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Graziella Federici Vescovini

MEDIOEVO MAGICO
La magia tra religione e scienza
nei secoli XIII e XIV

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Finito di stampare nel mese di maggio 2008 da Litopres, Druento


(Torino), per conto della UTET Libreria
Indice

IX Premessa
Xl Introduzione

3 Parte prima
5 Capitolo I - Le fonti
5 I. La magia filosofica arabo-latina medievale dei secoli IX-XII
5 l. Alkindi
14 2. La tradizione ermetica astrologica magica arabo-latina dei secoli
IX-XII
a) «Picatrix», p. 14 - b) Gli scritti ermetici astrologici attribuiti a Thebit. I
libri delle immagini dei pianeti, p. 18 - c) Il «Libro dei prestigi» di Elbidis
secondo Tolomeo ed Ermete, p. 20 - d) I «Libri dei pianeti dalla scienza di
Abele» secondo la magia ebraica, p. 20 - e) La «Tavola di smeraldo» nel­
le tre redazioni latine e l'ermetismo alchemico, p. 24 - f) La magia «plato­
nica» araba: il «Liber vacce sive aneguemis sive Leges Platonis» (sec. IX­
XII), p. 27
30 II. L'ermetismo filosofico medievale (XII secolo): teologico («Il libro
dei 24 filosofi»), cosmologico («Il libro dei sei principi delle cose»)

33 Parte seconda a) Il demonio e la demonologia


35 Capitolo Il - Guglielmo d'Alvernia, la demonologia cristiana e la magia
naturale
47 Capitolo lii - Michele Scoto che «delle magiche frodi seppe il gioco»
47 1. La stregoneria nel secolo XIII
51 2. La «vetula»
55 3. Michele Scoto
60 4. Dio e l'universo
62 5. L'uomo microcosmo
64 6. La magia, le scienze e la filosofia
VI Indice
71 Capitolo IV - Il demonio e la caduta dell'angelo: Tommaso d'Aquino, la
liberazione dai demoni; la magia come superstizione
73 1. Natura e azione del demonio
74 2. Il male
78 3. L'inefficacia dei demoni secondo Tommaso d'Aquino: la loro caduta
79 4. Pietro Lombardo
81 5. La natura dei demoni: è incorporea
83 6. Le operazioni magiche
83 7. La caduta
87 8. Le arti magiche, superstizione ed eresia
91 Capitolo V - Due trattati filosofici sui demoni: «La sostanza e la natura
dei demoni» di Vitellione e «La confutazione dei malefici dei demoni»
di Arnaldo di Villanova
91 1. Il «De substantia et natura daemonum» di Vitellione (1230 circa,
t post 1270)
97 2. Arnaldo di Villanova e la «Confutazione dei malefici dei demoni»

101 Parte seconda b) Le sostanze separate e gli angeli


103 Capitolo VI - Una fonte delle teurgie neoplatoniche all'inizio del secolo
XIV: le sostanze separate, angeli e demoni nell'«Enciclopedia» di Enri­
co Bate di Malines (1281-1305)
115 Capitolo VII - La magia angelica
115 1. La magia ebraico-latina: la magia angelica salomonica
a) Il «Liber Raziel (Razielis)» o il «Libro dei segreti di Salomone», p. 115 -
b)La «Clavicula Salomonis»,p. 120- e) Il «Liber Almandal» (o «Almandel,
Almadel»), p. 123 - d) Il segreto nella magia rituale salomonica, p. 124
125 2. L'angelologia cristiana
a) Tommaso d'Aquino e l' «Ars notoria», p. 128 - b) San Bonaventura, p. 130
- e) «LeLlibre delsAngels»diFrancescoEiximenes (circa 1330-1409),p.132
133 3. La magia angelica cristiana
a) L'«Ars notoria» o «Ars nova», p. 133 - b) L'«Ars paulina», p. 138 - e) Il
«Liber iuratus sive sacratus», p. 142
149 Capitolo VIII- In cammino dalla superstizione magica all'eresia. La Con­
sultazione sulla magia di Giovanni XXII del 1320 e Enrico del Carretto
152 1. La consultazione sulla magia del 1320 e la risposta di Enrico del
Carretto, Vescovo di Lucca. L'equiparazione di magie a eresia
156 2. La consultazione del 1320
157 3. I dieci esperti e Enrico del Carretto
165 4. La condanna della magia come eresia a Parigi del 1398

169 Parte terza ];occulto


171 Capitolo IX - L'occulto e la magia naturale
171 1. L'occulto e gli «equivoci» della magia naturale
Indice VII
a) Alberto Magno e la magia naturale, p. 174 - b) Lo «Speculum astrono­
miae», p. 178
180 2. La«Virtus occulta» e la scuola di medicina di Montpellier: Nicola
da Polonia e Arnaldo di Villanova
a) Nicola da Polonia, p. 183 - b) Arnaldo di Villanova, p. 185 - c) Pietro
d'Abano, p. 192 - c.1) La causalità astrologica, p. 192 - c.2) Le immagini
ermetiche, p. 194 - c.3) Le complessioni dei pianeti, p. 196 - c.4) La forma
specifica, p. 198
204 3. Nicole Oresme e la concezione della«magia» naturale come«filo-
sofia» naturale o le meraviglie della natura
a) il« De configurationibus qualitatum et motuum», p. 206 - b) Le mera­
viglie del mondo, p. 209
210 4. Un necromante a Bologna alla fine del secolo XIV, il «De occultis
et manifestis sive Liber intelligentiarum» di Antonio da Montolmo
(de Monte Ulmi)
220 5. Un manuale di necromanzia del secolo XV (il ms. Monaco CLM
849, ff. 3r-108v)

223 Parte quarta Magia e religione


225 Capitolo X - Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia
mondiale. L'oroscopo delle religioni
228 1. Tolomeo
232 2. L'astrologia araba
236 3. Albumasar o (Abu-Masar)
239 4. L'accadimento futuro come previsione possibile
242 5. Gli«Estratti dei segreti» di Albumasar secondo Sadan
243 6. Il«De magnis coniunctionibus»
245 7. La teoria delle Grandi Congiunzioni e Ruggero Bacone
249 8. Enrico di Harclay (1312-1317) e l'avvento dell'Anticristo
253 9. Una tarda disputa di storia astrologica universale. Pierre d'Ailly e
Abramo Savosarda
a) Abramo bar Hiyya (Savosarda o Savosorda), p. 257 - b) Il «Liber de
redemptione Israhel», p. 259 - c) Pierre d'Ailly (1350-1420), p. 266 -
d) l'«Elucidarium», p. 269
277 Capitolo XI - Nigromanzia e astrologia tra religione e scìenza. Il caso fu-
nesto del nigromante Cecco d'Ascoli
281 1. Vite.e opere
282 2. La Sfera
288 3. Perché fu bruciato Cecco d'Ascoli? Le condanne
292 4. Alcuni documenti della condanna
295 5. L'iter formale
300 6. La leggenda della fine di Cecco d'Ascoli
VIII Indice
303 7. Registro della condanna dalla copia riccardiana dd secoloXV: «De
magistro Cecho de Ascuolo quare combustus sit»
305 8. Le arti magiche nel trattato «De hereticis» di Zanchino Ugolini
(1335-1340)
309 9. Gli operatori di magia secondo Zanchino

313 Parte quinta Magia e scienze


315 Capitolo XII - Magia e matematica. La classificazione delle scienze magi­
che, magia e immaginazione. Taddeo da Parma, Bologna 1318
a) La magia come matematica impropria, p. 319- b) La classificazione dd­
le arti magiche, p. 319
323 Capitolo XIII - Magia e astronomia. Astrologia e pronostico medico, di­
fesa della «vera» astrologia delle immagini come scienza razionale di
Pietro d'Abano contro la superstizione magica. L'immaginazione
a) L'astrologia è una scienza certa, p. 323 - b) I libri necromantici osceni e
corruttori, p. 329 - c) Le orazioni, p. 336 - d) L'immaginazione, p. 338
34 7 Capitolo XIV - Pietro d'Abano tra scienza e magia
369 Capitolo XV - Magia, medicina e religione
a) Il «De sigillis», p. 370 - b) Problemi della definizione dd contenuto dd «De
sigillis», p. 372 - c) L'importanza della devozione e delle preghiere cristiane
per l'efficacia dei sigilli, p; 378 - d) L'attribuzione dd «De sigillis», p. 393
403 Capitolo XVI - Un caso di razionalismo estremo e la negazione dei de­
moni. Biagio Pdacani da Parma «doctor diabolicus»
403 Astrologia e scienza
a) Il materialismo astrologico di Biagio. La causalità astrale, p. 405 - b) L'oro­
scopo delle religioni e Albumasar, p. 4 1 1 - e) Dimostrazione astrologica dd­
l'esistenza di Dio, p. 4 14 - d) La libertà, p. 4 16 - e) Astrologia naturale e non
magico-demoniaca, p. 4 18 - f) Conclusione, p. 422
Appendici
425 l. Condanna di Cecco d'Ascoli
427 2. La classificazione delle scienze magiche secondo Taddeo da Parma
(1318)
4 35 3. I sigilli cosiddetti arnaldiani
441 4. La visione delle scienze liberali con l'astrologia al sommo di Biagio
Pdacani da Parma (1386)

445 Bibliografia scelta


473 Indice dei manoscritti
479 Indice dei nomi
Premessa

Il Medioevo non è più un'epoca chiusa, tende ad aprirsi e a rivelarsi in


tutta la sua complessa diversità. La recente storiografia si è arricchita di
contributi ed iniziative sì da configurarsi più come uno studio del «pen­
siero» medievale, piuttosto che della teologia o della filosofia medievale.
Non solo, nuovi testi di spiritualità o di liturgia, ma anche opere di scien­
ziati e di tradizioni esoteriche più o meno sotterranee, sono stati presi in
considerazione. Il panorama storiografico degli ultimissimi anni è così
uscito dagli schemi esemplificativi delle interpretazioni della filosofia
medievale della prima metà del nostro secolo, sia come filosofia Scolasti­
ca, sia come sistema aristotelico-neotomista (immagine per la quale si è
avuto indubbiamente il merito di una rinascita degli studi di filosofia me­
dievale), sia come filosofia «cristiana». Se di Scolastica si è parlato, ciò
dovrà intendersi nel senso generalissimo di dottrine delle Scuole (De
Rijk) 1 e meno di «concordismo scolastico» tra fede e ragione pur inne­
gabile. Negli ultimi studi serpeggia, come un presupposto non più tanto
sotterraneo, ma assai evidente, una interpretazione positiva della filoso­
fia medievale nel suo complesso, per la quale essa non è più racchiusa nei
limiti di un orizzonte esclusivamente sovrannaturale, oppure totalmente
dipendente dalla filosofia di Aristotele o di Platone, ma è indipendente,
nel senso di avere sviluppato temi propri2, come la disputa sugli univer­
sali, i trascendentali, la logica proposizionale, una metafisica rinnovata,
una scienza della previsione, una mistica elaboratissima, secondo una po­
larità tra trascendentalismo ed empirismo, visionarismo e razionalismo,

1
L.M.DE RIJK, La philosophie au moyen age, Brill, Leida 1985, pp. 15-22. Cfr anche
M.A. DEL TORRE (a cura di), Interpretazione del Medioevo, Il Mulino, Bologna 1979,
pp, 7-26.
2 Cfr. A
. DE MURALT, I.:enjeu de la philosophie médiévale. Études thomistes, scotistes,
occamiennes, grégoriennes, Brill, Leida 1991.
X Premessa
che sarà ricca di sviluppi nei secoli successivi. La filosofia medievale nei
testi, nelle opere effettive dei maestri, si configura sempre più come una
analisi delle idee, delle forze razionali in cui si espresse un risveglio in­
tellettuale che si-celava sotto gli esercizi di quella che da Condillac, con
disprezzo, era stata chiamata l'ars rixosa. Il pensiero medievale, poi, non
solo nella sua forma di filosofia istituzionale di Scuola enunciata nelle let­
ture di commento, ma anche in generi letterari meno noti, si presenta
sempre più come una elaborazione originale nello scarto tra ciò che l' Au­
tore aveva detto e come veniva interpretato, e questa differenza si con­
cretizzò in una mole di dottrine e di filosofie totalmente nuove che, solo
per gli studi più recenti, cominciano ad essere conosciute nelle loro arti­
colazioni.
Questo Medioevo «magico» rientra in tale quadro. Nel corso del la­
voro saranno individuate quelle fonti magiche sotterranee e quasi non
conosciute, che appartengono al patrimonio delle filosofie ellenistiche
arabe, ebraiche e orientali, occultate nel Medioevo cristiano fino a quasi
scomparire, le quali esploderanno nel Rinascimento, e lo sforzo compiu­
to dai maestri delle diverse scuole medievali per adattarle, trasformarle o
completamente respingerle.

Alla fine di questo lavoro sono lieta di ringraziare Jean-Patrice Bou­


det con il quale ho avuto frequenti scambi di idee sugli argomenti co­
muni; Nicholas Weill-Parot per le utili conversazioni che hanno contri­
buito a chiarirmi molti temi «oscuri», come pure Vittoria Perrone Com­
pagni per le fonti ermetiche. Un ringraziamento particolare a Régis
Morélon, al caro padre Louis-Jacques Batallion, per i preziosi suggeri­
menti che non sono mai venuti meno in questi anni, a Michael McVau­
ght, a Josef Ziegler per le problematiche della medicina, e infine a Mas­
simo lntrovigne per l'interessamento manifestato per questo lavoro e le
preziose indicazioni bibliografiche.

Dedico questo libro alla cara nipotina Flavia che mi è sempre stata vicina.
Introduzione

La magia tra religione e scienza nel medioevo (secoli XIII e XIV):


definizioni e problematiche
Intento di questo lavoro è di portare un chiarimento, per quanto sarà
possibile, su un tema assai discusso e controverso': esso concerne un pe­
riodo dai confini cronologici incerti quale il Medioevo appunto, quell'età
dalle definizioni contrastanti e costruite per lo più polemicamente dai
moderni, che la rappresentarono come l'età della superstizione e dell'i­
gnoranza pervasa da una mentalità magica: un medioevo magico. Dopo
le ricerche del secolo scorso e quelle più recenti da parte di storici, so­
ciologi, antropologi, psicologi inoltre le definizioni della magia, i suoi
rapporti con la religione o con la scienza, non sono concordi e sono aper­
te al confronto e alla discussione.
Il metodo di questa ricerca sarà di carattere analitico-documentario;
pertanto saranno esaminate, nel loro contesto storico, le opere anche ine­
dite che riguardano il nostro argomento di alcuni autori, che ci sono
sembrati esemplari: quei filosofi, teologi e scienziati che hanno elabora­
to una teoria della magia nel suo carattere globale e così in relazione sia
alla religione che alla scienza (o alle scienze). Viene così a delinearsi una
storia della magia che (direttamente o indirettamente) è anche una storia
della filosofia (o della scienza) e che tocca le relazioni con le elaborazio­
ni della teologia, dato il carattere globale del pensiero medievale. Supe­
reremo di poco il secolo XIV poiché la nostra ricerca si arresterà a una
data precisa che segna una svolta nella idea di magia medievale sia sul
piano dottrinale che sul piano storico: ossia la fine del secolo XIV (1398)

1
J .M. MANDOSIO, Problèmes et controverses: à propos de qualques publications ré­
centes sur la magie au Moyen Àges età la Renaissance, «Aries, Journal for the Study of
Western Esotericism », 2007, 7, pp. 207-25.
XII Introduzione
e gli inizi del XV, quando il clima generale cambia in Italia e altrove; si
afferma l'Umanesimo con i primi umanisti fiorentini e, con la filosofia di
Marsilio Ficino e la sua traduzione del corpus hermeticum, si diffonde la
magia filosofica del Rinascimento. Inizia allora da un lato l'equazione di
magia uguale eresia con la codificazione degli attributi della Strega nel ri­
tratto del Maglio delle Streghe (Mallaeus male/icarum) di Kramer e
Sprenger e dall'altro si diffonde in Europa la magia filosofica dotta dei
grandi maghi del Rinascimento (Ficino, Pico, Agrippa, Tritemio, Bruno)
e, a livello popolare, la caccia alle streghe.
Non saranno prese dunque in considerazione gli aspetti folkloristici,
sociologici, psicologici e antropologici di quell'immaginario fantastico
che ha ricostruito il Le Goff nel suo Medioevo immaginario. Né tanto­
meno esamineremo quella interpretazione psicologica-psicoanalitica
della magia operativa che sottolinea il carattere distintivo della magia
come vincolo psichico tra un soggetto mago-operatore e un oggetto del
vincolo magico: quella concezione della magia pneumatica esemplar­
mente spiegata nel De vinculis di Bruno ed egregiamente analizzata negli
studi diJean Couliano sulla magia erotica e la sua rappresentazione psi­
coanalitica nel Rinascimento europeo2 •
La magia del vincolo fantastico o immaginativo, essenzialmente sim­
patetico, scaturisce dall'idea di una animazione universale totalizzante,
nasce da una filosofia di stampo neoplatonico, che fu però poco operan­
te nel Medioevo, pervaso da un largo aristotelismo anche se composito.
Per i neoplatonici le attività dell'anima erano quadripartite poiché han­
no una funzione centrale i sensi interni quali la fantasia e l'immaginazio­
ne, facoltà intermedie3 tra la ragione e la sensazione (al di sopra delle
quali sta l'intelligenza), esse erano considerate gli organi precipui della
magia. La psicologia di Aristotele era invece tripartita e poco spazio era
dato alle facoltà intermedie da cui dipenderebbe la visione magica. Que­
sta concezione della magia è centrata infatti sull'idea di similitudine fra
le cose e su quella del legame simpatetico tra tutti gli esseri animati e ina­
nimati, frutto dell'immaginazione psichica.
Ci soffermeremo su filosofi, teologi o scienziati siano essi medici, ot­
tici o astronomi, facendo parlare le loro opere su argomenti centrali per
la comprensione della magia medievale: ci chiederemo 1) se la magia me-

2 Cfr. J
.P. COULIANO, Storia del fantastico, in ID., Eros e magia nel Rinascimento, pre­
fazione di Mircea Eliade, Il Saggiatore, Milano 1987, pp. 15-52.
3
Sul ruolo delle facoltà intermedie o sensi interni cfr. ora gli studi raccolti nd volume
a cura di G. FEDERICI VESCOVINI, V. SORGE, C. VINTI, Corpo e anima, sensi interni e in­
telletto dai secoli XIII-XIV ai post-cartesiani e spinoziani, Brepols, Tumhout 2005 (Textes
et études du moyen age, 30).
Introduzione XIII
dievale si definisca come « scienza» dell'occulto; 2) oppure in altro
modo, più generale, come magia « destinativa»4, secondo la felice defini­
zione di Nicolas Weill-Parot; 3) in un modo misto tra questi; 4) o ancora
come magia « naturale».
In questo quadro, nello studio della magia medievale l'astrologia (e la
medicina che ne dipenderebbe) assume un ruolo centrale per qualifica­
re la magia stessa, in quanto scienze che studiano la natura (celeste o
umana), ma anche la religione poiché, secondo una tradizione orientale,
persiana e egiziana (ermetica), lo studio degli astri (astronomia) si era as­
sociato al culto delle divinità astrali e, pertanto, si era configurato come
una astrolatria. Il percorso teorico di questa dottrina magico-religiosa
pagana che dalla bassa latinità penetra nel cristianesimo, ha una battuta
d'arresto nell'opera di Agostino, quindi è espunta ogni astrolatria nell'a­
strologia naturale di Tommaso d'Aquino, tra i teologi, e di Pietro d' Aba­
no e di altri, tra i filosofi e medici medievali. Riemerge poi nel Rinasci­
mento nell'ermetismo neoplatonico di Marsilio Ficino e di Agrippa.
Questa linea di percorso sarà uno dei temi centrali di questa ricerca. Una
storia della magia e una storia della filosofia medievale condividono così
una fonte comune, che è, da un lato, la religione e dall'altro la scienza,
considerata come astronomia definita la « scienza del movimento del tut­
to», scientia totius o cosmologia.
Questo lavoro non sarà tanto a carattere espositivo (solo là dove sarà
necessario), il che non aggiungerebbe molto alla monumentale storia del­
la magia e delle scienze sperimentali dell'illustre Thorndike5 , quanto in­
vece intende mettere in luce gli orizzonti categoriali, i concetti limite che
stabiliscono i confini tra magia, scienza e religione, là dove esistono, e a
quali fondamenti filosofici, o principi religiosi, o concezioni della scien­
za si riferiscono. Essi sono rintracciati nelle dottrine di alcuni autori so­
prattutto del XIII e XIV secolo, le cui analisi puntuali o le posizioni pro­
grammatiche hanno rappresentato dei momenti salienti nella storia del­
la magia medievale, sia per i chiarimenti apportati, sia per le incertezze o
gli equivoci che hanno introdotto, come esemplare la poca chiarezza del
termine della cosiddetta magia « naturale». La magia ha sempre avuto
dei confini incerti e il triangolo magia religione e scienza è apparso ine­
vitabile. È dato rilevare nelle opere degli autori esaminati la coincidenza

4 Per questa definizione cfr. N. WEILL PAROT, Science et magie au Moyen age, in]. HA ­
MESSE (a cura di), Bilan et perspective des études médiévales (1 993-1 998), Brepols,
Tu rnhout 2004, pp. 5 37-38.
s L . THORNDIKE, A History o/ Magie and Experimental Science, Macmillan, New
York 1923 ss. 8 vv.
XIV Introduzione

dei temi magici con problemi6 metafisici, religiosi, naturali o fisici, co­
smologici e logici, nonché morali.
Tuttavia diversamente da come ha sostenuto Thomdike, che tutta la
storia del pensiero occidentale non sia altro che una storia della magia
consistente in uno stato mentale che abbraccia tutti i livelli della condi­
zione umana, questa ricerca ha lo scopo più modesto di soddisfare le esi­
genze di un lavoro di storia intellettuale riguardante la religione, la filo­
sofia e la scienza del Medioevo, là dove trattando di magia si associa la
razionalità alla superstizione, la natura alla sovrannatura, l'evidente al­
l'occulto. Nell'analisi della magia e delle cosiddette «scienze» magiche
(le matematiche proibite) è dato rintracciare una terminologia vasta e
spesso equivoca, come occulto, segreto, analogia, affinità, corrisponden­
za, armonia, simpatia, divinazione, caratteri, nomi, parole e segni «effi­
caci» o meno, che presentano una grande diversità di significati.
Altro argomento centrale del presente lavoro sarà districare gli equi­
voci della cosiddetta magia «naturale» nel Medioevo, sia a livello reli­
gioso-teologico, che sul piano scientifico-medico-astrologico, ottico. Si
arriverà a ricostruire una definizione di magia in cui le nozioni di occul­
to, di spirito, di demone o di angelo sia nella magia ebraica salomonica
che cristiana (ars notoria) con il loro rituale destinativo, assumeranno
una funzione centrale, arrivando pertanto a centrare i due aspetti essen­
ziali della magia «destinativa» che sono la teurgia cerimoniale e la divi­
nazione astrale. Anche a questo proposito si vedrà come diverse siano
state le concezioni di necromanzia (o nigromanzia) in relazione all'astro­
logia nella classificazione delle arti magiche presentate nelle più impor­
tanti enunciazioni date da Isidoro di Siviglia, Rabano Mauro o più tardi
Michele Scoto, il mago per eccellenza, o l'autore dello Speculum, di Pie­
tro d'Abano e di Taddeo da Parma e numerosi altri autori. Io mi soffer­
merò su alcune di queste classificazioni soprattutto della fine del secolo
XIII e inizi del XIV in quanto molto più dettagliate e articolate delle pre­
cedenti anche per la contaminazione dell'ordinamento delle scienze dato
dai filosofi arabi dei secoli IX-XII con quelle dell'antichità, conosciute
adesso agli inizi del XIII per le traduzioni toledane.
Tra queste precisazioni terminologiche una tra tutte ci appare privile­
giata per una esigenza di chiarimento. Cosa è stata la magia «naturale»
nel Medioevo? Quale magia? È la stessa cosa della magia «destinativa»?
Una prima considerazione è indispensabile se si osserva che per il perio­
do esaminato è stata elaborata dai filosofi, teologi e dotti del tempo il

6 Si veda anche S. TOUSSAINT, Les raisons de la magie. Un coup d'oeil philosophique,


« Critique (2000 ans de magie) », 2003 , 59, pp. 473 -83 , in particolare pp. 480-8 1 .
Introduzione xv
concetto di superstizione entro il quale veniva inglobata la magia eredi­
tata dall'antichità greco-romana, che veniva così espulsa dall'ambito ra­
zionale, sia scientifico che religioso. Il Medioevo sul piano intellettuale e
filosofico è stato anti-magico per eccellenza, qualora per magia si inten­
da qualunque procedimento in cui intervenga l'uomo per ottenere certi
effetti con l'aiuto di entità esterne: per esempio per conoscere il futuro
(divinazione) , processo che non obbedisce alla causalità ordinaria, ma è
qualcosa di artificioso di cui si ignora la dinamica (occulto) . La nozione
di magia simpatetica fondata sull'armonia cosmica fu estranea al Me­
dioevo latino e fu una riscoperta della magia filosofica dell'arabo Alkin­
di (sec. IX) elaborata nella sua Theorica artium magicarum) (tradotta nel
XII secolo) , da parte dei grandi filosofi del Rinascimento.
La magia dunque ha come termine di riferimento la scienza; concer­
ne saperi ed esperienze, credenze e verità, e quindi riguarda anche il so­
vrannaturale e pertanto la religione.
Così quando ci si interroga sui rapporti tra scienza e magia nel Me­
dioevo, c'è sempre da considerare in questa domanda quel terzo termine
che è il principio religioso, e in tal modo nell'orizzonte della magia oltre
alla scienza compare la religione. Così negli autori citati del Medioevo
che erano cristiani e che trattarono di magia le loro dottrine sono spie­
gate in funzione di questi tre poli. Ma nel quadro del sapere scientifico
medievale l'astronomia se considerata come scienza, oppure come sape­
re erroneo (astrologia divinatrice) costituisce la zona di confine.

Magia e religione
Wouter J. Hanegraaff nella voce di Introduzione alla Magia in generale7
(Magie) ci propone le principali interpretazioni che sono state date negli
ultimi decenni, distinguendole in «intellettualiste» (di Taylor) , di «fun­
zionaliste» (di Marce! Mauss e Emile Durkheim) e in un terzo modo, di
«partecipazione» alla maniera di Lucien Lévy -Bruhl e di Bronislaw Ma­
linosky. Essi la intendono come «partecipazione» che sarebbe una co­
stante di tutte le società sia primitive che evolute, e questa definizione ha
dato lo spunto alle più recenti discussioni. Secondo questa terza spiega­
zione la magia di «partecipazione» consisterebbe nell'idea di una con­
sustanzialità o identità tra cose o persone, sen za l'assunzione della pre­
senza di legami o vincoli intermediari8 • Taylor distinse all'inizio dei suoi

7
W.J. HANEGRAAFF, Magie I, lntroduction, in A. FAIVRE, R. VAN DEN BROEK, J.P. BRACH,
BRil..L (a cura cli), Dictionary o/Gnosis and Western Esotericism, Leida; voi. II, 2005, ad vocem.
8
E.B. TAYLOR, Primitive Culture, Murray, Londra 1980; J.G. FRAZER, The Golden
Bough, MacMill an, Londra 1951; M. MAUSS, Esquisse d'une théorie générale de la magie,
XVI Introduzione

studi la magia, basata sull'errore di confondere una analogia con una


connessione reale, dalla religione e dalla scienza, ma poi la confuse con
la religione affermando in un articolo dell'Enciclopedia Britannica (vol.
15, 9a ed., pp. 199-206) che sia nella magia che nella religione si crede in
interventi sovrannaturali per l'intervento di spiriti, anche se la magia di­
penda non da esseri spirituali, ma da poteri immaginati e dall'idea di cor­
rispondenze nella natura. Frazer sostenne una evoluzione nella magia se­
condo tre stadi: il primo primitivo religioso, poi quello magico, infine
quello scientifico e si valse della categoria generale di «simpatia» che
qualche volta esclude l'intervento degli spiriti (magia simpatetica). Il se­
condo modo funzionalista di considerare la magia, quello di Mauss e
Durkheim sottolinea gli aspetti operativi, dei rituali, delle procedure,
degli incantesimi, e fa emergere la categoria propriamente magica,
che sarebbe il rito fondato sul principio dell'occulto, del segreto e del
proibito. Questo approccio antropologico e sociologico9 ha condotto
Durkheim ad elaborare la sua nota tesi nello studio Les /ormes elémen­
taires de le vie religieuse del 1912, secondo la quale si può porre una net­
ta distinzione tra magia e religione perché la religione ha una forma isti­
tuzionale e sociale che è la chiesa, mentre i maghi hanno solo delle con­
venticole private e chiuse. In altre parole la religione è un fenomeno so­
ciale, mentre la magia è sostanzialmente a-sociale e privata 10 •
Tutte queste interpretazioni rivelano quante siano diverse le posizio­
ni sulla magia, soprattutto in relazione alla religione. In questo studio
vorrei solo portare un chiarimento della magia «nel Medioevo», sulla
base delle formulazioni delle opere degli autori esaminati, soprattutto
dei secoli XIII e XIV, in relazione ad alcune categorie fondamentali che
possano chiarire meglio che cosa si debba assumere per magia in questo
periodo. Essa è considerata nelle sue relazioni ma anche nelle sue distin­
zioni rispetto alla scienza e soprattutto alla religione, cristiana in questo
caso. Il rapporto con la religione non fu solamente un fatto di repressio­
ne dogmatica di poteri inquisitoriali, una «purely theological notion»

in Sociologie et anthropologie, PUF, Parigi 1950, trad. italiana insieme a H. Hubert,


H.HUBERT, M. MAUSS, Teoria generale della Magia, Club del Libro Fratelli Melita, Peru­
gia 198 1 ; B. MALINOWSKI, Magie, Science and Religion and Other Essays, Wareland, Pro­
spect Heights li. 1992.
9
Sugli approcci sociologici e funzionalisti a proposito dei rapporti tra magia e reli­
gione si veda M. INTROVIGNE, (Religion and Magie. A Paper presented at the North Ame­
rican Con/erence on Esotericism, Michigan State University, Kellog Center, June 3-6 2004,
in relazione anche alle recenti discussioni sulle definizioni di religione e magia di
R. STARK, Exploring the Religiosy Li/e, Johns Hopkins University Press, Baltimora 2004
in partcolare le sue critiche alla tesi durkheimiana).
10
DURKHEIM, Les /ormes, cit., p. 61.
Introduzione XVII
ch e è stata «uncritical adapted», la quale apparterrebbe al campo delle
polemiche teologiche interne del cristianesimo come ha sostenuto Ha­
negraaff1 1 . Cercheremo di chiarire invece le posizioni dei teologi e dei fi­
losofi naturali o medici che criticamente e consapevolmente sulla base di
elaborazioni razionali separarono la magia dalla religione e la magia dal­
la scienza. L'analisi sarà complessa, perché su alcune categorie cosiddet­
te magiche come l'occulto o la magia «naturale» sono state proiettate su­
gli autori del tardo Medioevo le posizioni assai diverse, ma ben definite,
della magia filosofica del Rinascimento, di Marsilio Ficino, di Agrippa,
di Pico o di Giordano Bruno.
Per quanto riguarda il problema della distinzione tra magia e religio­
ne e l'opposizione o il contrasto tra la religione e la magia che nel Me­
dioevo fu innegabile, come la distinzione della magia dalla scienza, oc­
corre fare alcune osservazioni a proposito di quanti, come Jan Bremmer,
negano questa opposizione 12 • A suo avviso questa distinzione è impossi­
bile perché non si possono ritrovare gli elementi di distinzione che, in­
vece, a mio parere, almeno nel Medioevo si possono rintracciare. Discu­
tendo con Versnel 13 che ritrova questa opposizione tra religione e magia
sulla base del consenso generale a un approccio etico nella considerazio­
ne di questa relazione-opposizione (come sociale-antisociale, buono-cat­
tivo, segreto-manifesto, ecc.), Bremmer non l'accetta e pone una serie di
critiche che in sostanza si indirizzano a che cosa sia da intendersi per re­
ligione e la allarga alla visione religiosa del paganesimo (il «politeismo»)
il quale invece fu espunto nel Medioevo. Il politeismo dell'antichità ave­
va negato la trascendenza e il sovrannaturale, era in sostanza antropo­
morfo sul modello degli dèi dell'Olimpo. Secondo filosofi come Cicero­
ne o gli stoici era un deismo a sfondo materialista (la divinità è lo pneu­
ma o il fuoco universale). Questo paganesimo fu espunto dalle religioni
monoteiste del cristianesimo, dell'islamismo e dell'ebraismo, nonché
dalla filosofia e dalla scienza medievale per riemergere nell'arte e nella fi­
losofia del Rinascimento 14 • Pertanto, secondo Bremmer, nell'antichità
greco-romana pagana, la magia identificata con la latreia, ossia con il suo
culto, era la religione e questa valutazione è estesa da lui anche al mon-

1 1 HANEGRAAFF, Magie, cit., col. 718.


1 2 J.N. BREMM�R, Magie and Religion, Appendix, in J.N. BREMMER, J.R. VEENSTRA (a
_
cura di), The Metamorphosis o/ Magie /rom Late Antiquity to the Early Modern Period,
Peeters, Lovanio 2002, pp. 267-71.
n Cfr. H.S. VERSNEL, Some Refleetion on the Relationship Magic-Religion, «Numen »
38 0991), pp. 177-97.
14 Cfr. A. WARBURG,
La rinascita del paganesimo antico . Contributi per la storia della
cultura raccolti da G. Bing, trad. di E. Cantimori, La Nuova Italia, Firenze 1966.
XVIII Introduzione

do contemporaneo, che coltiverebbe una religione politeista e relativista,


adoratore di idoli molteplici e materialista come nel mondo classico.
Anche se nel XII secolo in Andalusia si ebbe un incontro e uno scon­
tro tra le tre religioni monoteiste, innegabile storicamente è stata l' affer­
mazione del Cristianesimo nel Medioevo sia su base culturale che politi­
ca: una operazione iniziata dagli Apologisti e poi dai Padri della Chiesa
e quindi dai grandi filosofi e teologi della Scolastica medievale. Il tratto
comune delle tre religioni fu il monoteismo secondo una concezione del­
la realtà che distingue il naturale dal soprannaturale, secondo la nozione
di un Dio creatore unico e semplicissimo che esclude una gerarchia di es­
seri intermedi e di un capo (il Demonio) di questa gerarchia mediana di
esseri divini: la divinità è posseduta solo da Dio e divinità e Dio coinci­
dono. Questa idea è fondata sulla credenza nella garanzia che Dio dà al­
l'uomo per la propria salvezza sovrannaturale (l'immortalità dell'anima),
il che significa che Dio dà la certezza di una vita che va oltre i limiti cui
possono giungere i poteri riconosciuti come propri dell'uomo che si ar­
restano con la morte, e che il modo di azione di Dio è misterioso e im­
perscrutabile (i miracoli) .
Inoltre la religione monoteista prevede regole precise a ottenere e
preservare questa salvezza, che consistono nei riti e nelle cerimonie o le
«pratiche» del culto. Ora molti equivoci dei rapporti tra religione e ma­
gia riguardano proprio questo secondo aspetto, cioè i riti per cui la reli­
gione si ridurrebbe solo alle norme cerimoniali e alla devozione da parte
dell'individuo. Da un punto di vista storico 15 religio viene dal latino reli­
go, in cui veniva sottolineato l'aspetto «oggettivo» della religione, in
quanto il termine rinvia all'insieme dei rapporti stabiliti mediante il cul­
to, con gli dei, ma contiene anche un aspetto soggettivo che sarebbe con­
sistito nel rispetto scrupoloso di queste pratiche: così il sostantivo religio
è collegato a due verbi: religare (legare, fissare, annodare) e religerelrele­
gere (raccogliere di nuovo, rileggere). In un passo del De inventione Ci­
cerone definisce la religio come la cura e il timore di una qualche natura
superiore, denominata divina; mentre in un passo del De natura deorum
(II, 28.72) Cicerone la fa dipendere dal termine religere. Da queste e al­
tre testimonianze emerge il carattere della religione romana, per la qua­
le si indicava sia il pio atteggiamento di fronte agli dei nel compiere gli
atti fondamentali del culto, sia l'insieme stesso di questi atti che espri­
mono il culto. Il cristianesimo ha portato importanti modificazioni a que­
sto concedo di religione dei romani. Nell'uso di alcuni polemisti cristia-

" Cfr. anche G. FILORAMO, Che cos'è la religione. Temi, metodi, problemi, Einaudi,
Torino 2004.
Introduzione XIX
ni come Tertulliano, la religio cristiana in quanto vera, è contrapposta alla
religione dei pagani in quanto falsa. In questo modo il cristianesimo
compie un vero sovvertimento della religione romana non più ritenuta
tale, che costituisce un aspetto importante nella costruzione dell'identità
stessa del cristianesimo antico 16 • Agostino poi nel De vera religione, in
una prospettiva platonica, identifica l'essenza del cristianesimo in quan­
to «vera» religione, non tanto nell'aspetto oggettivo delle pratiche di
culto, quanto in un rapporto soggettivo, interiore del credente con il vero
Dio. Basterà ricordare le affermazioni, più tardi, di un altro famoso pla­
tonico, Nicola Cusano che afferma che esiste una sola religione nella va­
rietà dei riti, una religio in rituum varietate: una dottrina la quale per­
mette di avvicinare le tre religioni monoteiste all'unità e alla pace uni­
versale della fede in un unico Dio condiviso dalle tre religioni monotei­
ste al di là delle differenze di rito 17 che non ne costituiscono la parte es­
senziale. Pertanto esiste nella religione un aspetto individuale soggettivo
che è la credenza nell'unico Dio che si rivela, e un aspetto oggettivo che
è quello del rito ed è istituzionale. Le tre religioni monoteiste (più stret­
te tra di loro, l'ebraismo e il cristianesimo rispetto all'islamismo), hanno
in comune il carattere di «rivelazione» in un libro sacro, la Bibbia del­
l'Antico e del Nuovo Testamento per cui un Dio unico ha parlato per
mezzo dei profeti, dei martiri, dei santi, degli apostoli e dei Padri della
Chiesa. Pertanto la religione ha una origine rivelativa (la Parola) e così ha
un valore assoluto di verità.
Nel Medioevo cristiano si separò dapprima la religione dalla super­
stizione pagana che consisteva nell'insieme delle pratiche di culto a falsi
dei per ottenere favori e benefici ed a essa fu accomunata la magia. È
sempre Cicerone che afferma: «Non solo i filosofi ma anche i nostri an­
tenati distinsero la superstizione dalla religione: quelli che per intere
giornate pregavano e immolavano vittime per ottenere che i loro figli fos­
sero «superstiti», furono chiamati «superstiziosi» e tale nome ebbe poi
più vasta estensione» (De natura deorum, II, 28, 71-72). La superstizio­
ne è quindi il culto dei falsi idoli e sarebbe la latreia, che non è la religio­
ne. Gli unici aspetti apparentemente comuni tra religione e magia su­
perstiziosa erano le pratiche di culto che tuttavia differivano: la magia ha
una tecnica limitata e, come vedremo, nel Medioevo essa consisteva nel­
le cerimonie di divinazione astrale di provenienza ermetico-neoplatoni­
ca, nelle tecniche della scienza infusa (ars notoria), nelle cerimonie teur-
16 C fr. M. SACHOT,
Religiolsuperstitio Histoire d'une subversion et d'un retournement,
« 'Revue de l'histoire des religions», 1991, 208, pp. 355 -94.
17 N ICOLA C USANO, La pace
della fede, trad. it. di G. Federici Vescovini, Edizioni C ul­
tura della Pace, Firenze 1993, pp. 20
ss.
xx Introduzione

giche e necromantiche, praticate da individui isolati, maghi o stregoni


professionisti. Invece le pratiche religiose nel Medioevo erano di tutti e
ogni individuo vi aveva una parte attiva. Anche i fini di tali pratiche ma­
giche erano diversi, in quanto l'operazione magica tendeva a sopperire
con l'aiuto di forze ritenute sovrannaturali (spiriti o demoni), alla imper­
fezione dell'uomo o alla incapacità delle cose naturali, mentre la funzio­
ne della religione è di rafforzare certi particolari atteggiamenti di corag­
gio o di speranza per superare le difficoltà della vita umana. Pertanto la
religione non si riduce solo alla normativa pratica, ma è anche un corpus
di verità rivelate nel Libro, a cui attenersi in quanto verità. Pertanto,
come scrisse Cusano, Dio è l'unica verità, mentre i riti camminano nella
storia insieme alla Chiesa nel suo carattere di istituzione 18 •
Caratteristica primaria della magia è il concetto di manipolazione del­
la realtà, di operazione: a seconda di come è intesa tale realtà, se fisico­
naturale (aristotelismo), oppure è concepita come animata da entità di
grado diverso intermedie (quali gli spiriti, i demoni, le intelligenze di­
scensive o ascensive), si ebbero teorie della magia con significati diversi.
Ma la concezione neoplatonica del sapiente che, come mago, fa interve­
nire nelle sue operazioni «naturali», tali realtà superiori o inferiori poi­
ché tutta la natura corporea umana e divina, è animata e «congenere»,
prevalse solo nel Rinascimento con le opere di Ficino, di Agrippa, di Pico
o di Bruno: in questo caso la magia diventa una scienza filosofica ceri­
moniale e su base animistica a carattere simpatetico. Ma la magia è anche
la «necromanzia» che consiste in un insieme di pratiche compiute dal
mago con l'intervento degli spiriti dei defunti (secondo Isidoro di Sivi­
glia) oppure è «nigromanzia», vera pratica magica con l'invocazione e le
operazioni delle immagini dei demoni; oppure è ars notoria, magia bian­
ca che si indirizza agli angeli. In questi primi casi si tratta di una magia
«destinativa» di cui si sono avuti esempi vistosi, anche se rari, nelle ope­
re di Michele Scoto e di Cecco d'Ascoli, ma essi compaiono con forza
solo alla fine del secolo XIV e inizi del XV. Infatti le opere magiche che
erano essenzialmente di ispirazione ermetica, arabo-ebraica, circolarono
poco nei secoli XIII e XIV per ricomparire con evidenza alla fine del se­
colo XIV e agli inizi del XV secolo, come vedremo quando esamineremo
il manuale necromantico tardo del secolo XV, studiato da Richard
Kieckhefer 19 • In ogni modo in alcuni di questi casi la magia è la strategia
dell'animismo, la quale presuppone una certa concezione del mago. Esso
è il sapiente operatore, il dotto, il filosofo. Questa magia rinvia alle rego-

18 N. CUSANO, La pace, cit., loco cit.


19 R. KIECKHEFER, Forbidden Rites. A Necromancer's Manual o/ the Fi/teenth Century,
The Pennsylvania State University Press, Pennsylvania 1 997. Si veda qui il Capitolo IX.
Introduzione XXI
le delle operazioni da compiersi, ai suoi riti quali gli incantesimi, gli esor­
cismi, i talismani o le immagini, le parole, le formule, gli incensi da usa­
re. Mediante questi il mago comunica con le forze inferiori o superiori,
demoniache o celesti e li persuade a obbedire. In questi casi il mago
come operatore è anche lo stregone: magia e stregoneria nella magia ce­
rimoniale sono strettamente legati. Il carattere distintivo dell'operazione
magica, rispetto alle operazioni religiose del sacerdote quando prega o
compie un rito religioso, come il battesimo o l'eucarestia, è l'aspetto
coercitivo, violento e dominatore del mago di contro all'aspetto passivo,
mite e ministeriale dell'atteggiamento del religioso.
Quella del mago è una strategia di dominio, di potere, di assalto, che
vuol conquistare a possedere cose e persone con un atto solo ( quello
magico) a differenza dei procedimenti razionali della scienza che sono
sempre mediati e che prescindono da una violenza sulla natura, sulle
persone o su le cose e da interventi di entità sovrannaturali (magia teur­
gica cerimoniale e necromanzia). Ugualmente la supplica del credente è
passiva. Inoltre nell'operazione magica, il rituale e le invocazioni hanno
un segno differente dalla preghiera del religioso che è umile, mite e
sottomesso, mentre in quella del primo predomina la violenza e la coer­
cizione.

Magia e scienza
Una prima definizione generale che sembra accettabile per ricostruire
cosa sia stata la magia nel Medioevo è proprio quella che la contrappone
al sapere razionale ossia scientifico, perché nel Medioevo furono elabo­
rate classificazioni delle discipline magiche distinte da quelle scientifi­
che, da parte di filosofi, teologi o scienziati che poggiavano il loro ordi­
namento su ben determinate teorie filosofiche, fossero aristoteliche, stoi­
che, platoniche, stoico-neoplatoniche o ermetiche, oppure riferite alle
verità del Cristianesimo.
Il prob lema della relazione tra magia e scienza nel Medioevo non pre­
scin de dalle accezioni dei concetti della scienza che allora furono elabo­
rate: se la scienza è un sapere su fondamento razionale, che espunge l'ir­
r�zio_nale e l'incomprensibile dal suo ambito, come è possibile che la ma­
gia sia la «scienza » dell'ignoto, dell'occulto? definizione che pare con­
t�a? dittoria in ierminis. Questa definizione tuttavia fu elaborata per de­
finire la cosiddetta magia «naturale » con cui equivocamente fu intesa
�ma filosofia della natura, secondo un concetto di occulto diversamente
inteso da teologi, filosofi e scienziati dall'XIII al XIV secolo. Questa idea
ha generato una notevole confusione nelle dottrine e nelle interpretazio-
XXII Introduzione

ni sia della filosofia che delle scienze fisiche medievali come la medicina
e l'astronomia.
Agli equivoci e ai fraintendimenti della magia «naturale» oscillante
tra superstizione e scienza, compromessa con l'astrologia cerimoniale o
la negromanzia, sarà dedicata la parte centrale di questo studio, in rela­
zione alle dottrine di Guglielmo d'Alvernia, Alberto Magno, Ruggero
Bacone, Pietro d'Abano, Nicole Oresme, Biagio Pelacani da Parma.
Alla comprensione della dottrina di questi autori dei secoli XIII e XIV
molto ha nociuto la definizione di magia naturale data nel Rinascimen­
to su base neoplatonica e cabalistica da Pico nelle sue Theses de magia,
e sul versante scientifico da Giambattista della Porta (Magia naturalis,
1558, I, 1). Questi riprendeva una certa concezione che si era avuta già
nel secolo XIII e risalente ad Agostino per cui si distingueva la magia
superstiziosa che si avvale dell'intervento degli spiriti immondi o de­
moniaci (magia necromantica) dalla magia naturale, definita quest'ulti­
ma così come aveva già trattato anche Oresme (come vedremo nel ca­
pitolo IX). Essa è un procedimento che non oltrepassa i limiti delle cau­
se naturali e le cui operazioni appaiono meravigliose solo perché ne ri­
mane nascosto il procedimento. Nel qual caso (come vedremo) secon­
do alcuni autori il termine «magia» risulta improprio (Pietro d'Abano),
perché incardinato in un sistema razionale di cause e di forme, median­
te la nozione della cosiddetta «forma specifica» (si veda qui i capitoli
sul chiarimento di forma specificata portato da Pietro d'Abano e da Ar­
naldo di Villanova).
La relazione tra magia e scienza investe dunque il problema della
conoscenza razionale o meno, mediata o immediata, con procedimenti e
regole ben definiti e con obbiettivi specifici.

La scienza come conoscenza delle cause: la causa necessaria


La magia è una scienza? Cos'è la scienza per gli scienziati, filosofi, teolo­
gi, astronomi o medici del Medioevo? La scienza è pratica o speculativa
o mista di pratico-speculativo? In che relazione è con la verità? È possi­
bile una verità magica? O la magia, l'operazione magica è pura illusione?
Se la ragione si fonda sul principio di identità e di non contraddizione,
di fissità delle forme, quale razionalità può caratterizzare la magia che è
eminentemente trasformativa? e che va contro la logica dei due principi
di identità e di non contraddizione?
A questi problemi cercarono di rispondere i filosofi o i teologi, gli
scienziati medievali fossero i medici o gli astronomi qui studiati. La ma­
gia ha una sua verità? Questa verità è l'inconoscib ile, l'occulto? Il tema
Introduzione XXIII

della magia, fosse scienza o non lo fosse, rinvia dunque a quello della ve­
rità, anche nella forma per la quale essa richiedeva l'intervento di entità
superiori alla mente umana (i demoni e gli angeli) per attingere tale sa­
pere inconoscibile, occulto.
Così il discorso si estende alle «sostanze separate», fossero demoni o
angeli o pianeti e viene a concernere la demonologia. Quali furono le
dottrine demonologiche più importanti nel Medioevo?
Quante tradizioni si sono avute? E così ci troviamo di fronte alla dot­
trina del demonio come angelo caduto di Agostino, di Anselmo, di Gu­
glielmo d'Alvemia, di Giovanni XXII. Quest'ultimo, con la sua consul­
tazione sui quesiti di magia posti al Vescovo di Lucca, Enrico del Car­
retto, iniziò a separare la superstizione dalla realtà dell'operazione magi­
ca, di contro alla demonologia razionale di Tommaso e di Vitellione, fino
alla sentenza della Facoltà di Teologia dell'Università di Parigi ispirata da
Jean Gerson, di condanna al rogo per eresia diJean de Bar (Johannes de
Barro) del 1398 e alla codificazione successiva della stregoneria secondo
la casistica del Maglio delle streghe di Kramer e Sprenger del 1486.
D urante questi secoli la magia demoniaca, ritenuta superstiziosa e il­
lusoria diviene qualcosa di reale e di condannabile, non è più una falsa
credenza, ma una idolatria e quindi una eresia. Si origineranno da qui i
processi di stregoneria dei secoli XV-XVI e XVII che riguarderanno solo
molto indirettamente il mio discorso.
Se la magia come Giano bifronte ha due facce volte una alla scienza e
l'altra alla religione, i confini sia rispetto alla religione che alla scienza, in
alcuni casi, negli scritti di alcuni teologi, filosofi o scienziati, medici e astro­
nomi, sono rimasti fluttuanti, incerti, non ben demarcati teoricamente.
La magia si è qualificata infatti come scienza e Nicolas Weill-Parot20 ha
parlato di una tipologia graduale tra scienza e magia. Se ci si riferisce al
principale testo di magia filosofica medievale a fondamento neoplatoni­
co -ermetico che è stata la versione latina compiuta nel XIII secolo di
un'opera di magia araba anonima, ma ispirata all'alchimista Jabir Ibn
Hayyam (sec. IX), (ma redatto agli inizi del XI secolo) e che è Picatrix, ciò
può apparire verosimile dati i suoi presupposti teorici. L'Autore la defini­
sce con il termine di «scientia nigromantica» operativa, teorica e pratica.
Essa si configura essenzialmente come magia «destinativa», ossia che si
in dirizza a entità diverse. Pertanto scienza in questo caso appare termine
per diversi motivi improprio e se mai riguarderebbe solo la definizione
delle «regole» o norme delle operazioni. E del resto tale opera rimase
quasi sconosciuta nel Medioevo e riemerse solo nel Rinascimento.

20 WEILL-PAROT; Magie et science, cit. , p. 536.


XXIV Introduzione

Nel Medioevo infatti fu svilluppata una concezione ben definita del­


la scienza: essa era derivata dai commenti della fisica, della metafisica,
della logica e dell'etica di Aristotele: pertanto era concepita come un sa­
pere fondato su principi primi razionali, quali quello di identità e di non
contraddizione, di terzo escluso, da cui dedurre secondo un rigoroso
procedimento logico della definizione e della dimostrazione, ricavato
dalla conoscenza delle cause, le conclusioni del sapere, con una validità
universale e necessaria. Come ha dimostrato Marie Dominique Chenu il
Commento degli Analitici posteriori di Roberto Grossa testa ne costituisce
la pietra miliare2 1 • La scienza era dunque una conoscenza per cause se­
condo un procedimento logico mediato, ossia secondo un ragionamento
formalmente corretto, deduttivo, da primi principi razionali e secondo
una concatenazione causale. Elementi caratterizzanti di questa nozione
di scienza era la certezza assoluta della verità e la sua universalità: essa è
scienza apodittica. Ne conseguiva che l'oggetto di questa scienza era l'u­
niversale, il necessario, l'essere immobile perfetto e ne era escluso l'indi­
viduale e il contingente, l'essere in movimento, quella natura che dovrà
essere ricondotta all'essere in quanto essere secondo l'articolazione del­
la dottrina delle quattro cause, per configurarsi come scienza. La scien­
za è conoscenza delle cause (scire per causas) Questa nozione di scienza
fu applicata egregiamente dai teologi fortemente influenzati da Aristote­
le come Tommaso d'Aquino alla scienza di Dio essere perfettissimo
(quindi divino), ossia alla costruzione della teologia razionale dell'aristo­
telismo cristiano.

La scienza sperimentale
Tuttavia nel Medioevo i filosofi, maestri delle arti, come i medici e gli
astronomi-astrologi, i filosofi della natura, accettando la definizione ge­
nerale di natura come l'essere in movimento o in /ieri, si affaticarono a
trovare nei testi di Aristotele stesso una soluzione per poter conoscere
l'essere in movimento tout-court. In altre parole salvare nella scienza sia
il contingente che l'aspetto pratico, così che la scienza fosse scienza teo­
rica e pratica insieme e avesse come oggetto l'individuale, il particolare,
il contingente, quell'esse in /ieri, come il malato da guarire
Questi filosofi soprattutto alla fine del XIII secolo, com'è accaduto
nell'opera di Alberto Magno e soprattutto di medici come Pietro d'Aba-

21 ROBERTO GROSSATESTA, Commentarius in Posteriorum Analyticorum libros, a cura


di P. Rossi, Olschki, Firenze 1981; M.D. CHENU, La théologie comme science au XIII siè­
cle, Vrin, Parigi 1969, pp. 71-96, e L. SILEO, Teoria della scienza teologica. « Quaestio de
scientia theologica » di Odo Riga/di e altri testi inediti, Roma 1984, 2 vv.
Introduzione xxv
no, trovarono una soluzione non nell'Analitica, o nella Filosofia prima
(Metaphysica) di Aristotele, ma nel libro VI dell'Etica a Nicomaco dove
Aristotele formalizzava una classificazione delle scienze teoriche e prati­
che, come ars o tecne. A questo proposito il contributo di Pietro d'Aba­
no per dare alla medicina e all'astrologia uno statuto di scienza teorica e
pratica insieme è stato rivelante; pertanto egli ha dato alla dottrina della
scienza del Medioevo uno statuto teorico-pratico, operativo, togliendo
questo carattere all'esclusività dell'operazione magica e collocando quin­
di l'ars in un contesto razionale e speculativo, che era estraneo alla magia
filosofica di ispirazione ermetica e neoplatonica dei trattati di magia come
Picatrix .
Questa concezione della scienza come ars, ossia come sapere pratico
che ripercorre l'azione della natura dal suo interno, come esperimento o
«scienza sperimentale» la si ritroverà formulata da Ruggero Bacone, uno
dei negatori più virulenti della magia necromantica, insieme a Tommaso
d'Aquino (anche se su fondamenti filosofici diversi), in nome di una
scienza sperimentale che è la sua perspectiva o dottrina ottica.
Le concezioni della magia come procedimento operativo volto a un
obbiettivo e con l'intervento di forze estranee all'operazione (la magia
necromantica o «nigromantica»), nel Medioevo si distingue da un lato
dalla concezione della scienza teorico-pratica di matrice aristotelica,
come conoscenza per cause, e dall'altro da una concezione della scienza
sperimentale (o ottica), la perspectiva: essa deve verificare i procedimen­
ti della natura, la generazione delle forme che avvengono per procedi­
menti luminosi e secondo le combinazioni delle qualità elementari della
fisica di Aristotele, così come ha teorizzato Ruggero Bacone. Queste due
concezioni tuttavia sono state accomunate tra di loro per esempio nella
storia della magia e delle scienze sperimentali del Thorndike.
A Ruggero Bacone si deve infatti una delle condanne più forti dei pro­
cedimenti magici, di tutte le forme di magia, definite matesis, una ripro­
vazione che è espressa nella sua classificazione delle scienze matemati­
che. Qui, riprendendo una distinzione già affermata anche da Michele
Scoto, separa le mathesis del quadrivio boeziano, lecite e razionali dalle
matesis della bassa latinità, senza la h, le matesis magiche necromantiche
cerimoniali e teurgiche (il cui nome deriva da mantica e usurpano la
ma thematica): esse si valgono di incantesimi, formule, incisioni di carat­
teri (sigilli ) , operazioni tutte illecite. Tuttavia Bacone ha introdotto nella
scien za sperimentale della natura del Medioevo anche la nozione di se­
gre� o, uno dei concetti base delle vere operazioni di magia, il che nei se­
coli ha provocato a Bacone la fama di mago sperimentatore . Cionono­
stante nella sua opera Epistula de secretis naturae et artis et de nullitate
XXVI Introduzione
magiae, egli dà dei segreti della natura una definizione precisa che esclu­
de qualunque operazione necromantica: il segreto si può intendere come
un atto volontario del sapiente che non vuole fare sapere ciò che sa, op­
pure che la natura mantiene dei segreti, che possono essere anche dei mi­
racoli della natura (per esempio come il magnete attira il ferro). Essi tut­
tavia non sono magici, nel senso di provocati da interventi esterni alla na­
tura per il contributo di entità superiori. Secondo Bacone è possibile per­
tanto rivelare i segreti della natura con l'arte, ossia con l'esperienza della
visione sensibile e con l'esperimento22 verificato dalle regole della pro­
spettiva. Tuttavia i segreti della natura, anche se vengono svelati dalla
scienza sperimentale, non ne mostrano le cause2 3 . Questa dottrina è per­
fettamente conforme con la sua teoria della moltiplicazione delle specie,
su cui si fonda la sua perspectiva che è la scienza sperimentale visiva,
«esteriore». Egli introduce pertanto una diversa concezione della cono­
scenza della natura per visione immediata fondata sul principio dell'evi­
denza sensibile. Su questi presupposti epistemologici si svilupperanno
poi le dottrine della cognitio intuitiva e astrattiva dalla fine del secolo
XIII in avanti. Intanto la perspectiva conosce le specie che si generano
per azioni e impressione di azioni radiali di luce, produce forme di cui
tuttavia non si conosce mai la causa in sé, che è Dio. Si tratta di forme che

22 « Duo enim sunt modi cognoscendi: scilicet per argumentum et experimentum.

Argumentum concludit et facit nos concedere conclusionem, sed non certificar neque re­
movet dubitationem ut quiescat animus in intuitu veritatis nisi eam inveniat via expe­
rientiae [. .. ] oportet ergo omnia certificaci per viam experientiae. Sed duplex est experi­
mentia: una est per sensus exteriores et sic experimenta ea guae in coelo sunt per instru­
menta ad haec facta, et haec inferiora per opera certificata ad visum experimur [. .. ] et
haec experientia est humana et philosophica quantum homo potest facere secundum gra­
tiam ei datam ; sed haec experientia non sufficit homini, quia non piene certificar de cor­
poralibus propter sui difficultatem et de spiritualibus nihil attingit [. . .] Unde oportet
quod intellectus humanus aliter iuvetur [. . .] Nam gratia fidei illuminar multum [ . . . ]
Quod ergo dicit Aristoteles quod demonstratio, syllogismus est faciens scire, intelligen­
dum est si experientia comitetur et non de nuda demonstratione ». ROGERI BACON!, De
scientia experimentali, in Opus maius, pars VI, a cura di J.H. BRIDGES, Oxford 1 897 -
1 900; reprint, Francoforte 1 964 , II, pp. 1 67-69. Sulle caratteristiche delle due "expe­
rientiae" di Ruggero Bacone, la fisica e la spirituale, cfr. in particolare i miei Studi sulla
prospettiva medievale, Giappichelli, Torino 1965 (ristampato in Teorie della luce, Mor­
lacchi, Perugia 2002 ) , pp . 55-63 .
23 ROGERI BACON!, Epistula de secretis naturae et artis et de nullitate magiae, in Opera

quaedam hactenus inedita, a cura di J.S . Brewer, Londra 1859, pp. 523-3 1 , in particolare
il cap. 6 ; trad. it di F. Bottini, Rusconi, Milano 1 990; cfr. S.J. WILLIAMS, Roger Bacon and
the Secret o/ Secrets, in Roger Bacon and the Science Commemorative Essays, a cura di
J . Hackett, Brill, Leida 1 997 , pp. 365 -93 e N. WEILL-PAROT, Encadrement ou dévoilement
!'occulte et le secret dans la nature chez Albert le Grand et Roger Bacon, in Il segreto
(Micrologus Lib rary XIV), Sismel, Firenze 2005 , in particolare pp . 166-70.
Introduzione XXVII
sono effetti incompleti, su una materia soggetta, della azione radiale che
deriva da una sorgente luminosa, il sole. Così questa illuminazione este­
riore rinvia alla visione spirituale interiore della conoscenza di Dio,
l'unica vera e perfetta, fondata sulle Sacre Scritture2 •
4

Pertanto Bacone negando la realtà (de nullitate) delle operazioni di


magia ce ne fornisce anche una definizione; ci presenta una definizione
di natura e di arte della natura, che è assai simile alla interpretazione che
ne darà Pietro d'Abano, per cui tale arte è quel poien della natura che i
medici ritrovano al suo interno e ripercorrono con il loro intelletto e che
permette loro di intervenire (praxis) all'interno della natura stessa, come
nel caso della guarigione di un malato. Così, affermerà Bacone, tutto ciò
che è fuori della possibilità della natura e dell'arte o non è umano (è mi­
racolo), oppure è falso e ottenuto con l'inganno. L'operazione magica
non ha niente a che vedere con la filosofia, con l'arte o con la virtù natu­
rale2 5. Sbagliano i maghi, sciocchi malvagi quando invocano gli spiriti
empi per adempiere con loro mezzo la propria volontà, o pensano di sot­
tometterli, o cacciarli o evocarli, con preghiere e formule. Tali stregoni
non potranno mai fare nulla di ciò, perché le capacità dell'uomo sono in­
feriori a quelle degli spiriti26 , afferma.
Michela Pereira ha associato questa idea della scienza sperimentale di
Bacone la quale ha un risvolto alchemico importante delineato da Baco­
ne in scritti diversi (nell'Opus tertium 26 nell'Opus minus) , alla concezio­
ne della filosofia naturale dell'alchimia sperimentale del Testamentum
pseudo-lulliana27 •

La scienza come conoscenza per previsione: la causa sufficiente


Su questo tema dei rapporti tra magia e scienza, dobbiamo ricordare an­
che che nel Medioevo fu elaborata una complessa dottrina della scienza
che non era solo quella sviluppata dai teologi come Roberto Grossatesta
e San Tommaso nei loro commenti a Gli Analitici di Aristotele, della ve-

24 B
ACONE, De scientia perspectiva, in Opus maius, a cura di J.H. Bridges, II, pp. 161-
62 e G. FEDERICI VESCOVINI, Studi sulla prospettiva medievale, Giappichelli, Torino 1965,
pp. 55- 63.
' BACONE, Epistula de secretis, cit., loco cit.
2

26
RUGGERO BA,CONE, Un /ragment inédit de l'Opus tertium, a cura di P. Duhem, Qua­
racch i, Firenze 1909.
27
Cfr. M. PEREIRA, I.:oro dei/i/oso/i, Centro italiano di studi sull'Alto Medioevo, Spo­
leto 1992, pp. 57-62 e 135-4 1 e della stessa L'alchimista come medico per/etto, in Alchimia
e m edicina nel Medioevo Micrologus Library IX, Sismel, Edizioni del Galluzzo, Firenze
,
2003, pp . 77- 109 e ivi A. PARAVICINI BAGLIANI, Ruggero Bacone e l'alchimia di lunga vita,
p p. 33 -54.
XXVIII Introduzione

rità universale e necessaria ed estesa alla scienza divina o teologia, ma era


anche la epistemologia dei philosophi comunemente chiamati physici. In
altre parole non solo i maestri di teologia, ma anche i filosofi della natu­
ra (i fisici), i maestri delle arti e della matematica, ossia i dottori di medi­
cina, filosofia, astrologia e matematica, in Università prestigiose come
Padova o Bologna o Pavia, in Italia, ma anche in Francia a Montpellier,
in Germania a Colonia, Vienna ed Erfurt costruirono sulla classificazio­
ne delle scienze etiche e dianoetiche di Aristotele e sul Quadrivio boe­
ziano, un concetto di scienza del contingente, fondato non più sulla no­
zione di causa necessaria, bensì su quella di causa «sufficiente»: il giudi­
zio (iudicium) sia medico che astrologico non era necessario, ma «per lo
più», ossia altamente probabile, cosicché l'ideale del conoscere che ve­
niva sostenuto in questo campo naturale non era quello della conoscen­
za dell'essenza eterna, immutabile e perfetta (Dio), ma quello di un sa­
pere come «previsione», come pronostico probabile del contingente
fondato sulla conoscenza di cause sufficienti. Il medico aveva la necessità
di formulare una previsione sul decorso della malattia, come intervenire
ed in quale momento: stabilire con probabilità massima se era sanabile,
oppure no.
Un modello di scienza per previsione come conoscenza dell'individuo
e del contingente riguardante non l'eterno, ma il divenire delle cose e
quindi anche il loro futuro, era rappresentato dall'astrologia fisico-natu­
rale del Quadripartito di Tolomeo: si trattava di una opera che contene­
va regole per la previsione dei mutamenti del tempo, fondate sulle sta­
gioni, regolate dai transiti planetari, utile per agricoltori e navigatori, in­
dispensabile per i medici, perché le caratteristiche delle malattie dipen­
devano dalla classificazione della tipologia delle complessioni umorali
degli individui, messi in relazione all'azione dei movimenti dei corpi ce­
lesti lungo l'arco dell'anno. Tale tipologia era stata elaborata da Galeno
e da Avicenna sulla base della teoria degli umori di Ippocrate.
L'astrologia naturale del Quadripartito di Tolomeo offriva un concet­
to di scienza come previsione e dava all'astrologia un carattere di scien­
za della previsione. Questo nei termini stretti della dottrina di Tolomeo.
Tuttavia lungo i secoli e prima dell'affermarsi del Cristianesimo medie­
vale, l'astronomia dell'Almagesto e l'astrologia del Quadripartito furono
contaminate dalle dottrine neoplatoniche, ermetiche e neopitagoriche
della bassa classicità; le divinità greco-romane si unirono a quelle orien­
tali, l'astrologia naturale di Tolomeo su base ancora aristotelica, divenne
una astrolatria nelle elaborazioni astrologiche ermetiche della setta dei
Sabeani di Harran dovuta anche alla contaminazione con le concezioni
emanazionistiche dei neoplatonici arabi. Il commento di Haly al Quadri-
Introduzione XXIX

pa rtito e lo pseudo-tolemaico Centiloquium introdussero elementi magi­


ci e d ermetici nel primitivo Tolomeo. 28
La visione neoplatonica dei cieli degli arabi introduce pertanto nella
astrologia naturale di Tolomeo, ancora legato alla cosmologia dei quattro
elementi di Aristotele e alla fisiologia di Galeno,.una interpretazione spi­
rituale della quinta essenza e quindi fa proliferare una moltitudine di en­
tità, intelligenze (o demoni), le cosiddette sostanze separate che popola­
no il cosmo al di sopra della terra e che sono entità intermedie tra la divi­
nità e il mondo. Pertanto il pronostico astrologico perde il suo modesto
carattere di pronostico fisico-medico su base astronomica, per diventare
una vera e propria divinazione magica o profetica (Avicenna) per l'in­
fluenza di entità astrali da evocare nella costruzioni delle immagini astro­
logiche.
La commistione tra magia e astronomia-astrologia sarà dunque uno
degli aspetti centrali delle discussioni sulla magia e il suo carattere nel
Medioevo nelle sue relazioni sia con la scienza (matematica) che con la
religione. I testi fondamentali della magia astrale nel Medioevo saranno
costituiti dall'opera classica di magia medievale che è l'opera del filosofo
Alkindi (IX sec.) Theorica artium magicarum sive de radiis, tradotta nel
XII (che poco ha influenzato, almeno direttamente, gli Autori) e l'altro
testo strettamente collegato con forti accenti alchemistici: la compilazio­
ne di Picatrix, che anch'essa fu veramente operante solo nel Rinascimen­
to. Essi costituiscono le fonti primarie della magia medievale riguardan­
ti le pratiche cerimoniali dell'invocazione dei demoni (Picatrix) e la
credenza nella forza magica dei nomi.

Il demonio
I quesiti della natura degli spiriti o dei demoni, quale sia la loro realtà,
quali poteri essi abbiano, e le diverse definizioni della necromanzia (o
«nigromanzia») che li riguarda che si ebbero nel Medioevo, saranno
centrali nella nostra analisi. Il demonio è forse l'angelo caduto secondo
l'insegnamento biblico della dottrina ebraica o cristiana (Tommaso d'A­
quino e Bonaventura)?, oppure dipende dal dualismo gnostico persiano
O'empia religione di Zoroastro) accettata da Cecco d'Ascoli?, oppure è
legato alla magia astrale dell'ermetismo e del neoplatonismo arabo (Pi-

28
Su Haly Abenrudianus e il suo commento cfr. P. LuCENTINI. In liber accidentibus
ermetico e il commento di Haly Abenrudiamus al Tetrabiblos di Tolomeo, in dello
stesso , Pla tonismo, ermetismo, eresia nel Medioevo, Fidem, Lovanio la Nuova 2007, pp.
325 -45 .
xxx Introduzione
catrix e i Libri imaginum planetarum di Ermete Thebit) ? A questo tema
sarà dedicata una parte di questa nostra ricerca.
Infatti se alcuni trattati di magia astrale rientrano nella tradizione del­
la magia teurgica filosofica derivata dalla filosofia dell'ellenismo o dall'a­
strolatria ermetico-araba dei Sabeani di Harran , i rapporti tra magia e
religione nel Medioevo riguardarono anche la dottrina del demonio, os­
sia la caduta del primo angelo, elaborata dai padri della Chiesa e dai teo­
logi dei secoli medievali.
Per il chiarimento di questo tema dovrò esaminare la dottrina di
quanti (tra tutti Tommaso d'Aquino) elaborano una concezione assai de­
bole dei poteri del demonio e, quindi, che ne annulla ogni efficacia, fino
al momento in cui le posizioni di alcuni teorici contribuiranno alla equi­
parazione della magia con l'idolatria, si elaborerà una complessa dottri­
na giuridica del patto con il demonio, quindi con la precisa connotazio­
ne di eresia: posizione che si affermerà stabilmente a partire dalla fine del
secolo XIV. Tuttavia il discorso si fa complesso perché se la magia era
considerata essenzialmente nigromanzia o magia che si indirizzava a una
entità demoniaca, la discussione si estendeva alle concezioni diverse di
«magia naturale», da parte di filosofi e teologi. Ne scaturisce l'equivo­
cità di «magia naturale», poiché la magia o è una operazione che supera
la natura, o è un processo di natura che segue le leggi della natura e quin­
di non è magia29 •
Ma prima di arrivare alla equiparazione di magia con la stregoneria
del secolo XV è dato ripercorrere un cammino che la presente ricerca in­
tende tracciare entro termini cronologici ben definiti. Assai pertinente ci
è apparsa la periodizzazione presentata da Richard Kieckhefer30 che ar-

29 Cfr. gli studi a questo proposito di P. ZAMBELLI, L'ambigua natura della magia, Il
Saggiatore, Milano 1991, in particolare pp. 122-52.
}o Kieckhefer scandisce alcuni momenti nel cammino della magia verso la stregone­
ria consistente in un insieme di operazioni compiute in virtù di una venerazione diaboli­
ca riconducibile a un patto implicito o esplicito e quindi riconosciute idolatriche, perciò
eresie che conducono al rogo. Nel primo periodo si tratta di pratiche superstiziose che
evocano l'uso di sortilegi, attraverso figure costruite per nuocere al nemico (1300- 1330).
Questo periodo dal 1300 al 1330 è segnato dal papato di Bonifacio VIII e di Giovanni
XXII e le accuse di magia-stregoneria hanno un carattere politico, come la condanna e il
processo del Vescovo di Cahors Hugues Géraud accusato di complotto per avere atten­
tato con arti magiche alla vita del Papa (1317). Dal 1375 al 1435 la superstizione magica
è equiparata all ' idolatria, la magia è fatta coincidere con il culto del demonio (1398,
processo a Jean de Bar). L'ultimo periodo è quello che culmina nella caccia alle streghe
del secolo XV. Cfr. R. KIECKHEFER, European Witch Trials, Their Foundation in Popular
and Learned Culture, 1300- 1500, Routledge and Kegan Paul, Londra 1976, p. 10; dello
stesso: The Specific Rationality o/ Medieval Magie, «The American Historical Review»,
1994, 99, pp. 813-36 a proposito di Guglielmo di Alvernia.
Introduzione XXXI
riva alla metà del secolo XV, mentre io arresto il mio lavoro alla fine del
secolo XIV-inizi del XV con l'opera di Biagio Pelacani da Parma (1416 ) ,
essendo le problematiche della stregoneria con i processi e le persecu­
zioni dei secoli XV, XVI e XVII al di fuori di questo mio studio che si li­
mita a studiare i momenti di passaggio dei secoli XIII e XIV dalla magia
superstiziosa alla stregoneria, centrata sull'idea del patto diabolico.
A questo proposito può essere condivisibile l'affermazione di Alain
Boureau3 1 che ha sostenuto che l'ossessione del diavolo non è stata un
tratto saliente del cristianesimo medievale quanto dei secoli successivi in
seguito a vicende storiche, politiche, sociali, giuridiche e filosofiche
profondamente mutate e assai complesse che segnano la fine del Me­
dioevo e dell'universalismo cristiano, con l'affermarsi delle religioni
riformate e le guerre di religione.

1 A. BoUREAU, Satana eretico, Nascita della demonologia nell'occidente medievale,


tra;· it aliana Baldini Castoldi Dalai, Milano 2006, Odile Jacob, Parigi 2004, cit. , p. 262 .
Medioevo magico
Parte prima
1 . Le fonti

I. La magia filosofica arabo-latina medievale dei secoli IX-XII

1 . Alkindi
Un esame, sia pure rapido, dell'opera latina di Alkindi (Abu Ysuf Yaqub
ibn Ishaq) . filosofo e scienziato appartenente all'età d'oro della filosofia
e della scienza araba (vissuto tra 1'800 e 1'873 a Bagdad 1 ) , è quasi d'ob­
bligo per uno studio che abbia per argomento i problemi della magia me­
dievale. Nella sua opera De visu o De aspectibus (aspectus è il nome con
cui i latini tradussero il termine arabo al-manazir vista o apparenza visi­
va) 2 , largamente citata da Ruggero Bacone e da Alberto Magno fino a

1 Su
Alkindi cfr. A. NAGY, Die philosophischen Abhandlungen des ]a'qub ben Ishaq al
Kindi, «Beitraege z. Gesh. d. Philos. d. Mittel», II, 5, Miinster 1897, pp. XXXIV-82 (con
l'edizione degli scritti filosofici: De somno et visione, De intellectu, De quinque essentiis,
Liber introductorius in artem logicae demonstrationis, tradotti secondo il Nagy da Ghe­
rardo da Cremona e da Domenico Gundissalino); S. MUNK, Mélanges de philosophiejui­
ve et a rabe, Vrin, Parigi 1955 (1857), p. 339. Per le edizioni degli scritti di astrologia e me­
dicina attribuiti a Alkindi: De astrorum iudiciis, Venezia 1507 ; Liber novem iudicum, Ve­
nezia 15 09; De temporum mutatione sive de imbribus, Parigi 1540; De rerum gradibus, Ar­
gentorati, 1531. Cfr. anche C. BROCKELMANN, Geschichte der arab. Litterature, Leida
1�3? -42, Supplemento, 1, p. 372; F. GABRIELI, Recenti studi sulla tradizione greca nella ci­
vtlta mussu lmana, «La parola del passato», 1959, LXV, p. 156; R. WALZER, New Studies
on Alkindi, «Oriens», 1957, X, pp. 203-32; cfr. L. GARDET, Le problème de la philosophie
musulmane, Mélanges o/ferts à E. Gilson, Vrin, Parigi 1959, pp. 261-84. Ma in particola­
re su questo R. WAI:.ZER, Greek into Arabic,
cit., pp. 175 ss., 195, 199; per una indicazio­
;e. delle tr�?uzion\. latine degli scritti di Alkindi nel Medioevo cfr. M. STEINSCHNEIDER,
te europa,schen Ubersetzungen aus dem arabischen bis Mitte des 1 7 Jahrhundert, Graz
1 5 �, pp. 31 ss. . JOLIVET,
/ J Philosophie médiévale arabe et latine, Recueil d'articles, Vrin,
artg.1 19 9 1, in particolare pp. 90- 110, 193-209.
2
_Il De aspectibus è stato edito da A.A. Bjornbo, S. Vogl, Alkindi, Tideus und Pseudo­
Eucl,d, drei optische Werke, Teubner, Lipsia 19 12, pp. 42 -70, e ora da R. RASHED, in Oeu-
6 Medioevo magico

Leonardo da Vinci e Cardano3 , egli introduce il principio dell'evidenza


sensibile della vista, per una azione radiale che da questo momento co­
mincerà ad arricchire le problematiche gnoseologiche delle questioni di
perspectiva medievale dedicate appunto alla spiegazione della conoscen­
za ottica: questa idea è tuttavia anche quella che sta alla base della sua
idea della magia per raggi o impressioni.
Di Alkindi tuttavia non fu conosciuta solo questa opera: in latino fu­
rono tradotti da Gherardo da Cremona e da Domenico Gundissalino al­
tri scritti di logica, di gnoseologia, di ontologia, di astronomia, di medi­
cina, di astrometereologia4 • Tra questi, fortuna e influenza grandissima
nei secoli moderni ebbe lo scritto sulle radiazioni delle stelle, tradotto in
latino con il titolo De radiis stellatis o stellicis sive Theorica artium magi­
carum o de secretis nature', un vero trattato di magia filosofica. , al punto
che nel XIII secolo l'autore del Libro degli e"ori dei filoso/i, edito dal
Mandonnet6 si preoccupò di enuclearne particolarmente le proposizioni

vres philosophiques et scienti/iques d'Al-Kindi, voi. I, Voptique .et la catoptrique, Brill, Lei­
da 1997, pp. 440-523 (con traduzione francese).
' GIROLAMO CARDANO, De subtilitate, Norimberga, Joh. Petreium, 1550, f. 315. Sui
rapporti tra Alkindi e Alberto cfr. A. CORTABARRIA, De Alpharabii et Alkindi operibus et
doctrina in scriptis sancti A/berti Magni, Las Caldas de Besaya, 1953, p. 114; ROGER BA­
CON, Opus Maius, a cura di J.H. Bridges, II, pp. 2-3, 50, 68, 7 1, 459, 483, 494, 496, 499,
528, 542 . Per le conoscenze di Leonardo cfr. G. FEDERICI VESCOVINI, Note à propos de la
traduction latine des livres des astrométéorologie d'Alkindi et Léonard, in F. FROSINI, «Tut­
te le opere non sono per istancarmi», Raccolta di scritti per i settant'anni di Carlo Pedret­
ti, Edizioni Associate, Palermo 1998, pp. 101-11.
4 Su le traduzioni latine di Alkindi nel Medioevo cfr. STEINSCHNEIDER, Die europiii­
schen, cit., pp. 31 ss.
' Per l'edizione critica in latino del De radiis cfr., Al-Kindi De radiis, a cura di M.T.
D'Alvemy, F. Hudry, «Archives d'histoire doctrinale et littéraire du Moyen Age», 1975,
4 1, pp. 139-260.
6 P. MANDONNET, Siger de Brabant et l'averroisme latin au XII/e siècle, 2 voll., Insti­
tut supérieur de philosophie de l'université, Lovanio 1908- 1911, p. 18: «De collectione
errorum Alkindi. Alkindus in libro De theoria artium magicarum multos errores protulit.
I. erravit enim quia simpliciter et sine conditione asseruit futura pendere ex conditione
supercoelestium corporum, unde, in dicto libro, capitulo De radiis stellarum, ait quod
qui totam conditionem coelestis harmoniae notam haberet, tam praeterita quam futura
piene cognosceret. 2. ulterius erravit quia credidit effectum omnium causarum munda­
lium pertingere ad quodlibet individuum, ex quo sequitur omnem causam et causatum
quodam modo infinitam habere virtutem, ex quo virtus cuiuslibet causae ad omnem ef­
fectum attingit. Unde in praedicto libro, capitulo de radiis elementorum, ait quod pro
vero asserere debemus omne actuale habens existentiam, in hoc mundo elementorum,
radios emittere in omnem partem qui totum mundum replent. Unde est quod omnis lo­
cus mundi radios continet omnium rerum, in eo actu existentium. 3. ulterius incidit in
alium errorem, quod qualibet re huius mundi piene cognita, piene totius mundi habere­
tur notitia, et hoc est quod ait in capitulo de radiis stellarum, quod unius individui huius
Le /onti 7

errate nel De collectione e"orum Alkindi. Questa opera di Alkindi di­


sparve e se ebbe una influenza fu solo indiretta. Alkindi fu citato preva­
lentemente per le sue dottrine scientifiche di ottica, di farmacologia e di
metereologia e non per le arti magiche •
7

La collezione degli errori di Alkindi


La collezione degli errori di Alkindi, redatta da Egidio Romano verso il
127 0 costituì una immediata battuta di arresto alla sua circolazione.
L'Autore scrive che Alkindi nel libro della Teoria delle arti magiche so­
stiene molti errori: 1 ) sbagliò poiché ha sostienuto che semplicemente e
senza condizione il futuro dipenda dalla condizione dei corpi sopracele­
sti, per cui, in detto libro, capitolo sui raggi delle stelle, afferma che chi
conoscesse la condizione completa dell'armonia celeste, conoscerebbe
pienamente sia il passato che il futuro; 2 ) sbagliò ancora poiché ha cre­
duto che l'effetto di tutte le cause del mondo riguardi qualunque indivi­
duo da cui consegue che ogni causa e causato hanno per così dire una
virtù infinita, per cui la virtù di una causa qualunque concerne gli effetti
di tutto. Pertanto nel predetto libro, nel capitolo dei raggi degli elemen­
ti afferma che dobbiamo avere per vero che tutto ciò che attualmente ha
l'esistenza in questo mondo elementare, emette raggi in ogni parte i qua­
li riempiono tutto il mondo. Per cui accade che ogni luogo del mondo
contiene i raggi di tutte le cose, in esso in atto esistenti; 3 ) inoltre cadde
in un altro errore che qualora fosse conosciuta pienamente una cosa qua­
lunque di questo mondo, si avrebbe la conoscenza totale del mondo, e
questo è ciò che dice dice nel capitolo sui raggi delle stelle, che la co­
noscenza completa di un solo individuo di questo mondo, rappresen­
terebbe come in uno specchio la condizione totale della armonia celeste;
4) errò ancora affermando che tutto accadde per somma necessità.
E in quest'opera di Alkindi che è dato riscontrare la fonte prossima
?ell'idea che la virtus (o azione, o effetto, o specie, o forma), emani o si
irradi in linea retta da un centro simile alla luce: idea svolta anche da
Grossatesta nelle sue opere (De operationibus solis, De angulis) e da Rug­
gero �acone nel De multiplicatione specierum e nella Perspectiva e anche
da N icola Oresme nel suo De con/igurationibus qualitatum (si veda qui
cap. IX). Vi è sostenuto, tra l'altro, il principio olistico della armonia uni­
versale e di una .natura tutta congenere sulla base di questo dinamismo

un di con ditio piene cognita, tamquam per speculum, codestis


� harmoniae conditionem
ot
� rep raesenta t. 4. ulterius erravit ponens summa ex necessitate contingere . . . ».
NAG Y, Die philosophischen Abhandlungen des Ja'qub ben Ishaq al-Kindi, cit . ,
p p , 28-40 .
8 Medioevo magico

radiale8 • Alkindi unisce la riflessione di Aristotele con quella di Platone:


con un pensiero di Aristotele diremmo, fortemente composito, e con una
dottrina di Platone assai trasformata e mescolata a elementi stoici e neo­
platonici ermetici. Ciò risulta in modo particolare dal trattato De quin­
que essentiis (edito dal Nagy insieme ad altre opere in latino), in cui ven­
gono definite le condizioni ultime della realtà. Inoltre Alkindi elabora, in
un curioso testo latino, una dottrina logica in cui afferma il principio del -
1'evidenza sensibile dei primi principi della dimostrazione scientifica, la
cui certezza riposerebbe sui sensi9 •
Nel De quinque essentiis Alkindi espone una concezione della realtà
intesa come sostanza corporea, attiva, materiale, dotata di attività o ca­
pacità, di differenziazione e di specificazione che ne costituisce le forme
che è ripresa nel De radiis. Cinque sono le essenze o i principi della realtà:
la materia, la forma, il luogo, il moto e il tempo. Le ultime tre sono ridu­
cibili alle prime due, per cui si può dire che i principi primi della realtà
sono propriamente solo la materia e la forma. La materia tuttavia viene
prima della forma. Infatti essa è anteriore a tutti i generi e a tutte le defi­
nizioni. Essa è la condizione di essi. Da essa è ogni cosa. È la prima es­
senza, la natura, o il principio a cui sono riconducibili le altre quattro es­
senze. Una concezione simile della materia prima si ritroverà nel testo di
magia araba medievale assai composito, Picatrix che per molti aspetti ri­
sulta vicino a questa dottrina della materia spirituale di Alkindi 10 •
La forma è la seconda essenza o il secondo principio. Essa è un nome
che comprende cose diverse 1 1 • Ed è ciò mediante la quale la sostanza, che
è anche materia in ogni cosa in cui è, è vista e distinta dalle altre cose per
la visione 12 . Nella materia singolare la forma non è altro che la potenza di
specificazione e di individuazione, o in generale di differenziazione. Ad
esempio nella materia singolare si trova una potenza, mediante la quale
le cose divengono dalla materia, e questa è la forma. In tale senso si in-

8 BJòRNBO, Alkindi, cit. , p. 43 . Cfr. anche E. O'LEARY DE LACY, Arabic Thought and its
Piace in History, Kegan Paul, Londra 1922, p. 136; J. J0LIVET, Philosophie médiévale ara­
be et latine, Recueil d'articles, Vrin, Parigi 199 1 , in particolare pp. 90- 1 1 0, 193 -209.
9 Si tratta di un'opera forse tradotta da Domenico Gundissalino, di cui il Nagy ha
dato l'edizione sulla base di alcuni codici di cui il più interessante ci sembra il Vat. lat.,
2 1 86, ff. 7 1r-74v (a cura di A. Nagy, pp. 4 1 ss.) . Cfr. J. JOLIVET, La matière d'en haut, « An­
nuaire » (Ecole pratique des Hautes Etudes, Sciences Religieuses) , 1 987 - 1 988, 96, in
Philosophie médiévale arabe et latine, cit., pp. 90- 1 10.
10 ALKINDI, De quinque essentiis,
a cura di A. N agy, p. 3 3 . Cfr. G. FEDERICI VESC0VI­
NI, Lo pseudo-Empedocle, Alkindl Picatrix, in Storia della scienza medievale, Enciclope­
dia Italiana, IV, Roma 200 1 , pp. 352-64.
1 1 « Forma vero est nomen comprehendens diversa» (cit., p. 34).
1 2 ALKINDI, De quinque essentiis, cit., p. 30.
Le fonti 9

t nde l' espressione che la forma è una potenza • Dal caldo e dal secco,
13

che sono singolari, quando si incontrano, nasce il fuoco. La materia è,


erciò , nei singolari caldo e secco. La forma è il fuoco, ma la potenza è
�iò che fa la materia di fuoco. La forma dunque, se la vogliamo definire,
afferma Alkindi, non è altro che la differenza, per la quale qualcosa dif­
ferisce da altro per la visione, e la visione è la conoscenza della cosa. La
realtà naturale è così costituita da esseri corporei materiali attivi. In ge­
nerale, scrive Alkindi, tre sono i tipi di res: l ) cose che non differiscono
dalla materia; 2) cose la cui costituzione è mediante la materia e sono se­
p arate e non congiunte; 3 ) cose per le quali non vi è continuità con la ma­
teria. Le prime sono cose sostanziali e cioè corpi («res vero guae ab hyle
non differunt penitus sunt substantialia sive corpora»). Le seconde sono
le anime. Le terze sono gli esseri divini. Da un altro punto di vista si pos­
sono dividere le cose in due gruppi: quelle che esistono in tutte le so­
stanze, e quelle che non sono in tutte le sostanze e sono divine 14 . Le pri­
me sono quelle che i sapienti hanno affermato che costituiscono il mon­
do corporeo; che è di due specie, e cioè mondo celeste e mondo natura­
le. I corpi del mondo naturale vivono nella generazione e corruzione, nel­
la varietà e nella alterazione. I corpi di quello celeste vivono nel moto e
nel cambiamento secondo le distanze 15 •
In questa dottrina si notano elementi stoici, oltre che neoplatonici,
spiegabili forse con quei caratteri comuni, oltre tutte le differenze, delle
due filosofie, stoica e neoplatonica 1 6. Alkindi doveva essere a conoscen­
za dell'opera dei teologi razionalisti del IX secolo che utilizzavano gli
estremi frutti della filosofia greca post-aristotelica e stoica 1 7 .
L'impostazione del De quinque essentiis concorda con le tesi svolte nel
De asp ectibus, in particolare con il principio dell'evidenza sensibile e con
la teoria dell'attività radiale elaborata nel De radiis, per la quale il mondo
naturale è costituito da forze, e dai segni o le impressioni, lasciate da que­
ste. Ed è propriamente questa concezione delle 'impressioni' o dei segni
lasciati dalle cose, che ci fa pensare a una componente stoica, oltre che
neoplatonica, del pensiero di Alkindi. Questa teoria agirà indirettamente

13 De quinque essentiis, cit . , p. 35.


14
lbid. , p. 2 9.
u lbid. , p. 60.
16
( En et �ernsinspartico�are W. THEILER, Plotin zwischen Plato und Stoa, in Les sources 2dess.Plotin
C .
�� i ur l'antiquit� classique, tome V), Vandoeuvres, Ginevra 1957, pp. 7
Cfr. HOROWITZ, Uber den Ein/luss der griechischen Philosophie, cit., pp. 7 ss. ;
A N ADER , Le système philosophique des Mu'Tazila, lnstitut de Lettres Orientales, Beirut
19,56- '- pp . 50 ss. Cfr. G.C. ANAWATI, Gnose et philosophie, «Cahiers de civilisation
rned•evale », 1963 , VI, pp. 1 9 ss. Cfr. }OLIVET, Philosophie médiévale arabe et latine, cit.,
pp . 1 93 -209. 5
Medioevo magico

nel pensiero medievale e in particolare nell'adattamento in senso cristia­


no della ontologia della generazione delle forme di Ruggero Bacone.
Essa è anche il fondamento dell'arte magica.

Il Trattato sui raggi (De radiis) o la Teoria delle arti magiche


I raggi per Alkindi non sono altro che le impressioni, i segni o gli effetti
provocati da una forza su un'altra 18 • Si giustifica così la concezione per
cui tutta quanta la realtà è costituita da raggi, e cioè quella per cui tutte
le cose, sia celesti che terrestri, agiscono mediante raggi. E tutte le cose
che sono o accadono nel mondo degli elementi sono causati dall'armo­
nia celeste («sunt causata a celesti armonia») che si diffonde per raggi.
Questa tesi, (che per le sue implicazioni deterministiche viene con­
dannata dall'autore del De collectione errorum Alkindi sopra ricordato)
si trova, svolta nel De radiis stellatis o stellicis 19 •
In questo scritto, così importante per le dottrine magiche2°, si afferma
che compito del sapiente è di indagare sulle res e sulle loro operazioni.
Ma se alcune di queste sono manifeste, altre ve ne sono che rimangono
occulte, quando non occultissime. Il sapiente dovrà allora cercare di co­
noscere non solo quelle manifeste2 1 , ma anche quelle che sono nascoste.
In questo caso potrà dirsi più sapiente. Alkindi introduce qui una nozio­
ne di occulto che rappresenta il fondamento di una definizione corrente
della magia22 definita appunto come la conoscenza o la scienza dell'oc­
culto, proposizione contraddittoria in terminis. Alkindi spiega l'occulto
come il non ancora svelato, ma intrinseco alla natura, che il sapiente po­
trà scoprire con grande studio e applicazione per tutta la vita. È questa
la nozione di occulto della natura che sarà fatta proprio dalla dottrina di
Ruggero Bacone (si veda qui il capitolo IX). In tale ricerca si risale dalle
manifestazioni (o impressioni o segni) alla conoscenza delle forze o cau­
se che le hanno provocate, in base al presupposto della concezione atti­
va della realtà. Le azioni e le operazioni delle cose avvengono secondo
raggi23 e secondo le leggi della diffusione radiale, cioè dell'ottica geome­
trica. Questa idea fondamentale dell'opera di Alkindi, sta al fondo della

1 8 « Impressio igitur cum eo, in quo est impressio simul est radius» (De aspectibus, a

cura di A.A. Bjornbo, S. Vogl, p. 13; a cura di R Rashed, p. 46 1).


1 9 Cfr. De radiis, a cura di D'Alverny, Hud , cit., p. 227.
ry
2
° Cfr. L. THORNDIKE, History o/ Magie and Experimental Science, I, pp. 64 1 ss.; II,
pp. 443 ss.
21 De radiis, cit., pp. 217-18.
22
Cfr. N. WEILL-PAROT, Science et magie au moyen agen, in J. HAMESSE (a cura di),
Bilan et perspective des études médiévales, Brepols, Turnhout 2004, p. 540.
2) De radiis, cit., pp. 219-20.
Le fonti 11
atesta e particolarmente della teoria della moltiplica­
p erspectiva di Gross
zione d elle s pecie di Bacone. Tutta la realtà è attiva e agisce24 • Agiscono
i cieli con la loro celeste armonia, e agiscono gli elementi terrestri. Ope­
rano gli uomini mediante l'immaginazione, la volontà e il desiderio. Agi­
scono le parole (voces), e tutte queste operazioni avvengono per raggi che
si incontrano, si accordano e si respingono secondo particolari affinità o
rispondenze. Ogni stella, in modo diverso, opera nei luoghi e nelle cose
diverse; ogni stella ha la sua proprietà, natura e condizione, in cui è con­
tenuta insieme la proiezione dei raggi, scrive Alkindi . E ancora: ogni
25

operazione delle stelle procede per raggi. In ogni luogo ogni stella dif­
fonde i suoi raggi26, e la diversità dei raggi unita alla diversità dei luoghi,
delle cose e degli elementi, rende diverso ciò che è contenuto in tutti i
luoghi.
Le stelle agiscono sulle cose terrestri che a loro volta reagiscono in
modo diverso a seconda della natura degli elementi che le compongono.
Così esiste una interazione di irradiazione continua tra mondo celeste e
mondo terrestre, tra mondo superiore e mondo inferiore2 7 •
I raggi delle stelle hanno infatti proprietà diverse nelle cose a secon­
da della diversità di composizione delle cose stesse. Ma il mondo degli
elementi si comporta allo stesso modo di quello delle stelle, cioè operan­
do per raggi. Emettono raggi anche i corpi colorati28 a seconda dei vari
colori. Pertanto, afferma l'autore, tutte le cose di questo mondo, siano
sostanze o siano accidenti, emettono raggi, a loro modo, come le stelle29 •
E così tutto ciò che ha una esistenza attuale nel mondo degli elemen­
ti emette in ogni parte raggi che riempiono tutto il monda3° .
I raggi possono essere più o meno forti, e la loro forza maggiore o mi­
nore è dovuta, in parte, alla loro maggiore o minore obliquità. Tra tutte le

24 De radiis, cit., p. 220.


2
« Omnis stella aliter et aliter operatur in locis et rebus diversis [ . . . ]. Tota stellarum
'
operatio per radios procedit qui in se ipsis, in omni aspectu vario, variantur [ ... ] . Omnis
autem stella suam habet proprietatem, naturam et conditionem in qua radiorum proiec­
_
tto cum aliis continetur» (De radiis, cit., loco cit.).
26
De radiis, cit., p. 2 19.
27
lbid. , pp. 2 1 9-20.
28 «Et omn
e coloratum radios emittit » (De radiis, cit., loco cit.). A questa particolare
c�nce ione di Alkindi, divenuta patrimonio dell ' astrologia medievale, si richiama anche En­

?i
nco Langenstein o de Assia, per confutarla nel suo trattato De cometa, a cura di H. Pruck­
ner, 10 « Studien der Bibliothek», XIV Warburg (Teubner, Lipsia) 193 3 , pp. 104-105 ss.
29 « ani
M festum est quod res huius mundi, sive sit substantia sive sit accidens, radios
facu. suo modo ad instar
siderum » (De radiis, cap. 2, pp. 220-24) .
• }o « Hoc igitur pro vero assumentes dicimus: omne quod habet actualem existentiam
10 m undo elementorum radios emittit in omnem
partem, qui totum mundum replent suo
m odo », De radiis, ci_t ., p. 224 .
12 Medioevo magico

cose, pertanto, inferiori, superiori e spirituali, tra le più prossime e le più


remote, esistono legami strettissimi. Tutte sono congiunte tra di loro, agi­
scono l'una su l'altra e patiscono l'una dall'altra, per l'azione dei raggi, e
si muovono l'una rispetto all'altra secondo l'esigenza della natura dell' a­
gente e del paziente3 1 • Anche l'uomo opera e agisce, e la sua azione avvie­
ne per raggi perché è un mondo in minore (minor mundus)3 2 • Agisce spe­
cialmente con l'immaginazione, giacché è dotato di spirito immaginatorio
(spt"ritus ymaginatorius o ymaginarius)3 3 • Anche le voces, le parole, emet­
tono raggi e operano nel mondo degli elementi34 • E gli effetti delle parole
sono diversi a seconda che siano riferiti al fuoco, all'acqua o all'aria.
Che le parole emettano raggi e che tutta la realtà sia «proiezione» di
raggi, non significa altro che le cose agiscono e lasciano i segni o le im­
pressioni, di questa loro azione in modo diverso e secondo certe regole3 5 •
Questa definizione di che cosa sia il raggio inteso in questo senso, Alkin­
di la offre nel suo importante scritto dedicato alla visione sensibile (il De
aspectibus) e spiegata con le leggi dell'ottica geometrica antica di Eucli­
de e Tolomeo.
Grande influenza avrà nella storia della magia soprattutto del Rina­
scimento quei passi del De radiis in cui Alkindi configura una antropo­
logia dell'uomo-mago minor mundus microcosmo il quale riceve dall' ar­
monia celesta la potenza di indurre il movimento nella materia a lui sog­
getta con la sua opera che è essenzialmente frutto della sua immagina­
zione. Così l'uomo è principalmente uno spiritus ymaginarius. Le passio­
ni dell'anima sono infatti l'immaginazione e la ragione le quali posseggo­
no una similitudine con il mondo, perché le specie delle cose terrestri si
imprimono in queste facoltà attraverso l'esercizio dei sensi. Di conse­
guenza tale «spiritus ymaginarius habet radios conformes radiis mundi».
Pertanto ha la forza con le sue immagini radiali di muovere le cose che si
infrappongono con i loro raggi, così che l'uomo, minor mundus allo stes­
so modo del mondo superiore, con i suoi raggi muove le cose con movi­
menti diversi sulla base della corrispondenza di tali immagini radiali.
Così tale spirito emette raggi che muovono le cose esteriori e insieme le
cose di cui è immagine. L'«ymago in mente concepta» concorda nella

31 De radiis, cit., p. 226.


32 Ibid. , p. 230.
33 Ibid. , pp. 230-3 1 .
3 4 Ibid. , p . 233 .
n L a concezione attiva d i Alkindi è ribadita anche d a questa affermazione d d De
aspectibus (ed. cit., p. 16; ed. R. Rashed, p. 465 ) : «Eius vero, quod non sentitur, essentia
non scitur nisi ex operibus eius, scilicet ex impressione eius in eo, in quo imprimendi ha­
bet vim ».
Le /onti 13

attuale per una azione volontaria, o naturale, o altri­


specie con la cosa
menti (ca p . 5, p. 231) .
Non ci dobbi amo in tal modo meravigliare se la costellazione la cui
imm agine l'uom o produce nella sua mente, produca la stessa immagine
in un altro so ggetto, perché questa o quella non differiscono se non nel­
la materia . L'immagine mentale e quella reale conseguono tra di loro
(ymago mentalis et realis) poiché sono della medesima specie (quia sunt
eiusdem speciei sese consequuntur) . Esse, anche se sono nella stessa ma­
teria, sono suscettive o verso una forma o verso un'altra. Alkindi elabora
dunque anche tutta una teoria generale delle «immagini» (ymagines) ce­
lesti e terrestri che proiettano raggi, che avrà una influenza notevole nel­
la magia filosofica astrale (cap. 8, p. 252).
Da questo testo di Alkindi dipende quindi tutta la letteratura che fa
dell'immaginazione la facoltà primaria dell'operazione magica la cui ef­
ficacia reale però dipende da una causalità che è l'armonia universale ce­
leste: una dottrina della forza operativa delle immagini che da essa deri­
vano e quanto questa dottrina abbia influenzato Marsilio Ficino è stato
anche di recente sottolineato. Egli ha impresso una svolta, meglio una ri­
voluzione nella storia della magia filosofica36 •
Ma un'altra teoria contenuta in questo testo che ricorre quasi sempre
quando si tratta di magia è la credenza nella forza operativa di parole,
voci, suoni, formule, sviluppato nel capitolo sulla virtù delle parole, De
virtute verborum (cap. 6, p. 233 ), per cui tutte le cose sia quella del mon­
do celeste (le costellazioni) che quelle elementari e vegetali tutte emetto­
no suoni e quindi producono effetti. Alkindi elabora così tutta una teo­
ria degli incantesimi o delle creazioni dei suoni dispiegata in tutte le loro
differenze a partire dalle cose e dall'intenzione di chi le proferisce (nel
caso dell'uomo) e stabilisce che in ogni caso, a parte la considerazione
che esse siano significative o meno, l'efficacia dei canti (carmina) , nomi
(nomina) o incantesimi per i segni (characteres) dipende sempre dall'ar­
monia celeste3 7 •
Così anche le preghiere a Dio, hanno efficacia non per il loro signifi­
cato, ma per l'armonia celeste. Tuttavia quanto più l'imposizione del si­
g�ificato del nome attribuito dall'uomo concorda con quello dell'armo­
ma celeste, di tanto più la virtù di quel nome sarà potente, poiché esso

36 TOU SSAI
NT, Les raisons de la magie, cit., p. �80. Si veda anche F. MEREOI, E. ScAP­
AR�NE ( a cura di), La magia nell'Europa moderna, tra antica sapienza e filosofia naturale
r
Atti del convegno, Firenze 2-4 ottobre 2003), Olschki, Firenze 2007.
3 7 De radiis , cap.
6, p. 237; cap. 7 : De/iguris, pp. 250-52; cap. 8: De imaginibus, pp. 252-
5 4 ; cap. 9: De sacrificio, pp. 254-58
.
14 Medioevo magico

sarà dotato di una virtù naturale proveniente dai cieli e da una virtù ac­
cidentale conseguente (cap. 6, pp. 235-36).
È chiaro pertanto che per Alkindi le parole hanno un vero significato
magico, in quanto non hanno valore in se, bensì il loro significato è con­
seguenza dell'azione dei raggi celesti, e talvolta dell'uso degli uomini. A
proposito dell'efficacia delle preghiere questa dottrina è esemplare per­
ché egli afferma che non possono mai modificare Dio che è immutabile
(come sappiamo Alkindi era credente3 8 musulmano), tuttavia se la ri­
chiesta è conforme all'armonia e le formule sono unite ad intenso desi­
derio e pronunciate con la dovuta solennità, producono l'effetto auspi­
cato39. Alkindi si diffonde anche nel rituale magico, ricordando che cer­
te formule devono essere cantate, altre accompagnate da musica e dan­
za40. Pertanto le preghiere, come le formule magiche, agiscono secondo
l'intenzione dell'operatore per il semplice fatto di esser pronunciate se­
condo il dovuto rituale, da un postulante, anche ignorante ma fiducioso
nell'efficacia del rito medesimo.
Così Alkindi da musulmano afferma lo straordinario potere dei nomi
di Dio, anche quando a pronunciarli siano uomini che non ne compren­
dono il significato, né conoscono Dio. D'altronde per Alkindi nessun
uomo può conoscere Dio, nessun sermone umano è adatto a definirlo4 1 •

2 . La tradizione ermetica astrologica magica arabo-latina dei secoli


IX-XII
a) «Picatrix»
Una delle opere più famose della magia medievale astrologica araba-lati­
na è stata il libro di Picatrix, tradotto alla metà del XIII secolo che tuttavia
ebbe una eclissi quasi totale nel Medioevo per riapparire con grande slan­
cio nella filosofia di Marsilio Ficino e dei maghi più noti come Agrippa.
La storia di questa opera è assai complessa e ancora discussa è l'attri­
buzione e l'individuazione del suo autore. Pertanto respinta dagli stu­
diosi è la prima attribuzione a Maslama Ahmet al-Magriti, matematico e

3 8 Cfr. JoLIVET, Philosophie médiévale, cit., pp. 90- 110.


