto.
Ogni riflessione intra- o metadiegetica equivoca allorigine, perch fa interferire due sfere:

Quella dellautore che rinuncia a pronunciarsi direttamente sulla sua opera per trasmettere la
propria conoscenza di essa a un personaggio che gli serve da copertura;
Quella di un personaggio, che per il suo ruolo di portavoce, si vede promosso al livello
dellautore.

Di qui lurgenza per il racconto verosimile, di attenuare il carattere trasgressivo di questa inversione
autenticandone come di dovere i rappresentanti autoriali. Tale necessit di accreditarli si spiega
sicuramente con lo statuto intra- o metadiegetico delle riflessioni. Una volta assunti dallautore,
questi non possono essere messi in dubbio. Lastuzia del racconto consiste sia di consentire una
puntuale intrusione dellautore a titolo di garante, sia nellaccreditare i sostituti mediante
losservazione di tre principi:

a.
b.
c.

Eleggere degli agenti che non siano parte integrante dellintrigo, ci che porta a delegare:
Vecchi;
Stranieri;
Accompagnatori.

Che possono apparire al solo scopo di svolgere la funzione che ci si attende da loro;

a.
b.
c.
d.
e.
f.
g.

Assumere personale qualificato reclutato di preferenza tra gli specialisti o professionisti


delle verit, dove i personaggi tipici sono:
Romanziere;
Artista;
Critico;
Uomo di scienza;
Ecclesiastico;
Bibliotecario;
Libraio;

h.
i.
j.
k.

Alienato;
Innocente;
Ubriaco;
Sognatore.
Nel caso in cui questi organi di verit non fossero disponibili, rinunciarvi e ricorrere ai
servizi di unopera darte che, avendo valore per se stessa, pu fare a meno di garanzie.

Lautore dichiara che per la determinazione minima del concetto della mise en abyme sono
fondamentali:

Il carattere riflessivo di un enunciato;


La qualit intra- o metadiegetica di questultimo.

N i turni di narrazione (in senso stretto), n linterruzione diegetica costituiscono tratti pertinenti
della mise en abyme.
Appoggiandosi, dunque a questo doppio criterio, lautore nelle condizioni di presentare i livelli
inferiori del modello: designando con Alfa la propriet intra- o metadiegetica di un segmento
testuale e con a, b, c rispettivamente la riflessione dellenunciato, dellenunciazione e del codice,
otteniamo tre mises en abyme elementari (A, B, C) determinate ogni volta da una costante (il
coefficiente Alfa) e una variabile (a, b, o c). Cos lautore d il seguente corollario: se la riflessivit
di Alfa di a, b, o c lunica a definire le condizioni di emergenza di una mise en abyme, non c
dubbio che lindividuazione dovr operarsi anchessa a questo livello danalisi. Ci significa che
isolando il segmento narrativo che soddisfer ai due criteri di riconoscimento, la segmentazione,
secondo i casi, staccher dal racconto ununit dampiezza molto variabile, compatibile con tutti i
registri della parola (Todorov) e che non coincider necessariamente nei suoi contorni con lentit
narrativa sulla quale sinnesta e dunque anche in materia di mise en abyme, la funzione crea
lorgano.

mises en abyme
elementari
Tratti distintivi

B
a

C
b

La finzione e i suoi doppi


Considerando lenunciato nel suo aspetto referenziale di storia raccontata (o finzione) risulta
possibile definire la mise en abyme come una citazione di contenuto o un riassunto intertestuali.
In quanto condensa o cita la materia di un racconto, essa costituisce un enunciato che rimanda a un
altro enunciato e dunque un tratto del codice metalinguistico; in quanto parte integrante della
finzione che riassume, essa diviene in s lo strumento di un ritorno e d luogo a una ripartizione
interna. Quindi una caratteristica della finzione narrativa di ogni mise en abyme finzionale
caratterizzata da un accumolo delle propriet ordinarie delliterazione e dellenunciato al secondo
grado, ossia dalla capacit di dotare lopera di una struttura forte, di assicurarne il significato, di
farla dialogare con se stessa e di dotarla di un apparato autointerpretativo.
In termini di teoria della comunicazione, si dir che la riproduzione ha leffetto di ampliare
massivamente la ridondanza dellopera. Poich il contenuto informativo di un messaggio
inversamente proporzionale alla ridondanza, ne consegue che la mise en abyme riproduttrice, per il

