Il merito della teoria di Bohr era che essa spiegava bene lo
spettro di H. Tuttavia, si realizzò subito che un grande problema della teoria era costituito dal fatto che essa spiegava solo lo spettro dell’atomo di idrogeno. Per esempio, per i metalli alcalini non esisteva accordo tra spettri atomici misurati e teoria di Bohr. Le linee osservate nello spettro del litio si potevano spiegare solo assumendo che ciascuno dei livelli di Bohr dopo il primo fosse in realtà costituito da un insieme di livelli di energia diversa (vedi figura): due livelli per n = 2; tre livelli per n = 3; quattro livelli per n = 4. I diversi livelli furono indicati con delle lettere derivate da termini che descrivevano l’apparenza spettroscopica dei livelli medesimi: s (sharp); p (principal); d (diffuse); f (fundamental). Gli spettri atomici dei metalli alcalini Livelli energetici necessari per spiegare lo spettro osservato del litio (a destra, per confronto, i livelli energetici dell’idrogeno). I livelli con n = 1 sono fuori scala. Per ogni valore di n vi sono livelli indicati con le lettere s, p, d, f.
I livelli a destra, per ciascun numero quantico, si avvicinano ai
corrispondenti livelli di H, mentre tutti gli altri livelli corrispondenti allo stesso numero quantico sono più stabili. Questa stabilità fu giustificata da Sommerfeld postulando l’esistenza di orbite ellittiche, con le orbite s più ellittiche di quelle p, d, f (vedi figura successiva). Le orbite ellittiche di Sommerfeld Arnold Sommerfeld estese la teoria di Bohr nel tentativo di fornire un’interpretazione teorica degli spettri dei metalli alcalini. Egli suggerì che le orbite potevano essere non solo circolari, come proposto da Bohr, ma anche ellittiche. Per definire un’orbita ellittica è necessaria una condizione quantica più complessa di quella utilizzata da Bohr: sono infatti necessari due numeri quantici n e K , con n che può assumere valori interi e K che può assumere valori da uno a n. Sommerfeld dimostrò che elettroni su orbite di identico numero quantico n ma aventi diverso valore di K hanno energie leggermente diverse. Il rapporto n / K è uguale al rapporto tra il semiasse maggiore e il semiasse minore dell’ellisse (n = K corrisponde a un’orbita circolare). Le orbite ellittiche di Sommerfeld La differenza tra i livelli energetici di orbite con il medesimo valore di n veniva spiegata da Sommerfeld sulla base della capacità delle orbite ellittiche di portare l’elettrone più vicino al nucleo. Per un nucleo puntiforme di carica +1, le energie di tutti i livelli con il medesimo n sarebbero identiche. Per un nucleo di carica +3, schermato da due elettroni in orbite più interne, un elettrone in un’orbita circolare più esterna risentirebbe dell’attrazione di una carica netta +1, mentre un’orbita fortemente ellittica eviterebbe in parte l’azione di schermo da parte dei due elettroni più interni e l’elettrone che la percorresse risentirebbe, per una parte del suo spostamento, dell’attrazione di una carica +3. In questo modo, le orbite ellittiche sarebbero più stabili di quelle circolari con il medesimo valore di n. Le orbite ellittiche di Sommerfeld
Il numero quantico K originariamente introdotto da
Sommerfeld è legato al numero quantico azimutale l della nuova teoria quantistica dalla relazione l K 1 In realtà, gli spettri atomici calcolati sulla base dei due numeri quantici sin qui discussi prevedono un numero di linee assai più elevato di quello osservabile sperimentalmente. Ciò ha condotto ad introdurre una regola di selezione che limita le transizioni possibili tra livelli elettronici a quelle per le quali la variazione di l è 1. Le orbite ellittiche di Sommerfeld Orbite di Sommerfeld per l’idrogeno
Tutte le orbite corrispondenti allo stesso numero quantico principale n,
passanti per un nucleo puntiforme, hanno la stessa energia. Per un nucleo circondato da una nuvola di elettroni, le orbite più ellittiche, che penetrano questa nuvola, subiscono (per una parte del loro percorso) un’attrazione più forte da parte del nucleo e sono più stabili. Il numero Quantico magnetico
Con l’introduzione di due numeri quantici e della regola di
selezione è possibile spiegare le caratteristiche principali degli spettri di molti atomi. Tuttavia, se gli atomi vengono sottoposti all’azione di un campo magnetico esterno compaiono nuove linee spettrali (effetto Zeeman). Ciò è conseguenza del fatto che il piano dell’orbita elettronica può assumere solo determinati orientamenti rispetto alla direzione delle linee di forza del campo esterno. Ciascuno di questi orientamenti è associato a un terzo numero quantico m (numero quantico magnetico) che può assumere tutti i valori interi compresi tra –l e +l. Il numero Quantico magnetico
Dunque, mentre il numero quantico azimutale l definisce il
