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CARROZZERIA DEL

VEICOLO
e PARTI MECCANICHE
CLASSIFICAZIONE DELLA CARROZZERIA

1
2

Esempi di carrozzeria a due o tre volumi


1. Vettura a tre volumi 2. Vettura a due volumi
A- Volume vano motore A- Volume vano motore
B- Volume vano passeggeri B- Volume vano passeggeri e bagagli
C- Volume vano bagagli
Esempio di carrozzeria monovolume

In ordine al tipo di struttura che caratterizza il veicolo è possibile ottenere:


- veicoli scocca portante
- veicoli a telaio portante
- veicoli space frame
ELEMENTI DELLA SCOCCA
I numerosi elementi che costituiscono la carrozzeria di un veicolo possono essere così distinti
in base alla funzione che assolvono:
• elementi strutturali, parti che costituiscono la struttura resistente alle sollecitazioni
flessionali e torsionali, nonché base di ancoraggio per organi meccanici.
• elementi di rivestimento, parti che contribuicono a dare la forma al veicolo.

In base alla posizione gli elementi costituenti la scocca del veicolo vengono distinti in
elementi interni/esterni, che sono generalmente strutturali o di rivestimento.
Non è possibile effettuare una netta distinzione tra un tipo di elemento e l’altro, un elemento
strutturale può avere anche un ruolo nell’aspetto esterno, mentre un elemento di finizione può
allo stesso tempo avere una notevole importanza strutturale.

Elementi interni ed esterni di una vettura Alfa Romeo Elementi interni ed esterni di una vettura Fiat Punto

ELEMENTI ESTERNI FISSI E MOBILI


In funzione delle modalità di fissaggio alla struttura della scocca gli elementi esterni a loro
volta possono essere suddivisi in:
a) elementi fissi, incollati e rivettati
b) elementi fissi e incollati
c) elementi fissati tramite viti - bulloni e dadi ecc..
d) elementi mobili
Gli elementi mobili sono così chiamati in quanto uniti alla scocca mediante viti, dadi, cerniere
in acciaio o gomma.
La scocca, a rigidezza differenziata, adotta dei rinforzi di irrobustimento della
cellula di sopravvivenza per la resistenza agli urti frontali al fine di garantire
l’indeformabilità dell’abitacolo, la massima protezione agli occupanti e ridurre al
minimo gli effetti degli urti.
I principali interventi sulla scocca per ottenere gli obiettivi indicati sono:
- struttura anteriore a rigidezza differenziata con rinforzi nei puntoni, progettata in
modo da deformarsi in modo prestabilito assorbendo e distribuendo la forza
dell’urto
sulla struttura grazie alla traversa anteriore di collegamento che permette di
assorbire anche urti non centrali;
- rinforzi sui longheroni e sui montanti laterali collegati da una traversa scatolata
sotto parabrezza che assicurano l’irrigidimento trasversale dell’abitacolo rendendo
solidali le fiancate, all’altezza della linea di cintura;
- rinforzi sotto il pianale e sul supporto della leva cambio, che aumentano la solidità
e la rigidezza del pavimento limitandone al massimo le deformazioni;
- adozione di ganci di trattenimento cofano motore, ricavati sulle cerniere del
medesimo e di un piantone sterzo collassabile.
Un ulteriore funzione di assorbimento e distribuzione della forza di urto è svolta
dagli
attacchi del motore che scaricano le forze sull’ossatura anteriore ed evitano carichi
eccessivi sull’abitacolo.
Queste caratteristiche della struttura, insieme ai sistemi di ritenuta e alle parti
interne
di assorbimento di energia, permettono alle vetture di raggiungere un alto grado di
sicurezza e di superare le prove previste dalle norme.

1 rinforzo sui puntoni 6 traversa scatolata sottoparabrezza


2 traversa anteriore collegamento puntoni 7 rinforzi longitudinali sottopavimento
3 traversa anteriore portafari 8 rinforzi inferiori cruscotto
4 rinforzi sui montanti laterali 9 gancio di trattenimento cofano motore
5 rinforzi sui longheroni 10 rinforzo montante parabrezza
Fondo scocca di vettura

Per la resistenza agli urti laterali la scocca è stata studiata conformemente alle più
recenti normative Europee ed è in grado di garantire un elevato livello di sicurezza
degli occupanti prevedendo una deformazione controllata tale da non compromettere
la cellula di sopravvivenza.
Quanto descritto è stato ottenuto:
- rinforzando i longheroni sottoporta tra i montanti anteriori ed i montanti centrali;
- rinforzando i montanti centrali e posteriori nei punti di attacco ai longheroni, nei punti
di ancoraggio delle cinture di sicurezza e nelle zone degli scontrini delle serrature
- inserendo una traversa scatolata di rinforzo tra i longheroni sottoporta.

LE PORTE
Le porte anteriori e posteriori, realizzate con processi tradizionali di stampaggio, sono
dotate di barre antiestrusione e di rinforzi in cintura per il contenimento degli urti
laterali. Per migliorare ulteriormente la sicurezza sono stati inseriti rinforzi in
corrispondenza delle cerniere.

A - porta posteriore B - porta anteriore


1 - rinforzi in cintura 2 - rinforzo montante 3 - barra antiestrusione tubolare
COPERCHIO VANO MOTORE ( COFANO )

Il coperchio vano motore è realizzato con processi tradizionali di stampaggio e


con diversi accorgimenti di sicurezza, infatti presenta ganci di trattenimento che in
caso d’urto evitano al cofano di penetrare nel parabrezza. Il cofano è interamente
rivestito con un pannello in materiale fonoassorbente avente lo scopo di ridurre le
emissioni acustiche sia verso l’esterno veicolo sia verso l’abitacolo per aumentare il
comfort dei passeggeri. Il fissaggio della copertura isolante avviene tramite bottoni in
quantità tale da garantire l’accoppiamento con l’ossatura cofano.
Il comando ed il bloccaggio del cofano avvengono per mezzo di un unico gruppo
serratura azionato tramite cavo bowden.

