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In termini molto generici una "greenway" (in italiano via verde o percorso verde) viene definita da Tom
Turner (1998) come un "percorso piacevole dal punto di vista ambientale".
Questa definizione deriva dall'analisi del termine "greenway", che racchiude due concetti:
green (verde) che sta ad indicare non solo ciò che è vegetato ma tutto ciò che è apprezzabile dal
punto di vista ambientale e quindi naturalistico, paesaggistico, storico-architettonico e culturale;
way (via, percorso) che oltre ad indicare fisicamente le vie di comunicazione (strade, ferrovie,
fiumi, ecc.) rimanda ad un'idea di movimento, di comunicazione, di attività.
Negli ultimi decenni si è sviluppato un vero e proprio movimento culturale attorno alle vie verdi, noto
come "greenways movement", e si sono diffusi diversi approcci al concetto di greenway.
In Europa, con questo termine vengono oggi indicati "percorsi dedicati ad una "circolazione dolce" e non
motorizzata, in grado di connettere le popolazioni con le risorse del territorio (naturali, agricole,
paesaggistiche, storico-culturali) e con i "centri di vita" degli insediamenti urbanistici, sia nelle città
che nelle aree rurali" (Associazione Italiana Greenways, 1999).
La Dichiarazione di Lille (2000), sottoscritta dalle principali associazioni europee che operano sulla
tematica, precisa che le greenways "devono avere caratteristiche di larghezza, pendenza e
pavimentazione tali da garantirne un utilizzo promiscuo in condizioni di sicurezza da parte di tutte le
tipologie di utenti in qualunque condizione fisica. Al riguardo, il riutilizzo delle alzaie dei canali e delle
linee ferroviarie abbandonate costituisce lo strumento privilegiato per lo sviluppo delle greenways".
In tale contesto, l'idea di greenway va oltre quella di un semplice pista ciclabile (con cui spesso viene
confusa), investendo aspetti più strutturali, come la valorizzazione e la riqualificazione delle risorse
naturali, la promozione di uno sviluppo sostenibile, il recupero dei paesaggi degradati e lo sviluppo
armonico delle città, e rivolgendosi non solo ai ciclisti ma a tutti gli utenti non motorizzati.
la sicurezza, in quanto sono percorsi fisicamente separati dalla rete stradale ordinaria dedicati
esclusivamente a utenti non motorizzati;
l'accessibilità, per tutte le tipologie di utenti con diverse caratteristiche e abilità (bambini,
anziani, ecc.);
la "circolazione dolce", legata ad esempio alle pendenze moderate, che consente di fruire
"lentamente" i percorsi offrendo un diverso punto di vista sui paesaggi circostanti;
la multiutenza, in quanto le greenways sono generalmente percorsi aperti a tutte le tipologie di
utenti (pedoni, ciclisti, escursionisti a cavallo, ecc.), anche se in situazioni particolari alcuni utenti
possono essere esclusi;
il recupero di infrastrutture e strutture esistenti, quali sentieri, strade storiche, alzaie, linee
ferroviarie dismesse, strade rurali minori, ecc., per la realizzazione dei percorsi e delle strutture
di servizio (luoghi di sosta e ristoro, punti informativi, ecc.);
l'integrazione con l'ambiente naturale, che permette alle greenways di offrire un accesso
rispettoso alle aree di particolare pregio naturale e svolgere un'importante funzione educativa
consentendo una conoscenza e una fruizione sostenibile del territorio.
In tal senso, le greenways possono portare ampi benefici per le popolazioni coinvolte, che vanno oltre
quello di avere a disposizione percorsi piacevoli e sicuri, quali:
contribuire allo sviluppo delle regioni rurali attraversate, portando ricchezza e incentivi per la
creazione di nuove attività imprenditoriali;
favorire la diffusione delle attività all'aria aperta, con effetti benefici sulla salute dei
cittadini;
promuovere lo sviluppo di una nuova forma di turismo, attivo, responsabile e sostenibile;
favorire la conoscenza della natura e il rispetto dell'ambiente;
migliorare la mobilità in ambito urbano e periurbano, creando un sistema di percorsi riservati
agli utenti non motorizzati, e contribuendo in tal modo a migliorare la qualità della vita nelle
città;
favorire la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico, architettonico,
culturale, ambientale e paesaggistico, così come delle tradizioni e delle tipicità delle zone
attraversate.
Il movimento moderno delle greenways è nato negli Stati Uniti nella seconda metà del XX secolo, ma la
gran parte della letteratura è concorde nell'individuare in Frederick Law Olmsted, archittetto
paesaggista dell'800, il padre delle moderne greenways.
Olmsted progettò, tra il 1878 e il 1890, un sistema del verde per la città di Boston, l' "Emerald
Necklace Park", formato da parchi collegati da parkways, grandi viali alberati di collegamento tra città
e parco che, nell'idea originaria di Olmsted, avevano l'obiettivo di estendere i benefici del parco alle
aree residenziali circostanti.
Proprio le parkways olmstediane vengono considerate i predecessori delle moderne greenways, la cui
prima definizione ufficiale nasce negli Stati Uniti nel 1987, nell'ambito della "President's Commission
on American Outdoors", dove viene evidenziata la necessità di creare "a living network of greenways...
to provide people with access to open spaces close to where they live, and to link together the rural
and urban spaces in the American landscape... threading through cities and countrysides like a giant
circulation system".
