1. Il luogo dellassenza. Mutuiamo da Roland Barthes il titolo, postumo1, che ci permette di anticipare la direzione cui sarebbe rivolto lo sguardo dellautoritrattista in quanto tale. Il diario del lutto, che ne rappresenta il punto di massima incandescenza personale, illumina retrospettivamente larga parte dellopera barthesiana, mettendone al centro la figura della Madre, come figura della perdita. Lipotesi che questa figura venga a occupare e denunciare un luogo, una topica, il cui ruolo nelleconomia del discorso autoritrattistico tenteremo almeno di delineare. Il principio di legittimit di questo tentativo potr forse essere trovato in quel grado sempre insufficiente di teoria della propria stessa forma che lautoritratto letterario secondo Beaujour necessariamente presenta2: metadiscorso autoritrattistico al quale si tenter di forzare un po la mano per apportare un supplemento di elaborazione, la cui sufficienza tuttavia non si presenter qui che in forma ipotetica. In prima istanza, definiamo dunque questo luogo come indicato da un rivolgersi. Cenni in questo senso potranno essere trovati nel Bellour dellEntre-images: ove lautoritrattismo nella sua declinazione videoartistica pi apertamente allocutiva, polarizza la tensione tra parole e immagini nelladresse che le vota allassenza3; o l dove, a proposito di Marker, lo studioso ci ricorda il rapporto che il saggismo dellautore intrattiene con la lettera, la quale rivolgerebbe la consegna della memoria, di nuovo, allo spazio vuoto di unassenza, e di un avvenire4. Il luogo indicato da questo rivolgersi sarebbe cos da subito quello dal quale non potr venire una risposta. Che esso sia collocato cronologicamente a monte o a valle del momento della sua evocazione, o enunciazione, ci che qui innanzitutto preme sottolineare la sua inattingibilit: essa potr prendere forma nostalgica o utopica, a seconda della declinazione che il desiderio vorr dare al suo oggetto, senza per questo che tale alternativa possa in alcun modo attenuarne la costitutiva condizione di separatezza. La figura pi patente, quella che con pi immediata efficacia ci mette sulle tracce della sua destinazione, ce la offre la produzione, recentemente copiosa, di autoritratti realizzati con la tecnica del time-lapse, della quale prendiamo a epitome il caso, relativamente celebre, di Noah Kalina5. Vi si vede chiaramente come il trattamento informatico dellimmagine precipiti la fotografia e il cinema luno verso laltra, in una confusione e obliterazione reciproca, cos tipica dellindistinzione oggi conclamata e a suo tempo anticipata dal video. La forte dialettizzazione di arresto e scorrimento, movimento e interruzione, implicata dal time-lapse non pu inoltre non rievocare, con anacronistica paradossalit, tutta larticolata fenomenologia precinematografica (fenachistoscopio, cronofotografia, ecc.): una sorta di sfarfallo, di intermittenza, si
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R. Barthes, Dove lei non , Einaudi, Torino, 2010 (ed. or. Journal de deuil, Seuil, Paris, 2009). M. Beaujour, Miroirs dencre, pp. 7-26. 3 R. Bellour, La lettera dice ancora, in Tra le immagini, Mondadori, Milano, 2002, pp. 271-280 4 Id., Le livre, aller, retour (Apologie de Chris Marker), in LEntre-images 2, P.O.L., 1999, Paris, pp. 335-362. 5 Si rinvia allarticolo di F. Villa, in questo stesso volume, per una pi dettagliata discussione su questa forma in generale, e su Kalina in particolare, anche in rapporto alla questione dellinforme, richiamata pi avanti.
