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COMPETIZIONE
Relatore:
Chiar.mo Prof. Ing. GIANNI NICOLETTO
Correlatori:
Chiar.mo Prof. Ing. MARCO AMABILI
Ing. ANDREA BURZONI
Il presente lavoro di tesi è stato sviluppato in collaborazione con Dallara Automobili S.p.A., azienda
In particolare è stata analizzata la dinamica verticale di una vettura da FORMULA 3, categoria con
la quale si disputano combattuti campionati in molti paesi europei, tra cui l’Italia.
scaturita dall’importanza che tale componente riveste nella progettazione e nella regolazione su
pista della vettura, e al contempo dalla scarsità di dati e di notizie forniti a riguardo dalle Case
Costruttrici. In una prima serie di prove è stata indagata la risposta verticale statica dei pneumatici
anteriore e posteriore (di misure differenti) PIRELLI F3, con test non in rotolamento. Lo scopo del
lavoro è stato la determinazione della rigidezza statica dei pneumatici e l’influenza esercitata su di
essa da parte dei parametri più significativi, tra cui la temperatura. Tale rigidezza riveste un ruolo
La caratterizzazione sperimentale della dinamica verticale del pneumatico si è avvalsa invece di uno
degli strumenti più interessanti e sofisticati utilizzati nel mondo delle corse, ed ha avuto lo scopo di
caratterizzare il comportamento di un sistema che presenta di norma una certa complessità, ed il cui
Il lavoro qui presentato segue in qualche modo il filone delle due sperimentazioni: i due capitoli
descriverne il comportamento. Nel Capitolo 2 viene introdotto il ruolo del pneumatico nella
globalità della vettura, e la sua importanza dal punto di vista statico e dinamico. Viene analizzata
quindi la dinamica verticale della vettura da competizione, e gli aspetti in cui essa si deve
I
Nel terzo capitolo viene descritto il banco di prova utilizzato alla Dallara Automobili per il test
dinamico delle vetture da competizione, mentre nel Capitolo 4 sono contenuti i risultati delle prove
Il Capitolo 5 presenta infine lo sviluppo di due modelli matematici di diversa complessità, in grado
di simulare la dinamica verticale di una FORMULA 3, in cui viene sottolineato il ruolo attivo del
II
Indice
III
4.1.4 Risultati delle prove…………………………………………………………………… pag. 86
4.1.5 Analisi dei risultati………………………………………………………………………. ” 94
4.2 Caratterizzazione dinamica dei pneumatici………………………………………... ” 97
4.2.1 Introduzione………………………………………………………………………………. ” 97
4.2.2 Descrizione della procedura di prova………………………………………………… ” 99
4.2.3 Acquisizione dei dati e costruzione della risposta in frequenza del sistema……… ” 103
4.2.4 Risposta in frequenza del pneumatico PIRELLI F3 anteriore. Massa 114.7 kg… ” 108
4.2.5 Risposta in frequenza del pneumatico PIRELLI F3 posteriore. Massa 137.2 kg… ” 118
4.2.6 Risposta in frequenza del pneumatico PIRELLI F3 anteriore. Massa 67 kg………” 124
4.2.7 Risposta in frequenza del pneumatico PIRELLI F3 anteriore. Massa 90 kg………” 125
4.3 Analisi e discussione dei dati sperimentali………...………………………………. ” 126
4.3.1 Osservazioni……………………………………………………………………………… ” 126
4.3.2 Calcolo della rigidezza e dello smorzamento con modello a contatto …………… ” 127
4.3.3 Il metodo della larghezza di banda…………………………………………………… ” 129
4.3.4 Risultati delle prove sperimentali………………………………………………………” 131
Allegati………………………………………………………………………………………. ” 177
IV
Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 1
contatto tra il corpo del veicolo ed il terreno. Tutte le forze di controllo o di disturbo cui il veicolo è
sottoposto, fatta eccezione per quelle di natura aerodinamica, sono infatti generate dall’area di
contatto tra battistrada e terreno, la cosiddetta contact patch, la cui estensione è paragonabile a
• sopportare il carico verticale statico e dinamico FZ agente sul mozzo della ruota
• sviluppare le necessarie forze longitudinali (dirette cioè nel senso di marcia), le quali
• sviluppare le adeguate forze laterali, generate nel moto curvilineo, che permettono di tenere in
• garantire una bassa trasmissibilità al telaio delle irregolarità presenti sul manto stradale.
Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 2
Nel mondo delle corse i primi tre concetti, soprattutto quello di aderenza, rivestono grande
importanza, mentre quest’ultimo aspetto, che definisce il comfort di un autoveicolo, viene perlopiù
trascurato, in quanto altri sono gli obiettivi nel progetto di un’auto sportiva; l’assetto viene irrigidito
a discapito del comfort, per ottenere la massima aderenza in ogni condizione di utilizzo e per
ottimizzare l’aerodinamica della vettura minimizzando la variazione di altezza da terra del telaio.
forze agenti sul pneumatico è mostrato in Figura 1.2. Il sistema di assi cartesiani ha origine O nel
centro dell’impronta del battistrada (a ruota ferma), nel punto di intersezione tra l’asse Z e il piano
stradale, considerato una superficie piana. L’asse X è data dall’intersezione tra il suolo e il piano del
Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 3
Figura 1.3 sopra, nel piano verticale (detta campanatura o angolo di camber), mentre α è l’angolo
di scorrimento (slip angle) o di deriva, tra l’asse X e la direzione del moto del pneumatico, definito
L’uso della gomma come costituente principale del pneumatico si è mantenuto nel corso degli anni
a causa delle sue caratteristiche meccaniche, le quali garantiscono aderenza, durata nel tempo e
grande adattabilità alle più svariate condizioni di impiego. La gomma possiede una densità di circa
1100 kg/m3, ed è presente nel pneumatico sempre in una mescola con altri componenti, come olio,
dinamica varia al variare della frequenza con cui la forza viene applicata. Un modello elementare a
Figura 1.4; esso è costituito dalla serie di una rigidezza con un gruppo
rigidezza-smorzamento in parallelo.
rigidezza apparente del sistema è data dalla serie delle due molle.
Test di laboratorio condotti sopra superfici vetrose pulite mostrano che il coefficiente d’attrito della
gomma dipende dalla velocità di strisciamento e dalla temperatura di esercizio, come riportato dalla
Figura 1.5, in cui è T3 > T2 > T1. In particolare per una determinata temperatura si ha un andamento
a campana del coefficiente d’attrito in funzione della velocità espressa in scala logaritmica, ed
aumentando la temperatura il picco della campana trasla verso velocità di strisciamento maggiori.
Figura 1.5. Coefficiente d’attrito delle gomma in funzione della velocità di scorrimento a diverse temperature.
Dai semplici diagrammi sopra esposti si può intendere l’importanza della temperatura di esercizio
dei pneumatici nelle loro caratteristiche. In modo particolare nel mondo delle competizioni, in cui è
Figura 1.6. Curve del tipo WLF per differenti superfici d’attrito.
costante la ricerca della massima aderenza, il pneumatico deve essere progettato con particolare
una sola curva, detta di Williams-Landel-Ferry (WLF, vedi Figura 1.6), nell’ipotesi di assumere un
meccanismo di attrito della gomma suggerisce una probabile origine comune dei due fenomeni, e la
possibilità che proprio la viscoelaticità sia responsabile della capacità della gomma di aderire a
In Figura 1.6 vengono riportate curve del tipo WLF rappresentative di test su vetro e su superficie
ruvida, nel caso specifico sopra del carburo di silicio. L’evidente picco di forma acuminata è dovuto
alla distorsione della gomma sulle asperità della superficie ruvida, mentre il fenomeno di adesione
il valore medio del coefficiente d’attrito. L’aggiunta di olio nella mescola inoltre aumenta il valore
Per una più attenta analisi del fenomeno di aderenza al suolo, si considerino le Figure 1.7 e 1.8, in
Nell’ipotesi che tale superficie sia lubrificata, essa non è in grado di generare forze di taglio sul
battistrada; è comunque presente il fenomeno dell’attrito a causa dalle differenti pressioni che
agiscono sulle superfici inclinate per via dell’isteresi di natura viscoelastica della gomma.
Aumentando il carico verticale FZ agente sul pneumatico (ad esempio durante il trasferimento di
carico della vettura nel percorrere una curva), si ha un incremento, non lineare, dell’area di contatto,
ed un aumento della pressione media di contatto. Questo comporta l’aumento della forza d’attrito,
pressione media di contatto elevata alla potenza di -0.15 (grafico di Figura 1.9).
Figura 1.8 mostra inoltre che il coefficiente d’attrito non dipende dall’estensione delle superfici di
1
Friction coefficient
0,8
0,6 -0,15
f = pm
0,4
0,2
0
Mean contact pressure
Figura 1.9. Andamento qualitativo del coefficiente d’attrito in funzione della pressione media di contatto.
FA = Ph A sen ϑ
Da ciò ne deriva che una superficie con una microruvidità più accentuata (angoli ϑ più elevati),
Si spiega allora come il coefficiente d’attrito sia, seppure indirettamente, dipendente dal carico
applicato (esso diminuisce se il carico aumenta), e come una più estesa area di contatto, a parità di
carico verticale, abbassando la pressione media permetta una più elevata forza di frizione in quanto
La rigidezza verticale dei pneumatici, che ha un ruolo attivo nell’assetto e nel bilanciamento della
vettura e nei trasferimenti di carico, è quindi influente in modo non diretto anche sul fenomeno di
Il secondo meccanismo di aderenza della gomma comporta la formazione di legami molecolari tra
Figura 1.10. I due meccanismi responsabili dell’aderenza della gomma al suolo stradale.
Per rompere questi legami è necessaria una certa quantità di energia, la cui dissipazione è causa
della resistenza al rotolamento e allo strisciamento del pneumatico. Tale componente d’attrito è
significativa nel caso di manto stradale asciutto, mentre diventa preponderante il primo tipo di
frizione dovuta all’isteresi nella mescola, in condizioni di bagnato, dove molecole d’acqua si
molecolare.
interno da svariati fasci di cordami in nylon, rayon, poliestere o fibra di vetro, che possono essere
sovrapposti con un certo angolo tra di loro o disposti radialmente (si parla in questo caso di
Le dimensioni tipiche che definiscono la struttura del pneumatico, Figura 1.12, sono il diametro del
Il battistrada, cui è affidato il contatto con il terreno, può essere intagliato (per permettere il
drenaggio dell’acqua e il raffreddamento della gomma) o liscio (ad uso delle competizioni), ed è
generalmente rinforzato al suo interno da fili in acciaio. Nel pneumatico di tipo radiale, ormai
universalmente adottato, per garantire una buona stabilità direzionale sono inoltre presenti delle
fasciature di rinforzo sotto il battistrada che formano un angolo di circa 20° con le fasce della
carcassa.
Consistenza e rigidezza globali vengono conferite al pneumatico dal gonfiaggio con aria, ad una
pressione variabile tipicamente tra 1.2 e 2.2 bar; i rinforzi annegati nella mescola, possedendo
modulo elastico di gran lunga maggiore rispetto a quello della gomma, sopportano la tensione data
dalla pressione interna, mentre la gomma della carcassa, di elevata resistenza a fatica, ha
Dalla costruzione della carcassa e dalle sue dimensioni dipendono le caratteristiche meccaniche del
altezza spalla e larghezza battistrada per incrementare la rigidezza laterale della gomma e limitarne
Ovviamente nel campo delle competizioni viene spinta al massimo la ricerca delle prestazioni in
fatto di aderenza e rigidezza, e vengono tralasciati necessariamente aspetti secondari, come durata o
Il pneumatico non in rotolamento esercita sul suolo una pressione normale σz la cui risultante è pari
alla forza Z di contatto tra ruota e suolo, e le pressioni tangenziali τx e τy, le cui risultanti sono nulle
nel caso in cui la ruota non eserciti forze in direzione longitudinale o trasversale.
La distribuzione delle pressioni σz, τx e τy non è costante; il suo andamento dipende dalla rigidezza
del pneumatico oltre che da altri fattori, quali carico applicato e pressione di gonfiaggio.
Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 10
In Figura 1.13 sono riportati gli andamenti tipici delle pressioni normali, longitudinali e trasversali
Figura 1.13. Pressioni di contatto ruota-suolo σz (a), τx (b) e τy (c) a ruota ferma.
Le pressioni τx sono dirette verso la mezzeria della zona di contatto; la ruota tende cioè a
compattare, per così dire, il suolo in direzione longitudinale verso il centro dell’orma. L’effetto
Le caratteristiche elastiche statiche del pneumatico dipendono da molti fattori, quali la pressione, lo
Inoltre notevoli differenze di comportamento si possono notare tra i pneumatici a tele incrociate e
quelli radiali: a ruota ferma i pneumatici radiali possiedono minore rigidezza in tutte le direzioni.
Se caricata sul mozzo la gomma si deforma, e tale deformazione assume tipicamente valori
La rigidezza verticale statica, come verrà mostrato ampiamente nei risultati delle prove
carico applicato durante la prova, per cui si ha dipendenza lineare tra deformazione e carico.
In Figura 1.14 sono riportate le curve forza normale Z in funzione della deformazione verticale ∆z
Esse mettono in evidenza un vero e proprio ciclo di isteresi, che denota uno smorzamento dei moti
verticali da parte del pneumatico, che è però particolarmente sensibile a ruota ferma in quanto
l’ampiezza del ciclo di isteresi generalmente diminuisce al crescere della velocità di rotolamento.
verticale, è schematizzabile quindi con una semplice molla di rigidezza opportuna e massa
trascurabile. Le prove statiche condotte sul pneumatico hanno avuto lo scopo di trovare il valore di
Si consideri una ruota in rotolamento su strada piana senza che su di essa agisca alcuna coppia
motrice o frenante. Vengono solitamente distinti tre diversi raggi del pneumatico: Ru, raggio a
pneumatico scarico, Rl, raggio a pneumatico caricato non in movimento, e il raggio effettivo o in
rotolamento Re.
Quest’ultimo è semplicemente definito dal rapporto tra la velocità V di traslazione del centro ruota e
V
Re = .
Ω
Tale definizione non è significativa se il pneumatico, bloccato, striscia solamente (Re infinito), o se
Dato che il contatto ruota-suolo non è puntiforme, il raggio di rotolamento non coincide con
l’altezza Rl del centro ruota sul suolo ed il centro di istantanea rotazione non coincide con il centro
Rl ≤ Re ≤ Ru .
Ciò per il fatto che, a causa delle deformazioni a cui la fascia battistrada della ruota è soggetta, la
(sliding velocity).
Nella zona di contatto si hanno strisciamenti molto piccoli; la velocità periferica di tale zona,
relativa al centro della ruota, coincide in modulo con la velocità assoluta del centro della ruota V.
Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 13
Dopo aver lasciato la zona di contatto l’elemento assume nuovamente la sua lunghezza iniziale e la
La velocità angolare di una ruota dotata di pneumatico risulta pertanto minore di quella propria di
una ruota rigida con pari altezza del centro sul suolo e pari velocità di traslazione.
Il raggio di rotolamento è influenzato da molti fattori, alcuni dipendenti dal pneumatico, quali il tipo
di struttura della carcassa e delle tele, lo stato di usura del battistrada; altri dalle condizioni di
Inoltre il raggio effettivo ha una leggera dipendenza, poco significativa nei pneumatici radiali a
causa della loro costituzione, dalla velocità angolare, in quanto per effetto della forza centrifuga si
ha una piccola deformazione della carcassa. I pneumatici a struttura radiale sono caratterizzati da un
minore valore di Rl rispetto a pneumatici a tele incrociate di pari raggio indeformato Ru a causa
della loro maggiore flessibilità radiale, ma, a causa della maggior rigidezza della fascia battistrada,
dovuta alla presenza delle tele di cintura, il valore del raggio di rotolamento Re, risulta meno
Gli effetti di un aumento del carico verticale Z e di una diminuzione della pressione di gonfiaggio p
Al crescere della velocità il pneumatico tende ad espandersi sotto l’azione della forza centrifuga,
Tale aumento è notevole nel caso di pneumatici di struttura convenzionale mentre è molto
contenuto, a causa della notevole rigidezza circonferenziale della cintura, nei pneumatici radiali.
In Figura 1.16 si riportano, a titolo di esempio, gli andamenti del raggio di rotolamento in funzione
della velocità ottenuti per un pneumatico 7,60-15 a tele incrociate e per un pneumatico 155 SR 15 di
tipo radiale.
Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 14
1.8 Modelli descrittivi del comportamento verticale del pneumatico non in rotolamento
Lo scopo del lavoro qui proposto è quello di trovare un modello comportamentale del pneumatico,
Il pneumatico si presenta come un sistema continuo, complesso nella costruzione e vario nelle
proprietà meccaniche dei materiali impiegati; lo studio del suo comportamento dinamico è a priori
quantificabili e riproducibili.
Nonostante ciò può essere adottato un modello a parametri concentrati del tipo “ingresso-uscita”;
l’idea fondamentale di tale assunzione consiste nel modellare solo la reazione che intercorre tra
l’ingresso al sistema dinamico e l’uscita, senza introdurre tutte le variabili indipendenti che
definiscono il moto del sistema in esame ma solo quelle del comportamento delle grandezze esterne
al sistema stesso.
Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 15
Ad esempio, per quantificare la rigidezza verticale globale, si può analizzare la deformazione tra un
punto di riferimento e il suolo senza condurre l’analisi particolareggiata dei contributi a tale
Si parla poi di sistema lineare tempo invariante (LTI) per poterne descrivere il comportamento
dinamico con una o più equazioni differenziali ordinarie o tramite il concetto di funzione di risposta
in frequenza (FRF).
Nel primo caso si parla di dominio del tempo, nel secondo di dominio delle frequenze.
La descrizione della dinamica in senso verticale del pneumatico mediante un modello del tipo
(o delle equazioni) differenziale descrittiva che per essere caratterizzata necessita oltre ad una fase
Come già specificato nelle prove di rigidezza verticale statica si è assunto semplicemente un
Figura 1.17. Deformata FEM del pneumatico e modello adottato per il comportamento statico.
Le prove hanno avuto lo scopo di calcolare tale rigidezza al variare dei parametri fisici del
Dalla letteratura (Szilard) la rigidezza verticale dinamica risulta un parametro non lineare, in quanto
risente del carico applicato, dell’ampiezza di deformazione, della frequenza. Analogo discorso vale
per lo smorzamento interno del sistema. Un tipico modello utilizzato per lo studio del
comportamento dinamico verticale del pneumatico è quello riportato in Figura 1.18 (a); esso si
adatta a descrivere la dinamica della gomma su superficie liscia o scarsamente corrugata, comunque
•• •
m z + c z + Kz = F (t ).
Nel modello di Maxwell lo smorzamento è posto in serie alla rigidezza K2 per tenere conto del fatto
che alle basse frequenze si ha la massima dissipazione di energia da parte dell’elemento smorzante,
mentre per le sollecitazioni ad alta frequenza l’energia assorbita viene limitata dal movimento della
In questo caso è necessario introdurre un secondo grado di libertà per rappresentare la forza sullo
smorzatore:
••
m z 1 + K1 ( z1 − F (t )) + K 2 ( z1 − z 2 ) = 0
•
c( z 2 − F ' (t )) − K 2 ( z1 − z 2 ) = 0.
Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 17
Uno degli svantaggi dei modelli mostrati è quello di non poter considerare la deformazione del
puntuale; tali modelli possono comunque dare buoni risultati se vengono soddisfatte in buona
misura le condizioni:
Modelli più evoluti, come quelli mostrati di seguito in Figura 1.19, sono stati sviluppati per tenere
Figura 1.19. Modelli di pneumatico che tengono conto del contatto non puntuale.
In tutti questi modelli il punto di contatto genera, assieme alla forza verticale, una reazione laterale
che si scarica sul mozzo della gomma; nel primo si ha contatto puntuale, nel secondo è presente una
ruota rigida che segue l’andamento del profilo stradale, nel terzo il battistrada è rappresentato da un
numero finito e fissato di elementi elastici e smorzanti, il quarto è costituito da un insieme di molle
disposte radialmente ognuna delle quali viene compressa/stirata localmente dal suolo.