Questa visione lascia intuire una grande rivoluzione pianificatoria: creare un sistema di percorsi verdi
significa fornire alla popolazione un sistema di mobilità complementare a quello tradizionale, che
permetta un movimento sicuro e gratificante sia per le funzioni ludiche e ricreative, sia per la mobilità
casa/lavoro, casa/scuola, casa/servizi.
Definizioni di Greenways
Un sistema di territori lineari tra loro connessi che sono protetti, gestiti e sviluppati in modo
da ottenere benefici di tipo ecologico, ricreativo e storico-culturale.
Spazi aperti lineari realizzati sia lungo un corridoio naturale (fiume, torrente), sia lungo un
percorso di cresta, sia attraverso il territorio utilizzando una linea ferroviaria dismessa
convertita ad uso ricreativo, sia lungo un canale o una strada scenica.
Qualsiasi percorso naturale o attrezzato per uso pedonale o ciclistico.
Spazi aperti di connessione e collegamento tra loro e con aree urbanizzate di parchi, riserve
naturali, beni culturali e siti storici.
A livello locale, strisce verdi strutturate come parchi lineari o cinture verdi.
L'ASSOCIAZIONE
Breve storia
Il 20 luglio 1998 si è costituita l’Associazione Italiana Greenways, tra le prime associazioni nel settore
ambientale sorta come Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale (ONLUS).
Tra i soci fondatori vi sono docenti e ricercatori dell’Università degli Studi e del Politecnico di Milano,
rappresentanti di enti parco e di associazioni professionali e culturali, oltre a esponenti del mondo
imprenditoriale.
L’idea di costituire l'A.I.G. è nata in seguito ad un incontro seminariale tenutosi nell’aprile 1998 presso
la facoltà di Agraria di Milano sul tema delle greenways. Tale incontro ha visto la partecipazione del
Professor Julius Fabos dell’Università del Massachusetts (USA), capofila del movimento internazionale
delle greenways, insieme a esponenti di enti locali e associazioni professionali.
Tutti i partecipanti hanno sottolineato l'importanza di sviluppare il movimento delle greenways anche in
Italia. Infatti, il territorio nazionale, con i suoi parchi fluviali, il sistema di canali, la rete di vie
ferroviarie dismesse e il sistema di strade rurali e sentieri di pianura e montagna, inseriti in un
contesto di valori storico-culturali e agricolo-forestali unico al mondo, rappresenta uno scenario ideale
per uno sviluppo progettuale e pianificatorio legato al concetto delle greenways.
Scopi
connettere e sviluppare le iniziative in atto sul territorio italiano relative alla costruzione e allo
sviluppo delle greenways;
promuovere iniziative volte a diffondere l'interesse per la salvaguardia, la valorizzazione e la
creazione di greenways;
promuovere lo sviluppo rurale attraverso attività di turismo sostenibile basato su una rete di
greenways;
incoraggiare un maggior contatto tra cittadini e natura attraverso la realizzazione di percorsi
verdi di attraversamento delle città e di connessione con la campagna;
favorire il senso di appartenenza della popolazione al territorio attraverso la conservazione ed
il recupero dei valori storico-culturali dei luoghi.
Tra le attività previste dell’associazione: il censimento delle vie verdi esistenti e potenziali del
territorio italiano, strutturato mediante GIS (Geographical Information System), la creazione di un
Centro di Documentazione sulle Greenways, la diffusione delle iniziative in atto mediante
l’organizzazione di convegni e seminari.
Il progetto GREENWAYSITALIA
Allegati:
“Greenways” di Massimo Angrilli;
“Il recupero delle ferrovie dismesse come Greenways” a cura di Roberto Rovelli.
programmi di riqualificazione di waterfront soggetti a
degrado;
- recreational greenways, percorsi ricreativi di diverso
tipo, come sentieri o passeggiate, spesso di lunga distan-
za, appoggiati a corridoi naturali come pure a canali, sedi
ferroviarie dismesse e altre forme di viabilità;
- ecologically significant natural corridors, corridoi naturali
ambientalmente significativi, di norma lungo aste fluviali
o, meno spesso, linee di crinale, con lo scopo di consen-
tire gli spostamenti della fauna, lo scambio biologico, lo
studio naturalistico e l'escursionismo;
- scenic and historic routes, itinerari panoramici e storici,
di norma lungo strade e vie d'acqua sistemate in modo
da essere fruibili dai pedoni o da consentire la sosta in
automobile e l'osservazione da piazzole panoramiche;
- comprehensive greenway systems or networks, sistemi
e reti di greenways, appoggiati alla morfologia naturale
come valli e crinali, o semplicemente determinati dall'as-
semblaggio di corridoi con spazi aperti di varia natura, in
modo da formare un'infrastruttura verde a scala comuna-
Little Dry Creek, Englewood, Colorado: la trasformazione di le o anche regionale.
