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PRIMA CRITICA

Cesare Segre – Le strutture e il tempo: Costruzioni rettilinee e costruzioni a


spirale nel Don Quijote

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In una prospettiva in cui il personaggio del Quijote e il romanzo non siano distaccati,
abbiamo due affermazioni preliminari riguardo alla natura e alle modalità dei rapporti di
Cervantes con la sua opera. Da un lato, estrema consapevolezza critica tale da fare del
Quijote il prototipo del romanzo-saggio. Dall’altro l’atro, una stesura che segue le frecce del
tempo, con probabile scopo di rielaborazione del già scritto.
Per ciò che riguarda la stesura del romanzo, è di gran peso il fatto che le due parti in cui si
divide siano separate tra loro dallo spazio di un decennio. Nella prima parte, Cervantes dà
l’impressione di voler chiudere i conti. Ma quando nel 1614 Avellaneda ne scrive una
seconda parte apocrifa, Cervantes si dedica alla stesura non solo di un completamento
autentico dell’opera, ma ne fa anche difesa e apologia.
La seconda parte del romanzo contiene una sensibile svolta narrativa: la polemica con il
Quijote di Avellaneda, che stimola Cervantes a caratterizzare differenzialmente il suo
protagonista.
I due episodi critici più ampi sono: l’inventario della biblioteca dell’eroe e la conversazione
tra il canonico e il curato, mentre riportano a casa chiuso in gabbia, il cavaliere convinto di
essere incantato.
Ma tutto il romanzo è venato di discorsi e giudizi letterari: tutti i personaggi, dai più bassi ai
più alti ceti, esprimono a modo loro le proprie preferenze letterarie.
Per misurare la sensibilità critica di Cervantes, però, è necessario verificare che coscienza
avesse lo stesso dello sfasamento fra la sua teoria e la sua pratica letteraria della sua
straordinaria modernità.
Questa coscienza può essere colta dando uno sguardo al complesso sistema di mediazioni
posto fra l’autore e la sua opera. Cervantes dà scherzosamente la responsabilità di ciò che è
narrato a un miscredente e mago: Cide Hamete, che ha a disposizione l’immensa distanza
tra attendibilità e inattendibilità, mentre il secondo autore (Cervantes) può comportarsi da
relatore irresponsabile o da critico che contesta le affermazioni della sua fonte.
Questo sdoppiamento dello scrittore offusca la crisi tra Rinascimento e Barocco: in prima
persona, Cervantes è portavoce della poetica rinascimentale; invece, in veste di Cide, crea
personaggi e vicende barocchi del gusto dei contrasti.

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Don Quijote e Sancho dominano l’attenzione nella memoria dei lettori, ma è indispensabile
rendersi conto della struttura del Don Quijote: in quanto romanzo a schidionata, spesso
interrotto da inserti narrativi che a volte sono estranei alla trama e a volte vi si innestano.
Le modalità di inserzione variano: dal manoscritto ritrovato (come la storia del Curioso
Impertinente) a quello della narrazione fatta dal protagonista stesso dell’inserto (Historia del
cautivo). Questa diversità di inserimento dipende soprattutto dall’eventuale rapporto dei
personaggi con gli inserti della trama principale, che varia dall’essere occasionale,
sostanziale o addirittura nulla.
Fatto sta che nella seconda parte gli inserti sono più brevi e tutti collegati strettamente alla
trama principale.

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Per quanto riguarda i rapporti discussi tra il Don Quijote e la picaresca, la risposta è
sicuramente affermativa se si bada alla struttura: sia per la struttura a schidionata, sia per il
tema della ricerca dell’impiego e sia per l’itinerario attraverso la società contemporanea.
Viceversa, il procedimento degli inserti è di origine cavalleresca (ad esempio l’Orlando
Furioso). Questi, come abbiamo detto, sono più o meno intricati nella trama. Al limite c’è il
procedimento dell’entrelacement, che compone in mosaico una pluralità di vicende con lo
steso quoziente di funzionalità.
Col Don Quijote siamo al limite opposto, la storia del cavaliere e dello scudiero mantiene la
sua linearità (che può essere messa in pausa dagli inserti). Tuttavia, è raro che i personaggi
degli inserti si ritrovino una seconda volta nel romanzo.
I racconti inseriti sono funzionali per la tematica del romanzo, aventi tutti un elemento
comune: l’amore (tranne la storia del prigioniero). Una prima approssimazione potrebbe
essere, che tanti amori colmano il vuoto di sentimenti lasciato aperto dal culto fantastico e
cerebrale di Quijote per Dulcinea.
Possiamo dunque dire che gli inserti narrativi esprimono l’esigenza della REALTA’. Basti
notare come il romanzo si svolga su due piani: quello della realtà e quello dell’irrealtà
Chisciottesca.
Gli inserti stanno poi nel romanzo a rappresentare un’altra realtà: quella dello spessore
sociale. A Quijote e Sancho vengono accostati degli inserti rappresentati dalla nobiltà, dalla
proprietà terriera, dall’amministrazione e dal clero.