solo fatto di permettere la chiusura e la codificazione massima del racconto, ne diminuisce


proporzionalmente le virtualit polisemiche. Questa lettura isotopa, forse rappresenta un prezzo
troppo alto per un amise en abyme. Tuttavia, anche se fosse, ci sono due tipi di racconto che non
accettano la spesa:

Quelli che mirano, costi quel che costi, allunivocit del loro messaggio;
Quelli che intendono affermarsi come racconti e a questo fine sfruttano il dato di fatto
secondo cui la vita e il ripetersi identico delle cose sono percepiti come contraddittori.

In quanto, di fatto, in segno secondo, la mise en abyme non mette soltanto in rilievo lintenzionalit
significante del primo (il racconto che la implica), ma manifesta anchesso (non) (che) un segno e
proclama tale qualsiasi tropo: Sono letteratura, io e il racconto che mi include.
La mise en abyme d luogo ad una pluralit di senso. Grazie ad essa la ridondanza si attenua e il
racconto diviene informante e aperto, e soprattutto accetta che il suo analagon, dopo avergli imposto
la sua versione, in cambio gli sovrapponga la propria.
Lautore afferma che:
1.
a.
b.
c.
2.
a.

Che un testo pu integrare una mise en abyme;


Presentandola una volta solo e in blocco;
Frazionandola in modo da alternarla con il racconto che linquadra;
Sottomettendola a occorrenze diverse;
Che le riflessioni comprese sotto:
Permettono di articolare pi nettamente delle altre il problema dellincidenza della
componente posizionale sulleconomia generale del racconto;
b. Che questo problema si pone e si risolve essenzialmente in termini di temporalit narrativa.
Ogni storia nella storia, in quanto riflessiva, finisce necessariamente per mettere in crisi lo
svolgimento cronologico che essa rispetta in quanto segmento narrativo. Non potendo seguire lo
stesso ritmo del racconto, per stargli alla pari, include la materia di un libro intero. Questa
contrazione, non pu prodursi senza lordine cronologico.
Egli distingue tre specie di mise, corrispondenti a tre modi di discordanza tra i due tempi:

La prima prospettica, riflette in anticipo la storia che verr;


La seconda retrospettiva, riflette a posteriori la storia avvenuta;
La terza retro-prospettica, riflette la storia rivelando avvenimenti anteriori e posteriori al
proprio punto di ancoraggio nel racconto.

La mise en abyme prospettica raddoppia la finzione per batterla in velocit e non lasciarle come
avvenire che il suo passato. Il lettore sa cosa aspettarsi e pu senza esitare, imporre scansioni al suo
itinerario, riconoscere tempi forti nel suo cammino, restare padrone della sua avanzata.
La mise en abyme preliminare o retrospettiva, priva la finzione di ogni interesse aneddotico, a
meno che, al contrario non la carichi di tensione e non inasprisca gradualmente lattesa del lettore (
ben visibile in Il castello incantato di Tieck). Il lettore, dunque conosce fin dallinizio, il finale di
questa vita. Se, quindi la mise en abyme inaugurale dice tutto prima che la finzione abbia
veramente inizio, la mise en abyme terminale o retro-prospettica non ha pi niente da dire se non
ripetere ci che si gi saputo. Nel momento che questultima aspira al riposo, sembrerebbe pi
opportuno stringere un patto tematico con il simbolo o con la musica, quando il racconto lo

