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III. LA FILOSOFIA ERMENEUTICA CONTEMPORANEA. 1.

La rideterminazione esistenziale e ontologica dellermeneutica nel Novecento


Ad un primo, immediato confronto, lermeneutica di cui ci siamo occupati finora (sia nella sua veste pi tradizionale e antica di disciplina per la corretta interpretazione di testi, sia nella versione ottocentesca di ermeneutica filosofica) sembra aver ben poco da spartire con la filosofia ermeneutica ossia con quella che ormai a pieno titolo si qualificata come una delle pi importanti correnti del pensiero contemporaneo, che si sviluppata come leredit pi matura della riflessione di Martin Heidegger e che vede in Hans-Georg Gadamer il proprio pi significativo esponente. Se dobbiamo prestare ascolto a questultimo, fin dalla Prefazione di Verit e metodo (testo universalmente considerato il principale riferimento della filosofia ermeneutica contemporanea) egli afferma che il suo lavoro vuole rappresentareun radicale mutamento di prospettiva rispetto allermeneutica tradizionale (p. XLIV) in quanto non affronta affatto problemi di metodologia della scienza dellinterpretazione, n vuol dare un contributo alla messa a fuoco di strategie atte a decifrare lesatto significato di un testo, ma intende porre un problema filosofico rispetto allintera esperienza della vita delluomo e alla sua prassi vitale (ibidem, p.8). La svolta a cui assistiamo ben pi radicale di quella espressa a fine Settecento da Schleiermacher: non si tratta solo di indagare i problemi filosofici connessi alla comprensione e alla comunicazione, ma di cogliere la comprensione e la comunicazione come dimensioni fondamentali dellesistenza delluomo. Assistiamo, cio, ad una ridefinizione esistenziale e ontologica dellermeneutica. Cercheremo di analizzare questa svolta osservando il cambiamento che avviene in alcuni temi e concetti portanti (quello di circolo ermeneutico, quello di fondazione, e la concezione del linguaggio), che ci permetteranno di delineare, assieme agli aspetti di continuit, anche il sostanziale cambiamento di prospettiva. 1.1. Il circolo ermeneutico. La filosofia ermeneutica assume con piena valenza filosofica e d dignit speculativa a un elemento che da sempre accompagna (e affligge come un problema insolubile) lermeneutica tradizionale, invalidando i suoi sforzi di pervenire allesatto significato di un testo: leffetto di circolarit che il processo di comprensione e di interpretazione comporta. Gi i filologi alessandrini, e poi Origene, avevano indicato un primo evidente movimento circolare che si stabilisce in un testo nella relazione tra il tutto e le parti. Ma solo nellet metodica dellermeneutica, e in particolare grazie a Mattia Falcio Illirico, questa circolarit viene per la prima volta chiaramente tematizzata: per comprendere una parte necessario aver presente lintera articolazione dellopera nel suo insieme; ossia, la comprensione delle parti richiede, se vuol essere efficace, una pre-comprensione dellintero, la quale, a sua volta, si amplia e si integra solo attraverso la chiarificazione delle singole parti. Questa circolarit parti-tutto ambivalente, poich rappresenta, da un lato, una strategia preziosa per approfondire la comprensione dellopera e per mettere in luce la complessit delle stratificazioni di senso; daltronde, come ha ben individuato Schleiermacher, essa viene ad aprire un processo in cui il movimento della comprensione non ha davvero mai fine, ampliandosi in una risistemazione continua che sembra vanificare lideale metodico della esaustivit e della completezza nella decifrazione del testo. Schleiermacher in particolare mette in evidenza quel peculiare effetto di circolarit che si viene a creare tra lesigenza di spiegare il testo a partire dalla sua collocazione nella totalit della personalit dellautore e la necessit di riportarlo, invece, agli strumenti espressivi di un certo codice linguistico e di un certo contesto storico e culturale (si vedano i rimandi continui tra interpretazione grammaticale, interpretazione tecnica e interpretazione psicologica, cio fra tre contesti tutti importanti, ma nessuno dei quali esaustivo). Anche in questo caso lo sforzo ermeneutico si risolve in un indefinito rinvio reciproco tra i diversi tipi di collocazione, con un movimento circolare che non si conclude mai. Se lermeneutica tradizionale si arresta davanti a questo effetto di circolarit, vedendolo come unimpasse, un vizio logico da evitare, Heidegger invece, in un noto paragrafo di Essere e tempo65, assume tale circolarit come modalit costitutiva del processo della comprensione e, soprattutto, la vede come figura della condizione originaria della relazione tra luomo e il mondo. Limportante afferma Heidegger- non sta nelluscir fuori dal circolo, ma nello starvi dentro nella maniera giusta. Il circolo della comprensione non un semplice cerchio in cui si muova qualsiasi forma del conoscere, ma lespressione della pre-struttura propria dellEsser-ci stesso. Siamo nella Prima Sezione di Essere e tempo, in particolare nellanalitica e nella definizione degli esistenziali ossia delle strutture fondamentali dellEsser-ci come essere-nel-mondo. Per Heidegger essere-nel-mondo significa essere familiare non tanto con le cose che ci circondano e costituiscono il mondo, quanto essere gi sempre originariamente- familiare con una totalit di significati. Lessere-nel-mondo, per lEsser-ci, il trovarsi gi sempre rimandato a una totalit di significati che precede qualsiasi rapporto particolare con le cose. Questa preliminare familiarit costituisce e struttura la stessa identit dellEsser-ci. Heidegger la definisce comprensione e va intesa non solo in senso attivo/soggettivo, ma soprattutto in senso passivo (lEsserci comprende, ma innanzitutto compreso in un mondo). Essa rappresenta uno dei quattro esistenziali fondamentali (ossia i caratteri costitutivi dellEsser-ci: comprensione, interpretazione, discorso e tonalit emotiva). Il suo movimento circolare. Infatti ogni relazione con il mondo resa possibile dal fatto che noi, prima di ogni esperienza particolare, possediamo un certo patrimonio culturale di significati, certe aspettative, un certo progetto,
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M.Heidegger, Essere e tempo,1927, tr.it. di P.Chiodi, Longanesi, Milano 1976, 32, pp.188-195

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che pre-orientano ogni relazione e ogni nostra comprensione delle cose. Questo non significa che la nostra conoscenza sia un a-priori, ma che ogni nostro sguardo sul mondo non mai neutro e vuoto, ma guidato e orientato da un pre(che insieme la motivazione che sollecita tale relazione e il contesto culturale dei significati che costituisce il nostro mondo). Da tale pre- non dobbiamo cercare di uscire, perch rappresenta la stessa possibilit di incontrare il mondo ed la premessa (sempre dimenticata o rimossa) di ogni conoscenza. Ogni atto conoscitivo non sar che una articolazione successiva di questa preliminare comprensione o familiarit tra Esser-ci e mondo. La conoscenza, dunque, anche se si propone come oggettiva, disinteressata, per cos dire neutrale, in realt affonda le proprie radici nella precomprensione e non potr non essere un punto di vista prospettico (e interessato) sul mondo. Dal punto di vista gnoseologico, il circolo ermeneutico indica la peculiare coappartenenza di soggetto e oggetto nel processo conoscitivo, i quali, proprio per questo, non possono pi essere pensati in una astratta e neutra differenziazione. Infatti prima di ogni esplicito atto di conoscenza, prima di ogni riconoscimento di qualcosa come qualcosa, conoscente e conosciuto si appartengono gi reciprocamente: il conosciuto gi dentro lorizzonte del conoscente, ma questo anche perch il conoscente dentro il mondo che il conosciuto co-determina. Per questo ogni ideale di oggettivit conoscitiva destinato a infrangersi nel rinvio pressoch infinito tra i termini di questa relazione. Questa riflessione di Heidegger rester una pietra miliare per lo sviluppo successivo non solo della filosofia ermeneutica, ma di ampi settori del pensiero contemporaneo. Basti qui ricordare come essa venga a collimare con alcune importanti articolazioni dellepistemologia del 900. Gadamer afferma a pi riprese (in Verit e metodo e nei saggi dedicati alla figura del suo antico maestro nel vol.3 delle Gesammelte Werke66) di richiamarsi alla riflessione heideggeriana sul circolo ermeneutico e di assumerla in riferimento alla costituzione fondamentale dellEsser-ci, quindi con piena valenza esistenziale e ontologica. Tuttavia, allinterno del percorso di Gadamer, la figura del circolo sar rilevante soprattutto in riferimento allanalisi della storia e si coniugher con la nozione di orizzonte. Pi che al comprendere del singolo, Gadamer penser al processo di comprensione che la storia realizza, abbracciando linterprete e il suo oggetto in un contesto unitario. E questo il principio della Wirkungsgeschichte (storia degli effetti o delle determinazioni) che guida il processo della trasmissione storica e che, trascendendo il soggetto, nei suoi sforzi interpretativi, decide anticipatamente ci che si presenta a noi come problematico e come oggetto di ricerca. In realt, per Gadamer, non la storia che appartiene a noi, ma noi che apparteniamo alla storia. Molto prima di arrivare ad unautocomprensione attraverso la riflessione esplicita, noi ci comprendiamo attraverso schemi irriflessi nella famiglia, nella societ, nello stato in cui viviamo.67