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Ma la realtà degli inserti ha ancora un’altra funzione. Il Don Quijote è una specie di galleria
di generi letterari del suo tempo: il romanzo cavalleresco (anche se in accezione
parodistica), il romanzo picaresco, il genere pastorale, il romanzo d’avventura, la novella, il
dialogo letterario e la poesia d’amore.
Tutta la storia del genere romanzo può essere vista come una serie di tentativi di mescolare
i vari tipi di romanzi: prima il ciclo arturiano con quello carolingio, poi il romanzo cavalleresco
e quello bizantino con quello sentimentale o con quello arcadico. Nel Don Quijote questa
mescolanza è invece una sospensione che lascia le sue componenti immutate. Cervantes
ha distribuito accortamente le sequenze appartenenti a vari generei senza che i tratti che li
caratterizzano venissero contaminati.
Il Don Quijote predilige quindi la combinazione e non la fusione dei generi letterari.
Si potrebbe dire che l’idealismo di Don Quijote è un’eccezionale stimolatore di realismo.
Ogni impresa di Don Quijote ha come teatro la distanza tra questi due estremi: la sconfitta
dell’eroe sta nella constatazione di quanto questa distanza sia per lui breve.
Il ricorso ad altri generi letterari mira pertanto a neutralizzare l’opposizione nobile-volgare,
nel senso che ci porta in un clima letterario con minori escursioni tonali.
Ma ciò che caratterizza il modo di procedere di Cervantes è la dialettica di intuizioni geniali e
di calcoli attenti. Calcoli e controlli appartengono all’ambito dell’acquisto e del codificato, del
Rinascimento al tramonto; intuizioni e invenzioni puntano con sicurezza verso l’incombente
Barocco.
Don Quijote si muove in uno spazio in cui lussureggiano il comico ed il grottesco, in cui le
figure perdono i loro contorni naturali, in cui fa irruzione una nuova sensibilità paesistica.
È significativo che nella seconda parte la deformazione della realtà non è più attribuita
esclusivamente alla follia di Don Quijote ma alla fantasia anche crudele dei suoi interlocutori,
come dire che la deformazione del reale è ormai atto ripetibile e difendibile.

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Cervantes ha dunque scoperto nel corso della stesura dell’opera una nuova misura delle
cose: l’ha registrata ma senza farla propria.
Lo schema a spirale individuato nei rapporti tra scrittore, personaggio, Cide Hamete (primo
autore) e opera, riappare nei rapporti tra realtà, verosimiglianza, sogno e invenzione di
nuove realtà.
Due spirali affini che permettono una moltiplicazione di prospettive e una dissimulata
sorveglianza.
Solo mantenendo una poetica Rinascimentale Cervantes poteva potenziare le sue visioni
Barocche.

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La follia di Don Quijote, cui genesi viveva nell’aver consumato per tanti anni romanzi
cavallereschi, gli ha causato “que del poco dormir y del mucho leer se le secò el cerebro…”.
I motivi della disapprovazione di Cervantes per i romanzi cavallereschi potrebbero essere
due: l’ignoranza da parte dei loro autori della norma aristotelica del verosimile; e le
lambiccature dello stile; in breve: l’offesa alla realtà dei fatti e dei discorsi.
Si tratta di opere che hanno ormai valore storico. La colpa di Don Quijote non è dunque
quella di leggere questi libri, ma di crederci, di credere possibili le avventure che narrano.
Libri che, nella sua follia, fanno sì che Don Quijote abbia dei modelli e schemi di
comportamento.
Don Quijote ha fatto davvero una formalizzazione dei possibili cavallereschi: ne dà esempio
quando racconta a Sancho episodi tipici della vita di un cavaliere che diventano quasi una
storia accaduta. Quindi Cervantes non stigmatizza tanto i libri cavallereschi quanto la
confusione della letteratura con la vita.
Ma Don Quijote è intriso di letteratura, soprattutto cavalleresca. E non solo la confonde con
la vita ma anzi la precede.
Don Quijote non medita sulle conseguenze delle sue azioni in un contesto del tutto
inopportuno. Di qui l’atteggiamento bivalente di Cervantes verso Don Quijote: Cervantes non
può condividere il sogno eroico di Don Quijote, seppur le cose in cui crede non sono affatto
ridicole, anzi nobilissime, ma non le commisura alla realtà.
Quindi possiamo dire che, il Don Quijote con i suoi inserti reali accoglie la letteratura come
evasione nel verosimile; ma con la vicenda principale la consacra come evasione
nell’irreale.
Sembra che la pazzia del Quijote, molto frequente appare, provenga da un precedente
diretto de l’Entremes de los romances, dove un povero contadino, Bartolo, a forza di leggere
romances si mette in testa di essere cavaliere.
Ma la pazzia di Don Quijote è specifica. Egli riprende la saggezza non appena il suo
interesse devia dalle zone pericolose al suo giudizio. È una segmentazione che riflette
quella degli episodi nella loro successione lineare.
Credo che la pazzia del protagonista sia, tuttavia, volontaria e vacillante. Ma Don Quijote
inventa un preciso procedimento logico per il ribaltamento illusione-realtà: la tesi
dell’Incantatore. Non è il cavaliere ad aver confuso i mulini con giganti, ma l’incantatore che
li ha fatti apparire tali.
Quelle di Don Quijote, soprattutto nella seconda parte, sono continue conferme che aspetta
dall’esterno (in particolare da Sancho) dell’essere creduto. Ma dopo dieci anni, è evidente il
mutamento del Quijote.
Se nella prima parte le avventure sono inventate da Quijote, che passa dall’esaltazione
all’impegno di rimediare ed il suo linguaggio è nobile o dimesso, ricercato o ispirato; nella

