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Renato Alterio

NATALE 42
LA TRAGEDIA DELL'ARMIR

E m revne Natale Fratelli nostri, noi vi ricordiamo

PEPPINO PRISCO Peppino Prisco originario di Torre Annunziata, all'et di 18 anni si arruol nel corpo degli alpini e come tale partecip alla campagna di Russia con il grado di tenente del Battaglione "L'Aquila",143 Compagnia, inquadrato nel 9 Reggimento alpini della Divisione Julia. e merit una medaglia d'argento al valore militare. Del suo Reggimento rientrarono in Italia solo 159 alpini e lui fu uno dei soli tre ufficiali superstiti. Laureatosi in giurisprudenza nel nel 1944 si iscrive all'albo degli avvocati. stato sposato con Maria Irene, da cui ha avuto due figli: Luigi Maria e Anna Maria.

Peppino Prisco

Natale 42
Cera Ges, tra noi, nelle trincee presso il Don, noi a tenerci compagnia nel gelo Se no, di che saremmo vissuti, se neppure Lui ci avesse parlato, nel silenzio notturno della steppa? Chi pu vivere soltanto di gelo, di fame, di fuoco? E allora Lui ci sussurrava il nome della mamma, ne adoperava la voce per offrire laugurio e il dono di Natale: Ritorna figliolo noi ti aspettiamo. Innumerevoli gomitoli grigio-verdi rannicchiati ed infissi nella neve, eravamo una unica linea presso il Don - ma pochi, per la bianca vastit di Jvanowka, Galubaja, Kriniza, Nova-Kalitwa: molti soltanto a Selenyj-Jar, al piccolo cimitero nato dal sangue degli Alpini de LAquila. Il Bambino parlava a noi, si soffermava in silenzio e inatteso innanzi a Loro, Li attendeva per portarli con s, nella notte di Natale. Noi superstiti restavamo sgomenti, quel mistero si esprimeva soltanto in dolore: sopra la neve, sotto la neve legava ununica paternit, una stessa sorte. Ma noi siamo tornati. Non c pi Natale eguale a quellultimo nostro: ogni anno siamo l, su quella neve a chiamarli. Fratelli nostri, noi Vi ricordiamo.

Peppino prisco

IL BATTAGLIONE L'AQUILA

Il Battaglione Alpini LAquila appartenne al 9 reggimento Alpini della Divisione Julia fino al suo scioglimento avvenuto nel mese di settembre 1943. Nel 1944 invece entr dapprima a far parte del Corpo Italiano di Liberazione con gli Alpini che avevano militato nelle formazioni partigiane del Gran Sasso, formando il Battaglione Alpini Abruzzi, poi per cambi nominativo e divenne LAquila. Nel 1946 il Battaglione costituito da abruzzesi, entr a far parte del ricostituito 8 reggimento Alpini e dal 1 settembre 1975 fu trasferito a LAquila. Il 4 settembre 1991, a seguito della ristrutturazione dellEsercito, stato trasformato in Reggimento Alpini LAquila. L'AQUILA NELLA II GUERRA MONDIALE

Fronte Russo- Il 16 agosto del 1942, il Battaglione LAquila part per la Russia con 52 Ufficiali, 52 Sottufficiali, 1752 Alpini e 35 automezzi. Il 22 dicembre 1942 il Battaglione fu duramente impegnato da una offensiva dei russi che furono respinti. Il giorno di Natale per i russi scatenarono una nuova pesante offensiva, poi denominata Battaglia di Natale, che invest in pieno il contingente italiano che riusc anche questa volta a resistere e a riorganizzarsi tanto che tra il 26 ed il 28 dicembre scaten una controffensiva che gli consent di riprendere le
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posizioni perse nel corso dell'attacco sovietico di Natale (la battaglia cost 168 morti, 715 feriti e quasi 210 dispersi). Su un totale di circa 62 000 uomini, c'erano stati sino ad allora oltre 1 600 morti, 5 300 feriti, pi di 400 dispersi e oltre 3 600 colpiti da congelamento. Quel Natale stato descritto dal Beppe PRISCO, sottotenente comandante di un plotone di abruzzesi, nella bellissima poesia NATALE 42. Al ritorno in Patria, il Battaglione Alpini LAquila contava appena 3 Ufficiali e Sottufficiali e 159 Alpini.