Capitolo 1. Il pneumatico: funzioni, struttura, modelli statico e dinamico 18
frequenze, una buona descrizione della dinamica verticale e radiale del pneumatico.
In accordo con Bakker e altri, risultati ottenuti sperimentalmente possono venire rappresentati in tre
modi:
La rappresentazione mediante modello a parametri concentrati può essere considerata una speciale
esposizione con formule, ma con l’ulteriore vantaggio di una significativa interpretazione e fisica
del sistema.
Spesso in passato si è assunto che il comportamento del pneumatico fosse lineare, cioè che i
parametri del modello adottato fossero invarianti. In questo caso tali parametri si possono ottenere
operando un FIT lineare dei risultati sperimentali di risposta dinamica. Tuttavia, conducendo una
più attenta analisi, si può affermare che generalmente, anche per le basse frequenze (fino a 50 Hz),
il comportamento della gomma non sia lineare, e che quindi i parametri modali caratteristici siano
Avendo condotto le prove a pneumatico fermo, i parametri considerati influenti in questa sede sono
Pur mantenendo un modello a parametri concentrati, i parametri identificativi vengono in tale caso
descritti non più da una funzione lineare, bensì da funzioni G e H polinomiali in più variabili:
Nella storia delle corse, per qualunque categoria di competizioni, si è assistito alla costante e
incessante ricerca delle massime prestazioni ottenibili, alla luce delle conoscenze tecniche e dei
I fattori che determinano le prestazioni di un’auto da corsa non sono certo cambiati nel corso degli
anni; e non è mutata la passione e la forza che ha mosso e muove l’uomo verso la ricerca di limiti
sempre più spinti, e verso la comprensione totale dei fenomeni fisici, delle proprietà dei materiali,
delle tecnologie, che accompagnano l’ideazione e la progettazione di una vettura destinata alle
competizioni.
Sono molteplici e interdipendenti i fattori che rendono un’auto da corsa veloce e vincente; tuttavia,
volendo riassumere i concetti decisivi per ottenere le massime prestazioni su pista, si possono
Questi due concetti sembrerebbero banali e quasi scontati, tuttavia essi rivestono grande importanza
nel processo di analisi dei fattori il cui miglioramento garantisce la progressione nelle prestazioni
2.1 Aderenza (il grip in gergo) della vettura, data dalla combinazione pneumatico + asfalto e dal
Una rappresentazione a blocchi riassuntiva dei concetti esposti, risulta significativa nella
comprensione dei principi che regolano le prestazioni di un auto da corsa e nei fattori decisivi per il
loro miglioramento.
Figura 2.1.1 Diagramma a blocchi dei fattori che definiscono le prestazioni di un’auto da corsa.
Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 21
Dal diagramma riportato si intende chiaramente come tali fattori si possano influenzare tra loro
(concetto di interdipendenza), e che spesso la macchina vincente è quella per cui si ha un ottimo
compromesso, nell’ipotesi che tutti i piloti siano veloci, tra carico aerodinamico e resistenza
Se viene fissata la potenza massima fornita dal motore, la velocità in rettilineo risulta sensibilmente
influenzata dalla resistenza RA all’avanzamento, data dalla somma della resistenza al rotolamento
R A = RR + RW .
1 2
(
R A = mg f 0 + Kv 2 + ) 2
ρv SC X (2.1-1)
in cui
ρ = densità dell’aria
diviene importante a velocità elevate, come quelle raggiunte nei rettilinei di un circuito. La (2.1-1) è
valida solamente fino alla velocità critica dei pneumatici, al di sopra della quale la resistenza al
rotolamento cresce tanto bruscamente da poter divenire anche maggiore della resistenza
aerodinamica. Nel progetto del pneumatico da competizione viene tenuto conto anche di questo.
La massima velocità ottenibile in rettilineo è funzione anche della velocità di uscita dalla curva che
lo precede, e qui entra in gioco in grande misura l’abilità e la sensibilità del pilota.
Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 22
La velocità di percorrenza in curva è uno dei fattori più delicati da ottimizzare nel progetto e nella
messa a punto di una vettura da competizione. Si è visto che essa è essenzialmente funzione, in
ordine crescente per importanza, della massima aderenza che i pneumatici possono garantire,
Si pensi di trascurare il fattore umano, che è nella maggior parte dei casi il fattore di gran lunga più
determinante.
La forza laterale FY di aderenza che un pneumatico può offrire nel moto curvilineo, nell’ipotesi di
semplice forma
FY = µFZ = µ (W + FA ) (2.1-2)
in cui W è il peso della vettura che si scarica sul pneumatico e FA la componente verticale del carico
aerodinamico. Si può comprendere allora, almeno qualitativamente, come un aumento del carico
L’ultimo aspetto che caratterizza il comportamento e le prestazioni della vettura in curva è il suo
È importante sottolineare a questo punto l’importanza del ruolo del pneumatico, unico tramite tra la
vettura e il terreno, nel diagramma a blocchi esposto: esso è presente praticamente in tutti i fattori
Infatti è decisivo disporre di un’elevata potenza, e lo è altrettanto poterla scaricare senza perdita di
trazione; una bassa resistenza al rotolamento del pneumatico favorisce le velocità di punta, mentre
l’aderenza al suolo determina tutte le prestazioni nei tratti curvilinei. Essa è molto importante anche
nella frenata del veicolo. Il processo di usura inoltre che subisce la mescola del battistrada durante
Nella scelta del bilanciamento da adottare e nella messa a punto della vettura, assume un ruolo
Per comprendere il concetto di bilanciamento, o assetto, della vettura, viene introdotto il modello
dinamico a due assi, di cui uno, in figura sia l’anteriore, sterzante (Figura 2.1.2 sotto).
Con riferimento allo schema sopra riportato, le velocità Va e Vp del centro di ciascuna ruota
(anteriore e posteriore) siano contenute nel piano medio delle ruote stesse; la velocità del baricentro
G sia VG, diretta perpendicolarmente al raggio di curvatura R, considerato costante con centro in O.
del veicolo. L’angolo δ compreso tra l’orientamento della ruota sterzante e la congiungente i due
centri ruota è definito angolo di sterzo, mentre β è l’angolo tra la direzione della velocità
Gli angoli αa e αp sono i cosiddetti angoli di deriva (o scorrimento o slip angle) dei pneumatici, e
sono compresi tra l’asse longitudinale del pneumatico e la sua direzione di moto.
Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 24
Come verrà esposto più avanti, essi permettono il meccanismo di aderenza e la comparsa di una
b − R sen β
= tgα p (2.1-3)
R cos β
e se αp e β sono piccoli:
β → 0 b b
⇒ − β ≈ α p ⇒ β ≈ −α p (2.1-4)
α p → 0 R R
a + R sen β
= tg (δ − α a ) (2.1-5)
R cos β
β → 0 a
b
β ≈ −α p a
⇒ + β ≈ δ − α a R
→ + β ≈ δ − α a
α a → 0 R R
a b
⇒δ ≈ + β ≈ −α p +αa
R R
L
⇒δ ≈ + ∆α (2.1-6)
R
posteriore.
Se si verifica la condizione
αa = α p
L
⇒ ∆α = 0 ⇒ δ = . (2.1-7)
R
L’angolo δ trovato viene detto in questo particolare caso angolo di sterzo teorico, o angolo di sterzo
di Ackermann, e il moto del veicolo si definisce “sterzata cinematica” su una traiettoria curva,
Calcolato l’angolo di sterzo in funzione del passo del veicolo L, del raggio di istantanea curvatura
R, della differenza tra le due derive anteriore e posteriore, può essere definito il comportamento
stradale della vettura in funzione dell’angolo di sterzo δ. Per un data geometria della macchina e un
∆α = αa - αp ANGOLO δ VETTURA
Il comportamento della vettura in curva è stato così definito e classificato in funzione dei parametri
geometrici e teorici che descrivono la geometria e la direzione delle forze agenti nel moto
curvilineo del veicolo. Nella realtà si possono avere delle discrepanze più o meno marcate dal
modello comportamentale teorico, ed il carattere della vettura può essere in gran parte oggetto del
giudizio e delle sensazioni personali del pilota. Per questo non esiste un’univocità di giudizio nel
Tuttavia esistono criteri, nel bilanciare la vettura, generalmente adottati dalla maggior parte dei
piloti, la cui tendenza è evitare un comportamento su strada estremo, che si tradurrebbe in una
aumentare l’angolo di sterzo più del dovuto. Si perde la traiettoria ideale, le gomme si sporcano e
cala il grip disponibile, aumenta la tyre drag (resistenza all’avanzamento del pneumatico) a causa
dell’aumento dello scorrimento (angolo α), in uscita dalla curva il pilota non può spalancare
ad accentuare la sterzata più di quanto il pilota abbia impostato, perdendo il posteriore, soprattutto
Il sovrasterzo in uscita è un fenomeno presente invece anche per una macchina ben bilanciata nel
centro curva: aprendo bruscamente l’acceleratore in uscita di curva, ai pneumatici in trazione, già al
limite del grip laterale, viene richiesta una brusca tenuta longitudinale data dalla coppia motrice
applicatagli: il punto di lavoro delle gomme esce dall’ellisse d’attrito (mostrato in Figura 2.1.3) e la
In genere la macchina preferita è NEUTRA con leggero sottosterzo, pur rimanendo il bilanciamento
Vengono ora analizzati i fattori che definiscono e modificano il bilanciamento della vettura su
Figura 2.1.4. Diagramma a blocchi dei fattori che influenzano il bilanciamento della vettura.
1. PILOTA.
La situazione in cui si trova la macchina a centro curva dipende da ciò che è successo dal punto di
massima velocità nel rettilineo precedente in poi, e cioè dalla guida e dalla traiettoria impostata dal
pilota, che agisce su sterzo, acceleratore, freni. Una stessa traiettoria può essere infatti percorsa con
Il rapporto
Wa
= (Peso sull’anteriore)/(Peso sul posteriore)
Wp
Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 28
risulta decisivo in quanto influenza il comportamento dei pneumatici. Infatti gli angoli di deriva αa
deriva anteriore e/o aumentare quella posteriore. E ciò è possibile diminuendo la distanza a
dell’asse anteriore dal baricentro e/o aumentando quella b dell’asse posteriore, e cambiando quindi
Wa
la distribuzione dei pesi e il rapporto . Di seguito viene riportato l’andamento teorico
Wp
approssimato degli angoli di deriva dei pneumatici anteriore e posteriore, riferito al modello
bicicletta di Figura 2.1.2, per un angolo δ di sterzo fissato, R costante par a 12 metri, L = a + b =
2.678 metri e β fissato (si trascuri Cα), in funzione del rapporto b/L.
5
Angolo di deriva a [deg]
4 alfa a
alfa p
3
d costante, b costante
1 R = 12 m.
0
0,2 0,3 0,4 0,5 0,6
b/L
Per un angolo di sterzo δ fissato ed un dato raggio di curvatura, all’aumentare del rapporto b/L si ha
l’aumento della deriva posteriore e la diminuzione di quella anteriore. Viene quindi incrementata la
tenuta sul pneumatico anteriore, in grado di offrire una maggiore forza laterale, e diminuita quella
sul posteriore, andando a correggere l’eccessivo sottosterzo. Per una migliore comprensione di
Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 29
questo concetto si rimanda al punto successivo, in cui si presentano nel dettaglio le caratteristiche di
La forza laterale che un pneumatico da competizione caricato con una forza verticale FZ è in grado
di sviluppare, è funzione del suo angolo α di deriva, come mostrato in Figura 2.1.6.
Per piccoli angoli di deriva si ha un comportamento lineare, e si può definire la cornering stiffness:
dFL
Cα =
dα
che rappresenta la pendenza della retta tangente alla curva di FY nell’origine. Per angoli di
scorrimento maggiori si ha una zona di transizione in cui si perde la linearità, che conduce fino al
punto di massima aderenza. Per un’ulteriore aumento di α si giunge alla condizione per cui tutta la
Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 30
zona di contatto del battistrada striscia sul suolo, le prestazioni subiscono un calo repentino e si
Il valore della rigidezza Cα è determinato della costruzione del pneumatico (in particolare dal
rapporto spalla/larghezza battistrada, molto basso per l’uso su pista), dalla pressione di gonfiaggio e
In Figura 2.1.7 (a) riportata sotto è evidenziato quest’ultimo aspetto, la dipendenza della cornering
Figure 2.1.7. (a) Forza laterale in funzione dell’angolo di deriva per diversi carichi.
(b) Forza laterale normalizzata rispetto al carico in funzione di α per diversi carichi.
Si vede facilmente come Cα aumenti all’aumentare del carico verticale applicato, e come il picco
nella curva di FY in funzione di α trasli verso angoli di deriva maggiori. In Figura 2.1.7 (b) viene
invece riportato l’andamento del coefficiente d’attrito laterale che lega forza laterale e carico
verticale:
Lateral ⋅ force FY
µ= = = Lateral Force Coefficient
Load ⋅ on ⋅ tyre FZ
Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 31
in funzione dell’angolo di deriva per tre differenti carichi verticali. Si assiste questa volta ad un
abbassamento del coefficiente d’attrito all’aumentare del carico, e tale effetto, molto importante
Ora, tornando all’effetto del carico verticale sull’assale sul bilanciamento della vettura, si può
comprendere come, ragionando a FY necessaria fissata, la variazione del carico influisca sul valore
degli angoli di scorrimento. In particolare, a parità di forza laterale sviluppata, una maggiore Cα,
data da un maggiore carico sull’assale, permette al pneumatico un minore slip angle, mentre si ha
In questo modo viene modificato il bilanciamento della vettura, che è in stretta dipendenza con gli
Figura 2.1.8. Semplice modello della vettura per il calcolo della ripartizione del momento di rollio.
Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 32
La ripartizione del momento di rollio agente sulla vettura nel percorrere una traiettoria curvilinea è
Si consideri a tale proposito il semplice modello di veicolo riportato in Figura 2.1.8, in cui viene
schematizzata la geometria della vettura sottoposta ad un momento totale di rollio MT lungo l’asse
longitudinale.
Il momento di rollio si genera nella percorrenza della curva poiché il baricentro della macchina è
M T = mC ⋅ aY ⋅ d
Il momento totale di rollio MT si ripartisce sugli assi anteriore e posteriore nei contributi MF e MR,
MT = M F + M R (2.1-8).
Gli angoli di rollio ϕ di ciascun assale possono inoltre essere espressi in funzione dei rispettivi
ϕF = MF k
F
ϕR = MR k .
R
kF asse anteriore
kR asse posteriore
b L
1 MR 1 MF
ϕF =ϕR + ∫ dx − ∫ dx (2.1-9).
0
L kT b
L k T
Assumendo ora che MF/R e kT siano delle costanti nel dominio di integrazione, la (2.1-9) diviene
MR b MF L −b M M
ϕF =ϕR + − = ϕ R + R − F (2.1-10)
kT L kT L k TR k TF
dove
L L
k TF = kT k TR = kT
L−b b
Ricordando che vale ϕ = M/k, la relazione che intercorre tra gli angoli di rollio anteriore e
1 1 1 1
M F + = M R +
k F k TF k R k TR
ovvero
MF MR
= * (2.1-11)
k F* kR
in cui
1 1 1 1 1 1
*
= + *
= +
k F k F kTF k R k R k TR
k F* k R*
MF = MT MR = MT .
k F* + k R* k F* + k R*
Volendo ora considerare anche il contributo dei pneumatici alla rigidezza torsionale, le espressioni
di k F* e k R* divengono:
1 1 1 1 1 1 1 1
*
= + + *
= + + ,
k F k F k TF k F ,TIRE k R k R kTR k R ,TIRE
espressioni in cui compaiono le rigidezze torsionali statiche dei pneumatici anteriori e posteriori,
k F ,TIRE e k R ,TIRE . È molto importante evidenziare il fatto che tra tutte le rigidezze presenti nelle
Ciò significa che, nella serie delle rigidezze, la più cedevole è quella della gomma, ed è quindi
quella che maggiormente influenza il valore della rigidezza torsionale equivalente. Anche piccole
variazioni nella rigidezza verticale statica del pneumatico, causate da sbalzi di temperatura o
La ripartizione del momento totale di rollio tra anteriore e posteriore può infatti influire il
bilanciamento globale; per comprenderlo si definisca, con riferimento questa volta al modello
approssimazione dalla media delle derive della ruota interna alla curva (αint) e di quella esterna
(αext), le quali sono necessariamente diverse in quanto esse vengono sollecitate da carichi diversi:
α int + α ext
α ASSALE = (2.1-12).
2
Facendo riferimento alla Figura 2.1.11 sopra riportata, si supponga che l’assale (anteriore o
posteriore), sia sollecitato da un certo momento di rollio MR1. Sia F*Y la forza laterale richiesta ai
pneumatici per tenere in strada il veicolo; la ruota interna alla curva, meno caricata, risponde con la
caratteristica di figura e il pneumatico ha deriva αint, quella esterna, con maggior carico, ha deriva
αext. La caratteristica dell’assale, data in qualche modo dalla somma delle caratteristiche delle due
ruote che lo costituiscono, interseca quindi la F*Y nel punto di lavoro, che individua una certa deriva
αASSALE.
Si supponga ora che avvenga una diversa ripartizione del momento di rollio totale tra i due assali, in
modo che sull’assale in esame si ritrovi un momento di rollio MR2 < MR1.
Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 36
È dimostrabile che l’angolo di deriva dell’assale diminuisce, ovvero che la curva caratteristica (FY,
α) aumenta la sua pendenza (curva in rosso di Figura 2.1.11)). Traslando il punto di lavoro, cambia
quindi la quantità nella (2.1-12), la differenza tra le derive dei due assali, e in definitiva il
abbassando MF; ed è possibile ottenere tale effetto montando barre antirollio più morbide
Si è dimostrato quindi con una serie di passaggi come la rigidezza verticale statica del pneumatico
La rigidezza del pneumatico è un parametro che riveste grande importanza anche nella fase di
Viene ora riportato un esempio pratico del calcolo della ripartizione tra anteriore e posteriore del
momento totale di rollio. In particolare si mette in evidenza il parametro rigidezza verticale dei
I dati indicati sono molto vicini a quelli relativi ad una vettura Dallara FORMULA 3:
Esempio
kR = 7060 [N/deg]
kT = 31300 [N/deg]
Capitolo 2.1. Importanza della rigidezza verticale statica del pneumatico 37
Ripartizione pesi
Per il calcolo della rigidezza torsionale dei pneumatici anteriori e posteriori si può procedere
Figura 2.1.12. Schema di assale per il calcolo del contributo alla rigidezza torsionale dei pneumatici.
Sia ∆z lo spostamento dei due mozzi delle ruote (si considera infinita la rigidezza dell’assale), e ψ
la rotazione di rollio dell’assale; schematizzando il pneumatico come una molla, la forza che è in
FTYRE = kV ,TYRE ⋅ ∆z
in cui kV,TYRE è la rigidezza verticale statica del pneumatico, ed il corrispondente momento di rollio
di reazione vale
t t
M = FDX ⋅ + FSX = F ⋅ t.
2 2
2∆z
ψ≅
t
M kV ,TYRE ⋅ ∆z ⋅ t 1
kT ,TYRE = = = kV ,TYRE ⋅ t 2 (2.1-13).
ψ 2∆z 2
t
−1
1 1 1
k F* = + + = 2484 [N/deg]
12750 53965 3273
−1
* 1 1 1
k =
R + + = 2254 [N/deg]
7060 74523 3465
MF k* 2484
= * F * = = 52.4 %
M T k F + k R 2484 + 2254
MR M
= 1 − F = 47.6 %.