3 9 «Cum igitur observationes fiunt ad Deum ab hominibus devote mentis et proclivis
desiderii cum debita sollemnitate pro aliquo motu in subiecta materia inducendo, sequi­
tur optatus effectus» (De radiis, cit. , cap. 6, p. 235 ).
40 De radiis, cit. , p. 249.
4 1 «Deum enim nullus homo cognoscere potest, sed talis ignorantia in dicente effec­
tuum motus non impedit circa materiam». «Sunt enim nomina quedam que nulla rece­
perunt significatione ex impositione humana, prolata tamen cum intentione magnum in­
venientur habere effectum. Ex hiis quedam Dei nomina reputantur alia vero spirituum
sive stellarum sive signorum Dei autem nomina ideo attribuuntur ab hominibus quia ha-
Le fonti 15
astronomo dell'Andalusia morto verso il 1005 - 1 008. L'autore sarebbe in­
vece un compilatore rimasto anonimo, seguace dell'alchimia magica di
Geber Ibn Hayyam (IX secolo) . Egli compie un'opera sincretistica uti­
lizzando fonti svariate e molteplici (come ha dimostrato l'editore dell'o­
pera David Pingree) da cui risulterebbe che avrebbe utilizzato testi ara­
bi sull'ermetismo, le dottrine astrolatriche dei seguaci della regina di
Saba (i Sabeani) di Harran, l'ismaelismo, alcune dottrine sufi, numerose
ricette ed esperimentazioni magiche e necromantiche. All'origine il tito­
lo dell'opera era in arabo Ghayhat al-Hakim, il Fine del saggio le cui idee
qui contenute sviluppano una magia astrale e necromantica sostenuta da
giustificazioni filosofiche di ispirazione ermetica e neoplatonica. Per al­
cuni aspetti l'opera svolge una teoria assai simile alle idee del De radiis di
Alkindi. Il prologo della versione latina ci informa che l'opera fu tradot­
ta in castigliano per il re Alfonso X42 di Castiglia in una data compresa
tra il 1256 e il 1258 e David Pingree suppone che il traduttore sia stato
Yeuda ben Mosé.
Non si conosce la data della versione latina e si suppone (ma non è
certo) che il traduttore latino possa essere stato Egidio de Tebaldis, tra­
duttore di altre numerose opere. Il nome Picatrix poi risulterebbe da una
storpiatura del nome arabo dell'autore. I manoscritti di questa versione
latina sono rimasti sconosciuti fino alla fine del secolo XIV, poiché la co­
pia più antica risale alla fine del trecento e David Pingree ha rintracciato
solo un frammento del secolo XIII. Concordo con Vittoria Ferrone
Compagni che afferma, sulla base della conoscenza di questi testi, che
non si trovano citazioni di Picatrix negli autori latini medievali. Tuttavia
furono conosciute marginalmente dai latini, proprio per il loro carattere
frammentario, le dottrine qui contenute di magia astrale relative ai ritua­
li necromantici dei libri delle immagini che si ritovano anche nel Liber
Lune, Liber Veneris etc. della magia ermetica Sabeana di Thebit, nel libro
di magia artificiale ispirata all'alchimia di Jabir (Liber aneguemis o Liber
vacce o Leges Platonis) , poiché essi rappresentano i testi catalogati tra i li­
bri di magia proibita nelle classificazioni delle scienze lecite e di quelle
proibite del secolo XIII. Tuttavia di Picatrix si devono sottolineare alcu-

bent in sua n aturali existentia respectum ad Deum, non quidam quod Deus defin iant».
(De radiis , p. 249).
42
S.V. GONZALEZ, LA escuela de traductores de Toledo con la historia de pensamiento,
A�ntamento de Toledo, Toledo, 1998; CH. BURNEIT, The Institutional Context o/ Ara­
bzc Latin Translations of the Middle Ages: a Reassesment o/ the School o/ Toledo, in
O. WEIJERS (a cura di), Vocabula of Teaching and Research between Middle Ages and
ry
Renaissance (Proceedings of the Colloquium, Lon dra, The Warburg l nstitute, 11-12 mar­
zo 1994), Brepols , Turnhout 1995 , pp. 2 14-35 .
16 Medioevo magico

ni temi essenziali caratteristici delle opere di magia quali: la segretezza,


l'occultazione per il contenuto; il ritratto nobile del mago che non è un
praticone, ma un sapiente filosofo43 , il rituale. La definizione della magia
poi è sua propria e particolare: essa è « scienza nigromantica » o nigro­
manzia che viene a connotarsi di alcune specificazioni diverse da quelle
date dai dotti cristiani o anche dalla magia pagana, per esempio da Pli­
nio che la definiva, come Isidoro da Siviglia fra i cristiani, come divina­
zione per l'evocazione dei morti. La magia è definita come una « scien­
za » non speculativa, ma operativa la quale deve rivelare i segreti della na­
tura (Prologo, ed. Pingree, p. 1 ) . « In generale la nigromanzia è chiama­
ta così in [quanto tratta] di tutte le operazioni nascoste al senso le quali
la maggior parte degli uomini non sa in che modo avvengano, né da qua­
li cause provengano »44 • Picatrix è il sapiente che tutto può con la sua
scienza nigromantica che gli permette di scoprire ciò che i filosofi nasco­
sero agli uomini e che egli non può rivelare, perché se fosse rivelata scon­
volgerebbe l'universo (« si hec sciencia esset hominibus discoperta con­
funderet universum ») . L'opera è divisa in quattro parti e ciascuna in ca­
pitoli. Nel primo libro definisce ciò che è il cielo e dell'effetto che pro­
duce con le immagini che esso racchiude. Nel secondo parla in generale
delle figure del cielo e del moto dell'ottava sfera e degli effetti di queste
immagini celesti nel mondo terreno. Nel terzo tratta delle proprietà dei
pianeti e dei segni, delle loro figure e descrive le forme dei loro colori,
spiega come si possa parlare con gli spiriti dei pianeti e come operare se­
condo le più diverse pratiche nigromantiche. Nel quarto descrive infine
le proprietà degli spiriti e le prescrizioni che sono da seguirsi nel compi­
mento di tutte le pratiche, quale debba essere la preparazione sia spiri­
tuale che fisica dell'operatore perché essa è importante e dovrà essere so­
stenuta dall'aiuto delle figure, delle invocazioni e delle suffumigazioni
(Prologo 2 , p. 2 ) .
L a magia dunque è scienza e questa scienza è l a « nigromantia ». Que­
sta definizione di scienza e non di arte sarà gravida di conseguenze teo­
riche importanti nelle elaborazioni delle filosofie magiche del Rinasci-

43
Per i problemi della definizione del rituale cfr. lo studio di C. FANGER, in Conjuring
Spirits, Texts and Traditions o/ Medieval Ritual Magie (a cura della stessa), Pennsylvania
State University Press (Magie in History) 1998, pp. VII-XVII. Per i Sabeani di Harran
cfr. M. TARDIEU, Stibien coranique et Stibien de Ha"tin, «Joumal asiatique», 1986, 274,
pp. 1-44; T.M. GREEN, The City o/Moon God. Religious tradition o/Ha"an, Brill, Leida
1992; A. CAIAZZO, Images du ciel d'Orient au Moyen tige, Vrin, Parigi 2003.
44 «Et generaliter nigromantiam dicimus pro omnibus rebus absconditis a sensu et

quas maior pars hominum non apprehendit quomodo fiant nec quibus de causis ve­
niant » (Picatrix, ed. cit., libro I, cap. 2, p. 5).
Le fonti 17

mento, come nell'Occulta philosophia di Agrippa o negli scritti di Marsi­


lio Ficino che conosce bene Picatrix.
Tale scienza si divide in due parti: in teorica e pratica. La teorica è la
scienza dei luoghi delle stelle fisse ( è l'astrologia nel suo fondamento astro­
nomico ) : queste costellazioni fisse compongono tutte le figure celesti, co­
me la forma del cielo e tutte le immagini astrali ed è anche la scienza di co­
me i loro raggi si proiettano sui pianeti che invece si muovono (e"atice) .
In altre parole tale scienza consiste nella conoscenza delle immagini astro­
logiche riprodotte nelle figure (imagines) le quali presuppongono anche
una efficacia delle formule, parole o suoni. A questa parte pretesa teorica
se ne associa una prettamente pratica che è la manipolazione degli ele­
menti di tre nature, vegetale, animale, umana con l'infusione della forza
stellarum per l'attrazione degli spiriti celesti nelle immagini astrologiche.
E a questa scienza nigromantica, afferma Picatrix, non si può perve­
nire se non con l'astrologia. Picatrix usa il termine scienza per qualifica­
re la magia nigromantica, ma come è chiaro da tutta l'opera essa non pre­
senta niente di scientifico, fuorché le generali conoscenze astronomiche,
poiché consiste in un insieme di operazioni di evocazione o di espulsio­
ne delle entità planetarie per attrarle e impossessarsi dei loro poteri, op­
pure per respingerle, costruendo amuleti, al fine di compiere sortilegi,
incantesimi, affinché abbiano effetti e siano efficaci nell'intento di favo­
rire oppure danneggiare: e quindi preparare veleni per nuocere, oppure
medicine e anche rimedi in generale per aiutare (libro III) . L'unico aspet­
to scientifico sarebbe costituito dalle conoscenze astronomiche; ma l'in­
sieme dell'opera è veramente una �umma eterogenea di operazioni de­
sunte da fonti magiche provenienti soprattutto dalla tradizione ermetica
arabo-ellenistica e dall'astrolatria dei sabeani. Picatrix sarà quindi re­
sponsabile nel Rinascimento, e meno nel Medioevo, della coincidenza
che i filosofi, i dotti, i teologi medievali cercarono invece di separare, in­
troducendo sottili categorie razionali ricavate dalla scienza delle cause di
Aristotele, fra astrologia e astrolatria, tra profezia, divinazione e prono­
stico. Poiché gli spiriti dei pianeti sono entità divine separate dal mondo
e vicine a Dio, ne consegue che le previsioni fatte con l'aiuto dei loro spi­
riti dotati della virtù divina della quinta essenza, sono divine e dunque
esse non sono pronostici naturali come aveva sostenuto Tolomeo nel
Quadripartito, ma profezie veraci: così la divinazione astrologica è vera
divinazione e quindi profezia divina (libro II, cap. I, p. 49: «Et manife­
stum est quod divinatio est virtus quinte essencie et est illa quam
p ropheciam appellamus») . Tale dottrina aveva un fondamento ermetico
neoplatonico e nigromantico che fu nel complesso estraneo al peripati­
smo medievale.
18 Medioevo magico

b ) Gli scritti ermetici astrologici attribuiti a T hebit. I libri delle


immagini dei pianeti
Tra le altre fonti ermetiche medievali devono essere ricordati i Libri delle
immagini dei pianeti, di tradizioni composite. Questi scritti ermetici sia
medievali che rinascimentali sono stati classificati in generale dagli stu­
diosi che li hanno recensiti, secondo una tipologia che li distingue come
1) opere di ermetismo magico tecnico, operativo, 2) testi di ermetismo fi­
losofico. Questi due aspetti a volte erano separati, a volte uniti e pertanto
il carattere magico e quello scientifico risultavano mescolati insieme, da­
ta anche la confusione terminologica e concettuale delle due nozioni. Per
esempio nell'opera Picatrix che è chiaramente di magia destinativa e oc­
culta, questi caratteri sono uniti. Invece nei Libri dei prestigi, o nella ma­
gia talismatica essi sono separati in quanto tutti dedicati agli aspetti ope­
rativi della magia e non contengono giustificazioni filosofiche o scientifi­
che. Il caso del Liber sex rerum principiis, sta a sé e, tranne che per il ca­
rattere astrologico, è difficile considerarlo un testo di magia ermetica.
Questo secondo carattere tecnico operativo della magia ermetica fu
particolarmente elaborato dalla cultura islamica fiorita ad Harran nel
VIII-IX secolo. In questo periodo si costituisce un nuovo corpus, che è
documentato dalle traduzioni del XII secolo di Ermanno di Carinzia,
Corpus che si configura come la scienza dei talismani attribuiti a Ger­
math Babilonese e a Toz Grecus (tutti autori ricordati anche da Pietro
d'Abano). Lo stesso Daniele di Morley nel suo Liber de naturis inferiori­
bus et superioribus (in «K. Sudhoff Archiv», VIII, 1917, p. 34), descrive
la cosiddetta «scienza» delle immagini talismatiche con tutte le sue ope­
razioni. Guglielmo d'Alvernia e Michele Scoto, come vedremo, attesta­
no la nuova raccolta che si ritrova poi nelle citazioni dello Speculum e ne­
gli stessi anni 1 3 1 0- 1 3 1 8 nella classificazione delle scienze matematiche
di Taddeo da Parma e Pietro d'Abano (si veda qui i capitoli Il, III e XII).
Il testo di Picatrix con tutte le sue idee innovative pagano-ermetiche,
arabe ed ellenistiche e soprattutto la sua definizione di nigromanzia, se
non fu conosciuto nel Medioevo direttamente, riassumeva tuttavia una
vasta letteratura magico-astrologica che questa, invece, fu probabilmen­
te conosciuta in forma frammentaria per le traduzioni toledane del seco­
lo XII, fino al momento in cui ebbe una battuta di arresto dovuta alla
presa di posizione dell'Autore dello Speculum astronomiae o De libris li­
citis et illicitis, ritenuto secondo alcuni di Alberto Magno, da altri Cam­
pano da Novara, da altri ancora Richard de Fournival45 • Infatti il XII se-

4' B. Rov, Richard de Fournival auteur du Speculum Astronomiae, « Archives d ' histoi­
re doctrinale et littéraire du Moyen Àge », 2000, 67, pp. 159-80.
Le fonti 19
colo rappresentò un momento importante nella storia della magia medie­
vale, come nella storia della scienza. Grandi traduttori come Adelardo di
Bath, Gerardo da Cremona, i dotti ebrei della corte di Alfonso X di Casti­
glia, i grandi matematici e astronomi come Abramo Savosarda (bar Hiyya),
Levi ben Gerson, svolsero un lavoro di divulgazione di grande rilievo sia
di testi astronomici che astrologici e magici • Lo Speculum forniva una
46

classificazione delle opere, distinguendo e quindi condannando molti testi


che contenevano la dottrina delle immagini astrologiche-nigromantiche e
la magia astrale (si veda qui il capitolo IX). L'Autore dello Speculum citava
dei brevi trattati dal titolo De imaginibus septem planetarum attribuiti a
Thebit ben Qurra, a Ermete, a un misterioso Elbidis: queste opere come
dimostrò Pingree erano alcune delle fonti principali di Picatrix.
Il De imaginibus septem planetarum attribuito a Thebit ebbe una cer­
ta risonanza nel Medioevo, anche se la fortuna più solida iniziò agli inizi
del XV secolo per le elaborazioni dei commenti al Centiloquio dello
Pseudo-Tolomeo da parte di astronomi-astrologi come Lorenzo Bonin­
contri o Giulio Cesare Scaligero. Il successo di questo testo attribuito a
Thebit, ma non sappiamo con quale certezza, dipese anche dalla autore­
volezza del suo autore, traduttore di Aristotele, matematico e astronomo
famoso. Nella storia dell'astronomia latina medievale il Tractatus de motu
octavae sphaerae a lui attribuito godé di una fama indiscussa, e i com­
mentatori latini di questo testo arrivarono fino al secolo XVI47 • Ma nien­
te di magico contenevano le sue opere astronomiche autentiche secondo
Régis Morélon48 , curatore dei suoi scritti in arabo, come invece appare il
contenuto di questi Libri imaginum. Essi trattano proprio di magia tali­
smatica esclusivamente basata su configurazioni astrologiche. Tuttavia la
trasmissione di questi testi, come ha dimostrato Vittoria Perrone Com­
pagni, avvenne in due versioni diverse, entrambe attribuite a Giovanni di
Siviglia, in una delle quali i talismani appaiono semplici figure o imma­
gini astronomiche senza i riti nigromantici della magia astrale, e cioè non

46 ALFONSO X EL
. SABIO, Astromagia (Ms Reg. lat. 1283) a cura di A. D'Agostino, Li­
guori, N apoli 1992; dr. A. GARCIA AVILES, Imagines magicas. La bora astrologica de
Alfonso X y su fortuna en la Europa bajomedieval, in M. Rodriguez Llopis (a cura di),
A /fon�o X: aportaciones de rey castellano a la construccion de Europa, Regi6n de Murcia,
Murc1a 1997, pp. 137 -72.
47 Ne tratta
anche il cabalista cristiano Agostino Ricci nel suo famoso commento
De motu octavae sphaerae, per Simon Colinaeus Parigi, 1521; dr. F. SECRET, Les
Kabbalistes chrétiens de la Renaissance Arché, Neuilly-Seine Milano 1985 (nouvelle éd.)
pp. 81 e ss.
48 _ fr.
� �- MORÉLON, Thebit b. Qurra, I.:astronomie arabe orientale entre le Ville et le
XIe stecle, n Histoire
. t des sciences arabes, a cura di R. Rashed, R. Morélon, I, Seuil, Pari­
gi l 997, pp. 4 9 -61, che esclude l'attribuzione a Thebit del De motu octavae sphaerae.
20 Medioevo magico

compare alcun riferimento a preghiere, a nomi angelici o a sigilli astrolo­


gici ed essi si possono collocare nel campo dell'astrologia «naturale »49 •
Nell'altra versione invece siamo di fronte a una vera e propria magia ta­
lismanica.
Delle pratiche magico-religiose dei Sabei Harraniani, a cui sono inve­
ce esplicitamente connessi altri testi di magia ermetica e con cui era in
rapporto lo stesso Thebit non vi è traccia in questi testi della prima ver­
sione. Questo spiega il giudizio positivo che ne dà l'Autore dello Specu­
lum, inserendo i libri di Thebit De imaginibus nella terza categoria dei ta­
lismani astrologici, quelli leciti, nelle cui immagini puramente astrono­
miche di congiunzione o separazione dei pianeti secondo i loro transiti
(che indicano la fortuna o la sfortuna, i viaggi, la ricchezza, i commerci),
non è dato rintracciare istas spurcitias, così chiamate dal Maestro dello
Speculum, come le su/fumigationes o le invocazioni. L'Autore dello Spe­
culum, non trovava nei talismani astrologici di questo testo di Thebit nes­
sun carattere idolatrico, ossia nessuna astrolatria magica.
c) Il «Libro dei prestigi » di Elbidis secondo Tolomeo ed Ermete
Questa connotazione magica aveva invece il Liber prestigiorum Elbidis
secundum Ptolomeum et Hermetem, che poco ha a che fare con Tolomeo,
ma molto invece con la magia talismanica di Ermete Trismegisto. Tra­
dotto secondo Burnett50 da Adelardo di Bath che era libero da scrupoli
apologetici, egli avrebbe reso il testo arabo nella sua interezza con inclu­
se tutte le sezioni liturgiche. Infatti la descrizione della preparazione dei
talismani astrologici è accompagnata da preghiere rivolte agli spiriti
astrali, da suffumigi, dall'iscrizione di nomi e simboli planetari (gli anu­
li) secondo una tipologia operativa che si può definire genericamente er­
metica perché è analoga a quella che conosciamo da altri testi attribuiti a
Ermete Trismegisto. Il Liber prestigiorum nella rassegna dei libri necro­
mantici dell'Autore dello Speculum è uno dei peggiori che incorrono nel­
la più grave forma di idolatria in quanto rivolgono ad esseri creati l'ono­
re e la riverenza che è dovuta solo al Creatore.
d) I «Libri dei pianeti dalla scienza di Abele » secondo la magia ebraica
La magia talismatica dell'ermetismo è contenuta anche nei Libri pianeta­
rum ex scientia Abel. Si tratta di una raccolta composita studiata da Vit­
toria Ferroni Compagni che ne sta apprestando l'edizione. La raccolta

49 Le due versioni sono edite da F.J. CARMODY, The astronomica/ Works o/ Thabit
b. Qurra, University of California Press, Berkeley, Los Angeles 1960, pp. 180-97 .
,o CH. BURNETI, Talismans: Magie as Sdence, in ID. , Magie and Divination in the
Middle Age, Variorum Reprints, Aldershot 1996, I, pp. 7-9.
Le fonti 21

comprende sette trattati fondati su presupposti teorici e operativi


unifo rmi e da frequenti rimandi interni. L'intera collezione è ordinata se­
condo la successione dei pianeti a partire dalla Luna, seguita da Sole, Ve­
nere, Mercurio, Marte, Giove e Saturno secondo un ordinamento plane­
tario che non è propriamente quello astronomico dato da Tolomeo. L'o­
pera nei manoscritti è intitolata a un certo «Abel».- Liber planetarum ex
scientia Abel e il prologo del Liber lune ripercorre la storia di questa
scientia che risalirebbe a Ermete Trismegisto, che non è Ermete «Tre vol­
te grande», ma a tre Ermeti. Si tratta di una leggenda accreditata da Al­
bumasar nel suo Introductorium maius e accolta dai maestri latini come
Roberto di Chester o Pietro d'Abano con accentuazioni diverse5 1 •
Il primo Ermete, nipote di Adamo, vissuto in Egitto anteriormente al
diluvio, è l'iniziatore del culto religioso, lo studioso del movimento delle
stelle che aveva profetizzato l'avvicinarsi del diluvio e nel timore che la
scienza andasse perduta, aveva scolpito sulle pareti dei templi tutto il pa­
trimonio religioso e scientifico del suo tempo a beneficio dei posteri. Il
secondo Ermete, vissuto dopo il diluvio di Babilonia, conosce la filoso­
fia, la medicina e l'aritmetica, è stato il maestro di Pitagora; il terzo Er­
mete vissuto in Egitto, filosofo naturale e medico, è conoscitore degli ani­
mali velenosi e delle droghe mortali ed è l'inventore della alchimia. Mar­
tin Plessner ha dimostrato nel suo lavoro su Ermete Trismegisto e le
scienze arabe («Studia Islamica», 2, 1954, pp. 50-57) l'origine alto-babi­
lonese delle genealogie, i rapporti con la Bibbia e con i suoi apocrifi. Vie­
ne fornito anche il riferimento di Ermete a Ermete Enoch il quale si tro­
va nominato anche da Pietro d'Abano nella sua classificazione delle ope­
re di magia illecita data nel Lucidator. Nel Medioevo circolò un Tractatus
de quindecim stellis sulle virtù delle erbe, delle pietre, delle figure attri­
buito a Enoch e qualche volta a Thebit52 , esso ebbe una scarsa cono­
scenza nel Medioevo che crebbe invece nel Rinascimento.
Ancora ignota è l'origine del Compendium aureum che si definisce un
sunto della Kyranides, (un trattato medico sulle proprietà occulte di ani­
mali, piante, pietre). Mentre l'opera più antica dell'astrologia ellenistica
ermetica è il Libro dei 36 Decani 53 • Il Liber planetarum ex scientia Abel fa

1
' Si veda G. FEDERICI VESCOVINI, Introduzione all'edizione critica del Lucidator, cit. ,
p. 86 e CH. BURNEIT, Magie and Divination in the Middle Ages, Variorum Reprints, Ash­
gate Aldershot 2001, V, pp. 231-34.
' C fr. P. LUCENTINI, V. FERRONE C OMPAGNI, I testi e i codici di Ermete nel Medioevo,
2

Edizioni Polistampa, Firenze 200 1, pp. 44-45, 49.


' } C fr. LUCENTINI, Platonismo, cit., pp. 268-69; L. DELAITE, Textes latins et vieux
lrançais ralati/s au Kyranides, Droz, Liegi-Parigi 1942, pp. 207-33; De triginta sex decanis,
a cura di S. FERABOI:,I, (Hermelatinus IV , 1), Brepols, Tumhout 1994.
22 Medioevo magico

parte di questo secondo corpus ermetico-magico operativo rituale ebrai­


co-arabo-latino risalente alla magia dei sabeani di Harran. I Libri plane­
tarum costituiscono un modello scarsamente operante nel Medioevo, ma
ben accolto ed elaborato nella magia filosofica del Rinascimento in par­
ticolare nel De occulta philosophia di Agrippa. Infatti come dimostra l'e­
lenco (apprestato da Paolo Lucentini e Antonella Sannino) dei codici di
Ermete tradotti nel Medioevo, risalenti ad una tradizione composita ara­
bo ed ebraica, questi testi sono molto più numerosi di quanto si possa
immaginare, hanno titoli e nomi di autori diversi per lo più sconosciuti.
Essi sono tuttavia improntati agli stessi caratteri della magia ermetica­
tecnico operativa con l'intervento di spiriti ed entità secondo un rituale
preciso che caratterizza sia la magia talismatica teurgica che la divinazio­
ne astrale. Infatti nel caso della magia operativa ebraica del Liber presti­
giorum Abel, intervengono gli angeli e non le entità planetarie5 4 •
Il Liber planetarum ese scientia Abel è un modello esemplare come te­
sto di magia ebraica angelica: il prologo del Liber lunae traccia una sto­
ria di questa cosiddetta «scientia», che è derivata dalla conoscenza di an­
tichi filosofi (la rivelazione di un antico sapiente da cui è nata l'idea del­
la rivelazione di una perennis philosophia o prisca theologia rivelata ab
antiquo da Ermete stesso). Questa rivelazione originaria, come hanno
documentato il Festugière e Francis Yates, sarà l'elemento distintivo del­
l'ermetismo rinascimentale dei secoli XVI e XVII. Questi sapienti aven­
do previsto il diluvio ormai prossimo, avevano voluto preservare le scien­
ze e le arti scolpendone i precetti su stele marmoree. Dopo il diluvio Er­
mete Trismegisto si era recato a Ebron, la città dove avevano vissuto Ada­
mo, suo figlio Abele e la maggior parte dei sapienti non ancora scomparsi
nel diluvio. Qui aveva riscoperto quasi tutte le lapidi marmoree occulta­
te dai filosofi antichi: tra queste erano venute alla luce le pietre alle qua­
li Abele aveva affidato la sopravvivenza della sua dottrina dei talismani
definita come «scienza dei prestigi» (prestigiorum scientia) che è la pri­
ma e più perfetta di tutte. È chiaro che in questo caso anche Abel usur­
pa il termine scientia, così come Picatrix per definire la sua nigromanzia,
poiché Abel non si fonda su alcun discorso razionale ma su una scoper­
ta dell'occulto. Ermete racconta di aver trovata la prima stele relativa al

54 Alcune di queste opere come il Liber de stellis beibeniis (ossia «beibenia» che si ­
gnifica «stella fissa») tradotta a Toledo de Salio da Padova verso il 1218, come il Liber de
accidentibus, due Libri di spatulamantia, il Liber de spatula e il Liber alius de eodèm sono
stati editi nel volume Astrologia et divinatoria (Hermes latinus, IV.4), Brepols, Turnhout
2001, pp. 53-8 1 (arabo e latino). Una lettura di essi, eccetto i libri di magia della spatula ,
permette di rintracciare facilmente i caratteri della magia ermetico operativa talismatica.
Cfr. P. KUNITZSCH, Zum liber hermetis de stellis beibeniis, «Zeitschrift der deutschen mor-
Le/onti 23

l .3 ° Talismano del Liber lunae, di averne seguito le istruzioni e di averne


constatato l'efficacia. Avrebbe poi ritrovato le pietre contenenti le istru­
zioni degli altri diciannove talismani dello stesso libro della Luna e poi
tutte le regole dei rimanenti sei libri dei pianeti. Per questo a buon dirit­
to egli si proclama il primo filosofo post-diluvio che ha recuperato in seQ­
so totale (plenarie) la scienza talismatica.
Il nesso tra operazione magica e astrologia è strettissimo in questi te­
sti quanto esso è basato sull'osservazione del momento astronomico
in
del transito dei pianeti secondo le regole dell'astrologia tolemaica, ac­
compagnata da operazioni come l'incisione di una figura su un metallo,
per lo più prezioso, come l'iscrizione di specifici nomi e simboli in varie
parti interne o esterne del talismano, insieme a un suffumigio accompa­
gn ato da una preghiera durante il quale si procede alla dichiarazione del­
l'intento e all'invocazione di una o più entità. Successivamente l'immagi­
ne deve essere sepolta o riposta con un ben preciso rituale; talvolta deve
essere appesa al collo o cinta al fianco. Il rituale nella sua completezza è
descritto nel Liber lunae e le istruzioni astrologiche sono elementari.
La immagini da scolpire sono ben lontane dalla complessa iconogra­
fia astrale che caratterizza la magia amuletica. Come è comunemente so­
stenuto anche se discusso'', la forza dell'amuleto è diversa da quella del
talismano: la prima starebbe nella pietra o metallo stesso in virtù dei po­
teri che vi sono racchiusi che hanno la loro efficacia sulla base di una cor­
rispondenza cosmica come nella magia del De radiis di Alkindi, che non
è destinativa, ma simpatetica. Invece il talismano è una immagine incisa
in un metallo la cui operatività dipende dall'incantazione stessa, ossia
dalle formule proferite dall'operatore-mago che comanda agli spiriti di
entrare nel talismano e di conferirgli i suoi poteri (cfr. qui lo studio sui si­
gilli medici attribuiti a Arnaldo di Villanova se sono o non sono magici,
Capitolo XV).
Questi testi sottolineano tutto il carattere primario dell'operazione
magica che è quello di dominare, sovrastare, forzare la natura con l'inter­
vento di forze superiori alla natura stessa. In questo senso le tecniche ope­
rative di questa magia ermetica sia amuletica che talismatica come le re­
gole del rito, gli incantesimi, l'uso dei talismani, le invocazioni, gli esorci­
smi, la trasformazione dei metalli secondo l'alchimia magica, ne costitui-

enla
i endische Gèselleschaft », 1968, 1 1 8, pp. 62-74. Cfr. anche Kunitzsch, Lucentini,
um ett (a cura di) , Hermes latinus IV4, cit., pp. 159-73 , 195-22 1 e 263 -72.
. " Cf�. D. PINGREE, Learned Magie in the Time o/ Frederic II, in Le scienze alla Corte
d1 Federico II, « Micrologus », cit. Questo criterio è semplificato da B . COPENHAVER,
Sch olastic Ph ilosophy an Renaissance Magie in "De vita » o/ Marsilio Ficino, « Renaissan­
d
ce Quaterly» , 1984, 37, pp. 523 -54.
24 Medioevo magico

scono il tratto essenziale, insieme alle conoscenze planetarie e legano la


magia ermetica all'astrologia56 e hanno un carattere rituale, cerimoniale.
e) La « Tavola di smeraldo» nelle tre redazioni latine e l'ermetismo
alchemico: 1) « Il libro dei segreti della natura» dello pseudo­
Apollonio (Belino) di Ugo di Santalla; 2) il « Liber Hermetis
de alchimia» o « Liber dabessi»; 3) il « Secretum»
Un testo ermetizzante appartenente alla tradizione ermetico-alchemico­
operativa fondata sull'insegnamento segreto e occulto della natura è stato
il De secretis naturae che si chiude con la famosa Tavola di smeraldo ( Tabu­
la smaragdina), opera che contiene i principi della alchimia ermetica su una
concezione olistica attiva della realtà di carattere filosofico: si sviluppa la
dottrina da un cosmo retto da armoniche corrispondenze tra le sue parti,
I'unus-omnia e soprattutto l'idea dell'uomo microcosmo di Asclepio.
Si tratta di una versione latina fatta da Ugo di Santalla nel XII secolo
dal Kitab si" al-haliqa attribuito a Balinus o Belino (e nella versione lati­
na a Apollonio di Tiana, come si legge nel prologo, composto in arabo nel
IX secolo) durante il regno di al-Mamum. Questa opera ebbe scarsa cir­
colazione nel Medioevo e nella sua forma originaria non fu conosciuta.
Bensì, come vedremo, è nota in estratti e manipolazioni che la trasforma­
rono, da parte di alcuni autori, quale Arnoldo di Sassonia (autore di un
florilegio Liber de floribus rerum naturalium, redatto intorno al 1220),
quale Alberto Magno, lo pseudo-Roberto Grossatesta autore della Sum­
ma philosophiae. Soprattutto fu nota per la redazione rimaneggiata di
Ruggero Bacone che egli inserì all'interno della sua edizione del Secretum
secretorum dello pseudo-Aristotele. Essa ebbe una certa circolazione.
L'opera nel testo arabo si apre con il racconto di una favola del tra­
duttore Sagiyus: nella città di Tiana si trova una statua di Ermete conte­
nente una iscrizione che invita coloro che volessero scoprire i segreti del­
la natura a scendere sotto i piedi della statua. Apollonio si addentra nel
sotterraneo che si trova sotto la statua dove incontra una persona dall'a­
spetto simile al suo (la sua natura perfetta) e quindi vede la statua di un
vecchio seduto con in mano una tavoletta e con accanto un libro. Il vec­
chio è Ermete e la scritta contiene il sunto di quanto sarà scritto nel libro
stesso. Infatti Apollonio prima di rivelare il contenuto della Tavola di
Smeraldo che chiude l'opera, afferma di avere descritto nel suo libro le
cause occulte delle cose che la tavoletta di Ermete enunciava e aggiunge:
questi sono i Segreti di Ermete.

'6 Cfr. gli atti dd Convegno: Hermetisme /rom Late Antiquity to Humanism, Brepols ,
Turnhout 2003 e V. FERRONE COMPAGNI, Studiosus incantationibus Adelardo di Bath,
Ermete e Thebit, « Giornale Critico della Filosofia Italiana », 200 1 , 80, pp. 36-6 1 .
Le fonti 25

Incerta è l'origine dell'opera araba che alcuni ritengono provenire da


un tes to greco, altri da un apocrifo arabo. Tuttavia la dottrina della natu­
ra perfetta implica un concetto di trasformazione alchemica spirituale er­
metico-neoplatonica e mistica che rinvia ai circoli sciiti, in particolare, se­
condo alcuni studiosi, alle correnti estreme dello ismaelismo. L'opera
prosegue con un discorso sulla natura e i nomi di Dio inconoscibile, uni­
co, creatore, in tutto ventiquattro, il che fa pensare alla compilazione er­
metico -neoplatonica di interesse teologico, il Liber XXIVphilosophorum
tradotto nel XII secolo e ben conosciuto dai latini (si veda qui più avan­
ti) che sembra avere fonti di ispirazione comuni. Segue una complessa co­
smologia fondata su una causa universale che opera con cause intermedie
in cui il calore ha una funzione primaria; quindi è spiegata la formazione
di minerali e pietre, vegetali e animali, ed è infine narrata l'origine del­
l'uomo. Il libro si chiude con la Tavola di smeraldo che contiene i segreti
di Ermete. L'opera è pertanto essenzialmente a carattere rivelativo e le no­
zioni di occulto e di segreto in questo testo assumono uno solo dei signi­
ficati di cui abbiamo già trattato: l'occulto concerne quelle verità che so­
no nascoste e non evidenti, ma che il sapiente può scoprire e rivelare.
Questo testo, come ho già accennato, è stato una fonte primaria del­
l'idea di «segreti» della natura di Ruggero Bacone in senso non di oc­
cultamento, ma di ritrovamento dall'interno della natura stessa dei se­
greti che essa racchiude in modo da avere la possibilità di trasformarla:
poiché le cose superiori vengono dalle inferiori e queste da quelle, così
come è affermato nella famosa proposizione della Tavola di smeraldo. Le
operazioni prodigiose derivano da una sola realtà, tutto in certo qual
modo proviene da «uno e, dal medesimo uno, hanno origine». Questa è
la triplice sapienza e triplice scienza di Ermete5 7 •
Tale disvelamento è possibile perché l'operazione che ha il fine di ri­
produrre la natura, è subordinata all'obbedienza delle sue leggi che re­
golano tutti i fenomeni. Il sapiente le deve ritrovare, rispettare e per­
correre e questo è possibile in base all'idea platonica e stoica di una

' 7 « Superiora de inferioribus, inferiora de superioribus. Prodigiorum operatio ex


uno, quemadmodum omnia ex uno eodemque ducunt originem [. . . ] quod videlicet Her­
me� philosophus triplicem sapientiam vel triplicem scientiam appellat» (cfr. Una cosmo­
logia ermetica. Il Kitabsi"-al.haliqua de secretis naturae, Introduzione, Antologia di testi
arabo-latini e traduzione italiana a cura di P. Travaglia, Liguori, Napoli 200 1, p. 257). Per
!'_edizione del testo arabo, cfr. U. WEISSER, Kitabsi" al-haliqa wa san 'a al-tabi'a, Univer­
s ity of Aleppo, Aleppo 1979 e della stessa Das Buch uber das Geheimnis der Schopfung
un d die Darstellung der Natur. . . von Pseudo-Apollonios von Tyana, de Gruyter, Berlin­
New York 1980; per il testo latino cfr. F. HUDRY, Le de secretis nature du ps. Apollonius
de Tyan e, traduction latine par Hugues Santa/la du Kitab sirr al-haliqa, « Ch rysopoeia»,
1 997 - 1 999, 6, pp. 1 -1 54 .
26 Medioevo magico

legge di natura che presuppone corrispondenze e legami tra tutte le


cose: il cosmo è tutto congenere (come aveva sostenuto Platone in
alcuni dialoghi). La realtà dipende da un'unica fonte la quale è la sua
materia. Essa è costituita dal principio attivo della sua formazione che
è il calore, sostanza primaria che tutto unifica, come in un organismo
vivente.
Come ha messo in luce Irene Caiazzo, rari furono i lettori del De se­
cretis naturae dello Pseudo-Apollonio e ancora non ben chiara rimane la
storia della sua trasmissione dall'arabo, se direttamente o più probabil­
mente nella versione latina di Ugo di Santalla58 , che rappresenta la prima
versione. tre sono infatti le redazioni latine.
La versione latina riportata nel De essentiis di Ermanno di Carinzia
introduce varianti rispetto al testo arabo tradotto da Ugo e non cita mai
testualmente la Tavola di Smeraldo, come si può leggere nell'edizione a
cura di Fraçoise Hudry dello Pseudo-Apollonio De secretis naturae 59 •
La seconda versione più diffusa nel Medioevo latino e nel Rinasci­
mento fu quella contenuta nel Liber Hermetis de alchimia o Liber dabes­
si che è stato pubblicato in una versione breve in sei capitoli nel 192860 •
Infatti agli inizi del XIII secolo i riferimenti alla Tabula smaragdina sono
dati nella formulazione di Liber dabessi, così come si trovano nell'opera
enciclopedica di Arnoldo di Sassonia autore conosciuto meglio solo ne­
gli ultimi anni per la sua opera enciclopedica Liber defloribus rerum na­
turalium in cinque opuscoli. Esso è stato studiato da Isabella Draelants
che stabilisce la sua datazione intorno al 1220. In queste sue ricerche,
partendo dalla revisione dell'edizione di Stange del 1905 61 , ha stabilito
che le auctoritates citate da Arnoldo sono quasi sempre riferite fedel­
mente, e quelle che riguardano il Liber alchimie Hermetis paiono riferir­
si alla Tavola di Smeraldo nella redazione del Liber dabessi62 .

'I. CAIAZZO, Note sulla fortuna della Tavola Smeraldina nel Medioevo latino, in Her­
8

metism /rom Late Antiquity to Humanism, cit., pp. 697-709 e J.-M. MANDOSIO, La Tabu­
la smaragdina nel Medioevo latino I. La tavola smaragdina e i suoi commentari medievali,
ivi, pp. 681-696.
' 9 HUDRY, De secretis nature, cit. , pp. 23 -34; ERMANNO DI CARINZIA, De essentiis, a
cura di Ch. Bumett, Brill, Leida 1982, p. 130.
60 R. STEELE, D.W. SINGER, The «Esmerald Table» (Liber Hermetis de Alchimia), in

«Proceedings of the Royal Society of Medicine Section of the History of Medicine»,


1928, 21, pp. 41-57; A . COLINET, Le livre d'Hermès intitulé «Liber dabessi» ou «Liber re­
bis», «Studi medievali», 1995, 36/2, pp. 101 1 -52.
6 1 E.
STANGE, Die Encyklopaedie des Arnoldus Saxo zum ersten Mal nach einem Er­
/urter Codex, Koniglisches Gymnasium zu Erfurt, Erfurt 1905.
62 I. DRAELANTS, Une mise au point sur les oeuvres d'Arnoldus de Saxe (I• et 2' partte),

«Bullettin de philosophie médiévales», 1992, 34, pp. 163 -80 e 35 (1993), pp. 130-49.
Le fonti 27

L'altra opera enciclopedica che fa qualche scarso riferimento alla Ta­


vola di S merald ? è la Summa philosophi�e 63dello Ps�u�o-�obe�o Grossa­
testa le cui fonti sono alquanto compos1te • Alcum rifenmentl alla Tavo­
la come il Lib64er dabessi si trovano anche nel De causa Dei di Tommaso
Bradwardine • Ma la terza versione della Tavola di Smeraldo, la più fa­
mosa, è quella che si trova trasmessa nel Secretum secretorum dello Pseu­
do-Aristotele volta in latino da Filippo di Tripoli negli anni 1230-1240 •
65

Questa versione fu inserita da Bacone nel suo commento del Secretum , 66

e con alcune discrepanze rilevate anche dal Plessner67 nella sua edizione
68
(che seguiva quella dell'Achillini del 1501 ) rispetto a quella di Bacone,
fu edita a cura di Steele tra le opere di Ruggero Bacone. Ed è a questo au­
tore nelle sue formulazioni sviluppate soprattutto nel breve scritto Dei
segreti della natura e della nullità della magia che ebbe la maggiore cir­
colazione. Tuttavia la Tavola Smeraldina non può essere considerata né
un'opera di magia destinativa né di magia naturale alla maniera di Gu­
glielmo di Alvernia (vedi Capitolo II), semmai «naturale», ma con tutti
gli equivoci connessi a questo termine relativi al suo riferimento a «oc­
culto» (si veda qui il Capitolo IX).
f) La magia «platonica»-araba: il «Liber vacce sive aneguemis sive
Leges Platonis» (sec. IX-XII)
Il Liber vacce o anche Liber aneguemis sive Leges Platonis è un'opera di
magia araba redatta da un anonimo, la cui composizione in arabo è co­
nosciuta solo in alcuni frammenti citati da Jabir ibn Hayyam e dal rias-

63
ROBERTUS LINCOLNIENSES (Pseudo), Summa philosophiae in ROBERTUS LINCOL­
NIENSES Philosophischen Werke, a cura di L. Baur, «Beitriige zur Geschichte der Philo­
sophie des Mittelalters», (Aschendorff, Miinster), 1912, pp. 275-643.
64 C
fr. CAIAZZO, Note, cit. , p. 705, MANDOSIO, La Tabula, cit., pp. 684-86.
6
' S .J . W ILLIAMS (a cura di), Philip o/ Tripoli's Translation o/ the Pseudo-Aristotelian
Activity in the Crusader Levant, in I. DRAELANTS, A. T IHON, B. VAN DEN ABEELE (a cura
t),
_
Occident et Proche-Orient. Contacts scienti/iques au temps des Crusades, (Actes du
lìolloque de Louvain-La-Neuve, 24 et 26 Mars 1997) (Réminiscences, 4), Brepols,
, umhout 2000, pp . 79-94. M. GRIGNASCHI, I.:origine et les metamorphoses du Si" al­
t5rar (Secretum secretorum), «Archives d'histoire doctrinale et littéraire du Moyen Àge,
97 6, 43, pp. 7- 1 12; dello stesso ivi, 1980, 47, pp. 7-70.
66
ROGER BACON, Secretum, in Opera hactenus inedita, a cura di R. Steele, cit., pp. 25- 175.
67
M. PLES�NER, Neue Materialien zur Geschichte der «Tabula Smaragdina», «Der
i5
1 lam . Ze.1tschnft Eiir
1 3.
Geschichte und Kultur des lslamischen Orients », 1927, 16, pp. 77-
68
ARISTOTELES (Pseudo), Secretum secretorum, in Septisegmentatum opus, Benedetto
Ettore, Bologna 150 1 , ff. 2r- 18v; su ciò in particolare CH. SCHMITT, D. KNoK, Pseudo-Ari­
ot
� eles latinus, A Guide to Latin Works Falsaly Attribute to Aristotle Be/ore 1500, War­
urg lnstitute, University of London (Warburg lnstitute Surveys and Texts, voi. XII),
Londra 1985, pp . 5 4 -75 .
28 Medioevo magico

sunto che ne fa Hunayn (morto a Bagdad nell'873 ) nella redazione della


sua traduzione dal greco del Commento di Galeno al Libro delle leggi di
Platone69 • Essa invece è rimasta completa nella versione latina in almeno
dodici manoscritti che furono copiati dalla prima metà del XIII secolo
fino alla fine del XV. Nel XIV secolo la versione latina fu tradotta anche
in ebraico70 • E una copia in latino era posseduta da Richard de Foumival
alla metà del XIII secolo, come risulta dalla sua Biblionomia 7 1 •
Nonostante queste versioni in latino e una citazione di Guglielmo
d'Alvemia, che pare il primo che lo nominò esecrandolo, questa opera
risulta solo nota nel XV secolo e successivi, per una citazione di Giovan­
ni Pico della Mirandola e per la diffusione nel Rinascimento di Picatrix
che ne espone lunghi passi e ne riproduce le ricette e gli esperimenti.
Nel medioevo, alla metà del secolo XIII, Guglielmo di Alvernia lo
cita come Libro Neumich o Nevemich (traslitteratura latina del titolo ara­
bo Kitab al-nawamis dell'arabo namus, greco nomos, quindi il Libro del­
le leggi) o Leggi di Platone (Leges Platonis) o anche Liber vacce, dal pri­
mo esperimento descritto all'inizio del testo ed egli afferma che è opera
nefanda e malefica: « Esso si chiama Leggi di Platone perché è contro le
leggi di natura» (et vocatur Leges Platonis quia contra leges nature est) ed
è esacrabile»72 • Questa opera non è citata né da Pietro d'Abano né da
Taddeo da Parma tra le opere magiche proibite. Infatti non è un'opera
di magia astrologica, ma tratta di esperimenti magici artificiali fatti su
animali e fa leva su una concezione pneumatica e animistica della natu­
ra per cui Pingree la definisce un testo di magia psichica animale artifi­
ciale. I manoscritti sono stati studiati da Dorothea Waley Singer e più di
recente da David Pingree che ci ha dato anche la versione in inglese di
alcuni passi73 •
Composto in Persia nel IX secolo e sotto l'influenza delle dottrine
dell'alchimia magica di Jabir ibn Hayyam fu tradotto in latino nel XII se-

69 Cfr. D. PINGREE, Plato's Hermetic Book o/ the Law, in I/ neoplatonismo nel Rina­

scimento, a cura di P. Frini, Enciclopedia Italiana, Roma 1993, p. 135.


7
° Cfr. PINGREE, Plato's Hermetic Book, cit., p. 135.
7 1 Sulla Biblionomia di iccardo cfr. L. DELISLE, Le cabinet des manuscrits, Parigi
R
1874, voi. 2, pp. 520-35 e A. BIRKENMAJER, La bibliothèque de Richard de Fournival, in
Études d'histoire des sciences et de la philosophie au moyen age, Ossolineum, Cracovia
1970, I, pp. 216.
72 GUGLIELMO D'ALVERNIA, De legibus, cap. 12, ed. cit., I, p. 43.
73 D. WALEY SINGER, Alchemica! Texts Bearing the Name o/ Plato, «Ambix», 1946, 2,

pp. 122-24; D. PINGREE, Plato's Hermetic Book o/ the Cow, in I/ neoplatonismo nel Rina­
scimento (Convegno Internazionale sul Neoplatonismo. Roma-Firenze 1990), a cura di P.
Prini, Roma 1993, pp. 133-45; dello stesso Arti/icial Demons and Miracles, in Démons et
merveilles d'Orient, « Res Orientales », 200 1, 13, pp. 109-22 .
Le/onti 29

colo in Spagna e nonostante il suo occultamento si è conservato nei nu­


erosi manoscritti recensiti da Pingree che tuttavia, come appare, non
�rcolarono tranne che per una copia che era posseduta da Riccardo di
ho già ricordato74 •
�ournival , come
Altri riferimenti a questo testo si trovano nella opera dello pseudo Al­
berto Magno, De mirabilibus mundi75
o anche Liber aggregationis o anche
Lib er in stitutionum activarum • In questa opera sono descritti esperi­
menti su animali e su cose: esso pertanto si configura come un'opera di­
versa dalla magia astrale dei sabeani e i suoi fondamenti teorici non sono
evidenti76 anche se si possono riferire alle pratiche della magia ermetica
di Harran e alle operazioni di magia artificiale dell'alchimia dell'ermeti­
smo orientale77 • La descrizione di alcuni di questi esperimenti si trova an­
che in Picatrix, che è stata la fonte principale della sua trasmissione nel
mondo latino dei secoli XV e seguenti. L'opera prende il nome di Liber
vacce dal primo esperimento, che è un'operazione di magia artificiale di
animali, in quanto con il loro sangue si opereranno trasformazioni mo­
struose di uomini in scimmie oppure in altri esseri; questi animali così
prodotti sarebbero in realtà dei demoni di cui potersi servire come stru­
menti operativi. Questa deduzione è ricavata da Pingree dalle critiche
che Jabir fa a questo proposito del Liber aneguemis che riterrebbe che
tali figure mostruose prodotte artificialmente siano dei demoni78 • Altri
esperimenti terribili tendono a produrre illusioni trasformando le cose
oppure mirano a produrre da parti dell'animale l'intero corpo. Vengono
descritti esperimenti di magia illusionistica, come provocare un'eclissi di
luna, far piovere o smettere, accendere o spengere luci. Le ricette che de­
scrive tuttavia non includono nessun rituale di magia «destinativa» ne­
cromantica ossia le invocazioni di demoni o di spiriti dei pianeti, ma solo
manipolazioni di organi o liquami animali o vegetali per cui l'opera si
74 Sulla Biblionomia di Riccardo cfr. DELISLE, Le Cabine/ des Manuscrits, ci t.,
p p , 520-35.
�' J?.V. SINGER, Alchemica! Texts, cit . , p . 120. In realt à il Ltber aggregationis sarebbe
c�stttut to da due sezioni, una op erativa contenent e esperimenti e ricette come Liber de
�'J{_tibus he�barum, lapidum et animalium (edizione a cura di I. DRAELANTS Edizioni del
· uzzo, M1�rologus Library, Fi. 2007), e una seconda sezione p rop riamente De Mira-
bttzbus mu ndt a c
arattere t eorico in cui si darebbe una terza definizione di necromazia,
come le operazioni di magia artificiale del Liber vacce (edizione in p rep arazione di An to-
nella Sannino).
. Cf . D PI Learned Magie in the Time o/ Frederick II, in Le sdenze alla corte
d1 /�e z�co II,• �GREE,
� � _ �lt . , p . 53 e BouoET, Entre sdence, cit ., p . 133.
dal Kitab-al-tajmi di Jabir si t rova in P. KRAu s ,
L
. _L espos1z1one del Kitab-a
J b" zbn Hayyam. Contributionl ànawamis l'histoire des idées sdenti/iques dans l'Islam, Les Belles
et; es , Parigi 1986,
� pp. 97-134.
INGREE, Plato Hermetic's, cit. p. 138 .
30 Medioevo magico

configura piuttosto come una trattazione di magia alchemica fisica artifi­


ciale, su un fondamento biologico, pneumatico animale di carattere pla­
tonico-aristotelico-ermetico.

Il. I.: ermetismo filosofico medievale (XII secolo): teologico («Il li­
bro dei ventiquattro filoso/i»), cosmologico (« Il libro dei sei prin­
cipi delle cose»)
Come hanno dimostrato gli studi di questi ultimi decenni sull'ermetismo
medievale e rinascimentale, di Vittoria Perrone Compagnia, di Antonel­
la Sannino e di Paolo Lucentini, nonché quelli di Charles Bumett e di
David Pingree i testi ermetici tutti nella loro interezza dall'Asclepius al
Poimandro79 , ai frammenti astrologici raccolti da Stobeo e ai testi tali­
smatici magici, circolarono poco nel Medioevo per il rifiuto opposto alla
antropologia magica dell'Asclepio sull'autorità indiscussa di Agostino.
Essa fu tuttavia mitigata dall'Autore ignoto (il Vescovo di Cartagine)
del Tractatus adversus haereseos, opera che era ispirata al tentativo di Lat­
tanzio di trovare qualche tratto di accordo tra rivelazione pagana e quel­
la cristiana ed aveva individuato nella rivelazione di Ermete Trismegisto
dell'Asclepius una anticipazione di quella di Cristo. Come hanno dimo­
strato gli studi citati il periodo più influenzato dai testi ermetici o pseu­
do-ermetici è stato il XII secolo. Si hanno numerose citazioni nei maestri
di Chartres, Thierry di Chartres, Abelardo, Ermanno di Carinzia, Gio­
vanni di Salisbury, Alano di Lilla. Lucentini ha edito l'unico commento
sui testi di Ermete dal codice Vat. Ottob. lat. 8 1 1 , Glosae super Trisme­
gistum 80. Soprattutto circolò un'operetta anonima redatta nel XII secolo
attribuita a Ermete (ma anche a dottrine aristoteliche tarde secondo le
fonti ricostruite da Françoise Hudry nella sua edizione del Liber XXIV
philosophorum 81 ) , il quale non contiene nessuna dottrina di magia, né fi­
sica, né necromantica, ma semplicemente il tentativo di ventiquattro fi­
losofi di definire Dio inconoscibile, utilizzando alcune nozioni tratte dai
principi di metafisica della luce neoplatonici ed ermetici che a loro volta
hanno una origine ancora più antica82 •

79 Per la tradizione manoscritta dell'Asclepius cfr. P. LUCENTINI, A. SANNINO, I testi e


i codici di Ermete nel Medioevo, Edizioni Polistampa, Firenze 200 1 , pp. 12 - 1 8; per
l'edizione dd Corpus hermeticum rinvio a Corpus Hermeticum, a cura di A.D. Nock, A.J .
Festugière, 2 voll., Les Belles Lettres, Parigi 1 945 .
80 P. LUCENTINI, Glosae super Trismegistum, « Archives d'histoire doctrinale et litté­
raire du Moyen-age », 1 995, 62, pp. 159-293 .
81 F. HUDRY (a cura di), Le livre des XXIV Philosophorum, Millon, Grenoble 1 989 .
82 HUDRY,
Le livre, cit., pp. 1 1 - 1 2 ss. Essa arriva a questa conclusione sulla base del-
Le fonti 31
Ebbe una certa circolazione tra gli scritti del XII secolo, anche il Li­
be de sex rerum principiis, edito dal Silverstein nel 1955. Questa opera
83
r
composta nel XII da autore anonimo è ritenuta ermetica perché nell'e­
sordio è introdotta la celebre leggenda dei tre Ermeti; descrive una co­
smologia non cristiana, a carattere monistico, in cui tutto dipende da una
natura secondo una esposizione metafisica del divenire nella successione
dello spazio e del tempo. Questo libro però non rappresenta un testo ma­
gico ma una cosmologia, fondata su una filosofia monista. Non contiene
teorie di magia tecnico-operativa, ma una dottrina cosmologica astrono­
mica di stampo neoplatonico-stoico, in quanto da un lato descrive i prin­
cipi metafisici del cosmo in termini di generazione emanativa, poiché la
Causa genera la Ragione e da entrambe fluisce la Natura, ma dall'altro
non spiega la genesi del cosmo, ma descrive i principi perpetui dei mo­
vimenti e delle forme mondane. L'elemento più importante di questa co­
smologia è la «qualità» che la natura assume mutevolmente emergendo
da Causa e Ragione. La quantità generale della natura è la forma del cie­
lo che produce gli originari caratteri dinamici dei fenomeni terrestri,
mentre la qualità specifica è definita come la forza operativa che origina
la particolare forma qualitativa e il movimento delle cose. Questa filoso­
fia cosmica è fondata su un perpetuo e dinamico flusso dalle realtà supe­
riori alle inferiori secondo la vis stellarum che esprime il vigor naturae. Il
carattere immanentistico e non creazionistico del testo è costituito dall'i­
dea di una totalità delle cose come essenziali qualificazioni della divinità.
L'attribuzione a Ermete Trismegisto e la sistematica omissione di ogni di­
retto riferimento alla spiegazione creazionistica del Cristianesimo, le am­
pie citazioni di autori ebraici e arabi e l'attenzione alle operazioni segre­
te della natura, anche se non contengono nessun riferimento a una filo­
sofia magica, ne fanno un testo risalente a una tradizione filosofica più
antica del cristianesimo attribuita a Ermete.

la scop e ta di
r una diversa, più antica redazione del Liber, rispetto a quella edita da Cle­
rnens Beaumker nel 1 928.
83 ib
L er de sex rerum principiis, a cura di T. Silverstein, «Archives d'Histoire doctri­
n ale et littéraire du Moyen Àge », 1
955, 22, pp. 2 17-302 .
Parte se con da
a ) Il demonio e la demonologia
2 . G uglielmo d'Alvernia, la demonologia cristiana
e la magia naturale

Guglielmo d'Alvernia 1 ( 1 1 80- 1249) , vescovo di Parigi dal 1228 alla sua
morte avvenuta nel 1249, maestro di teologia in questa Università, è uno
dei principali conoscitori dei testi di magia sia greco-romana che ermeti­
ca arabo-ebraica latina e probabilmente uno dei tramiti principali delle
conoscenze diffuse che se ne ritrovano anche nell'enciclopedia astrologi­
ca-magico-demoniaca di Michele Scoto redatta negli stessi anni, anche se
le fonti sia di Guglielmo di Alvernia che di Michele Scoto potevano es­
sere comuni, ma non in relazione tra di loro. Le sue opere principali, il
De universo, il De fide et legibus espongono con ricchezza di dettagli le
principali dottrine magiche dei caldei, degli egiziani (i magi del Faraone) ,
degli arabi e degli ebrei (la magia salomonica contenuta nella Ydea Salo­
monis et entocta (o eutunta) e nel libro delle figure di Mandel o Alman­
del (si veda qui il capitolo VII). Discute di incantesimi e di forza delle pa­
role, dell'uso dei nomi divini, della potenza dei suoni ed espone tutte
queste dottrine per negarle come superstiziose. Tuttavia, come ebbe a
notare già il Thorndike, egli ha contribuito notevolmente all'informazio­
ne dei testi magici e così alla costituzione di una solida bibliografia ma­
gica medievale. Essa poi sarà rintracciabile negli elenchi dei libri di magia
superstiziosa proibita e illecita per esempio di Taddeo da Parma o di Pie­
tro d' Ab ano , come nel testo più famoso del Maestro dello Speculum
astro nomiae, De libris licitis et illicitis, attribuito con grandi discussioni a
Alberto M agno.
Come abb iamo ricordato nel XII secolo i testi ermetici tradotti dal
g reco e dall' arabo erano sostanzialmente l'Asclepius conosciuto da Lat­
ta_n �io e da Agostino e i due apocrifi composti nel XII secolo, il Liber
vzgznti quattuor philosophorum e il Liber de sex rerum principiis. Essi non
1
Su Guglie!mo cfr. tour de Guillaume d'Auvergne (t 1249) Études réunies a cura
��
di F· Morenzom, J.-Y. Til
hette, Brepols, Tumhout 2005 .
36 Medioevo magico

contengono niente di magico e poco di ermetismo, avendo un carattere


piuttosto neoplatonico riguardante la conoscenza di Dio da parte dei fi­
losofi, il primo, una cosmologia razionale monista il secondo.
All'esegesi della tradizione di Lattanzio che vede in Ermete il profeta
pagano che preannunzia la rivelazione cristiana, si associa ora una impo­
stazione che si pone il problema se è possibile accordare l'aspetto opera­
tivo del nuovo corpus ermetico arabo ebraico del IX-XII secolo con la
religione cristiana.
Questo patrimonio di testi nell'opera di Guglielmo d'Alvernia e, qua­
si negli stessi anni in quella di Michele Scoto, assume l'aspetto di una in­
vasione. Come è dato riscontrare dalla enciclopedia magica e scientifica
di Michele Scoto, l'Introductorium maius in astrologiam, tra il 1230 e il
1235 tali opere straripano e mentre Michele Scoto ne è entusiasta e tenta
di conciliare gli aspetti cerimoniali dell'ermetismo con la scienza delle
stelle (l'astrologia-astronomia), prefigurando una dottrina di mago cri­
stiano ben definita (si veda qui il capitolo III), Guglielmo d'Alvernia la ri­
fiuta e la condanna espressamente, introducendo una particolare concet­
to equivoco di magia «naturale», distinta da una magia diabolica-illecita.
Il chiarimento di questo concetto che cercheremo di dare anche nei capi­
toli seguenti è uno degli argomenti principali di questo studio, come pu­
re la concezione «demonologica» cristiana di Guglielmo. Egli dimostra,
soprattutto in sei interi capitoli del De legibus (1228-123 O) in cui ha come
bersaglio polemico Ermete Trismegisto, di avere grande familiarità con i
libri maledetti che alla fede nel potere sovrannaturale degli astri (divina­
zione) uniscono pratiche di magia cerimoniale necromantica o di magia
talismatica. Anche nel De universo dedica la terza parte del secondo libro
a trattare dei demoni e degli spiriti maligni2, ritenendoli, tuttavia, poco
operativi poiché la loro mente è offuscata dall'odio o dall'amore.
Così oltre l'Asclepius mostra di conoscere l'aborrito Liber lunae e il
Liber septem planetarum attribuito a Ermete Thebit, il De viginti quat­
tuor horis, l'Antimaquis e altri come l'orrendo Liber vacce o Leges Plato­
nis. Nella sua analisi e nella confutazione che egli sviluppa ampiamente,
egli classifica ben dieci forme di magia come idolatria pagana. Nel De
universo in particolare critica tutte le concezioni di magia astrale dipen­
dente dalla costruzione di immagini e di figure dei pianeti. Esse non hanno
a suo avviso nessun potere, nessuna capacità di agire, ma sono solo in­
ganni dei demoni3 • Dalla influenza delle stelle non dipende nessun de-

2 « De ordinibus malignorum spirituum et quomodo ordinantur ad invicem, contra


necromantem qui duodecim ordines ponit », De universo, in Opera omnia, Venetiis ex of­
ficina Damiano Zenarii, 159 1 , II, cap. 3 , p. 962 e III cap. 8, p. 973 .
3 GUGLIELMO o'ALVERNIA, De universo, cit. cap. 53 , p. 63 , col. 2 .
Guglielmo d'Alvernia, la demonologia cristiana e la magia naturale 37

term inismo astrologico perché la volontà umana non è inclinata a fare al­
cunché: né con la forza (violentia ) , né con la necessità può essere mossa
ma solo con il consiglio, la persuasione, la speranza, il timore e la fede e
4
questo sempre spontaneamente e con conoscenza •
Guglielmo d'Alvemia parla di una magia naturale che avviene per le
forze occulte della natura e di una magia diabolica puramente falsa ed il­
lusoria per l'intervento dei demoni. Egli sviluppa quindi una teoria di
magia naturale centrato sul concetto poco chiaro di occulto, destinata ad
essere trasformata dai filosofi «naturali» medici e astronomi aristotelici
nella dottrina razionale della «forma specifica», come farà Pietro d'A­
bano. Essa sarà ripresa e accettata in un senso molto limitativo e restrit­
tivo nella filosofia naturale di Nicola Oresme. Quest'ultimo riconduce
tale «magia» naturale occulta alle meraviglie della natura (si veda qui ca­
pitolo XI) in senso molto circoscritto. Guglielmo d'Alvemia pertanto
usando il termine «magia» per le operazioni non ben conosciute (occul­
te) della natura, ossia per la spiegazione dei fenomeni fisici non chiari,
contribuisce alla confusione di questa filosofia della natura con la magia
necromantica, finendo per unire due concezioni, la magia naturale e
quella demoniaca o pneumatica, come avverrà nella filosofia magica del
neoplatonismo ed ermetismo del Rinascimento esemplarmente espressa
dalle visioni del mondo di Ficino e di Agrippa. Esse si svilupparono su
una diverse concezione di natura come anima, pneuma e spirito e non
sulla fisica dei quattro elementi di Aristotele.
Pertanto si è storicamente verificato un equivoco sul complesso con­
cetto di magia: in particolare su magia naturale' e su magia demoniaca o
necromanzia. E l'introduzione di questa confusione è attribuibile alla
straordinaria fortuna delle teurgie neoplatoniche ermetico-cabaliste al­
l'interno di un cristianesimo sincretistico accolto successivamente da
4 «Volu
ntas human a non inclin atur ad aliquid violen tia vel necessitate ut dixi, sed
concilio, vel suasion e metu et spe et aliis passionibus et hoc etiam non nisi spon te et prop­
ter hoc per apprehen sion em», GuGLIEMO o'ALVERNIA, De universo, cit., III, cap. 20,
p. 742.
5P r
� � �same del problema, cfr. V. FERRONE COMPAGNI, Abracadabra. Le parole nel­
la magia (Ftano, Pico, Agrippa), «Rivista di Estetica», 2002, 42, pp. 105 -30; I. ROSIER-CA­
TACH, !-,a parole efficace, signe, rituel sacré, Seuil, Parigi 2004, pp. 19-20, 116, 127, che
�ett� m luce l'importan za del patto con il diavolo per definire la magia «naturale » di
uf1ie1mo d'Alvemia. Sebastia Giralt, ella prefazio e della edizio e critica del De im-
n n n n
Pro atione male/iciorum di Arnaldo di Villan ova, osserva che la distinzion e tra magia na­
�urale e m agia demoniaca è facile in teoria e difficile in pratica. A parer mio, il discorso
�e e��ere rovesciato, nel sen so che è facile in pratica, poiché la descrizion e delle ope­
�azio� i � generale è comun e (tranne il patto con il diavolo, che appartiene alla tradizio­
� cnstiana), ma difficile in teoria per la co fusio e i trodotta tra filosofia, religion e e
scien za da p· c · o, · n n n · ·
• t m p1co e Agri· ppa, dovuta anche alle dottnn · · ermeuc1
· e de1· testi· mag1c1, -
38 Medioevo magico

Marsilio Ficino e da Pico della Mirandola, sulle cui basi essi elaborarono
le loro teorie di magia naturale e di occulto, nella quale era completa­
mente mutato il concetto di natura sia umana che divina rispetto alla fi­
sica aristotelica medievale. La physis non era quella dei quattro elementi
di Aristotele e della costituzione del cosmo: un universo ordinato non
più secondo la teoria del moto di Aristotele, ma popolata da divinità
agenti intelligenti, le cui immagini rivelavano la causa occulta delle loro
operazioni nella natura6 •
La magia naturale7 di Ficino fondata sul principio della simpatia uni­
versale, permette all'operatore di stabilire le correnti spirituali che lega­
no le parti dell'universo e quindi di sfruttarle. Tutto è «spirituale», tutto
ha «animule», anche l'ultima pietra è animata. Il mago che conosce le
connessioni di ogni specie sia animale che minerale e vegetale nella serie
astrologica celeste, ripercorre a ritroso il canale di questa diffusione e
così è capace di far rientrare nella sua superiore perfezione formale ori­
ginaria, una specie materiale qualunque decaduta dal cielo la cui virtù
occulta è latente (si veda qui il Capitolo dedicato all'occulto in medicina
nell'opera di Nicola da Polonia (Capitolo IX).
L'equivoco su cosa debba intendersi per magia naturale nel Medioe­
vo (dato che non si può applicare la definizione di Ficino), e considera­
to che buona parte delle discipline che operano sulla natura sono la me­
dicina e la farmacologia che dipendono dalla teoria del moto elementare
e celeste di Aristotele (in particolare secondo le teorie dell'azione del cie­
lo, sviluppate nel De generatione et corrutione e nel De coelo), non è tut­
tavia dovuta solo alla proiezione al Medioevo di queste dottrine neopla­
toniche fortunatissime, della storiografia della filosofia del Rinascimen­
to, ma dipese anche dalla situazione reale esistente nel Medioevo. Anche
allora esisteva una divisione fra le dottrine della corrente teologizzante

necromantici anche anonimi (cfr. l'opera edita da Richard Kieckhefer, Forbzdden Rites.
A Necromancer's Manual o/ the Fi/teenth Century, Pennsylvania 1997) (si veda in questo
volume al Capitolo IX).
6 T. KATINIS, Sulla storia di due «imagines» contro i veleni descritte da Ficino, in Her­
metism /rom Late Antiquity to Humanism (La tradizione ermetica dal mondo tardo-antico
all' Umanesimo, Atti del Convegno internazionale di studi, Napoli, 20-24 novembre
200 1, a cura di P. Lucentini, I. Farri, V. Ferrone Compagni, Brepols, Turnhout 2003 ,
pp. 613-20; in particolare, N. WEILL-PAROT, Les images astrologiques au Moyen-tige et à
la Renaissance, Champion, Parigi 2002, pp. 643-708.
7 P. ZAMBELLI, Continuità nella definizione della magia naturale da Ficino a Dalla Por­
ta, in D. FERRARo, G. GIGLIOm, La geografia dei saperi. Studi in memona di Dino Pasti­
ne , Laterza, Firenze 2000, pp. 23-34 (ossia magia naturale intesa non come fisica, ma for­
za spirituale e sovrannaturale). Si vedano le osservazioni di J.-M. MANDOSIO nell'artico­
lo citato nel Capitolo IX sull'occulto e gli equivoci della magia naturale, a note 8 e 73.
Guglielmo d'Alvernia, la demonologia cristiana e la magia naturale 39

platonica-agostiniana, e la tradizione razionalista rappresentata da Tom­


m aso e dalla sua scuola in relazione al demonio, e quindi al modo di con­
cepire il suo intervento nel mondo. A parte questo tema, il dissidio ge­
n erale fu evidente nelle tesi condannate a Parigi nel 1270-77 . Il princi­
8

pio ch e fu applicato dalla scuola razionalista fu anche quello che si ritro­


va seguito da Pietro d'Abano in medicina e di Alberto in teologia e cioè
se in divinis divine, in naturalibus natura/iter. L'altra scuola rappresenta­
ta dai theologizantes non razionalisti aveva avuto un rappresentante
esemplare proprio nell'opera di Guglielmo d'Alvernia vescovo di Parigi •
9

Egli ci fornisce una precisa definizione di « occulto » nel suo De universo


e nel De legibus che sarà ben diversa da quella di Tommaso d'Aquino.
La magia naturale fa ricorso alle virtù occulte degli enti sublunari che
la provvi denza ha elargito affinché il cristiano se ne serva, ma a fin di
ben e e limitatamente, senza sconfinare nella curiositas. Tutore dell'orto­
dossia, orripilato dalle infami preghiere e dai culti nefandi che inquina­
no i testi magici che Guglielmo cita largamente, egli si rivela partecipe di
una concezione demonologica e angelica biblica la cui rappresentazione
più grandiosa si potrà ritrovare nella Commedia di Dante. Egli intende i
demoni come angeli decaduti per un peccato iniziale senza fornirne mol­
te spiegazioni. Per volontà di Dio essi sono inviati nel mondo per vessa­
re o aiutare gli uomini, secondo i loro peccati. Egli ritiene quindi che
questi demoni possano entrare nei quattro elementi e operare per virtù
loro occulte date da Dio. Citiamo per intero il passo di Guglielmo di Al­
vernia, perché la sua posizione, vedremo, ci pare accostabile a quella di
molti altri come anche a quella di Arnaldo di Villanova del De improba­
tione male/idorum: « Non dobbiamo dubitare che Dio onnipotente e
altis simo, il cui giudizio deve essere sempre lodato, permetta che gli uo­
mini siano tormentati dai demoni in molti modi, e alcuni diventino inde­
moniati, invasati, lunatici. Di ciò che hanno per arte magica, sappi che
non p ort ano nessuna offesa o ingiuria della creazione, a meno che qual­
cuno operi con quella arte o troppo curiosamente o tendente al male,
così come accade nell'arte medica per cui succede che qualcuno operi sui
morti o ferendo qualcuno » 10 •

8
• . In particolare, A. DE LIBERA, Philosophie et censure. Remarque sur la crise univer-
ztaz re parisien
� ne de 1270-1277, in J.A. AERTSEN, A. SPEER (a cura di) , Was ist Philosophie
zm Mittelalter ? (Atti del X Con gresso internazionale di filosofia medievale, 25-30 agosto
1 997 in rfurt),
9
E De ·Gruyter, Berlin o-New York 1998, pp. 7 1-89.
Su Guglielmo d'Alvernia in particolare RosIER-CATACH, La parole efficace, cit. , e
V· FERR
. ONE COMPAGNI, I testi magici di Ermete, in Hermetism /rom Late Antiquity, cit. ,
tn P articolare pp. 508-509, KIECKHEFER, The Speci/ic Rationality, cit. , pp. 8 13-36.
1
' _ ° « Non enim dubitan dum est qui n Omn ipoten s altissimus suo semper laudando iu­
d tcio, permittat
aliqua ex hominibus vexari multis modis a demonibus et quosdam fieri
40 Medioevo magico

Queste operazioni di magia naturale si compiono con le immagini na­


turali dell'acqua o del fuoco e con le pratiche mediche, dove si può ve­
dere come i demoni disturbino molti malati, come i lunatici. Tuttavia,
prosegue, queste operazioni di magia naturale con i demoni degli ele­
menti falliscono quasi sempre, esse agiscono sull'immaginazione e sono
puramente illusorie e non hanno nessuna realtà. Il motivo di questo fal­
limento è che la bontà del Creatore «non permittit nisi raro ut demones
operentur pro voluntate hominum» 1 1 •
La concezione demonologica di Guglielmo di Alvernia è vetero-neo­
testamentaria. Guglielmo è il custode di una concezione di Dio come
unica vera causa che rende efficaci le cose secondo la sua libera volontà.
Egli formula pertanto una accezione ristretta di magia naturale, perché
egli tenta di rimuovere quella nozione di natura intesa come ordine di
cause che operano secondo la loro propria interna essenza e di negare l'i­
dea stessa di una ragione che indaga ed esperimenta la realtà per cono­
scerla e non farsi dominare, per riportare qualunque intervento alla vo­
lontà di Dio.
L' antiaristotelismo di Guglielmo, la sua demonologia cristiana, se
avrà da un lato come corrispettivo la rappresentazione dell'Inferno, del
Purgatorio e del Paradiso di Dante, avrà dall'altro come risposta ideale il
trattato dello scienziato e ottico famoso, Vitellione, il De natura daemo­
num, che può considerarsi un'opera che contiene la dottrina antitetica
sui demoni, ma sempre in ambito cristiano, a quella di Guglielmo di Al­
vernia, e che ci pare sia quella condivisa dal razionalismo di Pietro d'A­
bano. La credenza nelle apparizioni e operazioni di demoni sono super­
stiziose e degne delle donnette e sono riconducibili a varie cause, come
le illusioni «ottiche», afferma Vitellione; infatti, i demoni, anche se esi­
stono sono solo creature più dotate, ma sempre creature che possono
aver peccato gravemente. Non le dobbiamo temere perché non com­
paiono quasi mai e soprattutto non agiscono 12 (si veda qui capitolo V).
D'altronde, la fonte autorevole nel medioevo cristiano sulla esistenza
dei demoni, creature cadute per l'eternità, era costituita da sant'Agosti-

demoniacos, quosdam arrepticos, quosdam lunaticos [. .. ]. De hiis autem quae fiunt per
magicam naturalem, scito quod nullam habent creationis offensam vel iniuriam, nisi quis
ex ea arte, vel nimis curiose, vel malum operatur, sicut contigit in arte medica per quam
contingit operari interdum in mortis vel in lesionem alicuius». GUGLIELMO o'ALVERNIA,
De universo, cit., p. 627, col. 2.
1 1 GUGLIELMO o'ALVERNIA, De universo, cit., cap. 4, p. 962, col. 1.
12 WITELO, Epistula de primaria causa paenitentiae in hominibus et de substantia et na­
tura daemonum, a cura di E. Paschetto, Giappichelli, Torino 1978, pp. 114 ss. ; altra edi­
zione con trad. inglese a cura di ]. Burchardt, WITELO, List Witelona, « Studia Coperni­
cana XIX», Breslavia 1979 pp. 161-208.
Guglielmo d'Alvernia, la demonologia cristiana e la magia naturale 41
no. Alcuni passi famosi del De civitate dei 13 e del De doctrina christiana
variamente interpretati e letti diversamente nei momenti diversi dei se­
coli successivi, secondo la tesi di Raoul Manselli, portarono alle conse­
guenze dei secoli XV, XVI e XVII dei processi inquisitoriali della caccia
alle streghe (naturalmente dovute anche ad altre e ben complesse ragio­
ni). Lentamente le istituzioni ecclesiastiche passarono a trasformare il
comportamento superstizioso, in idolatrico e infine eretico, per l'inter­
vento dei demoni 14, con il riconoscimento del «patto del diavolo», così
come aveva già sostenuto Guglielmo d'Alvernia. Ciò avvenne anche per
l'equiparazione della conoscenza per previsione astrologica o per altra
tecnica delle forze occulte della natura, all'intervento divinatorio dei de­
moni, il che portò successivamente alla identificazione degli dèi pagani
localizzati nei pianeti, con i demoni infernali o con gli spiriti delle intel­
ligenze celesti dei neoplatonici o con gli angeli degli apocrifi ebraici (Li­
bro di Enoch). Agostino aveva condannato la previsione degli uomini
che non la contemplano nelle cause eterne di Dio come i santi, bensì sul­
la base di alcuni segni occulti, poiché ne hanno maggiore esperienza per
l'intervento dei demoni. Tuttavia il patto con il diavolo, come aveva sup­
posto già Guglielmo d'Alvemia 15 , non era stato ancora esplicitato in
modo formale e con conseguenze giuridiche, ma lo diverrà con la con­
danna parigina del 1398 16 nel processo del medicoJean de Bar.
La demonologia di Guglielmo d'Alvernia, sant'Agostino. Il patto.
Guglielmo d'Alvernia si trova si fronte alla prima irruzione delle tradu­
zioni latine dei testi magici filosofici e scientifici di Aristotele nei com­
menti di Averroé, di Avicenna o di Alkindi, di al Farabi o di Alhazen, ad
opera dei grandi traduttori arabi, ebraici e latini della scuola di Toledo
nel XII secolo. Ciò comportò i primi rilevanti mutamenti in tutte le con­
cezioni filosofiche, scientifiche e religiose del tempo rispetto al secolo
precedente i quali provocarono alcuni interventi ufficiali come le con­
danne del 1210, del 1241 fino alle battute d'arresto di tali innovazioni a

I l De civitate
dei, Iib. IX, cap. 23, Parigi 1960, voi. II, p. 362.
14 R. MANSE
LLI, Le premesse medievali della caccia alle streghe in M. ROMANELLO (a
ra
�uu di)_, La stregon eria in Europa, Il Mulino, Bologna 1975, pp. 4 1 ss. Cfr. anche F. GRAF,
g�stzne and Magie, in ].N.
BREMMER, J.R. VEENSTRA (a cura di), The Metamorphosis o/
Magzc /rom Late
An-tiquity to the Early Modern Period, Peeters, Lovanio 2002, pp. 95 -97 .
1s Cfr. in pa
d
nicolare A. BoUREAU, Satana eretico. Nascita della demonologia nell'Occi­
e medi ale (1280- 1 330), trad. italiana, Baldini Castoldi, Milano 2004, capp. 2 e 3
( s�t teolog�
! 1
r-�
le d'h 1sto
.
ia del patto e il patto generalizzato, pp. 82-99).
BOUDET, Les condamnations de la magie à Paris en 1398, «Revue internationa­
ue et de littérature religieuse» (nouvelle serie, 12), 2001, 73, pp. 121-57 (si veda
qu, il C apitolo VIII). ·
42 Medioevo magico

causa delle successive condanne parigine del 1270-1277. È stato scritto


che Guglielmo può essere considerato come l'inventore di problemati­
che nuove, come questa ambigua teoria di «magia naturale», ma soprat­
tutto egli contribuì ad introdurre una dottrina assai importante per la de­
monologia cristiana e medievale, che ebbe poi conseguenze notevoli nel­
la concezione della magia ed esiti importantissimi non tanto nel Medioe­
vo ma nel Rinascimento, alla fine del secolo XV con il Maglio delle stre­
ghe di Kramer e Sprenger.
Egli si pose il problema del rapporto tra formule e incantesimi e ab­
bozzò una teoria contrattuale tra Dio e l'uomo, tra Dio e il demonio fie­
ramente avversata poi da Tommaso d'Aquino, ma che ebbe, come testi­
moniano le controversie di quel tempo, un certo accoglimento. Così nel
De legibus aveva avanzato l'ipotesi di una forza costitutiva del patto di
Satana. Questa tesi di un parallelo tra la forza costitutiva del patto di Sa­
tana e le formule sacramentali fu presto lasciato cadere 17, poiché intro­
duceva una idea contraria alla religione cristiana che era quella del dua­
lismo persiano di Zoroastro o di Mani che riconoscevano due principi di­
vini, il bene e il male, mentre il cristianesimo era fondato su un rigoroso
teismo, un Dio unico, una sola realtà di bene e di amore. Questa idea giu­
ridica del patto fu particolarmente rifiutata da Tommaso d'Aquino che,
nell'operazione magica considerata nella forma di un patto sia implicito
che esplicito, vedeva il pericolo di un riconoscimento di una realtà anti­
tetica a Dio, il demonio, che egli negava.
Tuttavia la demonologia di Guglielmo d'Alvernia era ispirata a quel­
la di Agostino il quale sebbene nell'età giovanile fosse stato manicheo e
ossessionato dal problema del male, successivamente leggendo i testi pla­
tonici e neoplatonici e convertendosi al cristianesimo, abbandonò l'idea
della realtà del male, ritenendolo una deficienza dell'essere, una pura
mancanza, e da ciò comprese che esso non è una causa efficiente, ma de­
ficiente, che esso dipende da una imperfezione della materia e dall'abu­
so della volontà creata libera, ma non perfetta. Nel libero arbitrio del­
l'uomo è racchiusa una indeterminazione per cui egli liberamente può
scegliere il male, cioè allontanarsi da Dio, ma anche rivolgersi al bene.
Ma donde si origina questa possibilità di scelta malvagia? Ecco che entra
in campo il demonio tentatore del Nuovo testamento e l'interpretazione
di Agostino della caduta del primo Angelo, il demonio appunto e la sua
teoria demonologica.
Nel De genesi ad litteram Agostino combatte subito l'interpretazione
manichea per cui il principe del male, il demonio sarebbe un principio di-

17
BOUREAU, Satana, cit. , pp. 80-99, RosIER-CATACH, La parole efficace, cit. , p . 1 8 1 .
Guglielmo d'Alvernia, la demonologia cristiana e la magia naturale 43

vino come il bene e non sarebbe una creatura. Prima della caduta esso era
un angelo buono, ma l'invidia accompagnata dalla superbia e dall'orgo­
glio indusse l'angelo a non riconoscere la sua dipendenza da Dio. L'inter­
pretazione d�a caduta del primo angelo, cioè la colpa di Satana divise i
teologi cristiani, in particolare Tommaso da Duns Scoto in relazione so­
prattutto alla loro gnoseologia, per le concezioni diverse che essi avevano
dei rapporti delle facoltà, l'intelletto rispetto alla volontà. Secondo Tom­
maso la volontà era dipendente e subordinata all'intelletto, non così se­
condo Duns Scoto e i suoi seguaci. Agostino non spiegò teologicamente
fino in fondo la sua dottrina e pertanto dette luogo a interpretazioni di­
verse e quindi a demonologie differenti. Tuttavia trattando di tutte le for­
me di arti magiche e di divinazioni astrologiche largamente praticate nel
mondo pagano in quei secoli, Agostino attribuì tutte queste arti praticate
da uomini dai fini malvagi, ai demoni o agli angeli prevaricatori caduti, i
quali si divertono a ingannarli ed a illuderli e questo secondo una inten­
zione segreta di Dio. Pertanto qualunque previsione del futuro compiuta
dagli uomini se non viene direttamente da Dio che illumina gli uomini
santi e i profeti, viene dai demoni ingannevoli, secondo un disegno im­
perscrutabile divino («ut occulto quoddam iudicio divino » 18 ) . Tali arti
sono superstiziose perché conferiscono ai demoni, ciò che è invece di Dio.
Si costituirebbe così una pestifera società di uomini e demoni sulla base
di patti di infedeltà e di dolosa amicizia («societas facta infidelis et dolo­
sae amicitiae constituta» 1 9 ) , non perché l'idolo sia alcunché, ma perché si
tributano sacrifici a demoni e non a Dio («guae immolant daemonis et
non deo »). E pertanto - afferma - ritengo che voi diventate amici dei de­
moni («volo vos socios daemonum fieri »). In questi passi Agostino passò
in rassegna tutte le arti magiche del suo tempo e le concepì come pratiche
superstiziose di individui malvagi che finiscono per costituire una società
fondata sull 'inganno e sulla menzogna. Pertanto in queste righe famose
Agostino adombrò l'idea di un patto con il diavolo che non sarà formaliz­
zato altro che alla fine del secolo XIV. Questo avverrà lungo un faticoso
processo di riflessione filosofica e teologica e di dichiarazioni esplicite per
�e quali le pratiche magiche, necromantiche e divinatorie superstiziose e
�usorie, si trasformeranno in idolatriche e quindi eretiche come devia­
zioni dalla retta dottrina religiosa e quindi punibili.
Q uesto processo di trasformazione della magia profana necromanti­
ca e divinatoria da credenza superstiziosa, ingannevole e illusoria per
op era di demoni, si avvia a trasformarsi in eresia tramite la formalizza-

1s
AGOSTIN O,
nienne, Parigi 1997De doctrina christiana, libe r Il, XXIII, 35-36, Bibliothèque augusti-
.
' p • 190 '
19
AGOSTINO, De-doctrina, cit. , p. 192.
44 Medioevo magico

zione di un compiuto (o esplicito ) patto con il demonio, avendo un pri­


mo inizio proprio dagli scritti di Guglielmo d'Alvernia. Egli crede nei de­
moni; tuttavia poiché sono angeli, creati da Dio ma caduti nel male, essi
sono di natura incorporea, ma a causa della loro colpa hanno perso la
scienza perfetta che Dio aveva loro dato e pertanto ingannano sempre.
Ciò non toglie che Guglielmo ritenga che essi possano agire attraverso gli
elementi fisici, il fuoco, l'aria, l'acqua e anche le stelle poiché Dio ha vo­
luto che gli uomini potessero essere tormentati dai demoni. Ma tutte le
loro azioni falliscono perché la bontà del Creatore non permette che as­
sai di rado che i demoni operino per la loro volontà (nisi raro ut daemo­
nes operantur pro volontate daemonum 20 ) .
Guglielmo d'Alvernia pertanto riprende la demoJ1ologia di Agostino,
introducendo in più la nozione di magia «naturale» assente in Agostino
poiché ammette che i demoni ingannatori possono agire negli elementi
naturali e celesti per tormentare l'uomo. Questa idea di magia «natura­
le» sulla base della credenza cristiana della caduta del primo angelo,
come interpretazione della demonologia di Agostino, sarà fonte di di­
scussioni ed elaborazioni continue sia da parte dei teologi, che dei filo­
sofi naturali e porterà a un dissolvimento del concetto di magia «natura­
le» da parte dei filosofi aristotelici che svilupparono un concetto di cau­
salità naturale elementare e celeste e introdussero la nozione di «forma
specifica». I filosofi naturali, i fisici, i medici e gli astrologi che seguiva­
no la dottrina della causalità formale, sostanziale, materiale, efficiente e
finale di Aristotele, inglobarono l'operazione occulta nella «forma spe­
cifica» e nel divenire della causalità naturale delle qualità elementari e
celesti (si veda qui Capitolo VIII sull'occulto). Così si confuterà l'idea
che il morbo «sacro», l'epilessia o la malinconia, siano dovute all'inter­
vento di un demone vessatore in ragione dei nostri peccati e che la ma­
linconia sta ispirata dal demonio.
Tuttavia nel passaggio dalla concezione della magia come insieme di
pratiche illusorie e ingannevoli ispirate dai demoni (ossia di magia come
equivalente a superstizione ) alla identità con l'eresia fondata su un patto
con il diavolo, Guglielmo costituirà un tassello importante, insieme alle
iniziative successive prese da Giovanni XXII Uacques Duèse, 1244 cir­
ca-1334 ) dedicate alla definizione della magia di contro alla vera religio­
ne. Egli contribuì a delineare una tendenza non razionalista su questo
tema. Essa fu fortemente contrastata da altre personalità come Tomma­
so d'Aquino e i suoi seguaci domenicani, i quali elaborarono una diver­
sa dottrina della caduta dell'angelo e della magia seguendo la posizione

20 GUGLIELMO o' ALVERNIA, De universo I, cap. 46, p. 627.


Guglielmo d'Alvernia, la demonologia cristiana e la magia naturale 45

del cristianesimo tradizionale fondata sul Canon Episcopi che qualificava


la magia pura superstizione e illusione fallace e che conduceva ad una ne­
gazione dell'azione «reale» dei demoni. Infatti Guglielmo richiamando­
si proprio al De doctrina christiana di Agostino, se criticò l'idea dell'effi­
cacia magica delle immagini e degli amuleti, delle scritture o dei segni,
sottolineò anche che se essi agiscono qualche volta, ciò accade non per­
ché questi segni magici abbiano virtù naturali per compiere le operazio­
ni, ma perché essi sono l'oggetto di un accordo o di una amicizia ingan­
nevole tra gli uomini che la compiono, e i demoni2 1 , venendo a formula­
re una idea di patto anche se implicito, con il diavolo.
Il ragionamento che egli fece procedeva nella direzione per cui è ridi­
colo cercare una virtus prodigiosa nei segni ai quali si attribuisce un pote­
re magico, quanto invece si tratta di fenomeni di idolatria. È impossibile
che una virtù sovrannaturale si trovi in formule e parole che si ritengono
portatrici di un potere come il maleficio per cui basta che siano pronun­
ciate e intese perché agiscano, o se sono scritte, qualora lette ogni uomo o
animale morrebbe istantaneamente: ciò non è possibile a meno che non si
tratti di un intervento di Dio. La conclusione di Guglielmo porta a quan­
to abbiamo già accennato di sopra, ossia a sostenere la possibilità di una
magia «naturale», nel senso che gli elementi naturali fisici possono ac­
quisire un potere sovrannaturale «occulto» non per una capacità intrin­
seca della natura, bensì per la credenza nei demoni che possono animarli,
i quali sono tali secondo la verità scritturale. Essi sono creature malvagie
che torturano l'uomo per i loro peccati per volontà divina; e lo fanno non
fisicamente e direttamente, ma indirettamente, attraverso gli elementi na­
turali (fuoco, acqua, aria) poiché sono incorporei. Tutto ciò rientra nel di­
segno della provvidenza di Dio. Così Guglielmo finì per concludere che
le incantanzioni di parole e nomi non hanno nessun potere di modificare
alcunché in se stesse, pertanto esse agiscono non virtute verborum 22, sed
virtute illius cui veneratio talis impeditur; in altre parole, come aveva già
affermato Agostino, tale virtù operativa dipende dalla venerazione che
non è rivolta al Dio supremo, ma rivolta ad altri secondo un culto idola­
�rico. Tuttavia il più delle volte tali pratiche non ottengono niente, poiché
1 demoni sono impotenti di fronte al comandamento di Dic23 .
. �a dottrina demonologica di Guglielmo d'Alvernia dunque con la sua
distm zione equivoca tra magia «naturale» e magia demoniaca, sarà un

21
GUGLIELMO o'ALVERNIA, De /egibus, ed. Parigi 1674, p. 89b; cfr. anche ROSIER­
CATACH, i.A parole efficace, cit. , p. 115 a questo proposito.
22
Cf�. � - DELAURENTI, i.A puissance de mots, « Virtus verborum », Les éditions du
Cerf, Pa ngt 2007, su Guglielmo, pp. 48-50, 509- 11.
2 J GUGLIELMO D'ALVERNIA, De legibus, cit., capitolo 27.
46 Medioevo magico

punto di riferimento costante diretto o indiretto nella storia della filoso­


fia, della religione, della magia e della scienza nel Medioevo e la ritrove­
remo diversamente elaborata da parte dei teologi come Tommaso o Ni­
cola Oresme i quali ritengono che il demonio sia scarsamente operante
in natura e lo ammettono solo per verità della fede. Da parte dei filosofi
o «fisici» come Pietro d'Abano che non erano teologi, la realtà effettiva
dei demoni sarà negata e quindi rifiutata la magia in tutte le sue forme,
naturali o sovrannaturali che si compie per il loro intervento, per am­
mettere da credenti solo i miracoli.
.3 . Michele Scoto che « delle magiche frodi
seppe il gioco »

l . La stregoneria nel secolo XIII


Esaminerò qui il fenomeno della stregoneria in relazione alla magia (si
identificano o sono posizioni disgiunte?) da un punto di vista circoscritto
secondo una prospettiva storico-dottrinale, studiando l'opera di Michele
Scoto, uno dei maghi necromanti per eccellenza del Medioevo, reso fa­
moso da Dante. Cercherò in altre parole di vedere un aspetto del feno­
meno della stregoneria della fine del secolo XIII e gli inizi del XIV, consi­
derandolo nei suoi contenuti teorici, attraverso l'esame di qualcuna delle
opere di magia-stregoneria di Michele Scoto, anche se ancora inedite.
Per quanto riguarda la ricostruzione di cosa sia la stregoneria nel se­
colo XIII rispetto alla magia, siamo di fronte alle stesse difficoltà che ri­
guardano le diverse sfaccettature e le differenti accezioni della magia. Fa­
cendo mie le osservazioni di Trevor-Roper 1 in un suo importante studio,
si può affermare che il dialogo o lo scontro tra razionalità e superstizio­
ne non fu sempre lo stesso nei secoli.
Da un punto di vista della storia del pensiero medievale la stregone­
ria nel Medioevo si presenta come un fenomeno che ha quelle profonde
ambiguità che concernono anche la magia in generale. La prima riguar­
da i nessi e le relazioni tra la stregoneria al maschile e quella al femmini­
le . Come si sa, ormai anche dopo gli studi di Norman Cohn e di Julius
Caro Baroja2 , nel Medioevo, almeno fino al secolo XIV, strega e strego­
n e erano accomunati dalla stessa attività di operatori di azioni e di mani-

1
.
DANTE, Divin� Commedia, Inferno, Canto XX, 115- 117; H.R. TREVOR-ROPER, La
c ccza alle streghe in Europa nel Cinquecento
e nel Seicento, in ID., Protestantesimo e tra­
s;or azione sociale,
1;1 trad. it., Laterza, Bari 1969, pp. 139-24 1 (ed. or. Londra, 1967).
. . N. COHN, Démonolatrie et sorcellerie au moyen tige. Fantasmes et réalités, Payot, Pa­
ngi 1982 ; J. C . BAROJA, Las brujas y su munda, Alianza, Madrid 1966. M. CRAVERI, Sante
e stregh e. Biografie e documenti
dal XIV al XVII secolo, Feltrinelli, Milano 1980.
48 Medioevo magico

polazioni, prevalentemente dirette a fini malvagi. Nel Medioevo, almeno


fino al secolo XIII, l'immagine della strega, la successiva vetula sortilega
di Jean Gerson, non ha ancora tutti i connotati negativi ma ben definiti
di Strix, che le saranno attribuiti dai predicatori, dai teologi e dagli In­
quisitori successivi: tratti emblematicamente rappresentati dalla Strix di
Gianfrancesco Pico della Mirandola, vera sortilega eretica3 .
Nel XIII secolo, ancora Ruggero Bacone4 sottolineava l'aspetto della
buona vetula medica che può fare il bene, operare miracolose guarigioni
come la Santa Scolastica, con l'aiuto di Dio e dei Santi. Il percorso stori­
co che dal secolo XIII al XIV-XV, porta la vetula medica o praticona a di­
venire strega malefica, che fa il male, ignorante e superstiziosa, è un trat­
to che passa dalla contrapposizione sempre più aspra della experientia (o
dell' experimentum istintivo) di queste donne (sulla cui base esse opera­
no), alla dottrin a del medico dottore; come pure dal contrasto sempre
più accanito tra la loro credulitas o /ides semplice, con la vera/idelitas cri­
stiana, per la quale questa credulitas si trasforma in in/idelitas, supersti­
zione, deviazione e quindi alla fine del secolo XIV e nel XV è codificata
come idolatria e quindi come vera e propria eresia, come apparirà chia­
ramente dagli articoli della condanna del 1398 dell'Università di Parigi
di Jean de Bar (si veda qui il Capitolo VIII). Infine diventerà la strega da
bruciare nel Maglio delle streghe di Kramer e Sprenger5 •

· 3 GIANFRANCESCO Prco, La strega volgarizzata, in LEANDRO ALBERTI, Il libro della


Strega o delle illusioni del demonio del Signore Gianfrancesco Pico della Mirandola, a cura
di A. Biondi, Marsilio, Venezia 1 989 (ma : Strix sive de ludi/icatione daemonum, Hierony­
mus de Benedictis, Bologna 1523 ) . La strega di Gianfrancesco Pico ha tutti i connotati
della tradizione dal mondo pagano a quella medievale sia popolare che dotta e si carica
di attributi molto ben definiti: la strega compie i riti del gioco di Diana ispirati dal de­
monio dicendo « se esser Giano vuoleva che tre volte toccassino con l' arbuta fronda le
porte et uscii [ . . . ] e tre volte segnando con detta fronda si trasformano in animali gatti »
(La strega, cit . , pp. 60-6 1 ) . Essa è anche simile a « quelle femminuzze le quali volano ai
connubi carnali delle Lemuri, spiriti della oscura notte » (p. 62 ) . È awicinata alle Lamie
e alle opere che compiono gli Incubi (p. 82 ) , « le quali non nuoceno senza maligna sotti­
lità delli demonii »; compie lo scellerato gioco delle dame, cioè il Sabba (p. 35) a cui si re­
cava con « una gramita da rascetare il lino per incontrare il demonio » (pp. 1 07- 108), in
forma di uomo ma con piedi di oca e quindi si vende al demonio con « il patto ». Compie
operazioni naturali, fa piovere, tuonare, cadere fulmini e descrivendo cerchi magici (p .
129) compie riti sacrileghi (p. 1 2 1 ) uccidendo fanciulli (p. 133 ). Nell'insieme il ritratto è
compiuto e rappresenta la summa dell'intera tradizione precedente pagano-cristiana. S ul
Sabba cfr. N.J. CHAQUIN, M. PRÉAUD (a cura di) , Le Sabbat des Sorcières en Europe (XVe­
XVIIe siècles), Colloque international E.N.S., Fontanay Saint-Cloud, 4-7 novemb re
1 992 , a cura di N. Jacques-Chaquin, Maxime Préaud, Millon, Parigi-Oxford 1 993 .
4 RUGGERO BACONE, Secretum secretorum cum glossis et notibus, a cura di R. Steele,
in Opera hactenus inedita, fas. V, Oxford University Press, Oxford 1 920, pp. 3 -4 .
5 Per questa pariodizzazione cfr. anche R . KrECKHEFER, European Witch Trials, Rou-
Michele Scoto che «delle magiche /rodi seppe il gioco» 49
È allora che la vetula medica diventa la vetula sortilega, malefica, ope­
ratrice di male affare. I.:in/idelitas infatti non è mancanza di fede, ma fede
distorta, rivolta a un obiettivo sbagliato: è credere nella forza del male
con aiuti sovrannaturali. Come esistono dei gradi nella fede, così si dan­
no gradi diversi nella in/idelitas che però conducono la vetula medica
fino al limite della superstizione.
La superstitio è infatti il punto di incontro del difetto del sapere e del­
la mancanza di retta fede, per la quale la vetula si ammanta di false cre­
den ze e compie operazioni inutili. Così, dall'aspetto superstizioso con
cui era vista fino al secolo XIII, il secondo passo nei loro confronti sarà
l'eresia delle loro credenze (si veda qui il Capitolo VIII). È raro, tuttavia,
che le loro conoscenze erronee siano incluse nel XIII e agli inizi del XIV
secolo tra le vere eresie dottrinali: ciò nonostante le loro favole possono
aprire la via all'eresia a quanti sono i portatori di eresia implicita: tutti i
sospettati di sortilegi possono essere definiti anche come idolatri. Que­
sti, tuttavia, come hanno dimostrato i documenti del Dondaine6 relativi
al XIII secolo, erano ancora considerati con una certa indulgenza, in
quanto si distingueva allora tra vera eresia che era dottrinale e riguarda­
va le verità della religione cristiana (qualora fossero state messe in dub­
bio), e la credenza superstiziosa.
Del resto, anche se rimase inascoltato o frainteso, non bisogna di­
menticare che agli inizi della seconda metà del secolo XIII, fu redatto dal
polacco Witelo (o Vitellione) quel documento eccezionale di razionali­
smo teologico anti-superstizioso, che è il De natura et substantia daemo­
num. Recentemente edito, dopo tanti secoli di oblio, certamente non ca­
suale, Vitellione amico di Tommaso negava la realtà sovrannaturale di de­
moni e spiriti che non sono altro che esseri eccezionali ma sempre crea­
turali che possono, anche se ben raramente, compiere azioni che paiono
miracolose. In realtà molte apparizioni ritenute demoniache non sono al­
tro, per il «perspectivo » Vitellione, che illusioni ottiche, ombre, parven­
ze dovute agli scherzi della luce (secondo gli insegnamenti di tutti i «per­
sp ectivi » tra cui l'arabo Alhazen), oppure fantasie di malati mentali.
Questo scritto di Vitellione non solo cadde nell'oblio, ma dovette anche
essere frainteso o accomunato alle altre opere di demonologia gnostico-

tle_dg and eg
t e K an P.aul, Londra 1976, pp. 10-26; P.H. CHOFFAT, La sorcellerie comme exu-
. , de L ausanne,
· rs1te
oz re Un1ve
6• �NT Losanna 1989, pp. 6-7 .
OIN E DONDAINE, Le manuel de l'Inquisiteur (1230- 1339), « Archivum fratrum
p raedi cato
rum », XVI I, 1947, pp. 1 85 -9 1 ; sulla visione dualista e l'eresia catara cfr. , del­
lo stesso, U
/r, m n n traité n eo-manichéen du XIIIe siècle. Le liber de duobus principiis suivi d'un
il � � t de rituel Cathare, Istituto Storico Domenicano, Roma 1939. (Si veda più avanti
ap uolo XI dedicat a Cecco d'Ascoli,
o l'Inquisizione e la necromanzia).
50 Medioevo magico

cristiana come quelle di Michele Scoto o di pagani come Plinio, se Biagio


Pelacani da Parma un secolo dopo, dimostrando di non aver mai letto
questo testo, lo citò proprio come un esempio di quella philosophia prohi­
bita che pone le intelligenze o gli spiriti nelle sfere celesti e terrestri, dot­
trina che Biagio negava, più vicino a Vitellione di quanto non credesse (si
veda qui il Capitolo V su Vitelo e il Capitolo XV su Biagio).
Ma dopo il pontificato di Giovanni XXII e la sua consultazione sulla
magia con Enrico del Carretto e l'emissione della costituzione Super
istius specula (si veda qui il Capitolo VIII), comincia a fiorire una vasta
letteratura anti-superstiziosa, come testimoniano gli scritti di Jean Ger­
son7 e le predicazioni dei padri degli ordini religiosi. Da questi la vetula
medica verrà definitivamente bollata come vetula sacrilega che opera il
male/icium con l'aiuto del diavolo. Essa si avvia a divenire eretica, la sor­
cière di cui ci narra Michelet8 difendendola, in chiave tutta romantica.
Uno degli ultimi gradini, in questo processo progressivo di identificazio­
ne della fattucchiera con l'eretica, sarà l'accostamento delle loro opera­
zioni, vere o presunte, all'intervento degli spiriti e dei demoni con i qua­
li stringono un patto; e così le loro azioni saranno considerate come tra­
sgressive del primo comandamento (non avrai altro Dio al di fuori di
me) . Da quel momento in poi le loro operazioni saranno codificate come
reati di latria o idolatria e quindi eretiche, mentre nei primi Manuali del­
l'Inquisizione le loro azioni erano ritenute come puramente illusorie e
superstiziose sulla base della tradizione del Canon Episcopi 9 •
In questo percorso della trasformazione della vetula medica praticona,
in strega, la vecchia sorcière è spesso accomunata ai medici empirici che
praticano senza conoscere, contro cui si scatena non solo il teologo o il pre­
dicatore, ma anche il sapere medico istituzionalizzato, di un Pietro d'A-

7 J. GERS0N, Contra superstitionem, in Opera omnia, Antverpiae sumptibus Societa­


tis, 1706, vol. 1, col. 206 A.
8 J. MICHELET, I.a sorcière, Flammarion, Parigi 1966 (ma 1862). La stregoneria me­
dievale sarebbe nata secondo questa interpretazione dal culto di Diana diurna e di Eca­
te notturna, da parte di donne che poi si sarebbero riunite in sabba, avrebbero adorato
Satana, fatto il patto con il diavolo ed esprimerebbero il culto della fertilità. La simpatia
di Michele per questo fenomeno nasceva dal desiderio di riabilitare due classi oppresse ,
le donne e i contadini, finendo per considerare la stregoneria come un fenomeno di pro­
testa sociale (per la confutazione di questa interpretazione ripresa anche da M.A. MuR­
RAY, The Witch-cult in Western Europe, Clarendon Press, Oxford 1 962, cfr. C0HN, Dé­
monolatrie, cit., pp. 138-40). Cfr. anche J. AGRIMI, C. CRISCIANI, Immagini e ruoli della
vetula, in Poteri carismatici e informali, Sellerio, Palermo 1992, pp. 224-61.
9 Sul Canon Episcopi e le sue variazioni cfr. J. HANSEN, Quellen und Untersuchung zu
Geschiechte des Hexenver/olgung im Mittelalter, Universitiit Buchdruckerei und Verlag ,
Bonn, 1901, pp. 40-42 e l'Appendice di J.B. RuSSELL, Witchcra/t in the Middle Ages, Cor­
nell University Press, Londra 1972, pp. 291 -93.
Michele Scoto che «delle magiche /rodi seppe il gioco » 51

bano per esempio, di un Arnaldo di Villanova o di un Bernard de Gordon.


Molte pagine della loro opera ce ne offrono un documento eloquente.

2 . La « vetula »
Ma un altro punto delicato in questa opposizione tra medicina «razio­
nale» e medici «empirici» con i quali erano accomunate le vetulae sim­
plices, riguardava l'operazione e la manipolazione delle virtù naturali,
piante o filtri, le pozioni con cui si cercava di guarire il malato. Cosa in­
tendevano i medici dotti come Pietro d'Abano, per virtù occulte e che
cosa si ritiene intendessero le donnette praticone? In un passo del Con­
ciliator Pietro d'Abano spiega che il medico che opera con le proprietà
«occulte» delle piante o delle pietre preparando filtri non agisce utiliz­
zando forze misteriose che sono supra o sub-natura: queste virtù si dico­
no occulte solo perché non sono evidenti né manifeste, ma devono esse­
re scoperte dalla conoscenza e dalla dottrina del maestro e sono racchiu­
se nelle qualità elementari (si veda qui il Capitolo IX, paragrafo c). Le
forze occulte, con cui opererebbero le donnette simplices, le vetulae che
sono ignoranti e credulone, sarebbero invece ispirate dal demonio di cui
esse sarebbero uno strumento inconsapevole. Esse sarebbero quindi i
primi soggetti dell'occupatio magica, le · sacerdotesse dell'illusione, se­
condo i medici, i teologi e i predicatori degli inizi del secolo XIV.
Ma il fenomeno della stregoneria nel Medioevo dal secolo XIII al
XIV, presenta un altro aspetto complesso e ambiguo in relazione al suo
nesso con la magia dotta. Infatti suo malgrado la stregoneria è legata alla
trasmissione della magia tardo-greco-romana, ma con caratteristiche di­
verse, ci sembra, dalla stregoneria e dalla magia del Rinascimento, quan­
do si assestò e si diffuse in Europa una mentalità di alta magia filosofica,
cristiana, ebraica, cabalista (o meno) a partire dal secolo XV e, poi, nel
XVI soprattutto (pensiamo all'opera di Marsilio Ficino, di Pico o di
Agrippa per fare i nomi più noti). Essa si distinse nel Rinascimento dai
fenomeni di bassa stregoneria popolare.
N el Medioevo la strega o lo stregone e il mago, sono accomunati dal­
lo stesso denominatore, ossia si ritengono i detentori di un potere con il
quale compiono operazioni e manipolazioni. Ma un altro aspetto com­
less
fo o e difficile è l'individuazione del carattere di questo potere e del
n damento della credenza operativa. Ha scritto Richard Kieckhefer 10
ch e la magia medievale rappresenta un punto di incrocio in cui conver-

10
R. KIECKHEFER, Magie in the Middle Ages, Cambridge University Press, Cambrid­
e 1
g 9 89, pp . 8-9 .
52 Medioevo magico

gono culture e saperi diversi: religione e scienza, superstizione e raziona­


lità, finzione e realtà. E ancora, a suo avviso, la stregoneria e la magia nei
suoi molteplici aspetti, ha rappresentato un punto di contatto tra ceto
popolare e ceti alti. Essa è stata il terreno di incontro o di scontro, tra vi­
sioni diverse o similari del rapporto dell'uomo con il mondo circostante,
con Dio e i suoi ministri.
L'idea di un potere che il mago o lo stregone detiene è l'elemento co­
mune che li avvicina. Tuttavia, questo potere si riteneva accompagnato e
sorretto da una doctrina (se l'operatore era un dotto medico o un astro­
logo) oppure era una pura falsità o mera credulità, se si trattava della ve­
tuia ignorante e sempliciotta. Quale potere credeva di avere il mago o lo
stregone medievale?
E stato osservato da Norman Cohn che gli antropologi che lavorava­
no sulle società primitive hanno trovato come utile strumento metodolo­
gico nelle loro ricerche la distinzione tra stregoneria e magia. Secondo
questo studioso con magia si intende comunemente le operazioni, le ma­
nipolazioni e il rituale con i quali si utilizzano sostanze, erbe ed oggetti
che si crede dotati di un potere sovrannaturale occulto e sono accompa­
gnate da gesti magici e da parole di invocazione di demoni o entità (ma­
gia «destinativa») e questo quasi sempre con l'intenzione di nuocere al­
l'avversario (necromanzia, magia teurgica o cerimoniale). Con stregone­
ria ci si riferisce quasi sempre all'operatore cioè allo stregone, strega,
mago che compie quell'operazione e che è detentore di questo potere.
Ma un altro carattere ambiguo della magia-stregoneria in generale è
l'ambivalenza del fine dell'operazione magica: essa poteva essere indiffe­
rentemente un male/icium oppure una buona azione. Progressivamente
per opera della concezione di Agostino, tutte le manipolazioni della na­
tura, se riescono, saranno ritenute opera dei demoni e quindi malvagie,
malefiche, sacrileghe; mentre solo le operazioni benefiche dei santi sa­
ranno ritenute buone. Così, lentamente, le operazioni compiute con l'in­
tercessione dei santi e degli angeli, come gli esorcismi o le grazie ricevu­
te, rientreranno in quella che Levack 1 1 ha chiamato magia bianca, in cui
forte è la commistione tra religione e magia. La magia bianca, secondo

1 1 Per il configurarsi dell'ideale dd mago bianco come il santo cristiano, anche per
una interpretazione dd passo di Sant'Agostino (De civitate Dei, libro IX, cap. 23, ed. cit . ,
voi. II, p. 362, in cui si contrappone la conoscenza congetturale, il «coniectare» tempo ­
rale che è concesso ai demoni, al «praevidere temporum mutatione Deique voluntate [ . . . J
quod sanctis angelis recta discretione donatum est») e per gli sviluppi della leggenda del
santo Cipriano redento dall'amore per Santa Giustina, santo ex mago, nd Medioevo , si
veda Leggenda di Santa Giustina in IACOPO DA VARAGINE, Leggenda aurea, a cura di C .
Lisi, Firenze 1952, pp. 643-48 e lo studio di L.J. VAN DER LoF , Grégoire de Tours et la
magie bianche , «Numen», 1974, XXI, pp. 228-37. P. LEVACK, La caccia alle streghe in Eu-
Michele Scoto che « delle magiche /rodi seppe il gioco» 53

questo autore, nascerebbe proprio per contrastare i malefici diretti a col­


pire il corpo e lo spirito.
In Inghilterra si useranno indifferentemente i nomi sorcery e witch­
cra/t per i secoli medievali. La magia poteva essere praticata da qualun­
que individuo ordinario, mentre la strega e lo stregone la eseguivano
con una ben determinata tecnica, che poteva essere dotta, o per experi­
menta, oppure entrambe le cose. Così la distinzione tra stregone e mago
se è possibile può essere collocata a livello del tipo di potere e . di sape­
re che essi credevano di avere: se fondato sulla dottrina e sulla cono­
scenza oppure solo sull 'experientia, la immaginazione e la presunta ri­
velazione dall'alto. In generale, nella bassa latinità e poi lungo il Me­
dioevo, a partire dal secolo IV, il potere del mago e dello stregone era
ritenuto malvagio, in quanto operatore di un male/icium ossia una cat­
tiva azione: il male/icium era definito come un mal fare mediante mezzi
occulti, e così, in questi primi secoli, lo stregone o il mago erano chia­
mati male/icus, l'uomo, e malefica la donna. Il male/icus commetteva un
crimine secolare contravvenendo alle leggi istituite che poi diventerà un
crimine religioso e si trasformerà in sortilegus, o in sortilega, in un esse­
re deviante e perciò eretico, con la codificazione definitiva del Mallaeus
male/icarum di Kriimer e Sprenger del 1486 12 , sulla base anche degli svi­
luppi generalizzati delle convinzioni espresse nella condanna parigina
del 1398.

ropa agli inizi dell'età moderna, trad. italiana di A. Rossatti, Laterza, Roma-Bari 1988 (ma
Longman Groups, Londra-New York 1987) p. 9, caratterizza la magia bianca, che non
consiste tanto nelle pratiche devozionali, nelle preghiere ai santi e agli apostoli, alla Tri­
nità, negli esorcismi (che sarebbero la magia bianca cristiana) quanto in tutta una serie di
pratiche benefiche volte a contrastare le operazioni dei «maleficia» naturali diretti a col­
pire il corpo e l'anima con malattie, morte, povertà o qualunque altra sventura. Egli vi in­
clude così le operazioni della magia più propriamente naturale come la produttiva, volta
a favorire le messi e la fertilità femminile, la magia terapeutica volta a guarire una perso­
na m alata; o la magia protettiva nel senso di prevenire una disgrazia o allontanare qual­
e� spirito malvagio (che potrebbe rientrare nell'esorcistica). D'altronde per la comples­

sua ��a classificazione della magia e per le relative discussioni che dividono gli inter­
P�en s1 vedano le osservazioni di J.P. COULIANO, Eros e magia nel Rinascimento, il Sag­
t re, Milano 1987, pp. 168-69, che discute la .distinzione di WALKER, Spiritual and
ato
emonic, cit. , pp
. 82-83, tra magia transitiva (che opera su altri) e magia soggettiva (che
��era sul soggetto stesso). Per la magia bianca cfr. anche W.E. PEUCKERT, Philosophie.
�ersuch 1.ur Ge_schichte der weissen und schwanen Magie, Kohlhammer, Stoccarda
1 ;; 6 per la contrap
d
lize e u en posizione tra sante e streghe cfr. M. CRAVERI, Sante e streghe. Biogra-
°c m ti dal XIV al XVII secolo, Feltrinelli, Milano 1980.
12 L
itali e m arteau des sorcières, trad. francese a cura di A. Danet, Plon, Parigi 1973; trad.
2
.
a a cura di A. Verdiglione: Il martello delle streghe, Marsilio, Venezia 1977; e
G · _ ILBOORG,
Aspetti fisio logici e psicologici del «Mallaeus male/icarum », in La stregone-
rza zn Europa, c. . , . .
u pp. 323-344; cfr. anche M.R. LAZZATI , La stregonena, m S. ABBIATI,
54 Medioevo magico

A livello di riflessione teorica Julio Caro Baroja ha osservato giusta­


mente come le streghe secondo le credenze comuni compiono una serie
di azioni in relazione a circostanze storiche diverse in paesi di cultura dif­
ferente e all'interno di strutture sociali che cambiano anch'esse 13 • Per il
Medioevo cristiano si passerà dalla concezione del mago filosofo delle
teurgie neoplatoniche della tarda classicità allo stregone medievale ope­
ratore di male/icia e necromante fino alla codificazione della strega del
secolo XV.
Nello spazio di qualche generazione la magia rituale celeste di cui si
ha un vistoso esempio nel manuale di magia arabo-spagnola Picatrix re­
datto nei secoli Xl-XII, benché occultata nei secoli XIII e Xlv, strariperà
nel XV con Ficino, Agrippa e i neoplatonici ermetici europei (si veda qui
il Capitolo I, b).
Il conflitto fra l'affermazione della magia rituale (o cerimoniale) e nel­
lo stesso tempo la lotta contro di essa, ingaggiata dal sapere istituziona­
lizzato dei teologi e dei filosofi cristiani, unitamente alla assimilazione,
compiuta dalla Legge romana 14 degli imperatori tra il IV e il V secolo
(3 1 9-409), tra magia e divinazione, contribuirono a costruire lo stereoti­
po immaginario dello stregone-strega e ad associarlo alla divinazione. La
magia cerimoniale demoniaca non era distinta dalla religione, ma era
piuttosto considerata come una perversione della religione stessa e come
una forma di paganesimo. Purtroppo, nonostante alcuni documenti ana­
lizzati dal Kieckhefer, che riguardano per lo più i poemi cortesi dell'In­
ghilterra del Trecento, anche il testo da lui studiato, l'importante mano­
scritto di Monaco CLM 849, risale a un periodo assai tardo, siamo cioè
nel XV secolo, quando il clima dottrinale, filosofico e religioso risulta al­
quanto mutato rispetto alla fine del XIII secolo e agli inizi del XIV (si
veda qui il capitolo IX). Di questo periodo non molto è conosciuto del-

A. AGNOLEITO, M.R. LAZZATI (a cura di), La stregoneria, Mondadori, Milano 1984 ,


pp. 130-99. Per l'insistenza dell'importanza del patto cfr. ZILBOORG, Aspetti, cit., p. 334
e J. HANSEN, Zauberwahn, lnquisition und Hexenprozess, (trad. it. in La stregoneria in
Europa, cit., pp. 70-94, in particolare sul patto, pp. 92 ss.).
13 Cfr. J.C. BAROJA, Las brujas y su mundo, Alianza, Madrid 1966, pp. 9- 13.
14 Per la legislazione imperiale del secolo IV de male/iciis et mathematicis et ceteris si­
milibus (Codex Theodosianus, IX 16, 1- 12), in cui si condannano al rogo per maleficio i
maghi, gli astrologi e tutti i loro simili, cfr. P. BROWN, Sorcery, Demons and the Rise o/ Ch ­
ristianity /rom Late Antiquity into Middle Ages, negli Atti del convegno Witchcra/t, Con ­
nessions and Accusations, a cura di M. Douglas, Tavistock Publications, Londra-NeW
York 1970, pp. 17-45 (trad. it. in Religione e società nell'età di sant'Agostino, Ein�udi, To­
rino 1975, pp. 109-36); per la traduzione italiana di queste norme del Codice teodosiano
cfr. D. GRODZYNSKI, Per bocca dell'Imperatore (Roma, IV secolo), in J.P. VERNANT (a cura
di), Divinazione e razionalità, Einaudi, Torino 1982, pp. 204-96.
Michele Scoto che « delle magiche frodi seppe il gioco » 55

le opere di magia cerimoniale, degli scritti di necromanzia, delle descri­


zioni delle operazioni dello stregone o della strega; si deve fare eccezio­
ne per il testo di Picatrix che adesso conosciamo meglio dopo l'edizione
latina di David Pingree (che però merita un discorso a sé) e per i testi qui
studi�ti da me.

