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SOMMARIO

1. RICHIAMI SUL MODELLO CIRCUITALE ...........................................5


ELEMENTI PER LA DESCRIZIONE DEI COMPONENTI .................................................... 6
ELEMENTI PER LA DESCRIZIONE DELLE INTERCONNESSIONI...................................... 9
DISPENSE DI FORMA CANONICA DELLE EQUAZIONI CIRCUITALI. ................................................. 11
2. BIPOLI FONDAMENTALI ....................................................................15
ELEMENTI DI CLASSIFICAZIONE .............................................................................. 15

TEORIA DEI CIRCUITI


BIPOLI ELEMENTARI A-DINAMICI ............................................................................ 18
CONDENSATORE NON LINEARE ............................................................................... 22
INDUTTORE NON LINEARE ....................................................................................... 24
3. DOPPI BIPOLI FONDAMENTALI........................................................27
GENERATORI CONTROLLATI ................................................................................... 27
PER IL CORSO DI TRASFORMATORE IDEALE E GIRATORE ................................................................... 30
AMPLIFICATORE OPERAZIONALE ............................................................................ 33
Funzionamento in regione lineare ....................................................................35
Funzionamento in regione non lineare .............................................................36
RETI ELETTRICHE COMPLESSE 4. CARATTERIZZAZIONI DEGLI M-PORTA LINEARI ........................40
E SIMULAZIONE CIRCUITALE RAPPRESENTAZIONE IN FORMA IMPLICITA DEI DOPPI BIPOLI LINEARI ..................... 40
RAPPRESENTAZIONI R, G, H DI DOPPI BIPOLI LINEARI PASSIVI ................................ 42
RAPPRESENTAZIONE DI TRASMISSIONE T DI UN DOPPIO BIPOLO LINEARE ............... 44
RAPPRESENTAZIONE “SCATTERING” S DI UN DOPPIO BIPOLO LINEARE.................... 46
M. DE MAGISTRIS DOPPI BIPOLI LINEARI NON RECIPROCI E ATTIVI ...................................................... 49
ALCUNI ESEMPI SUI DOPPI BIPOLI ............................................................................ 50
ESTENSIONI AI MULTI-PORTA LINEARI .................................................................... 54
5. COMPLEMENTI DI TOPOLOGIA CIRCUITALE ...............................56
RICHIAMI SUI GRAFI ................................................................................................ 56
MATRICE DI INCIDENZA DI NODO ............................................................................ 58
MATRICE DI MAGLIA ............................................................................................... 61
PARTE I: MATRICE DI TAGLIO ................................................................................................ 63
RELAZIONI TRA GRANDEZZE DESCRITTIVE DI ALBERO E COALBERO ....................... 63
RELAZIONI TRA LE MATRICI TOPOLOGICHE ............................................................. 64
APPROFONDIMENTI SUL CENNI ALLA GENERAZIONE E MANIPOLAZIONE DI MATRICI TOPOLOGICHE.............. 66
ALBERO PROPRIO E PATOLOGIE TOPOLOGICHE........................................................ 68
MODELLO CIRCUITALE 6. FORMULAZIONI ALTERNATIVE DELLE EQUAZIONI CIRCUITALI
73
ED I CIRCUITI NON LINEARI
POTENZIALI DI NODO E MATRICE DI INCIDENZA ...................................................... 73
Matrice delle conduttanze ai nodi.....................................................................77
Potenziali di nodo modificato: forma matriciale ..............................................80
CORRENTI DI MAGLIA E MATRICE DI MAGLIA .......................................................... 82

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MATRICI TOPOLOGICHE E TEOREMA DI TELLEGEN ................................................. 84
FORMA CANONICA ED EQUAZIONI DI STATO ........................................................... 85
Equazioni di stato e circuito resistivo associato............................................... 86
Condizione (sufficiente) di unicità della soluzione per un circuito a-dinamico90
Albero proprio ed equazioni di stato ................................................................ 92
Equazioni di stato in presenza di elementi dinamici non lineari ...................... 93
Forma canonica e spazio delle configurazioni ................................................. 95
Condizioni di esistenza delle equazioni di stato ............................................... 99
7. CIRCUITI MAL POSTI E FENOMENI DI “IMPASSE”..................... 103
ANALISI CIRCUITO RCDT VIA LINEARIZZAZIONE.................................................. 106
ANALISI QUALITATIVA GLOBALE PER IL CIRCUITO RCDT ..................................... 108
CIRCUITO RLDT, “IMPASSE” E FENOMENO DI SALTO ............................................ 109
CIRCUITO RLCDT E SOLUZIONE DELL’IMPASSE ................................................... 112
DINAMICA QUALITATIVA DI UN OSCILLATORE CON SALTO ................................... 114
8. ESISTENZA ED UNICITÀ DELLE SOLUZIONI............................... 117
FUNZIONI LIPSCHITZIANE ..................................................................................... 117
TEOREMA DI PEANO ............................................................................................. 120
TEOREMA DI PICARD-LIENDELOEF ....................................................................... 120
TEOREMA DI ESISTENZA ED UNICITÀ “GLOBALE” ................................................. 121
TEOREMA DI UNICITÀ NEL FUTURO ....................................................................... 128
DEFINIZIONI SULLA PASSIVITÀ E VINCOLI ENERGETICI ......................................... 128
CONDIZIONI DI UNICITÀ PER I CIRCUITI DINAMICI ................................................. 131

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6 Richiami sul modello circuitale

Ai componenti fisici corrispondono, nel modello circuitale, opportuni


elementi circuitali che ne rappresentano i relativi modelli, quali ad esempio il
resistore, generatore ideale, il diodo esponenziale etc., così come già noto da
1. Richiami sul modello circuitale altri corsi. La distinzione tra componente ed elemento circuitale è essenziale,
essendo quest’ultimo solo una rappresentazione matematica per il primo. Non
ci occuperemo, nell’ambito di queste note, del problema dello studio dei
componenti ai fini della loro caratterizzazione; è questo argomento tipico dei
corsi di modellistica. Val la pena di sottolineare comunque che, a seconda
delle applicazioni e situazioni in esame, lo stesso componente può risultare
Oggetto della prima parte del corso sarà il modello circuitale o di
rappresentato da modelli differenti; un classico esempio è il generatore, che a
Kirchhoff, con le sue principali proprietà. Vogliamo dunque richiamare i
seconda dei casi è opportuno modellare come “ideale” o “reale”.
presupposti fondamentali dal punto di vista fisico e rivisitarne le leggi
Sostituendo dunque ai componenti i corrispondenti elementi circuitali
(assiomi) che lo definiscono.
avremo un circuito (modello), che è dunque per definizione una qualsiasi
Un circuito fisico può essere definito come interconnessione di
interconnessione tra elementi circuitali.
componenti circuitali. Perché tale sistema sia modellabile come circuito,
Lo studio di un circuito fisico tramite il suo modello circuitale si basa
sappiamo che devono essere sostanzialmente trascurabili (dal punto di vista
(come per qualsiasi altro sistema fisico) su tre passaggi fondamentali: si deve
fisico) i fenomeni propagativi. Sotto tali ipotesi, dopo aver individuato nel
anzitutto costruire il modello a cominciare dal circuito fisico, sfruttando
circuito fisico i componenti e le connessioni (terminali) possiamo definire in
anche intuito fisico ed esperienza ingegneristica. Poi bisogna studiare
modo univoco le grandezze tensione tra i terminali dei componenti ed
qualitativamente e quantitativamente, con i metodi più appropriati
intensità di corrente negli stessi. In una impostazione assiomatica possiamo
(eventualmente con la simulazione numerica) il modello matematico. Infine i
guardare a queste grandezze come grandezze fisiche fondamentali, misurabili
risultati di tale studio vanno verificati sperimentalmente, validando così tutto
collegando ai terminali opportuni strumenti di misura (voltmetro ed
il processo.
amperometro). Le tensioni e le intensità di corrente sono, in generale,
Per i circuiti lineari (cioè quelli per i quali i modelli di tutti i componenti
funzioni del tempo, ma dobbiamo escludere che dipendano dal punto
sono lineari) la soluzione del modello si basa su proprietà molto favorevoli,
specifico dei terminali dove vengono inseriti il voltmetro e l’amperometro: se
che consentono di esprimere in modo analitico le soluzione, e dunque di
ciò capitasse vorrebbe dire che il sistema in analisi non è adatto ad essere
poterne determinare “a posteriori” tutte le proprietà. Per i circuiti non lineari
descritto dal modello circuitale (sarebbe in tal caso necessario ricorrere al ben
la soluzione analitica raramente è disponibile. Bisogna dunque
più complesso modello di Maxwell)
necessariamente affrontare la simulazione numerica. In tal caso, però, è di
Nelle ipotesi appena richiamate (cioè che sia possibile definire in modo
fondamentale importanza avere informazioni qualitative “a priori” che
univoco le tensioni tra i terminali e le intensità di corrente negli stessi) il
permettano di valutare l’attendibilità del risultato numerico.
modello circuitale risulta definito dalla validità dei seguenti postulati:
Una volta chiariti i presupposti del modello circuitale vogliamo
- per ogni nodo (congiunzione tra terminali) la somma (algebrica) delle
addentrarci maggiormente nella formulazione delle equazioni circuitali. Per
intensità di corrente è nulla (legge di Kirchhoff per le correnti, KCL);
far ciò è utile analizzare gli elementi necessari alla descrizione dei
- per ogni maglia (percorso chiuso tra terminali) la somma (algebrica)
componenti (in termini di grandezze circuitali) e quelli necessari alla
delle tensioni è nulla (legge di Kirchhoff per le tensioni, KVL);
descrizione delle loro interconnessioni.
- i componenti possono essere descritti in modo univoco da opportune
relazioni tra le tensioni tra i terminali e le intensità di corrente negli
stessi.
Elementi per la descrizione dei componenti
Per eventuali richiami su tali questioni fondamentali si rimanda, ad Va anzitutto richiamato che, se è verificata la legge di Kirchhoff per le
esempio, a [2-3]. tensioni, è possibile associare ai terminali (nodi) degli elementi una funzione
potenziale u (t ) in modo tale che la tensione tra due terminali qualsiasi v(t )

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Elementi per la descrizione dei componenti 7 8 Richiami sul modello circuitale

risulta essere espressa tramite la differenza tra i potenziali dei corrispondenti determinare tutte le altre grandezze definibili. L’insieme v d , i d rappresenta
nodi: dunque, un insieme minimo fondamentale. Si osservi che le variabili
descrittive sono in numero pari a 2( N − 1) .
vk (t ) = ui (t ) − u j (t ) (1.1) Nel caso più generale il funzionamento di ciascun dispositivo è descritto,
dunque, dalle relazioni, eventualmente di tipo funzionale, esistenti tra le
(sull’argomento potenziali di nodo torneremo più avanti in modo diffuso). A intensità di corrente e le tensioni, una volta scelto un insieme di grandezze
ciascun terminale (nodo) è dunque possibile associare un potenziale u (t ) ed descrittive:
un’intensità di corrente i (t ) .
Come abbiamo detto un circuito è definito come una connessione di un ℑ( v d , i d ) = 0, (1.2)
numero (finito) di elementi. Ciascun elemento è dotato di un certo numero N
di terminali. L’elemento sarà dunque caratterizzabile in generale tramite dove ℑ è in generale un funzionale che dipende solo dall’elemento
alcune relazioni tra i potenziali e le intensità di corrente. considerato. È molto importante e frequente il caso in cui tali legami si
Consideriamo un generico elemento con N terminali come rappresentato riducono ad una natura puramente algebrica, legando dunque in modo
in Figura 1.1. Preso un qualsiasi terminale come riferimento per i potenziali, istantaneo i valori delle grandezze descrittive:
possiamo considerare le N − 1 tensioni tra i terminali e quello preso come
riferimento, e le N − 1 intensità di corrente entranti nei terminali (escluso f ( v d , i d ) = 0. (1.3)
quello di riferimento). Osserviamo che con tale definizione le tensioni
corrispondono proprio ai potenziali dei terminali considerati, se il potenziale Gli elementi circuitali per i quali le relazioni caratteristiche sono di tipo
di quello di riferimento è assunto nullo. algebrico sono detti a-dinamici o senza memoria, mentre gli altri sono detti
dinamici o con memoria.
Un caso estremamente importante è quello nel quale il numero di terminali
è N = 2 ; in tal caso l’insieme delle grandezze descrittive si riduce ad una
tensione ed una corrente, ed il componente prende il nome (ben noto) di
bipolo.
Nel caso di un N -polo per il quale i terminali sono caratterizzati a coppie
dalla stessa intensità di corrente, tali coppie si definiscono porte e l’elemento
viene chiamato M -porte; in questo caso si ha che M = N / 2 . Il vincolo che
le intensità di corrente nei terminali costituenti la porta siano uguali (scelte
opportunamente le convenzioni) è un vincolo ulteriore rispetto a quello già
Figura 1.1 Un generico N -polo e le sue variabili descrittive evidenziato (cioè che la somma delle intensità di corrente di tutti i terminale è
Se per l’elemento valgono le leggi di Kirchhoff, è immediato constatare nulla). Esso può essere imposto dalla costituzione dell’elemento così come
che: dal modo in cui l’elemento è collegato al circuito. Per un M -porte, tenuto
- ogni ulteriore tensione definibile tra due terminali può ottenersi come conto dei vincoli sulle correnti, le variabili descrittive sono M tensioni ed
combinazione di quelle già considerate; M intensità di corrente.
- l’intensità di corrente del terminale assunto come riferimento è pari Va osservato che un generico N -polo può sempre essere considerato
alla somma, cambiata di segno, di quelle degli altri N − 1 terminali. come un M − porte con M = N − 1 se collegato come in Figura 1.2. Anche
Ha senso dunque definire v d = (v1N , v2 N ,...vN −1N )T come il vettore delle per tale motivo la caratterizzazione degli M − porte assume particolare rilievo
nello studio dei circuiti.
tensioni descrittive, i d = (i1 , i2 ,...iN −1 )T quello delle correnti descrittive.
Ebbene, la scelta fatta consente di caratterizzare univocamente l’elemento e di
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Elementi per la descrizione delle interconnessioni 9 10 Richiami sul modello circuitale

considerato l’insieme dei nodi, dei lati e della relazione (detta di incidenza)
che lega i lati ai nodi. Esso risulta molto utile per poter scrivere le equazioni
di Kirchhoff per il circuito ed analizzarne le rispettive proprietà di
indipendenza.
L’uso dei grafi per rappresentare le interconnessioni tra gli elementi
circuitali, così come di altri strumenti collegati ad essi (matrici topologiche)
consentiranno di approfondire le proprietà del modello circuitale e di trovare
diverse formulazioni delle equazioni circuitali (su ciò torneremo diffusamente
più avanti). In Figura 1.4 è mostrato un esempio di grafo orientato con 8 nodi,
Figura 1.2 Caratterizzazione come M -porte di un N-polo con N = M + 1 11 lati.
terminali

Elementi per la descrizione delle interconnessioni


Il circuito è dunque l’interconnessione, realizzata attraverso i terminali, di
più elementi circuitali. Abbiamo già definito i nodi come le congiunzioni tra
più terminali; se un terminale è connesso ad un nodo diremo che l’elemento
stesso è connesso al nodo attraverso il suo terminale.
Nel caso di un elemento a due terminali, esso inevitabilmente sarà
connesso a due nodi. È possibile rappresentare graficamente tale circostanza,
utilizzando un arco che leghi i due nodi in questione, cui diamo il nome di Figura 1.4 Un grafo orientato, un suo albero (tratto spesso), il relativo coalbero
lato. Se l’elemento in questione ha più terminali, una volta scelto l’insieme (tratto normale) ed i tagli fondamentali (linee tratteggiate) associati
delle tensioni e correnti descrittive, sarà comunque possibile associare all’albero.
opportunamente dei “lati” all’elemento per descriverne la connessione agli A partire dalla scelta di un suo albero e del relativo coalbero è possibile in
altri elementi del circuito, in termini delle variabili descrittive scelte. In modo univoco scrivere le leggi di Kirchhoff indipendenti alle tensioni
Figura 1.3 sono mostrate le rappresentazioni dei grafi elementari di un bipolo, (attraverso le maglie fondamentali) e alle correnti (attraverso i tagli
di un N -polo e di un M -porte. fondamentali:

i1 + i8 = 0 ⎫

i2 + i8 − i12 = 0 ⎪

−i3 − i9 − i12 = 0 ⎪


−i4 − i11 − i12 = 0 ⎬n −1 = 7 (1.4)

Figura 1.3 rappresentazione in termini di grafo elementare di un bipolo, di un i5 + i11 = 0 ⎪
N-polo e di un M-porte. ⎪
−i6 + i9 − i10 + i12 = 0 ⎪
L’utilizzo di nodi e lati per descrivere la struttura delle interconnessioni tra ⎪
gli elementi permette di introdurre ed utilizzare i concetti della teoria dei grafi i7 + i12 = 0 ⎪⎭
nella descrizione della interconnessioni tra gli elementi nei circuiti.
Ricordiamo brevemente che si definisce grafo associato al circuito
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Forma canonica delle equazioni circuitali. 11 12 Richiami sul modello circuitale

−v1 + v8 − v2 = 0 ⎫ Ha senso a questo punto porsi le seguenti questioni: le 2b equazioni


⎪ circuitali in forma canonica sono tutte indipendenti e compatibili? Ed in tal
v2 − v3 − v4 + v6 − v7 + v12 = 0 ⎪ caso la soluzione è unica?

⎪ Possiamo certamente affermare che, fatta eccezione di pochi casi molto
v9 − v3 − v4 + v6 − v7 = 0 ⎬ b − (n − 1) = 5 (1.5) particolari, le equazioni di interconnessione e le equazioni caratteristiche sono
⎪ tra loro indipendenti e compatibili. Per quanto riguarda l’unicità della
−v10 − v4 + v6 = 0 ⎪
⎪ soluzione invece, è importante osservare che va distinto il caso dei circuiti
v4 + v5 −v11 = 0 ⎪⎭ lineari da quello dei circuiti non lineari: infatti mentre per i circuiti lineari, se
le equazioni sono indipendenti e compatibili la soluzione è certamente unica,
per i circuiti non lineari ciò non è più garantito in generale! Facciamo due
L’indipendenza delle equazioni così scelte si verifica immediatamente semplicissimi esempi, riportati in figura, su quanto sopra affermato.
osservando che per costruzione esse contengono, ciascuna, un’incognita in
esclusiva, rispettivamente espresse dalle correnti dei lati di albero o dalle
tensioni di quelli di coalbero (termini riquadrati nelle eq. precedenti). È facile
mostrare come altre LK, prese arbitrariamente, possono sempre essere
espresse come combinazione lineare di quelle scelte nel modo descritto.

Forma canonica delle equazioni circuitali.


Si consideri un circuito connesso con n nodi e b lati. Se i lati sono b le
incognite del circuito sono in numero pari a 2b (cioè l’insieme di tutte le
tensioni e le intensità di corrente descrittive degli elementi presenti nel
circuito. Quali sono le equazioni circuitali fondamentali da utilizzare per la Figura 1.5 due esempi semplici di circuiti lineari e non lineari mal posti
sua analisi? In base a quanto abbiamo visto a proposito delle equazioni di
Kirchhoff indipendenti, possiamo dunque costruire il nostro sistema nel modo Il circuito di Figura 1.5a rappresenta due generatori di tensione ideali
seguente: collegati in parallelo; trattasi evidentemente di un circuito lineare, anche se un
- n − 1 equazioni linearmente indipendenti per le intensità di corrente, po’ particolare. Si possono avere i due casi:
ottenute applicando la legge di Kirchhoff per le correnti ad n − 1 nodi E1 = E2 , ∀i (eq. dipendenti, infinite soluzioni)
qualsiasi del circuito; (1.6)
- b − (n − 1) equazioni linearmente indipendenti alle tensioni, ottenute E1 ≠ E2 , (eq. incompatibili, nessuna soluzione)
applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni a b − (n − 1) maglie Il circuito di Figura 1.5b rappresenta invece un semplice circuito non
indipendenti del circuito lineare. In conseguenza delle proprietà della caratteristica i = g (v ) e degli
- b equazioni caratteristiche (indipendenti). altri parametri del circuito, è facile mostrare (risolvendolo per via grafica)
come si possano avere sia il caso di un modello ben posto (una soluzione) che
Il sistema di 2b equazioni (in altrettante incognite) così formulato prende
mal posto (più soluzioni.), come mostrato in Figura 1.6.
il nome di forma canonica delle equazioni circuitali. Ricordiamo che in tale
sistema le equazioni di Kirchhoff sono algebriche, lineari ed omogenee. Le
equazioni caratteristiche possono essere sia di tipo algebrico che di tipo
differenziale, a seconda della natura degli elementi. Se il circuito è costituito
da soli elementi a-dinamici, le equazioni circuitali sono di tipo algebrico. Se
nel circuito ci sono anche elementi dinamici, allora le equazioni circuitali
sono di tipo algebrico-differenziale.
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Forma canonica delle equazioni circuitali. 13

Figura 1.6 esempi di soluzione grafica per il circuito di Figura 1.5b, con la
possibilità di molteplici soluzioni.

Riferimenti bibliografici:
[1] M. HASLER, J. NEIRYNCK, Non Linear Circuits, Artech House, 1986,
ISBN 0-89006-208-0.
[2] L.O. CHUA, C.A. DESOER, E.S. KUH, Circuiti Lineari e Non Lineari,
Jackson 1991, ISBN 88-7056-837-7.
[3] M. DE MAGISTRIS, G. MIANO, Circuiti, Springer 2015 ISBN: 978-88-470-
5769-2.

