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© M. de Magistris – Dispense di Teoria dei circuiti – ver. 08/04/2021 © M. de Magistris – Dispense di Teoria dei circuiti – ver. 08/04/2021
MATRICI TOPOLOGICHE E TEOREMA DI TELLEGEN ................................................. 84
FORMA CANONICA ED EQUAZIONI DI STATO ........................................................... 85
Equazioni di stato e circuito resistivo associato............................................... 86
Condizione (sufficiente) di unicità della soluzione per un circuito a-dinamico90
Albero proprio ed equazioni di stato ................................................................ 92
Equazioni di stato in presenza di elementi dinamici non lineari ...................... 93
Forma canonica e spazio delle configurazioni ................................................. 95
Condizioni di esistenza delle equazioni di stato ............................................... 99
7. CIRCUITI MAL POSTI E FENOMENI DI “IMPASSE”..................... 103
ANALISI CIRCUITO RCDT VIA LINEARIZZAZIONE.................................................. 106
ANALISI QUALITATIVA GLOBALE PER IL CIRCUITO RCDT ..................................... 108
CIRCUITO RLDT, “IMPASSE” E FENOMENO DI SALTO ............................................ 109
CIRCUITO RLCDT E SOLUZIONE DELL’IMPASSE ................................................... 112
DINAMICA QUALITATIVA DI UN OSCILLATORE CON SALTO ................................... 114
8. ESISTENZA ED UNICITÀ DELLE SOLUZIONI............................... 117
FUNZIONI LIPSCHITZIANE ..................................................................................... 117
TEOREMA DI PEANO ............................................................................................. 120
TEOREMA DI PICARD-LIENDELOEF ....................................................................... 120
TEOREMA DI ESISTENZA ED UNICITÀ “GLOBALE” ................................................. 121
TEOREMA DI UNICITÀ NEL FUTURO ....................................................................... 128
DEFINIZIONI SULLA PASSIVITÀ E VINCOLI ENERGETICI ......................................... 128
CONDIZIONI DI UNICITÀ PER I CIRCUITI DINAMICI ................................................. 131
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Elementi per la descrizione dei componenti 7 8 Richiami sul modello circuitale
risulta essere espressa tramite la differenza tra i potenziali dei corrispondenti determinare tutte le altre grandezze definibili. L’insieme v d , i d rappresenta
nodi: dunque, un insieme minimo fondamentale. Si osservi che le variabili
descrittive sono in numero pari a 2( N − 1) .
vk (t ) = ui (t ) − u j (t ) (1.1) Nel caso più generale il funzionamento di ciascun dispositivo è descritto,
dunque, dalle relazioni, eventualmente di tipo funzionale, esistenti tra le
(sull’argomento potenziali di nodo torneremo più avanti in modo diffuso). A intensità di corrente e le tensioni, una volta scelto un insieme di grandezze
ciascun terminale (nodo) è dunque possibile associare un potenziale u (t ) ed descrittive:
un’intensità di corrente i (t ) .
Come abbiamo detto un circuito è definito come una connessione di un ℑ( v d , i d ) = 0, (1.2)
numero (finito) di elementi. Ciascun elemento è dotato di un certo numero N
di terminali. L’elemento sarà dunque caratterizzabile in generale tramite dove ℑ è in generale un funzionale che dipende solo dall’elemento
alcune relazioni tra i potenziali e le intensità di corrente. considerato. È molto importante e frequente il caso in cui tali legami si
Consideriamo un generico elemento con N terminali come rappresentato riducono ad una natura puramente algebrica, legando dunque in modo
in Figura 1.1. Preso un qualsiasi terminale come riferimento per i potenziali, istantaneo i valori delle grandezze descrittive:
possiamo considerare le N − 1 tensioni tra i terminali e quello preso come
riferimento, e le N − 1 intensità di corrente entranti nei terminali (escluso f ( v d , i d ) = 0. (1.3)
quello di riferimento). Osserviamo che con tale definizione le tensioni
corrispondono proprio ai potenziali dei terminali considerati, se il potenziale Gli elementi circuitali per i quali le relazioni caratteristiche sono di tipo
di quello di riferimento è assunto nullo. algebrico sono detti a-dinamici o senza memoria, mentre gli altri sono detti
dinamici o con memoria.
Un caso estremamente importante è quello nel quale il numero di terminali
è N = 2 ; in tal caso l’insieme delle grandezze descrittive si riduce ad una
tensione ed una corrente, ed il componente prende il nome (ben noto) di
bipolo.
Nel caso di un N -polo per il quale i terminali sono caratterizzati a coppie
dalla stessa intensità di corrente, tali coppie si definiscono porte e l’elemento
viene chiamato M -porte; in questo caso si ha che M = N / 2 . Il vincolo che
le intensità di corrente nei terminali costituenti la porta siano uguali (scelte
opportunamente le convenzioni) è un vincolo ulteriore rispetto a quello già
Figura 1.1 Un generico N -polo e le sue variabili descrittive evidenziato (cioè che la somma delle intensità di corrente di tutti i terminale è
Se per l’elemento valgono le leggi di Kirchhoff, è immediato constatare nulla). Esso può essere imposto dalla costituzione dell’elemento così come
che: dal modo in cui l’elemento è collegato al circuito. Per un M -porte, tenuto
- ogni ulteriore tensione definibile tra due terminali può ottenersi come conto dei vincoli sulle correnti, le variabili descrittive sono M tensioni ed
combinazione di quelle già considerate; M intensità di corrente.
- l’intensità di corrente del terminale assunto come riferimento è pari Va osservato che un generico N -polo può sempre essere considerato
alla somma, cambiata di segno, di quelle degli altri N − 1 terminali. come un M − porte con M = N − 1 se collegato come in Figura 1.2. Anche
Ha senso dunque definire v d = (v1N , v2 N ,...vN −1N )T come il vettore delle per tale motivo la caratterizzazione degli M − porte assume particolare rilievo
nello studio dei circuiti.
tensioni descrittive, i d = (i1 , i2 ,...iN −1 )T quello delle correnti descrittive.
Ebbene, la scelta fatta consente di caratterizzare univocamente l’elemento e di
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Elementi per la descrizione delle interconnessioni 9 10 Richiami sul modello circuitale
considerato l’insieme dei nodi, dei lati e della relazione (detta di incidenza)
che lega i lati ai nodi. Esso risulta molto utile per poter scrivere le equazioni
di Kirchhoff per il circuito ed analizzarne le rispettive proprietà di
indipendenza.
L’uso dei grafi per rappresentare le interconnessioni tra gli elementi
circuitali, così come di altri strumenti collegati ad essi (matrici topologiche)
consentiranno di approfondire le proprietà del modello circuitale e di trovare
diverse formulazioni delle equazioni circuitali (su ciò torneremo diffusamente
più avanti). In Figura 1.4 è mostrato un esempio di grafo orientato con 8 nodi,
Figura 1.2 Caratterizzazione come M -porte di un N-polo con N = M + 1 11 lati.
terminali
i1 + i8 = 0 ⎫
⎪
i2 + i8 − i12 = 0 ⎪
⎪
−i3 − i9 − i12 = 0 ⎪
⎪
⎪
−i4 − i11 − i12 = 0 ⎬n −1 = 7 (1.4)
⎪
Figura 1.3 rappresentazione in termini di grafo elementare di un bipolo, di un i5 + i11 = 0 ⎪
N-polo e di un M-porte. ⎪
−i6 + i9 − i10 + i12 = 0 ⎪
L’utilizzo di nodi e lati per descrivere la struttura delle interconnessioni tra ⎪
gli elementi permette di introdurre ed utilizzare i concetti della teoria dei grafi i7 + i12 = 0 ⎪⎭
nella descrizione della interconnessioni tra gli elementi nei circuiti.
Ricordiamo brevemente che si definisce grafo associato al circuito
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Forma canonica delle equazioni circuitali. 11 12 Richiami sul modello circuitale
Figura 1.6 esempi di soluzione grafica per il circuito di Figura 1.5b, con la
possibilità di molteplici soluzioni.
Riferimenti bibliografici:
[1] M. HASLER, J. NEIRYNCK, Non Linear Circuits, Artech House, 1986,
ISBN 0-89006-208-0.
[2] L.O. CHUA, C.A. DESOER, E.S. KUH, Circuiti Lineari e Non Lineari,
Jackson 1991, ISBN 88-7056-837-7.
[3] M. DE MAGISTRIS, G. MIANO, Circuiti, Springer 2015 ISBN: 978-88-470-
5769-2.
2. Bipoli fondamentali
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Elementi di classificazione 17 18 Bipoli fondamentali
- collegando un generatore di tensione (corrente) in parallelo (serie) analitiche, ovvero le caratteristiche note per punti (da misure) vengono
con un resistore per cui quel valore di tensione (corrente) non è interpolate con funzioni lineari a tratti. Vedremo più avanti come estendere
ammissibile, il modello non ha soluzione. tali criteri di classificazione agli elementi dinamici come condensatori o
- collegando un generatore di tensione (corrente) in parallelo (serie) induttori.
con un resistore controllato in corrente (tensione) potremmo Osserviamo infine che le caratteristiche lineari appartengono contempo-
trovare più soluzioni. raneamente ad entrambe le classi: dunque i modelli di circuiti lineari
In Figura 2.2 sono mostrati esempi di curve caratteristiche di bipoli per le godranno contemporaneamente delle proprietà di entrambe le classi di
quali si evidenziano le problematiche appena esposte. circuiti.
i i
I0
V0
v v
Figura 2.3: relazione tra gli insiemi delle funzioni smooth, lineari a tratti e lineari
(a) (b)
Dal punto di vista matematico queste due classi di funzioni rappresentano
Figura 2.2 a) esempio di tensione non ammissibile per il bipolo considerato; b) due realtà complementari: le funzioni “smooth” possono essere derivate senza
esempio di bipolo non caratterizzabile in corrente problemi, ma sono intrinsecamente non lineari; viceversa le funzioni lineari a
In relazione ai bipoli a-dinamici è possibile dare altre definizioni che sono tratti sono localmente sempre lineari, ma non sono derivabili ovunque.
di una certa rilevanza ai fini dello studio delle proprietà dei circuiti. In Possiamo immaginare di modellare lo stesso componente fisico sia con
particolare, per una generica funzione algebrica f è possibile dare le due funzioni smooth che con funzioni lineari a tratti: in dipendenza dalla scelta
fatta il modello potrà avere proprietà globali abbastanza differenti, pur in
seguenti definizioni:
presenza degli stessi componenti fisici!
Alla luce di quanto sin qui richiamato riprendiamo ora le definizioni di
- f funzione “smooth” (analitica, o indefinitamente derivabile)
alcuni elementi circuitali fondamentali.
- f funzione “piecewise linear” (lineare a tratti).
Ricordiamo inoltre che una funzione del tipo Bipoli elementari a-dinamici
n
f ( x1 , x2 ,...xn ) = b + ∑ ai xi (2.3) I bipoli elementari a-dinamici rientrano nella generica categoria dei
i =1 resistori, il cui simbolo è in generale quello in Figura 2.4. Osserviamo che
si dice “affine”, e lineare nel caso b = 0 . esso ricorda quello di un resistore lineare, ma è riquadrato da un rettangolo
Tali definizioni sono importanti per classificare dal punto di vista delle che simboleggia la maggiore generalità. Inoltre, in generale, è necessario
proprietà matematiche gli elementi circuitali non lineari, che a loro volta distinguere i due terminali, in quanto la caratteristica potrebbe essere non
determinano quelle del circuito di cui sono parte. simmetrica, e ciò è simboleggiato dalla banda nera accanto ad uno dei due
Nel seguito di queste note faremo una forte ipotesi: i nostri resistori terminali.
saranno sempre o “smooth” o “piecewise linear”. Tale ipotesi, che potrebbe
sembrare piuttosto restrittiva, è invece abbastanza realistica. Infatti, molto
spesso i componenti circuitali vengono modellati con funzioni elementari
Figura 2.4: simbolo del generico resistore non lineare
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Bipoli elementari a-dinamici 19 20 Bipoli fondamentali
Figura 2.5: (a) simbolo del resistore lineare; (b) curva caratteristica
Figura 2.7: (a) simbolo del diodo; (b) curva caratteristica del modello
esponenziale
Generatori di tensione e corrente ( v = e; i= j)
Osserviamo che in questo caso la caratteristica è di tipo “smooth”, ed il bipolo
risulta controllabile sia in tensione che in corrente
Figura 2.8: (a) simbolo del diodo; (b) curva caratteristica del modello lineare a
tratti
Figura 2.6: (a) simbolo del generatore di tensione (b) curva caratteristica (c)
simbolo del generatore di corrente (d) curva caratteristica Osserviamo che in questo caso la caratteristica è di tipo “piecewise-
linear”. Siccome si ha G f ≠ 0, Gi ≠ 0 il bipolo risulterà controllabile sia in
tensione che in corrente.
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Bipoli elementari a-dinamici 21 22 Bipoli fondamentali
⎧v = 0 i≥0
⎨
⎩i = 0 v≤0
Nullatore e noratore
Figura 2.9: (a) simbolo del diodo; (b) curva caratteristica del modello ideale
Osserviamo che esso non è controllato né in tensione né in corrente, Un ruolo a parte meritano gli elementi nullatore e noratore (pseudo-
dunque esiste solo la forma implicita f (v, i ) = 0 per la caratteristica. bipoli), i cui simboli sono rappresentati in Figura 2.13. Il primo è
caratterizzato da v = 0, i = 0 , mentre il secondo ammette qualsiasi valore di
Diodo zener tensione e corrente ai suoi capi. Essi non sono bipoli in senso stretto, cioè non
possiamo descriverli con un legame del tipo f (v, i ) = 0 .
