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N. 00440/2012 REG.PROV.COLL. N. 00574/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 574 del 2011, proposto da: Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature ONG-ONLUS, Animalisti Italiani ONLUS, Lega per l'Abolizione della Caccia ONLUS, rappresentati e difesi dall'avv. Michele Pezone, con domicilio eletto presso avv. Vittorio Isidori in L'Aquila, via Avezzano, 11 Fab/B; contro Regione Abruzzo in persona del Presidente P.T., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Dello Stato, presso la sede della stessa domiciliata per legge in L'Aquila, Complesso Monumentale S. Domenico; per l'annullamento DELLA DELIBERAZIONE G.R. 543 DEL 3.8.2011 (CALENDARIO VENATORIO 2011-2012); DELLA DELIBERAZIONE G.R. 621 DEL 14.9.2011, di modifica della precedente in recepimento del giudizio 13.9.2011 n. 1841 del Comitato di Coordinamento regionale per la valutazione di impatto ambientale (di seguito Comitato VIA); DEL GIUDIZIO 2.8.2011 n. 1816 del predetto Comitato VIA. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Abruzzo in Persona del Presidente P.T.; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2012 il dott. Alberto Tramaglini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Le associazioni ricorrenti impugnano gli atti indicati in epigrafe, con cui stato approvato il Calendario venatorio 2011/2012, chiedendone lannullamento. Resiste in giudizio lamministrazione regionale. Con ord. 574/2011 stata parzialmente accolta la domanda cautelare, con conseguente sospensione dellefficacia di taluni capi del predetto Calendario. Lamministrazione ha dato seguito alla misura cautelare con provvedimenti che hanno dettato una nuova disciplina ai periodi ed orari di caccia. Le sole previsioni del Calendario qui impugnato che non hanno avuto pertanto effetto sono quelle relative alle date di chiusura della stagione venatoria (nonch, per una parte della stagione, quelle sugli orari giornalieri), mentre ogni altro Capo ha pienamente esplicato la sua efficacia, venendo alla

fine meno solo per decorso del termine di validit dellatto. Il che implica la permanenza dellinteresse delle ricorrenti (quantomeno morale) ad una decisione che rimuova le previsioni che nel corso del giudizio hanno leso gli interessi azionati in questa sede. Va ulteriormente segnalato che il presente giudizio ha per oggetto un provvedimento adottato con cadenza annuale, e su cui la sentenza di merito interviene solo dopo che latto ha esplicato tutta la sua efficacia. Al di l di quali possano essere le utilit che una sentenza tardiva in grado di assicurare, deve riconoscersi che sussiste linteresse delle ricorrenti allesame delle singole censure, in quanto coinvolgenti capi autonomi del Calendario tendenzialmente in grado di riprodursi nel calendario successivo, di modo che ne derivi un effettoin senso ampio conformativo sulla periodica attivit dellamministrazione in materia. N daltra parte pu essere ignorato che la tipologia dei vizi riscontrati e la portata degli effetti derivanti dai Capi in ipotesi illegittimi pu avere rilevanza nellambito di unipotetica azione risarcitoria susseguente allannullamento. Va quindi ritenuto sussistente linteresse delle ricorrenti ad una decisione sui punti controversi. Daltra parte sussiste anche in capo alla Regione linteresse ad una pronuncia che sancisca la legittimit del proprio operato. 2. Vanno innanzitutto esaminati i capi di impugnazione rubricati in ricorso sub A, con cui le ricorrenti pongono la questione della mancanza o comunque inattendibilit dei dati relativi alla consistenza delle varie specie, carenza ritenuta di rilievo tale da precludere la possibilit stessa di stilare il calendario venatorio non essendo possibile assicurare la sostenibilit del prelievo (non si pu consentire un prelievo quando non si conosce lentit del patrimonio su cui si vuole esercitarlo: pag. 10), e B, nella parte in cui viene sostenuto che lattivit venatoria non potesse essere comunque consentita su specie con popolazioni estremamente ridotte (SPEC 2-3). La prima parte del motivo effettuate le premesse normative che giustificano la conclusione secondo cui non pu essere consentito prelievo in assenza di dati attendibili sulla consistenza delle singole specie- lamenta la pressoch totale assenza di dati circa labbondanza nella regione delle varie specie di cui consentito il prelievo. Subito dopo (a conferma di quanto si sta esponendo: pag. 10 ric.) si passa ad evidenziare lincongruente utilizzo dei censimenti SOA (relativi, tuttavia,ai soli uccelli acquatici) per sostenere (tenuto conto di quanto affermato nella Guida di cui infra: in linea di principio la caccia alle specie in declino dovrebbe essere sospesa, a meno che non faccia parte di un piano di gestione adeguato che preveda anche la conservazione degli habitat ed altre misure in grado di rallentare e di invertire la tendenza) che illegittimamente il Calendario ha consentito lattivit venatoria su specie di limitata consistenza. Laddove il motivo diretto a lamentare un difetto di