riverbera cos dalla sincope che struttura la successione delle immagini sul soggetto dellautoritratto. Solo elemento stabile e centripeto, lo sguardo di Kalina, immancabilmente rivolto allobbiettivo, alla macchina da presa (fotografica), mentre lo stesso scorrimento mette in scena linefficacia di questa presa. Lo sguardo di (o da) questo sfuggire, questo ritrarsi, dunque rivolto al luogo dal quale questa immagine presa, al quale sfugge. E se questo luogo ovviamente quello dello spettatore, esso almeno metaforicamente anche quello dello specchio, al quale lautoritrattista daltri tempi si rivolge per ricevere in cambio la propria immagine, limmagine che dipinger pi o meno fedelmente sulla tela. Questo sguardo non pu interpellare il luogo dellassenza senza chiedergli limpossibile risposta, il rinnovarsi della sentenza: tu sei questo. Queste stesse parole, oltre che nel testo lacaniano sullo specchio e la sua funzione in rapporto allIo, si possono leggere in calce a una fotografia che Barthes include in quella sorta di album fotografico di famiglia che fa da introduzione al suo Barthes6. Questa fotografia ritrae lautore ancora in fasce, racchiuso nellabbraccio della madre che lo tiene in grembo. La semplice aggiunta della didascalia rovescia limmagine nel suo riflesso speculare: il lettore si trova cos, in modo analogo e diverso al caso di Kalina, di fronte al riflesso di qualcun altro, in luogo dello specchio e al tempo stesso di chi vi si riflette. Lo stesso gesto permette a Barthes di mettere in scena quella cesura e scissione dellimmaginario di cui lautoritratto sarebbe il luogo7, lasciandoci vedere ci che la presentazione della raccolta delle fotografie preannuncia: il subentrare di un immaginario legato alla vita produttiva, al Testo, in luogo di un altro, legato alla vita improduttiva, allinfanzia, e affidato alla fotografia. Immaginario dimmagini, progressivamente avviluppato e obliterato da un immaginario della scrittura. Cos la parola suscitata dallimmagine lavvolge per comprenderla, prenderla, sostituirvisi sostituendo un immaginario allaltro8: il ricordo di famiglia diventa allora lo specchio dello specchio lacaniano. Altra figura dello stesso processo, messo in scena magistralmente sulle due pagine che precedono quella recante il titolo del libro: sfogliarle significa gi mettere in scorrimento due arresti, ai quali corrisponderebbero le due facce dellimmaginario barthesiano. Sul recto della prima, la celebre dicitura con cui lautore prende le distanze dal proprio personaggio, inscrivendo in esergo la crepa del soggetto, lo scarto tra Barthes e Barthes; essa appare sulla pagina come la copia anastatica della grafia dellautore stesso: immagine della scrittura, immaginario del romanzesco. Sul verso della seconda regna invece unimmagine, muta e sovrana: la madre avanza verso il lettore come a figurare la revenance fotografica e spettrale del sovvenire, ma soprattutto limmaginario dimmagini che si inaugura nel segno dellassenza, delloggetto damore perduto, e nel bisogno di parola che esso suscita9.
R. Barthes, Barthes di Roland Barthes, Einaudi, Torino, 2007 (ed. or. Roland Barthes par Roland Barthes, Seuil, Paris, 1975). J. Lacan, Lo stadio dello specchio come formatore della funzione dellio, in Scritti, Einaudi, Torino, 1974, pp. 87-94. 7 Per Barthes infatti, lautoritratto la messa in scena di un immaginario, p. 121. Per i due immaginari, cfr. pp. 9-10. 8 [] e ci che dir dogni immagine non sar altro che immaginario, ibidem. 9 Facciamo qui riferimento alla gi citata edizione italiana. Nelledizione francese del 75 limpaginazione leggermente diversa, ma denuncia la stessa logica.
L'autoritratto letterario secondo Beaujour si distingue dallautobiografia per la forma non narrativa, sorta dalla perversione dell'antica retorica, di cui mutuerebbe l'organizzazione anamnestica in un sistema di luoghi della memoria, depositari di immagini-ricordo10. La derivazione retorica determinerebbe cos il carattere paradossalmente impersonale dell'autoritratto letterario, il suo configurarsi come percorso enciclopedico scritto in prima persona11. Si riconosce qui la dialettica tra i due immaginari di cui parla Barthes. Tuttavia, se anche lanamnesi autoritrattistica si oppone alla reminiscenza autobiografica12, nondimeno la seconda non del tutto espunta dalla prima, e anzi come si visto nel caso di Barthes essa pu ben costituire il punto di innesco e di intreccio delluna e dellaltra. Questa reminiscenza conferisce cos allimmagine che la suscita un valore al contempo utopico e nostalgico, immagine