MT MT
Tale ripartizione del momento tra anteriore (52.4 %) e posteriore (47.6 %) implica determinati
Supponiamo ora che il pilota lamenti un eccessivo sovrasterzo; ciò significa che va ridotta la deriva
dell’assale posteriore e/o aumentata quella dell’anteriore. L’ingegnere di pista decide allora di
intervenire sui pneumatici anteriori innalzando la loro pressione di gonfiaggio in modo da portare il
Il contributo alla rigidezza torsionale dell’assale anteriore da parte dei pneumatici passa allora da
−1
* 1 1 1
k =
F + + = 2552 [N/deg].
12750 53965 3390
MF k* 2552
= * F * = = 53.1 %
M T k F + k R 2552 + 2254
MR M
= 1 − F = 46.9 %.
MT MT
Una lieve variazione della rigidezza dei pneumatici anteriori ha decisamente modificato la
L’assale posteriore risponderà con un valore di αASSALE minore, andando ad incrementare il valore di
Di seguito viene riportato l’andamento della ripartizione del momento di rollio inerente all’esempio
considerato, in cui si agisce sulla pressione di gonfiaggio dei pneumatici anteriori per modificare il
bilanciamento del veicolo. Si può vedere come irrigidendo i pneumatici in seguito a gonfiaggio a
60
55
% Momento sull'assale
50
45
Mf/Mt
40
Mr/Mt
35
30
0,5 0,7 0,9 1,1 1,3 1,5 1,7 1,9
Pressione pneumatico anteriore [bar]
Figura 2.1.13. Andamento della ripartizione del momenti di rollio per l’esempio considerato.
Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 40
Il comfort acustico e vibrazionale rappresenta in genere uno degli aspetti principali della qualità di
un veicolo, in quanto riguarda la capacità di isolare i passeggeri dalle vibrazioni e dal rumore che si
generano durante la marcia su strada. Migliorare il comfort vibrazionale significa quindi ridurre le
Lo studio del comfort acustico e vibrazionale si occupa di analizzare le forzanti che causano le
vibrazioni, la dinamica vibrazionale del veicolo, la sua risposta a tali sollecitazioni, e la risposta
• Ride: vibrazioni di bassa frequenza (fino a 5 Hz) del corpo vettura come corpo rigido
• Shake (scuotimento): vibrazioni di media frequenza (5÷25 Hz) del corpo vettura come corpo
flessibile
• Harshness (ruvidezza): vibrazioni di più alta frequenza (25÷100 Hz) della struttura e/o dei
• Noise (rumore): tutti i fenomeni vibro-acustici del veicolo al di sopra dei 100 Hz, percepiti
Nell’ambito delle competizioni l’aspetto comfort vibrazionale o acustico viene perlopiù trascurato;
l’attenzione è focalizzata sulla risposta dinamica del veicolo non tanto per valutare quali
sollecitazioni il pilota deve subire, quanto per analizzare la tenuta di strada della vettura e le forze
che si scambia con il terreno attraverso i pneumatici. Questo principalmente è il ruolo del
pneumatico, il quale funzionalmente deve garantire una bassa trasmissibilità al telaio delle
Ciò ha una duplice importanza: da una parte tende a non variare la configurazione aerodinamica
studiata in galleria del vento, dall’altra ha il compito di mantenere il più costante possibile il valore
della forza di contatto a terra, di grande rilevanza nella conduzione del veicolo.
2.2.2 Le forzanti
Le forzanti che agiscono sulla vettura rappresentano la causa di vibrazioni e rumori; tutte le
tipologie di forzanti, riassunte nello schema di Figura 2.2.1, vedono il coinvolgimento diretto o
indiretto del pneumatico in quanto unico elemento interposto tra il veicolo e la strada.
Sono le forze scambiate con il terreno attraverso i pneumatici, dovute alle irregolarità della
superficie stradale, le quali in genere sono di tipo random. È possibile tuttavia operare una
• Lunghe ondulazioni: variazioni altimetriche del profilo stradale aventi lunghezza d’onda non
inferiore al passo del veicolo. Il profilo varia in modo progressivo e in genere simmetrico
• Asperità: variazioni altimetriche isolate del profilo stradale aventi dimensioni longitudinali
confrontabili con il raggio delle ruote. Il profilo varia in modo brusco e spesso non simmetrico.
Sono dovute a giunzioni, riporti o danneggiamenti del manto stradale. L’asperità tipica della
vettura da competizione in pista è il cordolo, il cui profilo dipende dalla traiettoria impostata dal
• Sconnesso: variazioni continue del profilo stradale aventi dimensioni inferiori alla lunghezza
possono presentare delle regolarità. Sono dovute a danneggiamenti superficiali del manto di
Gli spettri dei vari profili stradali variano, ma presentano in media un andamento simile. Per
questo motivo sono stati introdotti modelli matematici che descrivono l’andamento medio dello
G (υ ) = C0υ − n
n
υ
1+ 0
G (υ ) = G0 n
υ
(2πυ )
con n e C0 costanti opportune.
Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 43
Sono forze e momenti generati dalla presenza di non uniformità del gruppo ruota (pneumatico +
cerchio-ruota + mozzo + freno) variabili periodicamente nel tempo (armoniche multiplo del giro
ruota).
Le non uniformità sono dovute principalmente a squilibri di massa, irregolarità geometriche anche
Un’irregolarità geometrica causa di un’imperfetta cilindricità del pneumatico e del cerchione, può
provocare ad esempio la vibrazione nel piano longitudinale del pneumatico, come mostrato in
Figura 2.2.4.
Figura 2.2.5. Variazione della forza radiale nel pneumatico causa la presenza di irregolarità.
Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 44
L’effetto di tale eccentricità è sostanzialmente l’insorgere di forze verticali (Figura 2.2.5) la cui
ampiezza dipende dalla rigidezza dinamica del pneumatico, longitudinali e trasversali. Per tutte la
frequenza è quella corrispondente alla rotazione della ruota più le varie armoniche.
media frequenza (a partire da 40÷50 Hz in direzione laterale e longitudinale). In Figura 2.2.6 viene
riportata, a titolo di esempio, un possibile andamento in frequenza della rigidezza verticale del
pneumatico, con un picco marcato alla frequenza di risonanza della struttura in senso verticale e le
Le forzanti dovute al propulsore sono rappresentate da coppie e forze generate per effetto della
La frequenza delle varie armoniche della velocità di rotazione del motore si ottiene tramite la
semplice relazione
RPM
fn = n
60
Il campo di frequenza delle armoniche del II ordine, le più importanti nei motori 4 cilindri 4 tempi,
è compreso tra 25÷30 Hz con motore al minimo e 200÷250 Hz al regime di massima rotazione.
È noto che il distacco di vortici dalle superfici lambite dall’aria può provocare forti vibrazioni nelle
strutture, soprattutto nelle appendici aerodinamiche. Inoltre le oscillazioni delle superfici dovute ad
altri tipi di input possono combinarsi con il vento incidente dando origine ad oscillazioni
autoeccitate (flutter).
oscillazioni scarsamente smorzate probabilmente legate all’interazione dei moti di cassa con il
Figura 2.2.7. Oscillazioni del carico aerodinamico posteriore per una vettura da competizione.
Le varie forze dinamiche a cui è soggetta la vettura durante la marcia su strada produrrebbero
sulla cassa del veicolo senza alcun tipo di attenuazione. A questo scopo sono previste le
sospensioni, cioè dei sistemi elastici e smorzanti che isolano il telaio dalle principali fonti di
eccitazione.
Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 46
• assicurare precisi movimenti relativi ruota-telaio per sfruttare in modo ottimale l’aderenza
Per l’isolamento delle vibrazioni le vetture da competizione sono dotate di elementi elastici (molle,
barre di torsione, pneumatici) che fungono da isolanti veri e propri, e di elementi smorzanti
(ammortizzatori) che hanno lo scopo di limitare le escursioni dinamiche che si creano per la
Mentre il comportamento delle molle e delle barre antirollio è perfettamente lineare nella curva
forza-deformazione, gli ammortizzatori, di cui viene riportato uno schema costruttivo in Figura
2.2.8, sono caratterizzati da una specifica curva di risposta forza-velocità di applicazione del carico.
ammortizzatore KONI del tipo B1R1 impiegato nella vettura Dallara da FORMULA 3.
Tale curva è stata ottenuta sperimentalmente su apposito banco di prova per ammortizzatori. Nella
caratterizzazione degli ammortizzatori vengono solitamente riportate due curve sullo stesso
Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 47
diagramma, una relativa alla risposta di schiacciamento (bound), l’altra a quella di stiramento
(rebound); i segni della forza che l’ammortizzatore oppone sono necessariamente opposti.
1000
750 BOUND
F = -0,0009v 2 + 2,8973v
500
250
Forza [N]
0
0 50 100 150 200 250 300 350
-250
Velocità [mm/s]
-500
REBOUND
-750
F = 0,0013v 2 - 3,0656v
-1000
FB, R
c= [Ns/m]
v
Poiché i dati ottenuti dalle prove sperimentali sono interpolabili molto bene con una curva di
FB , R = c1B , R v 2 + c2 B , R v + K
La sospensione filtra le vibrazioni assorbendo arte dell’energia immessa dalla sorgente sotto forma
di energia elastica, energia cinetica delle masse non sospese (ruote + parte delle sospensioni stesse)
ed energia termica.
Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 48
Tale effetto si verifica su vibrazioni di a frequenza superiore alla prima frequenza propria di corpo
rigido della massa sospesa (corpo della vettura). In termini molto semplificati e qualitativi si può
affermare che la risposta del veicolo (output) prodotta da una data eccitazione (input) sia espressa
dalla relazione:
Figura 2.2.10. Spettro di profilo stradale (input), trasmissibilità del veicolo, risposta (output).
Nel caso illustrato, relativo ad una eccitazione di tipo random, lo spettro della risposta è
Per comprendere meglio l’azione di isolamento dalle vibrazioni è possibile fare riferimento a
L’espressione della trasmissibilità per il sistema ad un grado di libertà di Figura 2.2.11 vale
2
ω
1 + 2ζ
Y0
= ωn (2.2-1)
2
X0 ω 2 ω
2
1 − + 2ζ
ω n ω n
in cui
m = massa sospesa
K
ωn = = pulsazione naturale o di risonanza
m
c
ζ = = coefficiente di smorzamento. Figura 2.2.11. Modello di sospensione a 1 g.l.
2 Km
Un grafico della trasmissibilità in funzione della frequenza al variare del parametro adimensionale ζ
viene riportato di seguito; è importante sottolineare il fatto che valori più alti del coefficiente di
smorzamento riducono l’ampiezza del picco alla frequenza di risonanza, ma garantiscono meno
spostamento. Si nota in questo caso che lo smorzamento controlla l’ampiezza di forza in condizioni
L’evoluzione del modello a 1 grado di libertà di Figura 2.2.11 per lo studio della dinamica verticale
del veicolo, è rappresentata dal modello De Carbon a due gradi di libertà detto modello del quarto
di macchina.
dinamica Kt.
K S Kt
RR = .
K S + Kt
RR
ωn =
M
ωd = ωn 1−ζ 2 .
Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 51
Le grandezze che generalmente interessano sono lo spostamento della massa sospesa rispetto
Alcune curve qualitative di risposta in frequenza del modello a due gradi di libertà vengono
Figura 2.2.14. Trasmissibilità alla massa sospesa per il modello a 2 g.l. per diversi ζ.
risonanza della massa sospesa, mentre rimane quasi invariata l’ampiezza della risonanza delle ruote,
e il guadagno del sistema addirittura aumenta nelle frequenze comprese tra le due risonanze.
Scrivendo e manipolando le equazioni differenziali del moto per tale sistema, si possono esaminare
le vibrazioni prodotte sulla massa sospesa a causa delle forzanti della strada, del rotolamento o di
forze esterne, come quelle di natura aerodinamica. La risposta del sistema ad ogni tipo di forzante
Per le forzanti date dal profilo stradale il guadagno è il rapporto tra i parametri del moto della massa
sospesa (accelerazione, velocità o spostamento) e l’equivalente (Zr) del manto stradale; in figura è
Z
rappresentato l’andamento del rapporto tra le accelerazioni al variare della frequenza
Zr
dell’eccitazione.
Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 52
Alle bassissime frequenze il guadagno è unitario, cioè la massa sospesa si muove seguendo il
profilo stradale. Alla frequenza di 1 Hz si ha la risonanza, dove l’input stradale viene amplificato, di
un fattore che risente molto del coefficiente di smorzamento della sospensione. Dopo la risonanza le
La risposta del sistema a forzanti derivate dal rotolamento del pneumatico vede come input la forza
d’eccitazione della ruota FW, come output l’accelerazione della massa sospesa moltiplicata per la
Z ⋅ M
massa stessa per avere il rapporto adimensionale . Tale rapporto vale zero per la frequenza
FW
nulla, cresce e mostra un picco alla frequenza di risonanza e raggiunge il massimo alla frequenza di
risonanza della ruota, attorno ai 10 Hz. A questa frequenza il guadagno è unitario: la forza prodotta
dalla non uniformità della ruota viene interamente trasmessa alla cassa del veicolo.
La risposta della massa sospesa a forzanti esterne FB può essere espressa ancora con il rapporto
Z ⋅ M
adimensionale ; la risposta in questo caso è simile, ma mostra una maggiore influenza della
FB
risonanza della massa sospesa. Alle alte frequenze il guadagno approssima l’unità in quanto gli
spostamenti diventano così piccoli che la forza trasmessa dalla sospensione non cambia e la forza
Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 53
viene dissipata come accelerazione della massa M. Di conseguenza, almeno virtualmente, tutte le
forze esterne agenti sul corpo del veicolo contribuiscono allo smorzamento delle vibrazioni.
2.2.4 Ruolo della massa non sospesa e del pneumatico nella vettura da competizione
Dopo il corpo del veicolo, la massa degli assali, di parte delle sospensioni e delle ruote costituisce la
seconda grande massa in grado di generare risonanza come corpo rigido. Ogni ruota possiede una
frequenza di risonanza che può venire eccitata dalle forzanti del suolo stradale o dalle vibrazioni
La frequenza di risonanza della massa non sospesa è maggiore di quella del corpo del veicolo, ed
Kt + K S
ωa = .
m
Il modello De Carbon di quarto di macchina può essere impiegato per indagare qualitativamente
l’influenza della massa non sospesa sulla trasmissibilità al corpo del veicolo delle asperità stradali;
in Figura 2.2.16 vengono diagrammati diversi andamenti del rapporto Z/Zr al variare del valore
della massa non sospesa: quello nominale (Typical, circa il 10 % del totale), due volte il nominale
Figura 2.2.16. Effetto della massa non sospesa sull’isolamento delle vibrazioni.
Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 54
L’incidenza della massa non sospesa sulla risonanza principale del corpo della vettura è pressoché
nulla, mentre essa sposta la seconda risonanza verso frequenze minori o maggiori a seconda del
In particolare un aumento della massa non sospesa amplifica la risposta del sistema, andando a
peggiorare le qualità di conduzione del veicolo, mentre una massa minore oltre ad abbassare la
trasmissibilità alle medie frequenze, genera la risonanza ad una frequenza più alta e quindi
Nella dinamica verticale del veicolo da competizione riveste grande importanza la scelta del gruppo
ammortizzatore della sospensione. L’elevata rigidezza delle molle e dei pneumatici, unita al valore
molto contenuto della massa sospesa e non sospesa, fanno si che tutte le frequenze di risonanza
analizzate traslino vero valori più elevati. Anche le frequenze di eccitazione sono maggiori, a causa
Le molle vengono dimensionate in base alla rigidezza di cui necessità l’assetto della vettura; più
delicata è la scelta dello smorzamento. Nelle auto per passeggeri lo smorzamento viene ottimizzato
in vista del comfort, valutato in base all’accelerazione subita dai passeggeri stessi. Un compromesso
viene raggiunto per evitare un’eccessiva trasmissibilità nella frequenza di risonanza e per le alte
Per una vettura da competizione il coefficiente di smorzamento deve essere considerevolmente più
alto, per limitare movimenti eccessivi del veicolo ed avere un buon controllo su pista. Questo va
bene per le basse frequenze, ma alle alte frequenze un elevato coefficiente ζ implica uno
smorzamento più basso, attenuando in minore misura le oscillazioni della massa non sospesa e in
Zu
Si è visto che la trasmissibilità della massa non sospesa viene definita dal rapporto ; se tale
Zr
rapporto vale 1 il movimento ruota uguaglia il profilo altimetrico della strada, e la forza scambiata
Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 55
tra pneumatico e suolo è semplicemente il carico statico. Se invece assume valori elevati, la massa
non sospesa trasmette delle forze al corpo del veicolo, e la forza di contatto con il terreno si riduce.
Quindi una misura della tenuta di strada della vettura si può rifare alla trasmissibilità della massa
non sospesa; in riferimento al modello dinamico del quarto di macchina si definisce il parametro di
Kt
R= ×σ
(M + m )g
in cui in cui σ = valore quadratico medio di Zu – Zr.
In modo analogo si può definire il parametro P che individua l’accelerazione media del corpo della
vettura e, tenendo conto della sensibilità dell’uomo, fornisce una misura della bontà della guida.
Come previsto un buon coefficiente di smorzamento per la tenuta di strada si aggira attorno al
valore di 0.45, mentre per avere una bassa trasmissibilità al pilota ζ deve assumere valori
decisamente più bassi, attorno a 0.15. È interessante notare inoltre che il range di optimum per la
Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 56
tenuta è decisamente più esteso di quello di ottimizzazione della guida in termini di sollecitazioni
trasmesse al pilota.
Valori di η e di oscillazione del carico sono stati sviluppati nell’ambito della simulazione della
dinamica della vettura e delle sospensioni, e di un generico profilo stradale. Le Figure 2.2.19 (a) e
(b) mostrano due diagrammi relativi al calcolo di questi parametri per strada liscia e sconnessa.
Figure 2.2.19. Oscillazioni nella forza di contatto a terra e accelerazioni del corpo del veicolo per superficie
Nel caso di strada liscia il contatto battistrada-terreno è del 100 %, e la fluttuazione di carico
approssima lo zero (figura (a)); la scelta del coefficiente di smorzamento ideale è indirizzata quindi
verso l’ottimizzazione delle accelerazioni del telaio, per ottenere un buon compromesso tra
Nel caso più probabile in cui il suolo presenti delle sconnessioni, il coefficiente η si avvicina al 100
% solo per alti valori dello smorzamento, fino a 20 volte quello lo smorzamento ideale per il primo
caso (si noti il cambiamento di scala nella figura (b)). Lo smorzamento ideale, di 1 kNs/m nel caso
meglio comprendere quale sia il meccanismo di trasmissione delle forze e delle accelerazioni tra il
terreno e la macchina (Figura 2.2.20), essendo la gomma dotata di una dinamica propria e di una
struttura in grado di variare le proprie caratteristiche meccaniche in funzione delle condizioni in cui
si trova ad operare.
Capitolo 2.2. Ruolo del comportamento dinamico verticale del pneumatico 58
La sperimentazione al banco si colloca per alcuni versi in una posizione intermedia tra la
non un suo modello matematico, e al contempo le condizioni di prova sono più controllate e
La sperimentazione al banco trova quindi la sua naturale collocazione quando non sia disponibile un
modello di calcolo adatto per le prove che si intende effettuare, e nel caso in cui la sperimentazione
su strada non consenta la misura di alcuni segnali ritenuti importanti. In particolare su strada non è
possibile misurare i segnali di ingresso alle ruote e ciò non permette la valutazione delle funzioni di
riprodurre le normali sollecitazioni stradali, anche di eccitare la struttura con i segnali più adatti per
lo studio dinamico della vettura. Le prove al banco inoltre possono essere utilizzate per la verifica e
la taratura dei modelli di calcolo o per il test di componenti isolati della vettura, come potrebbe
essere il pneumatico.