3 . Michele Scoto
Michele Scoto è pertanto l'autore prezioso che può documentarci cosa
fosse la magia dotta, necromanzia o meno agli inizi del XIII secolo e la
sua opera ne connota il carattere misto di mago e stregone come l' ope­
ratore di «un sapere occulto».
Egli è certamente una delle personalità più significative del pensiero
magico medievale nelle sue componenti filosofiche, scientifiche e reli­
giose di questo periodo. Nei suoi scritti per lo più inediti egli rivela un
notevole sincretismo tra varie tradizioni culturali provenienti dall' am­
biente spagnolo di Toledo, della fine del XII secolo, proprio in quanto
egli è stato anche un traduttore di primo piano di numerose opere scien­
tifiche e filosofiche arabe di quell'ambiente.
Egli mette insieme saperi e tradizioni diverse; la sua opera è una te­
stimonianza di rilievo dell'esistenza di una vasta letteratura di libri di ma­
gia ermetica e della bassa latinità in un periodo leggermente anteriore al­
l'opera di Guglielmo d'Alvernia il quale indugia anch'esso largamente in
lunghissime citazioni di libri di magia, assai simili a quelle di Michele
Scoto (si veda qui il Capitolo II) .
La figura di Michele Scoto è quella del mago sapiente stregone. Come
vedremo, egli ci presenta un ritratto esemplare di mago filosofo, conosci­
tore di tutto lo scibile e pertanto dominatore dell'universo, imperatore del
cielo e della terra. Tuttavia la sua attività di scienziato non si esercitò nel­
le Scuole, nelle Istituzioni Universitarie né nell'ambito della vita religiosa
come era consuetudine di quel tempo: egli è stato un dotto al servizio di
un Principe, l'Imperatore Federico Il; questa funzione spiega in parte an­
che la sua attività enciclopedica messa a disposizione del sovrano.
Per Federico II la forza come esercizio del potere politico appare
strettamente legata al possesso di una corte (fissa e anche itinerante nel
s � o caso ) di funzionari e di dotti che siano in grado di coadiuvare il prin­
c�p e , di orientarlo e assoggettare per lui tutti gli elementi dell'universo,
s 1a celesti che
terrestri ed infernali, in quanto i sapienti appaiono i de ­
tenton· d1. questo potere universale.
U na figura di dotto di tal genere è rappresentata da Michele Scoto, ma
un a valutazione p·recisa della sua opera , come ha sottolineato anche Char-
56 Medioevo magico

les Burnett 15 , rimane ancora da stabilire, anche perché la sua attività non
si può ricondurre solamente alla pur grandiosa trilogia del Liber intro­
ductorius in astrologiam rappresentata dal primo libro Liber introducto­
rius, dal secondo Liber particularis con il De mirabilibus mundi, e dal ter­
zo libro, la Physiognomica 16 , bensì deve essere considerata anche la sua
produzione di traduttore di scritti che saranno fondamentali per i secoli
successivi più per la storia dell'astronomia, della medicina e della filoso­
fia tout-court, che della magia, come le opere di biologia di Aristotele (il
De partibus animalium, ecc.); il De generatione animalium, il De motibus
caelorum di Alpetragio, e il De ortu scientiarum di Alfarabi.
Infatti una leggenda, imputabile soprattutto a Ruggero Bacone, ap­
pare l'attribuzione a lui di molte traduzioni di Averroè dell'opera di Ari­
stotele, così che maligna, ma forse veritiera, può apparire la testimonian­
za di Alberto Magno che scrive nei suoi Metereologici (3 tract. IV, 26) che
Michele Scoto, non doveva avere compreso granché dei libri di Aristote­
le e soprattutto non aveva inteso cosa fosse la «natura» 17 •
L'attenzione di Michele Scoto per la filosofia di Aristotele appare così
più legata ai suoi interessi naturali, biologico-medici astrologici, che alla
metafisica o alla psicologia. La definizione dell'anima che Michele ci pre­
senta in una sezione del Liber introductorius 18 , mostra una vicinanza più

15 CH. BURNETI, Michael Scot and the Trasmission o/ Scienti/ic Culture /rom Toledo to
Bologna via the Court o/ Frederick Il Hohenstau/en, in Nature, Sciences and Medieval So­
ciety Il. Le scienze alla corte di Federico Il, (Micrologus, II), Brepols, Turnhout 1994, pp.
101-26. Una precisa e attendibile rassegna dei manoscritti di tutte le opere di Michele
Scoto non è ancora stata fatta, in quanto il catalogo offerto dal Thorndike nella sua nota
biografia su Michele Scoto (Michael Scot, Londra-Edimburgo 1965) e A History o/Ma­
gie and Experimental Science, vol. Il, New York, 1947 4, pp. 307-37 ; e dello stesso A pro­
blems as to Incunabula o/ the « Phisionomia» o/ Michael Scot, «Bibliographical Society of
America», Papers, 1954, 48, pp. 4 11- 13; gli studi di C.H. HASKINS, Studies in the History
o/Mediaeval Science, New York 1927, pp. 272-98; L. MINIO PALUELLO, ad vocem, in Dic­
tionary o/ Scienti/ic Biography, IX, New York 1974, pp. 361-65, andrebbero aggiornati
alla luce delle ricerche più recenti. Cfr. anche CH. LOHR, Commentateurs d'Aristo/e au
Moyen Àge latin (Vestigia, 2), Ed. Universitaires, Friburgo 1988, pp. 172-73.
16 Monaco, ms. CLM 10268, f. 19v: «Volumus librum totius artis collectum pro no­
viciis scolaribus incipere ordinate qui merito dici potest "introductorius" . Hic enim libe r
constat ex tribus libris: primus quidem constat ex quattor distinctionibus, secundus liber
est simplex et ipsum librum appellamus "particularem" ... Tertius vero liber dicitur "phy­
sionomie"».
17 «Michel Scotus qui in rei veritate nescivit naturam nec bene intellexit libros Ari­
stotelis» (Al.BERTI MAGNI, Metereologica, in Opera, Jammy, Lione 165 1, 3 traçt. IV, 26).
18 Cfr. P. MORPURGO, Philosophia naturalis at the Court o/ Frederick II: /rom the Theo­
logical Method to the « ratio secundum physicam » in Michael Scot's de anima in Intellectual
Lt/e at the Court o/ Freden'ck Il Hohenstau/en, a cura di W. !ronzo («Studies in the
History of Art», 44, Center for Advanced Study in the Visuals Arts, Symposium Pa-
Michele Scoto che «delle magiche /rodi seppe il gioco » 57

a C alcidio, a19Nemesio, a Costa ben Luca, che alla teoria dell'entelechia


di Aristotele •
Così la valutazione di quanto e quale Aristotele sia stato conosciuto e
tradotto da Michele rimane ancora non ben definita, come non ben chia­
ro appare 20il suo pensiero anche in relazione al quadro storico-dottrinale
del tempo •
Il sapere a cui attinge Michele Scoto riguarda quel crogiuolo di cul­
ture, cristiana-musulmana ed ebraica che costituiva l'aspetto più vistoso
dell'ambiente spagnolo di Cordova e Toledo dal secolo IX al XII. E
l'opera di Michele in prima istanza appare assolvere il compito di com­
pilazione e divulgazione di tutto quello scibile del suo tempo, largamen­
te aperto ai libri di magia astrologica arabo-latina ebraica ed ermetica.
Tuttavia con le traduzioni di attribuzione sicura, come i libri del De
animalibus di Aristotele e soprattutto con la traduzione dell'opera di
astronomia di Alpetragio, nonché dell'enciclopedia greco-araba di Alfa­
rabi, Michele non può collocarsi semplicemente tra i passivi divulgatori
(se mai ve ne siano stati tra i traduttori) delle tradizioni filosofiche e scien­
tifiche arabo-spagnole ebraiche del secolo XII, ma come un protagonista.
La dipendenza del sapere dei dotti della corte di Federico II e in par­
ticolare di Michele che veniva da Toledo, da un centro di cultura arabo­
giudea-cristiana, ha trovato concordi studiosi diversi come Ch. Burnett,
Piero Morburgo e David Abulafia2 1 • Tuttavia la traduzione di Michele
del De motibus caelorum di Alpetragio colloca Michele nella schiera di
quanti intendono rivedere e riformulare l'astronomia tolemaica22 degli
eccentrici e degli epicicli, e l'astronomia di Thebit e di Arzachel del moto
precessionale dell'ottava sfera in senso oscillatorio, nella accezione più
rigorosamente aristotelica delle sfere omocentriche.

pers XXIV, Washington), University Press of New England, Hannover-Londra 1994,


pp , 24 1 - 48.
19 «
�a est sub�tantia simp lex, indivisibilis, incorp orea, immaterialis, .. . est similis
D_ eo » citazione da P. MORPURGO, Philosophia naturalis, cit. , p. 246. Sul Liber introducto­
us, c
�ar fr. anche (BURNEIT, Michael Scot and the Transmission o/ Scienti/ic, cit., in p artico­
e pp . 121 -26).
20 Molti lavori
sono usciti in occasione dd centenario di Federico Il. Ricordiamo solo
R. sso, Federico II
!u . Cronaca del� vita di u� imperatore e 1ella sua disce�den�, Rotas,
Ba ta 1995 ; D. ABULAFIA, Federtco _ audi, Tonno 1993
II, un i mperatore medievale, Em
r
( ma ondra
1988) e il volume monografico citato di «Micrologus», 1994, Il.
21
22

C fr. ABULAFIA, Federico II, cit., pp. 214-22.
Sull astr
JAMAL, M : AOUonomia
r-
tolemaica medievale si veda ora A. HASNAOUI, A. ELAMRANI­
AD (a cura di), Perspectives arabes et médiévales sur la tradition scientifi­
q phzlosophique g recque, Peeters-lma, Lovanio-Parigi 1 997, in particolare parte I ,
At at ematiques, .4s rorzomie, Astrolo
t gie, pp. 1 - 188.
58 Medioevo magico

L'ideale del sapere che emerge dalla sua opera appare quindi stretta­
mente consono con l'opera politica, morale e giuridica di Federico. Ma
non solo: la diversità di interessi e di compiti intellettuali assegnati dal­
l'imperatore ai suoi collaboratori, aveva un elemento in comune ed uni­
ficante che non dipendeva tanto dalle loro mansioni ma dalla funzione
politica di ciascuno di questi23 •
Il compito politico assegnato a Michele Scoto pare essere stato quel­
lo di assicurare all'imperatore il sapere più alto ed universale, di Dio, dei
filosofi, degli angeli, degli uomini, fino alla conoscenza dei segreti occul­
ti della natura e degli Inferi: in altre parole il sapere magico. Quello che
a noi appare come un sapere farraginoso, perché compilatorio, di Mi­
chele Scoto, era bene la summa di tutto lo scibile del suo tempo, secon­
do un ideale culturale enciclopedico che univa strettamente la cono­
scenza al potere. Com'è noto Federico II, in una lettera al figlio Corra­
do, aveva espresso il concetto che il potere si fonda sul sapere e che chi
esercita il potere più alto deve distinguersi su tutti, per la conoscenza più
elevata24 • La conoscenza è dominio. Per questo il concetto di sapienza
che ne scaturisce è meno quello speculativo, contemplativo ed ascetico
attribuito da tutta una storiografia filosofica al Medioevo, quanto piut­
tosto un sapere pratico-operativo, attivo, orientato al controllo della na­
tura, della vita dell'uomo e degli eventi, contenuto nell'epistemologia
magica.
Ma quale era l'organizzazione della conoscenza, della filosofia, della
teologia e della scienza, nei primi decenni del secolo XIII, in quel deli­
cato trapasso dalla fine del XII al primo trentennio del XIII? Quello che
appare alla luce degli studi più recenti25 sulla penetrazione della filosofia
di Aristotele, sia dal greco, che dall'arabo o dall'ebraico (attraverso Aver­
roè, Avicenna o Maimonide), come della scienza di Tolomeo e di Galeno
e dei matematici arabi dal IX al XII secolo, è che il crogiolo di ogni sa­
pere si concentrava in Spagna, nell'incontro o meglio nello scontro delle
tre religioni, e che la filosofia greca di Aristotele e di Platone era filtrata
dai commenti e dalle traduzioni dei testi dei filosofi non solo latini, ma

2i Cfr. R. ANTONELLI, Dal clericus al poeta, in A . AsoR ROSA (a cura di), Storia della
letteratura italiana, voi. II, Einaudi, Torino 1983, pp. 17 1 ss.
24 Cfr. P. MORPURGO, La sovranità /ondata sulla nuova filosofia, (Atti del Convegno di
Todi, 1994, Federico II e i nuovi saperi), Todi 1995, con analisi del ms. Parigi BnF lat. 610
contenente secondo Morpurgo una discussione tra Federico II e Anatoli a proposito di
Maimonide.
25 Si veda anche A. RASHED, J. BIARD (a cura di), Les doctrines de la science de l'anti­
quité à l 'dge classique, Peeters, Lovanio 1999; cfr. anche E.]. RAGEP, S.P. RAGEP, S. LIVE­
SEY (a cura di), Tradition, Transmission, Trans/ormation (Proceedings of two Conferences
on Pre-modern Science), Università di Oklahoma, Brill, Leida 1996.
Michele Scoto che « delle magiche /rodi seppe il gioco» 59

soprattutto musulmani come Alfarabi, Avicenna, Averroè, o ebraici


com e Abramo ibn Ezra, Abramo Savosarda, Anatoli, Maimonide e altri.
Non solo: l'enciclopedia delle scienze era quella fornit a dal neoplato­
nico Alfarabi nel suo De ortu scientiarum ora tradotto proprio da Mi­
chele Scoto, nonost ant e la versione già esistente di Gerardo da Cremona
con il titolo De scientiis, una classificazione delle scienze che sarà poi ria­
dattata in senso cristiano da Domenico Gundissalvi con l'espulsione tra
l'altro delle arti divinatorie e l'introduzione delle arti meccaniche2 6 • In al­
tre parole la filosofia, la scienza o genericamente la concezione del sape­
re della fine del XII secolo e gli inizi del XIII, era qualcosa di estrema­
mente composito e mediat o dal mondo arabo ed ebraico, non ancora as­
soggettato alla disciplina e all'ordinamento della filosofia, della teologia
e della scienza della Scolastica cristiana, compito che sarà assolto succes­
sivamente dai dotti e dai teologi sia platonico-agostiniani come Bona­
ventura, che aristotelici, come Tommaso e Duns Scoto, allorché avremo
quella organizzazione scolastica del sapere cristiano che si organizzerà
dopo le condanne parigine della fine del secolo XIII soprattutto, con
l'opera di Tommaso d'Aquino, di Duns Scoto, di Guglielmo d'Ochkam
e delle loro scuole.
Così Michele Scoto è l'esponente di questo vasto e composito ideale
della filosofia e della scienza del mondo arabo-ebraico-spagnolo del se­
colo XII, con alcuni elementi caratteristici suoi propri che enfatizzano al­
cuni aspetti che non sono casuali o di maniera, ma rient rano nella sua
specifica concezione del sapere e molto meno concernono il nuovo oriz­
zonte scolastico del secolo XIII.
Se sapere è potere, secondo l'ideologia politica di Federico II, il filo­
sofo o il dotto dovrà presentare al principe un quadro esauriente di t ut ­
ta la realt à, da Dio agli Inferi, in modo che egli vi si possa muovere da
Dominator, a suo agio: il filosofo è dunque il mago-operat ore. Tuttavia il
quadro cosmologico di Michele Scoto non è quello di un miscredente,
ma di un credente2 7, che pone al vertice dell'Universo Dio creatore. Cer-

26 F
AL ARABIUS (AL-FARABI), De ortu scientiarum (translatio Michaelis Scoti), a cura di
B�eumker, « Beitrage zur Geschichte der Philosophie des Mittelalters», 1916, XIX; De
scz ntiis (translatio Gerardi Cremonensis, in ALFARABI, Catalogo de la sciencias, edicion y
a�
� �cion castellana, a cura di G. Palencias, Madrid 1953, pp. 1 19-75). Per l'operazione
ot tnale compiuta
t 0 �' Abano da Domenico Gundissalvi cfr. la mia introduzione ali'edizione di Pie­
: Lucidaior , cit., pp. 64 e ss. Su Gundissalvi si vedano gli studi di H. HuGON­
-Ro , La classi/ication des sciences de Gundissalinus et l'in/luence d'Avicenne, nel-
l ARDccoltacHE
a cura di J. JOLIVET, R. RASHED, Études sur Avicenne, Les Belles Lettres, Parigi
; ��
in F lP·
1 4 1 -75. Cfr. CH. BURNETT, Michele Scoto e la di/fusione della cultura scientifica,
� erzco II e le scienze, Sellerio, Palermo 1 994 , pp. 374-76.
Molto appropriato ci pare il giudizio di Jean-Patrice Boudet che scrive che « uno
60 Medioevo magico

tamente da questo momento in avanti la rappresentazione del Paradiso,


del Purgatorio, del mondo terreno e dell'Inferno è assai lontana dagli
astratti schemi razionali dei teologi aristotelici o platonici dei decenni
successivi. In particolare egli ammette una gerarchia di entità intermedie
tra Dio e l'uomo, una angelologia e una demonologia ricchissima di cui
non saprei indicare con precisione le fonti, tranne quella di Dionigi
Areopagita e della tradizione composita neoplatonica esoterico-magica
ebraica28 dei diversi Libri di Salomone2 9 consacrati alla rivelazione degli
angeli del Signore e a quella bizantina de operatione daemonum.

4. Dio e l'universo
Michele Scoto ritiene che tutto l'universo sia posseduto dagli spiriti, dai
demoni e dagli angeli che fanno corona a Dio e sono i suoi ministri. Se­
condo una visione agostiniana-cristiana i demoni non sono altro che gli
angeli che hanno peccato. E pertanto le forze demoniache si spartiscono
l'universo abitando l'Inferno, il Paradiso gli angeli. Nel De /undamento
terrae et mirabilibus mundi3°, opera che gli è attribuita e che riprende
temi già trattati nel Liber introductorius con più sfumature di ortodossia
egli si esprime in questo modo3 1 •
I.;Introductorium maius 32 è l'enciclopedia più completa del sapere
demonologico e magico astrale del medioevo di impianto ancora cristia­
no. Per Michele Scoto i cieli sono molteplici, ma uno è il più alto di tut-

degli aspetti più notevoli del Liber introduetorius consiste nella contraddizione patente
tra condanna globale della magia considerata nel prologo come una nemica della fede cri­
stiana e una ammirazione evidente non solamente per l'angelologia magica, ma anche per
tutte le pratiche magiche chiaramente demoniache». Cfr. J.-P. BoUDET, Entre scienee et
nicromanee Astrologie, divination et magie dans l'Oecident médiéval (XIIe-XIVe siècle) ,
Publications de la Sorbonne, Parigi 2006, p. 182.
28 Cfr. D. PINGREE, Learned Magie in the Time o/ Frederiek II, in Le scienze alla corte

di Federico II (« Micrologus», II, cit.), pp. 39-56.


29 Cfr. PINGREE, Learned Magie, cit. , in particolare pp. 42-43. Sulla demonologia
ebraica derivata dagli apocrifi conosciuti come i Libri di Enoeh cfr. RH. CHARLES, The
Apocrypha and Pseudepigrapha o/ the Old Testament, Clarendon Press, Oxford, voi. Il ,
1913, p. 315 e N. COHN, Il mito di Satana e degli uomti al suo servizio, in La stregoneria, a
cura di Mary Douglas, trad. italiana, Einaudi, Torino 1980, pp. 35-49; cfr. ancheJ.B. Rus ­
SELL, Satana, trad. it., Mondadori, Milano 1986 (ed. or. Cornell University Press, 198 1) .
3 ° Firenze, Bibl. Riccardiana, ms. 921, f. 1v.
3 1 « Quot sunt spiritus commemorantes in eius nomine, ubi sit Infernus, Purgatoriu s
et Paradisus celestialis, scilicet an in terra vel sub terra, vel supra terram» (ms. cit., f. 2 r ) .
32 Le mie citazioni rimandano al ms. di Monaco CLM 10268, databile approssimati­

vamente al 1320 secondo G.M. EDWARDS, The two Redaetions o/Miehael Seot's Liber ln ­
troduetorius, « Traditio», 1985 , XVI, p. 33 1. Sull ' iconografia astrologica di questo cod i ­
ce cfr. U. BAUER, Der Liber introduetorius des Miehael Seotus under Absehri/t CLM 1 0268
Michele Scolo che «delle magiche /rodi seppe il gioco» 61

ti ed è quello in cui Dio vi dimora nella sua sostanza («in quo celo deus
est substantialiter») ossia nella sua Maestà divina. Egli vi risiede in trono
contornato da angeli e astri («associatus ab angelis et astris»), i q uali gli
fanno da corona. Quanti sono i cieli tanti sono i suoi reggitori. Al centro
di questo universo terrestre e sotterraneo, tra Dio e gli inferi si pone l'uo­
mo di cui Michele Scoto ci offre la descrizione come di uno stregone o di
un mago. Esso è definito come il dominator a immagine di Dio. L'uomo
è infatti un microcosmo («homo dictus est microcosmus id est minor
mundus appellatur») e poiché l'uomo è cosifatto da dominare tutte le al­
tre creature e comandarle come un Dio («velut Deus»), le creature stes­
se gli obbedi scono; e lo servono anche gli spiriti e i demoni che sono nel­
l'aria, nell'acq ua, nel fuoco e nella terra. E così come Dio in cielo è con­
tornato dagli angeli, allo stesso modo l'uomo è attorniato dagli spiriti in­
visibili che sono i suoi servitori33 •
Pertanto nella prima parte del Liber introductorius abbiamo una det­
tagliata descrizione non solo dei demoni e degli spiriti, ma anche degli
angeli che contornano Dio nell'Empireo con i nomi della loro gerarchia
e la descrizione delle loro funzioni34 , la loro composizione sostanziale
che è diversa da quella degli uomini35 • Ma gli angeli sono sempre crea­
ture di Dio, anche se da lui dotate di particolari virtù: gli angeli sono sta­
ti creati sapienti in ogni sapienza «angeli sunt creati sapientes in omni
sapientia» e Dio permette loro anche di assumere un corpo umano in
certe circostanze. I demoni invece non sono altro che mali angeli che
possono penetrare negli elementi per esempio nell'aria e presentarsi
come venti3 6 •
La demonologia di Michele Scoto, nonostante tutte le sue aberrazio-

der bayerischen Staatsbibliothek Munchen, (Codex aus Padua 14. Jahrhundert), Tuduv
Verlagsgeselleschaft, Monaco 1983 .
3 3 « Homo
quia tam esse in omnium capax possumus dicere quod est secundus Deus
L. .] dictus est microcosmus, idest minor mundus appellatur [. .. ] et quia homo est tantus
et talis ipse omnibus creaturis et singulis dominatur et dominando eis imperat velut Deus
[ : .. ] et ip se creature illi
obediunt [. .. ] et serviunt ut demones et spiritus qui sunt in aere;
sic�t in celo Deus
est associatus per angelos ita homo per spiritus invisibiles, per ignem
rtw es t cali dus et humidus habet sanguinem, per aquam que est frigida et humida habet
_eum a, per terram que est frigida et sicca habet melancoliam » (Firenze, Riccardiana, ms
Clt. f. 3 rv) .
3 4 Mon aco,
1, « D _ms. �LM, 10268, f. 9vb: « quid autem sit angelus».
ue qwdem sunt essentie: una est corporalis et localis, scilicet mundus inferior
Ut terra t que
m � sunt super eam et in ea ut animalia et elementa, et sol, luna et stelle fir­
entt . Alt�ra essentia est incorporalis et inlocalis, scilicet mundus superior sciendo

quO celum s
Per�� quamlibet t deroreum dividitur in octo speras [. . . ] Angelus quippe in pulchritudine su-
aliam creaturam » (cfr. ms. cit., f. lOrb ) .
C fr. m s. cit. f. lOrb; f. 12v: « Angeli pro bono, velut quando eorum nominibus in -
62 Medioevo magico

ni e contaminazioni è purtuttavia cristiana, perché gli angeli sono creati


e i demoni guidati da Lucifero non sono che angeli decaduti. Tutti i mali
del mondo provengono da lui che è il loro principe (« angelus Lucifer est
origo omnium malorum»). Da superiore è divenuto inferiore ( « factus est
infimus»); da felice infelice. I demoni da lui guidati sono soliti dare re­
sponsi a chi li invoca con arte nigromantica (« Solent aliquando respon­
sa dare invocantibus eos arte nigromantie sive mathematice»). Ma tutti i
loro nomi non sono appropriati per ciascuno di essi, ma ne indicano solo
l'ordine e le funzioni37 • Così Sathan non indica un demonio, ma solo un
ordine che riversa l'errore e la malizia nel mond<>3 8 ed è l'adversarius.

5 . I.:uomo microcosmo
È notevole che Michele in questa gerarchizzazione descritta all'inizio del
Liber introductorius ponga i sapientes filosofi nella sfera più vicina a Dio.
Così il De mirabilibus mundi che pare essere una sezione del Liber parti­
cularis ci presenta un interessante ritratto dell'uomo, destinato ad avere
tanta fortuna, ossia il concetto dell'uomo microcosmo, quel sapiente fi­
losofo che è il dominator mundi39 , colui che è capace di assoggettare a sé
tutte le forze naturali, come Dio assoggetta a sé quelle celesti ed inferna­
li: il mago.
Nel contesto dell'ideale del sapere operativo del filosofo rientra la ri­
levanza dell'idea che il filosofo sia sostanzialmente il mago, la concezio­
ne che di tutte le scienze o arti della previsione, la più importante sia l' a­
strologia poiché è quell'arte o scienza che offre gli strumenti più sicuri
per impossessarsi delle forze celesti che governano il mondo: in altri ter­
mini il concetto della filosofia come una sapienza o scienza, non con­
templativa, ma operativa è peculiare dell'ideale del sapere di Michele
Scoto che è « magico», ma di una magia filosofica, dotta, astrologica.
Esso si spiega anche con la particolare ideologia culturale federiciana per
cui sapere è potere e la magia è conoscenza operativa.
Nell'opera di Michele Scoto si assiste inoltre ad un modello di intera-

vocantur»; cfr. anche f. 13 v. : « Qualiter nigromanti libenter convocant angelos subli­


miores »; « de ordinibus demonum ».
H Se il diavolo si chiama « Belgibuth, intelligitur ordo spirituum quod certa officia
facientia aut legio; . . . cum dicitur Astarath, Madrec, Aymon, Belfagor, etc. , licet nomen
proprium appareat vel credatur a multis, tamen est appellativum et ordinale » (ms. cit . ,
f. 13vb) .
38
Ms. cit., f. 13vb.
39
Firenze, Riccardiana, ms. 92 1 , f. 3 rv. Cfr. HASKINS, Studies in the History o/Medie­
val Sciences, cit., pp. 292-98. (L. THORNDIKE, P. KIBRE, A Catalogue o/ Incipits Medieval
Scientt/ic Writings in Latin, Cambridge, Mass., 1 963 , p. 294 ) .
Michele Scoto che «delle magiche /rodi seppe il gioco » 63

zione tra la letteratura scientifica del suo tempo e le riflessioni religiose,


teologiche, politiche, morali e magiche contenute in un'opera (si veda il
Cap itolo I) compos�ta di ispira_zione greco-araba, che40circolò alla corte_ di
Federico Il, conoscmta come il Secretum secretorum , tradotta forse m­
torno al 122 5 e di cui Michele Scoto redasse una compilazione nel suo li­
bro comunemente chiamato la Physiognomica secondo alcuni interpre­
41

ti. Scienza della natura, astronomia, religione ed etica, delle quali tutte le
physiognomica, curiosamente può essere considerata una parte, sono
pertanto strettamente intrecciate nel pensiero di Michele Scoto, anche se
il suo concetto di Dio come creatore, pur collocandolo in un contesto di
creden te monoteista, potrebbe adattarsi anche ad uno qualunque dei tre
credi, sia il mussulmano, che il giudeo, che il cristiano, tanto la sua fede
è aperta, universale e generica.
Il compito di Michele sarà quello di unire lo studio delle regole dei fe­
nomeni naturali con l'ordine del mondo. Ma questo ordine non è ancora
strutturato secondo la rigorosa cosmologia razionale aristotelica, fondata
sulle regole del movimento naturale e della spiegazione delle quattro cau­
se, ma pare arcaico e risalente se mai a una visione platonico-neoplatoni­
co cristiana e gnostica che divide la sfera del Paradiso da quella dell'In­
ferno, i buoni dai reprobi, e popola i cieli di ordini di angeli, di cherubi­
ni, serafini ecc. in schiere gerarchiche secondo un ordinamento angelico
cristiano-ebraico, di ispirazione neoplatonico-gnostica assai interessante,
che ci ricorda in parte la Gerarchia celeste dello Pseudo-Dionigi, nonché
tutta una letteratura demonologica e angelologica salomonica.
L'impianto neoplatonico della concezione della realtà di Michele Sco-

40
Sul Secretum e la sua circolazione e trasformazione cfr. M. GRIGNASCHI, I.:origine
et les métamorphoses du «Sirr al'-asrar» (Secretum secretorum), «Archives d'histoire litté­
raire et do ctrin ale du Moyen Age», 1976, 43 , pp. 7-1 12, e dello stesso, La di/lusion du Se­
cretum secretorum (Sirral'-asrar), ivi, 1980, 47, pp. 7-70; PSEUDO-ARISTOTE, The Secret o/
Secrets, Sources and In/luence, a cura di WF. RYAN, CH. B. SCHMm, The Warburg lnsti­
�ut�, Londra 1982; dello stesso CH. B. SCHMm, D. KNOW, Pseudo-Aristoteles latinus. A
tde to Latin Works Falsely Attributed to Aristotle be/ore 1500, (Warburg lnstitute Sur­
ey_s and Tex tes XIl), Londra 1985; S.J . WILLIAMS, The Early Circulation o/ the Pseudo-
� rts
totelian 'Secret o/Secrets' in the West: the Papa! and Imperia! Courts, in Le scienze alla
cor e di Federico II, «Micrologus», II, cit., p. 127. Cfr. anche per la trasmissione di que­
;
}ea etterat ura dei Secreta nel mondo medievale e moderno W. EAMON, Sciences and The
t

v crr�ts 0/ Nature. Books o/Secrets in Medieval and Early Modem Culture, Princeton Uni ­
� suy Press, Princeton 1994. In particolare cfr. STEVEN J. WILLIAMS, The Early Circula-
Iton f
o th e Secret 01J Secretts,
. c1. t. , pp. 132-33.
41
fr.
« BI" b � . �H RNDIKE, A Problem as to Incunabula o/ the Physionomia o/Michael Scot,
L O
Jiog�aph 1cal Societ of America Papers», 1954, 48, pp. 4 1 1-13. lo ho letto la Phy­
sio n y
g _o mzca di Michele nel ms. Firenze Riccardiana n. 92 1 . C fr. anche D. JACQUART, La
ph s
zo
Y gno m ie à l'époq�e de Frede ric II. Le traité de Miche/ Sco t , « Mic rologus », I l, pp. 19 -
64 Medioevo magico

to, per « processione» degli esseri - come egli dirà - è innegabile anche
se è limitato nel senso che egli nega l'emanazione del mondo da Dio, poi­
ché il mondo è creato. Nel proemio afferma chiaramente (come ho già ri­
cordato) che il mondo non è eterno e la creatura non è fatta da sé (« quod
mundus non sit eternus, patet aperte, quia creatura non est a se facta» ) .
Egli distingue le sostanze in semplici o spirituali, e in composte o corpo­
ree; in non-sensibili e in sensibili. Le sostanze semplici sono Dio, l' ange­
lo e l'anima (ut Deus, angelus et anima) ; quelle composte sono l'uomo, il
bove e la pietra (ut homo, bos et lapis) . I corpi si distinguono poi in ani­
mati, come quello dell'uomo, dell'albero (arbor) e dell'erba (herba), e in
quelli inanimati come la pietra (ut lapis) . Tra gli animati come l'uomo si
dovrà distinguere l'animato dotato di ragione come Dio, l'angelo e l'uo­
mo (anima! rationalis, ut deus, angelus et homo), e gli animali irrazionali
come il cavallo e il granchio (equus et cancer) 42 • Con questa definizione di
Dio come anima! rationalis vivente dotato di ragione come l'angelo e
l'uomo ci pare che Michele Scoto si ponga in una tradizione filosofica
che non sembra avvicinabile né a quella dell'ontologia dell'ente primo di
Aristotele, né a quella del Nous divino di Averroè, ma se mai a una con­
cezione neoplatonico-magica degli esseri spirituali e viventi che vivono
con da Dio nel Paradiso, discendono sulla terra, vanno dopo morti nel
Purgatorio o nell'Inferno e se mai sono accostabili alle Intelligenze di
Avicenna. Ma in questo cosmo vivente animale (animalis) , l'uomo è po­
sto al centro come un microcosmo, un Dio secondo, sebbene non lo sia
(« secundus Deus, quamquam non sit»), aggiunge Michele, ed egli è il
dominator delle forse celesti e terrestri a cui obbediscono anche i demo­
ni: è il mago.

6. La magia, le scienze e la filosofia


La concezione della sapienza nell'uomo (sapientia in homine) di Miche­
le è quanto di più attivo ed operativo si possa immaginare, nonostante le
critiche di Michele alla « bassa» magia e alla necromanzia e la distinzio­
ne delle scienze che egli introduce: egli è stato uno tra i primi (rispett o
già alla formulazione di Ruggero Bacone) a distinguere tra mathesis e ma­
tesis senza la h, ossia tra la vera matematica del quadrivio e la magia com e
scientia divinandi o mantica, le cui specie sono ben ventotto43 •
Questa sapienza che si trova nell'uomo è acquisita mediante una c o-

37 e }. AGRIMI, La recezione della Fisiognomica pseudo-aristotelica nella Facoltà delle A rti,


« Archives d ' histoire doctrinale et littéraire du moyen age », 1 997 , 64, pp. 127 -88.
42 Liber introductorius, ms. Monaco CLM. 10268, f. 1 6va.
43 Liber, cit., f. 17rb.
Michele Scoto che «delle magiche /rodi seppe il gioco» 65

noscenza che avviene per influenza la quale è trasmessa dal Sole e dalla
Luna: «Questi sono i due corpi che illuminano l'anima dell'uomo e la sua
ragione e la dirigono verso la causa della verità, così che come ha detto il
filosofo "posta la causa si pone l'effetto"»44 ,
Così i principi della scienza e della dottrina della sapienza

ci sono dati per la rivelazione dello Spirito immutabile attraverso il Sole , il


quale propriamente rappresenta la sapienza di Dio. Pertanto il Sole deve es­
sere inteso come la Sapienza che non erra mai , e per Luna si deve intendere
la virtù della sapienza o della scienza del bene e del male45 •

La conoscenza quindi non è ottenuta per un ragionamento logico di­


mostrativo, ma è «infusa» per rivelazione dello spirito del Sole che rap­
presenta Dio nella forma della sapienza divina, ( che avviene per un «pro­
cesso» conoscitivo discensivo ed ascensivo), e della Luna. L'astronomia
e l'astrologia divengono in questo contesto le scienze filosofiche per ec­
cellenza, che permettono cioè di attingere la mirabile sapienza divina che
si dispiega nel creato, in quanto l'astrologia insegna a impossessarsi di
questa influenza cosmica.
In questa valutazione dell'astronomia e dell'astrologia come scienza
filosofica-sapienzale la quale costituisce il fondamento di tutte le altre
scienze, in quanto fornisce il subiectum commune di tutte le altre scienze
che è l'ens, Michele parla in un passo dell'Introductorium maius 46 che ci
ricorda alcuni passi della Metafisica di Avicenna in cui è presentata una
classificazione delle scienze speculative in cui all'astronomia, anche nel
suo aspetto attivo di astrologia, è assegnato un posto privilegiato da Avi­
cenna47 come quella scienza del movimento celeste, intelligenziale, da cui
discendono tutte le influenze. Ma se l'astronomia e l'astrologia sono
s� rettamente legate tra di loro, Michele Scoto non ne presenta alcuna
giustificazione di particolare rilevanza filosofica e teorica come invece,
P�r esempio, farà un secolo dopo Pietro d'Abano48 nel suo Lucidator du­
;.11�kili� m astronomiae. Anche se l'astrologia è connessa alle diverse de-
Intztom che Michele ci fornisce dell'astronomia e della filosofia, questo

44 Liber,
cit. , loc o cit.
4 5 Ibidem.
: Liber, cit. In �articolare, f. 16rb.
C r. NNA LATINUS, Liber de philosophia prima sive scientia divina (a cura di
S van �iet)AVICE
ti� R , Peeters-Brill, Lovanio-Leida 1977 , tractatus nonus, capp. 3 e 4 , «de ordina ­
te igentiae et animarum caelestium et corporum superiorum a primo »,
PP��7��� -in ll
48 Cfr. la discus
queUa dI_ ve rro sione di Pietro d'Abano dell'interpretazione di Avicenna di contro a
A è e la sua rivalutazione dell'astrologia in Lucidator dubitabilium astrono-
66 Medioevo magico

nesso appare del tutto estrinseco. Sia le definizioni della filosofia che
quelle dell'astronomia o delle arti magiche fornite da Michele rivelano
un carattere compilatorio e manualistico e paiono rinviare alle varie for­
mulazioni risalenti ai florilegi e alle raccolte delle classificazioni dei seco­
li anteriori. Michele ci fornisce così questo interessante anche se disordi­
nato elenco di definizioni della filosofia, dell'astrologia, della magia che
ci riporta a una visione sincretista del sapere, non ancora organizzato in
un sistema coerente di discipline per cui esso è indifferentemente «sa­
pientia» divina o teologia, logica, filosofia naturale o fisica, astronomia e
astrologia, cosmologia o magia49 •
Nel complesso la filosofia si configura come un sapere sapienziale pri­
mo che discende da Dio e che costituisce la philosophia prima come ave­
va sostenuto anche Avicen.na ed è un sapere magico operativo. Il che ci
aiuta a comprendere il carattere rivelativo di questa sapienza divina e la
relazione che Michele stabilisce tra filosofia, magia e astrologia. Siamo di
fronte all'idea del carattere rivelativo della conoscenza che si ottiene per
l'influenza dello spirito divino che discende sulla terra dal sole secondo
un concetto di «processione» (Liber introductorius, f. 16va). È lo spirito
divino che attraverso la luce del sole e delle sfere celesti superiori delle
gerarchie angeliche discende nello spirito dell'uomo.
Un concetto assai simile a questo di Michele Scoto è quello formula­
to qualche tempo prima da uno dei testi più importanti della letteratura
magico-filosofica arabo-spagnola dell'XI-XII secolo. Alludo qui all'ope­
ra Il fine del saggio, conosciuta dai latini come Picatrix, attribuita a Ma­
slama al-Magriti, ma probabilmente redatta da un Anonimo che si ispi ­
rava alla dottrina dell'alchimista Geber e successivamente tradotta in la­
tino50 . Michele Scoto la conosceva oppure no? Se sì, nel testo arabo o in
traduzione? È certo che tutto l'impianto sapienziale magico di Michele è
vicino a quello di Picatrix, con la differenza fondamentale e non secon­
daria che il principio neoplatonico emanazionistico di Picatrix di tutta la
realtà da una sorgente prima divina, materiale e spirituale insieme, non

miae, differentia I, a cura di G. Federici Vescovini, cit., pp. 148-5 1 (si veda qui il Ca p i­
tolo XIII).
4 9 Così scrive Michele Scoto: «Philosophia est Deus eternus; vel sic: philosophia es t

contenta cognitio existentium; vel sic: philosophia est perfecta omnium cognitio de se
ipsa; vel prima: est scientia omnis rei; vel prima: est divinarum et humanarum rerum rec ­
ta et discreta cognitio, vel philosophia est virtus divina que semper diffunditur, docens
rationem procedendi in ea, vel prima: est comprehensio veritatis omnium eorum que
sunt. .. vel prima: est divinarum humanarumque rerum in quantum homini est possib i ­
lis». Liber introductorius, ms . cit., f. 16rb.
°
5 Cfr. l'edizione di D. PINGREE, Picatrix, The Warburg lnstitute, Londra 198 . S i
7
veda qui Capitolo I.
Michele Scoto che «delle magiche frodi seppe il gioco » 67

si trova in Michele Scoto, per il quale il mondo è stato creato da un Dio


creatore.
Inoltre è diversa la concezione della nigromanzia di Picatrix da quel-
la di Michele Scoto. Mentre in Picatrix la nigromanzia rappresenta tutto
il sapere magico-filosofico divino, senza distinzioni tra operazioni spiri­
tuali o bassamente materiali, Michele Scoto sembra vicino alle precisa­
zioni e alle definizioni date dai dotti cristiani come Agostino o Isidoro di1
S iviglia sulla «necromanzia». Mentre Picatrix intende la nigromanzia5
come la magia cerimoniale nel suo complesso, evocativa di entità astrali
e quindi «destinativa» coincidente con tutto il sapere, Michele la inten­
de limitatamente come l'arte proibita ai cristiani per la quale si invocano
gli spiriti dei morti e dei demoni infernali. Tali invocazioni sono accom­
pagnate da sacrifici di sangue umano di vivi o di defunti, pert ant o egli
configura la «necromanzia» così come era stata definita e condannata da
Agostino, da Isidoro di Siviglia e da Rabano Mauro, ossia come «divina­
tio in mortis»(Isidoro di Siviglia52 è infatti una delle fonti più citate da
Michele). In un altro passa53 la definisce come le operazioni sulle imma­
gini astrologiche per l'invocazione dei demoni che vi sono racchiusi. Per­
tanto nell'astronomia è compresa la nigromanzia che è l'operazione che
si compie mediante l'invocazione degli spiriti dei demoni che sono rac­
chiusi nella gerarchia delle 48 immagini celesti, cioè i dodici segni dello
Zodiaco e le 36 costellazioni dell'emisfero settentrionale e meridionale e
sono rappresentati nelle loro figure54 •
Ma anche le definizioni di astronomia come quelle della filosofia ne
rivelano lo stesso carattere compilatorio derivato da Fulgenzio e Isidoro.
Scrive Michele che l'astrologia è la scienza degli astri in sé, ossia è la loro
legge o regola; è la disciplina che studia il corso delle stelle e le loro figu­
re, tutti i rapporti (habitudines) del firmamento, il tramonto e l'alba del
sole, dei pianeti e delle stelle55 • L'astronomia poi è classificata in tre for­
me, ossia quella fabulosa (o empirica), quella superstiziosa e quella fon­
data sulle immagini (ymaginaria). La prima è quella che descrive confu-

• H « N igromanci am appellamus omnia que homo operatur et ex quibus sensus et spi­


�s
� sequuntur ilio opere per omnes partes, et pro rebus mirabilibus quibus operantur»
zc tri , lib. I, cap. 2).
:2 �
Lzber introductorius, f 16va. Pertanto Michele fa sua la doppia definizione di ne­
ro anzia
�o � Oatina) ç ermetico-araba (nigromanzia): la prima è divina/io in mortis, la se­
n a P_er l' 1wocazione dei demoni spi-riti
n Lz er � e astrali.
b zntroductorius cit . , f . 16v.
54
lb d. '
,, Ai
« stronomia est scientia de astris per se aut lex vel regula; astronomia est discipli-
na que ur
rn � s us celestium siderum atque figuras contemplatur et omnes habitudines fi r­
ainenu, vel as tronom ia est celi contemplatio, ortus et occasus planetarum et motusque
68 Medioevo magico

samente l'ordinamento dei cieli e dei pianeti' 6 • La seconda è quella ni­


gromantica e divinatoria. L'immaginativa è quella che tratta delle cose ce­
lesti nelle loro figure (immagines) non come cadono sotto il senso, ma
sotto l'intelletto. Tuttavia sotto l'astronomia si ammantano numerose arti
magiche: qui ne enumera quindici: «geomantia, ydromantia, aeromantia,
pyromantia, spatolomantia, augurium, physionomantia, nigromantia,
prestigiomantia, alchimia, ars notoria, sortes, incantatio, constellatio»
(ms. cit. , ff. 17rab).
A questo proposito è dato riscontrare il carattere assai facile ed ele­
mentare con cui Michele Scoto spiega il rapporto tra astronomia e astro­
logia, che invece tanto ha dato da discutere nei secoli successivi fino al
Rinascimento e oltre, per le implicazioni teologiche, cosmologiche e mo­
rali connesse con la divinazione e la visione astrologica del mondo, e per
le diverse concezioni della natura e della divinità. Inoltre appare confu­
so l'accostamento di arti magiche ben diverse tra loro le quali saranno
poi ordinate in altro modo, assai più logico, per esempio da Taddeo da
Parma: egli le divide in elementari (dei 4 elementi) , quelle del corpo (spa­
tulamanzia) , oppure quelle dell'invocazione degli spiriti (angeli, demoni
o defunti) , o genericamente necromanzia.
Dalla definizione di Michele Scoto si capisce che l'astronomia e l'astro­
logia sono la stessa disciplina con una piccolissima differenza ed alcune
precisazioni assai curiose: l'astronomia si dice così da astro che è una stel­
la grande (scrive) e da nomos che vuol dire «scienza» ossia legge e regola,
pertanto l'astronomia è la legge degli astri (lex astrorum) o anche la scien­
za de astris. L'astrologia è invece il discorso (sermo) sugli astri o anche una
sermocinatio de astris. In quanto è detta «astro», ossia stella e da logos, di­
scorso delle stelle, da astronomia derivano due termini: astronomus, l'uo­
mo che conosce la sua arte («homo sciens artem»), e astronomista, che è
l'uomo che imita l'arte dell'astronomia («homo imitans artem astrono­
mie»). Anche da astrologia derivano due termini: astrologus, che è l'uomo
capace di usare questa arte («homo utens haberi arte») e astrologista che è
colui che imita le vestigia di quell'arte («hic astrologista, idest imitans ve­
stigia ipsius artis suo posse»). L'astrologo è colui che si vale dell'astrolabio .
In questo caso la necromanzia non opera per gli spiriti dei morti (Isidoro
di Siviglia), ma per i demoni astrali racchiusi nelle loro immagini57 • Tutta-

syderum continens firmamenti, vel astronomia est, ut ait Ysidor, lex astrorumque syde ­
reum cursus figuras et habitudines planetarum et stellarum firmamenti».
56 Alla astronomia «fabulosa» che si troverebbe esposta nel Liber Nemroth, c
ome
rozza e agrestis, fa riferimento anche Pietro d'Abano nel suo Lucidator (a cura di G. fe­
derici Vescovini, cit., pp. 88-89).
57
Liber introductorius, cit., f. 16ra.
Michele Scoto che «delle magiche /rodi seppe il gioco» 69

vi a diverso è l'ordine degli angeli e dell'agglomerato delle stelle rispetto


alla grandezza del cielo, del sole e della terra perché alcuni esseri sono in
movimento, altri sono immobili. Quello che è mobile, si muove o per se
( com e l'angelo e l'anima), oppure per aliud, come ciò che è composto di
corpo e di spirito. In senso aristotelico tutti gli esseri si distinguono sul­
la base di una diversità del movimento .
Per concludere: per questa concezione rivelativa della sapientia in ho­
min e, che viene per processione dello spirito celeste, attraverso le gerar­
chie intermedie, il Liber introductorius, come il Liber particularis con la
loro articolata demonologia e angelologia, possono essere considerati a
buon titolo una enciclopedia magico-astrologica e demonologica assai
farraginosa, di impianto neoplatonico patristico-cristiano gnostico, in­
fluenzata da Agostino e da fonti ermetiche arabe ed ebraiche. Contro
questo sapere probabilmente reagiranno i dotti e i teologi della seconda
metà del secolo XIII elaborando un diverso adattamento dell'astrologia
alla filosofia e alla teologia, come farà l'autore dello Speculum astrono­
miae attribuito ad Alberto Magno e successivamente Pietro d'Abano nel
suo Lucidato, dubitabilium astronomiae. Essi espunsero dai cieli tutti gli
angeli e i demoni dei pianeti che potevano costituire una astrolatria pe­
ricolosissima, come espunsero la magia cerimoniale e necromantica che
Michele Scoto aveva connesso all'astronomia e all'astrologia, pur soste­
nendo che era «bassa magia» proibita. Ed è curioso anche se assai com­
prensibile, data la sua funzione di astrologo ufficiale di Federico II, che
i primi studiosi di Michele Scoto si siano interessati più al suo pensiero
magico-astrologico che a quello astronomico-filosofico facendo poca at­
tenzione alle sezioni più scientifiche della sua opera, per esempio all'in­
troduzione della Theorica planetarum Gerardi 58 che era opera di astro­
n omia tolemaica (assai utile didatticamente) all'interno della trattazione
del suo Introductorium. D'altronde i versi59 di Dante non poco avevano
contribuito a creare uno stereotipo di astrologo e mago.

58
Cfr. il mio studio Michael Scot et la « Theorica planetarum Gerardi», « Early Scien­
ce and Medecine», 1996, 1, pp. 27 1-82.
� Infe rno,
9

Canto XX, 115 - 117. Sull'astronomia al tempo di Dante, mi si permetta di
;�VI.are al mio studio Dante e l'astronomia del suo tempo, « Letteratura italiana antica»,
2, 3, pp . 29 1-309. .
4. Il demonio e la caduta dell'angelo:
Tommaso d'Aquino, la liberazione dai demoni;
la magia come sup erstizione

Tommaso d'Aquino ( 1225 circa- 1274) con la sua dottrina del demonio
come angelo decaduto per una colpa (il male) , sgombra il campo da quel-
1'ombra di dualismo manicheo che pervade una parte della visione me­
dievale e che sembra ispirare le opere di quanti scienziati, astrologi e fi­
losofi erano anche cristiani come Michele Scoto: un cristianesimo tutto
particolare seguito, ci pare, anche da Cecco d'Ascoli, che accettava ab­
bastanza evidentemente il dualismo dell'« empia» religione di Zoroastro
(si veda per Michele Scoto, cap. III e per Cecco, cap. XI) : un dualismo
passato anche negli antichi scritti qumranici degli ebrei esseni ( 150 a.C.-
70 d.C.) 1 .
Nella cultura medievale il diavolo conserva il rango di angelo deca­
duto e la concezione della natura, della efficacia delle sue opere, rinvia a
una dottrina della sua caduta, ossia del male per cui peccò il primo An­
gelo: si tratta quindi più di una angelologia e meno di una demonologia.
Essa presup porrebbe una teoria delle coorti, delle gerarchie proprie del­
le magie salomoniche o della mistica dei neoplatonici cristiani come Dio­
nigi Areopagita che non si trova in Tommaso. Infatti è necessario distin­
guere tra: demonologia o dottrina del demonio, demonomania2 , consi­
stente prop rio in quell'atteggiamento generale di fissazione che si verifi­
cherà nei secoli XVI e XVII e che alimenterà la caccia alle streghe, e de­
mon olat ria o culto dei demoni.
Secon do lo schema della lettera di Teofilo, la cui storia è raccontata
an che n ella vita di Basilio, Dio resta estraneo alla lotta che il demonio in­
gaggi a n el m ondo e concede una certa autonomia a Satana pur proteg-

� R. L AVATORI, Il diavolo, Dehoniane, Bologna 200 1 , p. 3 3 .


la Tra tutte l'opera esemplare di }. BODI N, Démonomanie des sorciers, Parigi 1580, con
sua pp endice di
A . confutazioni alle argomentazioni contrarie del medico Johannes
72 Medioevo magico

gendo i giusti e i pentiti per mezzo dei suoi angeli buoni, dei suoi santi e
della Vergine3.
La storia di Teofilo con tutte le varianti che si susseguono nel perio ­
do successivo fino al tempo di Tommaso d'Aquino non contiene niente
di inquietante come il patto sacramentale in cui la rappresentazione di
Satana come imitatore di Dio si spinge molto avanti e la cui idea della vo­
lontà contrattuale dell'essere umano con il demonio, comporta4 una sov­
versione dell'ordine divino. Il modello del demonio di Teofilo non tra­
valica mai l'ordine naturale, mentre nel patto satanico delineato da Enri­
co del Carretto (cfr. qui il Capitolo VIII) si profila una vera e propria
azione sovrannaturale.
La posizione di Tommaso d'Aquino in relazione alla natura (corporea
o incorporea dei demoni), alla loro azione, al loro intervento nelle ope­
razioni magiche degli uomini e nella divinazione, porta chiarezza su que­
sti argomenti ed è svolta oltre che nel De occultis operationibus naturae 5 ,
in modo sistematico nel capitolo 106 del libro III della Contra genti/es
che chiarisce quali possono essere le sostanze separate che possono en­
trare in azione nella magia. Questi luoghi integrano i passi più estesi del­
la Summa theologica, in cui si tratta delle arti magiche, della superstizio­
ne e dell'eresia. Queste sostanze separate possono essere solo i demoni ,
angeli il cui intelletto si è perduto e che sono volti esclusivamente al male.
Il loro fine è malvagio e così sono ingannatori e mendaci. Ma essi sono
creature come gli esseri umani, anche se incorporei. Essi derogano dalla
verità e l'inganno è la loro forza. Per questo i maghi che li invocano sono
condannabili anche sul piano morale poiché diffondono illusioni.
L'errore più grande di questi maghi è di ritenere che i demoni «ope­
rino» cioè che gli uomini possano comandare questi spiriti e mediante
essi agire secondo i loro desideri6 •
Secondo Tommaso vi sono almeno due ragioni per cui i demoni non
possono essere «costretti» (coatti) con arti magiche: in primo luogo per

Wier o Weyer (trad. it. Confutazione delle opinioni di Giovanni w,·er, in ROMANELLO, La
stregoneria in Europa, cit., pp. 103- 17).
1 Per la storia di Teofilo, cfr. A. BoUREAU, Satana eretico. Nascita della demonolog ia
nell'Occidente Medievale (1280- 1330) (ma Satan herétique, Odile Jacob, Parigi 2004 ) ,
versione italiana, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2006, pp. 96-99.
4 Sulla letteratura delle due versioni del miracolo di Teofilo cfr. BoUREAU, Satana, cit. ,
pp. 100-101.
5 TOMMASO D'AQUINO, Opuscula philosophica, in Opera omnia, edizione Leonin a,
Roma 1976, voi. 43, pp. 159-86.
6 TOMMASO D'AQUINO, Contra genti/es, III, cap. 106, par. 9, in Opera omnia, edizio­
ne Leonina, t. 13- 15, Roma 1918- 1930: «Magi autem invocant eos quorum auxilio utu n·
tur simpliciter, quasi superiores: cum autem advenerint imperant eis quasi inferioribu s » -
Il demonio e la caduta dell'angelo 73

una gerarchia tra l'uomo e i demoni che riguarda il loro «essere»: nessun
essere terrestre può costringere un angelo peccatore, che ha una natura
diversa (come vedremo) in quanto incorporei; in secondo luogo per una
questione di selezione nella concessione della grazia divina per la quale
solo Dio può costringere il demonio e solo il dono della grazia divina che
hanno i santi come aveva detto Agostino, può costringere il demonio; po­
tere che certamente Dio non concede agli scellerati e ai malvagi come
sono i maghi . In definitiva la magia si riduce a un insieme di inganni e
7

menzogne con le quali il mago crede di asservire il demonio costringen­


dolo a eseguire i suoi desideri, quando invece si trova di fatto trascinato
a fare il gioco del demonio stesso che cerca solo di perderlo. Ma l'espo­
sizione più dettagliata sulla natura ed azione dei demoni si trova nella
questione sedicesima De daemonibus delle Quaestiones de malo.

1 . Natura e azione del demonio


Il male secondo Tommaso d'Aquino dipende dalla caduta del primo an­
gelo. Il diavolo è un agente malvagio e la definizione più antica di esso è
presente sia nel libro del Genesi che nell'episodio evangelico di Cristo
nel deserto che lo mostra come il seduttore e il tentatore. Il diavolo è il
nemico, l'avversario e i demoni sono i suoi seguaci. I Padri della chiesa,
insieme agli Apologeti, da Tertulliano a Origene, ebbero una grande im­
portanza negli sviluppi della demonologia cristiana e una parte influente
nella costruzione di questa coorte del male contrapposta alla coorte ce­
leste: alcuni angeli lo avevano seguito nella sua caduta e lo servivano fe­
delmente. Un semplice dualismo contrapponeva la seduzione mediante
1� �arn e, l'ambizione o la disperazione, all'appello dell'amore e della ca­
rita verso Dio, al richiamo della compassione e della speranza. Rappre­
sentazioni eterogenee erano intervenute ad alterare la semplicità di que­
st0 schema. Nell'Antico Testamento soprattutto comparivano forze
oscure del male e nel Nuovo Testamento (Marco 5 , 8-13) si legge che a
G�asa Cristo aveva imprigionato nel corpo di duemila porci uno spirito
rn �agio il cui nome era Legione. Così, nel numero di seimila demoni,
rett�cato in seim
da San Girolamo8 , erano
stati p recipitati ilaseicentosessantasei (6666)
in mare. La concezione della vicinanza dei demoni agli
o
�e rn_ini e la credenza nella loro moltitudine, la cui sede veniva collocata
gli strati oscuri e densi dell'aria, non era solo qna rappresentazione fol-

T ?'
a cu: ��SO AQUINO, Quaestiones disputatae, voi. II, De potentia, q. VI, articolo 10,
8 � • B azz1, M. Calcaterra, T.S. Centi, E. Odetto, P.M. Pession, Marietti, Roma 195 3.
t
IROLAMo, Super Mare. , IV, ca . 25; PL 26, col. 208, in Corpus christianorum
la in orum, p
77 , p. 258.
74 Medioevo magico

cloristica o confermata nell'immaginario dei primi secoli, ma come ab­


biamo accennato di sopra era condivisa anche da Giovanni XXII e da
Guglielmo d' Alvemia. Essa non era incompatibile con il racconto dell a
caduta degli angeli dal Paradiso che allora veniva collocato nell'Empireo 9
(si veda la grandiosa raffigurazione dell'Empireo dantesco e il Paradis o
di Michele Scoto) (qui Capitolo III).
Essi erano così precipitati nelle sfere più basse, quelle oscure che cir­
condano la terra. Sino alla fine del XIII secolo, la riflessione teologica
aveva mostrato grande interesse per i demoni, mentre la problematica di
Satana collegata con la caduta dell'angelo aveva promosso una riflessio­
ne etica legata alla natura del male, alla predestinazione e alla provvi­
denza divina. Chi ha parlato con grande autorevolezza degli angeli caduti
e del loro capo è stato Gregorio Magno (540-604) in quasi tutti i suoi
scritti, ma soprattutto nella sua opera Expositio in Job o Moralia in ]ob.
Le sue idee fondamentali furono riprese da Agostino e divennero patri­
monio comune della Scolastica.

2 . Il male
Il diavolo, il primo degli angeli, creato prima di tutte le cose è diventato
apostata per propria colpa. Era stato creato buono, ma ha prevaricato
spontaneamente. I teologi del XIII secolo, come Tommaso e Duns Scoto
e gli altri seguaci dell'uno o dell'altro, si interrogheranno sul carattere di
questa prima alienazione da Dio, o male. Era la più nobile delle creature
secondo il testo di Ezechiele (3 1, 8-9); faceva parte del coro dei cherubi­
ni sempre secondo Ez. 28,44 superando tutti gli altri per la sua scienza.
In Oriente Giovanni Damasceno (675-749) nel suo De fide orthodoxa
dedica ai demoni un breve capitolo dove sotto la questione della natura
del diavolo è posto con profondità il problema del male, in conseguenza
anche delle concezioni dualistiche che avevano risolto erroneamente il
mistero cristiano nel dualismo manicheo, contro il quale egli scriss e
espressamente il Dialogo contro i Manichei.
Nel passaggio dall'XI al XII e XIII secolo si assiste a un mutamento
da una rappresentazione popolare e folkloristica del diavolo nelle divul ­
gazioni delle Vite dei santi, a una immagine stereotipa di Satana. Nel­
l'ambito teologico nel XII secolo il problema della caduta di Satana si i n ­
nesta sull'interrogativo del male in un'opera come il De casu diabo li d i

9
In particolare il classico studio di B. NARDI , La dottrina dell'Empireo nella sua
genesi storica e nel pensiero dantesco, in ID., Saggi di filosofia dantesca, Milano 1 930,
pp. 1 89-23 8.
Il demonio e la caduta del!'angelo 75
10
_Anselm o d'Aosta ( 1 093 - 1 1 09) • La sua attenzione è fissata sulla caduta
on tanto su quella di Adamo, perché la prima la precede­
dell'angelo, n
pert anto il male non ha origine nell'uomo Adamo in quanto esso
rebbe;
viene p rim a, al momento della caduta di Satana.
La sol uzione di Anselmo è metafisica secondo l'idea di Agostino che
il male è defici enza d'essere; non è privo di ogni significato, ma segnala
una mancanza, ossia qualunque riferimento al bene-essere di cui è nega­
zione. Solo il male assoluto corrisponde al nulla totale, ma questo non
concerne la natura umana. Noi consideriamo il male come qualcosa di
negativo, ma reale, poiché in esso troviamo che manchi qualcosa e cioè il
bene: così l'assenza della vista la chiamiamo cecità e la riteniamo una
cosa reale. Pertanto il male anche se è nulla in se, produce conseguenze
ed effetti reali che si riscontrano nella esperienza concreta e che ci indu­
cono terrore. Perciò il male può essere detto un «quasi aliquid» (un qua­
si alcunché) 1 1 come qualcosa che esiste solo in rapporto a un ente reale
ed è mancanza di essere che non esiste in se stesso e per se stesso come
sostanza autonoma, ma è un qualcosa.
Anselmo distingue il male secondo due tipi di privazione: uno a livel­
lo ontologico inteso come limite ossia finitudine dell'essere creato, il qua­
le non può possedere la pienezza della perfezione dell'essere propria di
Dio e l'altro a livello morale o deontologico in quanto indica la mancan­
za di qualcosa che avrebbe dovuto esserci. È soprattutto a questo secon­
do livello che si innestano le discussioni più accese nelle diverse scuole
teologiche razionaliste o meno del secolo XIII e successivi, perché biso­
gna specificare se il male dipenda da una causa ontologica, la quale risa­
lirebbe a Dio come fonte originaria del male, oppure se esso abbia origi­
ne direttamente dalle creature, in modo da non doverlo riportare a Dio
stesso. Per Anselmo che segue Agostino il male è il risultato di una scel­
ta operata dal diavolo, senza doverne attribuire la responsabilità a Dio.
�ucifero noq. ha avuto il dono della perseveranza nel bene come l'hanno
invece avuta gli angeli buoni, ma egli non ha avuto la grazia della perse­
veranza non perché Dio non gliela abbia data, ma perché egli l'ha rifiu­
tata ossia non ha
voluto perseverare nella via del bene.
L_a su a caduta sarebbe dipesa pertanto dal ritenersi simile a Dio sen­
za bisogno di perseveranza, anzi nella pretesa di essergli superiore in
(uanto capace di disporre della sua volontà a suo piacimento senza sot-
0stare a Dio e quindi ritenendo di essere completamente padrone di se

0
ehe: • C:,r, AN SELMO D 'AOSTA, La caduta del diavolo, testo latino e trad. italiana di G. Mar­
o
1�\ mpiani, Milano 2007.
N SELMO D'AOSTA, La caduta, cit., cap. 1 1 , pp. 94 -95.
76 Medioevo magico

stesso. Da qui tutte le riflessioni sul De casu diaboli che nella teologia di
Tommaso sono sviluppate particolarmente nel De malo diaboli.
Tommaso cerca di rispondere ai quesiti rimasti aperti nella dottrin a
di Anselmo dando una risposta più esauriente al problema che era ben
più complesso di quello della natura del diavolo e della sua caduta e ri­
guardava il piano divino, la provvidenza e le sue conseguenze per l'u­
manità. Le Sentenze di Pietro Lombardo (che costituirono il manuale
da commentare nell'insegnamento della teologia nelle Università me­
dievali dei secoli successivi e che conteneva l'insieme degli argomenti da
esaminare), dedicò poco spazio al tema della natura dei demoni e della
loro caduta. Pietro Lombardo aveva tuttavia posto alcuni sintetici in­
terrogativi nel libro IV che riguardavano la sorte dei demoni nell'Infer­
no e, nel libro II, egli aveva introdotto alcune formulazioni che saranno
alla base anche di tutte le discussioni scolastiche successive e, soprat­
tutto, nelle Quaestiones De malo di Tommaso d'Aquino che possono e s­
sere considerate il più grande testo di demonologia scolastica, redatto
probabilmente tra il 1268 e il 1270 alla fine dei suoi giorni e complessi­
vamente costituita da sedici questioni a loro volta suddivise in numero­
si articoli.
Secondo Louis-Jacques Bataillon che ha curato il capitolo relativo alla
datazione del De malo dell'edizione Leonina, una data certa è il 10 di­
cembre 1270, mese in cui il vescovo di Parigi, Stefano Tempier, condan­
na per la prima volta alcune proposizioni ritenute eretiche 12, tra le quali
ce ne sono quelle che hanno riecheggiamenti precisi nella questione se­
sta sulla libertà dei demoni di Tommaso.
Nel 1272 il testo avrebbe circolato nella sua redazione finale, dopo
che era stato conosciuto in forma ridotta senza la Questione 16• appun­
to sui demoni 1 3• In questa questione sedicesima sui demoni i capitoli dal
primo al dodicesimo sono interamente dedicati alla natura dei demoni e
come essi operino. I dodici articoli riuniscono e rinnovano le sparse no­
tazioni sui demoni contenute nelle altre opere, in particolare nella Sum­
ma theologica dove tratta delle arti magiche. Questo scritto di Tommaso
viene così a costituire un corpus dottrinale ampio e originale, la cui im­
portanza non è stata appieno riconosciuta dagli storici, fatte alcune ec­
cezioni. Infatti scarsi ci sembrano gli studi complessivi ed esaustivi dedi­
cati a questo aspetto del pensiero di Tommaso, fatta eccezione per la ri-

1 2 R.
HISSETIE, Enquete sur les 2 1 9 articles condamnés à Paris le 7 mars 1277, Lov a ­
nio-Parigi 1977, pp. 7-8 e La condamnation parisienne de 1277, édition et traduction
française de D. Piché, Claude Lafleur, Parigi 1999.
1 3 Cfr. L.-J. BATAILLON, introduzione, Authenticité et Dates, in Quaestio disputa ta de

malo, ed. Leonina, Roma , tomo 23, p. 5.


Il demonio e la caduta del/'angelo 77
14
cerca di Charles Edward .Hopken, assai datata • In ogni caso le relazio­
ni tra la dottrina dei demoni di Tommaso con la magia e la stregoneria e
gli sviluppi dei secoli successivi, non sono state molto approfondite. Se
la sua posizione razionalista fosse stata accettata e non si fossero preferi­
te invece altre soluzioni a lui contrapposte, fatte proprie, certamente con
accenti diversi, da numerosi teologi in cui il Demonio veniva equiparato
all'Anticristo (per esempio da Giovanni Olivi e dei suoi seguaci) e rite­
nuto una presenza reale, si sarebbero forse evitate nella società cristiana
dei secoli XVI e XVII molte persecuzioni di stregoneria. Ma, come sap­
piamo, storicamente la posizione di Tommaso fu minoritaria fino alla
fine del secolo XVI, per il prevalere dell'insegnamento di Scoto e dei suoi
seguaci 15 e per altre complesse componenti.
La dottrina dei demoni di Tommaso fu subito contestata perché rite­
nuta troppo incline al razionalismo dei filosofi antichi (i philosophantes) .
I dodici articoli della questione sedicesima trattano: 1) se i demoni ab­
biano dei corpi a loro uniti per natura; 2) se i demoni siano cattivi per na­
tura o per volontà); 3) se il diavolo peccando abbia desiderato di essere
uguale a Dio; 4) se il diavolo abbia potuto peccare nel primo istante del­
la sua creazione; 5) se nei demoni il libero arbitrio possa rivolgersi al
b ene dopo il peccato; 6) se dopo il peccato, l'intelletto del diavolo sia tal­
mente ottenebrato da esserci in esso l'errore e l'inganno; 7) se i demoni
conoscono il futuro; 8) se i demoni conoscono i pensieri dei nostri cuo­
ri; 9) se i demoni possono trasformare i corpi con una trasformazione for­
male; 10) se i demoni possono muovere localmente i corpi; 11) se i de­
moni possono modificare la parte conoscitiva dell'anima per quanto ri­
guarda la forza dei sensi interni e di quelli esterni; 12) se i demoni pos­
sono modificare l'intelletto dell'uomo.
Gli articoli della questione si riferiscono a una serie di argomenti che
s?n� di grande rilievo proprio in relazione alle arti magiche considerate
s,1a nspetto alla necromanzia o nigromanzia (le operazioni dei maghi con
.
1 Intervento reale dei demoni) che in relazione alla divinazione cioè la co­
noscenza del futuro con l'aiuto del loro intervento.
Tre articoli riguardano le circostanze della sua caduta e sono quelli
che concernono la domanda 1) se cadono per natura loro o per volontà,

fi t C. E. HOPKEN, The Share o/ Thomas Aquinas in the Growth o/ Witchcra/t, Filadd-


81a 940 _e successive riedizioni; cfr. ora l'introduzione con traduzione e note dd De malo
cu�a di � Fiorentino, Bompiani,
Milano 200 1.
, Per 1 secoli XIV e XV in Italia dr. lo studio di P.O. KRISTELLER, Le thomisme et la
p
t:;;iitalienne d� la Renaissance, ( C onférence Albert le Grand, 1965), Montréal, lnsti­
tudes Mé è
lJJ.0lto vasta e condiévales, Vrin, Parigi 1967), ma la bibliografia su questo argomento
troversa.
78 Medioevo magico

2) se abbiano desiderato di essere uguali a Dio, 3) se hanno peccato nel


primo istante; gli altri sei articoli, anch'essi importanti per le problema ­
tiche della magia, riguardano le capacità dei demoni dopo la loro cadu ­
ta, tra cui di rilievo, per la divinazione magica, l'articolo sei, se i demoni
conoscano il futuro, l'articolo otto, se conoscono i nostri pensieri e l'ar­
ticolo nove, se possono cambiare forma e articolo (dieci) se possono spo­
stare di luogo i corpi. Infine gli ultimi due articoli concernono proprio il
tema della forza dei demoni sia sulle capacità intellettive dell'uomo, che
su quelle delle facoltà sensibili interne, come la fantasia e l'immaginazio­
ne nonché le sensazioni esterne, come la capacità di emettere voci e pro ­
vocare apparizioni: un argomento centrale per l'idea della efficacia ope­
rativa dei demoni sugli uomini e la natura.
La concezione dei demoni di Tommaso che qui esaminerò senza di­
lungarmi quanto meriterebbe, è organica e coerente, ma fu subito con ­
testata da alcuni francescani, in particolare nel 1277 da Guglielmo de la
Mare, accanito avversario di Tommaso. Poco dopo Pietro de Falco pro­
fessore a Parigi dedicò quattro lunghissimi quesiti 16 sulla natura degli an­
geli malvagi criticando la posizione razionalista di Tommaso rispetto a
quella, come era evidente, assai meno sviluppata di Agostino. Infine agli
inizi del 1280 Pietro Giovanni Olivi, nel commento al secondo libro del­
le Sentenze dedicò sette lunghe questioni alla caduta degli angeli criti­
cando con molte argomentazioni la posizione di Tommaso. Nel 1290 il
teologo domenicanoJean Quidort (Jean Parisiensis) apportò interessan­
ti aggiunte alla tesi di Tommaso 17 •
Le discussioni tra questi tre autori costituiscono un corpus contenen­
te gli elementi di una vera e propria demonologia scolastica, di una rile­
vante importanza per una storia della magia e della stregoneria dei seco­
li successivi che rappresenta una storia a sé che esula da questa mia ri­
cerca, sebbene molto stimolante. Pertanto qui mi soffermerò sintetica­
mente solo su le dottrine più importanti di Tommaso.

3 . I.:ine/ficacia dei demoni secondo Tommaso d'Aquino: la loro ca-


duta
Il rinnovato interesse scolastico per il diavolo e per i demoni già risco n­
trato in Guglielmo d'Alvernia e poi in Giovanni XXII, può essere spie­
gato con una serie di cause. In primo luogo il persistente vigore delle ere -

1 6 PIERRE DE FALCO, Questions disputées ordinaires, ed. a cura di A.J. Gondras , t. I II ,

Nauwelearts, Lovanio-Parigi 1968 (q. 21-24), pp. 722-842.


1 7 JoANNES PARISIENSIS, Commentaire sur les Sentences: reportations, voi. I, a c ura d i

J.P. Muller, (Studia anselmiana 47), Roma 196 1.


Il demonio e la Cf!duta del/'angelo 79

ie dualiste, in particolare dei catari e dei patari nel corso del secolo XIII,
;e quali anche se a sfondo politico e sociale (come hanno messo in luce
gli studi di Raoul Manselli, Ovidio Capitani e dei suoi allievi Lorenzo
18 ) , avevano richiesto la necessità di una replica
Paolini e Rani ero Orioli
dottrinale alle tesi fondamentali dei dualisti manichei per i quali è il dia­
volo, demiurgo malvagio, a governare il mondo popolandolo di demoni.
Come vedremo sia Michele Scoto che Cecco d'Ascoli più tardi, con
ac enti ed inflessioni innegabilmente diverse, vedevano il mondo sparti­
c
to tra i demoni e gli angeli. D'altronde Jacques Foumier, per la defini­
zione della magia, di cui ci è pervenuto il suo registro dell'Inquisizione ,
19

afferma di avere constatato praticamente questo dualismo durante le sue


minuziose indagini inquisitoriali.

4. Pietro Lombardo
Uno degli argomenti scottanti che si cercava di affrontare e risolvere, ri­
guardava un quesito posto in un passo del testo delle Sentenze di Pietro
Lombardo20 che, tra l'altro, nella sua formulazione precisa era stato con­
dannato dal Vescovo di Parigi nel 1241 tra gli Errores, con la formula­
zione che «l'angelo malvagio è stato malvagio fin dall'inizio della sua
creazione ed è stato sempre malvagio»21 • È difficile stabilire chi era il de­
stinatario di questa condanna del 1241. Tuttavia si poteva individuare
l'errore gravissimo di stampo manicheo di supporre una creazione mal­
vagia da parte di Dio.
Ora Pietro Lombardo nel testo sopra ricordato della sue Sentenze
aveva menzionato l'opinione di alcuni i quali avevano affermato che gli
angeli erano stati creati nella malizia ed erano immediatamente precipi­
tati. Alcuni supposero che gli angeli fossero caduti nella malizia non a
causa del loro libero arbitrio, ma perché erano stati creati da Dio proprio
nella malizia.
Il problema che cercò di risolvere Tommaso nell'articolo quattro del­
1a sua Questione sedicesima (se il diavolo ha potuto peccare nel primo

1 8 Cfr. L.
PAOLINI, R. ORIOLI, prefazione dì Ovidio Capitani, Acta S. O/ficii Bononie
a b an o 291 us
( F0 1 per la que ad annum 1 3 1 0, Sede dell'Istituto Storico Italiano per il Medioevo
� 1
� Storia d'Italia), Roma 1982.
�!
mi { DUV E RN oy (a cura di), Le registre d'lnquisition de ]acques Fournier, éveque de Pa­
i l B-132 5, 1-III, Tolosa 1965.
I LOMBARDO, In II Sententiarum, distinctio 3, cap. 4, art. 2 (ed. lgnatius
B rad toETRo
2 ; m ? I, pp. 343-4 4).
u s error, quod malus angelus in principio sue creationis fuit malus et num­
quam fu91t ��
telain t. rusi m alus», Chartularium Universitatis Parisiensis, a cura di H. Denifle, E. Cha­
' 1, Parigi 1889, n. 128, p. 171.
80 Medioevo magico

istante della sua creazione) riguarda proprio questa interpretazione, per


arrivare ad escludere una tale idea da cui sarebbe derivata l'idea della
malvagità di Dio. Tommaso affronta il tema dell'uso istantaneo del libe­
ro arbitrio al momento della creazione, per togliere ai demoni tutti i po­
teri che devono invece essere esclusivi di Dio. Egli svolge le sue argo­
mentazioni per fugare in ogni modo qualunque sospetto di dualismo ma­
nicheo. Pertanto sottrae alle pratiche magiche dei demoni assimilate ai
daimones antichi, alle divinità astrali e alle forze sovrannaturali della
teurgia neoplatonica ed ermetica tardo-antica, ogni possibilità di assimi­
lazione a Satana che è il primo angelo caduto: egli argomenta finendo per
togliere alle creature della religione cristiana (il demonio o Satana dei
Vangeli), ogni possibilità di riduzione alle entità demoniache della de­
monologia pagana delle pratiche magiche. Espunge così decisamente
dalla credenza nel demonio, angelo caduto del cristianesimo, la possibi ­
lità di una identificazione con gli spiriti che erano ritenuti agenti nelle
operazioni magiche.
La problematica dell'uso del libero arbitrio dell'angelo veniva ad in­
trodurre non solo il problema della sua caduta, ma anche quello della sua
natura, che doveva essere diversa dalla natura del primo caduto, il dia­
volo. Così la problematica dei demoni che qui affronta Tommaso con­
cerne l'angelologia.
Essa era divenuta di grande attualità, soprattutto nel pensiero france­
scano i cui esponenti avevano costruito una grande scenografia storica,
ben evidente soprattutto negli scritti di Gioacchino da Fiore e di Giovan­
ni Olivi incentrata su una visione escatologica di rinnovamento spirituale
dell'umanità. Era prossimo il tempo in cui il diavolo avrebbe suscitato un
nuovo suo alleato, l'Anticristo che si sarebbe awalso della coorte dei de­
moni dopo averli liberati dalla prigione in cui li aveva confinati Cristo; co­
stui avrebbe condotto l'umanità alla fine dei tempi, secondo l'Apocalisse
di Giovanni (Apocalisse 12,9). I demoni e gli angeli venivano quindi tolt i
dalla loro atemporalità e immessi nella storia dell'uomo. Nel XIII secolo
fiorirono così molte opere sulla natura e le operazioni degli angeli. Per­
tanto l'angelologia comincia ad assumere un assetto razionale e scientifi­
co nei maggiori esponenti come Bonaventura e Tommaso, anche se que ­
sto aspetto è più accentuato nell'opera di Bonaventura22 • Il discorso an ­
gelologico di Bonaventura è condotto soprattutto nei suoi Praenotata all a
distinzione 9 del Commento al secondo libro delle Sentenze, in cui r i­
prende e sviluppa le definizioni sostenute dal Damasceno nel De fide

22 C
fr. B. FAES DE MOTIONI, San Bonaventura e la Scala di Giacobbe. Letture di ang e­
lologia, Bibliopolis, Napoli 1995, pp. 3 1 -35, 39 ss.
Il demonio e la caduta dell'angelo 81

rth odoxa e da Dionigi nei Nomi divini. Secondo il Damasceno il primo


�gelo è una sost?n�a incorp� r�a, un �te�e_tto sempre in movimento, do­
tato di libero arb1tr10, fatto m1mstro d1 Dio lffiffiortale non per natura, ma
23 • Per Dionigi Areopagita è imago Dei, l'immagine di Dio, che
per gr azia
rende manifesta la luce nascosta di Dio, specchio luminoso24 •
Pertanto l'angelo secondo Dionigi possederebbe l'immagine (imago)
divina per natura, la somiglianza (similitudo) per grazia e la dei /ormitas
per gloria. Non esaminerò qui la dottrina angeleologica della caduta de­
gli angeli di Bonaventura che sarà trattata più avanti brevemente nel ca­
25
pitolo sull' ars notoria •
Nell'insieme il problema teologico di come spiegare la caduta degli an­
geli (che riguarda in particolare la demonologia) non è argomento affron­
tato ampiamente da Bonaventura, quanto invece interessa particolarmen­
te a Tommaso d'Aquino perché veniva ad investire il problema dell'uso del­
la volontà, del libero arbitrio in connessione con la sua particolare conce­
zione del rapporto volontà-intelletto che afferma il primato dell'intelletto.
La disputa tra francescani e domenicani sul primato della volontà o
dell'intelletto costituì un topos nell'antropologia medievale di quei seco­
li, divise le scuole e ebbe ripercussioni notevoli sulla spiegazione della ca­
duta dell'angelo, da cui conseguirono dottrine diverse della natura e dei
poteri del demonio.

5 . La natura dei demoni: è incorporea


N el primo articolo della questione 16 del De malo dedicata ai demoni,
Tommaso si interroga sulla natura corporea o incorporea di essi. La sua
disamina è molto sottile e articolata e tiene presente le autorità più im­
p ortanti di quel tempo, Agostino, lo Pseudo Dionigi, il Damasceno, ma
anche Aristotele. Egli finisce per concludere che se anche l'argomento
non riguardi la fede, quanto invece le operazioni degli indovini necro­
manti, essi hanno identificato le anime dei morti con i demoni che esco­
no dalle tombe e hanno supposto che i demoni abbiano l'anima dei de­
funti26 . Inoltre Porfirio, secondo Agostino, avrebbe sostenuto che quelle

2l G
IOVANNI DI DAMASCO, Defide orthodoxa (versio Burgundit), II, 17, a cura di E.M.
Bu e n, Istituto S�. Bonaventura, New York 1955, p. 69.
>'!:
cu r� d<:=i - Corpus Dionysiacum, I. Pseudo-Dionysius Areopagita, De divinis nominibus, a
�- . R. Suchla, De Gruyter, Berlino 1990, pp. 169-70.
s 1 veda
caduta degli angelz; in
« D�� r seraficus», c1991, B . FAES DE MOTIONI, Bonaventura e la
in pani olare
� 38, pp. 97- 113.
F. p · o 0�so D'AQUINO, De malo, q. 16, an . 1, 283a, testo latino e traduzione ital. di
I rentmo, Bompiani, Milano 2001, pp. 1114 - 15.
82 Medioevo magico

azioni che sono attribuite ai demoni dipendono dalle potenze dei corpi
celesti; che alcuni uomini, servendosi di erbe, pietre, animali, profferen ­
do determinati suoni e voci particolari, mostrando immagini false anche
sulla base di osservazioni del moto degli astri nella rotazione del cielo ,
produrrebbero certi effetti sulla terra27 • Tali fenomeni sono per Tomma­
so manifestamente falsi, poiché i demoni sono incorporei; se si riscon­
trano alcune operazioni di demoni, come la possessione, per cui uno par­
la una lingua sconosciuta, ciò non procede mai da una causa prodotta
dall'intervento dei demoni perché non ha senso che una sostanza incor­
porea possa trasformarsi in un'altra sostanza corporea, come quella
umana; pertanto è impossibile che i demoni entrino nel corpo di un
uomo o si trasformino in aria28 •
Lo stesso discorso vale per la tesi che i demoni si impossessano delle
anime ( o delle intelligenze) dei corpi celesti, anche se alcuni ( secondo Pla­
tone) ritengono che i corpi celesti abbiano un'anima. Queste entità inter­
medie infatti non sono necessarie per muovere i corpi inferiori, i quali s i
possono muovere indipendentemente in ragione della mescolanza degli
elementi naturali. Inoltre anche se il Damasceno e Origene avevano so­
stenuto che i demoni hanno dei corpi a loro uniti, in ragione dei quali cor­
pi sono detti spiriti (spiritus) in confronto a noi, e incorporei rispetto a
Dio, Tommaso intende corporeo nel senso di «composto» di modo che
il parlare dei demoni dovrà essere interpretato nel senso per cui non si do­
vrà intendere altro che questo: ossia che gli angeli e i demoni in confron­
to a noi sono semplici, ma in confronto a Dio sono composti.
Pertanto sia i demoni che gli angeli sono incorporei e in essi non esi­
stono altre operazioni se non quelle dell'intelletto e della volontà29 •
Stabilita la natura incorporea dei demoni si tratta di vedere quale
azione, se ce l'hanno, esercitano sugli uomini. Ma il loro potere se ce
l'hanno, dipende dalla riflessione di Tommaso condotta sull'argomen t o
delle conseguenze della loro caduta.
La conclusione ultima di Tommaso è che i demoni hanno pochissimi
poteri, poiché li hanno perduti tutti nella caduta, sono dei «poveri dia­
voli». Procedendo progressivamente nella lettura del trattato si scopre
che essi non hanno alcun potere: per esempio nell'articolo 5 (se nei de­
moni il libero arbitrio possa ritornare al bene, dopo il peccato), Tomm a ­
so nega questa possibilità, discutendo l'argomento per cui il cambia­
mento di stato non sopprimerebbe nel diavolo la libertà dell'arbitrio c h e
gli è naturale poiché il libero arbitrio di per se può rivolgersi verso il

21 Ibid. , 282b, p. 1 1 12.


28 lhid. , q. 16, art. 1 , 283 a, ed. cit. , p. 1 1 15 .
2 9 Ihid. , q . 16, art. 5 , 284b, p . 1 120.
Il demonio e la caduta dell'angelo 83

b e Gli argomenti contrari di Tommaso si basano sulle caratteristiche


d �:�e del libero arbitrio, di Dio, dell'angelo e dell'uomo: quello di Dio
/:Umutabile, prima e d?po la scelta. L' :ingelo ha _u�a posizione int�rme­
d " a tra Dio e 1 uomo; 1 uomo ha un libero arbitrio mutevole pr1ma e
1

d�po; l'angelo ha una posizione inter�edia perché �a un �bero arbitrio


mutevole prima e non mutevole dopo m quanto egli sceglie per sempre
il b ene, o il male (il demonio). Infatti il contrario è impossibile che cioè
sia mutevole dopo e non prima • Quindi dopo la scelta del peccato gli
30

angeli malvagi non possono più rivolgersi al bene e la posizione di Ori­


gene contraria alla condanna eterna di essi, è errata (p. 1114). Questi pas­
si d i Tommaso sono molto importanti perché danno spiegazione della
costituzione reale del regno dell'Inferno, popolato dai demoni anche se
creaturali.

6. Le operazioni magiche
Gli articoli dal 7 al 12 concernono indirettamente tutte le operazioni ma­
giche come la divinazione del futuro mediante essi, la trasformazione dei
corpi, la bislocazione, la possessione dell'intelletto, dell'immaginazione
o dei sensi dell'uomo. Essi sono molto importanti per il rifiuto della
realtà delle arti magiche dovuto all'intervento efficace dei demoni e per
la reclusione della necromanzia e della divinazione magica, nell'ambito
delle illusioni, della falsità e della superstizione.

7 . La caduta
� potere di divinazione del futuro da parte dei demoni discusso in rela­
zio ne agli angeli è molto interessante perché concerne la conoscenza dei
fu turi contingenti, ed è dottrina che starà alla base di molte elaborazioni
s cce_ssive sul valore di verità delle previsioni astrologiche e degli eventi
ch e s1 susseguono nel tempo. Seguendo Aristotele, Tommaso distingue
�� serie di cause ordinate tra loro: le cause necessarie, le cause 'per lo
u
� (o _contingenti), le cause per caso o per fortuna3 1 , ossia i futuri con-
gen t 1. I demoni non posseggono alcuna verità poiché solo Dio cono­
sce il futuro
; così i demoni non conobbero in precedenza la loro caduta
: :;1to me�o c_onosceranno qualunque futuro. Questo si conosce infatti
t

n· ue modi o in se stesso o nelle cause. In se stesso è conosciuto solo da


10 • P erché Dio è
l'essere, e l'essere e il vero sono convertibili. Il futuro
84 Medioevo magico

come vero si converte nell'essere ed è conosciuto solo da Dio la cui co­


noscenza è elevata al di sopra di tutto l'ordine del tempo, in modo che
tutto il decorso del tempo e tutte quelle cose che si compiono per tutto
il tempo sono presenti al suo sguardo in modo uniforme e la sua sempli­
ce visione si porta su tutto contemporaneamente, in quanto ciascuna
cosa esiste nel proprio temp<>3 2 •
Pertanto i demoni e gli angeli se pare che possano avere queste co­
noscenze del futuro, le avrebbero limitatamente: i demoni, poiché non
hanno poteri sovrannaturali per conoscere il futuro, anzi in definitiva
non possono conoscere il futuro poiché il demonio non conosce ciò che
è futuro, non tanto perché il suo intelletto sia ancora in potenza, ma
perché il futuro singolare contingente non appartiene alla forma della
loro specie, forma la cui immagine in atto dovrebbe essere preesistente
in atto nell'intelletto del demonio33 • Tommaso dunque sostiene l'esi­
stenza dei demoni in quanto angeli decaduti che però non hanno co­
noscenza alcuna e benché la loro azione sia inefficace, sono ammessi
perché come è successo ad Aristotele, rifiutarli sarebbe contro la fede.
I demoni sono pertanto intelletti senza corpo. Tommaso aveva intra­
preso un primo studio sui demoni nello scritto De substantiis separatis,
che era rimasto incompiuto e che è coevo alla stesura di alcune que­
stioni del De malo. Pertanto nella questione sedicesima De daemonibus
del De malo egli chiarisce molti temi rimasti non definiti nella De sub­
stantiis separatis.
Nell'insieme la posizione di Tommaso è fortemente antiplatonica o
antineoplatonica. Essa si presenta come una confutazione precisa indi­
rizzata a una teoria dei demoni corrente in quel tempo attribuita a Pla­
tone nella bassa latinità, dal Commento di Calcidio al Timeo, secondo la
quale gli esseri dotati di intelletto sarebbero divisi in déi, uomini e de­
moni. Ai primi sarebbero assegnati i cieli, ai secondi la terra, ai terzi le
atmosfere intermedie. L'assimilazione dei demoni agli angeli malvagi e
dunque alle sostanze separate che sono collocate in una zona intermedi a,
presentava il vantaggio di mettere da parte l'azione dei demoni pagani, le
cui incursioni nel mondo degli uomini non potevano essere che rare e o c ­
casionali. Lo vedremo esaminando il De natura daemonum di Vitellio n e
che anch'egli discute questa dottrina. Quello.che è certo è che gli arti c o­
li finali della questione 16 De daemonibus, limitano fortemente l'azion e
di essi nel mondo terreno e sulle facoltà pratiche e conoscitive dell ' u o ­
mo, l'intelletto, l'immaginazione e i sensi. Anche se i loro poteri eran o

12 Ibid.
H lbid. , q. 16, art. 17, 317a, p. 1240.
Il demonio e la caduta dell'angelo 85

uguali a quelli degli angeli, tuttavia a causa della loro caduta, essi fanno
un cattivo uso dell'intelletto e pertanto non tendono alla verità, ma al­
l'errore, producono falsi giudizi, si rivolgono ad ambiti che non sono di
loro competenza, sono presuntuosi e ignoranti, possono conoscere il fu­
turo solo occasionalmente con la mediazione dell'aiuto di cause incerte.
I demoni non possono alterare l'ordine della natura voluto da Dio e
quindi trasformare le specie3 , anche se il demonio può produrre un
4

qualche effetto, servendosi di un agente naturale come di uno strumen­


to. Pertanto non possono trasformare un uomo in una bestia o viceversa
poiché tutte queste trasformazioni non sono che apparizioni prodotte
dalla fantasia piuttosto che dalla conoscenza («omnes predictae conver­
siones factae sunt secundum phantasticam apparitiones magis quam se­
cundu m veritatem»).
Molti atti propriamente umani come quelli dei maghi, tra i quali il co­
siddetto «patto con il diavolo», sono sottratti da Tommaso ai poteri so­
vrannaturali, ma ricondotti nell'ambito di una causalità naturale stru­
mentale:

così i prodigi o i miracoli che i rnaghi compiono in virtù di un contratto pri­


vato (contractus) con i demoni, non sono al di sopra dell ' ordine delle cause
naturali, come quelli che avvengono in virtù della potenza divina, ma acca­
dono in virtù di agenti naturali che superano la comprensione e la facoltà de­
gli uomini35 •

In questo passo Tommaso riduce l'eventuale opera sovrannaturale dei


demoni, nella sfera di una operazione naturale per cause naturali di cui
si ignora la causa (l'occulto appunto). Anche il contratto, se avviene, ver­
rebbe stipulato tra contraenti creaturali, tra uomo e demonio, anche se
di nature diverse, uno corporeo e l'altro incorporeo e non avrebbe alcun
v�ore, né conseguenza In ogni caso non è permesso di utilizzare il loro
aiuto con patti taciti o espressi36 • Gli incantesimi sono poi sottratti alla
art magica sovrannaturale: la fascinazione (fascinatio), per esempio, non

aVVIene come sosteneva Avicenna per la trasformazione della materia
corp orea da parte della potenza conoscitiva, ma dal fatto che, per la vee­
tn�nza della passione dell'invidia, dell'odio o dell'ira, come per lo più ac­
e e n_�e vecchie, sono contagiati gli spiriti animali, ossia quelle parti­
ce\e fisiologic
he del corpo umano che provocano cambiamenti nella

1, lb
14
z"d , 325a, q. 16,
Ib1i. , q. 16, art . 9 eart. 9, 3 3 0a p. 1266, pp. 1 286-88.
art. 1 1 , 3 26a, p. 1270.
6
1 T
OMMAso D 'AQUINO, Summa theologiae, II• II• q. 96, a.2, solutio ad tertium.
86 Medioevo magico

personalità della vittima, soprattutto se è debole o di gracile costituzione


come per esempio nei bambini (propter teneritudinem) 37 •
Il demonio in quanto angelo decaduto è una creatura di Dio e la de­
finizione della sua natura dipende dalla spiegazione della sua caduta con
i limiti che gli sono derivati. Secondo i francescani i demoni avevano po­
teri molto estesi poiché la volontà era affrancata dall'intelletto e pertan­
to la loro azione volontaria era molto vasta e si allargava in molti campi.
La prima colpa dipese dalla volontà, non dall'intelletto, né dai sensi, poi­
ché la conoscenza razionale, se nell'uomo dipende sempre dalle facoltà
inferiori come la sensazione e dai limiti del corpo, Satana essendo inco r ­
poreo e avendo una conoscenza intellettiva perfetta come poteva pecca­
re? La soluzione di Tommaso che nega la supremazia della volontà è mol­
to sottile ma assai complessa e fu soggetta a molte obbiezioni. La volontà
guidata dall'intelletto si rivolge sempre al suo fine che è il bene, ma nel
caso dell'angelo caduto esso si è rivolto al suo proprio bene, in quanto
essere perfetto, non considerando la dipendenza da Dio bene assoluto.
Dunque il peccato è consistito nel tendere alla beatitudine di se stesso,
nel non tener conto dell'ordine e quindi di cadere nel disordine. Così la
soluzione di Tommaso consistette nell'aggiungere un altro livello di co­
noscenza nella struttura dell'atto di conoscenza e cioè quello della regu­
la dell'ordine, che riconosce un ordine divino ed è di natura intellettua­
le morale. Grazie alla sua conoscenza intellettiva, l'angelo conosceva per ­
fettamente la propria essenza creaturale, ma per completare l'atto di co­
noscenza doveva riconoscersi quale dipendente da Dio. Satana si isola da
questo ordine divino mediante un atto di aversio, mentre l'angelo fedele
segue l'orientamento buono verso Dio (conversio} 38 • Questa rigorosa co­
struzione implicava che la caduta fosse stata pressoché immediata dal
primo istante, trattandosi di un cattivo sviluppo della creatura, e non di
un episodio nella vita volontaria dell'angelo. Se questo processo non fos­
se stato istantaneo ci sarebbe stata l'aporia di una volontà cattiva forma­
ta da un intelletto perfetto.
Le argomentazioni di Tommaso sono articolate e circostanziate e
prendono in esame per confutarlo il ragionamento diverso di Buonaven­
tura che aveva sostenuto che l'atto del peccato, come ogni atto volonta­
rio, implica un istante di deliberazione. Tommaso lo nega poiché la deli­
berazione non ha pertinenza alcuna con la conoscenza intellettiva. La sua
spiegazione consiste nell'idea per cui ritiene che devono essere immagi­
nati due istanti immediatamente collegati, quello della creazione, in cui

37 Ibzd. , g. 16, art. 9, 326a, p. 1270.


38 lbid. , g 16, art. 4.
.
Il demonio e la caduta del!'angelo 87

si p roduce lo sviluppo immediato del movimento conoscitivo e volonta­


rio (che è connaturale all'essenza dell'angelo) e quello della validazione
sovrannaturale consistente nell'allontanamento (aversio) da Dio per la
chiusura in sé, e nella conversio verso se stesso.
Questa sottilissima distinzione sottrae così l'angelo e Satana dalla
continuità temporale e dunque all'impossibilità che due istanti siano
contigui secondo la descrizione della successione temporale del tempo di
Aristotele. Essi sono nell'evo (aevum) nozione poco accettata nella teo­
logia occidentale per la quale Tommaso introdusse e sviluppò la nozione
di una temporalità senza continuità, formata da istanti, comparabile al-
1'eternità, ma creata e, quindi, con un inizia3 9 : l'evo.

B. Le arti magiche, superstizione ed eresia


La dottrina dei demoni sviluppata da Tommaso nella questione De de­
monibus del De malo, non è una vera e propria teoria della coorte dei
demoni o della loro gerarchia: è semplicemente una concezione del de­
monio secondo la fede come angelo caduto e contribuisce a chiarire la
sua idea delle arti magiche di cui aveva trattato estesamente nella Summa
theologica, nelle questioni dalla 92 alla 9640 della II• ne .
La 92 tratta estesamente delle varie forme di superstizione tra cui è in­
clusa la superstizione «divinativa» che consulta i demoni con patti taci­
ti o espressi («guae daemones consulit per aliqua pacta cum eis inita, ta­
cita aut expressa») (art. 1, responsiones), la quale è distinta dalla super­
stizione idolatrica che attribuisce alla creatura la riverenza che si deve
solo a Dio.
La questione 94 tratta dell'idolatria nelle sue varie specie tra cui inse­
risce l'arte della costruzione delle immagini della magia ermetica alla
quale è attribuito un culto divino. Esse erano ritenute avere effetti reali
p er l'intervento di demoni, racchiuse in esse come fossero idoli a cui si
conferiva un culto divino, secondo l'opinione di Ermete Trismegisto4 1 •
In questi passi e nei successivi Tommaso distingue la superstizione
delle arti magiche che sono fondate su un culto esteriore di immagini,
dalla eresia, sep
arando la fede (per esempio in questi idoli) dalla religio­
:� co sì la religione non è la fede: la fede è una attestazione (protestatio)
iede per segni esteriori, mentre la superstizione è una certa attestazio-

39
d'.5 Cfr. P. PORRO, Forme e modelli di durata nel pensiero medievale. r.;aevum, il tempo
C:�to, la categoria «quando», Louvain University Press, Lovanio 1 996.
O
1 90 T MMASO D' AQUIN O , Summa theologiae, in Opera omnia, ed. Leonina, Roma 1 888-
6 , t. 4- 12.
41 Ibid. , II• II• q: 94 a. l .
88 Medioevo magico

ne di infedeltà per un culto esteriore: la quale attestazione è il significato


dell'idolatria, non già di quello di eresia, ma solo di opinione falsa. Così
l'idolatria è una superstizione fondata su una credenza falsa. La eresia è
una specie di incredulità (in/idelitas) , mentre l'idolatria è una specie del­
la superstizione.
Vediamo dunque come la tesi di Tommaso segna una battuta d'arre­
sto alla equiparazione tra arti magiche e idolatria e tra l'idolatria e l'ere­
sia come avverrà invece successivamente affermandosi nei processi dei
secoli seguenti, in particolare quello già ricordato del 1398 contro Jean
de Bar (cfr. qui capitolo VIII) e in quelli dei primi decenni del secolo XV
( 1435- 1440) 42 •
È interessante inoltre la qu. 95 in cui si domanda se la divinazione sia
un peccato riprendendo la dottrina dei futuri contingenti svolta nel De
daemonibus, e ammette un tipo di possibile che è dato solo per conget­
tura («quandam coniecturam»). Quando invece la divinatione non av­
viene secondo una ordinata partecipazione all'ordine divino, cioè se­
guendo le regole della natura, ma per una indebita usurpazione di essa,
allora è condannabile in quanto se l'uomo ha una naturale inclinazione a
conoscere il futuro e questo è legittimo, ciò deve avvenire secondo le pos­
sibilità umane e non secondo un modo indebito di divinazione per ma­
nipolazioni di effetti, formule e segni. Il significato di divinazione prove­
niente dalle filosofie pagane, platoniche o neoplatoniche, presuppone
una conoscenza non per cause naturali, ma ispirata per l'invocazione dei
demoni che espressamente sono chiamati per manifestare gli eventi fu­
turi. Se si ritiene che vi si mescolano i demoni, tale divinazione è una spe­
cie della superstizione. Pertanto conclude Tommaso la divinazione per i
demoni riguarda la curiosità quanto all'intento del suo fine («pertinet ad
curiositatem quantum ad finem intentum») che è la precognizione del
futuro, ma è pertinente alla superstizione, quanto al modo dell' operazio­
ne («quantum ad modum operationis» ) 43 •
Nella classificazione che egli espone delle arti divinatorie è intere s ­
sante la sua definizione di «necromanzia» che non è quella più estesa ch e
è dato rintracciare per esempio nelle sezioni magiche dell'Introductorius
maius di Michele Scoto o in Picatrix, o negli scritti di Pietro d'Abano e
di Taddeo da Parma (si veda Appendice Il) che forniscono almeno due
definizioni di necromantia, necromantia e nigromantia. Quella di Tom ­
maso risale alle Etimologie di Isidoro di Siviglia che usa il termine necro -

42 J.-P. BOUDET, Entre science et nigromance, astrologie, divination et magie dans l'Oc­
cident Médiévale (XII•-XV• secolo) , Publication de la Sorbonne, Parigi 2006, in partico ­
lare per questi processi pp. 458-68.
43 TOMMASO D'AQUINO, Summa theologiae, cit., II• II• q. 95 , a.2, trad. italiana, p. 3 1 3 .
Il demonio e la caduta del!'angelo 89
n a E viene da necros, morto e da mantia, divinazione tramite l'in­
,na ti . sso
vocazione degli spiriti dei morti. La divinazione tuttavia può avvenire an­
che con invocazione dei demoni (spiriti) espressa, oppure non espressa,
come avviene nelle operazioni delle sortes quali la geomanzia «ut nobis
44 (ma non la chiama «nigromanzia»).
manifesta tur aliquid occultum»
E d è illecita. Per quanto riguarda la divinazione per astra, cioè l'astrolo­
gia Tommaso salva l'astrologia naturale di cui si valgono i medici e i na­
vigatori, gli agricoltori che cercano di prevedere la siccità o le piogge per
i loro lavori, dalla divinazione per astra nelle cui operazioni si mescolano
i demoni (daemones se immiscent). La prima divinatio è lecita e non su­
perstiziosa45 , afferma Tommaso, ma non la seconda.
Appare chiaro da questi scritti come anche il patto implicito o espli­
cito con il demonio risulti un atto superstizioso rientrante nelle diverse
forme di superstizione e sia nullo.
La conclusione che si può trarre da queste opere è che Tommaso in­
tende salvaguardare fermamente la credenza cristiana nel demonio, ma
riducendone grandemente i poteri, in modo da diversificarlo dalle de­
monologie magiche del paganesimo, dalle teurgie delle filosofie neopla­
toniche ed ermetiche fondate sui sacrifici e le cerimonie sostenute anche
da Proclo nel De sacrificio e magia o da Giamblico nei suoi Misteri degli
Egiziani i quali descrivevano rituali comuni a suo avviso meramente su­
perstiziosi.
Tommaso esprime un orientamento dottrinale di un cristianesimo
della luce secondo il quale Cristo ha incatenato definitivamente i demo­
ni che beneficiarono di una limitatissima libertà soltanto nel breve istan­
te della creazione.

: �%'�-, II• II•, q. 95 , aa. 3 -4.


zd. , II• II•, q. �5 , aa. 5 -6.
5 . Due trattati filosofici sui demoni:
« L a sostanza e la natura dei demoni » di Vitellione e
« L a confutazione dei malefici dei demoni »
di Arnaldo di Villanova

1 . Il «De substantia et natura daemonum» di Vitellione (1230 circa,


t post 12 70)
Questa operetta di Vitellione o Witelo è veramente singolare e nell'oriz­
zonte culturale e filosofico del secolo XIII e rivelatrice di un linguaggio
di una straordinaria modernità : esso appare espressione di una raziona­
lità scientifica che si affermerà solo qualche secolo dopo, anche se soste­
nuta da un sincero rispetto e una aderenza ferma alle verità di fede. Il te­
sto contrappone la verità di fede della esistenza dei demoni come si leg­
ge nel Vecchio e nel Nuovo Testamento, alle conoscenze della filosofia
naturale, le quali considerano altamente improbabile l'azione dei demo­
ni nel mon do. Vitellione amico di Tommaso, ha una grande fiducia nella
scienza, in particolare nella matematica, geometria ed ottica di cui sten­
de un voluminoso trattato De perspectiva.
Nato intorno al 1230 e morto dopo il 1270, contemporaneo di Tom­
m aso si interessa largamente ai problemi della luce, conosce probabil­
mente Roberto Grossatesta e l'Opus maius di Ruggero Bacone, ma espri­
m� una dottrina di un singolare sincretismo filosofico tra la ontologia di
Aristotele e la metafisica della luce sviluppata da Grossatesta. Nella sua
� arafrasi dell 'ottica araba di Alhazen, egli si discosta grandemente dalla
ltnpostazione di fisica meccanicista della luce di questi, per rivelare una
c�n cezione di ispirazione chiaramente neoplatonica. La luce o il lume fi-
0 co è infatti la prima forma sostanziale della materia che deriva per in-
uen za dal lume divino da cui sgorga come dalla sua fonte. Egli dunque
com e dichia ra nel prologo alla Epistola sui demoni 1 , si ritiene uno scien-

I
et C fr_ WITELo, Epistula de primaria causa poenitentiae in hominibus et de substantia
natur emonum, in E. PASCHETIO, Demoni e prodigi, Giappichelli, Torino 1 978, te­
Sto a a da
. 89
PP - 1 32 .
92 Medioevo magico
ziato o un filosofo naturale e non un teologo e per questo ha qualche esi­
tazione a trattare di questa materia che è un argomento arduo il cui esa­
me spetta alla scienza della verità teologica. Tuttavia, per acconsentire
alla richiesta del suo maestro Ludovico de Lwovek, che glielo ha chiesto
espressamente, ne tratterà secondo i principi delle scienze che egli cono­
sce, che modestamente, dice, sono poche. Pertanto egli si chiederà circa
i demoni «utrum sint, quid sint et quales sint» («se ci sono, cosa sono e
quali sono», Epistola Il, 2-3).
Il problema della sostanza e natura dei demoni è molto difficile ed
uno dei segni è, che quasi nessun filosofo se ne è interessato, che io sap­
pia - afferma -, se non il solo Platone che, tra l'altro, ne scrisse poco e
con scarso valore. Tuttavia avendo riflettuto sull'argomento ne tratterà
ribadendo che la sua spiegazione non vuole portare offesa alla sacrosan­
ta verità cristiana, in quanto egli scrive secondo i principi della filosofia
naturale applicando un procedimento razionale che poggia sul «possibi­
le», mentre la religione santa procede secondo una via non naturale, ma
divina (e quindi necessaria) rivelata secondo le Sacre Scritture: gli ange­
li della gerarchia celeste caddero per un peccato radicale che è la super­
bia. Questa caduta degli angeli, la cui comprensione supera ogni ragione
e esperienza sensibile, è necessaria che sia accolta per fede, poiché non
se ne può dare alcuna spiegazione secondo la ragione naturale e secondo
l'ordine dell'universo. Quindi Vitellione enumera tutti gli argomenti che
rendono impossibile la spiegazione razionale della caduta dell'angelo. In
ragione della sua essenza e della eminenza della persona, come poteva es ­
sere invidioso? Come poteva essere insieme buono e cattivo? Come può
cadere una sostanza separata? Se la volontà divina è immutabile come
poteva mutare la volontà nel conservare il creato, colui che non era mu­
tato creando? Così - prosegue - tutti questi argomenti che non hanno
una risposta soddisfacente possono essere portati contro la verità dell a
caduta di Lucifero ossia contro l'esistenza del demonio. Ma, prosegue
piamente Vitellione, la fede dissolve tutti i dubbi in nome della fede stes­
sa. La fede infatti non avrebbe merito se si appoggiasse sulla facilità del­
la sua comprensione per ragione o per esperimento. Pertanto la cau s a
unica di questa caduta si dovrà tenere come unus articulus /idei christia­
nae e secondo quello che si legge nei libri sacri, nell'Apocalisse di Gio­
vanni, che ne parla tuttavia principalmente in modo metaforico; né tan ­
to meno bisognerà intenderlo alla lettera nelle parabole del Vangelo dove
è ugualmente sottinteso.
Ma poiché - egli prosegue - la questione mi è stata richiesta con un
procedimento naturale (natura/iter) io ad esso rispondo con lo stesso meto ­
do naturale. Pertanto se il demonio esiste, che cos'è? (sed si est, quid est?) .
Due trattati filosofici sui demoni 93

Vitellione inizia precisando che il termine daemon viene dal greco e


significa sapiente, ma gli uomini lo hanno frainteso dandogli un signifi­
cato negativo, intendendolo come un essere malefico, mentre egli, Vitel­
lione, lo concepisce come qualunque cosa che appaia in forma mostruo­
s a, diversa da tutte le figure note e conosciute. Si tratta dunque di appa­
rition es di forme insolite. Egli passa ad esaminarle e le distingue almeno
in due tipi: alcune appaiono, ma non agiscono se non a parole; alcune in­
vece agiscono su altre forme naturali, ma appaiono di rado.
Tratta quindi dei fenomeni del primo tipo esaminandoli da un punto
di vista scientifico e cioè da una considerazione da medico e poi da otti­
co. Questa sezione è molto interessante perché rivela le conoscenze di
medicina che egli aveva e che erano molto avanzate nel senso di una me­
dicina psicosomatica che in anni un poco più tardi saranno condivise e
sviluppate da Pietro d'Abano soprattutto in relazione alla depressione e
alla malinconia.
Queste apparizioni (o demoni) che appaiono ma non agiscono sono
molteplici e dipendono da alcune malattie del cervello che colpiscono i
frenetici, oppure sono collegate a disturbi del diaframma, dello stomaco
o della matrice. Dalla /renesis dipende infatti l'alienazione della mente
(alienatio mentis) che si verifica quando la virtù razionale che domina il
cervello è impedita nelle sue operazioni intellettive dalla moltitudine dei
moti disordinati del cervello dovuti alla confusione degli spiriti animali;
allora anche la fantasia viene contaminata dalla infezione del cervello.
C o sì i fantasmi cominciano a discorrere nella mente. Come le forme pas­
sano nell'acqua che funziona come uno specchio, così la fantasia non
vede cose, ma fantasmi. Pertanto accade che l'anima giudichi questi fan­
t�smi malati come cose deformi e pensi di vedere uomini rossi che bru­
ciano, mentre è il loro sangue malato o la loro bile rossa che provoca tale
�terazione. Vitellione prosegue esaminando gli altri tipi di alterazione fi­
sic�e che dipendono dai quattro umori e dalle diverse combinazioni di
ssi,.
�a tra cui la malinconia o ipocondria. Si ritiene che tali uomini, affetti
�ue�ti disturbi, siano indemoniati poiché parlano in modo mirabile.
Agli epilettici poi accade di vedere cose meravigliose, e siccome è lesa la
Parte anteriore del cervello, in cui è collocato il senso comune da cui di­
Pen de l'ordinamento dei sensi esterni e il movimento, l'epilettico cade
Per terra come morto; avendo tali sensi impediti il cervello ragiona se-
80n d0 le disposizioni intrinseche dei fantasmi. Così se è disturbato il
egrn a un uomo
u o o pallido del Nord vedrà un angelo bianco, quello che è
� �
il 1 u rn de l Sud di pelle scura vedrà un demone nero e così via. Se poi
_ rb o d!pende da una eccessiva e densa umidità degli umori, l'ani-
rna �1 cost
m vedr.à boschi e monti e li collocherà nel Paradiso o nel-
94 Medioevo magico

l'Inferno. E poiché non è leso tutto il cervello, ma solo una parte2, si ri­
corderà di queste visioni e poi riferirà agli altri uomini le meraviglie che
ha visto. Qualcosa di simile accade agli apoplettici: rimanendo in riposo
gli spiriti malati del cervello e l'anima razionale stando tranquilla e in ri­
poso, essa rientra nella sua essenza e si congiunge alle sostanze separate3
dalla materia. Tali uomini, tra cui soprattutto gli epilettici, quando rien­
trano in se stessi, incominciano a profetizzare. Altri che hanno la febbre
acuta hanno delle visioni mirabili in cui appaiono i demoni ma appena
curati tali visioni scompaiono.
Altre apparizioni di demoni accadono nei sogni sempre dipendenti
dalla costituzione umorale e complessionale di chi li fa: così i malinconi­
ci diranno di vedere forme nere e affermeranno di avere visto i demoni.
Ma anche gli uomini svegli parlano di apparizioni mirabili, come gli in­
namorati la cui immaginazione è fortemente colpita dalla immagine ero­
tica dell'amato ( «ut patet inamoratis amore hereo») . Così accade che gli
innamorati credono di vedere l'innamorata come fosse presente, ma, sic­
come subito dopo, l'immagine sparisce, dicono di essere stati illusi dai
demoni.
Queste apparizioni di demoni, che sono frutto della fantasia malata
del cervello, possono anche parlare agli uomini stessi, i quali dicono che
questi proferiscono voci che essi odono le quali sono prodotte invece
dalla loro immaginazione malata («non audiuntur verba nisi prius ima­
ginata») 4 . Tuttavia Vitellione distingue le apparizioni demoniache frutto
di fantasie malate, dalle apparizioni delle anime sante degli anacoreti e
degli uomini pii i quali hanno queste visioni solo perché la loro anima ra­
zionale domina la fantasia e la dirige alla sua sostanza eterna e incorrut­
tibile, che ha la scienza di tutto (scientium omnia) e così precognoscon o
il futuro. Questi sono i pii uomini religiosi che disprezzano il mondo, i
quali sono degni di ogni venerazione.
A questo punto della sua trattazione dopo le considerazioni scientifi ­
che della medicina, Vitellione introduce le spiegazioni dell'ottica geom e­
trica della prospettiva per chiarire come tali apparizioni demoniache n on
siano dovute solo ai malati di mente, ma anche a uomini perfettamen t e
sani. E fa riferimento alla sua fonte principale di perspettiva che egli s t a
parafrasando nella sua opera di ottica5 , ossia il De aspectibus di Alhazen .
Già in questo testo si trattava di apparizioni che si possono spiega re

WITELO, Epistola, cit., p. 107.