1 - coperchio cofano motore 4 - guarnizione antifruscio coperchio motore


2 - rivesstimento insonorizzante cofano motore 5 - cerniere coperchio motore
3 - serratura cofano motore 6 - gancio di trattenimento

PORTELLONE POSTERIORE
Il portellone posteriore realizzato con processi tradizionali di stampaggio, presenta
un ampio cristallo incollato alla struttura tramite adesivo poliuretanico. L’apertura del
portellone è ottenuta tramite chiave, agendo direttamente sulla serratura del
portellone stesso o dall’interno del veicolo utilizzando il comando di apertura
meccanico posizionato sul rivestimento sottoporta lato guida. In posizione di
apertura il portellone è sorretto da due puntelli telescopici pressurizzati
idropneumatici (molle a gas).
1 - portellone posteriore 5 - braccio tergitore
2 - rivestimento interno 6 - motorino tergilava lunotto
3 - serratura portellone posteriore 7 - luce terzo stop
4 - puntelli telescopici 8 - cerniere portellone

STRUTTURA DEL PADIGLIONE

La particolare struttura del padiglione conferisce maggiore rigidezza alla vettura e


all’abitacolo; per ottenere ciò sono state previste traverse scatolate di
collegamento
tra le fiancate in corrispondenza della parte superiore dei cristalli e del portellone,
sono stati utilizzati strati di adesivo strutturale lungo i bordi delle traverse scatolate
superiori vano parabrezza e vano portellone.

1 - traversa scatolata superiore lato parabrezza


2 - traversa scatolata superiore portellone
3 - padiglione
4 - longherina superiore
PARTE POSTERIORE
Le vetture posteriormente per superare le prove di resistenza previste sono
predisposte di una traversa scatolata posteriore rinforzata e ulteriori rinforzi
sugli attacchi tra la traversa posteriore e i montanti. Oltre al portellone già citato
con ossatura rinforzata, sono anche state migliorate le ossature sui fianchi e
passaruote posteriori.

1 - longherone posteriore sinistro 3 - traversa collegamento longheroni


2 - longherone posteriore destro 4 - traversa posteriore

CRISTALLI E PARABREZZA
Un ulteriore apporto alla sicurezza è dato dai cristalli fissi; il parabrezza e il lunotto
sono incollati alla scocca con adesivo poliuretanico, contribuendo in questo modo
ad aumentare la rigidità strutturale della vettura. Per elevare ulteriormente il grado
di sicurezza della vettura il parabrezza adottato è in cristallo stratificato, cioè è di
tipo laminato a strati asimmetrici composto da due strati di vetro inframmezzati da
una lastra in PVB, il lunotto termico è realizzato in vetro temperato. Questa
soluzione evita che il cristallo si frantumi se colpito da sassi o pietrisco, garantisce
sempre il mantenimento della visibilità e soprattutto offre un alto grado di
protezione nel caso di impatto con la testa.
In figura è rappresentato un metodo
utilizzato in passato per realizzare
parti di carrozzeria o intere scocche
di vetture sportive e da competizione.

1 - laminato 2 - adesivo
3 - anima o struttura a nido d’ape

La progettazione asservita al calcolatore generalmente indicata come CAE, ha


consentito, assieme allo sviluppo della teoria di calcolo ad elementi finiti, il calcolo
accurato degli sforzi e la conoscenza della distribuzione delle sollecitazioni
nell’intera struttura, permettendo quindi l’impiego di particolari materiali e lo
sfruttamento delle loro caratteristiche.

Modello matematico della struttura di una scocca


generato secondo il metodo di calcolo ad elementi finiti
MATERIALI PLASTICI
Gli anni compresi tra il 1940 ed il 1950 vedono l’inizio dell’impiego delle materie
plastiche in campo autoveicolistico. Impiegate dapprima per realizzare involucri che
racchiudono determinate apparecchiature, negli anni seguenti le materie plastiche
vedono un espansione crescente del loro impiego come elementi di rivestimento
delle parti in lamiera dell’abitacolo. Dopo l’uso comune per i paraurti, il loro utilizzo
si è progressivamente esteso ai frontali, alle mascherine, alle fasce di protezione
laterali ed ai passaruote fino a costituire la struttura di elementi esterni di finitura
come parafanghi, portelloni, rivestimenti esterni di porte, padiglioni e cofani.

L’impiego di componenti in materiale plastico nel settore dei veicoli (gamma bus) è
stato contraddistinto da un progressivo sviluppo e perfezionamento, dall’altra da
una crescente esigenza di poter riciclare tali prodotti nel contesto generale dei
problemi ecologici.
Tenendo conto che i più comuni materiali impiegati nella realizzazione di particolari
sintetici, possono essere divisi in due famiglie:
• Termoplastici, a loro volta costituiti da ABS (Acrilonitrile - Butilene - Stirene), PP
(Polipropilene), Byblend (Policarbonato + ABS), PE (Polietilene).
•Termoindurenti, cioè BMC (Bulk Moulding Compounds = Voluminoso stampato di
una mescola) e SMC (Sheet Moulding Compounds = Composto stampato a foglio).
SCHEMA A BLOCCHI AUTOVEICOLI

Negli schemi sottostanti si sono voluti rappresentare i diversi e sostanziali cambiamenti


nel voler costruire la meccanica di un autoveicolo.

