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Don Quijote - Don Chisciotte ("falsi amici" 3)

Come ho già indicato in precedenza nel confronto fra illusione e "ilusión", ma


anche scrivendo su "lo siento", è possibile incontrare dei falsi amici concettuali,
per così dire, ovvero dei termini che divergono nel loro significato sostanziale,
pur apparendoci molto simili.

Forse lo spagnolo "Don Quijote" e l'italiano "Don Chisciotte" non sono veri e
propri "falsi amici", chissà, ma esiste comunque una discrepanza fra i due, che mi
sembra interessante sottolineare.

In italiano esiste uno specifico aggettivo "donchisciottesco", che viene impiegato


variamente come sinonimo di incomunicabilità, di velleitario, anacronistico,
incomprensibile ai più, comico, immaturo, visionario, e perfino fantozziano.

Da ciò si può dedurre facilmente quale sia l'italico approccio alla figura creata
dalla penna mirabile di Cervantes: una sorta di sciocco (o pazzo) che va alla
carica dei mulini a vento sulla groppa di un ronzino! Insomma, un personaggio di
cui ci si può soltanto burlare.

In Spagna e nel mondo di lingua spagnola, ma anche altrove, le cose stanno un pò


diversamente.

Prima di tutto ecco due riferimenti, che sono rivolti in particolare ai miei
lettori più di sinistra: la prima mossa editoriale del governo rivoluzionario
cubano nel 1959 capeggiato da Fidel Castro fu la pubblicazione di un'edizione
economica in centomila copie del "Don Quijote" -- prima di qualunque libro di
Marx, di Lenin o di José Martí. L'altro è la recente pubblicazione (2007, se non
ricordo male) in Venezuela di una versione ridotta del libro di Cervantes,
finalizzata a consentire a un ampio pubblico, magari poco avvezzo a leggersi un
tomo di varie centinaia di pagine, una prima conoscenza del "Don Quijote".

E se poi vediamo il dizionario inglese online "allwords", ecco tre definizioni di


"Quixotic":
1) Colui che possiede o agisce col desiderio di compiere atti nobili e romantici,
senza curarsi se ciò sia realistico e practico.
2) impulsivo.
3) Come il Don Quixote; romantico fino a essere stravagante; assurdamente
cavalleresco; prono alla delusione.

Non è difficile riscontrare una diversa enfasi, che comprende l'attribuzione di


valori positivi a questo cavaliere.

E allora di cosa parla questo libro?

Il titolo completo di questo romanzo è "El ingenioso hidalgo don Quijote de la


Mancha", è la più importante opera letteraria dello scrittore spagnolo Miguel de
Cervantes Saavedra, e una delle più rappresentative della letteratura mondiale. Vi
si mescolano elementi del genere picaresco e del romanzo epico-cavalleresco.

Fu pubblicato in due volumi a distanza di dieci anni l'uno dall'altro (1605 e


1615), è l'opera principale del Siglo de Oro e il più celebrato romanzo della
letteratura spagnola. Fu tradotto rapidamente in numerose lingue.

Il protagonista della vicenda è un hidalgo cinquantenne, Alonso Quijano,


morbosamente appassionato di romanzi cavallereschi. Le letture lo condizionano fino
a trascinarlo in un mondo fantastico, e lo convincono di dover rispondere al
proprio destino di diventare un cavaliere errante. Così si mette in viaggio, come
gli eroi dei romanzi, per difendere i deboli e riparare i torti. E in tale
trasformazione don Alonso diventa il cavaliere don Chisciotte della Mancia e inizia
a girare per la Spagna.

Come ogni cavaliere, Don Chisciotte ha bisogno di uno scudiero, e a tale scopo
trascina con sé un contadino del posto, Sancio [in spagnolo: Sancho] Panza, cui
promette il governo di un'isola.

Analogamente, Don Chisciotte sente la necessità di dedicare a una dama le sue


imprese. Lo farà scegliendo Aldonza Lorenzo, una contadina sua vicina, da lui
trasfigurata in una nobile dama, che chiama Dulcinea del Toboso.

Ma la Spagna del suo tempo ormai non ha più bisogno né della cavalleria né delle
vicende dei romanzi picareschi, e per l'unico eroe rimasto le avventure sono
scarsissime.