2
3 «Cum anima rationalis non fereatur ad sensibilia extrinseca, convenit ipsam ferrt
super suam essentiam et coniungi substantis separatis a materia », ivi, p. 108.
4 WITELO, Epistola, cit., p. 1 1 1 .
5 Essa è edita insieme a Alhazeni Opticae thesaurus, Risner, Basilea 1572.
Due trattatifilosofici sui demoni 95

come illusioni ottiche complesse dovute ai fenomeni geometrici della ri­


flessione e della rifrazione, sia al mattino che al crepuscolo. Vitellione ri­
corda come egli avesse udito narrare, mentre rientrava a Parigi che uo­
mini in forma di demoni tessevano delle tele in cima agli alberi, davanti
al bosco di una località denominata Gotzwidorf. Pertanto la vista ha mol­
tissim e immagini che non sembrano appartenere all'ordine della natura,
le quali terrorizzano gli uomini. Esse sono invece apparizioni perfetta­
mente naturali e il matematico ne riderà bellamente («mathematicus pul­
6
cherrime ridebit» ) •
Passando ad esaminare il secondo tipo di demoni, ossia di quelle ap­
parizioni che possono agire, ma molto raramente, sulle cose naturali af­
ferma che di queste entità parla la Chiesa, come pure Platone, ma in
modo diverso.
Qui Vitellione allude alla storia del mago Merlino che racconta del-
1'apparizione degli spiriti incubi e succubi. Vitellione spiega questi fe­
nom eni con l'attività dell'immaginazione nel momento dell'accoppia­
mento. Questi spiriti sono movimenti corporei degli uomini (spiritus
a nimalis) che la ragione ha difficoltà a interpretare con la dottrina me­
dica delle virtù vitali, naturali o animali, ma certamente non li spiega se­
condo il movimento dei corpi celesti. Tuttavia, poiché tutto ciò che si
muove deve avere una cau sa motrice, e questi movimenti di spiriti ani­
mali sono maliziosi, l'anima pensa che siano demoni. Platone (a cui q ui
si riferisce Vitellione ) nel Timeo secondo il commento di Calcidio, ritie­
ne che essi siano esseri intermedi tra Dio e gli uomini, e siano semidivi­
ni e popolino tutto l'universo, i campi, i monti e le valli. Ma si domanda
Vitellione se essi ci sono, cosa sono? («sed si est, quid est»)7 . Tutta la
difficoltà sta nel rispondere a questa domanda. Secondo la fede essi ci
sono, sono sostanze celesti cadute dalla gerarchia celeste per la loro su­
pe�bia. Ma, prosegue Vitellione, come ho detto prima, questa non è una
sp iegazione razionale, anche se si può dire che le anime peccatrici sciol­
t � dal corpo, si trasformino in demoni; tuttavia Calcidio ha distinto l'a­
n una dal demonio. Molti ne hanno trattato - prosegue - come Avicen­
n�. Algazali e prima ancora Empedocle, Esiodo e Omero. Vitellione in­
clina verso la spiegazione data da Calcidio nel Timeo per cui i demoni
o
� no esseri animati composti di anima e corpo, per cui questa natura del
ern on e sarebbe intermedia tra i bruti e le intelligenze separate e per-
ta o arte
: P ciperebbe delle due nature. Così il demonio è un essere ani­
rn e (a nima /). Quanto l'angelo supera l'uomo, tanto il demone supera il

6 WITELQ , Epzsto
. la, ctt . , p. 115 .
7 ·Ibzd., p . 117 .
96 Medioevo magico

bruto e questo secondo i calcoli matematici delle proporzioni tra i nu ­


meri a cui sono accomunate le diverse quiddità, delle intelligenze sepa ­
rate immateriali, rispetto a quelle sensitive che conoscono solo gli acci­
denti della materia. Vitellione applica qui un calcolo di proporzione ma­
tematica tra i vari enti secondo quella ratio mathematica di Platone ,
afferma, «a cui io molto acconsento, sempre naturalmente senza pre­
giudizio della fede cristiana e le sentenze dei grandi maestri»8 • La spie­
gazione platonico-calcidiana non convince Vitellione, il quale all'auto­
rità di Calcidio antepone il suo metodo che procede da principi veri .
Così per stabilire la gerarchia degli esseri creati, tra cui i demoni, ricor­
re a due diverse dimostrazioni: l'una quella matematica dei numeri cu ­
bici, ripresa da Platone, l'altra fondata sui principi fisici del movimen to
di Aristotele, posti come veri. Ora il primo principio afferma che nessu ­
na sostanza è oziosa in natura, pertanto tutto ciò che agisce si muove
perché conosce il fine, e se agisse oziosamente, agirebbe in modo igno­
rante, il che è impossibile. Procedendo nel ragionamento: se si ammette
che il demone è reale, esso non è ozioso nell'ordine di natura. Allora il
demone sarà un motore che muove (movens) per un fine, o un mobile
mosso per un fine.
Tutto ciò che è creato o muove o è mosso eccetto il centro della terra:
ossia è motore o mobile. Ma il demone non è solo un mobile mosso per­
ché così avrebbe una quantità e sarebbe materiale, il che tutti negano. Ma
nemmeno è motore perché non ha né possiede la natura del motore, in
quanto non ha qualcosa da muovere al di fuori di sé, come accade nella
natura degli elementi mossi di moto locale o dei motori dei corpi celesti .
Il demone invece ha il mobile entro se stesso e questo resiste a tutti i mo­
tori, anche se in modo minore rispetto agli altri esseri mobili. Tale mo­
vente sarà l'anima e allora sembra che il demone sia un anima! dotato d i
anima e di corpo così come appare negli altri esseri animali in cui l'ani­
ma è ciò che muove e il corpo è ciò che è messo in movimento9 •

8 « Est itaque daemon animal. Similitudo autem proportionis in numeris est ut, s i su­
matur primus cubicus a primo numero, scilicet binario, et ille est 8 et sumatur secundus
cubicus a secundo numero, scilicet ternario , ut 27 : inter 8 et 27 sunt duo numeri me dio
loco proportionales, scilicet 12 et 18, quia sicut 12 continet 8 et eius medium, ita 27 con ­
tinet 18 et eius medium. Et sicut 12 in pluri exceditur a 27, quam excedat 8, sic homo in
pluri exceditur ab angelis, quam excedat bruta. Et (sicut} 18 in pluri excedit 8, quon iam
in 10, quam excedatur a 27, quoniam in 9, sic daemon in pluri excedit bruta, quam e x­
cedatur ab angelis. Et permutata proportione sequitur ut sicut se habet 18 ad 8 , sic 2 7 ad
12 et econverso. Quantum ergo angdus excedit hominem, tantum daemon brutum . �t
haec est ratio Platonis mathematica cui multum consentio sine praeiuditio reveren da e h ­
dei christianae e t maiorum virorum sententiae » (Epistola, cit., p p . 120-2 1 ) .
9
Epistola, cit. , pp. 12 1 -22 .
Due trattatifilosofici sui demoni 97

Vitellione dopo aver proceduto in questo ragionamento di filosofia


naturale afferma che ratione natura/iter loquendo egli crede che i demo­
n i siano esseri animali dotati di anima e di corpo; e se esistono (si demo­
n es su nt) , essi sono animalia, corruttibili e soggetti alla morte. Ma se sono
sostanze animali come l'uomo, perché Aristotele non ne ha parlato? Se
come dice Platone il demone ha una sostanza più nobile di quella uma­
n a e partecipa delle sostanze eterne intellettive e separate quale è la cau­
sa del loro peccato? (p. 123 ). Vitellione risponde che i demoni sono del­
la stessa sostanza degli uomini, ossia sono sostanze animali come l'uomo,
dotate di anima e di corpo. Tuttavia esiste una differenza in quanto essi
hanno una minore materialità, un intelletto acutissimo, sono poco incli­
ni alle cose sensibili, non peccano molto, conoscono tutti gli scibili come
è stato di Aristotele o di Avicenna e si dedicano alla meditazione, alla
contemplazione e alla profezia: essi hanno una razionalità più sviluppata
degli uomini comuni. E poiché chi è dotato di ragione tenderà al bene e
fuggirà il male, i demoni desidereranno il bene più di quanto lo deside­
rano gli uomini e più di essi odieranno il male, così che ben raramente
essi porteranno o indurranno gli uomini al peccato.
Tuttavia questi uomini che si dedicano solo alla vita dell'intelletto
sono rari, mentre più numerosi sono quelli che la disprezzano.
La conclusione di Vitellione è che egli esclude da Un lato che i demo­
ni, se ci sono, abbiano una natura diversa da quella dell'uomo animale ra­
zionale dotato di anima e corpo, dall'altro nella maggior parte delle loro
apparizioni egli li riconduce a fenomeni allucinatori di persone malate o,
trattandosi di sani, di illusioni ottiche. In casi rarissimi essi sono persone
di intelletto superiore assai rare, accumunati ai santi anacoreti e agli asce­
ti 10. Nel panorama della filosofia e della cultura medievale, la sua appare
una voce fortemente dissonante dal coro generale in quanto esclude che
tali esseri possano fare il male: essi paiono accumunati ai sapienti del-
1 ' antichità, ai santi e ai profeti del cristianesimo.

2 · Arnaldo di ½llanova e la « Confutazione dei malefici 1 1 dei demoni»


An �he un altro medico, vissuto un poco più tardi, Arnaldo di Villanova
s cnve_ un tratt
atello alla fine del XIII, l'Epistola de reprobacione nigro-
1'1Za ntzce /iccionis (de
improbatione male/iciorum) 12 contro le finzioni ne­
g romantic
he, in �ui trattando delle operazioni di magia cerimoniale, con-
10
«a C. os,i 1. demoni sono o «apparentia nihil agentia nisi forte sermones », oppure
genu a res alia s n aturales et raro apparenua ».
II
De t.mp robatzo_
ne male/iciorum, redatto tra il 1276- 1278 o il 1286- 1288.
12
ARNALDO DE YILLANOVA, Epistola de reprobacione nigromantice ficcionis (de im-
98 Medioevo magico

sistenti in suppliche o costrizioni (esorcismi) dei demoni ne sottolinea la


natura e la loro eventuale operatività (se ce l'hanno). La caratteristica di
questa trattazione è che essa è condotta con argomenti diversi da quell i
di Vitellione, che sono molto sviluppati filosoficamente, ma la sua con­
clusione è sostanzialmente simile a Vitellione. Egli non muove obiezioni
alle spiegazioni teologiche dell'esistenza dei demoni, creature di natura
angelica che hanno peccato; egli invece vuole respingere l'idea, che se an­
che innegabilmente essi esistono, l'uomo non può agire su di loro, né i
demoni sull'uomo: essi ci sono ma non agiscono. Tuttavia Arnaldo non
discute il problema della loro natura, se umana o semidivina e accetta
semplicemente l'idea che siano angeli caduti.
Il trattato è più propriamente uno scritto contro i maghi necromanti,
coloro che si vantano di avere il potere di espellere i demoni, che sulla
natura dei demoni stessi, ma indirettamente ne delinea le caratteristiche.
Egli passa in rassegna le principali pratiche dei maghi, tra cui quelle che
li costringono a dare responsi o a sottometterli come gli esorcismi. Sot­
tolinea come queste operazioni possono accadere per virtù sensibile pro­
pria del mago o per virtù dell'anima intellettiva: in entrambi i casi poiché
l'anima intellettiva è legata al corpo e il mago ha un corpo, mentre il de­
monio è incorporeo, una tale operazione di costrizione e di comando dei
demoni è impossibile. I demoni sono incorporei, pertanto non possono
essere costretti mai, né da parte delle sostanze esterne corporee, elemen­
tari, né da quelle celesti come i motori dei corpi astrali. Infatti la luce e il
calore che dipendono dalle sfere del firmamento sono fisici ed operano
per contatto; ma i demoni sono incorporei, dunque non è possibile nes­
sun contatto, nemmeno attraverso la luce e il calore dei corpi celesti. Il
necromante pertanto non potrà agire in nessun modo. Costoro afferma­
no che i demoni si spartiscono i diversi territori del mondo e che essi si
trovano nella luce del giorno e nell'oscurità della notte. Ma anche in que ­
sti casi, se tali spiriti ci fossero non potrebbero agire perché essi sono
estranei alle differenze dei luoghi e delle ore della giornata o della notte
le quali sono fisiche e naturali.
I maghi non comandano i demoni per la loro capacità o per quell a
delle qualità elementari e celesti, né tanto meno perché entrano in con­
tatto con le intelligenze separate, perché tali possibilità è data da Dio, pe r
grazia, ed essa è concessa solo ai santi. La pratica magica per cui il n e ­
gromante comanda ai demoni tramite la figura, i caratteri, le immagini è
confutata sulla base di una teoria fisica secondo la quale esse non hann o

probatione male/iciorum), a cura di S. Giralt, AVOMO, VIII Barcellona 2004 , p. 3 02 , re­


datta « contra curiositatem eorum qui aliter quam virtute divinitus per gratiam immedia­
tam concessa garriunt asserendo se habere potentenciam demones compellendi » .
Due trattati/iloso/ici sui demoni 99

alcuna potenza attiva in quanto tali virtù delle immagini, essendo qualità
acciden tali, potrebbero derivare solo da una sostanzialità che tali imma­
gini non posseggono né da una loro proprietà che è inesistente. I maghi
credono di poter alterare l'ordine di natura, anche con voci e suoni, pre­
ghiere, ma questo è impossibile, perché questo lo può solo Dio.
La conclusione di Arnaldo è dunque simile a quella di Vitellion e che
a va forn ito anch'egli alla fine dell'Epistola le spiegazioni mediche per
ve
giustificare le operazioni apparenti di tali necromanti: le operazioni ma­
gich e sono tutte false e si possono spiegare con le conoscenze della me­
dicina poiché esse possono essere ricondotte a comportamenti di uomi­
ni molto malati, anche se ciò è celato a molti, come nel caso del disturbo
della malinconia che altera l'intelletto. Le specie ai questa malattia si
possono leggere nel libro di Galeno che tratta dei disturbi mentali, con­
clude dottamente il medico Arnaldo. I demon i dunque, accettati bibli­
camen te non agiscono sugli uomini, né questi ultimi possono comandar­
li o evocarli in quanto sono incorporei.
pa rte se conda
b ) Le sostanze sep arate e gli angeli
6. Una fonte delle teurgie neoplatoniche
all 'inizio del secolo XIV: le sostanze separate,
angeli e demoni nell ' « Enciclopedia »
di Enrico Bate di Malines ( 1281 - 1305)

I dati più importanti della vita e delle opere di Enrico Bate di Malines,
astronomo e filosofo della fine secolo XIII, emergono già con una certa
chiarezza nei loro elementi salienti, dal profilo biografico che fu delinea­
to egregiamente da Alessandro Birkenmajer nel 1923 in occasione della
comunicazione che egli fece al V Congresso Internazionale della Scienze
Storiche di Bruxelles 1 • Gli studi successivi, sia del Wallerand che del Van
de Vyver2-, nati come introduzione all'edizione delle prime parti dell' o­
pera più nota di Enrico, lo Speculum, poi, del Gregory3 , non hanno mu­
tato, sostanzialmente, ci sembra, tranne per alcune precisazioni, il ritrat­
to datone per la prima volta dal grande studioso polacco. Enrico ci ap­
pare, semmai, ora che lo conosciamo meglio4 , un personaggio alquanto

1 A. B
IRKENMAJER, Henri Bate de Malines astronome et philosophe du XIII• siècle
(Communication faite à la Se tion de l'Histoire de la Civilisation - extrait de la Polo�e
c
au Congrès intemational de Bruxelles), Cra ovia 1923, pp. 3-13. in A. BIRKENMAJER, Etu­
des d'h istoire
c
_ des sciences et de la philosophie du moyen tige, Ossolineum , Varsavia-Cra­
covia 197 0, voi. I, pp. 105- 15.
2
GASTON WALLERAND, Henri Bate de Malines et saint Thomas d'Aquin, «Revue néo­
olastique de la philosophie , 1934, 36, pp. 387-4 11; e dello stesso ed. riti a di HENRI
� » c c
E MAI.INES, Speculum divinorum et quorundam naturalium (Les philosophes Bel­
g AsTE_J}_
, • fas e. I), Lovanio
v� 1931; E. VAN DE VYVER (a cura di), Henricus Bate, Speculum di­
no u
a; re r m _ et quorundam naturalium, Lovanio-Parigi, I, 1960; II, 1967. Questa edizione si
:; ai prim i libri. Le mie citazioni sono date dal ms. Vat. lat. 2 191.
di M ci · ev ?ORY, Platone e Aristotele nello «Speculum» di Enrico Bate di Malines, «Stu-
GRE
4 �;
ali », 196�, pp. 302-19.
r. G. GUIDENTOPS, Henry Bate's Theory o/Sensibles Species (a proposito di Alber­
to M
agn ),
dello o «Recherches de théologie ancienne et médiévales », 2001, 68, 1, pp. 75-110;
l o oft1ess o � ve"oes i11 Henry Bate's Metaphysics, «Documenti e studi sulla tradizione fi­
das ... _medievale », XII (2001), pp. 523-47; dello stesso Henry Bate's Aristocratic Eu -
ca
e,,. 011 zs
1277 m m · J A __, • •
• ru,iffSEN, A. SPEER, K. EMERY (a cura d1 ), Nach der Verurtezlung von
G
' De ruyter, Berlino-New York 2001, pp. 657-81.
104 Medioevo magico

originale sul piano dei suoi interessi personali che lo spingono ad ab­
bracciare un campo vastissimo di conoscenze che vanno dalla matemati­
ca alla medicina, dall'ottica (perspectiva) all'astronomia, dalla demonolo­
gia a tutte le scienze divinatorie, compresa la necromanzia, secondo quel­
lo che era il clima del sapere enciclopedico più diffuso nel suo tempo, an ­
che se al di fuori delle scuole e degli insegnamenti ufficiali. Come ha os­
servato il Van de Vyver', le condanne ecclesiastiche delle dottrine scien­
tifiche, astrologiche, demonologiche, arabe ed ebraiche, i divieti delle
arti magiche e divinatorie, non sembrano avere avuto molte ripercussio­
ni sulla formazione di Enrico, né sembrano capaci di trattenerlo dall'ab­
bracciare una precisa concezione cosmologica ed antropologica in cui le
correnti ermetiche e neoplatoniche del sapere ellenistico, filtrate attra­
verso il mondo arabo ed ebraico, assumono una grande rilevanza.
D'altronde l'influenza esercitata sul pensiero di Enrico dal corpus di
dottrine contenute nell'opera astrologica di Ibn Ezra6 che egli traduce in
latino per la mediazione della traduzione in francese dell'ebreo Hagins o
Chaiim intorno al 127 4 e che sono molto vicine ai testi di Albumasar, col­
locano l'attività di Enrico non tanto e solo nel novero degli eruditi enci­
clopedici del Medioevo come Vincenzo di Beauvais o Bartolomeo An­
glico7 , ma anche nella schiera dei dotti matematici e astrologi del suo
tempo. Grande nelle scienze del quadrivio «Magnus in quadrivio »
(come lo ricorderà Nicola Oresme8 ) scrive, infatti, le tavole astronomiche
della sua città per usi, sembra, di astrologia pratica, le Tabulae Machli­
nienses la cui prima redazione è collocata dal Birkenmajer nel 1281 9 ; egli
non cessa di correggerle e verificarle con l'osservazione secondo esatti
calcoli e precise misurazioni che hanno suscitato le lodi degli studiosi.
Ma è soprattutto la sua Magistralis compositio astrolabii compilata a Ma-

5
VAN DE VYVER, Henricus Bate, Speculum, cit., I, p. XX.
ABRAHAM IBN EZRA De luminaribus, ms. Parigi, BnF. lat. 16195, f. 5 ; Liber rationum,
6

ms. Leipzig Univer. 1466, ff. 49r-73r (su ciò in particolare G. WALLERAND, a cura di, Henri
Bates de Malines, Speculum, cit.). Su Abramo ibn Ezra dr. R LEVY, The Astrologica/ Wo rks
o/Abraham ibn Ezra, Baltimora 1927. Cfr. anche C. SIRAT, Astrology in lsrael The Neopla ­
tonists, in A History o/]ewish Philosophy in the Middle Ages, Cambridge University Press,
Cambridge-Londra-New York 1985, pp. 104-109; e D. SCHAWRTZ, La magie astrale dans la
penséejuive razionaliste en Provence au XIV• siècle, «Archives d'histoire doctrinale et litté­
raire du Moyen Àge», 1994, LXI, pp. 31-55, in particolare p. 40.
7 Per un panorama d'insieme delle enciclopedie medievali dr. l'antologia a cura d t

M.T. BEONIO BROCCHIERI FUMAGALLI, Le Enciclopedie dell'Occidente medievale, Torin o


1981 (su Enrico p. 203).
8
NICOLE ORESME, Tractatus de commensurabi/itate ve/ incommensurabilitate caeli, a
cura di E. Grant, University of Wisconsin Press, Madison 197 1, p. 164.
9
BIRKENMAJER, Études, cit. , p. 106.
Una /onte delle teurgie neoplatoniche all'inizio del secolo XN · 1 05

74 e dedi� ata a Guglielmo di Moerbeke 10 , ad assicurargli la


lines nel 1� _
fama di sc1enz1�to e_ d1 v�ei:ite �stronom �.
n BirkenmaJer gli attnbwsce moltre un opera astrologica andata perdu­
ta il Commento al Trattato delle grandi congiunzioni di Albumasar di cui lar­
ghi passi testuali con o senza il suo commento, si trovano anche nello Spe­
11
culum • E nel Prologo Enrico mostra di accettare la filosofia della storia di
Albumasar che scaturisce dalla teoria delle grandi rivoluzioni planetarie che
scandiscono l'avvicendarsi dei regni, degli imperi, delle religioni e delle fi­
losofie (si veda qui il Capitolo X). Più scienziato e astrologo-astronomo, se­
condo gli ideali del sapere del suo tempo, dunque, che filosofo-teologo.
Ciò sembrerebbe confermato anche dall'opera filosofica che ci ha la­
sciato , il vasto Speculum divinorum ac quorundam naturalium diviso in
ventitré parti, da cui si ricavano principalmente le sue teorie gnoseologi­
che, logiche, metafisiche, teologiche e magiche. Questo scritto si presen­
ta come un manuale enciclopedico, composto per il pupillo, il nobile
Guy de Hainaut, ed abbraccia tutto lo scibile, purtroppo, senza molto ri­
gore, né sistematicità, né vigore speculativo. Il lavoro, redatto tra il 1281
e il 1 3 05 e, forse, terminato nel 1303, anche se vi si notano integrazioni
successive 12 , ha tuttavia un notevole valore documentario per la storia
della magia, della filosofia o anche solo per la storia delle idee, proprio
per la sua lunghezza che consente una vera messe di citazioni. D'altron­
de Enrico afferma testualmente nel Prologo che lo Speculum, che tratta
divina et naturalia, si costituisce come un mosaico di citazioni letterali o
come si conviene alla compilazione, di sententiae: egli cioè non farà, né
pretende fare opera originale di pensiero, bensì: «la maggior parte di
�uesta opera, se non tutta, sarà una compilazione delle sentenze di altri
filoso fi e sapienti» 13 • In tale senso, come antologia di citazioni letterali, lo
Sp ecu lum possiede un valore documentario di primo piano.

°
.;. Come si legge nd Prologo della sua Magistralis compositio astro/abii (ms. Parigi,
8
cl l 0269, f. 150ra): « [. .. ] secundum meum posse parvulum satisfacere sum paratus:
quo vobis prom iseram cum apud vos essem Lugduni ecce me promptum adimplere,
compositionem videlicet et usum mei Astrolabii quemadmodum per me ingeniatus fue­
:am ,
wt
et ?1anu compievi propria per quod ea que per astrolabium commune haberi pos­
ettam sunt parata» (su Guglidmo cfr. la raccolta di studi a cura di J. Brams,
� �n hamd, Guil/aume de Moerbeke, Recueil d'Études à l'occasion au 700 Anniver-
°
8 r
� e sa mort (1268) , Peeters, Lovanio 1989.
1
pe
b um Sa culum, Proemium, a cura di VAN DE VYVER, 1, p. 50. Citazioni dell'opera di Al­
r sono dissem inate in tutta l'opera di Enrico, in particolare nella sezione dician­
nov � a,
�:� c ap. 9 (cf. in questo volume il Capitolo X, pp. 236-39).
r. '(AN DE VYVER, Henricus Bate, Speculum, cit., voi. I, p. XIV,
u
et 8ap � :iior pars operis huius, immo fere totum opus ipsum ex dictis philosophorum
M
ienttum alioruni compilandum erit» , (Speculum , cit.) p. 3.
1 06 Medioevo magico

Per l'argomento che ci interessa esso è una fonte rilevante delle dot­
trine di teurgia magica dalla versione latina di alcune opere di Proclo: in
particolare dalla translatio latina del Commento di Proclo al Timeo, non ­
ché di quella degli Elementi di teologia, fatte dal domenicano fiammingo
Guglielmo di Moerbeke.
L'intento concettuale dello Speculum è, infatti, consistente - come
dichiarato nel Proemio - nel cercare la concordanza tra Platone ed Ari­
stotele 1 4 a proposito del problema della separazione delle idee e tale ac­
cordo è visto proprio come passante attraverso la teoria della partecipa­
zione degli enti intermedi, le divine enadi di Proclo, comunemente chia­
mete «le sostanze separate». La sua cosmologia, la sua visione di Dio,
del mondo, dell'uomo è incentrata sulla teoria della méthexis e del pro­
cesso (pr6odos), della conversione (epistrophé) attraverso una gerarchia
di enti intermediari e il suo sforzo è teso a precisare l'articolazione dei
concetti delle entità che permettono la mediazione tra unità e moltepli­
cità, tra Dio, il mondo e l'uomo. Il problema che lo assilla è quello del­
le forme separate, delle idee impartecipabili di Platone secondo la pole­
mica degli ultimi libri della Metafisica di Aristotele, che egli risolve con
la teoria di Proclo delle unità divine impartecipate e partecipabili insie­
me che procedono dall'uno per elargizione della sua infinita bontà e po­
tenza. Egli ammette, dunque, un proliferare di realtà intermedie, siano
esse le divinità inferiori che governano i corpi celesti o gli intelletti o le
anime che agiscono sulle realtà terrestri. Non sorprende per questo s e
alcune sezioni dello Speculum, come per esempio la diciannovesima sia­
no dedicate a argomenti di arte magica 15 , trattino di demonologia, di
evocazione di spiriti, di dottrine nigromantiche 16, di astrologia, di divi-

14 Ibid, p. 47.
15 I capitoli 19, 20, 32, della pars XIX si presentano come un testo di arte magica che
riguardano la nascita del mago Merlino, i fenomeni degli incubi e dei succubi con cita ­
zioni da Agostino, Apuleio, De deo Socratis, Alano, dalle Expositiones prophetiarum seu
vaticinorum Merlini Ambrosii e da Isidoro a proposito De magorum praestigiis, De pita­
nissa ecc.
16 « De spiritibus nigromanticis et praestigiis quibusdam et specialiter de apparitio e
n
spiritus Samuelis prophete (XIX, 32) ». Le arti nigromantiche o necromantiche erano st a ­
te condannate anche dall'Autore dello Speculum astronomiae ritenuto Alberto Magno,
come vera e propria idolatria pessima (cfr. Speculum astronomiae, a cura di P. Zambelli,
S. Caroti, M. Pereira, S. Zamponi, Pisa 1977, cap. XI, pp. 27-33). Le ymagines sono di
tre specie e solo una è lecita e Enrico le cita tutte e tre: « Ymagines fiunt tribus modis. Es t
enim unus modus abominabilis qui suffumigationem et invocationem exigit, quales sun t
ymagines Toz Greci et Gennath Babylonensis que habent stationes et cultum Veneris . . .
Hec est idolatria pessima. . . Est alius modus aliquantulum minus incommodus, detesta ­
bilis tamen, qui fit per inscriptiones characterum per quedam nomina exorcizandoru lJl
et sunt quatuor annuii Salomonis et novem candarie et tres figure spiritus qui dicun tur
Una /onte delle teurgie neoplatoniche all'inizio del secolo XIV 107
1
nazioni p er somnia 7 causate da queste entità: ossia da quegli déi celesti
che governano i segni planetari da cui provengono emanazioni ed in­
fluenze di ogni genere, spirituali, animali e corporee.
Così citazioni ripetute ed estese si hanno dal testo degli Elementi di
t eo logia. Le più lunghe infarciscono tutta la sezione undecima e le stesse
si ovano citate di nuovo anche nella sezione ultima, la ventitreesima,
ri tr
proprio dove riprende ad esaminare con una insistenza ripetitiva il pro­
blema se vi siano o no idee separate e non partecipabili, per negarlo in
base all'argomentazione generale che esse imprimono un moto ai corpi
celesti in ragione della loro causalità efficiente che è la stessa della cau­
salità finale; pertanto essi le partecipano come il fine amato che è insie­
me anche la causa provvidente.
I capitoli 19, 20, 29, 32, in particolare della sezione diciannovesima si
presentano come un testo di arte magica, dipendente da citazioni di au­
tori più diversi, ma soprattutto da Avicenna e Ermete poiché le intelli­
genze sono i motori celesti da cui dipendono le azioni e le operazioni mi­
rabili secondo gli astrologi, e le profezie secondo Avicenna:

«in questo capitolo tratterò di alcune distinzioni relative alle azioni e alle
operazioni mirabili - afferma - secondo i giudizi degli astrologi: da notarsi
che non senza ragione Avicenna sostiene che l'anima umana [. .. ] può com­
piere alcune operazioni profetiche» 18 •

Infatti scrive che in una certa parte molto importante dell'arte magi­
ca («in prestantiori parte quadam artis magice») si prescrivono osser­
vanze e cerimonie dalle quali conseguono eccellenti operazioni al qual
proposito tutti gli astrologi consentono («quod astrologi in hoc concor­
diter consentiunt»), ossia che dall'armonia celeste sono infuse nella na­
tività degli individui le virtù profetiche secondo le consuetudini delle
congiunzioni.
Il capitolo venti è dedicato alla spiegazione degli interventi impudichi
degli spiriti incubi e succubi di cui molti si dicono esperti e della cui fede
non si può dubitare («de quorum fide dubitandum non est»). Essi sono

Principes in quatuor plagis mundi [. .. ] lsti sunt duo modi ymaginum necromanticarum
ue
d nobile nomen astronomie (sicut dixi) sibi usurpare presumunt [ . . . ] Tertius enim mo­
e�t Yillaginum astronomicarum qui eliminat istas spurcitias » e solo questo è lecito. Si
ve�� m q esto
u volume più in particolare il Capitolo XIII.
7
H�NRI BATE, Speculum, ms. Vat. lat. 2 191, XIX, cap. 32.
18
rn . rid. , XIX , cap. 19: «distinctiones quedam circa premissas actiones et operationes
rab es secundum astrologorum iudicia: notandum autem quod mirum non esse quod
ht
0� �a a nima non sine ratione dicit Avicenna [ .. .] prophetales quasdam facere potest
era t1ones ».
108 Medioevo magico

demoni tentatori che i romani chiamavano anche fauni o silvani. Il r ife­


rimento testuale è a Isidoro di Siviglia, per cui «incubos» deriverebbe da
«incubendo» cioè, secondo la sua spiegazione, stuprando. Dice inolt re
che esiste uno scritto che riferisce che il Mago Merlino ha ·affermato c he
l'incubo è stato generato da una nobile vergine, ma aggiunge subito c he
tutte queste storie sono mere fabule poetiche («sed poetica seu /abulosa
/igmenta pro/ecto sunt plura talium») . Pertanto Apuleio in un libro che s i
intitola De deo Socratis vieta che i demoni, che egli chiama incubi, abiti­
no tra la terra e la luna 19 •
Nel capitolo ventinove tratta della malignità dei demoni secon d o
Agostino, esponendo la sua dottrina in un modo alquanto fantasioso;
Enrico afferma che Agostino ha detto (ait) che dio creò delle creature
malvagie che prevedevano il futuro. E poiché «dio fece il diavolo acché
la volontà facesse il male»20 , creò anche gli angeli. Segue una lunga spie­
gazione in cui mitiga la gravità della prima affermazione concludendo
che la volontà dell'uomo non pecca per necessità, per cui l'azione del de­
monio non è determinante.
Nel capitolo ventinove si danno estese citazioni di Ermete chiamato
come Trismigisto, e di Platone relative alla possibilità che l'anima sia im­
mortale ed eterna. Si tratta di una rappresentazione composita di Erme­
te come era nella tradizione medievale (si veda il Capitolo I): cita così E r ­
mete Trismegisto come Asclepio autore del libro Sulla natura degli dei2 1 •
Le citazioni di Ermete mago che ha il potere di convocare o evocare gli
spiriti negromantici, ossia i demoni, si trova nel capitolo trentacinque
alle fine della digressione sulla nigromanzia. Degli spiriti nigromantici
(«nigromantici») e dei loro prestigi e specialmente dell'apparizione del­
lo spirito di Samuele tratta nel capitolo trentadue. Gli autori delle arti
magiche sarebbero i seguaci di Pitagora. Enrico usa il termine «nig ro­
mantia» e non «necromanzia», pur ispirandosi a Isidoro di Siviglia ch e

19 « Denique Apuleius un libro qui intitolatur de Deo Socratis prohibet inter terram
et lunam demones abitare quos incubos vocat » (Speculum, XIX, cap. 20) . Cfr. Hermetis
Trismegisti « de natura deorum» ad Asclepium adlocuta, in APULEIUS MADAURENSIS, Op e­
ra, Lione, 1594, per Vulcanio di Bruge, pp. 349-80; sul De deo Socratis nel Medioevo cfr.
J.P. MAHÉ, Note sur l'Asclepios à l'époque de Lactance, in J. Fontaine, M. Perrin (a cura
di) , Lactance et son temps - Recherches actuelles, Éditions Beauchesne, Parigi 1 978 , PP·
295-3 10 (Actes du IVe Colloque d'Études Historiques et Patristiques, Chantilly 2 1 -2 3
Septembre 1976) (Théologie Historique 48) . In particolare C. GILLY, Die Ueberlie/erung
des «Asclepius » im Mittelalter, in R. VAN DEN BROEK, C. VAN HEERTUM (a cura di), Fro m
Poimander to Iacob Bohme, Gnosis, Hermetism and the Christian Tradition (Pimander 4 ) ,
In de Palikaan, Leida 2000, pp. 336-67 .
20 « Ad hoc propter voluntatem malum facere », Speculum, XIX, 29 .
2 1 « Hermes Trismegistus in libro De natura deorum», ibidem.
Una /onte'delle teurgie neoplatoniche all'inizio del secolo XIV 109

a to questo secondo termine nelle sue Etimologie, dicendo che


avev a coni
na p a rt e di questa arte compie operazioni con gli spiriti dei morti o le
�im e d ei defunti. Questa arte o una sua parte (che è appunto la divi­
n azion e che si fa con i morti) è chiamata «nigromantica» da necros vel
nicros ch e vuol dire morto e mantia che significa divinazione per i mor­
ti. Enrico prosegue con un racconto attribuito a Isidoro, da cui è chia­
ram ente derivata l'etimologia con questa lieve variante errata (nigro­
m anzia a nziché necromanzia), relativo ai prestigi dei maghi che essi
com piono con queste arti malefiche. Si dilunga anche in altri racconti
De pitonissa. L'evocazione degli spiriti secondo Ermete sarebbe soste­
n uta da Ermete nel libro già citato De natura deorum (ossia l'Asclepio),
di cui Enrico riporta lunghe citazioni22 • Anche da queste definizioni di
Enrico si evidenzia il significato duplice e confuso di necromanzia (di­
vinatio in mortis) e nigromanzia, prestigi e operazioni per i demoni
(come in Picatrix) .
Nello Speculum si trovano anche tre estratti dalla versione latina di
Guglielmo del Commento di Frodo al Timeo, ossia dal secondo libro che
si riferisce al testo del Timeo di Platone da 27 c a 28a, uno più esteso e due
più brevi. E in particolare è in questo commento di Frodo nella sezione
«sulla orazione agli dei» (de oratione deorum) che Enrico trovava il so­
stegno teorico della sua visione demonologica. Il primo passo più lungo
si trova nella sezione ventitresima, capitolo decimo dello Speculum 23 • Gli
altri frammenti si trovano nella sezione undecima, capitolo ventiquattro
e nella sezione ventitresima capitolo venticinque dello Speculum. Le ci­
tazioni di Enrico riguardano lo stesso passo del secondo libro del Com­
mento di Frodo al Timeo che è interessante perché introduce il proble­
ma della possibilità della comunicazione con Dio attraverso la preghiera
degli dèi intermedi e della loro provvidenza nei nostri confronti. L'inte­
r� passo ci dà la definizione degli dèi come divinità mediane, secondo un
p iano gerarchico di entità, le enadi unitarie, teoria che non preoccupa
Enrico per il suo implicito politeismo. Essi sono quei divina di cui tratta
espressamente tutta l'opera che rendono possibile la soluzione del pro­
blema della partecipazione (methexis), secondo la dottrina neoplatonica
P_roc!iana. Nel passo di Proclo riportato da Enrico si trova a sua volta una
citaz ione di Giamblico24 , per cui il testo procliano di Enrico è anche un

22
o'P- cz.t. , xrx· , cap. 32.
23 Qu esto passo è stato edito da G. VERBEKE, Guillaume de Moerbeke traducteur de
pro l s, « Re
�u

rr�
vue philosophique de Louvain», 1953, 5 1, pp. 358-73.
4
Per questa citazione di Giamblico cfr. il mio studio Una /onte della versio latina dal
dell'opera di Proclo nel Medioevo, in «Arti» e filosofia, Studi sulla tradizione aristo­
e zca e i mo
derni, Nuove Edizioni Vallecchi, Firenze 1 983 , p. 3 1 1 .
1 10 Medioevo magico

documento indiretto della circolazione di una dottrina25 di Giambli co


sugli dèi nel Medioevo, di cui sappiamo così poco.
Se ben a ragione Cusano qualche secolo dopo, citanda2 6 Proclo - a
cui pur si ispirava - critica proprio questo aspetto del suo pensiero in
cui vede dal punto di vista di un rigoroso teismo religioso, un persisten ­
te politeismo e un residuo della religione pagana, Enrico non avrà di
questi timori, né di queste remore. Oltre Apuleio, Macrobio, Ermete , la
sua autorità religiosa è soprattutto Agostino che ha in certo qual mod o
giustificato - a suo parere - queste realtà intermedie demoniache, figlie
dell'Angelo decaduto, il demonio. E del resto si tratta comunque di
unità divine inferiori, ossia diversamente derivate per elargizione e par­
tecipazione dell'infinita bontà divina, dell'Uno che è sempre al di là di
tutte le unità, per cui a suo parere la trascendenza è salva2 6 . Magia, de­
monologia, astrologia, divinazione hanno così una loro legittimità nella
sua opera, proprio sulla base di alcuni dei presupposti filosofici della
teoria del demonio di Agostino e di quella delle entità divine di Proda
accostate alla credenza nelle divinità planetarie, astrologiche o meno, di
Ermete, di Apuleio, di Macrobio secondo un curioso sincretismo di ri­
porto.
Questa concezione infatti trovava - a suo avviso - un riscontro in al­
cuni passi del De civitate Dei27 di Agostino, il quale in un certo modo fa­
ceva coincidere gli dèi pagani con le figure infernali, le divinità greco-ro­
mane con le illusioni del demonio. Per questo anche se Agostino non ri­
teneva affatto che i demoni fossero divinità minori come Macrobio o Apu­
leio2 8, intermediari tra le unità intellettive divine e gli uomini, tuttavia l'a­
vere ammesso che fossero strumenti del demonio nel tentare gli uomini sì

2' In questo testo Enrico riporta la particolare teoria dei sinthemata, centrale nella de ­
monologia teurgica neoplatonica di Proclo e Simplicio, su cui cfr. anche l'interpretazio­
ne diJ. CARLIER, Scienza divina e ragione umana, in Divinazione e razionalità, Einaudi, To­
rino 1982, p. 284.
26 NICOLA CUSANO, De venatione sapientiae, cap. VIII, trad. it. a cura di G. Federi i
c
Vescovini, Piemme, Casale Monferrato 1998.
27 AGOSTINO, De civitate Dei, libro VIII, capp. 14-22, a cura di B. Dombart, A. Kalb,
Lipsia 1928, pp. 34 1-54; cfr. anche Libro X, capp. 3- 12; in particolare libro IX, cap. 2 3 ,
in cui Agostino contrappone il potere di previsione congetturale concesso ai demoni da
Dio a quello degli angeli e santi a cui egli ha donato il retto discernimento in quanto vi­
vono nella divina sapienza. Cfr. le osservazioni di R MANSELLI, Le premesse medievali
della caccia alle streghe, in M. ROMANELLO (a cura di), La stregoneria in Europa, Il Muli­
no, Bologna 1973, p. 40, e ora F. GRAF, Augustine and Magie, in J.N. BREMMER, J.R.
VEENSTRA (a cura di), The Metamorphosis o/Magie/rom Late Antiquity to the Early Mo­
dern Period, Peeters, Lovanio 2002, pp. 87- 104.
28 Sulle
critiche di Agostino ad Apuleio cfr. C. MORESCHINI, La polemica di Agostino
contro la demonologia di Apuleio, «Annali della Scuola N ormale Superiore di Pisa » , I l ,
Un a fonte delle teurgie neoplatoniche all'inizio del secolo XIV 111

d poter entrare negli elementi naturali (come aveva sostenuto anche Gu­
Jelmo d'Alvemia ) aveva introdotto nel Medioevo cristiano la possibilità
d1" una teoria magica superstiziosa che si ritrova anche in Enrico.
Daltronde il problema della natura dei demoni era un argomento
molto attuale in quei tempi. Il polacco Vitellione, amico di Guglielmo e
di Enrico medesimo che lo cita molto spesso nella sua opera, ci lascerà
tra i suoi scritti l'importante trattato dedicato alla natura dei demoni in
cui indaga sul problema se la loro essenza è qualcosa di divino, di intel­
lettuale, di spirituale o animale, intermedio tra anima e corpo, e se essi
agiscono sugli uomini , negando loro qualunque potere sovrannaturale
29

( si veda qui il Capitolo V).


Così anche Enrico dedicherà alcuni capitoli, in particolare il ventino­
ve, il trentadue e il trentatré della sezione diciannovesima, all'argomento
che riguarda la malignità dei demoni secondo sant'Agostino («de mali­
gnitate daemonum secundum Augustinum») e alla sua dottrina dell'ap­
parizione dello spirito di Samuele ( «sententia Augustini premissa de ap­
paritione spiritus Samuelis») dopo aver a lungo discusso degli spiriti ni­
gromantici e di certi prestigi («de spiritibus nigromanticis et praestigis
quibusdam» ) CXIX, 32). Allo stesso modo un al tro capitolo della stessa
sezione è dedicato alla potestà di convocare o di evocare gli spiriti nigro­
mantici o i demoni secondo Ermete («de potestate convocandi seu evo­
candi spiritus nigromanticos sive demones secundum Ermetem») (XIX,
34 ) . La certezza nella realtà di queste entità, la cui essenza mediana era
diversamente intesa dai medievali nella scala gerarchica delle varie so­
stanze (divine, intellettive, animate, astrali)3°, come spirituali o pura­
mente materiali e corporee, non è messa in discussione da Enrico e la sua
credenza è giustificata dalla dottrina delle enadi divine, che sgorgano per
elargizione dalla infinita bontà dell'Uno sopraessenziale di Proclo, per
p rovvedere, reggere e governare le sorti terrene. La teoria procliana è ac­
costata senza molte mediazioni concettuali ai passi canonici del De civi­
tte dei di sant'Agostino. Pertanto scriverà nel capitolo trentasei, sempre
1 _q_u�sta sezione diciannovesima dedicato al potere di convocare certi
spir1t1 e gli dei dei demoni secondo alcuni platonici e Agostino («convo-

n:.· anche E. Dooos,


�7 2 , pp. 5 83- 96; dello stesso, Storia dell'ermetismo cristiano, Morcelliana, Brescia 2000.
Pagani e cristiani in una epoca di angoscia, Firenze 1970; M. DE­
N E, J?e la pens_ée religieuse à la pensée philosophique, La notion de « daimon » dans le
pYt� gor
� zsme ancien, Parigi 1963.
2
et Cfr. WITELO, Epistula de primaria causa poenitentiae in hominibus et de substantia
tu ra da emonum
1 9;: , p p , a cura di E. PASCHEITO, in Demoni e prodigi, Giappichelli, Torino
, 8 1- 132.
C r.
pen :cef il magistrale studio di E.R. DODDS, The Astrai Body in Neoplatonism, come Ap­
II della sua .edizione The Elementy o/ Theology, Oxford 1963 2 , pp. 3 13 -21.
1 12 Medioevo magico

care spiritus quosdam ac deos daemonum secundum quosdam Platoni­


cos et Augustinum»), che vi sono sia forze naturali che forze sovranna­
turali capaci di fare cose mirabili nell'evocare e nell'invocare gli spiriti e
le anime dei defunti.
Nel commento al Timeo di Prodo, inoltre, nella sezione sulla orazio­
ne degli dei («de oratione deorum») Enrico trova le argomentazioni di
questa sua visione demonologica. I tre passi da lui citati hanno i primi
due lo stesso incipit. Tutti gli enti sono divini («Omnia entia deorum
sunt»); il terzo invece, essendo un frammento brevissimo ha un diverso
incipit. Il terzo passo contenuto nella sezione ventitresima, capitolo ven­
ticinque non è che un brevissimo frammento delle prime righe dello stes­
so commento del secondo libro di Prodo al Timeo:

Parimenti nel commento al Timeo egli [Proclo] afferma che un qualunque


ente ha la sussistenza dagli déi, che tutti gli enti che procedono dagli dèi non
escono da essi, ma sono radicati in questi stessi3 1 •

Pertanto niente proibisce che per virtù della celeste armonia che in­
fluisce in modo divino, alcuni abbiano una potenza naturale innata, che
altri abbiano una potenza o un'arte acquisita per cui fanno cose mirabili
sia evocando e convocando certi spiriti (ossia suscitando le anime dei de­
funti), sia evocando altri spiriti estranei che o sono attribuiti alle divinità
(diis) infernali, o ad altre potestà che sono chiamate con il nome di buo­
ni o maligni spiriti, di angeli, di dei o di anime32 •
Possiamo pertanto concludere affermando come quest'opera di En­
rico, pur non avendo un grande rigore filosofico, essa tuttavia si pre­
senti come un importante documento della fine del XIII secolo e inizi
del XIV, che testimonia la circolazione delle dottrine magiche della
teurgia neoplatonica accostata alla dottrina cristiana del demonio, an­
che se nella cerchia nobiliare del Belgio presso il principe di Hainaut e
non in una Istituzione scolastica. Così come l'opera di Guglielmo d'Al-

li
« Item et in commento super Timaeum " entium - inquit - unumquodque a diis
subsistit, procedentia autem omnia a diis non exierunt ab ipsis, sed irradicata sunt in
ipsis "» (Speculum, ms. cit. , XXIII, 25 ) .
3 2 « Nihil prohibet - scrive - virtute celestis armonie divinitus influente quosdam h a­
bere potentiam naturalem seu innatam ut prelibatum est prius, et quosdam similite r h a­
bere potentiam acquisitam seu artem faciendi mirabilia tam in evocandis et convoc an dis
spiritibus quibusdam seu animabus defunctorum excitandis ut dictum est quam in aliis
etiam quam pluribus extraneis que vel diis infemalibus attribuitur vel aliis quibus cu m­
que potestatibus benignorum aut malignorum spirituum angelorum deorum aut anima­
rum nomine noncupatis » lbid. Qui sono chiaramente enunciate le due accezioni di ne­
cromanzia e nigromanzia.
Una fonte delle teurgie neoplatoniche all'inizio del secolo XIV 1 13

vernia era stata una delle fonti principali dei testi magici per il secolo
XIII, questa di Enrico lo sarà per il secolo XIV. Non sappiamo quanto
Enrico possa essere debitore per le sue fonti a Guglielmo stesso, certa­
mente esse ci sembra che si siano arricchite grandemente dai riferimenti
ai testi filosofici platonici e neoplatonici di Proclo allora tradotti dal
3
greco da Guglielmo di Morbeke3 •

1
3 per ae
le or . o � sp�sizione analitica di questi riferimenti e l' edizioni di un frammento del-
degli dèi del Commento di Proclo al Timeo di Platone cfr. il mio studio: Una
/o 1e�ie m
". lla � versio» latina dal greco dell'opera di Proclo nel Medioevo, cit. , pp. 3 0 1 -29. Per
gli teress ast
tra : _ i _ �ologici comuni di Enrico, e di Pietro d'Abano cfr. la mia introduzione alla
S UZ•rne lt �ana dei Segreti di Albumasar, di Sadan: G. FEDERICI VESCO VINI (a cura di) ,
a<fa s gretz astrologici di Albumasar, Aragno, Torino 2000, pp. 49-56. Si veda anche
qu i �
n"c' ap1tol o X .
7 . La magia angelica

1 . La magia ebraico-latina: la magia angelica salomonica


a) il «Liber Raziel (Razielis ) » o il «Libro dei segreti di Salomone»
Il Liber Razielis o il Libro dei segreti di Salomone è un'opera che si trova
citata nella classificazione delle arti magiche di molti autori, come Al­
berto Magno (Pseudo), Pietro d'Abano, Taddeo da Parma e presumibil­
mente fino alla fine del XIV secolo non ha circolato. Si tratta di un testo
ebraico di magia salomonica di ispirazione ermetica' che fu tradotto in
castigliano da altri libri anonimi per conto del re Alfonso X di Castiglia
0252-1280). Potrebbe dipendere da un Se/er Raziel ebraico, attribuito
nella sua forma originale a un ebreo cabalista, Eleazar de Worms ossia
Eleazar ben Juda ben Kalonimos (1 176-1238 ) 2 . Le copie conosciute ri­
salgono una al Codice Vaticano lat. 1300, ff. l-202v., copia molto tarda
(sec. XV-XVI) e l'altra copia (che data della fine del XV secolo) è il ma­
noscritto Halle, Biblioteca Universitaria e Comunale Saschen-Anhalt,
1 4. B .3 6, ff. 1-130v. Secondo François Secret questa opera avrebbe in­
�uenzato soprattutto i cabalisti cristiani del Cinquecento' ed è stata uti­
liz zata da Giulio Cesare Scaligero nel suo Exotericarum exercitationem
subtilitates (Paris, Miche! Vascosan, 1557 ) per rispondere a Cardano sul-

1
L . THORN DIKE, Traditional Medieval Tracts Concerning Engraved Astrologica/ Ima­
,
} � Mélanges A. Pdzer, Lovanio 1947, pp. 219-73. C. BURNETI, Talismans: Magie as
e

e
l cz�nc ? Necromancy among the Seven Liberal Arts, in Magie and Divination in the Midd­
t99ts, Texts and_ Techniques in the Islamic and Christian Worlds, Ashgate, Aldersh ot
I, pp. 1-15 .

2
ét C �r. �- SEo , Le Seper ha-Razim et la méthode de combinaison des lettres, « Revue des
u des J uives», 197 1,
Mou ton, Pari 130, pp. 295-304 e dello stesso, La mystique cosmologique ]uive,
gi 1981.
1 96� F. SECRET , Sur quelques .ffllriuctions de Se/er Razi 'elis, « Revue des études juives »,
' l 2 8, pp. 223-45 .
1 16 Medioevo magico

la corrispondenza dei metalli con le virtù dei pianeti. Le scarse notiz ie


della compilazione si ricavano dal prologo4 : il libro fu tradotto probabil ­
mente da Giovanni Chierico in castigliano dall'ebraico e poi in latino in­
torno al 1259, in quanto era molto conosciuta in quegli anni l'attività di
questo Magister Ioannes Clericus identificato con Juan d'Aspa o d' A ­
spes, uno dei collaboratori più noti di Alfonso'. Il re in quel periodo ave­
va commissionato anche la versione di Picatrix (si veda la prima parte di
questo capitolo). Queste due opere sono probabilmente le fonti dei suo i
Lapidari, anche se la storia di questa compilazione che comprende ben
quattro Lapidari è ancora ipotetica6 • Sotto il suo patrocinio videro la lu ce
quindi Picatrix, il Liber Razielis, il Lapidario e la compilazione iconogra­
fica di magia talismatica contenuta nel ms Vat. Reginense lat. 1283a7 • Se­
condo una distinzione introdotta da David Pingree, le opere di magia sa ­
lomonica in cui gli elementi rituali e parareligiosi (invocazioni, esorcismi,
preparazione di incisioni e caratteri) sono predominanti e le prescrizioni
astrologiche sono secondarie, sono state caratterizzate diversamente ri ­
spetto alla magia ermetica astrologica araba derivata dall'astrolatria dei
Sabeani di Harran e circolata nelle diverse complicazioni dei Liberi ima­
ginum planetarum in quanto in questi l'impostazione astrologica è pre­
dominante8. Comunque in entrambi i casi si tratta di «magia rituale »9 ,
definizione per la quale, nella sua generalità, ci sembra che sia assai effi­
cace la distinzione di Pingree per distinguere la magia angelica salom o­
nica da quella connotata in senso fortemente astrologico dalla magia er­
metica araba come Picatrix 10 •
Infatti questo Liber Razielis o Racielis 1 1 si rivela una raccolta di magia
talismatica destinativa, incentrata su rituali alcuni elaborati, altri assai

Il prologo è stato parzialmente edito da A. D'AGOSTINO in Alfonso X el Sabio,


4

Astromagia (Ms. Reg. lat. 1 283a), Napoli 1992, pp. 40-42.


5 Cfr. P. LUCENTINI, A. SANNINO, I testi e i codici di Ermete nel Medioevo, Polist a m ­

pa, Firenze 2001, p. 93.


6
F. ALVARO LOPEZ, Arte magica y hechiceria medieval. Tres tratados de magia en la cor­
te de Juan II, Vallodolid 2000; A. DOMINGUEZ RODRIGUEZ, Astrologia y arte en el Lapidario
de Alfonso El Sabio, Edilan, Madrid 1984; ALFONSO X, Lapidario, a cura di S. Rodrigu ez
Montalvo, Madrid 198 1. Per una versione italiana di Picatrix, cfr. l'edizione a cura di P. A .
ROSSI, Picatrix, trad. di D. Arecco, I. Li Vigni, S. Zuffi, Mimesis, Milano 1999.
7 Cfr. ALFONSO X, Astromagia (Ms. Reg. lat. 1283a) a cura di A. d'Agostino, Liguori ,

Napoli 1992.
8 Cfr. PINGREE, Learned Magie, cit., pp. 42-46.
9
E. BuTLER, Ritual magie, Stroud, Gloucerstershire 1998 (ma 1949).
10 Per un altro tentativo di definizione di magia rituale cfr. C. FANGER, Medieval Ritual

Magie What it is and Why we Need to Know More About It ? , in FANGER (a cura di), ConJu­
ring Spirits. Texts and Traditions o/Medieval Ritual Magie, Stroud, Gloucerstershire 199� -
1 1 Ms. Vat. Reg. lat. 1300 sec. XV-XVI, una colonna, f. lr: « P rout dicit Salom on in h-
La magia angelica 1 17

ernplici, di preparazione di sigilli, di immagini, di amuleti, di anelli, di


:rigeli; descrive le ? P e�azioni da �ompiere per_ la fusione _dei met�- ne �
cessari per la fabbricazione del talismano; contiene elenchi dettagliati dei
nom i degli angeli divisi per gerarchie superiori ed inferiori da invocare,
la descrizione dei loro poteri dipendenti dalla loro posizione nei sette cie­
li nei mesi, nei giorni e nelle ventiquattro ore del giorno e della notte.
Questi sigilli hanno finalità diverse e sono descritte dettagliatamente du­
rante la fabbricazioni le incisioni da farsi non solo sulle pietre di forma
generica ma anche su anelli, e le materie con cui devono essere prepara­
ti. Sezioni di questa opera sotto il nome di Belino, con il titolo di De
viginti qua ttuor horis avevano già circolato secondo Lucentini attraverso
l'Jntroductorium maius di Michele Scoto secondo una terza redazione e,
diversa da a e b 12 di questa opera.
Nel prologo del traduttore si legge che Salomone «ha detto nel libro
della Sapienza che tutto proviene da Dio... che formò l'uomo a sua imma­
gine e somiglianza». Dopo il peccato di Adamo per la tentazione del de­
monio, l'uomo diventò ignorante da sapiente che era. Allora Dio per la
sua misericordia ebbe pietà del genere umano e perciò piacque a Lui re­
stituire all'uomo quello che aveva perduto per la sua disubbidienza (prop­
ter inobedientiam) , ossia donare quella sapienza per la quale l'uomo può
acquisire (acquirere) la conoscenza di tutte le cause o virtù corporali e spi­
rituali. E fece questo per la bocca dell'angelo Raziel da lui inviato, men­
tre Adamo se ne stava triste e sconsolato perché aveva perduto la sapien­
za. Raziel portava con sé un libro (Se/er) che è il libro dei segreti. Questo
libro era scritto su una pietra di zaffiro e Dio lo mandò all'uomo perché
per la virtù delle parole (propter virtutem verborum) di questa santo e pre­
zioso libro, egli apprendesse come poter recuperare il bene massimo che
aveva perduto e conoscere i nomi di Dio che sono contenuti in esso
(Semiph oras 13 ). Adamo accettò e fece quello che aveva sempre voluto fa­
re e così si comportarono tutti i santi padri e profeti dopo di lui.
Il libro è diviso in sette trattati che - si afferma - i profeti tennero na­
scosti per sé. Nel prologo si narra che quando piacque a Dio di presen­
tar� questo libro santo al re Salomone figlio del re David (fol. lv), allor­
che S alomone lo vide, comprese che era costituito da più libri che si sus-

to Sapientie omnis sapientia et omnis scientia et omnia pietas et omnem donum per­
ect m et bonum
� descendit et provenit ab ilio».
Cfr: P. LUCENTINI, I.:ermetismo magico nel secolo XIII, in M. FOLKERTS, R. LORCH
( ra di), Sic itur ad astra, Studi in omaggio di P. Kunitzsch, Harrassowitz, Wiesbaden
2���
; PP - 409 -50, in particolare 442-44 .
1
C r. no
R.azze. 1 )f, · ta 21. Su ciò cfr. J.-P. BoU DET, Le secret dans la magie rituelle (Le Liber
is m Le secret , « Micrologus », 2006, XI V, pp. 1 13 - 14.
1 18 Medioevo magico

seguivano uno dopo l'altro e li raccolse in un solo volume . . . Il re Alfon­


so di Castiglia si era affaticato incessantemente per sostenere la giustiz ia,
e per questo si era circondato di libri di filosofi e di uomini sapienti af­
finché traducessero secondo il suo mandato i libri migliori e più perfe tti
di qualunque arte e scienza in qualunque lingua fossero composti, tra ­
ducendoli in lingua castigliana ... Allorché gli giunse per le mani questo
prezioso libro Zef/er Raziel (che in ebraico significa volume - Ze/er - dei
segreti di dio - Razie[) ( Volumen secretorum dei) decise di farlo tradurre
in lingua castigliana. Pertanto da questo prologo del traduttoreJoanne s
Clericus si ricava la notizia che egli aveva tradotto una serie di libri di­
stinti che erano stati messi insieme in un unico libro per conto del re
Alfonso e che costituiscono infine il Raziel così come ci è pervenuto in
latino dal castigliano. L'opera è inedita, ma sfogliando il codice è facile
vedere che cosa contiene in quanto l'Autore premette analitiche rubriche
dei capitoli principali dei sette libri che egli ha tradotto e redatto ordi ­
natamente partendo dal principio del primo libro: Dixit Salomon, cum sit
Castellum /ortius etc. Questo trattato che concerne De castigationibus et
consiliis, si chiama Chiave (Clavis) 1 4 ; il secondo si chiama A/a e tratta del ­
le virtù degli animali; il terzo Thymiama sui giorni della settimana e dei
suffumigi; il quarto è un libro del Tempo (Liber temporum) diviso se ­
condo le operazioni per le invocazioni dei nomi degli angeli, a loro volta
distinte secondo il calendario delle stagioni in mesi, giorni, settimane, ore
del giorno e della notte; il quinto è il libro della Purezza (Mundicia) e del-
1'Astinenza (f. 15 9). Il sesto è il libro Samayn che significa libro delle virt ù
dei sette cieli; il settimo è il libro delle cose magiche (Liber magice) e trat­
ta delle virtù delle immagini. Segue: Semiphoras (i nomi di Dio) e le glos­
se su semiphoras, (che però non vi si trovano). Infatti la trattazione non
segue questo schema e la numerazione dei fogli è in disordine.
Il libro primo contiene la chiave dell'intera sapienza divina (6 capito­
li), la Chiave appunto. Dall'elenco dei capitoli si comprende che la chia­
ve della sapienza è l'astrologia e dipende dalla conoscenza dei sette pia­
neti, dei loro domicili e dalla divisione dei dodici segni. Si sostiene la dot ­
trina astrologica della «complessione» dei segni e dei loro poteri. Si sta­
bilisce quali pianeti sono le chiavi del mondo, come le genti si diversifi­
chino a seconda che si nominino i diversi nomi degli angeli dei sette pia­
neti; quali aspetti dei pianeti siano buoni, quali cattivi, allorché sian o

14 «Et
ego Salomon fui in etate XXXII annorum cum dimidio in quinta die mens i s
aprilis videlicet quintus mensis ebreorum et fuit m ihi Salomoni destinatus, seu miss us de
Babilonia a quodam principe qui erit m aior et venerabilior omnibus caldeis in ilio te � ­
pore, quidam Liber qui dicebatur Raziel per se et septem libri maxime virtutis et m ax i -
La magia angelica 1 19

« esaltati», in gaudio o gioia, abbiano forza e dignità, oppure siano « in


cadut a».
Infatti gli ultimi libri, quinto e sesto, contengono un lungo elenco di
nomi di angeli le altitudines dei cicli con la descrizione dei loro poteri, di­
stinti in e serciti maggiori e minori, inferiori e superiori, secondo i cieli, i
pian e ti, le ore ecc.
Non esaminerò tutti i libri in quanto quello più pertinente per il no­
15
str discorso è il libro settimo che espressamente si chiama Liber magi­
o
ce il quale pare abbia una storia di circolazione a sé; esso ci fornisce la de­
finizione di magia e delle cause che sono necessarie all'uomo per com­
piere le operazioni magiche (magica et de causis que sint necessarie homi­
ni in operibus magie) .
Que sto settimo libro inizia con l'espressione consueta Dixit Salomon ,
al quale piacque molto perché aveva trovato la verga della virtù, aprire a
un amico sicuro il suo cuore: questa virtù consiste in sette cose preziose
sopra tutte le altre che saranno spiegate in questo settimo libro; esso è il
libro delle immagini, delle virtù e potestà che conte ngono ogni bene e
ogni male. La dottrina qui esposta nell'insieme è assai simile alla magia
di Picatrix, tuttavia se ne differenzia poiché l'intervento angelico o de­
moniaco è più spiccato e meno rilevante è il carattere astrologico: la ma­
gia è definita come la scienza sottile e spirituale di Salomone (scientia
subtilis et spiritualis Salomonis) , formata in cielo e nell'uomo. Il suo po­
tere discende dall'alto giornalmente (cotidie) ed è raffigurato in diverse
figure quando giunge in basso. Il suo primo fine operativo (ad operan­
dum) è in cielo e nelle stelle e il secondo nell'uomo. Pertanto è necessa­
rio costruire immagini di tutte le cose, in terra, negli animali, nelle erbe,
negli elementi in modo da stabilire strette corrispondenze. I riferimenti
�� magia di Ermete sono continui e così le virtù si distinguono in visi-
ili_ ed invisibili, come que lle dei venti o dei fantasmi, le operazioni si fan­
no in luoghi determinati e in particolare nell'angolo (in angulo) 16 •
Alla fine 17 si afferma che questo libro rivestito di pietre preziose (cri­
s tallo o berillo)
dopo essere stato suffumigato deve essere chiuso e non

s6
� ec ti » (Vat. lat. 1300, liber primus, Clavis, prologo, Ala da Ale che sono come le
�� ra que du<;unt ad loca" che si desidera e tratta delle virtù degli animali, f. 20).
Vat. lat. 1300, f. 274r.:
Dixit Salomon placet mihi multum ».
16
Vat . lat. 1300, f. 276: «
vi
rtu tes occ
« et volo incipere super angulos magice quia sunt in eo multe
ult e » "
17
«
sep t �� h !c finir liber qui dicitur Raziel et vocatur liber de virtutibus et secretis. Insunt
f. 3 9� ibn de septem scientiis et septem potestatibus Deo gratias amen» (ms. cit. ,
120 Medioevo magico

può essere aperto che per massima necessità, affermazione che ne giust i ­
fica il carattere segreto e occulto.
Questa opera se anche non circolò nel suo complesso, larghi estrat ti
furono certamente conosciuti e sono rintracciabili nell'Introductoriu m
maius di Michele Scoto, come abbiamo già ricordato e anche la angelo­
logia medievale gli deve certamente molto. Il medesimo Pietro d'Abano
può aver ripreso dalla fonte stessa del Liber Razielis le citazioni dei nom i
angelici dei sette cieli, sparse un po'» dovunque nella sua opera. Del re­
sto egli doveva conoscere il Liber Razielis perché lo cita tra i libri di m a­
gia proibita nel suo Lucidator. Quello che è notevole è che qui Pietro
d'Abano ne tratta correttamente come un testo di magia teurgica angeli­
ca proibita.
L'angelologia di questo settimo libro, sviluppata anche in relazione
alla dottrina dei cieli del sesto trattato, dal titolo Liber celorum o liber sa­
mayn, è molto complessa 1 8 • Questo sesto libro sarebbe una traduzion e
del Sapher ha-Razim, Il libro dei misteri 19 • Gli angeli che reggono le sfere
sono generalmente considerati buoni, però possono essere soggetti a su­
bire l'influenza non solo buona ma anche cattiva dei pianeti. Gli angeli20
hanno al loro servizio un numero diverso di demoni, da tre a cinque che
regnano sui venti, un re e tre o quattro ministri che governano le diffe­
renti regioni del cielo.
Una sezione è dedicata ai nomi segreti e impronunciabili di Dio (/ib er
Semiphoras, Schem Hamephorash) la cui traduzione era stata voluta dal re
Alfonso ed è studiata particolarmente da J.-P. Boudet nel lavoro già cita­
to sul segreto nella magia2 1 •
b) La «Clavicula Salomonis»
Il Liber Razielis è un testo esemplare di magia angelica ebraica che rias­
sume in sé le caratteristiche principali della magia salomonica in genera-

18
Vittoria Ferrone Compagni sta lavorando alla individuazione delle fonti anche in
relazione al libro di magia probabilmente arabo-ebraica il Liber prestigiorum Abel. C fr.
V. FERRONE COMPAGNI, «Studiosus incantationibus» Adelardo di Bath, Ermete e Thebit,
« Giornale critico della filosofia italiana», cit. pp. 37 -5 1, in particolare BoUDET, Le secret ,
cit., pp. 113-15. Sulla complessità della gerarchia angelica ebraica cfr. M. IDEL , Métatron
à Paris, in ].-P. BOUDET, H. BRESC, B. GREVIN (a cura di), Les anges et la magie au moyen
age, « Mélanges de l ' Ecole française de Rome. Moyen age», 2002, 114, pp. 701- 16.
1 9 Se/er ha-Razim, The Book o/ Mysteries, trad. inglese di M.A. Morgan, Sch olar s

Press, Chico, 1983.


20 La letteratura sugli angeli è abbondante: si ricorda solo qui J.G. LIKADA, The Bo k
o
o/ Angels, Rings, Characters and lmages o/ the Planets, in FANGER (a cura di), Conjuring
Spirits, cit., pp. 32-75. Les Anges et la magie au Moyen Age, cit., pp. 657-68, e T. SuAREZ
NANI, Les anges et la philosophie, Vrin, Parigi 2002.
2 1 « De explanatione Semiphoras
secundum Adam : et S emiphoras dicitur nomen se-
La magia angelica 12 1
. parole contiene lo schema dei miti originali della rivelazione
I in altre
ddl' an g elo a S � on_i one;. esso �piega la storia �ell� trasm��sione _del testo,
da io ai �fe�1, �1 sant! e p01 a Salomone, qumd1 al re pm saggio, Alfon-
D pr
5 0 X di Castiglia, il Sabzo.
Questo testo si affianca pertanto a un'altra opera altrettanto famosa,
L a clavicula Salomonis o Piccola chiave di Salomone che ebbe anch'essa
un a certa fo rtuna che esce tuttavia dai limiti cronologici che mi sono im­
posta in qu anto le copie sono assai tarde, le prime a partire dal XV seco­
lo, anch e se alcuni ritengono che essa abbia avuto una certa circolazione
prim a, ma segretissi�a e o�c� t�ta prop rio per il suo carattere segreto,
con siderate anche le mterd1z1om che I avevano contrassegnata. Questa
opera venn e poi alla luce e si affermò nei secoli XV e XVI22 , come atte­
stano le numerose copie manoscritte di quei periodi. Ne accenno solo,
pert anto, in questa sede, mentre dedicherò una analisi più approfondita
alla magia angelica dell'Ars notoria che appartiene alla tradizione di ma­
gia teurgica cristiana, probabilmente degli inizi del secolo XIV come ve­
dremo, la cui finalità consisteva nell'ottenere l'onniscenza ma era già co­
nosciuta nel XIV secolo.
L'elemento caratteristico dei testi di magia salomonica sia del Liber
Ra1.ielis che della Clavicula Salomonis è la raccomandazione da un lato
del segreto e dall'altro la rivelazione di verità occulte solo agli iniziati. Il
tema dell'occultamento e dello svelamento (la rivelazione per bocca del­
l'angelo e il nascondimento) ne sono un aspetto essenziale.
Della Clavicula Salomonis non si rintracciano manoscritti medievali,
perché le copie più antiche sono della fine del XV secolo conservate una
alla Biblioteca Nazionale di Parigi2 3 e una alla Biblioteca Philosophica
Hermetica di Amsterdam (ms. 1 14 ) , probabilmente proprio per l'inter­
dizione di tutte le magie salomoniche, da parte delle autorità medievali,
fossero teologi o fùosofi che ne trattano. Ma osserva Boudet che la di­
struzione sistematica di un trattato considerato estremamente pericolo­
so per il suo carattere di magia destinativa angelica, redatto in forma di-

cretum • purum,
o estatis
m agnum, antt· quum, eelatum et occulturo et nomen magne v1· rtutat1· s et
� � 44 ad complendum et perficiendum omnia que facere volueris» (Ms. Halle, cit.,
· ). Vat. 1300 cit., f. 256 con alcune varianti e la tabula con i nomi. Questo codice
0 n contiene
le glosse su Semiphoras. In fine a f. 398 si legge solo «Nomen eius est istud:
A�0 ay,
! ��ibor, Sa_day, Cados Yefferaye Semefforas».
Par g ,
lib o c r. i i BnF lat 7 162, fol. 14 1 (XV secolo). Per l'indice delle materie del primo
"X.V f BOUDET, Entre science et nicromance, cit., p. 559. Una traduzione italiana del
sec olo (1446) in BnF, ms. ital. 1524, f. 182v. e 218v-219 (BoUDET, Entre science, cit.,
Pp · .5 5 9 - 60) .
23
s e _Cfr. su ques te copie S. GENTILE, C. GrLLY, Marsilio Ficino e il ritorno di Ermete Tri­
,n gzs 0, F
t irenze 1999, pp. 226-29.
122 Medioevo magico

<lattica molto chiara, non esclude la possibilità che fosse conosciuto nei
secoli anteriori anche se nascosto, occultato, proprio come si raccont a
nel testo. La sua origine non sarebbe ebraica, ma greca, secondo Bou ­
det24 . Dal fatto che essa è citata già da Pietro d'Abano nel suo Lucidator
redatto tra il 1303 e il 1310 se ne deduce che il testo era già conosciu t o
agli inizi del XIV secolo25 .
SecondoJ.-Patrice-Boudet che ha esaminato magistralmente la Clavi­
cula Salomonis su manoscritti più tardi dei precedenti citati, uno è del
XVII sec., questo topos è ben chiaro26 . Il prologo della Clavicula segue l o
schema tradizionale come nel Liber Razielis: un re Salomone giunto al
termine della vita chiede al figlio Roboam di prestargli un ultimo servi­
zio. Dopo aver ricevuto in sogno per la rivelazione dell'angelo Gabriele,
tutta la sapienza e la conoscenza universale, l'aveva perduta immediata­
mente, ma nell'ultimo istante l'angelo per la stessa rivelazione angelica gli
ha donato la grazia di riunire in un solo volume (come così afferma an­
che il Liber Razielis) , i segreti dei segreti di tutte le arti magiche, da cui
dipendono tutte le altre forme di sapere: da ciò il titolo di Clavicula, cioè
piccola chiave dei segreti. Il segreto di questo libro tuttavia non poteva
essere affidato a chiunque, anzi doveva essere tenuto segreto: per questo
Salomone chiese al figlio di costruire una scatola, di mettervi il libro sa­
cro e di sotterrarla insieme al suo corpo. Roboam ubbidisce e così il libro
si trasmise lungo i secoli, finché un gruppo di filosofi babilonesi, per ono­
rare il grande Salomone, decidono di rinnovarne la sepoltura. Così essi
ritrovarono il libro, ma lo trovarono completamente oscuro perché essi
non erano degni di comprenderne il significato profondo. Allora uno di
questi filosofi, un certo Toz il greco27 , implorò Dio di rivelargli il senso
del libro. Dio rispose per la rivelazione dell'angelo e nel dialogo l'angelo
propone a Toz di decifrare il senso del testo salomonico, ma a patto ch e
Toz non riveli il segreto ad alcuno. Toz allora trascrive in latino quello
che l'angelo gli ha rivelato e lo nasconde a sua volta in una scatola di avo­
rio prezioso. Con il nascondimento in una scatola preziosa delle rivela­
zioni dei segreti del libro, era terminato allo stesso modo anche il Liber
Razielis.

24 BOUDET , Le secret, cit., pp. 106- 107-111 e 150; si tratta delle copie: 1) BN F lat .
7 162. f. 4,1 XV sec. ; 2) del manoscritto italiano, Parigi, BnF ital. 1524, fine XV f. 229v -
230; 2) BnF lat. 14075, f. 1; e 3) BnF lat. 15 127 f. B CXVII secolo).
2' Cfr. G. fEDERICI VESCOVINI (a cura di), Pietro d'Abano, Trattati di astronomia ( Lu ·
cidator dubitabilium astronomiae, De motu octavae sphaerae) e altre opere, Poligrafo, P a ·
dova 1992 (2" ed.), p. 117.
26 BoUDET, Le secret, cit., pp. 123-33.
27 Toz pare derivare dall ' arabo Ta'us che significa pavone ed è presente in Ghaya t a l­
Hakim, versione araba di Picatrix e sarebbe uno specialista di talismani.
La magia angelica 123

I « Liber Almandal» (o «Almandel, Almadel»)


e) l
Il libro del Santo Almandal è essenzialmente un manuale pratico di ma-
ia rituale salomonica. L'etimologia del nome è fatta risalire da Jan R.
teenstra (che ha studiato le tarde copie manoscritte pervenuteci in vol­
28
gare tedesco ) con buone probabilità dal sanscrito «mandala». E David
Pingree ha sottolineato la possibile relazione tra la magia salomonica del­
l'A lman dal e la magia astrale indiana.
Questa opera è ricordata da Guglielmo d'Alvemia, dall'autore dello
Sp eculum astronomiae e anche da Taddeo da Parma nel suo prologo29
della Th eorica planetaru m Gerardi, testo che egli commentava per i suoi
discepoli di arti, filosofia e medicina alla Università di Bologna nel 1318.
Tuttavia ha circolato assai tardi, anche in versioni volgari, italiane, ingle­
si O tedesche, perché le copie manoscritte esistenti sono per lo più del
XV secolo e successivi3°. Questo testo come gli altri di magia salomonica
è in dicativo dell'importanza che poteva avere per i suoi adepti la que­
stione della sua origine divina. La storia fittizia de l'Almandel è come le
altre precedenti, fondata sulla narrazione di una rivelazione angelica a
S alomone. Il s aggio re riceve nel tempio dalle mani di un Angelo il San­
to Almandel, scritto in ebraico. L'Angelo del Signore gli spiega che Dio
risponde così al desiderio profondo di Salomone di conoscere i segreti
celesti (secreta celestia) ed essere così pervaso di scienza, un desiderio le­
gittimo per uno spirito desideroso di giustizia come Salomone. Il testo
prosegue arricchito da una glossa, e viene scoperto ad Atene da un ara­
bo che lo traduce nella sua lingua, al fine di rivelarne il segreto ai suoi
connazionali. Poi un grande filosofo chiamato Solino, inviato in missio­
ne segreta in Arabia da Giovanni II, ritrova il testo con il suo commento
28 J. R. VEENSTRA
dà l'indicazione dei mss di questa versione in volgare tedesco, che
ono assai tardi su cui basa il suo studio: Monaco, Bayerische Staatbibliothek, ms CLM
: 7
/ • ff. 1-5 6; Friburgo in Breisgau, Bibl. Univ. ms 458, f. 221r-236r copiato tra il 1490-
93 e un� a�e nel 1505-1509; Parigi, BnF, ms tedesco Das heilige Almandel n. 160, f.
2 1 v, che e �
� similare a quello di Friburgo (cfr. J.R. VEENSTRA, The Holy A/mandai: Angels
be Intellectual Aims o/Magie, in The Metamorphosis o/Magie/rom Late Antiquity to
:; �
e arly ode
eop . molto M rn Period, Peeters, Lovanio 2002, p p. 193-94. Come è evidente si tratta di
�� tarde. Sulle altre tre copie assai tarde cfr. ivi, p. 192 nota 5.
d ' es _C fr. per questa opera G. FEDERICI VESCOVINI, La classi/ication des mathématiques
tPr le ��ologue de l'Expositio, cit., p. 179 (qui Appendice 2). Il « mandala» nella reli-
g e e
1 ' J� r v divica indi� a è inteso come il ricettacolo che accoglie Dio quando discende sul-
� �( cfr. MIRCEA ELIADE, Le yoga, immortalité et liberté, Parigi 1975, p. 222).
in J. fr. J. R. VEENSTRA, The Holy A/mandai, Angels and the Intellectual Aims o/Magie,
B
vers · o REMMER, J. R. VEENSTRA, The Metamorphosis o/ Magie, cit., pp. 191-94, 209. Una
PAc� � co n una glosa sancii Jeronimi super Sanctum A/mandai Salomonis è edita d� R.�.
doctnn '. Ji_madel Auctor Pseudonymus: De firmitate sex scientiarum, « Archives d'h1st01re
e et littérair� du moyen age», 1976, 42, pp. 147-81.
124 Medioevo magico

in arabo dopo tre mesi e cinque giorni che egli si trovava alla corte del re
d'Arabia. Decide allora di farne una nuova traduzione in greco. Do p o
questo episodio la narrazione prosegue raccontando dell'intervento di
san Gerolamo. Allorché è inviato in Grecia a predicare il Vangelo, G e­
rolamo resta sorpreso della conoscenza che posseggono i maestri e i dot­
tori di questo paese e qualcuno di loro gli spiega che essi posseggono il
Santo Almandal di Salomone che permette loro di padroneggiare tutte le
questioni metafisiche e le artes ex_ceptivae che comprendono le arti magi­
che e divinatorie. Gerolamo allora si dà allo studio di questa opera, ma
poiché non la comprende bene si rivolge allora a degli specialisti che gli
impartiscono questo insegnamento. Una volta tornato a Roma, mette in
pratica la dottrina di Almandal, la sua intelligenza si moltiplica e gli per­
mette di tradurre l'opera in latino. Questo testo arriverebbe in questo
modo nel mondo latino attraverso una così complessa translatio.
La caratteristica di questo prologo come quella degli altri due di cui
abbiamo parlato, il Liber Razielis e la Clavicula Salomonis, consiste nel
presentare l'insegnamento del libro come quello di un libro sacro perché
fondato su una rivelazione divina, tramite il suo messaggero, l'angelo. N e
consegue che la rivelazione conferisce ai testi un carattere di santità e di
sacralità, sì di potersi porre pertanto sullo stesso piano di quelli Biblici.
Così il Raziel è inciso nello zaffiro, allusione alla rivelazione delle Tavole
della Legge di Mosé. L'altro aspetto di queste opere è poi il segreto d ei
misteri inaccessibili di Dio per i quali si richiede l'aiuto angelico sovran­
naturale. Il principio di un Dio unico non può essere discusso, ma i suoi
misteri e segreti restano tali e se ne cerca la conoscenza. Così la magia ri­
tuale salomonica apre le porte alla natura divina, rimanendo nello stesso
tempo estranea; essa appare come un dono che rimane tuttavia un mi­
raggio. L'uomo pur possedendo le arti salomoniche rimane sempre tale ,
per cui le pratiche rituali non trasformano l'uomo in un mago, e non sov­
vertono l'ordine naturale divino. In questo testo Dio è l'autore princip a­
le, mentre Salomone e Adamo non ne sono altro che i beneficiari che de ­
vono approfittare di questa rivelazione per restaurare l'umanità dop o il
peccato.
d) Il segreto nella magia rituale salomonica
Nei testi di magia rituale salomonica, il segreto costituisce un elementi
indispensabile all'esistenza stessa della magia e al buon svolgimento de
rituale magico. Esso si fonda su tre principi fondamentali: in primo l uo­
go il segreto dà potere a chi lo possiede ed esso è essenzialmente il po te �
re «rituale». Il Liber Semiphoras annesso al Liber Razielis nella copia di
Halle è dedicato all'esposizione del nome di Dio formato da 72 l ettere
ebraiche o più esattamente da 72 nomi di tre lettere tratte dai versetti : 1 9 -
La magia angelica 125

bro XIV dell'Esodo: «Semiphoras è chiamato il nome segreto,


2 1 dd li
de, celato e occulto, è il nome della grande virtù e potestà per
puro, gran
compiere realizzare tutto ciò che ,tu vorrai fare» • La tabula Semipho­
e 31

S h a al ce
ntro il Thetragramma divino chiamato «il nome grande oc­
:<'.Z to e perfetto di quattro lettere» (nomen magnum et occultum et per­
ul
fectu m de quatuor litteris ) , comprende il nome di Dio in ebraico Eloy,
32

in greco Theos, in lat�o J?eus e in arabo Allah:_ esempio straordinario_ di


sincretismo della magia rituale. Questo testo di Semzphoras, come ha In­
dicato J.-P. Boudet nella ricostruzione delle dottrine professate dal me­
dicoJean de Bar durante il suo processo per le accuse di eresia mossegli
33 , sarebbe sta­
dal Collegio dei Teologi dell'Università di Parigi nel 1398
to largamente usato daJean de Bar.
L'altro aspetto del segreto è connesso al divieto. Esso contribuisce da
un lato a preservare dal pericolo il mago quando esercita la sua arte e dal-
1' altro di assicurare sicurezza al rito, con le prescrizioni segrete delle ope­
razioni che ne evitano tutte le contaminazioni impure esterne, che così
conferiscono un carattere sacro e puro al rito (cfr. Capitolo IX su Anto­
nio da Montolmo). Il segreto poi contribuisce alla sicurezza non solo del
mago, ma anche di quanti praticano queste arti, perché a partire dalla ri­
provazione di Alberto Magno, di Tommaso e di tutti gli altri che li ave­
vano seguiti teologi o filosofi come Pietro d'Abano o Taddeo da Parma,
queste artes salomoniche angeliche sia ebraiche, che cristiane erano for­
temente perseguite e riprovate, per cui i loro testi scomparvero e riap­
parvero solo molto tardi in età moderna.

2. I:angelologia cristiana
! _do cumenti di magia cerimoniale circolanti nel Medioevo (se non si con­
�? e�ano Picatrix e l'opera di Michele Scoto), secondo la testimonianza
i Pietro d'Abano e dello stesso Alberto Magno, non dovevano essere
n e ces�ariamente tutti di magia malefica, così come era stata descritta da
�estt autori. Infatti attraverso Pietro d'Abano e anche in un inciso di
eh ele Scoto, abbiamo dei riferimenti a testi di magia benefica a sfon-

ha�
�fr. nota 2 1, Liber Raziel, ms. Halle, cit . , f. 224-49. Semiphoras deriva da Schem
1

de lajj z;�sh , _cfr. M . S�HWAB, Vocabulaire de l'angeologie, d'après les manuscrits hébreux
CiiTEN � tofbeque _Natzonale de Paris , Parigi 1897, rist. Milano, 1989, pp. 32-34 ; J. TRA­
Pp. 90 _ 9B�RG , Jewzsh Magie and Superstition. A Study in Folk Religion, New York 1939,
l2 L 'b7
JJ J _; Razie l, ms. Halle , cit., p. 248v.
' '
.
200 1 n · BOUDET , La condamnation de la magie à Paris en 1398, « Revue Mabillon»,
, . s. 12 , 73 , p. 140.
126 Medioevo magico

do religioso cristiano o ebraico: i cosiddetti manuali di ars notoria (per i


cristiani) o i Libri Salomonis, dai diversi titoli e contenuti, per gli ebrei .
Dagli studi più recenti risulta che vi sia una serie di libri dell'ars Salomo­
nis 34 che sembrano opere assai diverse tra loro. Di esse parla Ruggero Ba­
cone3 5 che invita a diffidare di queste compilazioni messe in giro da ma­
ghi e seduttori con un linguaggio magniloquente, dove si possono trova­
re anche delle formule appropriate per scongiurare i demoni e le pre­
scrizioni dei sacrifici necessari che conviene fare per tenerli lontani.
Un altro elemento distintivo rispetto alla magia ermetica è la divers a
considerazione dell'astrologia: nella magia astrale araba le immagini
astrologiche sono essenziali alle operazioni cerimoniali, il che è invece se­
condario nella magia salomonica36 •
Un altro elemento che si ricava da questi trattati di magia cerimonia­
le benefica (o bianca) dei secoli XIII e XIV, sia ebraica che cristiano-de­
vozionale, è l'assenza di una visione dualistica del mondo, come dell'e­
vocazione di Satana o le pratiche del Satanismo. In alcuni di questi testi
di cui ho parlato precedentemente, sia di ispirazione ebraica come i set­
te Volumina Salomonis sive Liber Racielis 37 , che cristiana come l'Ars no­
toria di cui intendo trattare ora, di cui una variante è l'Ars Paulina 38 , non

3 4 Thorndike ci fornisce alcune indicazioni dei manoscritti di queste opere (THORN­


DIKE, A History o/Magie and Experimental Science, cit. , II, pp. 28 1 ss.). Ma in particola re
BOUDET, Entre science, cit., p. 155 , nota 122 e, dello stesso, L'ars notoria au Moyen À ge:
une résurgence de la theurgie antique, in A. MOREAU, J.C. TURPIN (a cura di), La Magie, Ac­
tes du Colloque International de Montpellier, 25-27 mars 1999, t. ID, Montpellier 2000,
pp. 173-91 ; cfr. anche}. DUPÈBE, I:ars notoria et la polemique sur le divination et la magie,
in Divination et controverses religieuses en France au XVI siècle, Parigi 1987 , pp. 123- 3 4.
Si veda soprattutto J. VÉRONÉSE, Les Anges dans l'Ars notoria, Révelation, Processus vi­
sionnaire et angélologie, in Les anges et la magie au moyen tige, cit. 49.
3 ' R. BACONE, Epistula de secretis operibus artis et naturae et de nullitate magiae, in
Opera quaedam hactenus inedita, a cura di J.S. Brewer, I, Longman, voi. XV, Lon dra
1859, pp. 523-32, in De rerum Britannicarum medii aevi Scriptores: «unde quicquid di­
cunt quod Salomon composuit in hoc vd illud, aut alii sapientes, negandum est quia non
recipiuntur huiusmodi libri auctoritate ecclesiae, nec a sapientibus, sed a seductorib us
qui mundum decipiunt».
36 Concordo con l'osservazione di N. WEILL-PAROT, Astrai Magie and lntellectual
Changes, in J.N. BREMMER, J.R. VEENSTRA (a cura di), The Metamorphoses o/Magie /rom
Late Antiquity to the Early Modern Period, Peeters, Lovanio 2002, p. 172.
37 Città dd Vaticano, Biblioteca Vaticana, Reg. lat. 1300, sec. XV-XVI, ff. lr-399 , u n a
colonna. Incipit dd Prologo: «Prout dicit Salomon in libro Sapientie, omnis sapien tia et
omnis scientia».... , (f. 2v) «et ego magister Iohannes Clericus existens sub reveren tia et
mercede predicti domini (Alfonsi illustris regis Castelle), transtuli istos libros qui lib ro
Razielis sunt coniuncti de latino in ydioma castellano».
38 Città del Vaticano, ms. Vat. lat. 3180, fine sec. XV-XVI, ff. 43va-5 1r, una colon n a ,
con figure: Incipit «Ars paulina Sancti Spiritus assit nobis gratiam». In fine: «Omn e s
La magia angelica 127

i hanno tracce di satanismo. In altre parole in queste compilazioni non


\ trova la descrizione di un patto tra il mago-stregone-necromante con il
�em onio per guadagnare il favore del principe del male per soggiogare
il mondo. Non si trovano neppure parole di inversione dei rituali o del­
le pratiche della religione sia ebraica che cristiana. Non ci sono preghie­
re ai demoni, ma al contrario suppliche e descrizioni di formule per scac­
ciarli, in n ome dell'infinita bontà di Dio, Bene sommo e della purezza di
cuore dell'operatore che, prima di iniziare l'invocazione di un angelo
deve a lungo esercitarsi nella devozione religiosa, seguendo un periodo
di castità, di digiuno e di preghiera. Nella magia salomonica il fine ulti­
m o dell'operazione è la sapienza e la conoscenza divina. Come si legge
nel Liber Razielis 39 Dio padre, dopo il peccato di Adamo, ebbe pietà del
genere umano che aveva perduto ogni bene e conoscenza per la sua di­
sobbedienza al Padre e così mandò a Salomone a parlare per la sua boc­
ca, l'Angelo Raziel che portava con sé il libro (Se/er) dei segreti di Dio40 •
Così il fine ultimo di queste opere è la conoscenza del bene, che è Dio.
Allo stesso modo, nelle opere di magia benefica cristiana o ars notoria,
si hanno esempi di devozione cristiana, ossia di preghiere sulle figure o
Note non solo del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo ma della santa
Trinità nella sua unità, dei Santi, degli Apostoli e di Maria Vergine e del
Paradiso Empireo, per ottenere mediante la loro intercessione la salvez­
za eterna. Una variante di questa Ars Notoria 4 1 che ho potuto analizzare
è intitolata anche Ars Paulina perché prende il nome dal beato Paolo che
l'avreb be inventata42 e si chiama «notoria» perché insegna a pregare me­
ditando su brevi parole e formule («notae et notabiliter positae»). E una

s� cti intercessores mei in presenti supplicatione mea estote, ut doctrinam sancte Veri­
tatts obtineam ad laudem et gloriam nominis Dei, Amen».
• 39 Cfr. Vaticano, ms. Reg. lat. 1300, una colonna, ff. lr-399v, sec. XV-XVI. Su ciò mi
o
�t � senta di rinviare anche alle note della mia edizione del Lucidato, di Pietro d'Abano
uczda tor. . . , cit., pp. 70-7 1) con indicazioni bibliografiche.
40 « t
_ E misit ei Deus istum librum ad hoc propter vigorem et virtutem verborum istius
� '.'fl ctt et preti
osi libri sciret qualiter poterat recuperare maximum bonum» (Liber Racie­
zs, ms. cit., f. lr).
:� Ms. Y�t. lat. 3180, ff. 43va-5 1r.
« nc p t
no . aIt i i Ars p aulina sancti spiritus assit nobis gratiam Amen. Incipit ars paulina de­
� a a beato Paulo invent a ab ipso post raptum suum coronatum apud quem sollet
di no toria que perfect as dat scientias et notitias vel solet dici notoria quia per brevia
no�•abili
a vel
om 1 s p per breves notas et notabiliter positas orationes dictiones docet et queque
.
ti 0 � 5 .
a ientia a domino Deo est, ideo ponetur in prima figura de Trinitate cum seguen­
e
ni d 1 t »; se?ue: « figura Sancte Trinitatis cum seguenti oratione». Sulle interpretazio-
t

43/ P lus di s� Paaolo cfr. B. DEMOTIONI FAES, Il ms Douai, Bibliotèque municipale


d
s torie la q_uaestto 480 De raptu, che essa attribuisce a Ugo di saint Cher, « Archives d'hi-
I[
octnnale et lettéraire du Moyen Age», 2006, 73, pp. 165-201.
128 Medioevo magico

delle prime preghiere si recita nell'immagine della santa Trinità che è la fi­
gura della bontà divina. Ci si richiama qui alla visione di San Paolo qua n .
do fu folgorato dalla luce di Dio (Ac. Ap. ) , sulla via di Damasco e fu rap i­
to al terzo cielo (Cor. II, 2-4) che è il fondamento di questa tradizione, i n ­
terpretata in modo diverso dalle diverse scuole medievali.
È evidente che un manuale come questo non contiene niente di pa r ­
ticolarmente negativo o demoniaco. Si tratta di una serie di suppliche ch e
partono dall'invocazione più alta della santa Trinità e scendono fino all a
beata Vergine, per ottenere bontà, purezza e sapientia. Tuttavia, anc he
per i riferimenti già ricordati (di Pietro d'Abano, di Alberto Magno o di
Ruggero Bacone) da queste opere di magia devozionale religiosa, si rica­
va l'impressione che esse dovevano essere considerate con sospetto dai
dotti del secolo XIII e XIV, sia filosofi che teologi, e ritenute pericolose
forse proprio per l'assenza di un controllo dottrinale a cui probabilmen­
te si sottraevano e quindi per tutte le possibili deviazioni superstiziose .
Le cautele di Ruggero Bacone in proposito (si veda qui a p. 48) sono del­
le spie evidenti di quanto fossero considerate con diffidenza dalle istitu­
zioni questi trattati che insegnavano a invocare i santi, gli apostoli o gli
angeli sia del cristianesimo che dell'ebraismo. Comunque questo testo si
avvicina assai agli scritti di religione, allo spirito devozionale dei cristia­
ni del Medioevo, secondo una visione monoteistica di Dio, per la quale
Gesù ha cacciato definitivamente il Demonio dal mondo riscattandolo.
a) Tommaso d'Aquino e l'«Ars notoria»
Ma i.ma vera e propria presa di distanza è stata quella argomentata con ­
tro l'ars notoria da Tommaso d'Aquino nella Summa theologiae II•-Il0 '.

Dopo aver trattato della superstizione divinatoria in tutte le sue form e


magiche, nella questione 96 dedicata proprio alle forme superstizios e tra
cui quelle di quanti osservano le pratiche dell'arte notoria, stabilisce su ­
bito che se l'osservanza di preghiere a Dio per essere buoni e acquisire
scienza non è cosa illecita, è improprio invece usare figure (notae) per ot­
tenere queste cose, perché tali individui usano tali note come segni is t i­
tuiti divinamente, come fossero segni sacramentali quando invece non 1�
sono (art. I, ad. 1, p. 34 1). Sono invece segni artificiali pertinenti a p a t ! 1
che hanno significazioni demoniache («pertinentia ad pacta quedam � 1:
gnificationum cum demonibus placita atque foederata») . Per di P 1 �
sono inefficaci per ottenere la scienza, perché essa non è data agli uom t·
ni immediatamente per infusione (sdentia in/usa), ma con una lent a a c ·
quisizione. La conoscenza immediata è data solo ad alcuni per dono d e1 ·
lo Spirito Santo. Si crede erroneamente che essa sia frutto di demoni ch e
invece non hanno affatto il potere di illuminare l'intelletto, perché han ·
no perso la conoscenza con la caduta. Gli unici effetti possibili come
La magia angelica 129

l' acquisizione della scienza dipendono sempre da capacità naturali che


non possono essere causati mai da questi segni artificiali o notae dell'Ars
n oto ria.
Tuttavia Tommaso sostiene una causalità naturale degli astri per cau-
se strumentali e seconde, per cui afferma che le virtù naturali dei corpi
naturali che conseguono alle loro forme sostanziali derivano dalle im­
p ressioni dei cor� i celesti e �osì «ex eorum impressione so�iuntur qua­
43 • Egli pertanto ammette una causal . ta astrale ne­
s d a m virt utes actlvas» i
gli eff etti n aturali. Ma questa «virtù» astrologica è assente nella efficien­
za d elle «n ote» perché non sono segni naturali (in cui potrebbe agire l'a­
r
st o), ma artificiali. Pertanto questi segni non possono avere nessuna ca­
p acità di agire, e quindi le note, le figure dell'Ars notoria sono del tutto
inutili e dannose e non danno la scienza infusa.
Ne segue che tutte le pratiche delle Note, come sospenderle con que­
ste parole divine al collo, per tenere lontane la sfortuna o attivare la for­
tuna, sono vane e illecite, mentre le osservanze per ottenere la salute, sen­
za l'uso di queste note, sono senza dubbio lecite.
Tommaso non fa alcun riferimento alle presenze angeliche nell'uso
delle osservanze dei simboli cristiani riprodotti figurativamente nell'ars
n otoria , ma tratta degli angeli in diverse fasi del commento alle Sentenze ,
nel De malo e nella Summa theologica , dove afferma che l'angelo è crea­
tura incorporea, spirituale, composto di mente o di intelletto non di­
scorsivo; il movimento della sua mente si volge contemporaneamente sia
verso il fine che verso quelle cose che sono ordinate al fine44 (si veda qui
il Capitolo IV). Rispetto a Bonaventura la angelologia ha una minore
centralità nella sua speculazione complessiva.
In generale a partire dalla produzione teologica del XII si vengono a
e
t lineare due figure teologiche dell'angelo: l'angelo «persona» dotato di
he� à e volere, messo alla prova, aperto all'uomo, che ha una precisa
f�n z ione nella storia della salvezza e l'angelo-luce, manifestazione teofa­
n_i c a di Dio avulso da ogni manifestazione temporale. Questa articola­
zion e avvenne mediante l'acquisizione e la circolazione di tre gruppi di
�Pere, 1) il De fide orthodoxa del Damasceno, tradotto già nel 1 15 3-54 da
urgun dio da Pisa, 2) il Corpus Dionysiacum latino (costituito principal­
e
� J°te dalla versione dell'Eriugena e da parti del De divisione naturae e
a accolta delle Sentenze di Pietro Lombardo. Da quel momento gli
an geli� da _
i
su e un asConventi entrano nelle Università e l'angelologia cristiana as-
tn setto scientifico .

4l
't
/mm aso , Summa theologia, 11"11', art. I. ad 1 . , p. 3 4 1 .
0
44 MMAso , De malo, quaest. 7 , art. 9, ed. cit., p . 750.
130 Medioevo magico

Tommaso introduce una nozione molto importante, avversa compie.


tamente alla idea dell'angelo dell' ars notoria, in quanto trattando di come
l'angelo comunichi con l'uomo, ossia del parlare angelico45 stab ilisce la
differenza tra locutio 46 e illuminazione. Anche l'illuminazione è un p ar.
lare, ma non viceversa perché, affinché il parlare sia una illuminazion e è
necessario un atto di manifestazione. Mentre Tommaso attribuisc e al-
1'angelo un compito speculativo, Bonaventura gli attribuisce una funzio­
ne «ministeriale», connotata dall'idea della consolazione, dell'aiuto, del
conforto da dare all'uomo.
b ) San Bonaventura
La devozione che legava Bonaventura a San Francesco fondatore del .
I' ordine47 il quale concepiva gli angeli come custodi e protettori di cui in­
vocare la benedizione e l'intercessione verso Dio, lo stimola a una el abo­
razione complessa e articolata di questa idea di angelologia «ministe ria­
le» in cui egli si contrappone nettamente alle dottrine dell'angelologia
araba. Secondo Avicenna e l'Autore del Liber de causis gli angeli pote va­
no essere identificati con le intelligenze, le sostanze separate interme die
tra Dio e il mondo, le coaequeva a Dio e da lui emanate. Secondo l' ange­
lelogia cristiana invece il compito dell'angelo è quello di una creatura che
ha una missione di assistenza dell'uomo: Bonaventura si pone così una
serie di quesiti che riguardano i loro compiti nei confronti degli umani.
Si domanda così se sono mandati per infiammare il nostro a/fectum ; se
per illuminare il nostro intelletto; se il loro linguaggio è uguale al loro
pensare; se medesimo possa essere il linguaggio che viene da Dio e dal-
1' angelo48 • Secondo Bonaventura esso è stato mandato da Dio per una lex
caritatis e deve soccorrere sia l'intelletto che la volontà che è debole nel­
l'uomo. Tuttavia l'uomo non è mai condizionato dall'intervento dell 'an·
gelo, che non è un essere intermediario tra Dio e l'uomo in quanto l' a�­
gelo veicola, trasporta semplicemente l'azione di Dio e prepara le mt ·
gliori condizioni dell'anima per riceverla. Non ha una causalità prop ri � ,
ossia non ha una causalità per influenza, come sostenevano i neoplatonI·
ci come l'Autore del Liber de causis che aveva sviluppato organicame nt�
questa nozione. L'angelo poi contro la dottrine dell'illuminazion e degli
intelletti angelici di Avicenna, non illumina mai la parte superiore del-

45 TOMMASO, Summa theologiae cit., pp. 106- 107, de locutione angelorum.


46 TOMMASO, Summa theol. , cit., pp. 106- 107 «responsio: illuminare nihil aliu_d _ eSt
r
quam manifestationem cognitae veritatis alii traditae [...]. Sic igitur unus angdus dicitu
illuminare alium in quantum ei manifestat veritatem».
47 Sulla visione di San Francesco cfr. BoNAVENTIJRA, ltinerarium mentis in Deu ffl,
Quaracchi Firenze, 1882 ss., tomo V.
48 BONAVENTURA, II Sent. , 10, Firenze, Quaracchi, 1982 ss., tomo II, p. 259 .
La magia angelica 13 1

,. ell tt o ch e sola è illuminata da Dio attraverso le ragioni eterne, ma


I it efacol t à inferiori • Egli comunica con una locutio spirituale e sti­
49
so le
1
rno : i pha
ntasmata dell'uomo (così come peraltro in negat ivo fa il suo av­
emonio) 5° . La gerarchia angelica è un mezzo per l'ascensione
vers rio il d · ·
de11'amma ·
e' 1mme
.
diata: se anch e l'ange1o m-
dell ' anim a; 1a redenz1one
terce e,
d l'uomo è t uttavia capace di salvarsi di per sé.
La magia angelica medievale dell'ars notoria si fonda sull'idea che gli
angeli parlino, cioè comunichino con gli uomini nel loro particolare lin­
uaggio . Nel Medioevo latino tutti accettano l'idea dell'esistenza degli
:ngeli, ma il linguaggio �ng�lico n_�a sist�mazione di To�maso è una
fo rm a di met afora perche gh angeli m realta non parlano. Circolava tut­
t avia la credenza che essi avessero una comunicazione verbale poiché
un a loro prima manifestazione si sarebbe avuta con l'illuminazione co­
noscitiva della mente, così come avvenne a san Paolo quando fu folgora­
to dalla verità divina sulla via di Damasco5 1 • Ma per Tommaso52 gli ange­
li n on emettono suoni, se profferissero suoni agirebbero solo per virtù
magica superstiziosa.
Dal passo di San Paolo nella Lettera ai Corinzi, con la sua elevazione
al terzo cielo, si originò l'idea di una esperienza estatica, la credenza che
la comunicazione con gli angeli potesse donare l'accesso ai segreti del
cielo e della natura. A parte la rivelazione di San Paolo sulla via di Da­
masco e la sua elevazione, l'idea che gli angeli possano comunicare con
noi in lingue sconosciute, è un topos della tradizione mistica eterodossa
piuttosto che derivata dalla tradizione teologica cristiana. Però nel Me­
dioevo si sviluppò indipendentemente dalla tradizione angelologica di
Tommaso di tipo razionale e filosofico, e di Bonaventura di ispirazione
c_a?tativa, un interesse di tipo magico per gli angeli, concepiti come en­
t ita che possano aiutare gli uomini per controllare e dominare la natura
s
� - uperarla con la devozione a loro tributata Essa sarà espressa in forme
iv
_ erse e con rituali differenti in cui si mescolarono fonti e tradizioni de-
llba�e da_ t �a?izioni religiose apocrife ebraiche e cristiane, ermetiche e dai
ri pro1b1t1 di magia.
Nell'angelologia medievale nonostante i chiarimenti di Tommaso e le

Qu
49 Bo NAVE
NTIJRA, Collationes in Hexaemeron 2, n. 10, tomo V, a cura di F. Delorme,
���chi· , Firenze 1934, p. 338.
ONAVE��, In II Sent. 10, 2, 2, ad. 4, Quaracchi, tomo II, 182 ss., pp. 266-67.
S uU• an gelolo
ra la gia di Bonaventura cfr. in particolare B. DE MoTIONI FAES, San Bonaventu­
e c
sielll.e � i-:la di Giacobb� . L�t:ure d�· ange�ologia, Biblio�olis, Napoli _ 1995 e della stessa in­
51 ':[1 i.
siècle . Suarez -N am, Hzerarch zes, Mzracles et /onctzon cosmologzque des anges au XIII'
tt
es Anges cit., pp. 717-5 1.
52 z Apos t . 9,3; Cor. II, 2-4.
TOMMAs , Summa
o theologicae, cit. 107.
132 Medioevo magico

posizioni meno nette da un punto di vista intellettualistico di Bon aven.


tura, entra una considerazione magica per cui è universalmente acc olt a
l'idea dell'esistenza di lingue angeliche o anche di una lingua origin a ria
archetipa. Il linguaggio angelico perfetto nella tradizione magica sia m e­
dievale che più tardi secondo l'elaborazione di Pico e della cabbala dei
secoli XV e XVI, era costituito dall'ebraico. Si rafforza una nozione se­
condo la quale l'uomo può ricorrere a linguaggi specifici come a degli
strumenti sovrannaturali i quali gli permettono di svelare i segreti d ell a
natura e del cielo . Una tale concezione del linguaggio fa sparire il con fi ­
ne tra ciò che dipende dall'uomo e ciò che dipende dall'angelo poich é si
vale di incantesimi, formule e preghiere. Entrando in contatto con il l in ­
guaggio degli angeli, l'uomo può raggiungere una certa perfezione e re ­
staurare le capacità che aveva prima della caduta.

c) «Le Llibre dels Angels» di Francesco Eiximenes (circa 1330-1409)


Se Bonaventura fu anch'esso molto prudente nella elaborazione della sua
angelologia, tuttavia alcuni quesiti rimasero aperti: egli non spiegò con
precisione la loro funzione, la differenza della loro natura rispetto al­
l'uomo, rispetto ai santi. La sua interpretazione della visione beatifica di
San Francesco fu modificata poi da Gioacchino da Fiore e dai suoi se­
guaci e fu intesa nel senso che Francesco agisse nello Spirito di Elia, iden­
tificato con l'angelo dell'Apocalisse.
Gioacchino da Fiore sviluppò così una angelologia eterodossa, assai
seguita dai francescani dissidenti. Secondo la sua visione escatologi ca, la
missione redentrice di Cristo ha fatto della natura umana una sostanza
perfetta superiore e non inferiore agli angeli, e così l'uomo può attr aver ­
sare i cieli angelici, elevarsi fino a Dio mediante essi. Bonaventura fu m ol­
to prudente, ma, a differenza di Tommaso, elaborò una angelologia co m ­
plessa, che contribuì a infondere nel pensiero medievale l'idea dell 'im­
portanza dei Cori angelici, della loro funzione «ministeriale» di socc or ­
so per l'uomo e contribuì all'idea della loro importanza nella elevazio n e
e perfezione degli uomini.
Questi possono essere, in breve sintesi, i precedenti dottrinali del
francescano spagnolo Eiximenes che elaborò nel suo testo in volgare l a
dottrina «dell'angelo custode» e sviluppò una angelologia cristiana e t e ·
rodossa, ma non da considerarsi ancora magica come l'ars notoria .
Siccome nell'adorazione degli angeli vi è racchiuso un rischio di idol a­
tria Eiximenes mostra di tenere presente le distinzioni di Tommaso e l a
dottrina di Bonaventura, però andando più oltre fino al limite dell 'o r ­
todossia.
La magia angelica 133
3
Francesco Eiximenes (circa 1330-1409)' era un teologo francescano
edicatore e scrive le Llibre dels Angels su richiesta di Pietro Dartes ciam­
bdlano del re d'Aragona che aveva una devozione particolare per gli an-
eli'4. Q uesto scritto non rientra propriamente nella magia angelica e con­
�rib uisce al culto dell'angelo custode, che fu istituito ufficialmente nel
l 395 dopo una violenta epidemia di peste. Convinto dell'importanza de­
gli angeli nella vita quotidiana, egli la pone nella devozione di tutti i giorni
e si spinge più in là di Bonaventura, senza oltrepassare l'ortodossia e scon­
fmare nella magia. Infatti gli angeli elevano gli uomini solo per l'amore che
ispirano, la loro illuminazione è perfettamente naturale, non c'è nessun ex­
cessus mentis; non danno risposte, non danno visioni estatiche che invece
possono essere frutto del demonio; l'uomo non deve chiedere visioni esta­
tiche, porre interrogazioni sul futuro. Gli angeli sono esseri non superiori,
ma inferiori all'uomo, al loro servizio in missione di carità. Essi comunica­
n o spiritualmente nell'interiorità degli uomini, nella loro anima.
Se parlano pertanto agli uomini, comunicano in maniera metaforica co­
me aveva sostenuto anche Tommaso d'Aquino", anche se realmente, sulla
base dei rapporti personali fondati sulle devozioni all'angelo e non esiste una
gerarchia spirituale tra di loro. La loro comunicazione è il loro pensiero ed
essi parlano sia tra di loro che nell'anima dell'uomo, però egli non chiarisce
cosa sia il loro discorso, perché questo argomento era uno dei più discussi e
controversi, era stato esaminato e interpretato diversamente da Tommaso
che lo aveva risolto nel senso che gli angeli non parlano, non emettono pa­
role, perché se così accadesse, sarebbe per opera magica del demonio.
. Così per l'angelologia ortodossa come può essere considerato il testo
di Francesco Eiximenes i nomi degli angeli non forzano nulla, se lo fan­
no è credenza illecita e opera del demonio.

