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JOHNNY L.

BERTOLIO

LEONARDO ARETINO E BERTO SENESE:


UN’AMICIZIA NEL SEGNO DELL’UMANESIMO

FIRENZE
L E O S. O L S C H K I E D I T O R E
MMXII
LETTER E ITALIANE
Anno LXIV • numero 1 • 2012
Direzione :
Gian Luigi Beccaria, Carlo Delcorno, Cesare De Michelis, Maria Luisa Doglio,
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Redazione :
Giovanni Baffetti, Attilio Bettinzoli, Bianca Maria Da Rif, Fabio Finotti,
Claudio Griggio, Giacomo Jori

Articoli

L. SANGUINETI WHITE, Le tentazioni di re Carlo: Decameron X, 6 . Pag. 3


U. MOTTA, Spazi (e luoghi) nelle scritture letterarie del primo Rina-
scimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 11

Una giornata per Renato Serra » 000


I. IORI, Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 36
E. RAIMONDI, Il carteggio Serra - Ambrosini . . . . . . . . . » 38
M. BIONDI, Serra e Ambrosini. Dall’Epistolario al Carteggio . . . . » 45

Note e Rassegne

J. L. BERTOLIO, Leonardo Aretino e Berto Senese: un’amicizia nel segno


dell’Umanesimo . . . . . . . . . . . . . . . . . » 70
D. GOLDIN FOLENA, Esiste un primo Metastasio? . . . . . . . » 84
G. CASARA, L’anima delle cose. Leopardi nella poetica di Fernando
Pessoa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 99
R. NORBEDO, A proposito di una recente edizione di lettere e poesie gio-
vanili di Biagio Marin . . . . . . . . . . . . . . . » 127

Recensioni
Leggere i Padri tra passato e presente. Atti del Convegno internazionale di studi (Cremona,
21-22 novembre 2008), a cura di M. Cortesi (M. Leonardi), p. 137 - M. ARIANI, Lux
inaccessibilis. Metafore e teologia della luce nel Paradiso di Dante (E. Ardissino), p.
142 - G. SCIANATICO, La questione neoclassica (R. Ricorda), p. 145 - P. FRARE, Il
potere della parola. Dante, Manzoni, Primo Levi (M. Bisi), p. 148

I Libri: «Lettere Italiane» tra le novità suggerisce (si parla di Venero-


ni, Praloran) . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 151

Libri ricevuti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 155

Pubblicato nel mese di giugno 2012


Redazione
«Lettere Italiane»
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NOTE E RASSEGNE

LEONARDO ARETINO E BERTO SENESE:


UN’AMICIZIA NEL SEGNO DELL’UMANESIMO *

L’ recta diautoptico
ESAME della tradizione manoscritta del De interpretatione
Leonardo Bruni, il primo, celebratissimo trattato moderno
di teoria della traduzione, consente di rilevare una dedica esplicita ad Ber-
tum Senensem (peraltro non sviluppata in una prefazione). In realtà, su
questo punto i codici, dodici esemplari di cui la maggior parte risalen-
te al XV secolo e tre addirittura al XVII e al XIX, non sono concordi;
il testo dell’Aretino è tramandato, secondo il prezioso Repertorium Bru-
nianum, curato da James Hankins,1 dai seguenti manoscritti, qui precedu-
ti dalla relativa sigla che sarà d’ora in poi citata in luogo della denomina-
zione completa:
R Firenze, Biblioteca Riccardiana, 1030
L Paris, Bibliothèque Nationale de France, Nouveau Fond Latin 11290
T Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, G V 34
P Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Pal. lat. 1598
U Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Urb. lat. 1164
O Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Ottob. lat. 1901
V Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 1560

* Un doveroso e sentito ringraziamento mi sia concesso rivolgere a Petra Pertici


e Patrizia Turrini, che mi hanno fornito preziose indicazioni bibliografiche, e a tutte le
cordialissime collaboratrici dell’Archivio di Stato di Siena, senza le quali il rischio di un
naufragio non dà scampo nel mare magnum delle polverose filze del Concistoro.
1
Cfr. J. HANKINS, Repertorium Brunianum. A critical guide to the writings of Leonardo
Bruni, I - Handlists of manuscripts, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo, 1997,
dove i dodici manoscritti sono classificati ai numeri 971, 1545, 1757, 2015, 2035, 2056, 2174,
2429, 2601, 2644, 2705, 2729. A questo volume rimando per una prima, approssimativa
bibliografia dei singoli codici, da integrare in altra sede.
Leonardo Aretino e Berto Senese 71

M Paris, Bibliothèque Nationale de France, Collection Moreau 848


N Paris, Bibliothèque Nationale de France, Nouveau Fond Latin 17888
A Roma, Biblioteca Angelica, 141
C Modena, Biblioteca Estense Universitaria, Campori 17 (Gamma H 5, 45)
Or Orvieto, Nuova Biblioteca Pubblica Luigi Fumi, Tordi cart. 161 (XIV M 168)

La dedica a Berto, accanto al titolo variamente strutturato (De interpreta-


tione recta o De recta interpretatione), è conservata in R (e nella sua copia
ottocentesca Or), T, O, C, V (e nelle sue copie secentesche M e N), men-
tre nei restanti testimoni manca; in particolare, in R, è stata una secon-
da mano a inserirla, insieme ad ulteriori interventi correttori.2 Per questo,
Hans Baron, il primo editore del trattato, ha inizialmente sostenuto, rive-
dendo in seguito la propria posizione, che si tratterebbe di una aggiunta
apocrifa successiva quando, morto Bruni, il testo fu riesumato da qualche
dotto e corredato di una dedica che l’autore aveva forse previsto, ma sulla
quale mai si era pronunciato in modo definitivo.3 Come si può osservare
da un esame autoptico del codice fiorentino, Bertum Senensem è in effetti
integrato da una mano diversa da quella del copista, il quale si è limitato
ad apporre il titolo, De interpretatione recta, ma già impostando la dedica,
in quanto l’ad è appunto della mano che allestisce tutto il testo. L’anali-
si completa della tradizione porta a pronunciarsi in favore dell’originalità
– come a suo tempo aveva fatto con decisione Bertalot, autore di una re-
censione durissima dell’edizione Baron.4 È possibile che i codici privi di