Figura 2.13: (a) simbolo del nullatore; (b) simbolo del noratore
Figura 2.10: (a) simbolo del diodo zener; (b) curva caratteristica
Diodo tunnel
Condensatore non lineare
⎧ f ( q, v ) = 0
⎪
⎨ dq (2.4)
⎪⎩i = dt
Figura 2.11: (a) simbolo del diodo tunnel; (b) curva caratteristica
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Condensatore non lineare 23 24 Bipoli fondamentali
⎧ 2
Induttore lineare ( ϕ = Li ):
⎛
⎪ q (v ) = − C V 1 −
3 v ⎞ 3
⎪ 0 0 ⎜ ⎟ ,
⎨ 2 ⎝ V0 ⎠ di
⎪ dq v=L (2.7)
⎪i = . dt
⎩ dt
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Induttore non lineare 25 26 Bipoli fondamentali
Giunzione Josephson
i = aϕ + bϕ 3
b) modello lineare a tratti Riferimenti bibliografici:
[1] M. HASLER, J. NEIRYNCK, Non Linear Circuits, Artech House, 1986,
⎧ϕ ⎛1 1 ⎞ ISBN 0-89006-208-0.
⎪ − ϕ0 ⎜ − ⎟ ϕ > ϕ0
⎪ L1 ⎝ L1 L0 ⎠ [2] L.O. CHUA, C.A. DESOER, E.S. KUH, Circuiti Lineari e Non Lineari,
⎪ ϕ
Jackson 1991, ISBN 88-7056-837-7.
⎪
i=⎨ −ϕ0 ≤ ϕ ≤ ϕ0 [3] M. DE MAGISTRIS, G. MIANO, Circuiti, Springer 2015, ISBN 978-88-470-
⎪ L0 5769-2.
⎪ϕ ⎛ ⎞
⎪ + ϕ0 ⎜ 1 − 1 ⎟ ϕ < −ϕ0
⎪⎩ L1 ⎝ L1 L0 ⎠
i i
(a) (b)
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28 Doppi bipoli fondamentali
i1 = 0,
(3.1)
v2 = α v1 ,
3. Doppi bipoli fondamentali
dove α è una costante adimensionale detta rapporto di trasferimento di
tensione. Il simbolo di questo generatore controllato è riportato in Figura
3.1a. La porta “1” è equivalente ad un circuito aperto e la porta “2” è
equivalente ad un generatore ideale di tensione che impone una tensione
Abbiamo già introdotto gli elementi circuitali a più terminali, definendone dipendente linearmente dalla tensione della porta “1”.
le tensioni e le correnti descrittive, e mettendo in evidenza come possono
essere caratterizzati come N-polo. Una situazione molto frequente è che gli Generatore di tensione controllato in corrente
elementi a più terminali vengano invece caratterizzati raggruppando i Il generatore di tensione controllato in corrente è un doppio bipolo lineare
terminali a due a due in “porte”, imponendo che per ciascuna porta le correnti definito dalle relazioni caratteristiche:
entranti nei terminali siano uguali ed opposte; in tal caso parleremo di M-
porte. E’ appena il caso di osservare che, se anche il numero di terminali v1 = 0
dell’N-polo originale è dispari, è sempre possibile realizzare opportunamente , (3.2)
uno schema di caratterizzazione a multi-porta: basti pensare alla tipica v2 = ri1
caratterizzazione del transistore, nella quale uno dei tre terminali viene
considerato “comune” realizzando così una porta di ingresso ed una di uscita. dove r è una costante, che prende il nome di trans-resistenza del generatore
Passiamo ora in rassegna alcuni doppi bipoli fondamentali con le loro controllato; r si misura in ohm. Il simbolo di questo generatore controllato è
principali proprietà. riportato in Figura 3.1b La porta “1” è equivalente ad un corto circuito e la
porta “2” è equivalente ad un generatore ideale di tensione che impone una
tensione dipendente linearmente dall’intensità di corrente della porta “1”.
Generatori controllati
I generatori controllati sono doppi bipoli adinamici: una delle due
grandezze - tensione o intensità di corrente - ad una delle due porte è funzione
di una delle due grandezze - tensione o intensità di corrente - all’altra porta.
Per convenzione, la porta che funziona da “generatore” è la porta “2” e la
porta che “controlla” il generatore è la porta “1”. Considerando tutte le
possibili combinazioni si hanno i diversi possibili generatori controllati.
È particolarmente importante il caso dei generatori controllati lineari: in
tal caso la grandezza controllata risulta proporzionale alla grandezza di
controllo.
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Generatori controllati 29 30 Doppi bipoli fondamentali
Generatore di corrente controllato in tensione opportuni esempi, sui circuiti che contengano al loro interno i generatori
controllati.
Il generatore di corrente controllato in tensione è un doppio bipolo lineare
Osserviamo anche che i generatori controllati non godono della
definito dalle relazioni caratteristiche:
reciprocità, e la loro caratterizzazione è unica. Consideriamo ad esempio il
generatore di tensione controllato in tensione; la sua caratteristica, in forma
i1 = 0 matriciale, è data da:
, (3.3)
i2 = gv1
⎧v 2 = α v1 ⎛i ⎞ ⎛0 0 ⎞⎛ v1 ⎞
⎨ ⇒ ⎜⎜ 1 ⎟⎟ = ⎜⎜ ⎟⎜ ⎟
dove g è una costante, che prende il nome di trans-conduttanza; g si misura in
⎩i1 = 0 ⎝ v2 ⎠ ⎝ α 0 ⎟⎠⎜⎝ i2 ⎟⎠ (3.6)
siemens. Il simbolo di questo generatore controllato è riportato in Figura 3.1c
La porta “1” è equivalente ad un circuito aperto e la porta “2” è equivalente
ad un generatore di corrente ideale che impone un’intensità di corrente Come si vede subito la matrice è non simmetrica e singolare! Come
dipendente linearmente dalla tensione della porta “1”. conseguenza della sua non invertibilità, si ha anche che la rappresentazione
considerata è unica.
Generatore di corrente controllato in corrente Per i circuiti che contengono, oltre a resistori lineari e generatori
indipendenti (ideali), anche generatori controllati lineari vale la proprietà
Il generatore di corrente controllato in corrente è un doppio bipolo della sovrapposizione degli effetti. E’ importante a tal riguardo ricordare che i
lineare definito dalle relazioni caratteristiche: soli generatori indipendenti costituiscono effettivi forzamenti (termini noti)
nel sistema lineare corrispondente, e possono essere “sovrapposti” negli
v1 = 0 effetti rispetto alle variabili tensioni e correnti; i generatori controllati,
, (3.4)
i2 = βi1 viceversa, non rappresentano termini noti per il circuito e non vanno dunque
“spenti” nella soluzione per sovrapposizione.
dove β è una costante adimensionale, che prende il nome di rapporto di I generatori controllati appena definiti non sono in realtà tutti indipendenti,
trasferimento di corrente. Il simbolo di questo generatore controllato è come vedremo con il seguente esempio (Figura 3.2). In particolare, da due di
riportato in Figura 3.1d. La porta “1” è equivalente ad un corto circuito e la essi è possibile ricavare gli altri due.
porta “2” è equivalente ad un generatore ideale di corrente che impone
un’intensità di corrente dipendente linearmente dalla corrente della porta “1”.
Le caratteristiche dei generatori controllati possono essere utilmente
espresse utilizzando la notazione vettoriale. Se, ad esempio, consideriamo il
generatore di tensione controllato in corrente, potremo infatti riscrivere la
caratteristica come:
⎛ v1 ⎞ ⎛ 0 0 ⎞⎛ i1 ⎞
⎜⎜ ⎟⎟ = ⎜⎜ ⎟⎟⎜⎜ ⎟⎟ , (3.5) Figura 3.2: Esempio di dipendenza nella definizione di generatori controllati.
⎝ v2 ⎠ ⎝ r 0 ⎠⎝ i2 ⎠
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Trasformatore ideale e giratore 31 32 Doppi bipoli fondamentali
Il trasformatore ideale è un doppio bipolo lineare il cui funzionamento è resistore lineare di valore n2R. Pertanto il trasformatore consente di variare la
descritto dalle seguenti relazioni: resistenza di un resistore senza alterarne la costituzione fisica. L’equivalenza
che si stabilisce in questo modo viene spesso chiamata “trasporto al primario”
v1 = nv2 di un bipolo.
(3.7)
i2 = − ni1
Figura 3.3: (a) simbolo del trasformatore ideale; (b) trasformatore terminato con
un resistore
La proprietà più importante del trasformatore può essere illustrata
considerando il circuito di Figura 3.3b (alla porta “2” del trasformatore è
connesso un resistore lineare con resistenza R). In questo caso si ha:
Figura 3.5: (a) simbolo del giratore; (b) un giratore terminato alla porta di uscita
v1 = nv2 = − nRi2 = n 2 Ri1 . (3.8) con un condensatore è equivalente ad un induttore
Dunque, quando alla porta “2” del trasformatore ideale è collegato un Anche per il giratore si può immediatamente verificare che la potenza
resistore lineare di resistenza R, la porta “1” si comporta come se fosse un elettrica assorbita è uguale a zero in qualsiasi condizione di funzionamento,
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Amplificatore operazionale 33 34 Doppi bipoli fondamentali
quindi esso è un doppio bipolo passivo che né dissipa e né immagazzina L’amplificatore operazionale è caratterizzato da valori tipici per I + ed I −
energia. Come per il trasformatore, anche questo doppio bipolo non conserva dell’ordine dei μA, se non delle centinaia di nA. Tenuto conto di questa
la non amplificazione delle tensioni e delle correnti. Ciò può essere verificato, circostanza, normalmente si fa l’approssimazione I + = I − ≅ 0 . La tensione
ad esempio, considerando il circuito che si ottiene collegando ad una porta del
giratore un generatore ideale di tensione e all’altra porta un resistore lineare. Esat è generalmente dell’ordine di 10-15 V (in dipendenza dalla tensione di
La proprietà più importante del giratore può essere illustrata considerando il alimentazione). Nella regione cosiddetta lineare, ovvero per − ε ≤ v ≤ ε , si
circuito illustrato Figura 3.5b: alla porta “2” del giratore è connesso un definisce il guadagno in tensione Av = Esat ε che risulta generalmente
condensatore lineare tempo-invariante con capacità C. In questo caso si ha dell’ordine di 105 – 106. Osserviamo anzitutto che, nell’approssimazione
appena considerata, l’amplificatore operazionale diviene intrinsecamente un
i2 C dv2 C di1 doppio bipolo, ed in particolare un generatore di tensione controllato in
v1 = − = = (3.10)
G G dt G 2 dt tensione con legge di controllo non lineare vo = f (vi ) . In particolare si tratta
di un doppio bipolo attivo, nel senso che la potenza erogata (in particolare
Quando alla porta di un giratore è collegato un condensatore lineare e tempo alla porta di uscita) può essere positiva.
invariante di capacità C, l’altra porta si comporta come se fosse un induttore Tenuto conto dei valori tipici per il guadagno in tensione Av , ha senso
lineare e tempo invariante di induttanza C/G2. Pertanto, il giratore consente di definire l’amplificatore operazionale ideale nel limite Av → ∞ :
realizzare un bipolo induttore a partire da un condensatore. Vale anche la
proprietà duale: tramite un giratore è possibile realizzare un bipolo
condensatore a partire da un induttore. i+ = 0 i− = 0
⎧v0 = Esat per vi > 0
Amplificatore operazionale ⎪ (3.12)
⎨v0 = -Esat per vi < 0
Tra i componenti a più terminali l’amplificatore operazionale riveste un ⎪-E ≤ v ≤ E per vi = 0
ruolo di grande importanza, a causa delle innumerevoli funzioni che con esso ⎩ sat 0 sat
f1 ( v1 , v2 , i1 , i2 ) = 0 → i1 = 0
f 2 ( v1 , v2 , i1 , i2 ) = 0 → v1 = 0
Figura 3.6: (a) simbolo dell’amplificatore operazionale; (b) caratteristica ingresso- Figura 3.7: Modello di un operazionale ideale in regione lineare tramite nullatore
uscita e noratore
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Amplificatore operazionale 35 36 Doppi bipoli fondamentali
⎧v2 = − R1i1
⎨ (3.14)
⎩v1 = − R2i2
ottenendo dunque le relazioni caratteristiche di un generatore di tensione Funzionamento in regione non lineare
controllato in corrente. Ponendo invece R1 → ∞ si ha: Abbiamo sin qui analizzato circuiti nell’ipotesi che l’amplificatore
operazionale fosse in regione lineare. Esistono diversi circuiti non lineari che
viceversa basano il loro funzionamento proprio sulla caratteristica
dell’operazionale al passaggio tra la regione lineare e quella di saturazione. In
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Amplificatore operazionale 37 38 Doppi bipoli fondamentali
R2 R1 + R2
v = vR 2 = vo ⇒ v0 = v. (3.20)
R1 + R2 R2
Figura 3.11 caratteristica i,v (a) regione lineare; (b) regione lineare e non lineare
La (3.20) è stata ottenuta osservando che, nell’ipotesi di operazionale ideale
Passiamo ora ad analizzare la regione di saturazione positiva: In tale
i+ = 0 e dunque R1 ed R2 risultano in serie tra loro. Considerando invece regione l’operazionale può essere modellato con un circuito aperto alla porta
che i− = 0 possiamo scrivere: di ingresso, ed un generatore di tensione alla porta di uscita, come
schematicamente indicato in Figura 3.12a.