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16 Bipoli fondamentali

2. Bipoli fondamentali

Nel costruire il modello circuitale è necessario introdurre un opportuno


“set” di elementi circuitali (dunque non componenti fisici) che ci permetta di
costruire i modelli dei circuiti che vogliamo studiare. A tal proposito andiamo
a rivisitare le definizioni e la classificazione di elementi per la maggior parte
già noti dai corsi precedenti, con obbiettivo di specificarne maggiormente le Figura 2.1 principali classificazioni degli elementi circuitali in base alle proprietà
proprietà matematiche. delle relative caratteristiche
È utile osservare che, da un punto di vista formale, l’insieme degli
elementi circuitali che vengono generalmente introdotti non è un insieme
Consideriamo dapprima i bipoli a-dinamici, cioè gli elementi circuitali con
minimo. Al contrario contiene qualche ridondanza, nel senso che alcuni
soli due terminali e caratteristica di tipo algebrico. Essi sono dunque
elementi possono essere espressi tramite altri, e viceversa. D’altro canto tale
caratterizzati da un legame costitutivo che può sempre essere espresso in
ridondanza permette spesso una migliore corrispondenza con i componenti
forma implicita come:
fisici.
f (v, i , t ) = 0 (2.1)
Elementi di classificazione
Un componente descritto da una relazione caratteristica algebrica del tipo
Come già accennato gli elementi circuitali vanno anzitutto classificati in dell’equazione (2.1) viene definito genericamente “resistore”. Nel caso
due grandi categorie: quelli a-dinamici (o statici, o senza memoria), e quelli (piuttosto frequente) in cui la caratteristica non dipenda esplicitamente dal
dinamici (o con memoria). I primi sono caratterizzati dal fatto che il legame tempo il resistore viene detto tempo invariante:
tra le tensioni e le intensità di corrente descrittive è di tipo algebrico, dunque
“istantaneo”. Per i secondi, invece, tale legame è in generale di tipo f (v, i ) = 0 (2.2)
funzionale, e dunque porta in qualche modo memoria della storia temporale
precedente all’istante considerato.
Ha senso poi distinguere gli elementi circuitali in tempo-varianti ovvero Possiamo definire per un generico resistore un valore di tensione
tempo-invarianti a seconda che le relazioni caratteristiche dipendano o meno ammissibile se esiste almeno un valore dell’intensità di corrente in
esplicitamente dal tempo. Un classico esempio sono i generatori con legge di corrispondenza del quale la caratteristica è verificata. Analogamente si
variazione temporale assegnata (es. sinusoidale). Inoltre gli elementi circuitali definisce un’intensità di corrente ammissibile.
si distinguono in lineari e non lineari a seconda che le loro caratteristiche Se la (2.2) può essere esplicitata nella forma i = g (v) il bipolo si dice
verifichino o meno la fondamentale proprietà di invarianza per combinazione controllato in tensione: ciò implica che ad ogni valore di tensione v
lineare. Un quadro grafico d’insieme delle classificazioni esposte è riportato corrisponde un unico valore di intensità di corrente i . Analogamente, se è
in Figura 2.1. possibile scrivere v = r (i ) si dirà controllato in corrente.
I concetti appena introdotti hanno un utilizzo alquanto immediato. Difatti:

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Elementi di classificazione 17 18 Bipoli fondamentali

- collegando un generatore di tensione (corrente) in parallelo (serie) analitiche, ovvero le caratteristiche note per punti (da misure) vengono
con un resistore per cui quel valore di tensione (corrente) non è interpolate con funzioni lineari a tratti. Vedremo più avanti come estendere
ammissibile, il modello non ha soluzione. tali criteri di classificazione agli elementi dinamici come condensatori o
- collegando un generatore di tensione (corrente) in parallelo (serie) induttori.
con un resistore controllato in corrente (tensione) potremmo Osserviamo infine che le caratteristiche lineari appartengono contempo-
trovare più soluzioni. raneamente ad entrambe le classi: dunque i modelli di circuiti lineari
In Figura 2.2 sono mostrati esempi di curve caratteristiche di bipoli per le godranno contemporaneamente delle proprietà di entrambe le classi di
quali si evidenziano le problematiche appena esposte. circuiti.

i i

I0

V0
v v

Figura 2.3: relazione tra gli insiemi delle funzioni smooth, lineari a tratti e lineari
(a) (b)
Dal punto di vista matematico queste due classi di funzioni rappresentano
Figura 2.2 a) esempio di tensione non ammissibile per il bipolo considerato; b) due realtà complementari: le funzioni “smooth” possono essere derivate senza
esempio di bipolo non caratterizzabile in corrente problemi, ma sono intrinsecamente non lineari; viceversa le funzioni lineari a
In relazione ai bipoli a-dinamici è possibile dare altre definizioni che sono tratti sono localmente sempre lineari, ma non sono derivabili ovunque.
di una certa rilevanza ai fini dello studio delle proprietà dei circuiti. In Possiamo immaginare di modellare lo stesso componente fisico sia con
particolare, per una generica funzione algebrica f è possibile dare le due funzioni smooth che con funzioni lineari a tratti: in dipendenza dalla scelta
fatta il modello potrà avere proprietà globali abbastanza differenti, pur in
seguenti definizioni:
presenza degli stessi componenti fisici!
Alla luce di quanto sin qui richiamato riprendiamo ora le definizioni di
- f funzione “smooth” (analitica, o indefinitamente derivabile)
alcuni elementi circuitali fondamentali.
- f funzione “piecewise linear” (lineare a tratti).
Ricordiamo inoltre che una funzione del tipo Bipoli elementari a-dinamici
n
f ( x1 , x2 ,...xn ) = b + ∑ ai xi (2.3) I bipoli elementari a-dinamici rientrano nella generica categoria dei
i =1 resistori, il cui simbolo è in generale quello in Figura 2.4. Osserviamo che
si dice “affine”, e lineare nel caso b = 0 . esso ricorda quello di un resistore lineare, ma è riquadrato da un rettangolo
Tali definizioni sono importanti per classificare dal punto di vista delle che simboleggia la maggiore generalità. Inoltre, in generale, è necessario
proprietà matematiche gli elementi circuitali non lineari, che a loro volta distinguere i due terminali, in quanto la caratteristica potrebbe essere non
determinano quelle del circuito di cui sono parte. simmetrica, e ciò è simboleggiato dalla banda nera accanto ad uno dei due
Nel seguito di queste note faremo una forte ipotesi: i nostri resistori terminali.
saranno sempre o “smooth” o “piecewise linear”. Tale ipotesi, che potrebbe
sembrare piuttosto restrittiva, è invece abbastanza realistica. Infatti, molto
spesso i componenti circuitali vengono modellati con funzioni elementari
Figura 2.4: simbolo del generico resistore non lineare
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Bipoli elementari a-dinamici 19 20 Bipoli fondamentali

Resistore lineare ( v = Ri ) Diodo (modello) esponenziale


i = I S ( ev VT − 1)

Figura 2.5: (a) simbolo del resistore lineare; (b) curva caratteristica

Figura 2.7: (a) simbolo del diodo; (b) curva caratteristica del modello
esponenziale
Generatori di tensione e corrente ( v = e; i= j)
Osserviamo che in questo caso la caratteristica è di tipo “smooth”, ed il bipolo
risulta controllabile sia in tensione che in corrente

Diodo (modello) lineare a tratti


⎪⎧i = G f v v≥0

⎪⎩i = Gi v v≤0

Figura 2.8: (a) simbolo del diodo; (b) curva caratteristica del modello lineare a
tratti
Figura 2.6: (a) simbolo del generatore di tensione (b) curva caratteristica (c)
simbolo del generatore di corrente (d) curva caratteristica Osserviamo che in questo caso la caratteristica è di tipo “piecewise-
linear”. Siccome si ha G f ≠ 0, Gi ≠ 0 il bipolo risulterà controllabile sia in
tensione che in corrente.

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Bipoli elementari a-dinamici 21 22 Bipoli fondamentali

Diodo (modello) ideale Tiristore (a gate disconnessa)

⎧v = 0 i≥0

⎩i = 0 v≤0

Figura 2.12: (a) simbolo del tiristore; (b) curva caratteristica

Nullatore e noratore
Figura 2.9: (a) simbolo del diodo; (b) curva caratteristica del modello ideale
Osserviamo che esso non è controllato né in tensione né in corrente, Un ruolo a parte meritano gli elementi nullatore e noratore (pseudo-
dunque esiste solo la forma implicita f (v, i ) = 0 per la caratteristica. bipoli), i cui simboli sono rappresentati in Figura 2.13. Il primo è
caratterizzato da v = 0, i = 0 , mentre il secondo ammette qualsiasi valore di
Diodo zener tensione e corrente ai suoi capi. Essi non sono bipoli in senso stretto, cioè non
possiamo descriverli con un legame del tipo f (v, i ) = 0 .

Figura 2.13: (a) simbolo del nullatore; (b) simbolo del noratore
Figura 2.10: (a) simbolo del diodo zener; (b) curva caratteristica
Diodo tunnel
Condensatore non lineare

Il condensatore (non lineare) è il bipolo definito dalle relazioni:

⎧ f ( q, v ) = 0

⎨ dq (2.4)
⎪⎩i = dt

Figura 2.11: (a) simbolo del diodo tunnel; (b) curva caratteristica
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Condensatore non lineare 23 24 Bipoli fondamentali

Figura 2.14: simbolo del generico condensatore non lineare

Come vediamo dalla definizione, esso è un bipolo dinamico, caratterizzato


da un legame differenziale (lineare) tra le variabili q ed i , e da uno algebrico
(in generale non lineare) tra le variabili q e v .
Figura 2.16: (a) simbolo del diodo varactor; (b) curva caratteristica
Facciamo anzitutto l’ipotesi che la funzione f sia di tipo “smooth” o
lineare a tratti. In analogia poi a quanto definito per i resistori, definiremo i
concetti di:
- tensione e carica ammissibili per il condensatore Induttore non lineare
- condensatore controllato in tensione o carica
Vediamo ora al solito alcuni esempi. L’induttore (non lineare) è il bipolo definito dalle relazioni:
⎧ f (ϕ , i ) = 0,
Condensatore lineare ( q = Cv ): ⎪
⎨ dϕ (2.6)
dv ⎪v =
i=C (2.5) ⎩ dt
dt

Figura 2.17: Simbolo del generico induttore non lineare


Come vediamo dalla definizione, anch’esso è un bipolo dinamico,
caratterizzato da un legame differenziale (lineare) tra le variabili ϕ ed v, e da
uno algebrico (in generale non lineare) tra le variabili ϕ e i. Anche in questo
caso facciamo l’ipotesi che la funzione f sia smooth o lineare a tratti. In
analogia poi a quanto definito per i resistori, definiremo i concetti di:
Figura 2.15: (a) simbolo del condensatore lineare; (b) curva caratteristica - flusso e corrente ammissibili per l’induttore
- induttore controllato in flusso o in corrente

Diodo Varactor Vediamo anche in questo caso alcuni esempi.

⎧ 2
Induttore lineare ( ϕ = Li ):

⎪ q (v ) = − C V 1 −
3 v ⎞ 3

⎪ 0 0 ⎜ ⎟ ,
⎨ 2 ⎝ V0 ⎠ di
⎪ dq v=L (2.7)
⎪i = . dt
⎩ dt

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Induttore non lineare 25 26 Bipoli fondamentali

Giunzione Josephson

Figura 2.18: (a) simbolo dell’induttore lineare; (b) curva caratteristica


Induttore su un nucleo ferromagnetico (con saturazione)
Figura 2.20 Caratteristica di una giunzione Josephson
a) modello polinomiale

i = aϕ + bϕ 3
b) modello lineare a tratti Riferimenti bibliografici:
[1] M. HASLER, J. NEIRYNCK, Non Linear Circuits, Artech House, 1986,
⎧ϕ ⎛1 1 ⎞ ISBN 0-89006-208-0.
⎪ − ϕ0 ⎜ − ⎟ ϕ > ϕ0
⎪ L1 ⎝ L1 L0 ⎠ [2] L.O. CHUA, C.A. DESOER, E.S. KUH, Circuiti Lineari e Non Lineari,
⎪ ϕ
Jackson 1991, ISBN 88-7056-837-7.

i=⎨ −ϕ0 ≤ ϕ ≤ ϕ0 [3] M. DE MAGISTRIS, G. MIANO, Circuiti, Springer 2015, ISBN 978-88-470-
⎪ L0 5769-2.
⎪ϕ ⎛ ⎞
⎪ + ϕ0 ⎜ 1 − 1 ⎟ ϕ < −ϕ0
⎪⎩ L1 ⎝ L1 L0 ⎠

i i

(a) (b)

Figura 2.19 caratteristica di un induttore saturabile: (a) polinomiale; (b) lineare a


tratti

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28 Doppi bipoli fondamentali

i1 = 0,
(3.1)
v2 = α v1 ,
3. Doppi bipoli fondamentali
dove α è una costante adimensionale detta rapporto di trasferimento di
tensione. Il simbolo di questo generatore controllato è riportato in Figura
3.1a. La porta “1” è equivalente ad un circuito aperto e la porta “2” è
equivalente ad un generatore ideale di tensione che impone una tensione
Abbiamo già introdotto gli elementi circuitali a più terminali, definendone dipendente linearmente dalla tensione della porta “1”.
le tensioni e le correnti descrittive, e mettendo in evidenza come possono
essere caratterizzati come N-polo. Una situazione molto frequente è che gli Generatore di tensione controllato in corrente
elementi a più terminali vengano invece caratterizzati raggruppando i Il generatore di tensione controllato in corrente è un doppio bipolo lineare
terminali a due a due in “porte”, imponendo che per ciascuna porta le correnti definito dalle relazioni caratteristiche:
entranti nei terminali siano uguali ed opposte; in tal caso parleremo di M-
porte. E’ appena il caso di osservare che, se anche il numero di terminali v1 = 0
dell’N-polo originale è dispari, è sempre possibile realizzare opportunamente , (3.2)
uno schema di caratterizzazione a multi-porta: basti pensare alla tipica v2 = ri1
caratterizzazione del transistore, nella quale uno dei tre terminali viene
considerato “comune” realizzando così una porta di ingresso ed una di uscita. dove r è una costante, che prende il nome di trans-resistenza del generatore
Passiamo ora in rassegna alcuni doppi bipoli fondamentali con le loro controllato; r si misura in ohm. Il simbolo di questo generatore controllato è
principali proprietà. riportato in Figura 3.1b La porta “1” è equivalente ad un corto circuito e la
porta “2” è equivalente ad un generatore ideale di tensione che impone una
tensione dipendente linearmente dall’intensità di corrente della porta “1”.
Generatori controllati
I generatori controllati sono doppi bipoli adinamici: una delle due
grandezze - tensione o intensità di corrente - ad una delle due porte è funzione
di una delle due grandezze - tensione o intensità di corrente - all’altra porta.
Per convenzione, la porta che funziona da “generatore” è la porta “2” e la
porta che “controlla” il generatore è la porta “1”. Considerando tutte le
possibili combinazioni si hanno i diversi possibili generatori controllati.
È particolarmente importante il caso dei generatori controllati lineari: in
tal caso la grandezza controllata risulta proporzionale alla grandezza di
controllo.

Generatore di tensione controllato in tensione


Il generatore di tensione controllato in tensione è un doppio bipolo lineare
definito dalle relazioni caratteristiche:

Figura 3.1: Simboli dei quattro tipi di generatori controllati lineari

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Generatori controllati 29 30 Doppi bipoli fondamentali

Generatore di corrente controllato in tensione opportuni esempi, sui circuiti che contengano al loro interno i generatori
controllati.
Il generatore di corrente controllato in tensione è un doppio bipolo lineare
Osserviamo anche che i generatori controllati non godono della
definito dalle relazioni caratteristiche:
reciprocità, e la loro caratterizzazione è unica. Consideriamo ad esempio il
generatore di tensione controllato in tensione; la sua caratteristica, in forma
i1 = 0 matriciale, è data da:
, (3.3)
i2 = gv1
⎧v 2 = α v1 ⎛i ⎞ ⎛0 0 ⎞⎛ v1 ⎞
⎨ ⇒ ⎜⎜ 1 ⎟⎟ = ⎜⎜ ⎟⎜ ⎟
dove g è una costante, che prende il nome di trans-conduttanza; g si misura in
⎩i1 = 0 ⎝ v2 ⎠ ⎝ α 0 ⎟⎠⎜⎝ i2 ⎟⎠ (3.6)
siemens. Il simbolo di questo generatore controllato è riportato in Figura 3.1c
La porta “1” è equivalente ad un circuito aperto e la porta “2” è equivalente
ad un generatore di corrente ideale che impone un’intensità di corrente Come si vede subito la matrice è non simmetrica e singolare! Come
dipendente linearmente dalla tensione della porta “1”. conseguenza della sua non invertibilità, si ha anche che la rappresentazione
considerata è unica.
Generatore di corrente controllato in corrente Per i circuiti che contengono, oltre a resistori lineari e generatori
indipendenti (ideali), anche generatori controllati lineari vale la proprietà
Il generatore di corrente controllato in corrente è un doppio bipolo della sovrapposizione degli effetti. E’ importante a tal riguardo ricordare che i
lineare definito dalle relazioni caratteristiche: soli generatori indipendenti costituiscono effettivi forzamenti (termini noti)
nel sistema lineare corrispondente, e possono essere “sovrapposti” negli
v1 = 0 effetti rispetto alle variabili tensioni e correnti; i generatori controllati,
, (3.4)
i2 = βi1 viceversa, non rappresentano termini noti per il circuito e non vanno dunque
“spenti” nella soluzione per sovrapposizione.
dove β è una costante adimensionale, che prende il nome di rapporto di I generatori controllati appena definiti non sono in realtà tutti indipendenti,
trasferimento di corrente. Il simbolo di questo generatore controllato è come vedremo con il seguente esempio (Figura 3.2). In particolare, da due di
riportato in Figura 3.1d. La porta “1” è equivalente ad un corto circuito e la essi è possibile ricavare gli altri due.
porta “2” è equivalente ad un generatore ideale di corrente che impone
un’intensità di corrente dipendente linearmente dalla corrente della porta “1”.
Le caratteristiche dei generatori controllati possono essere utilmente
espresse utilizzando la notazione vettoriale. Se, ad esempio, consideriamo il
generatore di tensione controllato in corrente, potremo infatti riscrivere la
caratteristica come:

⎛ v1 ⎞ ⎛ 0 0 ⎞⎛ i1 ⎞
⎜⎜ ⎟⎟ = ⎜⎜ ⎟⎟⎜⎜ ⎟⎟ , (3.5) Figura 3.2: Esempio di dipendenza nella definizione di generatori controllati.
⎝ v2 ⎠ ⎝ r 0 ⎠⎝ i2 ⎠

E’ importante osservare le proprietà di questa rappresentazione lineare: Trasformatore ideale e giratore


essa è singolare (il determinante della matrice è nullo), è non simmetrica
Nella classe dei doppi bipoli lineari adinamici che stiamo considerando,
(banalmente), e da ultimo è “inerte” (ad ingresso i1=0 corrisponde l’uscita
assumono particolare importanza il trasformatore ideale ed il giratore, che
v2=0). Tali proprietà si rifletteranno, come avremo modo di mostrare con sono due elementi circuitali in grado di realizzare importanti funzioni.

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Trasformatore ideale e giratore 31 32 Doppi bipoli fondamentali

Il trasformatore ideale è un doppio bipolo lineare il cui funzionamento è resistore lineare di valore n2R. Pertanto il trasformatore consente di variare la
descritto dalle seguenti relazioni: resistenza di un resistore senza alterarne la costituzione fisica. L’equivalenza
che si stabilisce in questo modo viene spesso chiamata “trasporto al primario”
v1 = nv2 di un bipolo.
(3.7)
i2 = − ni1

dove la costante positiva n è detta rapporto di trasformazione. Il simbolo


circuitale del trasformatore ideale è illustrato in Figura 3.3. Come si vede
subito dalle equazioni (3.7) la proprietà fondamentale è che le grandezze
tensioni alla porta “1” ed alla porta “2” sono legate tra loro dal rapporto fisso
n, ed in modo inverso (ed opposto) le correnti. Figura 3.4: circuito equivalente del trasformatore ideale tramite generatori
E’ immediato mostrare, sostituendo nell’espressione della potenza le controllati
caratteristiche, che la potenza elettrica assorbita dal trasformatore ideale è
uguale a zero in qualsiasi condizione di funzionamento. Ciò si esprime anche Il trasformatore ideale può essere realizzato tramite generatori controllati
dicendo che esso è trasparente alla potenza. In conseguenza di ciò esso è con il circuito illustrato in Figura 3.4.
dunque un doppio bipolo passivo che non dissipa né immagazzina energia.
Per il trasformatore ideale, come si verifica subito dalla caratteristica, non Il giratore è un doppio bipolo lineare definito dalle seguenti relazioni
vale la non amplificazione delle tensioni e delle correnti, pur essendo come
abbiamo detto passivo. Stante la linearità delle equazioni caratteristiche, i1 = Gv2
(3.9)
invece, in un circuito che contenga trasformatori ideali continua a valere la i2 = −Gv1
sovrapposizione degli effetti.
dove la costante G è detta conduttanza di girazione; il simbolo del giratore è
illustrato in Figura 3.5a. Per i circuiti che contengono, oltre a resistori lineari
e generatori indipendenti (ideali), anche giratori vale la proprietà della
sovrapposizione degli effetti.

Figura 3.3: (a) simbolo del trasformatore ideale; (b) trasformatore terminato con
un resistore
La proprietà più importante del trasformatore può essere illustrata
considerando il circuito di Figura 3.3b (alla porta “2” del trasformatore è
connesso un resistore lineare con resistenza R). In questo caso si ha:
Figura 3.5: (a) simbolo del giratore; (b) un giratore terminato alla porta di uscita
v1 = nv2 = − nRi2 = n 2 Ri1 . (3.8) con un condensatore è equivalente ad un induttore

Dunque, quando alla porta “2” del trasformatore ideale è collegato un Anche per il giratore si può immediatamente verificare che la potenza
resistore lineare di resistenza R, la porta “1” si comporta come se fosse un elettrica assorbita è uguale a zero in qualsiasi condizione di funzionamento,

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Amplificatore operazionale 33 34 Doppi bipoli fondamentali

quindi esso è un doppio bipolo passivo che né dissipa e né immagazzina L’amplificatore operazionale è caratterizzato da valori tipici per I + ed I −
energia. Come per il trasformatore, anche questo doppio bipolo non conserva dell’ordine dei μA, se non delle centinaia di nA. Tenuto conto di questa
la non amplificazione delle tensioni e delle correnti. Ciò può essere verificato, circostanza, normalmente si fa l’approssimazione I + = I − ≅ 0 . La tensione
ad esempio, considerando il circuito che si ottiene collegando ad una porta del
giratore un generatore ideale di tensione e all’altra porta un resistore lineare. Esat è generalmente dell’ordine di 10-15 V (in dipendenza dalla tensione di
La proprietà più importante del giratore può essere illustrata considerando il alimentazione). Nella regione cosiddetta lineare, ovvero per − ε ≤ v ≤ ε , si
circuito illustrato Figura 3.5b: alla porta “2” del giratore è connesso un definisce il guadagno in tensione Av = Esat ε che risulta generalmente
condensatore lineare tempo-invariante con capacità C. In questo caso si ha dell’ordine di 105 – 106. Osserviamo anzitutto che, nell’approssimazione
appena considerata, l’amplificatore operazionale diviene intrinsecamente un
i2 C dv2 C di1 doppio bipolo, ed in particolare un generatore di tensione controllato in
v1 = − = = (3.10)
G G dt G 2 dt tensione con legge di controllo non lineare vo = f (vi ) . In particolare si tratta
di un doppio bipolo attivo, nel senso che la potenza erogata (in particolare
Quando alla porta di un giratore è collegato un condensatore lineare e tempo alla porta di uscita) può essere positiva.
invariante di capacità C, l’altra porta si comporta come se fosse un induttore Tenuto conto dei valori tipici per il guadagno in tensione Av , ha senso
lineare e tempo invariante di induttanza C/G2. Pertanto, il giratore consente di definire l’amplificatore operazionale ideale nel limite Av → ∞ :
realizzare un bipolo induttore a partire da un condensatore. Vale anche la
proprietà duale: tramite un giratore è possibile realizzare un bipolo
condensatore a partire da un induttore. i+ = 0 i− = 0
⎧v0 = Esat per vi > 0
Amplificatore operazionale ⎪ (3.12)
⎨v0 = -Esat per vi < 0
Tra i componenti a più terminali l’amplificatore operazionale riveste un ⎪-E ≤ v ≤ E per vi = 0
ruolo di grande importanza, a causa delle innumerevoli funzioni che con esso ⎩ sat 0 sat

è possibile realizzare. In linea generale è da considerarsi un quadripolo, il cui


simbolo è riportato in Figura 3.6a, per il quale valgono le relazioni: Nella regione “lineare” questo particolare doppio bipolo si riduce in realtà
all’insieme di due singolari elementi a due terminali. Difatti la condizione
vi > ε sulla porta d’ingresso ii = 0 , vi = 0 è quella che definisce il nullatore o anche
⎧ Esat
⎧i− = I − ⎪ “corto circuito virtuale”; invece la porta di uscita, con la condizione
⎪ Esat
⎨ v0 = ⎨ vi -ε ≤ vi ≤ ε (3.11) -Esat ≤ v0 ≤ Esat , ha un valore della tensione indeterminato, e non pone
⎩i+ = I + ⎪ ε vincoli alla corrente, definendo il noratore. Dunque l’operazionale ideale in
⎪⎩-Esat vi < − ε regione lineare può essere rappresentato con i simboli di Figura 3.7 che
rappresentano appunto un nullatore (porta “1”) ed un noratore (porta “2”).

f1 ( v1 , v2 , i1 , i2 ) = 0 → i1 = 0
f 2 ( v1 , v2 , i1 , i2 ) = 0 → v1 = 0

Figura 3.6: (a) simbolo dell’amplificatore operazionale; (b) caratteristica ingresso- Figura 3.7: Modello di un operazionale ideale in regione lineare tramite nullatore
uscita e noratore

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Amplificatore operazionale 35 36 Doppi bipoli fondamentali

Funzionamento in regione lineare i1 = 0,


Consideriamo il circuito in Figura 3.8, nel quale l’amplificatore v1 (3.16)
operazionale ideale è collegato a due resistori. Supponiamo l’operazionale i2 = − ,
R2
ideale ed in regione lineare. Ciò vuol dire che può essere sostituito dalla
coppia nullatore-noratore, come visto in precedenza. Con tali assunzioni, ottenendo in questo caso le relazioni caratteristiche di un generatore di
tenuto conto che i+ = i− = 0 e vd = 0 è immediato, applicando corrente controllato in tensione.
Consideriamo infine il circuito di Figura 3.9, dove la porta 2 è chiusa su di
opportunamente le KCL ed KVL ottenere le equazioni: un condensatore. La tensione e l’intensità di corrente alla porta 2 sono legate
dall’equazione:
i1 = −i, v = v2 , v1 = vR 2 . (3.13) dv
i2 = −C 2 , (3.17)
dt
dunque:
di
v1 = − R1 R2C 1 , (3.18)
dt
ovvero:
di
v1 = Leq 1 . (3.19)
dt
In questo caso è evidente come si riesce a realizzare un induttore a partire da
un condensatore (circuito di Antoniou).