SENSO DI MARCIA

A
M F C D

Nello schema è rappresentato un autoveicolo con il motopropulsore nella parte anteriore


disposto longitudinalmente rispetto l’asse vettura e con la trazione posteriore.

M = motore termico F= frizione C= cambio A=albero di trasmissione D= differenziale

F
SENSO DI MARCIA C M

Nello schema è rappresentato un autoveicolo con il motopropulsore nella parte


posteriore disposto longitudinalmente rispetto l’asse vettura e con la trazione posteriore.
Nello schema è rappresentato un autoveicolo con il motopropulsore nella parte
posteriore disposto trasversalmente rispetto l’asse vettura e con la trazione
posteriore.

M
SENSO DI MARCIA

F D
C

M = motore termico F= frizione C= cambio D= differenziale

M
SENSO DI MARCIA

F D
C

Nello schema è rappresentato un autoveicolo di attuale produzione con il


motopropulsore nella parte anteriore disposto trasversalmente rispetto l’asse vettura
e con la trazione anteriore.
M = motore termico F= frizione C= cambio D= differenziale R= riduttore ripartitore

SENSO DI MARCIA

M F C
R D

Nello schema è rappresentato un autoveicolo con il motopropulsore nella parte


anteriore disposto longitudinalmente rispetto l’asse vettura con possibilità d’innesto
contemporaneo della trazione anteriore attraverso il gruppo riduttore - ripartitore.

SCHEMA CATENA CINEMATICA DI UN VEICOLO


La catena cinematica è l’insieme di tutti quei componenti impiegati per la trasmissione
della coppia motrice dal motore alle ruote: motore, frizione, cambio, trasmissione,
ponte, pneumatici.
MECCANICA DEL VEICOLO

I motori che vengono utilizzati per la trazione degli autoveicoli si possono dividere
in due grandi categorie: motori termici,che tramite una
combustione,
trasformano in lavoro l’energia
chimica di un combustibile
motori elettrici, che utilizzano
l’energia
elettrica prodotta in apposite centrali, in
genere tramite una
combustione, ed
immagazzinano in accumulatori trasportati
sul veicolo stesso

I motori termici sono macchine in cui il calore, prodotto dalla combustione di


opportune sostanze, viene trasformato in lavoro; vengono suddivisi in motori
esotermici e motori endotermici.
I motori esotermici sono motori a combustione esterna e non trovano attualmente
impiego in autotrazione.
I motori endotermici sono motori a combustione interna (reazioni chimiche tra il
combustibile e il comburente), a seconda del modo di operare del fluido sono
classificati in motori a getto, motori a flusso continuo e motori volumetrici.

Nei motori volumetrici il lavoro è compiuto dal fluido operante che agisce su degli
organi mobili che descrivono ciclicamente un volume variabile fra due valori ( minimo
e massimo).
I motori endotermici volumetrici alternativi sono gli unici praticamente impiegati in
autotrazione, trasformano l’energia prodotta dalla combustione in energia
meccanica,
tramite stantuffi dotati di moto alternativo. I più comuni sono i motori a Ciclo Otto e i
motori a Ciclo Diesel.
CLASSIFICAZIONE DEI MOTORI PER TRAZIONE
MOTORE A BENZINA
Nella figura accanto è rappresentato un
motore a ciclo Otto della famiglia dei motori
FIRE:
- a 4 cilindri in linea
- basamento in ghisa, testa cilindri in
alluminio e coppa olio motore in lamiera
- distribuzione ad un albero a camme in
testa con comando a cinghia dentata
- gestione elettronica integrata della
accensione/iniezione M.P.I
- sistema di lubrificazione con pompa ad
ingranaggio coassiale a circolazione
forzata
- sistema di raffreddamento a circolazione
forzata mediante pompa centrifuga
SEZIONE MOTORE DIESEL

In questa pagina è possibile visualizzare i principali componenti di un motore diesel,


che molto spesso viene riconosciuto con la dicitura motore ad accensione spontanea
o motore ad accensione per compressione.
E’ caratterizzato dal fatto che il combustibile viene iniettato all’interno del cilindro e
l’autoaccensione dello stesso è provocata dall’elevata temperatura dell’aria compressa
dallo stantuffo.
MOTORE UNIJET

Frutto della ricerca Fiat e costruito dalla Bosch sono la nuova serie di motori unijet
che equipaggeranno le vetture versione diesel.
Sono motori ad iniezione diretta ad alta pressione, per cui costituiscono una novità
nell’attuale panorama automobilistico. Rispetto ai dispositivi di iniezione tradizionali,
l’unijet assicura un importante miglioramento complessivo delle prestazioni e una
maggiore silenziosità. Nei precedenti impianti l’alimentazione degli iniettori di gasolio
è comandata da una pompa meccanica e la pressione cresce insieme con il
crescere della velocità di rotazione del motore. Caratteristica che presenta un limite
all’ottimizzazione della combustione e quindi delle prestazioni, della silenziosità e
delle emissioni. Nel sistema unijet, invece, la pressione di iniezione è indipendente
dalla velocità di rotazione del motore e dal carico, perché la pompa di iniezione
genera la pressione per “ l’accumulo”. Con il controllo elettronico della pompa stessa
e degli iniettori è possibile ottimizzare per ogni punto di funzionamento del motore,
sia la pressione di iniezione sia la quantità di combustibile iniettato. Da qui la
possibilità di impiegare una pressione di inezione molto elevata e di erogare minime
quantità di combustibile, cioè di realizzare una preiniezione detta “pilota”. Queste
caratteristiche assicurano grandi vantaggi, all’accumulo si deve una combustione
più efficiente e migliori prestazioni; all’iniezione pilota si deve una forte riduzione del
rumore.

