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Ucraina

Una rosa con le spine

Contributo di Paolo Crosetto & Filippo Chiesa


Questo contributo è il nono capitolo della ricerca "Assetto Produttivo, Competitività e Crescita
nei Paesi in Transizione", cofinanziata dalla Compagnia di San Paolo e dalla Fondazione CRT,
svolta dal CIRPET (Centro Interdipartimentale di Ricerca sui Paesi Emergenti e in Transizione,
C/o Dipartimento di Economia "S.Cognetti de Martiis" dell’Università di Torino,
www.cirpet.unito.it, Direttore Prof. Carlo BOFFITO).
La ricerca è stata presentata dal Cirpet, dalla Camera di Commercio di Torino e dal Centro
Estero delle Camere di Commercio Piemontesi al “Centro Congressi Torino Incontra” a Torino
il 4 marzo 2005.
1
1. Fattori Strutturali.

1. Aspetti salienti. Ai tempi del comunismo l’Ucraina era la seconda repubblica dell’Urss e oggi, con
48 milioni di abitanti, è il più grande paese dell’Europa centro-orientale, dopo la Russia. Considerata
da molti una sorta di “sorella minore” della grande Russia, ha in realtà tradizioni culturali e storiche
proprie, radicate soprattutto nelle regioni occidentali del paese. E’ dotata di vaste risorse naturali (le
terre nere in particolare, chernozem, tra le più fertili del mondo), e di una popolazione
professionalmente qualificata. Presenta al suo interno notevoli differenze per quanto riguarda sia lo
sviluppo economico che gli aspetti culturali, sociali e linguistici; la principale linea di divisione si
trova tra le regioni orientali (russofone, sede dell’industria pesante sovietica, ora dominata dagli
oligarchi e preda di massicci Ide russi) e le regioni occidentali, etnicamente e culturalmente ucraine,
più povere1, più corrotte2 ma che potrebbero offrire il territorio per lo sviluppo economico fondato
sulla piccola imprenditoria.

2. La transizione. L’Ucraina ha attraversato la più profonda recessione transizionale di tutti i paesi


della Csi: l’economia è tornata a crescere soltanto nel 2000. Le riforme sono sempre state adottate con
profonde riserve e con numerosi ripensamenti: la politica conservatrice è stata mantenuta per tutti gli
anni Novanta, con il risultato che l’Ucraina è stata la più lenta delle repubbliche europee centro-
orientali a reagire alla disintegrazione dell’Urss, impiegando più tempo delle altre per attuare le
riforme necessarie alla transizione economica e politica.
Nella transizione l’Ucraina occupa una posizione leggermente arretrata rispetto alla Russia, e
molto arretrata rispetto ai paesi dell’Europa centrale secondo tutti gli indicatori utilizzati dalla Banca
europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) per misurare il grado di avanzamento della
transizione (cfr. tabella 1).

Tab.1: Principali indicatori della transizione (punteggio da 1 a 4+)


Settore Privatiz-
Governance e Riforme delle
privato zazione Concor- Riforma
ristrutturazione infra-
nell’economia grandi renza bancaria
delle imprese strutture
(%) imprese
Ucraina 65 3 2 2+ 2+ 2
Russia 70 3+ 2+ 2+ 2+ 2+
Polonia 75 3+ 3+ 3 3+ 4-
Romania 65 3+ 2 2+ 3- 3
R. Ceca 80 4 3+ 3 4- 3
Fonte: Bers, Transition Report, 2002

1
958 dollari pro capite stimati per il 2003; il Pil è però in forte crescita, con un +9% stimato per il 2003
2
L’Ucraina è uno dei paesi più corrotti al mondo: il suo Corruption perception index, calcolato dalla Transparency
International, è 85° su 102 paesi nel 2002.

2
Particolare ritardo è stato accumulato nelle riforme economiche, nella ristrutturazione delle
imprese e nella privatizzazione.
A fine ottobre 2004 si terranno le elezioni presidenziali, che potrebbero provocare cambiamenti
importanti alla situazione politica del paese. Questa consultazione potrebbe segnare infatti la fine del
mandato di Leonid Kuchma, presidente della repubblica dal 1994, e l’avvio di politiche riformiste in
economia e più orientate verso occidente nei rapporti con l’estero. Molti osservatori ritengono che le
priorità della politica economica rimarranno le stesse chiunque sia il vincitore delle elezioni. Non si
possono escludere però tensioni politiche connesse con l’avvicendamento della classe dirigente;
l’incertezza riguardo i risultati elettorali induce gli imprenditori ad assumere una posizione di attesa.

3. Aspetti geo-politici. L’Ucraina rappresenta ormai la “prima cintura” di paesi confinanti con l’Ue a
25 (e ancor di più lo sarà con l’allargamento dell’Ue a 27 paesi previsto per il 2007).
Dall’indipendenza (dicembre 1991), l’Ucraina ha cercato di seguire una politica estera equilibrata, che
le ha garantito un ruolo di cerniera e ponte tra l’Ue e la Csi. L’Ucraina è entrata nella Csi ed in tutti gli
accordi commerciali e di cooperazione che legano le repubbliche ex-sovietiche; tuttavia non ha mai
avuto un ruolo propositivo, e si è sempre tenuta in disparte, tentando di tanto in tanto di aprirsi verso
l’Ue e la Nato. Le prospettive di adesione all’Ue sono remote, e, secondo recenti dichiarazioni
dell’Unione europea, sono addirittura inesistenti; i rapporti con l’Ue saranno verosimilmente definiti
da trattati di cooperazione, aiuti finanziari, libero scambio limitato, secondo il progetto europeo di
creare una corona di paesi amici attorno all’area comunitaria ormai definita.
La collocazione geopolitica dell’Ucraina, al centro di tre aree, la Russia, l’Ue e i paesi a sud-est
del Mar Nero (ex-Urss e Medio oriente) rimane una collocazione delicata, prestigiosa e strategica. A
livello politico esiste una forte contrapposizione tra i seguaci del Presidente Leonid Kuchma e le
grandi imprese dell’est, che praticano una politica di cauto riavvicinamento alla Russia (che non
esclude l’alternarsi di fasi di conflitto a fasi di bonaccia), e i gruppi filo-occidentali dell’opposizione,
guidati da Viktor Yushchenko, radicati soprattutto a ovest e sostenuti dai giovani.

2. Struttura produttiva.

1. Un paese diviso. Caratteristiche socioeconomiche, storiche e culturali dividono l’Ucraina in quattro


zone più o meno uniformi al loro interno.
Le regioni orientali sono più legate alla Russia sia economicamente che culturalmente: sono state
le regioni che per prime hanno fatto parte dell'Unione Sovietica, e sono state da questa industrializzate.
Queste regioni dispongono di abbondanti risorse minerarie e sono dominate dall'industria carbonifera e
metallurgica, che fornisce il 58 per cento della produzione industriale di tutto il paese. Anche il settore
finanziario è relativamente sviluppato e, non a caso, la prima banca commerciale ucraina ha sede in
questa regione. Tutti questi fattori permettono all’est di essere l'area che contribuisce maggiormente
alla formazione del Pil ufficiale e la zona più attraente per gli Ide, in particolare russi.

3
Il Sud è composto dalle regioni che si affacciano sul Mar Nero, fra cui la penisola di Crimea3. La
regione è strategicamente importante: nei suoi porti (Odessa e Mykolayiv) transita il 45 per cento delle
merci destinate all'ex Unione Sovietica. I porti ospitano la prestigiosa industria navale ucraina; il clima
mite favorisce l’industria agroalimentare, mentre il settore turistico, una volta fiorente, ha subìto una
forte caduta dopo il crollo del comunismo. Sono inoltre da segnalare i settori chimico e petrolchimico.
Nel centro del paese, Kiev domina una macroregione specializzata nell'industria alimentare, che
stenta ad ammodernarsi, e nel settore militare, che non ha più le risorse e le capacità di un tempo.
Nella capitale la ricchezza, la modernità ed un settore terziario sviluppato convivono con alcuni vecchi
e imponenti complessi industriali, che stentano ad adattarsi all'economia di mercato.
L'Ovest rappresenta un’area differenziata, influenzata dall'Europa centro-occidentale e
storicamente separata dall’impero russo4, tanto che non si trovano molti ucraini russofoni, mentre la
lingua locale comprende numerosi termini ungheresi e polacchi. Questa parte del paese è entrata
nell'orbita sovietica solo dopo la Seconda guerra mondiale ed è stata quindi la meno influenzata
dall'industrializzazione forzata del regime sovietico. Anche nel settore predominate, l'agricoltura, il
modello sovietico, caratterizzato da aziende agricole collettive e statali che utilizzano strumenti propri
della pianificazione industriale, non ha preso piede; ancora oggi la maggior parte delle imprese è
costituita da piccole fattorie familiari. La struttura produttiva è quindi nettamente diversa rispetto alle
regioni orientali: nelle regioni occidentali stanno fiorendo piccoli commerci e attività artigianali, che
vanno ad ingrossare una florida industria sommersa. Quest’ultima discredita in parte le statistiche
ufficiali che descrivono l’ovest come l’area più depressa del paese. Per posizione geografica e cultura
quest’area ha una maggiore propensione all'integrazione con l'Europa, all’attrazione di investimenti
occidentali e ai rapporti commerciali e culturali con i vicini polacchi e slovacchi.

2. Andamento demografico. Nonostante l’estesa superficie ed il considerevole numero di abitanti (cfr.


paragrafo 1), la situazione demografica è preoccupante: dalla caduta dell’Urss ad oggi, l’Ucraina ha
perso quasi quattro milioni d’abitanti; la tendenza decrescente della popolazione è stata causata tanto
dal basso tasso di natalità quanto dall’emigrazione. Questa tendenza è comune a tutti i paesi della Csi,
ma l’Ucraina è caratterizzata da tassi più elevati di decremento della popolazione. L’emigrazione è
dovuta, in massima parte, a quella parte di popolazione che non ha origini né ucraine né tartare. Queste
etnie tendono infatti a non abbandonare il paese, o a fare ritorno dai paesi di emigrazione. Gli ucraini
sono fieri delle loro origini; non è raro incontrare giovani intraprendenti, che possiedono un elevato
livello di istruzione e progetti ambiziosi per sé e per il proprio paese.