1.2. Il fondamento Un secondo nodo problematico, affrontato a pi riprese dallermeneutica metodica tradizionale e mai adeguatamente risolto, la ricerca di una fondazione della disciplina: in molti esponenti dei diversi indirizzi della teoria dellinterpretazione troviamo espressa lesigenza di individuare una strategia di accesso a un fondamento, o principio basilare, che costituisca quellelemento unificante dellintero campo di studio, in grado, pertanto, di giustificare i fattori da cui esso dipende. Tale nozione, che si richiama in ultima istanza alla concezione aristotelica di epistme, tende a venir vanificata quando deve trovare applicazione nellambito delle scienze umane, e in particolare alla storia e alle sue diverse articolazioni (alla storia politica piuttosto che a quella sociale o dei fenomeni culturali). Questa difficolt si trova espressa in modo emblematico in Dilthey, il cui sforzo di fondare la ragione storica e il suo ambito disciplinare, assicurandone il carattere di oggettivit, viene costantemente inficiato dalla constatazione della congenericit di soggetto e oggetto a partire dal tessuto unitario della vita: a differenza della scienze della natura, dove loggetto pu essere distanziato, analizzato, spiegato (erklren), nellambito delle scienze dello spirito la delimitazione del campo di indagine e il controllo delloggetto non possono mai venir assicurati in forma piena, tanto che il suo compito viene meglio definito dal processo della comprensione dei fenomeni storici (verstehen), destinato a non conseguire mai esaustivit e completezza. La stessa difficolt, che abbiamo osservato a proposito del circolo ermeneutico, di incompletezza e di continua apertura del processo, ricompare anche nei tentativi metodici vlti a dare alla disciplina uno statuto rigoroso. Sembra delinearsi, insomma, una vocazione costitutiva dellermeneutica a mettere in crisi la nozione di fondazione. E proprio tale aspetto ad essere assunto dalla filosofia ermeneutica -ancora una volta- non come problema irrisolto da superare, ma come tratto peculiare e costitutivo della modernit. La crisi dei fondamenti che a fine 800 coinvolge tutti i campi del sapere, comprese le discipline con statuti forti, come le scienze matematiche e fisiche, mette tragicamente a nudo la fragilit dei principi fondativi, rivelandone il carattere illusorio, fittizio. A ridosso della pubblicazione di Verit e metodo, nel 1962, Gadamer tenne una conferenza a Parigi, in cui indic con estrema chiarezza i motivi che nel 900 hanno portato a rinnovata attualit i problemi ermeneutici. Questa conferenza ha un titolo

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Interamente tradotto in it.: H.G.Gadamer, I sentieri di Heidegger, trad.it. di R.Cristin e G.Moretto, Genova, Marietti, 1987 67 Verit e metodo, op.cit., p. 324

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provocatorio: I fondamenti del XX secolo 68; evidente, infatti, come il problema centrale della cultura del 900 rappresentato proprio dal fatto di essere sospesa sullabisso, dopo la messa in crisi della nozione di fondamento avvenuta nel secondo Ottocento. Gadamer rivolge la propria attenzione ad alcuni pensatori (Kierkegaard, Marx e Freud) che, seppure per strade diverse, hanno svelato lingenuit della riflessione ed hanno mostrato come questa non possa pi essere concepita come un atto libero della soggettivit che perviene alla piena autotrasparenza. Ma soprattutto Nietzsche a condurre la critica alle nozioni di ragione e verit esiti estremi. Gadamer, infatti, definisce Nietzsche la grande figura del destino, che ha trasformato in maniera essenziale la critica allo spirito oggettivo del nostro secolo. Come pensatore epocale, Nietzsche porta a maturazione un percorso che, iniziato a partire dalla crisi dellidealismo di Hegel, ha infine dissolto ogni elemento che pretenda di porsi come fondamento capace di rendere stabile qualsiasi verit. Anche del soggetto, dunque, il cui concetto finisce per dimostrarsi esito di uninvenzione, di una interpretazione69. Osserva Gadamer: La sua critica si rivolge allultima, alla pi radicale estraneit che soffi dalla nostra intimit pi profonda, si rivolge cio alla coscienza stessa. Che la coscienza e lautocoscienza non forniscano alcuna testimonianza indubitabile del fatto che quel che si mostra alla coscienza come suo contenuto, magari in maniera mascherata o trasfigurata, si trovi realmente in essa, stato da Nietzsche conficcato nel pensiero moderno in modo tale che lo riconosciamo ovunque, non solo in quella eccessiva, autodistruttiva disillusione con cui Nietzsche ha strappato via allio una maschera dopo laltra, finch non solo non restano maschere, ma non resta nemmeno pi lio. In profonda sintonia con questa valutazione di Gadamer, anche P.Ricoeur, che rappresenta una delle voci pi originali e profonde della filosofia francese contemporanea, in una conferenza tenuta a Yale nellautunno del 1961 (pressoch contemporanea a quella ora ricordata di Gadamer) ebbe a usare unespressione molto efficace per definire il percorso dissolutivo della filosofia europea del secondo Ottocento: con lespressione scuola del sospetto, Ricoeur d continuit al pensiero di tre autori Marx, Freud e Nietzsche: i maestri del sospetto, appunto- il cui pensiero convergerebbe in un esito comune, poich tutti e tre avrebbero contribuito a smantellare in modo irreversibile la fortezza del Cogito cartesiano, dimostrando limpossibilit, per la ragione, di rendere trasparenti i propri contenuti legittimandone il pieno controllo70. E dunque un tratto comune, che caratterizza la filosofia ermeneutica contemporanea, il riconoscimento e lassunzione della dimensione infondata e infondabile (ab-grndlich) non solo dellesercizio del pensiero, ma, pi originariamente, della natura stessa delluomo. Limpianto antisoggettivistico e antifondazionistico, come elaborazione delleredit nietzscheana, ben presente in Heidegger. Il riferimento obbligato ancora una volta Essere e tempo e la ricerca sullessere dellEsser-ci condotta nellanalitica esistenziale. Ogni volta che Heidegger intraprende un lavoro, per cos dire, di fondazione dellEsser-ci e cerca di definirlo come totalit, assistiamo invece a una sorta di sfondamento, con un effetto paradossale di rovesciamento della prospettiva. Si veda innanzitutto come Heidegger definisce la costituzione dellEsser-ci, indicando la Befindlichkeit (la situazione emotiva, il come ci si sente) come il pi originario tra i quattro esistenziali, i possibili modi dessere dellEsser-ci. In quanto essere-nel-mondo, lEsser-ci non solo ha gi sempre una certa familiarit (pre-comprensione) con una totalit di significati, ma possiede anche sempre una certa tonalit emotiva: le cose non solo gli si offrono gi sempre fornite di un certo significato, ma hanno anche una valenza affettiva, che per certi aspetti ancora pi originaria della stessa comprensione. Potremmo forse definirla come la nostra prima prensione emotiva sul mondo, le cui radici ci risultano tuttavia oscure e non sono in nostro dominio: questo modo originario di relazionarci al mondo ci sfugge nei suoi fondamenti, nelle sue ragioni ultime. Nella situazione emotiva noi ci troviamo esposti, la patiamo in qualche modo, senza poterla ridurre al nostro controllo razionale. Essa, accanto alla circolarit della comprensione, segna il limiti di ogni nostro progetto, accentua leffetto di spossessamento del soggetto, della sua capacit di iniziativa, della sua piena padronanza delle relazioni con la realt. Ma un effetto ancora pi destabilizzante si avverte nel 46 di Essere e tempo, l dove Heidegger pone un problema che, a prima vista, appare in linea con una logica tradizionale di fondazione: lanalitica esistenziale fin qui condotta si chiede Heidegger- ha portato allindividuazione della totalit delle strutture del Dasein? A questa domanda ne segue subito una seconda: che cosa significa, per lEsser-ci, essere una totalit? Questo interrogativo, sviluppato coerentemente, porter alla conclusione che lEsser-ci pu costituirsi in una totalit (e quindi trovare la propria unit, la propria identit) solo nella misura in cui si anticipa per la propria morte: la costituzione dellEsser-ci comporta necessariamente il confronto con quella morte che solo mia e che, come permanente possibilit dellimpossibilit di tutte le altre possibilit, mostra che ogni mio progetto esistenziale in realt sospeso sul nulla. Lanticipazione della morte rivela le possibilit come autenticamente tali, le mantiene nella loro specifica mobilit , ci fa riconoscere il carattere precario di ognuna delle possibilit concrete della nostra vita. Tutto questo significa, per, che
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H.G.Gadamer, I fondamenti filosofici del XX secolo, trad. it. Di U.M.Ugazio in G.Vattimo, a cura di, Filosofia 86, Roma-Bari, Laterza, 1987. 69 Si veda il seguente passo dei Frammenti postumi 1887-1888: Noi non possiamo constatare alcun fatto in s; forse unassurdit volere qualcosa del genere. Tutto soggettivo direte voi; ma gi questa unintrepretazione, il soggetto non niente di dato, solo qualcosa di aggiunto con limmaginazione, qualcosa di appiccicato dopo. E infine ancora necessario mettere linterprete dietro allinterpretazione? Gi questo invenzione, ipotesi. (trad.it. di Sossio Giametta, vol.VIII, 1, Adelphi, Milano, 1979, p.299. 70 La versione integrale reperibile in P.Ricoeur , Della interpretazione. Saggio su Freud, trad.it. di E.Renzi, Il Saggiatore, Milano 1966

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il senso ultimo dellesistenza si fonda sulla possibilit, per lEsser-ci, di non essere pi, ossia sulla sua radicale finitezza, intesa non in senso esistenzialistico (come Heidegger chiarir in modo molto netto nella Lettera sullumanismo), ma in una accezione costitutiva, ovvero ontologica. Trova cos espressione in continuit con la lezione di Nietzsche- il tramonto definitivo dellidea di soggetto come entit autotrasparente, dotato di strumenti razionali capaci di illuminare non solo il suo mondo e i suoi saperi, ma anche la sua, la sua stesse natura. Si afferma, invece, una nozione di soggettivit che gi abbiamo avuto modo di definire infondata e infondabile (ab-grndlich), dove risultano caratterizzanti i tratti della finitezza e della gettatezza dellesistenza. E tale nozione rappresenta un leit-motiv che ripercorre, con accenti diversi ed anche con diversi sviluppi, il variegato panorama della filosofia ermeneutica contemporanea. Ne seguiremo solo alcune articolazioni, in particolare in Gadamer, dove lidea di finitezza viene interpretata come premessa di una radicale storicit di ogni umano progettare e, a partire dalla messa in discussione radicale delle categorie antropocentriche, viene integrata con la costruzione di nuovi strumenti concettuali, come la coscienza della Wirkungsgeschichte (la consapevolezza di essere determinati dalla storia e dal suo movimento di trasmissione dei significati), nonch con lindicazione di nuovi percorsi per lesercizio del pensiero.

