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L=EVOLUZIONISMO
NELL=ATTUALE DIBATTITO FILOSOFICO
(pubblicato in Il Cannocchiale, gennaio-aprile 2000, pp. 177-192)
V. MARCOZZI, Alla ricerca dei nostri predecessori, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo
1992, p.7.
Carlo Linneo, svedese, stabil come unit fondamentale la specie biologica, la quale
sarebbe designata da due termini latini, i quali stavano come il genere e la Adifferenza
specifica@. Stabil anche una tassonomia generale (regni, classi, ordini; ai quali dopo si
aggiunsero i tipi o phyla e le famiglie, e che si potevano anche dividere con prefissi in
super- o sotto- gruppi).
7
ACuvier also argued that the anatomical characteristics distinguishing groups of animals
are evidence that species had not changed since the Creation. Each species is so well
coordinated, functionally and structurally, that it could not survive significant change. He
further maintained that each species was created for its own special purpose and each
organ for its special function. In denying evolution, Cuvier disagreed with the views of
his colleague Jean-Baptiste Lamarck, who published his theory of evolution in 1809"
(ibid.).
dall'altro, una teoria per spiegare la genesi delle nuove specie, sia quelle animali sia
quelle vegetali, per filiazione diretta e continua. Gli individui variano, di questi soltanto
prevalgono i meglio adatti alle circostanze; cos, l'agente che forma le nuove specie la
selezione naturale.
La principale differenza della proposta di Darwin rispetto al "lamarckismo" risiede nel
fatto di fare riferimento soltanto a dei fattori esterni e casuali per spiegare l'origine delle
specie: la lotta per l'esistenza e la selezione naturale. Darwin matur la sua teoria dopo il
suo celebre viaggio intorno al mondo sul vascello Beagle. Darwin segu, applicandola
alla biologia, la teoria geologica dell'attualismo del Lyell (in contrasto con il
catastrofismo di Cuvier), secondo la quale ci sarebbe una successione di cambiamenti
graduali, dovuti ad una lenta evoluzione della terra. In base alle sue osservazioni sulle
variazioni delle specie secondo il luogo geografico, e anche lungo il tempo (nei fossili
dei vari strati geologici), si convinse che le specie si erano dovute evolvere gradualmente
nel corso di ampi periodi di tempo. D'altra parte, avendo letto il Saggio sul principio
della popolazione di Thomas Malthus (1766-1834), applic alle specie viventi il
concetto, applicato da Malthus alle popolazioni umane, della lotta per la sopravvivenza,
nella quale prevalgono gli individui pi dotati, che trasmettono ai discendenti delle
caratteristiche ereditarie in questo senso. Da ci scaturisce un continuo perfezionamento
della specie. Questa lotta per la sopravvivenza sarebbe il principio della cosiddetta
selezione naturale (concetto preso in prestito a sua volta dall'allevamento di piante ed
animali, dove si compie una selezione artificiale da parte dell'uomo).
Darwin si oppone, cos, al fissismo. Le specie variano costantemente, si trovano in
transizione verso forme pi evolute. Le variazioni individuali si accumulano nel corso
delle generazioni successive, e portano gradualmente alla formazione di nuove specie.
Ai tempi di Darwin non si conoscevano le leggi dell'ereditariet, n quelle della
variabilit. Queste furono scoperte dal monaco benedettino Gregor Mendel, nel 1886, il
quale port alla scoperta dei geni, e alla nascita di una nuova scienza: la genetica. Quasi
contemporaneamente, il botanico Ugo de Vries scopriva il fenomeno delle mutazioni,
cio il fatto dell'apparire spontaneo di caratteri nuovi, capaci di essere trasmessi ai
discendenti. Queste mutazioni si devono a dei cambiamenti di geni, ai quali
corrispondono certi caratteri. Su questi cambiamenti si attuerebbe, secondo i darwiniani,
la selezione naturale. L'ambito delle mutazioni fu studiato pi sistematicamente da
Thomas Morgan con i famosi esperimenti sul moscerino Drosophila melanogaster,
pubblicati nel 1911. Nel nostro secolo si riusciti ad identificare i geni come segmenti di
DNA, la cui struttura a doppia elica, scoperta da Watson e Crick, costituisce i cromosomi
che si trovano nei nuclei delle cellule. Nei cromosomi, pertanto, risiede il codice genetico
che determina i caratteri ereditari di ciascun essere vivente. Questo codice si replica nella
divisione cellulare, e tende verso la stabilit, sebbene possa dare luogo a "errori di
trascrizione", i quali spiegano le mutazioni.