3. Privatizzazione. L’atteggiamento verso le privatizzazioni è sempre stato ambiguo e contraddittorio,


a causa di barriere politiche, ideologiche e di potere. Il governo e gli enti pubblici hanno cercato
costantemente di accontentare le istituzioni occidentali con proclami di privatizzazioni su larga scala e
con l’approvazione di leggi per la regolazione dei monopoli, in seguito mai applicate. Di fatto sono

3
La Crimea fu regalata da Khrushchëv all’Ucraina nel 1954 per festeggiare il trecentesimo anniversario dell’adesione
dell’Ucraina all’Impero Russo.
4
L’area subcarpatica è stata parte della Cecoslovacchia fino al 1945; la regione di L’viv è stata per secoli polacca, mentre le
aree sudoccidentali appartenevano alla Romania.

4
state tutelate concentrazioni che rendono ancora oggi molti settori fondamentali dell'economia dei veri
e propri monopoli. La quota del Pil prodotta dal settore privato è rimasta inferiore a quella di tutte la
altre economie europee in transizione, Russia inclusa.

Fig.1: Quota del settore privato nell’economia (percentuale sul Pil)

Fonte: Bers, 1995-2002

Per le aziende statali sono stati seguiti schemi di privatizzazione di massa di tipo russo; secondo lo
schema più diffuso sono stati distribuiti ai collettivi di lavoro certificati (voucher) con i quali i
lavoratori hanno acquistato azioni delle “loro” imprese a un prezzo irrisorio. Ai dirigenti invece sono
state assegnate direttamente azioni delle “loro” imprese fino ad una quota massima del 5 per cento. Gli
investitori esteri sono stati esclusi da questa prima fase di privatizzazione di massa e sono stati
autorizzati ad acquistare partecipazioni soltanto in seguito. Il ricambio nella gestione delle imprese è
stato pressoché nullo e il potere dei manager è andato ben oltre i limiti voluti dalla legge.

4. I settori produttivi. Il ritardo nelle riforme ha provocato un allungamento nei tempi necessari alla
ristrutturazione produttiva, interrotta proprio quando si manifestavano i primi effetti positivi della crisi
economica del 1998. Lo sviluppo è ripreso soltanto negli ultimi anni, caratterizzati da un’impetuosa
crescita.
Il confronto dei dati contenuti nel grafico (cfr. figura 2) con quelli di una moderna economia
occidentale mette in evidenza la quota rilevante dell’agricoltura e dell’industria nella composizione del
Pil; inoltre, il tasso di crescita dei servizi ha superato quello dell’industria soltanto nel 2002.
All’interno dell’industria la quota dei settori chimico, petrolchimico e metallurgico mantiene una
posizione dominante: 63,5 per cento del totale della produzione industriale nel 2001.

5
Fig.2: Composizione del Pil, 1997-2000 (dati in percentuale)

Il confronto dei dati contenuti nel grafico (cfr. figura 2) con quelli di una moderna economia
occidentale mette in evidenza la quota rilevante dell’agricoltura e dell’industria nella composizione del
Pil; inoltre, il tasso di crescita dei servizi ha superato quello dell’industria soltanto nel 2002.
All’interno dell’industria la quota dei settori chimico, petrolchimico e metallurgico mantiene una
posizione dominante: 63,5 per cento del totale della produzione industriale nel 2001.

Tab.2:Produzione industriale per settori


1992 2001
Energia 8,5 15,5
Idrocarburi (olio e gas) 8,4 10,9
Carbone 7,8 10,4
Acciaio 15 26,7
Macchinari 28,7 9,7
Alimentare 13,4 12,9
Altro 18,1 14
Fonte: Ukrainian Economic Trends, giugno 2002

Negli anni della transizione l’Ucraina non ha differenziato la struttura industriale. Al contrario, la
produzione si è sempre più concentrata nelle industrie pesanti di base. Nel 1992 i settori “pesanti”
(energia, idrocarburi, carbone e acciaio) rappresentavano insieme il 39,7 per cento della produzione
industriale; nove anni dopo, nel 2001, la loro quota era salita al 63,5 per cento, soprattutto a causa di
un rapido aumento della quota dell’acciaio e dell’energia (prodotti destinati all’esportazione; si veda
oltre). Questo cambiamento strutturale dell’offerta è in parte dovuto al forte ridimensionamento degli
altri settori (in particolare l’industria alimentare e quella leggera, gravemente colpite dalla recessione
transizionale e dalla caduta del reddito e della domanda). Tuttavia negli ultimi anni (1999-2003) il

6
contributo dei settori di base alla crescita è stato molto importante, e si è avuta una crescita assoluta
della produzione industriale, indipendente dall’andamento dei settori “leggeri”.
La struttura dell’industria dipende quindi sempre di più dall’industria pesante, che è scarsamente
efficiente, consuma quantità elevate di energia per unità di prodotto e sarebbe scarsamente competitiva
se l’energia fosse importata dalla Russia ai prezzi del mercato internazionale.
Le agevolazioni concesse dal governo al settore metallurgico riflettono l’importanza politica dei
gruppi di potere delle aree orientali del paese, nonché il ruolo occupazionale, sociale e “storico” che
esso ricopre. Se queste misure, nel lungo periodo, non porteranno ad un aumento degli investimenti e
della produttività, l’Ucraina rischia di trovarsi specializzata in un settore tecnologicamente inadeguato,
esponendosi a un crollo della sua competitività in caso di aumenti nei prezzi fissati dai russi per
l’energia esportata in Ucraina.

3. Struttura del commercio con l’estero.

1. Premessa. Il commercio con l’estero dell’Ucraina riflette la struttura produttiva distorta del paese.
Le importazioni sono dominate dalle materie prime energetiche, utilizzate per tenere in vita l’industria
pesante, che a sua volta fornisce più del 50 per cento delle esportazioni. Il commercio estero
dell’Ucraina negli ultimi anni ha saputo riorientarsi verso sud (Medio oriente) e verso ovest (Ue); resta
cruciale la dipendenza dalle materie prime energetiche russe, kazake e turkmene.

2. Composizione merceologica. Le esportazioni sono alimentate soprattutto dall’industria pesante: la


siderurgia da sola rappresenta il 36,8 per cento delle esportazioni totali, seguita dall’industria
meccanica (10,1 per cento) e dalla chimica pesante (8,4 per cento). Anche l’industria dei mezzi di
trasporto è alimentata dal settore siderurgico (in particolare materiale ferroviario rotabile, ma anche
autocarri e, tradizionalmente, carri armati). Le imprese esportatrici sono per la quasi totalità vecchie
imprese ereditate dal periodo comunista, concentrate nelle regioni orientali, solo parzialmente
ristrutturate, a elevato consumo di energia per unità di prodotto e con una produzione di qualità medio-
bassa.

Tab.3: Principali esportazioni ed importazioni dell’Ucraina, 2002 e 2003


Esportazioni, % Importazioni, %
2002 2003 2002 2003
Metalli 33,0 36,8 Minerali 42,6 36,8
Minerali 12,5 15,2 di cui: petrolio - 16,0
Macchinari 9,8 10,1 Macchinari 15,1 15,1
Prodotti chimici 7,8 8,4 Mezzi di trasporto 4,7 8,1
Mezzi di trasporto - 4,2 Prodotti chimici 7,1 7,7
Alimentari 3,0 3,9 Metalli - 5,2
Fonte: Dree, Mission Economique Ukraine

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Voci minori, ma importanti, sono per le esportazioni i prodotti alimentari (3,9 per cento) e quelli
petroliferi raffinati. Nelle importazioni prevalgono le materie prime energetiche. L’Ucraina, pur
possedendo vastissimi giacimenti di carbone e pur essendo il quarto paese in Europa per riserve di gas
e petrolio, importa il 90 per cento del petrolio e l’80 per cento del gas che consuma, provenienti
soprattutto dalla Russia e dal Turkmenistan. Oltre alle materie prime energetiche, l’Ucraina importa
macchinari (15,1 per cento), prodotti chimici (7,7 per cento), mezzi di trasporto e altre materie prime.
La quota dei beni di consumo e dei prodotti dell’industria leggera nelle importazioni si è ridotta in
seguito alla crisi russa del 1998, che ha provocato in Ucraina il deprezzamento del 20 per cento del
cambio reale e conseguentemente un ampio processo di sostituzione delle importazioni.

3. Bilancia commerciale. La bilancia commerciale dell’Ucraina è in avanzo dal 1998, anno della
svalutazione della hryvnya e dell’inizio della ripresa russa, grazie ad un cospicuo avanzo nei servizi
che compensa ampiamente l’andamento oscillante del conto merci.

Tab.4: Partite correnti (dati in milioni di $)


1998 1999 2000 2001 2002 2003*
Bilancia delle partite correnti -1296 1658 1481 1402 3173 2891
Beni -2584 244 779 198 710 -269
Servizi 1377 1577 796 415 1147 1539
Redditi -871 -869 -942 -667 -606 -581
Trasferimenti 782 706 848 1456 1922 2184
Fonte: Fmi, Int.al Financial Statistics Yearbook 2003; *Planecon Report, June 2004

L’avanzo della bilancia dei servizi è dovuto, in gran parte, ai diritti di transito per il trasporto
dell’energia russa verso l’Europa per mezzo dei gasdotti; praticamente tutto il gas russo che raggiunge
l’Ue transita attraverso i gasdotti ucraini. Anche i trasferimenti segnano surplus crescenti, dovuti al
consistente volume di rimesse da parte dei lavoratori ucraini all’estero.
Negli ultimi anni, inoltre, anche l’interscambio di beni è in avanzo: si sta lentamente riducendo la
dipendenza dall’energia russa; contemporaneamente aumentano i surplus nei confronti dell’occidente,
grazie sia alla crescita delle esportazioni (l’Ucraina vende però soprattutto beni a basso valore
aggiunto, e non arriva a realizzare le proprie potenzialità, specie nel settore agricolo), sia alla
ristrettezza della domanda ed al deprezzamento reale della hryvnya che limitano le importazioni di
beni occidentali di qualità destinati alla ristretta fascia ricca della popolazione.
Nonostante sia in avanzo, la bilancia delle partite correnti ucraina resta fragile, in quanto
dipendente dai prezzi degli idrocarburi, dalle norme antidumping europee e americane sull’acciaio e
dall’andamento della domanda russa.