Nel capitolo a seguire viene presentato il banco di prova a sette assi verticali, detto Seven-Poster
Rig, utilizzato dalla Dallara Automobili per le prove dinamiche sulle vetture da competizione. Lo
stesso banco è stato poi utilizzato per l’analisi e la caratterizzazione della dinamica dei pneumatici
3.1 Introduzione
Uno degli aspetti più delicati e decisivi nel mondo delle corse è rappresentato dal setup (o assetto)
della macchina ad ogni corsa e per ogni diversa condizione del tracciato. Negli ultimi anni, accanto
all’indispensabile esperienza degli ingegneri di pista e dei meccanici e alle sensazioni di guida del
ambienti chiusi con banco di prova o via software mediante lo sviluppo di modelli matematici, del
Un prezioso strumento per testare i componenti attivi del veicolo (ammortizzatori, pneumatici,
bilanciamento pesi) in vista di una ottimizzazione del comportamento globale su strada, è il banco
di prova detto Four o Seven-Poster Rig. La dinamica verticale della vettura viene studiata
riproducendo con il movimento di attuatori oleodinamici (quattro o sette) le eccitazioni del tracciato
Attraverso un complesso sistema di sensori per l’acquisizione dati e un insieme di software dedicati
può essere un valido strumento, veloce ed economico, da affiancare al banco sperimentale. Poiché
in molte categorie di corse le differenze tra una macchina vincente ed una di prestazioni medie sono
attualmente assai ridotte in percentuale, un buon modello deve essere strutturato correttamente e
contenere in sé i parametri del sistema in esame, come corpo macchina, sospensioni, gomme,
caratterizzati con il minimo errore rispetto al reale. Da ciò può scaturire l’esigenza e la possibilità di
un utilizzo parallelo del Poster Rig per calibrare e validare i parametri in gioco mediante accurati
test sperimentali.
Il Seven-Poster Rig, con cui si sono condotte le prove dinamiche sui pneumatici, viene
rappresentato in Figura 3.1; sono ben visibili i quattro attuatori principali su cui la vettura viene
appoggiata per il test e gli altri tre pistoni oleodinamici disposti centralmente il cui azionamento,
Il banco di prova Seven-Poster Rig, realizzato dall’inglese Servotest LTD per Dallara Automobili
S.p.A., è costituito essenzialmente da quattro piccole piattaforme rivestite in teflon che fanno capo
ai rispettivi pistoni (vedi Figura 3.2 pagina seguente) su cui il veicolo viene appoggiato.
I pistoni sono fissati, mediante serraggio con bulloni, a quattro piastre in acciaio fissate a terra e
munite di guide; in questo modo è possibile spostare ogni attuatore per la regolazione delle distanze
di passo e carreggiata anteriore e posteriore adattando il banco a diversi tipi di vetture da corsa.
Per simulare il profilo del tracciato stradale ogni pistone può essere mosso indipendentemente dagli
della pressione dell'olio che scorre all’interno degli attuatori con l’ausilio di servovalvole.
Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig 61
Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig 62
L’olio che circola nel sistema è mandato in pressione da una pompa a pistoni munita di sistema di
Due condotti ad alta pressione ed ampia sezione, uno di andata e uno di ritorno, collegano la pompa
Le servovalvole che regolano l’afflusso di olio nei pistoni sono montate a ridosso del corpo dei
cilindri, per ottenere la massima precisione nella risposta evitando fenomeni di inerzia dell’olio o di
distorsione elastica dei condotti. Per ogni attuatore è presente un set di tre servovalvole Moog
controllate via software, il quale può confrontare il segnale di posizione con quello desiderato
sensi di funzionamento.
Figura 3.3. Attuatore oleodinamico. variazioni della portata del flusso d’olio.
Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig 63
In Tabella 3.1 di seguito riportata si evidenziano le caratteristiche peculiari dei quattro attuatori
Attuatore Specifica
Diametro pistone 80 mm
Corsa ± 150 mm
Forza sviluppata 25 kN
Servovalvole SV 75/760
Per impedire il danneggiamento dei componenti o della vettura stessa oggetto del test, nel caso in
cui ad uno o più attuatori venga richiesta la massima corsa ad elevata velocità, entrano in funzione
delle valvole di sicurezza; il disegno del collettore che porta l’olio in pressione nei cilindri prevede
infatti una camera “morta” a fine corsa in cui l’olio viene compresso senza via d’uscita dal pistone,
il quale è velocemente rallentato senza poter entrare in contatto con il fondo del cilindro.
Si ritorna nelle normali condizioni di esercizio quando il sistema di controllo DCS (Digital Control
System) riceve un appropriato segnale di fondo corsa e comanda lo svuotamento della camera
Tenute idrostatiche
Ciascun attuatore è munito di tre gruppi di tenuta e guida del pistone; due sono ricavate all’interno
del cilindro, una è disposta sulla testa del corpo dell’attuatore. Il suo principio di funzionamento
viene schematizzato in Figura 3.5; l’utilizzo di guide di tipo idrostatico è giustificato dal
bassissimo attrito che esse offrono, dal fatto che si abbia il centraggio automatico del pistone e dalla
possibilità di contenere efficacemente gli elevati carichi laterali che si sviluppano nei test di
simulazione. Quando l’olio viene mandato in pressione il pistone viene posto nella sua posizione
Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig 65
centrale dalle guide laterali (prima illustrazione, le dimensioni del gioco non sono in scala).
distribuzione di pressioni che si è venuta a creare tenderà a riportare l’attuatore nella posizione
centrale.
Condotti e servovalvole
I condotti dell’olio in pressione sono disegnati per garantire le minime perdite di carico e una
bassissima deformabilità. Le servovalvole Moog SV65/760 sono montate direttamente sul corpo
dell’attuatore attraverso un collettore munito di tutte le entrate e le uscite necessarie per alimentare
e svuotare il cilindro. La loro capacità è pari a 65 litri/min, e il loro disegno permette alte
dell’olio (capacità 15µm), per impedire pericolose contaminazioni del fluido all’interno del cilindro.
In Figura 3.6 è rappresentato il particolare del gruppo di alimentazione; sono visibili il corpo del
collettore con i due condotti di andata e ritorno, le servovalvole (sviluppate in verticale), l’unità di
filtraggio (cilindro sulla linea di mandata), i due accumulatori (il più grosso sull’alimentazione, il
Accumulatori
Gli accumulatori di cui è fornito ogni attuatore sono costituiti da piccoli recipienti cilindrici che
contengono azoto in pressione separato dall’olio da una membrana flessibile. Quando si avvia la
pompa e il sistema viene mandato in pressione, l’olio comprime il gas fino ad eguagliare le due
pressioni nell’interfaccia tra i due fluidi; nel caso si abbia un improvviso picco nella domanda di
fluido da parte dell’attuatore, la pressione nel condotto diminuisce, il gas può espandersi e
smorzatore nel caso si abbia un picco di pressione nella mandata, prevenendo effetti di
Due grossi accumulatori da 50 litri ciascuno, contenenti questa volta olio in pressione, sono istallati
inoltre sulle linee di mandata e di ritorno che collegano la pompa al banco di prova. La loro
funzione è quella di far fronte a improvvisi cali di pressione per mantenere la stabilità del sistema;
inoltre funzionano da polmoni e smorzatori delle onde pressorie dovute al naturale funzionamento a
Il distributore centrale è progettato per una portata massima di 450 litri/min per condotto; valvole a
solenoide contenute in esso possono portare il fluido negli attuatori dalla pressione nulla a quella
media (adottata nella fase di riscaldamento del sistema) a quella massima d’esercizio pari a 210 bar.
Anche su questo componente sono presenti due accumulatori della capacità di 10 litri con la
funzione di riserva di fluido in pressione nel caso di irregolarità nella portata di alimentazione.
Attuatori aerodinamici
Tre ulteriori attuatori disposti sotto la scocca della vettura (uno anteriormente, due posteriormente)
hanno la funzione di simulare i carichi aerodinamici di cui la vettura, in funzione della sua velocità,
Figura 3.7. I due attuatori oleodinamici posteriori fissati alla campana della vettura in prova.
Il segnale fornito dalla cella di carico permette all’attuatore di operare in condizioni di controllo di
carico e di riprodurre una sequenza di carichi in funzione del tempo. Il ciclo di feedback retroattivo
presenta in questo caso qualche difficoltà, poiché il movimento della vettura provoca variazioni nel
Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig 68
Attuatore Specifica
Diametro pistone 50 mm
Corsa 200 mm
Forza sviluppata 20 kN
Servovalvole SV 250
SV 5/770
carico applicato. Per questo sono stati realizzati degli elementi smorzanti (i grossi cilindri in acciaio
di Figura 3.7) che, con buona approssimazione, seguono il movimento della vettura senza influire
sul valore di carico applicato. Essi conferiscono inoltre maggiore stabilità all’anello di retroazione,
in cui viene incrementato anche il guadagno per minimizzare l’errore tra il carico misurato e quello
desiderato. Poiché le forze non desiderate sono proporzionali alla velocità imposta all’attuatore,
l’errore può essere ridotto utilizzando un segnale retroattivo di velocità per il comando dell’apertura
e chiusura delle servovalvole. Tale segnale viene ottenuto dall’integrazione numerica nel dominio
del tempo del segnale di accelerazione fornito dagli accelerometri posti negli attuatori stessi.
Trasduttori e sensoristica
Tutti gli attuatori sono muniti al loro interno di trasduttori di posizione, accelerazione e carico in
grado di fornire i segnali necessari per il feedback retroattivo e per l’analisi del comportamento
relativo alla sua posizione centrale (zero). Tale segnale è nella forma di una tensione
richiesto; quindi viene nuovamente confrontato il segnale di posizione ottenuto con quello
desiderato e si ottiene l’errore di posizione che il sistema tende a correggere. Il ciclo avviene
• Celle di carico
Sia gli attuatori principali che quelli aerodinamici possono fornire, tramite delle celle di
carico interne, la lettura istantanea del carico applicato. Il fondo scala è di 25 kN per i
vengono disposti sui punti di interesse della vettura in prova. I potenziometri ad asta, che
rilevano gli spostamenti relativi delle due estremità, vengono solitamente posizionati sui
quattro mozzi della vettura e sul telaio in posizione anteriore e posteriore. Tali spostamenti
sono tutti relativi a quello del pistone. Vengono inoltre rilevati gli schiacciamenti delle
Gli accelerometri possono essere applicati su qualsiasi porzione della vettura; di maggiore
interesse sono le accelerazioni dei mozzi (massa non sospesa) e del telaio (massa sospesa),
Gli attuatori vengono comandati e controllati in tempo reale dall’ultima versione di Controllo
Digitale Servotest, che consiste in un Pentium 200 PC compatibile con un sottosistema ad alta
risoluzione grafica e monitor 21”. L’elaboratore è dotato del Digital Signal Processor (DSP) Real
Time Control Card, che genera i segnali digitali di controllo del banco di prova.
Il software di controllo dell’intero sistema è stato appositamente sviluppato dai tecnici di MatLab, e
presenta una struttura aperta facilmente integrabile dall’utente con altre funzioni o routines
personalizzate.
L’architettura del software si presenta costituita da più moduli, dedicati a specifiche funzioni:
• ICS (Interactuve Control System) – genera il segnale di un profilo stradale (in controllo di
In Figura 3.8 viene riportato lo schema a blocchi del funzionamento del Sistema di Controllo
Digitale, mentre in Figura 3.9 riportata sotto è rappresentato lo schema dell’hardware del sistema.
In Figura 3.10 è mostrata una vettura FORMULA 3 sul banco di prova Seven-Poster. Si possono
notare i tre attuatori aerodinamici ancorati alla scocca, i potenziometri di spostamento sui mozzi, un
accelerometro sul telaio in corrispondenza dell’asse anteriore. L’olio è in pressione, gli attuatori
sono caldi, tutto è pronto per l’inizio di un test di simulazione per caratterizzare il comportamento
Figura 3.11. Andamenti nel tempo delle accelerazioni reali dei quattro mozzi.
Caricate le informazioni relative alla pista oggetto della prova, il sistema di controllo muove gli
attuatori in modo da ottenere sui quattro mozzi le accelerazioni riscontrate in pista con rilevamenti
Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig 73
Nella Figura 3.12 vengono invece riportati, nell’ordine, gli spostamenti in direzione verticale dei
quattro mozzi, la velocità e le accelerazioni longitudinale e laterale della vettura relativi ad un giro
Figura 3.11. Andamenti reali nel tempo delle accelerazioni dei quattro mozzi.
Una volta concluso il test, tramite il sistema di acquisizione dati e l’elaborazione degli stessi, è
possibile determinare il comportamento dinamico della vettura con quel determinato setup, in
termini di funzioni di trasferimento nel dominio delle frequenze tra le quantità di interesse.
Nel caso di sistemi lineari, e si suppone che nel complesso il veicolo sia un sistema di questo tipo,
La funzione di trasferimento tra due funzioni u(t) e h(t) definite nel dominio del tempo è una
funzione G(s) nel campo della variabile complessa s =α+iβ e definita dall’espressione:
U ( s)
G( s) =
H ( s)
+∞
U ( s ) = L[u (t )] = ∫ u (t )e − st dt
0
+∞
H ( s ) = L[h(t )] = ∫ h(t )e − st dt.
0
Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig 74
Si ricorda che si può passare dalla trasformata di Laplace a quella di Fourier, ottenendo la funzione
senso opposto ovvero dalla trasformata di Fourier a quella di Laplace. Questo permette la
Le funzioni di trasferimento solitamente analizzate sono quelle relative alle accelerazioni anteriore e
posteriore del telaio rispetto a quella degli attuatori, e allo spostamento in direzione verticale del
telaio o dei mozzi delle ruote. Quest’ultima grandezza definisce la deformazione del pneumatico e
Figura 3.12. Sweep in frequenza utilizzato per l’analisi dinamica della vettura.
Notevole importanza riveste infatti l’analisi delle forze di contatto a terra tra i pneumatici e il suolo
(nella simulazione i piattelli di appoggio), valutate mediante le celle di carico poste negli attuatori.
Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig 75
Le finalità di un buon setup della macchina sono infatti quelle di garantire la minor variazione
possibile dell’altezza da terra del veicolo, oltre a mantenere costante nei limiti del possibile il valore
della forza di contatto a terra per ottenere una buona aderenza, a costo di non offrire una bassa
presenti su strada.
Mediante l’analisi e il confronto delle funzioni di trasferimento e delle loro fasi, di cui viene
riportato un esempio nelle Figure 3.13 e 3.14, viene data un’interpretazione della qualità del setup
della macchina. Variando la taratura delle sospensioni, l’assetto della vettura o le pressioni dei
Figura 3.13. Funzioni di trasferimento delle accelerazioni dei mozzi anteriore e posteriore.
Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig 76
In Figura 3.12 viene riportata una curva nel dominio del tempo, che rappresenta la legge di
spostamento di ogni singolo attuatore, generalmente adottata per la caratterizzazione globale della
vettura. Mediante tale curva, detta a velocità costante, vengono infatti indagate più frequenze con
Si può in questo modo ottenere la risposta in frequenza del sistema, che presenta uno o più
risonanze alle frequenze caratteristiche della massa sospesa (il telaio e parte dei braccetti delle
sospensioni) e di quella non sospesa (pneumatici, mozzo ruota, pinze dei freni).
Capitolo 3. Il Seven-Poster Rig 77
Si può notare come oltre i 10÷11 Hz il segnale non si presenti particolarmente pulito, a causa
In ogni caso il primo picco in frequenza rappresenta la risonanza del telaio, il secondo quella del
movimento di pitch (vedi Capitolo 2); la risonanza della massa non sospesa si dovrebbe trovare a
frequenze più elevate, tra i 15 e 18 Hz, ma è evidentemente troppo smorzata per risultare
individuabile. Il movimento assoluto del telaio è quindi rilevante nelle basse frequenze, mentre le
alte frequenze vengono in gran parte filtrate dai pneumatici; modificando la pressione dei
pneumatici, la taratura degli ammortizzatori o l’assetto (bilanciamento dei pesi) della vettura si può
variare anche sostanzialmente la risposta in frequenza del sistema, in quanto vengono modificati
Un’altra applicazione del banco di prova Poster Rig impiegata per lo studio del gruppo
ammortizzatore prevede l’impiego di una sollecitazione impulsiva del tipo di Figura 3.15 da parte
35
30
Spostamento [mm]
25
20
15
10
0
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0
Tempo [s]
di un singolo attuatore, con lo scopo di simulare l’impatto della vettura con un cordolo.
Lo studio della risposta del veicolo e il confronto con altri tipi di tale componente può fornire
Una completa caratterizzazione dei parametri del sistema, analizzati singolarmente, può risultare in
generale molto utile per comprendere a pieno la loro influenza sul comportamento dinamico globale
del veicolo.
Mentre per il gruppo ammortizzatore si hanno dati esaurienti sulla dinamica di bound e rebound
ottenuti con uno specifico banco di prova per ammortizzatori, i pneumatici PIRELLI anteriore e
posteriore presentano una certa incertezza nella loro caratterizzazione; da qui l’esigenza, vista anche
dapprima per sollecitazioni di tipo statico, in seguito per sollecitazioni dinamiche, che possa mettere
smorzamento) in funzione della temperatura d’esercizio. Durante la corsa le gomme vanno infatti in
temperatura, mentre le prove sul Seven-Poster Rig vengono condotte “a freddo”, e risulta quindi di
una certa rilevanza l’indagine degli effetti della temperatura sul comportamento del pneumatico, in
vista di un ulteriore affinamento nella corrispondenza tra risultati della simulazione su banco di
concentrati in grado di descrivere con buona approssimazione la dinamica della vettura Dallara da
In particolare verrà analizzata l’influenza della risposta in frequenza del pneumatico in tale modello,
con lo scopo di comprendere quale sia il suo peso nella dinamica globale della vettura e nei test sul
4.1.1 Introduzione
La rigidezza verticale è una caratteristica propria del pneumatico, in quanto dipende strettamente
dalla struttura della carcassa e del battistrada, dalla mescola utilizzata nella costruzione, dalle
I parametri fisici che possono apportare anche grosse variazioni nel valore di rigidezza sono invece
esercizio, la deformabilità del suolo su cui la gomma appoggia. Ritenendo che nella realtà tale
deformabilità sia trascurabile, con un banco di prova appositamente allestito sono stati condotti una
serie di test sperimentali per determinare la rigidezza verticale statica di pneumatici PIRELLI
Variando la natura delle prove si è potuta valutare l’influenza di ciascun parametro sul
comportamento verticale del pneumatico. In particolare l’attenzione è stata concentrata sul fattore
termiche, cui la gomma è particolarmente sensibile, sono state considerate infatti particolarmente
significative per meglio comprendere i possibili cambiamenti nella risposta della vettura sul banco
di prova “a freddo” del Poster Rig. In pratica per valutare in termini non solo qualitativi l’errore che
si commette nel simulare su banco il comportamento stradale della vettura, nella piena
I test di caricamento statico sono stati condotti quindi sia a temperatura ambiente che a caldo, ad
una temperatura del pneumatico corrispondente a quella media di esercizio durante una
competizione.
Nel corso delle prove in temperatura è stata inoltre dimostrata l’inaffidabilità del metodo di misura
adottato nelle prove a freddo; la bilancia utilizzata per la lettura del carico applicato, del tipo per
Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 80
bilanciamento dell’assetto in pista, nell’esercizio a caldo non sembrava fornire risultati attendibili.
Si è optato quindi per l’impiego di una cella di carico montata lontano da ogni fonte di calore, che è
I pneumatici oggetto dei test sono stati montati su una pressa da 50 tonnellate mediante una trave ad
U fissata al cilindro oleodinamico e due flange fissate al mozzo del cerchione. A causa della
differente larghezza dei pneumatici anteriore e posteriore, rispettivamente 200 e 250 millimetri, i
due supporti laterali sono stati muniti di registri che ne consentissero l’adattamento.
