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LEZIONE 1

MUSICA NEGLI AUDIOVISIVI


La musica nel cinema muto

NUMERO 1
PRESENTAZIONE DEL CORSO
Articolazione delle lezioni.
Argomenti trattati
• Musica negli audiovisivi: cinema, TV,
pubblicità, videoclip.
Testi di riferimento
• Roberto Calabretto, Lo schermo sonoro,
Marsilio, Venezia

• Roberto Calabretto, Antonioni e la musica,


Marsilio, Venezia
«Non esiste un genere ‘musica da film’»

• «Non esiste un genere ‘musica da film’» ha affermato Nicola


Piovani nel corso di un’intervista. Ogni pellicola, infatti, richiede
una specifica componente sonora che rende impossibile definire
cosa sia ‘la’ musica cinematografica, nei cui confronti la stessa
idea di stile risulta essere incompatibile, come Eisler e Adorno già
avevano affermato nel loro celebre testo. Un regista, pertanto,
potrà utilizzare alcune pagine del sinfonismo di Mahler, le marcette
circensi di Nino Rota, gli archi di Bernard Hermann oppure le
sonorità di Miles Davis: tutto può essere fatto confluire all’interno
di una colonna sonora, «ma a una sola condizione: – continua
Piovani – musica e immagini devono amarsi, anche se il loro amore
talvolta può esprimersi per contrasto» (Nicola Piovani).
La musica nell’età del cinema muto
“Se suonate in un cinema, fatelo con
intelligenza. Tanto per darvi un’idea di quant’è
facile scegliere un numero sbagliato per una
scena: si vedono sullo schermo un uomo e una
donna che si abbracciano; l’organista comincia
a suonare una stupida canzone d’amore e poi
scopre che si tratta di fratello e sorella…”
28 Dicembre 1985
• Nell’età del cinema muto la musica era eseguita dal vivo sotto lo
schermo. La sera del 28 dicembre 1895, al Grand Café del
Boulevard des Capucines, come si racconta, un pianoforte
accompagnava le immagini di quella storica proiezione. La
musica allora raramente era scritta e, quasi sempre, si risolveva
in performances improvvisate, non sempre di qualità̀ eccelsa, in
cui l’esecutore procedeva per associazione di formule, unendo
vari loci communes della letteratura musicale. Una condizione
già in sé precaria, ulteriormente aggravata nelle sale di
provincia, in cui l’accompagnamento era ancor più̀ penalizzato
dalla scarsa organizzazione e dalla minor disponibilità̀
economica rispetto alle sale cittadine.
I ricordi di Jean Paul Sartre
• Nel ricordare la propria infanzia e le proiezioni cinematografiche a cui aveva modo di
assistere, Jean Paul Sartre ha sempre associato le emozioni che allora provava alla
presenza della musica: quella musica che risulterebbe così banale e scontata se
ascoltata in una normale sala da concerto. Quando il pianoforte iniziava a «nitrire»,
attaccando l’Ouverture delle Grotte di Fingal, egli prontamente capiva che il criminale
stava per apparire e la baronessa era pazza di paura. Accordi sinistri denunciavano poi
la presenza dell’assassino mentre «il movimento infernale della Corsa all’Abisso,
pezzo per orchestra tratto dalla Dannazione di Faust e adattato per pianoforte era il
destino». Ai suoi occhi la musica era premonitrice delle sorti di quei personaggi: «si
confondeva con le loro vite, le trascinava alla vittoria o alla morte, procedendo verso
la propria fine». Anche la Marcia funebre di Chopin, pagina a cui si ricorreva
insistentemente in ogni performance pianistica, era pur sempre in grado di suscitare
emozioni, al punto da farlo immedesimare con quanto accadeva: «Ero compromesso:
la giovane vedova che piangeva sullo schermo non ero io, e ciononostante io e lei non
avevamo che un’anima sola: la Marcia funebre di Chopin; non c’era bisogno d’altro
perché le sue lacrime bagnassero i miei occhi».
Ricciotto Canudo
• In riferimento a questa prassi, Ricciotto Canudo, non senza ironia osservava:
• 
• “Senza alcuna transizione, e senza pensare di far male, durante il susseguirsi delle scene sullo
schermo, la Marcia funebre di Chopin viene interrotta dal Valzer C’est un homme e si sospende il
Preludio del Parsifal per far posto all’ultimo Tango. E infine - posso garantire io stesso
l’autenticità del fatto che non è avvenuto tra gli ultimi Pellerossa ma nel pieno fulgore della civiltà
dei boulevards - si può incollare a freddo l’Eroica di Beethoven a una qualsiasi ignominiosa
avventura a episodi”.
• 
 
