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Incontro con Luca di Branco

Che cos’è la pittura per te?

Mi viene in mente quello che diceva Agostino a proposito del Tempo: "io so che cosa
é il tempo , ma quando me lo chiedono non so spiegarlo ".
Insomma, è un concetto intuitivo, una sorta di “a priori” Kantiano, é una pratica
strettamente intessuta nella mia natura, un' ossessione, forse …
E’ difficile parlare della pittura, perché non è legata al linguaggio naturale, ma
all’istinto. A me piace osservare, sono poco propenso alla comunicazione verbale
molto di più a quella visiva. Dipingo perché non so fare altro. “Mi piace
guardare”, come Chance Giardiniere in “Oltre il giardino”. E' un’ossessione, dicevo,
sono avido di immagini, forme, colori…Il mio rapporto con la pittura é controverso ,
sono costantemente in bilico tra l'esaltazione e lo sconforto, ma penso sia una
caratteristica comune di chi pratica un' attività “creativa” Mi piace e mi riappacifica,
invece guardare la pittura degli altri, dei pittori che stimo, fossi stato ricco sarei stato
un gran collezionista!

Cosa ha di peculiare per te il mezzo pittorico ?

L'intuitività, appunto, dipingere, disegnare, non richiede particolari sovrastrutture


culturali, insomma chi ha dipinto le grotte di Lescaux non aveva una preparazione
all’Accademia di Belle Arti eppure ha realizzato pitture meravigliose …
L’interiorità, l’istintualità… il pittore può anche non essere dotato di un gran bagaglio
di conoscenze, ma può basare il suo lavoro su una forte istintualità, su una “visione”
estemporanea, direi quasi, “casuale”. Schifano, ad esempio, mi disse, a proposito
degli intellettuali che parlavano della sua pittura :”Io sono uno che lavora con le
mani”, per sottolineare anche l’aspetto, artigianale e fisico della pittura, non
necessariamente intellettuale.

(Cosa diversifica la pittura dagli altri mezzi, linguaggi espressivi?)

Che valore dai al tempo nella pittura? Che valore ha per te nel
mondo contemporaneo? Esiste una pittura contemporanea
e una pittura sorpassata? Cosa rende contemporanea la
pittura

Dice Moravia in un bel dialogo con Piero Guccione: “la durata in un quadro non è di
sicuro quel che è la durata in un romanzo. In un quadro la durata è la profondità: la
pittura ti dà la sensazione che il tempo investa come un'onda gli oggetti
rappresentati...” (Piero Guccione -la dolcezza delle cose- linea d'ombra libri, 1999).
Mi viene in mente allora l'InnocenzoX di Velasquez alla Galleria Doria Pamphili, che
attraverso i secoli ci guarda severo, giudicandoci. Un quadro, un bel quadro, in fondo
è come un buco nero, nel suo orizzonte degli eventi il tempo si dilata...
Un quadro di Velasquez è presente , vivo, “attuale” anche al di là dell’iconografia,
di ciò che rappresenta. Il linguaggio della pittura, la sua “materia viva” sono il gesto,
il segno, le pennellate, rapidissime in Velasquez; la pittura , i quadri , sono come le
equazioni matematiche, per capirle appieno, per assaporarne la bellezza bisogna
conoscere quel linguaggio, la parola, non basta per descriverle.
Ho letto che Bacon, che a Velasquez si ispirò per le sue versioni drammatiche
dell’Innocenzo X, non volle confrontarsi dal vivo con il quadro, una volta a Roma
inventò molte scuse per non andare alla galleria doria pamphilj, chissà forse per il
timore di rimanere schiacciato dal confronto...

Esiste una pittura contemporanea e una pittura sorpassata?


Non credo esista una pittura sorpassata, in fondo tutti quelli che dipingono oggi lo
fanno, consapevolmente o no, “sulle spalle dei giganti”.
Quali materiali ti piacciono di più? Che importanza dai alla materia?

A me piace su tutti l'olio, per la sua duttilità. Mi permette ripensamenti in ogni


momento; come diceva Picasso, “la cosa peggiore e che non si finisce mai...Appena
si smette si ricomincia. Si può lasciare una tela da parte dicendoti che non ci metterai
più mano. Ma la parola fine, quella non puoi mai scriverla”.