R1 + R2 R1
v = R f i +vo = R f i + v ⇒ i=− v. (3.21) Sostituendo nel circuito il modello equivalente avremo:
R2 R2 R f
v − R f i − Esat = 0 ⇒ v = Esat + R f i, (3.23)
che riconosciamo facilmente come la caratteristica di un generatore reale di
tensione (Figura 3.12b).
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Amplificatore operazionale 39
i* = Esat
β −1
Rf
, (3.25) 4. Caratterizzazioni degli M-porta
come riportato in Figura 3.11b.
lineari
Riferimenti bibliografici:
[1] L.O. CHUA, C.A. DESOER, E.S. KUH, Circuiti Lineari e Non Lineari,
Jackson 1991, ISBN 88-7056-837-7. Lo studio degli M-porte lineari è di fondamentale importanza nell’analisi
[2] M. DE MAGISTRIS, G. MIANO, Circuiti, Springer 2015, ISBN 978-88-470- dei circuiti. In particolare la caratterizzazione come M-porte di sottoparti
5769-2. lineari a-dinamiche di circuiti più complessi consente di introdurre importanti
semplificazioni nell’analisi e nella riduzione della complessità
computazionale. Data l’importanza che riveste l’argomento, riprendiamo
brevemente le rappresentazioni dei doppi bipoli di resistori lineari già
introdotte nei corsi di base, per poi ampliare il campo delle nostre
considerazioni.
Un M-porta è un elemento per il quale è possibile definire M coppie di
terminali con la medesima intensità di corrente. Nel caso a-dinamico avrà in
generale una caratterizzazione in forma implicita del tipo:
f ( v, i, t ) = 0,
(4.1)
f1 ( v1 , v2 , i1 , i2 , t ) = 0,
(4.2)
f 2 ( v1 , v2 , i1 , i2 , t ) = 0.
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Rappresentazione in forma implicita dei doppi bipoli lineari 41 42 Caratterizzazioni degli M-porta lineari
bipoli esterni, che rappresentano delle condizioni alle porte, siano lineari (ciò variabili sarà dunque possibile ricavare la corrispondente forma esplicita. Ad
non è limitante). esempio se nella (4.5) si suppone la matrice M non singolare, si può scrivere:
v = -( M −1 N )i = Ri (4.6)
Figura 4.1 Doppio bipolo lineare terminato con bipoli lineari attivi Rappresentazioni R, G, H di doppi bipoli lineari passivi
Riprendiamo ora brevemente le più note rappresentazioni esplicite dei
Immaginando di avere accesso anche all’interno del doppio bipolo, per il doppi bipoli lineari passivi con le relative proprietà. Consideriamo il generico
circuito in questione le equazioni in forma canonica saranno necessariamente doppio bipolo di resistori lineari rappresentato in Figura 4.2.
del tipo:
∑ (±)i
k
k = 0, KCL
∑ ( ± )v
k
k = 0, KVL
Supponendo il sistema (4.3) ben posto, eliminando le ultime due equazioni i1 = G11v1 + G12 v2 , ⎫
e riducendo le rimanenti (che sono tutte lineari ed omogenee) a due sole ⎬ → i = Gv . (4.7)
i2 = G21v1 + G22 v2 , ⎭
equazioni nelle incognite v1, v2, i1, i2, si ottengono in generale due equazioni
indipendenti lineari ed omogenee nella forma:
La (4.7) è la rappresentazione controllata in tensione, ed in questo caso la
m11v1 + m12 v2 + n11i1 + n12i2 = 0 matrice G prende il nome di matrice delle conduttanze. Ricordiamo che gli
(4.4) elementi della matrice delle conduttanze di un doppio bipolo godono delle
m21v1 + m22 v2 + n21i1 + n22 i2 = 0
proprietà:
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Rappresentazioni R, G, H di doppi bipoli lineari passivi 43 44 Caratterizzazioni degli M-porta lineari
P ( a ) = i1v1 + i2 v2 = iT v = ( Gv ) v = vT Gv ≥ 0, ∀v .
T
(4.9)
v = Ri, con R = G -1 (4.10) Figura 4.4 Connessione in serie di due doppi bipoli
Fra le possibili caratterizzazioni ricordiamo anche quella “ibrida” e quella
Ricordiamo che anche per la matrice delle resistenze valgono proprietà cosiddetta di “trasmissione”. La caratterizzazione si dirà ibrida quando le
analoghe alle (4.8), (4.9). variabili indipendenti sono una tensione ed una corrente. Ad esempio:
Figura 4.3 Connessione parallelo di due doppi bipoli lineari passivi Nelle rappresentazioni R , G , H , H ′ sin qui considerate le variabili
indipendenti (e corrispondentemente quelle dipendenti) sono sempre state
Difatti, considerata la KCL e le caratteristiche si ha: definite contemporaneamente su entrambe le porte. In realtà è possibile una
scelta ulteriore, che dà luogo alla rappresentazione di trasmissione:
i′ = G ′v, i′′ = G ′′v ⇒ i =i′+i′′ = (G ′ + G ′′) v (4.11)
v1 = T11v2 − T12i2 ⎛ v1 ⎞ ⎛ v2 ⎞
⎜ ⎟ =T ⎜ ⎟ (4.13)
Per converso, la rappresentazione R risulta più comoda per i collegamenti in i1 = T21v2 − T22i2 ⎝ i1 ⎠ ⎝ i2 ⎠
serie mostrati in Figura 4.4.
Il motivo del segno “-“ posto convenzionalmente davanti ai parametri T12 e
T22 è in parte storico ed è legato alla interpretazione come “ingresso” della
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Rappresentazione di trasmissione T di un doppio bipolo lineare 45 46 Caratterizzazioni degli M-porta lineari
R11 R22 ΔR
det(T)= − 2 =1 (4.18)
R212 R21
−1
⎛ 1 − R11 ⎞ ⎛ 0 − R12 ⎞ ⎛ 1 R11 R21 ⎞⎛ 0 − R12 ⎞ Rappresentazione “scattering” S di un doppio bipolo lineare
T =⎜ ⎟ ⎜ ⎟=⎜ ⎟⎜ ⎟=
⎝ 0 R21 ⎠ ⎝ 1 R22 ⎠ ⎝ 0 1 R21 ⎠⎝ 1 R22 ⎠
La rappresentazione di scattering (S) di un doppio bipolo trae origine dalla
⎛ R11 R22 R11 − R21 R12 ⎞ (4.16) descrizione di sistemi distribuiti con propagazione. Essa è però importante
⎜R R21 ⎟
anche per i doppi bipoli “concentrati” in quanto possiede alcune proprietà
=⎜ ⎟
21
⎜ 1 R22 ⎟ piuttosto generali. Ricordiamo anzitutto che, a partire dalla forma implicita
⎜ ⎟ per i doppi bipoli lineari abbiamo le relazioni:
⎝ R21 R21 ⎠
⎧ v = − M −1 Ni = Ri,
ovvero: Mv + Ni = 0 → ⎨ −1
(4.20)
⎩i = − N Mv = Gv,
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Rappresentazione “scattering” S di un doppio bipolo lineare 47 48 Caratterizzazioni degli M-porta lineari
quando naturalmente siano M ed N non singolari, cioè invertibili. Ebbene, ⎧ v1( r ) = S11 v1( i ) + S12 v2( i ) ,
possiamo affermare che esistono buoni motivi per considerare come variabili v (r )
= Sv , ovvero
(i )
⎨ (r ) (4.24)
⎩v2 = S21 v1 + S22 v2 .
(i ) (i )
di rappresentazione anziché tensioni e correnti separatamente, opportune loro
combinazioni. Per far ciò è comodo considerare, su ciascuna porta, dei
resistori aggiuntivi di valore fissato, generalmente unitario come v1( r ) v2( r )
rappresentato in Figura 4.7. Considerata la maglia di ingresso, posto R = 1 S11 = , S 22 = sono detti coefficienti di riflessione,
v1( i ) v2( i ) = 0
v2( i ) v1( i ) = 0
abbiamo:
e1 ( t ) = v1 ( t ) + Ri1 ( t ) = v1 ( t ) + i1 ( t ) . (4.21) S12 =
v1( r )
, S 21 =
v2( r )
sono detti coefficienti di trasmissione.
v2( i ) v1( i ) = 0
v1( i ) v2( i ) = 0
La combinazione v1 (t ) + i1 (t ) = e1 (t ) può essere considerata come “variabile Val la pena osservare che nella definizione dei parametri, la condizione
indipendente” alla porta 1 del doppio bipolo. Dalla posizione (4.21) è v1i = 0 ⇔ v1 + i1 = 0 corrisponde all’avere la porta 1 chiusa unicamente su un
possibile anche ricavare: resistore di valore unitario (e1=0), ed analogamente per la porta 2.
La rappresentazione con i parametri di scattering gode di un’importante
e1 ( t ) = v1 ( t ) + i1 ( t ) − i1 ( t ) + i1 ( t ) ⇒ v1 ( t ) − i1 ( t ) = e1 ( t ) − 2i1 ( t ) . (4.22) proprietà che la differenzia dalle altre rappresentazioni esplicite considerate
sin qui (R, G, H, H’, T, T’). Difatti si può dimostrare che essa risulta esistere
La combinazione v1 ( t ) − i1 ( t ) = e1 (t ) − 2i1 (t ) può essere considerata come sempre, anche quando altre rappresentazioni sono singolari. Senza indugiare
oltre sulla dimostrazione di questa proprietà, facciamo osservare che l’aver
“variabile dipendente” alla porta 1 del doppio bipolo. In realtà si suole
definito come variabili indipendenti opportune combinazioni di tensioni e
definire le variabili:
correnti (o equivalentemente forzare le porte con un generatore “reale”)
risolve in partenza i casi patologici che si possono verificare.
1 1
v (i ) = ( v + i ) , v(r ) = ( v − i ) , (4.23) Anche per la matrice di scattering, come per le altre, è possibile trovare i
2 2 legami con le altre rappresentazioni. Un possibile modo di procedere consiste
ingresso uscita nel ricavare le corrispondenti relazioni riportando la forma di scattering alla
implicita per poi utilizzare le relazioni viste in precedenza.
che vengono dette, rispettivamente, tensione incidente e tensione riflessa (in
analogia con le grandezze descrittive di una linea di trasmissione o di un v1 ( t ) − i1 ( t ) = S11 ⎡⎣ v1 ( t ) + i1 ( t ) ⎤⎦ + S12 ⎡⎣ v2 ( t ) + i2 ( t ) ⎤⎦
sistema a microonde). (4.25)
v2 ( t ) − i2 ( t ) = S 21 ⎡⎣ v1 ( t ) + i1 ( t ) ⎤⎦ + S 22 ⎡⎣v2 ( t ) + i2 ( t ) ⎤⎦
da cui:
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Doppi bipoli lineari non reciproci e attivi 49 50 Caratterizzazioni degli M-porta lineari
avremo: stati spenti i generatori interni, e con due quello nel quale sono stati spenti
quelli esterni si avrà:
R = − M −1 N = ( I − S ) −1 ( I + S )
(4.28) i = Gv + i * (4.29)
G = − N −1M = ( I + S ) −1 ( I − S )
dove la matrice G è definita sul circuito reso passivo come abbiamo già visto
L’insieme dei legami sono riassunti nella seguente tabella: in precedenza, ed i* è il vettore dei termini noti (correnti di corto circuito con
S G R i generatori esterni spenti.
S = ( I - G )( I + G ) (IR--RI )(IR++ RI )
-1 -1
S C’ C’’
G = ( I - S )( I + S )
-1 i’1 i’2 i’’1 i’’2
G R -1
R = ( I + S )( I - S )
-1
G -1 R v1 + +
v2
- -
Doppi bipoli lineari non reciproci e attivi Figura 4.9: Sovrapposizione applicata per caratterizzare un doppio bipolo attivo
Tale espressione può essere interpretata come la forma vettoriale del teorema
Per generalizzare quanto visto sinora dobbiamo includere il caso di doppi di Norton. Analogamente con la caratterizzazione in base corrente si ha il
bipoli lineari non reciproci ed attivi, ovvero che contengono al loro interno caso Thévenin vettoriale:
elementi lineari passivi ma non reciproci (trasformatori, giratori), elementi
attivi ma inerti (generatori controllati) ed elementi attivi e non inerti v = Ri + v * (4.30)
(generatori indipendenti). In Figura 4.8 è schematicamente indicato un doppio
bipolo lineare con tali caratteristiche. In maniera simile si procede per caratterizzare in forma ibrida anche i
doppi bipoli attivi.
È importante osservare che in presenza di elementi inerti, ma attivi e non
reciproci quali quelli considerati (in particolare il trasformatore, il giratore e i
generatori controllati) le matrici G, R, H etc., ad esempio nelle
rappresentazioni (4.29) e (4.30), perderanno le proprietà di simmetria
(reciprocità) e quelle legate alla non amplificazione (maggiorazioni sui
termini fuori diagonale).
v1 = H11i1 + H12 v2
⎛ R R⎞ −1
v1 − Ri1 − Ri2 = 0 i2 = H 21i1 + H 22 v2
R=⎜ ⎟, R = 0 → G = R ;
⎝ r R ⎠ v2 − Ri1 − Ri2 = 0
(4.31)
⎛1 0⎞ ⎛ R R⎞ R = − M −1 N ;
M =⎜ ⎟ , M =1; N = ⎜ ⎟ , N =0;
⎝0 1⎠ ⎝ R R⎠ G = − N −1M
+
-
Figura 4.11 Schema con generatori controllati per la sintesi di un doppio bipolo
lineare
È evidente come tale sintesi, equivalente alla precedente nel caso di doppio
bipolo reciproco e inerte, permette più in generale di trattare il caso non
reciproco ed attivo. Se consideriamo il caso di una rappresentazione H, la Figura 4.13 Esempio di sintesi “mista”
sintesi diviene quella della Figura 4.12.