momento angolare dell’orbita (e quindi dà informazioni sulla forma dell’orbita), il numero quantico magnetico m definisce l’orientazione dell’orbita relativamente alla direzione di un campo magnetico esterno. Neppure l’introduzione di tre numeri quantici consente tuttavia di spiegare tutte le caratteristiche degli spettri atomici. Spettri raccolti ad alta risoluzione mostrano una struttura fine (righe in apparenza singole ma in realtà costituite da due righe molto ravvicinate) la cui spiegazione richiede l’introduzione di un quarto numero quantico la cui esistenza deriva dalle proprietà magnetiche dell’elettrone. Lo spin elettronico La dimostrazione sperimentale delle proprietà magnetiche dell’elettrone (spin elettronico) fu fornita intorno al 1921 da O. Stern e W. Gerlac. Essi fecero passare un fascio di atomi di un metallo alcalino tra i poli di un magnete tale da generare un campo fortemente non uniforme e notarono che il fascio si divideva in due. Poiché gli atomi sono elettricamente neutri, potevano essere deviati solo se si comportavano come magneti. Un magnete posto in un campo magnetico non uniforme è sottoposto ad una forza risultante che lo fa spostare. Ciò è dovuto al fatto che un polo si trova in un campo magnetico più forte di quello in cui si trova l’altro polo. L’entità dello spostamento dal suo cammino originale di un magnete in movimento in un campo non uniforme dipende dall’orientamento del magnete. Lo spin elettronico Quando il magnete è allineato nella direzione in cui il campo ha la massima variazione (massimo gradiente del campo) subisce la massima forza. Quando si trova ad angolo retto rispetto a questa direzione (gradiente zero) non subisce alcuna forza. Ora, se un fascio di piccoli magneti aventi orientazione casuale entra in un campo magnetico non omogeneo, esso dovrebbe disperdersi in una banda continua. Il fatto che un fascio di atomi di un metallo alcalino, anziché disperdersi in una banda continua, si divida in due, indica non solo che gli atomi si comportano come magneti, ma anche che i magneti atomici possono avere solo due orientazioni rispetto al campo magnetico. Lo spin elettronico
La spiegazione del comportamento magnetico di questi atomi fu
data da due fisici olandesi, G. Uhlenbeck e S. Goudsmit. Per spiegare la struttura fine di certi spettri atomici essi proposero, nel 1925, che l’elettrone avesse uno spin. Gli atomi dei metalli alcalini hanno un solo elettrone nello strato di valenza. È proprio lo spin di questo elettrone spaiato che è responsabile delle proprietà magnetiche di questi atomi. Lo spin elettronico Dimostrazione sperimentale dello spin elettronico (Stern – Gerlak) Un fascio di atomi è fatto passare attraverso un campo magnetico non omogeneo ottenuto con magneti aventi poli di forma particolare. b) comportamento atteso per magneti che possono assumere qualunque orientamento rispetto al campo. c) risultato ottenuto per atomi di metalli alcalini. Il fascio di atomi si divide in due. Questo risultato dimostra che il momento magnetico dovuto all’unico elettrone dello strato di valenza può assumere solo due orientamenti rispetto al campo. Lo spin elettronico
Dunque, quando viene posto in un campo magnetico,
l’elettrone si comporta come un piccolo magnete. Le proprietà magnetiche dell’elettrone possono essere comprese se lo consideriamo come una particella carica che ruota attorno al proprio asse. Una carica che ruota genera un campo magnetico, per cui l’elettrone si comporta come un magnete. Un comune magnete può essere orientato in qualsiasi direzione in un campo magnetico, ma lo stato di minore energia si ottiene quando è orientato nella direzione del campo, analogamente a quanto avviene per l’ago di una bussola che, se è libero di ruotare, si orienta verso il polo magnetico. Lo spin elettronico L’elettrone, tuttavia, differisce da un comune magnete in quanto può avere solo due orientazioni in un campo magnetico: in direzione del campo o in direzione opposta. Quando l’asse di rotazione è rivolto nella direzione del campo, l’elettrone ha energia minore rispetto a quando l’asse è rivolto in direzione opposta. In un campo magnetico l’energia dell’elettrone è quantizzata e vi sono soltanto due livelli energetici possibili. Quando l’elettrone passa dal più basso al più alto dei suoi due livelli energetici, l’orientamento dell’asse di rotazione dell’elettrone si inverte (si inverte il senso di rotazione dell’elettrone). La differenza di energia tra i due livelli dell’elettrone nel campo magnetico è molto piccola: in un forte campo magnetico questa differenza è circa un milione di volte più piccola dell’energia di ionizzazione. Lo spin elettronico
Il quarto numero quantico,
derivante dalle proprietà magnetiche dell’elettrone, prende il nome di numero quantico di spin, viene indicato con ms e può assumere i valori . 1 2
Un elettrone che ruota genera un campo magnetico e si comporta come
un piccolo magnete. A differenza dell’ago di una bussola, si orienta solo in due direzioni quando è posto in un campo magnetico. L’asse di rotazione può dirigersi nella direzione del campo (senso orario di rotazione) o in direzione opposta (senso antiorario di rotazione). Considerazioni Finali
Abbiamo fatto molta strada dall’originaria teoria di Bohr: ad ogni
aumento della complessità dello spettro osservato è stato necessario fare ricorso ad un nuovo assunto che fosse in grado di interpretarla. Una situazione di questo genere non è molto soddisfacente. Per di più, la teoria non fornisce buoni risultati quando applicata a molecole anche semplici. Considerazioni Finali
Probabilmente, il punto debole della teoria di Bohr sta nel
tentativo di applicare le leggi soddisfatte da particelle macroscopiche alle particelle davvero assai piccole che costituiscono gli atomi. L’esistenza di livelli energetici discreti dovrebbe, al contrario e più soddisfacentemente, derivare direttamente da una teoria generale. Contributi fondamentali a una tale teoria generale, basata sulla meccanica ondulatoria e quantistica, sono stati forniti dai lavori di De Broglie, Schrodinger, Heisemberg, Dirac.
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