3 . La magia angelica cristiana


a) L' « Ars notoria» o «Ars nova»
�a magia angelica dell'Ars notoria è centrata invece proprio sulla cre­
enza _n ella forza operativa delle parole, dei nomi degli angeli e dei segni,
notae ..,..., cui· s1• rappresentano.
La magia assicura al nome e al suo segno una funzione operativa. Esso

'
3 su �. lui. cfr. Lexicon des Mittelalters III, Monaco-Zurigo 1986, col. 1760- 176 1.
54 S
lo n ull angelologia ortodossa cfr. D. KECK , Angels and Angelology in the Middle Ages,
d ra 1988
eroi: T.s,Su�z� NAN 1, Il parlare degli angeli: un segreto di Pulcinella, in Il segreto, Mi­
des gu XIV, S 1smel, Firenze 2006, pp. 79- 100 e della stessa, Connaissance et language
a nges se/on Thomas d'Aquin, Roma-Parigi 2003.
134 Medioevo magico

è uno strumento che identifica le operazioni specifiche del linguaggio


con azioni reali incantatorie. L'efficacia di queste operazioni dipende
dall'assistenza fornita dagli spiriti, gli angeli evocati che possono esse re
indotti dalle evocazioni e devozioni a loro tributate, a fornire i se rvi zi
richiesti.
La teurgia pagana dei Misteri degli Egiziani di Giamblico ne fornis ce
un notevole esempio. Esisteva tuttavia una differenza tra il rituale magi­
co cristiano dell'Ars notoria e il rituale magico della teurgia pagana, ri ­
spetto alla funzione delle parole, poiché l'uso della parola pronunci ata
trasforma l'operatore in mago conferendogli poteri che non aveva prima,
mentre nel rituale cristiano, l'efficacia del rito e del sacramento era rite­
nuto interamente indipendente dalla disposizione dell'officiante e non
ne modificava la natura ministeriale.
Il rituale magico è quindi aggressivo e conferisce al mago pote ri
straordinari al di sopra della sua natura che deve forzare al punto da su­
perare se stesso. L'operatore invece nel rito cristiano è passivo anche se
elabora un rituale per l'invocazione degli angeli.
Dove la magia cristiana come nell'Almandel Salomonis fa di tutto p e r
avvicinarsi all'ortodossia, non è più magia. Ma essa fu condannata per­
ché nonostante i mascheramenti che cercò di elaborare, conteneva tutti
gli elementi della magia rituale destinativa, in questo caso non i demoni,
ma le gerarchie angeliche cristiane.
Le copie che contengono il testo dell'Ars notoria chiamata anche Ars
nova, sono molto numerosi e nonostante la condanna di Tommaso e le
prese di distanza per esempio di Ruggero Bacone dovettero circolare an­
che se clandestinamente. Il motivo dipendeva dagli intenti di questa pra­
tica magica destinativa all'angelo la quale pretendeva di ottenere l'onni­
scenza o la scienza infusa direttamente dall'angelo, senza percorrere tut­
to il curricolo universitario delle artes, della filosofia o della teologia .
Queste opere in altri termini sembrano avere avuto il carattere di una al­
ternativa al curricolo universitario regolare e hanno avuto uno sviluppo
notevole a partire dai primi decenni del XIII; più di una quarantin a di
opere sono state recensite dagli studiosi56 che stanno attualmente anal i z­
zando questi testi. Il rituale che è qui descritto nei testi permetterebbe di

' Sui mss. dell'ars notoria, F. KLAASEN, English Manuscripts o/ Magie, 1300- 1500 A
6

Preliminary Survey, in C. FANGER (a cura di) , Compuring Spirits Texts and Tradition o/
Medieval Ritual Magie, Stroud, Gloucestershire 1998; VEENSTRA, La comunication a ve�
/es anges, cit., pp. 774-812. J.P. BoUDET, I:ars notoria, une résurgence de la théurgie a n tt­
que, cit., pp. 173-91. In particolare cfr. J. VÉRONÉSE, Les anges dans l'ars notoria, révela ­
tion, processus visionnaire et angélologie, in Les anges et la magie, cit., pp. 813-48.
La magia angelica 135

fectctDurealscei dando
re le capacità naturali dell'uomo e in particolare le facoltà intel­
l'onniscienza.
cerimonie basate su una ascesi severa, sull'invocazione, le in­
iverse
es delle notae indirizzate a Dio e agli angeli permettono di svi­
sp ection
lup p are la memoria, il discorso razionale e infine l'intelligenza o intellet­
n
to. devoto acquisterà così la scienza infusa padroneggiando completa­
mente il trivio (grammatica, retorica e logica in cui sono contenuti le co­
noscenze dei due diritti (canonico e civile), poi il quadrivio, la filosofia e
57
la teologia, le arti adulterine del XII (come la theatrica , il lanificio, la na­
vigazione ecc.), ma anche la mantica, tutte le discipline tradizionali delle
58
enciclopedie del XII e XIII secolo, secondo diverse accezioni • Nell'ac­
quisizione di questo sapere gli angeli hanno una funzione importante.
Viene così elaborata una angelologia con la descrizione delle gerarchie
angeliche così sovrabbondante da non essere più canonica.
La fabbricazione e l'invocazione dei nomi degli angeli erano state in­
fatti condannate nel Canon 35 del Concilio di Laodicea in Frigia, nella
seconda metà del IV secolo, interdizione rinnovata nel Concilio di La­
t rano nel 745 59 •
Nell'Ars notoria gli angeli operano al termine di un rito che è esso
s tesso il risultato di una rivelazione angelica. Questa pratica rompe con
la tradizione della comunicazione dell'Angelo con l'uomo inteso come
un dono di Dio e della risposta dell'uomo fondata sul suo libero arbitrio,
per togliere ogni responsabilità all'agire dell'uomo. Non si tratta tanto di
fo rzare l'angelo a intervenire, ma unicamente di rispondere con le rego­
le del rituale magico alla loro sollecitazione che proviene da Dio di cui
es si sono gli iniziatori e, infine, i soli responsabili.
Tutto dipende quindi da una rivelazione originaria che, come abbia­
mo già messo in luce nel caso della magia angelica ebraica salomonica,
deriva direttamente da Dio, tramite l'Angelo.
' L'A �s � otor(a se�on_do gli studi di Vér�nése60 è composta di 1 ue gran­
di p art ; il p
i r1mo mtltolato Flores aurei, raggruppa la maggior parte
d �e orazioni,
così come le figure; la seconda parte contiene dieci pre­
ghlere che so
no state rivelate a Salomone in un secondo tempo. Il mito
vuole infatti che essa sia il frutto di una rivelazione angelica al re Salo-

7 su c o
5
58
sec l Tfr.t. , cfr. l'introduzione alla mia edizione di Pietro d'Abano, Lucidator, pp. 60-61.
La d�visione della filosofia e la sua ragione. Lettura di testi medievali (VI-XIII
cu�a d1 Giulio d'Onofrio (Atti del VII convegno della Società italiana per lo stu-
dio:� ;en
59 siero Medievale, Assisi 14 - 15 nov. 1997), Avagliano ed., Cava dei Tirreni 2001.
f
ou 1 C' �- Ph. FAVRE , L'ange dans le haut Moyen Age Occidental, IV•-IX• siècles: création
:d �:zo n ?, « Mediévales: langue, texte, histoire » , 1988, 15 , pp. 3 1-49.
r. VÉRO NÉSE, Les anges, cit., pp. 813-48.
136 Medioevo magico

mone, la cui persona corrisponde bene alla natura ambigua di qu e s ta


arte magica.
Per questo riferimento a Salomone l'Ars notoria fu dalla bassa latinità
durante tutto il Medioevo inclusa fra le forme della magia salomonica.
L'angelo non ha sempre lo stesso nome a seconda della elaborazione dei
manoscritti e le rispettive glosse. La rivelazione dell'angelo può avveni re
in modi diversi, o in sogno, o per visione, oppure come si legge nella ver­
sione glossata dei Flores aurei per un incontro reale nel momento in cui
Salomone era in procinto di pregare nel tempio, per cui egli ricevette da
questa entità spirituale, un libro in cui sono contenuti i precetti divini e
che la glossa indica come Tabulae aureae, - allo stesso modo dell'angelo
nel Liber Racielis, che gli consegna il Liber (se/er in ebraico, appunto ) .
Chi non rispetterà la dottrina contenuta nelle tavole, romperò l'alleanza
con Dio. Il testo dunque dell'ars notoria ha la pretesa di essere un testo
sacro per rivelazione diretta di Dio, che bisogna osservare e rispettare
sotto la pena di una punizione divina terribile.
Per apprendere immediatamente le scienze, hanno un ruolo attivo gli
angeli cherubini. Essi erano disegnati nelle notae ed erano investiti di una
funzione precisa nel processo di illuminazione del devoto. Il vederli rap­
presentati era complementare alla necessità di conoscere i loro nomi per
poterli interpellare. La considerazione visiva della figura (nota) per la ra­
pidità dello sguardo e del suo carattere globale, permette di abbreviare
un linguaggio che impedirebbe, per la sua discorsività, di conoscere in
maniera istantanea l'oggetto che si ricerca. Esiste quindi un rapporto
complementare tra linguaggio e figura, e l'immagine o Nota ha un valo­
re diverso rispetto alle immagini astrologiche della magia astrale pagana
e araba che racchiudono i poteri superiori dei corpi celesti poiché questi
ultimi richiedono un cerimoniale e un atteggiamento dell'operatore di­
verso da quello dell'ars notoria.
In questo senso la magia angelica dell'ars notoria si differenzia s o ­
stanzialmente dalla magia cerimoniale astrologico-necromantica, anc h e
se ha ugualmente un carattere destinativo. Una differenza consiste n el­
la condizione per cui l'operatore è passivo rispetto all'azione dell'ang e ·
lo il quale a sua volta è passivo esecutore di un disegno di cui non c om ·
prende il fine. Lo scopo, anche se interessato, è legittimo e non c'è ido­
latria nell'operazione perché anche l'angelo è un mero esecutore , u n
ministro. La responsabilità si limita a rispettare le regole delle ope ra·
zioni che sono rivelate dall'alto per rendere operante un mistero c h e
non si comprende.
La nota è espressamente figurativa e l'errore sta nel ritenerla evocativa
di effetti che non sono naturali ma artificiali. Le figure che per Tomma so
La magia angelica 137

ppresentazioni simboliche, sono ritenute in questi casi avere


s 00 pure ra
f �tere dopo ripetuti esami o «ispezioni». Queste figure dopo tutti questi
ro scrutini permetterebbero di ritrovare la quintessenza misteriosa del
s pere per l'_in_terve�to d�?'an�elo. Tutt�via lo studen�e dovrà, nonostan­

te questi attl ripetuti dell 1spez1one del libro che contiene le note, andare
ugualmente alle Scuole per ascoltare la lezione del maestro. Nell'appren­
cfirnento di questo sapere i due sensi che hanno una grande importanza
sono l'udito delle parole e la vista della figura scritta con i nomi.
Tuttavia la dottrina dell'ars notoria secondo Julien Véronése che sta
61
st ando la tradizione manoscritta , si sviluppa in due tempi diversi se­
udi
condo due versioni: una prima che è molto timida nell'elaborare una
teurgia utilizzando i testi cristiani e una seconda che nelle sue Glossae,
cerca di fondare una teurgia testamentaria che intende distinguere l'ars
notoria dalla necromanzia e da tutte le magie divinatorie necromantiche,
forzando i testi biblici. Tuttavia poiché l'origine di questa rivelazione di­
pende da Salomone, ossia ha un'origine vetero-testamentaria ebraica,
questo tentativo di inserimento all'interno del cristianesimo risultò falla­
ce. Questo limite toglie pertanto all'ars notoria e alle sue formule, la pre­
tesa di considerarsi sacre secondo il cristianesimo. Infatti la giustificazio­
ne della rivelazione divina non era sufficiente per farla distinguere dalla
teurgia pagana nonostante che la preoccupazione più forte fosse quella
di distinguerla dalla magia demoniaca, che potesse condurre alla identi­
ficazione dell'angelo con il demonio. Resta innegabile da un punto di vi­
sta teorico la vicinanza con le teurgie pagane degli oracoli caldaici e le
glosse della seconda versione, descrivono operazioni di accesso al sapere
che appaiono di un grande pericolo non solo per le autorità ecclesiasti­
che, ma anche per le strutture dell'insegnamento universitario con i suoi
curricola ben istituzion alizzati. Inoltre dai testi non emerge con chiarez­
za quale sia il grado di trascendenza della sfera divina e secondo l'orto­
?0ssia scolastica nessun atto propriamente umano può obbligare Dio ad
liltervenire. Il chiarimento dato da Tommaso d'Aquino precisò molto
b ene l'illusorietà di questa pratica: lo scambio di un segno artificiale
c o me foss
e naturale quando invece solo quello naturale può produrre un
effetto che sarà a sua volta naturale (la scienza). I demoni anche se po­
t ssero eventua
� lmente essere legati con il segno artificiale nell'Ars noto­
ri�, non avrebbero il potere di illuminare l'intelletto e di infondere la
Ìe �n�a. U?a illuminazione puramente intellettiva senza l'ausilio natura­
c
ei sen si, secondo Tommaso non è propria dell'uomo62 •

: ifr.
VÉRONÉSE, Les anges, cit . , pp. 8 1 3 - 14 .
OMMAso, Summa theol., cit. , q . 1 1 1 , a. l .
138 Medioevo magico

b) L' «Ars paulina»


L'Ars paulina, come ho già accennato, è un'opera contenuta nel ma no .
scritto Vaticano (Vat. lat. 3 1 80, ff. 43va-5 1r, sec. XV-XVI) 63 , copia a ss ai
tarda, e non sappiamo quando, quanto e come questo testo sia circolat o .
J.-P. Boudet, trattando in generale della tradizione dell'Ars notoria kh e
conta numerosi manoscritti con redazioni diverse e glosse come ho a c­
cennato sopra), ipotizza che per le citazioni di autori come Guglielmo di
Alvernia, il maestro dello Speculum, di Pietro d'Abano, le prese di po si ­
zione di Tommaso e di Ruggero Bacone, queste opere dovevano circola­
re dalla fine del XII secolo e nel XIII secolo e probabilmente erano d i
origine italiana, bolognese. La sua ipotesi è appoggiata dalla constatazio­
ne che certi riferimenti come Ars notoria si trovano già nelle poesie d i
Gilberto di Tilbury che aveva studiato diritto a Bologna64 •
L'Ars paulina è un'opera di ars notoria alquanto ibrida poiché unisce
preghiere e figure di rito cristiano con pratiche della magia salomoni ca,
per cui può essere considerata un modello misto di magia teurgica cri­
stiana e ebraica.
La sezione rituale è ispirata al santo Almadel (Almandel o Almanda[)
il quale sarebbe disegnato nella Nota finale come un grande quadrato, un
sigillo da costruirsi in cera, attorniato da quattro candelabri. Su questo
sigillo quadrato devono essere incisi i nomi diversi di Dio, che fanno pen­
sare anche a un'influenza del Liber Razielis.
Il testo è diviso in due parti: la prima contiene le prescrizioni devozio­
nali65, la seconda è propriamente operativa e rimanda esplicitamente al ri-

63 Vedi note 38 e 42.


64 BOUDET, Entre science, cit., p. 152.
65 Tutte le figure sono accompagnate dalle rispettive orazioni: la prima è la Santa Tri­
nità nel suo insieme, la seconda il Padre, la terza il Figlio, la quarta lo Spirito Santo, la
quinta (f. 45v) descrive l'Empireo con uno scritto a destra: «Empireum celum vacuum »
e a sinistra: «Ecce tota figura universi sanctarum celestium virtutum cum seguenti ordi­
ne». La figura descrive cinque ordini di Angeli, Arcangeli, Dominationes, Virtutes, Po­
testates, poste tutte sullo stesso piano con al di sotto sette altri ordini. Segue la preghie ­
ra. Al f. 46r abbiamo la sesta Figura della Vergine Maria: «Ecce figura Virginis glorios e
Marie» che è accompagnata da brevi preghiere a destra e a sinistra e alla base della No t�­
Al foglio successivo, f. 46v, segue la figura settima e ultima: «Ecce figura septima et ul�i_­
ma cum seguenti ordine». È il disegno di un cerchio con cinque cerchi concentrici p t u
piccoli nel terzo dei quali, diviso in sette parti rispettivamente, si legge: «Deus G enit u s
Finis Sanctorum Verum Bonitas Vita». Segue la preghiera finale con la chiusa: «Omn �s
sancti intercessores mei in presenti supplicatione mea estote, ut doctrinam sancte Ve�t­
tatis obtineam ad laudem et gloriam nominis Dei Amen». Questa prima sezione conue ­
ne le seguenti prescrizioni devozionali e morali che sono definite come «i precetti dei:
l'ordinamento di questa arte da osservarsi scrupolosamente». Le prime sono norme d t
disciplina religiosa, in tutto sette secondo i sette giorni della settimana: prescrizione d el-
La magia angelica 139

ual del Santo Almandel. Per alcuni aspetti superficiali è avvicinabile al


e
be occu ltis d � Ant?ni� d_a Monto�o in relazione all'invocazion� degli An-
_ _ _
eli chiamati Alutudim le quali risiedono nelle quattro parti del cielo:
&riente, Occidente, Mezzogiorno e Aquilone. A differenza infatti delle
Altitudin i di Antonio esse sono tutte angeli benefici che non devono es­
sere costretti, comandati con forza come nel testo del Montolmo, ma sup­
p licati ui:n�i:ne?�e e pa�s�vamente._ Esse per l'inter�essione dei nomi dei lo­
ro Principi 10c1S1 nel sigillo esaudiranno la preghiera del devoto.
Il testo illustra lo splendore di queste intelligenze le quali hanno un
or e quadripartito poiché ciascuna divisa per tre, si divide le quattro
din
parti delle Altìtudini del cielo, che sono le orientali, le occidentali, le cen­
trali e dell'Aquilone (nord). Il nome di Altitudine degli Angeli deriva
probabilmente da questa loro posizione di altezza nel cielo.
Essi inoltre non sono collegati con i pianeti come nella magia di An­
tonio da Montolmo, ma semplicemente con i giorni della settimana con­
siderati per esempio come giorno del Sole, di Marte e questo elemento
differenzia questo scritto dalle Altitudini di Antonio da Montolmo che
agiscono influenzando la posizione dei pianeti nelle natività degli indivi­
dui. Esse possono essere invocate anche per ottenere l'allontanamento
dei demoni.
Inoltre le Altitudini non sono le principali ma al di sopra di ciascuna
di esse ci sono i Principi di esse dei quali devono essere invocati i nomi
diversi. Ma la prima invocazione della prima Altitudine che si chiama
Thaoz invoca i nomi di Dio di cui si prepara il sigillo con uno stilo d'ar­
gento. Il rito si compie secondo le prescrizioni del «Santo Almadel sa­
pientissimi Salomonis filii David regis Yerusalem» (f. 47v) su un qua­
drato che ha al suo interno tracciati quattro quadrati: nel primo si inizia
con nomi diversi come Adonay, Helmen; nel secondo Helyon, Helen,
Hely; nel terzo Yeth; nel quarto Thetagrammaton, Saday. Quindi si inci-

la onfessio ne ed eucarestia, il devoto deve essere mondo dai peccati capitali come la gola
e ta lussuria, ripetere
la confessione se cade in peccato mortale, digiunare a pane e acqua
Per t�tta la settimana. Quindi, terminate le osservanze, iniziare a scrutare (oscularz) la pri­
F
�oa igura nell' ora prima della prima luna nuova, senza tuttavia leggere quello che è scrit­
entro la Figur («Nota tamen quod nichil legas de scriptis intra figuram» (f. 47 r) e
a
� 1tinui per otto gio rni questa ispezione fino alla prossima luna nuova e questo durante
o

�e hnazioni: Pas� ate le tre lunazioni, il devoto sceglierà un giorno qualunque e « in illa
e

a tert1a sis in loco secretissimo et hic in ecclesia si fieri potest» comincerà a pre­
g er O Spirito Santo
t
i t sceler co n una lunga preghiera in cui chiederà perdono di tutti i suoi de­
l( a) recitando "Veni sa ncte S piritus ... ". Questa orazione sarà recitata tre volte
d " ser a con gra nde venerazione e se il devoto è dubbio so po trà avere la ce rtezza di rea ­
li: e un
a cosa qualunque che o ra non è possibile. Quindi è riportata la preghiera spe-
ci�� e. te queso do mine
... ". E segue la seconda parte propriamente opera tiv a.
140 Medioevo magico

de nella tavola quadrata di cera il segno di Salomone. Accese le quatt ro


candele si procede nell'orazione che era stata accuratamente descritt a in
precedenza dopo la costruzione del primo sigillo dei nomi di Dio. Q ue­
sta preghiera deve essere ripetuta tutte le altre undici volte che appaion o
le altitudini. Gli Angeli invocati di cui si incidono i nomi dei loro Prin ci­
pi sono infatti dodici e si chiamano con nomi che ricordano il Liber Ra ­
ziel. Essi sono dodici come le dodici parti del cielo (i mesi). Questi dodi­
ci nomi esprimono pienamente tutta la scienza divina66 •
La prima, già citata, si chiama Thaoz e rende l'uomo «letum et per­
fectum» (f. 48r); la seconda Corona ha il potere su tutti i beni e i pos ­
sessi; la terza si chiama Hermon e concerne le amicizie e inimicizie, ol­
tre che i moti di tutte le acque, mari o fiumi; la quarta Parethem ri­
guarda i tesori e le successioni degli averi; la quinta Oym presiede alla
generazione dei figli e alla moltiplicazione di tutte le specie minerali ,
vegetali e animali. La sesta Altitudine si chiama Noym e riguarda i mu­
tamenti delle monarchie e degli imperi di regione in regione (f. 49v) .
Quindi vengono invocate le altre sei Altitudini di mezzogiorno e mez­
zanotte. La settima è Go/or e presiede alle inimicizie e amicizie di tutte
le creature essa è una delle più notevoli per ottenere la scienza infusa
poiché ha poteri speciali per dono di Dio in quanto i nomi dei Princi­
pi di essa che vengono invocati che sono i massimi, hanno la capacità
di donare la conoscenza di alcune discipline del Quadrivio, cioè «in­
fondere habent et possunt super homines astrologiam, geomantiam et
arismetricam» (f. 50r). L'ottava si chiama Ercen e i suoi Principi hanno
poteri sopra i giuramenti e i patti e possono costringere i demoni a os­
servare i patti con gli uomini: «Et cogunt demones observare pacta ho­
minibus». La nona si chiama Saphot e i suoi Principi si chiamano Zaa m,
Zabim ecc. e ha poteri sulla generazione elementare. La decima si chi a ­
ma Razan e i suoi Principi hanno poteri sui temporali. La undicesima è
Vezarnerch ed esercita "indicia Dei que in hoc mundo fiunt" (f. 50v) la
dodicesima si chiama Elysan e i Principi di questa altitudine hann o i
poteri di tenere incatenato Lucifero e costringere tutti gli spiriti a ri­
spettare i precetti67 •
Questa arte è dichiarata disciplina magica. Essa è l'arcano prezios o
superiore ad ogni genere di scienza del mondo, tesoro incomparabile ,
mirabile segreto che è figurato nell'arte notoria di Salomone ed è occ ul -

' « Et est sciendum quod secundum quod sunt XII altitudines, ista sunt XII nom in a
61

Dei que exprimunt ad plenum scientiam divinitatis», (ms cit. f. 47v. ) .


67 « Tenent Luciferum ligatum et cogunt violenter spiritus omnes servare precepta » ,
(ci t. , f. 50v) .
La magia angelica 14 1
68 è possibile per l'inclinazione
to a tutti i sapienti • Questa conoscenza
dell'umano intelletto verso questa arte69 •
Il testo dell'Ars paulina pare quindi rientrare nella tradizione teurgica
magico-cristiana dell'ars notoria commista al rito salomonico. Di questa
op e ra ci pare opportuno sottolineare la differenza della concezione del­
l ' incantesimo dei nomi rispetto alle altre concezioni teurgiche o necro­
rn antiche che abbiamo esaminato per lo sforzo che gli estensori di queste
op e re compirono per non uscire dall'ortodossia. Questa infatti fu una del­
le preoccupazione più forti dei redattori dell'Ars notoria; in altre parole di
fugare la loro identificazione dell'angelo con il demonio; per questo in­
tento una importanza primaria avevano le prescrizioni morali atte ad as­
sicurare la purezza del praticante, la sua devozione ed umiltà secondo le
preghiere, le quali dovevano attirare solo l'attenzione caritatevole di Dio.
Ma come si presenta l'angelo nell'Ars notoria? Secondo una illumina­
zione intellettiva o una visione angelica? In questi testi la visione angeli­
ca è marginale rispetto al rituale e avviene solo attraverso «l'ispezione»
della figura che suggerisce al praticante se deve continuare o no nell'o­
perazione e così a volte dopo una preghiera, si verificano visioni premo­
nitrici, sia da svegli che durante il sonno. Tuttavia in queste opere man­
cano riferimenti chiari a un processo visionario, quando al termine del ri­
tuale, le differenti facoltà intellettuali sono impegnate. Pronunciate in­
fatti i verba mistica, gli angeli e i loro intercessori amministrano il sapere
e la memoria del praticante trattiene tutta la conoscenza senza sforzo.
Si comprende come in queste opere assuma grande importanza anche
la chiarezza della pronunzia dei nomi mistici poiché l'effetto dell'illumi­
nazione immediata della scienza infusa è assicurato dall'accuratezza del
rituale. È da osservare tuttavia che in queste artes notorie non si fa alcuna
��sione alla dottrina magica di Alkindi della forza dei nomi secondo una
visione olistica della realtà basata sull'idea di una simpatia universale, di

li
� a corrispondenza di forze e di energie che agiscono per radiazioni che
1 co rrispondono. I cori angelici e i demoni ci paiono semmai avvicinabi-
alla rappresentazione cristiana del Paradiso o dell'Inferno di Dante.
Pe r concludere malgrado il tentativo, nel suo complesso vano e inge­
n uo di trovare una giustificazione per accordarsi con l'ortodossia, gli
e Srensori di queste opere non raggiunsero il loro intento. A parte le ar-

68
ai « S �iendum est autem quod istud mirabile secretum figuratum est in arte notoria
S omonis et occultatum ab omnibus sapientissimis et archanum preciosum quod est su­
per om em gen

sau s nc us scientiarum mundi archanumque omnium artium occultarum et the-
;: I ?mp arab ilis », (ms. cit. , f. 49r. ) .
Inch _
d uu te naz1one dell'umano intelletto al fine «huius alme artis que supremum gra-
m net omnium occultarum artium magice discipline » , (ms. cit. , f. 47v. ).
142 Medioevo magico

gomentazioni razionali e le considerazioni di Tommaso, molti elementi


rimanevano confusi: non chiaro era il ruolo degli angeli e il modo del loro
intervento. La loro onomastica70 , in greco, in latino, in arabo, in ebr eo
in lingua barbara, era confusa e nebulosa. L'impiano teorico non era be�
chiaro. Gli autori sconosciuti dell'ars notoria manipolarono in tutti i
modi possibili i testi biblici del Vecchio e del Nuovo Testamento, cer ­
cando di accreditare l'ars notoria come un testo sacro, rivelato diretta­
mente da Dio, capace di fare raggiungere all'uomo la scienza infusa sen­
za fatica. Ma il loro sforzo fu vano e rimase nell'ambito della superstizio­
ne religiosa.

c) Il «Liber iuratus sive sacratus»


Un'opera che appartiene al numero di quelle che scomparvero subito, è
certamente il Liber iuratus sive sacratus attribuito a un misterioso Ono­
rio figlio di Euclide maestro di Tebe, nel cui prologo si trovano elencate
delle regole per difendersi dalla politica repressiva di un papa (forse
Giovanni XXII) contro le pratiche di magia che assicurano la visione
beatifica. Il segreto è la base del Liber iuratus in quanto conferisce sicu­
rezza alla sua trasmissione, come si afferma nel prologo. Si narra dunque
che i suoi seguaci, in tutto 89 maghi, dopo essersi riuniti in un luogo ap­
partato giurarono di mantenere il segreto dei cento nomi di Dio che è la
materia del sapere contenuto nel libro di Onorio, da cui è derivato il ti­
tolo di Liber iuratus. Essi giurano su nove punti: 1 ) l'iniziato deve avere
terminato la sua educazione prima di leggerlo; 2) di esso non ne saranno
fatte più di tre copie; 3 ) esso non sarà dato a una donna né un uomo se
non dopo un periodo di prova di un anno. 4) Se qualcuno non è trovato
degno di questo libro, sarà sepolto con il suo maestro mago, in una tom­
ba 5) di cui non si dovrà rivelare il luogo. 6) I discepoli dovranno patire
la morte piuttosto che tradire il segreto e non dovranno temere nulla; 7 )
chi possiede il libro non deve fare domande al maestro il quale amerà i

70
«Alie vero grece, ebree et caldee sunt deprecationes apud sanctos angelos qui pe r·
missione divina habent in isto sancto opere omnes efficacias et virtutes ministrare » [. . . J
«Per eas figuras et earum signa et sanctorum nominum beatorum angdorum que in e i­
sdem figuris describuntur et nominando invocantur virtute Dei et eorum angelorum s uo·
rum beatorum et sanctarum orationum posset tanta scientia cuilibet operatio bono et
fiddi per breve spatium temporis administrari» [ .. . ] «Qui angeli sancti habent adm in i­
strare virtute eorum a Deo sibi concessa operanti in ista arte pro aliqua scientia acq ui ·
renda et gratam consequendi eam sapientiam pro qua laboras, quia officium angelorurn
quorum nomina invocantur in orationibus est scientia pro qua invocantur perduce re
ad effectum» (Ars notoria, Glose, ms. BnF. , lat. 9336, f. 4v. , in VÉRONÉSE, Les Anges, cit . ,
p. 832).
La magia angelica 143

discep oli come il padre i figli. 8) L'unitarietà di partenza di questo segre­


to sarà quella del segreto stesso, in un patto di fedeltà, unanimità e con­
cordia. 9) Tutti i possessori futuri del libro di Onorio sono invitati a os­
servare i precetti di questo giuramento.
Così il segreto mira ad assicurare la perennità dell'adesione al rituale
magico e della credenza nella sua efficacia operativa.
Questo Liber iuratus è conosciuto solo assai tardi ed è citato soprat­
t o dai maghi del XVI secolo (Tritemio, Agrippa, Bruno) ed è attribui­
utt
to a un misterioso Onorio di Tebe. Ma una copia ritrovata daJ.-P. Bou­
detn , della metà del XIV secolo, la più antica, messa in relazione alle ci­
tazioni di autori medievali, pur senza che ne sia detto il nome dell'auto­
re, induce a sostenere che l'opera sia stata redatta durante o poco dopo
il pontificato di Giovanni XXII e quindi sotto Benedetto XII (tra il 1334
e il 1342). Questo papa aveva proseguito la politica repressiva di Gio­
vanni XXII contro la magia (cfr. qui il Capitolo VIII), allorché si ebbero
numerosi processi di magia (almeno dodici) come quello di Cecco d'A­
scoli che si consumò nel 1327 sul rogo a Firenze; Benedetto XII aveva
dato soluzione alla controversia sulla visione beatifica72 • La consultazio­
ne di Giovanni XXII sulla magia dei dieci esperti del 1320 e la bolla Su­
per istius specula che assimila la magia rituale a una determinata forma di
magia, rappresentarono due tappe importanti di questo avanzamento
della magia superstiziosa in stregoneria ed eresia. Il Libro del giuramen­
to è poi citato da Eymeric nel suo Directorium inquisitorum del 1376 sot­
to il titolo di Thesaurus necromantie, ed è attribuito a Onorio di Tebe.
Egli afferma che questo libro fa parte dei libri di magia che egli ha letto
e che ha fatto bruciare pubblicamente secondo le sue funzioni di Inqui­
sitore della Provincia di Aragona. Secondo Boudet, sulla base della da­
t:izione delle copie più antiche che vengono dall'Inghilterra, l'origine del
�bro dovrebbe essere inglese; così come sono inglesi le copie più recen­
ti del XVII secolo, considerata probabilmente la maggiore tolleranza del­
l� età elisabettiana e post-elisabettiana verso quanti collezionavano testi
� 1 d evozione magica, rispetto alle autorità francesi, catalane, spagnole e
Italiane.
Il Liber iuratus non avrebbe potuto circolare senza una prima versio-

7 1 J. .
. - P BOUDET, Magie théurgique, angélologie et vision béatt/ique, in Les anges et la
�e au m en ai,e, cit., pp. 85 1-90 che ne pubblica alcuni estratti rilevanti (pp. 872-90);
� ?Y_
/ /ione cnttca H. GOSTA, Liber iuratus Honorzi; A Criticai Edition o/ the Latin Version
o t e Sworn B ook o/ Honorius, Alm
( Ac quiustet e Wirksell lntemational, Stoccolma 2002
�� Universitatis stockholmiensis, Studia latina Stockholmiensia, XLVIII).
pa C fr. CH. TROTIMANN, La visione béati/ique. Des disputes scolastiques à sa de/inition
r Benoit XII, École française de
Rome, Roma 1 195 , pp. 745 -810.
144 Medioevo magico

ne certamente perduta e conservata più tardi con il titolo di Liber sacer 54_
lomonis, la quale sarebbe quella ricordata anche da Guglielmo d'Alve r­
nia nel suo De legibus. La principale originalità del testo nel panor arn a
della magia medievale, è di essere il solo trattato che si sia conservato, ch e
abbia l'ambizione mediante un complesso rituale, di donare la vis ion e
beatifica, già in questa terra all'uomo iniziato. Con la meditazione di qu e­
sto libro, anche l'anima più debole può sottomettere le sostanze più fo r­
ti, può soggiogare tutte le creature tranne gli angeli. Il libro dona la gr a­
zia di vedere l'Inferno e il Purgatorio, concede la possibilità alla n atura
corporale e visibile di ragionare e istruirsi insieme alle nature incorporee
e invisibili e, soprattutto, raggiungere la visione beatifica (così si legge nel
secondo capitolo (de visione divina) e arrivare alla conoscenza della pote­
stà divina (terzo capitolo: de cognitione potestatis divinae) . Il testo forni­
sce anche una interessante definizione di ars magica che è la scienza (scien ­
tia) dei sapienti, la quale consiste nella prescientia del passato, presente e
futuro, ossia nella divinazione per illuminazione superiore73 •
Una pretesa del genere di raggiungere per ars notoria la visione beati­
fica, in un momento quale quello che è descritto nel prologo in cui que­
sta arte veniva condannata al punto che doveva essere giurato un patto
di segretezza, fa supporre che essa sia stata scritta contro le prese di po­
sizione di Giovanni XXII, il quale era molto preoccupato nei processi di
canonizzazione di distinguere la visione dei santi, da quelle di quanti le
ottenevano per magia. È a tutti nota la disputa sulla visione beatifica che
travagliò il pontificato di Giovanni XXII tra il 1331 e il 1332, come ap ­
pare dai suoi principali sermoni, e dopo la sua morte, nel 1336, come ri­
sulta dalla pubblicazione delle bolle Benedictus Deus di Benedetto XII
che chiuse definitivamente la questione. Giovanni XXII aveva negato
espressamente le possibilità all'uomo di vedere Dio in questa vita sulla
interpretazione del versetto Exodus 33,20: «non poteris videre facia m
meam, non enim videbit me homo et vivet», e aveva negato questa pos ­
sibilità anche a Mosè e a San Paolo, benché fosse stato rapito al terzo cie­
lo. Inoltre egli negava questa possibilità anche ai defunti prima del Giu ­
dizio finale di Cristo e della resurrezione dei corpi74 • E in questo conte­
sto può essere interpretata anche la censura delle tesi della visione intel­
lettiva superiore di Eckhart (1326-1329). Ora il paragrafo 15 del Liber sa ­
cratus, che descrive la visione divina alla quale il mago può accedere pu -

73 « Sic ars magica a magos dicitur, quod est sapiens, et ycos quod est scientia, qua s i
scientia sapientium, cum in ipsa efficiatur homo sapiens, et per hanc sciuntur omnia pre­
sentia, preterita et futura» (a cura di Boudet, Magie théurgique, cit., p. 876 con estra tt o
del prologo e di alcuni capitoli} del Uber sacratus.
74 Cfr. TROITMANN, La vision béati/ique, Des disputes scolastiques, cit., p. 289 .
La magia angelica 145

fii.fjc�ltà dteosiologiche, per riaffermare il rapimento mistico in spirito, allorché


an di tutti i peccati mortali, prende in esame proprio tutte le dif­

all' anima �engono r!velati numerosi segreti �elesti . ? �a tavola del co� ­
_
che e opera composta sotto 1 autorita d1 Salomone: la pri ­
tenuto si ricava
ma parte comprende sei capitoli dedicati al nome di Dio, alla visione di­
vina , alla remissione dei peccati che ne costituisce la premessa indispen­
sabile; i ventisette capitoli della seconda parte devono assicurare al letto­
re la onniscenza di tutto ciò che è stato creato da Dio, i 60 capitoli della
terza e quarta parte corrispondono alla compilazione dei trattati di ma­
gia rituale : costrizione degli spiriti, modificazione della necessità natura­
le e delle sue regole, rapporto di forza tra gli uomini e la natura grazie al­
l'intervento di questi spiriti; apparizione, ritrovamento di tesori nascosti.
Tuttavia gli ultimi due capitoli relativi alla resurrezione dei morti e alla
creazione di animali, che sono gli aspetti più propriamente necromanti­
ci, sono condannati come contrari alla volontà divina e pertanto saranno
negati alle operazioni degli angeli. Da una lettura del testo si evince tut­
tavia che esso non segue l'ordine dell'indice come già era avvenuto nel
Liber Razielis. A proposito degli ordini angelici, celesti, di aria e di terra,
l'Autore precisa che gli angeli si distinguono in quelli che servono Dio e
quelli che servono gli uomini. I primi, ministri di Dio, si dividono in nove
ordini di angeli celesti, secondo una gerarchia leggermente diversa da
quella di Dionigi Areopagata e di Gregorio Magno. Onorio pone i Che­
rubini prima dei Serafini e le Virtù prima dei Principati e le Potestà.
Per la visione beatifica inoltre è sostenuta la superiorità della religio­
ne cristiana rispetto a quella ebraica e al paganesimo. Se i pagani hanno
elaborato delle tecniche sofisticate per comandare i demoni e se i giudei
hanno sviluppato un sistema preciso di invocazione degli angeli, essi tut­
tavia non riescono ad attingere Dio perché non lo conoscono come il
« vero» Dio. Solo il buon cristiano per l'insegnamento del Vangelo che
h a ricevuto, può avere la visione beatifica da vivo .
. Questa professione di fede è necessaria prima di costruire il sigillo del
Dio vivi et veri che è una sorta di talismano divino onnifunzionale, costi­
tuito da una serie di circoli, di eptagoni e di pentagoni racchiusi l'uno
nell'altro che contengono dei segni di croce, di lettere dei nomi divini e
n el
lls g ici di_ origine ebraica. Le invocazioni che accompagnano questo ta-
mano dimostrano come il compilatore doveva avere sottomano il fa­
s
j o testo cabalistico ebraico Schem hamephorasch, che era passato nel­
0
a redazione del Liber Razielis, come liber semiphoras. Come ho accen­
� � o � p_recedenza, esso riguarda l'esposizione del nome impronu ncia-
t

ile d1 Dio formato di 72 lettere ebraiche, o più esattamente 72 nomi di


tre lett
ere tratte dai versetti 1 9, 20 e 2 1 del Libro XIV dell'Exo dus . Q ue-
146 Medioevo magico

sti nomi corrispondono, secondo la tradizione cabalistica, ai 72 nomi de .


gli angeli che proteggono le sfere celesti e sono invocati nelle operazioni
magiche. Il redattore del Liber sacratus in questa copia del XIV secolo fa
una notevole confusione e gli errori vengono corretti con precisione da
Agrippa nel suo De occulta philosophia, in cui fa riferimento al Liber se­
miphoras 75 , attribuendo correttamente questa redazione dei nomi di Di o
ai cabalisti.
L'elaborazione comunemente teurgica del Sigillum dei, comporta t u t ­
to un rituale ben conosciuto. I rituali delle orazioni che preparano alla vi ­
sione beatifica e le fonti di ispirazione appaiono cristiane, come le purifi ­
cazioni quali le abluzioni, le astinenze, la pratica quotidiana della comu ­
nione. Su ottanta preghiere, al di fuori di quella alla Vergine, i Salmi e le
litanie dei santi, la metà circa proviene dalla versione longa dell' ars n o to­
ria conservata in alcuni manoscritti del XIV secolo, sotto il titolo Flores
dello pseudo Apollonio. Questa sezione termina con la lista dei cento no ­
mi di Dio (paragrafo 14) che è annunciata nel prologo, la quale dà la mi­
sura del singolare sincretismo dell'opera e del suo carattere compilatorio.
Si leggono i nomi ebraici di Dio, Hely, Emmanuel, Adonay ecc. , nomi con
terminazioni greche, con consonanze ebraiche (Richel, Admyhec) e qu al­
che esempio di nomi barbari (Sporgongo, numero 70); il nome di Crist o
appare alla fine. Solo dopo l'evocazione dei cento nomi l'uomo può ac­
cedere alla visione beatifica di Dio asceso in trono nel suo palazzo celes te ,
circondato dai nove ordini angelici e dalla folla dei beati. Si tratta di un
rapimento mistico dell'anima, analogo a quello che ebbero i profeti e i
Grandi della Bibbia come Mosè, Aronne, Elia e san Paolo.
Una caratteristica ulteriore di questo trattato, come di buona parte
della magia angelica cristiana è che esso non ha niente a che vedere con
la magia astrale, con l'astrolatria araba dei Sabeani di Harran, oppure
con la magia ermetico-neoplatonica. Infatti gli angeli che regnano sulla
sfera celeste e governano i pianeti sono considerati buoni e hanno com e
ministri alcuni demoni o spiriti in numero di quattro o cinque. Quest e
sezioni paiono far riferimento alla magia bizantina greca e gli angeli pla­
netari alla magia ebraica del Liber Razielis e del Sepher ha-Razim. Il te r­
zo e il quarto trattato sono dedicati alla classificazione degli spiriti terre­
stri (divisi secondo i quattro elementi (terra, acqua, aria e fuoco e i pun­
ti cardinali) , in buoni, cattivi e neutri, seguendo una distinzione diversa
dall'ordinamento cristiano che li distingue solo in buoni o cattivi. Nel
quarto trattato che tratta degli esorcismi per cacciare i demoni, il Liber

75 AGRIPPA, De occulta philosophia, a cura di V. Ferrone Compagni, Brill , Leida 1 92 2 ,


libro III, cap. 25 , pp. 473-74.
La magia angelica 147

us esprime l'opinione che le tecniche di scongiuro dei demoni mal­


sa�'/Jt no meno familiari ai cristiani che ai pagani. L'autore sembra con­
va so
� un di trattare argomenti al limite dell'ortodossia e di esser assai
sc io d que
all e ' he profane.
pratlc
prossimo
La concl usio ne di quanti hanno studiato questo testo76 è che questa
pera è alquanto composita e sembra riconducibile alla riunione di due
�pere malamente accostabili: da una parte, quella sezione del Liber sa­
cratus conosciuto anche da Guglielmo d'Alvemia nel De Legibus verso il
1 2 3 0, è un trattato di teurgia, ispirato alla mistica ebraica, e dall'altra ri­
sale alle compilazioni di Ars notoria cristiana centrate sulla visione beati­
fica. Esso sarebbe contemporaneo al periodo delle grandi controversie
sulla visione beatifica durante i pontificati di Giovanni XXII e di Bene­
detto XII: la presa di distanza di molte parti del Liber sacratus dalla ma­
gia demoniaca e dalla necromanzia astrale rivelano una particolare at­
tenzione per le discussioni di quel tempo, in cui i confini della magia
bianca non erano ancora ben delimitati rispetto all'ortodossia.

M1;;lcfr. re gli studi di J.-P. Boudet e di H. Gosta, citati, R KlECKHEFER, Magie in the
olt
e Ages, Ca mbridge 1989, p. 171; COHN, Démonolatrie et sorcellerie, cit., p. 2 16.
.
8 In cammino dalla superstizione magica all'eresia
· La con sultazione sulla magia di Giovanni XXII
del 13 20 e Enrico del Carretto

Jacques Duèse (1244-1334) eletto pontefice nel 1316 con il nome di Gio­
vanni XXII ebbe un pontificato difficile e turbolento e la sua elezione fu
estremamente complessa 1 e contrastata.
Di formazione giuridica e non strettamente teologica si trovò di fron­
te a grandi controversie (entro cui, ma forse non una delle minori) fu la
definizione delle operazioni magiche che egli riteneva necessaria nei pro­
cessi di canonizzazione per distinguere le opere miracolose dei santi, da
quelle dei malati e degli impostori-maghi. Le più grandi controversie che
egli dovette affrontare furono quelle che travagliarono la cristianità per
secoli: della povertà evangelica che lo costrinse al confronto con gli spi­
rituali francescani; dell'autorità del Papato di fronte all'Impero che lo
oppose a Ludovico il Bavaro e negli ultimi anni, quello sulla visione bea­
tifica che coinvolse l'intera cristianità del suo tempo.
Come ha messo in luce Alain Boureau, fin dagli inizi della fondazio­
n e dei Tribunali dell'Inquisizione, era molto difficile procedere alla con­
statazione di «fatti eretici», sulla cui base procedere alla condanna, in
quanto si poteva dichiarare una persona eretica solo quando era ritrova­
ta colpevole di «manifesta heretica pravitate». Nel processo doveva es­
se�e distinto senza incertezza o il minimo dubbio, il vero contrapposto
ali errore e quindi successivamente si poteva procedere alla scomunica. I
Processi che si susseguirono al tempo di Bonifacio VIII e di Clemente V
0str
�e a ano come cominci a delinearsi con una certa urgenza il problema
ll minaccia
I e�ch si dei demoni in qualunque forma; ma la ricerca era diffici­
r�J. é trat �ava di ricostruirne la verità. Erano diversi gli organi giu­
i I ci e quelli competenti a occuparsi degli invocatori del demonio le cui

voi . � Cfr. C . T ROTTMANN, ad vocem, in Enciclopedia dei Papi, Enciclopedia italiana,


à sa dI 'lo.m a 2000, pp. 5 12-2 1 . pello stesso La vision béatz/ique, Des disputes scolastzques
e tn ztzon par Benoit, XII,
Ecole française de Rome, Roma 1995.
150 Medioevo magico

azioni il più delle volte sconfinavano nell'azione penale delittuosa: es si


concernevano la giustizia Episcopale con i suoi diversi tribunali, il Tri ­
bunale della Inquisizione e le Commissioni pontificie ad hoc. L'Inqu isi ­
zione fu creata dal Pontificato a partire dal 1233 allo scopo di persegui­
re l'eresia e, agli inizi, le operazioni dei maghi e indovini, erano ritenu te
superstiziose e ancora non idolatriche e, quindi, non vi avevano molta
parte. Il Tribunale dell'Inquisizione aveva come suo fine l'estirpaz ione
dell'eresia e comprendeva sia teologi che giuristi. È molto difficile d a re
un giudizio sereno sull'Inquisizione medievale, dal momento che la sua
immagine è stata oggetto di violente controversie. Tuttavia i paramet ri
che possono valere per l'Inquisizione o Santo Uffizio dei secoli XVI e
XVII con la lacerazione della cristianità nelle Chiese Riformate e la Con ­
troriforma cattolica, non possono essere applicati all'Inquisizione me­
dievale. Alcuni2 hanno mostrato come si sia potuto costruire lungo i se­
coli una vera e propria leggenda nera dell'Inquisizione, mentre Rich a rd
Kieckhefer, noto studioso della magia e della stregoneria medievale h a
messo in dubbio la realtà istituzionale forte dell'Inquisizione medievale,
nel suo lavoro dedicato all'ufficio della Inquisizione e l'eresia medievale,
mettendo in luce la transizione da una giurisdizione personale a una isti­
tuzionale', tesi che è stata rifiutata da altri come Lorenzo Paolini, alme­
no per i diritti giuridici riconosciuti dal papato ai Tribunali dell'Inquisi­
zione per quanto riguarda la situazione italiana nei secoli XIII e XIV (si
veda qui il Capitolo XI a proposito della condanna di Cecco d'Ascol i) .
Sta di fatto che l'opinione comune ha confuso le implacabili realtà del­
l'Inquisizione romana creata nel 1542 e soprattutto di quella castiglian a
(istituzione statale fondata nel 1481-1482) con i tentativi limitati e spes­
so incoerenti dell'Inquisizione medievale. Ciò non toglie che essa sia esi­
stita anche se su deboli fondamenta e questo perché il più delle volte le
autorità dei tre Tribunali non erano sempre in accordo tra di loro : il
«propriamente inquisitoriale» (costituito dagli esponenti degli Ordin i
domenicani e francescani o anche carmelitani), si poteva scontrare con �
Tribunale del Vescovo e infine con le Commissioni speciali del Papa, i cui
poteri derivavano da una delega del Papa, il quale spesso comminava il
perdono e l'assoluzione.
Giovanni XXII non riponeva nessuna fiducia nella giustizia dei Ve -

2 E. PETERS, Inquisition, Berkeley and Los Angeles University of California P re ss ,

1988; in particolare D. 1-IARMENING, Magiciens et sorcières: la mutation du concept de rna ·


gie à la /in du Moyen Àge, «Heresis», 1990, 13-14, pp. 421-45.
3
R l<IECKHEFER, The Office o/ Inquisition and Medieval Heresy: the Transition frortl
a Persona/ to an Institutional ]urisdiction, «Joumal of Ecclesiastical History», 199 5 , 4 6 •
pp. 36-61.
In cammino dalla superstizione magica alt'eresia 15 1

er ragioni di pace della diocesi, anteponevano il più delle vol-


seovi che, p
emenza · '
all'accertamento de11a ver1ta.
te la cl 4 si domanda perché Giovanni XXII si
Ala in Bo ureau nel suo studio
mo strò tanto reticente ad affidare le cause demoniache all'Inquisizione
roprio nel momento in cui si tentava di assimilare l'invocazione dei de­
�oni all'eresia introducendo una formalizzazione del patto del diavolo.
Data la caratterizzazione fortemente politica del suo pontificato per la
quale molte delle sue controversie avevano una netta accentuazione giu­
ridica e politica, il demonio sembrava intervenire più come pretesto che
come causa reale. Infatti le procedure eccezionali che associavano le ac­
cuse di eresia e le imputazioni di stregoneria per le invocazioni dei de­
moni, all'attentato di lesa maestà regia o divina, devono essere ricollega­
te all a grande ondata di processi politici che avevano avuto inizio già nei
primi anni del XIV secolo. Nel 1303 Filippo il Bello aveva avviato il pro­
cesso contro Bonifacio VIII, accusato tra l'altro di avere invocato i de­
moni e consultato i maghi; poi il re tra il 1306 e il 1314 aveva attaccato i
Templari come adoratori del diavolo. In tutti i processi seguiti da Gio­
vanni XXII, che si susseguirono a partire dal 1315, appare dai documenti
come, se anche i giudici avevano una certa autonomia, il papa nutrisse ef­
fettivi dubbi sulla colpevolezza degli accusati in relazione all'accusa di
magia per l'intervento effettivo dei demoni: occorreva pertanto in pro­
cessi con tali accuse procedere con uno studio approfondito ed esausti­
vo sulla base dei lavori di una commissione pontificia istituita espressa­
mente. Nei tribunali pontifici quando l'accusato ammetteva con la con­
fessione la sua colpa, otteneva il perdono e la clemenza papale e il tribu­
nale non perdeva tempo a fare indagini e ricercare la verità, resa inutile
dalla confessione.
Paradossalmente un accusato aveva migliori prospettive di salvarsi
con le procedure abbreviate del Papa che non con l'Inquisizione dal mo­
mento che la verità dell'errore confessato, poteva indurre il Papa alla
mans_uetudine, mentre il meccanismo della procedura giuridica condu­
ceva In esorabilmente al riconoscimento dell'errore e ne aveva come con­
se n za il rog
gu� o. A mio avviso questo aspetto giuridico porterà in quegli
e
�- s s1 anni al rogo Cecco d'Ascoli a Firenze (nel 1327) per la condanna
1 man i(esta heretica pravitate (si veda il Capitolo XI e Appendice I).
Tutt
� alei questi complessi problemi giuridici di procedura, l'incertezza
della definizione di eresia come idolatria sulla base di un patto
d�Iato _ co
h non ancora istituzionalizzato, hanno contribuito al ritardo del
p ro ro mpere
della persecuzione di streghe e stregoni nei secoli XIII e

4
BolJREAu, Sata ua eretico, trad. it. cit., pp. 1 9 ss. e in particolare pp. 30 ss.
152 Medioevo magico

XIV rispetto al dilagare dei secoli XVI e XVII, fatta eccezione per il caso
della condanna di eresia di Cecco d'Ascoli al rogo che avvenne proprio
sotto il pontificato di Giovanni XXII. Essa rappresenta uno dei P rirni
modelli di equiparazione della necromanzia e della divinazione ast rolo.
gica, ossi� delle pratiche di magia greco-pagana ed ermetico-persian a, al ­
i' eresia. E accaduto pertanto che nella misura in cui il papato si mostrò
reticente a delegare il proprio potere di indagine agli altri Tribunali, i li­
miti pratici della giustizia pontificia �pedirono la diffusione capilla re
dell'imputazione e della repressione. E stato scritto che fu il forzoso ab­
bandono dell'assolutismo pontificio del secolo XV, dopo i Concili di C o­
stanza e di Basilea, a partire dagli anni 1430-1440, a dare il via alle prime
campagne giudiziarie e dottrinali generalizzate contro streghe, stregoni
ed adoratori del demonio. Ma sul piano dottrinale l'ampio sviluppo di
una dottrina demonologica magica, a carattere eretico fu preparato da
Giovani XXII. Tra i domenicani seguaci di Tommaso d'Aquino vigeva
ancora il criterio del Canon Episcopi e l'inclusione di tutte le forme di ma­
gia nella superstizione e nell'ignoranza.
In contrasto con molti Inquisitori che condividevano il razionalismo
della dottrina demonologica di Tommaso e di Vitellione, il Papa voleva
conoscere le zone oscure dove il demonio poteva insinuarsi per poter ar­
rivare a determinare la discretio spirituum, la distinzione degli spiriti, spe­
cialmente nel caso di canonizzazione di santi e beati. Per questo egli isti­
tuì nel 1320 una commissione costituita da ben dieci giuristi, teologi e lai­
ci per raccogliere i loro pareri sui complessi rapporti che potevano unire
la magia come insieme di pratiche di invocazione dei demoni, alla eresia.
Egli poté trovare la più completa risposta solo da parte di uno dei dieci
consultati, nella quale veniva individuato come elemento essenziale il
patto con il diavolo, mentre gli altri rimasero nel solco tracciato dal Ca­
non Episcopi.

1 . La consultazione sulla magia del 1320 e la risposta di Enrico del


Carretto, Vescovo di Lucca. I.:equiparazione di magia a eresia5
Con questa iniziativa nel 1320 Giovanni XXII cominciò a porre la ba se
teorica di una posizione dottrinale che ebbe conseguenze storiche e s o ·
ciali considerevoli, come la qualificazione della magia delle antiche p r a ·

' R. MANSELLI, Enrico del Carretto e la consultazione sulla magia di Giovanni XXI�, in
Miscellanea in onore di monsignore Martino Giusti, Il, (Collectanea Archivi Vati can i _ 5 l
Città dd Vaticano 1 978, pp. 97- 129; A. BOUREAU, Le pape et les sorciers, une consulta tron
de Jean XXII sur la magie en 1 320, (Manuscrit B.A.V. , Borghese 348) , École franç aise d e
Rome, Roma 2004 che ha pubblicato il documento delle dieci risposte.
In cammino dalla superstizione magica ali'eresia 153
. ne fondate sull'invocazione dei demoni, all'eresia. Il suo pro­
t1Cbe paga eva con dodici o tredici secoli di una tradizione cristiana che
mp
po�ito ro v l'eresia come un errore della fede, come una scelta (airesis)
o sider
a a
� tellettuale e spirituale che non aveva alcun rapporto con tali pratiche.
re cattive pratiche dovevano essere controllate e sanzionate, ma non ave-

N ano nessuna relazione con l'eresia. Ancora nel 1258, il papa Alessandro
nella Bolla De heretids accusatus, ripubblicata nel 1260 e integrata al
sesto libro del Corpus di diritto canonico costituito da Bonifacio VIII,
proibiva agli inquisitori di procedere contro gli aut�ri di divin�zioni_ o di
sortilegi, eccetto che queste faccende non fossero m odore di eresia. Il
salto dottrinale che si ebbe con la consultazione sulla magia di Giovanni
XXII del 1320, introdusse un elemento rilevante e cioè il factum hereti­
cale, il fatto ereticale: esso era un elemento nuovo incluso nel questiona­
rio del papa a cui i dieci esperti dovevano rispondere: ossia se nelle pra­
tiche magiche si verificasse un «fatto ereticale». Questa consultazione ri­
vela l'interesse giuridico da parte di Giovanni XXII, consistente nel ma­
nifestare in modo esplicito una colpa che esige una sanzione dottrinale.
Questa iniziativa rappresentò una vera e propria tappa fondamentale nel
lento processo di trasformazione del concetto di magia, dall'Alto Medio
Evo all'età modema6 •
Mentre, infatti, per secoli i fenomeni magici erano stati confinati tra
le superstizioni da donnicciole o considerate fantasie poco degne di fede,
con gli sviluppi degli studi teologici e con l'impostazione sempre più coe­
rente di una concezione della magia e della stregoneria come opera de­
moniaca (o tale almeno da comportare l'ausilio del demonio), il fatto ma­
gico si era venuto sempre più avvicinando all'eresia. Si spiega così che
Alessandro IV abbia avviato l'attenzione dell'Inquisizione sulla magia7 e
6 .
�fr R. MANSELLI, Le premesse medioevali della caccia alle streghe, in ROMANELLO (a
r di), La stregoneria in Europa, cit. , pp. 39-62; su Giovanni XXII si vedano le pp. 55-
��
r. � che R. KIECKHEFER, Magie in the Middle Ages, cit. pp. 194-200; J.-P. BoUDET,
La enese médiéva
W. : le de la chasse aux sorciers, in Entre science, cit. , pp. 468-508,
2 002�HE s , Demon Lovers, Witchcra/t, Sex and the Crisis of Belie/, Chicago-Londra,
N
7 ·
. . s. 1 tratta delle due lettere del 1258 e 1260, per cui cfr. J. HANSEN, Zauberwahn, In-
qu�,tz und Hexenp rozese im Mittelalter und die Entstehung der grossen Hexenver/ol­
gu �on aco
1900, pp. 246-47 e dello stesso, Quellen und Untersuchungen zur Geschi­
cht/des
MA Hexenwal;m s und der Hexenver/olgung im Mittelalter, Bonn 190 1 ; cfr. anche
Ns
gu ito :fi_LI, Le p re":esse, cit. , p. 53. Anneliese Maier riporta il mutamento awenuto in se­
Zus .. d� let�ere di Alessandro IV (Cfr. A. MAIER, Eine Ver/ugung Johannis XXII uber die
t
( l 9S�) ;gkeu der lnquisition fur Zaubereiprozesse, «Archivium Fratrum Praedicatorum »
lllun a ' 2 , � P - 226-46 con edizione del parere di Augustino Kazotic, p. 61) nell'acco­
re
ven i re, magia ed eresia, senza porsi, però, il problema di come questo fatto potesse av -
senza approfondire cioè il rapporto, sempre più evidente, tra magia e forze dia-
154 Medioevo magico

che dei fenomeni del genere si siano occupati inquisitori quali furo no
per ricordare due tra i più famosi, Bernard Guy e Jacques Fournier8 no n �
ché Zanchino Ugolini.
Oltre a questa modificazione del concetto stesso di magia e stregon e­
ria, che si ebbe in seguito all'evoluzione e alla trasformazione cultur ale
dell'epoca, mosse il papa ad intervenire specialmente una sua individua­
le e personale paura, nella convinzione che da molte parti si operasse ma ­
gicamente per ucciderlo. Vero è che almeno in due casi i fatti, di cui il
papa temeva, effettivamente ebbero luogo, in quanto il Visconti e i ghi­
bellini d'Italia ricorsero alla magia9 , mentre di arti diaboliche si serviro ­
no anche personaggi vicini allo stesso pontefice, ricorrendo a riti super­
stiziosi che, a sua notizia, venivano diffondendosi quali adorare demoni
(adorare demonem) , battezzare immagini (baptizare imagines) , preparare
statuette di cera con arti magiche (imagines cereas. . . ut magicis artibus) ,
fare incantesimi (incantationibus) , invocare di demoni (demonum invo­
cationibus) , trafiggere immagini per distruggere la vita 10 • Del resto, egli
stesso era stato, insieme con alcuni membri del collegio dei cardinali, vit­
tima di tentativi del genere e proprio ad Avignone. Infatti, all'inizio del
marzo 13 17, in un albergo di Avignone 1 1 erano stati scoperti ed arrestati
due uomini che erano arrivati da Tolosa: furono trovati con una sacca a
doppio fondo che conteneva tre statuette di cera, con dei cartigli di per­
gamena contenenti quest'iscrizione: «Papa Johannes moriatur et non
alius, Bertrandus de Pogeto moriatur et non alius ! Gaucelmus Johannes
moriatur et non alius !» 12 • Le indagini subito fatte portarono alla conclu -

boliche. Le stesse parole della Quod super nonnullis di Alessandro IV sono troppo vaghe,
perché fanno rientrare i casi di magia nella competenza degli inquisitori «se manifeste sa ­
perent heresim», senza specificare il motivo per cui ciò accadrebbe. L'apparire della ma ­
gia nell'ambito della demonologia è stato un fenomeno del secolo XIII; cfr. in proposito
anche R. MANSELLI, La religion populaire au Moyen Àge. Problèmes de méthode et d'hi­
stoire, Montréal-Parigi 1975, pp. 48-50.
8 Cfr. BERNARD GUI, Manuel de l'inquisiteur, a cura di G. Mollat, Paris 1926-1927 , 2 a
éd. Paris 1964; J. DUVERNOY, Le registre d'inquisition de Jacques Fournier, éveque de Pa ­
miers, 1318-1325, I-III, Tolosa 1965 . Su Zanchino cfr. Capitolo XI.
9 Per i Visconti, cfr. N. VALOIS, Jacques Duèse, pape sous le nom de Jean XXII, in Hi­
stoirc littéraire de la Frances, XXIV, Parigi 1915, pp. 391-630; per gli eretici si veda L .
FUMI, Eretici e ribelli nell'Umbria, Todi s.d., particolarmente le pp. 7-15.
1 0 Cfr. Archivio Segreto Vaticano, Reg. lat. 109, f. 209v, da una lettera di Giovanni
XXII al vescovo di Reggio del 22 aprile 1317 sulla «baptizatio imaginum». Un «Proces­
sus contra quos homines qui contra vitam Johannis pape XXII et nonnullorum natura ­
lium conspiraverunt» è conservato ivi, Collectoriae 493 (MANSELLI, Enrico del Carretto ,
cit., p. 99).
1 1 Cfr. VALOIS, ]acques Duèse, cit., pp . 408-19.
12 lbid. , cit., p. 408 .
In cammino dalla superstizione magica ali'eresia 155
. atore della magia era Ugo Géraud, Vescovo di Cahors. Esso
s one ch e ide
t stato accusato presso il papa di potere tirannico, di simonia e di cat­
;:; costumi da parte dei suoi fedeli e di questi misfatti erano al corrente
anche altri della corte.
Mentre due di questi fuggirono, il vescovo venne incarcerato, proces-
ato e condannato alla deposizione dalla dignità ecclesiastica ed al carce­
:e a vita. Il papa ancora pieno di sdegno e di orrore per questa vicenda,
rimase addolorato della morte, avvenuta proprio il 12 dello stesso anno,
dd cardinaleJacques de Vie, suo amico carissimo. Si disse subito che an­
ch'egli fosse morto a causa delle magie del Géraud che fu di nuovo pro­
cessato, ridotto allo stato laicale, torturato, bruciato vivo e le sue spoglie
gettate nel Rodano.
Questo caso non sembra tuttavia accostabile alle vicende che quasi
negli stessi anni (1327) portarono al rogo a Firenze Cecco d'Ascoli affi­
dato all'Inquisizione (si veda qui il Capitolo XI). Infatti nel caso di Ugo
Géraud si trattava di congiura (anche se su rituali magici) per attentare
alla vita del papa col maleficio, reato non di eresia 13 , ma vero e proprio
delitto.
Non sono mancati dei dubbi sulla perfetta veridicità dei risultati pro­
cessuali, quando si pensa all'uso della tortura; ma in ogni caso, rimane il
fatto che la paura del pontefice già di per se grande, fu da questi episodi
profondamente aumentata.
In ogni caso il papa si muoveva sempre circondato di amuleti e di al­
tri arnesi contro ogni malia ed ogni malocchio. Pochi mesi dopo un'altra
lettera del pontefice, del 27 febbraio 1318, rivolta al vescovo di Fréjus, al
magister Pietro Textoris e a Pietro de Pratis, professore di diritto civile,
chiedeva una inchiesta contro le pratiche di magia di laici e chierici del
territorio di Lione 1 4 •

13
F. C OLLARD, Le critne de poison au Moyen Àge, Paris 2003; dello stesso Veneficiis
v� maleficiis. Ré/lexion sur !es relations entre le crime de poison et la sorcellerie dans l'Oc­
ct ent m édiéval, «Le Moyen Àge», 2003, 109, pp. 9-57.

et
� In questa lettera Giovanni dice espressamente che «artes nigromantie, geomantie
0rum » son o «artes demonum, ex quadam pestifera societate hominum et angelo­

� maloru m exorte» ; coloro che le praticano ricorrono all'uso di «speculis et ymagini-


u s secundum ritum suum execrabilem consacratis [. .. ] ac in circulis se ponentes, mali-
g• nos .spiritus sepm� · · · um mo11· rentur aut eos
ut per eos contra salutem homm
te endo violen mvocaverunt
: run tia canninis, aut eorum abreviando vitam violentia immissa demones
s ec s: cir ulis,
de futu� � seu anulis interdum incluserunt, ut eos nedum de preteritis, sed et
ri s mqwrerunt, futura ipsa que prescire solius Dei est, ex illorum consultationi­
bus redictu
P ri, divinationibus et sortilegiis se immiscuerunt». La stessa lettera è rivolta,
l st
; esso �iomo, anche all'arcivescovo di Arles, cfr. MANSELLI, Enrico del Carretto e la
nsu ltazzon e , cit. , pp. 100-101.
156 Medioevo magico

Accadde così che verso il 1320, il pontefice decise di svolgere una ve .


ra e propria inchiesta e si rivolse per questo ad alcune personalità della
stessa corte pontificia e alla professionalità di alcuni maestri di teolo gia
dell'epoca. Tra essi si trovano tre vescovi, che le circostanze storiche co .
stringevano a risiedere in Avignone, il domenicano Agostino Gazotic, ve.
scovo di Zagabria, che, entrato in conflitto col re d'Ungheria, era da qu e ­
sti tenuto, con la violenza, lontano dalla sua sede; il francescano En rico
del Carretto, vescovo di Lucca, ma anch'egli esule dalla sua diocesi da
molti anni, da quando i ghibellini avevano conquistato il potere e lo de­
tenevano saldamente, e Giovanni Wiilfing, vescovo di Bressanone 15 • Di
quest'ultimo, unico del clero secolare, non si conoscono i motivi della
permanenza in Avignone. Tra i teologi spiccano le grandi personalità di
Guido Terreni, generale dei Carmelitani e di Alessandro di S. Elpidio, su ­
periore generale degli Agostiniani; oltre loro sono interpellati Gregorio
da Lucca, anch'egli agostiniano e maestro di teologia, un altro agostini a ­
no ancora, Giovanni Cacanzio da Roma, Arnaldo Royard, francescano,
parente del papa e per qualche tempo arcivescovo di Salerno. Ebbero, in­
fine, il loro peso anche i vescovi che avevano pratiche d'inquisizione, co­
me Giacomo di Concots vescovo di Lodève eJacques Fournier, vescovo
di Pamiers, il cui registro di inquisizione, già ricordato, è, indubbiamen­
te, uno dei più preziosi documenti di Inquisizione giunti fino a noi.

2 . La consultazione del 1320


Il compito della commissione non era facile: i desideri del papa e la pr a­
tica del controllo miravano a trattare da eretici, i maghi e gli invocato ri
di demoni, ma erano carenti le giustificazioni dottrinali e giuridiche . L a
Chiesa godeva di una solida tradizione in materia di definizione dell ' ere­
sia. La procedura inquisitoriale aveva dato adito a uno sviluppo dell 'in­
dagine e della conoscenza nel campo della dissidenza, ma non aveva in ­
trodotto nessuna innovazione quanto alla definizione dell'eresia, ambito
riservato al pontificato, con il parere illuminato dei teologi. Inoltre, al­
l'interno del quadro concettuale che definiva rigidamente l'eresia co m e
ostinato errore in materia di fede, le resistenze dei teologi alle incrimin a­
zioni eccessive o imprudenti spesso erano state forti, come testimonian o
parecchi casi di censura universitaria rimaste senza gravi conseguen z�­
Quella tentata da Giovanni XXII nel 1320 era una mossa ardita, cons i ­
stente nel convocare una commissione di esperti, incaricati di individua -

1 5 Per il testo dei pareri relativi cfr. A. BOUREAU, La pape et /es sorciers, École fran ç ai ­
se de Rome, Roma 2004, pp. 1- 120.
In cammino dalla superstizione magica al!' eresia 157
. c damenti dottrinali della trasformazione in eretici degli invocatori
re 1 1'00 e degli altn. magh"1.
di demoni v
n papa a eva posto quattro quesiti precisi e particolareggiati ai teolo-
. ai prelati da lui consultati: colui che battezza secondo il rito cattoli­
gt :n im
d� ' magine per produrre malefici, è eretico o semplicemente autore
sortilegi? Lo stesso quesito veniva posto a proposito di colui che bat­
tezzasse una seconda volta un cristiano allo scopo di conferirgli il potere
di sconfiggere l'epilessia (quesito 2); di colui che si servisse di ostie con­
sacrate per produrre malefici (quesito 3 ) o, infine, di colui che invocasse
i dem oni con il proposito di obbligargli a nuocere ad altri (quesito 4).
Per principio, le tre prime operazioni prese in considerazione non esi­
gevano necessariamente l'invocazione dei demoni di cui al quarto quesi­
to. L'uso magico dell'ostia a volte aveva luogo senza ricorso al diavolo,
come è attestato da numerosi racconti di miracoli. L'atto di violenza con­
tro l'ostia consacrata poteva comportare di per sé delle motivazioni pu­
ramente umane e non magiche.
Tuttavia, all'inizio del XIV secolo numerosi processi avevano esplici­
tamente implicato l'associazione del diavolo agli atti di battesimo d'im­
magini a scopo di maleficio. In base ai capi d'accusa di Guglielmo di
Hangest, balivo reale di Sens, Guichard, vescovo di Troyes, che deside­
rava sbarazzarsi della regina Giovanna di Navarra, moglie di Filippo il
Bello, si era recato da un mago, in compagnia di un religioso «che pos­
sedeva la scienza di invocare i demoni». Il demone, invocato dopo aver
ricevuto l'omaggio del prelato, consigliò a Guichard di far plasmare
un'im magine di cera e di battezzarla con il nome della regina per poi
p ungere il simulacro. Così fece Guichard, in presenza di padrini e ma­
drin e dell'immagine, e finalmente la regina Giovanna morì. In questo
c con to _s'incontrano tutti i momenti richiesti dalla nuova demonologia:
f.�
10�0caz1one del diavolo, l'omaggio e quindi il patto, il malefizio. Inuti­
1 e re
� che tale sequenza, assai spesso ripetuta, legava strettamente l'evo­
c� one dei demoni alle altre due pratiche,
sebbene i diversi esperti, mos­
s 1 �� desiderio
di esaminare scrupolosamente il caso, prendevano in
0
� itderazion e, anche altre circostanze prima di affrontare la questione
e invocazione
di Satana.

3 · I dieci e
sperti e Enrico del Carretto
;: s celta d egli esperti, prelati o dotti di alto livello, fu determinata in ap­
re
van �z a dalla loro effettiva presenza ad Avignone in quel periodo. Gio­
lll n � XXII, non cessava mai di costituire commissioni su tutti gli argo-
en ti che lo
p reoccupavano o lo interessavano. Il solo ad interessa rsi alle
158 Medioevo magico

minacce reali dei demoni e alla causalità diabolica degli atti magici fu tut­
tavia Enrico del Carretto, mentre gli altri nove esperti rimasero nel solco
della tradizione del Canon Episcopi.
Il francescano Enrico del Carretto apparteneva a una potente famiglia
genovese, imparentata e alleata con i Fieschi. Baccelliere in teologia a Pa­
rigi, era stato lettore nello Studium francescano di Bologna, dove aveva
compilato un singolarissimo commento sulle visioni di Ezechiele. Era poi
stato nominato vescovo di Lucca dal papa Bonifacio VIII nel 1300, in
contrasto con la scelta dei canonici. Nel corso dei torbidi politici che agi­
tarono Lucca, venne cacciato dalla città e nei primi anni di pontificato di
Giovanni XXII, lo raggiunse ad Avignone. Fu allora, nel 1318, che il
papa ne fece uno degli esperti incaricati di esaminare il caso degli Spiri­
tuali francescani. Morì nel 1323 16 .
Molto prima del pontificato di Giovanni XXII e dell'incarico che gli
aveva conferito, Enrico del Carretto, nel 1308, aveva compilato Statuti si­
nodali 1 7 per la sua città. Orbene, il capitolo 43 di tale testo riguarda il di­
vieto degli incantesimi 1 8: ogni «persona che si dedica ai malefizi, agli in­
cantesimi e alla divinazione»sarà scomunicata. Il breve testo riporta gli
scopi degli incantesimi stessi: provocare aborti, la sterilità, l'impotenza
coniugale. Certo, questo divieto è piuttosto banale, ma da un particolare
risulta che il vescovo credeva esplicitamente nel potere effettivo dell'in­
cantesimo: alla fine del capitolo, statuiva infatti che le persecuzioni sa­
rebbero state perseguite «a meno che l'incantesimo non fosse stato com­
piuto con preghiere divine o con dei medicinali per la guarigione dei ma­
lati». Gli incantesimi liturgici (l'esorcismo) e le pratiche medicinali era­
no considerate legittime quanto ai modi dell'operazione.
Da queste redazioni risulta, pertanto, che egli aveva una esperienza
precisa della questione relativa alla magia e alla stregoneria nelle sue va­
rie forme e manifestazioni.
La risposta alle questioni di Giovanni XXII da parte di Enrico è
estremamente esatta ed articolata rigorosamente. In primo luogo egli si
pone il problema della definizione di che cosa sia l'idolatria e l'eresia, di­
stinguendo l'eresia vera e propria dal termine generale per cui è eretico

16
MANSELLI, Enrico del Carretto e la consultazione, cit., pp. 103 e ss. ; dello stesso En­
rico del Carretto e il suo trattato sulla povertà a Giovanni XXII, in Sapientie doctrina, Mé­
langes de théologie et de littérature médiévales offerts à Dom Hildebrand Bascour O.S.J.,
Lovanio 1980, pp. 238-48.
17
Raul Manselli ha pubblicato Il sinodo lucchese di Enrico del Carretto, in Miscellanea
Gilles Gérard Meersseman, Padova 1970 (Italia Sacra, 15) pp. 197-246.
18
Sulle pratiche degli incantesimi cfr. BEATRICE DELAURENTI, La puissance dff.s m o_ts ,
« Virtus verborum» - Débats doctrinaux sur le pouvoir des incantations au Moy en Ag e, ct t . ,
In cammino dalla superstizione magica all'eresia 159
chi non è membro del corpo di Cristo, scomunicato da Dio e dalla Chie­
sa, anche se abbia una fede morta («non est membrum corporis Christi
excommunicatus a Deo vel Ecclesia, licet ipse habeat fidem mortuam» 1 9 ) .
In un senso anch'esso comune, è, poi, l'interpretazione della eresia come
l'accostarsi a posizioni ereticali, come nel caso dello scismatico che si può
affermare eretico. In ogni caso ogni genere di superstizione dispone alla
eresia secondo il più o il meno20 • Non lontana dalla eresia vera e propria
è l'analogia2 1 all'eresia stessa, come la simonia. Senza attardarci su questo
problema che, del resto, viene distesamente esposto dall'autore nel testo,
è importante chiarire che per il vescovo Enrico del Carretto ci sono due
modi di eresia propriamente detta: 1 ) la credenza e 2) la riverenza rivolta
al diavolo22 • Naturalmente con questi due termini il del Carretto tende ad
indicare qualsiasi vero e proprio rapporto con Satana, anche se l'autore
sembra considerare non tanto potente il diavolo, quanto colpevoli ed ere­
tici coloro che gli prestano riverenza e fede.
D'altra parte è certamente notevole la serie di precisazioni che ven­
gono date a proposito dei sortilegi, dei quali si dice che il termine può es­
sere inteso in due modi: generale, ed allora comprende anche le super­
stizioni, e spiritualiter, quando cioè si consultano i libri sacri non per ispi­
rarsi a modelli di vita religiosa, ma per conoscere il futuro. In questo caso
il sortilegio finisce per essere anch'esso «hereticus vel ydolatra». Parti­
colarmente interessante è la parte relativa alla costruzione delle immagi­
ni, e cioè delle figure che vengono fatte come rappresentazioni di qual­
cuno o di qualcosa per cui si invoca l'aiuto del demonio. Infatti tali im­
magini tendono a dei fini diabolici e il diavolo se ne serve contro Dio. Né
ha importanza, a parere dei demoni, quale materia venga adoperata, an­
che se si preferisce che sia molle, perché «le punte acuminate o gli altri
strumenti penetrano più facilmente nella materia di cera piuttosto che di
argento»23 • Quanto poi all'uso delle immagini, il del Carretto non man­
ca di ricordare i libri utili per il culto dei demoni, dai quali si apprende
l'intero rituale che prevede circoli, figure, consacrazioni e adorazioni di
demoni di cui si invoca la loro presenza, e dopo la loro apparizione, si
fanno consulti, richieste e patti affinché il maleficio avvenga. Si crea,

19
MANSELLI, Enrico del Carretto, cit., p. 1 13 .
� « Hoc etiam modo omnia genera superstitionum disponunt ad heresim secundum
lllagis et minus » (B9UREAU, Le pape, cit., p. 16) .
1
• 2 « Heresia non formaliter et necessarie vel dispositive, sed secundum equalitatem
1P si• us ad
heresim » (BoUREAU, Le pape, cit., p. 16).
22 « Sunt duo modi heresis proprie diete, scilicet fides et reverentia dyabolo exhibita »
('Bo
UREAu, Le pape, cit., pp. 16-17).
23 « Acus et alia instrumenta facilius intrant materiam cere quam argenti » (BOUREAU,
Le P pe
a , cit. , p. 24).
160 Medioevo magico

quindi, grazie all'intervento demoniaco e ad altri riti connessi, un rap­


porto speciale al fine di ottenere risultati particolari: se si colpisce la
mano o la testa dell'immagine, sarà colpita la testa o la mano della per­
sona a cui si fa il maleficio. Il mago, quindi, fa del male e in nessun modo
la sua azione potrà essere approvata da Dio. Coloro i quali credono che
mediante i riti religiosi si possa realizzare alcunché o che essi possano
contribuire all'attuazione di un'opera magica, cadono in una vera e pro­
pria eresia: credere infatti che Dio assista i malvagi nelle loro opere, è ere­
tico, poiché Dio non può essere in difetto24 • In altre parole, il ritenere che
nella magia si possa introdurre qualcosa del culto liturgico, finisce per
implicare una vera e propria posizione ereticale. In questo modo, e con
tutti i particolari di un'analisi accurata, Enrico del Carretto ritiene che la
presenza diabolica variamente inserita nel rito magico costituisca eresia .
Si precisa così in maniera assai chiara come, con la sua risposta al papa,
agli inizi del XIV secolo, si venga a delineare con una lenta gradualità una
trasformazione del concetto di magia e della riflessione teologica su Sa­
tana e sul demoniaco
È notevole anzitutto la constatazione che si creda alla realtà della ma­
gia, si creda effettivamente al potere diabolico, alla potenza specifica e
precisa dell'intervento di Satana, sia pure nei limiti stabiliti da quella che
potremmo chiamare la tradizione teologica di quel periodo. Così - pre­
cisa Enrico del Carretto - con un'immagine fatta con arte umana e non
consacrata («per artem humanam, solum, non consacrata») non avrem­
mo un vero e proprio rito ereticale, ma soltanto superstizione.
Stabiliti i limiti del rapporto fra magia ed eresia, Enrico si domanda
se sia o non sia da punire; e la risposta è che chi compie riti magici, come
il battezzare immagini per malefici, non solo commette «factum hereti­
cale, sed homo est hereticus et ideo est puniendus». La cosa è tanto più
grave se avvertiamo che taluni di questi fabbricanti di malefici, sono dei
sacerdoti. Ed il del Carretto, a questo proposito, quando passa a parlare
della pena agli eretici, tiene a distinguere che le pene possono essere di
varia entità e natura. Infatti non si può rispondere in linea generale al
quesito se tutti coloro che battezzano immagini, siano eretici. Ci posso ­
no essere infatti uomini di tale semplicità ed ignoranza da meritare com ­
prensione e perdono. È questa una precisazione che ci sembra di parti­
colare interesse, soprattutto perché indica una formazione della dottrina
della.magia e della sua punizione che è ancora in movimento e che si sta
articolando nel suo sviluppo e chiarendo a se stessa. Un tale atteggi a -

24 «Credere enim Deum adesse malis hominibus in malis operibus, hereticum est,

quia Deus non potest deficere » (BOUREAU, Le pape , cit., p. 25) .


In cammino dalla superstizione magica all'eresia 161

mento viene confermato anche dalla brevissima risposta alla seconda


quaestio, quella relativa alla ripetizione del battesimo per guarire l' epi­
lessia, dove si nota che chi ribattezza credendo che tale nuovo battesimo
abbia potere curativo, è eretico, in quanto tale virtù curativa non è nel
battesimo in ragione del battesimo stesso, poiché esso non è stato istitui­
to a questo fine, né tantomeno per l'atto superstizioso, poiché una tale
virtù curativa può essere data solo dalla natura o da Dio; perciò essa è
contro il sacramento del battesimo, per la qual cosa esso sarebbe eretico,
poiché non crederebbe nel sacramento come la Chiesa25 • Questa severità
si spiega con quanto sopra Enrìco del Carretto aveva affermato circa le
colpe più gravi del sacerdote che deve sapere che Cristo muore una sola
volta, così l'uomo deve essere battezzato una sola volta, per cui esso è un
vero eretico ed è un fatto eretico non solo poiché ribattezza, ma perché
crede che il battesimo abbia questa virtù nel battezzato (per esempio di
guarire). Quanto alla terza questione circa l'indebito uso dell'ostia con­
sacrata egli conclude che se questo uso avviene per malizia, come nel
caso di servirsene per ottenere la salute, o per calpestarla, allora è ereti­
cale, ma se avviene per ottenere la salute confidando nel potere proprio
dell'eucarestia, viene esonerato dalla colpa d'eresia. Al massimo può es­
serci superstizione.
Quanto alla quarta questione, a proposito dei sacrifici dei demoni e
della loro invocazione, egli afferma che di solito essa deve essere consi­
derata eresia, soprattutto quando vi è implicita una manifestazione di ri­
verenza e di adorazione che evidenzia il patto.
Dal complesso di questo rapido esame della questione della defini­
zione di eresia e di magia riteniamo di poter porre in evidenza soprattut­
to la chiarezza e la precisazione che si sta introducendo nel concetto del
rapporto eresia-magia, ove notiamo ancora l'ossessione della presenza
del diabolico e, soprattutto, quella del rapporto demonio-donna, che af­
fiorerà tra non molto raggiungendo il suo culmine nel ben noto Mallaeus
male/icarum 26 • La cosa è importante perché ci permette di toccare con
mano il momento evolutivo del passaggio dalla magia, secondo la dottri­
na ecclesiastica, da superstizione, come consuetudine ed uso condanne­
vole dei più semplici, alla vera e propria eresia.

25
BOUREAU, Le pape et les sorciers, cit., pp. 3 1 -32.
26
Cfr. in proposito MANSELLI , Le premesse, cit. p. 60; Mallaeus male/icarum di HEIN­
�CH INsmoR (KRAMER) e JACOB SPRENGER, Strasburgo 1486-1487. Si veda anche M.
IANN I, Il Malleus male/ica rum» e il «De phitonicis mulieribus»: due modi d'intendere
la stregoner�a sul finire del XV secolo, in Studi sul medioevo cristiano, I, Roma 1974, pp.
4 07 2 6 e z
· H.P. BROEDEL, The «Malleus male/icarum » and the Construction o/ Witchcra/t:
Th eology a nd Popular Belie/, Manchester 2003
.
162 Medioevo magico

Da secoli la dottrina della Chiesa si opponeva alla credenza del lega­


me demoniaco con il fatto magico, ma anche quando si pronunciava la
parola eresia, si arrivava per lo più ad una condanna religiosa che non alla
configurazione del reato pubblico di eresia. Il processo di questa trasfor­
mazione profonda avviene lungo i secoli. All'inizio con la Constitutio in
Basilica beati Petri, successivamente con le varie altre costituzioni contro
gli eretici, l'eresia da colpa ecclesiastica, diviene sempre più un reato pub­
blico, da condannare col braccio secolare. Con questa nuova configura­
zione dell'eresia come reato civile nasce, di fatto, l'Inquisizione e, ad un
tempo, il problema di quale rapporto possa esservi tra magia ed eresia27 •
È in questo momento che è intervenuta la riflessione teologica della Sco­
lastica, che più volte ha discusso ed ampiamente dibattuto il problema
della natura del diavolo, delle sue opere e delle attività sataniche. Fra
queste operazioni di Satana alla fine vennero incluse proprio le azioni, a
vario grado preternaturali, di cui sono autori il mago o la strega. Da qui
a considerare come l'eretico l'uno e l'altra, non c'è che un passo che la
logica rigorosa non poteva non compiere. Questo passo vediamo com­
piuto da Enrico del Carretto, con le sue sottigliezze, distinzioni e per­
plessità che testimoniano una razionalità in movimento e non una posi­
zione precostituita.
Il suo parere ebbe una portata storica notevole in tutta la sua gravità,
perché diede a Giovanni XXII - che era certo un ben preparato teologo,
ma ancor più un finissimo giurista - un motivo in più, anzi, una giustifi­
cazione teorica maggiore per colpire maghi e maghe, soprattutto nella
paura che contro lui stesso potessero esercitare il loro potere delittuoso.
Non è un caso che pochi mesi dopo, una lettera del papa ripropone­
va il problema globale della magia e dell'eresia. Scrivendo, infatti, per
mano del cardinale Guglielmo Godin, agli inquisitori di Carcassona e di
Tolosa, il 22 agosto 13202 8 , egli affidava loro tutta una serie di nuove re­
sponsabilità, autorizzandoli a procedere contro coloro che evocano gli
spiriti, che tributano sacrifici o prestano loro adorazione, facendo patti
con i demoni e che, con il loro aiuto, commettono malefici. Inoltre ven­
gono affidati agli inquisitori quanti adoperano in maniera illecita il sa­
cramento del battesimo, battezzando e facendo battezzare figure di cera
o di altra mat'eria per servirsene per maleficio. Ancora all'Inquisizione
erano demandati quanti ripetono un sacramento, come il battesimo, la

27 Della ricca bibliografia sull'Inquisizione, mi sia consentito di rinviare a H. MAI­


SONNEUVE, Études sur les origines de l'inquisition, 2• ed. , Vrin, Parigi 1960 e alla biblio­
grafia contenuta in ROMANELLO, La stregoneria in Europa, cit. , pp. 375 -79.
28 Cfr. J.M. VIDAL, Bullaire de l'inquisition /rançaise, Parigi 1913 , pp. 6 1-62; A .
MAIER, Eine Ver/iigung, cit. , pp. 226-27.
In cammino dalla superstizione magica ali'eresia 163

cresima o l'ordine sacro. Venivano, inoltre, condannati quanti profana­


vano l'eucarestia servendosene per i loro sortilegi e malefici.
Come in altri casi, Giovanni XXII opera una potente semplificazione
e sintesi magistrale nei riguardi dei pareri che a lui sono stati dati. Le sfu­
mature, le distinzioni, le precisazioni scompaiono; rimane una opposi­
zione radicale fra bene e male, fra eresia o non. In realtà, gli inquisitori
non avevano bisogno di pareri quanto di direttive pratiche; e queste for­
nisce loro il pontefice, andando al di là della sottile teologia e delle di­
stinzioni giuridiche dei suÒi consulenti. Trae origine da qui, da questo
procedere tra luce e tenebre profonde, quella che poi si chiamerà la cac­
cia alle streghe.
In questo contesto può essere inteso il processo intentato a Cecco
d'Ascoli dall'Inquisitore di Bologna nel 1324 e di Firenze nel 1327, che
lo portarono alla condanna di eresia e alla punizione al rogo nel 1327,
anche se presenta molti aspetti oggettivi differenti (si veda qui il capito­
lo XI).
Ci paiono necessarie adesso alcune osservazioni a proposito delle in­
novazioni innegabili apportate da Enrico del Carretto alle nozioni di ere­
sia connesse con le pratiche magiche di sortilegio e immagini. Egli non
prese in alcun conto la definizione accreditata fino a quel momento di
eresia come deviazione dalla fede o di opinione erronea, che non gli
avrebbe permesso di accostare gli atti degli uomini che praticano la ma­
gia, all'eresia. Enrico prende invece immediatamente un'altra direzione
e introduce la nozione già suggerita da Giovanni XXII, di «fatto eretica­
le» (factum hereticale) . Egli pone l'eresia in un insieme complesso che
comprende tutte le trasgressioni della legge evangelica riguardo alla sua
realtà (entitas) , unità (unitas) , verità (veritas) e bontà (bonitas) . Queste
quattro qualità (i «trascendentali»)2 9 definiscono così quattro modi di
trasgressione: l'eresia propriamente detta (entitas) riguarda la negazione
della verità, ma anche le altre tre vi sono connesse. L'attentato contro
l'entità riguardo gli infedeli e i giudei. Gli avversari dell'unità sono gli sci­
smatici. Alla bontà della legge evangelica si oppongono i cattivi cristiani
che sono gli incorreggibili. Tutti devono essere puniti. Rispondendo alla
d?manda se qualche immagine ha un potere operativo di maleficio in ra­
gione della consacrazione dell'immagine, egli ritiene di sì: il malefizio ha
realmente luogo nell'immagine sostenendo l'idea che esso ha una sua
? u s alità efficace (causa e/ficax) poiché l'operatore accorda riverenza e
ede al demonio e quindi istituisce un patto con lui. L' efficacità del segno

29 BOU
REAU, Le pape, cit., pp. 17 ss. ; cfr. anche, per questo ordinamento ontologico,
L� P roblème des trascendantaux du XIV• au XVII• siecles, a cura di G. Federici Vescovi­
ni, Vrin, Parigi 2002.
1 64 Medioevo magico

riposa dunque sul patto, che è un contratto. Pertanto l'efficacia del se­
gno dipende « dal fatto » per cui al momento della consacrazione del­
l'immagine secondo il rito divino, si verificherebbe l'eresia non tanto
perché vi sia credenza nell'esistenza di qualche forza operativa nell'im­
magine come è quella del diavolo, ma perché con la consacrazione del­
l'immagine, è portata riverenza al segno del diavolo, poiché « il diavolo o
la sua presenza è come in un segno ». Enrico del Carretto viene così a in­
trodurre il concetto di « fatto » come sacramento satanico, ritenendo l'o­
perazione dell'immagine un segno efficace, quindi reale. La conclusione
principale di tutte le argomentazioni condotte su questa base sarà che la
consacrazione di immagini profane (l'operazione) , implica sempre la ri­
verenza al diavolo e quindi un patto implicito e, pertanto, l'eresia. Il « fat­
to » dunque consisterebbe non tanto nel contrarre un patto esplicito con
il demonio che sarà teorizzato più tardi, ma nella natura stessa dell'atto,
ossia per l'operazione che costituisce un fatto per cui il demonio potreb­
be fare qualcosa per la forza stessa della relazione con lui3° stabilita dal
segno anche se egli poi non è capace di rispettarlo. Questa modificazio­
ne nella definizione dell'eresia rispetto al passato avviene per il lavoro di
tutto un secolo di riflessione giuridica in ambito teologico per il quale il
fatto si costituisce sulla base delle forme del diritto (il contratto) . Questa
elaborazione mette da parte la teologia dell'intenzione sulla quale si mi­
sura il fatto, difficilmente, come è ovvio, determinabile concretamente,
dottrina che aveva raggiunto la sua massima espressione nella riflessione
di Tommaso d'Aquino. Questa posizione di Enrico del Carretto soste­
nuta da Giovanni XXII e già accennata da Gugliehno d'Alvemia, non fu
immediatamente accettata in quel tempo e fu fortemente avversata dai
seguaci di Tommaso che non condividevano l'idea del patto-contratto e
il parallelismo tra la forza costituente delle parole sacramentali divine
con quelle sataniche.
Così le conseguenze immediate di questa consultazione furono debo­
li (se si pensa agli sviluppi che questa dottrina ebbe nei secoli successivi) ,
tanto più che su dieci relazfoni, solo quella di Enrico del Carretto si
espresse nel senso di spiegare le operazioni magiche come eresia del pat­
to. Il domenicano Bernardo Gui, forte della sua esperienza di inquisito­
re redigendo il Manuale dell'Inquisitore 3 1 , dichiarò espressamente che
l'invocazione dei demoni era considerata eresia solo se essa era fatta nel­
la forma di un sacrificio, oppure se si facevano offerte al demonio con un

1 0 Sul segno efficace del Sacramento cfr. ROSIER-CATACH, La parole efficace, cit., pas­
sim.
li BERNARDO Gur, Manuel de l'lnquisiteur, edizione e trad. di G. Mollat, 1, Parigi
1928, 2• ed. , 1964 , p. 52 .
In cammino dalla superstizione magica alt'eresia 165
sacrificio. Tuttavia le risposte di Enrico del Carretto sostennero certa­
mente Giovanni XXII nella stesura della Bolla (verso il 1226-27) Super
istius specula in cui incriminò tutte le pratiche di immagini compiute con
utensili diversi e specialmente con gli specchi; operazioni in cui le stre­
ghe si associano con la morte e fanno patti con l'infern<>3 2 • Così pren­
dendo in seria considerazione le pretese di maghi e streghe, ritenendo di
operare efficacemente con l'aiuto dei demoni, Giovanni XXII ruppe in
modo deciso, con il sostegno teorico di Enrico del Carretto, con l'antica
tradizione della Chiesa fondata sul Canon Episcopi (X secolo) che tratta­
va i sortilegi e le operazioni magiche sulle immagini come illusioni dia­
boliche senza realtà e efficacia reale33 • Tuttavia nella Bolla di Giovanni
XXII, la realtà del maleficio per l'efficacità diabolica del segno non è an­
cora affermata, anche forse per una resistenza all'intrinseca concezione
dualistica (Dio-Satana) che avrebbe potuto contenere e che era contraria
alla verità del cristianesimo.

4. La condanna della magia come eresia a Parigi del 1398


Tuttavia nella storia di questo sviluppo del passaggio dalla concezione
della magia da superstiziosa ad eresia attraverso l'equiparazione all'ido­
latria del demonio e quindi alla stregoneria, con tutte le tristi conse­
guenze storiche che ne seguirono, un passo importante fu rappresentato
dal parere solenne la Determinatio magistralis dell'l l settembre 1398,
espresso dal Collegio dei professori della Facoltà di teologia dell'Univer­
sità di Parigi ispirati dalla posizione sostenuta in quel momento da Gio­
vanni Gerson contro ogni forma di magia. In questo documento, eccel­
lentemente studiato da Jean-Patrice Boudet3 4 si condannano analitica­
mente alcune forme di magia, definite espressamente come eresia a pro­
posito del processo per idolatria intentato a Giovanni de Bar, non si sa
bene se medico di Carlo VI. Dai documenti pubblicati da Jean-Patrice
Boudet emerge con grande evidenza la portata dottrinale degli elenchi
degli errori di eresia qui classificati. Senza indugiare su tutti i particolari
di questo procedimento ben descritti daJean-Patrice Boudet, ai fini del

3 2 « Demonibus namque irnmolant». La bolla è edita in J. HANSEN, Quellen und Un­


tersuch ungen zur Geschichte des Hexenwahns und der Hexenver/olgung, cit. Bonn 190 1,
�P : 4-5 ; alcuni studiosi ne hanno messo in dubbio l'autenticità, tuttavia rispecchia le po­
sizioni generali di J acques Duèse.
33 BoUREAU, Le pape et /es sorcièrs, cit. , p. XLVII.
34 C fr. J .-P. BOUDET, Les condamnations de la magie à Paris en 1398, « Revue Mabil­
lon» 2001, (Revue intemationale d'histoire et de littérature religieuses, nouvelle serie,
12) 7 3 , pp. 12 1-49.
1 66 Medioevo magico

mio discorso desidero sottolineare solo l'importanza del riconoscimento


del patto implicito o esplicito in tutte le operazioni magiche, come « fat­
to» reale. Esso è formalmente riconosciuto in tutte le operazioni magi­
che come « idolatria» (articolo 3 ) 35 e quindi eretiche. In relazione alla di­
vinazione magica astrologica si segue l'orientamento dell'Autore dello
Speculum astronomiae, distinguendo (articolo 2 1 ) la magia operativa ce­
rimoniale delle immagini compiuta secondo le tecniche magiche dei libri
qui elencati, dalla filosofia naturale e la « vera astrologia». Siamo di fron­
te all'operazione prudente che tenta di compiere Jean Gerson anche nel­
la direzione già indicata da Tommaso d'Aquino nel suo De occultis e nel
De iudiciis, ossia di rifiutare tutta la magia astrale talismatica e delle im­
magini ermetiche dei pianeti, delle « elezioni» orarie e delle « interroga­
zioni» includendola nella magia demoniaca: ma di salvaguardare una
vera astrologia, o astronomia razionale o filosofia della natura per cause
strumentali « seconde»36 • La magia teurgica e la cabbala ebraica diventa­
no veri testi diabolici. Pertanto la vera astrologia o l'astrologia naturale e
fisica che rispetta il libero arbitrio, in compagnia della medicina, della
agricoltura, della navigazione si distingue dalla divinazione astrologica e
demoniaca, così che questa separazione riflette una posizione razionali­
sta assai simile a quelle di grandi filosofi, medici o dotti scienziati medie­
vali che si erano dedicati a questo compito, come Bacone, Arnaldo di Vil­
lanova, Pietro d'Abano e molti altri. Ma le sanzioni sono gravi per tutte
le pratiche compiute su immagini con l'invocazione dei demoni perché
esse implicano un patto con il demonio, sono perciò idolatriche e quin­
di eretiche.
In ogni caso la condanna di tutte le operazioni di magia come atti ido­
latrici del 139837 portò con sé l'identità stretta con l'eresia. Nel caso del
processo del 1398 essa rivelò tuttavia (ma già dal tempo dei processi di
Giovanni XXII) uno stretto legame tra potere politico e papale, un vero
e proprio rapporto di forza tra le diverse componenti forti della società.
In ogni caso la conclusione della.Facoltà di teologia su materie di fede del
1398 sancì definitivamente « quod inire pactum cum demonibus, tacitum
vel expressum» è un fatto reale, e pertanto costituisce una sorta di ido­
latria e di apostasia. Qui è importante l'assenza di distinzione tra patto

35 «Quod inire pactum cum dernonibus, tacitum vd expressum non sit idolatria, vel

species idolatrie et apostasie. Error et intendimus esse pactum implicitum in omni ob­
servatione superstitiosa cuius effectus non debet a Deo vel natura rationabiliter expecta­
ri», BoUDET, Les condamnations, cit., p. 149.
36
Cfr. Les corps célestes dans l' univers de saint Thomas d'Aquin, Lovanio 1963.
37 H.P. BROEDEL, The «Mallaeus Male/icarum» and the Construction o/ Witchcra/t:

Theology a nd Popular Belief, Manchester 2003.


In cammino dalla superstizione magica ali'eresia 167

implicito e quello espresso, tra credenza e superstizione, tra il Demonio


angelo caduto dei cristiani e i demoni pagani. Questo riconoscimento
giuridico del «fatto» sarà il cardine fondamentale della giustificazione
della condanna della magia e della stregoneria nel manuale di repressio­
ne di Kramer e Sprenger il Maglio delle streghe, che dette l'avvio alla per­
secuzione della stregoneria dei secoli successivi38 , unitamente a comples­
se motivazioni storiche, sociali, psicologiche e politiche.

38 Su questo
processo di Joan de Bar e la sua confessione e ritrattazione in francese
fr. l'edizione del documento, in J.R VEENSTRA (a cura di), La con/ession, maistre ]ehan
�e B
ar qui/ut ars a Paris, Appendix 1, in dello stesso Magie and Divination at the Cours o/
Burgundy and
France ( Text and Context o/ Laurens, Pignon'sd "contre !es Devineurs"
1 4 1 1 ), Brill, Lovanio 1998, pp. 333-55, testo pp. 351-55.
Par te ter z a
L'occult o
9 . L'occulto e la magia naturale

1 . /_;occulto e gli « equivoci» della magia naturale


Come abbiamo accennato nell'introduzione la magia nel Medioevo si è
differenziata almeno secondo due accezioni una delle quali centrata sul
concetto dell'occulto: la magia è la scienza dell'occulto, definizione che
p are una « contraditio in terminis » che pretende a un livello di raziona­
lità (ma quale? ), o anche è magia «naturale».
L'altro concetto è quello di magia « destinativa » cerimoniale. Se si
considerano infatti le opere di magia astrale cerimoniale, angelica, de­
moniaca o semplicemente teurgica, sarà rilevante il loro carattere « desti­
nativo », ossia che le p ratiche dell'op eratore hanno tutte un destinatario,
angelo o demonio che è una entità o una intelligenza da invocare o co­
mandare p er ottenere determinati risultati. Ha scritto Nicolas Weill-Pa­
rot 1 che « qualificare la magia come destinativa p resenta il vantaggio di
non p ronunciarsi né sulla natura dell'intelligenza alla quale si indirizza il
mago, né sulla natura della relazione, comando o sup plica. Il che dona a
quest a definizione un carattere generale ben adattabile a qualunque si­
tu azione ». Ma occorre osservare che è necessaro p orre attenzione 1 ) alle
differenze della natura del destinatario; 2 ) alla natura della relazione p er
0 ?n cadere nelle generalizzazioni equivoche, poiché sono delineabili casi
diversi.
Per qu anto riguarda il rito o la cerimonia connesso con il p atto o le­
g am� (op pure senza patto) l'orazione del mago non ha lo stesso caratte­
re .� quella del devoto che p rega; inoltre p uò indirizzarsi al demonio o
all tn telligenza astrale, all'entità teurgica nella magia neoplatonica, senza

1
des e,t W LL-PAROT, Science et magie, in J. HAMESSE (a cura di), Bilan et perspectives
N. EI
T,u nhudes médiévales (1 993-1 998) (Euroconférence Barcelone 8-12 juin 1 999), Brepols,
r ou t 2 004, pp. 537-38.
172 Medioevo magico

patto, come l'orazione del credente si rivolge agli angeli e ai santi secon­
do la distinzione tra sacro e profano. Ma soprattutto è diversa la natura
della relazione tra l'operatore e il destinatario qualora si tratti dell'ope­
razione magica che ha per fine il comando di costrizione (nell'esorci­
smo), rispetto a quello di supplica, di venerazione attestata dai riti di pre­
parazione e dalle preghiere. Questa relazione di tipo cerimoniale è stata
interpretata alla fine del secolo XN e poi nel XVI come un patto (im­
plicito o esplicito), con valore formale e giuridico: il che ha portato alla
conclusione finale che tale tipo di relazione anche se non espressa diret­
tamente con l'entità implicasse un patto e quindi il riconoscimento di
una adorazione idolatrica a un falso dio: da qui il passo finale fino all'i­
dolatria e all'eresia. Tuttavia l'orazione del credente è umile e passiva,
mentre quella del mago, è imperativa, coercitiva, astuta (si veda qui il De
occultis di Antonio da Montolmo, più avanti, a p. 210).
Se il destinatario è uno spirito buono angelico, avremo le dottrine del­
la magia salomonica fondata su un rituale ebraico o cristiano; nel caso
che il destinatario sia una entità planetaria astrale come nelle dottrine
della magia astrale ermetico-araba che ha la sua origine nelle credenze
della setta dei Sabeani di Harran (i quali si rivolgono alle divinità astrali
dei pianeti e delle costellazioni) avremo le diverse elaborazioni dei Libri
imaginum planetarum, oppure Picatrix vero trattato di necromanzia dei
secoli X-XI. Se l'entità è un demonio avremo la magia necromantica di
Cecco d'Ascoli e di Antonio da Montolmo.
In ogni caso l'efficacità dell'operazione magica riposa sull'intervento
di una sostanza separata, di una intelligenza buona o cattiva, preterna­
turale. È a questo livello che si differenziano le concezioni della magia
destinativa, da quella cosiddetta «naturale», poiché là dove la conce­
zione della natura esclude dalla vita terrena ogni azione sovrannaturale
che non sia quella di Dio, come i miracoli (rivelata nei testi sacri), l'ope­
razione di magia «naturale» non è più magica nel senso dell'intervento
di sostanze separate occulte. Quando poi, come è accaduto per la mag­
gior parte nella filosofia medievale, si fa propria la cosmologia di Ari­
stotele adattata in senso cristiano, il destinatario del mago, che pare es­
sere il demonio, come sosteneva Guglielmo d'Alvemia, è veramente un
essere sovrannaturale? Aristotele non ammetteva spiriti intermedi tra
cielo e terra e tutta la realtà era spiegata in termini fisici di movimento
secondo la sua teoria delle quattro cause e la divisione in sfera subluna­
re e sovralunare. Tommaso d'Aquino trattando di questo tema aveva so­
stenuto che il destinatario del mago è certamente un essere malvagio, ed
è il demonio, di cui egli diviene lo strumento sciocco, ma i suoi poteri
sono circoscritti, essendo anch'egli un essere creaturale (si veda qui il ca-
I:occulto e la magia naturale 173

p itolo V). Il destinatario in questo caso non è sovrannaturale, i suoi po­


teri sono scarsi e per questo il suo intervento è limitato e, soprattutto,
fallace. Prima di Tommaso tuttavia Guglielmo d'Alvernia (si veda Capi­
tolo precedente) pur riconoscendo la natura creaturale del demonio,
aveva ammesso la possibilità, che benché non possa derogare dai prin­
cipi della filosofia naturale, il demonio potrebbe utilizzare i processi del­
la natura mediante la combinazione dei quattro elementi, per compiere
le operazioni in un modo semplicemente più efficace di quelle degli uo­
mini comuni.
È a questo livello della fenomenologia magica che si innesta il pro­
blema della magia «naturale» dei secoli XIII e XIV relativo alla natura
del demonio, dei suoi poteri e della sua relazione con l'operatore e so­
prattutto del significato di natura associato a quello di magia: in que­
st'ultimo caso, cosa si intenda per magia «naturale»? La magia «natura­
le» rinvierebbe a una causalità scientifica. Ma qui sorge ancora l'equivo­
co tra magia e scienza, occulto e conosciuto
Cosa vi è di scientifico nella «magia» naturale sostenuta ad esempio
da Guglielmo di Alvernia e cosa di magico? Si può parlare in tutti i casi
di magia «naturale» quando si introduce il concetto di occulto? È stato
inteso sempre la stessa nozione, o ne sono stati dati significati diversi? Se
si leggono attentamente i testi vedremo che di occulto ne sono state date
per lo meno cinque definizioni:
1) carattere occulto del procedimento nel senso che esso è nascosto ai
profani e sorpassa le capacità comuni; 2) è qualcosa non ancora spiega­
to, ma che si può spiegare razionalmente2; 3) è il misterioso, struttural­
mente inesplicabile e che rinvia ad altra realtà; 4) occulto è una forza «la­
tente» che agisce in dipendenza da una entità superiore sovrannaturale.
Questo significato sarà proprio di certe correnti della magia rinascimen­
tale ed è formulato da Agrippa secondo un impianto filosofico neoplato­
nico-ermetico. Infine 5) occulto come «occultato» che vale per molte
opere qui esaminate.
Al primo e secondo significato possono essere applicate le categorie
della analisi scientifica della filosofia di Aristotele che si vale dell' ontolo­
gia delle forme strutturata su concetti come forma e materia, accidente o
qualità, atto e potenza e quindi può rinviare alla possibilità di una spie­
gazione metafisica razionale. Così non tutti i filosofi e dotti medievali
considerano magico ciò che non rientra nel conosciuto (l'occulto) come
certe virtù curative di pietre o piante. In altre parole estranea alla vera

2
C fr. W EAMON, Science and the Secret o/ Nature, Books o/ Secret in Medieval and
Ear/y Modern
Culture, Princeton 1994, p. 353 .
174 Medioevo magico

« magia» del Medioevo ci pare l'operazione compiuta da filosofi, medici


e scienziati come Alberto Magno, Pietro d'Abano, Arnaldo di Villanova
o Nicole Oresme che elaborarono un modo di oggettivare l'occulto del­
la cosiddetta magia « naturale», considerandolo come una proprietà po­
sitiva, in definitiva non più occulta. (Si veda più avanti capitolo ad voces) .
Il terzo significato, come il quarto, invece è quello propriamente magico.
a) Alberto Magno e la magia naturale
Se la nozione di occulto con la sua genericità ha sostanziato l'idea della
magia « naturale», nel Medioevo, l'introduzione da parte dei filosofi del
concetto di « forma specifica» ha cercato di riempire il vuoto della spie­
gazione.
Questa operazione fu iniziata con notevoli sviluppi da Alberto Magno
che probabilmente conosceva questa nozione di forma specifica da Avi­
cenna, il quale rappresenta il precedente di tutte le elaborazioni succes­
sive come quella di Pietro di Abano e di altri come Arnaldo di Villano­
va. Pertanto non ritengo che si possa applicare ad Alberto Magno l'in­
terpretazione che egli abbia sostenuta una dottrina di magia « naturale»,
alla maniera di Guglielmo d'Alvernia l'unico a mio parere che l'abbia
teorizzata, sulla base della credenza dell'azione dei demoni, angeli cadu­
ti per un peccato iniziale, negli elementi della natura.
La nozione stessa di magia « naturale» inoltre è concettualmente im­
possibile secondo il concetto di natura del peripatesmo medievale poi­
ché qualunque discorso sulla natura secondo Aristotele si fonda su pri­
mi principi logico-razionali (come il principio di identità e quello di non
contraddizione) e, ontologicamente, sulla nozione di fissità delle forme,
sull'idea della conoscenza per cause fondata sulla relazione necessaria
causa-effetto. Ora il proprio della magia è di andare contro queste rego­
le, essendo costituita dalla idea della trasformazione delle specie, di tro­
varsi contemporaneamente in un luogo e nell'altro, il passaggio di un ter­
mine nel suo opposto o la loro identità, l'equivalenza di tutti i contrari
( Tabula smaragdina) (qui a p. 24). Naturalmente se la concezione della
natura non sarà più quella dei peripatetici, ma essa sarà intesa come
pneuma, anima, spirito che tutto pervade e si struttura in una gerarchia
di forme ascendenti e discendenti, siamo di fronte alla magia « naturale»
del Rinascimento di Ficino, Pico, Agrippa, Bruno e degli altri filosofi
neoplatonici ed ermetici dei secoli XV, XVI e XVII.
La cosiddetta magia naturale con cui si vuole etichettare la filosofia
naturale di Alberto, anche se si vale della nozione di occulto per spiega­
re certi fenomeni fisici non chiari come l'attrazione del ferro del magne­
te, ci pare che abbia poco di veramente magico, se la magia vera è quel­
la destinativa e quello che usa il terzo e il quarto significato di occulto. Se
I.:occulto e la magia naturale 175

infatti la spiegazione naturale è data secondo una categoria filosofica


come la «forma specifica» del fenomeno occulto, da cui derivano effetti
conosciuti che ne costituiscono le qualità, come farà Alberto, il fenome­
no occulto è ricondotto non alla causa, ma ai suoi effetti e sarà parimen­
ti comprensibile. Esso rientra così nel conosciuto, ossia è riportato alla
virtù della «forma specifica·» dell'occulto da cui derivano le sue qualità.
Pertanto la spiegazione viene a distruggere «l'occulto» inquadrandolo
nelle regole del conosciuto. Perché si abbia una magia dell'occulto biso­
gna che esso rientri nel terzo significato che gli abbiamo dato, che non
rientri nel quadro naturale delle forme, delle specie e delle qualità, ma ri­
manga strutturalmente occulto perché rinvia a una realtà diversa da quel­
la fisico-naturale, come sarà nella concezione dell'occulto della filosofia
di Agrippa.
La spiegazione dei fenomeni fisici cosiddetti occulti di Alberto Ma­
gno è condotta dall'interno della sua visione dei cieli, della sua astrologia
razionale e non demoniaca. In particolare se si tiene presente la dottrina
svolta da Alberto Magno nel De natura locorum (La natura dei luoghi) si
può constatare come Alberto interpreti la teoria di Aristotele del luogo
degli elementi naturali, l'alto e il basso (che sono la causa del movimen­
to del grave e del leve), alla luce della sua idea di virtù potenziali conte­
nute nella materia suscitate dall'azione dei corpi celesti. In questo mon­
do terreno il luogo e ciò che vi si trova (il generato), convengono sempre
sia nella qualità elementare che in quella celeste: per questa dottrina del­
le qualità miste indotte dal cielo, l'acqua è il luogo della terra e conviene
nella qualità del freddo; l'aria è il luogo dell'acqua e conviene nella qua­
lità dell'umido. Il fuoco è il luogo dell'aria ed essi convengono nel calo­
re. Il cielo è il luogo del fuoco e tutti convengono in questo che, sebbe­
ne il cielo non possegga il calore del fuoco, ha tuttavia la capacità di con­
servare il calore mediante il suo movimento e la sua luce. Nel De natura
locorum Alberto interpreta pertanto la teoria del luogo naturale di Ari­
stotele in un senso astrologico che gli permette di spiegare le proprietà
occulte di certe pietre o minerali mediante l'accentuazione del concetto
di virtù, di azione o di influenza del luogo naturale suscitata dalla virtù
celeste. Questa concezione gli permette di giustificare razionalmente, os­
sia fi sicamente, la causalità astrale. Essa è connessa pertanto con l'idea
della virtù «conservativa» dei luoghi dei corpi elementari e terrestri.
Aveva pertanto affermato Alberto che se

qualcuno vuole conoscere in modo particolare tutte le nature e le proprietà


panicolari dei luoghi, nell'acqua, nell'aria e sulla terra, deve sapere che non
vi è un punto in essi che non abbia una proprietà speciale che proviene dal­
la virtù delle stelle. E questo è un concetto ragionevole (rationabilis) poiché
176 Medioevo magico

si sa che il cielo diffonde le virtù formative in tutto ciò che esiste; e massi­
mamente le diffonde per i raggi emessi dalla luce delle stelle, da cui conse­
gue che qualunque figura dei raggi o i suoi angoli, causi le diverse virtù ne­
gli essere inferiori3 .
A sua volta la materia corrisponde all'azione delle virtù che scendono dal cie­
lo in ragione della virtù del luogo che conserva, ossia concentra in sé, tutti i
raggi dell'influenza. Questo punto «locale» ha un'azione contraria o diver­
sa da quella che proviene dai raggi e dagli angoli che trasmettono l'influen­
za astrale. Ma tale contrarietà non proviene dalla materia, ma è necessaria
che provenga dal luogo informato dalle figure dei raggi stellari»4 •
«Qualcuno sarà stupito chiedendosi da dove provenga tanta virtù del luogo
- prosegue -, ossia che nel luogo una qualche parte dell'universale materia
dei corpi semplici prenda la forma del fuoco, poiché la materia per sé non ha
affatto nessun luogo5 •

Nel De mineralibus egli discute attentamente delle proprietà « occul­


te » delle pietre e dei minerali su cui, egli afferma, si sono sviluppate le
teorie di magia « ermetica » e necromantica, le quali hanno subordinato
queste virtù delle pietre al potere divino degli astri. Egli rifiuta decisa­
mente questa interpretazione poiché riconduce la scientia magorum dei
fenomeni oscuri delle proprietà delle pietre, a causalità fisiche6 ben de­
terminate a cui è ricondotta anche l'azione dei corpi celesti che non sono
divini, la quale si concentra nella virtù del luogo elementare così come
aveva teorizzato nel De natura locorum.
La soluzione che egli presenta è quella della scienza della natura la
quale ricerca le cause che agiscono sulla materia, quali sono gli elementi
o le loro qualità, nella misura in cui si presentano nel composto o anche
nelle forme sostanziali che derivano da queste complessioni7 . Alberto ri­
solve il problema, che non ci pare di magia « naturale» in un modo simi­
lare a Pietro d'Abano (il quale espressamente si richiama ad Alberto in
molti passi della sua opera); il filosofo (o il medico) è colui che si fa stru­
mento della natura ponendosi all'interno della causalità naturale che di­
pende dall'azione degli astri nei luoghi in cui essa si concentra, e ne ri­
percorre gli sviluppi.
L'equivoco della tradizione8 su Alberto Magno, « mago », dipende a
mio avviso dall'accezione « scienza dell'occulto » per definire la magia
3 De natura locorum, I, cap. 5, in Opera, ed. Jammy, Lione 165 1, voi. V, pp. 267-68.
4 Ibid. , p. 277.
s lbid. , p. 266.
6 lbid. , II e III, cap. 3, p. 240.
7 ALBERTO, De mineralibus, Il, cap. 1, in Opera, cit., voi. II, p. 226.
8
A. DE LIBERA, La /ace cachée du monde (2000 ans de magie), « Critique», 2003, 59,
pp. 430-48.A questo proposito le condivisibili osservazioni di P. LuCENTINI, Sulla que-
J;occulto e la magia naturale 177

naturale o meno. Nel De mineralibus infatti Alberto trattando espressa­


mente delle proprietà occulte di certi minerali o piante, le spiega nel sen­
so che dipendono dalla «forma specifica» dei corpi naturali, in relazio­
ne alla causalità celeste, sotto determinate circostanze. I fenomeni occul­
ti sono pertanto incasellati entro la forma specifica che è il termine ulti­
mo al quale perviene la spiegazione filosofica razionale. Questi fenome­
ni sono pertanto occulti nella misura in cui non si può ritrovare la causa
primaria a partire dalle qualità elementari, ma se ne può ritrovare gli ef­
fetti che rinviano a una forma specifica (quella dell'occulto o il non ben
conosciuto appunto) il quale rientra nel quadro razionale dell'universo,
e non in quello di un disegno misterioso della natura. La forma specifica
si situa dunque tra due nozioni: quella della virtù celeste dalla quale essa
è data e quella della materia della complessione nella quale è infusa9 •
L'occulto è dunque razionalizzato, inquadrato in un sistema ontologi­
co, fisico e metafisico, oltre il quale non si procede. Il teologo e il filosofo
naturale sono arrivati al termine del problema poiché non c'è niente al­
tro al di là della forma specifica. In tal senso il progetto di Alberto Ma­
gno, non è magico; non è possibile alcuna magia «naturale», poiché nel­
la sua dottrina non vi è alcun procedimento «destinativo» ed è forma­
lizzata in modo esaustivo la nozione di proprietà occulta riportata a dei
principi naturali. Egli offre così la possibilità di spiegarne razionalmente
la natura occulta inquadrata in quella di forma specifica.
Tuttavia questa nozione non era esente da difficoltà interpretative (su
cui si veda più avanti i chiarimenti di Pietro d'Abano), data la commi­
stione di causalità e influenza astrale. Essa poteva rinviare a una tipolo­
gia differente di immagini astrologiche da cui dipende la causalità o l'in­
fluenza. Esse furono subito distinte in naturali (lecite) e necromantiche
(illecite), abominevoli e detestabili queste, dall'autore dello Speculum
astronomiae che è a lui attribuito dalla tradizione medievale e da Paola
Zambelli 10 .