l'8 Armata Italiana in Russia, ( ARMIR )

La Tragedia dell' ARMIR


PREFAZIONE
Prima di occuparci degli avvenimenti della campagna di Russia bene che si sappia quali furono i motivi del commissariamento dell'Italia da parte di Hitler. Per farlo occorre partire dall'esame di quale era la situazione nella quale si era impelagato Mussolini. Nel 1941 lesercito italiano stava combattendo in una guerra di conquista in Albania ed in Grecia ma quella guerra prometteva di andare per le lunghe e gli esiti rischiavano di essere catastrofici. Mussolini aveva quindi un disperato bisogno di aiuto e che poteva darglielo quell'aiuto se non Hitler? Ed allora dopo un paio di incontri con il Fhrer fu costretto ad accettare l'intervento delle forze armate tedesche sul fronte greco-albanese. Dopo di che per la frittata era fatta perch fin la "guerra parallela" ma si sanc la subordinazione politico-militare dellItalia rispetto alla Germania. Questa era la situazione in Italia quando Mussolini, la notte del 22 giugno 1941 venne informato della aggressione tedesca alla Russia, non pi di mezzora prima che le truppe germaniche e le unit satelliti romene, ungheresi e slovacche passino allattacco su tutto il fronte dal Baltico al Mar Nero. Ecco come avvennero i fatti: lambasciatore Von Bismarck svegli Ciano e gli consegn la lunga missiva scritta dal Fhrer per il suo collega. A sua volta Ciano svegli Mussolini che se ne stava a Riccione e gli lesse al telefono il seguente messaggio:

LA LETTERA DI HITLER
"Vi scrivo questa lettera in un momento in cui, finalmente, dopo mesi di preoccupazioni, di riflessioni e di continua attesa che mi ha logorato i nervi, sono stato portato a prendere la decisione pi grave della mia vita [...].Ho aspettato fino a questo momento, duce, per mandarvi tali informazioni perch la decisione definitiva non sar presa prima di questa sera alle sette (Hitler ha scritto il messaggio nella mattinata del 21 giugno, nella Reichskanzlei). Qualunque cosa accada, duce, la nostra situazione non pu peggiorare a causa di questo passo, essa pu solo migliorare [...]. Lasciatemi dire ancora una cosa, duce: dopo che lottando sono giunto a questa decisione, mi
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sento di nuovo spiritualmente libero lUnione Sovietica, malgrado lassoluta sincerit dei nostri sforzi per venire a una definitiva conciliazione, era stato per me assai arduo perch in un modo o nellaltro ci sembrava contrastare con tutto il mio atteggiamento precedente, con le mie concezioni e i miei precedenti impegni. Ora sono assai contento di essermi liberato di questo "disagio spirituale".
MUSSOLINI DICHIARA GUERRA ALLA RUSSIA

Liberatasi la coscienza dal suo disagio spirituale il 22 giugno 1941 il Fhrer diede inizio alla cosiddetta Operazione Barbarossa con una forza di tre milioni di uomini. Mussolini invece, quel giorno, era in vacanza a Riccione. Lambasciatore russo in Italia faceva il bagno a Fregene. A quel punto Mussolini, malgrado che la guerra in Grecia avesse rivelato limpreparazione del nostro esercito in equipaggiamento e armamento, volle tentare la sua carta per farsi poi valere al tavolo della pace. Questo fu il motivo per il quale fu lui stesso a proporre al Fhrer lintervento anche dell'esercito italiano e lo volle ad ogni costo. Sia pura con riluttanza Hitler dovette accettarlo e perci il 10 luglio 1941 partirono i primi treni di soldati per il fronte russo. Si chiam CSIR il Corpo di spedizione italiano in Russia corpo che contava 61.700 uomini e che poi si trasform in ARMIR, Armata italiana in Russia formata dalle divisioni: Cuneense, Tridentina e Julia. Da notare che dei 220mila soldati (57mila alpini) ne tornarono circa 110mila (11mila alpini).