L'ostinazione visionaria di Don Chisciotte lo spinge a leggere la realtà con altri


occhi. Nella sua immaginazione i mulini a vento diventano giganti dalle braccia
rotanti, i burattini si fanno demoni, le greggi di pecore si trasformano in
eserciti nemici. E combatte questi avversari immaginari risultandone sempre
sconfitto, e suscitando l'ilarità delle persone che assistono alle sue gesta.
Sancio Panza, del resto, appare talvolta come un alter ego razionale del visionario
Don Chisciotte, mentre in altre occasioni si lascia convincere delle ragioni del
padrone.

Tuttavia in questa storia Don Chisciotte acquista uno spessore, si fa personaggio


complesso e perde il connotato puramente comico; il romanzo diveta molto di più di
una parodia o di un romanzo eroicomico.

Infatti il cavaliere "folle" mostra al lettore i problemi di fondo dell'esistenza,


la delusione di fronte a una realtà che annulla l'immaginazione, la fantasia, le
proprie aspettative, la realizzazione di un progetto di esistenza con cui l'uomo si
possa identificare.

Non sono cose difficili da comprendere, né turbamenti ai quali siamo estranei anche
oggi, a distanza di centinaia di anni.

Nel Don Chisciotte ogni cosa è interpretabile variamente, fino a perdere ogni
concezione della realtà. Nell'opera di Cervantes c'è una dimensione tragica perché
cose e parole si disgiungono: le vicende cavalleresche ormai sono parole vuote, ma
Don Chisciotte a causa della sua "pazzia" non se ne accorge. La sua pazzia è un
modo di vedere il mondo con occhi diversi, non più offuscati.

Insomma, Quijote è un uomo con i difetti e le qualità comuni a tanti uomini vissuti
anche prima e dopo di lui.

Questa caratteristica ne fa una figura universale, uno di quei ritratti a tutto


tondo che illustrano -- come hanno saputo fare alcuni autori greci e latini, e
grandi uomini del Rinascimento come Shakespeare e Dante o Boccaccio, o Cervantes
appunto -- le caratteristiche fondamentali e invariate degli esseri umani.

Noi non siamo "uguali" nel senso che siamo tutti dei cloni identici di uno stesso
modellino, ma condividiamo tutti determinate caratteristiche, quelle che ci fanno
essere uomini -- o donne, perché c'è una bella differenza fra le une e gli altri --
nell'arco di secoli e millenni, a distanza di migliaia di chilometri, su continenti
diversi e in condizioni di vita profondamente variate.

Non importa chi siano i governanti, quale sia la religione (o l'ideologia) al


potere, e quali siano le condizioni di vita, gli strumenti di comunicazione, o i
mezzi espressivi di cui disponiamo -- le nostre aspirazioni restano le stesse dei
nostri lontani antenati, quelli che non avevano ancora inventato la scrittura, e
che potevano solo comunicare a voce le proprie sensazioni e manifestare sentimenti
e desideri. Fondamentalmente, gli esseri umani sono mossi anche oggi da impulsi e
aspirazioni primordiali, certo articolati in forme espressive complesse, e
soprattutto mediante strumenti di nuova tecnologia -- gli antichi non avevano né
radio, né TV, né smartphone, viaggi e comunicazioni erano lenti e difficili.

Cervantes coglie questa universalità e le dà forma in Quijote. E' vero: si tratta


di una figura tragica e disperata, ma alcune delle sue qualità, dalla sua nobiltà
d'animo al suo amore semplice e profondo per una donna, dal suo desiderio di fare
qualcosa di importante per lasciare un segno nel mondo all'incapacità di vedere
tutto lo schifo che lo circonda (che è in effetti la capacità di continuare sul
proprio cammino senza farsi distrarre da ciò che non è davvero importante) -- sono
esattamente degli universali umani, costituiscono parte dell'essenza della natura
umana.

Vale la pena di ricordare che Cervantes era lui stesso una figura ricca di storie
personali, non un mero scriba capace di lavorare di fantasia.

(Prima pubblicazione: 11 Feb 2013, rieditato 10 Ott 2013)

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