2
Cfr. P. VITI, Un nuovo codice con postille di Leonardo Bruni, «Lettere italiane»,
XXXVI, 1994, pp. 420-424, che individua in questi interventi la mano dello stesso Bruni.
3
Cfr. LEONARDO BRUNI ARETINO, Humanistisch-philosophische Schriften mit einer Chro-
nologie seiner Werke und Briefe, a cura di H. Baron, Leipzig-Berlin, Teubner, 1928, p. 82.
In seguito alla recensione di Bertalot, lo studioso si è convinto della originalità della dedica:
cfr. H. BARON, The Crisis of the Early Italian Renaissance. Civic Humanism and Republican
Liberty in an Age of Classicism and Tyranny, Princeton, N.J., Princeton University Press,
1955, p. 615. Sulla nota querelle tra i due studiosi e sugli “aggiustamenti” delle parti più
veementi promossi da Kristeller nella raccolta di scritti umanistici di Bertalot si veda L.
GUALDO ROSA, L’Umanesimo civile di Leonardo Bruni: revisionismo “made in U. S. A.”,
«Moderni e Antichi», II-III, 2004-2005, p. 187.
4
Cfr. L. BERTALOT, Forschungen über Leonardo Bruni Aretino, in ID., Studien zum italie-
nischen und deutschen Humanismus, a cura di P. O. Kristeller, II, Roma, Edizioni di storia e
letteratura, 1975, pp. 378-379 (lo stesso contributo era già stato edito nell’«Archivum Roma-
nicum», XV, 1931, pp. 284-323). Inspiegabilmente Baron, pur avendo collazionato anche O
e V, riscontra la dedica sul solo Riccardiano, mentre aveva dedotto dal relativo catalogo (E.
NARDUCCI, Catalogus codicum manuscriptorum praeter Graecos et Orientales in Bibliotheca
Angelica olim coenobii sancti Augustini de Urbe, I, Romae, Typis Ludovici Cecchini, 1892,
p. 73) che sul ms. 141 della Biblioteca Angelica di Roma figurasse un’improbabile dedica ad
Beatum Genuensem, fraintendimento del Mehus che invece cita un Bertum Genuensem (L.
MEHUS, Leonardi Bruni Scripta, in LEONARDI BRUNI ARRETINI Epistolarum Libri VIII, recen-
sente Laurentio Mehus, Florentiae MDCCXXXXI, ex Typographia Bernardi Paperinii, p.
72 Johnny L. Bertolio

dedica derivino da quella fase testuale, pure quasi definitiva, rispecchiata


da un R ancora non del tutto rivisto: Bruni avrebbe deciso di aggiunge-
re l’ad Bertum Senensem in un secondo momento, trovandosi così nell’im-
possibilità di intervenire sui manoscritti già in circolazione e peraltro a lui
più vicini (P, appartenuto all’erede culturale dell’Aretino, Giannozzo Ma-
netti, e il suo apografo U, forse riconducibile all’ambiente tipografico di
Vespasiano da Bisticci). Sarebbe meno probabile sostenere, al contrario,
il carattere apocrifo dell’intervento, soprattutto se si considera – come ci
accingiamo a fare – l’identità di questo Berto senese.
Sulla sua figura, il solo Paolo Viti, tra coloro che hanno pubblicato il
testo del trattato (di cui ancora manca una edizione critica completa), ha
cercato di fare chiarezza allargando il campo dell’indagine ai documen-
ti pubblici e privati: 5 lo studioso, partendo dalle indicazioni in merito di
Bertalot,6 ha infatti identificato il personaggio con Berto Ildobrandini,7 un
esponente autorevolissimo della classe dirigente senese tra gli anni Venti
e Quaranta del Quattrocento, in contatto – come illustrato da Fioravan-
ti 8 – con i protagonisti, a Siena e Firenze, della vita intellettuale e politi-
ca. Mancava tuttavia uno sguardo d’insieme della sua persona, della tra-
ma di relazioni da lui ordita, delle numerosissime occasioni di incontro
con gli umanisti coevi: era necessario far interagire fra loro i dati prove-
nienti dai testi letterari, le notizie disseminate tra le filze dell’Archivio di
Stato di Siena e della Biblioteca Comunale degli Intronati, le informazio-
ni fornite dai repertori bibliografici per riuscire a delineare un profilo che
fosse il più possibile esaustivo e tale da giustificare la scelta di Bruni di
dedicare all’Ildobrandini (e non ad altri) un trattato sulla teoria versoria
(e non su altro).
Di un Berto, figlio di Antonio e cancelliere senese, parla il faziosis-
simo Enea Silvio Piccolomini nel De viris illustribus, una testimonianza
su cui si soffermò per primo Bertalot: 9 al termine del profilo dedicato
all’Aretino, Piccolomini, contestualizzando cronologicamente la sua para-

LX). Sappiamo però che il codice dell’Angelica, contrariamente alle informazioni contenute
nel catalogo del Narducci, non riporta la dedica ad Bertum Senensem.
5
Cfr. P. VITI, Un nuovo codice cit., p. 422 (con bibliografia ampia e mirata) e in L.
BRUNI, Sulla perfetta traduzione, a cura di P. Viti, Napoli, Liguori, 2004, pp. 68-72.
6
Cfr. L. BERTALOT, Forschungen cit., p. 379.
7
Ildobrandini, appunto, e non Aldobrandini, come ha recentemente mostrato P. PER-
TICI, Ritratti e simboli civici a Siena durante il primo Rinascimento, in Presenza del Passato.
Political Ideas e modelli culturali nella storia e nell’arte senese. Convegno internazionale,
Siena 4 maggio 2007, Roma-Siena, CNR-Cantagalli, 2008, p. 124.
8
Cfr. G. FIORAVANTI, Alcuni aspetti della cultura umanistica senese nel ’400, «Rinasci-
mento», n.s., XIX, 1979, pp. 117-167.
9
Cfr. L. BERTALOT, Forschungen cit., p. 379.
Leonardo Aretino e Berto Senese 73

bola biografica alla luce degli avvicendamenti politici della propria città,
scrive: «apud Senensem hoc tempore cancellarius fuit Bertus Antonii fi-
lius, vir etiam elegans».10 Tale Berto Ildobrandini, del Monte dei Nove,
nato nell’estate del 1387 e morto nel luglio del 1446,11 fu una personalità
di rilievo sia dal punto di vista politico sia da quello letterario, in contatto
epistolare con Filelfo,12 Poggio,13 frate Alberto da Sarteano,14 Traversari.15
In particolare, frate Alberto, in una missiva indirizzata a Berto, menzio-
na due corrispondenti di Bruni, in contatto a loro volta con l’Ildobran-
dini, ovvero Andreoccio Petrucci e Antonio grammatico, con cui tra l’al-
tro Leonardo approfondisce la questione della grafia di michi e nichil; 16
inoltre, da una lettera inviata al Traversari emerge l’applicazione, alme-
no tentata, di Berto agli studi greci,17 che troverebbe conferma nell’esem-
plare di Aristotele (chissà se latino o greco) che Niccolò Galgani, dell’or-