5fi0ne della magia nella storia del pensiero medievale, «Giornale critico della filosofia ita­
liana», 2004, 82, pp. 257-74, e la ricostruzione di queste controversie da parte di J.-M.
MANoosro, Problèmes et controverses: à propos de quelques publications récentes sur la
magie au Moyen Àge et à la Renaissance, «Aries, A Journal for the Study of Western Eso­
tericism », 2007, 117, pp. 207-25.
9 ALBERT
O, De mineralibus, II, 1, cap. 4, pp. 226-27 .
1 0 L' acuta analisi di Nicolas Weill Parot della posizione di Alberto Magno sui Mine­
.
�alz _e dell'Autore dello Speculum astronomiae (sono due diverse persone?) porterebbe a
lllchnare per l'attribuzione ad Alberto dello Speculum (WEILL-PAROT, Les images, cit.,
2
�P - 7 9 - 80) che condivido. Tuttavia se da un punto di vista intellettuale la posizione dei
u e autori è similare, non è detto che essi siano la stessa persona. L'attribuzione è nega­
ta da diversi studiosi come da Paolo Lucentini, Agostino Paravicini Bagliani, Bruno Roy.
178 Medioevo magico

b) Lo «Speculum astronomiae»
Lo Speculum è un'opera divisa in due sezioni di cui la prima tratta espres­
samente dell'astronomia, definita come la grande sapienza che contiene
sia l'astronomia stricto sensu che l'astrologia come scienza dei giudi�
L'Autore afferma che sotto il manto dell'astronomia si nascondono i
libri necromantici, i quali hanno fatto sì che i libri più nobili fossero ri­
dotti a testi abominevoli. Per tale motivo egli presenterà i titoli di tutti
questi libri con i nomi dei loro autori, separando e distinguendo le ope­
re buone da quelle malvagie, le magiche. La prima pa;te di questa gran­
de sapienza, l'astronomia, è la scienza della figura del cielo come de­
scritta nell'Almagesto di Tolomeo anche secondo i suoi interpreti suc­
cessivi, gli arabi che l'hanno commentato, come Alfargano, Albattani,
Thebit, Geber, Arzachiel e Messahalla: essa contiene la descrizione delle
costellazioni dell'ottava sfera, della costituzione dei sette clima, della pre­
cessione degli equinozi, la spiegazione del movimento dei sette pianeti
(accelerati, retrogradi o stazionari) ecc.
La seconda grande sapienza che sia chiama anch'essa astronomia è la
scienza dei giudizi degli astri o astrologia; essa rappresenta il legame tra
la filosofia naturale e la matematica che descrive i movimenti celesti se­
condo la geometria dei cerchi eccentrici ed epiciclici. Dio mediante que­
ste stelle si serve di esse come strumenti per operare nelle cose create.
Dio è in conoscibile in sé, poiché essendo il primo, non potrà essere co­
nosciuto per qualcosa prima di lui; Dio pertanto sarà conosciuto per
qualcosa che viene dopo, ossia per posterius, per i suoi gloriosi effetti che
sono i cieli e gli astri, i quali grazie alle azioni che compiono come cause
strumentali «seconde», rendono possibile la conoscenza del loro creato­
re, ossia Dio. Pertanto nessuna scienza umana attingerà perfettamente
l'ordine dell'universo, se non la scienza dei giudizi delle stelle 1 1 •
Giustificata in tal modo l'astrologia come scienza dei giudizi dell'a­
stronomia come scienza fisica e matematica insieme, buona e nobile uti­
le alla conoscenza dell'opera di Dio, l'Autore ne classifica successiva­
mente le parti tecniche, così come farà Pietro d'Abano distinguendo le
opere a carattere generale o introduttive, da quelle esercitative o prati­
che; questa sezione è assai similare con quella descritta da Pietro d'Aba­
no. Essa tratta delle rivoluzioni, della loro tipologia, delle interrogazioni,

Cfr. A. PARAVICINI-BAGLIANI, Le Speculum astronomiae, Une énigme? Enquete sur les ma­
nuscrits, (Micrologus Library 6), Sismel Edizioni del Galluzzo, Firenze 2001; B. RoY , Ri­
chard de Fournival auteur du Speculum astronomiae?, «Archives d'histoire doctrinale et
littéraire du moyen age», 2000, 67, pp. 159-80.
11 Speculum astronomiae, a cura di P. Zambelli e altri, Domus Galilaeana (Quadern i
di Storia della Scienza 10), 1• ed., Pisa 1977, p. 14.
I:occulto e la magia naturale 179

delle elezioni o scelte del momento favorevole. È a questa sezione dell'a­


strologia lecita e razionale, cioè alla sezione dedicata alle elezioni e alle
interrogazioni che sono stati associati i libri necromantici maledetti, del­
le immagini, dei prestigi, dei caratteri, degli anelli e dei sigilli che sono ri­
tenuti imprigionare le entità da evocare con determinati riti (magia ceri­
moniale) . La tecnica astrologica lecita delle elezioni invece insegna a sce­
gliere l'ora più adatta per iniziare una impresa da parte di qualunque per­
sona di cui l'astrologo deve conoscere la natività, la quale deve mostrare
un accordo tra il pianeta che regola quella cosa e il significatore dell'o­
roscopo di questi. L'immagine non è altro che la descrizione astronomi­
ca del cielo del nativo (nativitas) 12 • Si tratta di vedere se è predisposta a
un buon esito oppure no.
Ma è in questo momento che sotto le figure o immagini del cielo, tra
cui le natività, si insinuano le immagini necromantiche. Dei tre modi de­
scritti solo quello delle immagini astrologiche di Tolomeo è buono e le­
cito ed elimina queste sporcizie della necromanzia (istas sporcitias) . Le
immagini che richiedono gli altri due modi sono uno abominevole e l'al­
tro detestabile. I riti di suffumigazioni, di invocazioni e di incisione di ca­
ratteri sono 1 ) quelli descritti nei Libri delle Immagini di Toz Greco,
Germath Babilonese, Beleno, Ermete e gli altri, ossia nei Libri imaginum
planetarum già ricordati nel mio capitolo sulla magia ermetica, e sono
«abominevoli». 2 ) L'altro modo di costruzione delle immagini che por­
tano i nomi di entità da esorcizzare come i quattro anelli di Salomone, le
nove Candarie e le tre figure degli Spiriti, l'Almandal di Salomone, ossia
i testi di magia salomonica, sono « detestabili». La citazione dei numero­
si libri ermetici abominevoli e detestabili delle immagini dei pianeti è
lunga, ma si interrompe, poiché l'Autore afferma che egli li aborrisce e
p ertanto non ne conserva una perfetta memoria 13 •
Il modo lecito è dunque solo quello che si richiama alla figura astro­
nomica del cielo delle costellazioni, del moto dell'ottava sfera, della pre­
cessione degli equinozi, del moto del sole, della luna e dei pianeti della
natività, secondo l'Almagesto di Tolomeo. Le uniche virtù o cause am­
messe sono quelle della figura celeste che sono fisiche e che agiscono
come cause strumentali di Dio, per sua volontà (iussu Det) . In questo
f 0do lecito rientra l'astrologia naturale derivata dal Quadripartito di To­
omeo e dalle interpretazioni degli arabi, per la quale entro la spiegazio-
f e astr?logica è fatta rientrare la meteorologia, la geografia, l'agricoltura,
a medicina. Questa, intesa come l'astrologia naturale « vera» è accettata

1 2 lbid., cap. 0, p. 26.


1
1 3 lbid. , p. 28.
180 Medioevo magico

da Tommaso d'Aquino che ne tratta sia nel De occultis che nel suo De
iudicis, sulla base di una teoria della causalità strumentale e seconda dei
corpi celesti 14 •
Questa giustificazione delle immagini astrologiche 1ecite e della scel­
ta dell'immagine della natività nel momento della cura medica, senza ri­
corso alla magia, sarà il presupposto fondamentale della astrologia-me­
dica-razionale e non magica di Pietro d'Abano (si veda qui il capitolo
XIII). Secondo questa impostazione i corpi celesti non irraggiano luce
carica di misteriose forze occulte, ma emettono solo luce e calore dovuti
al loro movimento.

2 . La « Virtus occulta» e la scuola di medicina di Montpellier: Nico-


la da Polonia e Arnaldo di Villanova
Una eccezione di occulto come sconosciuto, con valenze di significati di­
versi, magici o meno, ha riguardato in modo assai largo l'efficacia delle
medicine.
La spiegazione dell'azione terapeutica di certe sostanze contenute in
alcune pietre, erbe o animali con cui si preparavano i farmaci, poneva
una serie di domande a cui i filosofi naturali cercarono di rispondere, a
partire dai primi tentativi dei medici e degli erboristi antichi a quelli dei
terapeuti arabi e latini medievali. Come operano i veleni, come il ma­
gnete attira il ferro, si può ritrovare l'antiveleno universale (la tiriaca)? ,
perché certe pietre come lo smeraldo hanno virtù curative che possono
non derivare dalla contrarietà rispettiva delle qualità dei loro compo­
nenti elementari, secondo i principi della fisica degli elementi semplici e
dei loro composti di Aristotele, ma paiono rinviare a una virtus occulta?
La fisica di Aristotele non sembrava sufficiente: ecco dunque apparire
fra i secoli XII, XIII e XIV il ricorso alla nozione di qualità o virtù oc­
culta, genericamente ignota a cui ricorrere per spiegare tali effetti curati­
vi di cui non si conosce la causa: un concetto equivoco, sulla base anche
dell'idea di «forma specifica» del composto con la quale Avicenna ave­
va cercato di trovare una spiegazione. Essa tuttavia era così poco chiara
da poter oscillare fra il «magico» ·in senso proprio e il razionale. Infatti
se la spiegazione di queste operazioni ricorre a una nozione vuota che è
l'occulto e che pertanto si può collocare al di fuori dell'ordine della na­
tura, ecco che il concetto di occulto viene ad esorbitare dall'ambito del­
la epistemologia scientifica dello scire per causas. Essa quindi tende a col-

14 Cfr. T. LITI, Les corps célestes dans l'univers de saint Thomas d'Aquin, Publicati ons
universitaires, Vander-Oyez, Lovanio-Parigi 1 963 (si veda il Capitolo IV).
I.:occulto e la magia naturale 181
locarsi nella sfera del misterioso, di ciò che agisce nella natura fuori del­
la natura e della relazione razionale causa-effetto e pertanto finisce per
porsi nella sfera della operazione magica, segreta e misteriosa, diversa da
quella meramente fisica.
Su questo tema, come ho già accennato, la discussione pare intermi­
nabile , quasi irrisolvibile, in q uanto radicata su equivoci storiografici
fon dati su presupposti ideologici, filosofici, scientifici e religiosi diversi.
La storiografia filosofica e scientifica dei secoli XIII, XIV e XV sembra
essere la principale responsabile. Da un lato è dato conoscere abbastan­
za bene (per merito degli studi e delle edizioni recenti o recentissime che
si sono succeduti in questi anni su filosofi, maghi, alchimisti dei secoli
XV-XVI e XVIII) , cosa sia la magia dotta filosofica, in particolare quel­
la che si sviluppa anche per l'influenza dell'opera Picatrix. Essa contiene
una dottrina di scienza magica come « necromantica» (si veda il Capito­
lo I) ; abbastanza evidenti sono le differenze concettuali (per es. del­
l'Occulta philosophia di Agrippa) nonostante le divergenze interpretati­
ve, rispetto alle filosofie dei secoli XIII e XIV Dall'altro ancora non bene
chiare appaiono le differenti nozioni di occulto del pensiero medievale.
Permane l'equivoco storiografico (anche alla luce delle discussioni sulla
magia naturale di Marsilio Ficino 1 ') sulle interpretazioni del concetto di
magia che riguarda il Medioevo, in particolare di magia naturale 16 e ma­
gia demoniaca o necromanzia che sto cercando di chiarire in questa mia
analisi. E l'introduzione di questa confusione è attribuibile alla straordi-

i , Cf r. la ricostruzione di N. WEILL-PAROT, in Les images, cit., pp. 643-49 e la discus­


sione di J.-M. Mandosio, Problèmes et controverses a propos de qualques publications re­
centes sur la magie au Moy en Àge et à le Renaissance, «Aries», J ournal for the Studies of
Westem Exotericism», 2007, 7, pp. 207-25.
1 6 Per
un esame del problema, cfr. V. FERRONE COMPAGNI, Abracadabra. Le parole nel­
la magia (Ficino, Pico, Agrippa), «Rivista di Estetica», 2002, 42, pp. 105 -30; I. RosIER-CA­
TACH, La parole efficace, signe, rituel, sacré, Seuil, Parigi 2004, che mette in luce l'impor­
tanza del patto con il diavolo per definire la magia «naturale» di Guglielmo d'Alvernia.
S�bastian Giralt, nella prefazione della edizione critica del De improbatione male/iciorum
?1 Arnaldo di Villanova, osserva che la distinzione tra magia naturale e magia demoniaca
e fa cile in teoria e difficile in pratica. A parer mio, il discorso deve essere rovesciato, nel
enso c
�t an �e è facile in pratica, poiché la descrizione delle operazioni in generale è comune
� ne il patto con il diavolo, implicito o esplicito, collegato con l'idea del culto idola­
tn co che appartiene alla tradizione cristiana), ma difficile in teoria per la confusione in-
od
;� otta tra filosofia, religione e scienza, da Ficino, Pico e Agrippa, dovuta non solo al-
influ enza delle filòsofie neoplatoniche ma anche alle dottrine dei testi magici, ermetici
i�tte mantici anche anonimi (per i rituali cfr. l'opera edita da R KIECKHEFER, Forbidden
cro

s . A Necrom ancer's Manual o/ the Fi/teenth Century, Pennsylvania 1997) (si veda più
anu_ )_. Per le co mmissioni cristiano-ermetiche di Agrippa cfr. V. FERRONE-COMPAGNI,
r
rmett�mo e cristianesimo in Agrippa, il De triplici ratione cognoscendi Deum, (Hermeti­
ca med1aevalia 3), Edizioni Polistampa, Firenze 2005 .
182 Medioevo magico

naria fortuna delle teurgie neoplatoniche ermetico-cabaliste all'interno


di un cristianesimo sincretistico condiviso da Marsilio Ficino e da Gio­
vanni Pico della Mirandola, sulle cui basi essi elaborarono le loro teorie
di magia «naturale» e di occulto. Nelle loro filosofie era tuttavia mutato
il concetto di «natura» sia umana che divina rispetto alla fisica aristote­
lica medievale per l'influenza delle concezioni neoplatoniche ed ermeti­
che di «natura». Se le opere ermetico-neoplatoniche sia a carattere ma­
gico-filosofico che operativo (secondo la classificazione dei curatori del­
l'Hermes latinus) , rimasero nascoste nel Medioevo o circolarono solo in­
direttamente, adesso emergono in tutta la loro forza speculativa. La
physis nel XV secolo non era quella dei quattro elementi di Aristotele e
della costituzione del cosmo: un universo ordinato non più secondo la
teoria del moto di Aristotele, bensì popolato da divinità agenti intelli­
genti, le cui immagini rivelavano la causa occulta delle loro operazioni
nella natura 17 • Come ha scritto Nicolas Weill Parot, allora, nel XV seco­
lo, si ebbe una «liberazione» delle immagini magiche 1 8 che strariparono
nell'universo. Il mago che conosce le connessioni di ogni specie sia ani­
mali che minerali e vegetali nella serie astrologica celeste, ripercorre a ri­
troso il canale di questa diffusione e cosi è capace di far rientrare nella
sua superiore perfezione formale originaria, una specie materiale qua­
lunque decaduta dal cielo la cui virtù occulta è latente.
La scarsa chiarezza di che cosa debba intendersi per magia naturale
nel Medioevo (dato che, a mio parere, non si può applicare la concezio­
ne di Ficino) 1 9 e, considerato che buona parte delle discipline che ope­
rano sulla natura come la medicina e la farmacologia, erano spiegate dal­
la teoria del moto elementare e celeste di Aristotele (in particolare se­
condo le teorie del De generatione et co"uptione e del De coelo) , non di­
pende tuttavia solo dalla proiezione al Medioevo di queste dottrine neo­
platoniche fortunatissime da parte della storiografia filosofica del Rina-

17 T. KATINIS, Sulla storia di due «imagines» contro i veleni descritte da Ficino, in Her­

metism /rom Late Antiquity to Humanism (La tradizione ermetica dal mondo tardoantico
all'Umanesimo), cit., pp. 613 -20; in particolare, N. WEILL-PAROT, Les images astrologi­
ques au Moyen tige et à la Renaissance, Champion, Parigi 2002 , pp. 643 -708; si veda an­
che la mia interpretazione, G. FEDERICI VESCOVINI, I.:espressività del cielo di Marsilio Fi­
cino, Lo zodiaco medievale e Plotino, «Bochumer philosophisches Jahrbuch fiir Antike
und Mittdalter», I, 1996, pp. 1 1 1 -26, e in modo più esteso Marsilio Ficino e lo spirito ce­
leste, « Annali della Fondazione Ugo Spirito », 1 993 , 5 , pp. 7 1 -90.
1 8 N. WEILL-PAROT, Le tournant Ficinien, in Les images, cit., pp. 63 9-49.
1 9 P. ZAMBELLI, Continuità nella definizione della magia naturale da Ficino a Dalla Por­

ta, in D. FERRARO, G. GIGLIOTTI, La geografia dei saperi. Studi in memoria di Dino Pasti­
ne, Le Lettere, Firenze 2000, pp. 23 -24, che esamina la continuità tra la magia naturale
intesa non come fisica, ma forza spirituale e sovrannaturale, anima cdeste.
I:occulto e la magia naturale 183
20
scimento , ma anche dalla situazione reale esistente nel Medioevo. È
dato constatare infatti che nella filosofia scolastica è rintracciabile una
ambivalenza di fronte ai fenomeni magici. Anche allora esisteva una di­
visione fra le dottrine della corrente teologizzante platonica-agostiniana
e la tradizione razionalista rappresentata da san Tommaso e dalla sua
scuola, di cui si ebbe un clamoroso esempio nelle tesi condannate a Pa­
rigi nel 1270- 1277 2 1 di cui egli era uno dei bersagli. Alludo qui alla defi­
nizione di magia naturale che appartiene ai theologizantes non razionali­
sti che ebbe un rappresentante esemplare nell'opera di Guglielmo d'Al­
vemia vescovo di Parigi22 , come ho precisato sopra. Egli ci fornisce nel
De universo e nel De legibus quella definizione di «occulto» della «ma­
gia» naturale abbastanza chiara, oltre che averci documentato di quasi
tutte le opere della magia pagana romana, della teurgia neoplatonica er­
metico-araba e salomonica. La magia naturale fa ricorso alle virtù occul­
te (sconosciute) degli enti sublunari che la provvidenza ha elargito affin­
ché il cristiano se ne serva, ma a fin di bene e limitatamente, senza scon­
finare nella curiositas. Pertanto, come ho già ricordato, queste operazio­
ni di magia naturale avvengono nelle immagini naturali dell'acqua o del
fuoco e negli interventi medici, dove si può vedere come i demoni ange­
li caduti disturbino molti malati come i lunatici (si veda il Capitolo II).
a) Nicola da Polonia
Una impostazione analoga a quella di Guglielmo si può rintracciare nel-
1' opera di Nicola da Polonia, medico «empirico». Infatti in relazione alle
proprietà terapeutiche di alcune piante o animali che guariscono per le
loro qualità sconosciute o occulte, il significato generico di ignoto può
adattarsi a tutte le formulazioni, sia all'azione dei demoni che agiscono
illusoriamente negli elementi come sosteneva Guglielmo di Alvemia, che

20
Cito a questo proposito solo gli studi di Brian P. Copenhaver che avrebbe messo in
evidenza le fonti medievali della magia naturale di Ficino (Tommaso d'Aquino, Alberto,
Pietro d'Abano) non evidenziandone le diversità di impostazione: B.P. COPENHAVER,
Scholastic Philosophy and Renaissance Magie in «De vita» o/Marsilio Ficino, «Renaissan­
ce Quaterly», 1984, 37, pp. 523-54; ma la mia diversa analisi in Marsilio Ficino, lo Zodia­
co medievale e lo Spirito celeste, cit., pp. 7 1-90.
. � In particolare, A. DE LIBERA, Philosophie et censure. Remarque sur la crise univer­
1
t a
� z re parisienne de 1270-1277, in J.A. AERTSEN, A. SPEER (a cura di), Was ist Philosophie
t
zm Mittelalter? (Aqi del X Congresso internazionale di filosofia medievale, 25 -30 agosto
1997 in Erfurt), De Gruyter, Berlino-New York 1998, pp. 7 1-89. Ma soprattutto: R. His ­
S�lìE : I:implication de Thomas d'Aquin dans !es censures parisiennes de 1277 «Recher­
c es de Théologie et Philosophie Médiévales», 64 ( 1997) pp. 3-31.
. 22
Su Guglielmo d' Alvemia in particolare I. ROSIER CATACH, La parole efficace, signe,
r�tuel, sacré, Seuil, Parigi 2004 e DELAURENTI, La puissance des mots, "Virtus verborum",
Clt., pp. 2 02 e SS.
184 Medioevo magico

all'efficacia reale di alcune medicine. Di questo argomento tratta il fa­


moso medico empirico Nicola da Polonia, vissuto a Montpellier negli
stessi anni di Arnaldo di Villanova.
Se « occulto » non significa nient'altro che ignoto, può sembrare ac­
cettabile la definizione magica data da Agrippa di Nettesheim per il qua ­
le la virtù occulta si riempie di contenuto e diviene qualcosa di molto for­
male in quanto la sua causa è «latente » ed è infusa « in rerum speciebus »
dalle idee attraverso le ragioni dell'anima del mondo. Esse dipendono
dalle idee trasmesse dall'anima del mondo mediante i raggi delle stelle.
Così le idee non sono la loro causa essendi, ma le cause di una virtù la­
tente qualunque che inerisce a una specie qualunque2 3 • Essa è forza on­
tologicamente reale, spirituale e superiore a quella materiale perché di­
scende dallo spirito celeste mediante l'anima del mondo. Ma questa de­
finizione è adattabile alla nozione di qualità occulta del medico empirico
Nicola di Polonia?
Nicola da Polonia, frate domenicano operante a Montpellier nell a
prima metà del XIII secolo, ci fornisce una sua definizione di virtù oc­
culta24 come « chiusa », clausa, che è diversa ed è abbastanza indetermi­
nata. Tale virtù è quella che, in generale, rende attive le medicine, ma se
ne ignora la causa. Come ha messo in luce Gundolf Keil25 , che ha stu­
diato le due opere poco conosciute di Nicola da Polonia ( 1225 circa) del­
l'Ordine dei Predicatori (operante a Montpellier per 20 anni circa) il
poema in versi Anti-Yppocras e gli Experimenta magistri Nico/ai, Nicol a
si vanta di curare senza conoscere le cause, ma basandosi solo sulla sua
esperienza, perché « non credo che questa sia opera mia, ma è Dio che
opera attraverso me » (non opinor pro me, sed agit Deus hoc opus ex
me) . Nella stessa direzione generica, Guido d'Arezzo il Giovane26 aveva

23 CORNELIUS AGRIPPA DE NETIESHEIM, De occulta philosophia libri tres, libro 1, ca p .


X-XI, a cura di V. Perrone Compagni, Brill, Leida-New-York-Colonia 1992, pp. 105 - 108 .
Per i riferimenti di AGRIPPA ad ARNALDO, ivi, pp. 70 e 111.
24 P.R BLUM, "Qualitates occultae". Zur philosophischen Vorgeschichte eines Schliisse ­
l
begri/fs zwischen Okkultismus und Wissenscha/t, in A. BucK, Die okkulten Wissenschaf
ten in der Renaissance, Harrassowitz, Wiesbaden 1992, pp. 45 -64.
25
Cf. G. KEIL, «Virtus occulta» - Der Begri/fdes «empiricum» bei Nicolaus von Polen ,
in BucK, Die okkulten, cit., pp. 179-85 .
26 K. GOEHL (a cura di), Guido d'Arezzo der ]ungere und sein «Liber mitis», 1-11, Pat­

tensen bei Hannover 1984 (Wiirzburger medizinhistorische Forschungen, 32), I, pp . 99-


115 ; dello stesso Die humoralpathologischen Grundlagen, ( Wissenscha/stheorisch er An_­
satz), ivi, I, p. 130. Cfr. anche G. KEIL, K. GOEHL, Guido d'Arezzo der ]ungere und die Di­
sputa delle Arti, in Atti del XXII Congresso nazionale della Società italiana di Storia de l ­
la Medicina, a cura di G. LORIS PREMUDA, Padova 1987, pp. 97 - 1 10.
I:occulto e la magia naturale 185
affermato che le proprietà delle medicine le quali compiono operazioni
nobili ed eccellenti, sono ignote per la maggior parte27 •
Le qualità occulte che agiscono nelle medicine risultano quindi igno­
te, perché se ne ignora la causa, il che significa che esse non sono cono­
scenze certe, ma congetturali. Tali qualità dunque non si possono spie­
gare con la ragione («rationibus probari non potest»), ma solo dal loro
28
effetto («effectu probatur» ) ; se mai esse possono fare riferimento all'a­
zione delle idee che risiedono nelle stelle come ha detto Platone nel Ti­
meo e Tolomeo: «Ptholomeum do tibi testem ac in Tymeo Platonem cum
Ptholomeo»29 , secondo una generica affermazione astrologica. Inoltre si
sa del proemio del suo Anti-Yppocras, che egli curava largamente con gli
amuleti appesi al collo. La virtù occulta è quindi definita come «chiusa»
(clausa): ad essa fluisce dal vaso meraviglioso della sorgente che ci rima­
ne sconosciuta, curando le febbri («virtus dausa fluit hinc (scilicet de
"vase mirifico") curans febres»30 ) . La nozione di virtù occulta di Nicola
da Polonia rimane quindi nel generico all'interno di vaghe espressioni
poetiche e può essere intesa nel primo senso di occulto che abbiamo pre­
cisato all'inizio di questo capitolo. Essa è opera del medico per le sue ca­
pacità che gli derivano da Dio e sulla base della sua esperienza, ma è no­
zione chiusa, non comunicabile.

b) Arnaldo di Villanova
Tuttavia una discussione filosofica sulle possibilità di quantificare razio­
nalmente le medicine e di stabilire i loro gradi, diversamente dalla cre­
denza dell'empirico Nicola da Polonia, fu avviata a Montpellier da Ar­
naldo di Villanova nella sua opera De gradibus, in cui cercava di calco­
lare la loro intensità curativa. Egli era particolarmente interessato a tro­
v are una mescolanza precisa di semplici e di composti che potesse esse­
re efficace nelle medicine e specialmente nell'antiveleno o tiriaca.

27
« Insuper proprietates medicinarum, secundum quas sunt nobiles et excellentes
�erationes, sunt ignote pro magna parte». Guroo D'AREZZO, Liber mitis, a cura di K.
oehl, I, p. 244. Cfr. M. McVAUGH, Theriak at Montpellier (con una ed. delle Quaestio­
nes de Th eriaca di Guglielmo da Brescia), Sudhoffs Archiv», 1972, 56, pp. 113-44.
28
«
KErL, Virtus o_cculta, cit. , p. 173.
29
· Ibid. , p. 179. Sull ' empirica di Nicola, cfr. W EAMON, G. KEIL, Plebs amat empirica,
N h olas o/ Poland and bis Critique o/ the Medieval Establishment, Sudhoff Archiv»,
1 ;; 8, 7 1, pp. 180-
«
96; in part. cfr. Appendix, pp. 193-95; gli Experimenta sono editi da R.
G�SZYN IEC, Brata Nikolaja, Posen 1920 (cfr. KEIL, Virtus occulta,
cit., p. 164, nota 27).
.
0
Anti- Yppocras, (Proemio), in KEIL, Virtus occulta, cit., p. 188, nota 171: « causas in­
tenoris lang
uoris [ .. .). aufert [re s] clausa » .
186 Medioevo magico

Arnaldo compie uno sforzo di razionalizzazione positivo per com­


prendere come agissero le qualità che non provengono dalla azione del­
le qualità conosciute della complessione, ma dalle qualità che ne risulta­
no, ossia quelle occulte che risultano dopo la nuova complessione. Ar­
naldo, come ha messo in luce McVaugh, ha sviluppato una nozione di
Avicenna che, a questo proposito era giunto alla idea della «forma spe­
cifica» o della forma totius, per cui tutta l'operazione di questa qualità
non proviene dalla sua complessione, ma dalla sua forma specifiéa che
sopravviene dopo la complessione3 1 •
Il carattere della virtù occulta che per esempio agisce nei veleni o nel
contro veleno della tiriaca sarebbe riconducibile dunque a una forma
specifica. Ma su questa nozione poco chiara Arnaldo di Villanova si è
applicato, cercando di chiarirne il significato da un punto di vista filoso­
fico come farà anche Pietro d'Abano. Si rinvia alla nozione di qualcosa
di nuovo e di diverso che si aggiunge alla azione delle qualità elementari
e alla ricerca di quale ne sia la causa. Pertanto sia Arnaldo, che Pietro
d'Abano, ma in modo diverso, introducono l'idea di una azione diffe­
rente da quella delle qualità elementari dei quattro elementi nel misto
per spiegare la generazione di questa nuova forma che non è opera di ma­
gia. Sia secondo Pietro d'Abano che Arnaldo, questa causa è l'azione dei
corpi celesti, i quali secondo Pietro d'Abano sono dotati di qualità com­
plessionali fisiche analoghe a quelle elementari. Infatti essi operano per
il moto e la luce, la quale diffondendosi per raggi, provoca calore che non
è quello del fuoco che tende in alto, ma quello della luce che tende al bas­
so32 . Ma gli ermetici ritengono che agiscono per entità magiche.
Possiamo conoscere abbastanza bene le teorie filosofiche di medicina
astrologica di Pietro d'Abano che sono razionali, qualora si legga il Con­
ciliator, così prolisso, alla luce delle sintesi dei Problemata o del suo bre­
ve trattato di astronomia, il Lucidator 33 . La prima differenza di questa
opera è interamente dedicata a distinguere la dottrina delle immagini
astrologiche-astronomiche che sono necessarie al medico per fare la sua
prognosi (iudicium) , da quelle ermetico-magiche necromantiche: sia le

3 1 Liber Canonis Avicenne, Venezia 1507, fol. 33v-34v. Cfr. M. McVAUGH, Arnaldi de

Villanova «Aphorismi de gradibus», in ARNALDI DE VILLANOVA, Opera medica om nia,


(AVOMO) II, Barcellona 1972, p. 18.
3 2 PETRJ DE ABANO, Concilia/or, diff. X, f. 16vb.

33 PIETRO D'ABANO, Lucidator dubitabilium astronomiae (astrologiae), a cura di G. Fede ­

rici Vescovini, ed. Programma, Padova, 2• ed., 1992, pp. 116- 17 e il mio studio, Pietro
d'Abano e l'astronomia-astrologia, «Bollettino del Centro internazionale di storia d� o
spazio e del tempo», 5 (1986), pp. 30-44. Sui Problema/a, cfr. gli Atti del Colloquw :
Aristotle's Problema/a in Dilferent Times and Tongues, a cura di P. de Leemans, M. Goyen s,
Leuven Univèrsity Press, Lovanio 2006.
I}occulto e la magia naturale 187
jJnrn agini dei Sabeani di Harran seguaci di Hermete Thebit, che quelle
angdologiche della magia ebraica di Ermete Enoch o Salomone. Meno
ci è dato conoscere invece cosa ritenesse Arnaldo della natura dei cieli
dalla cui virtus dell'azione (impressio) celeste scaturisce la proprietà cu­
rativa di quella certa erba o pietra che rappresenta la sua «forma speci­
fi ca », in quanto i suoi scritti astrologici autentici non sono ancora stati
ben individuati34 •
Tuttavia Arnaldo di Villanova svolge un lungo discorso nello Speculum
m edicine 35 , discutendo della forma specifica da cui scaturisce la virtù oc­
culta a proposito del modo di curare in relazione alla complessione del
paziente. Le proprietà occulte non si possono quantificare perché non so­
no percettibili come le qualità dei quattro elementi, caldo freddo, ecc. e
la loro esistenza è riconosciuta non dalla ragione, ma solo per una espe­
rienza casuale. Esse si dicono occulte perché le qualità per le quali una co­
sa si rende evidente sono del tutto sconosciute alla ragione umana. Ogni
cosa infatti è conosciuta sicuramente o per cause immediate o per il loro
effetto immediato in proprietà delle quali la ragione umana ignora l'uno
e l'altro, sia la causa che l'effetto. Le cause immediate delle proprietà so­
no due: la forma della mescolanza e la forma specifica della mescolanza36 •
Secondo i principi della medicina avicenniana, questa nozione è stretta­
mente legata con quella di complessione che designa una mescolanza del­
le qualità primarie dei quattro elementi propri di ciascun organismo. La
nozione galenica rielaborata da Avicenna permetteva di connettere la fi­
siologia con la fisica elementare aristotelica per la quale il cambiamento
fisico è retto dall'interazione delle qualità dei quattro elementi. Due ele­
menti presi insieme potevano divenire un terzo, perdendo ciascuno una
qualità. Nella pratica medica la medicina aveva come compito nella cura,
di manipolare la virtù propria di una sostanza, virtù della quale si doveva
scoprire la causa o almeno scoprirne l'origine per comprenderne la gene­
r?zione o la trasformazione (operatio) fisica. Nella farmacologia, alcuni
run.edi non potevano essere dedotti dalle azioni delle qualità elementari
conosciute delle loro sostanze ma solo dai loro effetti, sulla base dell'e­
sp erienza. E così, le proprietà particolari erano presentate come dipen­
denti da qualche entità che rappresentava l'individualità della cosa che li
P roduceva che era la forma sostanziale o specifica di questa cosa o la sua
comp lessione; allora si sosteneva che essa operava con tutta la sua so­
st anza o /o rma t'otius. In certe piante o nelle pietre come il magnete essa

3
_ Cfr. ora S. GIRALT, Medicina y astrologia en el Corpus arnaldià, « Dynamis, Acta
1sp ◄ lca
�� Medicinae S cientiarum», 2006, 26, pp. 15 -38.
�ALDO, Speculum medicine, Opera, Venezia 1505, cap. 18, ff. 7vb-8ra.
36 lb
zd. , loco cit .
1 88 Medioevo magico

esercita una azione o virtù, chiamata attractiva. La forma specifica non di­
pende quindi dalle qualità dei quattro elementi, ma può essere dipen­
dente da una virtus a cui è assimilata la sostanza, la/orma totius.
La forma specifica del complessionato di una certa specie animale o
vegetale, si classifica tuttavia, in comune e propria o particolare. :Arnal­
do vuole comprendere la natura di certi medicamenti per la loro appli­
cazione nella cura; essendo dei misti, essi hanno una /orma mixtionis il
cui principio è razionalmente riducibile alla virtù delle qualità primarie
presenti nel composto, ma i composti possiedono anche altre virtù que­
ste secondarie, di cui non può essere spiegata la loro comparsa con la ra­
gione, bensì essa è appresa con l'esperienza: questa è la virtus occulta del
composto che Arnaldo chiama forma specifica o /orma totius. Essa come
la forza attrattiva del magnete trascende la natura delle qualità primarie
come è la /orma mixtionis ed è introdotta da un agente esterno. Pertanto
le proprietà delle complessioni si dividono in due: la proprietà comune
o universale3 7 come la virtus che conviene alla specie di tutti gli individui
(«convenit omnibus individuis speciei»), e le proprietà occulte (virtutes
occultae) che trascendono la natura dei componenti del composto. En­
trambe sono suscitate ab impressione celesti, ma la proprietà comune del­
la complessione dispone il generato per impressione celeste a ricevere
«tota latitudo mixtionis vel complexionis que convenit speciei et sic pro­
prietas est virtus specifica id est consequens speciem»3 8 • Essa conviene a
tutti gli individui della stessa specie, ma essa è diversa dalla proprietà
sconosciuta o occulta che sopravviene accidentalmente in un comples­
sionato e che dipende dalla possibilità che un particolare grado della me­
scolanza del composto sia suscitato nel generato in una certa ora della ge­
nerazione, da una forza di cause concorrenti come l'aspetto forte dei cor­
pi celesti39 o del concepimento o della natività.
Da questi passi di Arnaldo è ben chiara la sua concezione di medici­
na astrologica fondata sul principio che tutto ciò che è generato in natu­
ra come le complessioni e i complessionati dipende dall'azione delle pro­
prietà dei quattro elementi e di cause concorrenti come l'impressione dei

37 1. DRAELANTS, La «virtus universalis», un concept d'horigine hermétique? Les sour­


ces d'une notion de philosophie médiévale, in P. LUCENTINI, S. FARRI, V. FERRONE COM­
PAGNI (a cura di), Hermetism /rom Late Antiquity to Humanism (La tradizione ermetica
dal mondo tardo-antico all'Umanesimo) (Atti del Convegno internazionale di Studi, Na­
poli, 28-29 novembre 200 1), Brepols, Turnhout 2003, pp. 157-88 (Instrumenta patristi­
ca et mediaevalia 40). '
3 8 ARNALDO, Speculum medicine, cit. , loco cit.
3 9 De parte operativa, Opera, Lione 1509, f. 146r. «Ex fortitudine causarum concur­
rentium, utpote/orti aspectu [il corsivo è mio] celestium corporum, sive hora generatio­
nis sive hora casus principii seminalis in agro nature, seu hora nativitatis ».
I:occulto e la magia naturale 1 89

corpi celesti, con i loro forti «aspetti». Espresso con termini sintetici ma
assai chiari da un filosofo-medico aristotelico che conosceva bene questa
problematica vissuto un poco più tardi (Biagio da Parma), la dottrina si
riassumeva nell'idea che «formam mixti generari a virtute existente in se­
mine una cum aspectu celesti»40 •
Resta il quesito se Arnaldo ritenesse che questa azione dei cieli è cor­
porea o spirituale nel quale ultimo caso la virtus occulta da essi suscitata,
non sarebbe di origine fisico-naturale, ma una forma demoniaca e quin­
di magica.
Non ancora risolto è il problema dell'autenticità4 1 del suo Liber in­
troductorius de iudiciis, anche se la dottrina astrologica qui contenuta è a
carattere di introduzione ai principi generali dell'astrologia medica ed è
comune a tutte le trattazioni propedeutiche e manualistiche di astrologia
medica che si richiamano all'astronomia del Quadripartito di Tolomeo e
al Commento dell'Alkabizio. Mettendo da parte il problema dell'attribu­
zione ad Arnaldo di queste opere astrologiche, come anche il Liber de iu­
diciis, (che non è rilevante) pare chiaro, come risulta dai passi di opere
autentiche come il De parte operativa, che Arnaldo ritenesse che le forme
dei misti siano dovute all'azione suscitata nelle disposizioni qualitative
delle materie soggette, dall'impressione celeste. In questi passi del De
parte operativa si afferma esplicitamente che «in ogni ora le parti del cie­
lo, influenzano o infondono una e un'altra capacità (forza) agli esseri ge­
nerabili, la quale esige che la figura del cielo sia determinata dall'orosco­
po o dall'ascendente nell'ora riferita al generabile o al generato qualun­
que essa sia».
Pertanto di questa virtù che i corpi superiori suscitano (influent) ,
sono suscettibili solo i corpi che vi si dispongono o per agenti naturali, o
per mezzo dell'arte, o per quel settore per cui alcuni individui di una cer­
ta specie acquistano una altra proprietà, la quale ad altri esseri della stes­
sa specie non conviene42 • Arnaldo dunque ritiene che tutte le forme, ve­
getali, animali e minerali siano suscettibili per l'azione esterna degli astri
in un determinato momento di sprigionare delle proprietà transitorie,
anche se queste ci sono occulte. «In realtà tutto ciò che si produce nel-
1'orbe per arte o per natura riceve dall'orbe una realtà di patire l'azione

40 BLASII DE PARMA De generatione et corruptione, ms. Città dd Vaticano, Vat. Chig.


O . IV.4 1 , libro I, qu. 8, tertium articulum, conclusiones, interamente dedicato al proble­
m a della forma mixti o complexionis. Cfr. G. FEDERICI VESCOVINI, Astrologia e scienza. La
i
ts dell'aristotelismo sul cadere del Trecento e Biagio Pelacani da Parma, Nuove ed. Val­
ec chi, Firenze 1979, pp. 24 1 -76.
41 Cfr. GIRALT, Medicina, cit., che esclude questa attribuzione.
42 De parte operativa, in Opera, Lione 1 520, fol . 127ra.
1 90 Medioevo magico

da un altro o di agire su di un altro, anche se questa qualità ci rimane


ignota»43 •
Tutto il problema riguardante l'interrogativo se questa concézione
astrologica di Arnaldo, della natura dei corpi superiori sostenga che essi
siano concause naturali delle operazioni delle cose inferiori come pensa­
va Pietro d'Abano, oppure sono di natura diversa, spirituale, demoniaca,
o intelligenziale, non è stato ancora ben chiarito. Se tale natura è inter­
pretata alla maniera della magia ermetica per la quale i corpi celesti sono
animati da intelligenze, divinità astrali o altro e le loro immagini non sono
puramente descrittive di moti o qualità fisiche (quanto invece sono es­
senze sostanziali e divine che agiscono), arriviamo a conclusioni diverse.
Ancora non è chiaro questo elemento della medicina di Arnaldo, perché
la sua dottrina della causalità astrale non è ben esplicitata come quella di
Pietro d'Abano. Infatti, per esempio il problema dell'attribuzione o me­
no del testo dei Sigilli ad Arnaldo, dipende anche dal problema se i riferi­
menti astrologici ivi contenuti possono essere considerati di magia astra­
le, ermetica oppure sono meramente descrittivi delle corrispondenze te­
rapeutiche tra i segni e le cure secondo la melotesia zodiacale. In questo
ultimo caso tali sigilli sarebbero pertanto meramente protettivi e non
esorcistici44 e magici.
Ma quale è la natura di questa «influenza» dei corpi celesti? Un'ana­
lisi dei passi delle sue opere di sicura attribuzione in cui ne parla, esclu­
de qualunque interpretazione magica delle virtù occulte di certe sostan­
ze medicinali curative come lo smeraldo o il corallo, suscitate dal/'im­
pressio dovuto al forte aspetto astrale. Il trattato De improbatione male/i­
ciorum ora riedito nella nuova edizione critica da Sebastian Giralt45 ci
può fornire il chiarimento necessario per capire quale sia l'azione di que-

4 3 «Omne enim quod sub orbe per artem vel naturam producitur aliquam proprieta­
tem ab orbe recipit patiendi ab alio vel agendi in aliud quamvis illa sit nobis ignota» (De
parte operativa, Opera, Lione 1520, fol. 127ra). «Patet ratio propter quam multi medico­
rum vocaverunt proprietatem virtutem occultam. Sed pro tanto dicitur occulta quoniam
ea quibus res cognoscitur omnino apud humanam rationem ignota [ est] » (Speculum m e­
dicine, Opera, Lione 1520, f. 6vb). Cfr. S. GIRALT, Arnaud de Vilanova y las proprietas
ocultel� de la magia a la medicina universitaria, in «Actas de la V Trobada d'Historia de
la Ciencias y de la Tecnica», Barcellona 2000, pp. 393-98. In particolare, DRAELANTS, La
virtus universalis, in Hermetism, cit., pp. 16.1-64.
44 Cfr. la mia edizione critica del De sigillis, qui Appendice 2 da cui si può constatare
l'assenza di magia destinativa astrologica.
45 Ringrazio Sebastian Giralt che ha messo a mia disposizione la sua recente edizion e
critica del De improbatione maleficiorum quando non era ancora pubblicata. Si veda ora
Arnaldi Opera medica omnia VII, Epistula de reprobacione nigromantice ficciones (de im­
probatione maleficiorum), Barcellona 2004.
Z.:occulto e la magia naturale 191

sti corp ora aelestia, da cui dipende la virtus occulta: se demoniaca e quin­
di magica, o solo fisico-corporea, naturale.
Il trattato De improbatione male/iciorum di Arnaldo è stato scritto
contro quanti praticano fo rmule e pratiche esorcistiche, come le incisio­
ni di caratteri per cacciare i demoni pretendendo di averne la potestà per
virtù loro propria, diversamente (aliter) da quanti hanno quella virtù per
grazia divina (per gratiam) concessa immediatamente solo ai santi e agli
uomini puri. Tutte le argomentazioni sono condotte sulla base della dif­
ferenza di natura, corporea, di chi compie queste pratiche, e incorporea
dei demoni, e dei mezzi usati per virtute propria o per virtute alterius per
cacciarli46 • Queste pratiche sono fisiche e corporee e non possono nien­
te contro la sostanza di tali demoni, che è incorporea. Pertanto, nemme­
no le sostanze corporee come l'uomo, sebbene dotate di anima e intel­
letto, possono, in virtù loro propria e dell'intelletto loro, compiere que­
ste operazioni magiche, perché l'anima è commista al corpo e non ha un
grado superiore alla virtù intellettiva del demone, che non è legato al cor­
po. Né può farlo per virtù di altro, come per la virtù degli elementi ter­
restri o celesti, secondo il principio che nessuna sostanza incorporea qua­
le può essere l'anima o l'intelletto, finché è congiunta al corpo, ha una
potenza più fo rte e alta (altior) di una sostanza incorporea non congiun­
ta o separata dal corpo (come è quella dei demoni). Per quanto riguarda
la possibilità che si possano cacciare per mezzo delle virtù dei corpi ce­
lesti, anche questo è impossibile perché questi ultimi agiscono per la luce
che agisce per contatto fisico, mentre è manifesto che ciò che è incorpo­
reo, non è soggetto al tatto («tactui nullo modo subicitur»)47 •
Da queste proposizioni si ricava una notazione interessante per il no­
stro quesito, e cioè che i demoni in quanto incorporei, non possono es­
sere cacciati neppure per virtù dei corpi celesti, perché questi ultimi agi­
scono con la loro luce che è per contatto e quindi per azione fisico-cor­
porea, mentre è manifesto che ciò che è incorporeo non è suscettibile al
tatto. I corpi celesti, gli astri e le stelle agiscono per l'azione corporea del­
�a loro luce che sprigiona calore, sono dunque fisici. Così gli amuleti non
llnprigionano nessun demone, intelligenza astrale, o spirito astrale, in-
46 De
improbatione male/iciorum, a cura di S. Giralt, cit., pp. 305 -309.
47
_ De improbatione, loco cit. Interessante nel De improbatione male/iciorum è la ne­
gazione da parte di Arnaldo del 'idea di magia cerimoniale dei gentili e dei filosofi, che
l
tu ttavia « est
opinio plurimorum » per cui secondo Arnaldo nessun uomo o sostanza in­
tellettiva animata, congiunto al corpo può impossessarsi della virtù di Saturno o di Gio­
v e m ediante
e essa cacciare i demoni. Se qualcuno potesse cacciare i demoni, dovrebbe
es sere uomo perfetto e mondo, mentre coloro che fanno queste invocazioni sono esseri
ch e c_onducon o una vita sordid a e spre evole, sono dei puri idioti e le maestre di tali in­
g
gan m sono delle puzz0lenti ( si veda qui il Capitolo V).
1 92 Medioevo magico

corporeo, capace di cacciare i suoi simili, e la loro virtus occulta non è


demoniaca e quindi magica, ma solo una proprietà fisica accidentale e
transeunte dipendente da diverse cause concorrenti contingenti e- occa­
sionali. Gli amuleti pertanto non comandano i demoni (imperant) , ma
solo proteggono da essi.
È chiaro pertanto che l'azione suscitata dal cielo nell'azione della vir­
tus occulta di certe medicine, secondo Arnaldo, non è magico-demonia­
ca, ma fisica e si può spiegare naturalmente.
c) Pietro d'Abano
c.1) La causalità astrologica
Pietro d'Abano tratta delle virtù occulte di certe pietre come lo smeral­
do e il corallo, discutendo il concetto di forma specifica o /orma totius
nella Di/ferentia 71 del Conciliator di/ferentiarum medicorum et philo­
sophorum per spiegare l'azione di certe sostanze che agiscono non in
virtù della mescolanza delle qualità elementari nelle complessioni, ma in
ragione della loro «forma specifica» secondo l'autorità di Avicenna; esse
sarebbero proprio quelle virtù occulte e ignote di cui qui Pietro d'Aba­
no si pone l'interrogativo cercando di darne una spiegazione razionale.
Parlando da filosofo egli si domanda se questa forma specifica sul piano
ontologico rientri nell'ordine di natura o ne sia al di fuori; se essendo su­
scitata da forze superiori, la forma specifica di quell'azione rinvii a un
ente superiore alla natura (come sarà l'interpretazione neoplatonica di
Ficino e di Agrippa e quindi apra le porte alla magia astrale), o piuttosto
invece sia riconducibile alle azioni fisiche della natura. Un chiarimento
della forma specifica di certe qualità suscitate in certe sostanze e che han­
no poteri terapeutici (la cui origine è occulta), è importante per Pietro
d'Abano nel senso che bisogna stabilire a quale tipologia esse apparten­
gono: se esse appartengono alle qualità primarie o alle secondarie della
materia elementare o a una certa altra tipologia che è propria della com­
plessione che è generata da esse. Secondo Avicenna tale forma sarebbe
una perfezione aggiuntiva «che la materia acquista secondo la materia
stessa dalla complessione come accade nella virtù attrattiva del magnete,
cioè come quella che risulta dopo la complessione per la preparazione
della complessione»48 •
Ma appare evidente che tale qualità non riguarda le complessioni
semplici né la stessa complessione composta, perché non è né calda, né

48
Liber Canonis Avicenne,Venezia 1507, fol. 33v-34v.: «quam acquisivit materia se ­
cundum aptitudinem que fuit ei acquisita ex complexione, sicut in magnete virtute ac­
tractiva et sicut natura cuiuscumque specierum vegetabilium animalium, scilicet illa
quam habet post complexionem propter complexionis preparationem ».
J;occulto e la magia naturale 1 93

fredda, né secca, né umida, né semplice, né composta, non è il colore o


l'odore o altra forma non percepita dai sensi . Tutta questa qualità non
proviene dalla sua complessione, ma dalla sua forma specifica che so­
p ravviene dopo la complessione. Pertanto per questo chiamiamo una
op erazione di tal fatta, « operazione da tutta la sostanza» (« Unde prop­
ter hoc vocamus huiusmodi operationem a tota substantia») . Essa dun­
que proviene dalla forma specifica e non dalla qualità, e pertanto non
dalle quattro qualità elementari, né da ciò per cui è una commistione49
per cui sembra una perfezione aggiuntiva.
In questa Dif/erentia 71 relativa alla esistenza della forma specifica
delle qualità occulte Pietro ritorna in modo molto analitico su questo ar­
gomento. Questo testo è stato molto discusso e diversamente interpreta­
to50 . Se lo si esamina tuttavia anche alla luce di altre sue opere come i
Problemata e il Lucidator, da una lettura attenta si può ricavare l'idea che
Pietro non ritenesse che tali qualità sconosciute dipendano da una forma
specifica occulta e che essa sia una sostanza o una entità permanente
come le essenze o le idee eterne di Platone: invece essa è sempre una ope­
razione o una qualità della materia composta, perché nell'ambito della
natura medica e farmacologica egli ritiene che non si diano mai forme so­
stanziali o essenze, pure sostanze. In medicina si studiano solo i compo­
sti di materia e forma che operano di continuo; si generano e periscono
mediante le operazioni delle loro qualità e accidenti elementari. Questi
composti dipendono dai tipi di causa che li produce che sono non solo
quelli delle qualità elementari ma anche quelli dei corpi celesti.
L'interpretazione di questo testo di Pietro d'Abano è strettamente di­
pendente dalla sua dottrina della causalità o influsso dei corpi celesti. Es­
sa è in relazione a come egli intenda la natura delle loro configurazioni:
dei sette cieli, dei pianeti che li abitano, delle costellazioni dell'ottava sfe­
ra e dipende dalle tecniche degli aspetti tra di loro. Le conoscenze che
Pietro ne aveva gli erano state trasmesse dalle elaborazioni dall'opera di
Tolomeo, degli astronomi e degli astrologi arabi dal IX al XII secolo di cui
�a grande mostra nel Lucidator: in particolare dipende dalla teoria delle
unmagini (vultus) sia dell'ottava sfera che dei pianeti, dei loro aspetti e
� �e dottrine che spiegavano quale fosse la loro natura, quale la loro at­
tività o influenza o azione nel mondo inferiore. E di questi argomenti egli
non cessa di dare chiarimenti dettagliati e analitici ritornando più volte
sul tema in tutte le sue opere, spiegando la tipologia ben differenziata del­
la causalità astrale. Essa si classifica in: 1) universale dell'ottava sfera o fir-

49 « Scilicet a forma specifica et non a qualitate scilicet non aliqua quattor qual itatum,
,
neque eo quod est commixtio » (Liber Canonir, loco cit.) .
'° Cfr. WEILL-PAROT, Les images, cit., pp. 5 12- 16.
1 94 Medioevo magico

mamento da cui dipende la storia universale dei popoli e delle religioni;


in 2) generale (delle 48 immagini contratte: 12 dei segni e 3 6 delle costel­
lazioni) , da cui dipendono le città o le regioni; 3 ) individuale, da -cui di­
pendono le natività degli individui umani' 1 •
c.2) Le immagini ermetiche
La difesa della medicina astrologica anti-magica, antiteurgica, antisuper ­
stiziosa e lecita è l'intento delle argomentazioni della prima differenza
del Lucidator, in quanto subordinata ali'astronomia che è una scienza ra­
zionale fisica e matematica52. Sono escluse tutte le pratiche di astrologia
cerimoniale che consistono nell'esorcizzazione degli spiriti o nella inci­
sione dei caratteri delle immagini e sono condannati tutti i libri delle im­
magini ermetiche sia di Ermete Thebit (l'Ermete arabo dell'astrolatria
sabeana i cui testi passano in Picatrix anche attraverso al-Tabari)' 3 , che di
Ermete Enoch da cui deriverebbe la magia salomonica. Un altro Ermete
spesso citato da Pietro anche nel Conciliator è Ermete Abidimon, e in
questo caso il riferimento indiretto è all'Introductorium maius di Albu­
masar54 . Delle immagini ermetiche e cerimoniali dei pianeti egli tratta
diffusamente anche nel Conciliator, riferendole alla magia astrale di Er­
mete, proprio in relazione alla natura della forma specifica della virtus
occulta. Alcuni interpreti ne hanno tratto l'idea che anch'egli indulgesse
a ritenerle essenze magiche anche forse suggestionati dalla lettura suc­
cessiva che ne avevano dato Marsilio Ficino e Agrippa''· Quest'ultimi
avranno certamente grande parte nel costruire nel Rinascimento l'imma­
gine di Pietro d'Abano come un mago e un necromante.
Ma sul cadere del secolo XIII e nel XIV la dottrina delle immagini na­
turali astronomiche dell'astrologia di Pietro d'Abano, sul modello dello
Speculum astronomiae' 6 , come abbiamo ricordato, aveva operato una
netta distinzione tra immagini naturali astrologiche lecite e quelle necro-

51
Conciliator, Differentia 10 e 17, Giunta, Venezia 1565 ; Compilatio physionomie ,
pars tertia, capitulum primum, decisio prima, Padue per Petrum Mauser, 1474 .
52 PIETRO D'ABANO, Lucidator, cit., pp. 150-5 1. (Si veda qui il Capitolo XIII).

" D. PINGREE, Al-Tabari on the Prayers to the Planets, «Bulletin d'études orientales »
(Sciences occultes et Islam), 1992, 44, pp. 105 - 12 . Cfr. nota 43 cap. I.
54
CH. BURNETI, The Legend o/ the Three Hermes and Abu Ma'shar Kitab al-Ulu/ in
the Latin Middle Ages, «Journal of the Warburg and the Courtauld lnstitutes», 1976, 39,
pp. 231 ss.
55 Cfr. nota 20.
56
P. ZAMBELLI, The «Speculum astronomiae » and its Enigma. Astrology, Theology an d
Science in Albertus Magnus and bis Contemporaries, Dordrecht-Boston 1997 ; A. PARAVI ­
CINI BAGLIANI, Le «Speculum astronomiae», une énigme? Enquete sur les manuscrits, in
particolare pp. 158-60.
I:occulto e la magia naturale 1 95

mantico-cerimoniali57 illecite che sarebbero le cause dell'influenza cele­


ste della virtus occulta. Questa separazione è stata fatta propria da quei
filosofi e scienziati razionalisti, come in teologia Tommaso d'Aquino, in
medicina Pietro d'Abana5 8 e in ottica Vitellione, ma essa fu tuttavia som­
mersa dalla fortuna che si ebbe già dalla fine del XIV secolo e poi lungo
tutto il XV secolo, della circolazione non più sotterranea dei testi di
astrologia cerimoniale ermetica sia araba sia ebraica. Non solo per la ri­
comparsa del manuale di magia astrologica cerimoniale araba che è sta­
to Picatrix che li contiene in buona parte, quanto anche per il rinnovato
interesse per una interpretazione di tipo magico destinativo dei testi
astrologici tolemaici come il Tetrabiblos o pseudotolemaici come il Cen­
tiloquio che si ebbe tra il cadere del secolo XIV e per tutto il XV secolo.
Proprio anche in medicina, ne sono testimonianza non solo i commenti
di Cecco d'Ascoli all'Alkabizio e alla Sfera del Sacrobosco, ma soprattut­
to il De occultis di Antonio da Montolmo59 (si veda qui la fine di questo
capitolo), e più tardi il commento al Centiloquio di Lorenzo Bonincontri
e dello Scaligero60 • Per questa complessa tradizione dottrinale che si è
avuta lungo i secoli, il concetto di astrologia si è rivelato come uno dei
più ambigui per la oscillazione tra magia e scienza. Così, l'aspetto astro-

57 Le suffumigazioni sono di rito in questi libri, cfr. V. FERRONE COMPAGNI, Una fon­
te ermetica, il «Liber orationum planetarum », «Bruniana e Campanelliana », 2001, 7, pp.
189- 97 , in particolare p. 197 , Suffumigatio lunae. In particolare si veda sotto la voce suf
/umigacio, suffumigare, Picatrix, II, 5, ed. Pingree, p. 46 per cui essa è la terza operazio­
ne necessaria alla «scienza» magica che è la necromanzia.
58 N ella Di/ferentia 9, dove Pietro d'Abano si domanda se la natura umana si è inde­
bolita lungo i secoli oppure no, nel propter tertium, stabilisce un principio di metodo che
sarà il suo, seguendo - dice - l'insegnamento di Alberto: afferma che come su argomen­
ti naturali ha trattato Alberto nel primo de generatione, anche lui non sarà ossequiente
alle persuasioni delle religioni né dei miracoli in divinis, mentre invece ricercherà la ve­
rità secondo i detti dei filosofi, degli astrologi e dei medici in physicis ( Conciliator, Diffe­
rentia 9, propter tertium, Giunta, Venezia 1565 , f. 14vb).
59 Cfr. le interessanti citazioni di Paolo di Middenburg, matematico e astrologo fa­
moso, autore della riforma del Calendario, la famosa Pavolina , nel suo pronostico del
1480, dell'opera di Antonio da Montolmo (di cui poco si conosce), il De iudiciis nativi­
atu
� '.71 liber praeclarissimus (Giovanni Petreius, N orimberga 1540). Su ciò in particolare
mio studio I pronostici di Paolo di Middenburg astrologo di Federico da Montefeltro ,
Quaderni dell'Accademia Fanestre» 2003, 2, pp. 9-30, che ci presenta una immagine
del
�ontolmo qualç astrologo e matematico molto competente e autorevole. Si veda più
avam1 su Antonio a p. 210 e ss.
60
_ Cfr. su di loro il mio studio, Gli affreschi astrologici del Palazzo Sch z/anoia e l'astro­
l za a la
Rg l Corte dei Duchi d'Este tra Medioevo e Rinascimento, in F. More! éd. , L'art de la
enazssance entre science et magie (Actes du colloque international organisé par le Cen­
e
� �'histoire de la Renaissance et l'Université de Paris, Paris 20-22 juin 2002), Collection
e I Académie de France à Rome, Roma 2006, pp. 55-82 .
1 96 Medioevo magico

logico terapeutico o meno di certe sostanze che dipende dall'immagine


astrologica e dalla sua influenza, risente di queste inclinazioni, tra super-
stizione e razionalità.
c.3) Le complessioni dei pianeti
Ma la conoscenza di queste immagini è necessaria a Pietro d'Abano per
la prognosi medica che è sempre un iudicium de nativitate. Presuppone,
per la cura, la scelta (electio) dell'immagine celeste più favorevole alla te­
rapia in corrispondenza con il tema radicale o radix del malato. Questa
tecnica astrologica del medico aristotelico intende fisicamente le imma­
gini in quanto dipendono dal movimento dei corpi celesti che non sono
né spirituali, né divini. Ma per sostenere questa tesi Pietro d'Abano deve
discutere la dottrina di Aristotele e di Averroè della natura eterna dei cie­
li dipendente dalla perfezione del loro moto circolare. Pertanto, benché
Aristotele affermi che i corpi celesti come i pianeti siano perpetui e la
loro essenza sia immutabile, egli la interpreta nel senso che essi agiscono
non per la loro forma sostanziale, cioè /ormaliter, ma per le loro com­
plessioni e cioè ef/ective. Ciò significa che i pianeti sono considerati nei
loro effetti per i quali essi sono dotati delle stesse combinazioni delle
qualità elementari, freddo caldo, umido secco, sia di terra, che d'acqua,
d'aria, e di fuoco.
Bisogna osservare che questa dottrina delle complessioni fisiche dei
pianeti è un concetto generale ma comune che distingue i medici che ap­
plicano una astrologia naturale-fisica alla loro disciplina dai maghi prati­
coni e la si riscontrerà più tardi anche nell'insegnamento medico-astro­
logico di Biagio Pelacani da Parma61 • Per complessione dei pianeti, af­
ferma Pietro d'Abano62 non intendo la loro complessione esistente in
modo formale, bensì «di fatto» («non intelligo complexionem formali­
ter eius inexistentem, sed effective»), poiché se così fosse, risulterebbe­
ro composti di elementi contrari, il che è impossibile sul piano formale
essendo perfetti. Invece, anche se i Caldei dissero che il cielo è costitui­
to da una quinta essenza perfetta, esso opera ef/ective, non tanto per una
causalità formale, ma per i suoi effetti per cui i cieli producono azioni o
operazioni effettive che sono quelle che dipendono dal loro moto. Per­
tanto la complessione dei pianeti, tende al caldo e all'umido, come la
complessione umana, poiché i corpi superiori, quando sono ordinati a
quelli inferiori, lo sono per una certa accidentalità o intenzione seconda .

61 Cfr. FEDERICI VESCOVINI, Astrologia e sàenza, cit., in particolare pp. 3 90-95 .


62
PETRI DE ABANO Conàliator, Di/ferentia 1 0, propter secundum, ed. cit. , f. 1 6vb:
« C omplexio omnium astrorum ut in Quadripartiti, ex complexione planetarum elicit ur,
ad caliditatem tendit et humiditatem velut complexio humana ».
J;occulto e la magia naturale 197

E come nei temperamenti umani, le complessioni risultano dalle combi­


nazioni delle loro qualità e proporzioni, così nei corpi superiori, il calo­
re di Giove, Marte e Sole, supera la freddezza di Saturno («in superiori­
bus caliditas Iovis, Martis et Solis superant frigiditatem Saturni»); per­
tan to la complessione astrale (complexio stellarum) è ordinata in certo
qual modo alla natura wnana, così come essa tende a riscaldarsi o ad
umidificarsi («velut quodammodo in naturam humanam, ut ipsa ad ca­
lendum tendit et humidum») .
Ora, questa teoria fisica dell'azione complessionale «effettiva» del­
l'in flusso dei pianeti, esclude dalla teoria delle immagini astrologiche in
ambito medico e terapeutico, qualunque ricorso a una magia teurgica
delle immagini, e il richiamo a una dottrina magica della loro virtus oc­
culta: respinge in altri termini l'idea che tali operazioni siano dovute a
una essenza o spirito sovrannaturale.
Stabilito che l'azione delle immagini astrologiche è un influsso fisico
dovuto al movimento del cielo, se da esse dipendono le qualità di certe so­
stanze come il corallo e lo smeraldo o il magnete che escono dalle cause
conosciute di azione dei quattro elementi, e pertanto sono qualità ignote,
sono esse riconducibili a una forma specifica occulta che è una essenza
misteriosa? Aristotelicamente parlando la forma specifica che è il risulta­
to della virtus occulta del composto, è una sostanza o un accidente?
Pietro d'Abano risponde a questa domanda sviluppando una artico­
lata argomentazione, fondata sull'idea principale che essa è suscitata dal-
1'azione dell'astro che sollecita la latitanza della forma (latitatio /ormae)
della materia. A questo proposito Pietro d'Abano discute la dottrina se
essa sia una predisposizione generale della materia indeterminata a pas­
sare alla forma oppure no, e rifiuta la prima opinione anche perché non
ritiene che la generazione esterna possa avvenire per il datar /ormarum di
Algazal e di Avicenna, o per l'illuminazione dell'intelletto attivo di Aver­
roè come ritengono in molti. Egli invece sostiene non solo la somiglian­
za tra attività celeste e operazione terrestre della materia, ma una «con­
causalità» tra astro ed elementi dove forte è l'accento sulle virtualità del­
la materia. Il concetto è chiarito anche da un passo dei Problemata, in cui
afferma l'idea di una materia «coaptata», ma non indeterminata, bensì
un a materia determinata per la sua capacità di disporsi «proporzionata­
mente» all'attività principale e particolare dell'agente, per alcune sue in­
t ern e disposizioni. L'agente principale e particolare, servendosi come di
n o strumento dell'agente universale, ossia del calore celeste dell'ottava
�r
a,
� � �i.spone la materia, alterandola, cuocendola, trasformando le sue
zsposztzon es al punto che la virtus particola re e principale dell'immagi­
n e celeste induce 1a forma secondo il modo per il quale questo stesso
1 98 Medioevo magico

agente «significa» nella materia coaptata, la forma particolare perfetta


( «admodum quo agens hic particularem perfectam formam sigf!ificat in
materiam coaptatam») . Pertanto, non è che da qualunque materia si ab­
bia un qualunque materiato, bensì da una determinata, né da qualunque
cosa scaturisce qualunque cosa, ma da qualcosa di determinato ( «sed ex
[materia] determinata, neque enim ex quolibet fit quodlibet, sed ex de­
terminato»63 ) .
La scelta (electio) dell'immagine celeste di un momento particolare
per iniziare una cura, fare un intervento chirurgico, una flebotomia o un
salasso, è operazione che presuppone la conoscenza astrologica indi­
spensabile al medico, del momento particolare e sotto le condizioni più
favorevoli, specialmente della luna, per compiere tale intervento, le qua­
li dipendono anche dalla virtus loci ossia dalla posizione geografica del
luogo, dal tempo e dalle stagioni, ossia da determinazioni naturali.
c.4) La forma specifica
Come accennavo sopra, la dottrina della qualità o forma occulta di cer­
te piante, pietre o animali così chiamata perché se ne ignora la causa, è
detta «forma specifica» o «forma del tutto», ma, come è stato sottoli­
neato da molti, il concetto non è chiaro dal punto di vista della dottrina.
L'idea era originata dalla constatazione che la combinazione delle pro­
prietà di certe sostanze nella terapia non è comprensibile con la teoria
delle complessioni dei quattro elementi e dei quattro umori con tutte le
loro combinazioni che originano altre forme mixti. Arnaldo aveva cer ­
cato di misurare quantitativamente il grado di intensità di ciascun medi­
camento che varia di momento in momento secondo diverse latitudini
della complessione. Tuttavia la combinazione delle qualità elementari
che generano le complessioni non sono «indeterminate»: in altri termi­
ni una qualunque /orma mixti, non può stare nella materia sotto qualun ­
que proporzione o complessione, bensì sotto proporzioni «determina­
te» che costituiscono la pietra o l'uomo. Da qui scaturisce l'idea della
forma specifica di certe altre complessioni che non rientrano in questa
tipologia e che quindi mette l'accento in primo piano sulle specificità di
certe proprietà dei componenti di certi misti, donde la discussione che
farà Pietro d'Abano se queste proprietà o qualità siano «forme specifi­
che», ossia sostanze formali ben precise, oppure accidenti, con la deter­
minazione del nesso di aderenza o non aderenza di tali accidenti a un so­
strato comune secondo la teoria della predicazione delle Categorie di

63 PIETRO D'ABANO, Problemata, Particula 1• Problema 22, Mantova 1 475 . Sui Pro­
blemata di Pietro cfr. ora P. DE LEEMANS, M. GOYENS (a cura di) , Aristotle's Problemata
in Di/ferent Times and Tongue, Leuven University Press, Lovanio 2006.
J;occulto e la magia naturale 199
Aristotele. Pertanto Pietro d'Abano discute anche la dipendenza delle
proprietà da un sostrato o materia e introduce una importante elabora­
zione di carattere astrologico della virtù del luogo (virtus loci) , che sa­
rebbe un'altra determinazione o accidente della materia, dottrina che
era stata sviluppata anche da Alberto Magno nel De natura locorum. La
proprietà così detta occulta di certe sostanze naturali, come lo zaffiro o
lo smeraldo dipendono da un lato dall'influsso stellare che si esercita
nella materia soggetta che possiede una latitatio Jormae sua propria e,
dall'altro, dalla determinazione dell'influenza nel punto particolare di
quel sostrato il q uale dipende dal suo luogo. Il luogo è dunque il punto
in cui convergono le virtù delle combinazioni delle q ualità degli elemen­
ti terrestri e dei corpi celesti che discendono dalle radiazioni (impressio­
nes) astrali. Il luogo è la concentrazione dell'influsso del cielo che «lo­
calizza» appunto le virtù elementari e superiori, conservandole e facen­
dole agire e reagire tra di loro.
Tuttavia Pietro d'Abano spiega cosa intenda per tali qualità o pro­
prietà e la loro azione e reazione, andando al di là della teoria dei luoghi
naturali degli elementi di Aristotele che sono la causa formale della com­
posizione dei corpi misti. In tal modo il luogo e il locato convengono
sempre sia nella qualità elementare che in quella celeste superiore: per
esempio l'acqua è il luogo della terra e conviene nella qualità del freddo,
l'aria è il luogo dell'acqua e conviene nella qualità dell'umido. Il fuoco è
il luogo dell'aria ed essi convengono nel calore. Il cielo è il luogo del fuo­
co ed essi convengono in questa qualità per cui sebbene il cielo non pos­
segga il calore del fuoco, ha tuttavia la capacità di conservare il calore
mediante il suo movimento e la sua luce. Pertanto è possibile una classi­
ficazione dei pianeti e del loro influsso secondo le qualità complessiona­
li dei quattro elementi, da cui dipende il loro tipo di operazione.
Pietro d'Abano porta importanti chiarimenti di cosa sia la forma spe­
cifica di certi composti, definendone le proprietà cosiddette occulte nel­
la Differenza 71 del Conciliator con la formulazione «se la forma specifi­
ca detta la sostanza intera, sia sostanza» («utrum forma specifica dieta
tota substantia, sit substantia»). Argomenta prima sostenendo la tesi
contraria alla sua e cioè che la forma specifica come tota substantia, deve
essere intesa come una essenza o una forma sostanziale che si conosce in
tal modo solo co.n l'intelletto che non è suscettibile di cambiamento, cioè
di Passion es. Pertanto è come le idee eterne, perpetue ed immutabili di
Platone. Al contrario in natura si osserva che ciò che consegue a una
�omplessione è sempre un accidente perché è fortuito e scompare e non
e una forma immutabile anche se Averroè ha affermato una tesi contra­
ria per cui nella matrice lo sperma attrae per una propria virtù che ha da
200 Medioevo magico

una forma specifica, ossia da «tutta» la specie e perciò è una sostanza .


Pietro d'Abano per chiarire meglio la sua concezione differente rinvia a
questo proposito anche alla Di/ferentia 1 7 che è dedicata alla definizione
della complessione: se essa sia sostanza o accidente («utrum complexio
sit substantia necne») 64 • La complessione è la sostanza del corpo, e se la
sostanza del corpo è il suo sostrato, esso è una mescolanza (miscibile)
delle sue qualità. Dunque essa proviene dagli accidenti. Ora la sostanza
non può venire dagli accidenti. Pertanto egli conclude che la comples­
sione non è una sostanza perché proviene dall'azione delle sue qualità e
pertanto essa non è sostanza «secondo la sostanza» (ossia per se) Se tut ­
tavia si dice che la complessione è sostanza «secondo il modo» (secun­
dum modum) e non secondo la res della sostanza (ossia non per la sua es ­
senza), allora lo si può concedere. In altre parole, la complessione si può
intendere come sostanza solo in questo modo restrittivo ossia non come
sostanza formale (per se) ma «impropriamente» e così «secondo il
modo»; pertanto si dice sostanza o forma sostanziale impropriamente
perché essa è come il sostegno (substentatur) di qualcosa che ha un esse­
re completo: essa è come una base che sostiene come agente principale,
ma non primo (anzi strumentale), qualcosa che promana nel suo essere
completo. In questo senso improprio dunque si dice che è una sostanza.
Nella complessione pertanto avvengono delle azioni e reazioni delle qua­
lità, donde il problema delle cause di queste operazioni quando produ­
cono effetti non previsti. Esso concerne il quesito, se esse provengono da
altre qualità (occulte), quando invece dalla materia, o dalla forma speci ­
fica che deriva da tali qualità occulte, oppure da entrambe le operazion i
combinate insieme.
Conformemente a quello che aveva affermato parlando da filosofo a
proposito della complessione: se essa sia sostanza oppure no e aveva ne­
gato che lo sia in senso proprio come una essenza in sé, ma aveva affe r ­
mato che lo era nel senso improprio come fosse un sostrato a cui ine ri­
scono le qualità, anche in medicina ritiene che non si diano mai sostan ze
come forme, ma solo composti di materia e forma e pertanto tutto ciò
che si origina nel composto avviene per l'azione di virtù che sono sem p re
degli accidenti. Tuttavia di alcune di queste operazioni dei misti con virtù
terapeutiche sconosciute (prosegue Pietro d'Abano), che non possono

64 PIETRO D'ABANO, Conciliator, Di/ferentia 17, fol. 27 rb. Diversamente dalla inte r­
pretazione di B. Copenhaver che ritiene la forma specifica di Pietro d'Abano u na so ­
stanza, qu esti passi dd Concilia/or chiariscono bene come la forma specifica o forma tod
tius non sia una sostanza come tale (in se). Cfr. nota 20. Dello stesso cfr. Astrology an
Magie, in The Cambridge History o/ Renaissance Philosophy, Cambridge University Press ,
Cambridge 1988, pp. 264-300.
J;occulto e la magia naturale 201

essere ricondotte alle qualità elementari ma che dipendono da un agen­


te estrinseco, come nel caso della virtù attrattiva del magnete, è stata in­
trodotta la nozione di virtù occulta. Essa si riscontra per lo più non negli
65
animali , ma nei minerali e nei vegetali. Pietro d'Abano afferma che
sono stati i seguaci di Ermete, che studiando le cose naturali e quelle ma­
giche, hanno tramandato la dottrina che essi, operando scientemente sul­
le membra di animali e vegetali con arte magica, sono stati capaci di far
suscitare delle virtù mirabili, nella scamonea, nella peonia e in altre pian­
te. Queste virtù abbastanza evidenti nelle piante, rimangono invece na­
scoste completamente nelle specie animali, perché sono latenti come lo è
la facoltà cogitativa dell'anima intenta nelle operazioni dei pronostici e
dei futuri contingenti, che non sono sensibili ai sensi (prosegue Pietro
d'Abano)66 •
Nonostante le dottrine dei seguaci di Ermete, Pietro d'Abano non ri­
tiene che tali virtù siano forme specifiche sostanziali, magiche e occulte,
ma che siano solo la conseguenza di operazioni accidentali, derivate dal­
l'influenza celeste dei pianeti che si esercitano su un composto dotato di
proprietà numerose che sono nascoste come la virtù attrattiva del ma­
gnete; questa forma specifica della virtù occulta è un principio «acci­
dentale» nel senso che non è una essenza, ma dipende dalle virtù ele­
mentari e dall'influsso celeste che la genera, in circostanze determinate.
Questa forma specifica è così causata da una duplice virtù, una degli
elementi e una celeste: una comune e una propria («una quidem com­
muni, alia vero propria»). Pertanto, tale forma specifica proviene ab alio,
ossia dall'influsso celeste per cui racconta Pietro d'Abano, oltre questa
natura degli elementi, alcuni ammisero un altro principio (che soprag­
giunge) dall'esterno, come una forma specifica. Così Platone secondo
Averroè intese che fossero le idee eterne come cause separate: le quali
agiscono come impressioni provocate dai corpi superiori negli inferiori
mediante il moto e la luce. Ma tale concezione, come è evidente, non può
sostenersi67 . Questo perché di tutto ciò che sussiste, afferma Pietro d'A­
bano, come le cose naturali (res natura/es) essendo queste dei misti, di
esse non si dà mai la forma, né qualcosa di simile alla forma, ma il com­
�osto di materia e forma. La forma naturale in quanto naturale non sus­
st
Ì1 e �ai p er sé, ma è qualcosa che sussiste per una materia o sostrato che
a sostiene, per cui è sostanza solo «impropriamente». Tuttavia - prose-
gue - vi furono alcuni dotti come i seguaci di Ermete Abidimon che è il

6
5 Concz'lz•ator, Di:a.
JJ erentia 71 , propter secundum, f. 108va.
66 _ _
Concz�zator, Differentia 7 1 , propter tertium, f. 108ra.
67
« Aud
IUcem L ..] 1endo per ideas impressiones a superis factas in hec inferiora per motum et
. lpsa, tamen, ut sibi imponitur stare non potest» (Conciliator, loco cit.).
202 Medioevo magico

capo di tutti i sapienti, i quali ritennero che queste forme specifiche con
le loro proprietà siano causate dai corpi celesti mediante le loro immagi­
ni divine che agiscono nei corpi inferiori. Ma afferma Pietro d'Abano ri­
chiamandosi lui stesso alla decima Particula del Problema tredici e alla
Differenza 101 del Conciliator dedicata alla generazione animale (se i ver­
mi o i lombrichi possono generarsi nel ventre, nello stomaco, oppure il
contrario, « utrum vermes, seu lumbrici possint in ventre, stomacho dic­
to, generari necne»), io ho dimostrato come queste forme con i loro ma­
gici e alchemici segreti non operano nelle forme specifiche particolari e
accidentali e non possono sussistere in alcun modo68 • E ciò perché se­
condo Pietro tali corpi celesti o intelletti divini non possono avere come
loro intenzionalità ultima, essendo universali, la produzione di questo o
quell'effetto particolare che è legato a questo o quel luogo (situs) e a un
determinato sostrato. La causalità astrale è infatti distinta da Pietro in
questo passo secondo due tipi generali di impressione che non è quella
delle immaginazioni delle intelligenze celesti secondo una certa interpre­
tazione magica di Avicenna69 , né di Aristotele, ma è influenza che dipen­
de dai movimenti diversi dei cieli e dei pianeti: quella universale del moto
universale del firmamento o ottava sfera che avviene, secondo moto e
luce, da cui deriva la forma della specie comune di tutti gli esseri, e una
influenza particolare impressa dalla virtù particolare dell'astro nella ma­
teria soggetta e causata dal suo luogo come per esempio accade nel Polo
artico, dove si manifesta con grande evidenza la virtù attrattiva mirabile
del ferro da parte del magnete.
Tali forme sono particolari e contingenti, ma essendo presenti solo in
certe circostanze ben precise dipendenti dalla concausalità del cielo, de­
gli elementi e del luogo della materia soggetta, appaiono mirabili e oscu ­
re, per la loro eccezionalità e rarità. La loro forma specifica dunque è ac­
cidentale e non è una sostanza, una essenza come sarebbero le virtutes oc­
cultae delle forme magiche dei seguaci di Ermete. Esse non si trovano in
tutti i composti, ma solo in alcuni di quella specie secondo determinate
circostanze e, pertanto, si dice che essa è forma sostanziale o forma del

68
«Hec autem positio cum eius annullatione apparuit amplius in expositione decim e
particule Problemata [ 13] ac differentia 10 1, in quibusdam quoque suis alchemicis et
magicis secretis visus has formas imprimi ex imaginatione et apprehensione mixtorum
superiorum; voluit namque motores nequaquam posse intendere particularem motu m
Lune, vel illum secundum situm, quam quidem imaginationem vocat. :. Hec autem stare
non potest». Conciliator, Di/ferentia 7 1, propter tertium e fol. 108rb.
69
Su questa dottrina della causalità dell'immaginazione delle intelligenze dei co rp i
celesti di Avicenna, cfr. lo studio di M. RASHED, lmagination astrale et physique surlu­
naire, in G. FEDERICI VESCOVINI et al. (a cura di), Corpo e anima (sensi interni e intellet­
to dal Xlll al XVII secolo), Brepols, Turnhout 2005, pp. 103- 18.
I:occulto e la magia naturale 203

tutto (forma totius) di quella specie minerale o vegetale, secondo il modo


« improprio» che dipende dal suo sostrato così come aveva argomenta­
to. Inoltre sono casuali e fortuite, perché «si deve sapere che queste virtù
occulte non conseguono sempre, e non sono inseparabili dalle loro for­
me, m a nella maggior parte dei casi, pur rimanendo le forme, tali virtù
occulte si corrompono, il che può accadere o perché la materia non è ben
disposta a causa della complessione disordinata in cui la loro forma [oc­
culta] era stata suscitata (alla quale tendeva questa forma), oppure per­
ché dipende dal luogo allorché sono spostate dai luoghi in cui erano sta­
70
te suscitate» •
Così prosegue Pietro, molte di queste proprietà cosiddette occulte e
mirabili di sostanze, pietre o erbe, non si conservano, quando coloro che
le preparano pur sulla base della loro esperienza (experientiae illorum)
non rispettano tutte le condizioni della loro preparazione tra cui quelle
del tempo, ossia della stagione favorevole e del luogo opportuno, cosic­
ché oggi possiamo constatare come molte pietre a cui erano attribuite
virtù mirabili, ora le hanno perdute, come nella città di Costantinopoli
egli ha potuto constatare. Inoltre gli uomini quando si trovano di fronte
a operazioni che avvengono di rado e di cui rimane difficile conoscere la
mescolanza e la proporzione delle loro qualità, le ritengono superiori a
quelle comuni che dipendono dalle proporzioni conosciute delle qualità
elementari e quindi dicono che sono magiche.
La conclusione di Pietro d'Abano sulla natura della virtus occulta è as­
sai simile a quella di Arnaldo con alcune precisazioni assenti in Arnaldo.
La forma specifica o /orma totius che si genera in questi composti misti
non è una essenza universale o sostanza, come le idee di Platone, non è
una forma magica sconosciuta superiore alle forze della natura e alle for­
me naturali; essa è una forma rara, inerente a un sostrato materiale e al­
i'azione delle sue qualità che sono accidenti fortuiti e occasionali. Se la si
chiama forma sostanziale, come fanno molti, essa deve essere intesa in
modo improprio ossia come una sostanza materiale a cui accidentalmen­
te ineriscono alcune proprietà insolite; essa non è una forma essenziale
come le sostanze immutabili eterne quali sono le idee di Platone. Tale
to n_na è una conseguenza delle operazioni delle proprietà complessiona­
di un � ostrato ben determinato le quali sono legate a un luogo partico-
la re � dipendono dall'azione di un agente esterno che è il cielo, il quale
sus�na la forma
latente (/atitatio /ormae) che vi era predisposta. Esso è
un Influsso astrale che, in questi casi, ossia nelle forme di tali misti, è sem-

70 on
C cilia/or, Differentia 7 1 , propter tertium e specialmente propter quartum, f.
1 0 8rb e l08v
a.
204 Medioevo magico

pre individuale e non universale, come invece sarebbe la forma specifica


secondo quegli antichi sapienti-maghi seguaci di Ermete che le fecero di­
pendere dall'immaginazione universale delle Intelligenze celesti e le in­
tesero come forme specifiche universali. Per Pietro invece esse scaturi­
scono dalle interazioni della materia soggetta, tra le qualità complessio­
nali degli elementi e i pianeti i quali posseggono tali qualità allo stesso
modo del corpo umano e, come questo dipendono da una certa materia
in un determinato tempo e luogo. Si tratta in definitiva di proprietà mi­
rabili, perché rare, di certe sostanze naturali di cui le cause non sono ri­
conducibili alle proprietà dei quattro elementi e degli umori, ma sono su­
scitate in determinate circostanze assai limitate e circoscritte, dalla in­
fluenza particolare di una stella in quel luogo determinato. La differenza
con Arnaldo consiste essenzialmente in una più articolata dottrina della
tipologia dell'impressione o causalità astrale, dipende da una complessa
classificazione delle operationes delle qualità7 1 e della loro interazione,
nonché da una maggiore chiarezza nel rifiutare essenze o forme specifi­
che separate, sostanze che non siano cioè riconducibili agli effetti delle
loro operazioni, che sono accidentali e contingenti e non escono dall'or­
dine di natura, come sarebbero invece le virtutes occultae dei maghi er­
metici. E ciò forse perché la dottrina di Pietro è fondata su una ben strut­
turata filosofia della medicina, a differenza di Arnaldo di Villanova72 •

3 . Nico/e Oresme e la concezione della « magia» naturale come


« filosofia» naturale o le meraviglie della natura
L'occulto racchiude i segreti della natura. Ora è accaduto nella storia del­
la filosofia e della scienza medievale che là dove i maestri avevano forti
convinzioni razionaliste e credevano nella costruzione coerente di una
scienza fisica, fosse la medicina, l'ottica o l'astronomia allorché soprat­
tutto per la medicina e la farmacologia si imbattevano in fenomeni oc­
culti non ben conosciuti, essi elaborarono una sistemazione della «forma
specifica» in modo da togliere ogni possibile esito magico alla loro teo ­
ria. Quando invece si incontrano teologi o scienziati come Guglielmo
d'Alvernia agli inizi del XIII secolo e Nicole Oresme alla fine del XIV se­
colo che non credono nella scienza come conoscenza dell'universale e
del necessario e ritengono che l'uomo si muova nel contingente e che l'u -

71 In particolare dr. Conciliator, Di//erentia 60, propter tertium, fol. 89vab.


72 Mi si permetta di rinviare al mio studio, LA médecine synthèse d'art et de science se­
lon Pie"e d'Abano, in R. RAsHED, J. BIARD (a cura di), Les doctrines de la science de /'an­
tiquitéà l'age classique, Peeters, Lovanio 1999, pp. 236-55 (Ancient and Classic S cience
and Philosophy).
L:occulto e la magia naturale 205

nica verità sia quella di fede nella Rivelazione ci si imbatte di nuovo in


una visione di magia «naturale», tuttavia diversa da quella della magia
necromantica destinativa. Sia Guglielmo d'Alvernia che Nicole Oresme
la introducono nelle loro opere con un significato affine, benché diffe­
rente in quanto è più sfumato nella filosofia di Oresme. Egli attribuisce
alla magia naturale il significato di «meraviglioso» della natura che con­
cerne fenomeni altrimenti inspiegabili, diversamente dalle accentuazioni
superstiziose di Guglielmo d'Alvernia. La posizione di Oresme nei con­
fronti della magia «naturale» è emblematica di quell'aspetto ambiguo,
così come l'ha definita Paola Zambelli73 , riferendosi tuttavia alla filosofia
del Rinascimento e in altri contesti.
Del resto tutta l'attività filosofica di Oresme, i suoi numerosi scritti,
dalle traduzioni in francese del De caelo di Aristotele al commento al De
generatione et corruptione, al De configurationibus qualitatum et motuum,
al De mirabilibus mundz74 , oscilla tra razionalità e fideismo. Il principio
della ragione viene usato contro le pretese scientifiche dell'astrologia
congiunzionista. La teoria della casualità di Aristotele viene ampiamen­
te utilizzata ma viene trasformata in una serie di cause qualitative distin­
te75. La natura perde il suo carattere di necessità, per costituirsi come un
insieme di forze o meglio qualità agenti, disposizioni qualitative imma­
nenti, che agiscono secondo le leggi intrinseche alla natura secondo il
corso abituale della natura stessa (secundum cursum naturae). Scrive per­
tanto il trattato Ad paucos respicientes e il suo De proportionibus propor­
tionum, per costruire i presupposti razionali della sua confutazione del-
1'astrologia congiunzionista dove si vale proprio della sua preparazione
matematica per demolire il fondamento scientifico dell'astrologia la qua­
le pretende di basare i suoi pronostici sui movimenti degli astri cono­
sciuti matematicamente sulla base della geometria degli eccentrici e de­
gli epicicli e sui calcoli precessionali che non sono mai gli stessi. Così
Oresme se, in parte, accetta come tutti in quel tempo che dagli astri di­
p �ndano i grandi avvenimenti della terra, soprattutto per la loro capacità
d i alterare i rapporti tra le qualità elementari caldo freddo, secco e umi­
d o, non ritiene però che i corpi celesti si ritrovino nelle medesime posi-

73
P. ZAMBELLI, !:ambigua natura della magia, Il Saggiatore, Milano 1991, passim e
della stessa Magia bianca,
magia nera nel Rimascimento, Longo, Ravenna 2004. A questo
� ���°:�to si veda la ricostruzione critica delle sue tesi in MAN00s1 0, Problems, cit. , pp.
2
74

e
�fr. S. CAROTI (a cura di), Nico/e Oresme, Quaestiones super de generatione et
�';:,:tzone, Verlag der Bayerischen Akademie der Wissenschaften, Monaco, Band 20,
1
75
OREsME, Quaestiones super de generatione, ed. cit., p. 178.
206 Medioevo magico

zioni reciproche donde trarre previsioni certe; se i loro movimenti sono


incommensurabili, le previsioni che ne derivano saranno fallaci. Poiché
non è possibile ritrovare nessun ordine razionale nei movimenti celesti,
il loro movimento è irrazionale e così nessuna scienza potrà fondarsi su
di essi. Né si potrà argomentare razionalmente delle loro reciproche in­
fluenze. L'astrologia quindi si spaccia per scienza, ma non lo è perché
gliene manca il rigore. Si fonda su premesse che pretende scientifiche ma
che invece sono matematicamente errate76 •
Le argomentazioni razionali di Oresme non sono tuttavia sostenute
da una fiducia assoluta nella ragione; da ecclesiastico (era Vescovo di Li­
sieux) egli la subordina alla fede nel senso che se qualcosa contrasta con
la ragione naturale (ratio naturalis) non si deve credere ad essa ma alla
fede. Pertanto si deve accettare per fede anche ciò che non concorda con
la ragione77 • Ciò riguarda in particolare i miracoli che non sono contro la
ragione, anzi non vi è nessuna razionalità migliore di quella per cui av­
vengono. Pertanto egli tenta in sue due opere di accenti distinti, ma re­
datti con lo stesso fine, di spiegare da un lato certi fenomeni fisici, che
paiono di origine occulta, e che paiono rientrare nella «magia» naturale,
e dall'altro i mirabilia della natura, in altri termini certi fenomeni di cui
non sono note le cause: la prima opera è il De con/igurationibus qualita­
tum et motuum redatto prima dei Quodlibeta 78 ; la seconda il De mirabi­
libus mundi.
Il primo intento è raggiungo con la sua teoria razionale di magia «na­
turale» della configurazione delle qualità, il secondo spiega le meraviglie
del mondo riconducendo i mirabilia a cause meramente naturali e, quin­
di, infine, escludendo ogni eccezione magica, per rimanere nell'ambito
della filosofia naturale.
a) Il «De configurationibus qualitatum et motuum»
a) La posizione di Oresme nei confronti della magia e dell'esistenza dei
demoni del De con/iguratione è alquanto diversa da quella del De causis
mirabilium dedicata alla spiegazione delle meraviglie della natura79 • In

76
E. GRANT, ed. Nicole Oresme and his «De proportionibus proportionum» and «Ad
paucos respicientes », University of Wisconsin Press, Madison 1966; dello stesso editore
in particolare De commensurabilitate vel incommensurabilitate motuum caelestium, Un i­
versity of Winsconsin Press, Madison 197 1 (con traduzione inglese).
77 Quodlibeta, Biblioteca Laurenziana, Firenze, Ashburham 210, f. 45va, 58vb.
78
N. ORESME, Tractatus de con/igurationibus qualitatum et motuum, a cura di M. Cla ­
gett, The University of Wisconsin Press, Madison 1968, pp. 157-434.
79
Nico/e Oresme and the Marvels of Nature. The «De causis mirabilium », edizione con
traduzione inglese di B. Hansen, Pontifica! lnstitute of Mediaeval Studies, Toronto 1985
(testo a pp. 136-358).
I:occulto e la magia naturale 207

questa ultima opera è più accentuata la negazione dell'idea che entro la


natura si verifichino fenomeni inspiegabili e dall'altro è molto ristretto il
riconoscimento dei demoni accettati solo per la Verità di fede Evangelica.
Il De configurationibus è dedicato a spiegare le figure che assumono
le qualità come la bellezza (pulchritudo) secondo le loro azioni perma­
nenti o successive di natura più o meno intensa, specialmente a fornire
chiarimenti razionali della configurazione delle cause occulte di alcune
azioni naturali (de causis occultis quarundam naturalium actionum) 80
come l'attrazione del ferro da parte del magnete (ad esempio), perché la
tiriaca annulli un veleno. La configurazione della qualità è il concetto con
cui Oresme spiega le azioni apparentemente occulte. Pertanto si tratta di
configurazioni che descrivono l'azione di attrazione e di repulsione del­
le qualità tra loro secondo la proporzione o la sproporzione, con la dis­
sidenza (odio) o la concordia (amore) tra di esse. E arriva alla conclusio­
ne che in tutti questi casi (che sono gli effetti di determinate azioni che si
riscontrano negli esperimenti naturali) se ne può ritrovare la causa81 spie­
gabile appunto con le configurazioni diverse di queste qualità.
Se dunque in questo passo egli introduce un'idea che ribadirà nel De
causis mirabilium trattando delle cause delle meraviglie della natura e
cioè che di tutti gli effetti naturali compresi quelli meravigliosi se ne dà
la causa senza far intervenire l'azione del cielo (caelum) né i demoni, tut­
tavia la trattazione della configurazione di certe qualità, quali quelle dei
suoni che proveng ono semplicemente dalle parole o dalla melodia che
egli sviluppa nel secondo libro di questa opera82 , introduce una conce­
zione di magia fisica (ossia di filosofia naturale) fondata su una idea di
simpatie o antipatie naturali, effetto del rapporto e dell'accordo tra le
qualità primarie. Egli definisce tali azioni come «magia» naturale ma
spie ga che non sono dovute ad interventi del demonio come riteneva
Guglielmo d'Alvernia, né all'azione dei maghi necromanti. La posizio­
n e di Oresme di «magia naturale» è pertanto sui generis: anche se egli
l� chiama «magia naturale», mediante la spiegazione della configura­
z�on e delle qualità naturali egli la trasforma in una filosofia naturale: os­
s�a, e_ssa non è una magia fondata sulle qualità occulte che rinviano a en­
ttta �corporee, come nella magia destinativa, né all'intervento dei de­
on1
�ott _ negli elementi come riteneva Guglielmo d'Alvernia, bensì è una
n na fisica.
�a vediamo meglio che cosa Oresme intende ben equivocamente per
magia : egli si rende conto che la teoria della configurazione delle qualità

: ÙRESME, De con/igurationibus, cit., I, XXIV, p. 242.


82
lbid. : I, �. p. 244.
Cfr. 1 capitoli 25-27.
208 Medioevo magico

può dare spazio all'attività dei necromanti poiché egli afferma83 , molti so ­
stengono che alcuni demoni possono venire costretti ad agire da suoni 0
melodie particolari, dalla ripetizione reiterata di formule o dal profferire
certi nomina. Altri demoni invece detestano i suoni. Quando il mago fa
uso della terza radice della magia, che è quella della virtus verborum, os­
sia della forza delle parole, egli si vanta di piegare ai suoi voleri la natura
con suffumigazioni, incantesimi e orazioni e finge di invocare l'aiuto di
potenze terribili e misteriose per alterare le leggi di natura. Tutto questo
è falso anche perché tanti fatti misteriosi, come l'antiveleno, l'attrazione
del magnete si possano spiegare facilmente qualora siano ricondotti alla
concordanza o discordanza della configurazione delle loro qualità. Ana­
logamente si possono spiegare con i moti dell'anima gli effetti calmanti
di certi canti, gli esiti riposanti della musica particolarmente presso i con­
valescenti, o il terrore e lo spavento che provocano i suoni inattesi su
soggetti deboli o influenzabili84 • Benché questo accada per natura per
l'effetto della configurazione dei suoni, il mago cerca invece di sfruttarli
artificiosamente. Ma tutto ciò è falso, sostiene Oresme, poiché è certo
che i demoni non potranno mai essere costretti (coartati) dai negroman­
ti con tali mezzi, a meno che, e qui Oresme segue Guglielmo d'Alvernia,
Dio non permetta loro di intervenire per confondere l'uomo che, co­
scientemente e spontaneamente li ha provocati85 •
Su questo tema la posizione di Nicole Oresme è strettamente orto­
dossa e l'esistenza dei demoni riposa su la verità rivelata.
Ma agiscono i demoni nella magia «naturale» della configurazione
della qualità di Oresme? Sia in questa opera come, successivamente, nei
Mirabilia, Oresme esclude questa possibilità. Egli distingue l'ars magica
in due parti: 1 ) una opera con i demoni, false entità, ed è la nigromanzia;
essa è illusoria perché i demoni agiscono solo se Dio lo vuole. 2) L'altra
arte magica non agisce con i demoni ed è quella ars magica di cui si p u ò
trovare una spiegazione razionale naturale (ratio naturalis) , per la quale ,
qualora il demone fosse invocato niente potrebbe fare e tale atto costi­
tuirebbe sempre un peccato. Oresme chiama pertanto la magia «natura­
le» l'arte magica dotata di spiegazioni razionali, ed essa è distinta dalla
nigromanzia86 • Nei capitoli 27 e 28 descrive tuttavia quasi tutte le tecni-

83 Ibid. , II, XXV, p. 335.


84 Ibid. , loco cit. p. 336.
8
' « Nisi quia divinitus permissi [demones] quedam possent facere ad deception e lll
ac captionem miserabilis anime» (ibidem) .
86
« Artis namque magice generaliter diete sunt due partes, una que fi t per dem on es
et alia que non fit per demones». La prima è aliena «a philosophia naturali et a vera doc ·
trina». La seconda, « hac igitur, parte [prima] dimissa ad illam transire volo de qua p o ·
L'occulto e la magia naturale 209

he operative della nigromanzia, sia quella ermetica che salomonica, le


�nju ration es, le �voc?zion�, le iscrizi�ni �ei �aratt�ri, !e operazi?ni _ne­
cessarie alla magia cerunomale, le fasc1naz1om. Egli spiega quest ultime
come fenomeni che avvengono in menti disturbate per la malizia della
complessione del cervello che è viziata e corrotta (ex malitia complexio­
nis cerebri vitiata et corrupta) e dipendono non dai demoni, ma dalla im­
maginazione (p. 344) malata di tali menti.
La configurazione dunque delle qualità quando concordano, discor­
da sono proporzionate o sproporzionate, possono spiegare tutti i fe­
no,
nomeni che appaiono non avere cause conosciute e quindi magici. Que­
sto tema è svolto analiticamente nel De causis mirabilium o De mirabili­
bus mundi.
b) Le meraviglie del mondo
Nella premessa di questa opera egli spiega esplicitamente che il suo in­
tento è di ritrovare di tutti gli effetti che sembrano mirabili, le cause na­
turali, senza far intervenire il cielo o i demoni. Così incomincerà a tratta­
re di tutte le illusioni: quelle visive (perché una cosa appaia due e così
via). Esse verranno spiegate con le leggi dell'ottica geometrica; quelle
della propagazione dei suoni, delle alterazioni delle sensazioni come il
tatto, e la generazione degli esseri mostruosi (i mostri) saranno spiegate
con le nozioni della medicina, per cui questi ultimi sono riconducibili a
una «indebita ordinatio membrorum». Molte visioni poi derivano dal­
l'ubriachezza, dalla stanchezza e sono dipendenti dall'immaginazione.
Così non vi è dubbio - scrive87 - che la virtù immaginativa possa nel suo
sostrato causare qualità primarie come il calore e anche qualità seconda­
rie come la bianchezza, per cui Socrate può in un certo momento diven­
tare canuto mentre da giovane era bruno. Conclude pertanto Oresme
che quando si dà diversità di effetti che appaiono mirabili (mirabilitatem)
non è necessario ricorrere al cielo come loro causa o a una influenza igno­
ta (occulta) , né ai demoni e neppure a Dio, poiché possono bastare le cau­
se naturali.
Allora i demoni esistono? Cosa sono, perché si intromettono? Di essi,
aff,e rma Oresme nella Ricapitolazione dell'opera, non c'è niente di più
s conosciuto in
filosofia naturale, anche secondo la fede, per cui essi pos­
sono qualcosa
solo se Dio lo vuole88 •

t
:: assign ari aliqua ratio naturalis et uhi demon etiam invocatus nihil penitus operatur
e » ( De con/igurationibus, cit. , p. 336).
s� r;;
causis, cit. , p. 346.
88 �
l
tn.itt h d. , e��- , p. 360: «Quot etiam demones sunt? Et que res sint? Et qua re se intro­
z
unt, de hus que sibi imponuntur quid ignotius in philosophia naturali, etiam secun-
210 Medioevo magico

L'equivoco della magia cosiddetta «naturale» nel Medioevo, ci sem ­


bra chiarito da queste dottrine di Oresme e da quelle che abbiamo esa ­
minato nei capitoli precedenti poiché pare evidente che l'impiego gene­
ralizzato di questo termine («magia naturale») ha contribuito a genera­
re l'equivoco.Se la magia è la scienza dell'occulto, con l'intervento dei
demoni o di entità superiori, se la magia è essenzialmente destinativ a,
questa teoria è scarsamente rintracciabile tra i filosofi, i filosofi e gli
scienziati scolastici del XIII e XIV secolo. Tuttavia la magia «naturale »,
può essere intesa come una dottrina della natura fisica controllata da de­
moni o angeli (ammessi per fede da Guglielmo d'Alvernia e da Vitellio­
ne) per cui i demoni agiscono nella natura anche se raramente per vo­
lontà di Dio. Ma la «magia» naturale, sarà anche una filosofia razionale
della natura come la intenderà Oresme.
Una vera e propria magia «naturale», come sarà quella fondata sulla
simpatia e l'attrazione universale cosmica delle arti magiche di Alkindi o
della magia cerimoniale dei secoli XV e seguenti, risulta nel complesso
assente in queste trattazioni medievali, quanto invece sarà propria della
magia «naturale» del Rinascimento.

4. Un necro mante a Bologna alla fine del secolo XTV, il «De occultis
et mani/estis sive Liber intelligentiarum » di Antonio da Montol­
mo (de Monte Ulmi)
Antonio da Montolmo (Monte Olmo, Ulmi, nel Piceno, ignota la data di
nascita), attivo all'Università di Bologna a partire dal 1360, dove secon ­
do il Gherardacci89 vi insegnava grammatica, sarebbe succeduto nel 13 84
a Bologna sulla cattedra di astrologia tenuta da Biagio Pelacani da Par­
ma allorché questi passò a Padova, secondo il Mazzetti90 • La notizia però
non è confermata dai Rotuli; sicuramente dottore in arti e filosofia e me­
dicina, lesse astrologia a Bologna dal 13 87 al 13 89.
Nel 1393 figura come lettore di filosofia e medicina a Padova, mentre
l'anno successivo si trasferisce a Mantova. In questa città completò un
Trattato sul modo di fare gli oroscopi che ebbe poi una straordinaria fo r­
tuna nel secolo XVI. Contiene gli oroscopi di personaggi famosi co me
l'Imperatore Carlo IV, Francesco figlio di Ludovico Gonzaga, signore di

duro fidem quod de talibus trufis se intromittant? Quid durius curo nihil possint n i s i in
quantum eos vel eas, relaxat Deus gloriosus?».
89 C. GHERARDACCI, Della historia di Bologna, II, Bologna 1657, pp. 250, 45 1 .
90 S. MAZZETTI, Repertorio di tutti i professori antichi dell'Università di Bologna, Tip,
di S. Tommaso d ' Aquino, Bologna 1847, p. 185 ; F. B6NOLI, D. PILIARVU, I lettori di astro­
nomia presso lo studio di Bologna dal XII al XX secolo, Clueb, Bologna 200 1, pp. 77 - 79-
I.:occulto e la magia naturale 211

Man tova e Francesco il Giovane da Carrara ( 1359- 1406) , Signore di Pa­


dova. In questa opera Antonio fa riferimento all'anno 1396 in cui egli
fe ce un a osservazione il 26 luglio di quell'anno in relazione alla morte del
figlio neonato di Ludovico de Libertis, un consigliere fiorentino.
Questa affermazione e il fatto che nel trattato sia tracciato l'oroscopo
dell' Imperatore Carlo IV morto nel 1378 fa pensare che questa opera sia
stata redatta in periodi diversi, ma sempre entro l'anno 1396 (ultima da­
ta con osciuta che lo riguarda) . Una copia, secondo alcuni studiosi91 , si
troverebbe nel manoscritto di Klagenfurt, Bischofliche Bibliothek
:XXIX.e. 12, sec. XV, ff. 1 19r-236r, che contiene con tutta probabilità que­
sta raccolta sebbene anonima con la data 1394 , ma identificabile dal suo
Incipit: « Astrorum iudicia ille reverendissimus philosophus quis natura­
li calle in suis iudiciis processit [. .. ] Vale 1394 Ianuarii Mantue ». La rac­
colta degli oroscopi92 fu ampliata dal Regiomontano e pubblicata a No­
rimberga (apud Joannem Petreium) nel 1540 con il titolo De iudiciis na­
tivitatum liber praeclarissimus. Regiomontano nell'introduzione ci dà no­
tizia anche di un'altra opera di astronomia del Montolmo sulla rivoluzio­
ne dei pianeti, in quattro particule di cui una incompleta. Antonio dun­
que insegnava astrologia a Bologna, proprio sulla cattedra tenuta anche
dallo sfortunato Cecco d'Ascoli. Ma il suo scritto più importante è un ve­
ro e proprio testo di magia astrologica angelica e demoniaca (lo vedre­
mo), una trattazione di necromanzia o magia destinativa dal titolo De oc­
cultis et manifestis sive Liber intelligentiarum, opera scomparsa nel suo
tempo di cui è conservata una copia del XV secolo93 alla Biblioteca Na­
zionale di Parigi, lat 7337 ff. 2ra-9rb che contiene anche il De sphaera di
Cecco d'Ascoli e a molte altre opere di magia. È autore anche di una Glo­
sa super imagines duodecim signorum Hermetis che si trova nel medesimo
m anoscritto e nella copia della Biblioteca Vaticana, Vat. lat. 4085 94 •
. L'opera di Antonio da Montolmo è indicativa di una crescita del pen­
s 1e ro m agico sia in ambito religioso che scientifico-filosofico, alla fine del
eco
Ì lo XIV il quale era stato fortemente compresso dal razionalismo del­
a S colastica dei secoli precedenti. Buona parte dei testi ermetici tradot-

1
9 Cfr° B6NOLI, PILIARVU, I lettort,. Clt. . , p. 78.
92
Cfr. ANTONIO DA MONTOLMO, De iudiciis nativitatum liber praeclarissimus, apud
J�an m Petreium, Norimberga 1540; per il Signore di adova cfr. Padova Ca"arese, a
:
c r� O . Longo, P
l
il Poligrafo, Padova 2005 .
na edizi
g raz1· 0U e a one critica con traduzione inglese è preparata da N. Weill-Parot che rin­
et 111 � r vermela fatta leggere: N. WEILL- PAROT, Antonio da Montolmo's De occultis
sla/n zfestis sive Liber intelligentiarum: an Annotated Criticai Edition with English Tran-
�'i,a nd Pres�ntation (in stampa con la collaborazione di Giulio Veronese).
_ . .
LtJc N a Glosa e edita da N. WEILL- PAROT, Antonio da Monto/mo e la magia erme/tea, m
E nNr, PARRI, PERRONE COMPAGNI (a cura di), Hermetism, cit., pp. 545-68.
212 Medioevo magico

ti nel secolo XII di magia ebraica o araba o di altra origine, erano scom ­
parsi dalle classificazioni delle scienze liberali, scientifiche e filosofiche
apprestate dai maestri dei secoli precedenti, come Domenico Gundissal ­
vi, Roberto Kildwardby e tanti altri dotti, e confinati nella superstizione,
ma vengono ora alla luce nel De occultis di Antonio da Montolmo. Egl i
ha la pretesa di sostenere che la sua dottrina delle intelligenze celesti si
adatta bene alla credenza cristiana per cui ciascun uomo ha un angelo cu­
stode (si veda qui il capitolo VII). Tuttavia la sua opera è profondamen­
te ambigua anche nella sua caratterizzazione magica perché queste Intel ­
ligenze sono ora angeli buoni, come nell'ars notoria, ora angeli cadu t i
(sine gratza), cioè demoni come nella demonologia cristiana. Pertanto oc­
corre rilevare la differenza rispetto alla impostazione necromantica di
Cecco d'Ascoli: mentre chiaramente questi fa suo il dualismo persiano
dell'«empia» religione di Zoroastro come egli afferma, la cosmologia di
Antonio ricalca quella di Aristotele e di Tolomeo secondo la rielabora­
zione della Sphera del Sacrobosco e della credenza cristiana in un Para­
diso e un Inferno popolati da angeli e demoni.
Questa visione è alquanto composita nel senso che queste entità an­
geliche o demoniache esercitano la loro influenza secondo la loro posi­
zione astrologica, ma risiedono al di sotto dei cieli, delle costellazioni e
dei pianeti e sono dotati di una loro natura propria che li lega a questo o
a quel peccato come la lussuria o la gola. Essi non sono i motori dei cie­
li, ma dipendono da essi. In altre parole Antonio fa un singolare sincre­
tismo tra le immagini astrologiche della magia ermetica «abominevole »,
la magia angelica salomonica «detestabile»95 , i principi dell'astrologia di
Tolomeo e la demonologia cristiana per cui i demoni sono sganciati dai
pianeti, seguendo in ciò la dottrina della magia «naturale» di Guglielm o
d'Alvernia (cfr. qui capitolo II).
Anche le sue fonti sono composite. Della tradizione ermetica egli c i ta
il Liber septem planetarum attribuito a Ermete Thebit, il De quindecim
stellis, quindecim lapidibus, quindecim herbis et quindecim imaginibus at ­
tribuito a Ermete con un commento che egli riferisce all'astronomo Mes :
sahalla, qui citato ben quattro volte da Antonio%. I riferimenti ai t est i
della magia salomonica, concernono l'Almandel, la Clavicula Salo mo nis
e il De angelica /ictione. Dell'Almandel, o A/mandai come ha dimost rat o
Jean-Patrice Boudet, esistono due versioni, di cui la prima è stata edita
nel 1975 dal Pack e deriva da un testo arabo, mentre la seconda dipen d e

95 Per questa distinzione cfr. D. PINGREE, Learned Magie in the Time o/ Frederick Il ,

in Le scienze alla corte di Federico II, cit., pp. 42-45.