4. Orientamento geografico. L’orientamento geografico delle importazioni riproduce la dipendenza


energetica dell’Ucraina: tra i maggiori fornitori vi sono la Russia, il Turkmenistan (il cui gas arriva in

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Ucraina grazie ad un accordo con la Russia, che anticipa le forniture) e il Kazakhstan. I principali
fornitori di prodotti non energetici sono invece la Germania, gli Stati Uniti, la Polonia e l’Italia.

Tab.5: Dieci principali paesi clienti e fornitori dell’Ucraina, 2002


Esportazioni Importazioni
mln $ % mln. $ %
Russia 3.189 17,8% Russia 6317 37,6%
Turchia 1.235 6,9% Turkmenistan 1886 11,2%
Italia 839 4,7% Germania 1658 9,9%
Germania 755 4,2% Polonia 537 3,2%
Cina 735 4,1% Usa 473 2,8%
Regno Unito 537 3,0% Italia 463 2,8%
Ungheria 535 3,0% Kazakhstan 383 2,3%
Usa 519 2,9% Francia 349 2,1%
Polonia 506 2,8% Cina 264 1,6%
Spagna 373 2,1% Bielorussia 263 1,6%
Totale mondo 17.872 100 Totale mondo 16.800 100
Fonte: Fmi, Direction of Trade Statistics Yearbook, 2003

Il dissolvimento dell’Urss ha prodotto effetti nettamente negativi sulle esportazioni ucraine.


L’economia era e resta dominata da grandi imprese che producono per l’intera ex-Unione, in
particolare nella siderurgia, nel settore militare-industriale e in agricoltura. Il crollo del sistema
sovietico delle commesse militari e la profonda crisi della Csi hanno prosciugato gli sbocchi
tradizionali dei giganti ucraini del complesso militare-industriale, lasciando in eredità all’Ucraina una
capacità produttiva distorta, non competitiva, e perciò sovradimensionata.

Tab.6: Riorientamento del commercio estero ucraino, 1993-2001 (dati in %)


1993 1995 1997 1999 2001
Export 11,9 17,9 26,9 27,5 24,4
Asia
Import 2,3 3,0 4,9 6,4 6,2
Export 60,2 54,5 40,8 29,5 31,5
Ex-Urss
Import 74,5 66,9 60,0 58,6 57,3
Export 23,1 20,4 24,2 31,3 32,4
Europa
Import 18,7 24,2 29,5 28,3 30,2
Export 3,0 2,5 4,6 6,0 6,2
America
Import 3,6 4,2 4,6 5,0 4,7
Mondo 100 100 100 100 100
Fonte: elaborazione su dati Onu, International Trade Statistics Yearbook, 2002

Negli anni ’90 l’Ucraina è però riuscita a trovare nuovi sbocchi per la sua produzione, orientando
le esportazioni verso sud (Medio oriente, Asia non ex-sovietica) e verso ovest (Unione europea,

9
Europa centrale). La struttura delle esportazioni riflette così il ruolo di ponte tra aree diverse giocato
dall’Ucraina: l’area ex-sovietica ha ridotto la sua quota al 30 per cento delle esportazioni, superata nel
1999 dall’Europa, mentre l’Asia ha raggiunto il 27,5 per cento nel 1999 per poi ridursi al 25 per cento
nel 2001. Nel 1999 le esportazioni dirette a ovest hanno superato per la prima volta quelle dirette verso
i paesi della Csi.
Dalla parte delle importazioni la dipendenza dell’Ucraina dagli antichi partner è invece ancora
molto forte: i paesi ex-sovietici forniscono il 57,3 per cento delle importazioni; si tratta per la quasi
totalità di forniture di materie prime energetiche. Questa dipendenza riflette una caratteristica di fondo
dell’economia ucraina: le imprese ereditate dall’epoca sovietica, che ancora costituiscono l’ossatura
della struttura industriale del paese, hanno accresciuto la loro importanza relativa negli ultimi 10 anni.
L’intensità energetica del Pil in Ucraina è la più alta in Europa e una delle più alte nel mondo; l’intero
settore energetico, dalla produzione alla distribuzione e al consumo, è inefficiente rispetto agli
standard internazionali. L’Ucraina è il terzo consumatore mondiale di energia: questa circostanza
genera enormi ricadute ambientali, sui costi, sulla produttività, sulla bilancia commerciale e sui
rapporti con la Russia. L’Ucraina è dunque un paese a forte domanda di tecniche per la riduzione
dell’intensità energetica, sviluppate anche grazie all’appoggio dei fondi e delle strutture dell’Ue.

Tab.7: Relazioni commerciali tra Ucraina ed Italia per principali settori, 2003.
Export Italiano Import Italiano
000 € % 000 € %
Macchine ed apparecchi meccanici 220.447 25,44 Metalli e prodotti in metallo 373.882 30,04
Articoli di abbigliamento e pellicce 102.681 11,85 Prodotti petroliferi raffinati 350.198 28,13
Cuoio e prodotti in cuoio 88.358 10,20 Prodotti delle miniere e delle cave 135.220 10,86
Prodotti alimentari, bevande
Prodotti tessili 80.100 9,24 106.854 8,58
tabacco
Mobili 77.222 8,91 Cuoio e prodotti in cuoio 90.185 7,25
Prodotti chimici e fibre sintetiche
Metalli e prodotti in metallo 60.653 7,00 56.453 4,54
artificiali
Prodotti chimici e fibre sintetiche Articoli di abbigliamento e
55.295 6,38 37.445 3,01
artificiali pellicce
Apparecchi elettrici di precisione 40.460 4,67 Legno e prodotti in legno 34.392 2,76
Prodotti della lavorazione di minerali Prodotti dell'agricoltura, della
28.295 3,26 29.071 2,34
non metalliferi silvicoltura e della pesca
Articoli in gomma e in materie
26.313 3,04 Prodotti tessili 9.519 0,76
plastiche
Prodotti alimentari, bevande tabacco 17.816 2,06 Macchine ed apparecchi meccanici 8.160 0,66
Altri prodotti dell'industria
16.811 1,94 Autoveicoli 5.059 0,41
manifatturiera (escl.mobili)
Totale 866.626 100,00 Totale 1.244.752 100,00
Fonte: Ice 2003 – su dati Istat 2003

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4. Rapporti con l’Italia. L’Italia è il terzo cliente delle merci ucraine e il sesto paese fornitore; gli
scambi sono caratterizzati da un forte deficit commerciale italiano. Le importazioni ucraine
provenienti dal nostro paese sono in crescita, anche grazie all’aumento dei redditi delle fasce medio-
alte della popolazione, ma l’avanzo commerciale dell’Ucraina nei nostri confronti resta elevato, ed è
destinato a rimanere tale fino a che non si ridurrà il prezzo degli idrocarburi sui mercati internazionali
e la nostra dipendenza dalle materie prime energetiche. Tali obiettivi appaiono lontani nella seconda
metà del 2004.
Le importazioni italiane dall’Ucraina sono fortemente concentrate nei beni dell’industria pesante,
pari al 60 per cento delle importazioni totali; sono importanti però anche i prodotti alimentari di
qualità, grazie alle fertilissime “terre nere”, e i prodotti minerari (in particolare pietre pregiate da
costruzione). Le esportazioni italiane verso l’Ucraina riflettono invece la struttura più diversificata
della nostra economia, e sono composte in prevalenza da macchine utensili (25 per cento), tessili,
abbigliamento e prodotti in pelle (32 per cento) e mobili (9 per cento).

5. Punti di forza e di debolezza, opportunità e minacce del commercio estero ucraino. Il maggiore
punto di forza del commercio estero ucraino è la riuscita diversificazione dei mercati di sbocco,
ottenuta sfruttando l’importanza strategica del paese, ponte tra est e ovest e tra nord e sud. Non a caso
l’Ucraina, pur non avendo alcun accordo di pre-adesione con l’Unione europea, sarà coinvolta nella
costruzione di due corridoi multimodali europei: il corridoio 5, che collegherà Kiev (e in seguito
anche Mosca) con l’Italia, il sud della Francia e la Spagna, e il corridoio 8, che scenderà dal Baltico
fino all’Egeo, passando per Kiev e Odessa. Un altro punto di forza è dato dall’avanzo negli scambi
diretti a occidente e verso l’area mediorientale.
Le esportazioni ucraine dipendono tuttavia in gran parte da un’industria pesante obsoleta e
inefficiente sia dal punto di vista energetico che da quello del vantaggio comparato che, riguardo
all’Ucraina, risiede nell’agricoltura e nell’industria alimentare. Viene così a formarsi una dipendenza
strutturale dalle importazioni di gas e petrolio dalla Russia e dai paesi asiatici ex-sovietici che non può
essere adeguatamente finanziata: l’interscambio dell’Ucraina con i paesi che si trovano a est è quindi
strutturalmente in disavanzo.
La principale debolezza del commercio estero ucraino risiede dunque nella difficile situazione
strutturale che s’è venuta a creare: scambi con l’est in disavanzo e con le altre aree in avanzo. Le
esportazioni sono dominate dall’industria pesante, che a sua volta dipende dall’importazione di elevate
quantità di materie prime a causa della sua scarsa efficienza. A questa dipendenza commerciale si
associa il timore della dipendenza politica e del “ritorno dei russi”.
L’eventuale fallimento di una strategia volta a differenziare le esportazioni ucraine verso l’Europa
e verso il Medio Oriente, oltre a mettere l’Ucraina a rischio di ritorsioni commerciali (dazi, misure di
autolimitazione delle esportazioni, procedure antidumping) imposte dai paesi sviluppati per difendere
la propria industria di base, renderà inevitabile l’ampliamento del suo disavanzo con i vicini ex-
sovietici nonché la sua dipendenza dalla Russia.
La principale opportunità commerciale nel medio periodo consiste nell’adesione al Wto, che
permetterà di eliminare alcune limitazioni commerciali imposte dai paesi sviluppati, in particolare

