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LEZIONE 7

Criterio di rottura di Ladanyi-Archambault

Il criterio di rottura di Patton ha in’ottima rispondenza con l’effettivo comportamento


di rottura lungo una superficie di discontinuità a bassi livelli della tensione normale
(comportamento dilatante), come spesso accade nei problemi di stabilità dei versanti.
Al fine di descrivere in maniera più aderente alla realtà la fase di transizione fra il
comportamento dilatante e quello di tranciamento delle asperità, Ladanyi e
Archambault (1970, 1972) studiarono teoricamente e sperimentalmente il
comportamento di discontinuità rugose dotate di asperità al variare della tensione
normale su di essa agente.
Essi pervennero ad una relazione:

d = f ( as, δnd/δsd, b, i)  n


Criterio di rottura di Ladanyi-Archambault

Il valore della resistenza al taglio d lungo la discontinuità è, cioè, legato alla tensione
normale n su di essa agente da una funzione dei seguenti fattori:
as = rapporto di tranciamento, misurato sul piano medio
di scorrimento, fra la somma delle superfici delle basi delle asperità che risultano
tranciate e la superficie totale delle stesse prima del taglio;
δnd/δsd = tg deff = rapporto di dilatanza calcolato in corrispondenza della
resistenza al taglio di picco (deff = angolo di dilatanza);
b = angolo di attrito base di una discontinuità;
i = resistenza al taglio della matrice integra.
Criterio di rottura di Ladanyi-Archambault

Gli studi successivi si sono concentrati per fornire le espressioni di as, i, ma anche di
δnd/δsd, alla fine posti in relazione con tg deff ma non coincidenti.
L’espressione finale del criterio di rottura di Ladanyi e Archambault è la seguente:
Criterio di rottura di Ladanyi-Archambault

Tale criterio di rottura è, in genere, meno conservativo di quello di Barton; infatti, a


parità di tensione normale, fornisce valori di resistenza al taglio della discontinuità
maggiori.
Ciò scaturisce dal fatto che al crescere del rapporto n/JCS il criterio di Ladanyi e
Archambault approssima la resistenza a taglio della discontinuità a quella della
matrice rocciosa intatta delle basi delle asperità d → i richiamando così la coesione
della roccia, mentre nel criterio di Barton la resistenza tende alla resistenza residua
per solo attrito del criterio di Mohr-Coulomb che, ovviamente è inferiore.
Criterio di rottura di Hoek-Brown
Tale criterio presuppone che l’ammasso roccioso sia isotropo; di conseguenza è
applicabile soltanto nei due casi estremi della meccanica delle rocce:
-ammasso roccioso “privo” di discontinuità o, comunque, interessato da superfici di
discontinuità caratterizzate da notevole spaziatura, bassa persistenza e terminazione
prevalente di tipo “r”, tali, cioè, da non condizionare in maniera significativa le
proprietà meccaniche della matrice lapidea;
- ammasso roccioso interessato da un elevato numero di discontinuità, tra di
esse ravvicinate, al punto di individuare blocchi di dimensioni molto piccole,
confrontabili con i granuli delle ghiaie; ossia quando la configurazione dell’ammasso
roccioso è “a conci” e il suo comportamento meccanico prossimo a quello dei terreni
granulari.

Nei casi in cui non sono rispettate le condizioni di isotropia, ossia nel caso in cui la
configurazione dell’ammasso roccioso sia “a blocchi”, le sue caratteristiche di
resistenza devono essere analizzate utilizzando un criterio di resistenza in grado di
trattare un modello geomeccanico discontinuo nel quale il reale meccanismo di rottura
sia per scivolamento e/o rotazione di blocchi isolati (criteri di Mohr-Coulomb, Patton,
Jaeger, Barton, Ladanyi e Archambault).
Criterio di rottura di Hoek-Brown

Il criterio (1980) è basato sulla teoria della rottura fragile di Griffith e ipotizza che il
comportamento a rottura di un ammasso roccioso possa essere assimilato a quello in
un mezzo continuo equivalente e, in termini di tensioni principali maggiore 1 e
minore 3, può essere espresso:

(1)
Criterio di rottura di Hoek-Brown
Criterio di rottura di Hoek-Brown
Nel 2002, a seguito di ulteriori studi e con l’obiettivo di legare i valori delle costanti
che intervengono nel criterio al valore GSI ottenuto utilizzando la classificazione
geomeccanica omonima, Hoek ed altri modificarono l’espressione del criterio di
rottura come di seguito indicato:

(2)
Criterio di rottura di Hoek-Brown
Hoek ed altri forniscono, inoltre, la seguente tabella per il calcolo del fattore di
disturbo DGSI:

L’intervallo di valori entro cui la costante s m può variare è 0.00÷1.00, all’internodi


questo intervallo, il valore massimo si attribuisce alle rocce intatte o agli ammassi
rocciosi massivi (per i quali la resistenza a trazione è diversa da zero), mentre il valore
minimo si assegna agli ammassi rocciosi intensamente fratturati (nei quali la coesione
è nulla al pari della resistenza a trazione).
Criterio di rottura di Hoek-Brown

In definitiva, noti:
ci da prove di compressione monoassiale;
-GSI dall’utilizzo dell’omonima classificazione geomeccanica;
-DGSI tramite l’utilizzo della tabella fornita dagli autori;
l’unico parametro ancora da individuare per poter utilizzare la (2) è la costante
empirica adimensionale per la matrice rocciosa intatta m i.
Tale determinazione può avvenire secondo due metodologie differenti indicate da
Hoek et al. (2002):
-effettuando complesse prove triassiali con la cosiddetta cella di Hoek ed elaborando i
risultati di numerose prove;
-Mediante apposita tabella sperimentale fornita da Hoek e Karzulovic (2000).
Criterio di rottura di Hoek-Brown
Di fatto nella pratica professionale non è possibile operare in laboratorio e si
utilizzano i dati di letteratura appresso indicati.
Criterio di rottura di Hoek-Brown
Solo per completezza si riporta l’attrezzatura di laboratorio e la metodologia di
interpolazione dei relativi dati.
Criterio di rottura di Hoek-Brown
Criterio di rottura di Hoek-Brown
Considerazioni conclusive sul criterio di Hoek-Brown

A differenza degli altri criteri di rottura, quello di Hoek-Brown, valido per ammassi
rocciosi intensamente fratturati, non esprime la condizione di rottura come m = f(n) ma
in funzione delle tensioni principali 1 e 3, ossia fornisce la relazione tra 1 e 3 alla
rottura.
Ai fini applicativi, invece, risulta opportuno ricavare dal criterio curvilineo di Hoek-
Brown l’inviluppo di resistenza lineare di Mohr-Coulomb, che in questo caso viene detto
equivalente, e che viene espresso in funzione dei parametri, detti appunto equivalenti, cm e
m.
A tal fine, si opera nel modo seguente:
-nota la tensione 3 nell’ammasso roccioso (tensione verticale), si determina la 1
(tensione orizzontale) adottando la (1) ovvero la (2) a seconda se si vuole fare riferimento
al criterio di rottura originale. Quindi si utilizzano le seguenti due relazioni fornite da
Hoek (1990):
Considerazioni conclusive sul criterio di Hoek-Brown

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