All'inizio, la teoria delle mutazioni provoc una crisi del darwinismo, perch era messo
in discussione il gradualismo evolutivo (in base alla teoria genetica, sembrava che era pi
giusto parlare di un evoluzionismo per salti). Ma dopo, con l'integrazione della genetica e
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dell'evoluzione (perch senza di essa non ci sarebbe la trasmissione dei caratteri mutati),
non sufficiente a spiegarla. Per questo si deve dire che ancora oggi non si conoscono le
cause sufficienti dell'evoluzione, bench se ne conoscano gli effetti. Siamo, cos, ancora
nell'ordine delle congetture al riguardo.
D'altra parte, si pu osservare che, nel processo evolutivo, si segue un ordine inverso a
quello che corrisponde ad un sistema naturale caotico, cio la legge dell'entropia (vale a
dire, la tendenza ad accrescere il grado di disordine). Non sembra che si possa spiegare
questo fatto con il ricorso alla selezione che sfrutta i "passi indietro" di qualche
mutazione vantaggiosa per portare avanti il processo evolutivo (come sosterrebbe J.
Monod). L'ordine non pu essere spiegato dal disordine o dal caos.
Sembra, pertanto, necessario l'appello a certi fattori interni nel processo evolutivo, come
proponeva gi Lamarck. Si pu stabilire un'analogia con l'evoluzione di un singolo
vivente, nelle fasi dell'ontogenesi o nello sviluppo dell'organismo lungo la sua vita. C'
un principio che ordina tutto il processo, il quale non solo materiale (il codice genetico)
ma anche formale (l'anima come principio vitale). Questi fattori interni dovrebbero essere
di tipo causale, e non solo di causalit efficiente, ma anche di causalit finale (cio, di
tipo teleologico). Contemporaneamente, oggi ci sono degli autori che sostengono il
concorso di fattori ambientali nel processo evolutivo (vgr. Berg, Osborn). G. Minelli
afferma che si sono fatti esperimenti che proverebbero l'ereditariet dei caratteri acquisiti:
"la possibilit di un trasferimento di informazioni del soma al germe tutt'altro che
un'ipotesi aleatoria, gi un fatto sperimentato"12.
Il problema che oggi in genere gli scienziati sono un po' contrari al ricorso del principio
di finalit, il che condiziona l'indirizzo della scienza, soprattutto nell'ambito del vivente,
verso il meccanicismo e il materialismo. Ma anche oggi ci sono alcuni scienziati che
propongono il recupero di questo principio nel contesto scientifico13. Infatti, esistono nei
processi evolutivi e nei viventi molti fenomeni che non si possono spiegare ricorrendo al
puro caso: "non si pu logicamente ammettere che mediante una lunga serie di errori e di
cieca selezione si possa giungere da un organismo unicellulare all'uomo"14.
6. Alcune precisazioni
A questo punto, possiamo riassumere quanto stato detto con le parole di S.