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Alcuni esempi sui doppi bipoli 53 54 Caratterizzazioni degli M-porta lineari
Se del circuito considerato facciamo viceversa l’analisi otteniamo la forma ⎧v1 − nv2 = 0 v1 − i1
(implicita): ⎨ s11 = (4.39)
⎩ni1 + i2 = 0 v1 + i1 v2 + i2 = 0
⎛1 - n ⎞ ⎛ 0 0⎞
M =⎜ ⎟ N =⎜ ⎟ (4.37)
⎝0 0 ⎠ ⎝n 1⎠
È evidente in questo caso come non sia possibile ricavare le
rappresentazioni R o G in quanto entrambe le matrici M ed N sono singolari.
Invece entrambe le rappresentazioni ibride sono disponibili:
v1 = nv2 ⎛n 0 ⎞ ⎛1 n 0 ⎞
⎟ → H′ = H = ⎜
−1
→H =⎜ ⎟ (4.38) Figura 4.14 Un generico M-porte lineare
i2 = − ni1 ⎝ 0 −n ⎠ ⎝ 0 −1 n ⎠
i = Gv , v = Ri, (4.42)
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Estensioni ai multi-porta lineari 55
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Richiami sui grafi 57 58 Complementi di topologia circuitale
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Matrice di incidenza di nodo 59 60 Complementi di topologia circuitale
incidenza Aa = ⎡⎣ aij ⎤⎦ che è una matrice con n (=numero di nodi) righe e b sempre rango pieno per un grafo connesso (tale proprietà è direttamente
collegata all’indipendenza delle KCL per un qualsiasi insieme di n-1 nodi).
(=numero di lati) colonne, con gli elementi definiti da: Di conseguenza le sue righe risultano certamente indipendenti.
Considerato un albero per il circuito, scelto opportunamente l’ordine dei
⎧ 1 se il lato j esce dal nodo i lati, la matrice di incidenza ridotta A può sempre essere partizionata nel
⎪
aij ⎨−1 se il lato j entra nel nodo i (5.1) modo seguente:
⎪ 0 se il lato j non incide nel nodo i
⎩
A = ⎡⎣ At Ac ⎤⎦ (5.4)
Ad esempio, se andiamo a sviluppare la matrice di incidenza del circuito
precedentemente considerato avremo: dove i pedici “t” e “c” stanno per “tree” (albero) e = “cotree” (coalbero).
Osserviamo che siccome l’albero ha n − 1 lati, la sotto-matrice At è una
I II III IV V VI
matrice quadrata ( n − 1) × ( n − 1) .
-1 1 0 0 0 1
0 -1 -1 0 1 0 Una proprietà molto interessante della matrice A è la seguente:
1 0 1 1 0 0
“se A è la matrice di incidenza ridotta di un grafo connesso, ogni insieme
0 0 0 -1 -1 -1
di colonne indipendenti di A corrisponde ad un albero e viceversa”
ovvero: Ad esempio, consideriamo il circuito precedente la cui matrice di
incidenza di nodo è:
⎛ −1 1 0 0 0 1 ⎞
⎜ ⎟ ⎡ −1 1 0 0 0 1 ⎤
⎜ 0 −1 −1 0 1 0 ⎟
Aa = (5.2) ⎢ 0 −1 −1 0 1 0 ⎥
⎜1 0 1 1 0 0⎟
⎜ ⎟ Aa = ⎢ ⎥. (5.5)
⎝ 0 0 0 −1 −1 −1⎠ ⎢1 0 1 1 0 0⎥
⎢ ⎥
⎣ 0 0 0 −1 −1 −1⎦
Come già noto la matrice di incidenza Aa permette di scrivere in forma
compatta le KCL: Eliminando l’ultima riga si ha:
Aa i = 0, (5.3) ⎡ −1 1 0 0 0 1 ⎤
A = ⎢⎢ 0 −1 −1 0 1 0 ⎥⎥ . (5.6)
dove al solito con i indichiamo il vettore delle intensità di corrente ⎢⎣ 1 0 1 1 0 0 ⎥⎦
descrittive per il circuito.
La matrice di incidenza Aa ha certamente rango non pieno (cioè < n ).
Consideriamo, ad esempio, le ultime 3 colonne: esse sono certamente
Infatti, tenuto conto che ogni lato necessariamente esce da un nodo ed entra indipendenti; ad esse corrispondono i lati IV, V, VI che, effettivamente,
nell’altro, ogni colonna contiene sempre soltanto due elementi non nulli, un costituiscono un albero nel grafo di Figura 5.1. Dimostriamo ora la proprietà
+1 e un –1, e dunque la somma delle righe è sempre identicamente nulla. appena verificata.
Definiamo matrice di incidenza ridotta A quella ottenuta da Aa
eliminando una (qualsiasi) riga. E’ possibile dimostrare che la matrice A ha
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Matrice di maglia 61 62 Complementi di topologia circuitale
Sufficienza: albero ⇒ colonne indipendenti. che il numero di equazioni indipendenti alle maglie (KVL) è sempre
Supponiamo ad esempio, che le prime n − 1 colonne corrispondano ad un b − (n − 1) .
albero. At è la sottomatrice (n − 1) × (n − 1) corrispondente. Essa è, per la Un modo sistematico di costruire una matrice di maglia ridotta è quello di
definizione di albero, la matrice di incidenza ridotta di un sottografo partire da un albero, costruendo le maglie fondamentali. La matrice ridotta B
connesso, e dunque ha certamente rango pieno. Essendo una matrice che si costruisce prende il nome di matrice di maglia “fondamentale”.
quadrata, sia le righe che le colonne sono indipendenti.
Matrice di maglia Figura 5.4 Un esempio di grafo e di un sistema di maglie indipendenti (anelli)
In maniera analoga alla matrice di incidenza, è possibile introdurre la Esempio: Matrice di maglia B relativa alla Figura 5.4.
matrice di maglia Ba : considerato l’insieme di tutte le maglie (righe) e dei
lati (colonne) e fissato un orientamento per le maglie (per le tensioni sui lati I II III IV V
v j si sceglie la convenzione dell’utilizzatore in riferimento ai versi fissati per maglia 1 -1 -1 1 0 0 lati I − II − III
le intensità di corrente), è possibile definire la matrice di maglia Ba = ⎡⎣bij ⎤⎦ in maglia 2 0 0 −1 −1 0 lati III − IV
modo analogo a quanto fatto per quella di incidenza: maglia 3 0 0 0 1 1 lati IV − V (5.9)
maglia 4 −1 −1 0 −1 0 lati I − II − IV
⎧ 1 se il lato j appartiene alla maglia i ed è concorde maglia 5 −1 −1 0 0 1 lati I − II − V
⎪
bij ⎨− 1 se il lato j appartiene alla maglia i ed è discorde (5.7) maglia 6 0 0 −1 0 1 lati III − V
⎪ 0 se il lato j non appartiene alla maglia i
⎩
La matrice di maglia Ba permette di scrivere in forma compatta le KVL: Se, in riferimento all’esempio precedente, consideriamo l’albero costituito dai
lati I e II, avremo la seguente matrice di maglia fondamentale:
Ba v = 0, (5.8)
⎛ I II III IV V ⎞
⎜ ⎟ ⎛ −1 −1 1 0 0 ⎞
dove al solito con v indichiamo il vettore delle tensioni descrittive per il ⎜ -1 -1 1 0 0⎟ ⎜ ⎟
.. ⇒ ⎜ 1 1 0 1 0 ⎟ (5.10)
circuito. ⎜ -1 -1 0 −1 0 ⎟ ⎜ −1 −1 0 0 1⎟
Anche per la matrice Ba le righe risulteranno in generale dipendenti, ⎜ ⎟ ⎝ ⎠
⎝ -1 -1 0 0 1⎠
dunque Ba non ha rango pieno. Se consideriamo un insieme di righe
indipendenti, esso costituisce una matrice di maglia ridotta B . Ricordiamo
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Matrice di taglio 63 64 Complementi di topologia circuitale
Da i = 0, (5.12) ⎛i ⎞
Di = 0 → ⎡⎣ I Dc ⎤⎦ ⎜ t ⎟ = i t + Dc i c = 0 (5.17)
dove al solito con i indichiamo il vettore delle intensità di corrente ⎝ ic ⎠
descrittive per il circuito. Per essa valgono considerazioni molto simili alle
altre due matrici topologiche. In particolare, considerata la matrice di taglio da cui si ricava:
fondamentale D a rango pieno, è possibile dimostrare che essa può essere
sempre partizionata nel modo seguente: i t = − Dc i c (5.18)
[ riga i di Ba ] × [ riga j di Aa ]
T
= 0, (5.19)
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Relazioni tra le matrici topologiche 65 66 Complementi di topologia circuitale
e dunque, in generale, si ha: Tale relazione, assieme alla (5.20) è importante al fine della costruzione
automatica delle matrici B e D a partire da quella A , che come abbiamo
Ba AaT = 0 (BAT = 0); Aa BaT = 0 (ABT = 0). (5.20) già avuto modo di osservare risulta piuttosto semplice da costruire una volta
nota la tabella di interconnessione del circuito.
Per dimostrare le relazioni (5.20) basta considerare il prodotto all’interno
Possiamo a questo punto esplicitare le relazioni tra le matrici. Dalla
della (5.19) nella forma:
relazione DBT = 0 possiamo ricavare:
b
s = ∑ bik a jk , (5.21) ⎡ BT ⎤
k =1 DBT = ⎣⎡ I Dc ⎦⎤ ⎢ t ⎥ = BtT + Dc = 0, (5.24)
dove con i indichiamo l’indice di maglia, con j indichiamo l’indice di nodo, ⎣ I ⎦
con k quello di lato. È evidente che la somma (5.21) è composta da prodotti di
elementi che possono assumere valori 0, +1, -1. Anzitutto va osservato che i da cui:
prodotti bikajk nella (5.21) sono nulli per ogni k tale che il lato o non
appartiene alla maglia (bik=0), ovvero non incide nel nodo (ajk=0). Dc = − BtT , Bt = − DcT . (5.25)
Considerato un lato m che appartiene alla maglia i, ed incide nel nodo j, per la
definizione stessa di maglia deve anche esistere un altro lato, che
Dalla relazione ABT = 0 possiamo ricavare:
denominiamo m+1, che appartiene alla maglia ed incide nel nodo, come
mostrato in Figura 5.5.
⎡ BtT ⎤
AB = ⎡⎣ At Ac ⎤⎦ ⎢ ⎥ = At BtT + Ac = 0,
T
(5.26)
⎣ I ⎦
e dunque, tenuto conto anche della (5.26), si ha:
stessa (cioè, un gran numero di elementi di A è pari a zero, e solo pochi sono Esistono degli algoritmi standard per ottenere ciò. In particolare, si tratta di
diversi da zero). Alternativamente, numerando successivamente i lati ed i ridurre la matrice per operazioni di riga, nella forma cosiddetta di “Echelon”
nodi del circuito, sarà sufficiente una tripla di numeri i,j,k per descrivere se il
lato k è connesso ed in che verso, ai nodi i e j. Tale informazione può essere ⎡1 . . . . . .⎤
. .
usata facilmente per la costruzione della matrice A all’occorrenza. ⎢0 1 . . . . .⎥⎥
. .
⎢
Come vedremo meglio in seguito, molto spesso non è necessario ⎢0 0 1 0 . . .⎥
. .
conoscere esplicitamente A nella formulazione delle equazioni circuitali. In ⎢ ⎥
⎢0 0 0 0 1 1 . . .⎥
tal caso è molto più agevole memorizzare le predette informazioni nella ⎢⎣ 0 0 0 0 0 0 . . .⎥⎦
forma di una tabella di connessione (equivalente ad un array di dimensioni
2xb).
Per generare esplicitamente B o D è invece necessario, come abbiamo Poiché le operazioni elementari di riga non alterano le proprietà di
visto, identificare un albero. Inoltre la determinazione di un particolare indipendenza tra le colonne della matrice, è immediato riconoscere che le
albero, con assegnate proprietà, può in taluni casi semplificare l’analisi o la prime n − 1 colonne indipendenti della matrice A risultano quelle che, sulla
soluzione; si parla in tal caso di albero ottimo, dove naturalmente il concetto corrispondente matrice in forma di Echelon presentano un “1” sopra la
di ottimo è riferito a determinati obbiettivi. Ad esempio, come vedremo più “gradinata” di zeri.
avanti, per scrivere in modo efficiente le equazioni di stato di un circuito è
conveniente disporre di uno specifico tipo di albero che prende il nome di
albero proprio, ovvero un albero che contenga tutti i generatori di tensione ed Albero proprio e patologie topologiche.
i condensatori e nessun generatore di corrente ed induttore.
Vogliamo dunque considerare, in generale, il problema di determinare un Tra i diversi possibili alberi definibili in un grafo circuitale assume
certo tipo di albero, definito ottimo, in relazione ad esempio al tipo di particolare importanza la definizione di albero proprio:
elementi presenti sui lati. Ciò è possibile se:
“si definisce albero proprio un albero che contiene tutti i generatori di
- definiamo un ordine preferenziale di elementi per l’albero; tensione (ed i condensatori), e nessun generatore di corrente (ed induttore)”
- troviamo un albero con quell’ordine di elementi.