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seconda parte il contesto è diverso. Tutti i personaggi sanno dell’esistenza della prima parte
del romanzo, Quijote incluso, quindi le nuove vicende sono influenzate dalle precedenti, dato
che pone, oltre ai libri cavallereschi come influenze anche lo stesso di Cervantes, la prima
parte del romanzo stesso.
Nella seconda parte però avviene il declino della capacità di Don Quijote di trasformare la
realtà, che viene sostituito dalle macchinazioni altrui che i suoi interlocutori sfruttano per
usufruire della pazzia sua.
Quindi se nella prima parte Don Quijote si ingannava, nella seconda tende maggiormente ad
essere ingannato. Al personaggio mitico o comico deve essere sostituito un personaggio
tragico. Perché la volontà di credere non solo è delusa o frustrata ma ad un certo punto
esaurisce.
Già la terza ed ultima partenza del protagonista è circondata di ombre dell’inganno: le
adulazioni di Sanson CARRASCO, il salario chiesto da Sancho ecc. Ma l’evento che più
segna la seconda parte è la ricerca di Dulcinea. Evento che Sancho manipola sfruttando la
pazzia del cavaliere.

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Don Quijote e Sancho sono strettamente legati da un rapporto di complementarità:
importante è proprio la loro intercambiabilità, conferma dell’ordine combinatorio della natura
alternativa dei due caratteri.
In complesso, se Don Quijote si muove sulla linea della follia-saggezza, Sancho si muove su
quella di credulità-buon senso.
Tuttavia, durante tutto il romanzo si può assistere ad una Chisciottizzazione di Sancho, cioè
si impossessa dei meccanismi interpretativi di Don Quijote. Ciò è evidente nei capitolo 31
della I parte e 10 della II parte, dove vi è lo stesso contrappunto tra stilizzazione nobilitante e
realismo comico, salvo che i due si scambiano le tonalità.
Insomma, lo scudiero diventa il principale ingannatore del cavaliere. Ma Sancho inganna per
tirarsi d’imbarazzo e per scansare fastidi ingiusti o eccessivi che Quijote potrebbe causare.
Il mutamento principale di Sancho si realizza comunque sul polo del buonsenso, perché il
buonsenso si rivela vera e propria saggezza, specialmente nella seconda parte.
La connessione Don Quijote – Sancho Panza non è mai stata stretta come durante la loro
separazione. Panza il realista mette in atto una sapienza che Don Quijote porta sempre sul
piano astratto. Ma quando Sancho sta per prendere carica, è Don Quijote a dargli il suo DE
REDIMINE PRINCIPIS.
Antenato diretto di Sancho potrebbe essere lo scudiero Ribaldo della HISTORIA DEL
CABALLERO CIFAR. Ma la complessità umana porta piuttosto ad accostare Sancho alla
figura del BOBO, poi GRACIOSO del teatro cinque e seicentesco (i fools elisabettiani).
Il GRACIOSO, accentuando furbescamente una tonteria, riesce a dire le verità più profonde.
Rappresenta appunto la realtà naturale ignorata o repressa dai cerimoniali della convivenza
aristocratica.