96 «Hoc voluit Messahalla in determinatione
libri Hermetis De quindecim ste lli s »,
ANTONIO, De occultis, ms. BnF, lat. 7337, cap. 5, f . 7rb.
I.:occulto e la magia naturale 2 13

da un testo latino ed è redatta in un modo per il quale l'Autore cerca gli


adattamenti con il cristianesimo. Antonio con la sua teoria dell'Altitudi­
n es rivela un legame con questa seconda versione (cfr. qui, capitolo VII) .
In altri termini Antonio spiega che queste intelligenze non devono esse­
re concepite come i motori delle orbite planetarie, o le intelligenze mo­
trici dei cieli, bensì come Intelligenze private della Grazia divina, ossia
97 • Pertanto è facile capire - prosegue - che gli an­
spi riti dotati di anima
tichi non adoravano i corpi dei pianeti, ma essi adoravano queste Intelli­
genze che davano loro i responsi e nei loro libri di magia come quelli di
Thebit e di Ermete è dato ritrovare le invocazioni e le preghiere secondo
i sette pianeti. Queste Intelligenze che ora sono angeli buoni, ora demo­
ni caduti, si trovano al di sotto dei segni dello zodiaco e dei pianeti. Esse
sono sostanze create, nobili per scienza e natura, che l'uomo deve a giu­
sto titolo conoscere. Infatti anche se la conoscenza umana è limitata, poi­
ché l'uomo è l'essere più perfetto e ha il dono di un'altra vita che gli con­
ferisce una scienza superiore, egli deve conoscerle.
La Clavicola Salomonis è citata anche da Pietro d'Abano (cfr. qui ca­
pitolo XIII)98 • Il De angelica /ictione o /actura è citato da Cecco d'Ascoli
che lo attribuisce ad un misterioso Apollonio.
Le fonti astrologiche sono il Quadripartito di Tolomeo e i Principi di
Astrologia dell'Introductorium minus dell'Alkabizio, il quale era il testo
di commento del Quadripartito che gli studenti di astrologia e medicina
dell'U niversità di Bologna dovevano preparare.
Il quadro generale filosofico è quello della dottrina della conoscenza
di Aristotele, per il quale non può mancare il topos comune a tutte le ope­
re che hanno pretese scientifiche, che l'uomo tende per natura alla co­
�oscenza delle realtà più elevate (Ethicorum liber decimus) ed egli si rife­
ns�e due volte al De anima di Aristotele per spiegare la teoria della sen­
�azione. Menziona come di Aristotele un testo Magica, che forse si può
id ent�icare con l'opera citata da Pietro d'Abano: «quem Aristoteles at­
_
1bu1t Alexandro et quem nunnulli "Mortem" intitulant "animae"»99 (il
fc
/ retum). L' impianto cosmologico segue lo schema generale della
Phaera del Sacrobosco, il quale era testo obbligatorio di lettura per gli
stud nti di astr
� onomia e medicina dello Studio di Bologna.
L m telaiatura cristiana del testo dipende dalla divisione tra mondo su-
hlunare terrestre e mondo sopralunare che appartiene alla grazia divina,
secon do la
!a g raz a distinzione cristiana tra mondo naturale e sovrannaturale, con
1 o s enza.
97 D .
?B �� � mtelligentiis gratia divina privatis », ms. cit. , cap. 5 , f. 7rb.
Lu cidator
ed . Cl' t ., p. 1 1 7 .
99 lbz.d. , p. 1 '1 7 .
2 14 Medioevo magico

Nel prologo egli afferma che intende istituire (institut) le regole uni­
versali (canones) di questa arte di cui parlerà nella prima parte teorica in ­
troduttiva; nella seconda, quindi, tratterà delle opere occulte delle Int el ­
ligenze e delle loro immagini; nella terza parte tratterà delle loro ope re
manifeste; nel quarto di tutto ciò che spetta ad esse. Tuttavia egli non se­
gue questo schema.
Il primo capitolo descrive il cielo come diviso in quattro parti orien ­
tate secondo i punti cardinali dello Zodiaco, sotto i quali si trovano i
quattro principali ordini delle Intelligenze. In ogni capitolo si pone dei
quesiti alla maniera dell'insegnamento scolastico. Il primo 100 è come pos­
sono agire queste Intelligenze che sono sotto i segni e i pianeti in quanto
esse sono indifferenti nel loro agire, ma hanno compiti precipui. Egli so ­
stiene che nelle operazioni di tali Intelligenze sugli uomini è richiesta la
disposizione del cielo: l'Intelligenza con la scienza e industria che pos­
siede fa sì che l'influsso superiore del cielo inclini i nostri corpi animati
verso il bene o verso il male. Ma poiché l'influsso di un ente qualunque
di tale ordine è indifferente nei confronti degli esseri creati ed esso ha
scienze specifiche e operazioni proprie (cosicché uno è deputato a un
compito come la lussuria, un altro la gola, un'altro alla bontà ecc. ) è ne­
cessario l'intervento delle Intelligenze per suscitare le inclinazioni della
natività dipendenti dal cielo. Esse vanno pertanto invocate perché ac­
corrino. A tal fine è necessario compiere esorcismi orientati in maniera
ben precisa verso le quattro parti principali del mondo in cui sono col­
locati i quattro segni cardinali Cancro-Capricorno, Ariete-Bilancia affin­
ché queste intelligenze appaiano (unde iste intelligentie appareant) . Esse
si presentano con tumulto e furore di cui Antonio spiega le cause che
sono molte ma per lo più sono riconducibili alle opposizioni delle loro ri­
spettive posizioni come quelle dei quattro segni cardinali. Essi sono in­
fatti opposti tra loro e quindi hanno compiti e attività contrarie. Per qu e­
sto andranno placate con suffumigazioni diverse, alcune fetide, altre pro­
fumate a seconda che si tratti di una operazione in malo oppure in bon o
(f. 3 ra) e non andranno mai invocate le principali le quali dotate di mag ­
giore forza si contrasteranno con più violenza tra di loro. Un'altra cau sa
è conforme alla fede - afferma Antonio: credo che loro dispiaccia di es­
sere costrette a intervenire dalla Virtù divina e anche da noi esseri uma­
ni. Esse sono furiose poiché sanno di essere state divine una volta, men­
tre ora si vedono comandate dai loro servi, cioè dagli uomini.

100 Il primo quesito è come possono agire indifferentemente queste Intelligenze; il s�:
condo perché una persona riesce a vederle e sentirle e un'altra no? , perché appaiono P 1 0
spesso agli uomini puri che agli impuri? perché più nell'acqua e nei corpi tersi e trasp a ·
renti e non negli opachi? (ms. cit. , f. 2rb).
!.:occulto e la magia naturale 2 15

Il secondo capitolo, assai breve, prosegue con la descrizione degli


aspetti planetari, qualora si vogliano conoscere vicende di re e di princi­
pi secondo l'astrologia, la chiromanzia e l'arte magica e afferma che si
101 distinte appunto secondo que­
d i:n n o d iverse definizioni di oroscopo
ste tre discipline.
Il terzo capitolo tratta della convenienza e del disaccordo delle intel-
ligenze e delle dive�sità del loro _influsso sec?n�o i _ quattro �egn� card_inali
di cui ha trattato di sopra, e dei loro aspetti, d1 trigono, d1 sestile, di op­
posizione e quadratura. E a questo proposito chiama questi ordini di In­
telligenze i quali sono sotto i segni, anche Altitudini (Altitudines) e come
i segni sono dodici, altrettante saranno le Altitudini. Di esse parla Salo­
mone nel De angelica /ictione. Esse poi sono divise secondo le triplicità
dei segni secondo le quattro nature dei pianeti (di terra, acqua, aria o fuo­
co) si tratta quindi di Intelligenze, le quali tuttavia non sono le principa­
li o le prime di ciascun ordine, ma seconde.
Il quarto tratta delle cause delle immagini degli anelli (anulus) o dei
brevi segni tracciati (brevia) per determinati scopi come ottenere la su­
p remazia sugli avversari, o l'amore. Egli classifica tre tipi di immagini: le
immagini astronomiche, quelle magiche e quelle miste astronomico-ma­
giche (f. 5rb) (terzo tipo assente nell'ordinamento dello Speculum e di
Pietro d'Abano). Quindi Antonio prosegue nella descrizione di una fi­
gura astrologica del primo tipo, per ottenere quello che desidera un pre­
lato, quale elemento utilizzare, cera o un metallo duro, quale deve esse­
re la configurazione astrale, in particolare come deve trovarsi l'ascen­
dente con il significatore della interrogazione posta: essa deve trovarsi in
un aspetto favorevole (trigono o sestile) e non in dissonanza di quadra­
tura o opposizione. Antonio si pone il quesito perché nella materia li­
�uefatta e monda l'effetto sia più sicuro e perché inclini con più forza e
risponde che ciascuno riceve alla nascita nelle sue tenere membra per la
�rtù reggitiva di Marte la qualità virtuale del cielo che proviene dal suo
pianeta predominante, che lo accompagnerà fino alla morte; e se questa
qualità è proporzionata e buona e il pianeta non è infortunato, come nel

1 a�o ?i un prelato, essa inclinerà al bene. In ogni caso se l'influsso astra­


e e ricevuto nella cera liquefatta essa inclina la persona interessata verso
i a b en
evolenza o verso la concupiscenza come nel caso dell'immagine
P o rtat a dal servitore del prelato 102 a seconda della posizione astrale.
L'u tilizzazione di questo primo tipo di immagini astrologiche rientra
nella spiegazione
astrologica medico-fisica che descrive le complessioni
216 Medioevo magico
corporee in dipendenza con quelle astrologiche, per cui le qualità cele sti
impresse nella cera agiscono sulle corrispondenti corporee. L'influsso
astrale che è significato dalla figura della natività del soggetto inte re s sa ­
to e del cielo al momento dell'interrogazione, debbono essere in co rri ­
spondenza. Pertanto l'azione celeste individuata nella figura astrale se­
condo gli aspetti, dispone e modifica la complessione particolare del s og .
getto in un senso o nell'altro secondo l'ascendente o la dominante n a ta ­
le. In questo caso non entrano in gioco le Intelligenze.
Diverso è il caso del secondo tipo delle immagini magiche. Qu e ste
sono costruite non sulla base della figura astrologica-astronomica della
natività o dell'ora dell'interrogazione, ma su di un preciso rituale fonda­
to su incantesimi, esorcismi che fanno entrare nella cerimonia le Intelli­
genze che sono costrette ad essere presenti e ad operare (cum aliquo
exorcismate costringuntur) . Antonio insegna la procedura della iscrizione
del loro nome nella immagine, come rendere onore con le suffumigazio­
ni e in dei piccoli fogli (brevia) come scrivere le formule. La fiducia (con­
/identia) nel procedimento, la volontà, la forza dell'immaginazione di co­
lui o colei che costruisce l'immagine assicurano l'efficacia dell'opera zio­
ne, per cui aggiunge Antonio da Montolmo, le donnette (muliercule) che
fanno queste cose, con una forte inclinazione a credervi, ottengono buo­
ni risultati. È evidente in questo caso, il carattere magico destinativo del
procedimento. Tuttavia aggiunge Antonio, le immagini più efficaci sono
quelle che uniscono l'immagine meramente astronomica (astrologica)
con quelle magiche, poiché l'influenza delle intelligenze è rafforzata dal­
la conoscenza astrologica del cielo del momento favorevole per chied ere
il loro intervento. E di esse tratta nell'ultima parte del quarto capitolo a
proposito delle immagini miste.
Il quinto capitolo tratta degli influssi di queste Intelligenze che sta nno
sotto i pianeti, dottrina che non ci permette di classificare con nette zz�
una tale magia delle Intelligenze di Antonio; esse non coincidono con 1
motori dei pianeti, né li reggono, anzi sono loro inferiori. I loro com p i�i
dipendono dagli attributi dei pianeti. Così per esempio da Saturno di :
pende l'Intelligenza, che agisce sull'anima dei malati di malinconia e co�t
via (f 7rb). Da Marte dipendono le risse, le guerre, le inimicizie. Tuttavi a
chiama queste Intelligenze anche Angeli (Intelligentie sive Angeli) ; a ff� r­
ma che sono ordinati al di sotto dei pianeti secondo la gratia, per cui le in ·
telligenze buone o gli angeli con la gratia sono ordinati a comprimere e re·
primere le azioni e i compiti (officia et operationes) degli angeli cattivi ( a rt·
gelorum malorum) 103 senza la grazia e lo fanno perché esse operano so t t o

I O} « Etiam quod incredibile est quod sicut ista intelligentie operantur sub celo rurn in ·
I.:occulto e la magia naturale 2 17

. influssi astrologici che agiscono sul genere umano che è a loro


1 p rdidetti . Questi angeli buoni appartengono all'ordine delle Potestà
e sp o
sto
r;0testa tes) e son o quelli che operano anche nell'Almandel di Salomon e.
n quadro che ci presenta pertanto Antonio è una contaminazione del­
dell'astrologia giudiziaria con una magia angelica, in un qua­
l tecniche
dro cristiano creaturale diviso tra sfera sublunare e sopralunare, tra esse-
. b uoni e cattivi, così come era stato già descritto da Michele Scoto: in al­
:e parole sotto la volta celeste che contiene i pianeti pone gli angeli, crea­
t ure con la grazia e gli angeli caduti senza la grazia (i demoni) i quali si
combatton o tra di loro; ma valendosi dell'influsso planetario in corri­
spondenza delle natività o oroscopi degli uomini, possono rafforzare più
0 meno tale disposizione astrologica descritta nella figura oroscopica de­
gli in dividui che li hanno chiamati. Il carattere occulto di tali azioni è sot­
tolineato in questo Capitolo quinto, poiché afferma che tutte le operazio­
ni devo no essere tenute nascoste, fatte in luoghi appartati e rimanere se­
grete prima e dopo che sono state compiute, poiché diminuisce la dignità
dei demoni colui che divulga i loro segreti. Così che Aristotele nella sua
opera di magia (Magica) ha detto che i segreti divulgati diminuiscono i lo­
ro poteri (cap. 5 , f. 8va). Se si invocano per fare il bene il luogo deve esse­
re segreto, pulito e appartato, quieto e profumato; se vengono comanda­
ti per fare il male (ad malum costringuntur) il luogo deve essere puzzolen­
te mentre nel circolo costruito dal mago per una operazione nobile non
deve entrare alcuna donna, a motivo della debolezza della sua natura per
la quale essa crede nelle apparenze più facili ed è un essere impuro.
. Il sesto capitolo tratta delle cause degli esorcismi, di come costruire i
circoli, incidere i caratteri, fare i pentacoli, compiere le suffumigazioni e

f
tu tt e le pratiche rituali similari unitamente alle prescrizioni morali e alla
0'7:'ta di�p?sizione psicologica dell'operatore. Egli deve avere una vo­
onta fort1ssmia, essere sagace e sapiente poiché deve arrivare a ricono­
scere gli inganni
di queste Intelligenze e scoprire i loro segreti. Deve inol­
t aver
e u na p erfetta conoscenza astrologica dell'ora e del momento più
aJ �t D eve essere
� ?· coraggioso, eloquente, mordace per intimorire gli
�Pl r1t� Se poi l'operatore è cattolico, per rendere la sua parola più effi­
ce
r:a : ovrà essere puro, casto, le sue espressioni sen za turpiloquio ad im-
gine della purezza degli stessi spiriti 1 04 • Successivamente alla maniera

fluxib
us, it a intelligen · · · · · ' · ·
Prirnen d u . · tta ac �ge1I· constltutl et m gratta ordmat1 ad compr1mend um et re-
dictis in f m bffici a �t operattones angelorum malorum, cepere possunt et agunt sub pre­
cit . , c l u �i us qwa levius persuadere possunt humano genere bene disposito » (Ms.
ap • 5 , • 7rb).
104
1te
Pi oqu7o � si catholicus ut verbum reddat ur efficat ius, sit etiam mundus et vit io e t t ur­
l
P nvat us et castus ». Ms. cit ., f. 8rb.
218 Medioevo magico

delle trattazioni nella forma dell'insegnamento scolastico come profes so .


re di astrologia a Bologna, si pone alcuni altri dubbi (dubia) a cui ri .
sponde con le note, a proposito del rituale delle figure in relazione al ci r .
colo: perché il maestro deve fare una figura circolare per la sua protezio .
ne e trovare un luogo adatto? perché il circolo ha un significato di con .
trasto alle loro azioni? Egli risponde al primo interrogativo afferman do
che la figura circolare non ha né principio né fine e per questo è la figu .
ra che contiene tutto (omnium capacissima) e perciò è perfetta; al se con .
do risponde che la figura circolare esprime il Verbo di Dio che è il più
forte.
A proposito dei segni (caracteres) li distingue in buoni e cattivi. Q uel .
li buoni sono stati dati da Dio ai suoi servitori degni e onesti come al re
Carlo 10' (rege Karolo) perché se ne servisse contro i suoi nemici e a Mosé .
Quelli cattivi sono stati inventati dagli spiriti stessi (ab ipsis spiritibus) e
sono segni che esigono la loro venerazione con suffumigazioni e tutto il
rituale dell'iscrizione. Parla poi dei pentacoli che devono essere portati
con venerazione. Essi sono stati inventati dalla virtù divina perché in essi
sono iscritti i nomi altissimi di Dio e sono di grande perfezione. A que­
sta nota ne fa seguire altre che forniscono prescrizioni precise per pre­
pararli. In queste note finali di prescrizioni dettagliate dei riti di prepa­
razione, mescola il rito di consacrazione cattolica con il rito magico, p oi­
ché egli afferma che gli amici dell'operatore devono essere benedetti e
consacrati con il rito cattolico, come pure la carta con cui si fa il penta­
colo, poiché grande deve essere la loro profezione 106 •
Per concludere, come si possono caratterizzare le Intelligenze di An­
tonio e la sua dottrina certamente magica per il carattere «destinativo » e
segreto delle operazioni che si indirizzano sempre a una entità sia dem o­
ne che angelo? Le intelligenze sono chiamate anche Altitudini, Tron i e
spiriti. I termini paiono riferirsi alla filosofia neoplatonica (Intelligen­
tiae) , alla magia salomonica (Altitudines) e alla angelologia cristiana del-

1 05 Secondo Nicolas Weill-Parot (introduzione a edizione con traduzione ingles e An­


tonio da Monto/mo, De occultis, cit.) si tratta di un esperimento che si trova des critto nel·
lo stesso manoscritto BnF lat 7337 e nel Vat lat 4085 , in cui si dice che l'astrologo
mas de Pizan (il padre di Cristina) costruisce un talismano astrologico per Carlo V re 1
Thd:
Francia per respingere gli inglesi; cfr dello stesso Les images astrologiques, cit., PP· 6 lO·
11; eJ.-P. Boudet, Entre science et nigromance, Publications de la Sorbonne, Parigi 2 006 ,
p. 407.
106 «Nota quod tutela debetur esse magna ad has artes preparandas [. .. ] quia su�fu ­
migationes quibus circulus debeat fumigari et cum quibus etiam suffumigatur exor�i z� ­
tor et sodi eius, debent esse benedicte consacrate catholico verbo cum debitis orauonl ·
bus ac modis consimilibus de balneo et carta; et hec omnia sunt ad exorcizatorum c u te ·
lam» (De occultis, cap. 6, f. 9ra) .
I}occulto e la magia naturale 219

p à dello Pseudo Dionigi. Non è chiara la disposizione degli ordi­


1�- otest sembra che le Altitudini siano inferiori alle principa­
1 p er la gerarchia
'
� p rime di ciascun ordine. Non si capisce chi sono gli spiriti. È chiaro
lo ch e tutte queste entità sono poste sotto la luna; le intelligenze sono
rstin te in quattro parti orientate secondo i punti cardinali come nell'ars
: lina, e sono le Altitudines; esse sono le entità di grado inferiore ri­
u
p etto al Principe delle Intelligenze. Tutte sono chiamate anche angeli o
:femon i ossia con la Gra�ia o senza Grazia e sono creature. In che rela­
zione stanno con i cieli? E a questo proposito che si ha l'innesto di que­
sta m agia creaturale angelico-cristiana con l'astrologia e la magia angeli­
c a salomonica, ma i cieli sono superiori alle Intelligenze di cui esse non
sono motori né esse li reggono: cosa sono dunque? Sono degli interme­
diari spirituali (spiritus) , demoniaci o angelici tra l'uomo e l'astro; il mago
deve compiere le operazioni per farli intervenire acché essi suscitino
l' azione dell'astro per rendere attive le disposizioni astrologiche naturali
del nativo, così come descritte nell'oroscopo di nascita dell'individuo. E
questa pare dottrina peculiare del Montolmo.
Il De occultis di Antonio da Montolmo è redatto negli stessi anni in
cui Biagio Pelacani insegnava la stessa disciplina, l'astrologia, e negli stes­
si Centri Universitari di Bologna e Padova, con posizioni dottrinali
estreme sulla magia, diametralmente opposte.
I due insegnamenti professati nello stesso ambiente culturale e istitu­
zionale, Bologna e Padova quasi negli stessi anni, ci danno la misura del­
la complessità delle componenti dottrinali della filosofia medievale, del­
le estreme diversità sugli stessi temi, come l'astrologia, la fisica e la ma­
gia . Antonio da Montolmo e Biagio Pelacani da Parma esprimono le due
f�cce estreme della magia e dell'antimagia nel razionalismo spinto di Bia­
1
fa0 da �arma che spiega scientificamente tutte le apparenze e le visioni
ntast1che con le regole dell'ottica (si veda qui il Cap. XVI). Antonio da
�o nto�mo, al contrario, introduce la pratica magica necromantica, sia
ern o maca che angelica, entro l'astrologia naturale o astronomia, corro­
bo ra la visio
ne cristiana degli Angeli (con la grazia) e dei demoni (senza
la ra ia),
z valendosi delle regole dell'ars notoria. Egli compie tuttavia
un �o p
e razione diversa da quella di Cecco d'Ascoli che aveva collocato la
:� �ecrom_anzia entro una visione religiosa dualista, manichea, l'empia»
� g io ne d1 Zoroastro. Antonio da Montolmo la inserisce differente­
en te
siern e? tro l'angelologia e la demonologia cristiana, sostenendo un in­
e di pratiche equivoche, in cui l'occulto è ricondotto al segreto, al
luo
ris t ap p artato in cui tali operazioni devono essere compiute, sia per i

i ch
lare h _ e può correre l'operatore, che per l'inefficacia della pratica, al-
e e fosse divulgata. Questa opera pertanto ha il carattere della magia
220 Medioevo magico

destinativa sia necromantica (magia nera) per l'invocazione dei demo ni


che della magia bianca (angelica) ed è veramente un problema storico d a
studiarsi meglio come, diversamente da Cecco d'Ascoli, non incorse in
nessuna sanzione: forse anche a motivo del carattere di segretezza e l' oc­
cultazione dell'opera stessa. Ma soprattutto riteniamo che i tempi eran o
mutati e il pensiero magico andava affermandosi con forza come accad rà
nel secolo successivo.

5 . Un manuale di necromanzia del secolo XV (il ms. Monaco CLM


849, /f. 3r- 1 08v)
Questo successo è documentato proprio da un'opera di magia operativa
contenuta in un manoscritto del secolo XV, che ci documenta come la
sparsa letteratura di necromanzia, circolata per lo più per vie sotterranee
nel periodo precedente, si sia sviluppata sì da non potersi rappresentare
come una entità fissa e stabile ma fluida e mobile. In altre parole questo
testo documenta una codificazione di rituali necromantici che si è avuta
per fasi successive nel periodo anteriore, a partire dal XII secolo, dovu­
ta alle traduzioni toledane dei testi di magia ermetica e salomonica con
obbiettivi e destinatari diversi e occultata. Già nel De occultus et manz/e­
stis di Antonio da Montolmo si dava spazio al rito necromantico delle
mulierculae ritenuto più efficace di quelle del filosofo per la forza della
loro immaginazione 107 • Come ha messo in luce Richard Kieckhefe r 1 08 ,
editore di questo manuale di necromanzia contenuto in un manoscritto
di Monaco (CLM, 849, ff. 3r- 108v del secolo XV ) questa opera raccoglie
tre tipi di documenti di magia di carattere diverso: il primo tratta di e s pe ­
rimenti di magia amorosa o d'altro genere, i quali fanno capo alla forza
dell'immaginazione e del desiderio e sarebbero le operazioni di illusione
psicologica. Il secondo tipo diverso di esperimenti concerne quelli ch e ri ­
guardano la divinazione i quali sono assai più complessi in quanto con ­
cernono anche l'astrologia. Il terzo tipo contiene formule per coman d a ­
re o respingere le entità (esorcismi) . L'autore anonimo compie una o p e ­
ra di com pilazione in cui mette assieme le più diverse pratiche che com ·

10
7 Cfr. L. THORNDIKE, Imagination and Magie. The Force of Imagination on the Hu·
man Body and of Magie in the Human Mind, in Mélanges Eugène Tisserant, Biblio te c �
Apostolica Vaticana, Città dd Vaticano 1964, VII, 2, pp. 353-58; P. ZAMBELLI, I.:im magt·
nazione e il suo potere. Desiderio e fantasia psicosomatica e transitiva, in ddla stessa, L'a m·
bigua natura della magia, Il Saggiatore, Milano 1991, pp. 53-75; ]. CoULIANO, Eros e ma·
gia nel Rinascimento, Il Saggiatore, Milano 1987, pp. 2-5 1.
1 08 R. KIECKHEFER, Forbidden Rites, A Necromancer's Manual o/ the Ft/teen th Cen

tury, The Pennsylvania State University Press, Pennsylvania 1997, pp. 1 -22.
I.:occulto e la magia naturale 22 1

b ' ano la magia illusionistica con quella destinativa. Un aspetto interes­


t �te ed assai indicativo di questo manuale è che esso rifiuta alcune dd­
condizioni rituali prescritte da Antonio da Montolmo, tra cui la più
� portante è la segretezza dd libro, il suo occultamento, da cui derivava
zione classica magica in certo qual modo anche la sua sa­
per questa tradi
ralità. Ques ta segretezza era imposta per diversi motivi tra i quali non
�timo quello di evitare il pericolo che avrebbe potuto derivare dal suo
delle pratiche, come
disvelamento, con la conseguente minore efficacia
ave a v già os servato il medesimo Montolmo. Tutte queste prescrizioni
mancan o e ciò è indicativo della diffusione ormai senza restrizioni di
queste operazion!. _ S ono co_sì de_n cati � des cri
_ _ tti de�tagliatam e?te i div�r­
si riti necromant1c1 che net testi med1eval1 d1 magia salomonica ebraica
come il Liber Razielis o di magia «nigromantica» come Picatrix erano
en unciati separatamente. Soprattutto si possono individuare con chia­
rezza i legami tra necromanzia ed esorcismo. In altre parole le diverse
forme di evocazione destinativa che distinguono le formule di costrizio­
ne rispetto a quelle di aiuto.
Il manuale pertanto contiene una serie di formule per ottenere deter­
minati obbiettivi. Dopo la richiesta a entità specifiche perché mandi al-
1' operatore uno spirito particolarmente sapiente in tutte le scienze, che
venga in forma di maestro, si chiede l'onniscenza (così come nelle prati­
che di ars no to ria) . Poi si forniscono formule e si descrivono procedure
di magia amorosa (n. 3, pp. 199-201) con iscrizione di nomi di entità (Tu­
h an, Sathan, Reuces, Cupido, Afalion ecc.) per ottenere dignità e onori
(n. 4, p . 203 ), per suscitare odio tra amici, per allestire un banchetto son­
tuoso (n. 6, pp. 208-13), per acquistare un castello, per avere una nave,
: c avallo, per provocare la morte di una persona, per diventare invisi-
ile, per avere l'amore di una donna, per costringere un uomo, una don­
na, �n o spirito, una bestia (pp. 229-36) alla propria volontà. Tutte que­
te
� lflv?cazioni sono proferite in nome di una nomenclatura angelica e
tetno�i�ca assai complessa di cui Kieckhefer riporta sapientemente gli
;r n chi �n o�dine alfabetico, i quali dimostrano un notevole sincretismo
a orn i latmi, gre
; ci, arabi, ebraici, barbari o di altra origine.
assando a trattare della necromanzia divinatoria non p teva manca­
re qu o
h�a d�lla divinazione per specula ( descritta secondo le varie specie di
sp c
)
c a:1� eI di cui si specificano i rituali insieme alle formulazioni dell'invo­
rit0 �1 appropriata ( come già aveva sostenuto Cecco d'Ascoli) dello spi­
re he o �on �nn . 18 -19, pp. 236-37). Poi è descritta l'operazione particola­
e
altre 81 pu � c�mpiere con lo specchio di Lilith (n. 20, pp. 242-43 ); poi le
op e az
qu a e c os1� �om fatte con superfici riflettenti, come i cristalli, i bacini d'ac-
via.
222 Medioevo magico
L a parte più interessante è quella che tratta della divinazione astrale
che tuttavia non contiene le descrizioni astronomiche che si trovan o
invece in Picatrix, ma una serie di formule e regole pratiche per la co­
struzione di sigilli, quali invocazioni di nomi di angeli da proferire in
giorni diversi (di L una, di Marte, di Venere ecc.); come si costruiscon o i
sigilli dei sette angeli della settimana, dei giorni e delle notti, delle ore
ecc.; si elencano i nomi di Dio, secondo le ore del giorno e della notte e
loro funzioni (pp. 305-17), e si descrivono le immagini del giorno s e­
condo le ore.
Il testo nell'insieme non presenta un grande interesse per la storia del ­
le idee della magia medievale essendo sostanzialmente un formulario ,
tuttavia appare un documento importante in quanto raccoglie sicura­
mente un materiale esistente, sparso, assai vasto, derivato dalle fonti più
disperate, probabilmente di magia dotta, ma anche da raccolte di experi­
menta con scarsa rilevanza teorica. Certamente esso potrà essere acco­
stato a quei testi apocrifici dei secoli XVI e XVII attribuiti falsamente a
maestri che necromanti non furono, come Pietro d'Abano, Alberto Ma­
gno o Arnaldo di Villanova, che circolarono nei secoli successivi alla loro
attività, con i titoli più diversi come Elementa magica, Heptaemeron, Elu­
cidarium necromanticum Petri de Abano 109 ecc., i quali hanno molti trat­
ti comuni con questa raccolta.

1 09 Su ciò dr. G. FEDERICI VESCOVINI, Introduzione all'edizione di Pietro d' Ab ano,


Lucidator, cit., p. 16 e qui Capitolo XVI; in particolare J.-P. BoUDET, Pietro d'Abano, la
magie à la Renaissance: le cas de «l'Elucidarium artis nigromantie », in J .-P. BouoET,
F. COLLARD, N. WEILL-PAROT, Médécine, astrologie et magie au Moy en age: autour de Ptd:
tro d'Abano, Sismel, Edizioni del Galluzzo (Micrologus Library), Firenze, in corso 1
stampa.
p arte quarta
_Magia e religione
Divinazion e, astrologia e nigromazia
io. Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar
e l 'ast rologia mondiale. L'oroscopo delle religioni

Nella storia della filosofia, o della cultura tout-court è esistita intorno alla
« divinazione» astrologica una profonda ambiguità di base che ha carat­
terizzato tutta la vasta letteratura sull'argomento. Con divinazione in ge­
nerale fu inteso nel mondo antico qualunque previsione del futuro che
fu concepita come una specie di «follia » o mania, furore divino ispira­
to dagli dèi, donde il nome di divinazione. Platone nel Fedro 1 distin­
gueva quattro tipi di follia ispirata, a uno dei quali apparteneva la divi­
nazione; poi Cicerone nel De divinatione ne classificò due tipi, una come
arte (ars) che è artificiale e concerne l'interpretazione di segni; la secon­
da (furor) come divinazione concessa alla natura umana dagli dèi, quan­
do essa si trova in uno stato di particolare esaltazione o furore. Buona
parte della letteratura medievale dipende da queste distinzioni che fu­
rono rip rese da Isidoro di Siviglia nelle sue Etymologiae: i divini sono
quegli in dividui i quali, come fossero pieni di Dio (quasi deo plem) , si as­
s�ilano a Dio e danno risposte ingannevoli 2 , cosicché i dotti medievali
d! quel periodo assimilarono la divinazione a una usurpazione (usurpa­
tzo) divina. Successivamente i filosofi dei secoli XII e XIII ne dettero nu­
merose classificazioni e distinsero diversi tipi di arti divinatorie. In que­
sta mia an alisi, io mi soffermo su un caso solo di divinazione, quella
astr logi
� ca, che è la più articolata e strutturata da un punto di vista sia
st0rico che dottrinale.

Io, ;6P5 b T E, Fedro, 244a 6-8, per il concetto di follia mantica, divinazione dono di Apol­
LA ON
p 3 3 5 - P. VICAIRE, La divination chez Platon, « Revue des études grecques», 1970,
2 3.
1:6� - 0; R. CoLLlNS, Plato's Use o/the Word « manteuomai », « Classica! Quarterly» n.s.
D1. . ' 2, PP- 93-96; L. BRISSON, Del buon uso della sregolatezza, inJ.P. VERNANT (a cura di),
n
it : tione e razionalità. I procedimenti mentali e gli in/lussi della scienza divinatoria, trad.
• • Z elia, Einaudi, Torino 1982 (ed. or. Seuil, Parigi 1974), pp. 243-45 .
2
W· M I s� RI HISPALENSIS Episcopi Etymologiarum sive Originum libri XX, a cura di
· Lmdsay, Oxforc,l, 1911, de magis, VIII, 9.
226 Medioevo magico

Nel mondo biblico fu associata alla profezia dettata da Dio. D'alt ro


canto l'inventore dell'astrologia nei suoi aspetti specifici e tecnici, Cla u ­
dio Tolomeo, ne fece una disciplina razionale della previsione, naturale e
fisica, espunta da ogni intervento divino o sovrannaturale ed egli fu, così ,
il teorizzatore di un nuovo tipo di conoscenza del futuro, non necessaria,
ma meramente probabile, quella previsione astrologica fondata, a livello
epistemologico, sulla categoria logica del possibile e del contingent e .
Essa appartiene all'ordine delle cose che sono nel divenire (il futuro).
Tale ambiguità condusse, nella storia di questo particolare genere di di ­
vinazione, ad opere che mescolavano i due aspetti, il sovrannaturale e il
naturale, a seconda delle loro fonti. In altre parole l'astro poteva esse re
concepito come un'entità spirituale, oppure come un corpo fisico in mo­
vimento. Secondo la magia teurgica neoplatonica, Giamblico nei Misteri
degli Egiziani definisce la mantica al di fuori dell'ordine naturale umano,
per collocarla nella sfera del divino e la separa nettamente dalle opera­
zioni naturali; questi due aspetti furono invece uniti in alcuni scritti dei
filosofi medievali arabi o latini che erano anche astrologi. Così nella teur­
gia neoplatonica le operazioni di previsione astrologica, così come l'in ­
tendeva Tolomeo, sono esecrate3 . Nel caso poi di quei dotti arabi ch e
praticavano la magia come l'autore di Picatrix, poiché la divinazione
astrologica si fa mediante l'intervento delle essenze eteree dei cieli che
sono sovrannaturali e divine, essa si configura anche come profezia. La
divinazione profetka è assimilata in questo caso all'astrologia. La divina­
zione - scrive Picatrix - è la virtù della quinta essenza dei cieli ed è quel­
la che chiamiamo profezia («divinatio est virtus quinte essentie et est illa
quam prophetiam appellamus»)4 • Inoltre nello schema dell'emanazion e
della teologia astrale di Avicenna, i corpi celesti sono dei viventi eterni,
animati e quindi mossi da una intelligenza immaginativa che anticip a i
loro percorsi. Così secondo alcune interpretazioni come quelle riferite d a
Pietro d'Abano, si attribuisce ad Avicenna una spiegazione della pro fe­
zia, che discende dalle sfere superiori, venendo quindi ad associare la
profezia con l'astrologia. Questa però non è stata la posizione di quei fi-

' Per una analisi dei Misteri degli Egiziani (libro III, 1.7-8.27 ) relalativa alla discu s :
sione di Giamblico contro Porfirio, per cui Giamblico respinge l ' ipotesi sacrileg he dt
questi che sostiene che il vaticinio viene dai demoni e non dagli dei, per sostenere vig:r
rosamente che l ' ispirazione divinatoria viene dagli dei e soprattutto non è paragonab e
alla scienza del pronostico che è propria di medici e navigatori (come aveva sostenu to To_­
lomeo) e che appartiene al mondo della physis, mentre essa è divina, cfr. PoRFIRIO , Ept·
,
stola ad Anebo, a cura di A.R Sodano, L'Arte Tipografica, Napoli 1968, 2.3 e J. CARLI ER
Scienza divina, ragione umana, in Divinazione e razionalità, cit., pp. 28 1-84, Cfr. G IA M ·
BLICO, De mystertis 3. 1, a cura di E. des Places, Parigi 1963, pp. 7-8, 15.27.
4 Picatrix, cit. , II, V, p. 49.
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 227

otelici che interpretavano Tolomeo al di fuori dei principi del­


loso fi arist
fi sofi e neoplatoniche arabe come quella di Avicenna, fossero o no di
le lo
orig e in erm etica. Tali filosofi naturali si ispirarono all'impostazione epi­
stemologi data all'astrologia da Tolomeo nel Quadripartito e ritennero
ca
l' astrologia una scienza della previsione possibile degli accadimenti con­
tingenti che riguardano il presente e il futuro.
In questo caso, più che di divinazione, si deve parlare di pronostico o
conoscenza per previsione probabile. L'astrologia in senso tecnico nasce
così nel mondo ellenistico al tempo di Tolomeo come previsione e non co­
me divinazione ispirata da forze superiori, sovrannaturali, magiche e di­
vine che ne assicurano l'infalliqilità: non ha pretese di scienza necessaria,
studia il contingente e si configura come giudizio congetturale del futuro.
Quando l'astrologia, anche nelle sue procedure tecniche, si tinse di
magia per l'influenza delle dottrine religiose astrali orientali, ermetiche,
persiane ed egiziane che furono largamente condivise (nel Medioevo ara­
bo, per esempio, dalla setta dei Sabeani di Harran5 che non erano cre­
denti musulmani) - un esponente ritenuto tale dai medievali è stato l'a­
stronomo e matematico del IX secolo Thebit ben Qurra6 , ma forse a tor­
to), i cieli non furono solo portatori di un'influenza meramente fisica e
naturale, come riteneva Tolomeo, ma animati da demoni, intelligenze da
invocare per ottenere il responso, mediante riti e suffumigazioni. Inoltre
la legislazione romana degli Imperatori del Codice Teodosiano (Codex
Theodosianus IX 16, 1 - 12) tra il IV e il V secolo (3 19-409) aveva defini­
tivamente assimilato tutte le forme di divinazione, compresa l'astrologia,
alla ,magia causando la sua interdizione7 •
E sempre esistito dunque un connubio tra divinazione, profezia,
astrologia e magia; e nel Medioevo un interessante esempio fu rappre­
sentato dalle vicende della vita e dell'opera astrologica di Michele Scoto,
mago indovino di Federico Il, oppure di Cecco d'Ascoli. Quest'ultimo si
ilantava di invocare il demone Floron sotto determinate posizioni astrali,
quale gli dettava i responsi8 •

� S sab i cfr. D. CHWOLSOHN, Die Ssabier und der Ssabismus, San Pietroburgo
1 85 . �s . ean
nal ' _nt � Arn sterdam 1965 ; M. TARDIEU, Sabiens coranique et sabiens de Htirran, «Jour­
T. rvt8� ique», 274, (1986) pp. 1 -44; J. HJARPE , Les Sabéens htirraniens, Uppsala 1972;
Le1· cia REEN, The City of the Moon God: Religious Traditions of Harran, De Gruyter,
6
- New York 1992
gel s 9CARMoov , Th; Astronomica! Works o/ Thabit ben Qurra, Berkeley and Los An­

tes: tO ; Thabit ben Qurra. Oeuvres d'astronomie a cura di R. Morélon, edizione del
� ;ra O e traduzione francese, Les Bel/es Lettres, Parigi 1987.
3 2 1 . · GR?D2YN SKI, Per bocca dell'imperatore, in Divinazione e razionalità, cit . , pp. 292-
� �larti�?lare pp. 291 -96, con l ' edizione di alcune di queste leggi.
r. qui il C apitolo XI.
228 Medioevo magico

Adesso non intendo parlare delle tradizioni magiche della prevision e


astrologica, ma di un genere di previsione meramente naturale, fisico­
astronomica derivata da Tolomeo, la quale, ripresa e sviluppata da al cu­
ni astrologi arabi, come Albumasar e il suo allievo Sadan e,poi, tra i lati­
ni, da Pietro d'Abano, espunge dall'astrologia gli aspetti magici e demo ­
niaci che erano stati condannati anche dai dotti cristiani come «super­
stiziosi». La preoccupazione di separare la magia dall'astrologia «natu­
rale» si ritroverà ancora alla base di una delle opere più note dell'età mo ­
derna, il Commentarius de praecipuis divinationum generibus 9 , redatto d a
Gaspar Peucer, genero di Melantone. La descrizione, l'analisi di ogni e
qualunque forma di divinazione magica, demoniaca, infernale o celeste,
è sempre accompagnata, da parte di Gaspar Peucer, da una vigile atten­
zione a separarla dalla previsione naturale, astrologica, teorizzata da To ­
lomeo, l'unica lecita e permessa dai medievali cristiani e ancora ai suoi
tempi, da non confondersi con l'astrologia cerimoniale dei necroman ti
come quella dell'Occulta philosophia di Agrippa.
La divinazione o meglio, la previsione astrologica, di cui intendo par ­
lare ora, appartiene a quel genere naturale a cui si richiama Tolomeo e
che fu largamente accettato e rielaborato dagli astrologi arabi più im ­
portanti, come Albumasar e i suoi seguaci. E date le relazioni istituite nei
secoli tra divinazione magica e astrologia, entriamo qui nel vivo dei pro­
blemi dell'astrologia razionale «naturale» con l'annesso quesito dell'in ­
terpretazione dell'astrologia mondiale connessa con l'oroscopo delle re­
ligioni per evidenziare il carattere scientifico e non magico di questa tra­
dizione.

1 . Tolomeo
Per Tolomeo l'astrologia non era una scienza dimostrativa, ma solo un a
disciplina empirica naturale fondata sull'osservazione delle disposizion i
naturali, delle abitudini originarie dell'individuo che dipendono dall a
sua «complessione» fisica così come si possono «leggere» nella sua con ­
figurazione del cielo di nascita. Tolomeo sviluppa la sua dottrin a n el
Quadripartito in cui rimanda ai fondamenti astronomici dell'Almagesto
ed elabora questa disciplina non usando tanto il termine «mantica », °: a
«pronostico» che è ricavato dall'osservazione del cielo al momen t o 10
cui l'individuo comincia a vivere. I latini che conobbero le opere di To­
lomeo nelle versioni latine dall'arabo del XII secolo, usavano i due t e r -

9 GASPAR PEUCER, Commentarius de praecipuis divinationum generibus, Francofo rte


1646.
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 229

rnini astronomia e astrologia indifferentemente, ma con grande varietà di


ignifi cati. Il consolidarsi dell'interpretazione secondo cui l'astronomia è
ia scienza del movimento e della natura dei corpi celesti ed è teoretico­
spec ulativa, mentre l'astrologia, più che una scienza, sarebbe un'arte del­
la previ sione dei loro effetti sul mondo e, quindi, disciplina pratica o
scienza dei « giudizi » (oroscopo) , è venuto a fissarsi molto tardi rispetto
a questo scienziato che ha unito strettamente le due discipline, ponendo
così in direttamente il problema epistemologico del rapporto tra scienza
teorica e scienza pratica: l'astronomia sarebbe una scienza teorica in
quan to matematica e l'astrologia una disciplina pratica, in quanto studia
gli effetti dei movimenti celesti spiegati geometricam.ente.
Questo nesso strettissimo tra astronomia e astrologia come scienza
teo rico-p ratica di matrice tolemaica, in accezione diversa dal concetto di
scienza speculativa come teorizzato da Aristotele o dall'idea del fatalismo
cosmico degli Stoici, fu sviluppato nel mondo latino solo alla fine del se­
colo XIII e agli inizi del secolo XIV con la particolare concezione della
scienza di Pietro d'Abano e di quanti, soprattutto medici e fisici, ne con­
dividevano l'impostazione. Egli cercò di recuperare il genuino concetto
tolemaico di scienza estendendolo all'astronomia-astrologia e alla medi­
cina, mediante l'influenza dell'elaborazione astrologica araba dei pro­
blemi della previsione. Egli sviluppa un discorso articolato sull' astrolo­
gia che contribuisce ad assicurare a questa disciplina uno statuto suo
proprio che riguarda la messa in discussione di una teoria della scienza
come « scienza delle cause » universali e necessarie 10 secondo la metafisi­
c a e la logica di Aristotele .
Risulta abbastanza evidente che questa disciplina non può essere ge­
n �ricamente ricondotta all'opinione in base alla quale l'astrologia me­
dievale sarebbe un tutto omogeneo o un corpo compatto (si veda ad
esempio la tesi di Gustav Jung), che racchiude l summa di tutte le co­
a
n oscen ze psicologiche dell'antichità, cosicché questa disciplina avrebbe
a�to un a funzione storica di secolarizzare in riferimento alle antiche di­
ruà , tr�sformandole in semplici attributi umani (il marziale, il gioviale,
S aturnino, il venusiano, il lunatico, ecc.); oppure l'astrologia avrebbe
p
b pres ent ato un sapere cosmologico pre-logico e irrazionale che avreb-
a
1 ' � ph�p � rato il terreno all'astronomia come scienza razionale così come
c 1:nua sarebbe il prodromo della chimica.
s ste in dell'astrologia me­
di' evE ie ttr oltre una distinzione tra una storia esterna
te ataJ_ c a e a rso i suoi nessi con la religione, la magia, la filosofia, la ma­
ve
m i a la medicina, e una storia interna all'astrologia che è quella sua

IO s•1 v da .
e 1n questo volume il capitolo XIII.
230 Medioevo magico

propria, come si ricava dai testi arabo-latini medievali di astrologia: una


storia delle procedure interne 1 1 ai testi, come si sono storicamente confi­
gurate nell'Occidente latino-medievale, anche secondo la trasmissione
cronologica delle opere più importanti del mondo arabo. Sarà chiaro
come veniva considerata l'astrologia 1 2 , scienza o arte (o entrambe), in re­
lazione alle altre scienze, le «liberali» o le teoretiche (la metafisica, la ma­
tematica e la fisica) 13 o le «meccaniche» (la medicina, l'agronomia, la
nautica, l'astrometerologia) e soprattutto, per queste procedure interne
(come quelle delle immagini), rispetto alla magia. L'astrologia non è dun­
que un corpo monolitico, ma è il frutto di stratificazioni che scaturisco­
no da una pluralità di indirizzi il cui confronto può assumere anche l'a­
spetto di uno scontro.
Sono esistite contrastanti modalità di sviluppo che, ben vive all'in­
terno dell'astrologia araba, le hanno provocato l'acerbo giudizio di
«confusa o farraginosa». A questa presa di posizione avversa si può ri­
condurre quanto scriveva Marsilio Ficino nel suo Commento delle En­
neadi 14, in cui elaborava, ispirandosi a Plotino, un concetto nuovo di

1 1 Una è quella della determinazione degli «aspetti». Per aspetti si intendono le di­
stanze angolari tra i pianeti. Poiché lo Zodiaco è rappresentato con un cerchio, i pianeti
che collochiamo su questo cerchio sono separati l'uno dall'altro da un arco misurabile in
gradi. Quando l'arco corrisponde ad un'ampiezza stabilita, si dice che i pianeti sono « in
aspetto.» Le distanze angolari da prendere in considerazione secondo Tolomeo non sono
tutte quelle che potrebbero verificarsi nell'arco dei 360 ° del cerchio zodiacale, ma sol­
tanto alcune tra le possibili. Infatti, nel calcolo degli aspetti, si tiene conto della con­
giunzione (distanza di 0 °), del sestile (60 °), del quadrato (90° ), del trigono (120 ° ), del­
l'opposizione (180 ° ). Perché queste distanze e non altre, lo spiega Tolomeo: «Per l'op ­
posizione la spiegazione è chiara, perché i due segni si incontrano lungo una linea rett a.
Consideriamo ora le due frazioni maggiori e quelle impiegate nella musica: se applichi a ­
mo le frazioni 1/2 e 1/3 ai due angoli retti dell'opposizione, con la prima otterremo il qu a ­
drato, con la seconda il sestile e il trigono. Applichiamo ora ai 90 ° dell'angolo retto il se ­
squilatero (3/2) e il sesquiterzio (4/3): il primo ripete la proporzione del quadrato ri­
spetto al sestile, il secondo quella del trigono rispetto al quadrato. Di questi aspetti, il tri­
gono e il sestile sono detti armonici, perché compresi fra segni dello stesso genere, tu tti
femminili o maschili; dissonanti per contro le quadrature e le opposizioni perché forma ­
te invece da segni di genere opposto». (Tetrabiblos, I, 14, Mondadori (Fondazione Val­
la), Milano, 1985, trad. S. Feraboli, p. 61). Queste tecniche costituiscono quella che Pie ­
tro d'Abano chiama astrologia exercitativa e Taddeo da Parma astrologia (de motibus) per
viam praxis (si veda in questo volume, Appendice 2). L'altra che riguarda la magia astra ­
le è la costruzione delle immagini con le sue procedure di purificazioni, invocazioni, su f­
fumigazioni così come descritte da Picatrix.
12 Si veda qui anche la definizione di Zanchino, che anch'egli la pone nelle arti libe ­
rali (Capitolo XI).
n ARISTOTELE, Metaphysica, VI, 1, 1026a, 13- 16; Physica, Il, 2, 194a, pp. 7 - 12.
14 MARsruo FICINO, In Plotinum, in Opera omnia, Enricus Petrus, Basilea 15 7 6 ,
voi. II, pp. 1611- 13, 16 15 -23 (ristampa Bottega d'Erasmo Torino, 1962).
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 23 1

astrologia spiritualizzata secondo la quale i cieli erano tutti animati ed


erano «segno» e non causa dell'animazione universale, di contro all'a­
strologia fisico-matematica e naturale degli arabi. Per non parlare delle
critiche veementi di Pico proprio a questi aspetti fisici, che giustifiche­
rebbero la pretesa scientifica della medicina astrologica. Così si possono
evidenziare le diverse immagini filosofiche dell'astrologia, sostanzial­
mente connesse alle rispettive visioni cosmologiche. Si è avuto in altri
termini una sussunzione di motivi astrologici desunti dalle teorie del cie­
lo e dei pianeti erranti, entro il contesto delle concezioni cosmologiche.
Cameade e Cicerone, che distinguevano tra le cause perfette e immuta­
bili (il cielo) e quelle imperfette e mutevoli (del mondo terreno), posero
una dicotomia tra necessità e contingenza la quale escludeva l'astrologia,
come pretesa divinazione del contingente, dalla sfera della verità e quin­
di della certezza. Tolomeo per superare questa difficoltà che era anche
di Aristotele compie una operazione metodologica per cui assicura una
sua verità all'astrologia come scienza matematica in quanto studia con
certezza le misure dei moti; le nature dei corpi celesti sono ricondotte a
«aspetti» geometrici che descrivono i movimenti reciproci dei pianeti
misurabili matematicamente secondo la geometria degli eccentrici, degli
epicicli. In questo modo viene a delinearsi da un lato l'astrologia come un
sapere tecnico ben strutturato matematicamente, e dall'altro una dottri­
na fondata sulle interpretazioni che di essa si sono venute costruendo nei
diversi momenti della storia della filosofia, della scienza e della magia e
dei legami tra astrologia, magia e filosofia, intesa come visione del mon­
do. Infatti l'astrologia ha presupposto anche una certa visione religiosa
come connessione tra ordine necessario, provvidenza divina e destino
terreno e quindi si è configurata come una dottrina contenente diverse
procedure tecniche di «divinazione» profetica-religiosa. E così uno dei
problemi centrali all'interno dell'astrologia fu anche quello di stabilire o
r�iutare il suo compito di «divinazione» infallibile con l'annesso quesito
di quale rapporto istituire tra mantica astrale, astrologia oroscopica 15

15 Per or
« oscopo» si intende in senso tecnico la descrizione grafica del « significato­
re » ( ossia il segno ascendente) dell ' ora presunta o vera di nascita in un determinato luo­
oO
i a del tei:11 po di una interrogazione (adesso chiamata astrologia oraria). Così da un lato
�cento vi ene posto su valori matematicamente determinabili, come le posizioni plane­
�a n� e gli « aspetti �, le reciproche distanze tra i pianeti; subito dopo viene fatta entrare
In gioco l ' azione fisica dei pianeti a cui si attribuisce la naturale capacità di indurre mu­
tamenti nell
a materia terrestre, anche attraverso il mescolarsi e combinarsi attraverso gli
aspetti,
dei diversi influssi planetari. Così il tema dell ' influsso astrale fa emergere il nes­
so strettissim
o fra l' astrologia tolemaica e la fisica, come scienza della natura sublunare,
�:ana, an� a�e _e terrestre , scienza non necessaria, ma probabile per l'indeterminazione
a m a ter a fmc
i a soggetta al cielo.
232 Medioevo magico

e profezia e, quindi, determinare differenze o identità tra pronostico


astrologico e divinazione profetica. Questo problema riguardò la di­
scussione se l'astrologia fosse o meno una forma di divinazione, «ispi­
rata», con le relative distinzioni riguardante le forme di divinazione :
naturale (fisica) o sovrannaturale magico-negromantica, oppure pro­
fetica senza l'intervento astrale, ma direttamente per illuminazione
divina.
La divinazione concerne il futuro, la sorte dell'individuo oppure
quella della collettività? riguarda la nascita e la distruzione dei popoli, la
nascita delle religioni, la costituzione di nuovi regni? perché difenderla
se l'astrologia non è una forma di divinazione oracolare, infallibile, ma
solo una tecnica empirica di previsione meramente fallibile, sulla base di
movimenti fisici dei corpi celesti ed è puramente probabile (come soste­
neva Tolomeo); quale può essere la sua utilità?

2 . /;astrologia araba
Se la storia dell'astrologia antica, dopo gli studi di Boll, di Gundel, di Fe­
stugière e di altri per la tradizione ellenistica ed ermetica, è abbastan z a
conosciuta nelle sue linee essenziali, per quanto riguarda la storia dell'a­
strologia medievale il discorso è diverso. Solo in questi ultimi anni gli stu­
di si sono rivolti a considerare le novità introdotte nella storia dell'ast ro­
nomia classica, dalle conoscenze in traduzione dall'arabo dell'ope ra
complessiva di Tolomeo che comprende sia l'Almagesto che il Quadri­
partito 1 6 , novità introdotte dalle interpretazioni e gli sviluppi degli astro­
nomi e astrologi arabi dal secolo IX al XII soprattutto 17 • Un discorso a
parte, in relazione alla tradizione medievale, merita l'opera composita
non sua - il Centiloquio -, di compilazione ellenistico-araba, in quanto
da essa si svilupperanno modelli di astrologia medica, o di medicin a
astrologica, specialmente alla fine del secolo XIV e durante tutto il XV
secolo 18 • Quasi tutta l'astrologia medievale, araba, latina ed ebraica, può
essere considerata un commento all'Almagesto e al Quadripartito, il più

16 Queste opere non circolarono nel Medioevo nel testo greco, ma nelle versioni in la­
tino dall'arabo (ben quattro in arabo) dell'Almagesto: cfr. P. KuNITZSCH, Der Almagest,
die Syntaxis Mathematica des Claudius Ptolomaeus in arabisch-lateinischer Ueberlie/eru ng,
Harrassowitz, Wiesbaden 1 974.
17 Cfr. G. SALIBA, A History o/ Arabic Astronomy. Planetary Theories dun·ng the Go �­
den Age o/Islam, New York University Press, New York 1 994 , in particolare pp. 1 -5 l ; _ il
monumentale lavoro di F. SEZGIN, Geschichte des arabischen Schri/ttums, Astron omi e,
Astrologie, VI-VII, Brill, Leida 1 978, 1 979.
18 Per una storia dell'astrologia medievale cfr. anche la voce da me curata in Storia del­
la scienza, Medioevo e Rinascimento, N, Enciclopedia Italiana, Roma 200 1 , pp. 3 5 2-64-
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 233

delle volte largamente reinterpretati secondo le diverse fedi religiose e le


concezioni cosmologiche. Una tappa fondamentale è costituita infatti
dalle elaborazioni dei compilatori e commentatori arabi ed ebraici delle
opere di Tolomeo .
Questi testi devono essere, tuttavia, distinti e classificati per l'ispira­
zione religiosa di fondo e le fonti antiche a cui, a loro volta, si richiama­
no . In alcune sarà più accentuata l'influenza orientale, secondo la tradi­
zione persiana, egiziana, babilonese, ermetica, che insiste sull'importan­
za delle grandi rivoluzioni planetarie o cosmiche, sull'influenza delle di­
vinità «decaniche» o su una tecnica precisa detta delle scelte (electiones)
e delle interrogazioni (inte"ogationes) , e tratta di procedure di invoca­
zioni di spiriti dei pianeti tramite immagini e sigilli e ha un forte caratte­
re di magia «destinativa». In altre sarà più accentuata l'astrologia plane­
taria oroscopica delle «natività» di Tolomeo interpretate da Omar Tibe­
riade, Alì Rodoan, Alfargano e altri 19 • La prima generazione (IX secolo)
di Messahalla e di quanti lo hanno seguito nei secoli successivi, come gli
astrologi ebraici Abramo Savosarda e Abramo Ibn Ezra, hanno una po­
sizione a sé per il sincretismo astrologico da loro operato, dando luogo
nel mondo latino a trattati come quello di Giovanni Eschenden, di Pier­
re d'Ailly o di Biagio Pelacani da Parma sulle rivoluzioni mondiali o sul-
1'astrologia universale. Questa prima generazione rappresenta la fonte
dottrinale di una astrologia escatologica o di una astrologia universale
fondata sull'idea dell'oroscopo delle religioni di cui tratterò più avanti.
Una seconda elaborazione dell'astrologia araba che influenzerà i latini, è
costituita dall'opera latina di Alkindi (IX secolo), da cui si originerà la
tradizione delle "numerose compilazioni di astro-metereologia medievale,
tradizione diversa da quella dei Meteorologica 20 di Aristotele. Ma centra­
le per l'elaborazione dell'astrologia medievale sarà l'opera di Albumasar
(IX secolo) .
Sui rapporti, i nessi e le differenze tra la dottrina di Albumasar, quel­
l� di Messahalla e di Alkindi esiste tuttora una discussione tra gli studio­
s 1 e i risultati non sono ancora certi, data la complessità del pensiero di
Alkindi oscillante tra scienza (matematica e ottica) e magia per le idee
c� ntenute nel De radiis. Inoltre egli era anche credente (si veda qui il Ca­
tolo I) . Abbiamo tuttavia un testimone di questi rapporti nell'opera di
�al
dan UX-X secolo), che si presenta come un discepolo di Albumasar.

91 I
n art . coI
20 C P. 1 are SEZGIN, Geschichte, cit., voi. VII.
� _ fr G. FEDERICI VESCOVINI, Note à propos de la tradition latine des livres de metéo­
l
s� ogze d'A lkindi et Léonard, in F. FROSINI (a cura di) , « Tutte le opere non sono per in­
r/11c4 rmi» , Raccolta di scritti per i settant'anni di Carlo Pedretti, Edizioni Associate Edi-
lce lnternazionale,· Roma 1998, pp. 101-12 .
234 Medioevo magico

Di esso sappiamo poco, ma assai si ricava dall'interessante dialogo tra lu i


e Albumasar di cui ho apprestato l'edizione del testo latino e la version e
in italiano2 1 • Albumasar trasforma l'impianto originale della concezion e
di Tolomeo dell'astronomia che inglobava l'astrologia, e vi immette pro­
blematiche religiose dell'islamismo, dottrine aristoteliche, ma anche ne o­
platoniche e stoiche e, sul piano tecnico della storia interna delle pro ce­
dure dell'astrologia, introduce elementi babilonesi, egiziani e persiani e d
ermetici costruendo la cosiddetta sfera « barbarica » medievale22 • Le d ue
traduzioni latine dell'opera di Albumasar compiute nel XII secolo, quel­
la di Giovanni di Siviglia e di Ermanno di Carinzia, con la loro diversa
terminologia influenzeranno a loro volta i latini.
Gli astronomi medievali cristiani contamineranno ancora il genuin o
pensiero di Tolomeo trasformato da Albumasar in senso neoplatonico e
aristotelico. Questo sincretismo riguarderà soprattutto la maggiore im­
portanza data da Albumasar alle grandi congiunzioni rispetto agli aspet­
ti dei pianeti veloci negli oroscopi individuali: a questi ultimi Tolomeo
aveva dato una importanza maggiore rispetto alle rivoluzioni mondiali a
cui era poco interessato. Tolomeo limita assai precisamente il campo di
azione di chi voglia trarre pronostici universali dallo studio dei corpi ce­
lesti. Nel Quadripartito (I, 3 ) dice infatti che l'azione dei corpi celesti si
limita alla capacità di forze e di azioni individuali proprie fin dall'inizio
della nascita del corpo e dell'anima dell'individuo e arriva solo a in­
fluenzare le malattie che dipendono dalla natura, in connessione con le
caratteristiche fisiche iniziali e le circostanze esterne. Il pronostico del fu­
turo è dunque possibile, non necessario e riguarda gli individui. Ma al­
lora perché darlo, è veramente utile? La risposta è affermativa perché la
conoscenza consiste nella previsione.
Una serie di gravi problemi posero agli esegeti medievali sia arabi ch e
latini, di Albumasar e del commentatore di Tolomeo, Alì (forse Alì Ib n
Ridwan, morto nel 1068 circa) , la comprensione delle pagine del Qua­
dripartito, unitamente a quelle del Prologo dell'Almagesto, in cui Tolo­
meo classifica le scienze matematiche, comprendenti l'astronomia e l' a­
strologia come ramo tra le scienze speculative o teoretiche, e confe risc e
loro un carattere di superiorità dovuta alla loro certezza sia rispetto all�
teologia che alla fisica. Alì stesso offrì ai latini un testo di Tolomeo da lui

2 1 SADAN, I segreti di Albumasar (Dialogo) , traduzione, introduzione e note a cu ra di


G. Federici Vescovini, Aragno, Torino 2000, dall'edizione critica dd testo latino d a rn_e
curata, La versione degli « Excerpta de secretis Albumasar» di Sadan, «Archives d'h ist 0;·
re littéraire et doctrinale du Moyen age», 1998, 65 , pp. 273-33 0 (testo pp. 297- 33 0 ·
22 Cfr. su ciò il classico lavoro di F. BoLL, Sphaera. Neu Griechische Texte und Un te r­

suchungen 1.ur Geschichte der Sternbilder, Lipsia 1903.


Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 235

r
. t rp retato che rappresentò la base delle elaborazioni successive da par­
J!} degli astrologi latini, le quali furono assai diverse fra loro. Così per To­
m eo la fatalità astrale non esiste e la necessità non è determinante, né
:niversale; il giudizio sul futuro è s� lo una congettura probabile, fonda-
e
ta su corrette conoscenz astronomiche.
n carattere di certezza della previsione probabile del pronostico
strologico è infatti assicurato dalle sue procedure matematiche (e non
dalle op erazioni magiche) le quali forniscono il fondamento razionale
per la determinazione precisa dell'ora su cui si costruisce l'oroscopo - in
sen so tecnico si intende il « significatore», ossia il segno ascendente del-
1' ora presunta o vera di una domanda in un determinato luogo e tempo.
D alle procedure matematiche deriva il significato e il valore di verità del
pron ostico . Così quella che i medievali chiamarono « astrologia», come
scienza dei « giudizi», assume nel Quadripartito di Tolomeo il carattere
di una disciplina dell'astronomia che prevede con probabilità, ma non
con certezza, gli eventi futuri. Essa è una disciplina operativa o pratica
che « congettura» con probabilità il contingente. Da qui le obiezioni lun­
go il Medioevo e oltre, fino a Giovanni Pico della Mirandola, di quanti
hanno sempre ritenuto che si dia scienza solo del necessario e non del
con tingente, dell'eterno e non del mutevole e indeterminato come il fu­
turo. E se l'astrologia è scienza probabile perché ha per subiectum la ma­
teria instabile degli accadimenti dovuti alle combinazioni qualitative dei
quattro elementi, essa sarà tutta da rifiutare come mendace e/allax. Que­
ste saranno le obiezioni fondamentali di principio mosse da dotti come
Nicola Oresme23 contro gli astrologi indovini bugiardi e da tutti gli av­
versari dell'astrologia come Giovanni Pico della Mirandola.
Inciden talmente occorre osservare che una storia dell'astrologia ara­
o-l
� atina medievale segue una linea sua propria che certamente non cor­
risp onde con quella originaria araba24 • Questo fu dovuto anche all'opera
�et traduttori25 , i quali introdussero una terminologia latina interpretan-
o, secondo le loro particolari inclinazioni, le opere che traducevano,

23

d'h1. to�-re0RESME, Quaestio contra divinatore,_s horoscopios, a cura di S. Caroti, «Archives


:4 i, doctrinale et littéraire du Moyen Age», 1977, 43, pp. 201-310.
· L �strologia arabo-latina medievale con le sue numerose opere conosciute dai lati­
n1 d edue n

a a a.
fi o al secolo XVI non corrisponde alla tradizione storico-dottrinale di lingua
�cuni originali arabi sono andati perduti e le opere sono rimaste solo nella ver­
sto lat
r �e ina : per esempio, il De motu octavae sphaerae ritenuto di Thebit (translatio Ge­
a
c: z, � cura di F. Carmody, Berkeley-Los Angeles 1942), oppure il De radiis di Alkindi (a
At di M. T. D'Alvemy, F. Hudry, «Archives d'histoire doctrinale et littéraire du Moyen
e • 197 5 , 4 1, pp.
2� 139-260).
Pe
st rett . ssunnant o l'astrologia arabo-latina medievale deve essere studiata nei suoi nessi
i ,· con I ' op�ra de1· traduttor1· ch e soI o m
· anno recenti. commc1ano
. .
ad essere co-
236 Medioevo magico

non sappiamo con quale fedeltà. Uno dei maggiori interpreti e rielabo­
ratori dell'astrologia tolemaica come ho già ricordato è stato Albumasar
(Abu-Masar b.Muhammad b. Umar al-Balkhi o Jafar, nato in Hurasan
nel 786, vissuto a Bagdad alla corte di al-Mamun e qui morto nell'886) .

3 . Albumasar o (Abu-Masar)
Com'è noto, Giovanni di Siviglia ( 1 133 ) e Ermanno di Carinzia ( 1 140)
tradussero separatamente negli stessi anni l'lntroductorium maius i n
astronomiam 26 di Albumasar (intitolato da Richard Lemay, che ne ha ap­
prestato l'edizione critica in arabo e in latino, Liber introductorii maioris
ad scientiam iudiciorum astrorum (Napoli 1995 - 1 996, 9 voll.) . Nella tra­
duzione di Ermanno l'opera vede la luce per Erardo Ratdolt a Venezia
nel 1489. Com'è possibile riscontrare, confrontando le due versioni, la
terminologia usata dai due traduttori27 è assai diversa proprio su argo­
menti centrali dell'astronomia latina medievale e cioè sul tipo di relazio­
ne tra movimento dei cieli e degli astri e gli eventi terreni futuri. A Gio­
vanni di Siviglia si deve l'introduzione del termine « significare» o signi-

nosciuti meglio. (Cfr. M.T. D'ALVERNY, Translations and Translations, in L. BENSON,


G. CONSTABLE, C.D. LANHAM (a cura di), Renaissance and Ren.?Wal in the Twet/th Century,
Cambridge Mass, 1982, pp. 42 1-62 e The Medieval Translator ( Traduire au Moyen Àge) , a
cura di Roger Ellis, René Tixier, Brepols, Turnhout 1996), sia di Gerardo da Cremona, ma
soprattutto per i testi di introduzione e tecnica astrologica, di Giovanni di Siviglia, di Er­
manno di Carinzia, di Adelardo di Bath, di Platone di Tivoli, per non parlare delle tradu­
zioni dall'ebraico in latino delle opere di Abramo Savosarda e di Abramo Ibn Ezra (i pi ù
conosciuti dai latini), compiute sia da Pietro d'Abano che da Enrico Bate di Malines.
26 F. CARMODY, Arabic Astronomica! and Astrologica! Sciences in Latin Translation,
Berkeley-Los Angeles 1956, p. 88; SEZGIN, Geschichte des arabischen Schri/ttums, cit., voi.
VII, pp. 139-5 1, 328-29.
27 L'ambiguità nella terminologia latina della definizione di astronomia delle opere di
Albumasar furono dovute pertanto anche alle differenze di traduzione: nel libro I, diffe­
rentia 2• dell'Introductorium maius là dove Albumasar dice che l'astronomia «è gemella »
(egli come Tolomeo qui non usa il termine «astrologia» bensì astronomia), Giovanni de­
finisce la seconda astronomia (l'astrologia) come «scienza del giudizio», mentre Erman­
no più fedele a Tolomeo, come «scienza fisica». Inoltre, altro elemento di rilievo è ch e
Giovanni parla di causa come «forma del movimento dei pianeti» per spiegare il nesso
tra cielo e terra, mentre Ermanno nello stesso passo parla di «guida dei cieli» (ducatus).
Inoltre nella sua traduzione del De magnt's coniunctionibus di Albumasar Giovanni insi ­
ste sul carattere semiologico del cielo: da essi si ricavano «i significati» degli eventi mon­
diali, e non si hanno affermazioni esplicite di necessità causali astrali come intenderan no
alcuni dotti cristiani nella loro polemica contro l'astrologia; il carattere di contingenz a
degli eventi terreni che dipendono dai significati degli aspetti celesti è sottolineato dal
traduttore che scrive: «Questo libro degli «individui» superiori (i pianeti) tratta dei loro
significati sugli avvenimenti che accadono nel mondo».
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 237
ficazioni (signi/icationes) dei moti planetari ricondotti da Albumasar al di
là delle teorie del Quadripartito di Tolomeo, alle dottrine dell'astrologia
indian a, egizia e babilonese, agli « schematismi » celesti, alle grandi e pic­
cole congiunzioni, alle influenze dei decani, che dilatano e ampliano l' o­
rigin aria dottrina di Tolomeo. A Giovanni, che traduce anche alcuni
scritti di Alkindi, si deve l'introduzione del termine impressione (im­
pressio, impressiones, termine essenziale nella filosofia di Alkindi ) per
28

definire l'azione che proviene dal moto degli « individui superiori », os­
sia esprime il concetto di radiazione dei corpi celesti da cui deriva la loro
influenza.
Albumasar è l'astronomo-astrologo più famoso del medioevo arabo­
latin o fino al XVI secolo. Abu-Masar b. Muhammad al-Balkhi29 , chia­
mato anche dai latini Jafar, era nato in Hurasan nel 786, e visse a lungo a
Bagdad alla corte di Al-Mamun dove morì nell'886 all'età di cento anni.
Le sue opere maggiori conosciute dai latini in traduzione furono l'Intro­
ductorium maius.in astronomiam nelle due traduzioni citate, in otto libri,
il De magnis coniunctionibus, in otto libri e l'opera più breve, l'Isagoga
minor Iapharis in astronomiam 30 nella traduzione di Adelardo di Bath.
Circolarono poi numerosi estratti di queste sue opere, non tutte identifi­
cate, come il De rivolutionibus annorum nella traduzione di Giovanni di
Siviglia3 1 ; il De signi/icationibus planetarum e compilazioni anonime
come il De electionibus planetarum; numerose raccolte di Flores de elec­
tionibus dagli incipit diversi (Flores super Saturno ecc.), e gli Estratti di
Sadan32 • L'influenza dottrinale di Albumasar nel Medioevo latino è stata
grandissima anche per l'esecrato oroscopo delle religioni. In particolare

28
N el Trattato sesto del capitolo sesto del Delle grandi congiunzioni Albumasar trat­
ta quindi di queste «impressioni»: ossia «della qualità propria della scienza degli acci­
denti del mondo inferiore che avvengono nelle rivoluzioni annuali per le "impressioni"
( ossia azioni radiali) di alcuni individui superiori». Del resto, nell'opera più nota
d'astrometeorologia di ALKINDI, il De impressionibus aeris o il De mutatione temporum,

t
come nelle altre opere che gli sono attribuite il termine «impressione» è largamente usa­
per definire l'azione fisica o spirituale del cielo intesa come «radiazione» ed avrà una
arga fortuna fra i dotti medievali, come Ruggero Bacone (si veda qui il Capitolo I).
29
Cfr. SEZGIN, Geschichte des arabischen Schri/ltums, cit., voi. VII, pp. 139-5 1; R LE­
�Y, Introduzione all'edizione critica di ALBUMASAR, Liber introductorii maioris ad scien­
ltam iudiciorum
astrorum, Istituto Universitario Orientale, Napoli 1995, voi. I.
3
° C fr. ABu -MA'sAR, The Abbreviation o/ the Introduction to Astrology ( Ysagoga mi­
Kor)YaJapharis in astronomiam, testo arabo e traduzione latina a cura di Ch. Burnett,
· m amoto, M. Yano, Brill, Leida 1 994 .
Century,
Bei. rut C19fr62.E. LEMAY, Abu-Mashar and Latin Aristotelianism in the Twel/th
li .
32
. SEZGIN, Geschichte des arabischen Schrz/ttums, cit., voi. VII, pp. 102- 104, 125.
Cfr. noCtafr21.
238 Medioevo magico

modifica l'impianto dei rapporti tra astronomia e astrologia dell'Alma­


gesto e del Quadripartito di Tolomeo33 , sia rispetto alle specifiche tecni­
che matematiche dell'astrologia, sia in relazione alla cosmologia aristote­
lica-tolemaica. Sul piano fisico-naturale, usa concetti desunti dalla tradi­
zione neoplatonica araba contaminati con Aristotele; pertanto i cieli, che
nella fisica aristotelica erano intesi come cause, ora sono definiti neopla­
tonicamente come forze, vires o potentiae, così come ne parlerà anche Al ­
farabi nel suo De scientiis. Sul piano religioso, essendo credente, diver ­
samente da Tolomeo e da Aristotele, ritiene che i cieli e le stelle erraticae,
cioè i sette pianeti, siano stati creati da Dio. I cieli sono costituiti da una
quinta essenza, mossi da un moto circolare perfetto. Albumasar reintro­
duce l'astronomia matematica di Tolomeo e quella fisico-naturale del
Quadripartito entro una cosmologia dove i termini del rapporto tra quin­
tessenza del cielo eterno e perfetto e le qualità dei quattro elementi ter­
restri, le cui combinazioni costituiscono le forme sublunari, non sono
ben definiti, costituendo uno dei problemi interpretativi più rilevanti da
parte dei dotti latini cristiani per la contaminazione della fisica aristote­
lica con quella neoplatonico-stoica, circa la nozione di materia «sogget­
ta». In altri termini Albumasar, come in certa misura Tolomeo nel Qua­
dripartito, ispirandosi alla tradizione della dottrina del Timeo platonico,
dove questa idea era espressa, introduce un dualismo tra il divenire im­
perfetto della generazione delle forme contingenti sublunari e il moto
perfetto circolare delle entità eterne superiori. Tra il mondo divino ne­
cessario e il mondo naturale contingente, quale natura attribuire alle stel­
le fisse e ai pianeti? Sono sostanze o qualità, sono realtà divine o solo
realtà mosse secondo le regole del moto naturale (fisiche) ? A questi in­
terrogativi Albumasar non risponde chiaramente, con tutte le conse­
guenze sul piano della scienza dell'astronomia e della magia astrale. Se la
scienza è scienza del necessario, l'astrologia non sarà una scienza, costi­
tuendosi essa come un sapere contingente del futuro. Tuttavia sul carat­
tere necessario, o meramente possibile, della previsione degli accadi­
menti futuri Albumasar presenta una serie di interpretazioni di ispira­
zione neoplatonico-stoica, là dove parla a favore della contingenza degli
eventi: prima che gli eventi accadano essi sono in potenza nella guida del­
le stelle (in ducatu siderum) . Solo quando sono accaduti, sono necessari .

JJ Cfr. il commento di Olaf Pedersen al Prologo dell'Almagesto con la classificazion e


delle scienze teoretiche di Tolomeo; Pedersen sottolinea che la posizione di Tolomeo non
è quella strettamente di Aristotde per quanto riguarda i rapporti tra matematica (astro·
nomia), fisica e metafisica (teologia) (O. PEDERSEN, A Survay o/ the Almagest, Hauniae
1974), perché le matematiche con l'astronomia sono la prima scienza per certezza su p e ·
riore sia alla fisica che alla metafisica (teologia).
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 239

pe r que sto l'astrologia sarà la scienza della


34 •
previsione degli accadimenti
<< possi bili » futuri (ad utrumquodlibet)

z:
4 . accadimento futuro come previsione possibile
Questa discussione si trova svolta nell'Introductorium maius, libro I, Ca­
pitolo quarto, che ha rappresentato quasi un topos nella letteratura astro­
logica medievale, che merita di essere sottolineato e che risale a questo
passo di Albumasar. Esso è dedicato alla conferma dell'astrologia e pre­
senta un interesse speculativo perché non offre una difesa generica, ma è
un a giustificazione filosoficamente fondata secondo una teoria episte­
mologica che pare si richiami ad Aristotele, ma che ha forti connotazio­
ni neoplatoniche e stoiche. Albumasar presenta un elenco di ben dieci
sentenze o dottrine a proposito di cosa sia l'astrologia, alcune negative al­
tre positive Esse si presentano dunque indirettamente anche come dieci
definizioni di astrologia.
La prima sentenza ritiene che la guida (ducatus) delle stelle non pro­
duca nessun effetto di generazione o di corruzione delle cose nel mondo
sublunare. A questa affermazione tutte le antiche autorità rispondono
che il moto dei corpi celesti è la causa della risoluzione di tutte le com­
binazioni elementari. L'astrologia dunque rientra nella scienza delle
« cause ».
La seconda sentenza sostiene esattamente il contrario, e cioè che le
stelle hanno una guida sulle cose, ma solo su quelle generali e universali,
così che, come dicono i filosofi, i generi e le specie dei mutamenti di­
pendono da essi, come sono le alterazioni del tempo, la risoluzione degli
e�ementi. Pertanto le stelle non arrivano a guidare gli individui, le cose
stngolari e le proprietà singolari dei generi. L'astrologia è quindi solo la
scienza delle cause universali e generali. Anche a questa dottrina rispon­
dono i filosofi, negandola.
La terza sentenza è più sottile, in quanto nega che le stelle, agendo ad
utrumquodlibet in una direzione oppure nella contraria, come accade nel
contingente, portino a un qualche effetto e così esse si affaticherebbero
Per n ulla. L' effetto delle stelle è indivisibile, e siccome qualunque effetto
deve riguardare sempre l'identica cosa, simultaneamente necessaria op­
Pu re impossibile, ossia l'essere o il non essere, che sono contraddittori e
co�e tali non
sono insieme mai veri, la conclusione del ragionamento
sa ra che il comp
ito dell'astrologia è vano e falso, trattando simultanea­
mente di due cose contrarie. Obbietta Albumasar che se non si dà la pos-

14 ALBUMASAR, Introductorium maius, I, cap. 4 (ed. Lemay, voi. II, cap. 4, pp. 14-2 1 ).
240 Medioevo magico

sibilità di una azione verso una direzione o nella sua opposta, l'uomo si
troverebbe nella condizione di vivere tra la necessità e l'impossibilit à e
non resterebbe alcun margine alla sua libertà di uomo, in quanto sareb ­
be «costretto dalla necessità ad agire, oppure impedito dalla impossib i­
lità». La risposta di Albumasar a questa sentenza negativa contro l' a ­
strologia, che ha avuto largo seguito da parte degli astrologi latini m e­
dievali, è molto sottile. Egli stabilisce che i tempi nella natura sono tre
passato, presente e futuro, e difende la nozione di azione in una direzio­
ne o in un'altra, ossia quel «possibile» intermedio tra il necessario e l'im ­
possibile che è il futuro, in quanto «il fare è indeterminato» e si volge al
futuro. Così Albumasar ha introdotto alcune analitiche dimostrazioni lo­
giche in difesa della sua tesi di una conoscenza del contingente con la
conclusione importante che siccome la sostanza delle stelle consta del-
1'anima razionale e della quattro nature elementari, dall'anima razionale
e dal moto naturale dipende una legge per la quale ogni anima si adatta
al proprio corpo secondo un accordo stabile. È salvo così l'arbitrio della
forza dell'anima razionale, creato da Dio, il quale arbitrio dipende sem­
pre dall'anima razionale, mentre la forza del corpo è verso direzioni dif­
ferenti. Dunque, le stelle moderano l'armonia del corpo e dell'anima .
La quarta sentenza ritiene che l'astrologia è solo scienza dell'univ e r­
sale e esclude le alterazioni temporali.
La quinta ritiene l'astrologia studio vuoto e inane perché non c ' è
niente di sicuro che sia fondato su esperimenti e osservazioni e le stelle
non ritornano mai alle stesse posizioni. Qui Albumasar risponde come
Tolomeo contro queste critiche: la «guida celeste» è in parte particolare
(come il sole per il calore, la luna per l'umidità) e, in parte, universale ; la
prima consiste nella rivoluzione dell'anno del nativo e la seconda nelle ri­
voluzioni annuali degli accadimenti del mondo. Nessuna vita umana può
attendere il ritorno delle stelle dopo mille anni e sarà questo un comp i to
che rimarrà ai posteri da assolvere. Tuttavia passati gli anni è possibile ri­
trovare le dimensioni del tempo. Afferma Albumasar che Tolomeo pe r
questo ebbe il merito di rinnovare con «artifici razionali» (i circoli e c ­
centrici e gli epicicli) la possibilità di determinare razionalmente, os sia
con calcoli matematici, i moti delle stelle e ritrovare i loro «luoghi ». S e
anche mancò qualcosa alle osservazioni di Tolomeo, egli preparò la via
perché fossero completate da quanti sono venuti e verranno dopo di lui.
La sesta setta (che si è dedicata a verificare il computo matemati c o
dell'Almagesto) si è allontanata dalla posizione delle stelle da lui date , a
partire da altre particolari determinazioni dei loro luoghi e così trovan·
do degli errori nell'astrometria di Tolomeo, hanno rifiutato anche l'altra
astronomia che ne dipende, cioè l'astrologia.
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 24 1

La settima setta nega che sia una scienza perché non essendo essa ca­
pace di perseguirla, sebbene vi si dedichi con studio, finisce per rifiutar­
la completamente.
La ottava setta è quella dei medici ignoranti, i medici plebei che pra­
ticano anche la magia che si dicono professori di medicina, mentre non
hanno nessuna esperienza dell'astrologia, la quale invece è necessaria
come ha affermato Ippocrate in un suo libro. Infatti Ippocrate, Galeno e
quasi tutti gli altri filosofi «hanno affermato che l'astrologia è la guida
della medicina». Qui Albumasar ribadisce il concetto fondamentale del
nesso stretto tra medicina e astrologia.
La nona setta è quella del volgo ignorante il quale è estraneo ad ogni
sapere, ma presume lo stesso di togliere ogni dignità all'astrologo.
La decima setta è di quanti si dicono professori in questa arte, ma
sono del tutto impreparati e cadono in molti errori, così che i loro erro­
ri vengono poi attribuiti alla loro disciplina. In questo passo l'astrologia
non è definita scienza, ma arte, e testimonia l'oscillazione terminologica
tra arte e scienza di queste traduzioni del testo di Albumasar, che ritro­
viamo anche nell'opera dei Segreti di Sadan.
Questa discussione della nozione di evento contingente, meramente
possibile in quanto non-impossibile, all'interno dell'Introductorium
maius di Albumasar costituirà un momento fondamentale nella discus­
sione della inevitabilità o meno del giudizio dell'evento futuro significa­
to dal cielo, e del carattere deterministico, o meno, dell'astrologia come
scienza e lo si ritroverà discusso nelle opere maggiori di astrologia me­
dievale come nello Speculum astronomiae attribuito a Alberto Magno e
nel Lucidatur dubitabilium astronomiae di Pietro d'Abano35 In altri ter­
mini attraverso questo passo dell'Introductorium maius si distingue: il ne­
c��sario, l'impossibile e il possibile. All'interno del concetto di possibile
s� mdividua la distinzione tra quello che poi sarà chiamato il possibile lo­
gico e il possibile di fatto, il possibile assoluto e quello relativo, e si di­
sc�rnerà la causa necessaria da quella sufficiente (la raison nécessaire e la
razso n su/fisante di Leibniz).
, Questo possibile relativo - il futuro - non coincide con l'alternativa, o
l n �cessario o è impossibile, ma è un possibile che, verificandosi per del­
e circostanze esterne, diventa necessario. E quel possibile che si realizza
elllpiricament
e e quindi non è impossibile. Il futuro è quel possibile che
: t a ne � mez zo tra essere così oppure non essere, è dunque verso le due al-
e rnat1ve (ad utrumquodlibet)
(Introductorium I, 4) e giustifica la contin-

is p '
· D ABAN O, Trattati d'astronomia, a cura di G. Federici Vescovini, Padova 19922 ,
cit · ( 8.1 veda
qui il Capitolo Xlii).
242 Medioevo magico

genza come realtà. In altri termini Albumasar introduce una discussione


che avvicina la sua opera sul piano teoretico a quella di Tolomeo più di
quanto finora non sia stato sottolineato dai suoi studiosi. Per Tolomeo l'e­
vento pronosticato secondo le regole della tecnica astrologica è mera ­
mente contingente e l'astrologia è una disciplina congetturale del futuro
e non una scienza deterministica, così come riterrà anche Albumasar.

5 . Gli « Estratti dei segreti» di Albumasar secondo Sadan


In questo senso troviamo confermata la dottrina di Albumasar della con ­
tingenza degli eventi pronosticata sui significati degli aspetti grandi o
minori delle congiunzioni, nel testo degli estratti dell'opera di Albuma ­
sar da parte del discepolo Sadan (sec. IX), gli Excerpta de secretis Albu­
masar di Sadan da me tradotti in italiano. Questa operetta, volta in lati ­
no probabilmente alla metà del secolo XIII, godette di una straordinaria
fortuna nel mondo medievale fino al secolo XVI, testimoniata anche dal­
la sua circolazione, avvenuta mediante le citazioni di Pietro d'Abano, di
Enrico Bate di Malines e dell'astrologo ferrarese Pellegrino Prisciani
(fine secolo XV, inizi XVI). In questo testo Sadan interroga Albumasar
su alcune conoscenze «segrete»36, perché conosciute solo dal sapiente e
ignorate da tutti, ma che possono essere svelate solo ai meritevoli. Ad
esempio lo interroga sul carattere necessario o contingente delle grandi
o piccole congiunzioni, ed il maestro non si sottrae e risponde che esse
sono contingenti. Su questo importante problema che riguarda la casua­
lità astrale, Albumasar è vicino a Tolomeo, mentre se ne discosterà su a l-

)6 Il segreto in questa opera non contiene niente di occulto, ma deve essere inteso
come «riservato» ai pochi degni di conoscerlo, per cui Albumasar nella citazione di S a ­
dan afferma: «Non tutti i segreti si devono rivelare indifferentemente a chiunque»; que­
sto passo sul segreto è poi ripreso da Enrico Bate di Malines nello Speculum dove cita il
dialogo tra Albumasar e Sadan a proposito dello svelamento del segreto sull'import anza
in astrologia della «seconda casa», quella della ricchezza rispetto agli aspetti planetari . E
Enrico afferma che la segretezza che deve avere l'astrologo deve essere intesa nel senso
che egli non deve rivelare tutti i principi o le regole di interpretazione, i suoi secreta nem ­
meno negli scritti, per non rischiare di divenire un vaso vuoto (ENRICO BATE, Sp ecu lu m ,
libro XIX, cap. 24, ms. Vat. lat. 2191; cfr. in questo volume Capitolo VI). Cfr. SADA� , I
segreti astrologici di Albumasar, trad. introduzione note di G. FEDERICI VESCOVINI, cit . ,
p. 55, e della stessa. La versione latina degli Excerpta de secretis Albumasar di Sadan, u na
edizione, in cit. , pp. 273-330. Per le citazioni di Pellegrini Prisciani cfr. anche il mio st0-
dio che ricostruisce le convinzioni astrologico-magiche di Pellegrino e gli interes si pe r
tutte le divinazioni della corte di Ferrara: Gli a/freschi astrologici del Palazzo Sch i/anota e
l'astrologia alla Corte dei Duchi d'Este tra Medioevo e Rinascimento, in /;arte de la R e­
naissance entre science et magie, a cura di P. More!, Académie de France de Rome, Ro m a
2005, pp. 55-82 (in particolare pp. 63-68).
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 243

tri temi strettamente tecnici, come la dottrina delle partes, ossia della di­
visione dello zodiaco in parti le Partes arabes o sezioni di gradi che han­
no p articolari significati (di fortuna, di sfortuna, di morte ecc. ) di cui si
parla a più riprese nel testo da me tradotto. L'astrologia cerca nei movi­
menti e nelle figure del cielo e degli astri, i segni per prevedere gli even­
ti futuri e non pretende l'infallibilità del giudizio (de /uturis contingenti­
bus) . Anche da qui si origineranno le più aspre critiche, a partire da Pico
della Mirandola, fino ai tempi nostri, eredi dello scientismo e meccanici­
smo ottocenteschi. Tuttavia è sempre stata ritenuta utile ed accettabile
perché «i�c�a �revisa �inus ferient», secondo l'antico adagio che «gli
s trali previsti feriranno d1 meno».
Inoltre nel Medioevo fu svolto un tentativo di accordo tra astrologia
naturale e narrazione biblica sia da parte dei dotti cristiani che ebraici e
mussulmani, cercando di legittimare in modo positivo con una spiega­
zione astrologica ritenuta razionale, la nascita delle religioni: essa fu ela­
borata da Albumasar con l'aborrito oroscopo delle religioni nel De ma­
gn is coniunctionibus, opera conosciuta fino al secolo XVI, che elabora
una dottrina di astrologia mondiale.

6. Il «De magnis coniunctionibus»


La dottrina delle grandi congiunzioni dei pianeti di Albumasar è citata
genericamente tra le opere di astrologia e con scarsi riferimenti, dai mas­
simi classificatori e ordinatori dell'astrologia arabo-latina come l'Autore
dello Speculum e Pietro d'Abano: e il fatto è comprensibile trattando que­
sta opera un argomento così delicato e contrario alle verità del cristiane­
s imo, come la spiegazione della nascita o il perire delle religioni ricon­
dotte a un movimento naturale come quello dei moti planetari.
Nello Speculum vi si fa riferimento in modo generico, senza indicare
p recisamente l'opera, ma citando I libri delle rivoluzioni degli anni del
�ondo, delle congiunzioni e delle eclissi planetari, sotto la quale dizione
s:Juò in�endere il De magnis coniunctionibus. Tuttavia oltre la generica
e rmaz1one
che tali congiunzioni significano la religione, le rubrica
com e cause che
indicano i terremoti e i diluvi, le ricchezze, la pace, la
gu rra, la nas
� cita dei profeti e degli eretici, a seconda di come ha prov­
: �to il Signore Altissimo. A suo avviso queste parti dell'astrologia non
e r ta o
� � �cun� reprensione, a meno che qualcuno vi si opponga37 • An-
ch e il ri er
f imento di Pietro d'Abano38 è generico, sebbene più preciso nel

37
ALBERTO MAGNO (PSEUDO), Speculum, cap. 1 3 , ed. cit., p. 38.
38
pIETRo D'
ABANO, Lucidator, cit., diff. I propter primum, pp. 1 15 - 1 6.
244 Medioevo magico

senso che cita espressamente il De magnis coniunctionibus con il nom e


del loro autore (Albumasar), secondo le 120 congiunzioni da cui dipen­
dono gli effetti maggiori ed universali, dopo il moto dell'ottava sfera, così
come sono percepiti nell'universo. Ma non sviluppa la dottrina dell'oro­
scopo delle religioni se non incidentalmente poiché a lui è quasi com ­
pletamente estranea la visione astrologica universale, quanto invece è in­
teressato alla previsione individuale, ossia al pronostico medico e non a
quello universale della storia delle religioni o dei popoli, così come lo er a
Tolomeo.
Una trattazione indiretta si trova tuttavia nella differenza 9 del Conci­
liator dove discute il problema della decadenza della stirpe umana, so ­
stenendo che non vi sarà nessun indebolimento finale dovuto al succ e ­
dersi delle grandi congiunzioni, ma vicende alterne, che segneranno l a
robustezza o la debolezza dei popoli secondo i transiti planetari39 , mera­
mente contingenti, per riprese e cadute.
Il De magnis coniunctionibus è opera matura di Albumasar, redatta se­
condo Richard Lemay tra 1'861 e 1'86640 • Fu stampata la prima volta a
Augsburg nel 1489 a cura di Giovanni Engel, dallo stampatore Erhard
Ratdolt. Si tratta di un'opera fortemente strutturata il cui fine è di copri­
re tutti i significati astrologici possibili degli incontri dei tre pianeti su­
periori Saturno, Giove e Marte nei diversi segni con i pianeti veloci, col­
legati con la teoria delle triplicità. L'opera fu tradotta da Giovanni di Si­
viglia e rivista da Gerardo da Cremona secondo il Lemay4 1 • I latini furo­
no assai prudenti nei loro riferimenti a questa opera: uno dei primi che
ne tratta camuffandosi sotto Ovidio è Riccardo di Fournival42, canonico
e poi cancelliere della Cattedrale di Amiens, cappellano nel 1239 del car­
dinale inglese Roberto de Somercotes. Nel suo poemetto Vetula che at·
tribuisce ad Ovidio, egli ne parla e mostra precise competenze astrologi­
che nelle redazioni di natività famose che ci sono pervenute, compresa la
sua43 • Di lui è conosciuta anche una importante Biblionomia 44 che ci fo r­
nisce un catalogo delle opere possedute.

3 9 PIETRO D'ABANO, Conciliator di/ferentiarum medicorum et astrologorum, d iff. �•


Giunta, Venezia 1565 , f. 14rb: « utrum natura humana sit debilitata ab eo quod an tiqui ­
tus necne ».
40 LEMAY (a cura di) , Abu-Masar al-Balkh,; Liber introductorii, cit., voi. I, p. 2 35 .
41 Ibid. , cit., voi. I, p. 58.
42 BoUDET, Entre science et «nicromance», cit., p. 20 1 .
4 3 Cfr. Ibid. , p. 168.
44 Cfr. A . BIRKENMAJER, Pie "e de Limoges commentateur de Richard de Fourn i.va/'
« lsis », 40 ( 1 949), pp. 28-3 1 e cfr. anche B. RoY, Richard de Fournival a'!teur du Sp ei; ·
lum astronomiae? « Archives d'histoire doctrinale et littéraire du Moyen Age » , 20 0 0,
pp. 175 -76.
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 245

È notevole che le sette o religioni che dipendono dalle grandi con-


iunzioni di cui tratta Albumasar siano sei, l'ultima sarebbe quella non
!nc o ra manifestat a che dovrebbe segnare la caduta dell'Impero arabo,
dovuta alla nascit a di una personalità malvagia che abbatterà gli arabi.
r t t tt
N ella t asmissione al mondo latino, ques a ses a se a non originerebbe
la cadu ta della religione musulmana, ma segnerebbe l'avvento dell'Anti­
cristo e il venir meno della religione cris t iana. È no t evole che pochi fu­
rono i dotti la tini, come vedremo, che si appropriano di questa dottrina,
tr anne i fanatici dell'Apocalisse e dell'avvento dell'Antic risto (si veda qui
il Capitolo dedicato a Biagio Pelacani da Parma). Biagio Pelacani vede
infatti nella congiunzione di Giove con la luna da cui si originerebbe la
sesta setta, una rest aurazione della prima religione, ossia di quella ebrai­
ca4' che (afferma) non sa se sarà migliore o peggiore della prima. Solo al­
cuni dotti cristiani cercheranno di adattare questa dottrina con la reli­
gione cristiana elaborando giustificazioni teoriche che sono per lo più
quelle della fisica aristotelica- tolemaica.
Pertanto nei momenti storici più delicati come i periodi di transizio­
ne da un secolo all'alt ro, l'idea della fine del mondo e l'inizio di un altro,
fu collegat a anche con le dottrine apocalittiche dell'Expositio in Apocali­
psim di Gioacchino da Fiore46, la Lectura supra Apocalypsim di Giovan­
ni Olivi e il De tempore adventu Antichristi di Arnaldo di Villanova. Que­
ste attese escatologiche della fine del secolo XIII e gli inizi del XIV pa­
revano trovare un senso o meglio una spiegazione nell'astrologia mon­
diale dell'opera di Albumasar.

7 · La teoria delle Grandi Congiunzioni e Ruggero Bacone


1 . La teoria astrologica delle grandi congiunzioni sembra sia apparsa nel
corso del periodo sassanide, allorché i fedeli di tutte le religioni pratica­
� nell'Impero vivevano nell'aspettativa, più o meno prossima, della fine
�I mondo. Questa concezione astrologica della storia era anche impli­
ci�a ente
rn in sintonia con un passo del Timeo (38b-39d), dove Platone
vilu�pava la teoria di un ritorno t tti i pianeti al medesimo grado
� di u
�eo na detta del Grande Anno o Anno Perfetto), dottrina che dava ori-
gin e all'idea dei cicli pluriennali, catastrofici o meno, dell'universo. Il

:: Cfr. Cap. XVi, nota 29 .


co 1tJ· MANS�LLI, La religiosità di Arnaldo di Villanova, « Bullettino dell'Istituto Stori­
a
deU' J no per il Medioevo e Archivio Muratoriano », 1 95 1 , 63 , pp. 43-59; per l'edizione
de v;i:oductio in librum d� semin� scripturarum di Arnaldo, cfr. J. �AU, Arnaldi
tia s n ov a, Opera theologzca omnza, AVOTHO III, Barcellona 2004 (ms1eme a Allocu-
uPer signi/icatione nominis Thetragrammaton, pp. 1 3 9-8 1 ) cfr. nota 60.
246 Medioevo magico

problema del tempo era strettamente connesso con quello dell'ordin e


cosmico e aveva interessato i filosofi dell'antichità. La dottrina di Plat o .
ne con la sua definizione del numero perfetto del tempo o Anno Perfet ­
to, provocherà suggestioni e teorie innumerevoli. Al termine del Gran .
de Anno l'universo, a somiglianza della natura del mondo sublunare, s a ­
rebbe tornato al suo stadio iniziale e avrebbe vissuto un nuovo scorre re
del tempo, così come l'anno solare vede rinnovarsi lo scorrere dei suoi
giorni nel corso delle stagioni. Ad imitazione dell'anno solare del mon ­
do, il Grande Anno rappresentava anche la durata di questi periodi ch e
segnano, l'uno dopo l'altro, la vita dell'universo e vedono al loro termi­
ne tutti gli astri erranti ritornare al medesimo punto di inizio. Censori­
no, Diogene lo stoico, Stobeo, Filolao, finiranno per assegnare ai Gran­
de Anno una durata ricavata su quella dell'anno solare e cioè di 36. 000
o 3 .600 anni. Il Grande Anno fu poi assimilato dai latini al diluvium, alla
fine del mondo. Platone nel Timeo (22b-23c) e nel Critia (109a) aveva
anche ammesso una concezione delle età della storia come decadenza o
anche per catastrofi per ritorni all'indietro. E d'altronde sia gli ebrei ch e
i cristiani erano pervasi dall'attesa della catastrofe. Nel mondo dei filo­
sofi greci, Simplicio ci testimonia esemplarmente le diverse posizioni di
fronte alle teorie della fine del mondo, nel suo importante commento ai
tre libri del De caelo di Aristotele che furono tradotti dal greco in latino
da Guglielmo di Moerbeke nel 1271. Scrive Simplicio47 che, se da un
lato filosofi come Aristotele ritenevano che il mondo fosse eterno, in ­
generato e indistruttibile, dall'altro quelli che pensavano che fosse
generato e corruttibile si dividevano in due scuole: quelli che vogliono
che sia peribile come lo sono tutti gli aggregati di atomi («Socrat e è
morto e non resusciterà più»), e quanti sostengono invece che il m on do
è generato e poi distrutto, ma che da questa distruzione è di nu ovo
generato, secondo un ritmo continuo sicché questa successione si pro ­
duce eternamente.
I calcoli delle grandi congiunzioni planetarie parevano permettere ,
come riteneva fermamente Ruggero Bacone, la previsione del momen to
dell'arrivo dell'Anticristo e quindi le genti potevano prepararsi per c om ·
batterlo. Nel suo studio su Bacone e i saraceniJohn North ha sottolin e a:
to la coincidenza nella dottrina di Bacone dell'affermarsi del pote re d�t
saraceni e del loro indebolimento con la sesta congiunzione48 e me s so in

Cfr. F. BOSSIER, Traductions latines et in/luence du commentaire in «De caelo » �


ti
47

Occident de Simplicius, in I. HADOT (a cura di), Simplicius, sa vie, son oeuvre, sa surVI�•
e
(Actes du Colloque international, Paris 28 septembre- l er octobre 1986), De G ruyt '
Berlino-New York 1987, pp. 289-325. .a
48
J . NORTH, Roger Bacon and the Saracens, in Filosofia e scienza classica arabo -lati"
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 247

m e Bacone, prima della censura intorno agli anni 1252 avesse rac­
Ill ce co gli studi delle profezie, delle Sibille, di Merlino e di Gioac­
c a to
m nda
� 49 p er sconfiggere l'Anticristo che arriverebbe con la sesta con­
c in 0
ionzione: gravi affermazioni che gli procurarono le condanne dei fran­
g
es cani nel Capitolo di Narbonne del 1260 presieduto da Bonaventura •
50

�iò non gli impedì di avere la protezione del papa Clemente IV e, sul suo
1
invito, di scrivere l'Opus Maius, nella cui quarta parte5 riprende l'idea
che l'Anticristo venga dall'Oriente con i Tartari e con i Saraceni, che l'a­
st ronomia e la geografia e le altre discipline connesse, come la perspecti­
va , qualora fossero autorizzate dal papa, potrebbero essere utili a scon­
fig ge re i nemici: per esempio costruendo degli specchi ustori per respin-
e 1 ·
t1tu d '
m1·, 2
gere l mo
Secondo Bacone la previsione dell'Anticristo non è impossibile se si
applica la teoria delle grandi congiunzioni di Giove con un pianeta velo­
ce un ito a quella delle triplicità e delle esaltazioni dei pianeti. Bacone, fon­
dandosi sulle teorie cognizioniste delle rivoluzioni mondiali di Albuma­
sa r fa propria la credenza corrente in quel periodo della venuta dell'An­
tic risto e che questa si potesse stabilire sui transiti della luna connessi con
il ve rificarsi delle grandi congiunzioni dei pianeti lenti, Saturno, Giove e
Ma rte53 : in particolare si verificherebbe con la congiunzione Giove-Mar­
te- Luna in posizioni particolarmente sfavorevoli54 . Questa congiunzione
nefasta segnerebbe l'avvento della sesta setta dell'Anticristo, su cui gli al­
t ri esegeti medievali, di cui parlerò più avanti, prudentemente poco si di­
lungarono discutendo specialmente delle altre religioni,in particolare
quella della nascita di Cristo o di Maometto. Pertanto la religione cristia­
n a sarebbe nata per la congiunzione di Giove con Mercurio; con Venere
pe r i Saraceni; con Marte per i Tartari; con Saturno per gli Ebrei; con il

i ale
:t ; e l'età moderna (Ciclo di seminari internazionali), a cura di G. Federici Vesco­

9
idem , Lovanio la Nuova 1999, p. 137.
eh . . Cfr. M . REEVES, The ln/luence o/Prophecy i n the Late Middle Ages: A Study i n Joa-
1 ";�sm , O xfo rd 1969 .

1
Cfr. NORTH , Roger B acon, clt.,
· p. 138 .
, R. BA
,2 CONE , Opus Maius, parte quarta, De iudiciis astronomiae, cit. , p. 240.
di J . s Cfr. ROGERI BACON, Opus tertium, in Opera quaedam hactenus inedita, voi. I, a cura
Be
say.- 0· � wer, Londra 1859, pp. 1 16-17 e la parte edita da A.G . L ITI1..E, Roger Bacon Es­
,1 j t e Seventh Centenary of bis Birth, Oxford 1914, pp. 16 - 19, 39-40, 53-54.
2 I l . · NOIU:H , Astrology and the Fortunes o/ Churches, « Centaurus », 1980, 24, pp. 181-
1 94 0'1, R�iRI BACON , Opera hactenus inedita, a cura di E. Steele, 16 fase., Oxford 1905-
Vol , I , p . . · C fr. The Opus maz:�s _ of Rog_er Bacon, a cura di Bridges, ?xford 1897-1900,
th e Scipp 1 38-4 8, 2 38-69; su c10 m particolare J . HACKETI (a cura d1), Roger Bacon and
en es, Comm
c emorative Essays, Brill, Leida 1997.
248 Medioevo magico

Sole per gli Egiziani. Gli idolatri e i pagani sono fatti rientrare nella setta
di Marte. La sesta setta prefigurerebbe il regno dell'Anticristo.
Se Bacone sostenne questa ardita dottrina, anche se mitigata nel corn .
plesso, tuttavia non furono molti i dotti, i filosofi e gli scienziati dei se co.
li XIII e XIV che pensavano di predire la venuta dell'Anticristo con l' a ­
strologia (tranne i casi che sto esaminando in questi studi). Infatti i n ge .
nerale la visione cristiana della storia e in particolare della fine della sto .
ria che fu quasi universalmente condivisa, fu quella di Agostino ed essa
dominò la prospettiva medievale. Uno storico inglese, Peter Brown5 5 , h a
messo in evidenza che nella Città di Dio non ci sono verbi indicanti mo ­
vimento storico, che manca il senso di un progresso verso fini che possa ­
no essere conseguiti nella storia. Inoltre Agostino rifiutava la pericolosa
nozione di millennio (millennium) dichiarando che esso era già iniziato e
spegneva ogni visione ottimistica della storia secolare affermando che il
mondo stava diventando vecchio. Il saeculum era destinato a rimanere in­
completo perché nessun sviluppo umano avrebbe potuto mai raggiunge­
re il compimento dell'intero tempo. Per i seguaci di Agostino il punto cul­
minante della storia era già passato con l'avvento di Cristo e l'intervallo
tra il primo e il secondo avvento era semplicemente un tempo di attes a ,
un periodo in cui non sarebbe avvenuto nulla di significativo, trann e il
compito della purificazione delle anime. Si capisce pertanto l'avversione
contro ogni predizione astrologica, che si configurasse come profezia, che
predicesse la fine del mondo per l'avvento dell'Anticristo. E un esempio
eccellente furono le condanne del Vescovo di Parigi Etienne Tempier del
1270 e del 1277 56 • Tuttavia quei teologi e scienziati medievali che cre de­
vano nelle possibilità razionali di conoscere gli eventi del mondo come
Bacone e poi il cardinale Pierre d'Ailly, fecero uno sforzo (non si sa quan ·
to riuscito) per accordare l'astrologia con la religione, separando la p rim�
dalla divinazione magica e dalla necromanzia, espungendo dai cieli ogni
demone, intelligenza o spirito e negando che i pianeti fossero divi nità 0
demoni che ispirano la divinazione astrale. Ciò sarebbe stato un res i duo
di paganesimo che fu combattuto con ogni mezzo.

'' BROWN, Agostino , cit.


'6 Per il testo delle proposizioni condannate con il commento dell'Autore cfr. R }-l!S·
SEITE, Enquete sur le 2 1 9 articles condamnés à Paris le 7 mars 12 77, Publication � n ivr;
sitaire, Lovanio-Parigi 1977. L. BIANCIIl, 1 2 77. A Turning Point in Medieval Phtlo s_op e
e A. DE LIBERA, Philosophie et censure. Remarques sur la crise universitaire parisren ;_
u
1 2 70- 1277, in Was ist Philosophie im Mittelalter, (Miscellanea Mediaevalia 26) , de G r è
ter, Berlin 1998, rispettivamente pp. 90-110 e 70-90. La bibliografia sull'argom enJ�­
molto vasta, qui mi limito solo ad alcune indicazioni. Per le dottrine di Bacone con .011
nate cfr. nell'insieme }. HACKETI, Roger Bacon, Aristotle and the Parisian Condem n att
of 1 2 70- 1 2 77, «Vivarium», 1997, 35 , pp. 283-314.
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 249

La dottrina cristiana med!evale n�n si opponev� ½1fa�ti ai tentativi di


vedere il futuro con mezzi naturali, come le prev1s10 m del tempo fatte
P�a base di osservazioni empiriche, ma condannò ogni pretesa di poter
5 riuscita qualunque nel mondo naturale con il ricorso a ope­
ottene re una
m ch e e sovrannaturali rivolte a entità con il sussidio di incante­
r ioni agi
:i e sortilegi, ossia la vera e propria magia «destinativa», necromantica.
5
Come ebbe a mettere in luce Marie Dominique Chenu in un suo stu­
dio d all'interessante titolo Astrologia predicabilis era, se mai sviluppato
57

n ei Sermoni dei Predicatori, il presentimento della nascita di Cristo da


p arte dei n:iaghi di Oriente i quali se81:1endo la di�ezi�_ne dell� cometa era:
no giunti fmo a Betlemme. In alcune mterpretaz1om moltre il concetto di
Agostino della senescenza del mondo veniva messo in relazione con l'av­
vento dell'Anticristo.
U n sermone, De Antichristo, redatto con sicurezza, verso la fine del
secolo XIII e gli inizi del XIV, secondo Nicole Bériou58 che ne ha curato
l'edizione, attribuito allo scienziato e astrologo Pierre de Limoges (atti­
vo a Parigi a partire dagli anni 1260-6 1) delinea una previsione dell'av­
vento dell'Anticristo dovuto alla senescenza del mondo: essa è fondata
sulla teoria astrologica della «esaltazione» dei pianeti che, sulla base dei
principi di Albumasar, era stata ripresa nel manuale di Alkabizio, dive­
nuto testo canonico dell'insegnamento dell'astronomia nelle Università
medievali. Ormai il mondo sarebbe arrivato al momento della posizione
di esaltazione dei pianeti di Marte e Saturno nel segno del Capricorno
ch e, al momento della congiunzione della luna avrebbe significato l'av­
vento dell'Anticristo e la fine dei tempi. Questa dottrina anche da un
punto di vista astrologico era piuttosto insostenibile, poiché i transiti del­
la luna sono brevissimi; in tal modo un evento così importante e con con­
se enze
� così prolungate, non poteva essere stabilito in modo stabile,
c�si come sosterrà
Enrico di Harclay nella sua opera contro le predizio­
n i a strologiche
o anche testamentarie, della venuta dell'Antic risto.

8
· En rico di Harclay (13 12- 131 7) e l'avvento dell'Anticristo
� quest0 senso è molto interessante il testo pubblicato da Franz Pelzer59
on t ro l'at
tesa della fine del mondo e l'avvento dell'Anticristo. Esso fu

Mo;:�- C HEN'u , Astrologia predicabilis, «Archives d'histoire doctrinale et littéraire du


,8 N e » , 1964, 31, pp. 62-65.
llorne » · BIDUou , Pie"e de Limoges et la fin des temps, «Mélanges de l'Ecole française de
,9 ' 1 986, 98, �P 65-107 .
p_ , - . .
die E:rwPazER D,e Quaestio Heinrichs van Harclay uber die zweite Ankun/t Chrrstt und
artung des . baldigen
Weltendes zu An/ang des XIV Jahrhundert (Henricus de
250 Medioevo magico

redatto contro Gioacchino da Fiore e i suoi seguaci tra cui Arnaldo di


Villanova che aveva redatto nel 1297 il De tempore adventu Antich risti
senza tuttavia che egli avesse introdotto argomentazioni astrologiche , tn�
solo speculative e religiose forse ancor più gravi60. Questo testo rilevan .
te per la storia della religiosità medievale e le controversie con gli Spi ri­
tuali, interessa qui non tanto per questo aspetto, ma per le argomen t a ­
zioni astrologiche portate da Enrico di Harclay per confutare proprio le
pretese dimostrazioni astrologiche del secondo avvento di Cristo. Il s uo
intento è di indagare se il secondo avvento di Cristo si può dimostrare ol ­
tre che per le autorità bibliche (per scripturam) e le loro narrazioni anche
con la filosofia e con le dottrine dell'astrologia. «Utrum secundus ad­
ventus Christi possit probari per philosophiam vel dieta astrologorum61 »
(terzo articolo).
Enrico di Harclay attribuisce ad Albumasar e al testo dello Pseudo­
Ovidio, De Vetula ora riconosciuto come redatto da Riccardo di Fourni ­
val62 , la tesi che l'avvento dell'Anticristo, che rappresenta la fon dazione
della sesta e ultima setta, avvenga per la congiunzione di Giove che rap­
presenta la religione e la fede, con la luna che significa l'adventum legi­
slatoris ne/andum 63 sci'licet Antichristi. Essa nel testo originario arabo di
Albumasar segnerebbe la fine della religione di Maometto. Egli confuta
questa argomentazione (che è di nessuna rilevanza que est nullius mo­
menti afferma) con le conoscenze astronomiche stesse sul movimento
della luna proprie di Albumasar e di tutti gli astrologi: in altre parole (af­
ferma) che Albumasar «nel libro I differenza quarta trattando della set­
ta della luna, sostiene che la luna congiunta a Giove significa dubbio (du­
bitacionem) , cambiamento e spoliazione della fede» e questo avverreb be
per la velocità e la rapidità del suo movimento e per la pochezza di que­
sto astro. Così durerà poco, e Albumasar n on dice quando accadrà, dato
che questi transiti di luna sono velocissimi e ripetuti di continuo. Quest a

Herkeley : Utrum astrologi ve! quicumque calculatores passini probari secundum a dven tu trl
Christt) , «Archivio italiano per la storia della Pietà», 1948, pp. 27-82; testo pp. 5 3 - 82 �s -
60 ARNALDI DE VILLANOVA, De tempore adventu Antichristi, a cura di J. Perarnau , �
«Arxiu de Textos Catalans Antics», 1988-1989, 7-8, pp. 67 - 1 3 3 (Su Arnaldo cfr. qf
e
Capitolo IX). Tutto il primo articolo della questione di Enrico è rivolto a confu ta re
er
interpretazioni delle fonti bibliche: primo in tal senso per theologiam, second o p
poetriam et carmina poetarum. La confutazione e la condanna di Arnaldo è svolta nel ce ­
r

zo articolo, pp. 58-64.