L’importanza di tale definizione risulta evidente osservando che la
Un modo possibile per trovare l’albero è il seguente: supponiamo di aver presenza di un albero proprio è direttamente legata all’assenza di patologie
costruito la matrice A , ed ordiniamo le colonne in base al criterio topologiche per il circuito. Ricordiamo brevemente che per un circuito a-
preassegnato, per esempio: dinamico le patologie topologiche sono essenzialmente rappresentate
dall’eventuale presenza di maglie di soli generatori di tensione o di tagli di
E1 C1 C 2 R1 R 2 R3 L1 L 2 I1
1 ⎡..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... .....⎤
soli generatori di corrente. Tale discorso si generalizza ai circuiti dinamici
2 ⎢⎢..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... .....⎥⎥ quando vi siano maglie costituite da soli condensatori e generatori i di
A= ⎢..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... .....⎥ tensione, o di tagli costituiti da soli induttori e generatori indipendenti ideali
⎢ ⎥ di corrente (ciò sarà più chiaro quando avremo introdotto la forma di stato
⎢..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... .....⎥
n − 1 ⎢⎣..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... ..... .....⎥⎦ delle equazioni circuitali ed il concetto di circuito resistivo associato)
E’ facile convincersi anzitutto che se ci sono patologie topologiche non
Si tratta ora di scegliere le prime n-1 colonne indipendenti partendo da può esistere un albero proprio. Difatti:
sinistra. Sappiamo infatti che i lati corrispondenti costituiranno un albero.
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Albero proprio e patologie topologiche. 69 70 Complementi di topologia circuitale
1° trasformazione: ogni lato dell’albero può essere sostituito da uno dei lati
del coalbero appartenenti al taglio fondamentale definito dal lato in
questione; il sotto-grafo così ottenuto è ancora un albero perché è connesso
e avrà lo stesso numero di lati di quello di partenza.
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Albero proprio e patologie topologiche. 71 72 Complementi di topologia circuitale
Figura 5.7 esempio di trasformazione d’albero con sostituzione di lato di una Riferimenti bibliografici:
maglia fondamentale (M1) [1] L.O. CHUA, P.M. LIN, Computer aided analysis of electronic circuits:
Quest’ultima tecnica è anche usata nel ambito della ricerca operativa per algorithms & computational techniques, Prentice Hall, 1975, ISBN 0-
trovare l’albero ottimo per problemi di massimo flusso a minimo costo. Le 13-165415-2.
due tecniche di trasformazione sono duali, basta notare che se un lato [2] L.O. CHUA, C.A. DESOER, E.S. KUH, Circuiti Lineari e Non Lineari,
dell’albero appartiene alla maglia definita da un lato del co-albero Jackson 1991, ISBN 88-7056-837-7.
quest’ultimo deve appartenere al taglio definito dal lato dell’albero e
viceversa.
Introdotte dunque le trasformazioni di albero, possiamo agevolmente
dimostrare la proprietà di cui sopra. Osserviamo anzitutto che qualsiasi albero
per definizione non contiene cicli. Dunque l’esistenza dell’albero proprio è
garanzia dell’assenza di maglie con soli generatori di tensione e condensatori.
Analogamente un qualsiasi coalbero non contiene tagli, da cui segue che non
esisteranno tagli con soli generatori di corrente ed induttori.
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74 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali
dunque n variabili ausiliarie uk (k =1, ..n, in numero pari ai nodi del circuito)
6. Formulazioni alternative delle dette “potenziali di nodo”, e definite tramite relazioni del tipo:
vij = ui − u j (6.2)
equazioni circuitali dove vij rappresenta la tensione tra il nodo i e quello j (il verso di riferimento
è quello che va da i a j ovvero con il contrassegno + su i, come indicato in
Figura 6.1).
Osserviamo che, per quanto visto finora, la scelta in tal caso non è unica. v = AaT u a , ovvero v = AT u , (6.3)
Ciò è conseguenza della non unicità delle matrici ridotte A e B. In particolare
sappiamo che, anche avendo fissato la matrice A (cioè eliminando una riga a avendo rispettivamente indicato con u a ed u i vettori dei potenziali di nodo
piacere dalla matrice Aa ) la matrice B dipende da quale sistema di maglie
e quello ridotto (di uno) in corrispondenza con la riduzione della matrice Aa
indipendenti stiamo considerando. Ad esempio se si considera una matrice di
(per i dettagli si vedano i riferimenti [3,4,5]).
maglia fondamentale Bf essa viene a dipendere dalla scelta dell’albero.
E’ da osservare che la riduzione del numero di potenziali da n ad n-1
Vogliamo ora mostrare, anche sulla base della conoscenza delle proprietà
corrisponde al fatto che essendo le tensioni definite per differenza, l’insieme
delle matrici topologiche, altre possibili formulazioni delle equazioni
dei potenziali risulta definito a meno di un valore costante. Si può fissare ad
circuitali, provandone a mettere in evidenza le rispettive peculiarità.
arbitrio dunque il valore di uno dei potenziali, scalando tutti gli altri di un
termine corrispondente. A ciò corrisponde la circostanza algebrica che la
Potenziali di nodo e matrice di incidenza matrice A risulta a rango pieno, al contrario di Aa.
La prima delle formulazioni alternative a quella canonica, e sicuramente Mediante i potenziali di nodo è possibile dunque formulare le equazioni di
tra le più importanti, è basata sull’utilizzo dei potenziali di nodo come Kirchhoff senza passare per le maglie, e dunque per l’identificazione di un
variabili ausiliarie per la scrittura delle equazioni. Abbiamo già osservato albero per costruire la matrice B:
(cap.1) che la validità delle KVL equivale a postulare l’esistenza dei
potenziali ai terminali degli elementi come variabili descrittive. Avremo
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Potenziali di nodo e matrice di incidenza 75 76 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali
Ai = 0 n -1 ⎛ v1 ⎞ ⎛ 1 0 −1⎞
⎜ ⎟ ⎜ ⎟ ⎛ u1 ⎞
v=A u ⎜ v2 ⎟ = ⎜ 1 −1 0 ⎟ . ⎜ u ⎟
T
b (6.4)
(6.7)
⎜ v3 ⎟ ⎜ 0 1 −1⎟ ⎜⎜ 2 ⎟⎟
b + (n − 1) ⎜ ⎟ ⎜ ⎟ ⎝ u3 ⎠
⎝ v4 ⎠ ⎝ 0 1 −1⎠
Facciamo anzitutto un esempio; consideriamo il circuito di Figura 6.2. Ad
esso corrisponde la seguente matrice di incidenza:
Come si vede, la matrice è proprio AaT .
Vediamo ora se possiamo costruire un set di equazioni in cui le incognite
I II III IV
siano solo i potenziali dei nodi (metodo dei potenziali di nodo). Scriviamo
⎛ 1 1 0 0⎞ 1 anzitutto le equazioni di Tableau del circuito:
⎜ ⎟ (6.5)
Aa = ⎜ 0 −1 1 1⎟ 2
⎜ −1 0 −1 −1⎟ 3 ⎧i1 + i2 = 0
⎝ ⎠ Ai = 0 → ⎨ (6.8)
⎩−i2 + i3 + i4 = 0
⎧v1 = u1
⎪
⎪v2 = u1 − u2
v = AT u → ⎨ (6.9)
⎪v3 = u2
⎪⎩v4 = u2
⎧v1 = e(t )
⎪v = Ri
⎪⎪ 2 2
ℑ( v, i, t ) = 0 → ⎨i3 = g (v3 ) (6.10)
Figura 6.2 Un semplice circuito ed il relativo grafo orientato ⎪
⎪i = C dv4
⎪⎩ 4 dt
Per il circuito in esame dunque, in base alla (6.2), si avranno le seguenti
relazioni (tra tensioni e potenziali dei nodi):
Ricavando (dove possibile) le intensità di corrente in funzione delle
v1 = u1 − u3 tensioni dalle (6.10) e sostituendo le espressioni di queste ultime in funzione
dei potenziali di nodo otteniamo il sistema:
v2 = u1 − u2 .
(6.6)
v3 = u2 − u3 ⎧ u1 − u2
v4 = u2 − u3 ⎪i1 + R = 0
⎪
⎪ u1 − u2 d
Pertanto, in forma matriciale avremo: ⎨− + g (u2 ) + C u2 = 0 (6.11)
⎪ R dt
⎪u1 = e(t )
⎪
⎩
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Potenziali di nodo e matrice di incidenza 77 78 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali
−u1 u −u −u u − u3 u
i1 = , i2 = 1 2 , i3 = 2 , i4 = 2 , i5 = 3 .
Esso è costituito da un’equazione in u1 , u2 , ma che contiene anche i1 , ed R1 R2 R3 R4 R5 (6.13)
infine l’equazione caratteristica del generatore di tensione. Ciò accade perché
sul lato I vi è un bipolo che non è controllato in tensione (accadrebbe una
In tal modo, le KCL ai nodi divengono:
cosa analoga, ad esempio, in presenza di un induttore).
In generale (metodo dei potenziali di nodo “modificato”) ci ridurremo ad
u1 u1 − u2
un sistema di (n-1) + h equazioni (ed incognite), dove h è proprio il numero di + = J6 + J7
bipoli non controllati in tensione. R1 R2
u1 − u2 u2 u2 − u3
Matrice delle conduttanze ai nodi − + + = − J7 (6.14)
R2 R3 R4
Per mostrare una applicazione del metodo dei potenziali di nodo e la u2 − u3 u3
procedura di riduzione delle equazioni di tableau, consideriamo dapprima il − + = − J8
circuito di resistori lineari e di generatori indipendenti di corrente R4 R5
rappresentato in Figura 6.3.
J7 Esso è un sistema di tre equazioni in tre incognite (i potenziali dei nodi
u1 , u2 , u3 ) che potrà essere risolto nel modo più opportuno. Una volta ricavati i
u1 u2 u3 valori dei potenziali dei nodi, le tensioni dei diversi bipoli potranno essere
R2 R4
tutte espresse attraverso le relazioni con questi ultimi. Se fissiamo, ad
R1 J6 R3 R5 esempio, la convenzione dell’utilizzatore per definire le tensioni di tutti i
J8 bipoli del circuito, avremo le relazioni:
u0=0 v1 = −u1
v2 = u1 − u2
Figura 6.3 Un esempio di circuito di soli resistori e generatori di corrente (il nodo
0 è assunto come riferimento dei potenziali) v3 = −u2
Esso consta di 4 nodi e 8 lati. Abbiamo scelto di considerare il nodo 0 come v4 = u2 − u3
(6.15)
riferimento dei potenziali ( u0 = 0 ) . In riferimento ai versi adottati per le v5 = u3
correnti nei resistori, le KCL ai nodi 1, 2, 3 saranno: v6 = −u1
v7 = −u1 + u2
−i1 + i2 = J 6 + J 7
v8 = u3
−i2 − i3 + i4 = − J 7
−i4 + i5 = − J 8 (6.12) In riferimento all’esempio appena considerato vogliamo ora mostrare
un’importante proprietà strutturale delle equazioni per i potenziali nodali.
Ogni corrente incognita del precedente sistema può essere espressa in Difatti se riordiniamo le equazioni precedentemente scritte, mettendo in
funzione della tensione (e quindi in funzione dei soli potenziali di nodo) evidenza a primo membro i termini che moltiplicano i potenziali incogniti, il
mediante la caratteristica dei resistori, ottenendo: sistema assume la forma:
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Potenziali di nodo e matrice di incidenza 79 80 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali
⎛ 1 1 1 ⎞
⎜ + − 0 ⎟ I II III IV V VI VII VIII
⎜ R1 R2 R2 ⎟⎛ u ⎞ ⎛ J + J ⎞
⎜ 1 1 1 1 1 ⎟⎜ ⎟ ⎜
1 6 7
⎟ ⎛ −1 1 0 0 0 −1 −1 0 ⎞ 1
⎜ − + + − ⎟⎜ 2 ⎟ ⎜
u = − J (6.16) ⎜ ⎟
R2 R2 R3 R4 R4 ⎟ ⎜ ⎟ ⎜
7 ⎟ ⎜ 0 −1 −1 1 0 0 1 0 ⎟ 2
⎜ ⎟ Aa =
⎜ ⎝ u3 ⎠ ⎝ − J 8 ⎠ ⎜ 0 0 0 −1 1 0 0 1 ⎟
1 1 1 ⎟ ⎜ ⎟
3
⎜⎜ 0 − + ⎟
⎝ R4 R4 R5 ⎟⎠ ⎝ 1 0 1 0 −1 1 0 −1⎠ 0
ovvero Gu = J , dove G viene definita matrice delle conduttanze ai nodi, u è
il vettore dei potenziali di nodo, J quello dei termini noti. Osserviamo subito ed è facile mostrare che tramite la (6.17) otteniamo la matrice delle
che la costruzione del sistema nella forma appena considerata può essere conduttanze ai nodi precedentemente ricavata.
realizzata per ispezione diretta del circuito. Difatti, per quanto riguarda la
matrice G delle conduttanze ai nodi essa ha la seguente struttura: i termini
Potenziali di nodo modificato: forma matriciale
della diagonale principale Gii contengono la somma delle conduttanze che
Consideriamo ora un circuito nel quale siano presenti generatori di tensione
incidono nel nodo i-esimo del circuito; quelli fuori diagonale Gi , j , i ≠ j sono
oltre che di corrente, come ad esempio quello rappresentato in Figura 6.4.
l’opposto delle conduttanze esistenti tra il nodo i-esimo e j-esimo. Il vettore Vogliamo ad esso applicare il metodo dei potenziali di nodo “modificato”.
dei termini noti è costituito, per ciascuna riga i, dalla somma delle correnti Nel circuito si individuano n = 3 nodi, dunque avremo n − 1 = 2 equazioni
note (dei generatori) entranti nel nodo i-esimo. Questa regolarità nella indipendenti per le intensità di corrente ed altrettanti potenziali incogniti
struttura delle matrici consente agevolmente di costruire il sistema da u1 , u2 , avendo assunto u3 = 0 .
risolvere, come anticipato prima, per ispezione diretta del circuito. Ciò è alla
base di molti algoritmi numerici per la simulazione circuitale.