un canale di raccolta delle acque piovane in greenway urbana, Da questa classificazione emerge la grande flessibilità
esito di un progetto di messa in sicurezza idraulica del canale. del concetto di greenway, che lo rende adattabile alle
diverse combinazioni di domande locali, valori e
condizioni d'intervento. Il successo del movimento è in
parte dovuto a questa flessibilità e in parte a questioni
d'opportunità: l'opportunità che le greenways offrono alle
amministrazioni nel rispondere alla “domanda” dei citta-
Greenways dini (praticare in città attività ricreative come passeggiare,
correre e andare in bicicletta) con un impiego di risorse
Massimo Angrilli relativamente modesto. Acquisire e sistemare gli spazi
aperti che di norma costituiscono una greenway (tracciati
Quello delle greenways è in America un vero e proprio ferroviari dismessi, golene di corsi d'acqua, fasce di
movimento (1). Nel 1990, secondo il National Geographic pertinenza delle infrastrutture stradali) comporta, infatti,
(2), più di 500 progetti erano in corso di realizzazione investimenti relativamente ridotti, soprattutto quando le
solo nel nord America. La facile associazione d'idee che aree sono già di proprietà delle amministrazioni pubbli-
suggerisce l'accostamento del termine greenway a quelli che; inoltre, nella sistemazione degli spazi, si può conta-
più noti di greenbelt e parkway, pur testimoniando una re spesso sul supporto e sulla partecipazione delle
radice comune, non basta a spiegare la presenza nella organizzazioni di volontariato e dei cittadini stessi, coin-
pratica della pianificazione di questa nuova categoria volti nell'operazione dalla fase progettuale fino a quella di
progettuale; infatti, più che dalla cultura urbanistica o realizzazione.
paesaggistica, essa sembra derivare dal riconoscimento
di una domanda espressa dai cittadini americani. Origini delle greenways
Una domanda raccolta nel 1987 dal rapporto della Com-
mission on American Outdoors, dal quale emergeva L'idea che fa da sfondo al movimento delle greenways ha
come il principale bisogno dei cittadini inurbati (più numerose radici, alcune affondano nel secolo scorso e
dell'80% del totale della popolazione americana) fosse la fanno parte della storia dell'architettura del paesaggio,
disponi-bilità di siti naturali all'interno delle città, visitabili altre sono più recenti e si alimentano dell'interesse verso
evitando faticosi e costosi spostamenti per raggiungere in l'ecologia e la conservazione dell'ambiente.
macchina i grandi parchi nazionali. Un'esigenza raccolta Molti autori riconoscono in Frederick Law Olmsted il
e tradotta in una “raccomandazione” che il presidente padre dell'idea che ha generato le greenways. Olmsted
della commissio- ne rivolgeva al governo americano in fu, infatti, il primo a capire il potenziale degli spazi aperti
forma di “visione al futuro”. In sintesi, la raccomanda- lineari nel fornire accesso ai parchi e nell'estenderne i
zione proponeva la realizzazione di «una rete organica di benefici al tessuto urbano circostante. Ciò che però man-
greenways ...che consenta ai cittadini l'accesso a spazi cava nelle parkways o nei sistemi di parchi concatenati,
naturali non lontano dai luoghi di residenza, che connetta come il Boston Emerald Necklace, è il contenuto ecologi-
gli spazi urbani e rurali del paesaggio americano». co della proposta che, nel caso delle greenways assume
una particolare importanza.
Tipologie di greenways Le politiche urbane fondate sulle greenways, oltre che of-
frire alla fruizione dei cittadini siti naturali interni o vicini
Nella descrizione di C. Little, le greenways sono classifi- alla città, si propongono di dare una risposta al degrado
cate secondo cinque tipologie (3): delle risorse e di ricostituire la continuità del sistema
- urban riverside greenways, rive di fiumi (o d'altri corsi ambientale per mezzo di una rete organica di corridoi e
d'acqua) che scorrono in contesti urbani, spesso parte di parchi che si appoggia al supporto morfologico (corsi
d'acqua, linee di crinali, valli, ecc.) e che approfitta anche
delle strutture lineari d'origine antropica (sedi ferroviarie
dismesse, canali, entroterra delle infrastrutture, ecc.).
L'apporto ecologico delle greenways, nel caso esse
costituiscano un continuum naturale extraurbano, può
essere di fondamentale importanza, formando di fatto
corridoi" per lo spostamento della fauna tra habitat
diversi, attenuando quindi gli effetti negativi indotti sulla
biodiversità dalla frammentazione del paesaggio. Alla
"scala locale", quando le greenways diventano cunei di
penetrazione urbana, il contributo ecologico può essere
determinante nel ripristinare la funzionalità dei principali
processi ecologici. È il caso dell'impiego di superfici
verdi, integrate in reti di greenways urbane, per lo storm
water management, una tecnica di gestione delle acque
piovane che consente a queste di infiltrarsi lentamente
nel terreno, depurate dalle sostanze in sospensione,
ricaricando le falde sotterranee.
Riferimenti bibliografici
• Introduzione
• Vantaggi e svantaggi legati alla conversione di una linea ferroviaria dismessa in un percorso
verde
• Problematiche legate al recupero delle ferrovie dismesse: la proprietà della sede
ferroviaria
• Le esperienze estere
• Le esperienze in Italia
• Il rail with trail
• Bibliografia
• Links
Introduzione
Un po' in tutti i paesi industrializzati vi sono migliaia di chilometri di linee ferroviarie non più utilizzate
e di tratti di linee attive abbandonati in seguito alla realizzazione di varianti di tracciato. Nella seconda
metà del XX secolo, infatti, la chiusura di molte industrie e miniere, abbinata allo sviluppo della
tecnologia dell’automobile, ha portato alla realizzazione di una imponente rete stradale, attribuendo al
trasporto su gomma il ruolo di mezzo prioritario negli spostamenti delle persone e delle merci, con il
conseguente abbandono di numerose linee ferroviarie.