Arcidiacono, il quale afferma: "L'evoluzione, in quanto sostiene la trasformazione dei
viventi, teoria scientifica, ma se postula l'eliminazione del finalismo e si oppone al
creazionismo diventa ideologia filosofica e come tale non pu essere accettata"15. In
questo senso, bisogna aver presente che "se ci pu essere opposizione tra evoluzionismo e
12
G. MINELLI, Dai pesci agli albori dell=umanit, Jaca Book, Milano 1985, p. 137.
13 Cf. WALTER HEITLER, Causalit e teleologia nelle scienze della natura, 1967.
14
15
fissismo, non c' affatto tra evoluzionismo e creazionismo"16. Infatti, "creare significa fare
dal nulla, e l'essere pu ricevere l'esistenza direttamente nello stadio definitivo (come
sostengono i fissisti), oppure in uno stadio potenziale o virtuale, ricevendo cio la
capacit di trasformarsi (come sostengono gli evoluzionisti)" (ibid). Sembra dunque
legittimo parlare di un creazionismo evolutivo, come fa V. Marcozzi17, senza cadere in
una "contradictio in terminis". In questo modo, l'evoluzione sarebbe simile allo
svolgimento di un progetto o un programma, stabilito e inserito da Dio nella materia e
nella vita.
D'altra parte, siamo dello stesso parere di V. Marcozzi, quando dice che "l'evoluzione,
dopo tanti anni di ricerche e di indagini, ancora un problema aperto per ci che
concerne la spiegazione scientifica, il modo come si svolta e la sua estensione. Gli
scienziati ammettono generalmente il fatto evolutivo, vale a dire che le varie forme
biologiche siano connesse da un legame genetico. Ma come questo si attui e quali siano
le linee filogenetiche di molti organismi, ignorato o fortemente controverso"18. in
questo senso che bisogna interpretare molte delle critiche sollevate da alcuni noti studiosi
negli ultimi anni. "La imperante "teoria sintetica o neodarwinistica", che pretende di
spiegare tutto col caso e la selezione, va perdendo terreno, contraddetta dai fatti e dalle
sensate critiche di valenti scienziati. Alle cause efficienti che hanno determinato
l'evoluzione non si pu negare un orientamento sensato, che implica una Intelligenza
Superiore" (ibid.). Tra questi autori critici possiamo citare, tra altri, G. Sermonti e R.
Fondi, M. Behe, M. Denton, Ph. Johnson, D.H. Kenyon19.
A rigore, pi che di una critica contro l'evoluzione come teoria scientifica, molte volte si
tratta piuttosto di una critica che si dirige contro l'interpretazione o la spiegazione in
chiave anti-finalistica e materialistica del processo evolutivo, la quale sottolinea
l'insufficienza del ricorso al caso. Infatti, "le teorie che ricorrono alle mutazioni casuali
importano l'assurdo. Il caso l'equiprobabilit, cio come fa, cos anche disfa. l'opposto
della razionalit [...]. Le strutture estremamente complesse e perfettamente funzionanti
dalla cellula al cervello umano [...] non concordano col caso. La magia dello sviluppo e
l'organizzazione del "codice genetico" manifestano un "piano" [...]. Gli organi,
specialmente i pi complessi, non possono essere il risultato del caso [...]. L'antifinalista
vede soltanto improbabili combinazioni, messe insieme da una cieca fatalit. Il finalista
16
17
Cos appare nel sottotitolo di una delle sue opere: V. MARCOZZI, L=evoluzione oggi
(creazione evolutiva), Massimo, Milano 1966, 263 pp.
18
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AHoyle and Wickramasinghe (1981) and Hoyle (1983) have proposed that genes
created by a cosmic intelligence (that may have been some advanced form of insect or
perhaps a cosmic silicon chip!) came to Earth from an extra-terrestrial source. Crick and
Orgel (1973) and Crick (1981) have suggested the possibility that an extraterrestrial
intelligent life form may have sent viable microbial spores to Earth in a space capsule.
Bonner (1991) concluded that the source of terrestrial chirality (optical isomer
preference) must have been extra-terrestrial. A field that generated such bizarre proposals
is clearly in dire need of fresh thinking@ (D.H. KENYON, The RNA World. A Critical
Assessment, San Francisco 1995).
