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Laboratorio di Psicologia della disabilità

Dipartimento di Scienze della Formazione


Studente: Coco Maria Rita, 1000048095
CdL in Scienze e Tecniche Psicologiche
Docente: prof. Pasquale Caponnetto

1. Introduzione
Sono Maria Rita Coco, una studentessa del secondo anno del Corso di
Laurea in Scienze e Tecniche e ho frequentato il laboratorio di applicazioni
cliniche nell’ambito della psicologia della disabilità e della riabilitazione.
Il laboratorio è stato tenuto e condotto principalmente dal professore P.
Caponnetto, mediante l'ausilio dei suoi assistenti dal martedì 22 al giovedì
24 Novembre, e nelle giornate del 29 e del 30 Novembre 2023.

2. Contenuti del laboratorio


Il laboratorio si è tenuto nell'arco di cinque giorni:
Il primo giorno di laboratorio è stato discusso il tema del deficit di
attenzione e di iperattività.
Il disturbo da deficit dell'attenzione e dell'iperattività è un argomento che
mi interessa molto, e sono molto soddisfatta di come quest'ultimo è stato
trattato.
In particolare è stata una giornata di laboratorio nella quale ho appreso
nozioni nuove riguardo una tematica molto importante.
Il dott. Sebi Barbagallo ha specificato nel particolare come l'ADHD sia più
frequente nei maschi piuttosto che nelle femmine con un rapporto pari di
3:1, e che le prime evidenze del disturbo si possano avere già intorno al
terzo anno di vita del soggetto.
Sono stati sottolineati i principali equivoci relativi all'ADHD (il bambino
con tale disturbo è in genere distratto, iperattivo, dispettoso e capriccioso,
tende a non seguire le regole impostegli e soprattutto è stato sottolineato
come molte perone tendono a pensare che l'ADHD scompaia con l'età. →
è strato studiato quindi che esso può essere trattato attraverso l'assunzione
di farmaci a base di Metilfenidato e Atomoxetina, ma che non tutti i
pazienti ne traggono beneficio), e i principali strumenti standardizzati
utilizzati per la diagnosi, necessaria per rendersi conto dell'eventuale di
presenza di altre eventuali patologie.
Particolare attenzione è stata poi rivolta alle manifestazioni che possono
essere associate all'ADHD (comorbità), come ad esempio l'ansia,
soprattutto nel corso dell'adolescenza o vari disturbi legati all'umore.
I disturbi depressivi e maniacali possono infatti associarsi o simulare un
ADHD in una percentuale variabile tra il 15 e il 75% dei casi.
E' stato evidenziato come la frequenza di DEPRESSIONE e ANSIA in
bambini DDAI e nei loro genitori è maggiore rispetto alla popolazione
generale, sia in campioni clinici che in studi epistemiologici, e si
manifestano tramite determinati aspetti comportamentali (rallentamento in
tempi di decisione, irrequietezza, cambio di postura frequenti ed evitante
contatto oculare).

Giorno 24 novembre dalle ore 8 alle ore 10, si è svolto, in modalità


frontale, il laboratorio con ospite l’allenatrice ed ex cestista Gabriella Di
Piazza che ci ha spiegato il suo esordio e le sue problematicità come
allenatrice di una squadra composta da persone con disabilità motorie.

A differenza degli altri incontri, la disabilità della quale abbiamo parlato in


questo giorno di laboratorio non era una disabilità intellettiva o cognitiva,
bensì motoria. Infatti tutti i giocatori di questa squadra erano in sedia a
rotelle. L’allenatrice ci ha raccontato che, anche se aveva già allenato altre
squadre, questa è stata la sua prima volta con una squadra con disabilità.
Con l’aiuto di alcuni video dei loro allenamenti ci ha mostrato in cosa
consiste il suo lavoro e come sprona i ragazzi. Ci ha raccontato anche di
alcuni suoi errori nel parlare e nell’agire, dettati dall’inesperienza con la
disabilità, e di come gli atleti l’hanno accolta e mai fatta sentire diversa o
inadeguata.
Ci ha spiegato come funziona la trasferta di una squadra con disabilità.
Con l’ausilio dei video siamo stati in grado di vedere come loro
utilizzassero il basket come via di fuga e si sentissero liberi mentre lo
praticavano.