permette. Mentre la seconda confina con lindicibile e si presta di per se stessa a finire in sospeso, il
primo appare predestinato a terminare senza concludere.
Tuttavia, tali osservazioni hanno mostrato difetti inerenti alle riflessioni prospettiche e retrospettive,
evidenziando una predilezione per la mise en abyme retro-prospettica. Essa non soltanto fa entrare
in combinazione i vettori e le funzioni delle riflessioni precedenti, ma possiede uneconomia propria
che riposa totalmente sullestrapolazione. Dunque, in base a ci il lettore pu misurare la portata
della rivelazione a venire nello specchio del passato. Il lettore presume a partire da ci che
riassume. Interessante dellepisodio de Enrico di Ofterdingen che il presente o piuttosto il passato
prossimo rappresentato dalleremita e il minatore che stanno accanto al protagonista nella grotta in
cui si trova attualmente; il passato rappresentato dallorientale e i suoi genitori; lavvenire
realizzato o meno nel libro. Il personaggio pu facilmente inferirne che un libro dove il passato e il
presente sono registrati con una tale esattezza pu altrettanto bene profetizzare il futuro.
Lautore ci avvisa sul fatto che la mise en abyme ripetuta serve generalmente a dotare la finzione di
un leitmotiv e/o di un drammometro che al contrario di una mise en abyme unica che taglia in due e
per questo mette in crisi un racconto unitario, le riflessioni moltiplicate o divise in un racconto
votato alla dispersione, rappresentano un fattore di unificazione.
Lopera darte riflessiva una rappresentazione. In quanto figurativa, essa benvenuta nella misura
in cui ogni mise en abyme finzionale mira, per analogia a mettere in rapporto una serie di
avvenimenti con laltra; in virt dellunit che costituisce, essa quasi indispensabile in quanto la
sola a permettere una riflessione retro-prospettica di svolgere abbastanza agevolmente il suo ruolo
di cerniera. Non si pu considerare insignificante il fatto che lopera darte apporti al racconto la
sua ricchezza polisemica, che oggettivizzi lazione riflessa e soprattutto manifesti una temporalit
propria che annulla o neutralizza il tempo della storia: mentre il tempo del racconto si spende per
essa, si tiene in sospeso il tempo narrato e si risparmia in questo modo di dover riflettere la sua
riflessione, la riflessione della sua riflessione, e cos di seguito, allinfinito. Lopera darte pu
funzionare da commutatore generico. Se questa virtualit quasi sempre realizzata, perch il
rapporto tra il genere letterario dellopera che inquadra e il genere letterario (artistico) dellopera
inquadrata condizionato dalle dimensioni delluna e dellaltra opera e da ci deriva che la forma
romanzesca pu contenere un romanzo solo sotto forma di un riassunto o di estratti. Vale a dire che,
a meno di accettare una simile condizione o di farsene gioco riferendosi sia a se stesso sia a un
doppio virtuale che non sar mai fatto leggere al lettore, il romanzo necessariamente portato a
mettersi in abyme in unopera non romanzesca e a darsi in questo modo una struttura bi-generica.
La narrazione in primo piano
Per mise en abyme dellenunciazione si intende:

La presentificazione diegetica del produttore o del ricevente del racconto;


La messa in evidenza della produzione o della ricezione in quanto tali;
La manifestazione del contesto che condiziona (che ha condizionato) questa produzionericezione.

Il tratto comune di queste diverse spettacolarizzazioni che mirano tutte, attraverso lartificio a
rendere visibile linvisibile.
Dallenbach afferma che proprio una caratteristica del testo quella di escludere il suo produttore
empirico e allo stesso tempo includere un soggetto vuoto. Questo X, che la poetica designa come

autore implicito e che il termine istanza produttrice indicherebbe pi adeguatamente, non pu essere
rappresentato. Esso non ha volto.
Il racconto, tuttavia ha tre modi possibili di dare lillusione di rimuoverlo:

Fingere di lasciare che il responsabile del racconto intervenga a suo proprio nome;
Istituire un narratore;
Costruire una figura autoriale e farla indossare ad un personaggio. La sola, infatti che
interessa direttamente la mise en abyme. Si tratta, dunque di fare in modo che
lintermediario assolva il suo compito, ovvero che il sostituto sia debitamente accreditato.
Perch ci accada, egli pu svolgere:
a. Un mestiere o unoccupazione sintomatica;
b. Un nome a chiave;
c. Un patronimico.