1.3. Il linguaggio Possiamo infine rilevare un terzo elemento di continuit tra lermeneutica tradizionale e la filosofia ermeneutica contemporanea, rappresentato dal comune interesse per il linguaggio. Se nella figura del circolo e nellideale del fondamento la filosofia ermeneutica ha messo in atto uninversione di prospettiva rispetto alla tradizione ermeneutica (da problemi irrisolti a caratteri originari della stessa soggettivit e, di riflesso, della relazione con il mondo), sul tema del linguaggio si registra, invece, una sostanziale continuit, che trova le sue pi lontane radici nellattenzione filologica dei primi studi di interpretazione dei testi, e si conferma nellet della Riforma come centralit della mediazione linguistica nella comprensione e nellinterpretazione delle Sacre Scritture. Ci che oggetto di un processo interpretativo e richiede una spiegazione, innanzitutto un messaggio formulato linguisticamente, il cui scopo consiste nel comunicare e trasmettere significati attraverso il medium del linguaggio. Tale consapevolezza si fa del tutto chiara in epoca romantica, e in particolare in Schleiermacher, dove lermeneutica non solo una disciplina riservata alla decifrazione di testi remoti, ma si applica a ogni tipo di messaggio, scritto o orale. Tale processo, per, tocca il suo culmine nella filosofia ermeneutica contemporanea, dove il carattere linguistico viene esteso non solo ad ogni conoscenza e ad ogni forma di sapere, ma alla struttura stessa dellesistenza: ogni rapporto con la realt - e non solo la relazione tra parlanti - viene mediato dal linguaggio, ogni interazione con il mondo, concepito come rete di significati, viene pensata come scambio comunicativo, come evento linguistico. Questa centralit del linguaggio viene indicata da Heidegger fin dai primi paragrafi di Essere e tempo: la nozione di essere-nel-mondo si caratterizza subito per i suoi tratti linguistici, in quanto rappresenta quellorizzonte di significati con cui abbiamo gi sempre familiarit e che precede ogni nostra particolare relazione con le cose. Lessere-nel-mondo dunque in stretta analogia con lesistenziale della comprensione (cio con quella condizione di pre-orientamento che condiziona ogni nostro sguardo sul mondo), la quale si articoler successivamente in interpretazione e quindi in discorso. Tale gioco di relazioni tra essere-nel-mondo, significativit e linguaggio presente in Essere e tempo in forma non pienamente tematizzata, mentre sar oggetto di pi approfondita elaborazione a partire dagli anni Trenta, contestualmente alla riflessione sullarte (e in particolare sul linguaggio poetico) e alla messa a fuoco della nozione di evento (la fase della cosiddetta Kehre, in cui Heidegger orienta la propria riflessione dallEsserci verso lessere). Si veda la nota affermazione contenuta nella Lettera sullumanismo che definisce il linguaggio come la casa dellessere71. Ma il linguaggio diventer centrale nellultimo periodo del pensiero di Heidegger, in particolare negli anni Cinquanta, quando a questo tema saranno dedicati un ciclo di conferenze e alcuni importanti saggi (raccolti poi nel volume In cammino verso il linguaggio). Gadamer accentua ulteriormente linteresse per il linguaggio. Egli evidenzia il carattere linguistico di ogni conoscenza e di ogni esperienza del mondo. Ogni nostra relazione, con le persone ma anche con le cose, mediata dal linguaggio, dialogo di domanda e risposta: noi siamo sollecitati da messaggi, espressi non solo in parole, ma anche in forme diverse, dalla gestualit allimmagine, che chiedono tuttavia di venir compresi, e il loro appello sollecita la nostra comprensione e la nostra risposta. Tale relazione comunicativa un evento linguistico, che contribuisce alla formazione della rete dei significati del nostro contesto culturale di appartenenza. Il principio in cui si riassume la filosofia ermeneutica di Gadamer suona: Lessere che pu essere compreso linguaggio e viene a configurare una visione della storia come trasmissione di messaggi, come dialogo di domande e risposte, in cui il linguaggio il modo fondamentale di accadere dellessere. Noi apparteniamo a un orizzonte culturale che ci precede e ci comprende, ma soprattutto ci interroga con gli appelli che la nostra tradizione ci rivolge per venir compresa e riattualizzata. La coappartenenza tra uomo ed essere, meditata da Heidegger, sar per Gadamer appartenenza preliminare al linguaggio:

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M.Heidegger, Lettera sullumanismo, 1947, tr.it. di F.Volpi, in M.Heidegger, Segnavia, 1976, Adelphi, Milano 1987, p.267. Si veda il brano antologico a fine capitolo

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lessere si presenta nella storia come trasmissione di messaggi, come dialogo di appelli e di risposte, come mediazione linguistica. Il linguaggio come tema centrale della riflessione della filosofia ermeneutica contemporanea si rivelato anche uno strumento fecondo che ha permesso di aprire momenti di confronto tra i diversi ambiti del panorama filosofico del nostro tempo e in particolare di avviare un fecondo colloquio tra settori tradizionalmente distanti, dove la comunicazione sembrava preclusa dalleterogeneit dei rispettivi impianti concettuali di riferimento. Si pensi, ad esempio, alla filosofia analitica o alle diverse correnti dellepistemologia contemporanea, dove il dialogo con lermeneutica sembrava precluso dallantica frattura tra le scienze della natura e le scienze dello spirito. Grazie al linguaggio, quindi, la filosofia ermeneutica ha potuto proporsi come area di convergenza tra le pi diverse correnti del pensiero contemporaneo, tanto da poter essere riconosciuta (soprattutto nel corso degli anni Ottanta) come una nuova koin, una comunit di confronto e di dialogo interculturale.

2. Per una teoria dellesperienza ermeneutica. La lezione di H.G.Gadamer


Dopo aver individuato i nodi concettuali emergenti della filosofia ermeneutica contemporanea, cerchiamo di analizzarne in modo pi dettagliato i contenuti, tenendo come riferimento costante lopera di Gadamer, Verit e metodo, che universalmente considerata come il pi ampio tentativo di sistemazione teorica di questo orientamento filosofico. Qui sono riprese e sviluppate le implicazioni ermeneutiche contenute nel pensiero di Heidegger, con una impostazione di sostanziale continuit, anche se su alcuni aspetti Gadamer si discosta dallimpianto heideggeriano, con soluzioni originali e ricche di nuove implicazioni teoriche. Verit e metodo, come Gadamer stesso ricorda72,raccoglie ricerche e studi compiuti in un lungo arco di tempo; unopera complessa, di vasto respiro, che non presenta un carattere sistematico, n intende proporsi come sintesi organica di una nuova metodologia dellinterpretazione. Lorientamento filosofico chiaramente esplicitato nellIntroduzione, dove Gadamer dichiara di riferirsi allimpostazione di Heidegger che pone finalmente nei suoi termini autentici il problema ermeneutico (p.15). Infatti Heidegger stato il primo a caratterizzare il concetto del comprendere come aspetto universale costitutivo dellesistenza. Per questo la filosofia ermeneutica viene ad indicare il movimento fondamentale dellesistenza, che la costituisce nella sua finitezza e nella sua storicit e che abbraccia cos tutto linsieme della sua esperienza nel mondo. (p16) Lopera si articola in tre parti, che rappresentano le tre scansioni in progressione di un percorso coerente, vlto a riesaminare e ridefinire alcuni termini/concetti del linguaggio filosofico. In particolare, dopo la crisi della ragione classica e dellidea di fondazione, Gadamer si interroga su quali possibilit rimangano ancora aperte per lesercizio del pensiero e si chiede quale possa essere oggi il ruolo della filosofia. Se nel 900 luomo ha irrimediabilmente perduto la fiducia (ingenuamente ottimistica) nelle capacit della ragione di comprendere appieno non solo la realt, ma innanzitutto s stesso, quale spazio potr ancora pretendere la nozione di verit e quale compito potr avere ancora la filosofia che , nella sua natura pi essenziale, ricerca della verit? Le prime due parti dellopera si strutturano quindi come una chiarificazione del problema della verit e come ricerca di una possibile ridefinizione di questa nozione allinterno di un orizzonte di pensiero non fondativo, consapevole della finitezza condizionata della coscienza, nonch della circolarit (e della non obiettivabilit) della comprensione.