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Di questi movimenti a spirale, uno è più importante di tutti. Don Quijote vede un bacile da
barbiere e decide che è un elmo. Per gli altri è un bacile e resta tale. Sancho, invece, con
brillante mediazione linguistica, lo battezza come BACIYELMO.
Questi sono i tre principali punti di vista che si intrecciano a spirale.
La corrispondenza tra prospettivismo della narrazione e quello linguistico è dimostrata in
modo definitivo, con alcune delle oscillazioni onomastiche, frutto della fretta e della
distrazione. Ora Cervantes, invece di correggersi, fa sue le contraddizioni, motivandole a
posteriori e introiettandole nel continuum narrativo. Dunque entra egli stesso nel gioco
mutevole delle prospettive, ne favorisce l’infinito moltiplicarsi.
Abbiamo visto che i caratteri dei due protagonisti si sono evoluti durante tutta la narrazione,
e l’autore ne è ben cosciente ovviamente. Soprattutto nel passaggio alla seconda parte, che
giustifica appellandosi al gioco di fiducia-sfiducia nei riguardi di Cide Hamete.
Il prospettivismo sussiste a livello dello scrittore, che sdoppiandosi trasferisce a un livello
ulteriore la fiducia-sfiducia, proprio come la follia-saggezza viene trasferita dal protagonista
allo scrittore e lettore.
Don Quijote è esattamente un prolungamento dell’esperienza intellettuale di Cervantes. La
storia della composizione del Don Quijote è quella dei percorsi sempre più ampi e fitti
scoperti in quest’area.
Cervantes sembra ancora legato ai codici rinascimentali, ma quando è in scena Don Quijote
spesso la norma non è più ordinata e concorde, ma cede al Barocco.
Il Barocchismo del romanzo è però prodotto della follia di Don Quijote. Cervantes sembra
ancora affezionato tuttavia alla stilizzazione, omogeneizzazione rinascimentali.
Dal realistico al bizzarro al grottesco, il passaggio è immediato. Tutto si deforma. In
particolare nella seconda parte, quando le avventure di Quijote sfiorano il fantastico.
La metafora teatrale inoltre domina tutta la seconda parte del romanzo. Per cominciare,
l’incontro col carro del Corteo della Morte. Poi c’è Maese Pedro con i suoi burattini. Gli
altorilievi trasportati dai contadini.
Le tre avventure teatrale si svolgono entro l’esperienza di Quijote e degli altri. La
ritualizzazione scenica sottolinea l’aspetto simbolico dei contenuti rappresentati, già
sottoposti a catarsi. Se poi vi è chi confonde realtà e rappresentazione, il corto circuito non
fuoriesce dallo spazio interiore.
Prima Don Quijote era vittima delle sue fantasie, ora è represso dalla fantasia altrui. Il
mondo è sfuggente perché illusorio. E quindi egli smette di essere un caso comico e diventa
un caso tragico, un Ognuno.
La vera nobiltà di Don Quijote si trova nel romanzo attorniata da elementi di estrazione
sociale molto assortita. Il risultato descrittivo è un panorama fedele alla Spagna di Filippo III
con al crisi demografica prodotta dalle guerre e dalla cacciata dei moriscos, la stasi
economica ecc.
Inventando il Don Quijote, Cervantes ha mostrato di saper cogliere la crisi ma anche di
avvertire che a lui scrittore mancavano proposte utopistiche stimolatrici.
Il mondo del romanzo è paragonabile quindi a una architettura Barocca, interrotta da
infrazioni classicheggianti.

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SECONDA CRITICA
José Antonio Marvall – Teatro, Festa e Ideologia in Epoca Barocca

La libertà di espressione nel teatro faceva sì che l’espressione del pensiero assuma
un’efficacia almeno temporaneamente superiore ad altre forme di espressione come il foglio
stampato. Infatti, l’efficacia di una storia narrata accompagnata da una rappresentazione
visiva acquisiva delle potenzialità di penetrazione e di assimilazione da parte del pubblico
molto maggiori, in modo tale da essere veicolo di UN MESSAGGIO COMPIUTO.
Il messaggio che quindi voleva impartire insegnamenti attraverso un palcoscenico allestito e
attraverso il potentissimo effetto del linguaggio parlato: aveva un' efficacia grandissima.
Infatti, il fine era spesso quello di ottenere una riforma o manipolazione ideologica della
mentalità degli spettatori.
In Spagna quando Cespedes diceva che il romanzo la commedia si proponevano come
uguale obiettivo quello di educare socialmente un pubblico, diceva sicuramente una cosa
giusta. Ad esempio, con il teatro di Lope o di Calderon ci accorgiamo che le opere di questi
ultimi erano traboccanti di ideologia politica mua e religiosa e che quindi ricercavano effetti
sui comportamenti sociali. Potremmo quindi definire il loro teatro un teatro calato
pienamente nella vita sociale che ricercava risultati precisi rispetto all'ordine della stessa.
Baltrusaitis sosteneva che nel periodo Barocco, il teatro e la vita fossero compenetranti
costantemente.
L’azione modellatrice del teatro che intende operare sulla realtà ci rivela ciò che bisogna
correggere nella società e, avvalendosi del suo carattere plastico, si propone di diffondere
quei comportamenti che dovrebbero essere propri di una data società.

Le opere in quell’epoca erano confezionate però su ordinazione e i grandi scrittori


lavoravano per il re, il governante: era teatro su commissione. Un teatro che doveva lavorare
per difendere ed esaltare la monarchia e per prestare appoggio all’ordine monarchico
signorile in pericolo.
Il teatro, grazie alla forza dell’immagine, finisce per diventare un grande strumento capace di
sviluppare il massimo di energia di captazione su vasti gruppi.
In particolare, il teatro Barocco aveva tutte le carte in regola per questo tipo di caratteristiche
perché il suo influsso si insinuava costantemente tra gli uomini attraverso un contagio extra
razionale in grado di smuovere le volontà.
Importante ruolo lo aveva il MOVIMENTO, la dinamicità dello spettacolo. Elemento che
andava a rappresentare una realtà in movimento, appunto, dinamica. Realtà che si
contrapponeva a quella fino a poco prima del Rinascimento, rigida e statica.
Perciò si andò a creare un conflitto energico che causò la diffusione di vari temi come quello
del MONDO ROVESCIATO, proveniente dal senso di angoscia causato dal conflitto.
Era, tuttavia, ovvio che i privilegiati come Lope e Calderon scegliessero accortamente di
servirsi del teatro per portare avanti una vasta campagna in favore dei poteri e del regime di
interessi ad essi collegato. Per questo è necessario sottolineare che, il teatro spagnolo
barocco non ha mai esercitato una funzione educatrice sul popolo, bensì esercitò una
funzione manipolativa. Non si fece carico di una missione educativa offrendo al popolo un
modo di pensare e di vivere intellettualmente consoni a farlo inserire nel nuovo mondo ma
fece esattamente l'opposto.