carattere generale, lo stesso infondato. Le ricorrenti non considerano adeguatamente, infatti, che la relazione allegata al Calendario contiene valutazioni dirette a supportare le scelte relative alle singole specie, con evidenziazione dei dati disponibili, dellincidenza del prelievo venatorio e comunque dandosi atto della consistenza delle popolazioni, quantomeno a livello europeo. Ad esempio, per le specie cornacchia nera e grigia, si d atto che la specie considerata in buono stato di conservazione a livello europeo (specie non SPEC) e che il prelievo venatorio risulta complessivamente modesto ed in generale non sembra incidere sulla dinamica delle popolazioni. Da tale considerazione emerge evidentemente la ragione per cui, pur non essendo indicato alcun dato numerico, viene consentita la caccia alla cornacchia. Per ognuna delle specie la relazione indica lo specifico percorso che ha condotto alle conclusioni che poi sono confluite nel Calendario. Era perci onere delle ricorrenti farsi carico di contestare le motivazioni che hanno sorretto le scelte dellamministrazione riguardo ad ogni singola specie, censurando perci le valutazioni specifiche che sorreggono le conclusioni assunte. La censura pu essere quindi presa in considerazione nella sola parte in cui contesta le motivazioni sottese alle singole scelte regionali, e quindi essenzialmente rispetto alle previsioni relative alle c.d. specie SPEC, la cui accertata modesta consistenza avrebbe dovuto suggerire allamministrazione si sostiene in ricorso - di sospenderne il prelievo. Solo rispetto alle medesime, infatti, la censura si

ancora ai dati del procedimento per mettere concretamente in discussione la motivazione che sostiene il relativo capo provvedimentale (cfr. pag. 10 e ss. e punto B, primo periodo, del ricorso) Tenuto conto che la stesura dei calendari venatori deve basarsi anche sullo stato di conservazione, generale e locale, delle diverse specie e che per gli uccelli migratori non si verifica ancora oggi una diretta relazione tra il carniere consentito ed i dati di abbondanza anche quando disponibili (ad es. nel caso degli uccelli acquatici) (cos la relazione tecnica, pag. 5, riprendendo analogo passaggio della Guida ISPRA), il motivo in questa parte fondato. Va considerato che gi nellambito della Valutazione di incidenza (parere 1816 Comitato VIA 2/8/2011, su cui infra) era stato evidenziato che il Documento Guida alla disciplina della caccia nellambito della Direttiva 79/406/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici afferma che la caccia non pu considerarsi sostenibile nel caso di specie in declino (art. 2.4.25), a meno che non faccia parte di un piano di gestione adeguato Pertanto necessario valutare la possibilit di sospendere lattivit venatoria per determinate specie ed in particolare per frullino, moretta, marzaiola, mestolone, codone, canapiglia, fischione, beccaccino (in quanto non si supera il numero di 500 individui in tutta la Regione), valutazione letteralmente riprodotta anche nel giudizio 1841 del 13.9.2011. La DGR di approvazione del Calendario, sul presupposto che il Comitato VIA ha determinato di estendere il divieto di caccia su tutto il territorio regionale alle specie combattente e moretta, d atto che sono state recepite tutte le prescrizioni formulate dal comitato VIA in quanto costituiscono parere obbligatorio e vincolante. Non risulta, invece, che lamministrazione abbia preso in considerazione le conclusioni del Comitato non espresse in forma prescrittiva, non emergendo alcuna specifica valutazione della decisione di inserire le specie sopra indicate tra quelle cacciabili dalla terza domenica di settembre al 30 gennaio 2012 (capo B, punto 7 del Calendario). Va detto che la relazione tecnica per la stesura del Calendario su ognuna di tali specie riporta il contenuto della Guida alla stesura dei calendari venatori e quindi menziona i dati disponibili. La parte relativa agli uccelli acquatici, fra gli elementi di base considerati, contiene losservazione, poi ripresa per ciascuna specie, che la maggior parte delle specie di migratori acquatici, nella Regione Abruzzo, presente nelle aree sottoposte a tutela (Parchi e Riserve regionali), cos come risulta nella pubblicazione della Stazione Ornitologica Abruzzese Risultati dei censimenti degli uccelli acquatici svernanti in Abruzzo 1990-2005 pubblicata con il contributo della Provincia di Pescara. Tale situazione in Abruzzo confacente con quanto previsto nelle linee guida della comunit europea che suggerisce listituzione di aree rifugio a completo silenzio venatorio per mitigare leffetto del disturbo (2.6.22). Anche da un punto di vista grafico (tale ultimo periodo in grassetto sottolineato, pag. 15 della relazione, e ricompare nella medesima veste nellanalisi di ognuna delle specie considerate), deve ritenersi che a tale passaggio sia assegnata la funzione di dare una motivazione allinclusione di tali specie tra quelle cacciabili. E tuttavia, tra gli elementi di base da considerare(non riportato tra quelli effettivamente considerati) la