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Nicolae RÂMBU
Iassy, ROMANIA
1 Alfred Rosenberg, Letzte Aufzeichungen. Ideale und Idole der nazionalsozialistichen Revolution,
Plesse Verlag, Gottingen, 1955, p. 255.
50 Le malattie assiologiche dello spirito
valori positivi, cioè la verità, il bene, il bello, il sacro, la lealtà, l’amore ecc
esercitano in certi circostanze una terribile tirannia. E appunto questo
che sembra anormale e non solo che sembra cosi, ma anzi si tratta di
un'anomalia. Perciò dico che la tirannia dei valori, di cui parlerò nella
parte ultima di questa conferenza, è una malattia assiologica dello spirito.
È normale che il male ti tormenti, che la bruttezza ti spaventi, che l’odio
ti spaventi. Ma allora quando il bene, la bellezza, l’amore, la lealtà, il
sacro e tutti gli altri valori positivi cominciano a tiranneggiarti è qualcosa
di normale, si tratta di una grave malattia dello spirito che Nicolai
Hartmann e altri autori tedeschi hanno chiamato la tirannia dei valori.
Adesso descriverò “i sintomi” di queste malattie dello spirito che
ho chiamato malattie assiologiche.
Il fallimento assiologico della vita è una tale malattia assiologica il cui
sintomo principale è il sentimento della perdita totale e definitiva del
senso della vita. "Uno dei problemi di cui la filosofia si è sempre
preoccupata è quello del senso della vita”2. Il semplice mettere di tale
problema presuppone angoscia, una dlusione, un sintomo della perdita
della fiducia nel valore della vita.
Tanto tempo quanto esiste fede nella divinità, la risposta alla
domanda relativa al senso della vita è sottointeso, pero in mancanza di
una fede religiosa forte, la coscienza fa in modo esplicito tale domanda.
La risposta può avere tra le più gravi conseguenze perché nessuno non
potrebbe vivere una vita che non ha nessun senso.
Il senso della vita non è intelligibile in sé. Quale problema
filosofico, esso appare in periodi di crisi spirituali, quando avviene un
divorzio tra l’individuo e la realtà dintorno, oppure tra il sistema
tradizionale di valori e la finalità della società di una certa epoca. Allora
quando sparisce lo spirito che una volta l'ha influita, quando gli indici del
valore non vengono mantenuti eccetto tramite l’inerzia della tradizione,
non per un’attività creatrice originale avvengono le grandi crisi spirituali,
in cui non solo l’insieme sociale ma anche l’anima dell’individuo è
sconvolta. In tali momenti, il problema del senso della vita diventa
fondamentale.
Ad esempio, alla crisi spirituale rappresentata nell’antichità dai
sofisti si è risposto con le Idee di Platone, Idee che avevano,
principalmente una funzione che dava senso. Partecipando alle Idee,
orientandosi verso le stesse, le cose del mondo sensibili acquistano
2 Manuel Bremer, Der Sinn des Lebens. Ein Beitrag zur analytischenReligionsphilosophie, Hansel-
senso. Il fatto che l’uomo, quale essere concreto, vivente non realizza ma
parzialmente l’ideale umano a cui partecipa è piuttosto un guadagno,
perché non cessa mai di conferirsi senso, mirando alla perfezione.
È facile di osservare che la maggioranza delle Idee di Platone sono
quello che il mondo moderno disegnerà quali valori: il bene, il bello,
l’amore, l’amicizia ecc.
L’intero senso del mondo è legato ai valori. Esso consiste
essenzialmente del rapportare ai valori, nella realizzazione dei valori,
nell’intuizione e nella creazione dei valori, considerati i valori spirituali.
“Qualcosa ha senso perché serve alla realizzazione di un valore”.3 Mirare
al Bene, alla Verità, al Bello significa avere un senso. “ Il dare del senso
che interviene nella vita umana tramite il valore estetico non consiste,
infatti di nient’altro che del sentimento convincente di trovarsi di fronte
a qualcosa di valore assolutamente proprio – a qualcosa, per l’amor di cui
vallerebbe vivere, indipendentemente di come si trova altrimenti nella
vita. Questo non è poco, in quanto non si tratta di alcun interesse pratico
verso il bello, di alcun vantaggio ma solo del piacere disinteressato verso
l’oggetto; o anzi, si tratta del piacere di vivere in un mondo in cui ci sono
delle splendide cose”, afferma Nicolai Hartmann.
Allora quando la coscienza assiologica ricettrice è
insufficientemente coltivata o quand’è pervertita, perverte anche i valori
che contiene. L’atteggiamento del pseudovalore è un gran pericolo,
perché cosi l’uomo perde non solo il senso ma s’inoltra nella mancanza
di senso della sua vita, abbrutisce, cessa d’essere uomo, cade nella
disperazione, si suicide o ammazza. Un uomo che non ha una coscienza
assiologica giusta è cosi un gran pericolo, in quanto la mancanza di senso
della sua vita trasmette nel mondo, la mancanza di senso.