Motore 5 cilindri 2.4 litri turbodiesel JTD


CAMBIO TRADIZIONALE

Vista sezionata di un cambio


meccanico con integrata la
coppia di riduzione cilindrica

A differenza di un motore elettrico, la caratteristica del motore a combustione interna


è quella di erogare la propria potenza non da subito, ma all’interno di un determinato
campo. Con un cambio meccanico è tuttavia possibile variare il regime di rotazione e
la coppia in modo tale da mantenere il motore costantemente all’interno di questo
campo.
I cambi delle autovetture presentano 5 o 6 marce avanti sincronizzate e 1una
retromarcia, la sua struttura è condizionata dal tipo di veicolo (trazione standard,
anteriore con motore montato trasversalmente o longitudinalmente, integrale). Il
cambio si presenta di conseguenza in posizione coassiale rispetto alla trazione e alla
presa di forza oppure è spostato assialmente e viene in parte integrato nella
trasmissione assiale o nel differenziale.
I cambi dei veicoli industriali hanno, in riferimento al tipo di veicolo e dell’impiego, da
5 fino 16 marce avanti e da una a due retromarce. Per numero di marce superiori vi
sono cambi a tre gruppi di riduzione ( gruppo ausiliario, cambio principale e gruppo
moltiplicatore).
La sosta, l’avviamento e l’interruzione della trazione sono consentiti dall’utilizzo della
frizione. Durante l’avviamento la frizione slitta e compensa la differenza di numero di
giri fra motore e trasmissione. Quando le differenti situazioni di funzionamento
richiedono un cambiamento di marcia, la frizione stacca la trasmissione durante il
cambio di marcia.
FRIZIONE

Nella figura vengono messi in evidenza il volano, Dal lato disco condotto sono visibili il mozzo
il complessivo spingidisco, il disco condotto della centrale collegato all’albero del cambio, le 4
frizione e la corona dentata per il motorino molle parastrappi e i dischi di attrito rivettati
d’avviamento sul disco portante

La frizione è il meccanismo che permette di prelevare potenza dal motore ovvero di


collegarlo o scollegarlo al resto della catena cinematica.
Il tipo monodisco è composto da due unità: una conduttrice solidale con l’albero
motore, l’altra condotta solidale con l’albero della presa diretta del cambio.
Normalmente il disco è costituito da due corone di materiale ad elevato coefficiente
di attrito e ottima resistenza alle alte temperature, chiodate su di un sottile piatto.
Per evitare deformazioni dovute a surriscaldamento, sul piatto vengono applicati
tagli obliqui o radiali. Inoltre nella parte centrale un giunto scanalato consente
l’innesto con l’albero della presa diretta del cambio.
Nella frizione a diaframma le tradizionali molle elicoidali, che esercitano la pressione
sull’anello spingidisco, sono sostituite da una molla a tazza costituita da un sottile
disco in acciaio avente profilo conico.
PARTICOLARI SCATOLA CAMBIO

1 - Guarnizione
2 - Manicotto cuscinetto reggispinta
3 - Coperchio per leva comando marce
4 - Scatola centrale cambio
5 - Supporto unione cambio al motore
6 - Coperchio di tenuta scatola differenziale
7 - Guarnizione di tenuta
8 - Coperchio di tenuta scatola differenziale
9 - Coperchio posteriore cambio
10 - Anello di tenuta
CINEMATISMI DI UN CAMBIO TRADIZIONALE

Asta comando
marce

Albero primario

Albero secondario Gruppo differenziale


SOSPENSIONI

Con il termine sospensioni si intende l’insieme di organi meccanici atti ad assorbire le


irregolarità del terreno ed a garantire lo smorzamento degli scuotimenti tra le ruote e
la
carrozzeria. Il loro nome deriva dal fatto che esse mantengono il telaio o la scocca
sospesi sulle ruote.
Nelle prime automobili le sospensioni erano costituite da un solo elemento elastico,
generalmente si trattava di balestre, che avevano appunto la funzione di molleggiare
la
vettura.
Con l’adozione delle ruote indipendenti anteriori scomparve l’assale rigido sul quale
venivano montati i mozzi ruota, i freni e parte degli organi di direzione.
La funzione delle sospensioni è dunque quella di assicurare il miglior comfort possibile
ai passeggeri e di garantire una buona tenuta di strada del veicolo attraverso l’effetto
ammortizzante.
Indipendentemente dalla soluzione adottata dal costruttore (ruote indipendenti o
assale rigido), le sospensioni delle automobili sono così costruite:

- molle o elementi elastici sostitutivi


- ammortizzatori
- pneumatici
- dispositivi idropneumatici

Esempio di sospensione posteriore Esempio di sospensione anteriore


Gli organi meccanici di un veicolo, per quanto concerne le oscillazioni, si suddividono
nelle seguenti tre categorie:
- organi sospesi, che comprendono il telaio o la scocca, la carrozzeria, il motore e il
cambio.
- organi non sospesi, che comprendono le ruote, gli assali e le sospensioni.
- organi di collegamento, che comprendono le parti meccaniche preposte al
collegamento fra gli organi sospesi e quelli non sospesi.