stessa Guida ISPRA evidenzia che in attesa di una auspicabile regolamentazione dei prelievi a livello europeo, la gestione venatoria degli uccelli acquatici dovrebbe essere realizzata in maniera commisurata alla consistenza media delle popolazioni svernanti e/o migranti, da cui la necessit di garantire sempre lesistenza di idonee forme di monitoraggio delle popolazioni, di formulazione dei piani di prelievo e di verifica dei carnieri. Stanti le attuali modalit con cui consentito il prelievo venatorio (limiti di carniere non commisurati alla consistenza delle popolazioni) appare fondamentale evitare il prelievo o il semplice disturbo venatorio nei periodi di massima vulnerabilit. Sembra evidente che la relazione tecnica non risponde a tali considerazioni, visto che la minima entit numerica degli esemplari censiti non evidentemente commisurata ai carnieri consentiti, di gran lunga eccedenti la consistenza stimata delle popolazioni. Le considerazioni ISPRA ed il parere del Comitato segnalavano una situazione che le ricorrenti evidenziano come abnorme, stante la sproporzione tra una accertata minima consistenza (inferiore a 500 individui secondo le indicazioni del Comitato) ed i consentiti carnieri stagionali (solo per la specie codone, tra quelle considerate,

previsto, capo H del Calendario, un carniere stagionale di 25 esemplari a cacciatore, tanti quanti quelli censiti in ambito regionale, mentre per le restanti il limite solo giornaliero), per cui lonere motivazionale imponeva adeguate valutazioni sulla sostenibilit del prelievo, non automaticamente assolto dalla considerazione che tali specie vivono in prevalenza in aree protette, anche tenuto conto dellinsufficienza dei dati relativi agli abbattimenti in quanto variamente riferiti solo a taluno degli ATC regionali. Ed in effetti, per le specie in questione (rispetto alle quali sono stati peraltro consentiti periodi di caccia pi estesi rispetto a quelli indicati da ISPRA), la relazione presuppone la stima come risultante da pubblicazione INFS (Risultati dei censimenti degli uccelli acquatici svernanti in Italia: distribuzione, stima e trend delle popolazioni nel 1991-2000). Considera, poi, i Risultati dei censimenti degli uccelli acquatici svernanti in Abruzzo 1990-2005, pubblicazione della Stazione Ornitologica Abruzzese (SOA), nonch i (limitati) dati sugli abbattimenti. Pur mettendo da parte la questione, sollevata dalle ricorrenti, che non risulta che le varie fasi procedimentali si siano fatte carico di prendere in considerazione le osservazioni sollevate dalla stessa SOA in ambito Comitato VIA con cui si rappresentava che la relazione utilizzava dati risalenti al 2000 quando la stessa associazione disponeva dei censimenti 2010 e 2011 e che comunque i dati erano stati usati in modo fuorviante e strumentale, resta il fatto che tali elementi di per s non spiegano la scelta. Si consideri in tal senso, ma si tratta di osservazioni generalizzabili, la specie frullino, di cui sono riportate stime INFS di 4 (periodo 91-95) e 14 (1996-2000) individui, e stime SOA pari a 0, mentre risultano 1, 2, 4 abbattimenti nellATC Vastese (lunico considerato) nelle ultime tre stagioni (0 nelle 4 precedenti) o la specie canapiglia, considerata depauperata ed in stato di conservazione sfavorevole, SPEC 3, con 50 individui censiti in aree protette, nessuno allesterno, nessun abbattimento (dati relativi, per questa specie, al solo ATC Pescara) nel periodo 2004-2011. Lopzione emersa nellambito del procedimento e confluita nel giudizio del Comitato (tra laltro sostenuta dalla Stazione Ornitologica Abruzzese, i cui dati sono tra quelli considerati dallamministrazione, e dallEnte Parco Nazionale dAbruzzo) imponeva pertanto adeguata considerazione, diventando altrimenti di difficile comprensione il percorso logico seguito, non essendo palese il nesso tra i risultati dei censimenti, gli scarsissimi dati riferiti agli abbattimenti (la cui modestissima entit non fa peraltro percepire linteresse contrapposto) e la conclusione di ritenere accettabile il prelievo . Va per completezza precisato che non appartiene a tale necessaria valutazione quella che rileva che il prelievo per tali specie teoricamente compatibile: tale giudizio infatti relativo al rispetto dei periodi di massima vulnerabilit considerati nel documento Key Concepts, pi volte richiamato in atti, e che individua, ai sensi dellart. 7 della Direttiva 2009/147/CE, per ciascuna specie, la stagione riproduttiva, la dipendenza dai genitori e il ritorno ai luoghi di nidificazione, in cui non possono essere cacciati (art. 18, comma 1bis, L. 157/1992, inserito dall'articolo 42, comma 2, L. 4 giugno 2010, n. 96, Legge comunitaria 2009). Tale valutazione ha lo specifico scopo di evitare sovrapposizioni tra attivit venatoria e periodo critico della specie, ma non si occupa invece della scelta, che compete alle amministrazioni, in ordine alla sostenibilit del prelievo in ragione della consistenza della specie. Il motivo rispetto alle spese SPEC - va pertanto accolto, con annullamento delle relative previsioni sul punto. 3. Dopo avere dedotto le suddette incongruenze, il ricorso subito dopo rileva che lamministrazione avrebbe sostanzialmente ed immotivatamente disatteso le indicazioni contenute nel parere obbligatorio dellIstituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). Precisato che il parere ISPRA pu essere disatteso solo attraverso congrua motivazione, le ricorrenti evidenziano che, per 27 specie, si sono invece stabiliti periodi di prelievo ben pi ampi di quelli indicati dallIstituto. Laddove si intenda cos censurare, per ognuna delle suddette 27 specie, gli scostamenti rispetto ai periodi indicati da ISPRA in quanto immotivati, il motivo infondato. Errano infatti le ricorrenti a