Dopo la soppressione definitiva del servizio pubblico, tali linee possono andare incontro a destini molto
diversi:
alcune possono rimanere in esercizio come
raccordi privati, ferrovie turistiche, o per
scopi militari;
in molti casi la linea viene disarmata e la
sede ferroviaria viene venduta o affittata
a privati, che la utilizzano come strada
campestre o la inglobano nelle loro colture;
in altri casi la linea può essere utilizzata
per l'interramento di acquedotti,
metanodotti, cavi elettrici, linee di
telecomunicazione, ecc.;
nella maggior parte dei casi la vecchia
ferrovia viene semplicemente
(Fonte: Grove, 1990)
abbandonata. La vegetazione lungo il
tracciato si sviluppa abbondantemente
rendendo spesso impossibile il passaggio e
l'assenza di un utilizzo e di interventi di
manutenzione spinge gli abitanti a
considerare la loro sede come una discarica
pubblica.
Già nel 1978, in Belgio, P. Geldhof, oggi direttore della "Associazione delle Fiandre Occidentali per il
tempo libero", scriveva: "sempre di più nei paesi e nelle città si diffonde l’idea di destinare le vecchie
linee ferroviarie ad una funzione ricreativa. Passeggiare, andare in bicicletta e a cavallo, sono
passatempi sempre più diffusi. La corsa verso l’aria aperta è cominciata. Nelle città, i ciclisti e i pedoni
sono rifiutati dalle strade pubbliche senza che si offra loro una alternativa accettabile. Gli
escursionisti a cavallo, quasi completamente esclusi dall’ambiente urbano, sono alla ricerca di percorsi
con suoli soffici adatti per i loro cavalli. La rete stradale e autostradale è più che sufficiente. Quello
che manca, sono dei percorsi che conducano i pedoni, i ciclisti e gli escursionisti a cavallo fuori dai
centri abitati, verso le campagne, lontano dai pericoli. Le vecchie linee ferroviarie hanno tutti i requisiti
per svolgere questo ruolo. Esse sono state concepite per collegare i paesi tra di loro, e presentano il
minor contatto possibile con le altre forme di traffico."
Dopo le prime realizzazioni sporadiche degli anni ’70 e ’80, oggi la conversione delle vecchie linee
ferroviarie in percorsi verdi destinati ad un traffico non motorizzato, è diventata una realtà in forte
espansione, come dimostra il continuo aumento del numero di questi percorsi che vengono aperti ogni
anno.
Il termine con cui vengono designate questo tipo particolare di greenways è spesso differente nei vari
paesi. Infatti, in molti stati, le associazioni costituitesi specificatamente per promuovere questo tipo di
riutilizzo delle linee ferroviarie abbandonate, hanno coniato dei termini caratteristici che spesso
richiamano la particolare origine di questi percorsi verdi. Così in Gran Bretagna li chiamano "railway
paths", negli Stati Uniti "rails-trails", in Francia e in Belgio "chemins du rail" e in Spagna "vías verdes".
Quello che non varia è la sostanza. Con questo termine, infatti, vengono indicati dei percorsi verdi
pubblici, multi funzionali, realizzati sul tracciato delle linee ferroviarie abbandonate.
L'idea di convertire le linee ferroviarie non più utilizzate in percorsi verdi nasce dalla constatazione dei
numerosi vantaggi che esse offrono:
La conversione delle linee ferroviarie non più utilizzate in greenways presenta, tuttavia, anche alcuni
svantaggi:
la densità della rete ferroviaria non consente di collegare molte località di interesse
secondario;
la rettilineità e l'uniformità di alcuni tracciati può rendere "noioso" il loro utilizzo una volta
convertiti in percorsi verdi;
a volte il tracciato ferroviario passa al di fuori dei centri abitati o li attraversa con tratti in
trincea o in rilevato che possono impedire agli escursionisti di raggiungere i centri abitati
circostanti;
nelle zone impervie, la carenza di punti di acceso ai tracciati, spesso limitati alle sole stazioni
poste a svariati chilometri di distanza l’una dall’altra, può scoraggiare i pedoni e i ciclisti ad
usare i percorsi verdi ricavati lungo di essi.
Non trascurabile, per coloro che si accingono a promuovere il recupero di una linea ferroviaria dismessa
come greenways, sono alcune problematiche, che richiedono un'analisi e uno studio approfondito.
Tra le principali si segnala quella della proprietà della sede ferroviaria dopo la dismissione di una linea.
L'acquisizione del tracciato ferroviario (mediante l'acquisto, l'affitto o una servitù) costituisce, infatti,
il punto di partenza per qualsiasi progetto di conversione di una ferrovia abbandonata in greenway, e si
configura molto complesso a causa delle diverse norme vigenti nei vari stati.
La situazione all'estero
La situazione in Italia
Il railbanking: una possibile soluzione al problema della proprietà
La situazione all'estero
Dopo la soppressione di una linea il titolo di proprietà della sede ferroviaria può andare incontro a destini
molto diversi, in funzione delle norme vigenti nei vari stati. È possibile, tuttavia, effettuare una
distinzione di massima tra le normative dei paesi anglosassoni, da una parte, e quelle degli altri paesi
dall'altra.
In Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dove negli anni del grande sviluppo della rete ferroviaria hanno
prevalso le tendenze individualiste e il ruolo dello Stato, inteso negli Stati Uniti a livello federale, è stato
marginale, per costruire una linea era sufficiente che la compagnia ferroviaria ottenesse
un’autorizzazione dal governo che gli conferiva la facoltà di ricorrere all’espropriazione forzata e di
riscuotere le tasse di trasporto. Ma la ferrovia era di proprietà perpetua del concessionario.
