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Nicolae RÂMBU 49

Nicolae RÂMBU
Iassy, ROMANIA

Le malattie assiologiche dello spirito

Durante il processo di Nürnberg, Alfred Rosenberg, accusato di


aver avvelenato l’anima dei giovani con le sue idee del Mito del Novecento,
esprime, verso la fine della vita ancora una volta, la sua convinzione nella
sua innocenza. Lui ha parlato ai giovani solo "sulla cultura ed arte e
sull’approfondimento dei più alti valori”1. Infatti, il Mito del Novecento, il
libro che ha rappresentato i fondamenti filosofici dell'ideologia nazista è
un lavoro sull’arte, cultura o, piuttosto sulla cultura e valori, ma tutte
queste, cosi come sono state captate allora hanno portato ad una
catastrofe. Il termine “valore” (Wert) appare nel lavoro di Alfred
Rosenberg cento volte ed è stato invocato tante volte per giustificare un
insieme di atrocità.
Una serie di tragedie che hanno insanguinato la storia, accanto ad
un insieme di altre spiegazioni di ordine politico, economico, militare ecc
sono generate da certe malattie dello spirito che io accenno quali malattie
assiologiche. È importante precisare, penso io, che si tratta di malattie
dello spirito, non dello psichico, quest’ultime essendo un oggetto di
studio di alcune scienze e non della filosofia. I fondamenti di una scienza
il cui oggetto è lo spirito personale, cosi come l’anima costituisce
l’oggetto della psicologia sono stati messi dagli autori tedeschi e mi
riferisco dapprima a Eduard Spranger con il lavoro Lebensformen, a
Ludwig Klages con Der Geist als Wiedersacher der Seele e soprattutto a
Nicolai Hartmann con il Problema dell’essere spirituale. Ad esempio, Eduard
Spranger, distingue più tipi spirituali, come l’uomo estetico, teorico,
sociale, religioso secondo la vocazione naturale verso un certo valore.
Dalle ricerche di Spranger risulta che in modo naturale la coscienza
assiologica è limitata. Lui parla dell’angustia della coscienza assiologia, nel
senso che cadauno di noi non può contenere in modo idoneo solamente
un solo valore, mentre per gli altri ci manca la sensibilità.

1 Alfred Rosenberg, Letzte Aufzeichungen. Ideale und Idole der nazionalsozialistichen Revolution,
Plesse Verlag, Gottingen, 1955, p. 255.
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Accanto a queste limitazioni naturali della coscienza assiologia ci


sono vere malattie assiologiche. Cosi come il corpo e lo psichico hanno
le proprie malattie, ci sono malattie dello spirito umano, malattie che uno
può vincere o che, al contrario, ti possono schiacciare, malattie spirituali
curabili o incurabili. Come quelle del corpo e dell’anima, alcune malattie
dello spirito possono essere evitate.
Il filosofo rumeno, Constantin Noica ha scritto un lavoro
interessantissimo, tradotto anche in italiano, intitolato Sei malattie dello
spirito contemporaneo in cui vengono diagnosticate, come indica anche il
titolo, le carenze di quello che gli autori tedeschi, sin da Hegel, hanno
chiamato spirito obbiettivo, cioè lo spirito di un’epoca oppure lo spirito
di un popolo. L’autore romeno diagnostica, ad esempio, "la carenza
dell'individuale" che determina il bisogno di ritrovare la propria
particolarità realtà terrena. Don Quichote, Faust, Zarathustra illustrano il
tormento di non poter agire in accordo con il proprio pensiero. Ci sono,
secondo Constantin Noica, malattie dello spirito nonché le malattie della
lucidità o la malattia del non-atto. Il filosofo romeno si riferisce dunque
alle malattie ontologiche dello spirito.
Io mi riferirò pero alle malattie assiologiche dello spirito
personale, più precisamente a tre di esse. Di quanto ne so io, non ha più
usato l’espressione malattia assiologica, e perciò mi sento obbligato a fare
alcune precisazioni. La coscienza assiologia che più autori hanno
profondamente studiato, tra i cui il francese Louis Lavelle non è una
semplice finzione. Essa rappresenta quella parte del nostro essere
spirituale che istituisce valori, che formula giudizi di valore, che accetta
certi valori e ne respinge gli altri. Ma questa coscienza assiologica può
essere affetta da gravi malattie specifiche. Nell’ambito di questa
conferenza mi limiterò principalmente, in breve, al fallimento assiologico
della vita, poi l’accecamento assiologico e finalmente la tirannia dei
valori.
In Romania, come anche qui, in Italia, probabilmente, quando
uno sente per la prima volta dalla tirannia dei valori, uno si domanda se
non fosse uno sbaglio, un’azione fallita, nel senso di Freud, se non si
trattasse infatti della tirannia dei nonvalori. In tutte le epoche i non
valori sono stati quelli che hanno esercitato una vera tirannia sui valori,
rispettivamente sugli uomini che li hanno impersonati. Pero non si tratta
di un errore. Certamente che i non valori hanno sempre terrorizzato il
genio, cosi come accade oggi, ma questo, da punto di vista assiologico è
normale siccome ci tiene all’essenza del valore di procedere cosi. Ma i
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valori positivi, cioè la verità, il bene, il bello, il sacro, la lealtà, l’amore ecc
esercitano in certi circostanze una terribile tirannia. E appunto questo
che sembra anormale e non solo che sembra cosi, ma anzi si tratta di
un'anomalia. Perciò dico che la tirannia dei valori, di cui parlerò nella
parte ultima di questa conferenza, è una malattia assiologica dello spirito.
È normale che il male ti tormenti, che la bruttezza ti spaventi, che l’odio
ti spaventi. Ma allora quando il bene, la bellezza, l’amore, la lealtà, il
sacro e tutti gli altri valori positivi cominciano a tiranneggiarti è qualcosa
di normale, si tratta di una grave malattia dello spirito che Nicolai
Hartmann e altri autori tedeschi hanno chiamato la tirannia dei valori.
Adesso descriverò “i sintomi” di queste malattie dello spirito che
ho chiamato malattie assiologiche.
Il fallimento assiologico della vita è una tale malattia assiologica il cui
sintomo principale è il sentimento della perdita totale e definitiva del
senso della vita. "Uno dei problemi di cui la filosofia si è sempre
preoccupata è quello del senso della vita”2. Il semplice mettere di tale
problema presuppone angoscia, una dlusione, un sintomo della perdita
della fiducia nel valore della vita.
Tanto tempo quanto esiste fede nella divinità, la risposta alla
domanda relativa al senso della vita è sottointeso, pero in mancanza di
una fede religiosa forte, la coscienza fa in modo esplicito tale domanda.
La risposta può avere tra le più gravi conseguenze perché nessuno non
potrebbe vivere una vita che non ha nessun senso.
Il senso della vita non è intelligibile in sé. Quale problema
filosofico, esso appare in periodi di crisi spirituali, quando avviene un
divorzio tra l’individuo e la realtà dintorno, oppure tra il sistema
tradizionale di valori e la finalità della società di una certa epoca. Allora
quando sparisce lo spirito che una volta l'ha influita, quando gli indici del
valore non vengono mantenuti eccetto tramite l’inerzia della tradizione,
non per un’attività creatrice originale avvengono le grandi crisi spirituali,
in cui non solo l’insieme sociale ma anche l’anima dell’individuo è
sconvolta. In tali momenti, il problema del senso della vita diventa
fondamentale.
Ad esempio, alla crisi spirituale rappresentata nell’antichità dai
sofisti si è risposto con le Idee di Platone, Idee che avevano,
principalmente una funzione che dava senso. Partecipando alle Idee,
orientandosi verso le stesse, le cose del mondo sensibili acquistano