11
dagli Stati Uniti, sull’acciaio ucraino; in tal modo l’Ucraina non sarebbe più soggetta a discriminazioni
ingiustificate quali le misure antidumping. Tuttavia, ancora una volta, il grande problema dell’Ucraina
e del suo sviluppo economico è quello della competitività.
La dipendenza dalle materie prime russe costituisce il principale condizionamento della crescita di
medio termine del commercio con l’estero ucraino. La posizione strategica dell’Ucraina come paese di
transito permette di ridurre la bolletta energetica da pagare ai russi ed ai paesi dell’Asia centrale (in
media il 30 per cento del gas e del petrolio viene pagato con i ricavi forniti dai diritti di transito).
Tuttavia l’eventuale crescita dei prezzi internazionali dell’energia, il deteriorarsi dei rapporti con
Mosca o la costruzione, ora in fase di progettazione, di gasdotti e oleodotti che taglino fuori l’Ucraina
possono danneggiare gravemente le principali industrie d’esportazione, annullando l’avanzo
commerciale che il paese detiene nei confronti dell’Europa e del Medio oriente, aggravando il
disavanzo nei confronti della Russia e generando una crisi di bilancia dei pagamenti di difficile
soluzione.
L’Ucraina potrebbe fallire nel suo tentativo di divenire un ponte tra l’Europa e la Russia. La
Russia ha meno bisogno di qualche anno fa dell’Ucraina per proiettarsi verso occidente, e i paesi
dell’Europa centrale e orientale hanno negli ultimi anni rivolto decisamente i propri sforzi di
penetrazione commerciale verso l’Unione europea. E’ inoltre necessario un adeguato sviluppo delle
infrastrutture (dalla rete stradale e ferroviaria a quelle elettrica e idrica), nonché una più precisa
definizione ed applicazione delle “regole del gioco” (dogana, imposte). La più grande minaccia per
l’Ucraina nel medio-lungo periodo è quella dell’isolamento: diventare un ponte su cui nessuno vuole
passare.

4. Investimenti diretti esteri.

1. Premessa. Per quanto riguarda gli investimenti diretti esteri l’Ucraina è il paese più arretrato in tutta
l’Europa centro-orientale; gli Ide presentano però caratteristiche peculiari. A differenza di quanto
accade nell’Europa centrale, in Ucraina non si trovano soltanto investitori europei, ma vi è anche una
massiccia presenza di investitori russi e americani. Esistono forti differenze regionali: mentre nella
parte centrale ed orientale del paese si concentrano gli investitori russi e le multinazionali occidentali,
nella parte occidentale si sono insediate le poche piccole imprese estere operanti in Ucraina. Le
condizioni per gli investimenti sono ancora sfavorevoli, e dipendono largamente dalla soluzione
dell’attuale congiuntura politica; le prospettive per l’aumento di Ide o per l’entrata nel mercato ucraino
di piccole imprese italiane sono però in miglioramento, e l’allargamento dell’Ue renderà le aree
occidentali dell’Ucraina un luogo appetibile per ulteriori ri-delocalizzazioni di imprese occidentali,
anche piccole e medie.

2. Performance. L’Ucraina è il paese della nostra ricerca che ha attratto meno investimenti esteri. Lo
stock di Ide accumulato si trova al di sotto del livello raggiunto da paesi ben più piccoli, come la

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Slovenia o la Croazia. L’ammontare annuale degli Ide in entrata negli anni ’90 non ha mai raggiunto il
miliardo di dollari; lo stock rappresenta poco più di un decimo del Pil.
Nei primi anni del nuovo secolo l’economia ucraina ha seguito un percorso di crescita accelerata; a
questa crescita tuttavia non è corrisposto un aumento significativo degli Ide in entrata. L’Ucraina resta
la pecora nera dell’Europa orientale per quanto riguarda lo stock di Ide pro capite, la politica di
attrazione ed il clima degli investimenti.
Fig.3: Ide in entrata annui e stock di Ide (mln $)

Fonte: elaborazioni su dati Unctad, 2003

Nel gruppo dei paesi ex-sovietici l’Ucraina detiene posizioni migliori, ma si trova comunque
dietro ai paesi ricchi di risorse naturali dell’Asia centrale. La Russia si trova in una posizione migliore
rispetto all’Ucraina a causa della crescita sostenuta, della sua importanza strategica e della
disponibilità di risorse energetiche; ciononostante le imprese e il governo ucraini sono più aperti nei
confronti degli stranieri, e, specie nelle regioni occidentali, propensi a sviluppare cooperazioni con
imprese europee.

Tab.8: Principali indicatori Ide in Ucraina e in altri paesi in transizione.


Stock Ide Ide/inv. Lordo Stock Ide/Pil
Ide pro-capite $ (2002)
mln $ (2002) % (2001) % (2002)
Estonia 4226 3018,57 37,8 65,9
Rep. Ceca 38450 3733,01 35,6 54,8
Ungheria 24416 2441,60 20,1 38,2
Croazia 6029 1370,23 35 28,4
Bulgaria 3889 486,13 32,8 24
Polonia 45150 1166,67 14,9 23,9
Slovenia 5074 2537,00 10,8 23,1
Romania 8786 393,99 14,1 20,5
Ucraina 5355 109,96 10,7 12,9
Russia 22563 156,47 4,3 6,5
Totale CEECs 187.868 - 14,6 20,8
Fonte: elaborazione su dati Unctad, 2003

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3. Principali paesi investitori e ruolo dell’Italia. L’Ucraina riceve investimenti esteri da tre aree
distinte: dagli Stati Uniti, i cui investitori sono titolari del 17,5 per cento dello stock di Ide, dalla
Russia (6 per cento, cui va aggiunta però buona parte dei capitali provenienti da Cipro, dalle Isole
Vergini e dalla Svizzera) e dall’Unione europea (9,5 per cento per la Gran Bretagna, 7,4 per cento per
la Germania, 7,2 per cento per l’Olanda, seguite da Austria, Italia, Francia).
Gli Ide provenienti dalle tre diverse aree sono mossi da motivazioni differenti. La forte presenza
degli investimenti americani è dovuta a considerazioni di carattere diplomatico-militare: numerosi
investimenti, soprattutto nei primi anni ’90, hanno finanziato la conversione a usi civili dell’industria
militare e nucleare. Oltre agli investimenti privati, gli Usa sono presenti con importanti aiuti pubblici.

Tab.9: Ide in Ucraina per paese d’origine, primo gennaio 2004


Stock di Ide
Paese d’origine % del totale
Mln $
USA 1074,8 16,1
Cipro 779,2 11,7
Gran Bretagna 686,1 10,3
Germania 441,4 6,6
Olanda 387,6 5,8
Isole Vergini 381,0 5,7
Federazione Russa 377,6 5,7
Svizzera 319,5 4,8
Austria 252,1 3,8
Italia 86,7 1,6

Totale 4786 71,9


Fonte: Ice, agosto 2004

Gli investimenti europei in Ucraina sono invece parte della spinta verso est generata
dall’allargamento dell’Ue; l’interesse marginale mostrato finora per l’Ucraina dipende dalla sua
posizione di “seconda frontiera”. All’Ucraina sono stati fin qui preferiti i mercati più sicuri, vicini ed
affidabili dell’Europa centro-orientale. Secondo molti osservatori, la situazione dovrebbe però
cambiare a seguito del secondo allargamento a est dell’Ue, quando le aree occidentali dell’Ucraina si
troveranno “in prima linea” e saranno destinatarie di numerose delocalizzazioni produttive. Questo
fenomeno è già in corso; in particolare, molti osservatori si aspettano che un’ondata di ri-
delocalizzazioni, anche italiane, investirà le aree più occidentali del paese (L’viv, Zakarpatya, Rivne)
alla ricerca di un più basso costo del lavoro e di legislazioni più permissive dopo l’ingresso nell’Ue – e
il relativo adeguamento all’acquis communautaire – della Polonia, della Slovacchia e, nel prossimo
futuro, della Romania.

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Nel gruppo dei paesi europei, il ruolo dell’Italia è stato finora marginale, con meno di 200 imprese
attive, di cui solo 36 con investimenti apprezzabili; l’Ucraina è un paese lontano, ancora poco adatto
ad un investimento di piccola-media dimensione ed orientato alla joint-venture come quello italiano.
L’allargamento dell’Ue alle confinanti Polonia e Slovacchia, e nel 2007 alla Romania, sta però
spingendo numerose imprese italiane presenti in questi paesi a delocalizzare nelle aree ucraine
occidentali.
I russi hanno investito in Ucraina principalmente alla ricerca di economie di scala, nonché di
integrazione dell’industria degli idrocarburi e dei metalli, per risuscitare vecchi legami economici.
4. Distribuzione settoriale degli Ide. Gli investimenti esteri diretti si sono concentrati nel commercio e
nell’industria; all’interno di questa, nei settori alimentare, siderurgico, petrolifero e chimico.

Tab.10: Distribuzione dello stock di Ide per settore, ottobre 2000


Settore Ide, mln $ % del totale
Commercio interno 998,6 15,0
Industria alimentare 985,3 14,8
Industria metalmeccanica 599,1 9,0
Trasporti e comunicazioni 525,9 7,9
Immobili e rendite 346,19 5,2
Metallurgia 339,53 5,1
Industria chimica e petrolchimica 319,56 4,8
Fonte: Ice, agosto 2004

La distribuzione settoriale dipende molto dal paese d’origine dell’investimento. Gli investitori
occidentali si sono concentrati nell’industria agroalimentare (44 per cento nel 2000) e nella
distribuzione, mentre gli investimenti nell’industria pesante sono stati in gran parte effettuati da
società russe (29 per cento degli investimenti russi totali). I capitali russi sono stati anche destinati in
larga misura (18 per cento) a finanziare infrastrutture turistiche e sanitarie, nel tentativo di riutilizzare
le case di riposo sovietiche sparse sul Mar Nero e in Crimea, che ai tempi dell’Urss accoglievano un
forte flusso turistico.
Le imprese italiane si sono finora concentrate nel settore tessile (Benetton, varie aziende di
biancheria intima, Miroglio) e nei settori dell’edilizia, della lavorazione del legno e degli
elettrodomestici (Merloni, De Longhi). Sono presenti anche grandi aziende, come la Parmalat e la Fiat
(con Iveco e Lada). Sono in costruzione in Ucraina alcuni stabilimenti di imprese veronesi del settore
agro-alimentare, che hanno lo scopo di sfruttare l’eccellente fertilità del suolo; le imprese agricole
italiane porteranno con sé altre imprese italiane per la lavorazione, il confezionamento, il ciclo del
freddo, in quanto tutte queste attività in Ucraina non sono presenti o non sono in grado di reggere la
concorrenza internazionale.