10
ENEE SILVII PICCOLOMINEI postea PII PP· II De viris illustribus, a cura di A. Van
Heck, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1991, p. 37 (rr. 6-7).
11
Cfr. C. CORSO, Il Panormita in Siena e l’Ermafrodito, «Bullettino senese di storia
patria», s. III, XII, 1953, p. 164 e Tra politica e cultura nel primo Quattrocento senese. Le
epistole di Andreoccio Petrucci (1426-1443), a cura di P. Pertici, Siena, Accademia senese
degli Intronati, 1990, p. 126: la Biccherna Battezzati 1132 (Archivio di Stato di Siena, d’ora
in avanti ASS), c. 55r fa risalire il battesimo di Berto al 2 agosto 1387 (qui e nel corso
della trattazione uniformo alla corrente strutturazione dell’anno solare l’indicazione dei
materiali di archivio, che invece seguono lo stile senese, con inizio d’anno al 25 marzo).
I due citati studiosi divergono invece sulla data della morte, ascritta dal Corso al 1445 e
dalla Pertici al 20 luglio 1446, pur sulla base della stessa fonte, il ms. C III 2 (Sepultuario
di San Domenico) della Biblioteca Comunale degli Intronati. In effetti, ha ragione Pertici,
in quanto sul codice citato, alla c. 83v, si legge, sotto la data del 1446: «Bertus Antonii
Berti civis quam plurimum doctus et eloquentia vigens, qui multis annis Cancellarius Ma-
gnificorum Dominorum Senensium extitit et saepe orator missus famam et honorem virtutis
suae reportavit, sepultus est die XX Julii in Angulo Portae Claustri». In ASS Concistoro
483, c. 13r sono decretate solenni onoranze funebri per la morte di Berto, «de sapientibus
pupillorum» (l’ultima magistratura da lui ricoperta).
12
Cfr. L. BERTALOT, Forschungen cit., p. 379.
13
Cfr. Epp. IV, 1, IX, 10 e IX, 12 Harth (II, pp. 137-138, 363-365 e 367-368), da
cui si intuisce una antica frequentazione, per nulla sminuita dalla successiva sospensione
dei contatti.
14
Si veda la lettera da lui inviata a Berto da Firenze il 12 agosto 1425, pubblicata in
R. SABBADINI, Biografia documentata di Giovanni Aurispa, Noto, Zammit, 1890, pp. 31-33.
Cfr. M. E. COSENZA, Biographical and Bibliographical Dictionary of the Italian Humanists and
of the World of Classical Scholarship in Italy, 1300-1800, I, Boston, Hall, 1962, p. 561.
15
Cfr. AMBROSII TRAVERSARII Epistolae, Tomus II, Florentiae, Ex typographio Caesareo,
1759, coll. 259-260 (V, 26) e 1037-1038 (XXIV, 64, questa di Berto al Camaldolese). Cfr.
M. E. COSENZA, Biographical and Bibliographical Dictionary cit., p. 561.
16
Bruni scrive al Petrucci l’Ep. IX, 8 Mehus (II, pp. 154-155), mentre la I, 14 (I, pp.
23-25) e la celebre VIII, 2 (II, pp. 107-108) sono indirizzate ad Antonio grammatico.
17
Scrive l’Ildobrandini: «de studiis litterarum graecarum, quae tu in me non mediocriter
excitasti, scribam tibi alias» (cfr. AMBROSII TRAVERSARII Epistolae cit., II, coll. 1037-1038).
74 Johnny L. Bertolio

dine dei predicatori, frate di S. Domenico in Camporegio, ricorda in un


suo memoriale di aver venduto a Berto nel 1419 18 e nella dicitura arché
sin teo da lui apposta in un insolito e altisonante greco in apertura del
documento che registrava le istruzioni agli ambasciatori e i loro rappor-
ti.19 Al centro di un fitto scambio di codici Berto fu anche in relazione al
Niccoli, dato che Alberto da Sarteano lo esorta a far pervenire a Nicco-
lò un Lattanzio.20 Ancora, Giovanni Aurispa, in una lettera ad Andreoc-
cio Petrucci del 4 novembre 1426, racconta di aver offerto all’Ildobrandi-
ni, «et eruditus et optimus», per otto ducati un codice contenente Nonio
Marcello (con cui il Petrucci avrebbe potuto completare il proprio esem-
plare) e Pompeo Festo.21 Andreoccio, a sua volta, si sarebbe meravigliato
che Francesco Patrizi, alla ricerca di un esemplare completo delle Tuscu-
lanae di Cicerone, non fosse ricorso a Berto, «cuius liberalitatem, ut ac-
cepi, saepenumero expertus fuisti. Ille ipse, ut nosti, liberalis est et offi-
tiosus amicorum suorum et facile orari solet et perorari semel, ut ab eo
quisque aliquid impetret. Ita est in fide firmus atque constans […]».22 Di
Berto era l’attuale ms. R 64 sup. della Veneranda Biblioteca Ambrosiana,
contenente un ricco corpus di traduzioni bruniane, in parte trascritte da
lui stesso e risalenti tutte alla prima decade del XV secolo: le biografie
plutarchee di Antonio, Sertorio, Lucio Emilio Paolo e Catone, l’Epistula
ad adolescentes di San Basilio, il Tiranno senofonteo, il Fedone, le orazio-
ni Pro Ctesiphonte e Pro Diopithe di Demostene. Poiché il manoscritto è

18
Cfr. V. J. KOUDELKA, Spigolature dal Memoriale di Niccolò Galgani O.P. († 1424),
«Archivum fratrum praedicatorum», XXIX, 1959, p. 135; il frate prestò a Berto anche un
«liber in quo sunt multi tractatus Alberti Magni et Commentatoris», la rampante Lucula
noctis di Giovanni Dominici (recapitatagli dal figlio del fruttivendolo), dello stesso Alberto
il «Super praedicabilia», rispettivamente nel 1416, nel ’18 e nel ’19. Sulle tendenze culturali
senesi, che queste letture in parte testimoniano, si veda G. FIORAVANTI, Pietro de’ Rossi.
Bibbia ed Aristotele nella Siena del ’400, «Rinascimento», n.s., XX, 1980, pp. 87-159 (sul
Galgani e Berto, pp. 141-142).
19
Si tratta di ASS, Concistoro 2412, c. 1r, 1° novembre 1429: è una pagina molto
significativa che «ha la solennità di un manifesto» (così P. PERTICI, Ritratti e simboli civici
a Siena cit., p. 125).
20
Cfr. R. SABBADINI, Biografia documentata di Giovanni Aurispa cit., p. 33: «Lactantium
si ad Nicolaum perferri facies, gratissimum mihi feceris».
21
Ep. XXX del Carteggio di Giovanni Aurispa, a cura di R. Sabbadini, Roma, Tipo-
grafia del Senato, 1931, pp. 47-48: Aurispa dice di aver visto Berto a Firenze dieci giorni
prima e, dato che la lettera è del 4 novembre 1426, l’incontro con il senese sarà avvenuto
verso il 26 ottobre. In un’altra lettera, la XXII del medesimo carteggio, Aurispa, scrivendo
nel settembre del ’25 al Toscanella, che aveva studiato medicina a Siena, menziona ancora
Berto, «vir nobilis atque optimus», a cui non ha potuto scrivere per l’improvvisa partenza
del Petrucci, ma ricorda una certa commissione da svolgere per lui (Carteggio di Giovanni
Aurispa cit., pp. 36-37).
22
Tra politica e cultura nel primo Quattrocento senese cit., pp. 125-126.
Leonardo Aretino e Berto Senese 75

stato datato al primo quarto del secolo, è lecito dedurre, da parte di Ber-
to, un interesse precoce per le opere bruniane, anteriore agli anni Venti.
Ecco una breve descrizione del codice, di cui l’esame autoptico ha rive-
lato la natura di palinsesto:
Membr., 1/4 XV sec., cc. II, 94, II. 265 × 185 mm. Bianche le cc. 48v, 71r-72v.
Fasc.: 18, 28, 38, 48, 58, 68, 78, 88, 98, 108, 118, 128-1. Legatura in pelle marrone con
impresse decorazioni; il codice è stato restaurato a Modena nel dicembre 1952.
Alla c. IIr è riportata la tavola dei contenuti; in fondo alla c. 1r compare la di-
citura: «ex dono Jo. Baptistae Portae Neapolitani». Nella stesura del codice si
succedono tre diverse mani: I) cc. 1r-48r e 67v-92v, tardo-gotica; II) cc. 49r-67r,
cancelleresca; III) cc. 92v-94v, umanistica corsiva, mano di Berto (che completa
la trascrizione già avviata dalla prima mano). Alla c. 67r è riportata una nota di
possesso: «Berti Antonii de Senis». Una ulteriore mano, simile alla terza, è autri-
ce di diversi notabilia e correzioni lungo i margini di tutto il codice. Il colophon
«Leonardus Aretinus Rome VII kalendas Maias absolvit feliciter» (c. 49r) va rife-
rito all’opera (e non all’allestimento del codice).