2 Manuel Bremer, Der Sinn des Lebens. Ein Beitrag zur analytischenReligionsphilosophie, Hansel-

Hohenhausen Verlag, Egelsbach / Frankurt am Main / Munchen, 2002, p. 9.


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senso. Il fatto che l’uomo, quale essere concreto, vivente non realizza ma
parzialmente l’ideale umano a cui partecipa è piuttosto un guadagno,
perché non cessa mai di conferirsi senso, mirando alla perfezione.
È facile di osservare che la maggioranza delle Idee di Platone sono
quello che il mondo moderno disegnerà quali valori: il bene, il bello,
l’amore, l’amicizia ecc.
L’intero senso del mondo è legato ai valori. Esso consiste
essenzialmente del rapportare ai valori, nella realizzazione dei valori,
nell’intuizione e nella creazione dei valori, considerati i valori spirituali.
“Qualcosa ha senso perché serve alla realizzazione di un valore”.3 Mirare
al Bene, alla Verità, al Bello significa avere un senso. “ Il dare del senso
che interviene nella vita umana tramite il valore estetico non consiste,
infatti di nient’altro che del sentimento convincente di trovarsi di fronte
a qualcosa di valore assolutamente proprio – a qualcosa, per l’amor di cui
vallerebbe vivere, indipendentemente di come si trova altrimenti nella
vita. Questo non è poco, in quanto non si tratta di alcun interesse pratico
verso il bello, di alcun vantaggio ma solo del piacere disinteressato verso
l’oggetto; o anzi, si tratta del piacere di vivere in un mondo in cui ci sono
delle splendide cose”, afferma Nicolai Hartmann.
Allora quando la coscienza assiologica ricettrice è
insufficientemente coltivata o quand’è pervertita, perverte anche i valori
che contiene. L’atteggiamento del pseudovalore è un gran pericolo,
perché cosi l’uomo perde non solo il senso ma s’inoltra nella mancanza
di senso della sua vita, abbrutisce, cessa d’essere uomo, cade nella
disperazione, si suicide o ammazza. Un uomo che non ha una coscienza
assiologica giusta è cosi un gran pericolo, in quanto la mancanza di senso
della sua vita trasmette nel mondo, la mancanza di senso.
Tutti i valori spirituali, essendo fini in sé, conferiscono senso
all’esistenza umana, allora quando sono riconosciute come tali, quando lo
spirito dell’uomo si apre verso gli stessi. Determinare il senso della vita
significa indicare i valori supremi a cui l’uomo deve mirare. Egli mira a
realizzare la sua personalità. Cosi come esistono virtualità bio-psichiche
che si sviluppano e raggiungono il compimento, cosi come accade a tutti
gli esseri viventi, ci sono anche potenze spirituali che, a differenza di
quelle naturali, non si attualizzano da sé. Lo spirito non si compie senza
sforzo da parte della persona il cui centro è. Esso può essere comparato
ad una voce interiore che consiglia uno di diventare quello che è, ad
azionare cosicché per mezzo di se stesso si realizzino i valori spirituali.
3 Johannes Hessen, Wertphilosophie, Schoeningh Verlag, Paderborn, 1937, p. 180.
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Di conseguenza, il senso della vita consiste del compimento della


personalità quale centro spirituale, non solo esistenziale. Tale processo è
metaforicamente descritto nella religione quale trasformazione della
carne nello spirito. L’uomo mirando alla realizzazione dei valori spirituali
si realizza se stesso, sentendo quel progresso interiore di fronte a cui la
felicità umana sarebbe inimmaginabile. Al contrario, la trasgressione a
tale fine supremo è sempre accompagnato dalla disperazione, dalla
infelicità, da un sentimento dell’assurdo esistenziale, dal “ghiaccio” , nel
caso in cui la coscienza ha un certo grado di elevazione. L’individuo non
coltivato ed insensibile che darebbe, in qualsiasi momento, tutta la
cultura del mondo in vece di una boccale di birra, non cade, certamente
nell’angoscia esistenziale, pero la gioia della vita si trasforma dentro di lui
nel semplice piacere animalesco.
Allora quando lo spirito non è aiutato a liberarsi dalla materia che
lo mantiene cattivo, diventa se stesso un fattore distruttivo, trasformando
i valori in non-valori. L’uomo, partecipando alla realizzazione dei valori
spirituali, mettendo il suo spirito nelle cose e rianimando opere in cui
sono state oggettivate altre epoche e altre personalità, partecipa allo
stesso tempo ad un processo grandioso, tramite cui il Bene, il Bello
cessano di essere semplici astrazioni ma prende vita. Colui che fa delle
domande su che cosa deve fare perché la vita abbia un senso, gli si
risponde: “Aiuta che il Bene, il Bello, la Verità e il Sacro diventino essere
per mezzo della sua personalità! I valori ti chiamano. Esse hanno
bisogno di realizzarsi per mezzo di te. Sii dunque un realizzatore di
valori, un portatore di valori, un uomo di valore!
I valori ti chiamano! Tuttavia, non tutte lo fanno tanto
fortemente ed insistentemente, non tutte con la stessa domanda
incondizionata!4 “. Non tutti gli uomini sono sufficientemente dotati
dalla natura cosicché possano essere tenuti a creare opere d’arte o teorie
scientifiche e neanche ammirarle oppure capirle. La realizzazione di
questi valori estetici o teorici non può avere mai un carattere imperativo,
pero ciascun uomo ha il potere e l’obbligo di realizzare i valori morali
perché è alla mano di chiunque essere una coscienza nobile, diventare un
personalità morale, diventare prima di tutto un uomo di massimo valore
nel senso etico, cosi come dice Johannes Hessen5. I valori morali
devono essere realizzati incondizionalmente. Perché l’uomo quale uomo
non è…..che il luogo e l’occasione per l’apparizione di valori", dice Max