Figura 3.8 Un circuito con operazionale ideale


Il doppio bipolo può allora essere descritto dalle equazioni:

⎧v2 = − R1i1
⎨ (3.14)
⎩v1 = − R2i2

Al variare dei valori di R1 ed R2 otteniamo diversi elementi. Ad esempio,


ponendo R2 = 0 si ha:
Figura 3.9 Un circuito con operazionale ideale chiuso su di un condensatore alla
v1 = 0, porta di uscita
(3.15)
v2 = − R1i1 ,

ottenendo dunque le relazioni caratteristiche di un generatore di tensione Funzionamento in regione non lineare
controllato in corrente. Ponendo invece R1 → ∞ si ha: Abbiamo sin qui analizzato circuiti nell’ipotesi che l’amplificatore
operazionale fosse in regione lineare. Esistono diversi circuiti non lineari che
viceversa basano il loro funzionamento proprio sulla caratteristica
dell’operazionale al passaggio tra la regione lineare e quella di saturazione. In

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Amplificatore operazionale 37 38 Doppi bipoli fondamentali

particolare è possibile mostrare come sia possibile costruire circuiti che


realizzano un elemento con diversi tipi di caratteristica non lineare a tratti.
Consideriamo il circuito di Figura 3.10, nel quale assumiamo
l’operazionale come ideale. Supponiamo anzitutto che si trovi nella regione
lineare di funzionamento, salvo poi stabilire i limiti di validità di tale
assunzione. In tale ipotesi l’operazionale può essere sostituito dal nullatore e
noratore, come visto precedentemente. In riferimento alle notazioni ed ai
riferimenti fissati possiamo scrivere:

R2 R1 + R2
v = vR 2 = vo ⇒ v0 = v. (3.20)
R1 + R2 R2
Figura 3.11 caratteristica i,v (a) regione lineare; (b) regione lineare e non lineare
La (3.20) è stata ottenuta osservando che, nell’ipotesi di operazionale ideale
Passiamo ora ad analizzare la regione di saturazione positiva: In tale
i+ = 0 e dunque R1 ed R2 risultano in serie tra loro. Considerando invece regione l’operazionale può essere modellato con un circuito aperto alla porta
che i− = 0 possiamo scrivere: di ingresso, ed un generatore di tensione alla porta di uscita, come
schematicamente indicato in Figura 3.12a.
R1 + R2 R1
v = R f i +vo = R f i + v ⇒ i=− v. (3.21) Sostituendo nel circuito il modello equivalente avremo:
R2 R2 R f
v − R f i − Esat = 0 ⇒ v = Esat + R f i, (3.23)
che riconosciamo facilmente come la caratteristica di un generatore reale di
tensione (Figura 3.12b).

Figura 3.10 Un circuito con operazionale ideale


Figura 3.12 (a) schema equivalente dell’operazionale in saturazione positiva; (b)
Dunque, essendo tutti i valori di resistenza positivi, la caratteristica è quella
caratteristica i,v in regione di saturazione positiva per il circuito in
di un “resistore attivo”. esame
Per trovare i limiti di validità dell’espressione (3.21) basta considerare la Se, anche ora cerchiamo i limiti di validità dell’espressione (3.23)
condizione − Esat ≤ vo ≤ Esat ; tenuto conto dell’espressione (3.20) abbiamo: abbiamo:
R1 + R2 R2 R2
− Esat ≤ v ≤ Esat ⇒ v≤ Esat =β Esat . (3.22) vd = v − vR 2 = v − Esat >0 ⇒ v > β Esat . (3.24)
R2 R1 + R2 R1 + R2
La situazione è rappresentata in Figura 3.11a.

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Amplificatore operazionale 39

Posto v = β Esat nella caratteristica (3.23) si ha:

i* = Esat
β −1
Rf
, (3.25) 4. Caratterizzazioni degli M-porta
come riportato in Figura 3.11b.
lineari
Riferimenti bibliografici:
[1] L.O. CHUA, C.A. DESOER, E.S. KUH, Circuiti Lineari e Non Lineari,
Jackson 1991, ISBN 88-7056-837-7. Lo studio degli M-porte lineari è di fondamentale importanza nell’analisi
[2] M. DE MAGISTRIS, G. MIANO, Circuiti, Springer 2015, ISBN 978-88-470- dei circuiti. In particolare la caratterizzazione come M-porte di sottoparti
5769-2. lineari a-dinamiche di circuiti più complessi consente di introdurre importanti
semplificazioni nell’analisi e nella riduzione della complessità
computazionale. Data l’importanza che riveste l’argomento, riprendiamo
brevemente le rappresentazioni dei doppi bipoli di resistori lineari già
introdotte nei corsi di base, per poi ampliare il campo delle nostre
considerazioni.
Un M-porta è un elemento per il quale è possibile definire M coppie di
terminali con la medesima intensità di corrente. Nel caso a-dinamico avrà in
generale una caratterizzazione in forma implicita del tipo:

f ( v, i, t ) = 0,
(4.1)

con v ed i, rispettivamente, vettori delle tensioni e delle correnti di porta. Ad


esempio, nel caso di un doppio bipolo (M=2) avremo:

f1 ( v1 , v2 , i1 , i2 , t ) = 0,
(4.2)
f 2 ( v1 , v2 , i1 , i2 , t ) = 0.

Rappresentazione in forma implicita dei doppi bipoli lineari

Vogliamo ora considerare la forma più generale per la rappresentazione


dei doppi bipoli lineari passivi.
Consideriamo il generico circuito di Figura 4.1, nel quale identifichiamo
una parte che è costituita da un doppio bipolo di resistori passivi e due bipoli
che supponiamo attivi all’esterno. Supponiamo, per semplicità che i due

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Rappresentazione in forma implicita dei doppi bipoli lineari 41 42 Caratterizzazioni degli M-porta lineari

bipoli esterni, che rappresentano delle condizioni alle porte, siano lineari (ciò variabili sarà dunque possibile ricavare la corrispondente forma esplicita. Ad
non è limitante). esempio se nella (4.5) si suppone la matrice M non singolare, si può scrivere:

v = -( M −1 N )i = Ri (4.6)

che costituisce la classica rappresentazione controllata in corrente, ed in


questo caso la matrice R prende il nome di matrice delle resistenze.

Figura 4.1 Doppio bipolo lineare terminato con bipoli lineari attivi Rappresentazioni R, G, H di doppi bipoli lineari passivi
Riprendiamo ora brevemente le più note rappresentazioni esplicite dei
Immaginando di avere accesso anche all’interno del doppio bipolo, per il doppi bipoli lineari passivi con le relative proprietà. Consideriamo il generico
circuito in questione le equazioni in forma canonica saranno necessariamente doppio bipolo di resistori lineari rappresentato in Figura 4.2.
del tipo:

∑ (±)i
k
k = 0, KCL

∑ ( ± )v
k
k = 0, KVL

vk − Rk ik = 0, caratteristiche resistori (4.3)


Figura 4.2 Generico doppio bipolo lineare passivo
f1 ( v1 , i1 ) = 0, caratteristica bipolo 1
Ricordiamo che per esso, in generale, sono possibili diverse
f 2 ( v2 , i2 ) = 0, caratteristica bipolo 2 rappresentazioni esplicite, come ad esempio:

Supponendo il sistema (4.3) ben posto, eliminando le ultime due equazioni i1 = G11v1 + G12 v2 , ⎫
e riducendo le rimanenti (che sono tutte lineari ed omogenee) a due sole ⎬ → i = Gv . (4.7)
i2 = G21v1 + G22 v2 , ⎭
equazioni nelle incognite v1, v2, i1, i2, si ottengono in generale due equazioni
indipendenti lineari ed omogenee nella forma:
La (4.7) è la rappresentazione controllata in tensione, ed in questo caso la
m11v1 + m12 v2 + n11i1 + n12i2 = 0 matrice G prende il nome di matrice delle conduttanze. Ricordiamo che gli
(4.4) elementi della matrice delle conduttanze di un doppio bipolo godono delle
m21v1 + m22 v2 + n21i1 + n22 i2 = 0
proprietà:

ovvero, in forma compatta: Gii ≥ 0, ( Rii ≥ 0 ) ,


Mv + Ni = 0 . (4.5) Gij = G ji , (Rij = R ji ) , (4.8)

Gii ≥ Gij , (R ii ≥ Rij ) i ≠ j.


La (4.5) prende il nome di rappresentazione in forma implicita dei doppi
bipoli lineari. A seconda che sia possibile esplicitarla rispetto a una coppia di È possibile esprimere la condizione di passività in forma matriciale:

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Rappresentazioni R, G, H di doppi bipoli lineari passivi 43 44 Caratterizzazioni degli M-porta lineari

P ( a ) = i1v1 + i2 v2 = iT v = ( Gv ) v = vT Gv ≥ 0, ∀v .
T
(4.9)

Dunque la condizione di passività si traduce nella proprietà di semi


definita positività della matrice G ( G ≥ 0 ), che generalizza al caso vettoriale
la definizione di passività per un resistore lineare. È possibile dimostrare che
la condizione (4.9) è del tutto equivalente alle (4.8).
Se la matrice G risulta non singolare (cioè invertibile) dalla
rappresentazione considerata è immediato ricavare la:

v = Ri, con R = G -1 (4.10) Figura 4.4 Connessione in serie di due doppi bipoli
Fra le possibili caratterizzazioni ricordiamo anche quella “ibrida” e quella
Ricordiamo che anche per la matrice delle resistenze valgono proprietà cosiddetta di “trasmissione”. La caratterizzazione si dirà ibrida quando le
analoghe alle (4.8), (4.9). variabili indipendenti sono una tensione ed una corrente. Ad esempio:

Fra le peculiarità delle diverse possibili rappresentazioni vogliamo mettere ⎛ v1 ⎞ ⎛ i1 ⎞ ⎛ i1 ⎞ ⎛ v1 ⎞


in evidenza che esse risultano più o meno comode per il collegamento fra loro ⎜ ⎟=H⎜ ⎟ ⎜ ⎟ = H ′⎜ ⎟ dove H ′ = H -1 , (4.12)
di doppi bipoli. Ad esempio, la rappresentazione G è comoda quando si ⎝ i2 ⎠ ⎝ v2 ⎠ ⎝ v2 ⎠ ⎝ i2 ⎠
vogliono mettere in parallelo due doppi bipoli, come in Figura 4.3.
⎛ H 11 H 12 ⎞
con H = ⎜ ⎟.
⎝ H 21 H 22 ⎠
Per gli elementi della matrice H si hanno le seguenti proprietà:
H ii ≥ 0, H ij ≤ 1, H ij = − H ji ; tale rappresentazione è comoda, tra l’altro,
per connessioni miste serie-parallelo.

Rappresentazione di trasmissione T di un doppio bipolo lineare

Figura 4.3 Connessione parallelo di due doppi bipoli lineari passivi Nelle rappresentazioni R , G , H , H ′ sin qui considerate le variabili
indipendenti (e corrispondentemente quelle dipendenti) sono sempre state
Difatti, considerata la KCL e le caratteristiche si ha: definite contemporaneamente su entrambe le porte. In realtà è possibile una
scelta ulteriore, che dà luogo alla rappresentazione di trasmissione:
i′ = G ′v, i′′ = G ′′v ⇒ i =i′+i′′ = (G ′ + G ′′) v (4.11)
v1 = T11v2 − T12i2 ⎛ v1 ⎞ ⎛ v2 ⎞
⎜ ⎟ =T ⎜ ⎟ (4.13)
Per converso, la rappresentazione R risulta più comoda per i collegamenti in i1 = T21v2 − T22i2 ⎝ i1 ⎠ ⎝ i2 ⎠
serie mostrati in Figura 4.4.
Il motivo del segno “-“ posto convenzionalmente davanti ai parametri T12 e
T22 è in parte storico ed è legato alla interpretazione come “ingresso” della

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Rappresentazione di trasmissione T di un doppio bipolo lineare 45 46 Caratterizzazioni degli M-porta lineari

porta 1 e come “uscita” della porta 2, associata ai versi di riferimento in ⎛R R ΔR R21 ⎞


Figura 4.5. T = ⎜ 11 21 ⎟ , con ΔR = R11 R22 − R12 R21 . (4.17)
È possibile, come già visto per le altre rappresentazioni, considerare la ⎝ 1 R21 R22 R21 ⎠
rappresentazione inversa T * :
Se siamo nelle condizioni di reciprocità per il doppio bipolo
( R12 R21 = R212 ), vale la proprietà det(T ) = 1. Sviluppando infatti il
v2 = T11* v1 − T12* i1 ⎛ v2 ⎞ * ⎛ 1⎞
v
⎜ ⎟=T ⎜ ⎟ T * = T -1 (4.14) determinante:
i2 = T v − T i ⎝ i2 ⎠ ⎝ i1 ⎠
* *
21 1 22 1

R11 R22 ΔR
det(T)= − 2 =1 (4.18)
R212 R21

La rappresentazione di trasmissione è molto utile per i collegamenti in


cascata, come mostrato in Figura 4.6.

Figura 4.5 Convenzioni sui versi per la rappresentazione T .


E’ istruttivo trovare il legame tra la rappresentazione T ed una delle
precedenti, ad esempio la R . Tenuto conto delle scelte fatte per il verso della
corrente i2 , si ha:

Figura 4.6 Collegamento di due doppi bipoli in cascata


v1 = R11i1 − R12i2 v − R11i1 = − R12i2
⇒ 1 Difatti, indicate con T(1) e T(2) le matrici di trasmissione dei due doppi
v2 = R21i1 − R22 i2 R21i1 = v2 + R22i2
bipoli, si ha:

(4.15)
⎛ 1 − R11 ⎞⎛ v1 ⎞ ⎛ 0 − R12 ⎞⎛ v2 ⎞ ⎛ v1(1) ⎞ ⎛ v2(1) ⎞ ⎛ v2(2) ⎞
⎜ ⎟⎜ ⎟ = ⎜ ⎟⎜ ⎟ ⎜⎜ (1) ⎟⎟ = T ⎜⎜ (1) ⎟⎟ = T T ⎜⎜ (2) ⎟⎟
(1) (1) (2)
(4.19)
⎝ 0 R21 ⎠⎝ i1 ⎠ ⎝ 1 R22 ⎠⎝ i2 ⎠ i
⎝1 ⎠ i
⎝2 ⎠ ⎝ i2 ⎠

−1
⎛ 1 − R11 ⎞ ⎛ 0 − R12 ⎞ ⎛ 1 R11 R21 ⎞⎛ 0 − R12 ⎞ Rappresentazione “scattering” S di un doppio bipolo lineare
T =⎜ ⎟ ⎜ ⎟=⎜ ⎟⎜ ⎟=
⎝ 0 R21 ⎠ ⎝ 1 R22 ⎠ ⎝ 0 1 R21 ⎠⎝ 1 R22 ⎠
La rappresentazione di scattering (S) di un doppio bipolo trae origine dalla
⎛ R11 R22 R11 − R21 R12 ⎞ (4.16) descrizione di sistemi distribuiti con propagazione. Essa è però importante
⎜R R21 ⎟
anche per i doppi bipoli “concentrati” in quanto possiede alcune proprietà
=⎜ ⎟
21

⎜ 1 R22 ⎟ piuttosto generali. Ricordiamo anzitutto che, a partire dalla forma implicita
⎜ ⎟ per i doppi bipoli lineari abbiamo le relazioni:
⎝ R21 R21 ⎠
⎧ v = − M −1 Ni = Ri,
ovvero: Mv + Ni = 0 → ⎨ −1
(4.20)
⎩i = − N Mv = Gv,
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Rappresentazione “scattering” S di un doppio bipolo lineare 47 48 Caratterizzazioni degli M-porta lineari

quando naturalmente siano M ed N non singolari, cioè invertibili. Ebbene, ⎧ v1( r ) = S11 v1( i ) + S12 v2( i ) ,
possiamo affermare che esistono buoni motivi per considerare come variabili v (r )
= Sv , ovvero
(i )
⎨ (r ) (4.24)
⎩v2 = S21 v1 + S22 v2 .
(i ) (i )
di rappresentazione anziché tensioni e correnti separatamente, opportune loro
combinazioni. Per far ciò è comodo considerare, su ciascuna porta, dei
resistori aggiuntivi di valore fissato, generalmente unitario come v1( r ) v2( r )
rappresentato in Figura 4.7. Considerata la maglia di ingresso, posto R = 1 S11 = , S 22 = sono detti coefficienti di riflessione,
v1( i ) v2( i ) = 0
v2( i ) v1( i ) = 0
abbiamo:
e1 ( t ) = v1 ( t ) + Ri1 ( t ) = v1 ( t ) + i1 ( t ) . (4.21) S12 =
v1( r )
, S 21 =
v2( r )
sono detti coefficienti di trasmissione.
v2( i ) v1( i ) = 0
v1( i ) v2( i ) = 0
La combinazione v1 (t ) + i1 (t ) = e1 (t ) può essere considerata come “variabile Val la pena osservare che nella definizione dei parametri, la condizione
indipendente” alla porta 1 del doppio bipolo. Dalla posizione (4.21) è v1i = 0 ⇔ v1 + i1 = 0 corrisponde all’avere la porta 1 chiusa unicamente su un
possibile anche ricavare: resistore di valore unitario (e1=0), ed analogamente per la porta 2.
La rappresentazione con i parametri di scattering gode di un’importante
e1 ( t ) = v1 ( t ) + i1 ( t ) − i1 ( t ) + i1 ( t ) ⇒ v1 ( t ) − i1 ( t ) = e1 ( t ) − 2i1 ( t ) . (4.22) proprietà che la differenzia dalle altre rappresentazioni esplicite considerate
sin qui (R, G, H, H’, T, T’). Difatti si può dimostrare che essa risulta esistere
La combinazione v1 ( t ) − i1 ( t ) = e1 (t ) − 2i1 (t ) può essere considerata come sempre, anche quando altre rappresentazioni sono singolari. Senza indugiare
oltre sulla dimostrazione di questa proprietà, facciamo osservare che l’aver
“variabile dipendente” alla porta 1 del doppio bipolo. In realtà si suole
definito come variabili indipendenti opportune combinazioni di tensioni e
definire le variabili:
correnti (o equivalentemente forzare le porte con un generatore “reale”)
risolve in partenza i casi patologici che si possono verificare.
1 1
v (i ) = ( v + i ) , v(r ) = ( v − i ) , (4.23) Anche per la matrice di scattering, come per le altre, è possibile trovare i
 2  2 legami con le altre rappresentazioni. Un possibile modo di procedere consiste
ingresso uscita nel ricavare le corrispondenti relazioni riportando la forma di scattering alla
implicita per poi utilizzare le relazioni viste in precedenza.
che vengono dette, rispettivamente, tensione incidente e tensione riflessa (in
analogia con le grandezze descrittive di una linea di trasmissione o di un v1 ( t ) − i1 ( t ) = S11 ⎡⎣ v1 ( t ) + i1 ( t ) ⎤⎦ + S12 ⎡⎣ v2 ( t ) + i2 ( t ) ⎤⎦
sistema a microonde). (4.25)
v2 ( t ) − i2 ( t ) = S 21 ⎡⎣ v1 ( t ) + i1 ( t ) ⎤⎦ + S 22 ⎡⎣v2 ( t ) + i2 ( t ) ⎤⎦
da cui:

(1 − S11 ) v1 ( t ) − S12 v2 ( t ) − (1 + S11 ) i1 ( t ) − S12i2 ( t ) = 0


(4.26)
− S21v1 ( t ) + (1 − S 22 ) v2 ( t ) − S21i1 ( t ) − (1 + S22 ) i2 ( t ) = 0

Figura 4.7 Caratterizzazione scattering di un doppio bipolo lineare Posto:

⎛ 1 − S11 − S12 ⎞ ⎛ 1 + S11 S12 ⎞


Assumendo tali grandezze come ingressi ed uscite si definisce la M =⎜ ⎟ = I − S, N = −⎜ ⎟ = − ( I + S ) (4.27)
rappresentazione di scattering come: ⎝ − S 21 1 − S 22 ⎠ ⎝ S 21 1 + S22 ⎠

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Doppi bipoli lineari non reciproci e attivi 49 50 Caratterizzazioni degli M-porta lineari

avremo: stati spenti i generatori interni, e con due quello nel quale sono stati spenti
quelli esterni si avrà:
R = − M −1 N = ( I − S ) −1 ( I + S )
(4.28) i = Gv + i * (4.29)
G = − N −1M = ( I + S ) −1 ( I − S )
dove la matrice G è definita sul circuito reso passivo come abbiamo già visto
L’insieme dei legami sono riassunti nella seguente tabella: in precedenza, ed i* è il vettore dei termini noti (correnti di corto circuito con
S G R i generatori esterni spenti.
S = ( I - G )( I + G ) (IR--RI )(IR++ RI )
-1 -1
S C’ C’’
G = ( I - S )( I + S )
-1 i’1 i’2 i’’1 i’’2
G R -1

R = ( I + S )( I - S )
-1
G -1 R v1 + +
v2
- -

Doppi bipoli lineari non reciproci e attivi Figura 4.9: Sovrapposizione applicata per caratterizzare un doppio bipolo attivo
Tale espressione può essere interpretata come la forma vettoriale del teorema
Per generalizzare quanto visto sinora dobbiamo includere il caso di doppi di Norton. Analogamente con la caratterizzazione in base corrente si ha il
bipoli lineari non reciproci ed attivi, ovvero che contengono al loro interno caso Thévenin vettoriale:
elementi lineari passivi ma non reciproci (trasformatori, giratori), elementi
attivi ma inerti (generatori controllati) ed elementi attivi e non inerti v = Ri + v * (4.30)
(generatori indipendenti). In Figura 4.8 è schematicamente indicato un doppio
bipolo lineare con tali caratteristiche. In maniera simile si procede per caratterizzare in forma ibrida anche i
doppi bipoli attivi.
È importante osservare che in presenza di elementi inerti, ma attivi e non
reciproci quali quelli considerati (in particolare il trasformatore, il giratore e i
generatori controllati) le matrici G, R, H etc., ad esempio nelle
rappresentazioni (4.29) e (4.30), perderanno le proprietà di simmetria
(reciprocità) e quelle legate alla non amplificazione (maggiorazioni sui
termini fuori diagonale).

Alcuni esempi sui doppi bipoli


Figura 4.8 Un generico doppio bipolo lineare attivo e non reciproco
Rappresentazione implicita di un doppio bipolo “degenere”
In tal caso il doppio bipolo può essere caratterizzato applicando la
sovrapposizione degli effetti. In riferimento alla
Consideriamo il classico esempio di doppio bipolo degenere formato da un
Figura 4.9 (per semplicità si considera il caso di soli resistori e generatori
unico resistore collegato in parallelo alle due porte del doppio bipolo che va a
indipendenti), avendo denotato con un apice il primo circuito nel quale sono
costruire. In tal caso, in termini delle rappresentazioni si ha:
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Alcuni esempi sui doppi bipoli 51 52 Caratterizzazioni degli M-porta lineari

v1 = H11i1 + H12 v2
⎛ R R⎞ −1
v1 − Ri1 − Ri2 = 0 i2 = H 21i1 + H 22 v2
R=⎜ ⎟, R = 0 → G = R ;
⎝ r R ⎠ v2 − Ri1 − Ri2 = 0
(4.31)
⎛1 0⎞ ⎛ R R⎞ R = − M −1 N ;
M =⎜ ⎟ , M =1; N = ⎜ ⎟ , N =0;
⎝0 1⎠ ⎝ R R⎠ G = − N −1M

Sintesi di un doppio bipolo con generatori controllati


Ricordiamo anzitutto che un doppio bipolo lineare passivo può essere
Figura 4.12 Schema con generatori controllati per la sintesi di un dippio bipolo
sintetizzato con tre resistori come segue: lineare con rappresentazione ibrida
Sintesi di doppio bipolo non reciproco

Consideriamo il doppio bipolo rappresentato dalla matrice della resistenze


⎛3 2⎞
(non simmetrica) R = ⎜ ⎟ che può utilmente essere scomposta come:
Figura 4.10 Schema a T per la sintesi passiva di un doppio bipolo lineare ⎝1 4 ⎠
Ra = R11-R12
v1 = R11i1 + R12 i2 ⎛ 3 1⎞ ⎛ 0 1 ⎞
Rb = R12 R=⎜ ⎟+⎜ ⎟
v 2 = R21i1 + R22 i2 ⎝1 4 ⎠ ⎝ 0 0 ⎠
Rc = R22 -R12 v1 = 3i1 + 1i2 + i2
v2 = 1i1 + 4i2
Vediamo ora come sia possibile sintetizzare attraverso dei generatori
controllati il doppio bipolo considerato (Figura 4.11)
Osserviamo che R12 può in tal caso, essere diverso da R21. A tale rappresentazione possiamo far corrispondere la sintesi di Figura 4.13,
con i parametri:

Ra = R11 - R12 = 2Ω, Rb = R12 = 1Ω,


Rc = R22 - R12 = 3Ω, Rm = 1Ω,

+
-
Figura 4.11 Schema con generatori controllati per la sintesi di un doppio bipolo
lineare
È evidente come tale sintesi, equivalente alla precedente nel caso di doppio
bipolo reciproco e inerte, permette più in generale di trattare il caso non
reciproco ed attivo. Se consideriamo il caso di una rappresentazione H, la Figura 4.13 Esempio di sintesi “mista”
sintesi diviene quella della Figura 4.12.