Contiene:
(cc. 1r-18v): L. B., traduzione latina di PLUT. Vita Antonii; (cc. 19r-23r): L. B.,
traduzione latina di BASIL. Epistula ad adolescentes; (cc. 23v-29r): L. B., traduzio-
ne latina di XEN. Tyrannus; (cc. 29r-48r): L. B., traduzione latina di PLAT. Phaedo;
(cc. 49r-67r): L. B., traduzione latina di DEMOSTH. Pro Ctesiphonte; (cc. 67v-71r):
L. B., traduzione latina di DEMOSTH. Pro Diopithe; (cc. 73v-79v): L. B., traduzione
latina di PLUT. Vita Sertorii; (cc. 79v-88r): L. B., traduzione latina di PLUT. Vita L.
Aemilii Pauli; (cc. 88r-94v): L. B., traduzione latina di PLUT. Vita Catonis.
BIBLIOGRAFIA: C. FRATI, Un codice autografo di Bernardo Bembo, in Raccolta di studii critici
dedicata ad Alessandro D’Ancona festeggiandosi il XL anniversario del suo insegnamento,
Firenze, Barbera, 1901, p. 202; P. O. KRISTELLER, Iter Italicum, I, London, The Warburg
Institute, 1963, p. 340; L. SCHUCAN, Das Nachleben von Basilius Magnus ad adolescentes.
Ein Beitrag zur Geschichte des christlichen Humanismus, Genève, Droz, 1973, p. 237; In-
ventario Ceruti dei manoscritti della Biblioteca Ambrosiana, IV, Trezzano sul Naviglio, Eti-
mar, 1978, pp. 656-657; M. ACCAME LANZILLOTTA, Leonardo Bruni traduttore di Demoste-
ne: la Pro Ctesiphonte, Genova, Istituto di filologia classica e medievale, 1986, p. 33; J.
HANKINS, Plato in the Italian Renaissance, New York, Brill, 19912, p. 699; ID., Reperto-
rium Brunianum cit., p. 108; M. PADE, The reception of Plutarch’s Lives in Fifteenth-cen-
tury Italy, Copenhagen, Museum Tusculanum, 2007, I, p. 160 e II, pp. 220-221.

Antonio Panormita, in una missiva del 1426, indirizzata al solito Pe-


trucci, lo invita a trasmettere i propri omaggi all’Ildobrandini e, soprat-
tutto, dedica a Berto un epigramma del suo Hermaphroditus che ne lascia
intuire la brillante carriera di uomo di Stato e una certa dimestichezza
sia nella prosa sia nella poesia.23 Inoltre, nella celebre Historia de duobus

23
Cfr. ANTONII PANHORMITAE Hermaphroditus I, 40, carme successivamente indirizzato
ad un immaginario Crispo per ragioni di convenienza politica: «quive vales prosa, carmine
76 Johnny L. Bertolio

amantibus, ancora Enea Silvio cita un ser Berto, di cui Menelao è amico
e che con lui è alla ricerca di un pubblico documento di obbligazione: se
si trattasse del nostro Ildobrandini – e la menzione dei cirographa ad rem
publicam pertinentia sembra richiamare proprio la sua mansione di can-
celliere – sarebbe la riprova della sua rete di conoscenze e amicizie uma-
nistiche.24 A un Bertus/Beatus Senensis (l’oscillazione è dovuta al titulus
sovrascritto) è attribuita una orazione accademica De artis oratorie laudi-
bus, trascritta nel codice 63 della Marston Collection presso la Biblioteca
dell’Università di Yale, alle cc. 56v-60v; si tratterebbe però di un discor-
so tenuto dinnanzi allo Studium senese nel 1465 e dunque oltre gli estre-
mi cronologici fissati per il nostro Ildobrandini.25
L’Archivio di Stato di Siena offre una ricca documentazione a propo-
sito di Berto, indicandone tra l’altro gli incarichi ricoperti, che tuttavia si
incrociano con quelli di un suo omonimo, Bertus Antonii Berti della fa-
miglia Altesi: possiamo attribuire con certezza all’Ildobrandini la carica di
Camerlengo di Mercanzia per il primo semestre del 1412, quella di Gon-
faloniere per il Terzo di San Martino nel maggio-giugno del ’14 e di Ca-
mollia nel ’21; 26 Bertus Antonii Berti, senza ulteriori specificazioni, com-

quive vales», gli si rivolge l’autore al v. 8. Si veda inoltre G. FIORAVANTI, Classe dirigente e
cultura a Siena nel ’400, in I ceti dirigenti nella Toscana del Quattrocento, Atti del V e VI
convegno del Comitato di Studi sulla Storia dei Ceti Dirigenti in Toscana, Firenze 10-11
dicembre 1982, 2-3 dicembre 1983, Firenze, Papafava, 1987, pp. 473-484.
24
Cfr. G. ZANNONI, Per la “Storia di due amanti” di Enea Silvio Piccolomini, «Atti della
Reale Accademia dei Lincei. Rendiconti», s. IV, 1890, VI, 1, p. 119, recepito da A. FRUGONI,
Enea Silvio Piccolomini e l’avventura senese di Gaspare Schlik, «Rinascita», IV, 1941, p. 241
e D. PIROVANO, Filigrane classiche nell’Historia de duobus amantibus, in Pio II umanista eu-
ropeo, Atti del XVII Convegno Internazionale, Chianciano-Pienza 18-21 luglio 2005, a cura
di L. Secchi Tarugi, Firenze, Cesati, 2007, p. 389: entrambi sottolineano l’identificazione in
quanto Berto viene «nominato così assolutamente». Scrive il Piccolomini: «tum Menelaus
et una Bertus assunt, cirographa nonnulla ad rem publicam pertinentia quesituri» (cito
dall’edizione curata da D. Pirovano, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2001, § 34, p. 66).
25
Cfr. C. U. FAYE - W. H. BOND, Supplement to the Census of Medieval and Renaissance
Manuscripts in the United States and Canada, New York, The Bibliographical Society of
America, 1962, p. 71; P. O. KRISTELLER, Iter Italicum, V, London, The Warburg Institute,
1990, p. 285; B. A. SHAILOR, Catalogue of Medieval and Renaissance Manuscripts in the
Beinecke Rare Book and Manuscript Library Yale University, III - Marston Manuscripts, Bing-
hamton, N.Y., Medieval & Renaissance texts and studies, 1962, pp. 127-130; B. SCAVIZZI - E.
GUERRIERI, Bertus Ildibrandus, in C.A.L.M.A., II.3, Firenze, Sismel-Edizioni del Galluzzo,
2006, p. 402. La medesima oscillazione tra Bertus e Beatus, per quanto attiene alla dedica
del De interpretatione recta, è già stata osservata nel Mehus e nel Narducci (cfr. nota 4).
26
Cfr. ASS Consiglio Generale 205, c. 72r e Concistoro 2335 (III Libro dei Leoni),
c. 33r. Sono invece da attribuire all’Altesi i seguenti incarichi: Capitano del popolo nel
gennaio-febbraio 1421 (ASS Concistoro 2335, c. 54r); Gonfaloniere dal luglio al dicembre
del 1421 (ASS Concistoro 2335, c. 56r-v); Ufficiale per la Dogana del Sale nel 1422-23
(ASS Consiglio Generale 209, c. 206 e Concistoro 2335, cc. 58r-60v); Capitano del Popolo
e Gonfaloniere nel luglio-agosto del ’33 (Concistoro 2335, c. 91r). Accanto al nome Bertus
Leonardo Aretino e Berto Senese 77