Tra la trave in acciaio e il pistone è stata posizionata la cella di carico, sensibile ai carichi di
compressione. La gomma ha trovato l’appoggio inferiore su una piastra in alluminio dello spessore
di 50 mm, praticamente indeformabile, la cui inclinazione è stata modificata con il riscontro di una
La strumentazione è stata completata con due comparatori centesimali montati direttamente sulla
piastra, in grado di valutare con una certa precisione i valori di abbassamento verticale di una barra
passante in alluminio fissata al cerchione. Il banco di prova completo è illustrato in Figura 4.1.1,
mentre particolari dell’apparato di misura sono visibili nelle Figure 4.1.2 (a) e (b).
Figura 4.12 (a) e (b). Particolari dei comparatori centesimali destro e sinistro.
La prova per la determinazione della rigidezza verticale ha consistito semplicemente nel caricare,
agendo sul distributore dell’olio in pressione della pressa, il pneumatico attraverso la trave ad U in
senso verticale, mentre venivano annotati i due abbassamenti destro e sinistro e il corrispondente
Un valore unico di abbassamento della gomma è stato ricavato dalla media algebrica dei due
abbassamenti degli estremi della barra in alluminio; il carico applicato, variabile tra 0 e 700 kg, è
stato rilevato in un primo set di prove dalla bilancia per assetto, in un secondo tempo, per il motivo
∆F
K= [kg/mm]
∆u
All’inizio di ogni prova è stato applicato ai pneumatici, sia anteriore che posteriore, un precarico di
100÷110 kg prima di portare a zero le letture di comparatori e cella di carico. Con tale operazione ci
si è posti nelle condizioni di deformazione iniziale dei fianchi e della carcassa in corrispondenza del
carico statico che la macchina trasmette alle ruote. Lo step di ogni singola prova è stato riferito
di 1, 3, 5, 7 e così via fino in genere a 12÷13 millimetri corrispondenti al carico massimo. Inoltre
per ogni test a pressione, temperatura e angolo di camber costante, sono stai svolti 4 cicli di carico
per avere a disposizione più risultati sovrapponibili e diagnosticare la ripetibilità delle misure.
Nello svolgimento delle prove in temperatura sono state impiegate delle termocoperte per uso in
4.1.4), ed una piastra in alluminio riscaldata da tre resistenze elettriche per simulare il riscaldamento
Per ottenere stabilmente le temperature desiderate, 65÷75°C per il battistrada, 38÷45°C per la spalla
del pneumatico, le termocoperte e la piastra sono state lasciate agire per un’ora e mezza circa prima
di procedere nei test in modo da avere una buona uniformità nella distribuzione di calore.
Nelle prove in temperatura si è mantenuto un angolo di camber costante, pari a zero, mentre è stata
In seguito ad una serie di prove condotte in temperatura è stata rilevata un’evidente incoerenza tra i
valori di rigidezza verticale trovati con quelli calcolati a temperatura ambiente. In particolare si è
notato, contro ogni aspettativa, un aumento della rigidezza col crescere della temperatura, dal quale
Da una più attenta analisi del funzionamento della bilancia per assetto è stato rilevato un
abbassamento del piano di appoggio durante il caricamento del pneumatico, che rappresentando
un’effettiva rigidezza aggiunta andava a falsare la misura della rigidezza propria della gomma. Tale
effetto è stato sensibilmente accentuato dal crescere della temperatura di esercizio durante le prove
a caldo, dando una completa spiegazione del fenomeno fittizio di indurimento della gomma.
Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 84
In Figura 4.1.5 viene riportato l’abbassamento della faccia superiore della bilancia (piano di
appoggio del battistrada) per due diverse temperature, misurato con l’impiego di un comparatore
centesimale.
Si può notare come l’andamento non sia lineare (e quindi come non si possa a rigore parlare di un
valore di rigidezza univocamente definito) e sia in qualche modo dipendente dalla temperatura.
2,5
Abbassamento del piatto [mm]
1,5
1
T = 40°C
0,5 T = 26 °C
0
0 200 400 600 800
Carico [kg]
trattandosi in effetti di due molle in serie, pneumatico e bilancia, di costante elastica equivalente
1 1 1
= +
Ke K p Kb
è comprensibile come l’aumento della rigidezza della bilancia Kb abbia un peso maggiore della
Constata l’inadeguatezza di un ulteriore impiego di tale strumento di misura, è stata utilizzata una
cella di carico montata direttamente sulla testa del pistone lontano dalle fonti di calore, in seguito
opportunamente tarata con l’ausilio della bilancia, dotata di maggiore precisione, mediante una
Lo scostamento dei dati forniti dalla cella di carico rispetto alle misure effettuate con la bilancia è
risultato ben approssimabile con un andamento lineare in funzione del carico applicato. Tale
Di questo scostamento è stato in seguito tenuto conto correggendo i valori di carico rilevati durante
le prove.
12 y = 0,0184x + 1,298
Scostamento tra le letture [kg]
R2 = 0,9409
10
0
0 200 400 600 800
Carico [kg]
Essendo infatti pari a 0.0184 il coefficiente angolare della retta interpolante i punti trovati
sperimentalmente, con una certa approssimazione si può affermare che in pratica per ogni 100
chilogrammi applicati la cella di carico risulta in errore, rispetto alla bilancia, di 1.84 kg in eccesso.
Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 86
I valori di carico L* trovati nel corso delle prove sono stati dunque corretti per ottenere quelli
effettivi Le:
Le = (1 − 0.0184) ⋅ L* = 0.9816 ⋅ L * .
Nelle Figure 4.1.7 e 4.1.8 vengono riportati a confronto i due strumenti di misura con le differenti
utilizzazioni.
Per ottenere il valore di rigidezza verticale relativo ad ogni singola prova sono stati diagrammati in
un foglio elettronico i valori di carico applicato in funzione dei corrispondenti abbassamenti della
gomma forniti dalla lettura dei comparatori; i punti così ottenuti si sono sempre interpolati
valutata come il coefficiente angolare della retta interpolante. Poiché è stato rilevato un leggero
ciclo di isteresi nel caricare e scaricare il pneumatico, benché non fossero immediati i passaggi da
un carico all’altro, la rigidezza effettiva è frutto della media delle due rigidezze, poco differenti tra
Un tipico grafico di rigidezza statica, comprensivo delle due rette di carico e scarico, è
250
Kc = 19,571u + 0,8254
2
R = 0,9999
200 CARICO
Carico [kg]
150
Ks = 18,92u - 8,1919
100 2
R = 0,9983
SCARICO
50
0
0 5 10 15
Abbassamento [mm]
I risultati numerici globalmente ottenuti vengono di seguito riassunti nelle due Tabelle 4.1.1 e
4.1.2: nella prima si riportano i dati relativi al pneumatico anteriore PIRELLI F3 200/50, a freddo e
in temperatura, nella seconda si riportano i risultati relativi a quello posteriore PIRELLI F3 250/55.
Per ogni tabella nella prima colonna è riportata la pressione di gonfiaggio, nelle tre successive i
corrispettivi valori di rigidezza verticale espressa in kg/mm relativi ai tre angoli di camber
considerati, pari a 0, 2.5 e 5 gradi. Nell’ultima colonna sono presenti le rigidezze del pneumatico
provato in temperatura a camber nullo; una tipica distribuzione media di temperature è stata:
[bar]
[bar]
Per una più facile e significativa interpretazione, i risultati delle prove effettuate sono stati
diagrammati in funzione della pressione di gonfiaggio. Nelle tre Figure 4.1.10, 4.1.11 e 4.1.12
22,0
20,4
20,0 Ko = -3,1149p2 + 17,162p + 1,6442
19,6
R2 = 0,9968
Rigidezza [kg/mm]
18,7
18,0
17,6
16,7
16,0 15,9
14,7
14,0
13,2
12,0
0,7 0,8 0,9 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6
Pressione [bar]
22,0
18,3
18,0
17,3
16,3
16,0
15,3
14,0 14,2
12,0
0,7 0,8 0,9 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6
Pressione [bar]
vengono diagrammati gli andamenti della rigidezza verticale per i tre angoli di camber considerati
22,0
18,6
18,0
17,7
16,8
16,0 15,8
14,9
14,0
13,6
12,0
0,7 0,8 0,9 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6
Pressione [bar]
In ognuno dei diagrammi viene riportata la linea di tendenza dei valori trovati con la relativa
equazione, che esprime l’andamento della rigidezza K in funzione della pressione p, e la stima
(parametro R2) di quanto l’approssimazione nell’interpolare i punti sperimentali sia corretta. Con il
simbolo K0 viene indicata la rigidezza a camber nullo, con K2.5 quella a camber di 2.5°, con K5.0 a
camber di 5°.
È possibile diagrammare, per agevolare un confronto più diretto, le tre serie di risultati relative alla
rigidezza statica del pneumatico anteriore, in un unico grafico, che viene riportato in Figura 4.1.13.
Nei tre colori vengono evidenziati gli andamenti della rigidezza per i tre differenti angoli di camber
A seguire vengono diagrammati i risultati delle prove in temperatura assieme a quelli a freddo a
20,0
Rigidezza verticale [kg/mm]
18,0
Camber 0°
16,0
Camber 2,5°
Camber 5,0°
14,0
12,0
0,7 0,8 0,9 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6
Pressione [bar]
Figura 4.1.13. Confronto delle rigidezze verticali a differenti angoli di camber, pneumatico anteriore.
21
20,4
20 19,9
2
Rigidezza a freddo Kf = -3,1149p + 17,162p + 1,6442 19,6
Rigidezza verticale [kg/mm]
2
19 R = 0,9968 18,9
Rigidezza in temperatura 18,7
18,2
18
17,6
17,2
17 2
Kt = -1,4765p + 12,866p + 3,8968
16,7 2
16,4 R = 0,9979
16 15,9
15,2
15
14,7
14 14,1
13,4
13,2
13
0,7 0,8 0,9 1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6
Pressione [bar]
Figura 4.1.14. Confronto delle rigidezze verticali a freddo ed in temperatura per il pneumatico anteriore.
Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 92
Di seguito vengono riportati, nella Figure 4.1.15 e seguenti, diagrammi analoghi ai precedenti
24,0
23,6
22,0 22,1
20,7
Rigidezza [kg/mm]
20,0
19,4
18,5
18,0
17,2
16,0 15,8
2
Ko = 0,8536p + 10,749p + 5,4443
14,5 2
R = 0,9982
14,0
12,0
0,7 0,8 0,9 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6
Pressione [bar]
24,0
22,0 21,8
2
K2,5 = -3,2429p + 17,781p + 2,5818 21,3
2
R = 0,998
Rigidezza [kg/mm]
20,3
20,0
19,1
18,0 18,2
17,0
16,0 16,0
14,8
14,0
0,7 0,8 0,9 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6
Pressione [bar]
22,0
20,9
20,0 19,8
Rigidezza [kg/mm] 19,0
18,4
18,0
16,9
16,0 16,0
2
14,7 K5,0 = -6,5952p + 26,197p - 3,7217
2
14,0 R = 0,9956
12,9
12,0
0,7 0,8 0,9 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6
Pressione [bar]
24 Camber 0°
Rigidezza verticale [kg/mm]
Camber 2,5°
22
Camber 5,0°
20
18
16
14
12
0,7 0,8 0,9 1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6
Pressione [bar]
Figura 4.1.18. Confronto delle rigidezze verticali a differenti angoli di camber, pneumatico posteriore.
Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 94
23,6
23 2
Kf = 0,8536p + 10,749p + 5,4443
Rigidezza a freddo 2
R = 0,9982
22,1
21,7
Rigidezza in temperatura
21
Rigidezza [kg/mm]
20,7
20,4
19,4 19,2
19
18,5 18,4
17,5 2
17 17,2 Kt = 0,1613p + 10,376p + 5,6912
2
R = 0,9971
16,2
15,8
15 15,1
14,5
14,1
13
0,7 0,8 0,9 1,0 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6
Pressione [bar]
Figura 4.1.14. Confronto delle rigidezze verticali a freddo ed in temperatura per il pneumatico posteriore.
1. L’abbassamento del mozzo della gomma sotto carico, sia anteriore che posteriore,
una retta per ogni condizione di prova; il coefficiente angolare di tale retta ha fornito i
struttura del pneumatico dovuto alla maggiore tensione della carcassa portante indotta
con una curva del secondo grado per tutti i casi esaminati (anche le prove in
corrispondente alla pressione di 0.8 bar, subisce un incremento significativo (fino al 62%
posteriore; nel primo caso si ottengono le rigidezze più elevate per un’inclinazione
decadimento delle prestazioni; tale fatto può essere semplicemente imputato al differente
diminuzione (fino al 9% per il pneumatico posteriore alla pressione di 1.5 bar) della
funzione della pressione di gonfiaggio è comunque ben approssimabile con una curva
parabolica.
angoli di inclinazione per poi calare. Per le prove in temperatura si nota invece una
diminuzione decisa di tale parametro per entrambe i pneumatici, la quale indica una
Capitolo 4.1. Prove di rigidezza verticale statica 96
maggiore stabilità nella risposta del pneumatico al variare della pressione. Per il
7. Un confronto con i dati forniti dalla casa costruttrice risulta quasi impraticabile in quanto
non sono note con precisione le condizioni di prova dei test effettuati.
attorno ai 17 kg/mm, risultano comunque confrontabili con quelle trovate nelle prove
sperimentali condotte.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 97
4.2.1 Introduzione
Una completa serie di prove è stata condotta per la determinazione dei parametri che regolano la
alla semplice modellazione a parametri concentrati mostrata in Figura 4.2.1, sono stati identificati
In tale modello dinamico ad un grado di libertà si sono considerati due soli parametri che tengano
conto delle proprietà, rigidezza e smorzamento, di un continuo ben più complesso per costruzione e
comportamento; il movimento in senso verticale del pneumatico infatti non sempre è disgiunto, o è
sollecitazioni dinamiche.
In accordo con le scarse informazioni fornite a riguardo dalla Casa Costruttrice e presenti in
letteratura, è stata assunta l’ipotesi che rigidezza e smorzamento fossero dipendenti sia dai
parametri fisici e ambientali del pneumatico, come pressione di gonfiaggio, carico applicato e
temperatura del battistrada e della carcassa, che da quelli caratteristici della forzante adottata nelle
In poche parole a priori il sistema è stato considerato non lineare, e in vista di una conferma o di
Il primo passo, non senza poche difficoltà, è stata la realizzazione di un’attrezzatura sperimentale in
grado di testare i pneumatici senza interferire eccessivamente sul loro movimento libero.
Per eccitare in direzione verticale il pneumatico nell’area di contatto con il suolo, si è pensato
all’impiego di uno dei quattro attuatori principali del banco di prova Seven-Poster Rig, per sfruttare
Una prima soluzione di vincolamento della gomma, che viene riportata per completezza, non ha
fornito risultati apprezzabili; si è passati quindi necessariamente alla realizzazione di un altro tipo di
Ai pneumatici è stata applicata una zavorra in piombo di peso corrispondente al carico statico della
vettura agente sul mozzo; le motivazioni di tale scelta sono essenzialmente due, una di carattere
tecnico, l’altra più teorica. Dal punto di vista pratico la gomma va necessariamente zavorrata per
proprio il carico reale a vettura ferma, significa porsi nell’intorno della deformazione statica iniziale
della carcassa e del battistrada del pneumatico. Come verrà in seguito dimostrato, i parametri
dinamici, soprattutto la rigidezza, dipendono infatti in larga misura da tale deformazione; in linea di
elasticità e smorzamento.
Sul pneumatico anteriore si sono condotte anche prove con masse di zavorra e conseguenti
deformazioni differenti, in modo da poter analizzare la dipendenza del comportamento dinamico dal
carico applicato.
Le forzanti adottate per la caratterizzazione dinamica sono state di tipo sinusoidale in controllo di
Effettuate le prove, si è passati all’analisi dei risultati sperimentali, condotta con lo scopo di
validare il modello di dinamica verticale del pneumatico proposto, e di ottenere quindi gli
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 99
andamenti dei parametri K e c in funzione della frequenza d’eccitazione, della sua ampiezza, della
Mediante la costruzione per punti della risposta in frequenza della gomma per ogni condizione di
prova, è stato possibile ricavare i valori cercati, e completare una “mappatura” del comportamento
È stato possibile inoltre completare con una certa precisione la caratterizzazione dei parametri del
modello dinamico dell’intera vettura di FORMULA 3, valutando l’influenza del pneumatico sul
Dopo aver schematizzato il pneumatico come un sistema dinamico a un grado di libertà definito da
due parametri concentrati, lo scopo delle prove sperimentali è stato quello di definire tali parametri
Il pneumatico anteriore è stato zavorrato con una massa di 114.7 kg, pari alla percentuale della
massa totale della vettura che si scarica su metà dell’asse anteriore (vedi dettagli in Figura 4.2.2).
La zavorra è stata realizzata in piombo con due differenti tecniche per il lato esterno ed interno del
cerchione; su quello interno, figura (b), è stata fissata una campana circolare in lamierino d’acciaio
saldato in cui è stato fuso del piombo per una massa totale di 50 chilogrammi.
Sul lato esterno del cerchione, riportato nella figura (a), si sono impacchettate una serie di lastre di
piombo dello spessore di 2 millimetri, appositamente sagomate, ciascuna di massa pari a 2.2 kg. In
questo modo è stato possibile effettuare le prove con masse differenti semplicemente scegliendo il
numero di lastre da applicare. Le due zavorre sono state tenute assieme da una barra filettata in
acciaio del diametro di 22 mm, avvitata direttamente nella campana da una parte, munita di bullone
assicurato dal serraggio di due viti a prigioniero sulla flangia di supporto (traversa in nero di Figura
4.2.2 (a)). È stato calcolato il baricentro della distribuzione di massa delle due zavorre, e distanziali
di diverse misure sono stati interposti tra il piano d’appoggio del cerchione e le due flange, in modo
da equilibrare staticamente il pneumatico per impedire l’insorgere di moti in direzioni che non
Figure 4.2.3 (a) e (b). Vincolamento del pneumatico con guida e supporto.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 101
un’incastellatura con due guide verticali; i particolari sono mostrati nelle Figure 4.2.3 (a) e (b).
La gomma è tenuta in posizione da due perni in grado di scorrere nelle guide, e un braccio in
movimento verticale del pneumatico è invece reso possibile dalle due guide, che durante le prove
Il maggiore inconveniente che tale soluzione concettualmente molto semplice ha presentato, è stato
quello legato all’insorgere di martellamenti dei perni sulle guide e di conseguenti disturbi, rilevanti
per le frequenze di risonanza, nel moto libero del pneumatico; a poco è servito stringere
maggiormente i bulloni dei perni per ridurre i giochi presenti, in quanto la gomma ha cominciato a
muoversi descrivendo un semiarco nel piano verticale con centro in prossimità dei due perni.
La seconda soluzione adottata, dimostratasi vincente, ha previsto l’impiego di alcune funi munite di
tiranti per regolarne la tensione, ancorate da una parte al pneumatico, in modo da impedirne il
Infine, per valutare l’influenza dei parametri fisici e ambientali sul comportamento dinamico della
gomma, è stata variata la pressione di gonfiaggio e sono state impiegate delle termocoperte, dello
stesso tipo di quelle usate per le prove statiche, per mandare in temperatura la carcassa e il
battistrada del pneumatico. Come già puntualizzato, le prove a caldo rivestono grande importanza
nella valutazione dello scostamento tra il banco di prova e le condizioni di impiego su pista.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 103
4.2.3 Acquisizione dei dati e costruzione della risposta in frequenza del sistema
Il sistema di acquisizione dati ha previsto l’impiego di due accelerometri, uno disposto sulla
spostamento relativo tra mozzo del pneumatico e attuatore, e della cella di carico posta nel corpo
dell’attuatore per rilevare la contact patch load (forza di contatto a terra) del pneumatico.
Un esempio di tutti questi segnali, acquisiti alla frequenza di 4 Hz per il pneumatico anteriore, è
La risposta in frequenza del sistema è stata costruita per punti utilizzando i segnali di accelerazione
della massa sospesa (pneumatico + zavorra) e della base eccitatrice (piattello dell’attuatore).