Le sospensioni degli autoveicoli attualmente prodotti, si distinguono in:


- sospensioni a quadrilatero
- sospensioni Mc Pherson
- sospensioni De Dion
Molle elicoidali
- sospensioni ad assale rigido
- sospensioni a triangolo oscillante
- sospensioni a bracci multipli
COMPONENTI
Le molle costituiscono l’organo elastico più diffuso per le applicazioni sugli
autoveicoli, esse possono essere:
- molle a flessione
- molle a torsione
Si possono classificare come molle a flessione le molle a balestra, mentre le molle
torsione comprendono le molle elicoidali e le molle a barra di torsione.

Le molle a balestra sono costituite da una o più lamine metalliche ricurve, chiamate
lame o foglie, sovrapposte l’una all’altra e rese solidali fra loro per mezzo di un
perno o di una staffa centrale. Tra le diverse lame costituenti la balestra, viene
denominata lama maestra quella terminante alle estremità con due occhi, ottenuti
mediante la piegatura della lama stessa. Le altre lame sono di lunghezza
decrescente e di curvatura maggiore man mano che ci si allontana dalla lama
maestra, così che, sotto il carico, esse si dispongono in modo pressochè rettilineo.

Le molle ad elica sono costituite da un tondino


d’acciaio speciale avvolto ad elica, sono di impiego
quasi universale nel campo delle
autovetture. Presentano alcuni
vantaggi rispetto le molle a balestra:
- minor peso e minor ingombro
- maggiore cedimento elastico, quindi maggiore
lavoro esterno che può essere
assorbito dalla molla; ne deriva che gli urti
provocati dalle asperità stradali vengono
trasmessi in misura minore al telaio e alla
carrozzeria.
- minor manutenzione
- possibilità di essere integrate con ammortizzatori
coassiali
AMMORTIZZATORI

Gli ammortizzatori sono dispositivi che vengono impiegati nella sospensione elastica
di un veicolo allo scopo di frenare le oscillazioni indotte dalla reazione elastica delle
molle.
Troviamo:
- ammortizzatore a semplice effetto, nel quale viene dissipata energia solo
nella fase di distensione della molla, successiva all’urto che ha provocato la
compressione.
- ammortizzatore a doppio effetto, nel quale l’azione frenante avviene in entrambi le
fasi, anche se in modo differenziato (maggiore in estensione, minore in
compressione).
A seconda dei sistemi impiegati, gli ammortizzatori si dividono in due grandi categorie:
- ammortizzatori ad olio
- ammortizzatori a gas

Ammortizzatore

Sospensione posteriore
Lancia Lybra

Nelle moderne vetture vengono usati ammortizzatori a gas con valvole di aspirazione
lamellari. Queste valvole hanno la particolarità di offrire ottimi risultati sia in fatto di
comfort che di prestazioni e durata.
Presentano alcuni vantaggi, come un maggior diametro dello stelo e dello stantuffo per
aumentare resistenza e funzionalità. Azione frenante più efficace per la presenza del
cuscino di gas compresso e minor numero di componenti. Inoltre minore sensibilità al
riscaldamento ed alla formazione di schiuma nel fluido, grazie alle valvole di
aspirazione lamellari che permettono di mantenere costante il salto di pressione che
viene a generarsi all’interno delle due camere dell’ammortizzatore.
Sospensioni anteriori, tutte le automobili attualmente prodotte sono dotate di
sospensioni anteriori a ruote indipendenti. Tra queste, molte case automobilistiche
hanno dato la preferenza alle sospensioni Mc Pherson, le quali, in questi ultimi
venti anni hanno dimostrato di prevalere, rispetto alle altre soluzioni, in semplicità,
praticità e durata.

Sospensioni posteriori a ruote indipendenti, possono assumere differenti


conformazioni, quali:
- sospensioni di tipo McPherson
- sospensioni a bracci longitudinali o a triangoli oscillanti
- sospensioni a bracci multipli

La soluzione McPherson è costruttivamente simile a quella prevista per l’avantreno:


l’adozione di bracci trasversali molto lunghi consente di ridurre la vartiazione degli
angoli di inclinazione negli scuotimenti, migliorando il comportamento della
sospensione.
La soluzione a bracci oscillanti longitudinali hanno il pregio di avere ingombri molto
contenuti, cosa che consente l’adozione di un piano di carico molto basso ed ampio
nel caso di veicoli a trazione anteriore. Le ruote sono collegate ognuna ad un
braccio oscillante, che permette loro di compiere indipendentemente una dall’altra
movimenti alternati.
CONTROLLO AUTOMATICO DELLE SOSPENSIONI
Con il termine generale di controllo automatico delle sospensioni si intende quella
serie di dispositivi aventi lo scopo di variare, in parte o del tutto, le caratteristiche
di flessibilità e smorzamento delle sospensioni stesse, in funzione di alcune
particolari esigenze di funzionamento.
Questi dispositivi possono essere suddivisi nelle seguenti categorie:
- sospensioni autolivellanti (in genere posteriori)
- sospensioni a smorzamento controllato
- sospensioni intelligenti idro-pneumatiche o idrauliche.

Sospensioni autolivellanti, consentono di mantenere costante l’assetto del veicolo


al variare del carico e, a seconda del fluido impiegato, si dividono in:
- sospensioni autolivellanti idrauliche
- sospensioni autolivellanti pneumatiche
Nelle sospensioni autolivellanti idrauliche gli ammortizzatori agiscono come
elementi parzialmente portanti, vale a dire che il peso della parte posteriore della
vettura non è sopportato solo dalle molle di acciaio, ma anche dagli
ammortizzatori stessi.