Nei decenni successivi, sono aumentate le ingerenze e i vincoli posti dallo Stato, che ha riscattato anche
alcune linee, ma la situazione generale non è mutata e la maggior parte delle linee è rimasta in proprietà
privata dei concessionari.
In questi paesi, una volta cessato l’esercizio ferroviario su una linea, questa resta generalmente di
proprietà della compagnia ferroviaria che ne può disporre liberamente, portando spesso, dopo che la
società ha proceduto allo smantellamento della linea, alla frammentazione della sede ferroviaria tra
numerosissimi proprietari.
Una situazione opposta si ha nell’Europa continentale e in Sud America, dove sono prevalsi concetti
accentratori abbinati ad una scarsa attività individuale, che hanno costretto gli Stati ad adottare un
sistema di ingerenze minuzioso e completo, culminante nell’impianto e nell’esercizio diretto delle ferrovie.
In questi paesi l’attività delle compagnie ferroviarie è definita “servizio pubblico” e la proprietà delle
linee, anche durante la concessione, è riservata allo Stato o è assoggettata almeno ad una servitù
demaniale.
Questa situazione è molto più favorevole nell'ottica di conversione delle vecchie linee in percorsi verdi, in
quanto, almeno teoricamente, la sede ferroviaria resta "intatta" dopo la dismissione della linea ed è già di
dominio pubblico.
La situazione in Italia
In Italia, la legislazione prevede un regime di proprietà diverso per le due tipologie di ferrovie definite
dalla L. 2248 del 1865 all'art. 206:
ferrovie pubbliche, quelle destinate al servizio del pubblico per il trasporto di persone, merci, o
cose qualunque;
ferrovie private, quelle che un singolo o una società costruisce esclusivamente per uso proprio o
per l'esercizio di una industria o di un commercio di sua proprietà.
Le prime, possedendo carattere di "pubblica utilità", richiedono che il concessionario acquisisca (spesso
con l'ausilio dello Stato) la proprietà della sede ferroviaria.
Nel caso delle ferrovie private, invece, la sede ferroviaria può appartenere a chi costruisce la linea o può
essere di proprietà di terzi e soggetta a servitù di passaggio.
La successione di leggi e decreti che nel corso dell'ultimo secolo hanno cercato di regolamentare le
questioni legate all'esercizio delle ferrovie pubbliche ha reso complicata la determinazione della
proprietà della sede ferroviaria e delle relative opere e pertinenze dopo la chiusura di una ferrovia.
Questa incertezza riguarda soprattutto le ferrovie in concessione a soggetti privati, mentre la situazione
è più chiara per le linee in passato gestite direttamente dallo Stato e oggi concesse alla società Ferrovie
dello Stato S.p.A.
Ciò nonostante, è possibile definire i criteri generali che regolano il destino del titolo di proprietà delle
sedi ferroviarie dopo la dismissione di una linea.
L'elemento fondamentale che influenza il destino del corpo stradale di una ferrovia dopo la chiusura è
rappresentato dall’atto che sancisce la soppressione definitiva della linea. Fino a quando non viene
emanato tale atto, infatti, il regime di proprietà degli immobili, delle opere e degli impianti costituenti la
ferrovia resta generalmente invariato e dunque essi rimangono nella disponibilità del soggetto che ne era
proprietario quando la linea era in esercizio.
La "procedura di dismissione" di una linea ferroviaria è diversa per le linee FS e per quelle in concessione
ai privati.
Per le prime, nel periodo antecedente l’istituzione dell’Ente FS (fino al 1985), la dismissione di una linea
avveniva con due atti:
un Decreto del Ministro dei Trasporti con il quale si procedeva alla soppressione del servizio
ferroviario (a seguito di una richiesta formale da parte delle FS);
un Decreto del Presidente della Repubblica (prima Decreto Reale), con il quale si autorizzava la
definitiva soppressione della linea.
In tale periodo, in cui la gestione di Stato avveniva tramite l’Azienda Autonoma delle Ferrovie dello
Stato, la sede ferroviaria e le relative opere e pertinenze, sia durante il periodo di esercizio di una linea
sia dopo la soppressione, erano di proprietà dello Stato. Tuttavia, contestualmente all’abbandono,
perdevano il loro carattere di demanialità ed entravano a far parte del patrimonio disponibile dello Stato,
divenendo disponibili fonti di reddito.
Con l’istituzione dell’Ente F.S. prima (1985) e della Società per Azioni poi (1992), è iniziato un periodo di
incertezza circa la procedura da adottare, fino a pervenire a quanto contemplato dal D.M. 225/T del
1993. Esso prevede solo l'emissione di una autorizzazione del Ministero dei Trasporti e della
Navigazione alla chiusura della linea (sempre successivo a una richiesta formale di soppressione da parte
del Consiglio di Amministrazione della Società FS).
Con la L. 210/85 (istitutiva dell'Ente FS ma valida anche per la società FS S.p.A.), gli immobili, le opere e
gli impianti delle linee in esercizio sono stati trasferiti ai nuovi soggetti ed ad essi rimangono anche dopo
la soppressione. L’Ente F.S. e la società per azioni hanno la piena disponibilità di tali beni e possono
alienarli liberamente una volta che è stato eliminato, con l’atto di soppressione definitiva, il vincolo di
destinazione al servizio pubblico. In base all’art. 24 della stessa legge, viene assicurata
all’amministrazione statale e agli enti territoriali locali un diritto di prelazione sui beni alienati dall’Ente
ferroviario idonei a soddisfare interessi pubblici.