Ma proprio a causa delle loro aria provocatoria che questi connettori deittici o onomastici
raramente sono utilizzati dal racconto. Lautore pu inserire il proprio rappresentante in una mise en
abyme dellenunciato. Questo enunciato-miniatura corrisponde al racconto che leggiamo. Ma, a
condizione che li prenda a prestito dallo stesso scrittore, la mise en abyme autentificatrice pu
anche riflettere altri racconti. Il sostituto autoriale si trova provvisto di una doppia funzione:

Attuale, in quanto egli manifesta l'autore del libro letto qui e ora, in cui egli appare;
Retroattiva, in quanto fa apparire quello di unopera anteriore, e addirittura di tutto un
insieme romanzesco.

Attraverso questo ponte tra passato e presente, contribuisce a unificare i libri sparsi, mettendo in
discussione la loro autonomia e riattivandoli. L'identificazione pu essere ottenuta in unaltra
maniera: quello che consiste nel qualificare il mandatario attribuendogli unattivit identica o
analoga a quella dell'autore. L'effetto di una mise dellenunciazione varia con il grado di analogia
esistente tra (l'attivit dell) autore e il (quella del) suo rappresentante e che questo parametro si
applica ugualmente, anche se in maniera pi vaga, alle mises en abyme del ricevente e della
ricezione.
Ridotto, come l'autore, alle sole impronte testuali, il lettore implicito appartiene alla stessa sua
costellazione poich ne il corrispettivo simmetrico. Ci che lo distingue che lui non si rifugia pi
dietro la finzione di un nome che il suo anonimato richiede limpiego di una riflessione ausiliaria
che funziona al tempo stesso come cauzione narrativa del rappresentante e supporto materiale della
quasi lettura alla quale egli si dedica.

AUTORE IMPLICITO
mise en abyme dellenunciazione

1 personaggio
produttore

1 personaggio ricevente
riflessione

mise en abyme
dellenunciazione
LETTORE IMPLICITO

Se la maggior parte dei racconti tende al colpo doppio e a dare a credere che dietro lautore
implicito ci sia sempre una persona biografica che si esprime attraverso lui, non facile convincere
che i personaggi sono due volte vicari e si danno il cambio con questo doppio referente. Lillusione
in alcuni casi pu prodursi.
E importante il ruolo che occupa il personaggio allinterno della comunicazione. Cos quando il
personaggio principale non prende parte alla mise en abyme dellenunciazione e si trova implicato
nella mise en abyme finzionale, il racconto si trova di fronte ad una forza maggiore come la morte
delleroe o che si dato un attore come protagonista. Se invece il personaggio principale un
produttore (romanziere o artista) sar alle prese con unopera la cui elaborazione permette di
tematizzare la relazione vita (racconto portante) arte (mise en abyme) e di trattare il rapporto
secondo unideologia espressiva (si delinea unanalogia tra quellesistenza e quella creazione) o
produttiva (lArte trasforma il vissuto narrato dal racconto-cornice o lo mostra, come alla fine di
Sixtine, trasformato esso stesso dalla produzione). Nella maggioranza dei casi, il ruolo del
produttore assegnato ad una delle comparse e il protagonista si riserva quello di ricevente. Questo
fa s che il personaggio rimanga sospeso nellintrigo, per poter arrestare la riflessione della finzione
e dallaltro lato crea nella sintassi narrativa una paura destinata a permettere questo passaggio
dallignoranza alla conoscenza, ovvero il riconoscimento. Entrambi i propositi vanno di pari passo,
perch mettere fuori gioco il personaggio principale la premessa necessaria allavvento nel
racconto del ritorno su di s. In effetti, quando fuori gioco, il personaggio principale non ha pi
bisogno di essere sdoppiato, perch lazione nelle mani di altri, ma siccome lazione di questi altri
consiste nel rappresentare davanti a lui (il personaggio) le sue proprie azioni passate e future, la
mise en abyme della storia narrata funziona come un autentico exemplum rispetto al destinatario
diegetico.
L'autore spiega che una recezione prevede tre momenti:

Decifrazione dei segni;


Presa di coscienza;
Azione conseguente;

La mise en abyme in posizione terminale pu essere perfettamente decodificata dal ricevente,


mentre non esiste mise en abyme iniziale o mediana che sia interamente rivelata. Dunque, il
semplice fatto di vedersi in uno specchio prova che prima dellavvento del Senso, il personaggio
non si conosce come conosciuto dal lettore.
Il romanzo moderno tende a confondere la ricezione interna da quella esterna, invece di dissociarle.
La ricezione della mise en abyme del lettore qualitativamente superiore a quella del protagonista,
a meno che il racconto acceda, in un impeto di sincerit, ad aumentare il secondo (la recezione del
personaggio) rispetto al primo.

Dallaltro lato parla del rapporto tra il protagonista-ricevente e il protagonista della mise en abyme.
Pu accadere che il protagonista della mise en abyme si scambi in spettatore della stessa azione, cui
protagonista, cos da diventare lettore della sua propria avventura, interpretando se stesso.
Lopera giustifica la sua presenza qui e ora, e non rinuncia al suo ambiente: mostra la scoperta della
sua genesi favolosa o del suo passato favoloso e quindi non rinuncia al suo ambiente.

Testo e codice alla ribalta


Il modello linguistico che guida la nostra investigazione importante in quanto abbraccia tanto le
mises en abyme del codice tanto quelle dellenunciato. Questultimo d luogo a due mises en
abyme distinte:

Una funzionale, che duplica il racconto nella sua dimensione referenziale di storia
raccontata;
Una testuale, che lo riflette nel suo aspetto letterale di organizzazione significante.

La specificit di una mise en abyme del testo, che essa tende sempre a rappresentare una
composizione, in quanto permette di cogliere simultaneamente gli elementi in gioco e i rapporti che
li legano, evocando il modello in miniatura. Dunque, rendendo intelligibile il modo di
funzionamento del racconto. La riflessione del testo sempre anche mise en abyme del codice,
mentre la caratteristica di questultima consiste nel rivelare il principio di funzionamento, ma senza
minare il testo che vi si conforma.
La mise en abyme del codice (o metatestuale) risulta pi o meno evidente secondo il grado di
omologia tra il codice e lenunciato-referente. Daltro canto, lautore afferma che si pu estendere il
campo a una poetica, un dibattito estetico, a un manifesto, a un credo, a unindicazione sulla finalit
che il produttore assegna allopera o che lopera assegna a se stessa, a condizione che siano assunti
dal testo in maniera abbastanza visibile, tanto che la riflessione metatestuale possa operare alla
stregua di un modo di utilizzazione e indirizzare la lettura ad assolvere con minore difficolt il
proprio compito: rifare, come in uno specchio, ci che il suo opposto simmetrico ha fatto prima di
essa, ovvero considerare lopera cos come essa vuole essere considerata.
Lautore denomina mise en abyme trascendentale quella mise che ha la capacit di trascendere il
testo allinterno di esso, riflettendo allinizio del racconto, ci che al tempo stesso lo origina, lo
finalizza, lo fonda, lo unifica e fissa le condizioni a priori della sua possibilit. Tuttavia, tutte le
mise en abyme trascendentali sono anche mise en abyme dellenunciato. Il racconto si modella sulla
propria metafora di origine quanto questa si modella su di esso. La mise en abyme trascendentale o
del Principio risulta inseparabile dalla riflessione metatestuale. Enuncia la sotterranea legalit del
racconto, determina le condizioni di possibilit del racconto. La mise en abyme trascendentale
riflette il codice dei codici, cio quello che regola le possibilit della messa in gioco delle riflessioni
elementari e amministra leconomia di quelle che sono utilizzate dal racconto.