5. Distribuzione regionale. Le differenze regionali hanno influenzato l’afflusso di Ide. Nella parte
orientale del paese si sono diretti la maggior parte degli Ide russi, concentrati nei settori dell’industria

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pesante, nonché una parte degli investimenti delle multinazionali occidentali dell’industria
agroalimentare e del commercio. Nelle zone orientali del paese si sono diretti la Fiat Iveco, le imprese
meccaniche e di ingegneria (tra cui la piemontese Capello Tubi) e i general contractor. La maggior
parte degli investimenti di rappresentanza, nelle industrie agroalimentari e nel commercio si è diretta
verso Kiev, data la sua importanza economica e politica. Nelle regioni centrali si sono insediate altre
imprese italiane: Parmalat, Merloni, Fiat, De Longhi.
Le regioni occidentali sono state toccate marginalmente dagli investimenti esteri; in quest’area si
sono però concentrati gli investimenti delle piccole e medie imprese, in particolare italiane. Questo è
avvenuto a causa delle tradizioni mitteleuropee dell’area, della vicinanza ai mercati dell’Europa
orientale e della presenza di numerose zone economiche speciali. Ad ovest si trova Benetton con tutte
le imprese tessili e dell’abbigliamento italiane che operano in Ucraina, nonché alcune imprese attive
nei settori dei beni industriali di consumo (legno, agroalimentare).
Spiccate differenze esistono anche nell’atteggiamento verso gli investitori esteri: ad ovest si
aspetta con impazienza l’arrivo di capitali stranieri, sperando che portino con sé miglioramenti e
risorse necessari a risollevare l’area dall’arretratezza e a reintegrarla nell’economia dell’Europa
centro-orientale, mentre ad est la diffidenza verso i capitali esteri è molto sensibile, e le possibilità di
integrazione minori a causa del predominio economico dei vecchi colossi, scarsamente ristrutturati,
fortemente integrati verticalmente e sovente controllati da capitali russi.

6. Ruolo delle istituzioni finanziarie internazionali. I paesi donatori e le istituzioni finanziarie


internazionali hanno sorretto l’afflusso di capitale in Ucraina, motivati sia dall’importanza strategica
del paese sia dalla scarsa affluenza di capitali privati.
La Bers ha svolto in Ucraina un ruolo centrale: con impieghi pari al 13 per cento dello stock di Ide
affluiti in Ucraina, la Bers è di fatto il secondo investitore dopo gli Stati Uniti. Le attività della Bers,
concentrate nel settore delle infrastrutture e dell’energia, comprendono impieghi
nell’ammodernamento della rete di distribuzione dell’energia, nella sicurezza delle centrali nucleari,
nel rinforzo del sarcofago di Chernobyl, nel rifacimento della rete idrica. L’attività della Bers e delle
altre agenzie multilaterali è basilare per il miglioramento delle condizioni di investimento in Ucraina,
che renderebbe possibile l’arrivo di capitali privati nel medio-lungo periodo. Le istituzioni finanziarie
internazionali operano normalmente nella veste di cofinanziatori sia per attenuare il rischio sia per
ampliare la propria capacità di intervento.
Con lo UsAid gli Stati Uniti finanziano numerosi progetti per lo sviluppo dell’imprenditorialità,
della piccola impresa e dei cluster, corsi di formazione (training of trainers), investimenti in
infrastrutture e riforme. L’Ucraina è il terzo Paese per volume di aiuti bilaterali americani, dopo
Israele ed Egitto, e riceve tramite questo canale ogni anno più di 100 milioni di dollari, circa un sesto
del flusso annuale di Ide. L’impegno degli Stati Uniti in Ucraina è dovuto sia a ragioni strategiche, sia
all’importanza che la comunità ucraina riveste nella società americana: gli emigrati ucraini tendono a
vivere a stretto contatto tra loro e a non perdere né la lingua né i legami culturali con il loro paese di
origine; in numerose università americane, e specialmente negli istituti di economia, sono attive

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influenti associazioni che effettuano ricerche per lo studio dell’economia ucraina e la sua cooperazione
con l’estero.

7. Clima degli investimenti. L’Ucraina è il più grande mercato dell’Europa centro-orientale (Russia
esclusa), ha manodopera qualificata, un costo del lavoro inferiore a quello dei paesi dell’Europa
centro-orientale e gode di una posizione geografica strategica vicina all’est e all’ovest. Tutti questi
fattori positivi non sono però stati sufficienti a garantire un flusso sostenuto di investimenti esteri. Il
clima degli investimenti è in Ucraina particolarmente sfavorevole se paragonato a quello dei Peco, e si
situa a livelli simili a quelli russi.
In tutti gli indicatori di competitività riportati nella tabella 11 l’Ucraina risulta il peggior paese del
campione. Lontanissima dall’Estonia e dalla Polonia, l’Ucraina si colloca dietro la Romania, la cui
economia è simile per grado di arretratezza e specializzazione produttiva, e supera la Russia solo
nell’attrazione degli Ide e – seppur di misura – nello sviluppo delle piccole imprese. Le principali
difficoltà incontrate dagli investitori in Ucraina riguardano la mancanza di regole certe, l’elevato
carico fiscale, l’insicurezza dei diritti di proprietà, la corruzione e la segmentazione del mercato, che
ancora è diviso da barriere e controlli regionali.

Tab.11: Principali indicatori di competitività e del clima degli investimenti,2002-03


Ucraina Russia Polonia Romania Estonia
Unctad Performance index (rank su 140) 88 108 47 75 21
Unctad Potential index (high-low) low high high low high
Wef – Growth competitiveness index 2003
84 70 45 75 22
(rank)
Wef – Business competitiveness index 2003
71 65 47 73 -
(rank)
Transparency International Corruption
85 71 45 77 29
perception index 2002 (rank)
Bers – Index of small privatisation (1-4+) 3,3 4 4+ 4- 4+
Bers – Index of enterprise reform (1-4+) 2 2+ 3+ 2 3+
Bers – Index of infrastructure reform (1-4+) 2 2+ 4- 3 3+
Unece – Sme development index (su 1000) 28 29 929 113 759
Fonte: Unctad, World Economic Forum, Bers, Unece

8. Strategie degli investitori: perché scegliere l’Ucraina. L’entrata degli investitori in Ucraina
risponde a tre strategie principali. Gli investimenti delle multinazionali europee e statunitensi, che
coprono la quasi totalità degli investimenti occidentali, sono stati per la maggior parte investimenti di
posizionamento effettuati nel tentativo di entrare in un mercato di quasi 50 milioni di abitanti,
confidando nella crescita della domanda nel medio periodo. Nelle scelte degli investitori hanno avuto
un peso marginale i fattori di costo (al basso costo del lavoro è anche associata in Ucraina una bassa

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produttività) e la possibilità di acquisire imprese locali. Il processo di privatizzazione ha escluso in una
prima fase gli occidentali, che in ogni caso hanno mostrato scarso interesse per le imprese ucraine ed
hanno preferito gli investimenti greenfield.
Nella strategia delle grandi imprese occidentali non rientra neppure la produzione per
l’esportazione: gli investimenti si sono concentrati nei settori che operano sul mercato interno:
alimentare, del commercio e delle telecomunicazioni.
Gli investitori russi hanno seguito una strategia differente: partecipando attivamente al processo di
privatizzazione, le grandi imprese russe del settore energetico hanno acquisito quote importanti
dell’industria mineraria e pesante ucraina. Questa scelta risponde ad una strategia che punta a
massimizzare le economie di scala e a ricostituire i vecchi legami economici. Le imprese controllate
da capitali russi (provenienti dalla Russia, da Cipro o da altri paradisi fiscali) tendono quindi a
trasformare materie prime e prodotti intermedi provenienti dalla Russia (petrolio, gas) e a esportare
prodotti energetici raffinati. Le enormi dimensioni dei gruppi finanziari-industriali russi delle materie
prime energetiche permettono ai russi di dominare l’economia delle aree sudorientali dell’Ucraina
(Kharkhiv, Donbass). Il “ritorno dei russi” e dei loro giganteschi gruppi finanziari-industriali è mal
visto a Kiev e nelle aree occidentali, dov’è vivo lo spirito più propriamente ucraino.
Una terza strategia, nettamente minoritaria ma importante per l’Italia, è quella seguita dalle piccole
imprese occidentali. Queste, seppur presenti in numero limitato sul territorio ucraino, hanno investito
nelle regioni occidentali del paese, sfruttando il basso costo del lavoro e la vicinanza ai mercati
occidentali per avviare attività di perfezionamento passivo oppure per vendere sui mercati regionali
beni di consumo e dell’industria leggera importati, nonché servizi agli enti locali.

9. Impatto economico degli Ide. Gli investimenti esteri hanno finora avuto un impatto limitato
sull’economia ucraina, data la loro esiguità pro-capite e in rapporto al Pil. Le imprese estere o a
partecipazione estera ottengono risultati migliori delle imprese a capitale e controllo locali.
Anche l’impatto sull’occupazione è risultato limitato: la maggioranza della manodopera è occupata
in agricoltura e nell’industria pesante, settori che hanno attratto una quota relativamente bassa di Ide.
La scarsa presenza di piccole e medie imprese ha inoltre impedito finora la creazione dell’indotto e
non ha avuto ricadute occupazionali importanti a livello locale.
L’impatto sul commercio estero è stato più importante, ma caratterizzato da tendenze differenti e
di segno opposto. Gli Ide provenienti da occidente hanno finanziato la produzione di generi alimentari
e di prodotti dell’industria leggera, che hanno tendenzialmente sostituito le importazioni; gli
investimenti russi hanno invece generato un aumento del commercio intraindustriale nei settori
dell’industria pesante con i paesi della Csi.