In conclusione questo laboratorio mi è piaciuto particolarmente perché,


piuttosto che avere una dottoressa di fronte, avevamo un’allenatrice che,
non sapendosi inizialmente rapportare con casi di disabilità, molte volte ha
sbagliato e proprio per questo non sono stati solo i ragazzi ad imparare da
lei, ma lei ad imparare da loro. Avrei preferito però che oltre ai video ci
fosse stata anche qualche testimonianza fisica di qualche ragazzo.

Il terzo giorno è stato affrontato il tema dell'IPNOSI e del


NEUROFEEDBACK.
Argomento fondamentale posto in relazione con esso fu l'IPV (intimate
partner violence), e in particolare l'obiettivo del progetto a noi proposto nel
corso del laboratorio era quello di valutare se l'ipnosi combinata con la RV
(realtà virtuale), potesse essere un metodo funzionale ed efficace per il
trattamento di disturbi sviluppati da soggetti vittima di IPV.
Per IPV si intende La violenza del partner o ex partner, intesa come
violenza domestica, violenza coniugale o nelle relazioni di intimità.
L’espressione violenza domestica designa tutti gli atti di violenza fisica,
sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della
famiglia o del nucleo famigliare o tra attuali o precedenti coniugi o partner,
indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia
condiviso la stessa residenza con la vittima.
L'IPNOSI è uno stato di coscienza alternativo, spontaneo e indotto, in cui
l'individuo sviluppa una concentrazione focalizzata su uno scopo o su
un'immagine, con l'obiettivo di ridurre o risolvere i propri problemi,
cambiare un comportamento e ridurre lo stress.
La REALTA' VIRTUALE è una forma di tecnologia immersiva che
permette ai soggetti di agire direttamente in una realtà simulata, mediante
dispositivi informatici come i visori.
Argomento centrale della giornata fu la ricerca effettuata, con una
descrizione dettagliata delle procedure seguite.
Il campione di ricerca è composto da 40 soggetti, randomizzati tra gruppo
sperimentale e gruppo di controllo, accomunate dall'esperienza di
vittimizzazione di Partner Violence (IPV).
I due gruppi hanno avuto esperienze diverse dal punto di vista del
trattamento:
1) il GRUPPO SPERIMENTALE ha partecipato a 8 sessioni di ipnosi
da 60 minuti ciascuna, con la frequenza di una volta a settimana per
due mesi;
2) il GRUPPO DI CONTROLLO ha partecipato invece a 12 sessioni da
60 minuti ciascuna, una volta a settimana. Durante le sessioni,
l'attenzione era posta principalmente sull'identificazione, espressione
e trattamento degli stati emotivi, così da permettere all'individuo di
investire le energie e le forze a disposizione in strategie funzionali da
un punto di vista comportamentale.

RISULTATI: tramite il trattamento con i visori e il metodo dell'ipnosi, i


soggetti sono riusciti ad acquisire una maggiore consapevolezza di sé e del
proprio valore, e hanno imparato a rivivere un'esperienza traumatica,
mediante strategie funzionali per il loro benessere psicologico.
E' stata una giornata molto interessante, è stato affrontato un tema
fondamentale soprattutto ai giorni di oggi, e l'averlo trattato in maniera
innovativa è stato apprezzato molto da me e dai colleghi presenti al
laboratorio.
PROGETTO ''BUIO IN SALA''

Giorno 29 novembre, dalle ore 8 alle ore 10, in modalità frontale, si è


tenuto un laboratorio con ospite un neolaureato in Tecniche della
Riabilitazione Psichiatrica che ci ha presentato il suo progetto “Buio in
sala”: un percorso riabilitativo a mediazione teatrale per soggetti con
disturbo dello spettro autistico.

Gli obbiettivi di tale progetto erano quelli del miglioramento


dell’interazione e dell’integrazione sociale oltre che il potenziamento delle
funzioni cognitive e delle abilità comunicative.
Il campione di ricerca comprendeva 10 individui maggiormente di sesso
maschile in una fascia di età compresa tra i 21 e i 42 anni. Il livello di ASD
era compreso tra l’1 e il 3 e la disabilità intellettiva era compresa tra
l’assente e il moderato. La comunicazione era non verbale solo in tre
soggetti e solo due avevano bisogno di farmaci.