di una felicit da sempre perduta e per sempre a venire. Tale valore non necessariamente vincolato a ununica immagine, per quanto conferisca a essa il marchio dellunicit; si tratta semmai, secondo la memoria artificialis che sarebbe allorigine dellanamnesi autoritrattistica, di un topos, di una topica: un fondo, sempre lo stesso, ove virtualmente ogni immagine suscettibile di collocarsi. Chris Marker lo dice a suo modo: Chacun sa madeleine13. Limage de bonheur che apre Sans Soleil ce ne offre lesempio ulteriore: essa non pu non rimandare, per la posizione a mo desergo come per le parole stesse con cui essa designata nel commento off, sia al celebre primo piano de La Jete, sia alla fotografia della madre in Barthes. La funzione di questa immagine di felicit dichiarata a chiare lettere da Marker nella nota di presentazione al CD-Rom Immemory14: Io rivendico per limmagine lumilt e i poteri di una madeleine. Sarebbe dunque a partire da questo punto che la reminiscenza potr declinarsi in forma romanzesca (Proust), autobiografica o autoritrattistica. Se ne pu trovare conferma anche nellanalisi del ruolo delle immagini nel testo autobiografico svolta da Marin a partire da Stendhal. Laddove nella rimemorazione autobiografica limmaginario si sostituisce al reale nellavvenire del sovvenire, al cuore del dispiegamento dimmagini che scandisce interrompendolo il Brulard di Stendhal, si troverebbe unimmagine nominata e non mostrata nel testo15, la cui assenza causa ed effetto di tutta una serie di immagini in costellazione e in reciproca sostituzione: la Madonna di San Sisto di Dresda, dalla quale emergerebbe in filigrana il ricordo abbagliante della madre perduta16. Il luogo del ritorno, topologia generatrice dellautoritratto17, perci il luogo di unimmagine necessariamente utopica e nostalgica perch situata nellaldil irrimediabile di ci che Barthes chiama, parlando della fotografia, una nuova forma di allucinazione18. Perduto in quanto immagine, in quanto immaginario, questo luogo cui Marker d il nome di madeleine il luogo in cui lautoritrattista deporr, per meglio perderla e ritrovarla, la propria image de bonheur.
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M. Beaujour, p. 110., e pi in generale pp. 81-112. Ibidem. Cfr. anche pp. 167-8. 12 Ivi, pp. 167-8. 13 Ch. Marker, nota introduttiva a Immemory. 14 Le analogie tra le parole di Marker e la teoria beaujouriana sono notevoli. Cfr. anche R. Bellour, Le livre, cit. 15 Lanalogia con la celebre foto del giardino dinverno de La camera chiara sin troppo evidente. 16 Cfr. L. Marin, Images dans le texte autobiograohique, in Lcriture de soi, in particolare pp.4562. 17 M. Beaujour, cit., p. 146. 18 R. Barthes, La camera chiara, Einaudi, Torino, 1980, p. 115. noto il rilievo che ha limmaginario sartriano, in quanto nulla dessere, nella concezione barthesiana della fotografia.
La tensione e alternanza tra immaginari del Barthes avrebbe cos il suo prolungamento, una volta prevalsa la parola sullimmagine, nelle interruzioni che strutturano e scandiscono lorganizzazione frammentaria dellautoritratto letterario: non si pu fare a meno di ravvisare, nello spazio bianco tra questi brandelli di pensiero, di immaginario della scrittura, il luogo dellinsistere, del permanere del rimosso. Del fantasma della Madre, oggetto damore perduto, presente nella sua assenza. Sarebbe allora qui che lo sguardo di Kalina, e per estensione lo sguardo dellautoritrattista in quanto tale, in ultima istanza rivolto.
Specularmente Kalina ci offre forse lesempio del modo in cui limmagine chiamata a funzionare, nella declinazione che lodierno regime dimmagini offre al topos utopico della nostalgia autoritrattistica. Se il volto dellautoritrattista vi si sfigura sino allinforme, ci non accade senza che lo statuto dellimmagine vi giochi la sua parte. La dialettica di scorrimento e arresto fa vacillare dalle fondamenta il senso stesso dellautoritratto: la consegna di s a una memoria postuma, larresto di unimmagine sottratta al divenire qui si rovescia nella restituzione della prima al secondo. Iterazione farsesca e compulsiva di un gesto, di un ritrarsi che, ripetendosi, denuncia lutopia di una presa di s e costituisce perci limmagine autoritrattistica in oggetto chimerico, perduto, nostalgico19.
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Questa potrebbe allora essere una forma dellatopia barthesiana: sottrarsi al luogo in cui sarebbe fissata la propria individuazione. Immaginario di unuscita dallimmaginario.R. Barthes, Latopia, in Barthes, cit., p. 59.