Gli ammortizzatori differiscono da quelli tradizionali per essere a pieno


riempimento di olio e, collegati tramite tubazioni, agli accumulatori riempiti di
azoto. Essi svolgono, oltre al compito di regolare il livello della vettura, anche
quello svolto dagli ammortizzatori tradizionali nella sospensione.
Un regolatore di altezza, fissato alla carrozzeria, riceve continue informazioni sulla
distanza fra la carrozzeria stessa e l’asse posteriore, a cui è collegato tramite
tiranti: in base alle informazioni ricevute, il regolatore di altezza controlla il flusso
di olio nel circuito idraulico per mantenere costante questa distanza.

Le sospensioni autolivellanti pneumatiche adottano, in luogo delle molle


metalliche ad elica, delle molle pneumatiche, mentre gli ammortizzatori restano
invariati. Questi ultimi sono dotati di speciali sensori di assetto, che inviano ad una
centralina elettronica le informazioni sulla variazione di altezza della vettura.
La centralina, attraverso un attuatore pneumatico asservito ad una serie di
elettrovalvole, controlla l’afflusso e lo scarico di aria compressa dalle molle
pneumatiche, in modo da mantenere costante l’altezza della vettura.
L’esigenza di sempre maggiore comfort e facilità di guida ha portato, nel più
recente periodo, allo sviluppo di sospensioni a smorzamento controllato
sicuramente più sofisticate delle tradizionali.
Lo scopo di questa innovazione è di garantire anche nelle condizioni di guida più
critiche la massima guidabilità in sicurezza unita ad un elevato grado di comfort,
infatti uno smorzamento elevato privilegia la tenuta di strada, mentre uno
smorzamento ridotto privilegia il comfort di marcia.

Le sospensioni intelligenti sono così chiamate perché dopo aver controllato le


diverse variabili, si predispongono automaticamente per soddisfare le necessità
dinamiche del veicolo. Per questo motivo possono essere attive, quando una
centralina adegua in anticipo le condizioni delle sospensioni al sistema di guida
adottato e alle asperità del fondo stradale, oppure passive, quando reagiscono in
base alle sollecitazioni ricevute.
GENERALITA’ STERZO
Per portare il veicolo nella direzione voluta è necessario avvalersi di un complesso
di organi meccanici denominati organi della direzione. Sono formati da una serie di
meccanismi che variano nella loro forma a seconda del tipo di sospensione e di
scatola guida adottati dal costruttore.

Organi della direzione

La scatola guida a pignone e cremagliera è costituito da un piccolo ingranaggio il


cui albero è collegato con il piantone del volante tramite una giunzione scanalata.
Ruotando il volante, il pignone agisce su un’asta dentata chiamata cremagliera, la
quale, spostandosi lateralmente, aziona i tiranti che sono collegati tramite gli snodi
alle leve dei montanti o dei fusi a snodo, provocando il movimento delle ruote
direttrici. Grazie alla forma dei denti della cremagliera, capaci di determinare
rapporti variabili fra sforzo applicato al volante e forza trasmessa alle ruote, a
seconda della posizione che assume la cremagliera rispetto al pignone.

Un tipo particolare di scatola guida, è quello a rapporto variabile, dove abbiamo


due tipi di rapporto a seconda che la rotazione sia minima o massima. Per piccole
rotazioni del volante abbiamo una risposta immediata delle ruote, mentre con
angoli di sterzata maggiori, abbiamo una maggior demoltiplicazione con
conseguente riduzione dello sforzo da applicare sul volante.
Il passo successivo è stata la scatola guida
a circolazione di sfere che funziona tramite
una vite e una madrevite, il cui contatto è
assicurato da una serie di sfere per mezzo
delle quali, l’attrito dei due ruotismi, viene
trasformato da radente a volvente.
Questo sistema è particolarmente indicato
per vetture di grossa cilindrata dove si rende
necessario diminuire lo sforzo sul volante.

SERVOSTERZO
Il servosterzo è un meccanismo idraulico che
ha la funzione di agevolare il movimento delle
ruote direttrici, specialmente a bassa velocità
e durante la fase di manovra del veicolo.
Il servosterzo idraulico, si basa sul principio di
sfruttare la pressione di un fluido,
generalmente olio, per azionare la tiranteria
di comando dello sterzo.
L’impianto è costituito da:
- circuito idraulico di collegamento
- pompa azionata dal motore
- scatola guida idraulica, dotata di valvola
distributrice e di cilindro operatore. Impianto di sterzo Daily
Il servosterzo, un tempo riservato alle auto di alta gamma, oggi viene installato
sempre più frequentemente anche su vetture compatte. Anche la Fiat Seicento,
dispone come optional un sistema a comando elettrico di nuova generazione,
chiamato EPAS (Electrical Power Assisted Steering).
I tradizionali dispositivi idraulici, alimentati da una pompa separata dallo sterzo vero
e proprio, hanno bisogno di apparecchiature supplementari come serbatoio, cilindri
idraulici, tubazioni e naturalmente un fluido. Sicuramente poco adatti per peso e
volume ad auto di medio-piccole dimensioni.
Il servosterzo a comando elettrico si compone di una colonna sterzante corredata
da un piccolo motorino elettrico e da una centralina di controllo.
Questo sistema inoltre assorbe energia solo quando è necessario e non a tutte le
velocità come fanno gli altri impianti, che devono alimentare la pompa idraulica
anche quando non è richiesta la guida servoassistita.