2.1. Larte come esperienza di verit Nella critica alla nozione di verit della tradizione filosofica, Heidegger aveva avvertito la necessit di risalire fino alle pi remote radici greche della storia del pensiero, per trovare nelle trasformazioni di senso del termine altheia un occultamento progressivo dellessere. Secondo Heidegger lontologia greca ha dato al soggetto un primato nella determinazione della verit, concepita come orthtes, come correttezza dello sguardo delluomo. Queste premesse avrebbero segnato in modo via via pi marcato tutto lo sviluppo successivo della storia della filosofia come storia delloblio dellessere. Gadamer evita invece questa prospettiva unitaria (e totalizzante) sulla storia del pensiero. Egli La sintesi dei miei studi sullermeneutica filosofica, apparsa finalmente nel 1959 sotto il titolo di Wahrheit und Methode, concludeva un lento e spesso interrotto processo di crescita. Gli studi sullestetica, sulla storia dellermeneutica e sulla filosofia della storia, al seguito di Dilthey, Husserl e Heidegger, dovevano alla fine trovare una loro unit in un resoconto filosofico, che non intendeva essere una costruzione omogenea, ma raccoglieva la sua documentazione dai vasti campi dellesperienza ermeneutica. Cos Gadamer nellopera autobiografica Maestri e compagni nel cammino del pensiero.Uno sguardo retrospettivo, trad.it. di G.Moretto, Queriniana, Brescia, 1980, p.147.
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constata innanzitutto che la nozione di verit, nellaccezione attuale, profondamente influenzata dal modello metodico delle scienze positive, che identificano la verit con il metodo sia esso il metodo dimostrativo della matematica, o, con la stessa valenza, quello sperimentale della fisica- e questa tendenza si imposta durante let moderna, in particolare nel corso del 600, il secolo per eccellenza della riflessione sul metodo. Si tratta ora di riscoprire lesperienza di verit che avviene al di fuori di tali contesti metodici. Per chiarire che cosa significhi esperienza di verit, Gadamer usa il termine Erfahrung, nel suo significato di esperienza di vita. In generale afferma Gadamer- noi possiamo parlare di esperienza di verit l dove c vera esperienza: l dove, cio, lincontro con la cosa produce nel soggetto uneffettiva modificazione. Quando diciamo :Ho attraversato unesperienza importante non intendiamo il termine esperienza nellaccezione con cui esso viene usato nelle scienze naturali, dove modellato sul concetto di esperimento e di verifica empirica, ma lo intendiamo nel senso di una trasformazione personale, dove il nuovo venuto ad integrarsi con tutto ci che precedentemente costituiva lidentit della coscienza. Lesperienza di verit, insomma, un evento che sposta e disloca la coscienza, la trasforma. Per sviluppare pi adeguatamente tale accezione di esperienza (che avr in seguito importanti implicazioni sulla nozione di verit), Gadamer apre una riflessione a tutto campo sullesperienza artistica, vista come uno degli ambiti del sapere umano che ha saputo conservare un diverso rapporto con la realt. Forse proprio perch larte da sempre (ma soprattutto a partire dallet moderna) stata considerata priva di valore dal punto di vista conoscitivo ed stata relegata ai margini dei saperi forti, non stata cos pesantemente compromessa dalle procedure e dai metodi della scienza. Gadamer vede nellarte una forma extrametodica di conoscenza, che, proprio in virt della scarsa considerazione di cui ha goduto nelle epoche in cui hanno trionfato il metodo e il sapere scientifico, ha potuto conservare un diverso rapporto con la realt e una diversa accezione di verit. Alcuni interpreti736sostengono che Gadamer nella Parte prima di Verit e metodo ha elaborato una vera e propria teoria estetica, la quale costituirebbe il contributo pi interessante di tutta lopera. Ma, per esplicita affermazione dellautore, la riflessione sullarte ha solo uno scopo preliminare, propedeutico, ed finalizzata a mettere in luce un modello di esperienza ed un concetto di verit diversi rispetto a quelli del sapere metodico della scienza. Lanalisi, per cos dire, genealogica di alcuni termini centrali del linguaggio dellarte e la loro rilettura critica si dimostrano funzionali allintenzione di limitare la portata del soggetto nellambito dellesperienza estetica (sia come soggetto produttore che come fruitore), valorizzando, invece, il ruolo dellopera e la sua autonomia (autonomia garantita sia nei confronti dellartista che lha creata, sia rispetto al potenziale pubblico). Esamineremo questa Parte prima di Verit e metodo non solo per esigenze di completezza espositiva, ma proprio perch nella riflessione sullesperienza di verit nellarte vengono messi a punto alcuni concetti che in seguito, nella formulazione della filosofia ermeneutica in senso proprio, avranno un ruolo centrale. E opportuno, quindi, leggere fin da subito i termini peculiari dellesperienza artistica come modelli a cui si far riferimento anche in seguito. Ad esempio, per la definizione dellesperienza ermeneutica sar preziosa lanalisi del concetto di gioco sviluppata nel contesto dellesperienza artistica74. La nozione di gioco viene qui liberata dalle rigidit di una interpretazione tutta soggettiva e viene descritta come modello di unesperienza in cui emerge la struttura relazionale dellessere. Il gioco un mezzo (medium), la cui natura consiste nel venire rappresentato: esso si produce attraverso i giocatori, e tuttavia resta distinto da essi, nel senso che non viene creato da chi gioca. E vero, piuttosto, che il gioco guida i giocatori, che sono presi dal gioco e devono rispettarne le regole, adeguarsi alla sua forma. Il gioco ha dunque un primato rispetto ai giocatori, tanto che potremmo dire che il soggetto il gioco stesso, il quale mostra di possedere una identit definita e indipendente da coloro che lo giocano. Nella trattazione del concetto di gioco Gadamer perviene a quello smorzamento della soggettivit che rappresenta un passaggio centrale per approdare ad un nuovo orizzonte filosofico. Non si tratta tuttavia di un passaggio che cancella la nozione di soggetto: come nel gioco i giocatori non vengono tolti di scena, ma anzi richiesta tutta la loro abilit e la loro partecipazione affinch il gioco riesca, cos in un nuovo contesto filosofico la soggettivit non viene annullata, ma piuttosto ridefinita nel suo ruolo, in modo che non costituisca pi quel centro dellattenzione - il perno non solo del pensare, ma dellintero essere- che la poneva come fondamento della tradizione culturale dellOccidente. Vanno, insomma, sottoposte ad un processo di revisione critica le categorie metafisiche con cui la soggettivit stata pensata. Dal concetto di gioco la riflessione si estende allesperienza estetica in senso proprio. Lattenzione, piuttosto che sul momento produttivo in cui lautore compone lopera, troppo compromesso dallenfatizzazione operata in et romantica del ruolo del soggetto e dallidea del genio creatore, viene spostata sul momento della fruizione estetica, in cui lopera diventa di nuovo viva nel colloquio con un interprete che cerca di coglierne appieno il significato. Se tale incontro si attua in tutte le sue potenzialit, assume i caratteri di una vera e propria esperienza, ossia segna un cambiamento nellidentit dei protagonisti, che ne risultano influenzati e trasformati. La lettura di un testo letterario,
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Si veda, ad esempio, G.Vattimo, Estetica ed ermeneutica in H.-G.Gadamer in Rivista di estetica, VIII, 1963, pp.117-130 ed anche G.Ripanti, Gadamer, Assisi, La Cittadella 1978, p.22
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Verit e metodo, pp.132-142

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lascolto di un brano musicale, la visione di quadro possono cambiare il nostro modo di pensare e la nostra stessa concezione della vita. Lopera darte, infatti, non un oggetto che possa essere contemplato in modo astratto, ma esprime un messaggio spirituale che entra in rapporto con i valori che orientano la nostra esistenza. Ma anche lopera darte viene trasformata nellesperienza estetica. Lopera vive nel venire rappresentata. La sua natura pi autentica, lo scopo per cui stata composta, consiste nel venir fruita e compresa. Nella fruizione il suo significato, ossia ci che essa comunica, si realizza e diviene pienamente presente, attuale. Non possiamo tuttavia ritenere che tale significato sia unico e che corrisponda a ci che lautore voleva effettivamente comunicare. Lopera ha sempre uneccedenza di senso rispetto alle intenzioni dellautore, in quanto lessere estetico temporale ed ha il proprio essere nellessere rappresentato.75 Nella trasmissione storica, lopera esposta a molte possibili interpretazioni, ma questo non altera il suo valore. Il tempo, la distanza che pu separare il momento in cui stata composta dal momento in cui viene rivisitata, non un fattore che limita le sue potenzialit estetiche; anzi, vero piuttosto il contrario, poich in ogni rivisitazione lopera assume un incremento dessere, e lincontro con linterprete rappresenta anche per lopera unesperienza autentica, che modifica ed espande la sua identit. Essendo impossibile tracciare il confine che separa il significato dellopera dalle interpretazioni che ne vengono date, essa vive e si arricchisce nel processo della trasmissione storica. Dal punto di vista del fruitore che si rapporta allopera cercando di comprendere il messaggio che essa comunica, innanzitutto necessario che egli sospenda i propri canoni espressivi nonch le proprie aspettative di senso per lasciar parlare lopera. Analogamente alla dinamica del gioco, in cui i giocatori devono sottoporsi alle regole lasciandosi, in un certo senso, giocare, cos nella fruizione delle opere darte necessario lasciarsi prendere dal loro linguaggio, lasciare spazio alla rappresentazione della loro verit. E qui evidente lintenzione di richiamare la nostra attenzione sullevento artistico, ossia su quanto accade nella relazione comunicativa. Questo consente a Gadamer di superare gli orizzonti tradizionali delle teorie estetiche e di pervenire a differenti strumenti concettuali. E soprattutto la nozione di verit a trovare una prima, importante ridefinizione: resa problematica dalla critica destabilizzante di Nietzsche, indicata da Heidegger come lespressione pi evidente della modalit pres/entativa del pensiero occidentale e del suo oblio dellessere, la nozione di verit trova nella riflessione di Gadamer sullarte una possibilit di riorientamento, venendo pensata come esperienza di apertura e di trasformazione, piuttosto che come esito delle determinazioni del pensiero soggettivo.