IL RETROSCENA Considerazioni di Galeazzo Ciano Ciano scrisse nel suo Diario: "Cerco di buon mattino lambasciatore dei Sovietici per notificargli la nostra dichiarazione di guerra. Non riesco a vederlo sino a mezzogiorno e mezzo perch lui, e con lui tutto il personale dellambasciata, se ne era andato candidamente a fare il bagno a Fregene". E aggiunge: "La cosa che pi sta a cuore al duce la partecipazione dun nostro contingente, ma da quanto scrive Hitler facile capire che questi ne farebbe volentieri a meno".

21 giugno 1941 Numerosi sono i segni che lasciano prevedere molto prossimo linizio delle operazioni contro la Russia. Lidea di una guerra contro la Russia , in s per s, popolare: la distruzione del bolscevismo dovrebbe essere annoverata tra gli avvenimenti di maggior momento della civilt umana. Ma questa guerra non mi piace come sintomo, poich le manca un motivo evidente e persuasivo: la tendenza generale di questa guerra di essere un faut de mieux, il tentativo cio di trovare una scappatoia a una situazione sfavorevole, sviluppatasi diversamente dal previsto. Quale ne sar lesito? I tedeschi pensano che in otto settimane tutto sar finito, ed anche possibile, poich i loro giudizi di natura militare si sono sempre rivelati pi esatti di quelli di carattere politico. Ma se cos non fosse? Se lesercito sovietico avesse una capacit di resistenza maggiore di quella dei paesi capitalistici? Quale effetto potrebbe avere questo sulle masse proletarie del mondo intero? 22 giugno 1941 Alle tre del mattino, Bismarck mi porta una lunga lettera di Hitler per il duce. Hitler chiarisce i motivi della sua iniziativa. Bench la lettera cominci con la solita assicurazione che la Gran Bretagna ha perduto la guerra, il tono ben lungi dellessere ispirato. Ne informo per telefono il duce. Che si trova tuttora a Riccione. Poi sempre nelle prime ore del mattino, cerco di mettermi in contatto con lambasciatore sovietico, per comunicargli la dichiarazione di guerra. Non riesco a rintracciarlo prima delle 12,30: lui e lintero personale dambasciata se ne erano andati tranquillamente a fare il bagno a Fregene. Accoglie la mia comunicazione con una certa indifferenza ma questo rientra nella sua natura. La comunicazione ha luogo rapidamente, senza parole superflue. Il colloquio durato due minuti e non stato affatto drammatico. Domani Mussolini invier la propria risposta a Hitler. Il duce ci tiene molto alla partecipazione di un Corpo di spedizione italiano in Russia, ma dalla lettera di Hitler risulta chiaramente che il Fhrer non vede la cosa troppo di buon occhio. Riccardi ha un violento scoppio di collera, pensando allo sviluppo che avranno i problemi economici, e conclude con queste parole: Lunica cosa che potrebbe ancora sorprendermi di questo regime, sarebbe vedere un uomo incinto, tutto il resto labbiamo gi avuto. Ed invece, poich Mussolini voleva intervenire ad ogni costo, il 26 giugno 1941 scrisse a Hitler: "Sono pronto a contribuire con forze terrestri ed aeree e voi sapete