4 Ibidem, p. 184.
5 Ibidem.
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Scheler; egli è l’unico fattore che dà il senso non solo alla propria vita,
ma all’esistenza in genere.
Specialmente i valori etici sono quelli che esercitano sullo spirito
umano una costante e nobile tirannia a cui Immanuel Kant ha dato una
denominazione famosa: l’imperativo categorico.
I valori materiali non sono in grado di conferire un senso alla
vita. Da prospettiva assiologica, esse non possono essere mai fini in sé,
ma solo mezzi. Un gran economista diceva che nella società orientata
solo verso lo sviluppo economico, tutto avviene come se il Santo Pietro,
per decidere l’invio di un’anima verso il paradiso o verso l’inferno,
facesse una sola domanda: che cosa hai fatto sulla terra per far aumentare il
prodotto interno lordo?6
I valori economici hanno il proprio ruolo nell’architettura della
felicità umana solamente come mezzi per la realizzazione dei valori
spirituali. Quando i mezzi sono perseguiti per loro stessi, quando sono
presi quali fini assoluti avviene il processo di alienazione. Non è
necessario recarsi a ricerche erudite per accorgerti che la ricchezza e la
felicità non hanno sempre mai trovato il loro luogo nella vita di uno e lo
stesso uomo. I valori materiali mancati i fini più alti che li servano
aumentano il non-senso della vita. "Nel terzo mondo”, dice Roger
Garaudy “gli uomini muoiono mancati i mezzi, nei paesi occidentali a
causa della mancanza dei fini".7 Vi si tratta di fini sublimi, di valori spirituali
che danno senso.
Da prospettiva assiologica, il principio, “lo scopo scusa i mezzi”
è assolutamente sbagliato, perché i valori superiori che sono fini supremi
dell’umanità non possono essere raggiunti per mezzi inadatti. Quando si
usano mezzi incompatibili ai fini, il raggiungimento di quest’ultimi è
solamente apparente. I fini supremi della Rivoluzione Francese – la
liberta, l’ugualianza, la fraternità – sono stati raggiunti in seguito ad un
bagno di sangue ed è appunto perché sono stati loro stessi compromisi.
L’idillio pre-rivoluzionario è finito con la ghigliottina. Allo stesso tempo,
i mezzi più sanguinosi sono stati utilizzati per raggiungere i fini superiori
del cristianesimo, a causa di cui il cristianesimo ha perso. ”I mezzi – dice
Beardiev – occupano nella vita dell’uomo un luogo maggiore che i fini,

6 Roger Garaudy, Der Sim des Lebens und der Dialog der Kulturenel vol. Geist und Natur, Uber
den Widerspruch zwischen naturwissenschaftlicher Erkenntnis und philosophischer Welterfahrung,
Hrsg, Hand-Peter Durr / Walter Ch. Zimmerli, Scherz Verlag, bern/Munchen/Wien,
1989, p. 369.
7 Ibidem, p. 369.
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che possono diventare più e più astratti. Se si parte dai valori qualitativi, i
fini devono essere realizzati via mezzi riconosciuti loro stessi come
essendo tali valori. Il fatto terribile nella vita umana è che il bene si
realizza per mezzo del male, la verità per mezzo della bugia, la bellezza
per mezzo della bruttezza, la liberta per mezzo della costrizione. Per
raggiungere buoni fini sono stati operati orribili azioni”8. Il senso della
vita è un problema per ciascun uomo, non solo per i filosofi. E se
qualcuno desiderasse sapere, tuttavia, che cos’è il senso della vita, la
filosofia lo aiuterebbe troppo poco, salvo qualche spiegazione di ordine
generale, malgrado i cento lavori pubblicati su questo tema. Quando si
tratta del senso o del non-senso della vita parliamo sempre di situazioni
esistenziali tra i più diversi. Forse più che qualsiasi altro concetto, il senso
della vita deve essere vissuto, intuito esso stesso. Invece di qualsiasi
definizione del senso della vita, Jospeh Bochenski descrive una
situazione esistenziale che possiamo osservare ogni giorno, chiunque di
noi. Un valore, la salute, ad esempio è apprezzato davvero solo dopo di
averlo perso. Questa banalità tragica è valida anche per il senso della vita.
Quelli che non sono almeno minacciati della perdita di esso, non hanno
la più vaga idea su di esso, non può essere mai un oggetto di riflessione.
“Chi ha idee sul senso della vita deve aver vissuto già una crisi di senso;
altrimenti non saprebbe di che cosa si tratta”9. Quello che è il senso della
vita e quanto importante è per noi, scopriamo appena quando è
avvenuto il fallimento assiologico del nostro essere, quando il senso è
sparito. Bochenski ci propone di immaginarci come ha incontrato un suo
ex studente e amico che era giovane, sano, intelligente, che aveva
compilato un’eccellente tesi di dottorato di ricerca. E soprattutto era
ricco e quando compariva le ragazze drizzavano i loro sguardi verso di
lui. Guardato al fuori della sua vita, non si può dire di tale uomo solo che
il medesimo dev’essere felice. Un giorno in un bar ha rincontrato quest’
uomo che era irriconoscibile, anche se niente dai suoi dati esistenziali
non aveva cambiato: "Sembrava degno di compassione,…da punto di
vista fisico era una rovina. L’ho domandato: che cosa era successo?

8 Nikolai Berdaiev, Împărăţia spiritului şi împărăţia cezarului, Editura „Amarcord”,


Timişoara, 1994, p. 115.
9 Paul Tiedemann, Über den Sinn des Lebens. Die perspektivische Lebensform,

Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt, 1993, p. 4.