pare poi come Gonfaloniere nel secondo semestre del 1436, Capitano del
Popolo e ancora Gonfaloniere nel gennaio-febbraio del ’37, Camerlengo
di gabella nella seconda metà del 1443 e Magistrato dei Pupilli nel ’46: 27
tutte queste cariche, eccettuata l’ultima, sarebbero state rivestite da Berto
mentre era anche Cancelliere. Ed è appunto in questa illustre magistratu-
ra che si identifica la figura dell’Ildobrandini, il quale arrivò quasi ad as-
sumerla come parte del proprio nome: egli ricoprì per la prima volta tale
ufficio nel gennaio-febbraio del 1414, sostituendo Cristoforo d’Andrea, per
poi esserne rivestito pressoché ininterrottamente dal gennaio del ’28 al di-
cembre del ’44.28 Lungo è l’elenco delle ambascerie sostenute per conto
dei signori di Siena: nel 1422 è presso Braccio da Montone, nel 1421 e
’25 a Firenze, nel ’26 a Perugia, nel ’28 ancora a Firenze, nel ’30 a Roma
presso Martino V e il cardinale di San Marcello, Antonio Casini, sene-
se; 29 nel 1439 è inviato a Milano; raggiunge Firenze nel 1442 e due volte

Antonii Berti, infatti, una mano successiva ha aggiunto Altesi, forse per distinguerlo dall’Il-
dobrandini – come già puntualmente rilevato in ANTONII PANHORMITAE Hermaphroditus, a
cura di D. Coppini, Roma, Bulzoni, 1990, p. LXXXIII; cfr. Archivio del Concistoro del Comune
di Siena. Inventario, a cura di G. Cecchini, Roma, [s.n.], 1952, pp. 59 e 71 e T. FECINI,
Cronaca Senese [1431-1479], in RIS (nuova edizione riveduta, ampliata e corretta con la
direzione di G. Carducci - V. Fiorini - P. Fedele), Tomo XV - Parte VI, Bologna, Zanichelli,
1934, p. 842, che ricorda l’Altesi come Podestà nel 1431. Già gli eruditi settecenteschi si
lasciarono trarre in inganno dall’omonimia: alludo in particolare a GALGANO DE’ BICHI,
Raccolta di Nomi Proprii di persone nobili Sanesi di fameglie che sono estinte in quest’an-
no 1717 risedute in diversi magistrati, Tomo I [1717], contenuto nel ms. ASS A 37 (cfr.
specialmente c. 89r-v).
27
Cfr. ASS Concistoro 2335, cc. 100v-101r e 102r; Concistoro 426, cc. 1r e 2r; ms. A
37, c. 89v; Concistoro 483, c. 13r; Consiglio Generale 223, c. 92v.
28
Cfr. ASS Concistoro 2335, cc. 32r e 75r-126r. Non risulta Cancelliere nel luglio - ago-
sto ’33 (f. 91v), quando era stato nominato Capitano del popolo, e nel novembre-dicembre
’42, quando fu sostituito da Lazzaro de’ Benedetti (f. 119v). Nel gennaio ’45 a Berto
succederà Gregorio Iacobo Andreucci (f. 126v). Cfr. C. CORSO, Il Panormita in Siena e
l’Ermafrodito cit., p. 164; M. ASCHERI, Siena nel Rinascimento. Istituzioni e sistema politico,
Siena, Il leccio, 1985, p. 43; D. COPPINI in ANTONII PANHORMITAE Hermaphroditus cit., pp.
LXXIX-LXXXIII; Tra politica e cultura nel primo Quattrocento senese cit., pp. 125-126. Pertici
ricorda inoltre il suo ingresso tra i Savi del Concistoro nel 1425, il suo mandato come po-
destà di Massa Marattima, dove probabilmente Berto aveva legami e/o proprietà, nel 1435
e nel ’43, e un ruolo di primo piano nella pianificazione di diverse alleanze nell’imminenza
di conflitti (della guerra di Lucca in particolare, in cui, sul versante opposto, Berto trovava
proprio Leonardo Bruni: cfr. P. VITI, Leonardo Bruni e Firenze: studi sulle lettere pubbliche
e private, Roma, Bulzoni, 1992, p. 93). Ancora, la partecipazione del figlio Aldobrandino
alla celebre coniuratio del Petrucci nel 1450 ascrive senz’altro anche Berto a quella parte
politica così orgogliosamente ghibellina (cfr. P. PERTICI, Una “coniuratio” del reggimento di
Siena nel 1450, «Bullettino senese di storia patria», IC, 1992, p. 33).
29
Sui rapporti tra il Casini e Leonardo Bruni e sui loro, in parte perduti, scambi
epistolari si veda S. DALL’OCO, Antonio Casini, Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini (per la
storia di un rapporto epistolare), in Il Capitolo di San Lorenzo nel Quattrocento. Convegno
di studi, Firenze 28-29 marzo 2003, a cura di P. Viti, Firenze, Olschki, 2006, pp. 57-64.
78 Johnny L. Bertolio

nel corso del ’43, con l’obiettivo di convincere Eugenio IV a passare da


Siena, di cui era stato vescovo, nel suo viaggio di ritorno a Roma e in ef-
fetti, tra il marzo e il settembre del 1443, il papa soggiornò a Siena con
tutta la curia; 30 Vespasiano da Bisticci ci informa tra l’altro che fu Bru-
ni a indurre il pontefice a lasciare Firenze, mentre i Veneziani, attraverso
i loro ambasciatori, avevano fatto pressioni per trattenerlo ancora.31 Nuo-
ve ambascerie gli vengono affidate nel 1445, quando viene inviato presso
il duca di Milano, e nel ’46 presso il Piccinino.32 Ma l’incarico più presti-
gioso che Berto abbia assunto fu senza dubbio quello di oratore ufficiale
in occasione del soggiorno senese di Sigismondo di Lussemburgo, che si
trattenne in città dal luglio 1432 al marzo successivo – una visita lunga e
grandiosa che fa da cornice alla Historia de duobus amantibus del Picco-
lomini. Il 13 agosto 1432, a un mese dall’ingresso dell’imperatore sceso in
Italia per essere incoronato da Eugenio IV, si svolse in Piazza del Cam-
po il solenne giuramento di fedeltà a Sigismondo; e oratore ufficiale per
i Senesi fu proprio l’Ildobrandini, cancelliere della Repubblica, che invitò
il popolo a giurare e ad augurare lunga vita all’imperatore. Racconta, sul-
la stessa scia degli altri autori di cronache senesi, Tommaso Fecini:
Di poi si levò ritto Berto, el quale era cancelliere del comuno, e disse uno bello
sermone a confortare il popolo d’essere ubidiente allo ’nperadore.
E per segnio di ciò fe’ noto a ongni uno rizzasse la mano tre volte gridando:
“Viva lo ’nperadore” e così fu fatto di buona voglia. Subito sonoro tutte le can-
pane, tronbe, piffare e nacharini a festa.
Di poi Berto lesse, perché era cancelliere, tutte le grazie e benignità dello in-
perio date a la città di Siena e di nuovo si gridò: “Viva lo ’nperadore”, e così giu-
raro e’ signori per tutti e’ Sanesi.33