ritenere che lindividuazione dei suddetti periodi non sia assistita da alcuna motivazione. Va senzaltro ribadito in via di principio quanto gi osservato da questo collegio (sentenza 387/2010) in ordine alla necessit che sia fornita specifica motivazione alle date di prelievo su cui ISPRA ha espresso un esplicito parere sfavorevole (per diverse specie i periodi e le modalit di prelievo riportati nella proposta di calendario venatorio in esame risultano pi estesi rispetto a quelli indicati nello stesso documento [la gi citata Guida] e non sono condivisibili da parte di questo Istituto che, pertanto, esprime parere sfavorevole alla loro adozione). Lamministrazione ha infatti il potere di disattendere le indicazioni ISPRA, il che tuttavia richiede unespressa considerazione di queste ed una motivazione che illustri le ragioni per cui quanto ritenuto dallorgano scientifico e tecnico di consulenza possa essere, per ogni singola specie, disatteso. La deliberazione di approvazione del Calendario rimanda per le motivazioni sul punto alla relazione tecnica predisposta dalla Direzione competente, approvata come parte integrante dellatto, per cui in tale atto che va rivenuta la giustificazione delle scelte operate. Va detto che tale relazione condivide i presupposti metodologici di cui alla Guida per la stesura dei calendari venatori (trasmessa alle regioni da ISPRA a seguito della modifica dellart. 18 l. 157/1992), dove sono esplicitate le motivazioni biologiche e tecniche relative ai periodi e modalit di prelievo per ciascuna specie, per cui le diverse conclusioni sulle date di apertura e chiusura dovevano essere necessariamente supportate da argomenti ulteriori. La suddetta relazione, per ogni singola specie, evidenzia le ragioni che sosterrebbero gli scostamenti dalle indicazioni ISPRA, testualmente riprodotte. Si tratta di valutazioni la cui adeguatezza pu essere discussa nei limiti del sindacato di legittimit, il che tuttavia imponeva (analogamente a quanto osservato nel punto precedente) che le ricorrenti assolvessero lonere di censurare le specifiche motivazioni degli scostamenti. Si consideri, ad esempio, la specie tordo bottaccio, per la quale ISPRA, pur considerando accettabile un periodo di caccia compreso tra la 3^ domenica di settembre ed il 10 gennaio, stante (tuttavia) la fenologia della migrazione post-riproduttiva e lo status della popolazione nidificante in Italia, per la conservazione e la razionale gestione della specie suggerisce che lapertura sia posticipata al 1 ottobre. La relazione tecnica, richiamato il Key Concepts document (in cui sono elaborati i periodi di protezione e su cui sono state basate le indicazioni ISPRA), riportati i dati degli abbattimenti di due ATC, considerata la decade di sovrapposizione tra caccia e migrazione prenuziale e il buono stato di conservazione della specie a livello europeo, propone invece un periodo di prelievo dalla terza domenica di settembre. Si tratta, con tutta evidenza, di una scelta diversa rispetto a quella suggerita da ISPRA, che tuttavia poggia su una motivazione specifica che andava perci specificamente censurata. E che le motivazioni siano specifiche ad ogni specie pu essere constatato esaminando le previsioni per la beccaccia, per cui ISPRA aveva considerato accettabile il calendario 1 ottobre-10 gennaio, anche se la chiusura al 31 dicembre fortemente consigliabile, e per la quale la relazione tecnica, sulla base dei dati sugli abbattimenti, da cui non si evince un trend negativo, e tenuto conto delle proposte di mitigazione, ha ritenuto idoneo un periodo di caccia 1 ottobre-19 gennaio. E anche qui evidente che il parere ISPRAnon immotivatamente disatteso, e che la motivazione specificamente fornita non viene censurata nella sua idoneit a sostenere la scelta. La censura non pu essere quindi condivisa. In assenza di specifiche deduzioni, infatti precluso al collegio di verificare, per ognuna delle specie indicate dalle ricorrenti nel prospetto riepilogativo depositato in giudizio, rispetto a quale di esse si riscontri il lamentato immotivato scostamento dalle indicazioni ISPRA. Daltra parte le molteplici indicazioni dellISPRA disattese, che le ricorrenti si propongono di seguito di analizzare, sono richiamate unicamente per ribadire lesigenza di sospensione del prelievo per le specie SPEC 2 e SPEC 3, questione gi esaminata al punto precedente.