56 Le malattie assiologiche dello spirito

Risposta: La mia vita non ha nessun senso!- Perché? Problemi d’amore?-


Non solo. Tutto e semplicemente senza senso”10.
Chiunque può vedere al dintorno tali rovine ravvivate e allo
stesso tempo, chiunque può diventare all’improvviso una tale rovina,
nonostante la prosperità materiale. Mancata la fede decisa in certi valori
che conferiscono senso all’esistenza, nient’altro non ha senso. Tutti gli
altri valori perdono la validità o s’iscrivono su una traiettoria assurda.
Quando abbiamo perso il senso della vita, il fallimento assiologico della
nostra vita è inevitabile. Certo che, in un tale contesto, si fa la domanda
che dev’essere fatto per ritrovare il senso della vita. I filosofi sono di
meno in grado di dare una risposta idonea, poiché qualsiasi
teorezzazione sul senso è mancata di senso “Il problema del senso della
vita è uno individuale al più alto livello, una personale, privata "11.
Nessuno sa e nessuno può sapere nulla sul senso della vita di un
individuo che l’individuo stesso. In tedesco e in modo simile in francese,
rumeno, italiano o altre lingue europee, lo stesso termine disegna tanto il
senso quanto il senso nel sintagma, il senso della vita. Il termine ha allo
stesso tempo una certa dinamica. Esso indica una direzione. Non si dice
di una persona dentro l'anima di cui è avvenuto un sconvolgimento dei
valori che è disorientata? Quando questo disorientamento supera un certo
limite – e questo limite sarebbe la sfiducia in qualsiasi valore che
potrebbe conferire un minimo di senso all’esistenza – accade quello che
abbiamo chiamato il fallimento assiologico della vita. Le vittime di questa
malattia assiologica sono quelli che Chateaubriand, nelle Memorie
d’oltretomba chiamava rovine ravvivate.
La seconda malattia assiologica a cui desidererei riferirmi è quella
che alcuni autori tedeschi, con importanti contribuzioni nell’assiologia,
come Nicolai Hartmann, Johannes Hessen, Max Scheler, Eduard
Spranger, Dietrich von Hildebrand o Carl Schmitt chiamano
Wertblindheit, o in italiano, accecamento assiologico. Cosi come l’accecamento
è una malattia del corpo, l’accecamento assiologico è una malattia dello
spirito. Quest’accecamento assiologico si trova alla base di tutti i
fanatismi che hanno insanguinato la storia, fanatismo che hanno preso e
prendono vita allora quando un valore, anche un altissimo valore,
s’impadronisce di una personalità che altrimenti l’acceca. Chi non sa che
l’amore è cieco, ma succede in modo simile con quelli che eccellano in odio,

10 Joseph M. Bochénski, Über den Sinn des Lebens und über die Philosophie. Aufsätze, Herder
Verlag, Freiburg im Bresgau, 1987, p. 21.
11 Ibidem, p. 22.
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invidia e rancore. Allora quando un solo valore accaparra la personalità


in una misura impressionante, la stessa diventa insensibile agli altri valori
dall’universo assiologico.
Tale essere “posseduto” dal valore diventa nel nome dello stesso
tirannico. Questo non solo ignora tutto il resto dello spettro assiologico,
ma diventa la vittima dell’accecamento assiologico. D’altronde, è facile
osservare che il mondo è stato buttato nel caos dai fanatici dell’ordine,
che i fanatici della libertà hanno ghigliottinato senza rimorsi mille
persone, o che i maestri dell’odio, come sono chiamati da Emil Cioran i
cristiani degli inizi del cristianesimo, sono stati i fanatici del principio
dell’”amare il prossimo come se stesso”.
“Accecato” dallo splendore d’un solo valore, il fanatico non vede
niente’altro e non può capire che esistono anche altri punti di vista, dalla
cui prospettiva l’orizzonte assiologico appare in tutt’altra luce. La Fayette
è un esempio d’accecamento assiologico, descritto in modo ammirevole
da Chateaubriand: “Signor La Fayette non aveva che una sola idea e,
fortunatamente, è stata l’idea del secolo; la fissità di quest’idea ha
costruito il suo impero; gli serviva di protezione per gli occhi, gli
impediva di guardare a destra o a sinistra; camminava con passi decisi in
un’unica direzione, andava avanti senza cadere nei precipizi e questo non
perché li avrebbe visti, ma perché non li vedeva; l’accecamento teneva luogo
di genio: tutto quello ch’è fisso è fatale, e tutto quello ch’è fatale è
forte.”12
Il fanatismo, in ogni modo che si manifesterebbe, non è altro che
una forma d’accecamento assiologico. In fatti è un’esperienza comune di non
poter più scorgere, in senso metaforico, alcune cose per una luce troppo
forte. Adolf Hitler si comparava sempre con il Grande Friedrich,
essendo tanto accecato dalla volontà del potere da rimanere impassibile al
dramma della città di Berlino in rovina durante gli ultimi giorni del Terzo
Reich. “E ammirabile vedere il Führer” – scriveva Goebbels –
“continuando senza fatica di avere fiducia nella sua buona stella. Si ha a
volte l’impressione che vive tra le nuvole. Ma è sceso già tante volte dalle
sue nuvole quale un Deux ex machina”13 In fatti abbiamo da fare con due
accecati assiolgici: Hitler è accecato dalla volontà di potere, mentre
Goebbels è accecato da Adolfo Hitler, dalla fede fanatica nei suoi poteri
miracolosi.

12 René de Chateaubriand, Memorii de dincolo de mormânt (Memorie d’oltretomba), ed. cit.,


p. 505.
13 Joseph Goebbels, Jurnal, Editura Elit, Bucureşti, 1998, p. 331.
58 Le malattie assiologiche dello spirito