2.2. Storicit del comprendere ed esperienza storica Se in ambito artistico Gadamer ha sottoposto a critica la nozione di coscienza estetica (e la centralit del soggetto che in essa si esprime), pervenendo alla nuova nozione di esperienza estetica, pensata come relazione vitale che coinvolge e modifica chi la compie, cos, aprendo una pi ampia riflessione sulle scienze dello spirito egli avverte innanzitutto lurgenza di sottoporre a revisione critica la nozione di coscienza storica che ha caratterizzato le forme tradizionali di analisi della storia. Analogamente segnata da schemi derivati dal modello obiettivante delle scienze naturali, anche la coscienza storica ha perseguito un ideale di verit come conoscenza certa, nella pretesa che lo storico sia in grado di conseguire un punto di vista universale sul proprio oggetto di studio. In un lungo capitolo, dal titolo Preparazione storica76, Gadamer analizza le posizioni dei principali esponenti della Scuola storica, di Dilthey e dello storicismo tedesco del secondo 800. Per Gadamer c una contraddizione palese tra le premesse positive da cui questi indirizzi prendono avvio (in particolare Dilthey77 che, con il concetto di Erlebnis ha intimamente connesso il significato della storia alla concretezza della vita, rivalutando la peculiarit dellessere umano finito) e gli esiti a cui invece giungono, tutti improntati dallistanza di trascendere tale finitezza, avvertita come un limite che impedirebbe di conseguire una conoscenza storica oggettiva78Si cerca, insomma, di esorcizzare la finitudine nel tempo del soggetto interpretante, cos che la coscienza storica, pur partendo da una corretta relativizzazione dei criteri di giudizio per ci che concerne lo studio del passato, non sa poi relativizzare s stessa e, tentando un grandioso oblio epico di s79, pretende di poter assumere un punto di vista universale. Solo la filosofia di Heidegger riuscita, secondo Gadamer, a farsi carico fino in fondo della dimensione finita della coscienza, portando tale consapevolezza alle sue ultime conseguenze e risolvendo il residuo di oggettivismo presente in Dilthey (ma anche in Husserl). Egli parte dal proposito di interpretare lessere, la verit e la storia in base
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Verit e metodo,p. 168 ibidem, pp.211-311 77 Dilthey parte dalla vita. La vita essa stessa orientata alla riflessione. [] Nella vita stessa presente il sapere. Gi lavvertire che caratterizza lErlebnis contiene una specie di ripiegarsi della vita su s stessa. La stessa riflessivit immanente della vita serve anche a definire il modo in cui, secondo Dilthey, sorge il significato nei contesti vitali. (ibidem, p.279). 78 Questo contrasto ha il suo fondamento ultimo in una ambiguit intima del suo [di Dilthey] pensiero, che parte da un non risolto cartesianesimo. La sua riflessione gnoseologica sulla fondazione delle scienze dello spirito non si lascia in realt conciliare con limpostazione vitalistica della sua filosofia. (ibidem, p.282) 79 ibidem, p.275

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allassoluta temporalit.80 La condizionatezza, leffettivit (Faktizitt) dellEsser-ci heideggeriano comporta limpossibilit di assumere uno sguardo teoretico puro sul mondo. Per Heidegger luomo gettato nel mondo nel momento stesso in cui si rapporta alla realt; si attua quindi un rovesciamento di prospettiva, per cui lio non pu essere uno spettatore disinteressato che possa guardare al mondo dei fenomeni in piena indipendenza da presupposti storicoesistenziali. Piuttosto sono tali presupposti che, costituendo il soggetto come Esser-ci, come progetto calato nel mondo, rendono possibile la conoscenza dei fenomeni: che non sar mai pura descrizione, ma sempre interpretazione, prospettiva particolare e finita sul mondo. A questa riflessione sulla natura del comprendere ed ai concetti tipicamente heideggeriani di gettatezza, di finitudine e di temporalit, Gadamer imprime uno sviluppo in senso storico. Il suo interesse, pi che allanalitica esistenziale, si rivolge alla dimensione storica dei nostri parametri concettuali: ci che stabilisce in ultima istanza le modalit con cui ci rapportiamo al mondo il nostro inserimento in un contesto linguistico e culturale storicamente determinato. La comprensione della realt che ci circonda viene condizionata in modo decisivo da schemi irriflessi di giudizio che assumiamo in modo del tutto inconsapevole attraverso i comportamenti abituali, le norme sociali condivise, il linguaggio. Dissentendo in questo da Heidegger, Gadamer ritiene che le consuetudini linguistiche non vadano considerate come vuota chiacchiera impersonale e priva di valore, come un si dice anonimo e inautentico. Gli schemi comportamentali e le forme abituali di dire, proprio perch agiscono in modo inconsapevole, hanno un ruolo determinante nella formazione dellindividuo e marcano la sua appartenenza a un mondo storico. Prima che noi possiamo comprendere la realt del nostro tempo, questa realt ci comprende, la storia comprende noi: In realt non la storia che appartiene a noi, ma noi apparteniamo alla storia. Molto prima di arrivare ad una autocomprensione attraverso la riflessione esplicita, noi ci comprendiamo secondo schemi irriflessi nella famiglia, nella societ, nella stato in cui viviamo. La soggettivit solo uno specchio frammentario. Lautoriflessione dellindividuo non che un barlume nel compatto fluire della vita storica.81 Gadamer supera dunque le aporie della coscienza storica tramite la nozione di esperienza storica, la quale, analogamente allesperienza estetica, unesperienza di verit, un incontro e un processo di trasformazione reciproca dei termini che la compongono: linterprete e loggetto storico. Che cosa richiede tale esperienza? Essa esige, innanzitutto una sensibilit allalterit e una disponibilit a mettere in gioco fino in fondo le proprie opinioni, i propri riferimenti culturali. Gadamer riconosce che tale precondizione metodologica non pu consistere nellingenua pretesa di rapportarsi alla cosa da interpretare pensando di poter abbandonare anticipatamente tutti i propri pregiudizi: una neutralit oggettiva non consentita alla ragione finita delluomo, la quale sempre storicamente determinata e articola il proprio procedere tramite concetti e parole forniti da un particolare orizzonte linguistico e culturale. E necessario, piuttosto, avere la consapevolezza dei propri preconcetti, delle aspettative di senso che pre-orientano la nostra comprensione, del progetto che finalizza la nostra attivit interpretativa. Analizzando la natura dei pregiudizi, Gadamer ne rivaluta la funzione, sostenendo che essi costituiscono lorizzonte preliminare necessario del processo del comprendere. Se riflettiamo, infatti, sul modo in cui si verifica la comprensione, possiamo renderci conto che lapproccio a una cosa che cerchiamo di capire avviene sempre a partire da una motivazione e da una aspettativa di senso, le quali vengono poi via via confermate, o parzialmente corrette, o sostituite, a seconda della loro maggiore o minore adeguatezza alla realt. La presa di coscienza dei propri preconcetti porta a riconoscere e a saper accettare i limiti entro cui si muove il nostro pensiero. La riflessione sullesperienza storica implica, dunque, una nuova accezione della nozione di ragione: Lideale di una ragione assoluta non costituisce una possibilit per lumanit storica. La ragione esiste per noi solo come ragione reale e storica; il che significa che essa non padrona di s stessa, ma resta sempre subordinata alle situazioni date entro le quali agisce.82 Questa analisi consente a Gadamer di ripensare il ruolo della tradizione, che viene vista come il risultato di un processo di trasmissione compiuto dalla storia. Tutto ci che proviene dal passato si presenta a noi dentro un movimento di trasmissione storica, che ha selezionato ci che era degno di essere tramandato, integrandolo e arricchendolo nel corso del tempo. Studiare un documento o un testo che appartiene a unaltra epoca non solo unattivit voluta da noi, in quanto loggetto della nostra ricerca pervenuto fino ai nostri giorni e ci stato consegnato dal movimento della storia, che ne ha via via caratterizzato lidentit. La nostra comprensione a sua volta storica, non solo nel senso che si verifica attraverso i parametri concettuali del nostro tempo, ma soprattutto nel senso che realizza quella sintesi tra passato e presente che garantisce che il nostro oggetto di studio venga tramandato alle generazioni future. E in questa processualit che si sostanzia la tradizione, definita da Gadamer non secondo categorie statiche di conservazione, ma come risultato della mobilit stessa del divenire temporale: la tradizione, a suo giudizio, non si costituisce solo in virt della persistenza dellantico, ma ha bisogno di essere accettata, di essere adottata e

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ibidem, p.303-304 ivi, pp.324-325; il brano riportato nella sezione antologica a fine capitolo 82 ivi, pp. 324.