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Le commedie spagnole del periodo alimentavano infatti lo stereotipo ideologico atto ad
esercitare su una popolazione di massa un'attrazione forte a tal punto da essere sfruttata
orientando l'adesione e l'appoggio delle masse stesse.
Il teatro era quindi il grande alleato della monarchia e del regime dell' assolutismo
monarchico signorile su cui questa poggiava. Un teatro di propaganda quindi, del quale la
funzione propagandistica rappresentava nelle manifestazioni del barocco una componente
inseparabile. Facile è intuire che l'obiettivo fosse quello di contenere le innovazioni
dell'ordine e della struttura sociale giudicate pericolose. Si temeva infatti di avere dinanzi agli
occhi l' impressionante rappresentazione dello sgretolamento sociale.
Anche nel 1700 lo spettatore del teatro era altamente contrassegnato dalla preoccupazione
di regista, ma in quel periodo si trattava di un dirigismo in certo qual modo di segno opposto,
un dirigismo riformatore, che reclamava partecipazione per compiere l'impresa di educare la
gente in vista di un futuro modello di vita più raccomandabile, un dirigismo istruttivo e
stimolante.
Lope era impegnato come molti nella propaganda del tipo di teatro propagandistico. Tuttavia
egli sapeva benissimo che quella generale tendenza alla conservazione della società
tradizionale non era sicura. Di conseguenza, quasi tutta la sua opera affronterà problemi di
stratificazione sociale e di gerarchie del potere.
Calderón ne “La vida es sueño” non esiterà a chiamare coloro che si sollevano contro il re
banditi e plebei, coloro che vanno sottomessi. E siccome non era facile piegare questi
individui, era necessario rafforzare un'altra parte del popolo, in particolare quelli che
detenevano una certa influenza ossia i lavoratori e mercanti ricchi.
Timori simili si attesta fossero percepiti anche in Inghilterra virgola in Francia ed in Italia.
Tuttavia come il Conte duca di Olivares riteneva: non si poteva costantemente ricorrere alle
armi e nemmeno alle leggi repressive che non erano sempre efficienti. Egli infatti pensò alla
possibile istituzione di un certo tipo di onore, usato come strumento di integrazione che
arrivava a tal punto di dar concretezza alle premesse per un progetto di ordine della banda.
Era necessario quindi creare un'opinione, uno stato d'animo che aiutasse a far fronte a
circostanze di questo tipo, dove la legge non arrivava. E ciò si poteva ottenere solo con la
festa teatrale. Chiaramente dovrà sempre veicolare un componente di divertimento, ritrovato
nell'invenzione lopesca del GRACIOSO, che costituiva una doppia personalità di pazzo e
buffone che però attraverso il riso esprimeva alcune verità.
Un altro metodo per ottenere effetti di forte impatto era quello di attingere al violento ed al
brutale. Una combinazione di queste varietà delle menti che aumentava e complicava gli
elementi messi in gioco potenziando le funzioni proprie del distrarre le masse.
Naturalmente non cessarono di esistere anche le feste private e familiari, o quelle di
carattere tradizionale, celebrative e commemorative. nella festa pubblica barocca si puntava
precipuamente all' ostentazione spinta però ha un limite tale che più che divertire intendeva
stupire.
Ma questa festa popolare poteva anche essere dolorosa ed edificante, una festa che
invitava il popolo, secondo la dottrina cristiana, alla penitenza attraverso processioni che
erano mirate al disfarsi delle colpe dinanzi a Dio.
In linea di massima, con l'organizzazione di questi festeggiamenti si voleva indubbiamente
distrarre il popolo dalle sue difficoltà, dalle sue miserie, volendolo stordire ed attrarre allo
stesso tempo, cercando un sentimento di adesione extra razionale verso coloro che hanno
la facoltà di ordinare tanto splendore o tanto svago.