• Non era questa, secondo Canudo, la funzione della musica nel cinema che doveva invece aderire
dialetticamente alle immagini, cercando un’osmosi reciproca al fine del raggiungimento di una
totalità dalle tinte wagneriane. La prassi allora imperante era, però, molto diversa e le tante colonne
sonore nascevano da elementari operazioni di selezione dei materiali musicali, spesso desunti da
manuali e antologie di diverso genere, per cui i repertori classici si univano, senza soluzione di
continuità, alla musica di consumo, secondo una tecnica che potrebbe essere definita come “collage
musicale”.
• .
Ernst Bloch
• Nella sua Filosofia della Musica, anche Ernst Bloch ben
sintetizza questa situazione scrivendo:
 
• “Si sa che bisogna suonare l’armonium in tremolo quando
il figlio di casa si è suicidato o quando Messina sprofonda
nel terremoto. Si è imparato anche a distinguere tra veloce
e lento, tra chiaro e scuro, ma la cosa essenziale è che la
maniera con cui i bravi maestri di paese, dopo le fatiche
giornaliere, possono fantasticare sul loro pianoforte, è
stata nel cinema elevata a forma d’arte”.
Le principali tipologie
• a) ‘Musica colta’, ossia l’espressione di un’esigenza creativa pura, non vincolata da finalità
predefinite. Nel nostro caso la musica scritta appositamente per un film e che, molto
probabilmente, veniva eseguita soltanto alla sua prima proiezione, e in pochi altre occasioni.
• b) ‘Musica volgare’, che invece appartiene alla sfera del consumo. È la cosiddetta ‘musica leggera’
che poco si presta ad un’analisi testuale. In ambito cinematografico è quella che non viene scritta
appositamente per un dato film ma che invece si presta ad essere utilizzata in vario modo e in
diversi contesti.
• c) ‘Musica volgarizzata’, un fenomeno intermedio, che vede negli arrangiamenti pianistici
salottieri dei repertori operistici un suo esempio eloquente. È la musica che non è nata
appositamente per il cinema, ma che spesso viene utilizzata secondo molteplici modalità.
• d) A questi tre livelli, solo per quanto riguarda l’universo della musica da film, potrebbe essere
aggiunto un quarto, per comodità assimilabile al precedente, per cui musiche di repertorio
vengono unite, collegate, a quelle volgari, dando così vita ad un fenomeno di contaminazione al
quadrato. È il caso di tante colonne sonore del tempo (basti pensare a quella di Giuseppe Becce
per il noto film dedicato a Richard Wagner, il cui accompagnamento musicale è «arrangiert und
teilweise komponiert» dall’autore), dove la composizione e la compilazione si danno
reciprocamente la mano, seguendo una prassi che viene messa in risalto dallo Handbuch dello
stesso musicista.
La scrittura musicale
• Normalmente gli interpreti improvvisavano sotto lo schermo.
Spesso le loro performance erano precarie…

• Solo nel 1909 la Edison Company inizia a pubblicare sul


settimanale «Kinetogram» dei suggerimenti musicali, Suggestions
for Music, ossia delle piccole schede con appunti riguardanti le
musiche da utilizzare per una determinata pellicola.

• La procedura è molto semplice e consiste nell’offrire per ciascuna


scena delle generiche suggestioni per mettere in risalto il clima
emotivo e la rapidità̀ dei movimenti dei soggetti inquadrati,
lasciando ampie possibilità̀ di scelta all’interprete.
Thematic Music Cue Sheet

• Dai primi documenti contenenti indicazioni


generiche, si arriva alla compilazione di un
foglio con veri e propri esempi musicali
affiancati da indicazioni precise. In questo
modo il lavoro dell’interprete era
enormemente facilitato.
Abel Gance, Napoléon (1927)
Le compilazioni musicali
• Inizia così a svilupparsi un genere di musica che non è pensata per un
dato film, ma piuttosto per situazioni ricorrenti, e che viene raccolta
all’interno di specifiche compilazioni musicali, veri e propri repertori,
incrementati da una fortunatissima attività̀ editoriale e rivolti a un
pubblico molto vasto. Si tratta di un nuovo passo compiuto dalla scrittura
musicale e di un’ulteriore risposta alle esigenze della platea che assiste
alle proiezioni, la cui sensibilità̀ audiovisiva si fa sempre più̀ raffinata.
• I manuali e i repertori che riescono ad acquisire la fama maggiore per le
eccellenti soluzioni offerte sono, tra i tanti, Musical Accom- paniment for
Moving Pictures, curato da Edith Lang e George West, Motion Picture
Moods for Pianists and Organists, che reca, invece, la firma di Ernö
Rapée, Biblioteca Cinema, di Franco Vittadini 10, e la Kinothek di
Giuseppe Becce, sicuramente la più importante.
Giuseppe Becce
• Giuseppe Becce è definito “il primo compositore
cinematografico”. Il suo incontro con il cinema
avviene in una situazione casuale.