30
Cfr. ANTONIO SESTIGIANI, Compendio Istorico di Sanesi Nobili per Nascita, Illustri per
Attioni, Riguardevoli per Dignità, Libro Primo [1695], nel ms. ASS A 30 II, c. 18v. A questo
periodo risalgono inoltre alcune missive inviate da Berto al governo di Siena da Firenze: cfr.
ASS Concistoro 1951/80-81, 83, 85-89, stilate dal 19 al 27 settembre 1442. Sul soggiorno
senese di Eugenio IV cfr. F. THOMASIUS, Adjecta a PETRI RUSSII Senensis Historie suorum
temporum fragmentum, in L. A. MURATORIUS, RIS, XX, Mediolani, Ex typographia Societatis
Palatinae in Regia Curia, 1731, coll. 51-52 e T. FECINI, Cronaca Senese cit., pp. 854-855.
31
VESPASIANO DA BISTICCI, Vita di Eugenio IV P. P. e Vita di meser Lionardo d’Arezo,
in ID., Le vite, a cura di A. Greco, I, Firenze, Istituto nazionale di studi sul Rinascimento,
1970, pp. 20-21 e 474-475; cfr. C. VASOLI, Bruni, Leonardo, in Dizionario Biografico degli
Italiani, XIV, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1972, p. 629.
32
Ho desunto le informazioni relative alle varie ambascerie dal ms. ASS A 127, un
elenco di ambasciatori, commissari e simili steso nel 1725 a partire dai documenti conservati
presso l’Archivio di Stato di Siena. Cfr. C. CORSO, Il Panormita in Siena e l’Ermafrodito
cit., p. 164.
33
T. FECINI, Cronaca Senese [1431-1479] cit., p. 846. Sulla visita senese dell’imperatore
cfr. O. MALAVOLTI, Dell’Historia di Siena, Libro III, Parte II, In Venetia, Per Saluestro
Marchetti Libraro, in Siena all’insegna della lupa, 1599, pp. 22v-27v; PETRI RUSSII Senensis
Leonardo Aretino e Berto Senese 79

Berto fu dunque una personalità politica di tutto rispetto, protagonista


di primo piano degli eventi più importanti della propria città; il suo ruo-
lo è ulteriormente ribadito da una serie di lettere da lui stilate nei luoghi
in cui di volta in volta si trovava in missione diplomatica. Le filze dell’Ar-
chivio di Stato di Siena contenenti la documentazione del Concistoro con-
servano numerose missive pubbliche: dal 3 al 9 gennaio 1428,34 dal 12 al
28 giugno 1429 35 e ancora dal 19 al 27 settembre 1442 36 e dal 24 al 29
agosto 1443 37 da Firenze; il 14 febbraio 1430 da Roma; 38 dal 17 aprile al
5 giugno 1445 Berto scrive da Milano e il 15 giugno dello stesso anno,
prima di valicare gli Appennini nel suo viaggio di ritorno, da Bologna.39
Le lettere dei suoi vari soggiorni fiorentini lasciano intendere una assidua
frequentazione degli uomini politici più in vista, ivi compreso Bruni, quel
«Misser Leonardo» citato a più riprese nelle missive; 40 di particolare ri-
lievo risulta una lettera del 6 gennaio 1428, nella quale Berto dice di es-
sere in contatto col cancelliere locale, «che è molto amico della V.S. e a
me per anticho più che padre»: 41 il riferimento è ovviamente a un Bru-
ni fresco di nomina, da poco assurto alla dignità di cancelliere. Tale con-
fessione, tanto più suggestiva in quanto contenuta in un documento uf-
ficiale, fa il paio con un’altra, altrettanto interessante, con cui i signori
di Siena scrivevano a Bruni in persona, menzionando esplicitamente quel
«Bertus noster, vester ut clare fatetur a diu filius ac discipulus».42 La fre-
quenza degli incontri si incrocia dunque con gli incarichi diplomatici dei
due: Baron ricorda che Bruni fu a Siena verso la metà del 1426 mentre

Historie suorum temporum fragmentum cit., coll. 40-46; S. TIZIO, Historiae Senenses, III.
IV, a cura di P. Pertici, Roma, Istituto storico italiano per l’età moderna e contemporanea,
1998, p. 198; F. NEVOLA, The Imperial Visit of Sigismund of Luxemburg. The Urban Ex-
perience of Ritual, in ID., Siena. Constructing the Renaissance City, New Haven-London,
Yale University Press, 2007, pp. 29-45; P. PERTICI, Uno sguardo in avanti: il soggiorno di
Sigismondo di Lussemburgo e le ultime manifestazioni di ghibellinismo a Siena, in Fedeltà
ghibellina affari guelfi. Saggi e riletture intorno alla storia di Siena fra Due e Trecento, a cura
di G. Piccinni, II, Pisa, Pacini, 2008, pp. 617-649.
34
Cfr. ASS Concistoro 1913/44, 47-48, 52.
35
Cfr. ASS Concistoro 1916/26-27, 29-30, 32-33, 37.
36
Cfr. ASS Concistoro 1951/80-81, 83, 85-87, 89.
37
Cfr. ASS Concistoro 1953/59-61, 65.
38
Cfr. ASS Concistoro 1917/43.
39
Cfr. ASS Concistoro 1957/10, 18, 26, 39, 62, 71.
40
«Misser Leonardo» compare almeno in ASS Concistoro 1916/27, 1951/81, 1953/60
e 65.
41
ASS Concistoro 1913/47.
42
La lettera è stampata in nota in S. BORGHESI - L. BIANCHI, Nuovi documenti per la
storia dell’arte senese, Siena, Torrini, 1898, pp. 123-124.
80 Johnny L. Bertolio

era in viaggio per Roma, dove dovette incontrare Martino V; sia la sosta
senese sia il soggiorno romano gli erano stati commissionati dalla Signoria
di Firenze.43 Ma il primo incontro potrebbe risalire a molto tempo prima,
forse già al settembre 1407 o al luglio 1408, quando Bruni si era tratte-
nuto a Siena al seguito di Gregorio XII.44 E si trattò di una frequenta-
zione assidua, fondata su una corrispondenza di affetto e comuni interes-
si culturali, al punto che fu proprio l’Ildobrandini a diffondere a Siena
la traduzione bruniana della Politica aristotelica, in un esemplare allesti-
to secondo le nuove tendenze scrittorie; 45 esso era infatti «scripto in lit-
teris antiquis et miniato, et in cartis pecudinis novis atque ligato ad mo-
dum grechum, cuverto de corio rubeo et solemniter stampato in numero
centum quadraginta duarum dicarum»: così si legge nel documento, con-
servato nell’Archivio di Stato e datato 28 novembre 1438, con cui la Si-
gnoria decreta inoltre di donare due ducati d’oro a quel cavaliere «qui
eum aportavit ad civitatem Venitorum».46 Conosciamo sia la lettera con