10. Punti di forza e di debolezza, opportunità e minacce. Per attirare un flusso maggiore di
investimenti diretti esteri, i punti di forza dell’Ucraina sono le dimensioni del mercato e la posizione
strategica. Il paese ha finora beneficiato del passaggio sul suo territorio dei principali oleodotti e
gasdotti con i quali la Russia esporta gas e petrolio in Europa occidentale. Se la crescita economica
degli ultimi quattro anni (che ha accelerato fino a segnare un aumento del PIL del 13,5% nel primo

18
semestre del 2004) seguisse un sentiero sostenibile potrebbe rendere più appetibile il mercato interno,
rinforzando anche la sua centralità strategica.
Nonostante questo punto di forza, l’Ucraina è una delle economie meno competitive del mondo, ed
il paese con la peggiore performance di tutta l’Europa centro-orientale secondo quasi tutti gli
indicatori disponibili. La scarsa competitività ed attrattività dipendono sia da fattori politici e sociali
(corruzione, instabilità, sistema giuridico inadeguato) sia da fattori economici quali la scarsa
ristrutturazione, l’eccessiva dipendenza del Pil e delle esportazioni dai settori tradizionali
dell’industria pesante e lo stato embrionale della piccola e media impresa. In questi fattori di
arretratezza risiede tutta la debolezza del paese.
La grande opportunità per l’Ucraina consiste nell’approfittare dell’allargamento dell’Unione
europea e della ripresa russa per diventare terra di delocalizzazione e ponte tra le due aree, rendendosi
economicamente indipendente da entrambe ma necessaria ad ambedue. Per fare ciò, l’Ucraina deve
utilizzare al meglio le risorse messe a disposizione dalla Bers per modernizzare le sue infrastrutture,
nonché per migliorare l’efficienza del settore energetico.

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5. Piccole e medie imprese.

1. Un lungo percorso ad ostacoli. Le prime Pmi ucraine sono nate all'indomani della caduta del
comunismo sotto forma di cooperative, trovandosi di fronte significative e numerose difficoltà: le
leggi erano totalmente inadeguate, la cultura d’impresa non era diffusa e non esistevano esperienze e
conoscenze manageriali. Le poche risorse economiche interne e gli scarsi input esterni completavano
un quadro pieno di incognite. Inoltre, come abbiamo avuto modo di constatare in precedenza, in
Ucraina il sistema economico capitalistico non ha ottenuto il successo immediato che ha avuto in altri
paesi in transizione come la Polonia o l'Ungheria.
Il ritardo accumulato nel settore delle Pmi è spiegato dalla prima legge approvata dopo il
dissolvimento dell’Urss: la legge del 1991 che fissava i criteri per la definizione delle imprese
(piccole, medie o grandi). Questa legge aveva puramente lo scopo di definire e classificare le imprese,
non quello di assegnare un diverso status giuridico o concedere aiuti o vantaggi economici o legislativi
alle piccole e alle medie imprese. Fu successivamente creata un’associazione per le piccole imprese,
che non riuscì però a costituire una lobby per i loro interessi; anche i programmi ministeriali volti a
favorire questo tipo di attività rimasero sulla carta. Nel corso della transizione sono stati fatti sforzi da
parte delle autorità, seppur in misura insufficiente, per creare una vasta rete di piccole imprese;
tuttavia l’iperinflazione e la scarsità dello stock di imprese ereditate dal socialismo opponeva solidi
ostacoli alla volontà politica e al potenziale imprenditoriale della popolazione. Gran parte dei cittadini
cominciò ad avviare attività a titolo personale, ma esse non erano considerate attività imprenditoriali o
piccole imprese e quindi furono escluse per legge dal mercato. La formazione di imprese non era
incentivata da un fisco vessatorio, che poteva gravare le Pmi di imposte pari anche al 40% dei profitti.
Con l’adozione della costituzione del 1996 è stato fatto un ulteriore passo avanti. Le piccole
imprese vengono riconosciute e tutelate dalla legge fondamentale dello stato e sono proposti i primi
programmi ministeriali di un certo respiro. Si registra quindi un cambiamento importante: lo stato da
attore principale passa in secondo piano e diventa responsabile della presenza di condizioni favorevoli
allo sviluppo economico e delle Pmi. Nel 1999 viene adottata la legge per il “Supporto alle piccole
imprese”, che modifica la definizione del 19915.
Solo dal 2000 gli imprenditori individuali sono stati finalmente riconosciuti come piccola impresa
ed è stato loro attribuito un certo numero di agevolazioni a seconda del grado di sviluppo della propria
attività, per incentivare la formazione di piccole imprese familiari.

2. I recenti sviluppi positivi. Il governo e le autorità locali hanno recentemente compreso l'importanza
strategica delle Pmi e hanno adottato una serie di provvedimenti per la loro emersione e sviluppo,

5
I criteri attuali per definire la dimensione di un’impresa sono i seguenti:
- Micro imprese: il numero medio annuo degli addetti non deve superare i 10 e il profitto lordo annuale non deve superare i
100.000 euro
- Piccole imprese: il numero medio annuo degli addetti non deve superare le 50 unità ed il profitto lordo annuale non deve
essere superiore a 500.000 euro.
- Medie imprese: il numero medio annuo degli addetti non deve superare i 250, ed il profitto lordo annuale non deve eccedere
il tetto dei 2 milioni di euro.

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rifacendosi a strumenti (lo sportello unico, la riduzione dei contributi sociali dovuti dai datori di
lavoro, una tassazione ad hoc, con aliquote flessibili a seconda delle esigenze delle imprese) e misure
di regolamentazione adottati dai paesi economicamente più sviluppati. L'iniziativa di maggior
successo è sicuramente costituita dall’imposizione di una sorta di “minimum tax” (1997) che ha
favorito l’emersione di molte piccole imprese.
La novità più importante è forse la consapevolezza del ruolo chiave che i governi regionali
possono svolgere in questa materia. Sono state quindi trasferite competenze legislative e fiscali alle
autorità locali, che devono ora istituire appositi uffici per il supporto alle Pmi e predisporre strumenti
adeguati, come gli incubatori di piccoli imprenditori.

3. Caratteristiche e sviluppo. All’inizio degli anni Novanta le imprese si potevano classificare in tre
gruppi principali:
1. Imprese regolarmente registrate, che si dividono a loro volta in due categorie: la prima
comprende le piccole unità impegnate in diversi tipi di attività, da quella commerciale alla produzione
manifatturiera passando per i servizi. Questo tipo di impresa si distingue per profitti stabili, ma anche
per la rinuncia ad ampliare la propria attività. Il secondo gruppo è costituito da imprese efficienti e
innovative, che hanno registrato una rapida crescita e puntano ad obiettivi ambiziosi. Sono queste le
unità più interessanti in cui si sperimentano metodi manageriali moderni e si realizzano innovazioni di
prodotto e di processo.
2. Le imprese “sommerse”. Essendo imprese individuali e familiari, sono costituite da un
bassissimo numero di addetti. Sono state formate dopo la caduta del comunismo e l'inizio delle
privatizzazioni e continuano ad esistere soprattutto per sfuggire alla povertà. Molti micro-imprenditori
compresi in questa categoria si sono trovati di fronte a una scelta obbligata: continuare la propria
attività per assicurarsi il posto di lavoro e un reddito spesso minimo.
3. Le imprese della “nomenclatura” rappresentano il gruppo di gran lunga più influente ed
economicamente più potente. Si tratta di imprenditori che grazie a connivenze politiche sono riusciti
ad acquistare a prezzi bassi le imprese ex-statali e a ristrutturarle. Questi “nuovi imprenditori” hanno
potuto anche trarre vantaggio da sussidi pubblici per sviluppare e far crescere le proprie imprese. Alla
luce di quanto già detto si può facilmente capire perché quest'ultimo gruppo di imprese sia localizzato
soprattutto nelle regioni orientali.
Lo sviluppo delle Pmi è naturalmente correlato con quello dell'attività privata. Nella prima fase
delle privatizzazioni alcune grandi aziende di stato sono state divise in piccole unità produttive;
contemporaneamente sono state create piccole società per la fornitura di beni e servizi (componenti e
distribuzione ) alle grandi imprese. La maggior parte del settore fu comunque costituita da imprese che
si conquistarono una nicchia nel mercato. La parte più concorrenziale del mercato si è sviluppata in
maniera eterogenea in tutto il paese, trovando terreno fertile soprattutto nelle regioni industrializzate,
nelle quali vi erano un livello della domanda accettabile e ottime risorse umane; quindi soprattutto a
sud-est, ma anche nelle regioni di Kiev e di L'viv a Ovest. Non va dimenticato il resto dell'ovest del
Paese dove si registra un fermento crescente e si concentrano gli Ide delle Pmi europee.

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4. In che settori operano le Pmi? Come si vede nella tabella 12, il commercio rimane il settore
principale delle piccole imprese, anche se è da apprezzare la sua considerevole e costante perdita di
peso a favore di tutti gli altri settori. Questo è un dato positivo perché implica che le piccole imprese si
stanno impegnando in attività più complesse di produzione, contribuendo, come nel caso
dell’agricoltura e dell’industria manifatturiera, alla ristrutturazione dei rispettivi comparti. Da notare
infine la cronica mancanza di imprese in alcuni settori come il settore finanziario, la pubblica
amministrazione, l’educazione, la sanità. Per tutte queste attività il numero di piccole imprese sta
crescendo lentamente e rimane inferiore all’uno per cento.

Tab.12: Distribuzione delle Pi per settore produttivo, in percentuale


1998 1999 2000 2001
Agricolo 1.98 2.33 3.60 4.35
Manufatturiero 15.09 15.35 15.83 16.12
Costruzioni 8.58 8.21 8.41 8.51
Commercio 51.86 50.80 46.40 42.91
Turismo 3.44 3.38 3.46 3.40
Trasporti 3.09 3.35 3.89 4.23
Interm. mobiliare 9.88 10.57 12.10 13.71
Fonte: The State Statistics Committee of Ukraine

5. Evoluzione e prospettive. Come si vede nelle tabelle 13 e 14, il settore delle Pmi, nonostante il
persistere di numerose difficoltà, è in netto miglioramento: il numero delle piccole imprese è più che
quintuplicato dal 1991 ad oggi arrivando nel 2002 a 253.791 unità. Un altro dato importante che
conforta le nostre ipotesi sul ruolo delle Pmi è quello sull’occupazione: il peso delle piccole imprese è
più che raddoppiato in dieci anni (1991-2001).
La tabella 14 dimostra che il numero delle piccole imprese è di gran lunga maggiore nei paesi più
sviluppati che in Ucraina. Nei paesi industriali le Pmi svolgono un ruolo molto più significativo
impiegando il 49% del totale dei lavoratori e producendo più della metà del Pil.