• Per quanto riguarda la sua vita, una ricostruzione è


stata fatta da Luigino Rancan in una conferenza
tenuta presso la Fondazione Ugo e Olga Levi di
Venezia
• https://www.youtube.com/watch?v=dyPEnYkJLZk
Febbraio 1913
• “Una sera dei primi di febbraio 1913 – ricorda Giuseppe Becce –
sedevo in un Caffè del Kurfürsterdamm di Berlino ed aspettavo
Kurt Matull, il poeta che doveva portarmi il testo del secondo atto
della mia terza opera Venus Amatusia”. Invece del poeta in
prossimità del Caffè giunsero due persone che invitarono il
musicista nell’atelier di Oskar Messter per un provino del film
dedicato al centenario della nascita di Richard Wagner. La
somiglianza con il compositore tedesco – “con un po’ di plastilina
al naso e al mento, lei sarà un buon Wagner”, diranno i due signori
– rese così Becce partecipe di un’avventura del tutto inaspettata
ma che fu salutata come provvidenziale per la difficile situazione
economica che il maestro stava attraversando in quegli anni.
Carl Froelich, Richard Wagner (1913)
• Superati i provini, a Becce venne poi chiesto di realizzare
l’accompagnamento sonoro della pellicola. La cifra richiesta dalla
famiglia Wagner per concedere l’utilizzo delle musiche era
risultata esorbitante, forse volutamente per evitare che l’immagine
del compositore fosse contaminata e volgarizzata dall’unione con il
cinema, cosicché egli fu incaricato di allestire una partitura ispirata
ad alcuni momenti della sconfinata produzione del Maestro di
Bayreuth e ad altre pagine del repertorio europeo. Si creò, pertanto,
una situazione paradossale per cui la musica composta da Becce
divenne un ripiego dovuto all’impossibilità di utilizzare una
compilazione delle musiche wagneriane, mentre abitualmente nel
cinema accadeva il contrario.
Una partitura “arrangiert und teilweise komponiert”

• Per il film di Carl Froelich e William Wauer, il cui


accompagnamento musicale è “arrangiert und teilweise
komponiert” dall’autore come reca scritto la partitura, la
composizione e la compilazione si danno così reciprocamente la
mano, secondo una prassi abituale nei primi anni del cinema. La
scelta di utilizzare alcune pagine dei classici viennesi, Mozart e
Haydn su tutti, allo stesso tempo appare molto originale, considerata
la loro esigua presenza nelle sceneggiature musicali dell’epoca, ma si
rivela estremamente funzionale agli intenti celebrativi del film, “nel
mostrarci una musica tedesca che si evolve dai classici viennesi per
approdare a Wagner, in ottemperanza a quanto lo stesso Maestro
aveva esposto nei suoi scritti” (Ennio Simeon).
Giuseppe Becce, Kinobibkliothek, Schlesinger, Berlin, 1919