Nella sua monumentale Etnik, Nicolai Hartmann stabilisce il


contenuto del concetto d’accecamento assiologico (Wertblindheit) a partire dal
carattere intuitivo dei valori. “Il sentimento di valore (das Wertgefühl) non
è meno oggettivo dell’intuito matematico. Solo che il suo oggetto è più
avvolto dal carattere emozionale dell’atto dell’intuito.”14 L’incapacità del
sentimento di valori di contenere una tale area dell’orizzonte assiologico è
chiamata da Hartmann l’accecamento assiologico (Werblindheit). Da dove
proviene una tale deficienza? Può essere una malattia assiologica naturale,
nel senso che grazie alla sua indole, un tale individuo non può ricoprire
che un’area ristretta del mondo dei valori, cosi come l’ha dimostrato
Eduard Spranger in Lebensformen, oppure può essere una malattia culturale
dello spirito, nel senso che l’accecamento assiologico è provocato da
un’educazione difettosa, è indotta da una certa ideologia, è inculcata da
un certo tipo di civiltà. Nel primo caso si tratta in termini psicologici dal
mancato talento di contenere certe classi di valori, nel secondo caso di
una selezione assiologia determinata dai fattori esterni dell’individuo.
“C’è una maturazione individuale della facoltà assiologica (Wertorgan)
nell’individuo e una maturazione storica della facoltà assiologica
nell’umanità.”15 Ma anche quando queste due facoltà raggiungono il
colmo della loro evoluzione, “è sicuro che noi non copriamo che
segmenti limitati dell’impero dei valori e siamo ciechi dal punto di vista
assiologico (wertblind) per tutto il suo resto.” 16
Lungo la storia, la coscienza assiologica cambia di direzione,
contiene sempre altri segmenti dell’universo assiologico, non escludendo
il ritorno alle zone abbandonate ad un certo momento. Cosi si spiega
perché opere che sono state ammirate dai contemporanei in quanto
rappresentazioni dei più alti valori sono state poi dimenticate o trattate
con indifferenza, per essere poi, ad un certo momento subito riscoperte
e considerate in una nuova luce. Per Nicolai Hartmann il cambiamento
dei punti di riferimento per la valutazione non è lo stesso con Umwertung
aller Werte il rovescio nietzscheano di tutti i valori, ma si tratta del
cambiamento e riorientamento della vita umana. Quindi, “il valore non è
variabile, ma piuttosto la prospettiva (Wertblick) sullo stesso.” 17 Non ci
sono i valori che spariscono quando si sente il mancato senso della
nostra vita, ma noi siamo ciechi o accecati dal punto di vista assiologico.

14 Nicolai Hartmann, Ethik, Walter de Gruyter Verlang, Berlin, 1962, p. 157.


15 Ibidem, p. 158.
16 Ibidem.
17 Ibidem.
Nicolae RÂMBU 59

Questa tragedia è comparata da Nicolai Hartmann a quella dell’affamato


che si trova di fronte ad una tavola piena, ma non tocca niente perché
non vede niente.
Le malattie assiologiche naturali non hanno rimedio e nemmeno si
possono chiamare così perché di questo punto di vista ce ne soffriamo
tutti. Tali malattie spirituali sono considerate normali. L’insensibilità ad
alcuni valori è inerente all’indole umana. Non può essere sostituita da
pratiche razionali. Uno che manca di capacità d’intuire un certo tipo di
valori, si troverà di fronte agli stessi come il cieco di fronte alla più bella
pittura o meglio come quello che sente benissimo ma non può capire
niente di un capolavoro di musica. Nessuno può coprire in maniera
adatta tutto lo spettro di valori. Siamo limitati per la natura della nostra
coscienza assiologica. “La storia e l’esperienza della vita ci mostra ad
ogni passo che spesso l’essere umano non è dotato in particolar modo
che per un’area di valori, per un certo tipo di valori. Una sola zona
dell’insieme dei valori gli è più vicina. Un certo tipo di valori costituisce
di solito la linea dominante della sua vita spirituale e della sua esperienza
assiologica.”18 La soluzione per un tale accecamento assiologico è di renderne
la persona consapevole nonché dell’impossibilità di trovarne un rimedio.
Invece le malattie assiologiche determinate dalla cultura e civiltà non sono
incurabili. Dietrich von Hildebrand è quello che ha fatto ricerche
dettagliate su questo fenomeno, soprattutto in ciò che riguarda i suoi
valori etici, nel suo lavoro Sittlichkeit und Werterkenntnis. Prima di tutto si
tratta dell’accecamento assiologico totale, quando manca completamente la
comprensione del bene e del male. Per quello che soffre di una tale malattia
assiologica grave, i valori etici non hanno assolutamente nessun significato.
Quanto grave da punto di vista morale sia il fatto commesso da quello
che soffre di questa malattia dello spirito, lo stesso non avrà nessun
rimorso. Tutta la sfera della moralità è “invisibile” per lui. Tutto quello
che percepisce dal mondo e dalla vita è neutro dal punto di vista morale.
Dalla prospettiva di questo mutilato assiologico tutto è sito aldilà del bene e
del male. “Tali individui considerano i valori morali così come
consideriamo noi un pregiudizio di certe persone.”19 Inoltre possono
farci riferimento con ironia, nel senso più negativo del termine, oppure
reagire nei confronti dei valori morali con odio. E certo però che tali
ammalati dal punto di vista della coscienza assiologica non conoscono né

18 Ibidem, pp. 197-198.


19 Dietrich von Hildebrand, Sittlichkeit und ethische Werterkenntnis, Eine Untersuchung über
ethische Strukturprobleme, Patris Verlag, Vallendar-Schönstatt, 1982, p. 77.
60 Le malattie assiologiche dello spirito

l’entusiasmo nei confronti dei valori morali né lo sdegno nei confronti


della mancata moralità.
L’esempio fatto da Hildebrand per illustrare un tale tipo umano è
Don Juan. Lo stesso si trova senza dubbio, aldilà del bene e del male,
completamente indifferente ai valori morali. Gli individui che
consideriamo “senza scrupoli” sono in realtà afflitti da questa grave
malattia assiologica. “Si tratta delle persone che sono completamente cieche
per tutto l’aspetto morale del mondo, per le quali i concetti del bene e del
male sono quasi così vuoti come le nozioni di rosso e verde per i ciecchi.”20
Ma c’è qualcosa anche di più grave dell’indifferenza totale nei confronti
dei valori morali: si tratta dell’avversione effusiva nei loro confronti.
Figure tali Jago dell’Othello di Shakespeare, Rakitin dei Fratelli Karamazov
di Dostoievski o anche il biblico Caino risentono una profonda
avversione nei confronti dei valori etici. Il personaggio-modello di questa
categoria è il tipo diabolico.
Si manifesta poi, secondo Dietrich von Hildebrand, l’accecamento
assiologico parziale quando una persona manifesta comprensione per il
valore fondamentale del bene, anche se non una troppo profonda,
nonché nei confronti di certi valori come sarebbe la giustizia, la fiducia,
etc., invece valori come sarebbe l’amore o la bontà non sono contenuti
nel sentimento di valori di questa persona. “Quanto alto sia sito un
valore, o una virtù, tanto spesso s’incontra l’accecamento nei suoi confronti.
Cosi ci sono più persone cieche all’amore puro, allo spirito di sacrificio ascetico,
di persone mancate di comprensione in ciò che riguarda la giustizia, la
fedeltà, la solidarietà.”21 Un’angustia di spirito come l’incapacità di percepire
i valori estetici è un punto di partenza dell’essere spirituale della persona,
una costituzione che non può essere cambiata in modo essenziale. Il
mancato talento per la musica o la poesia non costituisce una colpa. Ma
quando si tratta dei valori morali, “l’accecamento”, secondo Dietrich von
Hildebrand, è finalmente imputabile alla persona. Se non, per ogni
crimine potrebbe essere invocata la deficienza nativa dell’intuito dei
valori per eludere il problema della responsabilità.
L’accecamento assiologico parziale danneggia il senso dei valori
per un’intera modalità della virtù o per un’intera classe di valori morali.22
Incontriamo spesse persone, dice Dietrich von Hildebrand, che non