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Alcuni esempi sui doppi bipoli 53 54 Caratterizzazioni degli M-porta lineari

Se del circuito considerato facciamo viceversa l’analisi otteniamo la forma ⎧v1 − nv2 = 0 v1 − i1
(implicita): ⎨ s11 = (4.39)
⎩ni1 + i2 = 0 v1 + i1 v2 + i2 = 0

⎧v1 − ( Ra + Rb )i1 − ( Rb + Rm )i2 = 0


⎨ (4.32) Ricordiamo che la condizione v2+i2=0 si ottiene chiudendo la porta 2 su di un
⎩v2 − Rb i1 − ( Rb + Rc )i2 = 0 resistore R=1 Ω. Utilizzando il trasporto a primario v1=n2i1, dunque:
⎛1 0⎞ ⎛ R + Rb Rb + Rm ⎞
M = ⎜⎜ ⎟⎟ N = −⎜ a ⎟ (4.33)
⎝ Rb Rb + Rc ⎠ n 2i1 − i1 n 2 − 1 −2ni −2n
⎝0 1⎠ s11 = = 2 ; s21 = 2 1 = 2 ; (4.40)
n i1 + i1 n + 1
2
n i1 + i1 n + 1
⎛ R + Rb Rb + Rm ⎞
R = -M -1 N = ⎜ a ⎟ (4.34)
⎝ Rb Rb + Rc ⎠
e procedendo in modo analogo per gli altri parametri si ottiene:

Allo stesso risultato saremmo pervenuti applicando direttamente le ⎛ n 2 − 1 −2n ⎞


definizioni per i parametri Rij; ad esempio: ⎜ 2 ⎟
n + 1 n2 + 1 ⎟
S =⎜ (4.41)
v ⎜ −2n 1 − n 2 ⎟
R11 = 1 = Ra + Rb (4.35) ⎜ ⎟
i1 i2 = 0
⎝ n2 + 1 n2 + 1 ⎠

Esempio: trasformatore ideale


Estensioni ai multi-porta lineari
⎧v1 − nv2 = 0
⎨ (4.36) I concetti sin qui visti sono facilmente estendibili agli M–porte.
⎩ni1 + i2 = 0

m11=1; m12 = -n; n11 = n12 = 0, da cui segue immediatamente:

⎛1 - n ⎞ ⎛ 0 0⎞
M =⎜ ⎟ N =⎜ ⎟ (4.37)
⎝0 0 ⎠ ⎝n 1⎠
È evidente in questo caso come non sia possibile ricavare le
rappresentazioni R o G in quanto entrambe le matrici M ed N sono singolari.
Invece entrambe le rappresentazioni ibride sono disponibili:

v1 = nv2 ⎛n 0 ⎞ ⎛1 n 0 ⎞
⎟ → H′ = H = ⎜
−1
→H =⎜ ⎟ (4.38) Figura 4.14 Un generico M-porte lineare
i2 = − ni1 ⎝ 0 −n ⎠ ⎝ 0 −1 n ⎠

Matrice S di un trasformatore Potremo anche qui immaginare di caratterizzare in tensione, in corrente o


su base ibrida, avendo le corrispondenti matrici di rappresentazione.

i = Gv , v = Ri, (4.42)
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Estensioni ai multi-porta lineari 55

dove i vettori i = ( i1 ,...iM ) , v = ( v1 ,...vM ) hanno dimensione M, G ed R


T T

sono in questo caso opportune matrici M × M .


Nel caso ibrido ha senso suddividere le porte in due classi, quelle
controllate in tensione e quelle controllate in corrente:
5. Complementi di topologia
circuitale

Abbiamo già avuto modo di sottolineare come la peculiarità dei circuiti,


rispetto a generici sistemi dinamici, risieda principalmente nella forma e nelle
proprietà delle equazioni di interconnessione (leggi di Kirchhoff), che
costituiscono una parte importante delle equazioni che descrivono un circuito.
Dunque, considerando per un circuito descritto da b tensioni e b intensità di
corrente la forma canonica delle equazioni, vi saranno almeno b equazioni
algebriche, lineari ed omogenee.
Figura 4.15 Rappresentazione ibrida di un M-porte.
L’analisi delle proprietà legate al modo in cui gli elementi circuitali sono
⎛ v 1 ⎞ ⎛ H11 H12 ⎞ ⎛ i 1 ⎞ ⎛H H 12 ⎞ interconnessi prende il nome di topologia circuitale, e può essere considerata
⎜⎜ ⎟⎟ = ⎜ ⎟ ⎜⎜ ⎟⎟ con H = ⎜⎜ 11 ⎟
H 22 ⎟⎠
(4.43) una branca della teoria dei grafi. Essa si propone essenzialmente di studiare
⎝ i 2 ⎠ ⎝ H 21 H 22 ⎠ ⎝ v 2 ⎠ ⎝ H 21 tutte quelle proprietà delle equazioni circuitali che derivano dalla struttura
delle interconnessioni. In particolare è importante studiare in che modo tali
dove: informazioni possono essere usate al meglio per una formulazione delle
equazioni circuitali adeguata al tipo di problema in esame, anche in vista
v1 = (v11 ⋅⋅⋅⋅v1k ) i1 = (i11 ....i1k ) dell’utilizzo della simulazione numerica per la soluzione del modello.
(4.44)
v 2 = (v2 k +1 ....v2 M ) i 2 = (i2 k +1 ....i2M )
Richiami sui grafi
In generale, una descrizione delle interconnessioni tra gli elementi
Il significato delle varie sottomatrici di H può essere facilmente
circuitali dovrà certamente prendere in considerazione i seguenti elementi:
compreso estendendo le nozioni relative a doppi bipoli; infatti, H11 è la
- come gli elementi sono connessi tra loro in termini delle variabili
matrice di resistenza del k-porte quando v 2 = 0 , cioè le M-k porte controllate descrittive scelte;
in tensione sono in corto circuito. H 22 è la matrice di conduttanza del M-k - i versi di riferimento per le intensità di corrente e le tensioni.
porte quando le k porte controllate in corrente sono tutte aperte, e così via. Il modo più immediato di rappresentare queste informazioni è associando
al circuito un grafo, ed in particolare un grafo orientato. Val la pena ricordare
Riferimenti bibliografici: che il concetto di grafo è stato per la prima volta introdotto da Eulero per la
[1] L.O. CHUA, C.A. DESOER, E.S. KUH, Circuiti Lineari e Non Lineari, soluzione del cosiddetto “problema dei ponti di Koenigsberg”, ed ha
Jackson 1991, ISBN 88-7056-837-7, pp. 783-809. applicazioni in diversi campi delle scienze. Il primo ad applicarlo ai circuiti è
stato lo stesso Kirchhoff.

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Richiami sui grafi 57 58 Complementi di topologia circuitale

2. i lati di albero T sono n − 1 e quelli di coalbero C b − (n − 1) ;


3. ogni lato di C, assieme ad alcuni lati di T, definisce un’unica
“maglia” detta fondamentale;
4. ogni lato di T, assieme ad alcuni lati di C, definisce un unico “taglio”
detto fondamentale.”

Osserviamo che un importante corollario del teorema (punti 3 e 4) è che le


equazioni di Kirchhoff per le maglie o i tagli fondamentali risultano
necessariamente indipendenti.

Figura 5.1(a) un esempio di circuito e (b) il relativo grafo orientato

In maniera piuttosto informale possiamo definire il grafo di un circuito ciò


che otteniamo quando, avendo fissato le variabili descrittive, descriviamo in
maniera grafica con delle linee (lati) la relazione di incidenza che lega i lati ai
nodi. Un esempio è dato in Figura 5.1, nel caso semplice di circuito di soli
bipoli. Questa rappresentazione è “topologica” nel senso che prescinde da
elementi geometrici nel descrivere le connessioni, e dunque permette di Figura 5.2 Grafo per il circuito considerato, due diversi alberi ed i relativi
studiarne tutte le proprietà in modo generale. Quando ai lati associamo un coalberi
verso per l’orientamento otteniamo un grafo orientato. Nell’utilizzo dei grafi
per i circuiti vengono sempre utilizzati grafi orientati.
Per le principali definizioni relative ai grafi, ed in particolare di grafo
connesso, sottografo, albero, coalbero, maglia ed insieme di taglio rinviamo a
[1-2]. Illustriamo con qualche esempio, in riferimento al circuito
precedentemente considerato, il grafo orientato, esempi di albero, coalbero e
di insiemi di taglio (Figura 5.2).
Come già noto dai corsi precedenti, i concetti di nodo, maglia e di insieme
di taglio sono fondamentali per la scrittura delle KVL e KCL; i concetti di
albero e coalbero sono fondamentali per la scelta delle equazioni
indipendenti. Figura 5.3 Grafo per il circuito considerato, due diversi insiemi di taglio
Per il grafo di un circuito (connesso) valgono le seguenti proprietà
(Teorema fondamentale dei grafi): Matrice di incidenza di nodo
Sebbene il grafo permetta una descrizione completa ed intuitiva delle
“sia G un grafo connesso con n nodi e b lati, T un suo albero e C il proprietà topologiche, esso non è uno strumento particolarmente adatto ad
relativo coalbero, allora: una manipolazione automatica; sicuramente più adatta risulta la matrice di
1. presi due qualsiasi nodi di G esiste un unico percorso lungo T che li
collega;

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Matrice di incidenza di nodo 59 60 Complementi di topologia circuitale

incidenza Aa = ⎡⎣ aij ⎤⎦ che è una matrice con n (=numero di nodi) righe e b sempre rango pieno per un grafo connesso (tale proprietà è direttamente
collegata all’indipendenza delle KCL per un qualsiasi insieme di n-1 nodi).
(=numero di lati) colonne, con gli elementi definiti da: Di conseguenza le sue righe risultano certamente indipendenti.
Considerato un albero per il circuito, scelto opportunamente l’ordine dei
⎧ 1 se il lato j esce dal nodo i lati, la matrice di incidenza ridotta A può sempre essere partizionata nel

aij ⎨−1 se il lato j entra nel nodo i (5.1) modo seguente:
⎪ 0 se il lato j non incide nel nodo i

A = ⎡⎣ At Ac ⎤⎦ (5.4)
Ad esempio, se andiamo a sviluppare la matrice di incidenza del circuito
precedentemente considerato avremo: dove i pedici “t” e “c” stanno per “tree” (albero) e = “cotree” (coalbero).
Osserviamo che siccome l’albero ha n − 1 lati, la sotto-matrice At è una
I II III IV V VI
matrice quadrata ( n − 1) × ( n − 1) .
-1 1 0 0 0 1
0 -1 -1 0 1 0 Una proprietà molto interessante della matrice A è la seguente:
1 0 1 1 0 0
“se A è la matrice di incidenza ridotta di un grafo connesso, ogni insieme
0 0 0 -1 -1 -1
di colonne indipendenti di A corrisponde ad un albero e viceversa”
ovvero: Ad esempio, consideriamo il circuito precedente la cui matrice di
incidenza di nodo è:
⎛ −1 1 0 0 0 1 ⎞
⎜ ⎟ ⎡ −1 1 0 0 0 1 ⎤
⎜ 0 −1 −1 0 1 0 ⎟
Aa = (5.2) ⎢ 0 −1 −1 0 1 0 ⎥
⎜1 0 1 1 0 0⎟
⎜ ⎟ Aa = ⎢ ⎥. (5.5)
⎝ 0 0 0 −1 −1 −1⎠ ⎢1 0 1 1 0 0⎥
⎢ ⎥
⎣ 0 0 0 −1 −1 −1⎦
Come già noto la matrice di incidenza Aa permette di scrivere in forma
compatta le KCL: Eliminando l’ultima riga si ha:

Aa i = 0, (5.3) ⎡ −1 1 0 0 0 1 ⎤
A = ⎢⎢ 0 −1 −1 0 1 0 ⎥⎥ . (5.6)
dove al solito con i indichiamo il vettore delle intensità di corrente ⎢⎣ 1 0 1 1 0 0 ⎥⎦
descrittive per il circuito.
La matrice di incidenza Aa ha certamente rango non pieno (cioè < n ).
Consideriamo, ad esempio, le ultime 3 colonne: esse sono certamente
Infatti, tenuto conto che ogni lato necessariamente esce da un nodo ed entra indipendenti; ad esse corrispondono i lati IV, V, VI che, effettivamente,
nell’altro, ogni colonna contiene sempre soltanto due elementi non nulli, un costituiscono un albero nel grafo di Figura 5.1. Dimostriamo ora la proprietà
+1 e un –1, e dunque la somma delle righe è sempre identicamente nulla. appena verificata.
Definiamo matrice di incidenza ridotta A quella ottenuta da Aa
eliminando una (qualsiasi) riga. E’ possibile dimostrare che la matrice A ha
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Matrice di maglia 61 62 Complementi di topologia circuitale

Sufficienza: albero ⇒ colonne indipendenti. che il numero di equazioni indipendenti alle maglie (KVL) è sempre
Supponiamo ad esempio, che le prime n − 1 colonne corrispondano ad un b − (n − 1) .
albero. At è la sottomatrice (n − 1) × (n − 1) corrispondente. Essa è, per la Un modo sistematico di costruire una matrice di maglia ridotta è quello di
definizione di albero, la matrice di incidenza ridotta di un sottografo partire da un albero, costruendo le maglie fondamentali. La matrice ridotta B
connesso, e dunque ha certamente rango pieno. Essendo una matrice che si costruisce prende il nome di matrice di maglia “fondamentale”.
quadrata, sia le righe che le colonne sono indipendenti.

Necessità: colonne indipendenti ⇒ albero.


Consideriamo una qualsiasi sottomatrice At di A quadrata a rango pieno
( n − 1 righe e colonne indipendenti). Essa può essere considerata come la
matrice di incidenza ridotta di un sottografo connesso con n nodi ed n − 1
lati. Ma in tali ipotesi il sottografo corrispondente è un albero per
definizione.

Matrice di maglia Figura 5.4 Un esempio di grafo e di un sistema di maglie indipendenti (anelli)
In maniera analoga alla matrice di incidenza, è possibile introdurre la Esempio: Matrice di maglia B relativa alla Figura 5.4.
matrice di maglia Ba : considerato l’insieme di tutte le maglie (righe) e dei
lati (colonne) e fissato un orientamento per le maglie (per le tensioni sui lati I II III IV V
v j si sceglie la convenzione dell’utilizzatore in riferimento ai versi fissati per maglia 1 -1 -1 1 0 0 lati I − II − III
le intensità di corrente), è possibile definire la matrice di maglia Ba = ⎡⎣bij ⎤⎦ in maglia 2 0 0 −1 −1 0 lati III − IV
modo analogo a quanto fatto per quella di incidenza: maglia 3 0 0 0 1 1 lati IV − V (5.9)
maglia 4 −1 −1 0 −1 0 lati I − II − IV
⎧ 1 se il lato j appartiene alla maglia i ed è concorde maglia 5 −1 −1 0 0 1 lati I − II − V

bij ⎨− 1 se il lato j appartiene alla maglia i ed è discorde (5.7) maglia 6 0 0 −1 0 1 lati III − V
⎪ 0 se il lato j non appartiene alla maglia i

La matrice di maglia Ba permette di scrivere in forma compatta le KVL: Se, in riferimento all’esempio precedente, consideriamo l’albero costituito dai
lati I e II, avremo la seguente matrice di maglia fondamentale:
Ba v = 0, (5.8)
⎛ I II III IV V ⎞
⎜ ⎟ ⎛ −1 −1 1 0 0 ⎞
dove al solito con v indichiamo il vettore delle tensioni descrittive per il ⎜ -1 -1 1 0 0⎟ ⎜ ⎟
.. ⇒ ⎜ 1 1 0 1 0 ⎟ (5.10)
circuito. ⎜ -1 -1 0 −1 0 ⎟ ⎜ −1 −1 0 0 1⎟
Anche per la matrice Ba le righe risulteranno in generale dipendenti, ⎜ ⎟ ⎝ ⎠
⎝ -1 -1 0 0 1⎠
dunque Ba non ha rango pieno. Se consideriamo un insieme di righe
indipendenti, esso costituisce una matrice di maglia ridotta B . Ricordiamo

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Matrice di taglio 63 64 Complementi di topologia circuitale

(osserviamo che cambiare segno alla riga 2 equivale a scegliere un verso di ⎛v ⎞ ⎛i ⎞


percorrenza opposto per la maglia). Si ha dunque (per come B è stata v = ⎜ t ⎟ , i = ⎜ t ⎟. (5.14)
costruita): ⎝ vc ⎠ ⎝ ic ⎠

B = ⎡⎣ Bt I ⎤⎦ (5.11) Consideramo la KVL:


dove il pedice “t” sta per “tree” (albero) e I è la matrice identità di ordine
b − (n − 1) , cioè il numero dei lati del coalbero. La matrice B ha sicuramente ⎛v ⎞
Bv = 0 → ⎡⎣ Bt I ⎤⎦ ⎜ t ⎟ = Bt v t + v c = 0 (5.15)
rango pieno per la presenza del blocco I. Pertanto le sue righe sono ⎝ vc ⎠
indipendenti.
da cui si ricava:
Matrice di taglio
Oltre alle matrici topologiche A e B che abbiamo trattato, è possibile v c = − Bt v t (5.16)
introdurre una matrice (che denoteremo con D ) per gli insiemi di taglio.
La matrice di taglio Da permette di scrivere in forma compatta le KCL: Analogamente, considerando la KCL:

Da i = 0, (5.12) ⎛i ⎞
Di = 0 → ⎡⎣ I Dc ⎤⎦ ⎜ t ⎟ = i t + Dc i c = 0 (5.17)
dove al solito con i indichiamo il vettore delle intensità di corrente ⎝ ic ⎠
descrittive per il circuito. Per essa valgono considerazioni molto simili alle
altre due matrici topologiche. In particolare, considerata la matrice di taglio da cui si ricava:
fondamentale D a rango pieno, è possibile dimostrare che essa può essere
sempre partizionata nel modo seguente: i t = − Dc i c (5.18)

D = ⎡⎣ I Dc ⎤⎦ (5.13) Dunque le equazioni di Kirchhoff, rappresentano per il circuito dei vincoli


dove il pedice “c” sta per “cotree” (coalbero) e I è la matrice identità di lineari omogenei sulle grandezze descrittive, determinando ben precise
ordine n − 1 , cioè il numero dei lati dell’albero. relazioni tra le grandezze di albero e di coalbero (sottospazio di Kirchhoff).
A proposito della matrice D val la pena osservare che, essendo i nodi casi Vedremo più avanti come ciò sia collegato alle formulazioni in forma
particolari degli insiemi di taglio, la matrice A può essere considerata un Tableau delle equazioni di interconnessione.
sottocaso della matrice D .
Relazioni tra le matrici topologiche
A questo punto ha senso porsi la questione: tenuto conto che le matrici
Relazioni tra grandezze descrittive di albero e coalbero topologiche sono in realtà costruite a partire dalle stesse informazioni sul
Vogliamo infine soffermarci sulle relazioni che possiamo stabilire fra le grafo, esistono relazioni tra di esse? La risposta è ovviamente affermativa. In
grandezze descrittive (tensioni ed intensità di corrente) in relazione alla particolare, considerate ad esempio le matrici Aa e Ba per un circuito,
struttura che abbiamo riconosciuto per le matrici topologiche. A tale scopo ha avendo cura di utilizzare per entrambe lo stesso ordinamento per i lati
senso partizionare i vettori v e i nel modo seguente: (colonne), possiamo dimostrare la seguente proprietà:

[ riga i di Ba ] × [ riga j di Aa ]
T
= 0, (5.19)

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Relazioni tra le matrici topologiche 65 66 Complementi di topologia circuitale

e dunque, in generale, si ha: Tale relazione, assieme alla (5.20) è importante al fine della costruzione
automatica delle matrici B e D a partire da quella A , che come abbiamo
Ba AaT = 0 (BAT = 0); Aa BaT = 0 (ABT = 0). (5.20) già avuto modo di osservare risulta piuttosto semplice da costruire una volta
nota la tabella di interconnessione del circuito.
Per dimostrare le relazioni (5.20) basta considerare il prodotto all’interno
Possiamo a questo punto esplicitare le relazioni tra le matrici. Dalla
della (5.19) nella forma:
relazione DBT = 0 possiamo ricavare:
b
s = ∑ bik a jk , (5.21) ⎡ BT ⎤
k =1 DBT = ⎣⎡ I Dc ⎦⎤ ⎢ t ⎥ = BtT + Dc = 0, (5.24)
dove con i indichiamo l’indice di maglia, con j indichiamo l’indice di nodo, ⎣ I ⎦
con k quello di lato. È evidente che la somma (5.21) è composta da prodotti di
elementi che possono assumere valori 0, +1, -1. Anzitutto va osservato che i da cui:
prodotti bikajk nella (5.21) sono nulli per ogni k tale che il lato o non
appartiene alla maglia (bik=0), ovvero non incide nel nodo (ajk=0). Dc = − BtT , Bt = − DcT . (5.25)
Considerato un lato m che appartiene alla maglia i, ed incide nel nodo j, per la
definizione stessa di maglia deve anche esistere un altro lato, che
Dalla relazione ABT = 0 possiamo ricavare:
denominiamo m+1, che appartiene alla maglia ed incide nel nodo, come
mostrato in Figura 5.5.
⎡ BtT ⎤
AB = ⎡⎣ At Ac ⎤⎦ ⎢ ⎥ = At BtT + Ac = 0,
T
(5.26)
⎣ I ⎦
e dunque, tenuto conto anche della (5.26), si ha:

Dc = − BtT = At−1 Ac , (5.27)


In definitiva, tenuto conto della struttura delle matrici B e D :
Figura 5.5 Due generici lati m ed m+1 appartenenti alla maglia i ed incidenti
nodo j B = ⎡⎣ Bt I ⎤⎦ , D = ⎡⎣ I Dc ⎤⎦ , (5.28)
Considerate tutte le possibili combinazioni per i versi di riferimento dei lati m
ed m+1 e quello scelto per la maglia i, è possibile verificare che si ha sempre: possiamo ricostruire tali matrici in modo algebrico semplice a partire dalla
sola conoscenza della matrice A , una volta che sia partizionata in ⎡⎣ At Ac ⎤⎦ .
bim a jm + bim +1a jm +1 = 0. (5.22)

Essendo solo due i termini nella (5.21) diversi da zero, la somma è


identicamente nulla, da cui le (5.20). Cenni alla generazione e manipolazione di matrici topologiche
L’utilizzo delle matrici topologiche nelle diverse formulazioni delle
In modo abbastanza analogo a quanto visto è possibile mostrare che: equazioni circuitali è particolarmente importante per la simulazione numerica.
Vogliamo dare quindi dei cenni alla problematica della generazione delle
Ba DaT = 0 (BDT = 0), Da BaT = 0 (DBT = 0), (5.23) matrici ed alla loro manipolazione automatica.
La generazione della matrice A è molto semplice. Memorizzare l’intera
matrice A è però estremamente inefficiente a causa della “sparsità” della
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Cenni alla generazione e manipolazione di matrici topologiche 67 68 Complementi di topologia circuitale

stessa (cioè, un gran numero di elementi di A è pari a zero, e solo pochi sono Esistono degli algoritmi standard per ottenere ciò. In particolare, si tratta di
diversi da zero). Alternativamente, numerando successivamente i lati ed i ridurre la matrice per operazioni di riga, nella forma cosiddetta di “Echelon”
nodi del circuito, sarà sufficiente una tripla di numeri i,j,k per descrivere se il
lato k è connesso ed in che verso, ai nodi i e j. Tale informazione può essere ⎡1 . . . . . .⎤
. .
usata facilmente per la costruzione della matrice A all’occorrenza. ⎢0 1 . . . . .⎥⎥
. .

Come vedremo meglio in seguito, molto spesso non è necessario ⎢0 0 1 0 . . .⎥
. .
conoscere esplicitamente A nella formulazione delle equazioni circuitali. In ⎢ ⎥
⎢0 0 0 0 1 1 . . .⎥
tal caso è molto più agevole memorizzare le predette informazioni nella ⎢⎣ 0 0 0 0 0 0 . . .⎥⎦
forma di una tabella di connessione (equivalente ad un array di dimensioni
2xb).
Per generare esplicitamente B o D è invece necessario, come abbiamo Poiché le operazioni elementari di riga non alterano le proprietà di
visto, identificare un albero. Inoltre la determinazione di un particolare indipendenza tra le colonne della matrice, è immediato riconoscere che le
albero, con assegnate proprietà, può in taluni casi semplificare l’analisi o la prime n − 1 colonne indipendenti della matrice A risultano quelle che, sulla
soluzione; si parla in tal caso di albero ottimo, dove naturalmente il concetto corrispondente matrice in forma di Echelon presentano un “1” sopra la
di ottimo è riferito a determinati obbiettivi. Ad esempio, come vedremo più “gradinata” di zeri.
avanti, per scrivere in modo efficiente le equazioni di stato di un circuito è
conveniente disporre di uno specifico tipo di albero che prende il nome di
albero proprio, ovvero un albero che contenga tutti i generatori di tensione ed Albero proprio e patologie topologiche.
i condensatori e nessun generatore di corrente ed induttore.
Vogliamo dunque considerare, in generale, il problema di determinare un Tra i diversi possibili alberi definibili in un grafo circuitale assume
certo tipo di albero, definito ottimo, in relazione ad esempio al tipo di particolare importanza la definizione di albero proprio:
elementi presenti sui lati. Ciò è possibile se:
“si definisce albero proprio un albero che contiene tutti i generatori di
- definiamo un ordine preferenziale di elementi per l’albero; tensione (ed i condensatori), e nessun generatore di corrente (ed induttore)”
- troviamo un albero con quell’ordine di elementi.
L’importanza di tale definizione risulta evidente osservando che la
Un modo possibile per trovare l’albero è il seguente: supponiamo di aver presenza di un albero proprio è direttamente legata all’assenza di patologie
costruito la matrice A , ed ordiniamo le colonne in base al criterio topologiche per il circuito. Ricordiamo brevemente che per un circuito a-
preassegnato, per esempio: dinamico le patologie topologiche sono essenzialmente rappresentate
dall’eventuale presenza di maglie di soli generatori di tensione o di tagli di
E1 C1 C 2 R1 R 2 R3 L1 L 2 I1
1 ⎡..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... .....⎤
soli generatori di corrente. Tale discorso si generalizza ai circuiti dinamici
2 ⎢⎢..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... .....⎥⎥ quando vi siano maglie costituite da soli condensatori e generatori i di
A= ⎢..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... .....⎥ tensione, o di tagli costituiti da soli induttori e generatori indipendenti ideali
⎢ ⎥ di corrente (ciò sarà più chiaro quando avremo introdotto la forma di stato
⎢..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... .....⎥
n − 1 ⎢⎣..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... .....⎥⎦ delle equazioni circuitali ed il concetto di circuito resistivo associato)
E’ facile convincersi anzitutto che se ci sono patologie topologiche non
Si tratta ora di scegliere le prime n-1 colonne indipendenti partendo da può esistere un albero proprio. Difatti:
sinistra. Sappiamo infatti che i lati corrispondenti costituiranno un albero.