43
Cfr. C. MONZANI, Di Leonardo Bruni Aretino Discorso II, «Archivio storico italiano»,
s. II, V, 1857, 2, pp. 25-34 (dove sono pubblicate sia l’Istruzione della Signoria a Bruni
e al collega Francesco Tornabuoni, con le successive lettere, sia il rapporto di Bruni al
suo ritorno); cfr. H. BARON, The Crisis cit., p. 615 e P. VITI in L. BRUNI, Sulla perfetta
traduzione cit., p. 69.
44
R. SABBADINI, Briciole umanistiche. II. Leonardo Bruni, «Giornale Storico della Lette-
ratura Italiana», XVII, 1891, pp. 218-219 e C. VASOLI, Bruni, Leonardo cit., pp. 622-623.
45
Alla nuova scrittura umanistica rimanda la specificazione litteris antiquis (cfr. S.
RIZZO, Il lessico filologico degli umanisti, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1973, pp.
115-122). Sulla tormentatissima vicenda di dedica, pubblicazione e divulgazione della ver-
sione bruniana rinvio alla ricostruzione di L. GUALDO ROSA, Una nuova lettera del Bruni
sulla sua traduzione della “Politica” di Aristotele, «Rinascimento», n.s., XXIII, 1983, pp.
113-124.
46
In S. BORGHESI - L. BIANCHI, Nuovi documenti per la storia dell’arte senese cit., p.
123: il testo della deliberazione si legge in ASS Concistoro 437, c. 24r ed è qui citato con
lievi differenze rispetto alla versione fornita nei Nuovi documenti. Problematica, anche se
paleograficamente sostenibile, risulta la lezione ad civitatem Venitorum (Venetiarum se-
condo i Nuovi documenti), fortemente compendiata dallo scrivente; dall’Archivio di Stato
mi confermano tale lettura, che Antonino Mastruzzo, da me interpellato in via informale,
invece esclude in favore di una formula (ancora da sciogliere) relativa a pratiche contabili
e Giulia Ammannati, anch’ella contattata ad hoc, risolve ipotizzando il volgarismo venito
concordato con cavallario (dativo) e da legare alla successiva porzione di testo (solummo-
do pro ista re). Inoltre, Zdekauer e Luiso riferiscono l’«eum» a Leonardo (e non al liber
aristotelico), lasciando però intuire che Bruni sarebbe stato accompagnato in Veneto, se
non proprio a Venezia (la curia si trasferisce, nel gennaio del 1438, da Bologna a Ferrara),
da un cavaliere senese (cfr. L. ZDEKAUER, Lo Studio di Siena nel Rinascimento, Milano,
Hoepli, 1894, p. 46 e F. P. LUISO, Studi su l’epistolario di Leonardo Bruni, a cura di L.
Gualdo Rosa, Roma, Istituto storico italiano per il Medio Evo, 1980, pp. 139-141). Non
sarebbe del resto improbabile l’invio (temporaneo, visto che il dono era stato pensato per
Siena) a Venezia della traduzione aristotelica: nella città lagunare Bruni in persona – con
buona pace del Traversari – si era premurato di diffondere la propria versione del Fedro
Leonardo Aretino e Berto Senese 81

cui Leonardo accompagnò il proprio dono sia il messaggio di ringrazia-


mento scritto dai signori di Siena, risalenti entrambi alla fine del novem-
bre ’38: messer Leonardo si dice grato dell’accoglienza ricevuta in passa-
to presso i balnea Petriolana, in Val di Merse, lussureggianti per il Filelfo,
che vi avrebbe trascorso i momenti liberi dagli impegni accademici,47 lus-
suriosi per il Panormita, che già vi aveva trovato ampia ispirazione, lette-
raria e non; di un invito ai bagni di Petriolo parla anche il giurista senese
Mariano Sozzini, che ricorda una sua visita presso la celebre stazione ter-
male proprio mentre vi si trovavano in ozio, fra gli altri, Bruni, «et Lati-
narum et Graecarum peritissimus», e Berto, «in nostra republica eloquen-
tissimus», reputati tuttavia – secondo un luogo comune ben consolidato,
almeno per il primo – «omnium avarissimi».48 Del resto, nella sua lettera
di ringraziamento, l’Aretino va oltre la contingenza, motivando con gran-
de finezza la decisione di regalare a un’intera classe politica la propria ul-
tima fatica letteraria, che, trattando «de regendis gubernandisque civitati-
bus», non poteva trovare orecchie più pronte a recepirla.49 La vicenda di
composizione della traduzione era stata del resto seguita a Siena dall’ini-
zio: sin dal 1437 Bruni era stato invitato da un altro illustre senese, Bar-
naba di Nanni, a chiarire a che punto fosse della sua versione e l’Aretino,
insieme con un elogio di Aristotele che per molti aspetti evoca le pagine
del De interpretatione recta, risponde che i volumi sono «absoluti, ac pe-

(cfr. AMBROSII TRAVERSARII Epistolae cit., II, col. 370, VIII, 8: «Venetias ipse quoque perferri
curavit», scrive stizzito il Camaldolese al Niccoli).
47
Su di lui e sul suo soggiorno senese (1434-38) in qualità di maestro di «arte oratoria
e lettere greche e latine», all’indomani dei traumi fiorentini, cfr. L. DE FEO CORSO, Il Filelfo
in Siena, «Bullettino senese di storia patria», n.s., XI, 1940, pp. 181-209 e 292-316. Quanto
alla rinomata stazione termale, della cui articolata architettura oggi resta pallidissima traccia,
si vedano le voci Bagni di Petriolo, in E. REPETTI, Dizionario geografico fisico storico della
Toscana, I, Firenze, Presso l’autore e editore coi tipi di A. Tofani, 1833, p. 224 e Petriolo,
in E. REPETTI, Dizionario geografico cit., IV, Firenze, presso l’autore e editore coi tipi di
Allegrini e Mazzoni, 1841, pp. 145-148; G. VENEROSI PESCIOLINI, I bagni senesi di Petriolo
nel Medioevo, «La Diana», VI, 1931, pp. 110-135.
48
Cfr. P. NARDI, Mariano Sozzini giureconsulto senese del Quattrocento, Milano, Giuf-
fré, 1974, pp. 53-54 (la citazione è tratta dal suo Super Decretales Tractatus, De visitatione,
composto nel 1457). Ai balnea accenna anche lo stesso Bruni nelle Epp. II, 18 Luiso,
scritta al Niccoli da Siena il 17 dicembre 1407, e III, 3 Mehus (I, p. 70), datata Siena 17
settembre 1408, ove [ad aquas] Puteolanas va emendato in Petriolanas: cfr. F. P. LUISO,
Studi cit., pp. 40, 55, 57.
49
Cfr. F. P. LUISO, Studi cit., pp. 140-142. Come ha scritto Eugenio Garin, la Politica
fu forse «l’opera di maggior impegno del Bruni traduttore […]; ad essa lavorò vari anni, e
n’ebbe gran concetto, come si vede dalla dedica a Eugenio IV, e dalle copie solennemente
inviate ai Signori di Siena e ad Alfonso d’Aragona. Vi ravvisava, infatti, un prezioso manuale
del perfetto reggitore» (E. GARIN, Le traduzioni umanistiche di Aristotele nel secolo XV,
«Atti e Memorie dell’Accademia fiorentina di Scienze morali “La Colombaria”», XVI, II
s., 1947-50, p. 67).
82 Johnny L. Bertolio