È possibile verificare direttamente che la matrice delle conduttanze ai nodi
G può essere ottenuta in modo algebrico nel modo seguente. Si definisce
anzitutto un vettore di conduttanze Y con la regola:
⎧1
⎪ se sul lato i c'è un resistore
Yi = ⎨ Ri
⎪0 se sul lato i c'è un generatore
⎩
tensione, (per questo stiamo parlando di metodo dei potenziali di nodo che moltiplica il vettore delle incognite deve essere una matrice a blocchi
modificato). In particolare l’intensità di corrente i4 del generatore di tensione come schematizzato di seguito:
E non è direttamente esprimibile in funzione dei potenziali di nodo e
rappresenta una ulteriore incognita del sistema (6.18), cui va aggiunta dunque ⎛G AE ⎞
⎜ T ⎟, (6.22)
l’ulteriore equazione. ⎝ AE 0 ⎠
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Correnti di maglia e matrice di maglia 83 84 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali
⎣i c ⎦ ∑v i
k =1
k k = 0 , ovvero vT i = 0. (6.28)
dove ora v è il vettore delle tensioni di tutti i lati, e v t quello dei soli lati Una dimostrazione del teorema di Tellegen piuttosto nota è basata
dell’albero (ricordiamo che v c = − Bt v t = DcT v t ) sull’utilizzo della matrice di incidenza A , imponendo implicitamente le KVL
utilizzando i potenziali di nodo attraverso la relazione v = AT u , e poi
Sulla base di quanto visto le equazioni di interconnessione per un circuito imponendo le KCL esplicitamente Ai = 0 . Basandosi sulle proprietà di
possono essere poste nelle tre forme equivalenti (forme “Tableau”): trasposizione del prodotto di matrici, si ha infatti:
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Forma canonica ed equazioni di stato 85 86 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali
vT i = ( AT u ) i = uT ( Ai ) = 0 .
T
(6.29) Le equazioni (6.31) sono dette equazioni di stato (e corrispondentemente
le variabili x variabili di stato) quando sono verificate le seguenti condizioni:
Vogliamo qui mostrare il profondo legame tra teorema di Tellegen e i il legame tra le variabili di stato e le altre è univoco ed esprimibile
topologia circuitale mostrandone una dimostrazione alternativa, che si basa attraverso relazioni di tipo algebrico;
sulla relazione DBT = 0 . Utilizzando le espressioni di i c e v t date dalle ii x(t) è una funzione continua nella sola ipotesi che i forzamenti del
(6.25) e (6.26), si ha infatti: circuito si mantengano limitati;
iii x(t) è biunivocamente legato all’energia immagazzinata dal circuito.
DBT = 0 ⇒ vTt D BT i c = 0 . (6.30)
NN Osserviamo che le condizioni (ii) e (iii) consentono di affermare che il vettore
T
v i
x(t0) identifica univocamente le condizioni iniziali per il circuito in un
qualsiasi istante t0.
Tale dimostrazione lega dunque in modo diretto ed inequivoco la proprietà
È possibile che la scelta delle variabili di stato non sia univoca, nel senso
alla struttura topologica del circuito.
che esistono più insiemi di variabili che verificano le condizioni richieste e
permettono la scrittura delle equazioni nella forma canonica (6.31). In ogni
Forma canonica ed equazioni di stato
caso il numero di variabili di stato coincide (di norma) con il numero di
Dopo aver esaminato le formulazioni canonica e in forma tableau delle elementi dinamici, e più in generale con il numero di equazioni differenziali
equazioni circuitali, basate sulle diverse matrici topologiche, vogliamo ora (indipendenti) presenti nella forma canonica.
introdurre una forma molto importante, la cosiddetta forma di stato. Nel caso dei circuiti lineari si scelgono tradizionalmente come variabili di
Ricordiamo anzitutto che in matematica la forma normale per un problema stato le tensioni dei condensatori vC e le intensità di corrente degli induttori iL
dinamico di valore iniziale è tipicamente data come: ed è facile mostrare che, salvo appunto casi patologici, è possibile in tal modo
mettere le equazioni nella forma normale e verificare le proprietà i), ii), iii).
x = f ( x, t ) , Vogliamo ora analizzare il problema in generale per circuiti eventualmente
(6.31)
x(t0 ) = x 0 . non lineari. Anzitutto andiamo a definire della procedure per costruire la
forma (6.31), trovando al tempo stesso le condizioni sufficienti perché le
equazioni del circuito ammettano la forma di stato.
Il problema espresso dalla (6.31) è noto come problema di Cauchy in forma
canonica o normale; affinché esso sia ben posto è necessario che la funzione f
a secondo membro sia “sufficientemente regolare”. Nel caso lineare, a meno
Equazioni di stato e circuito resistivo associato
di situazioni dette “patologiche” (ed in cui ci siamo già talvolta imbattuti) è
facile mostrare che il problema (6.31) è ben posto. Viceversa nel caso non Consideriamo il circuito in Figura 6.6 (si tratta di un semplice circuito del
lineare la questione di esistenza ed unicità della soluzione, e della sua primo ordine non lineare). Consideriamo separatamente la parte a-dinamica
continuità al variare dei dati è tutt’altro che banale. del circuito (nel riquadro tratteggiato in figura), da quella dinamica. Se siamo
Dal punto di vista circuitale il primo problema da affrontare è ottenere la in grado di ottenere la caratteristica del bipolo nel riquadro tratteggiato nella
forma (6.31) a partire dalla forma canonica. In generale ciò si ottiene forma controllata in tensione, iC = f ( vC , t ) tenuto conto della caratteristica
attraverso un processo di riduzione delle variabili per sostituzione. Il vettore x del condensatore abbiamo immediatamente:
rappresenta un opportuno sottoinsieme delle variabili descrittive, che
naturalmente dovrà permettere sempre di ricostruire le altre variabili in modo dvC
univoco. Le proprietà di regolarità della f dipendono in generale dalla scelta C = f ( vC , t ) (6.32)
dt
del sottoinsieme di variabili presenti nella (6.31).
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Forma canonica ed equazioni di stato 87 88 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali
Nel caso in esame è praticamente immediato ricavare la caratterizzazione dalla funzione f ( x,t ) , dunque in definitiva dalla sola parte a-dinamica del
in tensione del bipolo a-dinamico nel riquadro: circuito.
Il concetto si generalizza in modo immediato al caso di circuito con più
e ( t ) − vC
iC = iR − i = − g ( vC ) = f ( vC , t ) (6.33) elementi dinamici. Consideriamo il circuito mostrato in Figura 6.8:
R
ic lo
ic lo
m po
m po
In generale, preso un circuito dinamico con induttori e condensatori
o
na bi
na bi
di o
di o
lineari, il circuito in cui ai condensatori sostituiamo i generatori di tensione ed
a- ppi
a- ppi
o
o
agli induttori quelli di corrente viene detto circuito resistivo associato a
D
quello di partenza. Tale concetto è fondamentale, perché permette di
interpretare da un punto di vista circuitale la ricerca della funzione f ( x,t ) a Figura 6.9. Un circuito del secondo ordine visto come un doppio bipolo a-
secondo membro delle equazioni di stato, utilizzando dunque praticamente le dinamico collegato ai due elementi dinamici; il corrispondente circuito
resistivo associato
tecniche di analisi per i circuiti a-dinamici a tal fine. Le proprietà della
soluzione delle equazioni di stato, una volta formulate, verranno a dipendere Quanto visto negli esempi precedenti si generalizza in modo diretto al caso
di circuiti qualsiasi con elementi dinamici tutti lineari. Consideriamo in
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Forma canonica ed equazioni di stato 89 90 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali
generale un circuito con N C condensatori ed N L induttori lineari; in tal caso il sistema può essere messo nella forma:
la forma delle equazioni di stato sarà:
x = f ( x, t ) , dv C
(6.34) C = f C ( x, t )
dv
(
dove il vettore x è definito da x = v1 ....vNC , i1....iN L . ) di
(6.37)
L L = f L ( x, t )
Analogamente a quanto visto prima possiamo considerare il circuito dt
resistivo associato come in Figura 6.10.
ovvero, raggruppando i termini, Ex = f (x, t ) con:
⎛ [C ] 0 ⎞ ⎛f ⎞
E = ⎜⎜ ⎟ ed f = ⎜ C ⎟ (6.38)
⎝ 0 [ L ] ⎟⎠ ⎝ fL ⎠
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Forma canonica ed equazioni di stato 91 92 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali
∑ Δv Δi
k
k k =0 (6.39)
i1 i2
iR
+ +
Analizziamo ora in modo puntuale i diversi tipi di termini che possono E
-
R E
-
presentarsi nella sommatoria (6.39). Nel caso di lati con resistori lineari
(passivi) avremo termini del tipo Δvk Δik = Rk Δik2 ≥ 0 , che risulteranno sempre
positivi. Per il lati con generatori di tensione, invece, Δvk = 0 ⇒ Δvk Δik = 0
Figura 6.11. Esempio di circuito mal posto
dunque i termini saranno tutti nulli. Stessa cosa per i lati con generatori di
corrente Δik = 0 ⇒ Δvk Δik = 0 . Infine, per i lati con bipoli non lineari di È immediato verificare che esso è mal posto in quanto la corrente dei
caratteristica ik = g ( vk ) avremo che Δvk Δik = Δvk ⎡⎣ g ( vk′ ) − g ( vk′′ ) ⎤⎦ . generatori di tensione risulta indeterminata, e dunque ammette infinite
Tenuto conto di quanto osservato, potremo riscrivere la sommatoria (6.39) soluzioni. Ed infatti esso, pur verificando l’ipotesi sulle caratteristiche degli
come: elementi, ha una maglia costituita da soli generatori di tensione.
Δi = BT Δi c , Δv = DT Δv t . (6.41)
(b)
Considerando un albero proprio e osservando dunque che le ic non possono
mai essere quelle di generatori di tensione (che sono sull’albero) e le vt non Figura 6.12 (a) un circuito del terzo ordine, (b) un suo albero proprio ed i relativi
possono mai essere quelle di generatori di corrente (che sono sul coalbero) si insiemi di taglio fondamentali con i condensatori
può concludere che Δi = 0, Δv = 0 sempre. Per avere un contro esempio basta Le variabili di stato per il circuito sono vC1 , vC 2 , iL . Consideriamo ora le
considerare il classico circuito patologico in Figura 6.11. KCL per i tagli fondamentali che includono i condensatori e le KVL per le
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Forma canonica ed equazioni di stato 93 94 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali
maglie fondamentali che includono gli induttori (è chiaro che per far ciò è
necessario l’albero proprio). Si ha:
vR + vC = E
dv e(t ) − vC1 ϕ1 (vR , i ) = 0
C1 C1 = i1 − iL = − iL ,
dt R1 ϕ2 (vC , q ) = 0 (6.44)
dvC 2 v dq
C2 = iL − gvC1 − i2 = − gvC1 − C 2 + iL , (6.42) i=
dt R2 dt
diL
L = vC1 − vC 2 ,
dt
Per il sistema in forma canonica (6.44) possiamo ipotizzare due possibili
forme di stato:
ovvero, posto x = (vC1 , vC 2 , iL ) in forma normale:
T
⎡ 1 1⎤ 1) vC = f1 (vC )
⎢− R C 0 −
C1 ⎥
⎛ e (t ) ⎞ (6.45)
⎢ 1 1 ⎥ ⎜ RC ⎟ 2) q = f 2 (q )
⎢ g 1 1 ⎥ ⎜ 1 1⎟
x = ⎢ − − x+⎜ 0 ⎟.
C2 ⎥⎥
(6.43)
⎢ C2 R2C2 ⎜ ⎟ Assumiamo per ipotesi che le curve ϕ1 e ϕ 2 siano funzioni in senso stretto,
⎜ 0 ⎟
⎢ 1 1 ⎥ ⎜ ⎟ ovvero siano esprimibili come funzione esplicita ad un sol valore di almeno
⎢ − 0 ⎥ ⎝ ⎠
⎣ L L ⎦ una delle variabili. Supponiamo ϕ1 → vR = vR (i ), ϕ2 → vC = vC (q ) e che vR e
vC siano funzioni monotone. Al fine di ottenere la forma 1) consideriamo:
Generalizzando quanto visto nell’esempio possiamo dunque affermare
che: se in un circuito dotato di albero proprio scriviamo le KVL alle maglie dq dq dvC dv dv
fondamentali con gli induttori e le KCL ai tagli fondamentali con i i= = → C = Ci
dt dvC dt dt dq
condensatori, sostituendo tutte le caratteristiche degli elementi dinamici
otteniamo un sistema di equazioni in cui le derivate delle variabili iL e vC (o φ ⎧i = i (vC )
dvC ⎪
e q nel caso non lineare) compaiono in maniera isolata all’interno di ciascuna i = f1 (vC , t ) sse ⎨ dq
equazione. Queste equazioni rappresentano le sole equazioni dinamiche del dq ⎪ dv limitata
⎩ C
sistema. Riducendo la parte algebrica delle equazioni in modo da eliminare le
altre variabili (è possibile realizzare ciò in forma algoritmica a partire dal
circuito resistivo associato) otteniamo le equazioni di stato del circuito in Nelle ipotesi fatte entrambe le ultime condizioni risultano sicuramente
modo diretto. verificate. Difatti i = i (vR ) = i ( E − vC ) , e q(vC ) è strettamente monotona. Per
la forma 2) abbiamo:
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Forma canonica ed equazioni di stato 95 96 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali
Anche in questo caso entrambe le condizioni sono garantite dalle ipotesi Osserviamo anzitutto che il vincolo costituito dalle KL Ai = 0, Bv = 0
fatte (v. anche altri esempi su Chua-Lin). costituisce un sottospazio lineare (in generale un iperpiano) che è il
sottospazio di Kirchhoff, indipendentemente dalla scelta delle matrici A e B.