Tab.13: Pi in Ucraina: principali indicatori


1991 1998 2000 2002
N. di PI 47084 173404 217930 253791
PI per 10.000 abit. 9 35 44 53
N. addetti per PI 25 9 8 8
% di addetti PI su tot 4.9 9.0 10.8 13.2
Fonte: Statistic yearbook of the Ukraine for 2002

Un altro modo per confrontare l’attività imprenditoriale in diversi paesi è quello di calcolarne il
tasso di lavoro autonomo (tabella 15), definito come numero di proprietari di piccole imprese, più il
numero di imprenditori individuali sul totale delle forze di lavoro in un paese. Il risultato per l’Ucraina
è pari a 0.112 nel 2001, che equivale a 48.8 lavoratori autonomi per 1000 abitanti.

22
Questa misura dell’imprenditorialità dà risultati paragonabili a quelli europei. Si può tuttavia
concludere che sebbene la proporzione di imprenditori in Ucraina sia paragonabile a quella europea,
essi sono più lavoratori autonomi che dirigenti di imprese. Questa conclusione conferma la difficoltà
cronica a crescere incontrata dalle micro-imprese ucraine, per ragioni culturali, organizzative,
finanziarie e fiscali.

Tab.14: Differenze fra diversi paesi nel settore delle piccole imprese
Quota delle Quota delle
Numero di Pi
Numero di Pi Addetti nelle Pi in % sul Pi in
(ogni 1000
(in migliaia) Pi (in milioni) totale degli percentuale
abitanti)
impieghi del Pil
UK 2.630 46 13.6 49 50-53
Italia 3.920 68 16.8 73 57-60
Francia 1.980 35 15.2 54 55-62
UE 15.770 45 68.0 72 63-67
USA 19.300 74 70.2 54 50-52
Russia 890 6.1 6.5 10 10-11
Ucraina 253 5.3 1.72 8 10

Tab.15: Tasso di lavoro autonomo in alcuni paesi europei, comparato con l’Ucraina
1988 1992 1996 2000
Francia 0.099 0.096 0.088 0.084
Germania 0.070 0.073 0.082 0.087
Italia 0.169 0.179 0.183 0.185
Olanda 0.082 0.089 0.102 0.109
Danimarca 0.056 0.058 0.064 0.061
Ucraina 0.112 (2001)
Fonte: Compendia

Tab.16: Indici di sviluppo delle Pmi, 2003


Parte degli
Quota del Quota del Indice di
addetti delle Pil pro capite
settore privato settore delle sviluppo delle
Pmi sul totale (dollari)
sul Pil Pmi sul Pil Pmi
degli addetti
Bielorussia 20 Nd Nd 1.257 Nd
Polonia 70 49.4 65.4 4.108 929
Russia 70 12 20.0 1.697 29
Ucraina 60 6.8 10.8 645 28
Fonte: banca dati Unece per le Pmi 2003

23
Nonostante il significativo incremento nel numero delle piccole imprese, la loro parte nella
produzione del Pil è calata nel 2000. La spiegazione di questo fenomeno inaspettato è generalmente
legata alle conseguenze delle crisi finanziarie che hanno colpito l’Ucraina negli anni 1998 e 1999,
durante i quali le aziende più grandi hanno dimostrato una maggiore capacità di reazione.

Tab.17: Evoluzione del numero delle piccole imprese


1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001
N° delle imprese, in migliaia 96 96 136 173 197 217 233
Fonte: Annuario statistico Ucraino, 2002

Tab.18: Evoluzione del numero degli imprenditori singoli


1998 1999 2000 2001 2002 2003
N° di imprenditori singoli (in milioni) 1.219 1.414 1.615 1.847 2.112 2.411
Fonte: Comitato statale per l’imprenditoria

Tab.19: Distribuzione settoriale delle Pmi in Ucraina e in altri paesi (percentuale)


Commerciali Manifatturiere Costruzioni Servizi Altre attività6
Bielorussia7
2000 42.7 20.8 11.5 0.8 24.2
2001 42.8 21.1 11.7 0.8 23.6
Polonia
2000 36.2 22.8 11.9 25 4.1
2001 35.8 22.6 11.6 25.6 4.4
Russia
2000 46.3 15.3 Nd Nd 31.0
2001 46.0 14.8 Nd Nd 31.2
Ucraina
2000 46.4 15.8 8.4 3.4 26.0
2001 42.9 16.1 8.5 3.6 28.9
Fonte: banca dati UNECE per le PMI 2003

6. Le difficoltà permanenti. Nonostante il crescente interesse dello stato le risorse pubbliche destinate
alle Pmi sono ancora modeste. Le leggi ci sono e sono spesso moderne, ma mancano le risorse
necessarie a generare impulsi determinanti. Le autorità regionali hanno ancora scarsa autonomia
politica (i governatori delle regioni sono nominati dal presidente) ed economica. Sarebbero necessari
incentivi appetibili per convincere molte aziende, ancora riluttanti, ad emergere dal mercato nero, e

6
Fra questi i più comuni sono: l’agricolo, la pesca, la produzione di elettricità, gas, acqua, trasporti, pubblica
amministrazione, istruzione, mediatori finanziari, mediatori immobiliari, sanità.
7
Questi dati sono relativi sia al settore statale che a quello pubblico.

24
una certa continuità politica per abbattere la diffidenza ancora elevata nei confronti del governo. Come
ultimo ostacolo si può citare l’imperfetta conoscenza del fenomeno dovuta a metodi statistici ancora
inadeguati. Le classificazioni statistiche ucraine, ad esempio, spesso non permettono di capire che tipo
di produzioni svolgano le Pmi manifatturiere, né di orientarsi nel vasto mondo del "sommerso", di cui
esistono solo stime approssimative8.

8
Alcuni operatori stimano le imprese sommerse al 70%, o fanno riferimento alla pratica della "doppia busta paga", che di
fatto integra lo stipendio ufficiale fino a raddoppiarlo.

25
Quadro sintetico dei punti di forza e di debolezza delle Pmi in Ucraina
Punti di forza Punti di debolezza
L’esistenza di un comitato per regolamentare le Le Pmi pesano poco in rapporto al Pil
politiche a favore dell’imprenditoria. complessivo del paese.
Dal 2000 lo stato rivolge maggiore attenzione Il peso delle Pmi sul totale degli occupati è
ai problemi delle Pmi, con la creazione di un molto basso.
Pubblico Colloquio. Il numero di Pmi ogni 1.000 abitanti è molto
La creazione nel 2002 di un registro unico per basso.
le licenze. Una grossa parte dell’economia è in “nero”.
Semplificazione in materia fiscale per le Un eccessivo ruolo e numero degli istituti di
piccole imprese ispezione e vigilanza, che favoriscono la
Grande importanza attribuita alla creazione di corruzione e le discriminazioni politico-
un sistema manageriale di qualità, sorretto amministrative
dall’associazione Ucraina per la qualità. Basso livello di tutela per i diritti di proprietà,
compresa quella intellettuale.
Bassa competitività delle Pmi del settore
manifatturiero
Opportunità Ostacoli
Il settore delle piccole imprese può sostenere lo Il lento sviluppo delle Pmi frena la transizione
sviluppo e la transizione verso un’economia di verso un’economia di mercato.
mercato. Cresce la percentuale di poveri.
Le economie di scala possono costituire buone
opportunità per le Pmi che operano sul mercato
domestico.
Buone possibilità di affari con gli stati della
Csi.

26
6. Presenza italiana e prospettive.

1. Presenza attuale. L’Italia è il terzo paese cliente dell’Ucraina, ed il settimo fornitore; il saldo
commerciale è fortemente negativo per l’Italia, soprattutto a causa dell’importazione di energia e
acciaio. Come investitore, l’Italia ha un ruolo marginale, detenendo l’1,5% dello stock di Ide. Circa
200 imprese italiane sono registrate in Ucraina, ma solo 36 sono realmente operative con stabilimenti
produttivi9, nonostante il paese offra notevoli opportunità per lo sviluppo di Pmi export-oriented,
soprattutto nel settore agricolo e agro-alimentare, delle pietre e dei marmi, nella cantieristica e nel
settore del legname-mobilio che, oltre ad essere comparti dove l'Italia vanta delle eccellenze, sono
anche settori in crescita in Ucraina.

2. Ragioni della debolezza italiana. L’Ucraina è un paese “difficile”: incertezza dello stato di diritto,
corruzione, differenze culturali fanno sì che non lo si possa affrontare a cuor leggero, rendono
necessaria una struttura di accompagnamento e supporto e l’attivazione di investimenti di
posizionamento. Il sistema giuridico non è trasparente e la presenza di connivenze tra politica,
magistratura e potere economico induce gli operatori a sconsigliare gli investimenti in partenariato con
società già esistenti, consigliando invece il greenfield, metodo di investimento più sicuro anche se più
impegnativo per le Pmi italiane.
Il sistema-Italia di supporto, informazione ed indirizzo è carente rispetto all’azione degli altri paesi
europei. Nessuna banca italiana è operativa in Ucraina, l’ambasciata e l’Ice soffrono di carenza di
fondi e di organico nonché di un piano deciso e coordinato di interventi. Le altre nazioni occidentali
investono in ricerca (finanziando centri di ricerca, scuole di amministrazione aziendale e programmi di
specializzazione) sostenendo le giovani forze imprenditoriali emergenti. L’Italia si limita ad azioni
occasionali di tipo volontaristico come quelle intraprese dallo sparuto distaccamento Ice, la cui
strategia, in carenza di mezzi, si limita ad un semplice: “concentrare per contare”10, o dalla piccola
Associazione degli imprenditori italiani. Recentemente, visti gli elevati tassi di crescita raggiunti
dall’economia, si osserva un aumento dell’interesse del sistema-Italia per l’Ucraina.