nitus expoliti».50 Non solo, ma proprio nel trattato sulla traduzione sono
citati ampi brani della Politica, che potrebbero rappresentare il germe di
quel fervore di interessi per la traduzione bruniana da parte degli umani-
sti senesi in stretto contatto con Berto.
L’epistolario di Leonardo non offre notizie che attestino rapporti di
corrispondenza con l’Ildobrandini; in una lettera a Feltrino Boiardo è men-
zionato un Aldobrandinus, che però non è così immediatamente identifi-
cabile col nostro Berto. Scrive l’Aretino:
Aldobrandinus noster est assidue mecum, ac me sedulo monet, ut promissis fa-
ciam satis. Et quia jurisconsultus est, negat me legitime posse absolvi, nisi moram
hanc meam cumulatiore aliquo munere purgaro.51

Nella Ferrara di Feltrino risiedevano molti Tolomei tra i quali Aldobran-


dino è nome particolarmente ricorrente.52 Del resto, Berto dovette avere
qualche rapporto con la città estense se nel 1438 fu chiamato all’interno
di «una commissione per uno scambio di corrispondenza di Dodicini» 53
che lì risiedevano.
In ogni caso, alla fine degli anni Venti, il rapporto tra Berto e Leo-
nardo era già consolidato e noto a tutti, al punto che la dedica del trat-
tato sulla traduzione, lungi dall’essere il frutto di un incontro fortuito –
come voleva Hans Baron 54 – trova anzitutto riscontro negli studi greci, in
particolare aristotelici, dell’Ildobrandini e rappresenta il sigillo di un ditti-
co umanistico basato su una corrispondenza quasi perfetta quanto all’età,
benché tutta sbilanciata su Leonardo quale oggetto di ammirazione e de-

50
L. B., Ep. VII, 7 Mehus (II, p. 95) e cfr. la lettera di risposta di Barnaba (la prima
è perduta) in BARNABA SENESE, Epistolario, a cura di G. Ferraú, Palermo 1979, pp. 53-54
(e si veda la recensione di G. FIORAVANTI negli «Annali della Scuola Normale Superiore di
Pisa, Classe di Lettere e Filosofia», s. III, X, 1980, 4, pp. 1729-1732).
51
L. B., Ep. X, 7 Mehus (II, pp. 176-177). L’epistola, datata da F. P. LUISO, Studi cit., p.
110 al 1428 o poco dopo, quando cioè Bruni era cancelliere, vuole essere una garanzia per
il Boiardo dell’assolvimento di un debito che l’Aretino, per gli impegni pubblici subentrati,
non è ancora riuscito ad onorare. In questo contesto, al termine della missiva, rientra la
menzione del giureconsulto Aldobrandinus, sulla cui identità Luiso non si pronuncia. Viti
ipotizza che quel famigerato debito sia stato in effetti pagato con la dedica del trattato sulla
traduzione: cfr. P. VITI in L. BRUNI, Sulla perfetta traduzione cit., p. 70; tuttavia, Bruni sembra
obbligato con il suo corrispondente Boiardo piuttosto che con il citato giureconsulto, il
quale gli ricorda di mantenere fede alle sue promesse.
52
Debbo questa precisazione a un suggerimento di Petra Pertici.
53
Tra politica e cultura nel primo Quattrocento senese cit., p. 126.
54
Cfr. H. BARON, The Crisis cit., p. 615: «it is very probable that Bruni’s dedication
was prompted by a casual personal meeting – just as the dedication of the Isagogicon to
an ambassador from Urbino seems to have come about casually at the occasion of the
ambassador’s stay in Florence».
Leonardo Aretino e Berto Senese 83

vozione. Possiamo senz’altro attribuire anche a Berto le parole con cui


il suo concittadino Petrucci assegnava all’Aretino, sulla base del genera-
le consenso, il «principatus litterarum» del tempo,55 secondo quella stes-
sa urgenza gerarchizzante che aveva spinto il Petrarca a stendere la Sen.
V, 2 in risposta al Boccaccio – forse la prima definizione del canone po-
etico delle tre corone fiorentine.
Il pensiero di Bruni aveva d’altronde trovato in Siena un terreno fe-
condissimo quanto alla propria ricezione, che avrebbe raggiunto punte no-
tevoli non soltanto a livello prettamente letterario – con un Agostino Dati,
per esempio, che, nelle proprie orazioni, attinge alla traduzione bruniana
della Politica. Ma è un’intera classe dirigente ad assorbire, manifestandolo
anche a livello iconografico, l’essenza stessa della sua impostazione storio-
grafica, improntata ad un forte ideale repubblicano, che portava, contro
Salutati (e Dante), a rivalutare il ruolo del cesaricida Bruto.56 In questo
contesto, memore dell’accoglienza riservata alle proprie opere, Bruni sce-
glie di dedicare il proprio trattato sulla traduzione (compiuto o prossi-
mo ad esserlo) a Berto, il simbolo stesso di quel consesso umanistico a
lui così vicino. Ne esce dunque confermata la definitiva proposta di Ba-
ron per la datazione dell’opera, composta tra la metà del 1424 e l’estate
del ’26, ovvero tra la fine della composizione della (frammentaria) tradu-
zione del Fedro, citata nel De interpretatione recta, e l’ambasceria senese
di Bruni.57 L’impressione che si ricava dalla lettura del trattato e dalla sua
limitata circolazione manoscritta non è tanto che esso sia arrivato a noi
incompleto, quanto che l’autore non gli abbia conferito l’imprimatur de-
finitivo, esprimendo tuttavia chiaramente, anche se non sappiamo quando
con esattezza, l’intenzione di dedicarlo all’esponente di un ambiente che
aveva accolto lui e le sue opere con affabilità straordinaria.
JOHNNY L. BERTOLIO

55
Si veda l’Ep. IX, 8 Mehus (II, p. 155) in cui Bruni, scrivendo al Petrucci, si scher-
misce appunto dal primato letterario conferitogli dal corrispondente.
56
Cfr. G. FIORAVANTI, Alcuni aspetti cit., pp. 123-126.
57
Cfr. H. BARON, The Crisis cit., p. 615 e, per la datazione della traduzione latina del
Fedro, J. HANKINS, Plato cit., p. 383. Baron ritiene che il trattato sia rimasto incompiuto
perché Bruni, dopo il viaggio romano del ’26, non avrebbe avuto in seguito il tempo di
ultimarlo.

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