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Attraverso queste rappresentazioni ed esibizioni si voleva far penetrare nelle coscienze,
interiorizzato non attraverso il ragionamento ma attraverso l'adesione affettiva e una
passione che trascinasse la volontà.
Per raggiungere un simile scopo era di somma efficacia una processione di tipo edificante,
in questo modo diventa uno spettacolo le esecuzioni dei condannati a morte che venivano
allestite in grandi piazze affinché vi potesse assistere un gran numero di persone. Ma
l'elemento forse più sorprendente di queste feste della violenza e del dolore era riscontrabile
nelle processioni lungo le strade cittadine con effetti che incutevano terrore e compiacenza.
In queste cerimonie, l'importante era contemplarle dal punto di vista dell'osservazione del
pubblico punto era infatti una festa contemplativa, che si differenziava da quella
partecipativa perché in questa i partecipanti vi interagivano. Nella festa contemplativa, il
pubblico era ammassato per vedere fuochi, corride e sfilate, ma non aveva un ruolo attivo.
Tutte queste caratteristiche le ritroviamo nel teatro barocco. Un teatro che offriva altre
possibilità, un impatto sulle persone che era molto forte e comunque su un numero di
partecipanti elevato.
Un teatro che permetteva di far scorrere dinanzi agli occhi di chi vi assisteva le invenzioni
che rispecchiavano così bene il gusto dell'epoca.
Sulla scena si svolgeva con intenti dottrinali e di contagio emotivo un'azione che metteva
allo scoperto la grandezza della figura del re e la legittimità della società gerarchica,
appoggiandosi in definitiva sull’antichissima concezione didattica dell'exemplum.
La pittura ed architettura collaboravano in parte a questo disegno ma il teatro aveva il
vantaggio di disporre di una visione dinamica del proprio messaggio. [Aggiungo io Luca: una
visione di cui anche Wilde parlerà nel suo The Critic as artist, elogiando le arti come il teatro
e la letteratura in quanto più potenti di quelle statiche come la scultura e la pittura].
Per concludere, la finalità perseguita da un punto di vista politico andava ben oltre
l'opportunità di distrarre il popolo per fargli dimenticare i dispiaceri. Lo scopo principale era
quello di realizzare in maniera efficace calcolata e programmata la trasmissione di cui
l'ideologia conservatrice immobilista in virtù della quale poter garantire la permanenza delle
masse popolari nella composizione della società gerarchica. Una tesi che lo stesso Giacomo
I Stuart in Inghilterra abbracciava.

TERZA CRITICA
Leonardo Romeo Tobar – Interpretazioni del Romanticismo Spagnolo

Si può essere sicuri del fatto che per quanto riguarda le basi teoriche del romanticismo
spagnolo, all’influsso iniziale storicista si aggiunsero altri vari stimoli europei: l’idealismo
hegeliano, il criticismo heiniano, il revivalismo britannico a favore del gotico e la
immaginazione come matrice creativa, e infine l’anti-accademismo dei giovani romantici
francesi.
Persino la parola “Romanticismo” in Spagna subì un’evoluzione differente: un’evoluzione del
termine che inizialmente era “Romanesco” per categorizzare i RELATOS di storie inventate.
Il termine convisse con il nuovo “Romantico” fino agli anni ’30 del 1800, per poi essere
soppiantato da quest’ultimo.
1. Romanticismo come costante storica
Peers sostiene, in una delle sue maggiori tesi, la permanenza del romanticismo come
costante nella cultura spagnola.

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Aubrun, invece, sostiene una schematizzazione del Romanticismo in 4 FASI. (due di
Revivalismo, la terza della Rivolta e la quarta dell’Ecletticismo), fasi successivamente
rifiutate dalla critica posteriore.
2. Eterogeneità e unità del Romanticismo
René Wellek sottolinea tre aspetti sostanziali della letteratura romantica:
-La concezione di una natura organica che deriva dal neoplatonismo
-L’idea di una immaginazione creativa con simili antecedenti
-La comprensione del linguaggio poetico romantico come trama dei miti e dei simboli
trascendenti
Altri critici del Romanticismo hanno schematizzato, invece, due tipi di Romanticismi: uno
Conservatore e l’altro Liberale, in base alle ideologie politiche degli esponenti.
I critici della Restaurazione e Menéndez Pelayo hanno invece suddiviso secondo altri criteri i
romantici:
-Romanticismo storico nazionale, con a capo il Duque de Rivas
-Romanticismo soggettivo o Byroniano, con a capo Espronceda.
Vicente Llorens, ancora, parla del Romanticismo spagnolo come trasposizione degli autori
spagnoli in esilio in paesi come Inghilterra, Francia o Germania; ma anche da gli stranieri
che parteciparono agli eserciti della Guerra di Indipendenza stesso nella penisola. Uno dei
più celebri e influenti: Böhl de Faber.
Le vicende politiche e belliche del primo terzo del secolo cambiarono strutturalmente la
società spagnola, che si iniziava a distaccare dalle strutture dell’Antico Regime e si dirigeva
verso la modernità.
3. Rottura o continuità tra Ilustraciòn e Romanticismo
Sebold sosteneva una continuità tra la cultura Barocca e quella Romantica, arrivando a
sostenere una sorta di inesistenza del Romanticismo della maggior parte del secolo, che
secondo lui si sviluppa solo alla fine dello stesso.
Altri studi ancora parlano di una Ilustraciòn Romantica, che definiscono il Romanticismo
Spagnolo come una Atrofia dell’attività letteraria peninsulare.
Per concludere, sarà Friedrich Schlegel a dare inizio alle formulazioni della nozione
tipologico-letteraria del termine “Romanticismo”, nel 1789.

PECULIARITA’ DEL ROMANTICISMO SPAGNOLO


I grandi TOPICI nell’interpretazione del romanticismo spagnolo sono stati 2:
-la relazione di dipendenza o rottura con l’Illustrazione
-la dipendenza da modelli artistici stranieri
L’interpretazione della Generazione del ’98 parte dalla tesi che il romanticismo spagnolo era
solo quello della generazione di Baroja e Unamuno.
Sebbene gli storici della letteratura abbiano contemplato il tessuto romantico alla luce dei
fatti storici, nella sua considerazione è prevalsa la proiezione delle ideologie politiche della
collettività.
I viaggiatori stranieri al passaggio in Spagna, percepivano una cultura tradizionalista le cui
radici arrivavano al fondo dell’Antico Regime.
Tuttavia, delle caratteristiche generiche del Romanticismo occidentale, troviamo delle tracce
negli scritti spagnoli di una nuova idea di immaginazione. L’idea dell’immaginazione come
una nuova forza creatrice indipendente dalle percezioni sensoriali è uno dei grandi apporti
alla poetica romantica che, sebbene non originaria della Spagna, trovò accettazione
soprattutto in autori come Blanco.