1. Centralina elettronica
2. Sensore velocità vettura
3. Centralina iniezione
4. Motorino servosterzo elettrico
5. Gruppo comando servosterzo elettrico

Punti di forza, la riduzione del consumo di carburante, la silenziosità e la


programmazione nelle manovre di parcheggio o il graduale annullamento a mano a
mano che aumenta la velocità del veicolo. Il sistema funziona solo quando il
motore è avviato per evitare che la batteria possa scaricarsi. In caso di guasto
dell’impianto elettrico, il dispositivo permette comunque di manovrare lo sterzo
grazie al disinserimento automatico della frizione collegata al motore elettrico.
IMPIANTO FRENANTE

L’impianto frenante è un insieme di dispositivi atti a rallentare il moto dell’autoveicolo


fino ad arrestarlo o a mantenerlo fermo in posizione statica anche quando su di esso
agiscono ancora azioni motrici.
Ogni veicolo è dotato dei seguenti dispositivi frenanti:
• freni di servizio
• freno di soccorso
• freno di stazionamento

1. Serbatoio liquido freni e pompa per circuiti indipendenti


2. Servofreno a depressione
3. Freni anteriori a disco
4. Pedale freno
5. Leva comando freno a mano
6. Freni posteriori a disco
7. Correttore di frenata

Frenatura di servizio
Il freno di servizio funziona idraulicamente sulle quattro ruote. Agendo sul pedale del
freno si esercita nell’impianto frenante, mediante la pompa, una pressione idraulica.
Lo spostamento degli stantuffi nel cilindro comando ganasce, oppure dello stantuffo
nel corpo pinza, sotto l’azione della pressione idraulica, provoca lo spostamento e la
compressione delle guarnizioni frenanti sulle due superfici del disco freni o su quella
del tamburo, frenandoli per mezzo dell’attrito.
La frenata viene regolata progressivamente con la pressione esercitata sul pedale ed
agisce su tutte le ruote.
Frenatura di soccorso
Per una maggior sicurezza, gli autoveicoli sono dotati di un impianto freni a doppio
circuito. In caso di perdita o rottura di una tubazione nel circuito A è possibile la
frenata mediante il circuito B e viceversa

Circuito A = Ruota ant. DX


post. SX

Circuito B = Ruota ant. SX


post. DX
in queste condizioni il circuito frenante rimasto efficiente funziona da freno di
soccorso.

Frenatura di stazionamento
L’impianto di stazionamento o freno a mano svolge il compito di tenere bloccato il
veicolo in assenza del guidatore (in discesa, in sosta, ecc..). Il freno di
stazionamento è costituito da un comando meccanico, generalmente una leva e da
un apposito dispositivo di leveraggi e funi, che agiscono sugli elementi frenanti (
pattini/ganasce) determinando il bloccaggio delle ruote posteriori.

Principio di funzionamento
Una pompa, comandata dal pedale freno collegata al serbatoio di alimentazione del
liquido, trasmette la pressione raggiunta a quattro attuatori idraulici montati sui freni,
la cui azione sulle guarnizioni frenanti assicura la frenata del veicolo.
Il comando della pompa avviene nella maggior parte dei casi con l’ausilio di un
apparecchio moltiplicatore dello sforzo chiamato servofreno. In molte applicazioni
viene inoltre adottato un riduttore di pressione al retrotreno che modula l’azione
frenante posteriore in funzione della pressione frenante oppure del carico gravante
sull’asse posteriore.
PINZA FRENO
Alla pinza freno perviene l’olio in pressione dalla pompa, tale pressione spinge i
pattini sul disco che determina la frenatura generando l’attrito.
La pinza freno nella sua costituzione più semplice, è del tipo flottante con un unico
cilindretto. La pressione idraulica spinge le due guarnizioni frenanti a contatto del
disco freno, mediante l’azione diretta del cilindretto da un lato e tramite la parte
flottante della pinza dall’altro. Rilasciando il pedale freno viene a mancare la
pressione idraulica e le guarnizioni frenanti si allontanano dal disco freno in modo da
permetterne la libera rotazione.
Su vetture ad alte prestazioni si utilizzano pinze freno a doppio cilindretto, nelle quali
i due cilindretti agiscono direttamente sulle due guarnizioni frenanti.
Per applicazioni su veicoli da competizione si giunge nel caso limite di pinza a
quattro cilindretti, che permette l’adozione di guarnizioni frenanti di maggiori
dimensioni, per ottenere una maggiore azione frenante.

Pinza freno e disco freno Esempio di dischi freni autoventilati

IL DISCO FRENO
Il disco freno è l’elemento che viene frenato nella sua rotazione dall’attrito esistente
tra i pattini e la superficie del disco (in condizioni di frenata) determinando l’arresto
del veicolo. Esso è generalmente costruito in ghisa o acciaio speciale e viene
montato sul mozzo ruota.
Per applicazioni particolarmente sollecitate, il disco viene dottato di scanalature
interne che hanno lo scopo di assicurare una ventilazione forzata tra le due facce
del disco.
IL TAMBURO FRENO

Il tamburo è l’elemento che frenato nella sua rotazione dall’attrito prodotto tra
guarnizione d’attrito delle ganasce e superficie interna del tamburo, determinando
l’arresto del veicolo.
E’ costruito in ghisa (raramente in lega leggera con un inserto in ghisa) e può avere
un alettatura esterna per favorire la dispersione del calore generato in fase di
frenatura; talvolta, specie nel caso di freni montati posteriormente, che sono assai
meno sollecitati di quelli anteriori, l’alettatura non è indispensabile.