Tutti i valori spirituali, essendo fini in sé, conferiscono senso
all’esistenza umana, allora quando sono riconosciute come tali, quando lo
spirito dell’uomo si apre verso gli stessi. Determinare il senso della vita
significa indicare i valori supremi a cui l’uomo deve mirare. Egli mira a
realizzare la sua personalità. Cosi come esistono virtualità bio-psichiche
che si sviluppano e raggiungono il compimento, cosi come accade a tutti
gli esseri viventi, ci sono anche potenze spirituali che, a differenza di
quelle naturali, non si attualizzano da sé. Lo spirito non si compie senza
sforzo da parte della persona il cui centro è. Esso può essere comparato
ad una voce interiore che consiglia uno di diventare quello che è, ad
azionare cosicché per mezzo di se stesso si realizzino i valori spirituali.
3 Johannes Hessen, Wertphilosophie, Schoeningh Verlag, Paderborn, 1937, p. 180.
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4 Ibidem, p. 184.
5 Ibidem.
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Scheler; egli è l’unico fattore che dà il senso non solo alla propria vita,
ma all’esistenza in genere.
Specialmente i valori etici sono quelli che esercitano sullo spirito
umano una costante e nobile tirannia a cui Immanuel Kant ha dato una
denominazione famosa: l’imperativo categorico.
I valori materiali non sono in grado di conferire un senso alla
vita. Da prospettiva assiologica, esse non possono essere mai fini in sé,
ma solo mezzi. Un gran economista diceva che nella società orientata
solo verso lo sviluppo economico, tutto avviene come se il Santo Pietro,
per decidere l’invio di un’anima verso il paradiso o verso l’inferno,
facesse una sola domanda: che cosa hai fatto sulla terra per far aumentare il
prodotto interno lordo?6
I valori economici hanno il proprio ruolo nell’architettura della
felicità umana solamente come mezzi per la realizzazione dei valori
spirituali. Quando i mezzi sono perseguiti per loro stessi, quando sono
presi quali fini assoluti avviene il processo di alienazione. Non è
necessario recarsi a ricerche erudite per accorgerti che la ricchezza e la
felicità non hanno sempre mai trovato il loro luogo nella vita di uno e lo
stesso uomo. I valori materiali mancati i fini più alti che li servano
aumentano il non-senso della vita. "Nel terzo mondo”, dice Roger
Garaudy “gli uomini muoiono mancati i mezzi, nei paesi occidentali a
causa della mancanza dei fini".7 Vi si tratta di fini sublimi, di valori spirituali
che danno senso.
Da prospettiva assiologica, il principio, “lo scopo scusa i mezzi”
è assolutamente sbagliato, perché i valori superiori che sono fini supremi
dell’umanità non possono essere raggiunti per mezzi inadatti. Quando si
usano mezzi incompatibili ai fini, il raggiungimento di quest’ultimi è
solamente apparente. I fini supremi della Rivoluzione Francese – la
liberta, l’ugualianza, la fraternità – sono stati raggiunti in seguito ad un
bagno di sangue ed è appunto perché sono stati loro stessi compromisi.
L’idillio pre-rivoluzionario è finito con la ghigliottina. Allo stesso tempo,
i mezzi più sanguinosi sono stati utilizzati per raggiungere i fini superiori
del cristianesimo, a causa di cui il cristianesimo ha perso. ”I mezzi – dice
Beardiev – occupano nella vita dell’uomo un luogo maggiore che i fini,
6 Roger Garaudy, Der Sim des Lebens und der Dialog der Kulturenel vol. Geist und Natur, Uber
den Widerspruch zwischen naturwissenschaftlicher Erkenntnis und philosophischer Welterfahrung,
Hrsg, Hand-Peter Durr / Walter Ch. Zimmerli, Scherz Verlag, bern/Munchen/Wien,
1989, p. 369.
7 Ibidem, p. 369.
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che possono diventare più e più astratti. Se si parte dai valori qualitativi, i
fini devono essere realizzati via mezzi riconosciuti loro stessi come
essendo tali valori. Il fatto terribile nella vita umana è che il bene si
realizza per mezzo del male, la verità per mezzo della bugia, la bellezza
per mezzo della bruttezza, la liberta per mezzo della costrizione. Per
raggiungere buoni fini sono stati operati orribili azioni”8. Il senso della
vita è un problema per ciascun uomo, non solo per i filosofi. E se
qualcuno desiderasse sapere, tuttavia, che cos’è il senso della vita, la
filosofia lo aiuterebbe troppo poco, salvo qualche spiegazione di ordine
generale, malgrado i cento lavori pubblicati su questo tema. Quando si
tratta del senso o del non-senso della vita parliamo sempre di situazioni
esistenziali tra i più diversi. Forse più che qualsiasi altro concetto, il senso
della vita deve essere vissuto, intuito esso stesso. Invece di qualsiasi
definizione del senso della vita, Jospeh Bochenski descrive una
situazione esistenziale che possiamo osservare ogni giorno, chiunque di
noi. Un valore, la salute, ad esempio è apprezzato davvero solo dopo di
averlo perso. Questa banalità tragica è valida anche per il senso della vita.