Riepilogo
Lequivalenza mise en abyme = specchio, dimostra labitudine di utilizzare i due termini come se
volessero dire la stessa cosa. Tuttavia, deriva dal fatto che la critica ha seguito litinerario dalla

charta ai Falsari e dallopinione di Gide, secondo cui non ci potesse essere altra equivalenza
che potesse eguagliare quella dello specchio come primo comparante. Martin assicura che il
procedimento gidiano concretizza questo gioco di specchi, questo gioco di riflessione che
essenziale a molti romanzi.
Esistono tre tipi di mise en abyme:

Duplicazione semplice (Amleto);


Duplicazione paradossale (Don Chisciotte, i cui protagonisti sono allo stesso tempo lettori
del Don Chisciotte);
Duplicazione illimitata (la carta dellInghilterra).

Il termine mise en abyme utilizzato dalla grande maggioranza dei critici per raggruppare un
insieme di realt distinte che tutto ci porta a ricondurre a tre figure essenziali. Siamo incoraggiati in
questo senso dallinsistenza della metafora dello specchio.
Il sogno presenta simili giochi di specchi. Possiamo sognare che sogniamo (significa che il mio
sogno ne conteneva un altro che non era che questo stesso sogno).
Agli occhi di Lefebve un testo letterario quello che meglio illustra tale meccanismo: Tristano e
Isotta. Facendo allusione allepisodio in cui Tristano, travestito, simula la folli per raccontare a
Isotta, avanti alla corte riunita, varie sequenze della loro storia, il critico osserva che lo specchio
fissato nel mezzo del racconto e Tristano mima il proprio personaggio.
La letteratura, secondo i romantici tedeschi, deve divenire trascendentale, ovvero riflessiva, uno
specchio di tutto il mondo circostante (unimmagine dellepoca).
Il sonetto X di Mallarm stato a volte interpretato in riferimento alla mise en abyme gidiana, a
torto in quanto no fa ricorso al procedimento dinclusione. Tuttavia, Mallarm fornisce nei suoi
commenti la prova che si tratti di un testo-specchio destinato a dimostrare lessenza del linguaggio
poetico:

Il sonetto ha come principale vocazione quella di illustrare il linguaggio che riflette;


Allo stesso tempo, Mallarm lo presenta come un sonetto nullo che si riflette in tutti i
modi;
La parola, senza alcun senso, ptyx la preferisce in quanto gli permette di creare il piacere
attraverso la magia della rima;
Allinizio la poesia sintitolava Sonetto allegorico di se stesso.

Grazie a questultima indicazione, le precedenti diventano pi chiare, in quanto questa poesia non
ha veramente un senso, un soggetto, una filososofia, perch il proprio soggetto, la propria
immagine o idea. Questa la gloria mallarmana, ovvero di creare un oggetto nullo. La stessa X,
simbolizza, in maniera invertita, la riflessione stessa.
Le sorgenti inscritte che rinviano alla realt originaria di cui il testo vorrebbe porsi come legittimo
rappresentante finisco quasi sempre, come sostiene Dallenbach, per coincidere con uno scritto la cui
autenticit fuori causa (manoscritto, pergamena, lettera autografa) o con una parola integrale
(voce, canto, musica), che si afferma allo stesso tempo che fondatrice, come essenzialmente
melodiosa. Dunque, la mise en abyme trascendentale istituisce la catena della legittimit tra il testo
e la sua origine inscritta.

In Fra i negri di Roussel, le rime polari e simmetriche determinano una composizione a specchio
che sottomette il testo alle loro ingiunzioni e lo porta a rimare con se stesso. La trama, finisce per
somigliare a ci che riunisce.

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