20 Ibidem, p. 44.
21Dietrich von Hildebrand, Sittlichkeit und ethische Werterkenntnis, Eine Untersuchung über
ethische Strukturprobleme, Patris Verlag, Vallendar-Schönstatt, 1982, p. 42.
22 Ibidem, p. 69.
Nicolae RÂMBU 61

vedono certi valori, ma questo non risulta di una passione passeggera o


da alcuni interessi congiunturali. Si tratta quindi di un accecamento nei
confronti di un valore o di una classe di valori, e non nei confronti di un
loro portatore, come accade nel caso di un accecamento subordinato, ma non
per quello della sua rivale in amore.
Terzo, l’accecamento assiologico prende la forma di quello che
Hildebrand chiama Subsumptionsblindheit (l’accecamento subordinato). Si tratta
per esempio di quella persona sensibile ad un valore come per esempio la
verità (nel senso morale del termine), ma incapace di capire che la bugia
convenzionale o necessaria in una tale situazione significa sempre
allentamento dalla verità.”23 Quello che è afflitto di questa malattia
assiologica ammette in principio i valori e le norme morali vigenti, ma
subito dopo aver violato uno solo di questi valori, diventa “cieco” nei
suoi confronti o nei confronti degli altri. Cosi accade per esempio nel
caso della guardia di Riccardo il terzo di Shakespeare quando omette il fatto
che il documento presentato da uno degli assassini potrebbe essere
sbagliato, permettendogli l’accesso a Clarence:
“Mi si comanda qui di consegnare nelle vostre mani il nobile
duca di Clarence. Non voglio discutere quel che ciò significhi, perché
voglio essere senza colpa nel significato”24
L’esempio classico d’accecamento assiologico subordinato è quello del
ré biblico Davide, che ammette i suoi peccati o quello che si
chiamerebbe oggi smarrimento assiologico, solo quando glieli sono presentati
nello specchio di una storia aliena della sua. Per esempio Natan è andato
dal ré e gli ha raccontato come era venuto in una fortezza in cui
abitavano due persone, una ricca e una molto povera, un passeggero
affamato che aveva chiesto qualcosa da mangiare. Il ricco l’ha rifiutato,
ha trovato invece comprensione dal povero. In testo bibbico racconta
poi come, dopo aver sentito questa storia, “Allora l’ira di Davide si
scatenò contro quell’uomo e disse a Natan: “Per la vita del Signore, chi
ha fatto questo merita la morte.” (2. Samuele, 11, 12) “Allora Natan disse
a Davide: “Tu sei quell’uomo!”.
E noto il fatto che il senso dei valori è danneggiato quando i
nostri interessi sono di mezzo. Uno perde d’un tratto il senso di giustizia
quando fa lui stesso un’ingiustizia o quando è nel suo interesse di non vedere
l’ingiustizia commessa da un altro. In tale situazione, fa la precisione

23Ibidem, pp. 44-45.


24 William Shakespeare, Riccardo il terzo, traduzione in rumeno da Dan Duţescu nel
volume: Opere complete, I, Casa editrice Univers di Bucarest, 1982, pp. 500-501.
62 Le malattie assiologiche dello spirito

Dietrich von Hildebrand, non si tratta dell’impossibilità di contenere un


certo tipo di valori, ma di un accecamento assiologico nei confronti di un
certo valore in una situazione determinata.
La terzza malattia assiologica a cui desidererei riferirimi è la
tirannia dei valori.
Hanno detto che la natura aveva orrore del vuoto. Però non è la
natura ma lo spirito quello che ha orrore del vuoto. Quando certi valori
cadono in dissuetudine, altri valori si affretteranno a riempire il vuoto
creato. I valori non ci lasciano mai indifferenti. Loro cercano di
realizzarsi per mezzo del nostro essere, come diceva Johannes Hessen.
Abbiamo certo la libertà di rifiutarli, ma questo significa di accettarne
altri, forse quelli che, in una prospettiva più adatta, sarebbero non valori.
Tranne ad alcuni criteri generalissimi di selezione, l’assiologia non può
offrire nessun aiuto a quello la cui anima è diventata campo di lotta per i
diversi valori. Max Scheler e Nicolai Hartmann hanno cercato
d’allontanare il soggettivismo delle valutazioni e di costruire, ognuno a
modo suo, una filosofia dei valori, oggettiva. Ma i valori, quanto corretto
sia il modo della loro gerarchia dal punto di vista teorico, sono sempre
validi per una certa persona e in un certo contesto.
Carl Schmitt, in Die Tyrannei der Werte (Tirannia dei valori) parla di
un Angriffspunkt (punto d’ataco) presente in ogni processo di valutazione, di
valorizzazione e di realizzazione dei valori. Se qualcosa ha o non ha
valore e il suo livello si può determinare solo da un certo punto di vista
(Gesichtspunkt).25 E per questo che Carl Schmitt afferma che la filosofia
dei valori può essere chiamata Punkt-Philosophie, nel senso che la
prospettiva inerente ad ogni ideologia, è sempre relativa in ciò che
riguarda lo spostamento in un certo punto: Gesichtpunkt, Standpunkt,
Blickpunkt, Augenpunkt. Un tale Punkt, afferma Carl Schmitt, non è né
categoria, né idea, né principio, né premessa.
La gerarchia dei valori cambia insieme al “punto” da cui questi
sono guardati. E evidente che, dal punto di vista teorico, i valori spirituali
sono superiori a quelli materiali, ma chi potrebbe rimproverare ad uno
smarrito nel deserto d’ apprezzare di più una goccia d’acqua di tutta
l’opera di Picasso o d’Immanuel Kant? Nel sistema dei valori né il sacro
né la divinità occupano la posizione suprema che solo di una certa
prospettiva. Il relativismo dei valori è evidente nelle grandi transizioni
della storia. E facile osservare che all’Est dell’Europa certi valori “sacri”
prima del 1989 non significano più niente oggi, hanno diminuito la loro
25 Carl Schmitt, op. cit., p. 33.
Nicolae RÂMBU 63