Parallelamente al cambiamento della forma di gestione delle ferrovie da parte dello Stato si è verificato
anche un trasferimento del titolo di proprietà dei beni dismessi dallo Stato a FS. Attualmente, la
Società FS S.p.A. ha così acquisito la proprietà di beni e pertinenze relative alle linee dismesse in
precedenza dell’Azienda Autonoma e dell'Ente, ad eccezione naturalmente di quelli già alienati.
Tutte le sedi delle linee ferroviarie gestite dallo Stato ed oggi dismesse sono in questo modo state
trasferite alla società Ferrovie dello Stato S.p.A., che le ha affidate in gestione alla società Metropolis
S.p.A., costituita nel 1991 con lo scopo di gestire, valorizzare ed alienare i beni non strumentali
all’esercizio ferroviario rientranti nel patrimonio immobiliare delle F.S. S.p.A.
Diverso è il caso delle ferrovie in concessione ai privati. Per esse non esiste una legge che definisce la
procedura di dismissione, tuttavia, col tempo, si è andata consolidando una procedura che prevede due
atti:
Una volta decaduta la concessione, in base all’art.184 del T.U. del 1912, scatta un vincolo di reversibilità
a favore dello Stato per gli immobili, le opere e gli impianti costituenti la linea e la conseguente iscrizione
tra i beni del patrimonio disponibile. Tuttavia, mentre questa norma è stata applicata nei casi in cui tali
beni siano stati acquistati grazie a concorsi straordinari dello Stato, negli altri casi si sono avute diverse
interpretazioni dell’articolo, ricorsi da parte dei concessionari e ritardi burocratici che hanno a volte
impedito il passaggio allo Stato dei suddetti beni.
Innanzitutto il vincolo di reversibilità scatta nel momento in cui il concessionario decade dalla
concessione, ma tale decadenza non si verifica in seguito alla chiusura di fatto della linea ma solo in
conseguenza di un provvedimento ministeriale che ne sancisce la soppressione definitiva. I ritardi con cui
questi atti sono stati emanati hanno fatto sì che i beni dismessi restassero per molti anni, e in alcuni casi
lo sono ancora, di proprietà del concessionario.
Inoltre, secondo diversi interpreti, l’art. 184 del R.D. 1447/1912 farebbe riferimento al caso in cui lo
Stato intenda mantenere il servizio ferroviario e non sarebbe dunque applicabile nel caso in cui il Ministro
dei Trasporti autorizzi la soppressione di una linea, in quanto sarebbe ingiustificato il passaggio allo
Stato dei beni acquistati dai concessionari a proprie spese. Una conferma in questo senso è venuta anche
dalla legge 5-5-1989 n. 160 che all’art. 3 afferma che “immobili, opere e impianti di linee ferroviarie,
acquisiti dall’azienda esercente a proprie spese, per qualunque ragione dismessi e non utilizzati e non più
utilizzabili per l’esercizio del servizio ferroviario, restano nella piena disponibilità dell’azienda
proprietaria per estinzione del vincolo di reversibilità sugli stessi.”
Infine, a complicare ulteriormente il problema, è stato emanato nel 1997 il D.Lgs. n. 422, che ha
modificato il vincolo di reversibilità allo Stato a favore delle Regioni nel cui territorio ricadono le linee e
ha previsto il trasferimento a queste ultime, mediante accordi di programma non ancora definiti o
approvati, degli immobili, delle opere e degli impianti antecedentemente dismessi e relativi alle ferrovie
in concessione a privati.
Il railbanking: una possibile soluzione al problema della proprietà
Negli Stati Uniti d'America, al problema della proprietà di una linea dopo la dismissione, si è cercato di
dare una soluzione mediante l'introduzione, nel 1983, come emendamento al National Trail System Act,
dello strumento del railbanking, volto a salvaguardare l'integrità dei "corridoi" costituiti dalle linee
ferroviarie dismesse.
Una linea rail-banked non è considerata abbandonata e quindi la sede può essere ceduta
all'organizzazione promotrice del percorso verde senza essere "smembrata" tra diversi proprietari.
Con il “railbanking”, una compagnia ferroviaria può rimuovere tutte le attrezzature di sua proprietà
costituenti la linea, ad eccezione dei ponti, delle gallerie e dei sistemi di drenaggio. Questo non comporta
nessun costo aggiuntivo per la società ferroviaria rispetto ad una cessione ordinaria del corpo stradale e
può portarle diversi vantaggi:
Nel 1999, negli USA, esistevano già 145 linee rail-banked, per un totale di 5.800 km, di cui 3.100 già
trasformati in greenways e gli altri in fase di "recupero".
Esperienze estere
Tra le esperienze estere di recupero delle linee ferroviarie dismesse come percorsi verdi meritano
particolare attenzione i progetti avviati in Spagna, Stati Uniti e Belgio.
In Spagna, all'inizio degli anni '90 è stato avviato un programma, chiamato Vías Verdes, che unendo le
iniziative frammentarie esistenti, mira a sviluppare una rete di percorsi riservati al traffico non
motorizzato usando proprio le linee ferroviarie dismesse. Fin dall’inizio questo programma ha visto una
stretta cooperazione tra i diversi settori dell’amministrazione pubblica, le compagnie ferroviarie, gruppi
di cittadini e varie associazioni.