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azione perfezionante.
8. Il problema dell'evoluzione dal punto di vista della metafisica
Nell'evoluzione biologica il pi sembra sorgere dal meno. Come si pu conciliare questa
apparente conseguenza della teoria dell'evoluzione con il principio di causalit? Per
trovare una risposta cercheremo aiuto nelle riflessioni che J. De Finance, noto filosofo
contemporaneo di ispirazione tomistica, ci offre al riguardo.
In primo luogo, De Finance fa vedere come Dio non meno necessario per un universo
"che si fa" che per un universo che gi "fatto", per un universo in espansione ed
evoluzione che per un universo che gira su se stesso23. Dio non solo la prima causa e il
primo motore dell'essere, ma lo anche del divenire e della storia.
D'altra parte, la realt materiale tende alla sua perfezione e realizzazione piena, la quale si
compie nell'uomo: "homo est finis totius generationis"24. In questo senso si pu applicare all'universo nel suo insieme lo schema caro al Aquinate dell'exitus-reditus. La teoria
dell'animazione successiva dell'embrione umano si adatta molto bene ad una concezione
evoluzionistica dell'universo. Infatti, come osserva De Finance, risulta difficile di capire
perch alcuni autori che difendono questa ascensione nell'ontogenesi non vogliano
ammetterla nella filogenesi25.
L'evoluzione come tale presuppone la creazione, ma come tale non implica la creazione,
ma la sopra-elevazione dell'agente creato, sebbene dovuta all'azione di un Agente
23
24
ACum vero, ut dictum est, quaelibet res mota, inquantum movetur, tendat in divinam
similitudinem ut sit in se perfecta; perfectum autem sit unumquodque inquantum fit
actu: oportet quod intentio cuiuslibet in potentia existentis sit ut per motum tendat in
actum. Quanto igitur aliquis actus est posterior et magis perfectus, tanto principalius in
ipsum appetitus materiae fertur. Unde oportet quod in ultimum et perfectissimum actum
quem materia consequi potest, tendat appetitus materiae quo appetit formam, sicut in
ultimum finem generationis. In actibus autem formarum gradus quidam inveniuntur.
Nam materia prima est in potentia primo ad formam elementi. Sub forma vero elementi
existens est in potentia ad formam mixti: propter quod elementa sunt materia mixti. Sub
forma autem mixti considerata, est in potentia ad animam vegetabilem: nam talis corporis
anima actus est. Itemque anima vegetabilis est potentia ad sensitivam; sensitiva vero ad
intellectivam. Quod processus generationis ostendit: primo enim in generatione est fetus
vivens vita plantae, postmodum vero vita animalis, demum vero vita hominis. Post hanc
autem formam non invenitur in generabilibus et corruptibilibus posterior forma et
dignior. Ultimus igitur finis generationis totius est anima humana, et in hanc tendit
materia sicut in ultimam formam. Sunt ergo elementa propter corpora mixta; haec vero
propter viventia; in quibus plantae sunt propter animalia; animalia vero propter hominem.
Homo igitur est finis totius generationis@ (C.G. III, c.22).
25
Cf. J. DE FINANCE, Conocimiento del ser. Tratado de ontologa, Gredos, Madrid 1971,
p.389.
superiore, come perenne fecondit dell'atto creatore. La causalit divina non solo fa, ma
anche promuove, sviluppa. Non si tratta soltanto di una spinta iniziale, ma di un'opera
che partecipa sempre di pi dell'essere e dell'operare di Dio26. Lo stesso agente creato,
sotto certe condizioni, si trova sopra-elevato nel suo agire in virt dell'efficacia sempre
presente dell'Agire assoluto, la cui azione raggiunge la totalit dell'effetto27. In questo
modo si potrebbe risolvere l'apparente sproporzione tra effetto e causa nell'evoluzione dei
viventi alla quale avevamo gi accennato. Si pu parlare cos, di nuovo, di una creazione
evolutiva, come fa, per esempio, C. Tresmontant, e anche, come abbiamo visto, V.