Con riferimento al modello di Figura 4.2.1, l’equazione che descrive il comportamento del sistema
oscillante lineare a parametri concentrati e un grado di libertà, con eccitazione alla base, si scrive:
•• • •
M p x + c( x − y ) + K ( x − y ) = 0 (4-1)
cω 2
ϕ = arctg 2
angolo di sfasamento tra ingresso e uscita [rad]
K − Mω p
•• • ••
M p z + c z + Kz = − M p y (4-2).
È molto importante notare che le equazioni differenziali a coefficienti non costanti (indagine della
ricerca) (4-1) e (4-2), sono relative al modello di Figura 4.2.1 se e solo se il vincolo di contatto
battistrada - suolo è bilatero, non permette cioè il distacco da terra del pneumatico. Di tale ipotesi si
La risposta del sistema in termini di rapporto tra le accelerazioni e sfasamento tra entrata ed uscita,
è stata costruita per punti, ognuno relativo alla frequenza di prova, presupponendo che per ognuno
di tali punti il sistema fosse lineare. Di conseguenza, per ogni ϖ fissata, sia l’eccitazione della base
in cui Ain e Aout sono le ampiezze delle oscillazioni, ϕ lo sfasamento tra le due grandezze.
Per costruire la risposta del sistema si è quindi calcolato il rapporto β tra le due accelerazioni:
x
β=
y
passando attraverso la funzione di trasferimento tra i due segnali valutata alla frequenza di interesse.
In modo analogo è stato ricavato lo sfasamento ϕ espresso in radianti per la costruzione per punti
del diagramma della fase, andando cioè a leggere la parte immaginaria della funzione di
frequenza del sistema adottata, nel caso relativo al pneumatico PIRELLI anteriore, con
valore letto dalla cella di carico prima di appoggiare con l’ausilio di un paranco il pneumatico
sulla pedana.
2. Viene impostata la campagna di prove, che prevede in questo caso una legge di spostamento y
8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20
Il tempo t è stato generalmente pari a 20÷30 secondi, mentre l’acquisizione dei segnali è stata
limitata agli ultimi 10 secondi; questo per escludere dall’analisi un breve transitorio iniziale.
Nelle Figure 4.2.7 si riportano gli andamenti nel tempo acquisiti delle accelerazioni, (a) e (b), dello
spostamento relativo z, (c), della forza di contatto a terra (d) per la frequenza di 4 Hz.
Figure 4.2.7 (a) e (b). Accelerazioni della massa sospesa e della base a f = 4 Hz.
Nelle Figure 4.2.7 (e) ed (f) vengono diagrammati invece gli andamenti temporali del movimento
sinusoidale del piattello e della sua velocità, calcolata semplicemente derivando lo spostamento
rispetto al tempo.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 106
Figure 4.2.7 (c) e (d). Spostamento relativo z = x - y e forza di contatto a terra a f = 4 Hz.
3. Per ogni frequenza analizzata si è valutato il valore della funzione di trasferimento tra
accelerazione del mozzo e accelerazione del piattello alla frequenza corrispondente, ricavando il
nell’ambiente di MatLab.
Da un’analoga analisi sulla fase dei due segnali sono stati ottenuti i valori dello sfasamento ϕ,
che hanno permesso la costruzione per punti del diagramma di fase del sistema.
Tale diagramma si rivela particolarmente importante per valutare la presenza di risonanze nella
della fase.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 107
4. Con i punti ottenuti si costruiscono i diagrammi di ampiezza e fase, riportati di seguito a titolo
10
b
9
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22
f [Hz]
Figura 4.2.8. Risposta in frequenza del pneumatico PIRELLI anteriore, per Ain = 1 mm, p =1,05 bar.
f [Hz]
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22
-1,57
f [rad]
-3,14
Nella curva di risposta del sistema è evidente una prima netta risonanza alla frequenza di 6
diagramma della fase conferma la presenza di queste due risonanze con un cambiamento di
π radianti in corrispondenza del picco principale, e una “campana” alla frequenza di 19 Hz.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 108
Nelle figure da 4.2.10 a 4.2.21 si riportano le curve di risposta in frequenza del pneumatico
anteriore PIRELLI F3, di massa globale pari a 114.7 kg, costruite seguendo la metodologia esposta
al punto precedente.
Si ricorda che in ascisse viene riportata la frequenza f di eccitazione in Hz, in ordinate il rapporto
I parametri che sono stati variati sono la pressione di gonfiaggio p espressa in bar e l’ampiezza
Pressione
1.05 1.25 1.50
[bar]
1 1 1
Ampiezza di y(t) 1.5 1.5 1.5
[mm] 2 2 2
Le prime tre coppie di diagrammi sono relativi alle prove condotte a temperatura ambiente, ovvero
a freddo, mentre gli altri sei diagrammi alle prove con il pneumatico in temperatura con la
caso è risultata molto simile a quella delle prove statiche condotte sulla pressa (Capitolo 4.1),
Le pressioni durante le prove in temperatura sono state mantenute agli stessi valori dei test a freddo
Prove a freddo.
9
b
7
Pneumatico anteriore, pressione 1.05 bar
6 T = Tamb
5 Ain = 2 mm
4 Ain = 1.5 mm
3 Ain = 1 mm
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [Hz]
Figura 4.2.10. Risposte in frequenza del pneumatico anteriore a freddo e pressione di 1.05 bar.
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
Ain = 2 mm
Ain = 1.5 mm
-1,57
Ain = 1 mm
-3,14
Figura 4.2.11. Diagrammi delle fasi del pneumatico anteriore a freddo e pressione di 1.05 bar.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 110
7
b
4
Ain = 1 mm
3 Ain = 1.5 mm
Ain = 2 mm
2
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [Hz]
Figura 4.2.12. Risposte in frequenza del pneumatico anteriore a freddo e pressione di 1.25 bar.
Ain = 1 mm
Ain = 1.5 mm
-1,57
Ain = 2 mm
-3,14
Figura 4.2.13. Diagrammi delle fasi del pneumatico anteriore a freddo e pressione di 1.25 bar.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 111
7
b
4
Ain = 1 mm
3 Ain = 1.5 mm
Ain = 2 mm
2
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [Hz]
Figura 4.2.14. Risposte in frequenza del pneumatico anteriore a freddo e pressione di 1.50 bar.
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
Ain = 1 mm
Ain = 1.5 mm
-1,57
Ain = 2 mm
-3,14
Figura 4.2.15. Diagrammi delle fasi del pneumatico anteriore a freddo e pressione di 1.50 bar.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 112
Prove a caldo.
8
b
6
Pneumatico anteriore, pressione 1.05 bar
T = Thot
5
Ain = 1 mm
4
Ain = 1.5 mm
3
Ain = 2 mm
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [Hz]
Figura 4.2.16. Risposte in frequenza del pneumatico anteriore a caldo e pressione di 1.05 bar.
Ain = 1 mm
Ain = 1.5 mm
-1,57
Ain = 2 mm
-3,14
Figura 4.2.17. Diagrammi delle fasi del pneumatico anteriore a caldo e pressione di 1.05 bar.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 113
9
b
7
Pneumatico anteriore, pressione 1.25 bar
6 T = Thot
5 Ain = 1 mm
4 Ain = 1.5 mm
3 Ain = 2 mm
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [Hz]
Figura 4.2.18. Risposte in frequenza del pneumatico anteriore a caldo e pressione di 1.25 bar.
Ain = 1 mm
Ain = 1.5 mm
-1,57
Ain = 2 mm
-3,14
Figura 4.2.19. Diagrammi delle fasi del pneumatico anteriore a caldo e pressione di 1.25 bar.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 114
7
b
4
Ain = 1 mm
3 Ain = 1.5 mm
Ain = 2 mm
2
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [Hz]
Figura 4.2.20. Risposte in frequenza del pneumatico anteriore a caldo e pressione di 1.50 bar.
Ain = 1 mm
Ain = 1.5 mm
-1,57
Ain = 2 mm
-3,14
Figura 4.2.21. Diagrammi delle fasi del pneumatico anteriore a caldo e pressione di 1.50 bar.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 115
Un confronto tra le risposte del pneumatico al variare della pressione si può ottenere sovrapponendo
i diagrammi relativi ad una specifica ampiezza di ingresso Ain a differenti pressioni di gonfiaggio.
9
b
8
Pneumatico anteriore a freddo al variare della pressione
7 Ain = 1 mm.
6 p = 1.05 bar
5 p = 1.25 bar
4 p = 1.50 bar
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [Hz]
Figura 4.2.22. Risposta in frequenza a freddo al variare della pressione di gonfiaggio per Ain = 1 mm.
7
P n e u m a t ic o a n t e r io r e a f r e d d o a l v a r ia r e d e lla p r e s s io n e
b
A in = 1 .5 m m .
6
p = 1 .0 5 b a r
5 p = 1 .2 5 b a r
p = 1 .5 0 b a r
4
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [H z ]
Figura 4.2.23. Risposta in frequenza a freddo al variare della pressione di gonfiaggio per Ain = 1.5 mm.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 116
7
b
5
p = 1.05 bar
4 p = 1.25 bar
p = 1.50 bar
3
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [Hz]
Figura 4.2.24. Risposta in frequenza a freddo al variare della pressione di gonfiaggio per Ain = 2 mm.
9
b
8
Pneumatico anteriore a caldo al variare della pressione
7 Ain = 1 mm.
6 p = 1.05 bar
5 p = 1.25 bar
4 p = 1.50 bar
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [Hz]
Figura 4.2.25. Risposta in frequenza a caldo al variare della pressione di gonfiaggio per Ain = 1 mm.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 117
7
b
5
p = 1.05 bar
4 p = 1.25 bar
p = 1.50 bar
3
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [Hz]
Figura 4.2.26. Risposta in frequenza a caldo al variare della pressione di gonfiaggio per Ain = 1.5 mm.
6
b
4 p = 1.05 bar
p = 1.25 bar
3
p = 1.50 bar
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [Hz]
Figura 4.2.27. Risposta in frequenza a caldo al variare della pressione di gonfiaggio per Ain = 2 mm.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 118
12
b
10
Ain = 1 mm
6
Ain = 1.5 mm
4 Ain = 2 mm
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [Hz]
Figura 4.2.28. Risposte in frequenza del pneumatico posteriore a freddo e pressione di 1.05 bar.
Ain = 1 mm
Ain = 1.5 mm
- 1,57
Ain = 2 mm
- 3,14
Figura 4.2.29. Diagrammi delle fasi per il pneumatico posteriore a freddo e pressione di 1.05 bar.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 119
12
b
10
Ain = 1 mm
6
Ain = 1.5 mm
4 Ain = 2 mm
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [Hz]
Figura 4.2.30. Risposte in frequenza del pneumatico posteriore a freddo e pressione di 1.25 bar.
Ain = 1 mm
Ain = 1.5 mm
-1,57 Ain = 2 mm
-3,14
Figura 4.2.31. Diagrammi delle fasi per il pneumatico posteriore a freddo e pressione di 1.25 bar.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 120
9
b
4 Ain = 1.5 mm
3 Ain = 2 mm
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [Hz]
Figura 4.2.32. Risposte in frequenza del pneumatico posteriore a freddo e pressione di 1.25 bar.
Ain = 1 mm
Ain = 1.5 mm
-1,57
Ain = 2 mm
-3,14
Figura 4.2.33. Diagrammi delle fasi per il pneumatico posteriore a freddo e pressione di 1.25 bar.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 121
12
b
10
Ain = 1 mm
6
Ain =1.5 mm
4 Ain = 2 mm
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [Hz]
Figura 4.2.34. Risposte in frequenza del pneumatico posteriore in temperatura e pressione di 1.05 bar.
.
Ain = 1 mm
Ain = 1.5 mm
-1,57 Ain =2 mm
-3,14
Figura 4.2.35. Diagrammi delle fasi per il pneumatico posteriore in temperatura e pressione di 1.05 bar.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 122
14
b
12
10
Pneumatico poseriore, pressione 1.25 bar
T = Thot
8
Ain = 1 mm
6 Ain = 1.5 mm
Ain = 2 mm
4
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [Hz]
Figura 4.2.36. Risposte in frequenza del pneumatico posteriore in temperatura e pressione di 1.25 bar.
Ain = 1 mm
Ain = 1.5 mm
-1,57
Ain = 2 mm
-3,14
Figura 4.2.37. Diagrammi delle fasi per il pneumatico posteriore in temperatura e pressione di 1.25 bar.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 123
12
b
10
Ain = 1 mm
6
Ain = 1.5 mm
4 Ain = 2 mm
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20
f [Hz]
Figura 4.2.38. Risposte in frequenza del pneumatico posteriore in temperatura e pressione di 1.50 bar.
Ain = 1 mm
Ain = 1.5 mm
-1,57 Ain = 2 mm
-3,14
Figura 4.2.39. Diagrammi delle fasi per il pneumatico posteriore in temperatura e pressione di 1.50 bar.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 124
6
b
Ain = 1 mm
3
Ain = 2 mm
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22
Frequenza [Hz]
Figura 4.2.40. Risposte in frequenza del pneumatico anteriore a freddo con m = 67 kg, p = 1.05 bar.
3,14
Angolo di sfasamentof [rad]
Ain = 1 mm
2,36
Ain = 2 mm
1,57
0,79
0,00
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22
Frequenza [Hz]
Figura 4.2.41. Diagrammi delle fasi per il pneumatico anteriore a freddo con m = 67 kg, p = 1.05 bar.
Capitolo 4.2. Caratterizzazione dinamica dei pneumatici 125
8
b
6
Risposta in frequenza del pneumatico anteriore
m = 90 kg, p = 1.05 bar
5 T = Tamb
4 Ain = 1 mm
Ain = 2 mm
3
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22
Frequenza [Hz]
Figura 4.2.42. Risposte in frequenza del pneumatico anteriore a freddo con m = 90 kg, p = 1.05 bar.
2,36
Ain = 1 mm
1,57 Ain = 2 mm
0,79
0,00
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22
Fre que nza [Hz]
Figura 4.2.43. Diagrammi delle fasi per il pneumatico anteriore a freddo con m = 90 kg, p = 1.05 bar.
Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 126
4.3.1 Osservazioni
Una prima analisi visiva delle curve in frequenza esposte alla sezione precedente ha portato alle
seguenti osservazioni:
1. La risposta in frequenza del sistema presenta una netta risonanza, il cui valore non si mantiene
2. Altri picchi in frequenza, di ampiezza molto più attenuata, sono in genere presenti nelle risposte
sperimentali; la loro origine è stata associata al visibile traballamento in senso laterale della
gomma posta sull’attuatore, all’uscita dalla risonanza. La causa di ciò è stata imputata allo
sbalzo della zavorra, non perfettamente centrata, e al sistema di vincolamento del pneumatico. I
punti che definiscono questi picchi, pur essendo stati riportati interamente in quanto parte
delle curve relative a diversi valori di Ain, ampiezza della forzante sinusoidale. L’analisi è stata
4. L’analisi delle curve di risposta nel tempo ha confermato l’andamento sinusoidale periodico del
calcolati con il modello proposto, che non considera la possibilità di una perdita di contatto tra il
battistrada e il suolo, non sono quindi da ritenersi attendibili per le frequenze in cui il
pneumatico saltella. Queste sono state stimate attraverso l’analisi della curva nel dominio del
tempo della forza di contatto gomma-piattello, per ciascuna frequenza. Le frequenze in cui la
forza si annulla (perdita del contatto), non possono essere incluse nel calcolo effettuato con il
Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 127
modello a contatto. Rigidezza e smorzamento sono stati calcolati quindi con un altro metodo,
6. Il segnale che si ha in uscita per le frequenze lontane dalle risonanza è molto basso, essendo
smorzamento c, è stato in un primo tempo effettuato analizzando per punti le curve di risposta in
frequenza; per ciascun punto sperimentale si sono applicate le formule relative alla vibrazione di un
1 + (2ζω / ω n )
2
x A
β = = out = (4.3-1)
y Ain [1 − (ω / ω ) ] + (2ζω / ω )
n
2 2
n
2
c K
in cui ζ = ωn = .
2 Km m
1
c=
ω
( )
tgϕ K − mω 2 (4.3-2).
Per cui tramite i valori della risposta β e dello sfasamento ϕ per ciascuna frequenza è stato possibile
calcolare la rigidezza e lo smorzamento del pneumatico in funzione della frequenza nel campo di
In Figura 4.3.1 viene riportato un esempio di calcolo della rigidezza dinamica per punti espressa in
[kg/mm]; è evidenziato l’intervallo in cui il modello considerato non può essere impiegato, in
quanto per tali frequenze la gomma perde il contatto con la base eccitatrice, nella fattispecie il
2000
1800
1600
Ain = 1 mm
1400
Ain = 1.5 mm
Smorzamento [Ns/m]
1200 Ain = 2 mm
1000
800
600
400
200
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16
Frequenza [Hz]
Figura 4.3.2 Smorzamento per il pneumatico anteriore con il metodo di calcolo per punti.
Una serie di critiche oggettive è stata in seguito mossa verso il metodo di calcolo dei parametri a
partire dall’analisi puntuale della risposta; le curve di rigidezza in funzione della frequenza che ne
risultano dimostrano che il sistema è di tipo softening, diminuisce cioè in rigidezza all’aumentare
della ampiezza di eccitazione. D’altra parte l’andamento complessivo della rigidezza mostra un
carattere non definito che è stato considerato e poco attendibile: la zona di maggiore segnale, quella
attorno alla risonanza, viene immancabilmente scartata, in quanto mostra una cuspide nel punto di
Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 129
risonanza; inoltre alle basse frequenze, dove il pneumatico si muove pochissimo, si hanno valori
molto elevati della rigidezza, la quale, contrariamente a quanto ci si aspetti, sembrerebbe calare
La presenza di altri picchi di minore entità (si vedano a riguardo le curve relative al pneumatico
anteriore con masse di 67 e 90 kg), legati all’insorgere di un altro modo di vibrare del pneumatico,
seppure trascurata nel calcolo, va sicuramente a sporcare in modo tutt’altro che quantificabile la
Per tali motivi è stato impiegato un altro metodo, riportato di seguito, per il calcolo dei parametri
dinamici; esso è stato scelto per la semplicità che lo contraddistingue e per il fatto che restringe
ω
funzione del parametro adimensionale r = il valore β della risposta è esprimibile nella forma
ωn
1
β= (4.3-3).
(1 − r ) + (2rζ )
2 2 2
Il metodo, detto anche half-power method, si basa sul calcolo del valore di r in corrispondenza di β
( )
pari a 1 / 2 volte il valore massimo, quello cioè in corrispondenza della risonanza.
1
ζ =
2 β r =1
1 1 1
=
2 2ζ (1 − r ) + (2rζ )
2 2 2
Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 130
Nell’ipotesi che il coefficiente di smorzamento sia molto piccolo, le radici della (4.3-4), trascurando
(
r1 = 1 − 2ζ − 2ζ 2 ) 1/ 2
r2 = (1 + 2ζ − 2ζ ) 2 1/ 2
1 2
ζ =
4
(
r2 − r12 ) (4.3-5)
che è l’espressione dello smorzamento cercata. L’intervallo di frequenze comprese tra r1 e r2 viene
chiamato banda di frequenza a mezza potenza, per il fatto che il lavoro dissipato ad ogni ciclo per
In Figura 4.3.3 viene mostrato il metodo della larghezza di banda per la valutazione di ζ; tracciando
( )
la retta parallela all’asse delle ascisse per il valore di β = 1 / 2 β r =1 si trovano sulla curva della
K
ω d = ω n 1 − 2ζ 2 = 1 − 2ζ 2 .
m
Figura 4.3.4 Metodo delle larghezza di banda applicato ad una curva sperimentale.