Il programma è coordinato dalla Fundacíon de los Ferrocarriles Españoles che, nel 1992, su incarico del
vecchio Ministero dei Lavori Pubblici, dei Trasporti, dell'Ambiente e delle due compagnie ferroviarie
statali, la RENFE e la FEVE, aveva svolto un inventario delle linee ferroviarie non utilizzate presenti nel
paese, da cui scaturì la presenza di 98 linee dismesse aventi una lunghezza complessiva di 5.764 km, a cui
si aggiungevano altre 89 vecchie ferrovie utilizzate come raccordi da miniere e industrie ed aventi
un’estensione di 1.920 km.
Alla fine del 1993 iniziarono le prime realizzazioni concrete. I primi progetti furono sviluppati
direttamente dalla fondazione, ma ben presto fu chiaro che questo compito poteva essere meglio svolto a
livello locale, ed oggi tutti i progetti sono portati avanti dagli enti locali, sotto la supervisione della
fondazione stessa.
Dal 1995 il programma è stato finanziato dal nuovo Ministero dell’Ambiente, insieme a diverse autorità
locali e regionali.
Sette anni dopo l’inizio, il risultato del programma è molto positivo. Sono stati investiti più di 60 miliardi
di lire per convertire circa 800 km di linee ferroviarie in disuso in greenways.
Il grande pregio di questo programma è stato senza dubbio quello di sviluppare una segnaletica
omogenea per tutte le greenways. Fin dall’origine il programma Vías Verdes ha avuto un proprio logo
identificativo raffigurante alcune traverse ferroviarie, che richiamano la particolare origine di questi
percorsi verdi, e un nome comune per indicare tutte le greenways ricavate da linee ferroviarie dismesse.
Ad essi si aggiunge per ogni percorso un nome proprio tratto dagli elementi geografici, storici o culturali
presenti nella zona attraversata che permette di distinguerlo dagli altri. Questi elementi hanno
contribuito alla promozione di questi percorsi rendendoli estremamente popolari tra la gente e
determinandone un ampio successo.
In Belgio, dopo la seconda guerra mondiale, 1.600 km di linee a scartamento normale e la quasi totalità
delle linee tranviarie sono stati dismessi.
Verso la fine degli anni ’70, ha iniziato a diffondersi una politica unitaria volta al recupero di questo
patrimonio.
Nelle Fiandre, all’attività nazionale si affiancò quella delle province, delle città e dei comuni che
acquistarono o presero in affitto le sedi ferroviarie delle linee dismesse dalla SNCB, la compagnia
ferroviaria nazionale, e costruirono decine di chilometri di piste ciclabili, completando questa rete
rudimentale di vie verdi utilizzando le alzaie e le strade campestri. A metà degli anni ’90, oltre 250 km
di linee ferroviarie dismesse erano già state convertite in chemins du rail.
Al contrario, nella Regione Vallonia, si erano sviluppate solo iniziative isolate e sparse. Nel 1997,
tuttavia, dopo un lungo e difficile accordo con la SNCB (con il quale sono stati concessi alla Regione in
enfiteusi per 99 anni circa 1.000 km di linee ferroviarie dismesse), è stato avviato un programma,
chiamato RAVI e successivamente RAVeL (Réseau Autonome de Voies Lentes), volto a creare una rete
autonoma di percorsi dedicati al traffico "lento" sfruttando le alzaie dei canali, le ferrovie dismesse,
ecc. Fino ad oggi sono stati realizzati circa 900 km di percorsi, di cui quasi 200 km utilizzando linee
ferroviarie dismesse.
L'esperienza statunitense
Negli Stati Uniti d'America, dove nel 1916 la rete ferroviaria presentava un'estensione di oltre
430.000 km, nel corso del XX secolo sono stati abbandonati oltre 240.000 km di ferrovie.
A differenza di quanto avvenuto nella maggioranza degli altri paesi del mondo, in cui l’abbandono delle
ferrovie si è verificato soprattutto intorno alla metà del secolo, negli Stati Uniti quasi la metà delle
linee dismesse sono state abbandonate negli anni ’80, dopo che l’Interstate Commerce Commission, con
lo Stagger Act del 1980, aveva rimosso gran parte dei vincoli che prima obbligavano le compagnie
ferroviarie a mantenere in esercizio anche linee con pesanti deficit. Ancora oggi vengono ogni anno
dismessi circa 5.000 km di strade ferrate.
Il movimento volto alla conversione delle linee ferroviarie abbandonate in percorsi verdi è iniziato, a
livello nazionale, nei primi anni ’60. I primi rail-trails aperti al pubblico sono stati:
Queste prime realizzazioni fecero da guida a numerose altre iniziative che sorsero ben presto in tutto il
paese.
Nel 1986 fu istituita anche un’organizzazione nazionale, la Rails toTrails Conservancy (RTC), che mira
proprio al recupero dell’immenso patrimonio costituito dalla rete ferroviaria dismessa e fornisce
supporto e assistenza ai promotori di questi progetti.
Quando venne costituita la RTC erano stati recuperati nell'intero territorio americano meno di 90 linee
ferroviarie, mentre nel 1997, i rail-trails avevano già raggiunto un'estensione di circa 16.000 km.