4. Nel medesimo contesto espositivo le ricorrenti introducono quindi ulteriori questioni. Si sostiene che per le specie merlo e tortora stata prevista la caccia per periodi pi ampi di quelli di legge, e ci per effetto della preapertura nelle mezze giornate del 3,4,10 e 11 settembre. La censura tuttavia generica, e quindi inammissibile, non essendo dedotto in base a quali elementi si sia pervenuti a tale conclusione per ciascuna delle due specie. Si deduce ancora che i dati sugli abbattimenti non distinguono le specie tordo bottaccio e tordo sassello, per tornare a sostenere la pochezza ed inattendibilit dei dati, su cui va osservato che il calendario non si discosta sul punto dalle indicazioni ISPRA che suggeriva, data la possibilit di confusione, di non prevedere periodi venatori differenziati. Anche tali censure vanno quindi disattese. 5. Riguardo al punto C del ricorso, relativo alla difformit del periodo di caccia alla lepre rispetto a quanto indicato dallISPRA, deve ribadirsi quanto osservato al precedente capo 3: anche la censura in esame non tiene conto della motivazione (pag. 72) con cui la relazione tecnica ritiene sostenibile lanticipazione del prelievo. Daltra parte il riferimento alle specifiche misure di cui al Piano dazione per la Lepre italica, tra cui quella sub 5) indicata dalle ricorrenti (Introdurre forme di prelievo sostenibile nella gestione della lepre comune), rientra tra le misure ritenute opportune negli ATC dove la lepre italica stata segnalata, mentre il Calendario prevede in tali ambiti il divieto anche della caccia alla lepre comune, il che sembra soddisfare lesigenza segnalata da ISPRA. Resta comunque il fatto che nessuna censura sollevata nei confronti di tale motivazione. Anche tale motivo deve essere pertanto respinto. 6. Con il motivo sub D le ricorrenti deducono che il capo E del calendario impugnato contempla lesercizio venatorio nellambito del comparto unico sulla migratoria. Listituto contemplato dallart. 43, comma 6, della Legge Regione Abruzzo n. 10 del 2004, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall'articolo 128 L.R. n. 15 del 26-04-2004, dall'articolo 5 L.R. n. 21 del 28-072004 e dall'articolo 106 L.R. n. 6 del 08-02-2005 [Ai soli fini dell'esercizio dell'attivit venatoria da appostamento alla fauna selvatica migratoria, per il periodo ricompreso tra il 1 ottobre e la conclusione della stagione venatoria resta comunque limitata al bimestre ottobre-novembre la possibilit di consentire la fruizione di cinque giornate venatorie settimanali, il territorio agro-silvopastorale della Regione Abruzzo considerato comprensorio faunistico omogeneo ed il territorio ove consentito l'esercizio dell'attivit venatoria costituisce un unico ambito territoriale di caccia, ai sensi del comma 6 dell'art. 10 della Legge 157/1992, di dimensioni regionali, denominato "comparto unico regionale per l'esercizio della caccia da appostamento alla migratoria], nonch dai commi 6bis, che dispone liscrizione di diritto al comparto unico dei cacciatori iscritti ad un ATC abruzzese o residenti in regione, e 6ter, che disciplina le giornate settimanali di caccia consentite. Le ricorrenti deducono lillegittimit della previsione del calendario in quanto disattende una contraria indicazione ISPRA e comunque in quanto applicativa di norma costituzionalmente illegittima, per cui chiedono che la questione sia rimessa alla Corte Costituzionale. Considerato che il Comparto unico istituito direttamente dalla legge, ed il Calendario non fa che dare applicazione a tale previsione, da ritenere infondato il primo aspetto della censura, non potendo lamministrazione disattendere la previsione legale che fa dellintero territorio regionale un unico comparto venatorio, sia pure ai limitati fini della caccia alle specie migratorie. Il collegio condivide quindi i dubbi dei ricorrenti e ritiene che la questione di legittimit costituzionale sia rilevante e non manifestamente infondata. Sulla stessa si provvede come da separata ordinanza. Rispetto a tale capo il giudizio va sospeso. 7. Vanno quindi esaminati i Capi F, E, G del ricorso, con cui si esprimono censure riguardo alla Valutazione di incidenza a cui il progetto di Calendario stato sottoposto, nonch in merito questioni specifiche in quella sede trattate.