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quanto lo desideri. Vi prego di darmi una risposta cos che mi sia possibile passare alla fase esecutiva". Hitler per esit ancora prima di accettare le offerte dellamico dittatore perci il 30 giugno 194 gli scrive di rimando quello che sembra quasi un lugubre avvertimento premonitore: "Duce, la lotta che si svolge da otto giorni mi offre la possibilit di comunicarvi gi ora un quadro generale [...]. Sono otto giorni che una brigata corazzata sovietica viene attaccata, battuta, distrutta e nonostante ci non si rimarcata alcuna diminuzione nel loro numero e nella loro aggressivit. Una vera sorpresa stato un carro armato russo di cui non avevamo idea, un gigantesco carro armato di circa 52 tonnellate, con ottima corazzatura di circa 75 millimetri, contro il quale necessario limpiego di pezzi anticarro di grandissima potenza". Ma Mussolini non coglie lavvertimento malgrado che Hitler gli manda a dire che: "Il generale Marras mi ha comunicato che voi duce, mettereste a disposizione almeno un corpo di spedizione. Se tale la vostra intenzione, duce, vi sar abbastanza tempo per poterla realizzare dato che in un teatro di guerra tanto vasto lavanzata non pu avvenire dappertutto contemporaneamente. Laiuto decisivo, duce, lo potrete per sempre fornire con il rafforzare le vostre forze nellAfrica Settentrionale nonch intensificando la guerra aerea e, dove sia possibile, quella dei sottomarini nel Mediterraneo". Non soltanto un "no" allofferta italiana di aiuto, anche una lezione impartita allallievo pasticcione. Ma Mussolini vuole intervenire a ogni costo e il 26 giugno scrive quella che una vera richiesta a Hitler di permettergli di essere al suo fianco: "Sono pronto a contribuire con forze terrestri ed aeree e voi sapete quanto lo desideri. Vi prego di darmi una risposta cos che mi sia possibile passare alla fase esecutiva". E cos alla fine Hitler dovette accettare l'offerta di Mussolini. Ciano annot "I nostri primi contingenti partiranno fra tre giorni. I1 Duce molto eccitato allidea di questa nostra partecipazione al conflitto e mi telefona che domani passer in rassegna le truppe" ed ancora:"Sono preoccupato di un diretto confronto fra le nostre forze e quelle germaniche. Non per gli uomini che sono, o possono essere ottimi, ma per il materiale. Non vorrei che ancora una volta dovessimo fare la figura del parente povero".