La materia non è una discriminante che mi fa amare un pittore piuttosto che un altro.
Amo Auerbach, Freud, Kiefer, con le loro superfici tormentate e le pennellate grasse,
ma anche , Hockney, Richter, Tuymans e la loro pittura riflessiva, mentale, quasi
immateriale. O Bacon, in cui questi aspetti si sovrappongono, si integrano, a seconda
delle circostanze, ne prevale l'uno o l'altro.
La materia pittorica è sempre funzionale ad un'idea. Dipende dalla relazione che c’è
tra la materia e il concetto del quadro, è una di quelle cose difficili da definire, non
c'è una regola, una ricetta...
Mi piacciono pittori anche molto diversi tra loro, per esempio Rothko e Freud.
Bacon naturalmente, in cui la figura e l’astrazione vanno a braccetto...Mi affascina la
sua capacità di creare contrasti, la materia trasparente quasi acquerellata, il gesto
fluido, raffinatissimo e le improvvise esplosioni di materia, magari solo in un angolo
del quadro. Bacon ha una straordinaria attitudine alla sorpresa... Anche Freud, in
altro modo, mi appassiona, vedendo i suoi quadri dal vivo ho ammirato l' aspetto
quasi scultoreo della sua pittura, certi chiaroscuri sono creati anche grazie allo
spessore della materia che fa ombra sullo strato sottostante, come in un bassorilievo,
è impressionante la sua abilità nel gestire il colore.
Che importanza ha l’aspetto fisico, corporeo? (ossia
l’interagire del tuo corpo, e della tua mente ovviamente,
con questa materia)

La pittura é un'attività sportiva a tutti gli effetti! Lorenzo Pavolini in uno scritto per la
mostra di Bernardo Siciliano “The tennis player”, lo definisce un “maratoneta in
spazi stretti” per i molti chilometri percorsi all'interno dello studio, facendo la spola
tra il cavalletto, la tavolozza, una sedia distante dal quadro, per meglio osservarlo. Ha
fatto un calcolo piuttosto preciso, più o meno 1300 km l'anno, in uno studio; non
male, ci si arriva, a piedi, in un anno, da Bolzano a Palermo.
Questa attività di avvicinarsi, allontanarsi, guardare il quadro sottosopra, allo
specchio, è anche un modo per estraniarsi dal quadro, per “vederlo” in un modo più
oggettivo, “impersonale”. La cosa, naturalmente risulta impossibile...

Che rapporto hai con il tempo della pittura? Trovi che ci sia una discrepanza con il
tempo del mondo contemporaneo?( La pittura, ad esempio, porta ad una riflessione,
ad una contemplazione e ad una stratificazione del tempo che si condensa nel quadro,
sia durante la sua realizzazione, che nella sua fruizione. Trovi che questo “tempo della
pittura dunque vada in qualche modo “controcorrente” rispetto alla velocità con la
quale si fruiscono oggi le immagini (per lo più digitali, o riprodotte) e la velocità del
consumo delle cose?

I tempi di produzione delle creazioni artistiche sono effettivamente forse un poco


anacronistici rispetto ai tempi di fruizione che, nella società odierna, si è disposti a
dedicargli, ma non sono un sociologo, non so.
Personalmente il mio rapporto con il tempo della pittura è racchiuso in un esempio
che faceva Einstein per raccontare in modo simpatico la teoria della relatività: ad una
persona seduta su un termosifone bollente, un minuto sembrerà un'ora, ad un uomo in
compagnia di una bella ragazza un'ora sembrerà un minuto.
Ecco quando sono di fronte ad una tela, il tempo si espande, il mio tempo non è lo
stesso di chi è fuori dal mio studio. Sono lento, direbbe qualcuno, ma a me va bene.
Il tempo di realizzazione è un tempo lungo, si dilata con la pittura. Personalmente
non mi interessano i tempi della società.
Un quadro non finisce mai, come dicevo prima,vorresti sempre migliorarlo, ad un
certo punto non ce la fai più. Si sospende per un po’il lavoro, si rigira, e poi si
riguarda dopo un po' di tempo, il tutto per tentare di demarcare una sorta di “confine
psicologico”. I quadri, nel mio caso, finiscono “per sfinimento”.

Che rapporto ha la pittura con la memoria, l’immaginazione, la realtà?


Sono la pittura, sono le cose per le quali la pittura esiste, e mi interessano in ugual
misura. Penso a Richter e al suo “Atlas”, o al ciclo sulla Baader Meinhof, riflessioni
sulla memoria e la storia. Amo De Chirico e la sua metafisica, gli incubi di Bosch.
Poi quella linea che va da Caravaggio e arriva a Freud, Lopez Garcia, la realtà nella
sua crudezza.
Perché è differente vedere un quadro dal vivo, piuttosto che riprodotto? L’esperire
dal vivo un quadro (e dunque la sua “aura”) è una pratica che per Benjamin andava
scomparendo nell’epoca moderna, a causa dell’avvento del cinema, della fotografia.
Questa diffusione di massa dell’immagine riprodotta, dell’arte, era vista da lui
positivamente, come occasione di emancipazione politica più diffusa. La domanda è: è
scomparsa veramente la necessità di un’aura? Nei musei, nelle gallerie, tra il pubblico,
per i pittori… ovviamente per i pittori è qualcosa di vitale. Cosa ne pensi tu di questo?