Quanto visto con l’esempio considerato va opportunamente generalizzato Il sistema (6.46) può essere espresso in forma più sintetica come:
al caso di circuiti con elementi non lineari di ordine qualsiasi.
F ( v, i, q,ϕ , t ) = 0,
Forma canonica e spazio delle configurazioni
dq
Al fine di studiare in generale il passaggio dalla forma canonica a quella di iC = , (6.47)
stato è opportuno introdurre una interpretazione geometrica delle equazioni dt
circuitali. Riscriviamo anzitutto le equazioni in forma canonica nel caso dϕ
vL = .
generale: dt
Ai = 0 ⎫ Osserviamo subito che le variabili q,ϕ risultano i “candidati naturali” per
⎬ → leggi di Kirchhoff
Bv = 0 ⎭ esprimere le equazioni nelle forma di stato. Infatti risolvendo la parte
algebrica delle (6.47) in funzione di q,ϕ e sostituendo nelle caratteristiche
f R ( v R ,i R ) = 0 → resistori
dinamiche si ha:
f S ( v S ,i S , t ) = 0 → generatori
f P ( v P ,i P ) = 0 dq
→ multi-porta (6.46) i C = f C ( q, ϕ , t ) = = q ,
dt
fC ( v C ,q ) = 0 → condensatori (6.48)
dϕ
f L ( i L ,ϕ ) = 0 → induttori v L = f L ( q, ϕ , t ) = =ϕ ,
dt
dq ⎫
iC =
dt ⎪⎪ espressione che prelude alla forma di stato desiderata.
⎬ → equazioni "dinamiche" Se consideriamo il sistema (algebrico) ottenuto da (6.46) escludendo le
dϕ ⎪
vL = N C + N L equazioni differenziali (ovvero la F ( v, i, q,ϕ , t ) = 0 nella (6.47)),
dt ⎪⎭
abbiamo un sistema di 2b equazioni in 2b + N C + N L incognite. Quindi, in
dove abbiamo considerato i soli generatori come elementi eventualmente generale le soluzioni di questo sistema sono da ricercarsi nello spazio
tempo varianti. In riferimento al sistema (6.46) consideriamo che vi siano NC \ 2b + NC + N L e, di norma (perché ci possono essere dei casi particolari)
condensatori, NL induttori, NS generatori tempo varianti (s=”sources”), NR costituiranno un sottospazio di dimensione N C + N L . Difatti, perché questa
resistori (lineari e non lineari) NP doppi bipoli (p=”ports”). Il grafo condizione sia verificata, deve accadere che le equazioni siano tutte
corrispondente al sistema è formato da un numero di lati compatibili tra di loro ed indipendenti. Se vi sono equazioni in contraddizione
b = N R + N S + N C + N L + 2 N P . Corrispondentemente, il numero di equazioni si abbassa la dimensione della soluzione. Se vi sono invece equazioni che
(e di incognite) è pari a 2b + N C + N L di cui 2b sono algebriche ed N C + N L sono dipendenti, aumenta la sua dimensione. Possiamo ora dare le seguenti
differenziali. Una qualsiasi soluzione delle equazioni (6.46) (una volta definizioni:
assegnata la condizione iniziale) è esprimibile nella forma - si definisce punto di lavoro del circuito un qualsiasi insieme di
ξ ( t ) = ( v ( t ) , i ( t ) , q ( t ) ,ϕ ( t ) ) , ed appartiene allo spazio \ 2b + N
T + NL tensioni, correnti, flussi e cariche che sia soluzione della parte
C
. algebrica del sistema.
- si definisce spazio delle configurazioni del circuito l’insieme di tutti i
punti di lavoro.
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Forma canonica ed equazioni di stato 97 98 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali
In definitiva lo spazio delle configurazioni coincide con il sottospazio di In tal caso il sottospazio corrispondente, sempre definito in \ 2b + NC + N L ,
\ 2b + NC + N L definito dalla F ( v, i, q,ϕ , t ) = 0 . avrà dimensione N C + N L + N S
Osserviamo che la generica soluzione del circuito Val la pena infine di introdurre un’ulteriore definizione:
ξ ( t ) = ( v ( t ) , i ( t ) , q ( t ) ,ϕ ( t ) ) altro non è che una curva (con il tempo t come
T
+ +
v1 v2
- -
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Forma canonica ed equazioni di stato 99 100 Formulazioni alternative delle equazioni circuitali
q ( t ) ,ϕ ( t ) sono soluzione delle (6.48); È possibile a questo punto dare le condizioni (necessarie e sufficienti)
affinché, come si dice, la parametrizzazione dello spazio delle configurazione
b. se q ( t ) ,ϕ ( t ) sono soluzione delle (6.48) allora esiste una sola rispetto alle variabili q ( t ) ,ϕ ( t ) risulti globale. In particolare, considerata la
ξ ( t ) = ( v ( t ) , i ( t ) , q ( t ) ,ϕ ( t ) ) soluzione del circuito.
T
funzione F ( v, i, q,ϕ , t ) = 0 definita nelle (6.47) e scomposta come:
Riferimenti bibliografici:
[1] M. HASLER, J. NEIRYNCK, Non Linear Circuits, Artech House, 1986,
ISBN 0-89006-208-0.
[2] L.O. CHUA, P.M. LIN, Computer aided analysis of electronic circuits:
algorithms & computational techniques, Prentice Hall, 1975, ISBN 0-
13-165415-2.
[3] L.O. CHUA, C.A. DESOER, E.S. KUH, Circuiti Lineari e Non Lineari,
Jackson 1991, ISBN 88-7056-837-7.
[4] C.A. DESOER, E.S. KUH, Fondamenti di Teoria dei Circuiti, Franco
Angeli, 1999, ISBN 88-2042-756-7
[5] M. DE MAGISTRIS, G. MIANO, Circuiti, Springer 2015 ISBN: 978-88-470-
5769-2.
due soluzioni (Figura 7.2c) oppure tre soluzioni distinte (Figura 7.2d), allo
stato indistinguibili tra loro.
7. Circuiti mal posti e fenomeni di
“impasse”
alto del massimo della curva? Ancora una volta il modello non dà risposta, ⎧iR = iD + iC ,
dunque risulta inadeguato! ⎪
⎪i = e ( t ) − vD ,
⎪R R
⎨ (6.52)
i
⎪D = g ( D ),
v
⎪ dv
⎪iC = C C ,
⎩ dt
da cui:
dvD e ( t ) − vD
g ( vD ) + C = . (6.53)
dt R
Figura 7.3: analisi grafica con generatore variabile
Osserviamo che abbiamo ridotto il sistema all’equazione:
Il modello che stiamo adottando è incongruente dal punto di vista fisico.
Ciò accade quasi sempre per un difetto di modellazione, ovvero per aver dvD 1 ⎡ e ( t ) − vD ⎤
= ⎢ − g ( vD ) ⎥ (6.54)
trascurato qualcosa che, evidentemente, non può essere trascurato. Proviamo dt C⎣ R ⎦
a sanare le incongruenze sin qui viste. In effetti i problemi nascono nel
considerare il circuito fisico (e corrispondentemente il modello) come a-
che altro non è che l’“equazione di stato” del circuito, essendo nella forma
dinamico. Un modo naturale per introdurre la dinamica è quello di
considerare l’inevitabile capacità parassita associata alla giunzione del diodo, x = f ( x, t ) con x = vD e risultando f funzione ad un sol valore di vD .
con il che il circuito da studiare risulta quello in Figura 7.4.
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Analisi circuito RCDt via linearizzazione 107 108 Circuiti mal posti e fenomeni di “impasse”
In tal caso, avendo un circuito lineare, sappiamo già che la soluzione sarà del Analisi qualitativa globale per il circuito RCDt
tipo: Proviamo ora a valutare la stabilità globale dal punto di vista qualitativo.
−t
Riscriviamoci per comodità l’equazione di stato:
vC ( t ) = A ⋅ e + vp (t )
Req C
(6.55)
dvD 1 ⎡ v ( t ) − vD ⎤
1 = ⎢ − g ( vD ) ⎥ (6.59)
dove Req = ; con Geq = G + g D (6.56) dt C⎣ R ⎦
Geq
e consideriamo i diversi casi, rappresentati in Figura 7.7. Nei casi a,b e d
L’interpretazione geometrica del parametro g D è data nelle Figura 7.6a e l’unica soluzione è anche globalmente asintoticamente stabile. Nel caso c
Figura 7.6b. abbiamo invece tre soluzioni di cui solo due sono stabili ed una (quella
intermedia) risulta instabile. Per ogni regione di condizioni iniziali (tensione
minore di quella corrispondente a P1 , compresa tra P1 e P2 , compresa tra P2
e P3 , maggiore di P3 ) è possibile individuare univocamente la dinamica in
modo qualitativo. Ciascuna regione ha uno dei punti di lavoro stabili come
soluzione di regime stazionario, e per tale ragione prenderà il nome di bacino
d’attrazione della soluzione.
Verifichiamo così (a posteriori) che l’aver introdotto la capacità parassita
nel modello del circuito in esame ha risolto tutta una serie di incongruenze
dello stesso! Potremmo allora pensare che il problema fosse quello di
aggiungere un elemento dinamico al circuito. Ma le cose non stanno in modo
Figura 7.6: conduttanze differenziali nei punti di lavoro così semplice come vedremo con un nuovo esempio.
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Circuito RLDt, “impasse” e fenomeno di salto 109 110 Circuiti mal posti e fenomeni di “impasse”
Figura 7.8: circuito con induttanza parassita Osserviamo che questa volta non abbiamo la forma normale x = f ( x, t )
come nell’equazione (6.59) per la presenza del fattore dvD dg . Per studiare
L’equazione differenziale che descrive il circuito in tal caso sarà data da:
qualitativamente il segno della derivata dvD dt nella (6.63) dovremo
di analizzare contemporaneamente quello dei due fattori a secondo membro.
L = e(t ) − vD − Ri (6.60)
dt
⎧ dg e ( t ) − vD
⎪ >0 e > g (vD )
Potrebbe sembrare un’equazione di stato; così sarebbe se potessimo dvD ⎪ dvD R
scrivere vD = g −1 ( iD ) , ma sappiamo che non è possibile, essendo il bipolo
>0 se ⎨ (6.64)
dt ⎪ dg < 0 e e ( t ) − vD < g (v )
non controllabile in corrente a causa della caratteristica (non monotona). ⎪ dv R
D
⎩ D
Dunque, per le considerazioni fatte in precedenza possiamo concludere che
per il circuito non esistono le equazioni di stato (globali).
Possiamo allora distinguere i diversi casi, che sono tutti mostrati in Figura
Osserviamo anzitutto che l’analisi stazionaria del circuito in esame non è
7.9. Le frecce disegnate sulla caratteristica indicano, per ciascun tratto, la
cambiata rispetto al circuito precedente, nel senso che sostituendo questa
corrispondente “direzione del moto”, e le frecce si invertono sia quando la
volta all’induttore un corto circuito si ottiene ancora una volta il circuito
caratteristica dell’elemento non lineare incrocia la retta di carico, ma anche
adinamico con il solo generatore reale ed il diodo tunnel in serie. Per
quando si inverte la pendenza determinando il cambio di segno del fattore
procedere ad un’analisi qualitativa analoga a quella già vista per il circuito
con il condensatore proviamo allora a ricondurre l’equazione (6.60) ad una dg dvD . Dall’analisi dei diversi possibili casi (in relazione alle possibilità di
forma più possibile simile alla (6.59). Ciò può essere fatto ricorrendo ad un intersezione delle due curve rappresentate in figura) risulta evidente che in
“trucco” algebrico, cioè: alcuni di essi le frecce che indicano la direzione di movimento possibile
lungo la caratteristica convergono verso i punti Q1 e Q2, pur non essendo essi
di dg dg dvD punti di equilibrio per il circuito. Per questo motivo detti punti vengono
= = (6.61) chiamati di “impasse”. Questo è ad esempio il caso della Figura 7.9d: in
dt dt dvD dt
corrispondenza dei punti Q1 e Q2 le frecce convergono da entrambi i lati. Ciò
vuol dire che una soluzione che perviene ad uno di essi, indipendentemente
dal lato da cui proviene, non può “proseguire” lungo la caratteristica; nello
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Circuito RLDt, “impasse” e fenomeno di salto 111 112 Circuiti mal posti e fenomeni di “impasse”
stesso tempo non può arrestarsi in quanto essi non sono punti di equilibrio (la
derivata dvD dt non si annulla in Q1 e Q2,). In termini matematici
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Circuito RLCDt e soluzione dell’impasse 113 114 Circuiti mal posti e fenomeni di “impasse”
⎧ diL diL 1 della caratteristica, il numeratore della seconda equazione delle (6.65) si
⎪⎪e(t ) = RiL + L dt + vC = ⎡ e ( t ) − vC − RiL ⎤⎦
dt L ⎣ annulla, e di nuovo le due componenti della velocità tornano ad essere
⎨ → (6.65) confrontabili l’una all’altra. La situazione si comprende meglio aiutandosi
⎪C dvC = i − g (v ) dvC iL − g (vC )
= con la Figura 7.13, dove viene riportata una mappa qualitativa delle velocità
⎪⎩ dt L C
dt C nelle diverse regioni dello spazio di stato, legata al segno di dvC dt
facilmente deducibile analizzando le (6.65).