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Viene cos deciso di mandare sul fronte orientale un "Corpo di Spedizione Italiano in Russia" (CSIR) costituito da un corpo darmata In tutto tre divisioni, la Pasubio e la Torino di fanteria e la celere Amedeo dAosta. Il CSIR inizi il trasferimento il 10 luglio. Disponeva di 2900 ufficiali, 58 mila soldati di truppa, 4 mila seicento quadrupedi, 5500 automezzi 51 aerei da caccia, 22 da ricognizione, 10 da trasporto. Luogo di radunata fu Borsa, in Ungheria i 225 treni impiegarono 25 giorni per portare laggi le tre divisioni. Il corpo darmata italiana si schier sul fiume Dnestr con l11 Armata tedesca la 3a Armata romena e reparti ungheresi.Gli italiani vennero impiegati come riserva mobile. Fin dal primo giorno, i carri leggeri di cui disponevamo ci esposero a sanguinosi combattimenti. IN RUSSIA Il Corpo di Spedizione Italiano in Russia, si trov allineato, all'inizio del precoce inverno del 1941, nel bacino del Donetz appena conquistato. La fase offensiva poteva ormai considerarsi conclusa e non soltanto per la rigidezza del clima che impediva azioni a vasto raggio e di largo respiro ma anche perch le truppe dell'Asse davano ormai, evidenti segni di stanchezza. I successi ottenuti nella campagna estiva e autunnale erano stati brillanti, con centinaia e centinaia di chilometri di avanzata, migliaia di prigionieri e un ingente bottino di materiale bellico. Per anche le nostre perdite potevano considerarsi sensibili. E poi grande era stato il logorio del materiale, specialmente di quello motorizzato, che pur essendo ottimo, era assolutamente inadatto ad un terreno come quello russo. Nei giganteschi acquitrini della steppa, in un mare di fango, i nostri pesanti autocarri erano spesso impossibilitati a muoversi. Si impantanavano anche i trattori, i cavalli ed i muli. La situazione peggior al cadere dell'inverno. Infatti, se le piste finalmente consolidate dal gelo resero possibile un pi intenso traffico di rifornimenti, mille altri gravissimi disagi caddero sui nostri soldati. Alla met di novembre il termometro era gi sceso a venti-venticinque gradi sotto zero. Nei, giorni di Natale scese ulteriormente fino a stabilizzarsi fra i trenta gradi sotto zero durante il giorno e i trentacinque durante la notte. A queste temperature, inconsuete anche nell'inverno russo, ogni pi piccolo spostamento costava fatiche inenarrabili; ogni problema si complicava, ogni situazione si faceva difficile. Il rancio gelava nelle casse di cottura. Il vino doveva essere distribuito in blocchi, come se si trattasse di formaggio e poi sgelato sulla fiamma. Toccare l'acciaio
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di un'arma significava rischiare il congelamento. Un turno di guardia non poteva superare la mezz'ora. Muoversi sulla neve senza le racchette o gli sci, diventava un'impresa. Perfino l'olio anticongelante delle armi automatiche si rapprendeva. Non parliamo della benzina e dell'olio degli autocarri, i cui motori dovevano stare quasi sempre in movimento perch altrimenti sarebbe stato quasi impossibile farli ripartire, col rischio che l'acqua gelata spaccasse il radiatore. Questa era la situazione ambientale in cui il CSIR si apprest a passare l'inverno in prima linea, di fronte a importanti formazioni avversarie che, per l'affluire di truppe fresche, particolarmente addestrate per lottare sulla neve, s'andavano ogni giorno rafforzando. Le truppe del CSM, provvidero ad assestarsi sulle loro posizioni, in modo da trovarsi, al momento opportuno, nelle condizioni tatticamente pi favorevoli alla resistenza e all'eventuale controffensiva. Verso la met di dicembre queste operazioni di assestamento, tendenti tutte alla conquista dei centri abitati, indispensabili per consentire alle truppe di svernare in condizioni relativamente confortevoli, nonch a saggiare la consistenza dello schieramento nemico, erano concluse. Ma la calma non torn sul fronte. I sovietici, infatti, avevano ammassato sul fronte delle nostre divisioni ben cinque divisioni, su tre reggimenti ciascuna. Uno schieramento formidabile che dimostrava come il comando sovietico avesse scelto proprio il settore tenuto dagli italiani per tentare lo sfonda mento delle linee dell'Asse gi sanguinosamente fallito in altri punti del fronte. L'attacco sovietico venne all'alba del giorno di Natale. Forse, scegliendo proprio quella mattina per iniziare l'offensiva, i comunisti pensavano di sorprendere i nostri. Ma si sbagliavano. Quando i sovietici attaccarono, concentrando il loro sforzo sul settore tenuto dalla Celere , ebbero una degna accoglienza. Malgrado la loro eccezionale superiorit numerica, dovettero arrestarsi per ore ed ore dinnanzi alle posizioni di prima linea, tenacemente difese. La sera del 25 dicembre, gli italiani erano gi al contrattacco. Il giorno dopo solo tre caposaldi delle nostre linee erano ancora occupati dai sovietici. Il 28 dicembre, una massiccia controffensiva ricacciava definitivamente i sovietici da tutte le posizioni conquistate con tanto dispendio di mezzi e di uomini e permetteva anzi alle nostre truppe di avanzare ulteriormente. La battaglia di Natale era vinta. I sovietici, non erano, riusciti a passare.