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coltivata. E, quindi, una conservazione entro il mutamento, un passato che si tramanda grazie alla sua capacit di diventare presente, un antico che pu essere compreso e attualizzato perch si propone come nuovo83. A conferma del fatto che la sua idea di tradizione non ha un significato di conservazione e di difesa dellesistente, Gadamer valorizza nel processo di trasmissione storica la funzione delle esperienze di discontinuit, che si rivelano particolarmente feconde per lattivit ermeneutica. Ad esempio, la distanza temporale che separa linterprete dal suo oggetto di studio non viene vista come un ostacolo da superare, ma anzi come una proficua chance dellattivit interpretativa. Mentre lermeneutica tradizionale, che voleva stabilire lesatto significato di un testo, cercava di colmare la distanza temporale, in sintonia con lobiettivo metodico della storicismo di trasporsi nello spirito delle epoche passate, Gadamer sostiene che il tempo non un abisso che deve essere scavalcato perch separa o allontana.[...] In realt si tratta di riconoscere nella distanza temporale una positiva e produttiva possibilit del comprendere.84 Riprendendo e ampliando la riflessione sullopera darte, Gadamer sostiene che nel corso del tempo lopera pu evidenziare meglio la propria identit e la propria autonomia nei confronti dellautore e inoltre pu conoscere, nella ricchezza delle interpretazioni a cui d origine, una continua dilatazione dei propri significati, rivelando sempre nuove e insospettate connessioni di senso. Le osservazioni sulla fecondit della distanza temporale consentono di definire meglio il processo della trasmissione storica, poich mettono in maggior evidenza il principio della Wirkungsgeschichte. Vattimo traduce questo termine con lespressione storia degli effetti o delle determinazioni e tuttavia nel testo riportata anche la versione tedesca, a conferma della difficolt di rendere appieno il significato nella lingua italiana. La stessa spiegazione di Gadamer va oltre la puntualit della parola e si articola in pi passaggi concettuali. C un primo riferimento alla storia delle interpretazioni di un certo oggetto o alle fortune che una determinata opera ha conosciuto nel corso del tempo. Questo patrimonio interpretativo ha un peso rilevante sul modo in cui noi, oggi, ci rapportiamo a quelloggetto, nel senso che complementare al suo significato, tanto che spesso non possiamo tracciare il confine che separa tale storia delle interpretazioni dalla sua ricezione. Questa constatazione non fa che confermare ancora una volta lautonomia dellopera rispetto a chi lha prodotta, il quale non poteva certo prevedere o immaginare lo sviluppo di tutti i significati postumi, n gli effetti dellopera sulla storia della cultura. Tuttavia a Gadamer preme cogliere i risvolti filosofici di questa analisi e afferma che il principio della Wirkungsgeschichte, inteso in un senso pi ampio, come motore del pi generale processo della trasmissione storica, impone di superare lingenua idea che lo studio delle opere del passato sia determinato da una nostra libera scelta. Noi stessi veniamo orientati dalla storia non solo nelle nostre capacit interpretative, ma anche nellindividuazione delloggetto di studio. E dunque tale storia degli effetti che decide anticipatamente ci che si presenta a noi come problematico e come oggetto di ricerca.85 Le considerazioni conclusive sul principio della Wirkungsgeschichte, pi che intorno al sapere della cosa, si sviluppano intorno al sapersi della coscienza: delimitata e condizionata nel suo agire dal movimento della storia, esposta alla forza della Wirkungsgeschichte, la coscienza comprende che storica innanzitutto la sua essenza pi profonda, determinata dalla situazione a cui appartiene. Il concetto di contesto storico e di situazione vengono sviluppati tramite il ricorso ad unimmagine di grande efficacia esplicativa: quella di orizzonte. Lorizzonte innanzitutto la linea di confine che circoscrive le possibilit del sapere umano; tale accezione, gi usata da Kant, viene ampliata da Gadamer, che interpreta la finitezza conoscitiva in un senso non trascendentale ma storico, e la integra con la dinamicit del divenire temporale. Il nostro orizzonte non spazialmente chiuso e fermo, ma una realt in continuo farsi, in cui vengono a fondersi i caratteri che ereditiamo dal passato, lelaborazione e la trasformazione a cui li sottoponiamo per farli nostri, adattandoli ai bisogni del presente e orientandoli, a partire dalle nostre aspettative, verso il futuro86. Nellimmagine dellorizzonte ripresa anche la figura del circolo ermeneutico di eredit heideggeriana, a cui viene tuttavia impresso il dinamismo e la processualit temporale dellesperienza storica. Comprendere non significa solo essere parte di un contesto, ma richiede che il proprio orizzonte particolare si confronti con altri punti di vista per conseguire una pi completa prospettiva, una fusione di orizzonti, in cui si realizza non solo lattivit del comprendere, ma anche quella del comprendersi, dellintesa interpersonale. 2.3. Lesperienza ermeneutica e il modello dialogico.
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Su questo tema si veda anche Gadamer, Lenigma del tempo, trad.it. a cura di M.L.Martini, Bologna, Zanichelli 1996, pp.118-133] 84 Verit e metodo, p. 347. 85 ivi, p.351. 86 Particolarmente significativa mi sembra la seguente affermazione: La mobilit storica dellesistenza umana proprio costituita dal fatto che essa non rigidamente legata a un punto di vista, e quindi non ha neanche un orizzonte davvero conchiuso. Lorizzonte invece qualcosa entro cui noi ci muoviamo e che si muove con noi. Per chi si muove, gli orizzonti si spostano. Allo stesso modo anche lorizzonte del passato, di cui ogni vita umana vive e che presente nella forma dei dati storici trasmessi, sempre in movimento.[...] Il passato proprio e quello altrui [...] costituiscono questo mobile orizzonte entro cui la vita umana vive e che la definisce come provenire e tramandarsi. Ivi, p.355.

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Il problema del comprendere storico stato progressivamente ridefinito da Gadamer come problema della storicit del comprendere, dove il primato non spetta pi alliniziativa del soggetto, ma un evento che accade nella storia, in quanto il compimento del comprendere entra nellaccadere per essere da esso temporalizzato e disposto secondo un intreccio. La libert della riflessione, questo presumibile essere-presso-di-s, nel comprendere non ha affatto luogo, tanto grande la misura in cui esso determinato dalla storicit della nostra esistenza.87. Gadamer si richiama a una nozione-chiave di Heidegger, a quellEreignis inteso come evento dellessere che caratterizza tutto il pensiero della svolta degli anni Trenta. E importante segnalare, per, che il termine usato preferibilmente da Gadamer non Ereignis, ma un suo sinonimo: das Geschehen, laccadere, meno enfatico e pi legato agli usi colloquiali del linguaggio (mentre la parola Ereignis ha una sfumatura pi forte che d maggior rilevanza o eccezionalit al discorso). Mantiene, tuttavia, lo stesso significato di smorzamento della soggettivit, poich contiene lidea della gratuit e della non predeterminabilit di quanto accade: che lesperienza storica come esperienza di verit e come integrazione di orizzonti si verifichi, non dipende dalluomo, non pu essere preliminarmente decisa o prefigurata. Lanalisi degli elementi costitutivi della storicit del comprendere mette progressivamente in luce come lesperienza storica sia in realt unesperienza ermeneutica intesa come situazione di natura dialogica, che si sviluppa nellinterazione tra domanda e risposta e porta allintegrazione dei rispettivi orizzonti di significato. La Parte seconda di Verit e metodo si conclude, quindi, con la definizione del nuovo modello ermeneutico, in cui convergono gli esiti (sia critici che propositivi) degli studi sullarte e sulla storia, e in particolare la diversa nozione di verit, nel contesto di un pensiero non fondativo. Gadamer evidenzia costantemente il carattere esperienziale della verit, come evento che ci accade e ci coinvolge, su cui non abbiamo garanzie di dominio. Sul significato da attribuire al termine esperienza egli polemizza non solo con i parametri del pensiero scientifico, ma anche con leredit dellidealismo, e in particolare con Hegel, affermando che di essa non vi pu essere scienza88, perch la sua dimensione non pu essere superata: lesperienza non una fase allinterno di un processo di inveramento del sapere destinato a raggiungere lAssoluto, ma si tratta di un carattere costitutivo dellesistenza umana, che ne segna (e ne apre) permanentemente lidentit. Ci che la contraddistingue lincontro con la differenza, la relazione, lapertura allalterit. Ma tutto questo non pu essere prefigurato, perch non dipende da noi, ma un processo inatteso, sia nel suo accadere, sia nei suoi esiti. Lesperienza autentica quindi intesa come costante apertura alla dimensione del possibile: La verit dellesperienza contiene sempre un riferimento a nuove esperienze. Perci colui che chiamiamo uomo esperto non solo uno che diventato tale attraverso delle esperienze fatte, ma anche aperto ad altre esperienze.89 Il modello pi efficace per descrivere lesperienza di verit dunque quello offerto dal dialogo, che mantiene il tu costitutivamente altro e diverso dallio. Nelle pagine in cui Gadamer espone il modello dialogico, c un riferimento costante alla figura di Socrate e al sapere di non sapere, recuperando per il discorso filosofico un contenuto di verit che non pu mai essere posseduto n definito in modo esaustivo. Lessenza dialogica della verit, cos come si delinea nel sapere di non sapere socratico, contrasta qualsiasi progetto assolutizzante e riporta la filosofia alla sua natura pi autentica: allattivit di interrogazione, di problematizzazione, di ricerca. In direzione simmetricamente opposta alla dialettica di Hegel, Gadamer ritiene che la filosofia ermeneutica sia finita per ci che riguarda il soggetto della ricerca (la coscienza, consapevole della sua condizionatezza storica) e loggetto della ricerca (un tu, unalterit mai riconducibile allio); invece infinita come compito, in quanto pensata come atto vitale sempre aperto allulteriorit del senso.