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Albero proprio e patologie topologiche. 69 70 Complementi di topologia circuitale

i. in presenza di una maglia di condensatori e generatori di tensione, dato


che l’albero non contiene cicli, almeno uno dei lati della maglia non può
appartenere all’albero, violando quindi la definizione di albero proprio;

ii. in presenza di un taglio di induttori e generatori di corrente, dato che il


coalbero non contiene tagli (se il coalbero contenesse un taglio il relativo
albero sarebbe non connesso) almeno uno dei lati del taglio non può
appartenere al coalbero violando quindi la definizione di albero proprio.

In generale possiamo dimostrare che vale la proprietà per cui se in un


circuito non vi sono casi patologici allora esiste un albero proprio e
viceversa. Per procedere a dimostrare la proposizione è necessario
preliminarmente definire le trasformazioni di albero. Esse sono classiche
tecniche che consentono in generale di passare da un albero [un coalbero] ad
un altro cambiando di volta in volta un solo dei lati appartenenti all’albero [al
coalbero].

1° trasformazione: ogni lato dell’albero può essere sostituito da uno dei lati
del coalbero appartenenti al taglio fondamentale definito dal lato in
questione; il sotto-grafo così ottenuto è ancora un albero perché è connesso
e avrà lo stesso numero di lati di quello di partenza.

2° trasformazione: ogni lato del co-albero si può aggiungere all’albero


sostituendolo con uno dei lati dell’albero appartenenti alla maglia definita
Figura 5.6 esempio di trasformazione d’albero con sostituzione di lato di un
dal lato in questione; il sotto-grafo che si ottiene sarà ancora un albero
taglio fondamentale
perché sarà privo di cicli e avrà lo stesso numero di lati di quello di
partenza.
Per la seconda (figura 5.7) I, II, V, IX, XI, XII sono i lati dell’albero III,
Nelle figure seguenti sono mostrati, rispettivamente, due esempi delle IV, VI, VII, VIII, X, quelli del relativo co-albero; VIII è il lato dell’co-albero
trasformazioni definite. Per la prima (figura 5.6) I, II, V, VII, XI, XII sono i da che si vuole sostituire, VIII, XI, IX, V, II, la maglia fondamentale definita
lati dell’albero di partenza, III, IV, VI, VIII, IX, X, quelli del relativo co- dal lato VIII. Sostituendo ad esempio il lato il lato V con il lato VIII
albero; VII è il lato dell’albero che si vuole sostituire, VII, VIII, VI, IX , il otteniamo un nuovo albero.
taglio fondamentale definito dal lato VII. Sostituendo ad esempio il lato VII
con il lato IX otteniamo un nuovo albero.

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Albero proprio e patologie topologiche. 71 72 Complementi di topologia circuitale

albero iniziale Se viceversa vogliamo mostrare che in assenza di patologie topologiche è


sempre possibile ottenere un albero proprio, possiamo farlo tramite una
N1 M1
successione finita di trasformazioni di albero. Si parta infatti da un qualsiasi
I VIII
XII
albero, esso ed il relativo coalbero trovati possono avere un numero finito di
II
violazioni alle due regole per gli alberi propri, al massimo pari al numero di
VII
III
XI lati del grafo. Ogni violazione può essere eliminata applicando una delle due
X trasformazioni:
IV VI
V
IX
i. se un induttore o un generatore di corrente sono sull’albero, la violazione
può essere eliminata applicando la 1° trasformazione, cioè sostituendo il
lato in questione con uno di coalbero che appartiene al taglio
fondamentale da esso definito con uno di coalbero su cui non ci sono
induttori o un generatori di corrente. Ciò è sempre possibile per l’ipotesi
albero trasformato di assenza di patologie topologiche

VIII ii. se un condensatore o un generatore di tensione sono fuori dall’albero, la


I XII violazione essa può essere eliminata applicando 2° trasformazione, cioè
II
sostituendo il lato in questione con uno di albero che appartiene alla
VII
III
XI maglia fondamentale da esso definita, su cui non ci sono condensatori o
X un generatori di tensione. Ciò è sempre possibile per l’ipotesi di assenza
IV
M1
VI di patologie topologiche
V
IX
Con un numero finito di applicazioni delle sostituzioni introdotte si eliminano
tutte le violazioni ottenendo un albero proprio, c.v.d.

Figura 5.7 esempio di trasformazione d’albero con sostituzione di lato di una Riferimenti bibliografici:
maglia fondamentale (M1) [1] L.O. CHUA, P.M. LIN, Computer aided analysis of electronic circuits:
Quest’ultima tecnica è anche usata nel ambito della ricerca operativa per algorithms & computational techniques, Prentice Hall, 1975, ISBN 0-
trovare l’albero ottimo per problemi di massimo flusso a minimo costo. Le 13-165415-2.
due tecniche di trasformazione sono duali, basta notare che se un lato [2] L.O. CHUA, C.A. DESOER, E.S. KUH, Circuiti Lineari e Non Lineari,
dell’albero appartiene alla maglia definita da un lato del co-albero Jackson 1991, ISBN 88-7056-837-7.
quest’ultimo deve appartenere al taglio definito dal lato dell’albero e
viceversa.
Introdotte dunque le trasformazioni di albero, possiamo agevolmente
dimostrare la proprietà di cui sopra. Osserviamo anzitutto che qualsiasi albero
per definizione non contiene cicli. Dunque l’esistenza dell’albero proprio è
garanzia dell’assenza di maglie con soli generatori di tensione e condensatori.
Analogamente un qualsiasi coalbero non contiene tagli, da cui segue che non
esisteranno tagli con soli generatori di corrente ed induttori.

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74 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali

dunque n variabili ausiliarie uk (k =1, ..n, in numero pari ai nodi del circuito)

6. Formulazioni alternative delle dette “potenziali di nodo”, e definite tramite relazioni del tipo:

vij = ui − u j (6.2)
equazioni circuitali dove vij rappresenta la tensione tra il nodo i e quello j (il verso di riferimento
è quello che va da i a j ovvero con il contrassegno + su i, come indicato in
Figura 6.1).

Le equazioni circuitali possono essere poste in diverse forme, in linea di


principio equivalenti tra loro, ma come vedremo con differenze strutturali che
assumono particolare rilevanza nella manipolazione numerica delle stesse.
Abbiamo sin qui considerato la forma più classica in cui porre le equazioni Figura 6.1 Un generico lato che incide due nodi, per i quali sono definiti i relativi
circuitali, detta anche forma “canonica”: potenziali

Ai = 0; ( n − 1)⎪⎫ Sulla base di tali relazioni definitorie è facile mostrare che:


⎬ equazioni di interconnessione
Bv = 0; b - ( n − 1) ⎪⎭
f ( v , i , q , φ, t ) = 0
1. la legge di Kirchhoff per qualsiasi maglia risulta automaticamente
b caratteristiche algebriche (6.1)
verificata se espressa in termini dei potenziali
dq dφ 2. la relazione tra tensioni e potenziali è esprimibile attraverso la matrice
iC = ; vL = ; N C + N L caratteristiche differenziali
dt dt di incidenza come:

Osserviamo che, per quanto visto finora, la scelta in tal caso non è unica. v = AaT u a , ovvero v = AT u , (6.3)
Ciò è conseguenza della non unicità delle matrici ridotte A e B. In particolare
sappiamo che, anche avendo fissato la matrice A (cioè eliminando una riga a avendo rispettivamente indicato con u a ed u i vettori dei potenziali di nodo
piacere dalla matrice Aa ) la matrice B dipende da quale sistema di maglie
e quello ridotto (di uno) in corrispondenza con la riduzione della matrice Aa
indipendenti stiamo considerando. Ad esempio se si considera una matrice di
(per i dettagli si vedano i riferimenti [3,4,5]).
maglia fondamentale Bf essa viene a dipendere dalla scelta dell’albero.
E’ da osservare che la riduzione del numero di potenziali da n ad n-1
Vogliamo ora mostrare, anche sulla base della conoscenza delle proprietà
corrisponde al fatto che essendo le tensioni definite per differenza, l’insieme
delle matrici topologiche, altre possibili formulazioni delle equazioni
dei potenziali risulta definito a meno di un valore costante. Si può fissare ad
circuitali, provandone a mettere in evidenza le rispettive peculiarità.
arbitrio dunque il valore di uno dei potenziali, scalando tutti gli altri di un
termine corrispondente. A ciò corrisponde la circostanza algebrica che la
Potenziali di nodo e matrice di incidenza matrice A risulta a rango pieno, al contrario di Aa.
La prima delle formulazioni alternative a quella canonica, e sicuramente Mediante i potenziali di nodo è possibile dunque formulare le equazioni di
tra le più importanti, è basata sull’utilizzo dei potenziali di nodo come Kirchhoff senza passare per le maglie, e dunque per l’identificazione di un
variabili ausiliarie per la scrittura delle equazioni. Abbiamo già osservato albero per costruire la matrice B:
(cap.1) che la validità delle KVL equivale a postulare l’esistenza dei
potenziali ai terminali degli elementi come variabili descrittive. Avremo

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Potenziali di nodo e matrice di incidenza 75 76 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali

Ai = 0 n -1 ⎛ v1 ⎞ ⎛ 1 0 −1⎞
⎜ ⎟ ⎜ ⎟ ⎛ u1 ⎞
v=A u ⎜ v2 ⎟ = ⎜ 1 −1 0 ⎟ . ⎜ u ⎟
T
b (6.4)
(6.7)
⎜ v3 ⎟ ⎜ 0 1 −1⎟ ⎜⎜ 2 ⎟⎟
b + (n − 1) ⎜ ⎟ ⎜ ⎟ ⎝ u3 ⎠
⎝ v4 ⎠ ⎝ 0 1 −1⎠
Facciamo anzitutto un esempio; consideriamo il circuito di Figura 6.2. Ad
esso corrisponde la seguente matrice di incidenza:
Come si vede, la matrice è proprio AaT .
Vediamo ora se possiamo costruire un set di equazioni in cui le incognite
I II III IV
siano solo i potenziali dei nodi (metodo dei potenziali di nodo). Scriviamo
⎛ 1 1 0 0⎞ 1 anzitutto le equazioni di Tableau del circuito:
⎜ ⎟ (6.5)
Aa = ⎜ 0 −1 1 1⎟ 2
⎜ −1 0 −1 −1⎟ 3 ⎧i1 + i2 = 0
⎝ ⎠ Ai = 0 → ⎨ (6.8)
⎩−i2 + i3 + i4 = 0

⎧v1 = u1

⎪v2 = u1 − u2
v = AT u → ⎨ (6.9)
⎪v3 = u2
⎪⎩v4 = u2

⎧v1 = e(t )
⎪v = Ri
⎪⎪ 2 2
ℑ( v, i, t ) = 0 → ⎨i3 = g (v3 ) (6.10)
Figura 6.2 Un semplice circuito ed il relativo grafo orientato ⎪
⎪i = C dv4
⎪⎩ 4 dt
Per il circuito in esame dunque, in base alla (6.2), si avranno le seguenti
relazioni (tra tensioni e potenziali dei nodi):
Ricavando (dove possibile) le intensità di corrente in funzione delle
v1 = u1 − u3 tensioni dalle (6.10) e sostituendo le espressioni di queste ultime in funzione
dei potenziali di nodo otteniamo il sistema:
v2 = u1 − u2 .
(6.6)
v3 = u2 − u3 ⎧ u1 − u2
v4 = u2 − u3 ⎪i1 + R = 0

⎪ u1 − u2 d
Pertanto, in forma matriciale avremo: ⎨− + g (u2 ) + C u2 = 0 (6.11)
⎪ R dt
⎪u1 = e(t )

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Potenziali di nodo e matrice di incidenza 77 78 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali

−u1 u −u −u u − u3 u
i1 = , i2 = 1 2 , i3 = 2 , i4 = 2 , i5 = 3 .
Esso è costituito da un’equazione in u1 , u2 , ma che contiene anche i1 , ed R1 R2 R3 R4 R5 (6.13)
infine l’equazione caratteristica del generatore di tensione. Ciò accade perché
sul lato I vi è un bipolo che non è controllato in tensione (accadrebbe una
In tal modo, le KCL ai nodi divengono:
cosa analoga, ad esempio, in presenza di un induttore).
In generale (metodo dei potenziali di nodo “modificato”) ci ridurremo ad
u1 u1 − u2
un sistema di (n-1) + h equazioni (ed incognite), dove h è proprio il numero di + = J6 + J7
bipoli non controllati in tensione. R1 R2
u1 − u2 u2 u2 − u3
Matrice delle conduttanze ai nodi − + + = − J7 (6.14)
R2 R3 R4
Per mostrare una applicazione del metodo dei potenziali di nodo e la u2 − u3 u3
procedura di riduzione delle equazioni di tableau, consideriamo dapprima il − + = − J8
circuito di resistori lineari e di generatori indipendenti di corrente R4 R5
rappresentato in Figura 6.3.
J7 Esso è un sistema di tre equazioni in tre incognite (i potenziali dei nodi
u1 , u2 , u3 ) che potrà essere risolto nel modo più opportuno. Una volta ricavati i
u1 u2 u3 valori dei potenziali dei nodi, le tensioni dei diversi bipoli potranno essere
R2 R4
tutte espresse attraverso le relazioni con questi ultimi. Se fissiamo, ad
R1 J6 R3 R5 esempio, la convenzione dell’utilizzatore per definire le tensioni di tutti i
J8 bipoli del circuito, avremo le relazioni:

u0=0 v1 = −u1
v2 = u1 − u2
Figura 6.3 Un esempio di circuito di soli resistori e generatori di corrente (il nodo
0 è assunto come riferimento dei potenziali) v3 = −u2
Esso consta di 4 nodi e 8 lati. Abbiamo scelto di considerare il nodo 0 come v4 = u2 − u3
(6.15)
riferimento dei potenziali ( u0 = 0 ) . In riferimento ai versi adottati per le v5 = u3
correnti nei resistori, le KCL ai nodi 1, 2, 3 saranno: v6 = −u1
v7 = −u1 + u2
−i1 + i2 = J 6 + J 7
v8 = u3
−i2 − i3 + i4 = − J 7
−i4 + i5 = − J 8 (6.12) In riferimento all’esempio appena considerato vogliamo ora mostrare
un’importante proprietà strutturale delle equazioni per i potenziali nodali.
Ogni corrente incognita del precedente sistema può essere espressa in Difatti se riordiniamo le equazioni precedentemente scritte, mettendo in
funzione della tensione (e quindi in funzione dei soli potenziali di nodo) evidenza a primo membro i termini che moltiplicano i potenziali incogniti, il
mediante la caratteristica dei resistori, ottenendo: sistema assume la forma:

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Potenziali di nodo e matrice di incidenza 79 80 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali

⎛ 1 1 1 ⎞
⎜ + − 0 ⎟ I II III IV V VI VII VIII
⎜ R1 R2 R2 ⎟⎛ u ⎞ ⎛ J + J ⎞
⎜ 1 1 1 1 1 ⎟⎜ ⎟ ⎜
1 6 7
⎟ ⎛ −1 1 0 0 0 −1 −1 0 ⎞ 1
⎜ − + + − ⎟⎜ 2 ⎟ ⎜
u = − J (6.16) ⎜ ⎟
R2 R2 R3 R4 R4 ⎟ ⎜ ⎟ ⎜
7 ⎟ ⎜ 0 −1 −1 1 0 0 1 0 ⎟ 2
⎜ ⎟ Aa =
⎜ ⎝ u3 ⎠ ⎝ − J 8 ⎠ ⎜ 0 0 0 −1 1 0 0 1 ⎟
1 1 1 ⎟ ⎜ ⎟
3
⎜⎜ 0 − + ⎟
⎝ R4 R4 R5 ⎟⎠ ⎝ 1 0 1 0 −1 1 0 −1⎠ 0
ovvero Gu = J , dove G viene definita matrice delle conduttanze ai nodi, u è
il vettore dei potenziali di nodo, J quello dei termini noti. Osserviamo subito ed è facile mostrare che tramite la (6.17) otteniamo la matrice delle
che la costruzione del sistema nella forma appena considerata può essere conduttanze ai nodi precedentemente ricavata.
realizzata per ispezione diretta del circuito. Difatti, per quanto riguarda la
matrice G delle conduttanze ai nodi essa ha la seguente struttura: i termini
Potenziali di nodo modificato: forma matriciale
della diagonale principale Gii contengono la somma delle conduttanze che
Consideriamo ora un circuito nel quale siano presenti generatori di tensione
incidono nel nodo i-esimo del circuito; quelli fuori diagonale Gi , j , i ≠ j sono
oltre che di corrente, come ad esempio quello rappresentato in Figura 6.4.
l’opposto delle conduttanze esistenti tra il nodo i-esimo e j-esimo. Il vettore Vogliamo ad esso applicare il metodo dei potenziali di nodo “modificato”.
dei termini noti è costituito, per ciascuna riga i, dalla somma delle correnti Nel circuito si individuano n = 3 nodi, dunque avremo n − 1 = 2 equazioni
note (dei generatori) entranti nel nodo i-esimo. Questa regolarità nella indipendenti per le intensità di corrente ed altrettanti potenziali incogniti
struttura delle matrici consente agevolmente di costruire il sistema da u1 , u2 , avendo assunto u3 = 0 .
risolvere, come anticipato prima, per ispezione diretta del circuito. Ciò è alla
base di molti algoritmi numerici per la simulazione circuitale.
È possibile verificare direttamente che la matrice delle conduttanze ai nodi
G può essere ottenuta in modo algebrico nel modo seguente. Si definisce
anzitutto un vettore di conduttanze Y con la regola:

⎧1
⎪ se sul lato i c'è un resistore
Yi = ⎨ Ri
⎪0 se sul lato i c'è un generatore

In tal caso è immediato verificare che:


Figura 6.4 Un esempio di circuito con generatori di tensione e corrente
G = Adiag(Y) A , T
(6.17) Le KCL ai nodi 1 e 2 sono:

dove con diag( Y) si è indicata la matrice diagonale con gli elementi di Y i1 + i4 = 0


sulla diagonale principale. Ad esempio, nel caso del circuito già esaminato in (6.18)
−i1 + i2 + i3 = J
Figura 6.3, abbiamo:
Come possiamo notare non tutte le correnti possono essere espresse in
Y = (1 R1 ,1 R2 ,1 R3 ,1 R4 ,1 R5 ,0,0,0)T ,
funzione della tensione, cioè non tutti i bipoli sono caratterizzabili in
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Potenziali di nodo e matrice di incidenza 81 82 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali

tensione, (per questo stiamo parlando di metodo dei potenziali di nodo che moltiplica il vettore delle incognite deve essere una matrice a blocchi
modificato). In particolare l’intensità di corrente i4 del generatore di tensione come schematizzato di seguito:
E non è direttamente esprimibile in funzione dei potenziali di nodo e
rappresenta una ulteriore incognita del sistema (6.18), cui va aggiunta dunque ⎛G AE ⎞
⎜ T ⎟, (6.22)
l’ulteriore equazione. ⎝ AE 0 ⎠

u1 = E (6.19) dove la sottomatrice G risulta essere proprio la matrice delle conduttanze ai


nodi precedentemente definita, la sottomatrice AE risulta essere il sottoblocco
Abbiamo dunque ottenuto un sistema in 3 equazioni ed altrettante incognite della matrice d’incidenza A relativa ai lati con un generatore di tensione e
x = (u1 , u2 , i4 )T : AET la sua trasposta. Ricordiamo che la matrice G ha dimensione
(n − 1) × (n − 1) mentre AE ha dimensione (n − 1) × nE ( AET ha dimensione
⎧ u1 − u2 nE × (n − 1) ) con nE numero dei generatori di tensione. Si noti la presenza
⎪ R + i4 = 0,
⎪ 1 della matrice nulla di dimensione nE × nE . Il vettore dei termini noti sarà dato
⎪ −u1 + u2 u2 u2 da (J , E)T , con J vettore delle (somme di) correnti impresse ai nodi e E
⎨ + + =J, (6.20)
⎪ R1 R2 R3 vettore delle tensioni impresse.
⎪u = E .
⎪ 1 Correnti di maglia e matrice di maglia

Accanto alla formulazione con i potenziali di nodo possiamo costruirne
Esso può essere riscritto in forma matriciale: una assolutamente speculare, che è quella fondata sulle cosiddette correnti di
maglia. Nell’introdurla faremo nuovamente riferimento al circuito di Figura
6.2, avendone scelto un certo albero (quello formato dai lati II e III), come
⎛ 1 1 ⎞
⎜ R − 1⎟ riportato in Figura 6.5.
R1
⎜ 1 ⎟⎛ u ⎞ ⎛ 0 ⎞ In relazione alla scelta fatta per l’albero abbiamo che il vettore delle
⎜ 1 ⎛ 1 1 1 ⎞ ⎟⎜ 1 ⎟ ⎜ ⎟ correnti di coalbero risulta in questo caso i c = ( i1 , i4 ) .
T
⎜− ⎜ + + ⎟ 0 ⎟ ⎜ u2 ⎟ = ⎜ J ⎟ . (6.21)
⎜ R1 ⎝ R1 R2 R3 ⎠ ⎟⎜ ⎟ ⎜ ⎟
⎜ 1 ⎝ i4 ⎠ ⎝ E ⎠
⎜ 0 0 ⎟⎟
⎜ ⎟
⎝ ⎠

Riconosciamo nella matrice a primo membro la sottomatrice 2 × 2 data dalla


matrice delle conduttanze ai nodi G, come precedentemente definita. Inoltre il
vettore dei termini noti (0, J , E )T è costituito dal sottovettore (0, J )T delle
correnti impresse ai nodi e dal sottovettore delle tensioni ( E )T dei generatori
di tensione presenti nel circuito.
È possibile a questo punto generalizzare i risultati di quanto visto con
l’esempio. Nel caso in cui ci siano elementi non controllati in tensione il Figura 6.5 Grafo del circuito di Figura 6.2 con indicazione di un albero e delle
metodo dei potenziali di nodo viene modificato nel seguente modo: la matrice corrispondenti correnti di maglia.

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Correnti di maglia e matrice di maglia 83 84 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali

Considerando ora le maglie fondamentali in relazione all’albero scelto ed ⎧ Ai = 0 ⎫ ⎧⎪ Bv = 0 ⎫⎪ ⎧⎪ Di = 0 ⎫⎪


indicate in figura, le relative correnti di maglia coincidono con quelle di ⎨ ⎬⇔⎨ ⎬⇔⎨ ⎬ (6.27)
⎩ v = A u ⎭ ⎪⎩i = B i c ⎭⎪ ⎩⎪ v = D v t ⎭⎪
T T T
coalbero a patto di scegliere il verso di percorrenza delle maglie in accordo
con l’orientazione dei relativi lati di coalbero. Sulla base di tale scelta,
evidenziata in Figura 6.5, possiamo scrivere nel modo seguente il legame tra È possibile mostrare che i vincoli alle equazioni circuitali costituiti dalle
le correnti di maglia (o di coalbero) e tutte le correnti del circuito: (6.27) sono del tutto equivalenti tra loro ed a quelli espressi dalle KCL-KVL
nella forma canonica, definendo in modo equivalente il sottospazio di
i1 = i1 ⎛ 1 0⎞ Kirchhoff.
⎜ ⎟ Val la pena osservare che se per il circuito si utilizza un albero a stella con
i2 = −i1 −1 0 ⎟
i =⎜ i (6.23) nodo comune il riferimento per i potenziali (è possibile sempre considerare un
i3 = −i1 + i4 ⎜ −1 1 ⎟ c tale albero a patto di aggiungere eventuali circuiti aperti tra i nodi non
⎜ ⎟
i4 = i4 ⎝ 0 1⎠ direttamente collegati nel circuito), allora si ha che v t ≡ u ed i nodi 1 … n-1
Osserviamo ora (in analogia con quanto visto precedentemente per i coincidono con i tagli fondamentali: in tal caso la terza forma e la prima delle
potenziali di nodo, che la matrice di maglia (fondamentale) relativa all’albero equazioni Tableau coincidono.
scelto è:
Matrici topologiche e teorema di Tellegen
⎛ 1 −1 −1 0 ⎞
B=⎜ ⎟, (6.24) Vogliamo riprendere ora il noto teorema di Tellegen, o della
⎝0 0 1 1⎠
conservazione della potenza virtuale pˆ k = vk′ ik′′ che afferma che, per un
Riordinando opportunamente le colonne in modo che i= (it,ic)T si riconosce qualsiasi sistema di tensioni v′ ed intensità di corrente i′′ che verificano le
immediatamente che: leggi di Kirchhoff associate ad uno stesso grafo, fissata una convenzione su
tutti i b lati, si ha sempre:
⎡it ⎤
i = BT i c = [ Bt , I ] i, con i = ⎢ ⎥
T
(6.25) b

⎣i c ⎦ ∑v i
k =1
k k = 0 , ovvero vT i = 0. (6.28)

(ricordiamo che i t = − Dc i c = BtT i c ).