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Dopo alterne vicende si arriv al 7 novembre del 42, anniversario della Rivoluzione di Ottobre, in quel giorno i sovietici scatenarono una tremenda offensiva per occupare Stalingrado. I primi a subire il peso di quellattacco furono sono i pi deboli, e fra loro gli italiani: il Csir, nellestate, era stato sostituito da una nuova, grande unit, lArmir (Armata italiana in Russia), formata da 220.000 soldati e 7000 ufficiali, agli ordini prima del generale Gariboldi, poi a quelli di Messe. Schierata sul Don lArmir, fu investita dalla controffensiva sovietica di novembre che riusc a far breccia fra lo schieramento italiano e quello romeno e costringe lAmir a ripiegare. Le nostre colonne si ritirano durante dodici giorni e undici notti su un percorso 250 chilometri fuori strada, battendo cio la pista fra la neve alta, con una media quotidiana di sedici ore di marcia. La fame, il freddo (quasi sempre intorno ai 30 gradi sotto lo zero), la stanchezza e i ripetuti attacchi dei partigiani sovietici aggravano le perdite iniziali per cui dalla sacca riescono a fuggire soltanto 6.500 uomini della divisione Tridentina, 3.200 della Julia e 1.300 della Cuneense. E un disastro senza precedenti: se nellestate 42 oltre duecento lunghe tradotte avevano trasportato dallItalia alla Russia il corpo darmata alpino, nella primavera del 43 ne basteranno soltanto diciassette, e piccole, a rimpatriare i superstiti. Emblema nazionale di quella disfatta nelle nevi del Don saranno le spaventose perdite della Cuneense: la divisione, che al 30 settembre 42 contava 15.846 uomini di truppa, 542 ufficiali e 681 sottufficiali, registra 13.470 fra morti e dispersi 2.180 fra feriti e congelati, pari a un totale di 15.650 uomini. Un corpo darmata alpino mandato allo sbaraglio, senza indumenti invernali, senza armi adeguate, senza nemmeno sapere dove e come sarebbe stato impiegato dai tedeschi.
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LA RITIRATA
(Testimonianze dirette) Guido Castellino, classe 1922, di Villanova Mondovi, narra: "17 gennaio - Alle sedici gi notte, si grida "si parte". Caos, alpini che bestemmiano, abbandoniamo il rancio che daltra parte non si aveva nemmeno voglia di mangiare. Camminiamo lintera notte. "18 gennaio. Allimprovviso aerei effettuano due o tre picchiate, mitragliano la colonna, una strage, ci sparpagliamo nella steppa. Raccogliamo i feriti fino a sera Poi occorre proseguire, allora arriva lordine di buttare il materiale superfluo, di abbandonare i feriti e i congelati. Scene strazianti, i feriti e i congelati urlano di non abbandonarli. Ma i sani gridano "avanti, avanti che rompiamo la sacca" E cos faremo ogni notte. "19 gennaio. Allalba a Popovka attacco di carri armati russi. Gli artiglieri si battono bene, i nostri pezzi sparano a zero. Poi la fine; muoiono quasi tutti. 20 gennaio. Dallalto delle colline i partigiani sparano, alle nostre spalle i carri armati premono. A pi riprese gli aerei scendono a mitragliare. Una catastrofe di alpini morti. Si dice che fossimo in settemila, ne usciamo vivi meno di un terzo. Dopo il grande macello si riprende la marcia. Il freddo sempre sui 35-40 gradi sotto zero, tormenta a non finire. Ancora carri armati, partigiani, aerei. Alpini a piedi scalzi, i piedi congelati neri come il carbone. Senza le scarpe camminano come se avessero le gambe di legno; con le scarpe non si sarebbero trascinati pi di un metro. Abbandoniamo ancora feriti e congelati. Non ho parole per ricordare le grida dei moribondi. Mi sono rimaste nelle orecchie le urla dei feriti" Fra i pochi superstiti c per anche chi testimonia lumanit dei partigiani sovietici verso i nostri alpini (per i tedeschi non cera piet) e laiuto della popolazione, della fetta di pane nero o della patata lessa divisa da chi era alla fame. Dice Marco Duberti, classe 1914, di Viola: "Ci prendono tutti prigionieri alpini e tedeschi. Un partigiano mi strappa le giberne. Mi dice "sei italiano" "S", rispondo. "Fascista?" "Niet fascista, alpinist" e piango. I settanta tedeschi vengono raggruppati in disparte e cos pure
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noi italiani. Otto tedeschi vengono separati dal gruppo. Gli altri tedeschi devono inquadrarsi per sei, a ridosso di unisba. Due partigiani li mitragliano con i parabellum. Avanzano gli otto tedeschi superstiti, con i badili coprono di neve i compagni vivi o morti. Poi un giovane partigiano si avvicina a me, mi dice: "Siete proprio italiani?" "Da, da, italiani. Adesso anche noi kaput?" "Italianski, niet kaput dicono i partigianinas rabot, Caucaso, vi mandiamo a lavorare nel Caucaso". Donne ucraine Ci portano qualche patata lessa Anche loro hanno i figli che soffrono al fronte".
A cura di Renato Alterio

Bibliografia: La tragedia dell'ARMIR Collezioni-f: Battaglione L'Aquila

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