importanza oppure sono diventati addirittura dei non valori. La famosa


formula di Friedrich Nietzsche Umwertung aller Werte (Il rovescio di tutti i
valori) esprime perfettamente ciò Carl Schmitt designava quale eine Punkt
– Philosophie. Gli eroi di una rivoluzione per esempio avrebbero potevano
essere considerati quali criminali, se il vecchio regime politico avesse
resistito e si fosse mantenuto al potere. In una pagina di Giornale di
Goebbels, datata l’11 marzo 1945, Churchil e Roosevelt sono chiamati
“criminali di guerra”.
Il fatto che ogni valutazione rappresenta una “presa di
posizione”, come afferma Max Weber nel confronto con lo storico
Eduard Meyer26, fa la prova che èsiste un potenziale aggressivo intrinseco
di ogni istituzione di valori. L’attribuzione della validità di certi valori si
fa sempre al detrimento degli altri, di modo che la libertà illimitata di
prendere una certa posizione, un certo punto di vista, significa allo stesso
tempo istallarci in un Angriffspunkt (punto d’attacco). E per questo che il
conflitto tra quelli che hanno prospettive diverse sugli stessi valori è
inevitabile.
Il valore superiore ha tanto il diritto quanto l’obbligo di
rovesciare il valore inferiore. Ma cosa accade quando più valori positivi
entrano in conflitto nell’anima della stessa persona? Carl Schmitt,
prendendo un’espressione di Nicolai Hartmann, parla della tirannia dei
valori. Malgrado le apparenze, non l’uomo controlla i valori, ma i valori lo
controllano. Ogni valore, quando acquista il potere assoluto su una
persona, ha la tendenza di diventare il tiranno di tutto l’ethos, anche
sacrificando altri valori, inclusi quelli che non gli siano diametralmente
opposti. Una tale tirannia dei valori, precisa Hartmann, non è solo teorica,
ma si esercita nell’esperienza assiologica di certe persone e, forse, ad un
livello inferiore, è una costante dello spirito umano. Il fanatismo della
giustizia, espresso dai latini per la formula conosciuta fiat justitia, pereat
mundus (che la giustizia trionfi, anche se il mondo sparisse) è un’espressione della
tirannia dei valori.27
Chi potrebbe negare mai il fatto che l’amore è un valore, anzi uno
dei più grandi? Ma questo valore diventa tirannico, ti rende posseduto,
come da un demonio. L’amore, quando diventa tirannico, uccide. In
1932, in un articolo chiamato Hitler, un autore tedesco afferma che

26 Vedesi Max Weber, Studi critici nel campo delle scienze della cultura, nel volume Teorie e
metodo nelle scienze della cultura, traduzione rumena da Nicolae Râmbu e Johann Klush,
Polirom, Iaşi, 2001, pp. 67-132.
27 Nicolai Hartmann, Etnik, edizione citata, pp. 576-577.
64 Le malattie assiologiche dello spirito

“quest’uomo [Adolf Hitler] era ... un poeta, un artista, un sognatore ...


Hitler non aveva che un solo amore – la Germania. Il giornalista sorriderà
e dirà: Che me ne importa? Ma il popolo capisce e risponde con lo stesso
amore.”28 Ma quest’amore ha prodotto una delle più grandi tragedie
dell’umanità.
Lealtà è anche un valore da non contestare. Ma durante il Terzo
Reich, Albert Speer dice che il termine più spesso incontrato era appunto
la lealtà, un valore che, come tutti gli altri, quando controlla qualcuno lo
rovina. Ma ogni altro valore al quale uno dedica tutta la sua energia e
forza dell’anima diventa tirannica e fa vittime. Qualcuno dice che
dobbiamo ripararci dalla gente di un solo libro, che si trattasse della
Bibbia, del Capitale di Karl Marx, o dell’Origine delle specie di Darwin. Ciò
che dovrebbe diventare una regola di vita, una massima, è la seguente
formula: riparati dalla gente di un solo valore!
I rapporti assiologici dell’uomo con gli altri e con se stesso sono
molto più complessi di quelli esistenziali. Il più spesso, i valori
trasformano l’anima dell’uomo in un campo di battaglia. E non si tratta
solo di un conflitto tra il bene e il male, tra il bello e il brutto, ecc., ma tra
la lealtà e la libertà, tra l’amore e l’onore, ecc. Tali valori, ambedue positivi,
turbano ogni giorno l’anima dell’uomo. Uno dei due dev’essere
sacrificata. E come se dai due figli che uno ama nella stessa misura deve
scegliere uno per mandarlo alla ghigliottina. Se i due valori non fossero
uguali, la scelta non comporterebbe nessun problema, ma quando i due
concorrono nella sua anima, spostandosi allo stesso livello, l’opzione
diventa drammatica.
Nel caso di tutti i valori morali c’è un tratto speciale che Nicolai
Hartmann chiama rigorismo e che può andare fino al fanatismo. “Subito
dopo aver acquistato il potere nei confronti di una persona, ogni valore
ha la tendenza di posarsi a tiranno di tutto l’ethos, sacrificando altri valori,
anche quelli che non gli sono concretamente opposti.
Questa tendenza non è tuttavia inerente ai valori come tali nella
sfera della loro esistenza ideale, ma quali poteri determinanti… nel
sentimento del valore dell’uomo; essa è una tendenza di allontanamento
(Verdrangung) di altri valori dal sentimento del valore (Wertgefuhl). Una tale
tirannia dei valori si manifesta già chiaramente nei tempi unilaterali della
morale vigente, nella conosciuta intolleranza dell’uomo… verso la