2.4. Luniversalit del linguaggio Lesperienza ermeneutica come esperienza di verit quindi concepita come un evento dialogico che coinvolge due persone (oppure un interprete e il suo oggetto di studio, in una situazione ermeneutica in senso stretto) le quali si trovano a vivere unesperienza comune di trasformazione; la natura di questo evento linguistica, nel senso che

Gadamer, I fondamenti filosofici del XX secolo, op. cit., p.207 Per Gadamer, il sistema hegeliano non rende ragione del significato pi autentico del termine Erfahrung, esperienza, perch la configura a partire dalla circolarit della coscienza: lesperienza che la coscienza fa con s stessa e non unapertura effettiva alla differenza. Infatti il fine ultimo della dialettica di Hegel il sapere assoluto, dove ha termine il vagabondare della coscienza, che si acquieta perch non ha pi fuori di s nulla di altro e di estraneo. Ma questa non unesperienza autentica, perch gli esiti sono prefigurati fin dallinizio: Lessenza della coscienza viene pensata in anticipo sul modello del momento in cui lesperienza superata. Solo un diverso e pi autentico modo di intendere lesperienza ci permette di superare la sistematica di Hegel, comprendendo come, per la dimensione finita delluomo, il termine esperienza non indica solo unazione del soggetto, ma innanzitutto un patire, un subire un processo di trasformazione inatteso e non prefigurabile. Cfr. Verit e metodo, p.395 e sgg. 89 Ibidem, p.411
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porta a realizzare uno scambio di messaggi che avvengono per mezzo del linguaggio e nel linguaggio, che il medium in cui gli interlocutori si comprendono e in cui si verifica lintesa sulla cosa.90 Per linguaggio Gadamer non intende solo il linguaggio verbale, anche se il messaggio formulato in parole ha indubbiamente un primato rispetto alle espressioni non verbali, sia perch possiede una pi elevata capacit di definizione del significato, sia perch dimostra una esplicita intenzionalit comunicativa: ci che viene trasmesso con la parola qualcosa che ci viene volutamente indirizzato affinch noi cerchiamo di comprenderlo. Per lo stesso motivo, fra tutto ci che oggetto di trasmissione storica Gadamer attribuisce unimportanza particolare ai testi scritti, nella cui natura costitutivamente presente lintenzione di inviare un messaggio a qualcuno che distante nello spazio o nel tempo. La possibilit che uno scritto sia frainteso non segnala una sua intrinseca debolezza (come voleva Platone), ma indica piuttosto il rischio a cui esposto ogni messaggio che deve essere compreso e interpretato nellorizzonte dei significati in cui il destinatario vive. E vero, se mai, che lo scritto si colloca in una sfera di senso superiore, che lo rende indipendente da contingenze particolari e da aspetti emozionali della comunicazione: rispetto al discorso parlato, lo scritto pi autonomo dallautore, dal destinatario e dal contesto, configurandosi come un documento che si legittima da s stesso91. Lo scritto, in quanto messaggio che chiede di essere trasposto nel nostro linguaggio, ci pone un compito ermeneutico. Pi che un dire, esso rappresenta un domandare: chiede di essere attualizzato, di poter di nuovo parlare attraverso la nostra comprensione e la nostra interpretazione. Non solo la natura di ogni messaggio sostanzialmente linguistica, ma anche la nostra ricezione dei messaggi un atto linguistico. Possiamo infatti dire di aver accolto un messaggio e di averlo compreso quando siamo in grado di riformulare il suo contenuto nel nostro linguaggio: il suo significato ci davvero chiaro quando riusciamo a esprimerlo con le nostre parole, quando lo interpretiamo con i nostri parametri espressivi. Gadamer spiega questo passaggio con lesempio della traduzione da una lingua straniera: la traduzione riuscita quando viene raggiunta la comprensione del senso, che non consiste in una trasposizione letterale parole per parola, ma piuttosto in una interpretazione che porta ad espressione il significato globale contenuto nel testo. A volte, tuttavia, anzich vedere il linguaggio in tutta la sua ricchezza e potenzialit, lo viviamo come una sorta di cattivit babilonese dello spirito e ci sembra che le sue possibilit espressive siano limitate rispetto a ci che sentiamo in forma intuitiva pre-linguistica. Oppure ci sembra che esso costringa la libert del nostro pensiero entro schemi, convenzioni e modi di dire che non ci consentono di esprimerci fino in fondo come vorremmo. In realt osserva Gadamer- senza il linguaggio non potremmo neppure formulare questo disagio, che segnala la necessit di sottoporre a critica le convenzioni e le cristallizzazioni presenti nel linguaggio, non il linguaggio in s, il quale, anzi, da questa esigenza trae nuova linfa vitale, nuovi e pi adeguati modi di dire92. Non solo esso sta al di l di ogni critica dei suoi limiti, ma bisogna riconoscere che esso stesso a renderla possibile: La sua universalit va di pari passo con luniversalit della ragione.93 La difficolt che incontriamo oggi a capire lautentica natura del linguaggio e la sua universalit dipendono dal nostro modo di pensare, che vede in ogni fenomeno un oggetto da sottoporre ai nostri parametri di giudizio. Anche il linguaggio, infatti, viene pensato come una cosa, che pu essere circoscritta dalla nostra ragione, sottoposta a indagine e manipolata a nostro piacere. Tale lidea di fondo che orienta gli studi della linguistica, ma una concezione strumentale del linguaggio domina anche il alcune correnti del pensiero contemporaneo, dalla strutturalismo alla filosofia analitica. La lingua intesa come un factum, come un oggetto di possibile ricerca empirica, che pu essere sezionato e analizzato in parti differenziate, separando, ad esempio, la forma dai contenuti e dalle funzioni. Alle concezioni strumentali del linguaggio Gadamer contrappone lunit profonda di pensiero, essere e linguaggio: la parola non segno che sta al posto della cosa, ma vero piuttosto che la cosa possiede un significato che trova espressione nella parola e che presente nella relazione comunicativa. La cosa non mai un dato neutro, un oggetto astratto, ma si rapporta a noi con una ricchezza di significati che chiedono di essere compresi e interpretati. La cosa ha dunque una natura linguistica, ci parla. Questo non vero solo per loggetto culturale, come il testo letterario o lopera darte, ma ogni cosa ha un proprio linguaggio, tanto che non parliamo solo di un linguaggio dellarte, ma anche di un linguaggio della natura, o pi in generale di un linguaggio che le cose stesse parlano94. Il linguaggio rivela quindi uno statuto sempre pi universale. La sua centralit, emersa fin dalle prime riflessioni sullesperienza ermeneutica e sul processo di trasmissione storica, trova nella parte conclusiva di Verit e metodo un riconoscimento esplicito con una indagine a tutto campo sul linguaggio. non solo il fenomeno ermeneutico a possedere un carattere linguistico: necessario riconoscere che lesperienza ermeneutica si fonda sulla pi generale linguisticit dellesperienza umana nel mondo. E lo stesso rapporto tra io e mondo ad essere un rapporto originariamente linguistico, perch mondo per luomo un insieme strutturato di significati che si costituisce nel

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Ibidem , p. 442 ibidem, p.454 92 Lesperienza ermeneutica il mezzo attraverso cui la ragione si sottrae alla prigionia del linguaggio e tale esperienza si costituisce a sua volta come linguaggio (ibidem, p.462) 93 Ibidem, p.461 94 Ibidem, p.542; il brano riportato nella sezione antologica a fine capitolo

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linguaggio, linguaggio95. La nozione di mondo in s, concepito come autonomo e in qualche modo esterno al linguaggio diventa del tutto problematica. Si chiede, infatti, Gadamer: Ma si pu pensare davvero che questo mondo sia un in s, che sta al di l di ogni relativit esistenziale?96 Medium comunicativo, ma anche, e soprattutto, contesto vitale che ci comprende, il linguaggio lorizzonte stesso dellessere. La nota affermazione di Gadamer secondo cui lessere che pu venire compreso linguaggio97 contiene innanzitutto il riconoscimento della natura ontologica del linguaggio. Ma c tuttavia unimportante indicazione sulla struttura stessa dellessere, che consiste nel venire allespressione del senso, a partire dalla natura delle cose e dallessenza delluomo: il significato del loro esistere si mostra nel loro reciproco relazionarsi, a partire da una analoga condizione di finitudine che accomuna tutti i viventi.