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Un’idea dell’immaginazione che si evolve dalle concezioni di Fichte e Schelling e nelle
rielaborazioni di Schlegel.
I simboli della cultura romantica erano, tuttavia, anche altri. Ad esempio, l’archetipo del
Fuorilegge emarginato e marginale che però sostituisce la giustizia. Archetipo che prende un
po’ piede sia dai testi letterari del siglo de Oro, sia a causa delle circostanze politiche e
sociali post 1814.
IL ROMANTICIMO SPAGNOLO NELLA PERIODIZZAZIONE DELLA STORIA LETTERARIA
I due cammini utilizzati per la periodizzazione del romanticismo spagnolo sono stati:
o quello delle date emblematiche
o quello del suo aggancio nel continuum storico culturale del diciannovesimo secolo.
Secondo il primo approccio, le date proposte per l'inizio del movimento sono state 1833-34
(morte di Ferdinando VII e cambio di regime politico con ritorno degli emigrati) oppure 1828
(morte di Goya e Moratìn). Restringendo la proposta di una breve sequenza di non più di 15
anni di piena egemonia del fenomeno romantico, Peers si limitava addirittura in un triennio
1834-1837. Secondo altri, invece, si tratta di un decennio; per altri ancora 15 anni.
Secondo il secondo approccio, considerando anche il romanticismo come evoluzione della
cultura della Ilustraciòn e quindi pre-romantica, si vede il movimento romantico come una
consolidazione della categoria del post-romanticismo, che secondo alcuni critici si
inaugurerebbe intorno agli anni 40 – 50.
In merito a ciò, alcuni studiosi hanno segnalato relazioni addirittura tra Romanticismo e
Realismo.

II – I codici del Romanticismo Spagnolo


Il particolare Romanticismo Spagnolo non fu un fenomeno distinto dalle altre letterature
europee, ossia, la sua relazione con i fenomeni sociali e culturali lo conforma come
accadimento storico dotato di caratteristiche specifiche che possono spiegare la sua
“anomalia”.
EL MEDIO SOCIAL
Molti studiosi hanno sostenuto la realtà del cambio di strutture economiche e sociali della
Spagna nella prima metà del secolo. Una volte assestate le basi del moderno Stato Liberale
(1884) gli artisti della generazione romantica andarono mano a mano integrandosi nel
tessuto del potere del tempo, producendo un processo accattivante di disattivazione delle
loro inquietudini giovanili attraverso la creazione letteraria.
La situazione del cambio sociale vissuta dal paese spiegherebbe le varie vie di rottura e
novità che comporta il Romanticismo spagnolo e la mentalità tradizionalista che soggiace
nelle sue manifestazioni.
1. Emigrazione, cultura provinciale e vita quotidiana
L’emigrazione fu un importante fenomeno di trasmissione di nuove tracce culturali e
letterarie. Gli spagnoli della seconda e terza decade conobbero la vita inglese e francese,
assimilandola insieme a valori morali e tendenze artistiche.
La comunicazione francese e la italiana furono due variabili fondamentali per questo
processo di influenze.

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Le feste pubbliche e le commemorazioni e la presenza dei vari teatri furono manifestazioni
della cultura Collettiva del XIX secolo, alle quali si aggiunse la lettura come atto di scelta
individuale ed esercizio proiettivo dei propri demoni interiori.
2. Relazione tra società spagnola e altre società
L’apertura Spagnola a manifestazioni letterarie contemporanee è più intensa e stimolante.
Dalle letture in lingue originali alle traduzioni massive delle Novelas di Scott, il teatro di Hugo
e i testi di Manzoni; Balzac e Heine. Tra queste, la Francia fu la tappa intermedia per la
diffusione della cultura romantica tedesca.
La curiosità che lo spagnolo suscitò negli europei si riflette nella scoperta affascinante di
Calderon, il Romancero e la Pittura Spagnola. Ma una costruzione immaginativa che risultò
interessante per gli intellettuali europei fu l’ORIENTALISMO SPAGNOLO, ossia, l’Arabismo
Spagnolo che vede nella figura di José Antonio Conde un pioniere che con la sua “Historia
de la dominacion de los arabes en España” proporzionò agli scrittori romantici una valida
fonte di informazioni storiche.