• “Nel 1915 lavoravo al Cinema Mozart. Davano il film


Therèse Raquin. Per questo mi serviva un’atmosfera
notturna, fantastica, ma non riuscivo a trovare niente
di buono e buttai giù̀ qualcosa io stesso. Così nacque
il primo numero: Notte misteriosa. In maniera simile
andò con la maggioranza degli altri pezzi. Alla fine
erano diventati tanti; alla fine avevo trovato che
praticamente questi pezzi erano sempre utilizzabili,
poiché́ si davano sempre situazioni filmiche simili:
sembrò utile darli alle stampe”.
“Musica nel cinema”
• Scritta per Salon-Orchester e pianoforte conduttore, la Kinothek raccoglie una serie di
brani adattabili a molte situazioni e che possono riscontrarsi in maniera quasi identica
in molti film. Se i riferimenti stilistici delle diverse illustrazioni non appaiono originali,
con evidenti richiami alla letteratura del primo Ottocento (nell’esempio riportato nella
slide seguente i riferimenti al Freischütz di Carl Maria von Weber sono evidenti), la
loro rinuncia a una forma specifica, con la possibilità di allungare e accorciare la loro
durata per renderle funzionali a quella delle scene, e la generale facilità esecutiva
rendono le illustrazioni della Kinothek uno strumento particolarmente efficace e alla
portata delle orchestre cinematografiche del tempo. Anche se non ci troviamo di fronte
a un vero e proprio legame fra musica e immagine ma piuttosto a un fenomeno di
riadattabilità continua – non a caso Béla Balász parlerà di «musica nel cinema» e non
«musica nel film», ironizzando sugli stereotipi che contraddistinguevano le
performance sotto lo schermo – assistiamo pur sempre alla nascita di una prima
sistematizzazione della musica cinematografica. Lo ‘stile cinema’, per quanto riguarda
l’accompagnamento musicale, così come si viene consolidando, è pur sempre
definibile come una maniera.
Giuseppe Becce, Kinothek
Giuseppe Becce e la musica per film
• «Qual è dunque l’importanza e il vero significato della figura e
dell’opera di Giuseppe Becce all’interno della evoluzione della
musica nel cinema muto?», si chiede Ennio Simeon a
conclusione di un suo saggio. Può̀ essere ritenuto come
l’inventore della musica per film? La sua partitura per il Richard
Wagner può essere considerata come la prima composta
espressamente per una pellicola? Se i meriti di una priorità̀
cronologica, a nostro avviso privi di reale interesse, possono
essere difficilmente attribuibili con certezza, ben più̀ importante
è l’aver delineato i principi attorno a cui si deve muovere la
drammaturgia della musica cinematografica che, ancor oggi,
continua a offrire indicazioni di estremo interesse.
Robert Wiene, Il gabinetto del dottor Caligari
(1920)
• Per questo film Becce ha composto le
musiche.
Giovanni Pastrone, Cabiria (1914)
“E quell’unico pezzo infatti composi, il quale,
citato dal povero e caro Francesco Pasinetti nella
sua Storia del Cinema, fu una cosiddetta Sinfonia
del Fuoco, per baritono e coro e orchestra, che
io non ho voluto andare a udire, come non ho
mai voluto vedere il film Cabiria“ (Ildebrando
Pizzetti)
Le trascrizioni
• “Infatti, se si vuole che la cinematografia accompagnata
dalla musica diventi una vera e propria espressione d’arte,
bisogna trattare anche la musica in modo degno, e con
rispetto non minore di quello che si riconosce dovuto, p.e.,
a un’opera melodrammatica: se poi si volesse da me una
musica sinfonica per il Suo romanzo cinematografico
soltanto per far colpo sul pubblico nelle prime
rappresentazioni, salvo poi a lasciarla eseguire da
un’orchestrina pur che sia o da un pianoforte nelle rappr.
[esentazioni] successive; ebbene, in questo caso io non
accetterei l’impegno” (Ildebrando Pizzetti)
Charlie Chaplin e la musica
Le singolari vicende di Tempi moderni
• Nel corso della storia del cinema spesso accade che alcuni registi siano stati gli autori
della musica dei loro film. Il caso di Charlie Chaplin è sicuramente quello
maggiormente eclatante. Com’è noto, egli aveva una grande sensibilità musicale e,
avvalendosi dell’aiuto di molti musicisti e orchestratori (per Tempi moderni lo
aiuteranno il direttore d’orchestra e compositore Alfred Newman, l’arrangiatore
Edward Powell e l’allora ventitreenne David Raksin), ha dato vita a partiture molto
ispirate i cui motivi sono entrati nella memoria del grande pubblico. La colonna sonora
di Modern Times (1935-36), rappresenta senza dubbio uno degli apici di questo iter, sia
da un punto di vista creativo che tecnico. L’impianto dichiaratamente sinfonico
dell’orchestra si associa all’energia creativa di Chaplin che ha scritto dei motivi e dei
temi di grande bellezza ed efficacia nel contesto drammaturgico del film. Tutti gli
elementi che scandiscono il ritmo della pellicola, sono così scaturiti e ispirati dalla
musica che scandisce le gesta del protagonista e la sua “danza”. Come accade per la
gran parte delle musiche per il cinema muto, anche quella di Tempi moderni è stata
restaurata per riportare alla luce la sua bellezza e la sua complessità, parzialmente
sacrificate nella registrazione del 1936.
Andreij Tarkovskij
• Proprio le funzioni che la musica aveva assunto durante l’età del muto, dal
semplice accompagnamento alle prime modalità di commento delle
immagini, in seguito sono state spesso messe in discussione e negate da
molti registi che hanno cercato di definire la tipologia della colonna sonora,
e i compiti a cui essa è chiamata ad assolvere, perseguendo strategie
differenti. In un celebre paragrafo de Il tempo scolpito, Andreij Tarkovskij ha
così espresso un rifiuto, per quanto apparente, nei confronti della musica
da film. Nelle prime righe di queste brevi, ma densissime, pagine, dopo
aver ricordato come la musica sia un’arte che ha sempre accompagnato il
cinema sin dalle sue origini, egli constata come il suo uso attuale non
differisca molto da quel tempo lontano, quando l’accompagnamento
pianistico aveva semplicemente lo scopo di rafforzare le immagini,
sovrapponendosi ad esse in modo abbastanza meccanico, al fine di
intensificare l’emotività nel pubblico che assisteva alle proiezioni.
Le rimusicazioni