28 Lionel Richard, Nazisme et literature, Maspero, Paris, 1971, p. 165.


Nicolae RÂMBU 65

morale estranea. Esiste cosi un fanatismo della giustizia (fiat justitia pereat
mundus)”29.
Tutti i valori superiori, precisa Hartmann, hanno una tale
tendenza di diventare tirannici e di allontanare tutti gli altri. “Ama il tuo
prossimo come te stesso!” Di là da qualsiasi dogma o dottrina religiosa,
chi potrebbe dubitare del fatto che l’amore del prossimo è un valore
superiore? Qualsiasi coscienza, nella misura in cui non è influita da
alcuna malattia assiologica grave, acquisirebbe, senza riserva, un tale
principio assiologico. Solo che “esiste un fanatismo dell’amore del
prossimo che può andare fino alla rinuncia del se e fino
all’autoflagellamento”30.
Invece di definire la furbizia assiologica, per mezzo di cui
s’istituisce gradualmente la tirannia dei valori, preferisco ad esemplificarla
tramite un’eccezionale immagine che anche Hegel usa, da un lavoro di
Diderot. Si tratta del modo in cui i valori cristiani superano quelli
indigeni: “Il dio straniero si pone sull’altare al lato dell’idolo nazionale; a
poco a poco vi si afferma; un bel giorno dà una gomitata al vicino, e
patatrae, ecco l’idolo caduto”31.
Esiste inoltre un fanatismo della lealtà, anche uno della verità, per
non parlare più del fanatismo dell’ugualianza, della libertà e della fraternità, il
simbolo di cui è diventata la ghigliottina. Una tale tirannia dei valori si
manifesta, ad esempio, nel caso di quelli che sono in grado di rovinare il
paese, di sacrificare la propria famiglia, gli amici, di gettare nel caos il
mondo intero per un principio a cui non vorranno in alcun modo
trasgredire, principio che li fanno ciechi a qualsiasi accecamento
assiologico derivante da esso.
Anche un valore che sembra cosi “pacifico” come la modestia ha
un immenso potenziale distruttivo. Nella tendenza di essa di diventare
tirannica, ugualmente agli altri valori, conduce, secondo Nicolai
Hartmann , all’avvilimento di se. Infatti, tutti i valori, nella misura in cui la
fede in essi va sino all’assurdo, diventano pericolosi. Dalle singole cose di
quest’universo che conferiscono senso alla vita, i valori diventano cosi
fonti di non-senso. “La fede cieca rappresenta il più grande rischio
morale”, afferma Nicolai Hartmann. “Si può dire che tutti i valori morali
hanno il loro rovescio – infatti, non in se ma per gli uomini – un limite di

29 Nicolai Hartmann, Ethik, ed.cit., p. 576.


30 Ibidem, p. 577.
31 Denis Diderot, Nepotul lui Rameau, trad. rom. de Gellu Naum, Rao, Bucureşti, 2005,

p. 94.
66 Le malattie assiologiche dello spirito

là da cui la loro dominazione nella coscienza assiologica cessa di valere


qualcosa”32. Hartmann riprende cosi un pensiero di Goethe: "Qualsiasi
grande idea, appena apparsa, aziona tirannicamente; ed è per questo che
gli vantaggi che essa porta si trasformano rapidamente in svantaggi."
Se qualsiasi valore, spiccato da un universo assiologico
armonioso, diventa tirannico, producendo fanatismi distruttori nella vita
dell'individuo, della società e della storia, che cosa si può fare per evitare
tali tragedie? Perché un valore non si trasformi nell’opposto di esso, in
un non-valore, sarebbe necessario di quello che Nicolai Hartman chiama
sintesi assiologiche (Wertsynthesen). La tirannia dei valori non si potrebbe
istituire se non esistesse sempre una messa insieme dei vari valori, una
separazione dei poteri di ciascuno nell’imperio assiologico. In questo
caso, similmente ai poteri nello stato, si sorveglieranno reciprocamente,
si limiteranno le tendenze tiranniche e veglieranno al mantenimento
dell’armonia della coscienza assiologica. Cosi nasce la virtù, che non è un
valore in se, ma appunto una tale sintesi assiologica di alcuni valori tra i più
alti.
Solamente un senso della giustizia che è allo stesso tempo un
senso dell’amore potrebbe rappresentare un ideale. Inoltre, dice Nicolai
Hartmann, solamente l’amore del prossimo che incide anche sul lontano,
o solamente una fierezza che potrebbe essere allo stesso tempo modestia
potranno rappresentare ideali morali. Infatti, dice Hartmann, qualsiasi
valore in se, spiccato dall’universo assiologico è imperfetto. Senza il suo
contrappeso, il valore è minacciato della perdita del suo statuto. L’ideale
può essere solamente una sintesi di tutti i valori morali. Tanto tempo
quanto un valore non è legato organicamente agli altri rappresenta un
potenziale pericolo. Con questa tesi, precisa Nicolai Hartmann, l’etica
ritorna all’idea stoica di un'unita della virtù. Chi manca di una virtù, gli
mancano tutte, dicevano i filosofi stoici.
Oggi in Europa avviene una trasmutazione di tutti i valori. Le
ricerche scientifiche hanno mostrato che, statisticamente parlando, la
maggioranza delle malattie psichiche sono state avvenute nei periodi di
trasformazioni radicali nella società. Le personalità più fragili non si
possono adattare alle nuove realtà. Penso che ugualmente succede anche
con le malattie assiologiche dello spirito. In un’epoca di trasmutazione di
tutti i valori, com’è quella che viviamo noi oggi, siamo predisposti alle
malattie assiologiche. È sufficiente pensare all’accecamento assiologico
che si trova all'origine dei fondamentalismi di vari tipi. Oggi, più che mai,
32 Nicolai Hartmann, Ethik, ed.cit., p. 577.
Nicolae RÂMBU 67

si impone, penso, che il filosofo sia un medico della cultura, forse in un


senso diverso da quello assegnato da Nietzsche nel seguente sintagma:
Der Philosoph....als Arzt der Kultur. Egli potrebbe prescrivere quale rimedio
delle malattie assiologiche appunto questi sintesi assiologiche di cui parlava
Hartmann cosicché siamo in grado di, ad esempio, amare il nostro paese,
pero non tanto che odiare altri paesi, come succede nel caso dei
nazionalismi estremisti, di apprezzare i valori cristiani, pero non tanto
che disprezzare quelli islamici, di essere fieri dalla tradizione cattolica
pero non disprezzare la cultura ortodossa e viceversa. Vivere in un’epoca
della trasmutazione di tutti i valori è per i filosofi un'opportunità
straordinaria: quella di essere buono medici della cultura.

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