Esso sancisce dunque una proprietà piuttosto generale per un circuito, che
Procedendo in maniera analoga si può giungere ad un simile risultato per risulta basata sul solo fatto che le tensioni descrittive e le intensità di corrente
quanto riguarda la matrice di taglio fondamentale relativa all’albero scelto: descrittive debbano verificare i vincoli imposti dalle LK per un assegnato
grafo. Nel caso particolare che v′ = v ed i′′ = i si riduce, come noto, alla
v = DT v t , (6.26) conservazione delle potenze elettriche in un circuito.

dove ora v è il vettore delle tensioni di tutti i lati, e v t quello dei soli lati Una dimostrazione del teorema di Tellegen piuttosto nota è basata
dell’albero (ricordiamo che v c = − Bt v t = DcT v t ) sull’utilizzo della matrice di incidenza A , imponendo implicitamente le KVL
utilizzando i potenziali di nodo attraverso la relazione v = AT u , e poi
Sulla base di quanto visto le equazioni di interconnessione per un circuito imponendo le KCL esplicitamente Ai = 0 . Basandosi sulle proprietà di
possono essere poste nelle tre forme equivalenti (forme “Tableau”): trasposizione del prodotto di matrici, si ha infatti:

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Forma canonica ed equazioni di stato 85 86 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali

vT i = ( AT u ) i = uT ( Ai ) = 0 .
T
(6.29) Le equazioni (6.31) sono dette equazioni di stato (e corrispondentemente
le variabili x variabili di stato) quando sono verificate le seguenti condizioni:

Vogliamo qui mostrare il profondo legame tra teorema di Tellegen e i il legame tra le variabili di stato e le altre è univoco ed esprimibile
topologia circuitale mostrandone una dimostrazione alternativa, che si basa attraverso relazioni di tipo algebrico;
sulla relazione DBT = 0 . Utilizzando le espressioni di i c e v t date dalle ii x(t) è una funzione continua nella sola ipotesi che i forzamenti del
(6.25) e (6.26), si ha infatti: circuito si mantengano limitati;
iii x(t) è biunivocamente legato all’energia immagazzinata dal circuito.
DBT = 0 ⇒ vTt D BT i c = 0 . (6.30)
NN Osserviamo che le condizioni (ii) e (iii) consentono di affermare che il vettore
T
v i
x(t0) identifica univocamente le condizioni iniziali per il circuito in un
qualsiasi istante t0.
Tale dimostrazione lega dunque in modo diretto ed inequivoco la proprietà
È possibile che la scelta delle variabili di stato non sia univoca, nel senso
alla struttura topologica del circuito.
che esistono più insiemi di variabili che verificano le condizioni richieste e
permettono la scrittura delle equazioni nella forma canonica (6.31). In ogni
Forma canonica ed equazioni di stato
caso il numero di variabili di stato coincide (di norma) con il numero di
Dopo aver esaminato le formulazioni canonica e in forma tableau delle elementi dinamici, e più in generale con il numero di equazioni differenziali
equazioni circuitali, basate sulle diverse matrici topologiche, vogliamo ora (indipendenti) presenti nella forma canonica.
introdurre una forma molto importante, la cosiddetta forma di stato. Nel caso dei circuiti lineari si scelgono tradizionalmente come variabili di
Ricordiamo anzitutto che in matematica la forma normale per un problema stato le tensioni dei condensatori vC e le intensità di corrente degli induttori iL
dinamico di valore iniziale è tipicamente data come: ed è facile mostrare che, salvo appunto casi patologici, è possibile in tal modo
mettere le equazioni nella forma normale e verificare le proprietà i), ii), iii).
x = f ( x, t ) , Vogliamo ora analizzare il problema in generale per circuiti eventualmente
(6.31)
x(t0 ) = x 0 . non lineari. Anzitutto andiamo a definire della procedure per costruire la
forma (6.31), trovando al tempo stesso le condizioni sufficienti perché le
equazioni del circuito ammettano la forma di stato.
Il problema espresso dalla (6.31) è noto come problema di Cauchy in forma
canonica o normale; affinché esso sia ben posto è necessario che la funzione f
a secondo membro sia “sufficientemente regolare”. Nel caso lineare, a meno
Equazioni di stato e circuito resistivo associato
di situazioni dette “patologiche” (ed in cui ci siamo già talvolta imbattuti) è
facile mostrare che il problema (6.31) è ben posto. Viceversa nel caso non Consideriamo il circuito in Figura 6.6 (si tratta di un semplice circuito del
lineare la questione di esistenza ed unicità della soluzione, e della sua primo ordine non lineare). Consideriamo separatamente la parte a-dinamica
continuità al variare dei dati è tutt’altro che banale. del circuito (nel riquadro tratteggiato in figura), da quella dinamica. Se siamo
Dal punto di vista circuitale il primo problema da affrontare è ottenere la in grado di ottenere la caratteristica del bipolo nel riquadro tratteggiato nella
forma (6.31) a partire dalla forma canonica. In generale ciò si ottiene forma controllata in tensione, iC = f ( vC , t ) tenuto conto della caratteristica
attraverso un processo di riduzione delle variabili per sostituzione. Il vettore x del condensatore abbiamo immediatamente:
rappresenta un opportuno sottoinsieme delle variabili descrittive, che
naturalmente dovrà permettere sempre di ricostruire le altre variabili in modo dvC
univoco. Le proprietà di regolarità della f dipendono in generale dalla scelta C = f ( vC , t ) (6.32)
dt
del sottoinsieme di variabili presenti nella (6.31).

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Forma canonica ed equazioni di stato 87 88 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali

Nel caso in esame è praticamente immediato ricavare la caratterizzazione dalla funzione f ( x,t ) , dunque in definitiva dalla sola parte a-dinamica del
in tensione del bipolo a-dinamico nel riquadro: circuito.
Il concetto si generalizza in modo immediato al caso di circuito con più
e ( t ) − vC
iC = iR − i = − g ( vC ) = f ( vC , t ) (6.33) elementi dinamici. Consideriamo il circuito mostrato in Figura 6.8:
R

Figura 6.6. Un semplice circuito dinamico del primo ordine


Figura 6.8. a) un circuito del secondo ordine (lineare); b) il corrispondente circuito
Osserviamo subito che la caratteristica iC = f ( vC , t ) che abbiamo trovato resistivo associato
è, in linea di principio, la soluzione del seguente circuito “resistivo”: Risolvendo con la sovrapposizione degli effetti il circuito resistivo
associato e sostituendo le equazioni caratteristiche degli elementi dinamici si
ha:
⎧ dvC v 1 e(t )
⎧ vC e(t ) ⎪ = − C + iL +
⎪iC = − iL − ⎪ dt CR C CR
⎨ R R ⎨
⎪⎩vL = vC + RiL ⎪ diL = − 1 v − R i
⎪⎩ dt L
C
L
L

Osserviamo che il procedimento esposto equivale a caratterizzare il


Figura 6.7. Il circuito resistivo associato al circuito dinamico precedente circuito resistivo associato in termini di doppio bipolo a-dinamico in forma
In altri termini, nel risolvere il circuito, abbiamo di fatto sostituito ibrida, visto dai generatori di sostituzione, come mostrato nella Figura 6.9.
all’elemento dinamico un generatore di tensione, e su questa base abbiamo
caratterizzato il bipolo a-dinamico cui risultava connesso.

ic lo

ic lo
m po

m po
In generale, preso un circuito dinamico con induttori e condensatori

o
na bi

na bi
di o

di o
lineari, il circuito in cui ai condensatori sostituiamo i generatori di tensione ed

a- ppi

a- ppi
o

o
agli induttori quelli di corrente viene detto circuito resistivo associato a

D
quello di partenza. Tale concetto è fondamentale, perché permette di
interpretare da un punto di vista circuitale la ricerca della funzione f ( x,t ) a Figura 6.9. Un circuito del secondo ordine visto come un doppio bipolo a-
secondo membro delle equazioni di stato, utilizzando dunque praticamente le dinamico collegato ai due elementi dinamici; il corrispondente circuito
resistivo associato
tecniche di analisi per i circuiti a-dinamici a tal fine. Le proprietà della
soluzione delle equazioni di stato, una volta formulate, verranno a dipendere Quanto visto negli esempi precedenti si generalizza in modo diretto al caso
di circuiti qualsiasi con elementi dinamici tutti lineari. Consideriamo in

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Forma canonica ed equazioni di stato 89 90 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali

generale un circuito con N C condensatori ed N L induttori lineari; in tal caso il sistema può essere messo nella forma:
la forma delle equazioni di stato sarà:
x = f ( x, t ) , dv C
(6.34) C = f C ( x, t )
dv
(
dove il vettore x è definito da x = v1 ....vNC , i1....iN L . ) di
(6.37)
L L = f L ( x, t )
Analogamente a quanto visto prima possiamo considerare il circuito dt
resistivo associato come in Figura 6.10.
ovvero, raggruppando i termini, Ex = f (x, t ) con:

⎛ [C ] 0 ⎞ ⎛f ⎞
E = ⎜⎜ ⎟ ed f = ⎜ C ⎟ (6.38)
⎝ 0 [ L ] ⎟⎠ ⎝ fL ⎠

Naturalmente i passaggi formali fatti presuppongono implicitamente (oltre


all’ipotesi di condensatori ed induttori lineari) che il circuito resistivo
associato sia ben posto, questione che a questo punto val la pena di
approfondire. Dobbiamo dunque studiare l’unicità della soluzione di un
Figura 6.10. Generalizzazione ad un circuito dinamico di ordine qualsiasi del
circuito resistivo: in tal modo, mediante il concetto di circuito resistivo
concetto di circuito resistivo associato associato, saremo in grado in modo semplice di garantire l’esistenza delle
Partendo ora dalla forma “canonica” delle equazioni: equazioni di stato globali, e di qui, come vedremo più avanti, di studiare la
corretta posizione del problema (6.31) e, dunque, l’unicità della soluzione del
circuito dinamico.
Ai = 0 ⎫
⎬ equazioni di interconnessione
Bv = 0 ⎭ Condizione (sufficiente) di unicità della soluzione per un circuito a-dinamico
f ( v,i, t ) = 0 caratteristiche a-dinamiche (6.35)
dv C ⎫ “se un circuito (a-dinamico) è costituito di resistori passivi con
iC = C caratteristica strettamente crescente e da generatori indipendenti, e se
dt ⎪⎪ non vi patologie topologiche, la soluzione del circuito è unica”
⎬ caratteristiche dinamiche
di L ⎪
vL = L
dt ⎪⎭ E’ semplice ed istruttivo dimostrare tale risultato. Basta procedere per
dove A e B sono una matrice di incidenza di nodo (ridotta) ed una di maglia assurdo, ipotizzando che esistano due soluzioni diverse per il circuito, ovvero
(fondamentale), e C ed L sono le matrici: due sistemi di tensioni e di correnti descrittive vk′ , ik′ e vk′′, ik′′ che soddisfano
tutte le equazioni, vale a dire le leggi di Kirchhoff e le caratteristiche degli
⎛ C1 0 . . . 0 ⎞ ⎛ L1 0 . . . 0 ⎞ elementi. Consideriamo a tal fine le quantità Δvk = vk′ − vk′′ e Δik = ik′ − ik′′ .
⎜ ⎟ ⎜ ⎟
0 C2 . . . . ⎟ 0 L2 . . . . ⎟ Esse verificano le leggi di Kirchhoff (per la linearità di queste ultime). Di
C =⎜ L=⎜ (6.36)
conseguenza alle grandezze ΔPk = Δvk Δik possiamo applicare il teorema di
⎜0 . . . . . ⎟ ⎜ 0 . . . . . ⎟
⎜ ⎟ ⎜ ⎟ Tellegen:
⎝0 0 . . . CN ⎠ ⎝0 0 . . . LM ⎠

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Forma canonica ed equazioni di stato 91 92 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali

∑ Δv Δi
k
k k =0 (6.39)
i1 i2
iR
+ +
Analizziamo ora in modo puntuale i diversi tipi di termini che possono E
-
R E
-
presentarsi nella sommatoria (6.39). Nel caso di lati con resistori lineari
(passivi) avremo termini del tipo Δvk Δik = Rk Δik2 ≥ 0 , che risulteranno sempre
positivi. Per il lati con generatori di tensione, invece, Δvk = 0 ⇒ Δvk Δik = 0
Figura 6.11. Esempio di circuito mal posto
dunque i termini saranno tutti nulli. Stessa cosa per i lati con generatori di
corrente Δik = 0 ⇒ Δvk Δik = 0 . Infine, per i lati con bipoli non lineari di È immediato verificare che esso è mal posto in quanto la corrente dei
caratteristica ik = g ( vk ) avremo che Δvk Δik = Δvk ⎡⎣ g ( vk′ ) − g ( vk′′ ) ⎤⎦ . generatori di tensione risulta indeterminata, e dunque ammette infinite
Tenuto conto di quanto osservato, potremo riscrivere la sommatoria (6.39) soluzioni. Ed infatti esso, pur verificando l’ipotesi sulle caratteristiche degli
come: elementi, ha una maglia costituita da soli generatori di tensione.

Albero proprio ed equazioni di stato


∑ Δv k ⎡⎣ g ( vk′ ) − g ( vk′′ ) ⎤⎦ + ∑ RΔ 2ik = 0 (6.40)
Vogliamo a questo punto descrivere un metodo, che poi possa tradursi in
algoritmo, per la ricerca sistematica delle equazioni di stato in un circuito.
A causa della stretta monotonia ipotizzata per tutti i bipoli passivi, si ha che Esso si basa sul concetto di albero proprio, ovvero un albero che contenga
se Δvk ≥ 0 allora certamente sarà g ( vk′ ) − g ( vk′′ ) > 0 , e viceversa. Perché tutti i condensatori del circuito e nessun induttore. Illustreremo la procedura
dunque l’uguaglianza sia valida dovrà necessariamente accadere che Δvk = 0 con un esempio: consideriamo il circuito di Figura 6.12.
e Δik = 0 , e dunque le due soluzioni ipotizzate come distinte, in realtà i1 iL
coincidono. L i2
R1 +
Per completare la dimostrazione va in realtà osservato che nulla è stato + + vC2
e vC1 C1 C2 R2
detto per i termini ΔiE , ΔvJ relativamente ai lati con generatori ideali: infatti -
- - gvC1
in tal caso le potenze virtuali sono comunque nulle ( ΔvE = 0, ΔiJ = 0 ), e non
danno contributo alla somma (6.40). E’ però facile convincersi che, (a)
nell’ipotesi di assenza di patologie topologiche (maglie costituite da soli
generatori di tensione e tagli costituiti da soli generatori di corrente) si può
considerare un albero proprio, e considerando le matrici di maglia e di taglio
fondamentali da esso definite si ha:

Δi = BT Δi c , Δv = DT Δv t . (6.41)
(b)
Considerando un albero proprio e osservando dunque che le ic non possono
mai essere quelle di generatori di tensione (che sono sull’albero) e le vt non Figura 6.12 (a) un circuito del terzo ordine, (b) un suo albero proprio ed i relativi
possono mai essere quelle di generatori di corrente (che sono sul coalbero) si insiemi di taglio fondamentali con i condensatori
può concludere che Δi = 0, Δv = 0 sempre. Per avere un contro esempio basta Le variabili di stato per il circuito sono vC1 , vC 2 , iL . Consideriamo ora le
considerare il classico circuito patologico in Figura 6.11. KCL per i tagli fondamentali che includono i condensatori e le KVL per le

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Forma canonica ed equazioni di stato 93 94 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali

maglie fondamentali che includono gli induttori (è chiaro che per far ciò è
necessario l’albero proprio). Si ha:
vR + vC = E
dv e(t ) − vC1 ϕ1 (vR , i ) = 0
C1 C1 = i1 − iL = − iL ,
dt R1 ϕ2 (vC , q ) = 0 (6.44)
dvC 2 v dq
C2 = iL − gvC1 − i2 = − gvC1 − C 2 + iL , (6.42) i=
dt R2 dt
diL
L = vC1 − vC 2 ,
dt
Per il sistema in forma canonica (6.44) possiamo ipotizzare due possibili
forme di stato:
ovvero, posto x = (vC1 , vC 2 , iL ) in forma normale:
T

⎡ 1 1⎤ 1) vC = f1 (vC )
⎢− R C 0 −
C1 ⎥
⎛ e (t ) ⎞ (6.45)
⎢ 1 1 ⎥ ⎜ RC ⎟ 2) q = f 2 (q )
⎢ g 1 1 ⎥ ⎜ 1 1⎟
x = ⎢ − − x+⎜ 0 ⎟.
C2 ⎥⎥
(6.43)
⎢ C2 R2C2 ⎜ ⎟ Assumiamo per ipotesi che le curve ϕ1 e ϕ 2 siano funzioni in senso stretto,
⎜ 0 ⎟
⎢ 1 1 ⎥ ⎜ ⎟ ovvero siano esprimibili come funzione esplicita ad un sol valore di almeno
⎢ − 0 ⎥ ⎝ ⎠
⎣ L L ⎦ una delle variabili. Supponiamo ϕ1 → vR = vR (i ), ϕ2 → vC = vC (q ) e che vR e
vC siano funzioni monotone. Al fine di ottenere la forma 1) consideriamo:
Generalizzando quanto visto nell’esempio possiamo dunque affermare
che: se in un circuito dotato di albero proprio scriviamo le KVL alle maglie dq dq dvC dv dv
fondamentali con gli induttori e le KCL ai tagli fondamentali con i i= = → C = Ci
dt dvC dt dt dq
condensatori, sostituendo tutte le caratteristiche degli elementi dinamici
otteniamo un sistema di equazioni in cui le derivate delle variabili iL e vC (o φ ⎧i = i (vC )
dvC ⎪
e q nel caso non lineare) compaiono in maniera isolata all’interno di ciascuna i = f1 (vC , t ) sse ⎨ dq
equazione. Queste equazioni rappresentano le sole equazioni dinamiche del dq ⎪ dv limitata
⎩ C
sistema. Riducendo la parte algebrica delle equazioni in modo da eliminare le
altre variabili (è possibile realizzare ciò in forma algoritmica a partire dal
circuito resistivo associato) otteniamo le equazioni di stato del circuito in Nelle ipotesi fatte entrambe le ultime condizioni risultano sicuramente
modo diretto. verificate. Difatti i = i (vR ) = i ( E − vC ) , e q(vC ) è strettamente monotona. Per
la forma 2) abbiamo:

Equazioni di stato in presenza di elementi dinamici non lineari dq


= i (q) = i ( E - vC )
dt
Vogliamo infine estendere l’analisi sin qui effettuata per le equazioni di ⎧i = i ( E - vC )
stato al caso di circuiti con elementi dinamici non lineari; val la pena anzitutto i ( E - vC ) = f 2 (q) sse ⎨
di considerare un semplice esempio. ⎩vC = vC (q)

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Forma canonica ed equazioni di stato 95 96 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali

Anche in questo caso entrambe le condizioni sono garantite dalle ipotesi Osserviamo anzitutto che il vincolo costituito dalle KL Ai = 0, Bv = 0
fatte (v. anche altri esempi su Chua-Lin). costituisce un sottospazio lineare (in generale un iperpiano) che è il
sottospazio di Kirchhoff, indipendentemente dalla scelta delle matrici A e B.
Quanto visto con l’esempio considerato va opportunamente generalizzato Il sistema (6.46) può essere espresso in forma più sintetica come:
al caso di circuiti con elementi non lineari di ordine qualsiasi.
F ( v, i, q,ϕ , t ) = 0,
Forma canonica e spazio delle configurazioni
dq
Al fine di studiare in generale il passaggio dalla forma canonica a quella di iC = , (6.47)
stato è opportuno introdurre una interpretazione geometrica delle equazioni dt
circuitali. Riscriviamo anzitutto le equazioni in forma canonica nel caso dϕ
vL = .
generale: dt
Ai = 0 ⎫ Osserviamo subito che le variabili q,ϕ risultano i “candidati naturali” per
⎬ → leggi di Kirchhoff
Bv = 0 ⎭ esprimere le equazioni nelle forma di stato. Infatti risolvendo la parte
algebrica delle (6.47) in funzione di q,ϕ e sostituendo nelle caratteristiche
f R ( v R ,i R ) = 0 → resistori
dinamiche si ha:
f S ( v S ,i S , t ) = 0 → generatori
f P ( v P ,i P ) = 0 dq
→ multi-porta (6.46) i C = f C ( q, ϕ , t ) = = q ,
dt
fC ( v C ,q ) = 0 → condensatori (6.48)

f L ( i L ,ϕ ) = 0 → induttori v L = f L ( q, ϕ , t ) = =ϕ ,
dt
dq ⎫
iC =
dt ⎪⎪ espressione che prelude alla forma di stato desiderata.
⎬ → equazioni "dinamiche" Se consideriamo il sistema (algebrico) ottenuto da (6.46) escludendo le
dϕ ⎪
vL = N C + N L equazioni differenziali (ovvero la F ( v, i, q,ϕ , t ) = 0 nella (6.47)),
dt ⎪⎭
abbiamo un sistema di 2b equazioni in 2b + N C + N L incognite. Quindi, in
dove abbiamo considerato i soli generatori come elementi eventualmente generale le soluzioni di questo sistema sono da ricercarsi nello spazio
tempo varianti. In riferimento al sistema (6.46) consideriamo che vi siano NC \ 2b + NC + N L e, di norma (perché ci possono essere dei casi particolari)
condensatori, NL induttori, NS generatori tempo varianti (s=”sources”), NR costituiranno un sottospazio di dimensione N C + N L . Difatti, perché questa
resistori (lineari e non lineari) NP doppi bipoli (p=”ports”). Il grafo condizione sia verificata, deve accadere che le equazioni siano tutte
corrispondente al sistema è formato da un numero di lati compatibili tra di loro ed indipendenti. Se vi sono equazioni in contraddizione
b = N R + N S + N C + N L + 2 N P . Corrispondentemente, il numero di equazioni si abbassa la dimensione della soluzione. Se vi sono invece equazioni che
(e di incognite) è pari a 2b + N C + N L di cui 2b sono algebriche ed N C + N L sono dipendenti, aumenta la sua dimensione. Possiamo ora dare le seguenti
differenziali. Una qualsiasi soluzione delle equazioni (6.46) (una volta definizioni:
assegnata la condizione iniziale) è esprimibile nella forma - si definisce punto di lavoro del circuito un qualsiasi insieme di
ξ ( t ) = ( v ( t ) , i ( t ) , q ( t ) ,ϕ ( t ) ) , ed appartiene allo spazio \ 2b + N
T + NL tensioni, correnti, flussi e cariche che sia soluzione della parte
C
. algebrica del sistema.
- si definisce spazio delle configurazioni del circuito l’insieme di tutti i
punti di lavoro.