Quelli che non sono almeno minacciati della perdita di esso, non hanno
la più vaga idea su di esso, non può essere mai un oggetto di riflessione.
“Chi ha idee sul senso della vita deve aver vissuto già una crisi di senso;
altrimenti non saprebbe di che cosa si tratta”9. Quello che è il senso della
vita e quanto importante è per noi, scopriamo appena quando è
avvenuto il fallimento assiologico del nostro essere, quando il senso è
sparito. Bochenski ci propone di immaginarci come ha incontrato un suo
ex studente e amico che era giovane, sano, intelligente, che aveva
compilato un’eccellente tesi di dottorato di ricerca. E soprattutto era
ricco e quando compariva le ragazze drizzavano i loro sguardi verso di
lui. Guardato al fuori della sua vita, non si può dire di tale uomo solo che
il medesimo dev’essere felice. Un giorno in un bar ha rincontrato quest’
uomo che era irriconoscibile, anche se niente dai suoi dati esistenziali
non aveva cambiato: "Sembrava degno di compassione,…da punto di
vista fisico era una rovina. L’ho domandato: che cosa era successo?
10 Joseph M. Bochénski, Über den Sinn des Lebens und über die Philosophie. Aufsätze, Herder
Verlag, Freiburg im Bresgau, 1987, p. 21.
11 Ibidem, p. 22.
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20 Ibidem, p. 44.
21Dietrich von Hildebrand, Sittlichkeit und ethische Werterkenntnis, Eine Untersuchung über
ethische Strukturprobleme, Patris Verlag, Vallendar-Schönstatt, 1982, p. 42.
22 Ibidem, p. 69.
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26 Vedesi Max Weber, Studi critici nel campo delle scienze della cultura, nel volume Teorie e
metodo nelle scienze della cultura, traduzione rumena da Nicolae Râmbu e Johann Klush,
Polirom, Iaşi, 2001, pp. 67-132.
27 Nicolai Hartmann, Etnik, edizione citata, pp. 576-577.
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morale estranea. Esiste cosi un fanatismo della giustizia (fiat justitia pereat
mundus)”29.
Tutti i valori superiori, precisa Hartmann, hanno una tale
tendenza di diventare tirannici e di allontanare tutti gli altri. “Ama il tuo
prossimo come te stesso!” Di là da qualsiasi dogma o dottrina religiosa,
chi potrebbe dubitare del fatto che l’amore del prossimo è un valore
superiore? Qualsiasi coscienza, nella misura in cui non è influita da
alcuna malattia assiologica grave, acquisirebbe, senza riserva, un tale
principio assiologico. Solo che “esiste un fanatismo dell’amore del
prossimo che può andare fino alla rinuncia del se e fino
all’autoflagellamento”30.
Invece di definire la furbizia assiologica, per mezzo di cui
s’istituisce gradualmente la tirannia dei valori, preferisco ad esemplificarla
tramite un’eccezionale immagine che anche Hegel usa, da un lavoro di
Diderot. Si tratta del modo in cui i valori cristiani superano quelli
indigeni: “Il dio straniero si pone sull’altare al lato dell’idolo nazionale; a
poco a poco vi si afferma; un bel giorno dà una gomitata al vicino, e
patatrae, ecco l’idolo caduto”31.
Esiste inoltre un fanatismo della lealtà, anche uno della verità, per
non parlare più del fanatismo dell’ugualianza, della libertà e della fraternità, il
simbolo di cui è diventata la ghigliottina. Una tale tirannia dei valori si
manifesta, ad esempio, nel caso di quelli che sono in grado di rovinare il
paese, di sacrificare la propria famiglia, gli amici, di gettare nel caos il
mondo intero per un principio a cui non vorranno in alcun modo
trasgredire, principio che li fanno ciechi a qualsiasi accecamento
assiologico derivante da esso.
Anche un valore che sembra cosi “pacifico” come la modestia ha
un immenso potenziale distruttivo. Nella tendenza di essa di diventare
tirannica, ugualmente agli altri valori, conduce, secondo Nicolai
Hartmann , all’avvilimento di se. Infatti, tutti i valori, nella misura in cui la
fede in essi va sino all’assurdo, diventano pericolosi. Dalle singole cose di
quest’universo che conferiscono senso alla vita, i valori diventano cosi
fonti di non-senso. “La fede cieca rappresenta il più grande rischio
morale”, afferma Nicolai Hartmann. “Si può dire che tutti i valori morali
hanno il loro rovescio – infatti, non in se ma per gli uomini – un limite di
p. 94.
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