Non so se i quadri abbiano un' “aura” o meno, più prosaicamente penso che un
quadro non sia solo un’immagine bidimensionale, è un oggetto concreto, ha una
materia , delle dimensioni, non valutabili da una generica riproduzione. La pittura
vibra e cambia a seconda della luce che la investe o per una minima variazione
dell'angolo di visuale. Ho letto da qualche parte , che per vedere il giusto rapporto tra
i colori, si deve osservare un quadro dalla distanza doppia della sua diagonale.
Insomma, vedere un quadro “dal vivo” é oggettivamente un'esperienza affatto diversa
dalla fruizione di una riproduzione. Così come andare a teatro è diverso dal vedere lo
stesso spettacolo in tv.

Pensiamo ai grandi cicli decorativi, dove lo spazio in cui sono inseriti è parte
integrante dell'esperienza estetica. Penso alla cappella Sistina, ad esempio, in
riproduzione è indecifrabile, devi starci là sotto per farti coinvolgere dalla vertigine!
Le trasparenze della luce del colore che cerca Rothko, da una riproduzione non le
vedi. La materia di Freud, di Caravaggio vanno viste dal vero. Un quadro di Sironi
alla Galleria Nazionale di Arte Moderna (oggi sparito nel nuovo allestimento-smart.
ndr.) visto dal vero mostra una materia incredibile, strati di olio, colature, vernice
finale, che dalla riproduzione non percepisci. Lo stesso vale per Burri, Fontana, dal
vero percepisci la profondità delle superfici, o dei solchi, dei tagli, che nella
riproduzione vengono banalizzati, privati della loro finalità drammatica.
Si può dipingere un termosifone e fare un capolavoro. L’importante è come si
dipinge. Penso a Lopez Garcia che disegna stanze vuote, lavandini, le cose più ovvie
dell’esperienza quotidiana, ma le fa diventare delle icone, oggetto di un’esperienza
estetica pura. Come l’uovo di Piero della Francesca.
Le candele di Richter, scottano, senti il calore della fiamma. Materia che vibra pur
non essendoci niente. Sembra semplicissimo. Lui è un artista fenomenale, è
concettuale, fotorealista, astratto, fa collage, è un eclettico, insomma, e in tutto
quello che fa è geniale. Non si pone il problema di fare dei quadri “alla Richter”, ma
sperimenta, prova.
Il tuo fare pittura ha a che vedere con la voglia di
lasciare un segno, sottoforma di “cosa tangibile”
duratura nel tempo?
La tendenza dell’arte da un po’ di decenni a questa
parte è di sostenere semmai l’aspetto effimero, che si
autodistrugge, temporaneo, e anche più concettuale-
performativo del fare arte. Forse perché la coscienza
contemporanea sente di più la precarietà del vivere,
del mondo, dice Ruggero Savinio. Che ne pensi?

No, mi sembrerebbe presuntuoso, poi l'entropia è una legge fisica inevitabile.


Quel che dice Savinio è senz'altro vero, penso sia una giusta presa di coscienza
delll'inesistenza di valori assoluti.

Credi che in Italia ci sia meno attenzione verso pittura rispetto agli altri paesi? Che si
tenda cioè a marginalizzarla un po’ rispetto ad altri linguaggi? Che impressione hai?
E nel resto del mondo?

Nessuno oggi vuole sottovalutare l’importanza della pittura, credo.


Semplicemente penso che oggi abbia un valore meno importante nella società
rispetto ad un tempo, quando era l’unico mezzo di rappresentazione visiva, ed era
anche in molti casi un mezzo di propaganda (pensiamo alla controriforma, al
Realismo Socialista…). Oggi no, oggi è legata al mercato , nel quale rappresenta
anche un fenomeno di nicchia, se vogliamo.
I media hanno limitato il raggio di azione della pittura, ma questo non mi interessa.
Personalmente sono curioso e m’interessano le nuove tecnologie, so usarle, sono un
uomo del mio tempo, poiché se voglio avere un senso critico del mondo devo
conoscerlo.

Hai avuto voglia di contaminare i vari mezzi del fare


arte?