I valori di rigidezza e di smorzamento sono stati diagrammati in funzione della ampiezza della
Non essendo stato possibile calcolare i due parametri per tutte le frequenze investigate, è stato
effettuato un raffronto con le prove del pneumatico con zavorra di 67 e 90 chilogrammi, in modo
tale da traslare la frequenza di risonanza. Dall’analisi di tali valori, seppure scarsi in numero, si è
dedotto che la rigidezza dinamica e lo smorzamento non subiscono, nell’intorno delle frequenze in
senza commettere un grande errore, in quanto le risonanze sono molto vicine tra loro. In tabella
In temperatura
p [bar] 1,05 1,25 1,5
Ain [mm] 1 1,5 2 1 1,5 2 1 1,5 2
K [kg/mm] 18,2 17,6 16,6 19,0 18,2 17,0 21,0 20,2 18,3
fd [hz] 5,7 5,5 5,5 6,0 5,7 5,5 6,5 6,0 5,7
c [Ns/m] 274,1 405,0 549,9 324,5 401,0 507,9 526,3 689,4 754,2
In temperatura
p [bar] 1,05 1,25 1,5
Ain [mm] 1 1,5 2 1 1,5 2 1 1,5 2
K [kg/mm] 20,0 19,1 17,8 20,6 19,6 18,9 21,6 20,8 18,6
fd [hz] 5,7 5,5 5,5 6,0 5,7 5,5 6,0 5,7 5,7
c [Ns/m] 469,6 557,2 711,9 422,3 514,9 656,0 477,7 546,3 722,2
Figura 4.3.5. Rigidezza verticale in [kg/mm]del pneumatico anteriore in funzione della frequenza.
Figura 4.3.6. Smorzamento in [Ns/m] del pneumatico anteriore in funzione della frequenza.
Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 134
Figura 4.3.7. Rigidezza verticale del pneumatico anteriore a temperatura ambiente in funzione di Ain della
Figura 4.3.8. Smorzamento del pneumatico anteriore a freddo in funzione di Ain della forzante e della pressione.
Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 135
Figura 4.3.9. Rigidezza verticale del pneumatico PIRELLI F3 anteriore in temperatura in funzione di Ain della
Figura 4.3.10. Smorzamento del pneumatico anteriore a caldo in funzione di Ain della forzante e della pressione.
Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 136
Figura 4.3.11. Rigidezza verticale del pneumatico PIRELLI F3 posteriore a temperatura ambiente in funzione di
Figura 4.3.12. Smorzamento del pneumatico posteriore a freddo in funzione di Ain e della pressione.
Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 137
Figura 4.3.13. Rigidezza verticale del pneumatico PIRELLI F3 posteriore in temperatura in funzione di Ain della
Figura 4.3.14. Smorzamento del pneumatico posteriore a caldo in funzione di Ain e della pressione.
Capitolo 4.3. Analisi e discussione dei dati 138
22,0
20,0
Rigidezza [kg/mm]
18,0
16,0
Temperatura
ambiente
14,0
Temperatura di
12,0 esercizio
p=1.05 bar
10,0
0 0,5 1 1,5 2 2,5
Ampiezza Ain [mm]
Figura 4.3.15. Confronto tra le rigidezze a freddo ed in temperatura per il pneumatico anteriore.
800,0
700,0 Temperatura
Smorzamento [Ns/m]
ambiente
600,0
Temperatura di
esercizio
500,0
400,0
300,0
p=1.05 bar
200,0
0 0,5 1 1,5 2 2,5
Ampiezza Ain [mm]
Figura 4.3.16. Confronto tra gli smorzamenti a freddo ed in temperatura per il pneumatico anteriore.
I risultati ottenuti per i due pneumatici PIRELLI F3 anteriore e posteriore sono stati ricavati dalle
prove sperimentali condotte su uno degli attuatori del Seven-Poster Rig. Le prove sono state
condotte con i pneumatici a temperatura ambiente e a caldo ad una temperatura prossima a quella di
Per la caratterizzazione del comportamento dinamico verticale del pneumatico è stato adottato un
semplice modello a due parametri concentrati che tengano conto della rigidezza e dello
smorzamento del sistema. In generale tali parametri hanno dimostrato, in accordo con le ipotesi di
deformazione verticale del pneumatico si è rivelato il fattore più incisivo. Una prima metodologia
impiegata per il calcolo di K e di c non ha portato a risultati apprezzabili per una serie di motivi: il
pneumatico perdeva di contatto nell’intorno di frequenze vicino a quella della risonanza, e la sua
risposta non poteva essere valutata. Per le altre frequenze, a causa della tipologia di modello ad un
grado di libertà impiegato, non è stato possibile valutare l’influenza che altri modi di vibrare insorti
hanno causato nella risposta, ed il segnale si è presentato molto debole lontano dalle risonanze.
Una valutazione approssimata del comportamento dinamico dei pneumatici è stata tuttavia allora
analizzando i picchi di risonanza della funzione di risposta in frequenza con il metodo della
larghezza di banda a mezza potenza, il quale ha fornito rigidezza e smorzamento per ogni valore
Le prove a massa differente, effettuate solamente sul pneumatico anteriore, hanno dimostrato che la
rigidezza, nell’intorno delle frequenze in esame, non subisce grandi variazioni, ed il suo valore è
dinamico del sistema per le frequenze attorno alla risonanza, valutando l’influenza degli altri
parametri. La deformazione statica iniziale attorno alla quale il pneumatico oscilla, corrisponde in
3. I pochi punti a disposizione per l’analisi della dipendenza dal carico per il pneumatico anteriore
mostrano un leggero aumento di rigidezza all’aumentare della frequenza. Questo fatto è peraltro
in linea con il comportamento viscoelastico della gomma. Per le frequenze di indagine, pari a 6,
6.6 e 7.4 Hz, il pneumatico mostra inoltre una rigidezza molto simile. Tale rigidezza si mantiene
4. L’effetto della temperatura, coeteris paribus, è quello di abbassare i valori di rigidezza per
sono quindi del tutto paragonabili a quelle calcolate nelle prove di caricamento statico.
Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 141
vettura F3
Introduzione
Lo scopo di un modello matematico che simuli un certo fenomeno fisico, è essenzialmente quello di
comprendere in modo veloce ed economico i parametri che regolano il fenomeno stesso, ed il ruolo
Alla base dello sviluppo di uno strumento di simulazione realistico e flessibile, c’è il processo di
modellazione del sistema in esame; viene preso in considerazione ogni componente autonomo dal
modellazione si basa poi su determinate ipotesi più o meno semplificative, che si rivelano nella
maggior parte dei casi i limiti del modello stesso. Mediante la rimozione di talune ipotesi si può
comunque portare l’evoluzione di ogni modello a livelli più spinti che forniscono risultati più
L’idea che sta alla base di ogni modellazione è però comune: un modello non va inteso come un
esercizio matematico fine a se stesso, bensì come uno strumento da tarare con dati sperimentali la
cui finalità è in fondo quella di supportare e completare l’interpretazione di fenomeni fisici reali.
Con tale spirito, con l’ausilio di due modelli matematici di diversa complessità, è stata
Il modello è stato sviluppato con il modulo SIMULINK di MATLAB versione 5.1 che permette la
detto anche modello del quarto di macchina, qui riportato per comodità.
Secondo quanto riportato nello schema di figura, i parametri che caratterizzano il modello sono:
.. . .
M x M = −c a x M + c a x m − K a x M + K a x m (5.1-1)
.. . .
m x m = ca x M − ca x m + K a x M − (K a + K t ) xm + K t x (5.1-2)
che sono due equazioni differenziali accoppiate in cui compaiono spostamenti, velocità e
La contact patch load (CPL, forza di contatto a terra), che rappresenta la forza che si scambia il
mentre la strut force (SF, forza sugli ammortizzatori) che si scambiano massa sospesa e massa non
sospesa, è definita da
. .
SF (t ) = − K a [x M (t ) − x m (t )] − c a x M (t ) − x m (t ) (5.1-4).
..
M x M = SF (5.1-5)
..
m x m = CPL − SF (5.1-6).
Passando dal dominio del tempo a quello delle frequenze ed effettuando le trasformate di Laplace
delle due equazioni (5.1-5) e (5.1-6) si ottengono facilmente le funzioni di trasferimento Hm(s) e
HM(s) nel dominio della variabile complessa s di Laplace, tra gli spostamenti assoluti xM della massa
X m (s) Ms 2 + c a s + K a
H m ( s) = = (5.1-7)
X ( s) Mm 4 M + m K + Ka K
s + ca s 3 + ( t M + a m) s 3 + c a s + K a
Kt Kt Kt Kt
X M (s) ca s + K a
H M ( s) = = (5.1-8).
X ( s) Mm 4 M + m K + Ka K
s + ca s 3 + ( t M + a m) s 3 + c a s + K a
Kt Kt Kt Kt
Le due relazioni (5.1-7) e (5.1-8) sono alla base della costruzione del modello, in quanto operando
Ma.s2+caa.s+Kaa
C:\matlab\work\input
as4+bs3+cs2+caa.s+Kaa
entrata xma(t)
Mux1
du/dt
1 vma(t)
du/dt
2 ama(t)
caa.s+Kaa
as4+bs3+cs2+caa.s+Kaa
xMa(t)
Mux2
du/dt
3 vMa(t)
du/dt
4 aMa(t)
Figura 5.1.2. Il modello elementare a due gradi di libertà sviluppato con SIMULINK.
funzione di trasferimento viene calcolata nel dominio della frequenza, mentre l’uscita torna ad
essere nel dominio del tempo. L’output di ogni segnale di interesse può essere visualizzato tramite
Nell’esempio di Figura 5.1.2 gli output sono spostamenti, velocità e accelerazioni delle masse
Una volta tarato con i valori nominali dei parametri, quali masse, rigidezze e smorzamenti, il
cambiare velocemente i valori dei parametri in gioco, analizzando le conseguenze che si hanno sulle
dichiarati i valori dei parametri omogenei nelle dimensioni, viene lanciata la simulazione, si
Nel paragrafo successivo si riportano i risultati relativi ad una campagna di prove effettuate
sull’assale anteriore; l’ingresso è definito da un’onda sinusoidale che nel tempo di 100 secondi,
mantenendo la sua ampiezza unitaria costante, passa dalla frequenza di 0.1 Hz alla frequenza di 25
xM
1. = spostamento o accelerazione massa sospesa/spostamento o accelerazione della base in nero
x
xm
2. = spostamento o accelerazione massa non sospesa/spostamento o accelerazione della base in
x
rosso
CPL
3. = forza sulla massa non sospesa/forza di contatto a terra in blu.
Kt x
Si riportano di seguito i digrammi delle tre funzioni di trasferimento e delle tre fasi per i valori dei
La prima osservazione riguarda la risposta in frequenza della massa sospesa: essa ha una prima
netta risonanza alla frequenza di 4 Hz ed una seconda risonanza, molto meno evidente, alla
frequenza di 14 Hz. Quest’ultima è dovuta alla risonanza della massa non sospesa, ben visibile nella
La curva in blu, che indica la tendenza ad oscillare della forza di contatto a terra, assume valore
nullo per la frequenza nulla, ha una risonanza in corrispondenza del picco principale della massa
sospesa per l’effetto di “trascinamento” della massa stessa ed un altro picco molto meno accentuato
È importante che tale curva si mantenga entro determinati valori per assicurare sempre il contatto a
terra da parte del pneumatico e per non fare cadere in difetto l’ipotesi H5.
5.1.2. Influenza dei parametri del modello sul comportamento dinamico della vettura
Lanciando la simulazione per svariati valori dei parametri che compaiono nel modello, è possibile
comprendere a fondo l’influenza di ogni cambiamento sulla dinamica verticale della vettura.
ampiamente discussi al Capitolo 2.2, è mirata ad ottenere un compromesso tra l’ampiezza del picco
della prima risonanza e il valore massimo della funzione di trasferimento della forza di contatto.
Figura 5.1.4. Effetto della rigidezza delle molle della sospensione sull’anteriore.
costante, provoca sulla risposta della massa sospesa: si ha una maggiore amplificazione dell’input e
Figura 5.1.5. Effetto della rigidezza della sospensione sulla TRF della forza di contatto a terra.
L’effetto invece che l’irrigidimento della sospensione ha sulla funzione di trasferimento della forza
di contatto a terra, vedi Figura 5.1.5, è più limitato, e sembrerebbe indicare un peggioramento nella
zona di risonanza della massa sospesa ed un miglioramento per le frequenze maggiori, dove la
curva relativa alla rigidezza di 950 lb/in sta al di sotto delle altre.
Figura 5.1.6. Effetto della rigidezza dei pneumatici sulla risposta della massa sospesa.
Aumentando la rigidezza dei pneumatici, di quelli anteriori nel caso considerato, si ha un maggiore
smorzamento del movimento della massa sospesa alla frequenza di risonanza, mentre per la alte
Figura 5.1.7. Effetto della rigidezza dei pneumatici sulla risposta della forza di contatto a terra.
La risposta in frequenza della fluttuazione della forza di contatto a terra ha un andamento molto
simile, ma per le alte frequenze il pneumatico più rigido si dimostra meno efficace di quello con
rigidezza di 14 kg/mm.
Si può concludere che l’irrigidimento dei pneumatici sortisce effetti opposti a quelli dati
Figura 5.1.8. Effetto della massa sospesa sulla risposta del sistema.
L’effetto di un diminuzione della massa della vettura nella risposta del sistema è evidente: il picco
Figura 5.1.9. Effetto della massa sospesa sulla risposta del sistema.
La forza di contatto a terra presenta un andamento simile; l’effetto della massa sospesa si fa sentire
nell’intorno della prima risonanza, in cui è preferibile un corpo vettura più pesante (notare la curva
rossa e la nera), mentre non sembra influenzare significativamente le curve ad alta frequenza.
Per meglio apprezzare l’effetto di questo parametro sulla dinamica del sistema, la risposta in
Figura 5.1.10. Effetto della massa non sospesa sulla vibrazione della massa sospesa.
Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 151
Si nota chiaramente l’effetto della massa non sospesa sulla seconda risonanza, la quale, in seguito
ad una diminuzione della stessa, viene traslata verso frequenze maggiori e smorzata notevolmente.
Figura 5.1.11. Effetto della massa non sospesa sulla forza di contatto a terra.
Ecco un buon motivo per mantenere basso il valore della massa non sospesa, soprattutto nell’ambito
delle competizioni, dove i cerchi in lega leggera vengono universalmente adottati. Scavando nel
passato della FORMULA 1, si trova che Lotus e Ferrari sperimentarono ed adottarono in gara i
dischi dei freni posteriori “on board”, solidali cioè al corpo della vettura, per alleggerire le ruote.
Un altro ottimo motivo per mantenere basso il valore della massa sospesa è rappresentato in Figura
5.1.11, in cui si apprezza il maggiore smorzamento nella curva della forza di contatto a terra relativa
alla massa di 25 kg, sia nel primo che soprattutto nel secondo picco.
Lo smorzamento della sospensione rappresenta il parametro più delicato e forse di maggior peso
nella taratura e messa a punto della vettura, sia da strada che da competizione. Si è visto che la
vettura da corsa viene dotata di ammortizzatori con smorzamento molto alto, con coefficiente ζ
attorno a 0.45, per avere una bassa trasmissibilità delle sollecitazioni stradali ed esterne; tuttavia lo
smorzamento non può essere troppo elevato per non irrigidire eccessivamente la vettura, e sortire in
questo modo l’effetto opposto. La forza di contatto a terra , molto importante per la tenuta di strada,
Figura 5.1.12. Risposta in frequenza della massa sospesa per diversi valori del coefficiente di smorzamento.
In Figura 5.1.12 vengono riportate in scala semilogaritmica cinque funzioni di trasferimento della
quanto le due risonanze vengono parecchio attenuate, sebbene per le frequenze comprese tra i due
picchi e per quelle maggiori del secondo picco si abbia un’attenuazione minore.
Inoltre, contrariamente a quanto accade per il modello ad un grado di libertà, aumentando il valore
di ζ il primo picco di risonanza della massa sospesa trasla verso frequenze più alte, passando,
nell’esempio considerato, da 4 a 4.6 Hz. La seconda risonanza, relativa alla massa non sospesa, si
Diagrammando le curve della funzione di trasferimento della forza di contatto battistrada-suolo per
Figura 5.1.13. Funzioni di trasferimento della forza di contatto per diversi valori di ζ.
Aumentando lo smorzamento i due picchi nella risposta in frequenza della forza si abbassano
notevolmente, in modo particolare quello relativo alla prima risonanza. Ma non è così per tutto lo
spettro delle frequenze: in particolare si nota come per le frequenze intermedie, tra le due risonanze,
un valore elevato dello smorzamento peggiori la trasmissione della forza a terra, in quanto si ha un
Va cercato quindi un compromesso per trovare una situazione di equilibrio tra le due esigenze,
smorzare le oscillazioni delle masse sospesa e non sospesa e mantenere entro certi limiti le
oscillazioni della forza tra pneumatico e strada. Il modello De Carbon a due gradi di libertà
purtroppo non è in grado di fornire degli indici valutativi in merito, e questo a causa della sua
semplicità intrinseca. Alle alte frequenze infatti, secondo questo modello, il movimento della massa
sospesa è bassissimo, e l’input alla base si traduce in movimento della massa non sospesa, la quale
agisce da filtro.
Nella realtà ciò non accade, o accade molto meno, e lo smorzamento delle sospensioni non viene
scelto eccessivamente grande per non alterare il filtraggio alle alte frequenze.
Capitolo 5.1. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a due gradi di libertà 154
Un’interessante applicazione del modello matematico a due gradi di libertà esposto è quella che
prevede un input di tipo random in grado di meglio rappresentare un possibile profilo stradale.
L’input del tipo chirp signal è stato adottato in precedenza per determinare in modo pulito la
risposta del sistema ad una sollecitazione sinusoidale di frequenza crescente ed ampiezza costante; i
parametri che regolano l’ingresso random sono invece più generici, in quanto viene definito il
valore medio dell’ingresso (zero) e la varianza della distribuzione gaussiana della frequenza di
eccitazione. Nel tempo della simulazione, il calcolatore genera poi un segnale casuale la cui
ampiezza varia entro determinati limiti, e contenente molte delle frequenze appartenenti
all’intervallo specificato.
Figure 5.1.14. Spostamento adimensionalizzato della massa sospesa in risposta all’ingresso di tipo chirp (a) e
Nelle Figure 5.1.14 (a) e (b) vengono paragonate le uscite nel dominio del tempo, nella fattispecie
Nonostante l’estrema diversità della risposta nel dominio del tempo all’ingresso random, tutte le
funzioni di trasferimento, ovvero le risposte del sistema nel dominio della frequenza, considerate
(masse sospesa e non sospesa, forza di contatto pneumatico-suolo) sono praticamente uguali a
Questo lascia intendere l’utilità del modello a parametri concentrati come strumento in grado di
predire e sperimentare il comportamento dinamico qualitativo della vettura FORMULA 3 anche con
segnali di ingresso puramente teorici, come il chirp signal, senza perdere di generalità ed
affidabilità.
L’evoluzione del modello dinamico a parametri concentrati presentato nella sezione precedente, è
rappresentata dallo sviluppo di un modello a quattro gradi di libertà che schematizza l’intera vettura
da FORMULA 3.
Un modello a quattro gradi, riportato in Figura 5.2.1, rappresenta infatti in modo semplificato la
dinamica vibrazionale della vettura nel piano X-Z di figura, in quanto sono esclusi i moti di rollio.
che presuppone una rigidezza infinita del telaio, è quindi possibile rappresentare il movimento di
beccheggio della vettura, ed indagare l’influenza che l’assale anteriore ha sul posteriore e viceversa,
non essendo più disgiunti come nel modello De Carbon a due gradi di libertà. Inoltre è prevista una
modellazione più completa dei pneumatici, in quanto viene incluso un parametro di smorzamento
oltre a quello che definisce la rigidezza. È possibile quindi utilizzare i risultati delle prove
l’identificazione di tale parametro in modo completo. I risultati della simulazione possono essere
poi confrontati con i dati reali ricavati sul banco di prova Seven-Poster Rig.
5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 157
La semplice meccanica del modello del quarto o di metà macchina non rappresenta integralmente i
movimenti della vettura nel piano verticale. A causa della distanza tra i due assali, essa è
motion) e di beccheggio (pitch motion). Tali movimenti non sono generalmente disgiunti, e la loro
presenza dipende dalle condizioni del manto stradale e dalla velocità del veicolo.