L’intervento ha avuto una durata di sei mesi, le sedute avevano una durata
di un’ora e mezza/due ore con cadenza bisettimanale all’inizio, e
trisettimanale alla fine della procedura.
L’incontro era diviso in due parti: la prima con esercizi prettamente
teatrali e di recitazione; la seconda con le prove dello spettacolo portato in
scena, “Pinocchio: il Musical”.

Alla fine del progetto sono stati riscontrati tali risultati:


costante livello di attenzione e di concentrazione; buona capacità
mnemonica; inaspettata disponibilità ai cambiamenti; quasi totale assenza
di “comportamenti-problema” e di stereotipie; miglioramento del livello di
autostima; la performance finale, invece, si è dimostrata un strumento di
sensibilizzazione e la promozione all’inclusione sociale.
Il teatro si rivela quindi una fonte infinita di creatività, apprendimento e
trasformazione, risorse fondamentali nel processo verso il benessere e il
cambiamento.

A fine di questo laboratorio, mi sono sentita come partecipe del progetto


stesso. Infatti, a differenza degli altri laboratori dove la partecipazione era
quasi assente, in questo, grazie anche alla simulazione degli esercizi svolti
durante il progetto, mi sono sentita parte integrante di esso. Mi sarebbe
però piaciuto che la presentazione fosse stata anche arricchita da video
della performance finale o degli esercizi stessi.

DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO


Giorno 30 novembre, dalle ore 8 alle ore 10, in modalità frontale, in cui la
dott.ssa Greco ci ha parlato della sua formazione e successivamente del
suo lavoro. Poi ci ha fornito un quadro generale sull’autismo, sulla
prevalenza negli uomini e le cause dalle quali deriva il disturbo. Si è
focalizzata però in che modo e in che tempistiche deve essere studiato e
preso l’autismo.

La dott.ssa ha detto che l’intervento deve essere il più precoce possibile e


che molto spesso i genitori sottovalutano i primi sintomi e si allarmano
invece quanto il bambino a 4-5 anni presenta difficoltà nel linguaggio
vocale.
Ha spiegato anche che le liste di attesa sono lunghe nei centri
convenzionati e le terapie private non sono accessibili a tutti.
Ella ci ha fornito un questionario (M-CHAT, Modified Checklist for
Autism in Toddlers) che viene somministrato ai genitori per capire se il
figlio ha comportamenti anomali che possono essere correlati all’autismo.

In aggiunta ha detto che lo studio e la cura dell’autismo abbracciano


diverse discipline quali: logopedia, psicomotricità, psicologia, ABA e il
metodo Feuerstein.
Ci ha fornito anche il questionario per i genitori del test APCM-2
facendoci soffermare maggiormente sulla parte del linguaggio. Ci ha detto
che gli obiettivi variano da caso a caso, considerando le varie tipologie di
disturbo e le diverse età di inizio trattamento.
La dott.ssa ha anche spiegato varie modalità per fare emergere il
linguaggio verbale, ad esempio il gioco funzionale simbolico, il metodo
Zora Drezancic, il PECS o il CAA. I risultati saranno una rivalutazione
dopo tre mesi, miglioramento generale delle FE e miglioramento del
linguaggio.

Infine ci ha presentato alcuni esempi di casi clinici concludendo dicendoci


che ogni trattamento va personalizzato in base alle caratteristiche di
ciascun bambino, la presa in carico precoce è determinante per i risultati
che si possono ottenere ed è necessaria la collaborazione tra tutte le figure
professionali e la famiglia.

Lo studio di diversi casi clinici è stato molto interessante e mi è piaciuto


molto entrare nella cura di un caso clinico stesso, anche se avrei preferito
meno parte teorica e più parte pratica.

Conclusioni

Le giornate di laboratorio affrontate nel corso della fine di novembre


sono state molto interessanti, sia dal punto di vista formativo, che da un
punto di vista proprio umanitario.
Il progetto 'Buio in sala' è stato secondo me l'argomento più
interessante trattato, poiché è la perfetta dimostrazione di come la
disabilità non costituisca un limite per il soggetto, quanto piuttosto lo
siano i pregiudizi delle persone e del contesto sociale di appartenenza.
Mi piacerebbe molto assistere a uno spettacolo organizzato da
cooperative il cui cast è composto da soggetti con disabilità, poichè si può
imparare tanto da ogni persona, ma soprattutto nel caso di individui con
disabilità, si può riuscire a guardare il mondo con occhi diversi, più belli.

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