Le associazioni ricorrenti contestano innanzitutto lidoneit della relazione tecnica ad essere considerata documento sostitutivo dello studio da presentare nella valutazione di incidenza, come invece ritenuto dal Comitato CR-VIA nel giudizio 1816, poich la stessa non sarebbe rispondente alle indicazioni di cui allart. 5 DPR 357/1997 e relative Linee Guida. Il collegio osserva che, su indicazione ISPRA, lamministrazione si determinata ad assoggettare il Calendario alla Valutazione di Incidenza. La circostanza che la norma (art. 5 cit.) la imponga per i Piani Faunistici e non anche per i Calendari non implica, tuttavia, che una volta che lamministrazione si sia cos comunque determinata, il relativo procedimento possa essere condotto in maniera non adeguata alla funzione a cui diretto. Il relativo giudizio infatti finalizzato a valutare lincidenza delle misure contenute nel Calendario sulla valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione, secondo quanto richiesto dalla norma in questione. E perci, a tal fine, i proponenti predispongono, secondo i contenuti di cui all' allegato G , uno studio per individuare e valutare gli effetti che il piano pu avere sul sito, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Il predetto all. G richiede che le interferenze di piani e progetti debbono essere descritte con riferimento al sistema ambientale considerando: - componenti abiotiche; - componenti biotiche; connessioni ecologiche. Le interferenze debbono tener conto della qualit, della capacit di rigenerazione delle risorse naturali della zona e della capacit di carico dell'ambiente naturale. I ricorrenti lamentano quindi che erroneamente il Comitato ha ritenuto a tal fine idonea la relazione tecnica, pur se la stessa non considera il alcun modo lincidenza del Calendario sulle specie protette a livello comunitario e sui siti della Rete Natura 2000. Il collegio osserva che, in effetti, la relazione in parola chiaramente diretta a fini diversi e non contiene alcuna specifica analisi di tali interferenze, come peraltro riconosce la difesa regionale, la quale ritiene che tuttavia tale relazione, in quanto a contenuto ed approfondimenti, soddisfa parimenti le esigenze di tutela e conservazione della fauna, cos come ritenuto dal Comitato VIA. Va in senso contrario considerato che si trattava in tale sede di effettuare una valutazione specifica, diretta a specifici fini e con riguardo a particolari ambiti territoriali ed a particolari risorse naturali, il che richiedeva necessariamente la previa rappresentazione di tali situazioni e la valutazione dellimpatto dellattivit che si trattava di programmare. Tale carenza non risulta rimediata nellambito del procedimento di Valutazione, visto che il giudizio conclusivo del Comitato non lascia percepire in che termini siano stati considerati tutti gli eventuali effetti del Calendario sugli interessi protetti. Daltronde, linidoneit dello studio presentato ad evidenziare i fattori rilevanti emergeva dal parere ISPRA (la valutazione dincidenza della caccia sulla conservazione di ciascuno dei siti della Rete Natura 2000 dovrebbe essere effettuata, sito per sito, avendo a riferimento il relativo formulario o il piano di gestione se approvato) ed era stata segnalata da una pluralit di soggetti intervenuti, tra cui gli Enti Parco Nazionale dAbruzzo e Parco Nazionale Gran Sasso-Laga. Cosicch gli esiti del procedimento, non avendo alla base una studio idoneo a valutare tali incidenze, non riescono a dar conto se siano state o meno considerate le possibili interferenze e come le stesse siano state valutate. 7.1 Il capo E del ricorso deduce essere state disattese le indicazioni ISPRA in merito alluso di munizioni atossiche per la caccia agli ungulati. La difesa regionale obietta che luso di munizioni al piombo non vietato e ricorda le iniziative delle amministrazioni provinciali dirette alle sensibilizzazione e responsabilizzazione del mondo venatorio sulle conseguenze nocive derivanti dalluso di munizioni tossiche. La doglianza fondata. Si tratta di prescrizione in prima battuta imposta dal predetto Comitato VIA che, richiamata lesigenza, scaturente da fonte comunitaria, che il prelievo venatorio non deve rappresentare una minaccia significativa per le azioni di conservazione delle varie specie di uccelli, cacciabili e non