3. Esportare i distretti? La strada scelta dal governo italiano è quella di attuare progetti di scambio, di
formazione, di monitoraggio al fine di riuscire ad esportare in Ucraina l’esperienza dei distretti
industriali italiani, sulla falsariga di un progetto avviato da due anni con la Russia. L’Ucraina,
soprattutto nelle regioni occidentali, presenta una serie di caratteristiche che la rendono idonea ad
avviare progetti per la creazione di distretti industriali sui generis in cui imprese italiane possano
stringere proficui rapporti di cooperazione e concorrenza con le imprese locali11.
Vi sono i presupposti perché questo processo cominci a muoversi e si rafforzi: oltre alla
competenza ed alle eccellenze comuni in molti settori, molti piccoli e medi imprenditori ucraini hanno
espresso negli ultimi anni la volontà di andare oltre le attività commerciali. In questo settore è

9
Almeno da quanto ci è stato riportato in una lunga e utile intervista dal Direttore dell’Ufficio Ice di Kiev
10
In particolare, si cerca di concentrare gli investimenti in alcune aree dove i rapporti con le autorità locali e con alcune
imprese sono migliori.
11
Vicinanza con i mercati di sbocco, cultura imprenditoriale diffusa, forte volontà di integrazione con l’Ue.

27
aumentata la concorrenza, si sono ridotti i profitti e le imprese sono sempre più minacciate dall'arrivo
della grande distribuzione straniera. Questa pressione competitiva potrebbe spostare gli investimenti
verso il settore manifatturiero.
Un altro elemento in comune con l’Italia, e utile per avviare l’esperienza distrettuale, è
l'importanza attribuita alle relazioni informali, sviluppatesi durante il periodo comunista. Ancora oggi
le pratiche cooperative sono diffuse, e non è raro vedere diverse aziende che mettono in comune
risorse materiali o immateriali, come mezzi di trasporto, grossi clienti o circuiti di vendita.
La tradizione sovietica ha promosso centri di ricerca e scuole specializzate che non sono però
riuscite ad operare in stretto contatto con le imprese statali. Questi istituti di istruzione e di ricerca
sono presenti ancora oggi, nonostante il disorientamento successivo al dissolvimento del sistema.
Alcune università hanno prodotto piccole aziende spin-off che si dedicano ora all'innovazione ed alla
ricerca, con tecniche ed esperti di livello internazionale.
L'esperienza di molte imprese estere che hanno investito in Ucraina mostra inoltre una notevole
sensibilità e attitudine da parte dei partner locali all'apprendimento ed al miglioramento delle tecniche,
sia di produzione che di gestione12: le imprese ucraine che appaltano lavoro dall’estero si sono
dimostrate aperte alla formazione ed apprezzano trasferimenti di tecnologia che permettono il
raggiungimento di una migliore qualità e di una maggiore produttività. Infine, le autorità locali, le
imprese ed alcune associazioni di consulenza e di sviluppo locale sono molto attente all'esperienza
italiana, allo sviluppo delle piccole imprese in sistemi territoriali basati sulla cooperazione.
D’altra parte, però, numerosi fattori negativi ostacolano la presenza italiana e la formazione di
distretti. In primo luogo, la mentalità degli imprenditori, se si escludono i giovanissimi, è molto
lontana da quella di un’economia di mercato. Atteggiamenti “sovietici”, quali aspettare una soluzione
governativa ai problemi di liquidità o di domanda,considerare i rapporti di cooperazione all’interno del
mercato come vincolanti rapporti gerarchici, la ricerca febbrile di qualcuno che regoli la formazione e
il funzionamento dei distretti, un’incomprensione di fondo dell’utilità per il mercato e per il distretto
del fallimento di alcune imprese, e della nascita di altre dalle loro ceneri, continuano a esistere nella
mentalità e nei valori degli imprenditori, soprattutto nell’est del paese13.
In secondo luogo, la domanda per beni differenziati e di qualità medio-alta è ancora a livelli
minimi, e non sembra sufficiente a sostenere lo sviluppo di aree distrettuali ad elevata specializzazione
di filiera; qualunque “distretto” nascesse, dovrebbe orientarsi all’esportazione almeno per il medio
periodo. Infine, le imprese ucraine non vantano raffinate origini artigianali, che le inducano a
modificare il proprio prodotto e, interagendo con partner italiani, renderlo appetibile e competitivo per
il mercato ucraino ed estero. L’artigianato, colpito negli anni ’30 dall’industrializzazione forzata, è ora
molto debole, di scarsa qualità, limitato da una bassa domanda e con scarse possibilità di essere la
guida di un’evoluzione distrettuale in alcune aree del paese.

12
Vi è la necessità di colmare le lacune in campi non esplorati durante il periodo comunista come il marketing
13
Questo punto ci è stato chiarito da due lezioni sui distretti industriali tenute a Kiev, una di fronte a imprenditori provenienti
dalle aree occidentali del paese e più propensi a comprendere l’idea di cluster, l’altra con imprenditori dell’est del paese in
gran parte scettici e increduli verso l’idea di una competizione/cooperazione spontanea.

28
Da parte italiana si incontra un approccio un po’ superficiale ed una carenza generalizzata di
risorse impiegabili per sostenere la nascita di distretti in Ucraina: le associazioni che si occupano di
distretti fanno sovente riferimento a finanziatori e modelli americani, tedeschi, inglesi, mentre
l’esperienza italiana è tuttora poco conosciuta. Nonostante gli sforzi, quindi, non si riesce ad
intravedere un modello chiaro ed articolato per lo sviluppo di distretti congiunti italo-ucraini che
potrebbe portare l’Italia verso una presenza forte, non limitata al breve periodo e vantaggiosa per
entrambe le parti.

4. Potenzialità. L’Ucraina presenta, tuttavia, notevoli potenzialità per gli investitori italiani. In primo
luogo si trova in una posizione strategica: grazie agli accordi di libero scambio, è parte integrante del
mercato della Csi, e non è soggetta a dazi per l’esportazione verso la Russia e le altre repubbliche ex-
sovietiche; allo stesso tempo, le sue regioni orientali sono l’estrema propaggine dell’Europa centro-
orientale, storicamente, etnicamente ed economicamente intesa. In secondo luogo, gli ucraini sono un
popolo fiero, nazionalista, ed i giovani sono di solito dinamici, intraprendenti, dotati di una formazione
superiore ed universitaria e pronti a impegnarsi per il futuro del proprio paese.
Nel medio periodo numerosi investitori italiani ora attivi in Polonia e Romania potrebbero
spostare le proprie attività nelle aree occidentali dell’Ucraina alla ricerca di bassi costi del lavoro
abbinati alla vicinanza ai mercati di sbocco occidentali. Questa strategia di “fuga verso est” però si
scontrerà presto o tardi con barriere geografiche: la stessa presenza di imprese italiane, sinonimo di
crescita per l’area interessata, come già avvenuto in Romania, farà salire i costi del lavoro e indurrà le
imprese a trasferirsi sempre più ad est, finché “non ci sarà più dove”.
Di fronte a questo scenario si impongono strategie di supporto che siano in grado di preparare il
terreno per investitori italiani più “stabili”, interessati ad investimenti di medio-lungo periodo e a
cooperazioni durature con fornitori locali o esteri per la produzione di una gamma di beni differenziata
ed un miglior sfruttamento delle risorse naturali, organizzative, di capitale umano locali, che sono
abbondanti e che vanno ben al di là del basso costo della manodopera. Gli investitori italiani hanno
cominciato a comprendere che limitarsi all’esportazione dell’ultima fase della catena del valore (la
commercializzazione del prodotto) non è più un'operazione sufficiente e non permette lo sfruttamento
delle risorse umane a basso costo. Il passo successivo potrebbe essere rappresentato da un tentativo di
cooperazione con le associazioni territoriali che si occupano di promozione di distretti e cluster
nell’ottica di stabilire legami con le autorità locali, con le scuole specializzate, con partner ucraini che
inseriscano l’impresa italiana nel mercato locale e in quello russo, ricevendo in cambio tecnologia,
innovazioni procedurali e “ambientali” e la possibilità di inserirsi nei mercati occidentali con beni
competitivi.
La crescita del potere d'acquisto e la formazione di una classe media stanno creando condizioni
favorevoli sia per il Made in Italy, sia per gli Ide italiani. A differenza di quanto avviene nei paesi
dell’allargamento, nei quali lo sviluppo si sta spostando verso un più alto contenuto tecnologico,
esistono ancora ampi margini di competitività e spazi per le industrie italiane più tradizionali, a
condizione però che il sistema-Italia, che comprende sia gli imprenditori sia la vasta rete di supporto,
affrontino il paese con lungimiranza, attenzione ed una migliore organizzazione.

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Bibliografia essenziale

Int.al Centre for Policy Studies, Foreign direct investment in Ukraine, Kiev 2000

IERPC, Development of the domestic market in Ukraine – welfare through competition, Kiev 2003

IERPC, Enterprise survey, varie uscite, Kiev 2002-2004

IERPC, The development of Industrially Oriented SME in Ukraine in 2000: results of a Business
Survey, Working Paper No. 12, Kiev, 2001

Institute for Reforms, Investment Rating of the Ukrainian Regions, Kiev, 2003.

Ishaq, Mohammad, Foreign direct investment in Ukraine since transition, Communist and Post-
Communist Studies, n° 32, 1999, pagg. 91-109

Kiyv International Institute for Sociology, National SME survey summary report, Kiev 2001

OECD, Investment Policy Reviews – Ukraine, progress in investment reform, Parigi 2002

Siti di riferimento

IERPC, Institute for Economic Research and Policy Comsulting, www.ier.kiev.ua;

International Centre for Policy Studies, http://www.icps.kiev.ua/eng/;

Institute for Remorm, www.ir.org.ua, in ucraino.

Interviste

Nel corso del viaggio a Kiev (marzo 2004) sono stati condotti interviste, incontri e seminari presso le
seguenti istituzioni: Ferrero Ucraina; Accademia delle Scienze dell’Ucraina, settore Pmi e
imprenditoria giovanile, Kiev; IERPC, Istituto per la ricerca economica e la consulenza sulle
politiche, Kiev; Ukrimpex, società di consulenza sullo sviluppo dei distretti industriali in Ucraina,
Kiev; Podyllia Pershyi, associazione per lo sviluppo di distretti nelle aree occidentali del paese,
Hmelnitskii; KMBS, Kiyv-Mohyla Business School, scuola di amministrazione aziendale, Kiev;
Institute for Reform, società di consulenza economica e politica, Kiev; SigmaBleyzer, fondazione di
venture capital per lo sviluppo dei paesi in transizione, Kiev; Ice, ufficio di Mosca; Aiu, Associazione
degli imprenditori italiani in Ucraina.

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