La comprensione del movimento di pitch è in ogni caso importante, poiché assieme al movimento
Nella marcia su strada o su pista, le sollecitazioni di cui risente l’asse anteriore non sono
stesse forzanti solo sfasate di un tempo pari al rapporto (passo della vettura)/(velocità di marcia).
Questo ritardo di tempo in genere smorza l’ampiezza dei due movimenti. Si immagini infatti che i
due movimenti siano disgiunti (Figura 5.2.2); sarà presente solamente bounce del veicolo se le
sollecitazioni stradali, schematizzate come un’onda regolare, possiedono una lunghezza d’onda pari
al passo della vettura o a sottomultipli interi. Analogamente vi sarà soltanto pitch nel caso di
avvallamenti con lunghezza d’onda pari al doppio del passo del veicolo o ai suoi sottomultipli
interi.
Di conseguenza per determinate frequenze il veicolo non mostra movimenti verticali, per altre
quelli di beccheggio, come risulta dai diagrammi di Figura 5.2.3, in cui si riporta la risposta in
frequenza di una vettura con risonanza della massa sospesa a 1.25 Hz, calcolata con il modello di
In corrispondenza dei punti in cui tale risposta si annulla, non si hanno movimenti verticali o di
beccheggio, per cui la lunghezza d’onda dell’eccitazione soddisfa le due condizioni esposte al punto
precedente. Nella curva relativa al movimento di pitch si è assunto, come generalmente accade, che
Figura 5.2.3. Risposta verticale simulata della vettura con modelli a due e quattro gradi di libertà.
Nella maggior parte dei veicoli i movimenti verticale e di beccheggio sono accoppiati; il
comportamento del veicolo, in termini di frequenze naturali e centri di moto, può essere determinato
Facendo riferimento allo schema sotto riportato, in cui per semplicità le sospensioni e i pneumatici
vengono considerati semplici molle e le masse non sospese vengono trascurate, le equazioni del
z + αz + βθ = 0
(5.2-1)
θ + βz / k 2 + γθ = 0
dove α = (K f + K r )/ M
β = (K r c − K f b )/ M γ = (K f b 2 + K r c 2 )/ Mk 2
5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 159
Tra tutti coefficienti che compaiono nelle (5.2-1), solamente β compare in entrambe le equazioni, e
Quando β è nullo, non vi è accoppiamento tra i due moti, e il centro di rotazione coincide con il
centro di massa. Questo significa che una forza verticale dovunque applicata provoca solo
movimento di bounce, ed una coppia di beccheggio applicata al telaio produce solo un movimento
di pitch.
Scrivendo le soluzioni z(t) e θ(t) in forma sinusoidale, in quanto idealmente non vi è smorzamento,
e sostituendole nelle (5.2-1), si trova l’equazione risolvente delle due frequenze naturali:
ω 4 − (α + γ )ω 2 + αγ − β 2 / k 2 = 0
ω1 =
(α + γ ) + (α − γ )2 / 4 + β 2 / k 2
2
(5.2-2)
ω2 =
(α + γ ) − (α − γ )2 / 4 + β 2 / k 2
2
che rappresentano le due frequenze naturali nel generico caso in cui esse siano accoppiate.
5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 160
Valutando i rapporti z/θ in corrispondenza delle frequenze date dalle (5.2-2), si nota che uno è
positivo, l’altro negativo. Nel primo caso il centro del moto sarà davanti al baricentro ad una
distanza x = z/θ abbastanza grande affinché esso cada fuori dalla lunghezza del veicolo, e si avrà la
Figure 5.2.5 (a) e (b). I due modi di vibrare del veicolo nel piano di beccheggio.
Nel secondo caso, che rappresenta la risonanza di beccheggio, il centro del moto sarà invece dietro
il baricentro, sempre alla distanza x = z/θ, ma questa volta vicino al centro di massa, e il movimento
La locazione del centro di moto dipende dal valore relativo delle frequenze naturali dell’avantreno e
del posteriore; quando tali frequenze, che ovviamente dipendono dalla massa su ciascun asse e dalla
rigidezza della sospensione corrispondente, sono uguali, si ha il disaccoppiamento dei due modi di
vibrare, si assiste al puro movimento verticale e al puro beccheggio, ed un centro di moto coincide
Nel caso in cui l’asse anteriore abbia frequenza naturale più elevata, i moti sono accoppiati, il centro
di bounce è davanti all’asse anteriore, il centro di pitch verso l’asse posteriore. Una minore
frequenza naturale all’anteriore pone il centro del movimento verticale dietro l’asse posteriore, e
Quest’ultimo caso, secondo quanto sperimento fin dagli anni ’30 dal pioniere della dinamica del
veicolo Maurice Olley, è preferibile per avere una buona conduzione del mezzo.
5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 161
In Figura 5.2.6 viene riportato lo schema del modello a parametri concentrati adottato per lo studio
Le ipotesi di base formulate sono le stesse del modello De Carbon a due gradi di libertà, per cui per
una loro consultazione si rimanda alla sezione 5.1.1; le quantità rappresentate, che definiscono i
MC = massa sospesa
Ytf = spostamento verticale della massa non sospesa anteriore, positivo verso il basso
Ytr = spostamento verticale della massa non sospesa posteriore, positivo verso il basso
Yf = spostamento verticale del telaio in corrispondenza dell’asse anteriore, positivo verso il basso
Yr = spostamento verticale del telaio in corrispondenza dell’asse posteriore, positivo verso il basso
Le quattro equazioni differenziali accoppiate che definiscono il moto del sistema si scrivono:
..
. .
. .
mtf y tf + K tf ( ytf − z p ) + ctf y tf − z p − K f ( y f − ytf ) − c f y f − y tf =0 (5.2-3)
..
. .
. .
mtr y tr + K tr ( ytr − z p ) + ctr y tr − z p − K r ( y r − ytr ) − cr y r − y tr = 0 (5.2-4)
. .
. .
mc yG + K f ( y f − ytf ) + c f y f − y tf + K r ( y r − ytr ) + cr y r − y tr = 0 (5.2-5)
..
. .
. .
I c θ + a K f ( y f − ytf ) + c f y f − y tf − b K r ( y r − ytr ) + cr y r − y tr = 0 (5.2-6)
Poiché le funzioni di trasferimento calcolate mediante la simulazione sono state confrontate con i
risultati sperimentali delle prove condotte su Poster-Rig, in sostituzione dello spostamento della
massa sospesa e della rotazione della vettura attorno all’asse Y, si sono scelte le coordinate di
possa ammettere θ ≈ tgθ , nelle (5.2-5) e (5.2-6) sono state effettuate le seguenti sostituzioni:
.. a .. b ..
yG = yr + y f
L L
.. 1 .. ..
θ= y f − yr .
L
a .. b .. . .
. .
mc y r + y f = − K f ( y f − ytf ) − c f y f − y tf − K r ( y r − ytr ) − cr y r − y tr (5.2-7)
L L
I c .. ..
. .
. .
y f − y r = −a K f ( y f − ytf ) + c f y f − y tf + b K r ( y r − ytr ) + cr y r − y tr (5.2-8).
L
La integrazione numerica delle equazioni del moto scritte è stata effettuata secondo il metodo
Runge-Kutta dal programma di calcolo MATLAB. A differenza del modello a due gradi di libertà,
questa volta le equazioni sono state impostate, nella sezione di modellazione SIMULINK, non più
equazioni accoppiate, bensì direttamente nel dominio del tempo, seguendo sempre la costruzione a
blocchi, così come appaiono scritte. Questa soluzione si è dimostrata molto valida per la flessibilità
Nella pagina seguente viene riportato lo schema della costruzione a blocchi delle quattro equazioni
Si possono distinguere quattro gruppi di blocchi intercomunicanti, ognuno dei quali è l’integrazione
di una delle coordinate di spostamento che definiscono lo stato del sistema in ogni istante.
5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 164
Una folta schiera di guadagni fanno capo, per ognuno di questi blocchi, ad un operatore di somma,
il quale, moltiplicato per una costante, fornisce mediante l’integrazione numerica l’accelerazione.
Mediante l’utilizzo di blocchi integrativi, dalle accelerazioni è possibile passare alle velocità e
quindi agli spostamenti, i quali possono essere diagrammati nel dominio del tempo. Sono stati
introdotti infatti nove oscilloscopi virtuali, in cui è possibile visualizzare e salvare la relativa curva
Il blocco in giallo al centro è il riferimento al file di input, e può venire sostituito a seconda del test
che si desidera condurre con altri tipi di curve predefinite nelle library di SIMULIK. Due
derivazioni aggiunte “prelevano” i segnali necessari per il calcolo delle due forze di contatto a terra
sui pneumatici anteriori e posteriori; i blocchi in arancio rappresentano i due pesi statici da
I coefficienti di smorzamento delle sospensioni sono stati identificati mediante le prove sperimentali
condotte sugli ammortizzatori (vedi Capitolo 2 sezione 2.2.3), per cui la forza FB,R che essi
FB , R = c1B , R v 2 + c2 B , R v + K .
Nella definizione dei parametri dei pneumatici anteriori e posteriori sono stati utilizzati i risultati
I parametri concentrati che compaiono nel modello di dinamica verticale sono stati identificati con
Tali prove sono state effettuate con l’ausilio degli attuatori aerodinamici e la strumentazione di
acquisizione dati, in dotazione al banco di prova Seven Poster-Rig, ed hanno avuto lo scopo di
Con alcuni cicli di caricamento statico attraverso gli attuatori, si sono infatti determinate le
rigidezze delle sospensioni anteriore e posteriore, e dei pneumatici (per un confronto con i risultati
la pendenza. Gli spostamenti si sono valutati con i potenziometri posti sul telaio e sui mozzi-ruota,
le forze mediante la lettura dei valori indicati dalle quattro celle di carico poste negli attuatori
principali.
Inoltre è stato possibile calcolare il rapporto cinematico R, peraltro fornito già in sede di progetto,
che definisce di quanto si muove l’ammortizzatore dato uno spostamento assoluto del mozzo della
XS
R=
X CW
Tale rapporto non risulta costante, in quanto dipende dalla geometria delle sospensioni in ciascun
istante; ne è stato preso quindi il valor medio, che all’anteriore vale 0.91 e al posteriore 1.21.
La taratura degli ammortizzatori è stata invece effettuata operando il confronto tra le funzioni di
risposta in frequenza fornite dalle simulazioni e quelle reali, in seguito alla messa a punto di un
programma di calcolo sviluppato con MATLAB che viene riportato negli allegati. Tale programma,
mediante due cicli for annidati, è in grado di operare la minimizzazione dello scarto quadratico
medio tra le due curve, sperimentale e simulata, lanciando più volte la simulazione per svariate
Nel grafico di Figura 5.2.8 viene diagrammata la funzione di errore calcolata dopo qualche routine
con uno step di calcolo sempre minore per affinare la ricerca del minimo. La superficie, che è stata
interpolata per poter disporre di più valori, presenta un solo minimo, in corrispondenza della coppia
L’asse Z riporta l’errore, gli assi X e Y i valori dello smorzamento; per la ricerca del minimo della
Una lunga serie di simulazioni è stata condotta per esaminare la sensibilità del modello rispetto alle
Nelle figure seguenti vengono riportati, a titolo esemplificativo, gli andamenti temporali dello
spostamento verticale della massa sospesa e delle due forze di contatto a terra, frutto di una
simulazione lanciata con un valore del coefficiente di smorzamento uguale sui due assi, pari a 0.47.
Figura 5.2.9. Spostamento nel tempo della massa sospesa all’ingresso sweep in frequenza.
5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 168
Figure 5.2.10. Forze di contatto a terra anteriore (a) e posteriore (b) nel tempo, per ζ = 0.47.
frequenza introdotto al Capitolo 3, lo stesso utilizzato nelle prove dinamiche della FORMULA 3 su
banco di prova. Nel tempo di 100 secondi la curva di ingresso diminuisce in modo logaritmico la
sua ampiezza, ed aumenta in frequenza, mentre la sua velocità si mantiene costante e pari ad un
v
x(t ) = sen (2πf )
2πf
f = 2 2 / 30t .
In questo modo il modello matematico di vettura è stato posto in diretto confronto con le risposte in
Nella risposta temporale della massa sospesa, è possibile scorgere una prima risonanza attorno ai 4
Hz, ed una seconda amplificazione del segnale di ingresso, dovuto al movimento di pitch del
veicolo, a frequenze più elevate; lo stesso discorso vale per la forza di contatto anteriore. In
particolare nelle due curve di Figura 5.2.10 si può notare il fatto che i valori diagrammati sono
sempre positivi, il che significa che non vi è distacco dalla base di eccitazione da parte dei
Nelle tre figure seguenti vengono riportati i diagrammi delle funzioni di trasferimento dello
spostamento del telaio in corrispondenza degli assi anteriore e posteriore, per tre differenti
Figura 5.2.11. Risposte all’avantreno e al posteriore per cf1 = 5000 Ns/m e cr1 = 3000 Ns/m.
I due picchi di risonanza principale, associati al movimento di bounce della vettura, non cadono alla
stessa frequenza: l’avantreno, pur essendo più leggero, ha risonanza ad una frequenza leggermente
minore, e questo perché è sensibilmente meno rigido del posteriore; il picco ha poi ampiezza minore
Inoltre l’asse anteriore risente molto più spiccatamente del movimento di beccheggio, e quindi il
centro di rotazione, secondo la simulazione, si trova spostato verso l’asse posteriore. Viene
rispettato quindi il principio di Olley sulla ripartizione dei moti di traslazione e di rotazione.
5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 170
Figura 5.2.12. Risposte all’avantreno e al posteriore per cf1 = cr1 = 3000 Ns/m.
Figura 5.2.13. Risposte all’avantreno e al posteriore per cf1 = 3000 Ns/m e cr1 = 5000 Ns/m.
5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 171
A causa dell’elevato smorzamento delle sospensioni, in nessuno dei casi considerati sono visibili le
In Figura 5.2.12 lo smorzamento ai due assi è stato parificato: si nota l’attenuazione del movimento
di beccheggio all’anteriore, mentre l’ampiezza del picco principale è aumentata. Nella figura
scompare il beccheggio della vettura mentre le ampiezze dei picchi di risonanza vengono attenuate.
Da queste semplici considerazioni risulta evidente l’importanza dell’interazione tra i due assi del
veicolo nello studio della dinamica verticale, di cui il modello a quattro gradi di libertà riesce a
tenere conto.
Figura 5.2.14. Confronto tra le funzioni di trasferimento reali (in nero) e simulate.
5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 172
L’aspetto più interessante del modello sviluppato consiste però nella possibilità di effettuare un
confronto diretto con le curve frutto dell’indagine sperimentale, come mostrato in Figura 5.2.14.
infatti comprendere quale sia la bontà del modello e dove esso non sia realistico. In linea di
massima, con i parametri nominali della vettura, vengono centrati i picchi di risonanza e la loro
le alte frequenze.
Figura 5.2.15. Confronto delle fasi delle funzioni di trasferimento reale e simulata.
Facilmente la causa di ciò, per via dell’interazione dei due assali, è unica, ed è da ricercarsi nella
presenza di attriti e disuniformità nella vettura reale che non possono rientrare nella modellazione.
Il diagramma delle fasi all’anteriore e al posteriore bene approssima quello reale, confermando la
coincidenza delle risonanze. Nei grafici seguenti vengono riportate due funzioni di trasferimento
scambiano i pneumatici con il terreno, rispetto all’accelerazione dei mozzi anteriore e posteriore
5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 173
(primo grafico) e rispetto all’accelerazione della base (secondo grafico). In entrambe i casi la FRF
del posteriore sta sopra a quella dell’anteriore, a causa della differente amplificazione dell’input da
parte dei due assali. Nel primo caso le curve mostrano un andamento più appiattito poiché risentono
della risonanza di pitch, mentre nella seconda coppia di curve è evidente l’influenza della massa
Questo significa sostanzialmente che per le sollecitazioni di bassa-media frequenza, fino a 10 Hz, è
predominante il movimento verticale del telaio, e i mozzi delle ruote seguono tale movimento
essendo minimo lo spostamento relativo massa sospesa-massa non sospesa. Per le frequenze
maggiori si assiste invece ad un effetto di filtraggio da parte dei pneumatici, che trasmettono in
minima parte le forzanti stradali al telaio, il quale di conseguenza ha un movimento molto limitato.
5.2. Sviluppo di un modello a parametri concentrati a quattro gradi di libertà 174
In conclusione, il modello più complesso di vettura intera a quattro gradi di libertà, nonostante le
limitazioni imposte dalle ipotesi che ne stanno alla base, si rivela un valido strumento per l’indagine
qualitativa della dinamica verticale della vettura. L’interazione ed il confronto con i risultati ottenuti
su Poster-Rig e l’identificazione dei parametri con i dati reali, è sicuramente l’aspetto più
interessante ed utile della simulazione, ed essendo le curve reali perfettamente confrontabili con
quelle simulate, suggerisce un utilizzo del modello anche di tipo quantitativo ed estimativo.
Ulteriori sviluppi ed integrazioni possono venire pensate per una migliore modellazione dei
componenti attivi della vettura e del meccanismo con cui essi si scambiano le forze in gioco.
Sarebbe possibile inoltre tenere conto del fatto che il rapporto cinematico R, sia all’avantreno che al
posteriore, a causa della geometria delle sospensioni e del loro cinematismo, non si mantiene
costante.
Conclusioni 175
Conclusioni
I risultati delle prove sperimentali condotte sui pneumatici PIRELLI F3 anteriore e posteriore hanno
caratterizzazione statica del comportamento verticale dei pneumatici ha trovato pieno accordo con il
semplice modello a molla adottato; nella fase di caratterizzazione dinamica invece, i parametri di
rigidezza e smorzamento considerati non sono stati determinati in tutto il campo di frequenze
indagate nelle prove sperimentali: l’analisi è stata ristretta all’intorno delle frequenze di risonanza
del pneumatico, caricato con una zavorra pari al peso statico della vettura. Il modello ad un solo
grado di libertà proposto non si è rivelato esauriente nella descrizione del comportamento dinamico
del sistema, a causa della presenza di altri picchi di disturbo nella risposta in frequenza e della
perdita di contatto da parte del battistrada con la base eccitatrice alle frequenze di risonanza. Un
modello a più gradi di libertà, o in grado di considerare il saltellamento della gomma, potrebbe
Una mappatura del comportamento dinamico della gomma è stata comunque completata in funzione
fornire preziose indicazioni per la regolazione della monoposto su pista. Il valore della rigidezza
Con i valori di rigidezza e smorzamento trovati è stato possibile implementare due modelli
matematici a parametri concentrati che simulano la dinamica verticale della vettura. Un confronto
diretto con i risultati di prove condotte su Poster Rig ha evidenziato un buon accordo tra le risposte
disposizione il tempo e le attrezzature necessari per lo svolgersi delle prove sperimentali. La messa
a punto dei macchinari utilizzati per condurre i test statici e dinamici sui pneumatici ha occupato
una grande parte dell’intero lavoro. In particolare vorrei ringraziare per la disponibilità e
l’efficienza mostrate i tecnici E. Savoia e M. Spirelli, che mi hanno seguito nella lunga ed
impegnativa fase di ideazione, allestimento e modifica dei test sperimentali sul banco di prova e sul
Poster Rig. Un grande ringraziamento va agli ingegneri del dipartimento Ricerca e Sviluppo della
Dallara Automobili: A. Burzoni, che sempre mi è stato vicino nello svolgimento del lavoro di
sperimentazione e nell’analisi dei dati raccolti, e L. Conversi, con il quale si sono svolti gli
Vorrei ringraziare il mio relatore Chiar.mo Prof. Ing. G. Nicoletto, grazie al quale ho potuto vivere
la mia prima esperienza di lavoro, in contatto con un’azienda all’avanguardia nel settore delle