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Forma canonica ed equazioni di stato 97 98 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali

In definitiva lo spazio delle configurazioni coincide con il sottospazio di In tal caso il sottospazio corrispondente, sempre definito in \ 2b + NC + N L ,
\ 2b + NC + N L definito dalla F ( v, i, q,ϕ , t ) = 0 . avrà dimensione N C + N L + N S
Osserviamo che la generica soluzione del circuito Val la pena infine di introdurre un’ulteriore definizione:
ξ ( t ) = ( v ( t ) , i ( t ) , q ( t ) ,ϕ ( t ) ) altro non è che una curva (con il tempo t come
T

- si definisce un punto di lavoro in continua un punto di lavoro per cui si


parametro) nello spazio delle configurazioni. Possiamo darne un’immagine abbia i C = v L = 0 e siano spenti tutti i generatori di tensione e di
grafica con analogia meccanica al moto di un punto materiale su di una
corrente tempo-varianti.
superficie come mostrato in Figura 6.9. In tal caso, lo spazio delle
configurazioni rappresenta il vincolo sul quale si muovono le soluzioni. In
Esempio: spazio delle configurazioni per un circuito a-dinamico lineare
sostanza, le soluzioni (traiettorie) saranno diverse in relazione alle diverse
In un circuito lineare tali sono tutte le equazioni nel sistema (6.46). Di
condizioni iniziali, ma devono soddisfare istante per istante la parte algebrica
conseguenza lo spazio delle configurazioni sarà certamente un (iper)piano.
che rappresenta, appunto, il nostro vincolo.
Ha senso chiedersi: la dimensione di tale spazio sarà sempre pari a N C + N L ?
Ebbene, anche in un caso così semplice, la risposta a tale quesito non è
sempre positiva, come vediamo subito con il seguente esempio. Consideriamo
dunque il circuito in Figura 6.14, che rappresenta un classico caso limite.
Nell’esempio che stiamo considerando è immediato constatare che
NC + N L = 0 .

+ +
v1 v2
- -

Figura 6.13. Rappresentazione grafica di una soluzione (traiettoria) poggiata


(vincolata) allo spazio delle configurazioni Figura 6.14. Un banale circuito degenere
Nelle equazioni scritte prima, i soli componenti tempo varianti si Potremmo allora aspettarci che la dimensionalità sia ∞ 0 = 1 , cioè il
suppongono essere i generatori indipendenti. Per tenere conto di questa sistema abbia una soluzione. Invece, come sappiamo per il circuito in esame
variazione temporale, si può pensare che la superficie si muova nel tempo, sono possibili due situazioni:
dovendo comunque la soluzione rimanere vincolata alla superficie, questa v1 ≠ v2 ⇒ il circuito non ammette soluzione.
volta in moto. In talune circostanze è conveniente disfarsi di questa
dipendenza dal tempo per poter utilizzare alcuni risultati. Questo lo si fa v1 = v2 ⇒ il circuito ammette infinite soluzioni
introducendo una nuova definizione:
A valle dell’esempio fatto, ha senso dare la seguente definizione:
- si definisce spazio delle configurazioni generalizzato lo spazio delle
configurazioni quando siano rimossi i vincoli (le equazioni) - un circuito si dice ben posto se il suo spazio delle configurazioni ha
corrispondenti alle caratteristiche dei generatori indipendenti variabili dimensione proprio pari a N C + N L . In particolare, siccome in un
nel tempo.

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Forma canonica ed equazioni di stato 99 100 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali

circuito a-dinamico N C + N L = 0 , dunque esso si dirà ben posto se


ammette ∞ 0 = 1 soluzione.

Condizioni di esistenza delle equazioni di stato


Sulla base dei concetti introdotti proviamo a rispondere alle due questioni
fondamentali circa l’esistenza della forma di stato che sono:

1. le funzioni f1 ed f2 nella (6.48) esistono sempre?


2. le soluzioni del sistema (6.48) sono sempre soluzioni del sistema di
partenza (6.47)?

Solo per semplificare la trattazione considereremo il caso di tutti generatori


tempo invarianti, senza peraltro che ciò renda meno generali le conclusioni
cui perverremo. Possiamo dire che le equazioni (6.48) sono le equazioni di
stato per il circuito descritto dalla forma canonica (6.46) se accade
contemporaneamente che:
Figura 6.15 spazio delle configurazioni generalizzato non parametrizzabile
a. se ξ ( t ) = ( v ( t ) , i ( t ) , q ( t ) ,ϕ ( t ) ) è una soluzione del circuito allora (globalmente) rispetto a q,φ.
T

q ( t ) ,ϕ ( t ) sono soluzione delle (6.48); È possibile a questo punto dare le condizioni (necessarie e sufficienti)
affinché, come si dice, la parametrizzazione dello spazio delle configurazione
b. se q ( t ) ,ϕ ( t ) sono soluzione delle (6.48) allora esiste una sola rispetto alle variabili q ( t ) ,ϕ ( t ) risulti globale. In particolare, considerata la
ξ ( t ) = ( v ( t ) , i ( t ) , q ( t ) ,ϕ ( t ) ) soluzione del circuito.
T
funzione F ( v, i, q,ϕ , t ) = 0 definita nelle (6.47) e scomposta come:

Dal punto di vista geometrico le due condizioni citate equivalgono al fatto FC ( v C , q ) = 0,


che ci sia una proiettabilità biunivoca tra lo spazio delle variabili di stato
FL ( i L ,ϕ ) = 0, (6.49)
q ( t ) ,ϕ ( t ) e lo spazio di tutte le altre variabili. Tale circostanza va verificata
nello spazio delle configurazioni generalizzato, come schematicamente FRP ( v R , i R ) = 0,
indicato in Figura 6.15. dove la FRP include tutte le relazioni algebriche degli elementi a-dinamici
In uno spazio (virtualmente) a tre dimensioni v ed i rappresentano le oltre alle leggi di Kirchhoff, è possibile affermare che:
tensioni e le intensità di corrente (tranne quelle dei generatori) e la superficie
definisce lo spazio delle configurazioni generalizzato. Quello che succede vC = ψ 1 ( q )
nell’esempio considerato è che per un certo valore assegnato dei generatori, e
q,ϕ parametri globali ⇔ i L = ψ 2 (ϕ ) (6.50)
per un certo valore assegnato da q ( t ) ,ϕ ( t ) , si hanno due valori possibili per
⎛ v⎞
le tensioni e le correnti (in questo esempio, ma potrebbero essere anche di più ⎜ ⎟ = ψ 3 ( vC , i L )
in generale). Questo significa che siamo in una situazione in cui non esistono ⎝i⎠
le equazioni di stato globali.
In altre parole se accade che:
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Forma canonica ed equazioni di stato 101

“tutti i condensatori risultano controllati in carica, tutti gli induttori


controllati in flusso, ed il circuito resistivo associato al circuito
dinamico di partenza risulta ben posto per qualsiasi scelta delle
variabili v C , i L , allora esiste certamente la forma di stato (6.48)”.

Riferimenti bibliografici:
[1] M. HASLER, J. NEIRYNCK, Non Linear Circuits, Artech House, 1986,
ISBN 0-89006-208-0.
[2] L.O. CHUA, P.M. LIN, Computer aided analysis of electronic circuits:
algorithms & computational techniques, Prentice Hall, 1975, ISBN 0-
13-165415-2.
[3] L.O. CHUA, C.A. DESOER, E.S. KUH, Circuiti Lineari e Non Lineari,
Jackson 1991, ISBN 88-7056-837-7.
[4] C.A. DESOER, E.S. KUH, Fondamenti di Teoria dei Circuiti, Franco
Angeli, 1999, ISBN 88-2042-756-7
[5] M. DE MAGISTRIS, G. MIANO, Circuiti, Springer 2015 ISBN: 978-88-470-
5769-2.

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104 Circuiti mal posti e fenomeni di “impasse”

due soluzioni (Figura 7.2c) oppure tre soluzioni distinte (Figura 7.2d), allo
stato indistinguibili tra loro.
7. Circuiti mal posti e fenomeni di
“impasse”

Abbiamo sin qui ragionato della formulazione delle equazioni circuitali.


Quando si passa al problema della soluzione, la prima questione da affrontare
è quella dell’esistenza ed unicità. Potrebbe sembrare una questione superflua,
in quanto dal punto di vista fisico essa è certamente garantita. Dobbiamo però
ricordare che il modello non coincide con la realtà, e dunque possono esservi
sorprese ed insidie. Il problema dell’esistenza ed unicità della soluzione in un
circuito viene solitamente fugacemente introdotto a proposito dei circuiti
lineari. In tal caso però esso è quasi sempre banale; vedremo che non lo è
altrettanto nel caso non lineare.
Consideriamo un classico circuito non lineare a-dinamico, come quello di
Figura 7.1, dove un resistore non lineare (diodo tunnel) a caratteristica non
monotona è collegato ad un generatore reale. Il circuito è descritto dalle
equazioni:
vD = E − RiD , Figura 7.2: analisi grafica delle soluzioni
(6.51)
iD = g (vD ),
Supponiamo di essere nel caso di Figura 7.2d in una certa “condizione
dove abbiamo supposto che il diodo abbia una caratteristica controllata in iniziale” in un istante t0 , compatibile con le equazioni del circuito, ovvero in
tensione. L’analisi stazionaria può facilmente essere condotta con il metodo una delle tre possibili soluzioni, ad esempio P1 ; ci domandiamo: cosa accade
grafico (Figura 7.2).
al circuito successivamente a t0 ? si permane in P1 , o si può passare nelle
iD
altre soluzioni? Il modello, allo stato, non è in grado di darci una risposta, e
R + dunque, da questo punto di vista, è inadeguato.
vD Andiamo ora a complicare ulteriormente le cose, aggiungendo al circuito,
+
E che immaginiamo in una specificata condizione di funzionamento, un
-
- generatore di tensione variabile Δe ( t ) , di modo che sia e ( t ) = E + Δe ( t )
(Figura 7.3). Se immaginiamo al solito di partire dal punto P1 , cosa accade al
Figura 7.1: circuito con generatore reale e diodo tunnel “muoversi” della retta di carico per effetto del generatore Δe ( t ) ? Potremmo
A seconda della pendenza e delle intercette della retta di carico possono invocare un principio di “continuità” e dire che la soluzione si sposta
presentarsi diversi casi: il circuito può avere una soluzione (Figura 7.2a,b), solidalmente con l’intersezione della retta di carico alla caratteristica. Ma,
anche ammesso ciò, cosa accade se (vedi retta tratteggiata) ci si sposta più in
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Forma canonica ed equazioni di stato 105 106 Circuiti mal posti e fenomeni di “impasse”

alto del massimo della curva? Ancora una volta il modello non dà risposta, ⎧iR = iD + iC ,
dunque risulta inadeguato! ⎪
⎪i = e ( t ) − vD ,
⎪R R
⎨ (6.52)
i
⎪D = g ( D ),
v
⎪ dv
⎪iC = C C ,
⎩ dt

da cui:

dvD e ( t ) − vD
g ( vD ) + C = . (6.53)
dt R
Figura 7.3: analisi grafica con generatore variabile
Osserviamo che abbiamo ridotto il sistema all’equazione:
Il modello che stiamo adottando è incongruente dal punto di vista fisico.
Ciò accade quasi sempre per un difetto di modellazione, ovvero per aver dvD 1 ⎡ e ( t ) − vD ⎤
= ⎢ − g ( vD ) ⎥ (6.54)
trascurato qualcosa che, evidentemente, non può essere trascurato. Proviamo dt C⎣ R ⎦
a sanare le incongruenze sin qui viste. In effetti i problemi nascono nel
considerare il circuito fisico (e corrispondentemente il modello) come a-
che altro non è che l’“equazione di stato” del circuito, essendo nella forma
dinamico. Un modo naturale per introdurre la dinamica è quello di
considerare l’inevitabile capacità parassita associata alla giunzione del diodo, x = f ( x, t ) con x = vD e risultando f funzione ad un sol valore di vD .
con il che il circuito da studiare risulta quello in Figura 7.4.

Analisi circuito RCDt via linearizzazione


Vogliamo anzitutto studiare la stabilità (locale) delle soluzioni stazionarie
attraverso la linearizzazione. Il circuito equivalente a “piccolo segnale” è
quello riportato in Figura 7.5, nel quale al posto dell’elemento non lineare è
stato sostituito un resistore di valore opportuno.
Nel circuito con rD indichiamo con la cosiddetta “resistenza differenziale”
del diodo, ovvero rD = dv di calcolata nel punto di lavoro considerato.
Figura 7.4: il circuito precedente quando si consideri la capacità (parassita) di
giunzione

Andiamo a scrivere le equazioni del circuito; in accordo con le notazioni e


le convenzioni scelte, avremo:

Figura 7.5: il precedente circuito “linearizzato”

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Analisi circuito RCDt via linearizzazione 107 108 Circuiti mal posti e fenomeni di “impasse”

In tal caso, avendo un circuito lineare, sappiamo già che la soluzione sarà del Analisi qualitativa globale per il circuito RCDt
tipo: Proviamo ora a valutare la stabilità globale dal punto di vista qualitativo.
−t
Riscriviamoci per comodità l’equazione di stato:
vC ( t ) = A ⋅ e + vp (t )
Req C
(6.55)
dvD 1 ⎡ v ( t ) − vD ⎤
1 = ⎢ − g ( vD ) ⎥ (6.59)
dove Req = ; con Geq = G + g D (6.56) dt C⎣ R ⎦
Geq
e consideriamo i diversi casi, rappresentati in Figura 7.7. Nei casi a,b e d
L’interpretazione geometrica del parametro g D è data nelle Figura 7.6a e l’unica soluzione è anche globalmente asintoticamente stabile. Nel caso c
Figura 7.6b. abbiamo invece tre soluzioni di cui solo due sono stabili ed una (quella
intermedia) risulta instabile. Per ogni regione di condizioni iniziali (tensione
minore di quella corrispondente a P1 , compresa tra P1 e P2 , compresa tra P2
e P3 , maggiore di P3 ) è possibile individuare univocamente la dinamica in
modo qualitativo. Ciascuna regione ha uno dei punti di lavoro stabili come
soluzione di regime stazionario, e per tale ragione prenderà il nome di bacino
d’attrazione della soluzione.
Verifichiamo così (a posteriori) che l’aver introdotto la capacità parassita
nel modello del circuito in esame ha risolto tutta una serie di incongruenze
dello stesso! Potremmo allora pensare che il problema fosse quello di
aggiungere un elemento dinamico al circuito. Ma le cose non stanno in modo
Figura 7.6: conduttanze differenziali nei punti di lavoro così semplice come vedremo con un nuovo esempio.

Per analizzare i casi che possono presentarsi, appunto consideriamo


separatamente la situazione in cui abbiamo tre intersezioni (Figura 7.6a) e
quella in cui ne abbiamo una sola (Figura 7.6b). Nella prima situazione, sono
tre i possibili punti di lavoro attorno ai quali linearizzare e si avrà:

Geq ( P1 ) > 0, ( gD > 0 G > 0)


Geq ( P2 ) < 0, (g D <0 gD > G ) (6.57)
Geq ( P3 ) > 0, ( gD > 0 G > 0)
Val la pena osservare che per quanto attiene al punto P2 , poiché esso
risulta instabile nell’analisi a piccolo segnale, il modello linearizzato non dà
alcuna possibilità previsionale oltre che la natura del punto di equilibrio.
Nel caso invece di una sola intersezione si avrà:

Geq ( P ) > 0, (g D < G) (6.58)


Figura 7.7: diagrammi di stabilità globale nei diversi casi

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Circuito RLDt, “impasse” e fenomeno di salto 109 110 Circuiti mal posti e fenomeni di “impasse”

Circuito RLDt, “impasse” e fenomeno di salto dg


dove è la conduttanza differenziale del diodo. Sostituendo la (6.61)
Consideriamo ora il circuito in Figura 7.8, dove la dinamica viene dvD
introdotta attraverso un induttore in serie piuttosto che, come nel caso nell’eq. (6.60), si ha:
precedente, con una capacità in parallelo. Essa potrebbe rappresentare
l’induttanza parassita del resistore o dei collegamenti del diodo. L dg dvD e(t ) − vD
= − g ( vD ) (6.62)
R dvD dt R

R L iD da cui possiamo ricavare:


+
e(t)
- dvD R dvD ⎡ e(t ) − vD ⎤
= − g ( vD ) ⎥⎦ . (6.63)
dt L dg ⎢⎣ R

Figura 7.8: circuito con induttanza parassita Osserviamo che questa volta non abbiamo la forma normale x = f ( x, t )
come nell’equazione (6.59) per la presenza del fattore dvD dg . Per studiare
L’equazione differenziale che descrive il circuito in tal caso sarà data da:
qualitativamente il segno della derivata dvD dt nella (6.63) dovremo
di analizzare contemporaneamente quello dei due fattori a secondo membro.
L = e(t ) − vD − Ri (6.60)
dt
⎧ dg e ( t ) − vD
⎪ >0 e > g (vD )
Potrebbe sembrare un’equazione di stato; così sarebbe se potessimo dvD ⎪ dvD R
scrivere vD = g −1 ( iD ) , ma sappiamo che non è possibile, essendo il bipolo
>0 se ⎨ (6.64)
dt ⎪ dg < 0 e e ( t ) − vD < g (v )
non controllabile in corrente a causa della caratteristica (non monotona). ⎪ dv R
D
⎩ D
Dunque, per le considerazioni fatte in precedenza possiamo concludere che
per il circuito non esistono le equazioni di stato (globali).
Possiamo allora distinguere i diversi casi, che sono tutti mostrati in Figura
Osserviamo anzitutto che l’analisi stazionaria del circuito in esame non è
7.9. Le frecce disegnate sulla caratteristica indicano, per ciascun tratto, la
cambiata rispetto al circuito precedente, nel senso che sostituendo questa
corrispondente “direzione del moto”, e le frecce si invertono sia quando la
volta all’induttore un corto circuito si ottiene ancora una volta il circuito
caratteristica dell’elemento non lineare incrocia la retta di carico, ma anche
adinamico con il solo generatore reale ed il diodo tunnel in serie. Per
quando si inverte la pendenza determinando il cambio di segno del fattore
procedere ad un’analisi qualitativa analoga a quella già vista per il circuito
con il condensatore proviamo allora a ricondurre l’equazione (6.60) ad una dg dvD . Dall’analisi dei diversi possibili casi (in relazione alle possibilità di
forma più possibile simile alla (6.59). Ciò può essere fatto ricorrendo ad un intersezione delle due curve rappresentate in figura) risulta evidente che in
“trucco” algebrico, cioè: alcuni di essi le frecce che indicano la direzione di movimento possibile
lungo la caratteristica convergono verso i punti Q1 e Q2, pur non essendo essi
di dg dg dvD punti di equilibrio per il circuito. Per questo motivo detti punti vengono
= = (6.61) chiamati di “impasse”. Questo è ad esempio il caso della Figura 7.9d: in
dt dt dvD dt
corrispondenza dei punti Q1 e Q2 le frecce convergono da entrambi i lati. Ciò
vuol dire che una soluzione che perviene ad uno di essi, indipendentemente
dal lato da cui proviene, non può “proseguire” lungo la caratteristica; nello

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Circuito RLDt, “impasse” e fenomeno di salto 111 112 Circuiti mal posti e fenomeni di “impasse”

stesso tempo non può arrestarsi in quanto essi non sono punti di equilibrio (la
derivata dvD dt non si annulla in Q1 e Q2,). In termini matematici

Figura 7.10: Fenomeno di salto

Figura 7.9: analisi qualitativa del circuito con induttanza parassita


dobbiamo constatare che, per il modello considerato, se nella dinamica
raggiungiamo un punto siffatto, la soluzione “muore” in quel punto, e non è
possibile proseguire nell’analisi. In altri termini viene a mancare l’esistenza
della soluzione una volta raggiunto il punto di impasse.
Tali apparenti “stranezze” si giustificano perfettamente ricordando che, nel
caso in esame, non esistono le equazioni di stato (globali) e dunque manca Figura 7.11: Molteplicità di possibili soluzioni con “salto”
una condizione essenziale a garanzia dell’esistenza della soluzione ∀t ≥ t0 .
Dunque ancora una volta il modello del circuito che abbiamo considerato
risulta inadeguato. Ma ci chiediamo: cosa accade nella realtà? Ebbene, Circuito RLCDt e soluzione dell’impasse
studiando “sperimentalmente” un circuito reale siffatto, osserveremmo il Proviamo ora nuovamente a raccordare quanto osservabile in un
cosiddetto fenomeno di “salto”. Cioè una volta raggiunto il punto di impasse, esperimento reale (il fenomeno del “salto”) con un modello circuitale più
la soluzione presenta una discontinuità in una delle grandezze saltando realistico. Ciò può essere realizzato con una tecnica detta della “perturbazione
bruscamente sull’altro ramo della caratteristica, come descritto in Figura 7.10. singolare”.
Val la pena osservare che se proviamo ad includere (in modo euristico) nel Per far ciò, al solito, dovremo considerare un modello più complesso di
modello una regola di “salto”, la soluzione diviene discontinua; in secondo quello sinora considerato. Ancora una volta ci viene in aiuto l’uso di una
luogo, chi ci assicura che il salto debba per forza avvenire in corrispondenza capacità parassita in parallelo all’elemento non lineare, capacità che poi
del punto di impasse? (vedi Figura 7.11). Dunque, includendo il “salto” nel faremo tendere a zero tornando al caso precedente. Consideriamo allora il
nostro modello, la soluzione non solo non è continua, ma non è unica. circuito di Figura 7.12. Le equazioni, in tal caso, sono:

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Circuito RLCDt e soluzione dell’impasse 113 114 Circuiti mal posti e fenomeni di “impasse”

⎧ diL diL 1 della caratteristica, il numeratore della seconda equazione delle (6.65) si
⎪⎪e(t ) = RiL + L dt + vC = ⎡ e ( t ) − vC − RiL ⎤⎦
dt L ⎣ annulla, e di nuovo le due componenti della velocità tornano ad essere
⎨ → (6.65) confrontabili l’una all’altra. La situazione si comprende meglio aiutandosi
⎪C dvC = i − g (v ) dvC iL − g (vC )
= con la Figura 7.13, dove viene riportata una mappa qualitativa delle velocità
⎪⎩ dt L C
dt C nelle diverse regioni dello spazio di stato, legata al segno di dvC dt
facilmente deducibile analizzando le (6.65).
In Figura 7.14 vengono rappresentati alcuni possibili salti. Essi avverranno
sia in corrispondenza di condizioni iniziali (come ad esempio i punti 1 e 2 in
figura) lontani dalla caratteristica, ovvero quando giunti ad un punto di
impasse la soluzione deve trovare un percorso possibile per arrivare ad un
punto di equilibrio.

Figura 7.12: circuito con induttanza e capacità


È facile rendersi conto direttamente che le equazioni (6.65) sono
effettivamente equazioni di stato (globali) per il circuito considerato. Dunque
l’aggiunta della capacità ha ancora una volta corretto il modello!
Possiamo ora provare a fare un’analisi qualitativa nell’ipotesi di C → 0
(ricordiamo che C è la capacità “parassita” del diodo), anche senza risolvere
analiticamente le equazioni. Consideriamo a tal fine il piano delle variabili di
stato vC ed iL , dove rappresentiamo per comodità anche la caratteristica del
diodo. Osserviamo anzitutto che, mentre nei circuiti precedentemente
considerati la tensione del diodo coincideva con quella del condensatore,
ovvero la corrente del diodo con quella dell’induttore, sicché le dinamiche nei Figura 7.13: mappa delle velocità nello spazio di stato
piani considerati inevitabilmente dovevano svolgersi lungo la caratteristica
(in sostanza essa coincideva con una sezione dello spazio delle
configurazioni), nel rappresentare ora il piano delle due variabili di stato vC ,
iL le traiettorie possono essere in punti arbitrari del piano. È però utile
distinguere, per la nostra analisi qualitativa, i punti “vicini” alla caratteristica
(dove iL ≈ iD = g ( vC ) ) rispetto a quelli “lontani”. Difatti, nel caso che iL e
iD = g ( vC ) siano significativamente diversi, essendo C → 0 dalle (6.65)
dvC di
avremo >> L : in altri termini, quando ci troviamo in un punto lontano
dt dt
dalla caratteristica il moto sarà sostanzialmente “orizzontale” nel piano di Figura 7.14: Analisi qualitativa del circuito con induttanza e capacità
stato (osserviamo che in ogni punto il vettore “velocità” è dato proprio da
Dinamica qualitativa di un oscillatore con salto
⎛ dvC diL ⎞
⎜ , ⎟ . Quando a seguito di tale spostamento orizzontale (che ricorda Un esempio significativo dal punto di vista applicativo è dato dalla
⎝ dt dt ⎠ dinamica del multivibratore astabile (Figura 7.15), che si può realizzare con il
molto il “salto” precedentemente postulato) abbiamo raggiunto la regione circuito considerato scegliendo i parametri della retta di carico in modo che
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Dinamica qualitativa di un oscillatore con salto 115

determinino un unico punto di lavoro stazionario instabile, come mostrato in


Figura 7.15a. Da qualsiasi punto si parta, si arriva dapprima sulla
caratteristica che viene percorsa fino al primo punto di impasse; a quel punto
si salta sull’altro ramo della caratteristica, percorrendola, a sua volta, sino al
secondo punto di impasse, e così via. Si è in questo modo realizzato un
oscillatore, la cui dinamica asintotica è costituita da una oscillazione
periodica. In dipendenza della condizione iniziale, per t → ∞ , si avranno
(infinite) forme d’onda periodiche che possono essere sovrapposte per
traslazione di una frazione dell’intervallo di periodicità, ciascuna associata ad
una specifica condizione iniziale (Figura 7.15b). Tale comportamento mette
in evidenza, tra l’altro, la non esistenza di un unico regime tipica dei circuiti
non lineari, e di cui ci occuperemo in dettaglio più avanti.