LAS BELLAS ARTES


La mutazione storica che si visse nel passare dei secoli ebbe effetto anche sulla funzione
sociale delle Belle Arti e sul ruolo che nell’Antico Regime si attribuiva all’Artista.
Le persone erano molto più propense ad acquistare opere d’arte, intensificando così il
fenomeno del COLLEZIONISMO e delle prime opere di RECOPILACION.
Questo clima di Mercantilizzazione dell’opera d’arte rese possibile la riflessione sul ruolo
dell’Artista come genio escluso.
1. Medievalismo e Pittura Spagnola
La poetica delle Rovine fu una TALLER di sperimentazione. Gli stimoli letterari che Walpole
apporto allo stile Gotico, la lirica di William Blake, i saggi sulla bellezza pittoresca di Gilpin,
erano successive manifestazioni della cultura Illustrata che spianarono il cammino alla
cultura romantica.
La scoperta dell’arte medievale e dei popoli orientali (Egitto e India) contribuì al grande
sviluppo del prima tema storico che determina il fare degli artisti spagnoli del XIX secolo.
2. Nuove tecniche
Le innovazioni tecnologiche nella riproduzione delle opere plastiche (litografia e fotografia)
ebbero una rapida diffusione in Spagna.
Nel caso della fotografia, essa ebbe complesse implicazioni. In primis, in quanto di matrice
scientifica. In secondo luogo, per la posizione che si assumeva di fronte alla imitazione della
realtà al tempo. Infine, perché molte fotografie non sono altro che rielaborazioni di opere.
LA SCIENZA
Quasi tutte le circostanze storiche-politiche mettevano in difficoltà la pratica scientifica del
tempo e, di conseguenza.

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Tuttavia, la scienza che ebbe maggiore esito fu la Medicina. Determinati rami della stessa
svilupparono ampliamente in Spagna, sommandosi al prestigio internazionale nel campo.
LETTERATURA E FOLCLORE
Nel corso del XIX secolo, le relazioni tra folclore e creazione letteraria furono più intense che
nel secolo precedente. Si può considerare quelle che vengono chiamate LEYENDAS,
termine che si riferiva a narrazioni fittizie tra i romantici, che passò a significare poi “relato
scritto proveniente da una tradizione popolare”, fino ad arrivare alla concezione di “relato
fantastico di tradizione orale”.
Un caso esemplare è quello di José Zorilla. I suoi Romance e le sue Leyendas giovanili
furono percepiti dai lettori come una variante artistica della poesia popolare. Anche il Duque
de Rivas nei suoi Romances Historicos e alcune sue opere teatrali fece uso di materiale
folclorico.
Caratteristica stilistica di questi racconti era la appellazione al ruolo di trasmissore che
disimpegna la voce narrante, la formula più celebre era “como me lo contaron te lo cuento”.
(Estudiante de Salamanca).
Alcuni testi, però, non incorporano materiale folclorico diretto, bensì lo lavorano attraverso
motivi standard. Il “Relato” però è quello che più ampiamente vi attinge direttamente.
IL CODICE LINGUISTICO
La lingua parlata dagli spagnolo fu un mezzo abbastanza sensibile per la captazione di tutti i
cambi del secolo. La necessità di un nuovo vocabolario politico-morale per riferirsi ai
problemi sorti nel periodo ad esempio.
Linguaggio poetico e politico furono due poli le cui incidenze sulla norma della lingua
standard si fecero notare.

1. L’idea di Stile
Ci fu una polemica purista e casticista che attraversò il XIX secolo. Questa si inserisce nella
differenza tra coloro che concepiscono il linguaggio come statico e chi come dinamico.
L’ipotizzato cambio linguistico era in funzione di ciò.
Tuttavia, si vedeva in Cervantes (Cervantinismo) in quanto emblema della prosa del Siglo de
Oro, il maggiore momento di pienezza della lingua castigliana.

2. Parole e idee, parole e cose


Gli aspetti linguistici dell’epoca più studiati sono quelli che permettono di disegnare il profilo
politico e sociale del secolo.
L’impulso neologista della Ilustraciòn si prolunga durante la prima metà del XIX secolo però
con una definita rete di preferenze. Maggiore attenzione fu data al linguaggio lessico della
affettività e immaginazione, per illuminare attitudini collettive e individuali dell’attività
letteraria.

3. L’espressione della prossimità colloquiale


I poeti del gruppo ESPRONCEDIANO realizzarono saggi per trasporre le convenzioni
proprie del linguaggio colloquiale al fare poetico dei poemi narrativi.
Però furono i testi periodici e teatrali che maggiormente offrono possibilità di captazione
della situazione linguistica colloquiale.
Ad esempio, “La Comedia Nueva” di Moratìn era servita per alcune edizioni bilingue di
metodo di lingua spagnola per parlanti tedeschi e francesi. Questo diventò una caratteristica
definitrice dello stile drammatico del teatro che si andava presentando sempre più semplice
e quotidiano però senza rinunciare le sue prerogative letterarie.

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4. Lingua e Stile
Un significativo processo tipico della letteratura romantica fu la ricostruzione artificiale di un
linguaggio arcaico medievale, che garantiva per i testi storici, ad esempio, una maggiore
verosimiglianza.
Il linguaggio poetico si carica di ricche metafore che si producono direttamente rispondendo
alle esigenze del misticismo del Siglo de Oro.
Ma anche il linguaggio scientifico si fece strada nella produzione poetica, in particolare la
scoperta dell’Elettricità, intensificò l’immaginazione poetico-letteraria.
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