Negli Stati Uniti si trova il più lungo rail-trail che sia mai stato realizzato: il Katy Trail, che si estende
per oltre 320 km nello stato del Missouri, seguendo il corso del fiume Missouri, e attraverso
spettacolari vallate e molti piccoli paesi.
Esso rappresenta uno dei tanti percorsi realizzati grazie all'assistenza della Rails to Trails Conservancy.
In Italia, fino ad ora le esperienze di recupero e valorizzazione delle linee ferroviarie dismesse come
greenways sono state poche ed isolate. Tra le principali realizzazioni si segnalano:
il recupero come pista ciclabile della ex ferrovia Modena-Vignola nel tratto San Lorenzo di
Castelnuovo-Spilamberto (7 km), realizzato dalla Provincia di Modena;
il recupero come percorso sterrato della ex ferrovia Rocchette-Asiago, realizzato dalla
Associazione Artigiani di Asiago;
il recupero come percorso sterrato, in estate, e pista per lo sci di fondo, in inverno, della linea
ferroviaria dismessa Dobbiaco-Cortina, nel tratto Dobbiaco-Lago di Dobbiaco (5 km);
il recupero come percorso ciclo-pedonale della ex ferrovia Caltagirone-S. Michele di Ganzaria
(CT) per un tratto di circa 8 km.
Esistono inoltre molti altri progetti in fase più o meno avanzata di realizzazione, che mostrano come
questa problematica sia stata affrontata dagli enti pubblici solo negli ultimi anni. Tra di essi si
segnalano:
il progetto di recupero delle ex ferrovie Modena-Vignola (per la parte non ancora realizzata) e
Modena-Mirandola-Finale Emilia (40 km), portato avanti dalla Provincia di Modena;
il progetto di conversione in pista ciclabile del tratto Prato Isarco-Ponte Val Gardena (16 km)
della linea ferroviaria Verona-Brennero abbandonato negli ultimi anni in seguito alla
realizzazione di una variante di tracciato, promosso dalla Provincia di Bolzano;
i progetti di recupero come greenways delle vecchie linee a scartamento ridotto della Sicilia
Occidentale (Palermo-S. Carlo, Burgio-Castelvetrano e Salemi-S. Ninfa), promossi dall'Azienda
Autonoma Provinciale del Turismo (A.A.P.T.) di Palermo;
il progetto di recupero come pista ciclabile della ex ferrovia Fiuggi-Paliano (22,5 km), promosso
dalla Regione Lazio;
il progetto di recupero della linea ferroviaria Treviso-Ostiglia, lunga ben 116 km, che la Regione
Veneto vuole convertire in una pista ciclabile a valenza interprovinciale.
In questo quadro la società Ferrovie dello Stato S.p.A. ha affidato all'Associazione Italiana
Greenways uno studio per verificare la possibilità di valorizzare le linee ferroviarie non utilizzate
e/o sottoutilizzate attraverso la creazione di un sistema di greenways.
Con questo studio si vuole finalmente avviare anche in Italia un progetto a livello nazionale per il
recupero dei vecchi tracciati ferroviari, sulla base delle esperienze già svolte negli altri paesi.
N.B. I progetti indicati in questa pagina sono quelli di cui siamo riusciti a reperire informazioni. Se qualcuno conosce altri progetti o
realizzazioni e vuole segnalarceli, gliene saremo molto grati.
Il "rail-with-trail"
Negli ultimi anni, in vari paesi si è assistito alla nascita di iniziative volte alla creazione di percorsi verdi
lungo linee ferroviarie in esercizio. Negli Stati Uniti questi percorsi vengono indicati con il termine di
“rails-with-trails” e, in vari stati, stanno acquistando un ruolo sempre più importante nelle politiche
volte a favorire l’uso dei mezzi di trasporto non motorizzati.
La realizzazione di un percorso verde accanto a una linea ferroviaria in esercizio avviene generalmente
sfruttando la porzione di piattaforma stradale precedentemente occupata da altri binari o gli spazi
liberi che possono a volte trovarsi intorno alle linee ferroviarie.
La possibilità di realizzare dei percorsi verdi accanto ad una linea ferroviaria in esercizio offre tutti i
vantaggi precedentemente ricordarti per i percorsi costruiti sul tracciato delle linee dismesse, ma può
porre alcuni problemi legati alla sicurezza. Nonostante il numero di incidenti tra passanti e treni
verificatisi su questi percorsi sia assai ridotto, è molto importante, durante la loro progettazione,
prevedere un’opportuna separazione tra il tracciato ferroviario e quello pedonale e ciclabile. Questa
separazione viene generalmente ottenuta per mezzo di dislivelli tra i due tracciati, interposizione di
siepi e arbusti, o costruzione di una barriera che impedisca l’accesso ai binari. Inoltre è importante
posizionare segnali di pericolo rivolti ai passanti ed esporre regolamenti che vietino l’intrusione nella
sede ferroviaria.
Nel 1996 negli USA la Rails-to-Trails Conservancy ha svolto uno studio su 37 “rails-with-trails” dal
quale è risultato che le linee ferroviarie attive e i percorsi verdi possono coesistere offrendo sicurezza
e benefici agli utenti. Da questo studio si possono anche trarre alcune considerazioni relative alle
caratteristiche che questi percorsi dovrebbero presentare:
La soluzione del "rail-with-trail" può essere interessante anche per alcune linee ferroviarie italiane
dove il traffico è scarso o concentrato in un particolare periodo del giorno, della settimana o dell'anno.
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