Non uso altro oltre l’olio, mi piacerebbe ma non ho tempo per imparare altro.
Semplicemente mi piace dipingere, e dipingere ciò che amo.
Per quanto riguarda il sistema del mondo dell’arte mi annoia, in effetti…Gli aspetti
politici intorno all’arte non i interessano. Non ho una coscienza sociale (ride. Ndr).
L'unica cosa che trovo interessante è essere di fronte ad una tela bianca e provare a
dipingere qualcosa, senza, per dirla con Casorati, “le teoriche, le ipotesi, gli schemi, i
gusti, le rivelazioni e le restaurazioni...”.
Insomma, il tema della contemporaneità è certamente affascinante, ma non sono
dotato degli strumenti per addentrarmici…
Io: il limite del linguaggio pittorico è forse che deve ruotare attorno al mondo delle
gallerie, dei musei, dei mercanti, per questo è stata criticata negli anni ‘60 e si sono
sperimentati nuovi linguaggi che volevano uscire da questo mondo “”borghese”,
attraverso il linguaggio della Land Art, della performance, la Street Art oggi, anche
se però alla fine anche questi linguaggi spesso rientrano dalla finestra dello stesso
mondo che vanno criticando.
L: Certo, dici bene. In fondo, che se ne sia consapevoli o no, siamo tutti dentro una
società borghese, la cultura è fruita per lo più dalla borghesia, chi deve lavorare duro
per vivere difficilmente ha tempo per queste cose.
Io: Però nei musei ci vanno masse di persone
Luca: é vero, in alcuni musei, e per le ragioni sbagliate...(ricordi il boom del Louvre
ai tempi del “codice Da Vinci”?) , fa parte del marketing. Ricordo ancora una visita
solitaria alla pinacoteca Ambrosiana a Milano e le interminabili liste di attesa per
vedere il Cenacolo di Leonardo... Tutti vanno a vedere Van Gogh, ma non so se lo
capiscono veramente. E’ diventato così noto, una superstar, anche a causa della sua
biografia estrema, è diventato un fenomeno mediatico. Inoltre nei grandi Musei non
si riesce a vedere un quadro con il giusto tempo, con la giusta calma. Ci sono folle
oceaniche di fronte alla Gioconda, (che tra l’altro è coperta è da un vetro che
impedisce di apprezzare in pieno lo sfumato leonardesco) e nessuno che si accorge
della Vergine delle Rocce . Sempre parlando di Leonardo , ho un ricordo indelebile
della Dama con l’ermellino, che sono riuscito a vedere dal vivo, al Quirinale, dopo
una lunghissima coda. Il custode pretendeva che dopo un minuto me ne andassi. Io
mi sono imposto e ci sono stato quanto ho voluto.
Quando un quadro è finito? Quando una composizione "funziona"?
Un quadro funziona quando riesco a percepirvi una tensione, una sorta di equilibrio
precario, come in una scossa di terremoto di scarsa entità, una vertigine...

Cosa ti ha
insegnato la pittura in tutti questi anni?

l'umiltà.

La pittura figurativa contemporanea è poca? Molta? Che


difficoltà incontra la figurazione oggi? Ne incontra?....

La pittura figurativa non incontra difficoltà, anzi il contrario! Mi sembra che oggi, nel
mondo, vi sia un rinnovato e sempre più vasto interesse per la “figurazione. Oggi è
pieno di artisti della figurazione, anche bravissimi, come ad esempio il colombiano
Nicolas Uribe, o Alex Kanewsky, in U.S.A. , o Jenny Saville, Anne Gale... Anche
nelle accademie si riflette questa ritrovata esigenza – il mio amico Bernardo Siciliano
che insegna pittura figurativa alla New York Academy of Art mi racconta di un
grande fermento intorno alla figurazione, di una grande attività dei pittori, impegnati
in conferenze, workshop e quant'altro...
Quali sono i tuoi contenuti ?
Mi piace la figura umana, semplicemente perché è la cosa da cui tutti siamo attratti,
siamo ossessionati da noi stessi e dagli altri da noi. Anche gli oggetti, le cose, sono un
pretesto per un’idea, per un gesto...
Un mio gallerista disse che “ i miei quadri sono così realisti da essere astratti”.
Questo perché il pittore non dipinge quel che vede, ma quel che vuole vedere. “Ceci
n'est pas une pipe” dice Magritte, non c'è identità tra la pittura e la realtà, tra per cui
in sostanza si può dire che la pittura è tutta astratta.
Vorrei essere tutti i pittori che stimo, questo è il mio problema, in un quadro
inconsciamente vorrei mettere tutto quello che ammiro in altri pittori. Riuscire a fare
una crasi tra Velasquez, Freud, Bacon, Richter…conciliare l'inconciliabile...
Mi interessa una pittura disturbante, di fronte alla quale non si può rimanere
indifferenti (come l’Innocenzo X Di Velasquez o la donna appoggiata agli stracci di
Freud), una idea di presenza, di incombenza, che non sia decorativa.

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