In Figura 7.14 vengono rappresentati alcuni possibili salti. Essi avverranno
sia in corrispondenza di condizioni iniziali (come ad esempio i punti 1 e 2 in
figura) lontani dalla caratteristica, ovvero quando giunti ad un punto di
impasse la soluzione deve trovare un percorso possibile per arrivare ad un
punto di equilibrio.
Figura 7.15: Dinamica qualitativa di un oscillatore: (a) spazio di stato; (b) dominio
del tempo.
Riferimenti bibliografici:
[1] M. HASLER, J. NEIRYNCK, Non Linear Circuits, Artech House, 1986,
ISBN 0-89006-208-0.
f ( x ) = sgn ( x )
dove D è il suo dominio di definizione. In tal caso si dice anche che la
x. (8.5)
funzione f ( x) è globalmente lipschitziana. Va osservato tra l’altro che la
nozione di lipschitzianità risulta indipendente da come è definita la norma.
Se esiste una costante k tale che: La funzione è continua in tutto l’asse reale, ma nell’origine non è derivabile,
ed inoltre non è lipschitziana. Essa ha infatti pendenza verticale in zero, e
∀ x2 ,x1 ∈ [ x0 − x, x0 + x ] ⊂ D
dunque non è possibile racchiuderla in un cono, cioè non è possibile trovare
f(x2 ) − f(x1 ) ≤ k x2 − x1 (8.3)
una retta di pendenza finita che maggiori la curva. Per questo la funzione non
è lipschitziana nell’origine pur essendo ivi continua.
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Funzioni lipschitziane 119 120 Esistenza ed unicità delle soluzioni
Teorema di Peano
Considerato il problema di Cauchy con t0 istante iniziale:
Figura 8.1. Esempio di funzione continua ma non Lipschitziana
⎧x = f (x, t )
Esempio 2 (funzione PWL, lipschitziana ma non derivabile) ⎨ (8.7)
⎩ x (t 0 ) = x 0
⎧ x x < 0,
f ( x) = ⎨ (8.6) se la f (x, t ) è continua in x 0 (rispetto ad x e t ), allora esiste almeno una
⎩ 2 x x ≥ 0. soluzione x(t ) , che verifica la condizione iniziale x(t0 ) = x 0 , definita in
un intervallo (t0 ≤ t ≤ T ) con T finito.
La funzione è continua e lipschitziana in tutto l’asse reale, ma nell’origine
non è derivabile in quanto presenta un punto angoloso, e dunque la derivata
sinistra è diversa da quella destra. Il teorema è fondamentale perché ci assicura l’esistenza di almeno una
soluzione, però non ci garantisce che essa sia unica. Tra l’altro è un teorema
f(x) di esistenza locale, nel senso che l’esistenza della soluzione è garantita
soltanto in un intervallo che contiene t0 e non ci dà nessuna informazione su
quanto sia grande questo intervallo.
x
Teorema di Picard-Liendeloef
Se alle ipotesi del teorema di Peano si aggiunge che la funzione oltre ad
essere continua sia anche Lipschitziana in x 0 si ha:
Figura 8.2. Esempio di funzione lipschitziana ma non derivabile. se la f (x, t ) è continua in x0 ed ivi (localmente) Lipschitziana, allora
esiste un’unica soluzione x(t ) , che verifica la condizione iniziale
La condizione di lipschitzianità è di fondamentale importanza per lo studio x(t0 ) = x 0 , definita in un intervallo (t0 ≤ t ≤ T ) con T finito.
dell’unicità del problema di Cauchy x = f ( x, t ) , x ( t0 ) = X0 e delle proprietà
delle sue soluzioni. Passeremo ora in rassegna alcuni risultati fondamentali Il teorema garantisce esistenza ed unicità dalla soluzione; l’esistenza è
dell’analisi di sistemi di equazioni differenziali ordinarie, provando ad però solo locale in un intervallo che contiene t0 e di nuovo non abbiamo
interpretarne le ipotesi dal punto di vista dei circuiti. A tal riguardo val la nessuna informazione sull’ampiezza di tale intervallo.
pena ricordare preliminarmente che: Osserviamo che l’esistenza della soluzione a partire da ogni condizione
iniziale almeno in un intervallo nel futuro esclude esplicitamente situazioni di
- le funzioni “piecewise-linear” sono sempre globalmente lipschitziane; impasse!.
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Teorema di esistenza ed unicità “globale” 121 122 Esistenza ed unicità delle soluzioni
In entrambi i teoremi considerati manca ancora un elemento fondamentale Esempio 3 (Unicità solo nel futuro)
perché il modello sia realistico dal punto di vista fisico, cioè l’esistenza ed i(t)
unicità globale della soluzione (ovvero per un intervallo arbitrariamente +
esteso, almeno nel futuro rispetto a t0 ). A tal riguardo, in effetti, si può C v(t) v=r i3
enunciare il seguente:
se la f (x, t ) è continua in x0 e globalmente Lipschitziana, allora esiste Figura 8.3. Esempio su esistenza ed unicità: unicità nel futuro
un’unica soluzione x(t ) , che verifica la condizione iniziale x(t0 ) = x 0 ,
definita per ogni t. Le equazioni del circuito sono:
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Teorema di esistenza ed unicità “globale” 123 124 Esistenza ed unicità delle soluzioni
−
1
−
3 Consideriamo il circuito in Figura 8.5; esso è uguale a quello precedente,
con a = r 2 (3C / 2) 2 è ancora soluzione della (8.9) ∀t * ≤ 0 . Tale classe di salvo che viene inserito un amplificatore operazionale ideale per invertire il
soluzioni ha l’andamento grafico riportato in Figura 8.4. segno dell’intensità di corrente. Rispetto a prima, dunque, l’equazione del
circuito è:
1
dv ⎛ v ⎞ 3
C =⎜ ⎟ , (8.11)
dt ⎝ r ⎠
Essa coincide con la soluzione banale per t>t*. Se scelgo un altro t*, ad ⎧0 t < t*
⎪
esempio t*2, ottengo un’altra soluzione, e quindi, in definitiva, ho infinite v(t ) = ⎨ 3 (8.12)
soluzioni. Però, in realtà, queste soluzioni sono differenti tra loro solo nella ⎪⎩a(t − t * ) 2 t ≥ t*
regione t <0, invece per t>0 sono uguali.
Questo esempio mostra il caso in cui non c’è l’unicità nel passato, ma in −
1
−
3
realtà c’è l’unicità nel futuro. Il fatto che non ci sia unicità dipende dal fatto con a = r (3C / 2)
2 2
e t* ≥ 0 .
che la funzione f (v) non è globalmente Lipschitziana, dunque non possiamo
garantire l’unicità. Vi è un solo punto al finito ( v = 0, i = 0 ) di non
lipschitzianità per f, ma ciò basta a creare il problema.
Il sistema considerato potrebbe ancora rappresentare il modello di un
sistema fisico, perché in fondo l’unicità manca soltanto “nel passato”.
Possiamo però facilmente mostrare altri esempi in cui l’unicità manca nel
futuro!
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Teorema di esistenza ed unicità “globale” 125 126 Esistenza ed unicità delle soluzioni
Figura 8.7
Consideriamo il circuito in Figura 8.7. In questo caso le equazioni divengono:
v = r ⋅ i3 , Figura 8.8
di (8.13)
L = − ri 3 .
dt A questo punto, ricordando che la funzione dell’esempio è solo localmente
lipschitziana, ci si pone la domanda: è un caso che la soluzione è univoca nel
La funzione f (i ) = ri 3 è localmente Lipschitziana per ogni valore finito futuro, oppure dipende da qualche proprietà del circuito? Tale questione è per
i0 , non lo è globalmente perché tende all’infinito per i che tende all’infinito. noi di grande interesse, perché se riusciamo a legare questo fatto alle
proprietà del circuito, come detto prima, possiamo rilassare le ipotesi di
Questo significa che, fissato un qualunque i0 = i (t0 ) (che per noi può lipschitzianità globale e lo stesso avere una soluzione che è deterministica.
rappresentare una condizione iniziale) abbiamo un certo intervallo dove esiste Sulla base di quanto sin qui visto sorge spontaneo il porsi la questione se
un’unica soluzione. Questo è un esempio importante, perché ora ci la scelta assai comune di modellare gli elementi circuitali con funzioni
chiediamo: questa soluzione che esiste definita in un certo intervallo, per elementari come i polinomi e gli esponenziali, che sono solo localmente
quanto tempo rimane valida, cioè quanto dura prima di perdere l’unicità o di lipschitziane (al finito) ma non globalmente, sia opportuna al fine di ottenere
cessare di esistere? un modello deterministico, e cioè con l’unicità garantita nel futuro!
È possibile verificare direttamente che in questo caso la soluzione è data Per provare a mettere in luce problemi e incongruenze possiamo fare un
da: primo ragionamento di tipo intutivo su un esempio di modello “smooth”.
1
Consideriamo il caso di un diodo zener, che ha la caratteristica riportata in
⎛ L ⎞2
1
−
i (t ) = ± ⎜ ⎟ ( t − T ) 2 , (8.14) Figura 8.9. Essa, come ben sappiamo, ha una regione di tensione che non è
⎝ 2r ⎠ ammissibile. Se immagino, in un certo circuito con tale elemento, di avere
una dinamica che mi porta a scorrere la caratteristica verso sinistra, ad un
L certo punto la soluzione dovrà divergere. In tal caso potrei trovare una
dove T = t0 − ed il segno da considerare nella (8.14), dipenderà da i0 ,
2ri0 2 soluzione che è valida fino ad un certo t*, poi diverge e quindi non l’avrò nel
ovvero se la condizione iniziale sarà positiva o negativa. L’andamento grafico futuro!
della soluzione è riportato in Figura 8.8. Essa è definita nell’intervallo
]T , +∞[ con t0 > T . Per ogni t0 che considero come punto di partenza della
soluzione, a cui corrisponde il valore i0 della variabile di stato, guardando in
“avanti”la funzione è univocamente definita ∀t . Guardando invece
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Teorema di esistenza ed unicità “globale” 127 128 Esistenza ed unicità delle soluzioni
⎧ x = f (x, t )
⎨
⎩x(t0 ) = x 0
⎧vi ≥ 0 ∀v, i
- bipolo “strettamente” passivo: ⎨ i resistore i
⎩vi = 0 sse v = 0, i = 0
resistore lineare
piecewise-linear
- bipolo “localmente” passivo ΔvΔi ≥ 0
...asintoticamente ...fortemente
passivo attivo
Introduciamo ora le ulteriori definizioni:
v v
- bipolo “asintoticamente” passivo: vi > 0 se (v, i ) > k ,
v
Sappiamo che l’energia immagazzinata nel circuito all’istante iniziale avrà
-I0 l’espressione:
V0
1
W (t0 ) = Cv 2 (t0 )
Figura 8.10. Significato in termini grafici delle definizioni di passività 2
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Condizioni di unicità per i circuiti dinamici 131 132 Esistenza ed unicità delle soluzioni
Possiamo ora mettere in relazione l’energia immagazzinata con il modulo esistono le equazioni di stato globali per il circuito i criteri di esistenza ed
della tensione v, e utilizzare la minorazione dovuta alla condizione di debole unicità della soluzione si possono sintetizzare nella forma seguente:
attività:
1. esistenza ed unicità globale (per circuiti piecewise-linear)
1
W (t ) = Cv 2 (t ) ⇒ v = 2 / C W (t ) “se il circuito è lineare a tratti (cioè sono tali tutte le caratteristiche dei
2
dW 1 dW bipoli resistivi) la soluzione è unica (nel passato e nel futuro)”
PR (t ) = − ≥ − I0 2 / C W ⇒ ≤ I0 2 / C
dt W dt 2. esistenza ed unicità locale
d v I0
d
dt
( )
2 W ≤ I0 2 / C ⇒
dt
≤
C “se il circuito è “smooth” (cioè tutte le caratteristiche sono continue e
derivabili indefinitamente) esiste un intorno di t0 in cui la soluzione
Abbiamo così ottenuto una relazione che evidenzia come la derivata esiste ed è unica”
temporale del modulo della tensione sia maggiorata da una costante: dunque
la tensione può crescere indefinitamente, ma sempre con una pendenza 3. esistenza ed unicità nel futuro
limitata.
“se il circuito è “smooth” e la soluzione x(t ) è limitata, essa è unica per
A valle dell’esempio considerato e sulla scorta delle definizioni date per ogni t>t0”
la passività enunciamo il seguente criterio, detto anche “No Finite Forward
Escape Time”: 4. esistenza ed unicità al finito
in un circuito con elementi al più debolmente attivi, le soluzioni non possono “se il circuito è “smooth” e con elementi al più debolmente attivi, la
divergere in un intervallo di tempo finito; eventualmente esse divergono per soluzione x(t ) esiste ed è unica per ogni t > t0 , con t finito”
t →∞
M. de Magistris – Dispense di Teoria dei circuiti - 08/04/2021 © M. de Magistris – Dispense di Teoria dei circuiti – ver. 08/04/2021