cacciabili, ha ritenuto conseguente la possibilit di vietare luso di pallini di piombo in tutte le aree dove sono presenti specie necrofaghe protette dalla Direttiva Uccelli e quindi, con ulteriori specifiche, di introdurre il divieto di uso dei pallini a piombo anche nelle zone umide. Al riguardo va osservato che, a fronte di quanto evidenziato dal Comitato e considerato che ISPRA aveva espresso il suggerimento di valutare lopportunit di prevedere lutilizzo di munizioni alternative per la caccia agli ungulati (oggi facilmente reperibili sul mercato e caratterizzate da prestazioni balistiche e costi simili a quelle tradizionali), in considerazione dei seri effetti negativi sulla conservazione delle popolazioni dei rapaci necrofagi nonch della riscontrata potenziale pericolosit anche per la salute umana, il punto 16 del capo M del Calendario ha espresso analoga raccomandazione in tal senso, riservandosi la Regione (punto 18) di dettare future norme regolamentari relative alluso di cartucce e proiettili di piombo. Il che ad avviso del collegio non soddisfa le predette indicazioni, visto che non risulta effettuata alcuna specifica concreta valutazione, considerati i seri effetti negativi sulle specie protette, in ordine allopportunit di estendere il divieto (invece introdotto per la caccia agli uccelli acquatici nelle zone umide: capo M, punto 14) e tenuto conto che ISPRA aveva segnalato che ladempimento non incontrava particolari difficolt applicative. 7.2 - Il capo G del ricorso deduce la violazione dellart. 8 DPR 357/1996 nonch difetto di istruttoria e di motivazione, sul rilievo che lEnte Parco nazionale dAbruzzo, Lazio e Molise, in parere ritenuto obbligatorio, aveva richiesto che nelle aree di insistenza dellOrso bruno marsicano, zona A dellaccordo PATOM per la tutela della specie in questione, la caccia non potesse essere aperta prima del 1 novembre, e ci per evitare disturbi in periodi particolarmente critici per la specie, secondo i principi di cui alla Direttiva Habitat 43/92/CE recepita con DPR 357/97. Viene dedotto che dopo un iniziale adeguamento a tale indicazione, su richiesta dellUfficio regionale procedente, il Comitato CR-VIA con il giudizio 1841 del 13/9/2011, recepito con DGR 621/2011, ha infine ritenuto che la caccia nelle zone A del PATOM e nella Zona di Protezione Esterna del Parco Nazionale dAbruzzo Lazio e Molise viene esercitata nel rispetto delle date previste per le singole specie dal presente calendario venatorio adeguato al precedente parere sopra richiamato senza tuttavia effettuare alcuna considerazione di carattere scientifico a supporto della scelta. Sul punto il collegio ritiene marginale la rilevanza del parere ISPRA in ordine al grado di disturbo delle varie modalit di caccia al cinghiale, su cui si basato il giudizio del Comitato VIA e su cui si sofferma la difesa regionale. Il precedente giudizio del Comitato aveva infatti preso in considerazione il disturbo arrecato dallattivit venatoria esercitata nella predetta zona A, ritenendo che lapertura dovesse essere posticipata al 1 novembre in modo da non interferire con la fase di iperfagia dellorso marsicano. La successiva determinazione parte dallassunto che un espresso divieto sussiste per la sola caccia al cinghiale nella forma della braccata, cosicch il successivo parere si limitato a prevedere divieti riguardanti soltanto tale forma particolare, riportando nella disciplina generale in ordine allapertura tutta la restante attivit (punto 1 del dispositivo del parere del Comitato). La censura riguarda quindi proprio la sottoposizione di tale area alla disciplina generale, ritenendosi cos consentite azioni di disturbo dellOrso bruno marsicano, ed essa appare manifestamente fondata, visto che non espressa alcuna motivazione che ha portato a riconsiderare la scelta precedente. Non vi in particolare alcuna valutazione delle osservazioni procedimentali dellEnte Parco nazionale dAbruzzo, che aveva segnalato la sovrapposizione tra il periodo di apertura e la fase di iperfagia, cosicch dagli atti non emerge levidenziazione dellassenza di impatto delle attivit in questione. Non si tratta, peraltro, di sostenere lobbligatoriet dei pareri degli Enti Parco nellambito del procedimento di adozione del Calendario, esclusa dalla difesa regionale, visto che le osservazioni degli enti medesimi sono state espresse nellambito della Valutazione di incidenza a cui tali enti hanno partecipato. Era pertanto necessario valutare adeguatamente, dandone conto con congrua motivazione, lincidenza dellattivit sulla specie protetta, funzione specifica a cui il procedimento era finalizzato. 7.4 Le carenze della valutazione effettuata e la mancanza di motivazione sui punti specifici suddetti