CAPITOLO III. BRANI ANTOLOGICI


M.Heidegger, Essere e tempo, 1927, tr.it. di P.Chiodi, Longanesi, Milano 1976, pp.193-4: Anche la comprensione, in quanto apertura del Ci, riguarda sempre lessere-nel-mondo nella sua totalit. In ogni comprensione del mondo concompresa lesistenza, e viceversa. Ogni interpretazione si muove nella struttura del pre- che abbiamo descritta. Linterpretazione, che promotrice di nuova comprensione, deve aver gi compreso linterpretando. Si tratta di un fatto gi notato da tempo, bench solo nellambito delle di forme derivate di comprensione e di interpretazione come linterpretazione filologica. Questa cade nel dominio della conoscenza scientifica. Un tal genere di conoscenza richiede la rigorosa giustificazione dei propri asserti. Il procedimento dimostrativo scientifico non pu incominciare col presupporre ci che si propone di dimostrare. Ma se linterpretazione deve sempre muoversi nel compreso e nutrirsi di esso, come potr condurre a risultati scientifici senza avvolgersi in un circolo, tanto pi che la comprensione presupposta costituita dalle convinzioni ordinarie degli uomini e del mondo in cui vivono? Le regole pi elementari della logica ci insegnano che il circolo circulus vitiosus. Ne deriva la rimozione a priori dellinterpretazione storiografica dal dominio del conoscere rigoroso. Poich il costituirsi del circolo un fatto che non pu essere eliminato, la storiografia finisce per doversi accontentare di procedimenti conoscitivi meno rigorosi. [] Ma se si vede in questo circolo un circolo vizioso e se si mira ad evitarlo o semplicemente lo si sente come una irrimediabile imperfezione, si fraintende la comprensione da capo a fondo. [] Limportante non sta nelluscir fuori del circolo, ma nello starvi dentro nella maniera giusta. Il circolo della comprensione non un semplice cerchio in cui si muova qualsiasi forma di conoscere, ma lespressione della pre-struttura propria dellEsserci stesso. Il circolo non deve essere degradato a circolo vitiosus e neppure ritenuto un inconveniente ineliminabile. In esso si nasconde una possibilit positiva del conoscere pi originario. H.-G-Gadamer, Verit e metodo, 1960, tr.it. di G.Vattimo, Bompiani, Milano 1983, pp.324-5: Lideale di una ragione assoluta non costituisce una possibilit per lumanit storica. La ragione esiste per noi solo come ragione reale e storica, il che significa che essa non padrona di s stessa, ma resta sempre subordinata alle situazioni date entro le quali agisce. [] In realt non la storia che appartiene a noi, ma noi che apparteniamo alla storia. Molto prima di arrivare ad una autocomprensione attraverso una riflessione esplicita, noi ci comprendiamo secondo schemi irriflessi nella famiglia, nella societ, nello stato in cui viviamo. La soggettivit solo uno specchio frammentario. Lautoriflessione dellindividuo non che un barlume nel compatto fluire della vita storica. Per questo i pregiudizi dellindividuo sono costitutivi della sua realt storica pi di quanto non lo siano i suoi giudizi.

H.-G.Gadamer, I fondamenti filosofici del XX secolo, 1965, tr.it. di U.M.Ugazio, in Filosofia 86, a cura di G.Vattimo, Laterza, Roma-Bari 1987, p.197: La sua critica [di Nietzsche] si rivolge allultima, alla pi radicale estraneit che soffi dalla nostra intimit pi profonda, si rivolge, cio, alla coscienza stessa. Che la coscienza e lautocoscienza non forniscano alcuna testimonianza indubitabile del fatto che quel che si mostra alla coscienza come suo contenuto, magari in maniera mascherata o trasfigurata, si trovi realmente in essa stato da Nietzsche conficcato nel pensiero moderno in modo tale che lo riconosciamo ovunque, non solo in quella eccessiva, autodistruttiva disillusione con cui Nietzsche ha strappato vi allio una maschera dopo laltra, finch non solo non restano maschere, ma non resta nemmeno pi lio. Non si penas solo []alla critica dellideologia, cos come stata esercitata in misura sempre maggiore a partire da
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Il linguaggio non solo una delle doti di cui dispone luomo che vive nel mondo; su di esso si fonda, e in esso si rappresenta, il fatto stesso che gli uomini abbiano un mondo. Per luomo il mondo esiste come mondo in un modo diverso da come esiste per ogni altro essere vivente nel mondo. Questo mondo si costituisce nel linguaggio. Ivi, p.507 96 Ivi, p.516 97 Ivi, p.542

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Marx[]. Soprattutto penso alla psicologia dellinconscio, a Freud, la cui interpretazione dei fenomeni psichici interamente dominata dallidea che nella vita psichica delluomo possono esserci laceranti contraddizioni tra il pensiero conscio e il volere e lessere inconsci e che, in ogni caso, quel che crediamo di fare non in nessun modo identico con quel che in realt avviene nel nostro essere umano. Una parola ci d qui la giusta angolatura per riconoscere quanto sia profonda questa frantumazione dei valori della coscienza soggettiva: si tratta del concetto di interpretazione. P.Ricoeur, Della interpretazione. Saggio su Freud, 1965, tr.it. di E.Renzi, Il Saggiatore, Milano 1979 (2), p.46: Completeremo la collocazione di Freud assegnandogli non solo una contrapposizione, ma anche una compagnia. Allinterpretazione come restaurazione del senso opporremo in modo globale linterpretazione secondo ci che chiamer collettivamente la scuola del sospetto. [] La dominano tre maestri che in apparenza si escludono a vicenda, Marx, Nietzsche e Freud. [] Se risaliamo alla loro intenzione comune, troviamo in essa la decisione di considerare innanzitutto la coscienza nel suo insieme come coscienza falsa. Con ci, essi riprendono, ognuno in un diverso registro, il problema del dubbio cartesiano, ma lo portano nel cuore stesso della fortezza cartesiana. Il filosofo educato alla scuola di Cartesio sa che le cose sono dubbie, che non sono come appaiono; ma non dubita che la coscienza non sia cos come appare a s stessa; in essa senso e coscienza del senso coincidono; di questo, dopo Marx, Nietzsche e Freud, noi dubitiamo. Dopo il dubbio sulla cosa, la volta per noi del dubbio sulla coscienza. M.Heidegger, Lettera sullumanismo, 1947, tr.it. di F.Volpi, in M.Heidegger, Segnavia, 1976, Adelphi, Milano 1987, p.267 e sgg.:Il pensiero porta a compimento il riferimento dellessere allessenza delluomo. Non che esso produca o provochi questo riferimento. Il pensiero lo offre allessere soltanto come ci che gli stato consegnato dallessere. Questa offerta consiste nel fatto che nel pensiero lessere viene al linguaggio. Il linguaggio la casa dellessere. Nella sua dimora abita luomo. I pensatori e i poeti sono custodi di questa dimora. [] La devastazione del linguaggio che rapidamente si estende ovunque [] proviene da una minaccia dellessenza delluomo.La decadenza del linguaggio, di cui da qualche tempo si parla molto, anche se tardivamente, non per il fondamento, ma gi una conseguenza di quel processo per cui il linguaggio, sotto il dominio della moderna metafisica della soggettivit, cade in modo quasi inarrestabile fuori dal suo elemento. Il linguaggio ci rifiuta la sua essenza, che consiste nellessere la casa della verit dellessere. Il linguaggio si concede piuttosto al nostro semplice volere e alla nostra attivit come uno strumento del dominio sullente. [] Ma se luomo deve ancora una volta ritrovare la vicinanza dellessere, deve prima imparare a esistere nellassenza di nomi. H.-G.Gadamer, , Verit e metodo, 1960, tr.it. di G.Vattimo, Bompiani, Milano 1983, p.507 : Il linguaggio non solo una delle doti di cui dispone luomo che vive nel mondo; su di esso si fonda, e in esso si rappresenta, il fatto stesso che gli uomini abbiano un mondo. Per luomo, il mondo esiste come mondo in un modo diverso da come esiste per ogni altro essere vivente nel mondo. Questo mondo si costituisce nel linguaggio. [] Loriginario carattere umano del linguaggio significa, dunque, loriginaria linguisticit dellumano essere-nel-mondo. Ivi, pp.541-2: Il linguaggio un mezzo in cui io e mondo si congiungono, o meglio si presentano nella loro originaria con genericit: questa lidea che ha guidato la nostra riflessione [] In tutti i casi analizzati, sia nel linguaggio del dialogo come in quello della poesia e anche il quello dellinterpretazione, ci apparsa la struttura speculativa del linguaggio, che consiste nel non essere un riflesso di qualcosa di fissato, ma un venire allespressione in cui si annuncia una totalit di senso. Proprio per questa via ci siamo trovati vicini alla dialettica antica, perch anchessa non teorizzava unattivit metodica del soggetto, ma un agire della cosa stessa rispetto al quale il soggetto piuttosto passivo. Questo agire della cosa stessa lautentico movimento speculativo, che afferra e trasporta il soggetto parlante. [] Ora ci risulta chiaro che questo agire della cosa stessa, questo venire ad espressione del senso, indica una struttura ontologica universale, cio la struttura fondamentale di tutto ci che in generale pu essere oggetto del comprendere. Lessere che pu venir compreso linguaggio. Il fenomeno ermeneutico riflette per cos dire la sua propria universalit sulla struttura stessa del compreso, qualificandola in senso universale come linguaggio e qualificando il proprio rapporto allente come interpretazione. Cos non parliamo solo di un linguaggio dellarte, ma anche di un linguaggio della natura, o pi in generale di un linguaggio che le cose stesse parlano.

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