Marcozzi.
vero che la specie, considerata in se stessa, cerca di perpetuarsi, e in questo senso il
fissismo (o la stabilit) connaturale ad essa. Ma se si considera l'insieme dell'universo,
ci sarebbe un processo evolutivo, il quale spiegherebbe il cambiamento delle specie
esistenti e l'apparire graduale di nuove specie. E questo sarebbe dovuto all'azione
continuata, promuovente, dell'Agente assoluto e trascendente, il cui atto creatore
dinamico28. Dio muove il vivente facendo s che si muova da se stesso; Dio potrebbe far
evolvere il mondo creandolo con un carattere di evolutivo29.
26
Lo stesso san Tommaso dedica tutto un ampio capitolo a sostenere l=attivit propria
degli enti creati. Riporto qui soltanto qualcuno dei passi pi significativi di questo
capitolo del Contra Gentiles: APerfectio effectus demonstrat perfectionem causae: maior
enim virtus perfectiorem effectum inducit. Deus autem est perfectissimum agens. Oportet
igitur quod res ab ipso creatae perfectionem ab ipso consequantur. Detrahere ergo
perfectioni creaturarum est detrahere perfectioni divinae virtutis. Sed si nulla creatura
habet aliquam actionem ad aliquem effectum producendum, multum detrahitur
perfectioni creaturae: ex abundantia enim perfectionis est quod perfectionem quam
aliquid habet, possit alteri communicare. Detrahit igitur haec positio divinae virtuti. Item.
Sicut est boni bonum facere, ita est summi boni aliquid optime facere. Deus autem est
summum bonum, ut in primo ostensum est. Igitur eius est optime facere omnia. Melius
autem est quod bonum alicui collatum sit multorum commune, quam quod sit proprium:
quia bonum commune semper invenitur esse divinius quam bonum unius tantum. Sed
bonum unius fit multis commune si ab uno in alia derivatur, quod non potest esse nisi
inquantum diffundit ipsum in alia per propriam actionem: si vero potestatem non habet
illud in alia transfundendi, manet sibi ipsi proprium. Sic igitur Deus rebus creatis suam
bonitatem communicavit ut una res, quod accepit, possit in aliam transfundere. Detrahere
ergo actiones proprias rebus, est divinae bonitati derogare. Adhuc. Subtrahere ordinem
rebus creatis est eis subtrahere id quod optimum habent: nam singula in seipsis sunt bona,
simul autem omnia sunt optima, propter ordinem universi; semper enim totum est melius
partibus et finis ipsarum. Si autem rebus subtrahantur actiones, subtrahitur ordo rerum ad
invicem: rerum enim quae sunt diversae secundum suas naturas, non est colligatio in
ordinis unitatem nisi per hoc quod quaedam agunt et quaedam patiuntur. Inconveniens
igitur est dicere quod res non habeant proprias actiones@ (C.G., III, c. 69).
27
28
29
10
Cf. V. MARCOZZI, Il darwinismo oggi, in *La Civilt Cattolica+, 134 (1983), pp. 122140.
31
32
Cf. L=interpretazione della Bibbia nella Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Citt del
Vaticano, 1993.
11
Darwin, ormai superata in tanti suoi aspetti. Bisogna sottolineare di nuovo che la teoria
dell'evoluzione delle specie non si risolve n si riduce al darwinismo, e pertanto si pu
essere favorevoli alla teoria dell'evoluzione, da un punto di vista scientifico e anche
filosofico, senza essere affatto darwinisti, al meno riguardo a certi aspetti proposti dal
prominente naturalista inglese, i cui meriti, cos come i suoi difetti e limiti, non si
possono non riconoscere e valutare.
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