A - tamburo
B - ganascia
C - cilindretto idraulico
D - molle

IL SERVOFRENO
Il servofreno a depressione è un’apparecchiatura pneumatica che utilizza la
depressione prodotta dal motore durante il ciclo di aspirazione (per i motori a ciclo
Otto) o da un’apposito dispositivo chiamato depressore (per i motori a ciclo Diesel).
Il servofreno è un dispositivo pneumatico a depressione che incrementa lo sforzo
esercitato sul pedale del freno per ottenere una frenata più potente.
A parità di sforzo, l’azione frenante risulterà maggiore rispetto ad una vettura non
equipaggiata con tale dispositivo.
L’effetto servofrenante si manifesta solamente in presenza della depressione,
motore in moto; il sistema è costruito in modo da assicurare comunque il
funzionamento della pompa anche senza depressione.
Sezione longitudinale del servofreno

CORRETTORE DI FRENATA
Questo componente ha la funzione di controllare e limitare la pressione del liquido
nel circuito frenante delle ruote posteriori al fine di evitare il superamento del limite
di aderenza dei pneumatici.
Poiché l’aderenza delle ruote è maggiore o minore in rapporto al carico, il correttore
di frenata diminuisce l’azione frenante dei freni posteriori a vettura scarica e
aumenta la potenza frenante in funzione dell’aumento del carico sull’asse
posteriore. Generalmente viene posizionato nella parte posteriore del fondo scocca.

Correttore di frenata
IMPIANTO FRENANTE CON A.B.S.

L’esigenza è quindi di avere un sistema frenante che permetta sempre di sfruttare al


massimo l’aderenza disponibile senza che si verifichi il bloccaggio di una o più ruote.
I sistemi anti - bloccaggio o A.B.S. (dal tedesco Anti Blockiert Schutz) hanno lo
scopo di evitare il bloccaggio delle ruote che raggiungono il limite di aderenza,
diminuendo la pressione idraulica agente sugli attuatori che comandano i freni.
Gli impianti A.B.S. non sono degli impianti frenanti completi che sostituiscono quelli
tradizionali, ma vengono inseriti negli impianti frenanti preesistenti, per consentire di
raggiungere facilmente la migliore efficienza anche in condizioni critiche di aderenza.
Generalmente un sistema A.B.S. è costituito da:
- sensori numero di giri
- centralina elettronica
- unità elettroidraulica con elettrovalvole
- lampada spia per segnalare l’inefficienza dell’impianto

Il sistema è completato dalle tubazioni specifiche per l’impianto idraulico e da un


cablaggio elettrico che collega la centralina elettronica all’unità elettroidraulica tramite
un connettore multiplo.
Quando il conducente preme il pedale del freno, le ruote possono decelerare in misura
diversa fra loro, dal confronto della velocità periferica delle singole ruote con la velocità
di riferimento si ha costantemente sotto controllo lo slittamento di ogni singola ruota.

Se la forza frenante provoca lo slittamento di una ruota rispetto alle altre, la centralina
elettronica impartisce il comando alle elettrovalvole della centralina elettroidraulica per
ridurre la forza frenante sulla ruota che ha denunciato perdita di aderenza. A questo
punto viene riapplicata alla ruota la forza frenante fino a che non si manifesti una
successiva fase di slittamento.

Queste fasi determinano un ciclo di regolazione intermittente (nettamente avvertibile


sul
pedale freno) ed estremamente veloce che si ripete fino all’arresto della vettura.
La centralina elettronica comanda le diverse fasi fornendo alle elettrovalvole impulsi
con
intensità di corrente diversa.
A basse velocità il dispositivo si autoesclude, per il bloccaggio completo delle ruote a
vettura ferma.
IMPIANTO ELETTRICO

L’impianto elettrico, raccoglie un complesso organico di componenti in parte


indispensabili al funzionamento dell’automobile ed in parte destinati ad accrescere la
sicurezza ed il comfort dell’automezzo. Tale impianto è costituito dalle
apparecchiature elettriche dei vari servizi, con i rispettivi comandi e strumenti
indicatori, i regolatori automatici, le protezioni e i cablaggi che collegano tutto.

I requisiti che devono soddisfare le apparecchiature dell’impianto elettrico sono quelli


generali imposti a tutte le parti costituenti l’automobile: semplicità di comando,
sicurezza di funzionamento, minimo peso e ingombro.

Le autovetture sono tutte equipaggiate con apparecchi elettrici la cui tensione


nominale di funzionamento è di 12 Volt. I collegamenti sono sempre unipolari poiché
si utilizza la massa metallica del veicolo quale conduttore di ritorno, in generale con il
polo negativo a massa.

Vista prospettica ubicazione fascio cavi e componenti


LA BATTERIA
L’elemento indispensabile per il funzionamento dell’impianto elettrico è la batteria.
Le batterie che equipaggiano tutte le vetture sono del tipo ES ( energia sigillata) e
non richiedono manutenzione. Questi tipi di batterie, rispetto a quelle tradizionali
presentano i seguenti vantaggi:
- consumo ridottissimo di elettrolito dovuto all’impiego di un nuovo tipo di lega per la
costruzione delle griglie e delle piastre
- una ridotta autoscarica che permette che permette una buona attitudine
all’avviamento per un periodo di sette mesi e quindi si presta per immagazzinaggi
prolungati.
- una riduzione del volume dei gas sviluppati durante la carica che sono quelli che
provocano la corrosione ed il conseguente cattivo contatto dei poli terminali.
L’esame conoscitivo e approfondito dei componenti dell’impianto elettrico e degli
organi sussidiari verrà trattato in seguito nei moduli specifici.

Batteria senza manutenzione Batteria tradizionale al piombo

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