Figura 7.15: Dinamica qualitativa di un oscillatore: (a) spazio di stato; (b) dominio
del tempo.

Riferimenti bibliografici:
[1] M. HASLER, J. NEIRYNCK, Non Linear Circuits, Artech House, 1986,
ISBN 0-89006-208-0.

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118 Esistenza ed unicità delle soluzioni

la funzione f ( x) si dice (localmente) lipschitziana in x0 , ovvero esiste un


intorno del punto in cui la funzione risulta lipschitziana.
8. Esistenza ed unicità delle È possibile dimostrare che tra i concetti di continuità derivabilità e
lipschitzianità esistono le seguenti relazioni:
soluzioni
f(x) derivabile in x0 ⇒ f(x) lipschitziana in x0
f(x) lipschitziana in x0 ⇒ f(x) continua in x0

La condizione di lipschitzianità in un punto x0 risulta dunque una


condizione intermedia tra la derivabilità e la continuità. Come conseguenza si
Ricordiamo che un sistema di equazioni differenziali ordinarie (ODE) è ha anche che condizione sufficiente per la lipschitzianità di una funzione
detto in forma normale quando è scritto come: f ( x, t ) è la sua derivabilità.
Per renderci conto del legame tra lipschitzianità e derivabilità basta
x = f ( x, t ) , (8.1)
dividere entrambi i membri della (8.3) per x2 − x1 , ottenendo il rapporto:

con f ( x, t ) funzione ad un sol valore di x definita in \ N . Se x


f(x2 ) − f(x1 )
rappresenta un insieme di variabili di stato come precedentemente definito, ≤k; (8.4)
x2 − x1
allora le (8.1) sono le equazioni di stato. Abbiamo visto in precedenza,
studiando il fenomeno dell’impasse, che l’esistenza delle eq. di stato è
condizione necessaria per l’esistenza e l’unicità della soluzione. Vogliamo al tendere di x2 → x1 avremo il limite del rapporto incrementale. È evidente
ora analizzare le condizioni sufficienti riprendendo alcuni classici teoremi che laddove ci siano asintoti verticali o punti di flesso verticali in f esso
della matematica. A tal proposito è premessa necessaria riprendere risulterà divergente. Da ciò si potrebbe erroneamente concludere che le
brevemente il concetto di funzione lipschitziana. funzioni lipschitziane sono tutte e sole quelle derivabili. Un importante contro
esempio è costituito dall’importante classe delle funzioni piecewise-linear
che evidentemente non sono derivabili (ovunque) per via dei punti angolosi,
Funzioni lipschitziane ma ciò nonostante risultano globalmente lipschitziane. Difatti basta
Una funzione f ( x) si dice lipschitziana se esiste una costante k tale che: considerare la pendenza massima tra tutte le restrizioni lineari per individuare
la costante k di Lipschitz.
f ( x2 ) − f ( x1 ) ≤ k x2 − x1 ∀ x2 , x1 ∈ D (8.2) Esempio 1 (funzione continua ma non lipschitziana)

f ( x ) = sgn ( x )
dove D è il suo dominio di definizione. In tal caso si dice anche che la
x. (8.5)
funzione f ( x) è globalmente lipschitziana. Va osservato tra l’altro che la
nozione di lipschitzianità risulta indipendente da come è definita la norma.
Se esiste una costante k tale che: La funzione è continua in tutto l’asse reale, ma nell’origine non è derivabile,
ed inoltre non è lipschitziana. Essa ha infatti pendenza verticale in zero, e
∀ x2 ,x1 ∈ [ x0 − x, x0 + x ] ⊂ D
dunque non è possibile racchiuderla in un cono, cioè non è possibile trovare
f(x2 ) − f(x1 ) ≤ k x2 − x1 (8.3)
una retta di pendenza finita che maggiori la curva. Per questo la funzione non
è lipschitziana nell’origine pur essendo ivi continua.
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Funzioni lipschitziane 119 120 Esistenza ed unicità delle soluzioni

- le funzioni “smooth” sono sempre lipschitziane al finito.


f(x)
Osserviamo che per le funzioni smooth, se si aggiunge l’ipotesi che
l’eventuale divergenza all’infinito sia al più lineare, la locale lipschitzianità
diviene globale.
x

Teorema di Peano
Considerato il problema di Cauchy con t0 istante iniziale:
Figura 8.1. Esempio di funzione continua ma non Lipschitziana
⎧x = f (x, t )
Esempio 2 (funzione PWL, lipschitziana ma non derivabile) ⎨ (8.7)
⎩ x (t 0 ) = x 0

⎧ x x < 0,
f ( x) = ⎨ (8.6) se la f (x, t ) è continua in x 0 (rispetto ad x e t ), allora esiste almeno una
⎩ 2 x x ≥ 0. soluzione x(t ) , che verifica la condizione iniziale x(t0 ) = x 0 , definita in
un intervallo (t0 ≤ t ≤ T ) con T finito.
La funzione è continua e lipschitziana in tutto l’asse reale, ma nell’origine
non è derivabile in quanto presenta un punto angoloso, e dunque la derivata
sinistra è diversa da quella destra. Il teorema è fondamentale perché ci assicura l’esistenza di almeno una
soluzione, però non ci garantisce che essa sia unica. Tra l’altro è un teorema
f(x) di esistenza locale, nel senso che l’esistenza della soluzione è garantita
soltanto in un intervallo che contiene t0 e non ci dà nessuna informazione su
quanto sia grande questo intervallo.

x
Teorema di Picard-Liendeloef
Se alle ipotesi del teorema di Peano si aggiunge che la funzione oltre ad
essere continua sia anche Lipschitziana in x 0 si ha:

Figura 8.2. Esempio di funzione lipschitziana ma non derivabile. se la f (x, t ) è continua in x0 ed ivi (localmente) Lipschitziana, allora
esiste un’unica soluzione x(t ) , che verifica la condizione iniziale
La condizione di lipschitzianità è di fondamentale importanza per lo studio x(t0 ) = x 0 , definita in un intervallo (t0 ≤ t ≤ T ) con T finito.
dell’unicità del problema di Cauchy x = f ( x, t ) , x ( t0 ) = X0 e delle proprietà
delle sue soluzioni. Passeremo ora in rassegna alcuni risultati fondamentali Il teorema garantisce esistenza ed unicità dalla soluzione; l’esistenza è
dell’analisi di sistemi di equazioni differenziali ordinarie, provando ad però solo locale in un intervallo che contiene t0 e di nuovo non abbiamo
interpretarne le ipotesi dal punto di vista dei circuiti. A tal riguardo val la nessuna informazione sull’ampiezza di tale intervallo.
pena ricordare preliminarmente che: Osserviamo che l’esistenza della soluzione a partire da ogni condizione
iniziale almeno in un intervallo nel futuro esclude esplicitamente situazioni di
- le funzioni “piecewise-linear” sono sempre globalmente lipschitziane; impasse!.

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Teorema di esistenza ed unicità “globale” 121 122 Esistenza ed unicità delle soluzioni

In entrambi i teoremi considerati manca ancora un elemento fondamentale Esempio 3 (Unicità solo nel futuro)
perché il modello sia realistico dal punto di vista fisico, cioè l’esistenza ed i(t)
unicità globale della soluzione (ovvero per un intervallo arbitrariamente +
esteso, almeno nel futuro rispetto a t0 ). A tal riguardo, in effetti, si può C v(t) v=r i3
enunciare il seguente:

Teorema di esistenza ed unicità “globale” -

se la f (x, t ) è continua in x0 e globalmente Lipschitziana, allora esiste Figura 8.3. Esempio su esistenza ed unicità: unicità nel futuro
un’unica soluzione x(t ) , che verifica la condizione iniziale x(t0 ) = x 0 ,
definita per ogni t. Le equazioni del circuito sono:

In questa formulazione non ci sono più restrizioni all’intervallo in cui la dv


soluzione è definita. Ciò comporta che la soluzione è univoca sia nel futuro iC = −i = C ,
dt (8.8)
che nel passato, vale a dire sia per t>t0 che per t<t0. Il prezzo pagato è però
piuttosto alto, perché si richiede la lipschitzianità globale. È importante a tal v = r ⋅i ,
3

riguardo ricordare che, nella maggioranza dei modelli di componenti


circuitali, e dunque delle relazioni caratteristiche che li rappresentano, Tenuto conto delle scelte fatte si ottiene l’equazione di stato:
vengono usate frequentemente funzioni che non sono globalmente
1 1
Lipschitziane. D’altronde possiamo anche osservare che la proprietà di
⎛ v ⎞3 dv ⎛ v ⎞3
unicità per il passato rispetto all’istante iniziale t0 è sovrabbondante rispetto v = r ⋅i ⇒ i = ⎜ ⎟ ⇒ C
3
= −⎜ ⎟ (8.9)
⎝r⎠ dt ⎝r⎠
alle esigenze, in quanto affinché un sistema sia un buon modello di una realtà
fisica, per esempio di un circuito fisico, interessa che verifichi soprattutto 1
l’unicità nel futuro (ovvero che il sistema sia, come si dice, “deterministico”). ⎛ v ⎞3
A partire da determinate condizioni iniziali deve evolvere in maniera univoca, La funzione f (v) = − ⎜ ⎟ non è Lipschitziana nell’origine (questo caso è
cioè la dinamica è univocamente determinata dalle condizioni iniziali. Il fatto ⎝r⎠
che poi si vada a guardare la soluzione per t<t0, e che questa risulti univoca o simile all’esempio visto prima della f ( x ) = sgn ( x ) x . , abbiamo ora la
meno, dal punto di vista della corrispondenza tra modello e circuito fisico, è 3
che ha lo stesso effetto, perché in 0 ha un flesso verticale (pendenza
una cosa di scarso interesse. Questa circostanza è, come vedremo, assai
importante perché permetterà di rilassare un po’ la condizione di infinita), ed il fatto che abbiamo una potenza dispari fornisce il cambio di
lipschitzianità globale, che invece è molto onerosa. Infatti, sfruttando le segno che nel precedente esempio era dato dalla funzione sgn(x)).
condizioni di lipschitzianità “al finito” e aggiungendo un’ipotesi sulla Vogliamo cercarne una soluzione che verifichi la condizione iniziale
limitatezza della soluzione x(t ) , potremo pervenire ugualmente ad una v(0)=0. Anzitutto verifichiamo che v=0 è soluzione (banale) del problema. In
realtà si può verificare per sostituzione diretta che ogni funzione del tipo:
condizione di unicità mediante un nuovo teorema.
Prima di affrontare tale questione, analizziamo qualche esempio.
⎧ * 3
⎪a(t − t ) 2 t < t*
v(t ) = ⎨ (8.10)
⎪⎩0 t ≥t *

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Teorema di esistenza ed unicità “globale” 123 124 Esistenza ed unicità delle soluzioni


1

3 Consideriamo il circuito in Figura 8.5; esso è uguale a quello precedente,
con a = r 2 (3C / 2) 2 è ancora soluzione della (8.9) ∀t * ≤ 0 . Tale classe di salvo che viene inserito un amplificatore operazionale ideale per invertire il
soluzioni ha l’andamento grafico riportato in Figura 8.4. segno dell’intensità di corrente. Rispetto a prima, dunque, l’equazione del
circuito è:

1
dv ⎛ v ⎞ 3
C =⎜ ⎟ , (8.11)
dt ⎝ r ⎠

Anche in questo caso vogliamo cercarne una soluzione che verifichi la


condizione iniziale v(0)=0.
Rispetto al caso precedente c’è solo un segno di differenza, e quello che
Figura 8.4. Due possibili soluzioni dell’equazione (8.10). succede è giusto l’opposto. Pertanto in questo caso la soluzione è del tipo:

Essa coincide con la soluzione banale per t>t*. Se scelgo un altro t*, ad ⎧0 t < t*

esempio t*2, ottengo un’altra soluzione, e quindi, in definitiva, ho infinite v(t ) = ⎨ 3 (8.12)
soluzioni. Però, in realtà, queste soluzioni sono differenti tra loro solo nella ⎪⎩a(t − t * ) 2 t ≥ t*
regione t <0, invece per t>0 sono uguali.
Questo esempio mostra il caso in cui non c’è l’unicità nel passato, ma in −
1

3

realtà c’è l’unicità nel futuro. Il fatto che non ci sia unicità dipende dal fatto con a = r (3C / 2)
2 2
e t* ≥ 0 .
che la funzione f (v) non è globalmente Lipschitziana, dunque non possiamo
garantire l’unicità. Vi è un solo punto al finito ( v = 0, i = 0 ) di non
lipschitzianità per f, ma ciò basta a creare il problema.
Il sistema considerato potrebbe ancora rappresentare il modello di un
sistema fisico, perché in fondo l’unicità manca soltanto “nel passato”.
Possiamo però facilmente mostrare altri esempi in cui l’unicità manca nel
futuro!

Figura 8.6. Una soluzione dell’equazione (8.12).


Esempio 4 (Unicità solo nel passato)
i(t) Quindi, siccome t * , come prima, è arbitrario, abbiamo infinite soluzioni
+ ciascuna per ogni t * . Queste sono tutte uguali, in generale, per t<0 e diverse
R R
C - v(t) v=r i3 per t>0. Rispetto al caso precedente, oltre al fatto che la soluzione non è
+

unica, abbiamo anche un modello che non è deterministico.


-

Figura 8.5. Esempio su esistenza ed unicità: unicità nel passato

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Teorema di esistenza ed unicità “globale” 125 126 Esistenza ed unicità delle soluzioni

Esempio 5 “indietro” trovo la soluzione solo fino a T, che è un numero “precedente” a t0


prima ancora non ho più la soluzione.

Figura 8.7
Consideriamo il circuito in Figura 8.7. In questo caso le equazioni divengono:

v = r ⋅ i3 , Figura 8.8
di (8.13)
L = − ri 3 .
dt A questo punto, ricordando che la funzione dell’esempio è solo localmente
lipschitziana, ci si pone la domanda: è un caso che la soluzione è univoca nel
La funzione f (i ) = ri 3 è localmente Lipschitziana per ogni valore finito futuro, oppure dipende da qualche proprietà del circuito? Tale questione è per
i0 , non lo è globalmente perché tende all’infinito per i che tende all’infinito. noi di grande interesse, perché se riusciamo a legare questo fatto alle
proprietà del circuito, come detto prima, possiamo rilassare le ipotesi di
Questo significa che, fissato un qualunque i0 = i (t0 ) (che per noi può lipschitzianità globale e lo stesso avere una soluzione che è deterministica.
rappresentare una condizione iniziale) abbiamo un certo intervallo dove esiste Sulla base di quanto sin qui visto sorge spontaneo il porsi la questione se
un’unica soluzione. Questo è un esempio importante, perché ora ci la scelta assai comune di modellare gli elementi circuitali con funzioni
chiediamo: questa soluzione che esiste definita in un certo intervallo, per elementari come i polinomi e gli esponenziali, che sono solo localmente
quanto tempo rimane valida, cioè quanto dura prima di perdere l’unicità o di lipschitziane (al finito) ma non globalmente, sia opportuna al fine di ottenere
cessare di esistere? un modello deterministico, e cioè con l’unicità garantita nel futuro!
È possibile verificare direttamente che in questo caso la soluzione è data Per provare a mettere in luce problemi e incongruenze possiamo fare un
da: primo ragionamento di tipo intutivo su un esempio di modello “smooth”.
1
Consideriamo il caso di un diodo zener, che ha la caratteristica riportata in
⎛ L ⎞2
1

i (t ) = ± ⎜ ⎟ ( t − T ) 2 , (8.14) Figura 8.9. Essa, come ben sappiamo, ha una regione di tensione che non è
⎝ 2r ⎠ ammissibile. Se immagino, in un certo circuito con tale elemento, di avere
una dinamica che mi porta a scorrere la caratteristica verso sinistra, ad un
L certo punto la soluzione dovrà divergere. In tal caso potrei trovare una
dove T = t0 − ed il segno da considerare nella (8.14), dipenderà da i0 ,
2ri0 2 soluzione che è valida fino ad un certo t*, poi diverge e quindi non l’avrò nel
ovvero se la condizione iniziale sarà positiva o negativa. L’andamento grafico futuro!
della soluzione è riportato in Figura 8.8. Essa è definita nell’intervallo
]T , +∞[ con t0 > T . Per ogni t0 che considero come punto di partenza della
soluzione, a cui corrisponde il valore i0 della variabile di stato, guardando in
“avanti”la funzione è univocamente definita ∀t . Guardando invece

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Teorema di esistenza ed unicità “globale” 127 128 Esistenza ed unicità delle soluzioni

Teorema di unicità nel futuro


Considerato il solito problema di valore iniziale in forma normale:

⎧ x = f (x, t )

⎩x(t0 ) = x 0

se la funzione f (x, t ) è continua in x0 e Lipschitziana in qualsiasi dominio


D tale che: x ≤ r , e se esiste una soluzione x(t ) limitata a tale dominio
( x(t ) ≤ r ) che verifichi la condizione iniziale x(t0 ) = x 0 , allora x(t) è
unica in [t0 , ∞[ .
Figura 8.9. Simbolo e caratteristica di un diodo zener
L’ apparente incongruenza tra modello e fisica nasce, al solito, dal
mancanza nel modello di un fatto fisico fondamentale. Proviamo a dar conto Senza voler entrare in aspetti formali di tale risultato, proviamo a capire
del problema considerando ancora una volta il circuito dell’esempio 5. quale sia il ragionamento di fondo. Sappiamo che la f (x, t ) è Lipschitziana
Ricordiamo anzitutto che il resistore non lineare ivi presente è passivo e ciò,
come vedremo, ha una conseguenza molto importante. Consideriamo infatti nei punti in cui x ≤ r . Se qualcosa o qualcun altro dall’esterno assicura che
l’energia immagazzinata all’istante iniziale nel circuito, che in questo caso è la soluzione x(t ) non uscirà mai da quella sfera, come, per esempio,
data da: considerazioni di tipo energetico, allora mettere insieme queste due cose
equivale difatto alla globale Lipschitzianità della funzione f (x, t ) . Essa è
1 2
W ( t0 ) = Li (t ). (8.15) Lipschitziana, infatti, in tutti i punti della traiettoria effettiva e ciò mi
2 garantisce l’unicità. Ebbene, questa era l’altra condizione fondamentale che ci
serviva per assicurare l’unicità.
Non essendoci generatori nel circuito, essa è destinata a decrescere nel tempo,
o al più a rimanere uguale a quella iniziale:
Definizioni sulla passività e vincoli energetici
W ( t ) ≤ W ( t0 ) ∀t ≥ t0 , (8.16) Abbiamo visto che la possibilità di garantire la limitatezza della soluzione in
termini di caratteristiche energetiche del circuito può essere di fondamentale
ciò che, nel nostro caso, significa anche che i (t ) ≤ i (t0 ) ∀t ≥ t0 . Ciò importanza. Al fine di permettere considerazioni di tipo “qualitativo” sul
circuito, e poter così enunciare altri criteri di unicità, è però necessario
implica automaticamente che la soluzione non può divergere in alcun modo!
riprendere ed estendere opportunamente le definizioni di passività note dai
Ciò vuol dire che se eventualmente il modello mi portasse alla divergenza,
corsi di base sui circuiti.
sarebbe ancora una volta indice di modello inadeguato.
Ricordiamo che in generale un elemento circuitale si dice passivo quando
La considerazione legata all’energia ed alla limitatezza delle grandezze è
non è in grado di erogare energia indefinitamente, ed in particolare in misura
di fondamentale importanza, in quanto, come vedremo attraverso un nuovo
maggiore di quella assorbita in precedenza dal circuito. In termini di elementi
teorema, ci permetterà di garantire l’unicità della soluzione nel futuro anche
a-dinamici ciò si traduce banalmente nel dire che la potenza assorbita è
in presenza della sola Lipschitzianità locale.
sempre positiva o nulla. In riferimento a bipoli a-dinamici (le estensioni ad
elementi a più terminali sono banali) ricordiamo le classiche definizioni:

- bipolo passivo: vi ≥ 0 ∀v, i


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Definizioni sulla passività e vincoli energetici 129 130 Esistenza ed unicità delle soluzioni

⎧vi ≥ 0 ∀v, i
- bipolo “strettamente” passivo: ⎨ i resistore i
⎩vi = 0 sse v = 0, i = 0
resistore lineare
piecewise-linear
- bipolo “localmente” passivo ΔvΔi ≥ 0
...asintoticamente ...fortemente
passivo attivo
Introduciamo ora le ulteriori definizioni:
v v
- bipolo “asintoticamente” passivo: vi > 0 se (v, i ) > k ,

ovvero il bipolo può erogare potenza, ma essa risulta sempre limitata i


superiormente; generatore
indipendente
i=I0
vi ≥ − I 0 v o vi ≥ −V0 i
- bipolo debolmente attivo: , ...debolmente
attivo
ovvero il bipolo è attivo e la potenza erogata non è limitata, ma può crescere v
al più linearmente con la tensione o con la corrente (a seconda dei casi).

Un bipolo attivo che non lo è debolmente si definisce fortemente attivo. In


Figura 8.11 sono mostrati alcuni esempi di caratteristiche che rientrano in tali Figura 8.11. alcuni esempi di caratteristiche classificate in relazione alla passività
definizioni.
Esempio 6
Consideriamo il circuito in Figura 8.12, dove supporremo il resistore non
i i
lineare debolmente attivo, ovvero la sua caratteristica dovrà verificare:
passivo, asintoticamente
strett. passivo passivo p = vi ≥ − I 0 v .
i(t)
v v +
k
C v(t)
i
-V0 -
debolmente
attivo
I0 Figura 8.12 un circuito con un elemento debolmente attivo

v
Sappiamo che l’energia immagazzinata nel circuito all’istante iniziale avrà
-I0 l’espressione:
V0
1
W (t0 ) = Cv 2 (t0 )
Figura 8.10. Significato in termini grafici delle definizioni di passività 2

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Condizioni di unicità per i circuiti dinamici 131 132 Esistenza ed unicità delle soluzioni

Possiamo ora mettere in relazione l’energia immagazzinata con il modulo esistono le equazioni di stato globali per il circuito i criteri di esistenza ed
della tensione v, e utilizzare la minorazione dovuta alla condizione di debole unicità della soluzione si possono sintetizzare nella forma seguente:
attività:
1. esistenza ed unicità globale (per circuiti piecewise-linear)
1
W (t ) = Cv 2 (t ) ⇒ v = 2 / C W (t ) “se il circuito è lineare a tratti (cioè sono tali tutte le caratteristiche dei
2
dW 1 dW bipoli resistivi) la soluzione è unica (nel passato e nel futuro)”
PR (t ) = − ≥ − I0 2 / C W ⇒ ≤ I0 2 / C
dt W dt 2. esistenza ed unicità locale
d v I0
d
dt
( )
2 W ≤ I0 2 / C ⇒
dt

C “se il circuito è “smooth” (cioè tutte le caratteristiche sono continue e
derivabili indefinitamente) esiste un intorno di t0 in cui la soluzione
Abbiamo così ottenuto una relazione che evidenzia come la derivata esiste ed è unica”
temporale del modulo della tensione sia maggiorata da una costante: dunque
la tensione può crescere indefinitamente, ma sempre con una pendenza 3. esistenza ed unicità nel futuro
limitata.
“se il circuito è “smooth” e la soluzione x(t ) è limitata, essa è unica per
A valle dell’esempio considerato e sulla scorta delle definizioni date per ogni t>t0”
la passività enunciamo il seguente criterio, detto anche “No Finite Forward
Escape Time”: 4. esistenza ed unicità al finito
in un circuito con elementi al più debolmente attivi, le soluzioni non possono “se il circuito è “smooth” e con elementi al più debolmente attivi, la
divergere in un intervallo di tempo finito; eventualmente esse divergono per soluzione x(t ) esiste ed è unica per ogni t > t0 , con t finito”
t →∞

Condizioni di unicità per i circuiti dinamici


Val la pena ora riassumere le considerazioni sin qui fatte per sintetizzarle Riferimenti bibliografici:
in chiave prettamente circuitale. In un circuito l’esistenza e l’unicità della [1] M. HASLER, J. NEIRYNCK, Non Linear Circuits, Artech House, 1986,
soluzione sono dunque legate alle seguenti circostanze: ISBN 0-89006-208-0.
- come è fatto lo spazio delle configurazioni (è cioè possibile ottenere le [2] L.O. CHUA, C.A. DESOER, E.S. KUH, Circuiti Lineari e Non Lineari,
equazioni di stato globali?) Jackson 1991, ISBN 88-7056-837-7.
[3] G. MIANO, Comportamento dinamico di circuiti non lineari, dispense
- a quale classe di funzioni appartiene la f (x, t ) (cioè quali proprietà la in formato PDF disponibili sul sito www.elettrotecnica.unina.it
caratterizzano?)
- posso considerare la soluzione limitata, o limitata al finito (esistono
vincoli di tipo energetico che limitino la soluzione?)
Osserviamo che tutte le condizioni considerate sono strettamente dipendenti
dalla sola parte a-dinamica del circuito! In particolare, nelle ipotesi in cui

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