• L’interesse verso la musica del cinema muto, sviluppatosi anche in


seguito ai numerosissimi festival che si tengono ovunque, negli ultimi
tempi ha sempre più coinvolto molti compositori, anche quelli non
direttamente attivi nei processi di produzione cinematografica che,
confrontandosi con le immagini in movimento dei primi capolavori della
settima arte, hanno trovato uno stimolo prezioso per la loro fantasia
creatrice. Questo fenomeno, per certi versi dilagante e a tratti privo di
qualsiasi forma di controllo, ha favorito la nascita di molti problemi
suscitando anche ben precisi quesiti sulle modalità e finalità con cui le
diverse pellicole vengono accompagnate dal linguaggio sonoro. Modalità
che, sommariamente, possono essere identificate in alcune tendenze
sostenute da diverse concezioni interpretative ed ermeneutiche.
Le diverse prospettive
• Se Gillian Anderson, da tempo protagonista nel
restauro della musica del cinema muto, ha elaborato
delle procedure sulla base di percorsi
filologicamente corretti, molte volte si è invece
preferito adottare delle scelte diametralmente
opposte, per cui le diverse pellicole sono state
rimusicate tenendo conto in minima parte
dell’originale, oppure dando luogo a delle vere e
proprie riedizioni, dove l’originale è stato
completamente ricreato.
Le rimusicazioni d’autore
• La dialettica fra musica contemporanea e cinema muto - per cui la distanza storica
che separa questi due linguaggi è espressamente dichiarata e, proprio per questo,
risulta essere foriera di soluzioni e scelte compositive interessanti - non sempre
agisce correttamente e con efficacia, dando così luogo a performance prive di
qualsiasi legittimità, in quanto prive di un reale confronto con la poetica del regista
con cui la musica vorrebbe invece misurarsi. Tralasciando questo fenomeno, che ci
porterebbe ad un lungo elenco di film danneggiati, se non devastati, da
accompagnamenti musicali inadeguati, prendiamo ora in considerazione alcuni
esempi che hanno invece goduto di ‘rimusicazioni d’autore’, ossia provenienti da
atteggiamenti compositivi consapevoli. Tra le tante, basti pensare alla partitura di
Mauricio Kagel per Un chien andalou di Luis Buñuel (1929), venuta alla luce nel
1981 (Szenario) ed espressamente dedicata «a Luis Buñuel, a su obra, con siempre
renovada admiration» oppure, sempre rimanendo nell’ambito delle rimusicazioni del
film del regista spagnolo, a quella di Wolfgang Rihm che rivela delle profonde
affinità con la natura di questo capolavoro.
Fritz Lang, Metropolis (1927)
• La musica di questo film è stata composta da
Gottfried Huppertz.
• https://www.youtube.com/watch?v=M9fuNWGrX4U

• Nel 1984 Giorgio Moroder ha realizzato una prima


rimusicazione del film (Giorgio Moroder presents
Metropolis), a cui sono seguite quella di Philip Glass,
Jeff Mills e molte altre.
• https://www.youtube.com/watch?v=aPbjefBqRPE
Un dibattito aperto
• Alcuni hanno sottolineato come la visione del film con la musica
di Moroder sia molto simile a quella di un lungo videoclip, in cui
le immagini paradossalmente sembrano seguire la musica
assecondando le mode musicali degli anni Ottanta e divenendo un
grande omaggio a questa cultura. Altri hanno invece approvato
questa operazione sottolineando come «l’ossessività e le sonorità
elettroniche di Moroder vadano incontro ancor più della musica di
Gottfried Huppertz alle qualità ritmiche e visive di Metropolis, «in
un’operazione di stravolgimento e forzatura i cui intenti
commerciali nulla tolgono alla sua riuscita artistica. […] Con
grande pace dei puristi, ai quali, del resto, nessuno sottrae il
Metropolis delle Cineteche», come ha dichiarato Ennio Simeon.

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