conduce quindi allaccoglimento delle censure esaminate relative alla Valutazione di incidenza. 8 Con il capo H del ricorso si deduce violazione dell'art. 10, comma 1, l. 353/2000, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione ed illogicit manifesta in quanto il capo M, punti 6 e 7, del Calendario omette di indicare le zone colpite da incendi in cui vige il divieto di caccia, limitandosi di imporre alle province la relativa segnalazione. Dai siti web delle amministrazioni provinciali non sarebbe tuttavia possibile reperire alcuna mappa delle aree in cui vige tale divieto, sicch lo stesso sarebbe di fatto inoperante. Il collegio osserva che subordinare l'inclusione delle aree percorse da incendi nell'ambito delle zone in cui vige il divieto di caccia all'espletamento di una futura attivit amministrativa realizza una sostanziale vanificazione della portata precettiva della norma con conseguente compressione e potenziale azzeramento del termine di divieto previsto dalla legge 353/2000 (T.A.R. Liguria, sez. II, 1 settembre 2004, n. 1340, richiamata da parte ricorrente), il che tuttavia non sembra essere avvenuto nel caso di specie. Non vi , infatti, una previsione subordinata ad un accertamento futuro, ma un divieto che, in conformit alla legge [1 comma, u.p.: Sono altres vietati per dieci anni, limitatamente ai soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco, il pascolo e la caccia], opera immediatamente. Alle province invece demandato il compito operativo di segnalare le aree in questione per rendere effettivo il divieto, deve ritenersi si tratti di attivit da effettuarsi sulla base del relativo catasto la cui formazione (ed aggiornamento annuale) demandata ai comuni (2 comma). Le ricorrenti non deducono che presso i comuni non siano disponibili i dati che consentano la perimetrazione di tali aree e rendano possibile loperazione di apporre le tabelle di divieto. Lassunzione del compito, in sede di Calendario, di individuare direttamente tali aree per rendere effettivo il divieto di caccia che in esse vige potrebbe essere sostenuta solo nel caso di una totale inadempienza dei comuni agli obblighi imposti dalla legge e quindi in presenza dellimpossibilit di individuare in tal modo tali aree. Non viene tuttavia dedotto che si versi in tale situazione. Daltronde, le ricorrenti riferiscono di statistiche ufficiali del Corpo Forestale dello Stato, dei cui dati (ai sensi della normativa citata) i comuni si avvalgono ai fini della formazione e aggiornamento del catasto, il che lascia presumere che nelle competenti sedi tali cartografie siano disponibili e consentano quindi lindividuazione delle aree medesime. Il motivo perci infondato. 9 - Con il motivo sub I) si censura il Capo A) del provvedimento che fissa, per quindicine, gli orari convenzionali di caccia. Va sul punto ribadito quanto gi osservato con sentenza 387/2010, ritenendosi di per s illegittima la fissazione di un orario convenzionale valido per tutto il territorio regionale rispetto alla previsione della legge statale [la caccia consentita da un'ora prima del sorgere del sole fino al tramonto: art. 18, 7 comma], visto che lindicazione uniforme non tiene conto che anche tale aspetto attiene a quel nucleo minimo di salvaguardia (Corte costituzionale, 21 ottobre 2005, n. 391), individuato sulla base di considerazioni fondate sul comportamento degli animali e sul grado di vulnerabilit di questi in relazione alle varie fasi della giornata, non modificabile in via amministrativa. Il che non esclude la possibilit di adottare atti di natura ricognitiva sulla base di dati provenienti da istituzioni scientifiche. Ci tuttavia presuppone lindividuazione di orari giornalieri (e non per blocchi di 15 giorni, con notevoli scarti orari nel passaggio da una fascia ed unaltra) che abbiano una fedele corrispondenza con i fenomeni naturali presi in considerazione dalla legge. 10. Nei limiti suddetti il ricorso va quindi accolto. Il giudizio resta sospeso sulla questione residua. 11. Spese allesito definitivo del giudizio P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo, pronunciando sul ricorso in epigrafe, in parte lo accoglie, per altra parte lo rigetta. Sospende il giudizio sul capo residuo e dispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, come da separata ordinanza. Spese al definitivo.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa. Cos deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati: Cesare Mastrocola, Presidente Elvio Antonelli, Consigliere Alberto Tramaglini, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 25/06/2012 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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