61 PELZER, Die Quaestio, cit., pp. 3 1, 54, 7 6.
62 PSEUDO-OVIDIO, De vetula, a cura di P. Klopsch, Brill, Leida-Colonia 1967 ; altda
edizione di D.M. Robathan, Hakkert, Amsterdam 1968; vedi anche Rov, Rzcha rd e
Fournival, cit.
63 PELZER, Die Quaestio, cit., p. 79.
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 251

è simile a quella che poteva essere valida anche contro le pre­


c�\' tica
oni di Ruggero Bacone, fondate sul transito della luna, che egli si
m:deva di potere determinare precisamente. Questo avvento della sesta
tta (della Luna) secondo Albumasar doveva accadere dopo la caduta
d:lla religione di Maometto la quale, secondo i computi degli anni arabi,
a rebbe dovuta avvenire nell'anno 663 che corrispondeva proprio all'an­
�o 1313 dell'era cristiana, in cui Hardey scriveva, cosicché questo
avvento sarebbe accaduto in quegli anni stessi che essi stavano vivendo.
Fa meraviglia, continua Enrico, che uomini tanto intelligenti possano
64
accettare questa dottrina ! •
La teoria delle grandi congiunzioni di Albumsar era infatti circolata
in direttamente agli inizi del XIII secolo anche attraverso il poema pseu­
do ovidiano De vetula seu de mutatione vitae, attribuito a Riccardo di
Fou rnival e attraverso alcuni passi del De causis et proprietatibus elemen­
torum di Alberto Magno65 •
Ora è notevole che alcuni dotti della fine del XIV secolo come Pierre
d'Ailly che trattano della nascita delle religioni secondo le Grandi Con­
giunzioni di Albumasar, accennino sommariamente alla nascita della se­
sta setta per la congiunzione Luna-Giove, che prefigurerebbe l'avvento
dell'Anticristo, ma trattano ampiamente di quella di Cristo. Tuttavia le
esigenze che muovevano Ruggero Bacone e gli altri (pochi) sostenitori
dell'oroscopo delle religioni, che intendevano restare nei confini dell'or­
todossia, non erano mossi da intenti escatologici o rivoluzionari, come
quelli di Arnaldo di Villanova documentati nella Quaestio di Enrico di
Harclay, ma solo conoscitivi e di concordia tra scienza (astrologia) e reli­
gione, senza opposizione tra libertà e necessità. Le loro spiegazioni era-
0,? � ate in base alla dottrina della fisica del tempo, ossia secondo i prin­
ci�i della medicina astrologica per la quale i pianeti sono corpi fisici do­
t�ti d1_ qualità complessionali, le quali agiscono sulle complessioni orga­
niche degli uomini
che a loro corrispondono, cioè sui corpi rimanendo
Penanto libera l'anima razionale.
In tal modo gli scritti di Ruggero Bacone delineano una riforma del
s apere sia teolo
gica che filosofica-scientifica che cerca di accordare la
r
f evisione astrologica con la religione, perché essa pare utile e necessa­
all Pe r stabilire la venuta dell'Anticristo66 e quindi può fornire i mezzi
a cristianità per poter difendersi da lui e da
tutti i suoi seguaci. Sostie-

= PELZER, Die Quaestio, cit. , pp. 79-80 .


in O ALBEJITo MAGNO, D e causis proprietatibus elementorum, liber I, tractatus II, cap. 2 ,
! era '. cit. , IX , p. 603 .
l'/1. S seguaci dell'Anticristo e l'Apocalisse cfr. lo studio di N. CoHN, I fanatici del­
poca ftSse, trad. italiana, Comunità, Torino 2002, pp. 129-35.
252 Medioevo magico

ne quindi, come affermerà più tardi Pierre d'Ailly, che: « la natura, s e r .


vendo come ancella al suo Signore e Creatore, poté cooperare con l' on.
nipotenza divina alla concezione e al parto da cui nacque Dio e as s o.
darsi in questo alla virtù naturale della Vergine Madre attravers o la
virtù del cielo e degli astri». Bacone ritenendo che l'influenza ast rale
agisce semplicemente sopra la natura fisica dell'uomo e non su quella
spirituale, sottrae al determinismo astrologico la sfera della volont à e
della libertà morale. Egli, come Pierre d'Ailly d'altronde, interpretava
una credenza assai diffusa in quei secoli, la cui origine era ormai lon ta ­
na, ma rintracciabile anche in Plotino (Enneade Il, libro III) per cui la
divinità si preannunzia nei segni degli astri, i quali con il loro movi­
mento annunciano i singoli avvenimenti che accadranno, ma non li
producono67 •
Anche il teologo e scienziato Giovanni Peckham aveva dedicato qu at­
tro questioni de stellis delle sue Quaestiones disputatae, ai problemi del­
l'influenza degli astri68 • Nelle risposte alle obbiezioni contro la causalità
astrale sostiene pertanto come Bacone (o Plotino) che tutte le cose che
accadono nel tempo differiscono in tre modi perché il corso delle cose è:
1) naturale; 2) volontario; 3) mirabile. Pertanto i corpi celesti rispetto agli
eventi naturali sono segni naturali (signa naturalia) . Rispetto agli esseri
dotati di volontà sono segni per accidente e imperfetti. Rispetto agli
eventi mirabili, più importanti (principalium) sono segni dati in un certo
qual modo (quodam modo) 69 • In tutto il Medioevo cristiano, tale era sta­
to il valore attribuito alla cometa di Betlemme da autori come San Giro ­
lamo (In Daniel 2), Tertullano (De idol, 9) Basilio (Homeliae 25) fin o a
Cusano70 , presso il quale ogni avversione per ogni interpretazione magi­
co-astrologica è indubbia.
La difesa di Ruggero Bacone dell'oroscopo delle religioni è ben arti ­
colata, poiché i pianeti non agiscono sull'anima razionale, sulla q u ale
opera solo la grazia divina, ma sulla complessione corporea e quest a i dea

67 PLOTINO, Enneadi II, 3 (53), a cura di G. Faggin, Milano 1947 voi. II, p. 4 0 .
68 G. PECKHAM, Quaestiones disputatae, a cura di G .J. Etzkom, H. Spett m_a11° :
L. Oliger, Collegiis S. Bonaventurae, Grottaferrata 2002 sostiene la contingenza di t sli
eventi, ma non esclude che influiscano sul corso delle cose naturali, come «mut a tioneJll
regnorum temporalium».
69 Per il testo di questa risposta di G. PEcKHAM in Quaestiones disputatae, Quaes:;·0
e
4, cfr. anche }. HACKE'IT, Astrology and the Search /or an Art and Science o/ Natu re in inÌ
13th Century, in Ratio et superstitio, Essays in Honor of Graziella Federici Ves cov
Brepols, Lovanio la Nuova 2003, pp. 1 17-36, in particolare p. 129, nota 21. . . Jel
7 0 NICOLA CUSANO, Predica: Uhi est qui natus est rex Iudaeorum (Epif�n t s
r er
1456) in Cusanus. Texte. I. Predigten 2/5, a cura di, J . Koch, Meiner Verlag, Hei de b
1937, pp. 84-86.
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 253

à un topos della medicina astrologica dei secoli successivi. Non è vero


s:e i p ianeti sono le cause degli avvenimenti, bensì egli ripete echeg­
c. ndo Plotin o, essi ne sono solo segni. I cristiani sono divenuti tali non
g�a le virtù dei pianeti, come dicono i sostenitori spinti dall'oroscopo
r
�elle religioni, ma per grazia di Dio, anche se essi possono modificare le
loro co7m1 ple ssioni corporee e spingerli ad accettare costumi e religioni
diverse • Pertanto la complessione coopera con la grazia di Dio (unde
72
complexio cooperetur gratia det ) .
Bacone h a sostenuto pertanto una teoria mitigata dell'oroscopo delle
r ligioni che si ritrova esemplata nell'opera di Pierre d' Ailly, secondo una
e
t radizione che ha la sua origine nel testo dell'astrologia araba di Abuma­
sar De magn is coniunctionbus, di cui stiamo parlando e che fu ripresa
anche dai principali esponenti dell'astrologia ebraica come Abramo
Savosarda e Abramo ibn Ezra vissuti nel XII secolo e conosciuti dai lati­
ni nel XIII.
Le loro opere erano state quasi subito tradotte in latino, da autori di­
versi tra cui Pietro d'Abano e Enrico Bate di Malines, e quindi circolaro­
no ampiamente. Questi dotti ebraici anche se di religione diversa dai cri­
stiani, cercarono come questi nelle grandi congiunzioni mondiali una spie­
gazione per trovare un accordo tra narrazione biblica e storia naturale let­
ta nelle grandi rivoluzioni planetarie; essi intendevano dare una conferma
scientifica per i non credenti, di un evento sovrannaturale (dato che l'a­
strologia era ritenuta una scienza). È notevole pertanto in queste opere di
predizione astrologica l'assenza totale dell'idea di una divinazione magica.

9 - Un a tarda disputa di storia astrologica universale. Pierre d'Ailly e


Abramo Savosarda
L� s�oria appena si comincia a costruire come tale, si svincola dal deter­
rnmismo dell a ciclicità temporale o della sua successione lineare. Nello
stes so tempo, o
_ quasi, la discussione sul computo dei tempi indicato dai
� rofeu , nel sen so spirituale delle profezie, nella storia sacra, tendono a
ar un v alo re tutto figurato alla fine del mondo e del tempo, di cui
p arla O le Scritture73 , come del momento della Redenzione di Israele,
p;.r �f1 �b rei, o dell'Avvento di Cristo e della resurrezione finale, per i
c 1Stlan1.

11 R
racch �?GERo BACONE, Un f,agment inédit de l'Opus tertium, a cura di P. Duhem, Qua-
1 iR ire ze
2
n 1 909, p. 1 69 .
69 . Cft UGG�o BACONE, Unf,agment, cit. , p. 169. Cfr. anche Opus maius, ctt. , pp. 253 -5 7; 2 66-
7J s ·anc e D . C. LINDBERG (a cura di), Roger Bacon's Philosophy o/Nature, Oxford 1985.
1 trattava di
un a intrepretazione estensiva dd Salmo, citato ampiamente da Abra-
254 Medioevo magico

La visione astrologica di una storia universale che contraddistin s e il


pensiero di questi filosofi (come mostrò il von Bezold74 ) , rappresent a il
tentativo di costruire una mediazione tra storia sacra e storia profana: tra
una teologia della storia e una filosofia naturale della storia. Alcuni dot .
ti si posero il problema della intelligibilità della storia biblica, nella sua
proiezione nel futuro delle profezie. E nacque la convinzione che tale
comprensione fosse possibile nella lettura dello scorrere del tempo seco ­
lare scandito dai transiti astrologici a cui corrisponderebbero gli eventi
divini. La storia del mondo è ricondotta nelle sue scansioni universali
agli eventi maggiori della apparizione dei passaggi dei pianeti lenti e ve�
loci, ossia alla apparizione delle grandi congiunzioni planetarie. Così la
volta celeste non misura solo lo scorrere del tempo terrestre, ma anche i
grandi eventi della storia sacra passati, presenti e futuri. La visione ast ro­
logica della storia universale rappresenta un medium tra una concezione
naturale e una concezione teocentrica della storia, perché l'evento astro­
nomico è concepito come strettamente legato a quello sovrannaturale sul
presupposto che i disegni di Dio, la sua Provvidenza, si leggono nei cie­
li e, così, le sorti terrene vengono indissolubilmente legate alla storia di­
vina in un nesso di secolare e spirituale. Ma questa concezione è stata an­
che variamente avversata sia dagl'inventori di una concezione della sto­
ria puramente profana e razionale, che da quanti la concepiscono in una
prospettiva rigorosamente teocentrica e sacra. Le categorie sia di tempo
lineare, che di tempo ciclico elaborate anche da Pomiann, non appaiono
le più appropriate per definire queste visioni astrologiche di filosofia del­
la storia del medioevo sia cristiano che ebraico fino al Rinascimen to.
Questo ci pare che sia dovuto a istanze astronomiche e religiose diverse;
in altri termini non si accetta l'idea deterministica del Grande Anno del ­
la filosofia tardo antica (tempo ciclico). Le grandi congiunzioni non si ri­
tiene che abbiano mai il loro ritorno al medesimo grado sulla volta cele:
ste nello stesso tempo e luogo: e ciò per motivi non solo religiosi ( per, 1
quali si deve escludere il determinismo), quanto per ragioni astron °111!"
che legate alle conseguenze della scoperta della precessione degli eqd·
nozi degli astronomi Ipparco e Tolomeo. Per il leggero spostamen t o d ·
l'ottava sfera (come allora dicevano) dovuto a questa precession e, 1e


mo Savosarda nel suo Liber revelatoris, 19(18).21: «I cieli narrano la gloria di D io e il fi
mamento annuncia l'opera delle sue mani».
74 F. VON BEZOLD, Astrologische Geschichtesconstruction im Mittelalters, « D s be
e � �ps
Zeitschrift fur Geschichteswissenschaft», 1982, VIII, pp. 29-7 1; T. GREGORY , e,4ge
astrologique et temps chrétien, in Le temps chrétien de la /in de l'Antiquité au Moyen
(IIIe-XIIIe siècles) , Parigi 1983, pp. 557-73.
n K. POMIAN, I.:ordre du temps, Gallimard, Parigi 1984.
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 255

an di congiunzioni non possono ritornare allo stesso modo, cioè nello


gr empo e luogo, ai medesimi gradi del firmamento come pretende­
stesso t oici (o Grande Anno)76 • Se ci sono ritorni saranno per analo­
st
v�O gli er identità e sempre con diversi spostamenti nei loro valori.
a e non p
f storia è, così retta dai disegni di Dio che sono imperscrutabili e invi-
-� ili in sé, ma di cui tracce si hanno nelle profezie che possono essere in-
5 segni che di esse Dio ha impresso nei cieli. Corso divino e
te\p retate nei11 ., • •
or so te rreno sono perc10 m corr1spon denza, ma secondo un percorso
�be non è neppure rigorosamente lineare, come ammettevano le teologie
universali della storia. Esse ritenevano che l'intervento spirituale della re­
denzione divina è irreversibile e il suo messaggio si prosegue infinita­
mente e linearmente nei tempi dei tempi, secondo il commento di San
Girolamo al Libro di Daniele e di Sant'Agostino. Tuttavia l'intervento
spirituale della grazia e della redenzione avviene in periodi e momenti di­
versi, discontinui, improvvisi, ma reali, annunciati dai profeti. Cosi le
corrispondenze tra i grandi eventi religiosi sovrannaturali e le congiun­
zioni astronomiche procederebbero in sintonia e potrebbero essere con­
cepite per un moto a spirale.
La riflessione sul tempo e sul corso della storia era stata esigenza av­
vertita dai dotti delle due religioni, in quanto era sensibilità comune l'at­
tes a di un nuovo evento straordinario: nei primi secoli dopo Cristo i cri­
stiani attendevano la parousia e gli ebrei la Redenzione di Israele. I più
g randi libri di teologia della storia sono stati il Libro di Daniele e il De ci­
vitate dei di Sant'Agostino.
Nel Medioevo furono redatte tuttavia alcune altre opere che godette­
ro di una vasta risonanza, che si riferiscono più o meno direttamente a
ques t� concezioni di filosofia astrologica della storia. Tra queste ebbe
f a 1:s o nanza notevole, anche se poco conosciuto, il testo che costituisce
a q�mta parte di un'opera di escatologia ebraica redatto nella prima
�eta del XII secolo, Liber revelatoris (Megillat-ha-megalleh) di Abramo
avosarda (bar
Hiyya)7 8 in cui egli si interroga sull'essenza del tempo:
ques ta q uinta
parte ebbe il titolo in traduzione latina di De redemptione

w0:�-i:e r la teoria del Grande anno secondo gli astrologi arabi, cfr. E.S. KENNEDY, The
1 983 gea r Concept in Islamic Astrology , in Studies in the Islamic Exact Sciences, Beirut
p.
The Ùs 35 1-7 1. Cfr. anche W. VERBEKE, D. VERHECST, A. WELKENHUYSEN (a cura di),
ven U r�n�A buse o/Escatology in the Middle Age, (Mediaevalia Lovaniensia 1/15), Lèu-
n rstty P
n I(
.p ress, Lovanio 1988.
S ars a d ,i1AN , Astrology as a Naturalistic Theology o/History, in Astrologi «allucinati»,
t
1 986 , n ;_ nd 0/the World in Luther's Time, a cura di P. Zambelli, De Gruyter, Berlino
P p. 3 3
7s Cf 4 .
f:.st1'di s \ � .J · �ILLAs-VALLICROSA, La obra enciclopedica de R. Abra ham bar Hiyya, in
o 0 re H storia
z de la ciencia espafiola, C.S.I.C., Barcellona 1949, pp. 2 1 9-62. Il
256 Medioevo magico

Israhel. Questa opera è la fonte primaria degli scritti redatti nel 1 4 1 4 : a


De concordantia astronomiae cum theologia; b. De concordantia astro n o�
miae cum historica narratione; c. Elucidarium duorum praecedentiu m , del
cardinale Pierre d'Ailly, Vescovo di Cambrai ( 1350- 1420) 79 • Una lettu ra
attenta di esse mostra che il De redemptione lsrael di Abramo Savos a rda
costituisce una delle fonti più importanti di queste operette di Pierre
d' Ailly degli inizi del secolo XV.
Tutto il Medioevo, in fasi e momenti diversi, fu pervaso da attese es ca ­
tologiche le quali esigevano delle conferme che venivano ricercate nei
calcoli astrologici, in particolare nelle spiegazioni dell'astrologia m on .
diale fondata sui calcoli delle grandi congiunzioni. Questa dottrin a, seb ­
bene considerata con sospetto, fu da alcuni condivisa fino al secolo XV.
Alcuni autori latini come Pierre d' Ailly la condividono ampiamente e nel
suo caso si ha la testimonianza che egli attinge a una fonte comune ch e è
l'opera di escatologia ebraica di Abramo Savosarda (Abramo bar Hiyya ) ,
il Liber revelatoris la cui quinta parte fu tradotta in latino dal francese dal
frate domenicano Teodorico di Northem, baccalario in teologia80 , con il
titolo Liber de redemptione Israhel (redatto tra il 1 120 e il 1 129) sulla base
di una versione francese dall'ebraico fatta da Amoul de Quincampoix,
medico di Filippo il Bello81 • Sulla base dei riferimenti di autori sia ebrai­
ci che cristiani82 che Pierre d' Ailly cita, si evidenzia questa relazione tra
il testo di Abramo Savosarda e quello di Pierre d' Ailly.
Il capitolo quinto, De redemptione Israhel, mutilo dell'inizio, fornisce

Millés-Vallicrosa tradusse in spagnolo il Megillat ha-Megalleh dall'edizione crit ica in


ebraico approntata da A. Poznanski e J. Guttmann: Uber Abraham bar Chija Buch der
Enthiillung, « Monatsschrift fiir die Geschichte und Wissenschaft des Iudenttums » , B re ­
slavia 1903. Una esposizione del Megillah ha-Megalleh anche in A.H. SILVER, A Histo,Y
Messianic Speculation in Israel, New York 1927, pp. 69-74; cfr anche M. STEIN SCHNEI·
DER, Die Enciklopaedie des Abraham bar Hiyya, in Gesammelte Schri/ten, a cura di H . Mal­
ter, A. Marx, Poppelaur, Berlino 1925, pp. 388-407.
7 9 J-P. BOUDET, Un prélat et son équipe de travail à la /in du moyen age. Remarqu es sur

l'oeuvre scienti/ique de Pierre d'Ailly, « Terrarum Orbis», 2002, 3, pp. 127-50.


80 Cfr. il mio studio del manoscritto Wolfenbiittel lat. 479 ( Guelf 444 Helmst) f 17 7 r
. a,
sec. XV e del ms Lipsia, Bib. Universitaria, lat., 1467, f. 214ra, datato 1444, che con tien�
la versione latina del testo di Abramo: Una versione latina medievale dell'opera esca to logti
ca di Abramo bar Hiyya (Savosarda), in M. CILIBEIITO, C. VASOLI (a cura di), Filosofia e_cu
tura, Studi in onore di Eugenio Garin, Editori Riuniti, Roma 1991, v. 1, pp. 5-3 8 e �1
d'Ailly e Abramo Savosarda, in B.C. BAZAN, E. ANDUJAR, L.G. SBROCCIB (a cura . di) , e
f:
philosophies mora/es et politiques au moyen age, (Actes du IXe congrès intemauon al
d
Philosophie médiévale, Ottawa 17-22 agosto 1992, Legas, New York 1995, voi. II I. pP ·
1637-56.
81 BoUDET,
Entre science, cit., pp. 56, 3 17.
' Li·
82 Le copie
di questa versione sono due: quella di Wolfenbiittel, citata, e qudla d1 ne
psia, cit. Sulla base delle traduzioni latine che Abramo Savosarda fece insieme a pJaro
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 257

. ificazione astrologica dell'evento religioso di Israel per quanti non


l a gi\st m ini di fede ma increduli e pertanto Abramo la propone per con­
s�no o Esso presenta un grande interesse per lo storico delle idee per­
erli.
tra l'al�ro, te�ti°:o_nia come la per11_1anenza di_ un topos, l'ordine co �
e � -relig1oso, giustificato da una teoria astrologica, quella delle grandi

srnico
un ioni, si sia differenziato ed articolato nelle diverse situazioni sto­
c�ngi z idee filosofiche e religiose fino ad esercitare funzioni, ancor­
r he nelle
�é diverse del tutto opposte. Verrà proprio meno nei secoli successivi,
�fatti, quell'idea per la quale ques�'oper� f� redat_ta '. e cioè q�ella di u�a
sostanziale concordanza tra narrazione biblica e cicli planetari, tra stona
sacra e storia profana fondata su una disciplina scientifica e razionale
q uale era ritenuta l'astrologia.
a ) Abramo bar Hiyya (Savosarda o Savosorda)
Abramo bar Hiyya, detto Nasi, cioè il Patriarca o il Principe, fu chiamato
dai latini anche Savosorda, storpiatura latina della parola araba Sahib al­
surta , cioè il più importante della scorta, o capo della polizia, che era un ti­
tolo del tutto onorifico. Ignote sono le date precise di nascita e di morte83 •
Le opere di Abramo bar Hiyya sono state quasi sempre confuse con
q uelle di Abramo ibn Ezra (Avenazre). Solo in tempi più recenti, nel se­
colo XV, Giovanni Pico della Mirandola, stendendo le sue Disputatio­
nes, cita il Liber de redemptione Israhel, distinguendo l'uno dall'altro
Abramo84 •
L'opera scientifica di Abramo Savosarda è stata importantissima nel­
la storia della matematica e dell'astronomia medievale. Egli appartiene a
quella scuola di dotti ebrei di Spagna che alla fine del X secolo avevano

di Tivoli, dai loro explicit che portano le date che vanno dal 1134 al 1 145, il Millas-Valli­
c r1sa pone l'attività di Abramo entro questo periodo. Per questa ragione egli ha sposta­
to a data di morte di Abramo, fissata da Guttmann nel 1136, un poco piu tardi.
81 a
• L migliore ricostruzione della sua vita e della sua opera rimane ancora quella trac-
t
�b ci da M . José Millas-Vallicrosa nel suo studio dedicato all'opera enciclopedica di
a

ramo. Questi si sarebbe formato in area di cultura scientifica musulmana alla corte di
B u
an Hu d di Saragozza-Lerida e quindi si sarebbe rifugiato a Barcellona dopo che Sara­
gH za nel 1 1
� 18 fu espugnata dai cristiani guidati da Alfonso I. Si veda ora anche C. SIRAT,
1;:;ry 0/]ewish Philosophy in the Middle Ages, Cambridge University Press, Cambridge
� P p. 97 - 1 12, che lo colloca opportunamente tra i filosofi neoplatonici.
d ' <tbraham iu�aeus, non qui dicitur Avenazre, ut false credidit Alliacensis [Pierre
spa Y ' ed qu em vocant Nasi, hoc est Patriarcham». Lo chiama anche Abraham Hi­
Ai.JJ. s
rn:: us , A brah am princeps e aggiunge: «Abraham princeps ita ut apud Hebraeos cogno­
a
De � �r, cuius auditor fuit Abraham al. Avenazre, librum composuit quem praetitulavit
tu rj Memf tio� e Israhel, quoniam illius operis propositum est astrologica via tempus ven-
10 e Vessi ae inv estigare» (GIOVANNI PICO DELLA MIRANDOLA, Disputationes cit., VIII,
, 1 2 ).
258 Medioevo magico

stabilito a Cordova una scuola talmudica reputata, e che era stata p r0 _


tetta dagli ultimi califfi 'umayyade. E non deve sorprendere che pre s so
alcuni di essi e non certo del minori, quali Salomon ibn Gabirol, Ab ra ­
mo bar Hiyya e Abramo ibn Ezra, un interesse vivissimo fosse manife­
stato per l'astrologia, il quale era d'altronde strettamente legato all'es ca ­
tologia e all'attesa messianica85 • Egli ha redatto numerose opere di cara t­
tere scientifico, filosofico e religioso. Soprattutto da queste ultime quale
I fondamenti del!'intelligenza e la fortezza della fede, Il trattato sull'an ima ,
studiate in particolare da Millàs-Vallicrosa e da J. Vajda, si ricava l'idea
che Abramo, come tutti i credenti delle diverse fedi religiose del Me­
dioevo, ebrei, cristiani e musulmani, ponga al vertice del sapere non le
pure scienze mondane e terrene, ma il testo rivelato: in questo caso i Ve r­
setti della Bibbia. Il testo ebraico dei Fondamenti (che si conserva in di­
versi frammenti tra cui quello che contiene l'introduzione generale del-
1'opera nel ms. della Palatina di Parma), ci dimostra che la finalità scien ­
tifica è subordinata sempre alla finalità trascendente e suprema della re­
ligione rivelata di modo che le scienze distinte costituiscono le fond a ­
menta sopra le quali si edifica l'edificio o il fortilizio della credenza reli­
giosa. Secondo Geremia (9.22) ogni comprensione deriva infatti sempre
e solo daJahvè. Questa opera di Abramo è pertanto importante per l'in ­
telligenza della trattazione astrologica del suo Liber revelator (Megillat
ha-megalleh) , tradotto parzialmente in latino e contenuto nei due codici
da me ritrovati, che non può essere rettamente inteso al di fuori del con­
testo generale del pensiero filosofico e religioso di Abramo.
La rivelazione di Jahvè al popolo di Israele è, infatti, collocata da
Abramo entro una speculazione filosofica di ispirazione neoplatonic a,
che Vajda riporta anche alla tradizione del neoplatonismo spagnolo del­
lo Pseudo-Empedocle, studiata da Asìn Palacios nella monografia de di ­
cata ad Abenmansarra e la sua scuola86 • Nel Megillat ha-megalleh Abra ·
mo descrive i cinque mondi della luce che stanno sopra il firmamento,

8' SIRAT nella sua History ol]ewish Philosophy in the Middle Ages, cit. , pp. 93 - 1 1 2 :
nelle pagine dedicate ali' esposizione dd pensiero di questi autori, dedica un capi:olo
nessi tra « astrology and Israd », riportando appropriatamente questa problema t ica n
d
suo contesto storico, scientifico, filosofico e rdigioso. Ne risulta che la connot azio n e ne·
gativa che il nesso tra escatologia ebraica ed astrologia ha avuto nei secoli succes sivi,_ an­
che nelle dispute antigiudaiche, rispondeva ad un mutato atteggiamento cultu rale, s cien ·
tifico, filosofico e religioso nei confronti dell'astrologia. Cfr. anche D. SCHWARTZ, La 1:1�:
gie astrale dans la pensée juive rationaliste en Provence au XIVe siècle, « Arch ive s d hi
stoire doctrinale et littéraire du Moyen Àge », 1 994 , 6 1 , pp. 3 1 -55 .
86 M. AsfN PALACIOS, Abenmasa"a y su escuela, Iberica, Madrid 1 9 1 4 , pp. 40: 66;
G. VAJDA, Les idées théologiques et philospphiques d'Abraham ben Hiyya, « A�cbiJ s
e

d'histoire doctrinale et littéraire du Moyen Age », 1 94 6, 1 5 , pp . 2 15 e ss. e Le systeme e


Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 259

be è un passo che non si ritrova comunemente nei filosofi neoplatonici


e ù nosciuti, ma la cui dottrina è esposta nel libro delle cinque essen­
pi co
ze dello pseudo-Empedocle e se ne hanno tracce anche in Picatrix, oltre
be nel De quinque essentiis che nel Medioevo circolò sotto il nome di
NJcindi. Per lo pseudo-Empedocle come per Abramo la materia è di ge­
87
nere spirituale ed è al di sopra dell'intelligenza •
b) U « Liber de redemptione Israhel»
n Liber de redemptione Israhel nella versione latina del frate domenicano
Teo dorico88 di Northem, come abbiamo accennato sopra, costituisce la
quinta parte del testo ebraico Megillat ha-megalleh e rappresenta un do­
cumento di escatologia ebraica medievale, fondata su quella che era al­
lora ritenuta una scienza astronomica e cioè l'astrologia. Esso ha avuto ri­
sonanze ed echi diversi non solo a seconda che sia stato letto da un pun­
to di vista strettamente ebraico oppure nell'ottica della polemica cristia­
na antigiudaica, ma soprattutto in funzione delle discussioni sulla vali­
dità scientifica o meno delle teorie astrologiche, su cui tale escatologia si
fondava ed è per questo aspetto che Pierre d'Ailly si riferisce al Liber de
redemptione Israhel per discuterlo.
Per comprendere l'afflato escatologico del Megillat ha-megalleh e il
suo desiderio di dimostrare su base scientifica (in questo caso sulla base
di calcoli astrologici) e non magico-superstiziosa, la prossima redenzio­
ne dei figli di Israele, dobbiamo porci dal punto di vista dell'escatologia
eb raica di quel tempo, e non da una prospettiva cristiana, come si porrà
Pierre d'Ailly. Marce! Simon89 , nei suoi studi sull'escatologia ebraica dei
primi secoli dopo Cristo e i suoi rapporti con i cristiani, afferma che l'i­
dea del Messia «n'a pas jouée toujours dans la speculation juive le role

��ences exposé par Abraham bar Hiyya et une page de ]uda ben Barzilai, « Sefarad », 22,
62 , pp , 60-68.
� Sullo p seudo -Empedo cle cfr. la vo ce da me curata in Storia della scienza, Medioevo
e R1 as me
: ci nto, IV, Enciclopedia Italiana, Roma 2001, ad vocem.
· Su Teo do ric o di N orthem Ordinis Praedicatorum baccalario in teologia cfr. l'ag­
g
P::Ù1m�n �o del padre Emilio Panella degli Scriptores ordinis Praedicatorum del Kaep­
d zi: � vi sse alla fine del XIII secolo e agli inizi del XIV e cioè nel momento delle tra­
u o
A.b ni d al francese in latino dei testi astrologici ebraici sia di Abram o Ibn Ezra che
Pi ùramo S �vosarda, che anche altri tradutto ri facevano dall'ebraico in francese come il
onosc t
gin sc �� o Hagin o Arnal do di Quinquepoint ( o Arnoul de Quincampoix) . Su Ha­
Pp. ; Chau m cfr. P. PARIS, Hagi s, in Histoire littératje de la France, XXI, Parigi 1 9 1 2 ,
4 n
De/ 1 -5 03 ; M . STEINSCHNEIDER, Die hebraischen Ubersetzungen des Mittelalters als
,n s
in t ra : c? er, Be�lin o 1 893 , p. 973 . I co dici che c ontengono il Liber de redemptione lsrael
ione lati
89 M na s on o da me citati a nota 80.
. , . . . , .
r 11za . · SIMON, Verus lsrael, Étude sur les relattons entre chrettens
o et 1ui/s dans l Empire
e
tn (1 3 5-425) , d� Bo ccard, Parigi 1 948, p. 24 1 .
260 Medioevo magico

primordiale qu'on lui a souvent attribué». Questo sarebbe il punto di vi­


sta cristiano. Nell'Antico Testamento il ruolo del Messia è secondario e
accidentale. C'è un'escatologia senza Messia. Ma non esiste escatologia
senza l'attesa d'una grande riunione a Gerusalemme, centro del mond o
città dell'avvenire di Israele (Apocalisse dello Pseudo Baruch, 85 .3 ). lnol �
tre secondo i versetti d'Isaia, senza ripudiare l'istituzione, Israele rag .
giungerà la dimensione di una religione universale. Il problema dell 'at­
tesa della redenzione d'Israele è stato ed è un nodo centrale dell'escat o­
logia ebraica e i punti di vista su questo argomento sono molto diversi e
non possono essere ridotti al solo che abbiamo ricordato di sopra, an che
se questo è quello in cui sembra debba collocarsi il pensiero di Abramo
bar Hiyya. Un atteggiamento diverso, più corrente pare essere stato quel­
lo testimoniato dalla storia della «vana aspettativa» degli ebrei. Le loro
diverse scuole e tendenze furono delineate da GianBattista Bernardo de
Rossi nella famosa opera Della vana aspettazione degli ebrei del loro Mes­
sia e del compimento di tutte le epoche Trattato, uscito a Parma nel l 7ì3 90 •
Il contesto escatologico del Liber de redemptione Israhel ci sembra che
debba collocarsi in questa prospettiva. La redenzione di Israele non di­
pende dalla comparsa di un nuovo Messia, il vero Redentore, ma da una
dimensione di rinnovamento spirituale dell'intero popolo di Israele, s i­
gnificato dai prossimi grandi transiti astrologici. I.: onnipotenza di Dio,
come dice il Salmo, si manifesta nei cieli e nelle loro rivoluzioni è scri tt a
la volontà di Dio della redenzione d'Israele.
Abramo Savosarda non si limita, infatti, ai soli calcoli astrologici del-
1'età dell'universo scandita dalle grandi congiunzioni planetarie. Egli li
pone in relazione con l'età del mondo che egli ricava dal Vecchio Test a­
mento seguendo la tradizione del computo ebraico e non cristiano. Qu e­
sta dottrina è sviluppata negli altri libri del Megillat ha-megalleh non t ra­
dotti in latino, ma ai quali in questo capitolo dobbiamo riferirci ora, an ­
che se sommariamente.
Secondo un diverso computo ebraico, Gesù è venuto nel quinto m il­
lennio. Per comprendere la discussione indiretta tra Abramo e Pierre
d'Ailly dobbiamo ricordare che secondo questa tradizione cristian a il
calcolo delle epoche non si conta per anni, ma per generazioni, e un
giorno della creazione vale mille anni; la profezia di Daniele conferm e·
rebbe la venuta di Cristo, secondo il calcolo della versione biblica dei s et ­
tanta, che però non è quella accettata dagli ebrei.

'lll GIANBAlTISTA BERNARDO DE Rossr, Della vana aspettativa degli Ebrei del lo ro Mes­
sia Trattato, Parma 1773, p. 129. Il De Rossi condivideva l ' idea cristiana che il rinnov a­
mento di Israele fosse affidato al messaggio del Messia e che q u esti fosse già venuto co?
la nascita di Cristo. Il De Rossi tracciò u no schema delle diverse tendenze degli ebrei ,
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 261

Con formemente all'uso del Vangelo che non conta gli anni, ma le ge-
e azioni fin o a Cristo, ai sei giorni della creazione corrispondono le sei
r
n à n ciascun uomo e le sei età della vita dell'universo. Da Adamo al di­
ft i
uvio, la prima infan zia; la seconda età, dal diluvio ad Abramo; la terza
età fino a David; la quarta da David all'esilio babilonese, la quinta dal ri­
n
torno da Babilo ia fino a Cristo. La nascita del Reden tore è connessa con
la sesta età, la cui durata (sia misurata in generazioni che in anni) è sco­
nosciuta a tutti, ma indicata dalle profezie. Le due prime epoche si divi­
dono in dieci generazioni, le tre seguenti in quattordici generazioni. Per
gli ebrei la redenzione doveva avvenire nella settima età.
Inoltre, come ci documentano alcune importanti opere pubblicate
dal Blumenkranz91 che costituiscono testimonianze di gran de rilievo del­
le d iscussioni di tono elevato e superiore, tra ebrei e cristiani (quale il te­
sto redatto da Anonimo nel X secolo, l 'Altercatio Ecclesiae contra Syna­
gogam, e l'altro, composto in anni vicini ad Abramo, da Gilberto Crispi­
no [1085 -1117 circa], Disputatio iudei et christiani et anonymi), gli ebrei
dotti non negavano la profezia della venuta di Cristo, o che egli fosse sta­
to un profeta ispirato, ma che Cristo fosse il vero e unico Messia e, an­
cora meno, che fosse il Figlio di Dio Padre. La disputa si spostava, quin­
di, sul piano teologico nel campo della Trinità divina. Ora anche nel Li­
ber revelator di Abramo si fa esplicito riferimento alla venuta di Cristo,
come a quella di Maometto; essa è perfettamente riconosciuta come un
segno anticipatore della redenzione di Israele e rientra n ell'ordine co­
smico voluto da Dio e scandito dalle grandi rivoluzioni planetarie che
concorrono alla rinascita di Israele.
Nel secondo secolo gli Ebrei avevano creduto di essere alla vigilia del

n�e quali include anche quella di Abramo bar Hiyya, che però condanna anche e pro­
kno ?erché non ne condivide l'impostazione escatologica (oltre che astrologica). Il De
ossi fece evidentemente suo il punto di vista cristiano che accettava il computo fissato
pe la redenzione, sulle sei e non sulle sette età del mondo, pertanto può dimostrare fal­
se �e previs ioni di Abramo e confermare che Gesu è venuto nella sesta età conforme­
tf te alle profezie e, quindi, è il vero Messia. Inoltre i camputi del Megillat ha-mega/­
e che egli ricorda dimostrano che anche il De Rossi li doveva conoscere attraverso la
o
� I���ca cristiana. Cfr. anche A. CAUSSE, Le mythe de la nouvelle Jerusalem du Deutéro
a la IIIe Sybille, «Revue d'histoire et de philosophie religieuse», 1 938, pp. 377-
4 {:�e
9 s econdo il �lumenkranz il libro di Abramo attesta una situazione storica per la
1

quaJe_, a P artire proprio dall'opera De comprobatione sextae aetatis di Giuliano, la di­


se s i ne
be':i � � tra ebrei e cristiani, non riguardava tanto se Cristo fosse venuto nella sesta età,
s m
ta d ; R odo del calcolo del tempo della redenzione, che veniva così a spostare la venu­
edentore in avanti: nella settima età per gli ebrei, mentre per i cristiani nella se­
sta �
,.,,� mo mento della nascita di Cris to (B. Blumenkranz, Les auteurs chrétiens latins du
en age sur les Jui/s
et le Judaisme, Parigi 1963).
262 Medioevo magico

quinto millennio, nel quarto secolo i rabbini avevano constatato che vi­
vevano in realtà ancora lontani dal riscatto finale e che bisognava ancora
attendere il momento della redenzione. Questa tendenza a respingere in
lontananza la redenzione di Israele, segnava una forma di opposizion e
alle tesi cristiane. Esisteva, poi, l'altra tendenza che consisteva nel dimo­
strare già avvenuto l'avvento del riscatto promesso e questo molto tem ­
po prima della nascita di Cristo. Dopo che la data della tradizione agga ­
dica contenuta nel Sanhedrin 97 ab, in voga verso il 68 1 che l'aveva pro­
messa nell'85 ° anno giubilare, era passata, ecco rinascere altre speranz e.
La redenzione doveva avvenire nel settimo millennio. Si trattava solo ora
di determinare il computo esatto e di avere una teoria astronomica di ri­
ferimento e a ciò la fonte astronomica era costituita dalle grandi con­
giunzioni di Albumasar e Abramo, oltre che Enrico Bate di Malines e
Pierre d'Ailly, la citano per il computo che stanno cercando, come dot­
trina ispiratrice della loro elaborazione anche se essi la discutono ampia­
mente.
Infatti i calcoli di Abramo mostrano discordanze rispetto a quelli di
Albumasar: le grandi congiunzioni avvenivano secondo Abramo ogni
23 8 anni e non ogni 240 come sosteneva Albumasar. Tutto fa supporre
che Abramo conoscesse non solo e tanto l'opera di questi, quanto anche
quella di Messahalla. Messahalla, grande astronomo e astrologo vissuto
sotto al-Mamun (762-815) aveva scritto, prima di Albumasar, un analo­
go trattato De revolutione annorum mundi e un De coniunctione planeta­
rum in cui aveva posto i principi di questa teoria, definendo che cosa si
dovesse intendere per congiunzione grande, media e piccola92 •
La dottrina delle grandi congiunzioni è fondata sulla successione del­
le congiunzioni di Saturno e Giove, che sono ritenute percorrere una
dopo l'altra, i differenti segni della medesima triplicità in ragione di 12
congiunzioni per ciascuna triplicità, il che condurrebbe, dopo quattro ci­
cli di 12 congiunzioni, i due pianeti al punto di origine di rivoluzione fis­
sata al grado 0 ° dell'Ariete. Messahalla aveva definito cosa si dovesse in­
tendere per congiunzione grande, media e piccola, nonché la nozion e di
triplicità senza tuttavia connettere l'una nozione con l'altra. E sarà Al ­
bumasar che l'arricchirà di queste combinazioni. Due pianeti si dice che
sono in congiunzione quando essi hanno la medesima longitudine, q u a ­
lunque sia la latitudine. Per triplicità (triplicitas) si deve intendere la tra ­
duzione dal greco in latino di trigona vel triquetra, termini con cui s i in -

92 Un vivace dibattito tra Messahalla e Albumasar, a proposito di che cosa si doves se


0
intendere per grande o piccola congiunzione, ci è testimoniato da Sadan nel suo dial �
riguardante i segreti di Albumasar (cfr. nota 2 1) . Su Massahalla cfr. The astrologica! t·
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 263
dicava l'aspetto armonico tra i tre segni del medesimo elemento, essen­
do i segn i suddivisi secondo i quattro elementi: aria, acqua, fuoco, terra,
per tre: cioè triplicità di fuoco, Ariete, Leone, Sagittario; triplicità di aria,
Gemelli, Bil ancia, Acquario; triplicità d'acqua, Cancro, Scorpione, Pe­
s ci; triplicità di terra, Toro, Vergine, Capricorno. I dodici segni, quindi,
erano divisi in quattro triangoli equilateri, e a ciascun triangolo presie­
devano come Signori (Domini) di questi segni, due pianeti, ai quali si ag­
giungev a un terzo pianeta più veloce, come socius, secondo le teorie del­
la esaltazione, domicilio e caduta dei pianeti. Quest'ultime dottrine era­
no state variamente elaborate dagli astrologi arabi e latini medievali
( Messahalla, Alkindi, Albumasar, Alcabizio ecc.)93 •
Quando i transiti delle grandi congiunzioni di tutte e quattro le tri­
°
plicità si sono compiuti, e i pianeti ritornano al grado 0 del segno del-
1' Ariete nella triplicità di fuoco, abbiamo la massima o la congiunzione
forte (fortis) come la chiama Abramo. Dando per supposto che tra due
piccole congiunzioni successive passano venti anni, si dà una base di ap­
parenza astronomica al millennio, che è l'intervallo compreso tra due
« grandi» congiunzioni. Esso risulta in certo qual modo abbreviato, per­
ché è ricondotto al transito della congiunzione «grande» o forte, assom­
mata in 960 anni per Albumasar, 973 per Abramo.
La dottrina congiunzionista fa ugualmente entrare in gioco la con­
giunzione di Saturno e di Marte nel Cancro, come quella di Mercurio, le
cosiddette congiunzioni «piccole»94 , di cui parlano Sadan e Albumasar a
p roposito della teoria delle piccole congiunzioni di Messahalla, ricordata
nel dialogo redatto da Sadan dei Segreti di Albumasar più sopra citato.
La teoria della generazione delle forme sublunari per l'azione dei rag­
gi luminosi è fondata da Abramo su una teologia della luce (o metafisica
d�lla luce) di carattere neoplatonico, per la quale riprende il versetto bi­
blico, D io è luce «Deus lux est et in eo tenebrae non sunt ullae». Da essa
derivano tutte le forme inferiori secondo una diffusione per raggi e se­
condo le leggi geometriche delle radiazioni «luminose», per cui l'azione

st�ry 0/Masha
b rtdge 19 'allah, a cura di E . S. Kennedy, D. Pingree, Harvard University Press, Cam­
71.
d· �; C fr. di _ C. NALLINO l'introduzione alla sua edizione latina dell'Opus astronomicum
; - battanz sive Albatenii, (Pubblicazioni del R. Osservatorio di Brera, XL) , Milano
1 03 , vol. 1
.
i i
94 � chi ama « piccola » congiunzione quella che si riferisce ad un transito nella mede­
s plic
p:ateise ità: con esclusione della prima congiunzione, la quale ha il nome di « media »,
r gn a il p assaggio in una nuova triplicità, rispetto alla « grande » precedente. Que­
sta e� st
li �ta una delle principali variazioni introdotte da Albumasar nella teoria, piu sem­
P
qu� di Mes � ahalla, che non aveva strettamente connesso la teoria delle triplicità con
a delle r voluzioni e congiunzion planetarie
i i .
264 Medioevo magico

è più forte nel raggio diretto che in quello riflesso e mediato. Così: «M ul .
ta in hoc mundo deus per radios lucis corporum caelestiuril ammini­
strat» poiché «Verbo Domini caeli fundati sunt et spiritu oris eius om .
nis virtus» (Salmo 19 [ 1 8], 2 1). E a questa sentenza (egli aggiunge) all u ­
de l'autorità e l'esperienza dei primi Padri e dei filosofi più antichi ch e
hanno trasmesso come certe, sia con il senso che con la ragione, que s te
verità.
Dopo il preambolo teorico-filosofico-astronomico, Abramo passa ad
esporre per sommi capi la teoria delle congiunzioni, stabilendo le diffe­
renze tra congiunzione «piccola» (di venti anni), «media» (di sessanta
anni) e «grande» (di 238 e non 240 anni, come aveva sostenuto Alb u ­
masar95 ) .
Abramo cambia anche il computo per stabilire il millennio per ap­
prossimazione, che era stato calcolato in 960 anni da Albumasar e che lui
definisce in 973 anni, cifra che indicherebbe quella che egli chiama rivo­
luzione /ortis o valde magna. Essa è quella da cui dipendono il rinnova­
mento dei regni e la conservazione delle consuetudini, rette a loro volta
dalle congiunzioni dei pianeti lenti con quelli più veloci, buoni e cattivi
e con i rispettivi segni.
La storia di Israele è stata scritta da Dio nei cieli e tutti gli awenimenti
più importanti sono stati scanditi dalle congiunzioni «forti» (ossia mil­
lenarie), aventi tutte, sia le buone che le cattive, come fine ultimo la re­
denzione dei figli di Israele% .
Così egli, scandendo i tempi delle vicende della storia di Israele sulla
base delle profezie messe in corrispondenza con le rivoluzioni planetarie,
narra anche della congiunzione che presiedette alla nascita di Cristo e
alla predicazione dei suoi discepoli, come pure quella che significò la ve-

' Anche Alberto Magno nel De causis et proprietatibus elementarum aveva cal col a­
9

to in 960 anni come Albumasar la massima congiunzione. E quella che avviene secon­
do le triplicità, la massima era calcolata ugualmente in 240 anni: secondo Alberto «essa
significa una setta e modifica la religione in alcune zone» (De causis, cit. , in Opera, IX,
libro I, trac. II, cap. 2, p. 603). Sulla grande fortuna di queste rivoluzioni mondiali fon­
date sulla dottrina congiunzionista della combinazione della triplicità e la esaltazione
delle centoventi congiunzioni dei sette pianeti, si vedano i fortunati pronostici di P aoj
lo di Middenburg, famoso astronomo estense (autore tra l'altro della Riforma d�
Calendario), pronostici del 1480, 1481 e 1 484 da me studiati: Su un genere lette rario
astrologico: il pronostico di Paolo di Middenburg, astrologo di Federico da Montefelt ro ,
in Lo Stato e il valore. I Montefeltro e i della Rovere. Assensi e conflitti nell'Italia tra '400
e '600, a cura di P. Castelli, S. Geruzzi, Giardini Editori e Stampatori, Pisa 2 o o5 ,
pp. 33-50.
96 L'inizio del Regn o di Israele è fatto coincidere con la nascita di Mosè a cui pre i�­
s
dette una grande congiunzione di Giove e di Saturno nel segno d'acqua dei Pesci con il
sole in Ariete.
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 265

nuta di Maometto e le guerre tra i saraceni e i cristiani fino al prevalere


di questi ultimi.
L' oroscopo di Cristo era nel Medioevo cristiano argomento awersa­
to sospetto e condannato in modo radicale dalle autorità cristiane, per
rn�lteplici motivi, ma anche per le degenerazioni interpretative in senso
rn agico ed eversivo che si ebbero soprattutto nella prima metà del seco­
lo XIV (si pensi all'opera di Cecco d'Ascoli e ai movimenti apocalittici).
S u questo tema, tuttavia, gli interventi delle autorità cristiane furono nel
complesso moderate agli inizi dato che questa dottrina non era molto co­
nosciuta né sostenuta, fino al secolo XIV, allorché si radicalizzarono con
l'affermarsi dell'astrologia, sulla base della nascita di Gesù. In certi am­
bienti la spiegazione della sua rivoluzione natale, fu apertamente asso­
ciata ai pianeti che presiedevano alle attività incantatorie dei maghi in
modo blasfemo e irriverente (Cecco d'Ascoli) e rafforzava i moti eversi­
vi contro la chiesa e le istituzioni politiche97 •
Il Savosarda non mancò di descrivere l'oroscopo di Cristo, per cui,
dopo i grandi eventi che segnarono la sua nascita, quella di Maometto e
le sofferenze degli Ebrei, delineò i transiti importanti che scandiscono
la storia degli awenimenti più vicini al suo tempo, in terra di Spagna e
che chiaramente preannunciano, a suo vedere, la prossima salvezza di
Israele98 •
Pertanto la nascita di Cristo99 awenne sotto un segno che indicava
sortilegio ed incantazione («invenitur in magna coniunctione triplicitatis
terre que incepit in signo Virginis, quia est bicorporeum et signum sorti­
legii et incantationis, quod sit fatuitatis»). Un significato analogo ha per
Abramo la natività di Maometto e dei suoi fedeli, che awenne nella tri­
plicità d'aria della Bilancia i quali si costituirono come religione nella

97 Cfr. C OHN, I fanatici dell'Apocalisse, cit., pp. 201-26.


98 Nella grande congiunzione dei segni della triplicità di terra, nel segno del C apri­
corno in «anno mundi 4747 », «regnum Sarracenorum incepit deprimi», e nella sesta
congiunzione di questa triplicità l ' esercito dei cristiani si spinse fino alla terra di Israele
�er sottrarre la Terrasanta dalle mani dei saraceni. E avvennero guerre in terra di Spagna,
in Africa, e dopo la dodicesima congiunzione di questa triplicità, gli eserciti cristiani di­
nt
M arono sempre piu forti sulla terra; le genti di Israele furono espulse ed imprigionate.
a �opo queste tribolazioni che avvennero in questa congiunzione della triplicità di ter­
�a: « incipient apparere signa redemptionis lsrahel». E aggiunge: «Non est inconveniens

p: ·1 ·
a e ra tionem eorQm, quia deus operatur per stellas, quia Verbo domini cadi firmati sunt
[
Dnde credendum est omnes leges guae renovate sunt in mundo esse falsitatis et im­
� �atis postquam lex data est lsraeli, que lex data fuit in magna coniunctione que ince­
e
p t n signo P
/ i iscis, quod est domus Jovis et honor Veneris et sunt stelle veritatis et iusti­
ie »�Wol fenbiittel, ms. cit., f. 182va).
Cfr. J . NORTII, Horoscopes and History, Londra (Warburg lnstitute Surveys and
lìe ts II),
ic XI The Warburg lnstitute, 1986, p. 164, osserva opprortunamente che questi
266 Medioevo magico

triplicità d'acqua nel segno dello Scorpione che indica empietà e falsità .
Ma le congiunzioni che significano grandi calamità per i saraceni segna­
lano anche che la salvezza degli ebrei non è lontana. E ciò avverrà nell a
triplicità della terra nel segno del Capricorno.
c) Pierre d'Ailly (1350-1420)
I riferimenti più significativi al Liber de redemptione Israhel ricorrono
nel Medioevo nelle opere di Enrico Bate di Malines e di Pierre d'Ailly,
e per l'età moderna in quelle di Giovanni Pico della Mirandola e Alfo n ­
so Spina, nonché di Giambattista Bernardo de Rossi come ho ricordato
sopra.
Che cosa risulta da queste citazioni? Enrico Bate di Malines 100 t ra
XIII e XIV secolo e Pierre d'Ailly, un secolo dopo, credevano che l' a­
strologia fosse una scienza e la praticavano largamente. Quindi sostene ­
vano anch'essi l'interpretazione astrologica della storia e collegavano la
nascita delle religioni alle grandi congiunzioni secondo la cosiddetta te o­
ria congiunzionista. Ma Pierre d'Ailly in particolare rappresenta la posi ­
zione antitetica alla interpretazione magica-necromantica della stessa
dottrina sostenuta anche da altri, come Cecco d'Ascoli.
Le citazioni di Enrico Bate sono premesse alla sua traduzione del De
revolutionibus annorum mundi o de mundo di Abramo ibn Ezra che egli
confonde con il nostro Abramo bar Hiyya. Infatti qui lo cita come fosse
l'autore del Liber de redemptione Israhel. Ora le critiche che gli muove
Enrico riguardano il modo di calcolare le congiunzioni dei pianeti per il
quale il Savosarda non avrebbe seguito il calcolo del moto medio, come
invece pretendeva (ma quello vero, ossia l'apparente). In altre parole lo
critica per ragioni tecniche senza mettere in dubbio il principio filosofi­
co-astrologico generale sotteso a questo computo 101 •
Un discorso analogo vale per Pierre d'Ailly. Nel suo Elucidariu m sul­
la concordia dell'astronomia con la teologia e la verità storica, redat to

oroscopi non riguardano tanto Cristo , quanto la nascita del Cristianesimo e sono irn·
personali.
1 00 Su Enrico si veda qui, Capitolo VI.

1 01 ENRICO BATE DE MAI.INES nel Prologo al De mundo di Abramo Ibn Ezra : « Inci ­

pit prologus traslationis libri Hebere Hevenere de revolutionibus annorum mundi se u �e


seculo», cita «aparet ex dictis Abrae principis in quinta particula libri redempt i on is
Israel, quem quidem Habraam iste cognominatus Hevenere ingenium suum profete ret ur
ut patet libris nativitatum et rationum impletionum triplicitatis ut sic verarum loca et
tempora convenientius investigentur, prout expostulat doctrine ordo ac inventionis . N on
tamen ex hoc concludi potest virtute sillogistica quod auctor intellexerit iudicia ad rne;
dios motus fore referenda nisi rabiem auctori imponere quis conetur insuper et ip s ern e
Have nere visus est iudicia ponere coniuntionum secundum cursus medios quemadrn o·
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 267

el 1 4 1 4 , egli dedica alcune pagine assai interessanti all'esposizione del


�on ten uto del Liber de redemptione Israhel, citato con il suo titolo, ma
scambi an do però l'autore, l'uno Abramo per l'altro, e ne fa una critica;
tutt avia, come per Enrico, essa è di carattere tecnico astronomico-astro­
logico e riguarda il modo del computo e non la sostanza della dottrina.
Anzi lo cita proprio come un esempio positivo dell'accoglimento della
teo ria congiunzionista e dell'idea ispiratrice che gli sta particolarmente a
cuo re , del fondamentale accordo tra verità storica, biblica e dati astro­
nomi ci. Inoltre (e facciamo qui delle semplici ipotesi, in mancanza di do­
cumenti) Pierre d' Ailly, forse perché non conosceva direttamente questa
version e latina, o ne aveva sottocchio un'altra più succinta ancora, o for­
se prop rio per una sua malizia (industriose) che, invece, attribuisce al Sa­
vosarda , scrive che Abramo non ha parlato dell'oroscopo di Cristo. Il
che non sta in questi termini, poiché il Savosarda non aveva avuto nes­
suna difficoltà a delineare l'oroscopo di Cristo, come del resto quello di
M aometto.
L'opera dell'illustre dotto e teologo francese Pietro d'Ailly operante
agli inizi del secolo XV 102 ( 1350- 1420) è stata assai studiata, anche da Po­
mian 1 03 , nei suoi caratteri di filosofia astrologica della storia che connet­
te il piano terreno della provvidenza con il piano celeste: ma a molti è
sfuggito che buona parte dell'Elucidarium opus concordantiae astrono­
miae cum theologia necnon historice veritatis (edita a Venezia da Erardo
Ratdolt, a cura di Giovanni Angeli, nel 1499) dal capitolo 24 fino al ca­
p itolo 32 , non è altro che una revisione da un punto di vista meramente
astronomico e non religioso, di un'opera di cui Pierre d'Ailly riassume
lunghi p assi. Il problema che già si pose il Millàs-Vallicrosa nella sua ver­
sione sp agnola del Megillat ha-megalleh era stato quello di sapere di qua­
le fonte Pierre d'Ailly si valesse. Noi possiamo ora riferirci alle nostre due
cop ie della versione latina del testo di Abramo e possiamo domandarci

dum Alb u masar non enim mutationes triplicitatum semper fiunt in 240 annis aut in 260
sec�dum verus motus, sed aliquando citius et aliquando tardius sicut apparere potest
esper enti, quod
i ergo ratione famosum Albumasar et se ipsum potest reprendere Have­
�e�e » (m�. Oxford, Bodl. Canonici misc. lat. 190, sec. XV, f. 64ra; Parigi , BnF. lat. 10269 ,
p· B ra; Lunoges, Bibl. Municipale, n. 9 sec. XIV, f. 131; Si veda anche la traduzione di
et ro d' Aban o: Abrahe Avenaris In re iudiciali Opera ab excellentissimo philosopho Pe­
t io
� de Abano, post accuratam castigationem in latinum traducta, Petri Liechtenstein,
en etiis 15 07, f. 76ra).
102
/r, _Pe r la vita e le opere cfr. B. GUENÉE, Entre l'Eglise et l'État. Quatre vie de prélats
n a s
la ; ç z à la /in du Moyen Àge, Gallimard, Parigi 1987, pp. 125-299, e BOUDET, Un pré­
��/0n équipe de travail, cit., pp. 129 ss. (sul preteso oroscopo di Cristo pp. 133-35).
Cfr. nota 77.
268 Medioevo magico

se Pierre d'Ailly citava da queste copie in latino o dal!' originale eb raico


in traduzione francese direttamente, o meno.
Come è noto e secondo l'assunto generale premesso alla sua ope ra
Pierre d'Ailly ritiene che sia possibile accordare la verità astronomi e�
con quella della Sacra Bibbia, secondo l'universale principio aristotelico
«omne verum vero consonat» intorno a uno dei problemi che più inte ­
ressano sia i teologi che gli scienziati: se c'è stato o meno un exordiu m
mundi e se la storia sacra che lo afferma, sia conciliabile con quella astro­
nomica. Purtroppo scrive Pierre d'Ailly, la setta dei filosofi peripatetici
ha sempre negato questa dottrina di un inizio del tempo e per questo gli
aristotelici hanno sostenuto l'eternità del mondo sia a parte ante che a
parte post. A questa insufficienza provvedono le conoscenze degli astro ­
nomi-astrologi che, pertanto, afferma Pierre d'Ailly, possono essere
d'aiuto ai teologi. Pierre d'Ailly ritiene in altre parole che le conoscenze
astronomiche del moto del firmamento con le sue stelle fisse e quello del­
le congiunzioni e rivoluzioni dei pianeti possono concordare, anzi con­
fermano di fatto, la verità religiosa di un exordium mundi. Pierre d'Ailly
condivide la teoria accettata da altri astronomi medievali vissuti prima di
lui come Pietro d'Abano (1248-5 0 I post 1 3 1 5 ) per i quali le conoscenze
dell'anomalia del moto dell'ottava sfera conosciuta come precessione de­
gli equinozi (e allora detta anche trepidatio /ixarum), confermerebbe la
dottrina biblica di un exordium mundi, cioè l'istante di una prima scos­
sa, impressa da Dio al momento della creazione. Aveva scritto Piet ro
d'Abano nel suo trattatello sul moto dell'ottava sfera e nel secondo capi­
tolo del suo Lucidator 1 04 che dalla variazione del moto dell'ottava sfe ra
dipendono tutti i mutamenti universali nelle arti, nelle istituzioni, nelle
popolazioni, nelle religioni e nelle credenze. In questa prospettiv a di
spiegazione dei mutamenti della storia è importante stabilire l'inizio del­
la precessione del moto dell'ottava sfera perché da esso dipenderebbe il
momento dell'origine del mondo. Pietro d'Abano discute se questa o ri­
gine del mondo si ebbe quando il moto dell'ottava sfera era in co rri­
spondenza a tutte le altre sfere secondo il moto diretto oppure avven n e
con la prima precessione, oppure anteriormente alla prima precessione _e
così all'infinito 105 • Ma Pietro d'Abano secondo l'insegnamento biblico ri ­
tiene che il mondo ebbe un'origine e l'ebbe con la prima precession e d � ­
gli equinozi, solo che il calcolo di questa prima precessione degli equ i ­
nozi è assai difficile e controverso.
Pierre d'Ailly si riallaccia molto evidentemente a questa tradizi on e
104
PIETRO D'ABANO, De motu octavae sphaere e Lucidator, a cura di G. Federici Ve ·
scovini, cit . (testo a pp. 348-65).
1 05
PIETRO D'ABANO, De motu octavae sphaerae, cit. , pp. 344-46.
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 269

astrologica di adattamento alla verità religiosa, che, però, si


seientifico-
ntra con il problema dell'esatto computo sia della precessione degli
so
�uinozi che del moto dei pianeti erranti. Afferma così Pierre d'Ailly che,
:mmessa questa concordanza di principio tra la verità astronomica e
blica, il suo compito consisterà nel ritrovare «la vera radice»
quella bi
strono mica sulla cui base sviluppare i calcoli dei moti celesti e metterli
rn rdazione alla narrazione biblica. Le fonti astrologiche di questa opera
di Pierre d'Ailly, secondo le sue citazioni, sono numerose: vanno da
A}kindi, Albumasar, Messahalla, Alì, Gergis, Aomar (Umar ibn al-Far­
ruhan) fra gli arabi, ad Alberto Magno, Leopoldo d'Austria, Enrico Bate
di Malines e gli astronomi delle Tavole Alfonsine tra i latini; mentre af­
ferma che Roberto Grossatesta (il Lincolniensis) e gli alt�i moderni non
hanno detto nulla sulle grandi congiunzioni, ma hanno parlato solo dei
fenomeni meterelogici De aeris mutatione. Ma tra tutti hanno rilievo i ri­
ferimenti al De redemptione Israhel ossia al quinto capitolo del Megillat
ha - megalleh.
La critica che Pierre d'Ailly fa al dotto ebreo è rilevante in quanto non
è condotta da ragioni filosofiche o religiose ossia per motivi anti-super­
s tiziosi o anti-astrologici, ma invece è guidata da ragioni interne alle teo­
e
ri astronomico-astrologiche delle congiunzioni dei moti veri oppure
medi dei pianeti superiori e inferiori: ossia lo critica perché non accetta
il computo ebraico a cui vuole sostituire quello cristiano dopo le corre­
zioni introdotte dagli astronomi delle Tavole Alfonsine.
d ) L'«Elucidarium»
D al capitolo 24 al capitolo 32 dell'Elucidarium astronomicae concordan­
tia e cum theologia et historica veritate Pierre d'Ailly si richiama espressa­
�ente al De redemptione Israhel di Abramo Savosarda. Questa opera di
Pierre d'Ailly vuole essere, anche se può sembrare paradossale, uno scrit­
to esegetico e chiarificatore sul tempo della venuta di Cristo, in base al
P resupposto dell'accordo e della sintonia tra narrazione biblica, storia
P rofana e transiti celesti. I riferimenti all'opera di Abramo Savosarda
( p ur con
fuso nelle copie manoscritte con l'altro Abramo Ibn Ezta) sono
ettamente pertinenti, perché nel suo quinto capitolo De redemptione
;rr
s Abramo si poneva lo stesso assunto, anche se con intenti escato­
Ior�h�l
g �1 diversi: perché cercava di stabilire il tempo dell'avvento del riscat­
to }inale
di Israele secondo le profezie, dando naturalmente per scon­
t a a
b ! venuta di Cristo che era generalmente riconosciuta da tutti gli
;'o.
e rei.
d _ La controversia tra ebrei e cristiani a questo proposito non riguar­
il riconoscimento della venuta di Cristo, ma che esso fosse il Figlio
lf Io. E che Pierre d'Ailly si riferisse proprio all'opera di Abramo b ar
lyYa e non di Ibn Ezra è sicuramente confermato dal preciso richiamo
270 Medioevo magico

al titolo dell'opera come dalle citazioni testuali interne del De redemp ­


tione lsrahel 106 •
Diamo ora i riferimenti di Pierre d'Ailly al testo di Abramo con i ri­
mandi alla versione latina del De redemptione lsrahel dalle due copie di
Wolfenbiittel e Lipsia, con particolare riguardo alla discussione della
controversia sull'oroscopo di Cristo. Dal capitolo 24 al capitolo 32 Pie r­
re d'Ailly discute il De redemptione Israhel e, come nella citazione di En ­
rico Bate di Malines, si riferisce ai calcoli del De magnis coniunction ibus
di Albumasar. Egli pertanto condivide la filosofia astrologica della stori a
di Abramo di una concordanza tra tempo sacro e tempo profano trami ­
te i cicli planetari delle grandi congiunzioni: ma la critica dall'interno p er
gli errori nel computo astronomico. Scrive così che Albumasar che h a
elaborato tra i primi questa teoria, secondo il detto di molti dotti, in plu­
ribus erravit. Egli si è basato sopra il calcolo dei moti medi come molti
antichi tra cui Abramo («iudicia sua super motus medios /ondavit sicut et
plurimi antiquorum»). Da ciò è conseguito il grave errore di costui (cioè
Abramo) che ha seguito Albumasar a proposito della fine della religione
di Maometto, della distruzione della religione di Cristo e della esaltazio­
ne della religione ebraica fondandosi sul calcolo dei moti medi. Ne deri­
va che tutte queste affermazioni di Abramo devono essere accuratamen­
te esaminate e vagliate in modo particolare: «unde, qui aliter faciunt sepe
venerandam astronomie scientiam, quantum in eis est infame, reddunt
corruptibilem et suspectam» («cosicché sebbene altri fanno reveren da
questa scienza dell'astronomia, altri la rendono per quanto è in essi i nfa­
me, corruttibile e sospetta»). Si tratta pertanto di emendarla e di ren­
derla verace stabilendo il vero moto medio dei transiti planetari e delle
loro congiunzioni.
Pertanto dice il d'Ailly io parlerò della legittima calculatione secon d o
i moti medi delle congiunzioni massime, sì da correggere con verità quel­
le affermazioni che si trovano nell'opera di quello [Abramo] che ha trat-

1 06 Sorge il problema della utilizzazione della traduzione di Pierre d'Ailly e degli equi ·
voci interpretativi del cardinale, tra tutti quello relativo all'oroscopo di Cristo. Infat ti n on
sappiamo se dipendono dalla traduzione francese-latina del testo ebraico che poteva ave­
re sottomano oppure da divergenze dottrinali e religiose sue proprie, come è assai proba­
bile in relazione a un tema così delicato come quello della nascita di Cristo e del com pu to
delle ere che era diverso tra ebrei e cristiani. Secondo la traduzione spagnola di Millas - Val ­
licrosa del testo ebraico approntato da J uli Guttman su tre manoscritti ebraici, s em b re­
rebbe secondo questi, che Pierre d'Ailly non seguisse la versione latina, ma tram ite un a
versione francese, avesse presente il testo ebraico, almeno secondo due manoscrit� -
Avendo studiato le due copie della versione latina dal francese del capitolo quin to deI
Liber revelatoris di Abramo, sulla base di un confronto con le citazioni di Pierre d ' AillY,
sono arrivata alla conclusione che l'ipotesi sostenuta da Guttman è vali d a. Infatti P ier re
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 27 1

concordanza dell'astronomia con la narrazione biblica 107 , poi­


tato della
moti adesso sono calcolati sulla base della riforma delle Tabulae
ché tali
atfo nsinae.
Mi pare abbastanza chiaro da questo esempio come da altri che qui
000 posso riportare, che d'Ailly fa un riassunto del testo di Abramo.
Esso è quindi criticato perché al tempo di d'Ailly gli astronomi ormai se­
guivano le radici dei moti planentari stabilite dal re Alfonso, per cui tut­
ti i calcoli di Abramo, per esempio quello della congiunzione minore di
Saturno e di Giove che dovrebbe avvenire in 20 anni, avviene in realtà
con delle frazioni per cui tutti questi calcoli di Abramo sono da rifare.
Qui Pierre d'Ailly fa riferimento alle difficoltà del calcolo del moto me­
dio e di quello «vero» (o apparente) dei pianeti che nascevano anche da
una utilizzazione della Theorica planetarum Gerardi che insegnava a cal­
colare il moto medio dell'equante, secondo un calcolo che conteneva già
degli errori. Donde grandi confusioni nei calcoli degli astronomi latini
secondo l'astronomia di Tolomeo, come ha messo in luce anche il Pe­
dersen in un suo studio su questo testo e sui commenti successivi fino al
XVI secolo della Theorica 108 .
Nei capitoli successivi 28 e 29, pur criticando la sua fonte, Pierre d'Ail-

d'Ailly non segue parola per parola la versione latina, ma sembra riassumerla e sintetiz­
zarla, il che non esclude ovviamente che avesse sottomano anche la versione latina: però
l'inizio della citazione di Pierre d'Ailly non corrisponde alla lettera con la versione latina.
E inoltre assai probabile, o non si può escludere, che un'altra fonte di Pierre d'Ailly del­
l'opera del Savosarda sia il De mundo o il De magnis coniuntionibus di Enrico Bate di Ma­
lines che, come sappiamo, cita espressamente il De redemptione Israel. Infatti Pierre
d'Ailly al capitolo 19 del suo Elucidarium fa una interessante osservazione a proposito dei
calcoli e delle tavole di Enrico Bate in meridie Mechlinie sulla base delle quali Enrico ave­
v_a corretto i calcoli di Albumasar che stabilivano la grande congiunzione che aveva pre­
siedu to al diluvio universale ripetendo così le sue critiche (e non è privo d'interesse os­
erva
; re re �he la copia di Lipsia che contiene il De redemptione del Savosarda prosegue con
� dazione della Compositio astrolabii di Enrico Bate di Malines). PlERRE D'AILLY, Elu­
dari
� um, in Vigintiloquium de concordantia astronomicae veritatis cum theologia, Erhar-
�gRatdo lt, Augusta Vindeboniensi 1499 (cum diligenti correctione magistri Johannis
eli ), cap. 29.
107 inv
R iamo qui di seguito per il brano dellit citazione di Pierre d'Ailly, in cui riassu­
e la versione di Abramo, al mio studio dedicato alla versio latina di Teodorico di

f 0nhem dal ms. di Wolfenbiittel, lat. 479 e Lipsia, Univ. lat. 1467 , a sua volta copiate dal
a
�r �� T�odorico Russi dei frati minori nel convento di Gronenbech nell'anno 1446: Pier­
,; 1111
/
1l(y e Abramo Savosarda: una fonte ebraica della filosofia astrologica dell"Elucida­
dz Pierre d'Ailly degli inizi del secolo XV (1414), in Les philosophies mora/es et poli­
ue
t�q a,s au Moyen Àge (Atti del IX congresso internazionale di Filosofia Medievale, Ot­
ti';1 1 7 -22 agosto 1 992), New York-Ottawa-Toronto, voi. III, 1995 , pp. 1635 -55 (in par-
o are 164 9-52)
u>a Cfr.
PEDERSON, The Theorica planetarum, cit. , pp. 63-68. Dal capitolo 25 in avan-
272 Medioevo magico

ly afferma che nonostante gli errori fatti, le applicazioni di Abramo all a


storia non sono da condannarsi 109 perché possono essere giustificat e in
più modi, a seconda della considerazione delle congiunzioni vere e n on
solo di quelle massime, ma anche delle congiunzioni minori e così delle
medie 1 10 •
E prosegue che a questo proposito si diffuse particolarmente « ille
Abraham predictus in suo preallegato tractatu [De redemptione Isra h e[J
de quo hic aliqua breviter notare decrevi» (cap. 29). Pierre d'Ailly p ro­
segue, quindi, nel capitolo successivo (cap. 30) ad esporre succintamen­
te il testo di Abramo per cui: «ille actor incepit a coniuntione magna q ue
testificatur super regnum Israel que habuit exordium in triplicit ate
aquea in medio cursu solis.» E prosegue (cap. 31) con la triplicità di fuo ­
co (Ariete), di Terra (Toro), di aria (Gemelli), d'acqua (Cancro), poi di
nuovo fuoco in Leone. Segue da qui l'esposizione di Pierre d'Ailly del te­
sto di Abramo a proposito della triplicità di terra in Vergine che secon ­
do Albumasar e Abramo avrebbe presieduto alla vita di Cristo e all' av­
vento del cristianesimo, con l'ascendente appunto in Vergine: dottrina
che trova dissenziente e critico Pierre d'Ailly; solo che a questo prop o si­
to le affermazioni del d'Ailly non corrispondono al testo di Abramo (ca­
pitoli 31 e 32). Anticipando le conclusioni Pierre d'Ailly non accetta la
dottrina né degli arabi né degli ebrei dell'oroscopo di Cristo e dell 'av­
vento del cristianesimo: la triplicità di terra invocata dagli arabi e dagli
ebrei conteneva aspetti negativi come l'opposizione tra Mercurio in Pe­
sci e l'ascendente in Vergine che dava adito alle critiche di imbroglio e
subdolità dell'insegnamento cristiano. Pierre d'Ailly cerca di determina-

ti Pierre d'Ailly procede riassumendo la dottrina d ' Abramo delle corrispondenze t ra le


triplicità di fuoco, di terra, di aria e di acqua fino alla seconda grande triplicità di terra ,
con la storia di Israde e gli eventi dell'impero romano. A questo proposito critica la data
dell'Exordium mundi tradizionalmente legata con la narrazione biblica dd diluvium . Se:
condo Pierre d'Ailly bisogna seguire i nuovi calcoli delle Tavole Alfonsine per le q u ali
l'exordium mundi non sarebbe avvenuto «in aliqua coniunctio maxima in capite A rietis »
come si dice «in principio huius tractatus» [cioè il De redemptione lsrahe!J , bensì vi fu
una coniunctio media e vera in Sagittario «secundum Alfonsum» e questa avvenne curn
2 1 diebus ante diluvium.
109 Elucidarium, cit. , cap. 28: «primo per considerationem ad coniunctiones veras non
solum maximas, sed etiam ad alias de quibus alique valde notabiles superius recita te s un t;
secundo possunt huiusmodi applicationes salvari per considerationes ad revolutio nes
minorum orbium et signorum et planetarum eis distintium de quibus supra dictum es t·
Tertio per considerationes ad coniunctiones medias que fiunt in mutationibus de un a
triplicitate in aliam in 240 annis vd circiter.»
1 1 0 «Verumtamen applicationes notabiliorum rerum gestarum ibidem [cioè il De re­
r
demptione lsrahel] consignate, non sunt propter hoc contemnende, quia mu ltipli c ite
salvari potuerunt».
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 273

'jiaffvece
fl una figura del cielo più positiva ed esaltante. Egli non esita così
rontare un tema tanto delicato che gli procurerà le denigrazioni di
Giovanni Pico della Mirandola come le censure di Cesare Carena, ln-
uisitore di Urbano VIII, con la bolla del 1 aprile 1631. Tuttavia come ha
�sservato Joh� Nort�m qu�sti �r?�copi non �rano tanto fi?ure_ di nati­
_ _
vità individuali, ma figure di nat1v1ta umversal1 come la nascita d1 una re­
ligione: si tratta cioè di oroscopi impersonali che sarebbe improprio con­
siderare oroscopi della nascita di Cristo. In altri termini sia Pierre d'Ail­
ly che Abramo discutono della configurazione generale del cielo nelle ri­
voluzioni annorum mundi, che probabilmente presiedettero alla vita di
Cristo e all'avvento del cristianesimo. La discussione tra Pierre d'Ailly e
la sua fonte Abramo, riguarda particolarmente il problema se tale confi­
gurazione fosse stata nella triplicità di terra, ossia con ascendente in Ver­
gine (come aveva detto anche Albumasar) oppure nella triplicità di aria
con ascendente in Bilancia, più positivo 1 12 •
Secondo Abramo l'ascendente della vita di Cristo è nel quinto grado

111 NOIITT-I, Horoscopes and History, cit. , sui cosiddetti oroscopi d i Cristo del Savo­
sarda e Pierre d'Ailly, pp. 94-96, 1 63 -64. Cfr. anche D. PINGREE, Histoncal Horoscopes,
«Joumal of American Orienta! Society », 1 962 , 82 , pp. 487-502 .
1 12
Il discorso di Pierre d'Ailly è complicato dall'accusa che egli rivolge alla sua fon­
te, ossia il De redemptione Israhel cioè che Abramo non avrebbe parlato della congiun­
zione che presiedette alla vita di Cristo. Come abbiamo potuto constatare dalle copie ma­
noscritte, questo non corrisponde con verità al testo del Savosarda perché il Savosarda
parlan do della triplicità di terra nel segno della Vergine ci dà anche il grafico della vita di
C_risto e dell' awento del cristianesimo nella versione latina (almeno nelle copie da me stu­
di�t ). Da qui il problema della comprensione di queste accuse del cardinale: in altri er­
� t
OUni essi sono imputabili alle omissioni esistenti nel testo ebraico-francese (latino?) che
a�eva sottomano (un riassunto spurgato?) oppure sono dovute alla censura ed emenda­
zione che e
gli stesso voleva operare del testo di Abramo?
�crive Pierre d' Ailly che secondo Abramo, dopo la congiunzione di fuoco nel Leone,
f ';;;: la c?n�iun zione nella triplicità di terra che awenne nel segno della Vergine e segn ò
e

a e de
i giorni del regno. Prima di questa congiunzione di terra « nomen et fama Israel
; at tun c super terram sicut fulgor solis ». Ma con la congiunzione in triplicità di terra
r

es
\T U to nuovo transito significò « occultationem legis et defectum legis Israel ». Allora av­
n n e la cattività per mano di Tito dopo 20 anni da questa congiunzione. Ed ecco l'os­
s: a _
d t zione di Pierre d' Ailly: da ciò appare che Cristo visse sotto la congiunzione prece­
te
� : � quod eius nativitas precessit pluribus annis Titum et illam captivitatum iudeo­
de et ho c p erfecti fuerunt annis a na t ivitate Moysi 1440 ». Dopo questa seguì la gran­
1?
o
du� �gmn:zi?� e nella triplicità d'aria (e qui altra critica, cap. 3 1 ) : « sed illam ut credo in­
Crj n ose omis u ille Abraham iudeus, nec ante istam vel post aliud specialiter loquitur de
s
aqu t0 •. aut lege ipsius; sed prosequitur de coniuntione magna que incipit in triplicitate
10
turi: S��rp ione que signavit novam sect am et falsum et mendacem profetam nasci­
dot » [_cioe M aom etto] . Ma il testo latino del De redemptione Israhel tradotto da Teo-
i co d
i N ort h em non dice precisamente così nelle due copie che conosco. Infatti
274 Medioevo magico
della Vergine 1 13 e nei due manoscritti di Abramo si ha il grafico della tri­
plicità con questo ascendente nella Vergine, che avrebbe presieduto al ­
i' avvento della nuova religione cristiana; si tratta di un oroscopo univer­
sale e non particolare di Cristo, con un ascendente in posizione negativa
e ciò è contestato da Pierre d' Ailly 1 14 •
Che cosa conclude Pierre d'Ailly? nel capitolo successivo (cap. 32 d el
suo Elucidarium) egli sostiene lo spostamento della triplicità della terra a
quella dell'aria come significante l'avvento del cristianesimo che ha inve ­
ce un significato positivo. (Come abbiamo visto è più proprio parlare di
oroscopo del Cristianesimo che dell'oroscopo di Cristo). Egli afferma
che sebbene Albumasar lo ponga con l'ascendente in Vergine nella tri­
plicità di terra, in realtà l'avvento di Cristo è avvenuto nella triplicità di
aria con l'ascendente in Bilancia e questo ha un significato nobile ed ele­
vato. E cosi Abramo Savosarda sbagliò anche nei suoi calcoli della re­
denzione di Israele che egli pose nella triplicità d'acqua: « sed in hac re­
demptione Israel deceptus fuit iste, sicut et ceteri iudi in eius expect a ­
tione et sic ceca obstinatione falluntur » (cap. 3 1 ) . Ma nonostante queste
critiche egli accetta l'imposizione escatologica astrologica di Abram o :
così che i suoi calcoli delle grandi congiunzioni opportunamente corret-

quando Abramo inizia a parlare della triplicità di terra con l'ascendente nella Vergin e , si
riferisce espressamente alla venuta di Cristo e all'insegnamento dei suoi discepoli ch e si
diffonderà in tutto il mondo: naturalmente il testo è redatto da un ebreo che non ac cet ­
ta la religione cristiana che addirittura li ha perseguitati. È naturale che qui l'ope ra di
Abramo contenga parole di denigrazione che, o il cardinale non conosceva avendo sot­
tomano un testo emendato o le ha censurate.
m ABRAMO, De redentione Israhel, cit . , ms. Lipsia, Bibl. Universitaria, lat. 14 67 , f.
222r.: « et dicunt quod anni a creatione mundi 3793 incepit docere Crispus hanc fidem
et fuit uno anno ante istam coniuntionem et in anno post apparuerunt discipuli sui a d do­
cendum mundum: fuit autem ascendens nativitatis eius 5 gradu Virginis. »
1 1 4 La scelta tra l'ascendente in Vergine e quello in Bilancia come segno dominante la
natività di Cristo ha un valore simbolico forte poiché investe da un lato il miracolo dell�
concezione verginale di Gesù e dall'altro l'apparizione di un Messia considerato come il
Sole della giustizia, e tale significato aveva per eccellenza il segno della Bilancia. Si t rat_­
tava di una tesi che si trovava in quel tempo sviluppata anche nell'operetta De A n tichrt­
sto attribuita da Nicole Bériou a Pierre di Limoges e da lei edita. In questo tratta te ll o I_a
storia del mondo è divisa in quattro parti e l'inizio di ciascuna era connessa con la nas ci·
ta di quattro personalità eccezionali che sono posti ai quattro punti cardinali: Ad am o c0?
ascendente in Bilancia, Mosé ascendente Cancro, Cristo ascendente Bilancia e l' An ti ci:·
sto ascendente Capricorno! Così la scelta dell'ascendente Bilancia per la nascita d i C rt:
sto ha da un lato un valore simbolico e dall'altro divide la storia del mondo in due p a�I
ben di�tinte. Cfr. N. BÉRIOUi Pie"e de Limoges et la /in des temps, « Mélanges de l 'E c�;
frança1se de Rome, Moyen Age - Temps Modemes », 1 986, 98, pp. 65- 1 07 (pp. 96 - 1 .
edizione del De Anticristo); questa associazione era condivisa anche dai Padri della Chie­
sa. Cfr. W. HOBNER, Zodiacus Christanus, Hain, Konigstein 1 983 , p. 12 1 ) .
Divinazione e astrologia; l'opera di Albumasar e l'astrologia 275

r. n ella radix della computazione, nella direzione delle correzioni delle


avole Alfonsine possono sempre servire da esempio •
1 15

Pe r concludere: I'Elucidarium di Pierre d'Ailly ancora agli inizi del se-


olo XV, può essere considerato una delle più importanti opere latine di
�teresse escatologico-astrologico. Egli non esita a utilizzare i testi di
astrologia escatologica ebraici dei secoli precedenti anche se in forma in­
diretta: probabilmente non conosceva le versioni latine da me ritrovate,
rna solo la versione francese del Liber revelations di Abramo fondata sul-
1' oro scopo delle religioni di Albu Masar che erano dottrine di astrologia
fisica e razionale e non magica. Il suo testo si caratterizza per una certa
rnode razione nella polemica anti giudaica sempre violentissima in quasi
1 16
tutta quest a letteratura cristiana e allontana qualunque visione magica
dalle profezie dell'astrologia mondiale.

1
e · '.' Conclude pertanto Pierre d'Ailly: «Hec autem ex Abrahe illius dictis breviter re­
av
;o i Ut ex his capiatur exemplum applicandi ha s et similes coniunctiones medias ad ma­
ri s et m irabiles eventus rerum quales multos notavi in preallegato [libro]» (Elucida-
u,n , cap. 32).
1 16
Bast . confrontare quest'opera di Pierre d'Ailly con quella del polemista Alfonso
Sp · a t i
dit fra � dell'ord.ine dei minori. Nella sua opera apologetica redatta in un clima molto
eh ,�rs_o dai tempi di Pierre d'Ailly, il Fortalitium fidei contra Judeos, Saracenos aliosque
ba:S{;;_ nae /idei inimicos, comparsa a Lione nel 15 11, i riferimenti all'opera di Abramo
a « qui habitavit in Barchinone [Barcellona]», sono condotti nei termini della
Più aspyY
teorj ra polemic a antigiudaica da un lato e dall'altro, nel clima della avversione alle
E. e as trologiche dell a storia biblica e della nascita delle religioni. Su Alfonso Spina cfr.
GARIN, I.:età nuo
va, Morano, Napoli 1969, pp. 92-97.
N grom anzia e astrologia tra religione e scienza.
1 1 · il ic so funesto del nigromante Cecco d'Ascoli
a

Nell'opera di Cecco d'Ascoli (Francesco Stabili, Ascoli, 1257 ca.-Firenze


1327 ) si ha un singolare connubio (che egli attenua dopo la prima con­
danna), tra religione (non cristiana), l' « empia » religione di Zoroastro, l' a­
strologia divinatoria e la « nigromanzia » (così la chiama) come dottrina
della presenza reale dei demoni che invadono il mondo e vi operano. Vi si
può riscontrare un rituale magico che permette di associare la religione al­
la magia, il sacro al profano: una concezione che sarà il bersaglio di quan­
ti filosofi, scienziati, medici o p erspettivi, teologi di quel periodo ( e anche
successivamente 1 ) cercheranno con i loro scritti di separare la magia de­
moniaca come vana superstizione illusoria, dalla vera religione e dalla
«vera» astrologia.
L' avvicinamento di questi termini può sembrare a prima vista insoli­
to o, per lo meno, sacrilego, come accostare appunto il sacro al profano.
Ma sono a tutti note le osservazioni di Durkheim in un'opera che ha fat­
t? s�u�la, Le /orme elementari della vita religiosa, per cui sacro e p rofano
si richi amano sempre, perché le cose sacre come gli atti religiosi sono
P rotett e ed isolate dalle interdizioni e, a quelle profane che devono esse­
r�, separate dalle prime, vanno riferite queste stesse interdizioni2 • Tutto
cio ch e è sacro si distingue per l'intensità e la forza dei poteri che gli ven­
gono ri onosciu
c ti: il sacro colpisce lo spirito umano con una energia
; ll�rdin aria sì da ispirare profondi sentimenti religiosi. Così tutta la vita
t

s� _ gio sa gravita intorno ai due poli contrari tra i quali c'è la stessa oppo­
e�o�e esi�tente tra il puro e l'impuro, il santo e il sacrilego, tra il divino
d bo
gonoi j, h co . Ma mentre questi due aspetti della vita religiosa si oppon-
un o all'altro, tra di essi esiste una stretta parentela. Senza dubbio

¼a:/- :�TH , !.:opposizione ecclesiastica alla magia, trad. italiana (Religion and Declin o/
g011/ . etdenfeld and Nicolson, Londra 1971), in M. ROMANELLO (a cura di), LA stre­
/i; zn Europa , Il Mulino, Bologna 1975, pp. 177 ss.
1.JRKHEIM, Le /onne elementari della vita religiosa, cit . , p. 43.
278 Medioevo magico

i sentimenti che suscitano le cose sacre non sono gli stessi delle pro fane,
tuttavia, come ebbe a sottolineare Rudolf Otto3 , il rispetto reveren zi al ·
dovuto alla divinità è spesso mescolato al sentimento del tremendum , al�
l'orrore nel sentimento religioso da lui definito come «numinoso » : l ' or.
rore si mescola il più delle volte alla reverenza, come il timore che ispi .
rano le potenze maligne non è privo di un carattere reverenziale.
Inoltre accade che una cosa impura e una potenza malefica, diven ga .
no, senza cambiare natura, per la semplice modificazione di circos tan ze
esterne, una cosa santa. E così nel Cristianesimo, la comunione, ben ché
sia un atto religioso che ha lo scopo di consacrare, può avere, se corn .
piuto non nelle debite disposizioni, gli stessi effetti di un sacrilegi o ( si
veda qui il capitolo dedicato a Enrico del Carretto). Parrebbe, tuttavia,
che constatazioni di questo genere non debbano convenire all'acco sta­
mento dell'astrologia al sacro. In realtà con questa mia analisi vorrei por­
tare la testimonianza di una personalità che più ha contribuito a saldare
i nessi tra un sacro necromanticamente inteso e l'astrologia.
A questo proposito occorre fare un discorso preliminare. Gli attacchi
e le esaltazioni nei confronti dell'astrologia4 che, con singolare veemen­
za, si sono avvicendati fino al Rinascimento, quando la celebre criti ca di
Pico della Mirandola è sembrata, a torto', sancire la fine dell'astrologia,
hanno sempre riflettuto il suo carattere ambiguo: da un lato legata alla
scienza (come astronomia) e, dall'altro, alla religione per il suo carattere
di divinazione. In realtà essa è nata, come hanno dimostrato gli studi di
Cumont e di Festugière (per non citare che i più noti) 6 , come un a so-

3
R. Orro, Il sacro, Bologna 1926, pp. 18- 19, 24-25, 80-8 1, 182-83, 189; DuRKHEIM ,
Le/orme, cit., pp. 425-5 1.
4
Cfr. C. FENOGLIO, Perché l'astrologia? Prefazione di E. GARIN, ed. Rai-Radiotdevt·
sione italiana, Torino 1972, p. 134.
' Cfr. L. THORNDIKE, A History o/ Magie and Experimental Science, IV, N ew xo rk
19532, p. 529; e dello stesso The True Piace o/Astrology in the History ofScience, « Is1;: •
XLVI, 1955, pp. 273-78; in particolare PAOLO Rossi, Considerazioni sul declino d�l a­
strologia agli inizi del!'età moderna, in I:opera e il pensiero di Giovanni Pico della Mzr�:
dola, II, Comunicazioni, Firenze 1965, pp. 315-31; ma si vedano, a proposito della
scussione sull'astrologia, le osservazioni di E. GARIN, Ritratto di Paolo dal Pozza T�scali
nellz; La cultura/iloso/ica del Rinascimento Italiano, Firenze 1961, pp. 323-24 e i c :ro
dedicati espressamente a questo tema. Si veda qui il mio studio di commento ad cudi
oi

,
e
passi dd Libro di pittura di Leonardo: « I.:astrologia che nulla fa senza la prosp ettiva » ( v
nota 77). p ri ·
6
F. CUMONT, L'Egypte des astrologues, Bruxelles 1937; Les mystères de Mythra, a , ;
1
gi 1902; Le religioni orientali nel paganesimo romano, Laterza, Bari 1913, PP · 199 · 2 !·
A. J. FESTUGIÈRE, La révélation d'Hermès Trismégiste, I, I.:astrologie et les sciences � i9 0 ct,1
s
tes, Parigi 19502 , pp. 87-88; F. BoLL, C. BEZOLD, Sternglaube und Sterndeutung , LIP
19314 ; W.E. PEUCKERT, Pansophie, Stoccarda 1936; Gabalia, Schimdt, Berlino 1 9 67 -
Nigromanzia e astrologia tra religione e scienza 27 9

vvivenza di culti astrali, trapiantatisi dall'oriente persiano, caldeo ed


p r� ano nel paganesimo greco-romano. I pagani del N secolo non con­
e�zi o più ingenuamente i loro dèi come geni capricciosi, come le po­
si eran rdinate di una cosmologia confusa, ma l'astrologia dà forma re­
ze diso
r�osa alla fisica del tempo, stabilisce i principi con cui spiegare, secon­
7
d! influenz� divine, tutt� i feno�eni del ci�lo e della t��ra • Dio vi�ne
on cepito, m questo primo periodo, e poi nella tradizione ermetica,
�ome una forza impersonale «senza principio e senza discendenza, di cui
invoc hiamo, con nomi diversi, le energie diffuse nel mondo, perché igno­
riamo il suo vero nome e rivolgendo le nostre suppliche ai suoi diversi
membri, intendiamo onorarlo. Mediante gli dèi subalterni, questo padre
8
comune di essi e di tutti i mortali, è onorato in mille modi diversi» • Esso
rivela la sua eccellenza nel cielo etereo, la sua potenza nei quattro ele­
m enti; ma la sua epifania più pura, più splendida avviene negli astri, le
cui rivoluzioni determinano tutti gli avvenimenti; e soprattutto si rivela
nel Sole, motore delle sfere celesti, focolare inesauribile di luce e di vita.
Nel culto del Sole, e poi delle altre stelle, fatte coincidere con le divinità
pagane, come Mercurio, Giove, Venere o Saturno, si celebra il connubio
tra astrologia e religione pagana.
Inoltre, secondo una immagine generalmente accettata, lo spirito che
anima gli uomini è una scintilla staccata dai fuochi che risplendono nel­
l ' ete re. Esso partecipa alla loro divinità e si crede sia disceso sulla terra
per subirvi una prova. Dopo aver lasciato la loro prigione corporea,. le
anime pie risalgono verso gli spazi celesti, in cui si muovono gli astri di­
vini, per andare a vivere per sempre nella luminosità infinita al di sopra
delle sfe re stellate9 •
Ma all'altra estremità del mondo, di fronte a questa dimora celeste, si
e��e il tetro reame degli spiriti perversi. Avversari irriconciliabili de­
;u d
ei e degli uomini, essi escono dalle regioni infernali per vagare sulla
supe r cie della
fi terra e diffondere tutti i mali. Il fedele deve lottare di
� � n tin uo co
ntro le loro imprese con l'aiuto degli spiriti celesti, e cercare
1 allon tanare
il loro sdegno con sacrifici di sangue. Il fedele diventa
lll ago e mediante procedimenti occulti e terribili assoggetta al suo pote-

: �U�ONT, Le religioni orientali nel paganesimo, cit., pp. 199 ss.


0s a
9
t fferma .Massimo di Madaura, in CUMONT, Le religioni, loco cit.
ble S�tema dell'ascesa delle anime cfr. in particolare R. KLEIN, La /orme et l'intelligi­
n0�0G mard, Parigi 1970, pp. 32-33 e 65-89; per l ' idea dell'anima come pneuma lumi­
Pl.ato' �nalogo alla materia degli astri, cfr. R.C. l<ISSLING, The ochema-pneuma o/ the Neo­
I 92 2 n:ts and the "De insomniis" o/Synesius o/Cyrene, «AmericanJournal of Philology»,
O lCf� / • PP, 319 -30; E.R. Dodds (a cura di), in PROCLO, The Elements o/ Theology,
r l 9 3 3, Appendix II: The Astrai Body in Neoplatonism, pp. 313-2 1.
280 Medioevo magico

re gli spiriti malefici. Questa demonologia, frutto del dualismo persian o


dell'antica fede mazdaica («l'empia religione» di Zoroastro 10 citato d a
Cecco), favorisce lo straripamento di tutte le superstizioni. L'astrologia
sconfina nella religione e la religione nella magia; e il carattere che le a c .
comuna è proprio l'aspetto operativo che ha sia la credenza religiosa d a
un lato che quella magico-astrologica dall'altro. Entrambe si fondano su
riti, su cerimonie, su atti mediante i quali l'uomo religioso, il santo , 0
semplicemente il mago, cercano di impossessarsi della forza divina o di
quella demoniaca.
Il carattere magico-rituale dell'astrologia emerge in tutta la sua fo rza
negli scritti di Cecco d'Ascoli (Ascoli 1257 circa - Firenze 1327).
La sua opera astrologica (la Spha e ra) 1 1 ci sembra un modello esem ­
plare di un certo tipo di nesso tra sacro e astrologia che arriva fino alla
dichiarazione esplicita della necromanzia (o meglio nigromanzia) . Il
nesso tra sacro e astrologia è immediato: termini matematico-geogr afi­
ci dell'astronomia, di per sé del tutto neutri assumono nell'opera astro­
logica di Cecco d'Ascoli un significato magico-operativo, evocano cioè
nature e forze spirituali demoniache, hanno un carattere sacrale necro­
mantico.

10
Sulla dottrina di Zoroastro e gli oracoli caldaici, gli studi di W. KROLL, De o racu­
lis chaldaicis, «Breslauer philologische Abhandlungen», VI Bd., 1 Heft, Breslavia 1 894 ,
pp. 6 ss. devono essere integrati con H. LEWY, Chaldaean Oracles and Theurgy , l ' Insti­
tut français d'Archéologie orientale, (Recherches d'Archéologie, 13), Il Cairo 195 6 , p .
10; i frammenti tratti da Porfirio, attribuiti agli oracoli caldaici da Lewy sono riportati
in traduzione latina da AUGUSTINUS STEUCHUS, De perenni philosophia, lib. III, capp. 14-
16, in Opera omnia, Venezia 1591, vol. III, pp. 55-57 ; cfr. G. WOLFF, Porphyrii de phi­
losophia ex oraculis haurienda librorum reliquiae, Berlino 1850, pp. 144 ss. ; K. DAN N EN·
FELDT, The Pseudo-Zoroastrian Oracles in the Renaissance, «Studies in the Renaissance » ,
1957, IV, pp. 7-30; cfr. D.P. WALKER, The Ancient Theology , Londra 1972, pp. 49- 50 ,
143-44 e passim. Cfr. anche J. DUSCHEME GUILLEMIN, L'Iran antico e Zoroastro, in Sto ri�
delle religioni, a cura di H.-C. Puech, vol. II, Laterza, Roma-Bari 1977, pp. 109- 1 66 ( sud
Magi pp. 161-65) e A. DE }ONG, Traditions o/ the Magi's Zoroastrianism in Greek an
Latin Literature, Brill, Leiden 1997 . Cfr. anche, per le fonti dell'empia religione di Zo­
roastro, F. SEZGIN, Geschichte des arabischen Schri/ttums, Astrologie syrische und mitt�l­
persische Quellen, Zarathustra, Brill, Leida, vol. VII, 1979, pp. 8 1-86 con bibliografi a ; 1ll
particolare J. BIDEZ, F. CUMONT, Les mages hellenisés, Zoroastre, Ostanès et Hysta sp e ,
Parigi, 1-11, 1938.
1 1 CICCHI AESCULANI, In sphaeram mundi ena"atio, per Simone Pavese detto Bevi ·
!acqua, 1499, Prologo ristampato dall'edizione emendata di Venezia per Ottavian o Scoto
15 18, che ha alcune varianti, da L. T HORNDIKE, The Sphere o/ Sacrobosco and its Cotfl•
mentators, Chicago 1949, pp. 343-4 11 (l'unico manoscritto superstite anch'esso em en ·
dato con alcune omissioni si trova alla Biblioteca Nazionale di Parigi, lat. 7337, ff. 3 Z;·
4 1v, sec. XV) insieme ad altre opere necromantiche come il De occultis di An ton io a
Montolmo (cfr. qui il Capitolo IX).
Nigromanzia e astrologia tra religione e scienza 281

. Vita e opere
1
francesco Stabili, conosciuto come Cecco d'Ascoli, medico e astrologo
b Iogn ese bruciato dalle autorità 12a Firenze nel 1327, ebbe una certa no-
à per il suo poema [}Acerba .
to�iet è conosciuto della vita di Cecco e quasi tutto in relazione all'A-
Poco
erba u . Secondo Giuseppe Bartocci sarebbe nato nel 1257 da Simone
14

�t abili, appartenente a una famiglia di notari, iscritti presso il Collegio


dei dottori notarili esistente ad Ascoli, rampollo di una famiglia protetta
d a un potente Monastero, e si sarebbe addottorato in medicina a Ascoli
al momento della fondazione dello Studio.
Le sue dottrine di magia e di nigromanzia sono apertamente profes­
sate e giustificate, nonostante che siano contra /idem, nel commento alla
Spha era del Sacrobosco, opera che ebbe, data la interdizione, una mino­
re circolazione ed assai tarda. Infatti, nonostante due condanne, il testo
fu ristampato con alcune ritrattazioni nel 1499 a Venezia e, poi, di nuo­
vo, a Venezia nel 1518 ed è rimasta solo una copia manoscritta emenda­
ta (BnF lat. 7337) del secolo XV.
Le terribili dottrine del suo commento alla Sphaera di Giovanni Sa­
crobosco non si rintracciano né ne l'Acerba, né nel commento al testo
d'introduzione all'astrologia di Alkabizio (Al-Qabisi), che era testo di in­
segnamento canonico per gli studenti di medicina a Bologna 15 , né tanto­
meno nel testo di astronomia De excentricis et ep icyclis.
In questa opera Cecco commentava la teoria tolemaica degli eccen­
trici e degli epicicli e le critiche che tale dottrina aveva incontrato in quel
periodo da parte dei filosofi più fedeli alla cosmologia di Aristotele il
quale aveva rielaborato il sistema di Eudosso e di Callippo, superato poi
da Tolomeo. Specialmente gli astronomi arabi spagnoli del XII secolo e
al�ni latini vi si opponevano. Si tratta di un testo scolastico di astrono­
mia abbastanza semplice redatto da Cecco per i suoi scolari di Bologna.
N on vi si fa nessun cenno a interpretazioni astrologiche e necromantiche

12
Cfr. C ECCO D'ASCOLI, /;Acerba, ridotta da Achille C respi, Ascoli Piceno 1972.
1
la � Cfr. A. BECCARIA, I biografi di maestro Cecco d'Ascoli e le fonti per la sua storia e per
'l,genda , «Memorie dell'Accademia di Torino», 1902, s. II, 58, 2, pp. 44-50 e 1908,
PP - 1- 94.
14
C G · BARTocq, La famiglia Stabili secondo i documenti ascolani e fermani, in Atti dd
nvegno (Ascoli Piceno 23-24 Novembre 1969), a cura di B. ensore, Barbera, Firenze
1; C
�· pp . 123- 59.
Fil , �- fEDERICI VESCOVINI, I programmi degli insegnamenti del Collegio di Medicina,
CU o od� e Astrologia dello Statuto dell'Università di Bologna del 1 405, in J . HAMESSE (a
s a
l . Ét i), Roma magistra mundi. Itineraria culturae mediaevalis, Mélanges offerts au Père
· Boyle , t. 1, Lovanio la Nuova 1998, pp. 193-223.
282 Medioevo magico

dei movimenti dei pianeti, né delle loro figure geometrico-demoni a che


come nel De sphaera. Esso, in altri termini, costituisce la redazione di un a
lezione tenuta con tutta probabilità a Bologna intorno al 1322- 1323 , cioè
non molti anni dopo la morte di Pietro d'Abano. In essa Cecco spiega
per sommi capi la dottrina degli eccentrici ed epicicli di Tolomeo e la di ­
fende dalle dottrine contrarie degli aristotelici, di Averroè e dalla teoria
dei pianeti di Alpetragio e, infine, espone una teoria dei «moderni » che
vogliono conciliare i filosofi con Tolomeo, la quale, tuttavia, non è tole­
maica, ma pare sua propria.
Nell'Acerba, poema che i letterati confrontarono con la grande Com­
media di Dante, è delineato un determinismo astrologico mitigato dalla
creazione di Dio, che non contiene niente di più delle dottrine astrologi­
che correnti e niente di terribile come invece si legge nel testo della
Sphaera 16 • Esso non raggiunge mai le altezze poetiche di Dante non o­
stante i suoi estimatori.
La storia della fortuna del poema l'Acerba è meglio conosciuta di
quella di questi scritti in latino 1 7 nonostante fosse condannata ad essere
bruciata insieme al libretto della Sphaera e interdetta la sua circolazion e .
Non fa meraviglia che l'attività di Cecco dovuta alla opera in volgare
l'Acerba, anche per la sua contrapposizione alla Commedia di Dante, fos ­
se più conosciuta e suscitasse una tarda difesa dell'ortodossia di Cecco
del gesuita Paolo Antonio Appiani, pubblicata nel 1707 da Domenico
Bernini nella sua Historia di tutte le heresie 1 8 •

2 . La Sfera
Nel commento alla Sfera il rituale magico-demoniaco si inserisce sul t esto
astronomico del Sacrobosco con una immediatezza impressionant e . La
giustificazione teorica generale di ciò, comune a buona parte della l ette ·
ratura magico-astrologica, si può leggere nel prologo in cui Cecco esalta
l'astrologia come conoscenza della natura delle stelle e delle loro con ·
giunzioni che genera la conoscenza delle cose future, innalza la ment e del·
l'uomo e fa di lui un essere divino che l'accomuna agli angeli che preve ·

16 Cfr. Cecco d'Ascoli, in Atti del Convegno, cit. pp. 16- 17, sulla fortuna dell'Ace�ba
nei secoli XV e XVI. Particolari dottrine magiche o necromantiche non vi sono sta te r;
tracciate, come sottolinea anche Febo Allevi nel suo saggio: Cecco d'Ascoli e l 'A cerba
Atti, cit., pp. 160-91).
1 7 Cfr. gli Atti del Convegno del 1969, editi nel 1976.
1 8 P.A. APPIANI, Apologia di Cecco d 'Ascoli in Historia di tutte le heresie, Rom� 17 o5·

1709, 4 w., testo dell'Apppiani in vol. III, 1707, pp. 450-59; cfr. anche la difesa d � G . I
Il.
RABOSCHI, Storia della letteratura italiana, Modena 17 87 - 1793, tomo V, parte 1 lib ro
p. 296, che sostiene che fu accusato per invidia.
Nigromanzia e astrologia tra religione e scienza 283
19
dono il futuro • Ma la singolarità di Cecco d'Ascoli non sta tanto in que-
ficazione dell'astrologia, assai diffusa e comune nel pensiero
t a giusti
�t eologico medioevale, quanto nelle conseguenze che ne deduce e che
fanno diverso il suo pensiero da quello, per esempio, dell'Autore dello
Sp ec ul u m astronomiae, dove si escludono le pratiche di magia nera20 di cui

ampiamente, invece, si parla in questo scritto di Cecco. Infatti non sap­


per quali dottrine Cecco fu arso, ma non certo per la cosmologia
p i amo a del tutto innocua e convenzionale delineata ne J;Acerba.
astr ologic
I cronisti del tempo, come il Villani, non danno chiarimenti precisi
sulle sue dottrine che dovevano essere terribili, al punto che il cronista
non osa neppure riferirle. La credenza nel carattere magico delle formu­
le (incanta tiones) era così diffusa nel Medioevo che sarebbe bastato ri­
p ortarle per provocare proprio quella evocazione degli spiriti2 1 immondi
p e r cui l'opera di Cecco era stata probabilmente condannata • Le defi­
nizioni astronomiche più comuni e generali della Sphera hanno nel testo
di Cecco d'Ascoli una portata tale per cui invadono la sfera del sacro an-

19 CICCHI AESCULANI, In sphaeram mundi enarratio, Venezia 1499, Prologo.


20 L' autore dello Speculum astronomiae condanna le pratiche e i riti necromantici
come vera e propria idolatria trattando « de imaginibus astronomicis et earum auctoribus
licitis, atque de imaginibus superstitiosis et earum auctoribus » (dr. Speculum astrono­
miae, cap. XI, Lione 1 65 1 , v. V, pp. 660-6 1 , prima ed. S. Caroti, M. Pereira, S. Zamponi,
P. Zambelli, Domus GWaeana, Pisa 1 977 , pp. 27-28). Qui si condannano i riti di propi­
zi azione e di incantesimo alle divinità astrali. Le imagines sono infatti di tre specie e solo
una è le cita. Questa rappresenta le figure dd ciclo secondo l'astronomia di Tolomeo; esse
sono natu rali, non magiche e lecite. S ulla distinzione delle due forme di immagini magi­
c
�e !llecite, una « abominevole », risalente alla magia ermetica, e l'altra « detestabile »,
nfenta alla magia salomonica; dr. lo studio di N. WEILL-PAROT, I demoni e la Sfera, la
d �ecro"!anzia » cosmologico-astrologica di Cecco d'Ascoli, in Atti dd Convegno su Cecco
�scoli, Roma 2007 , pp. 105-28 ; dr. anche MAssIMO GIANSANTE, Cecco d'Ascoli, il de­
sttn o d ll'ast
e rologo, « Giornale di astronomia », 2 ( 1 997 ) , pp. 9-16.
21
GIOVANNI VILLANI, Cronaca fiorentina, rubrica 435 : « Un maestro Cecco d'Ascoli,
f h
e fu sottilissim o uomo in astrologia, e dicesi che disse cose contro la fede, ma mai non
on fessò. _M� pure il c�se
ch � _ fec� ardere p � r alcuna c � sa che in un suo _libro scrisse delle
v L . . ] [ o mzsszs] ; ma d1ces1 che la cag10ne perche fu arso, fu che disse ch e Madonna G10-
n:Ù a , figliuola dd Duca era nata in presto di dovere essere di lussuria disordinata ». Ma
a
« N�ova Cronica a cura di G. Porta, vol. II, Pavia 1 99 1 , XI, 4 1 , pp. 570-7 1 , si legge:
L
ra a cagion e perché fu arso si fu perché, essendo in Bologna, fece un trattato sopra la sfe­
nolllette� do che nelle sfere di sopra erano generazioni di spiriti maligni, i quali si potea­
ost
cos c nng e re per ii:i cantesimi sotto certe costellazioni a potere fare molte meravigliose
e .
ch � Cfr._ G . BOFFITO, Perchéfu condannato l'astrologo Cecco d'Ascoli?, Firenze 1 904 ,
e s
d an e �dio per molti aspetti superato anche se benemerito. Per il documento di con­
l 1 ;; rocesso sentenza e morte di Cecco Stabili da Ascoli seguita in Firenze il dì 15 apri­
e
1
Pp .s�r
Beit · ' cfr ; I. VoN DOLLINGER, Geschichte der gnostisch-manichiiisten Sekten, I Teil, in
r.
zu r S�ktengeschichte des Mittelalters, 1 890 ( ristampa New York 1 970), doc. 45 ,
-97 . D1 ciò più. avanti dettagliatamente.
284 Medioevo magico

che se di segno negativo. Termini matematici o geografici come quell i de.


gli angoli coluri, dei sette climi, o dei quattro punti cardinali, conten uti
nel testo della Sphaera di Giovanni Sacrobosco, sono interpretati dallo
Stabili in senso evocativo, demoniaco. Così la dottrina dei quattro P unti
cardinali, già riferita dall'autore dello Speculum, si trasforma nella ere.
<lenza dei quattro demoni che si spartiscono il mondo e che entrano nei
quattro elementi. Essi corrispondono perfino alle quattro parti fon da.
mentali del corpo umano. «I quattro segni cardinali, che si suole retta­
mente porre in cielo, sono come le quattro membra principali del nostro
corpo. Per questo Ipparco dice nel suo libro I.:ordine delle Intellig en ze
che i prìncipi dei demoni occupano le quattro parti al di sotto del c ielo'.
Espulsi dal cielo essi invadono tutta l'atmosfera e i quattro elementi. « Ta­
li spiriti sono al di fuori dell'ordine della grazia (extra ordinem gratiae) e
alcuni di essi occupano gli elementi. Alcuni sono nell'elemento del fuo­
co, altri in quello dell'aria, altri nella terra, e quelli che sono nel fuoco
provocano talora temibili incendi nell'aria»22 • Pertanto i quattro spiriti
che risiedono in cruciatione locis, cioè nei quattro punti cardinali, hanno
terribili poteri: essi appartengono alla gerarchia degli spiriti maggiori e si
chiamano Oriens, Amaymon, Paymon, Egim. Ciascuno di essi coman d a
venticinque legioni di spiriti che per la loro natura nobile, richiedono sa­
crifici di sangue di esseri umani e carne di uomini morti o di gatta23 .
«Quest'arte, prosegue Cecco, è stata insegnata da Zoroastro e non si può
praticarla senza grande pericolo, mediante orazioni e preci che sono con­
tro la nostra fede»24 • Questi spiriti o demoni possono prendere anche no ­
mi diversi a seconda che si riferiscono ai climi (climata) dell'universo . In
tal caso, in numero di sette prendono, allora, il nome delle sette divinità
planetarie. Così alla nozione geografica astronomica dei climi (le latitu ·
dini) Cecco unisce quella magico-demoniaca delle divinità dei pianeti2' .
Francesco Stabili è consapevole (almeno dopo la prima condanna ) che le
forze demoniache di cui si deve impossessare il mago non hanno lo stes·
so segno di quelle pure e sante degli angeli. Tutto il Medioevo cris tian�
ha creduto nei demoni e negli angeli, anche sul fondamento autorevo le di
alcuni celebri capitoli della Città di Dio, dove Agostino parla dei mi raco ·
li e li spiega con l'azione di forze angeliche, o d'altro genere, attraverso
cui opera l'azione divina26 • Agostino aveva fatto una distinzione imp o r ·

03
22
CrCCH I AEscULAN I In sphaeram, Venezia 1499, cap. Il; ed. Thorndike, pp. 3 9 1 · 4 ·
23
In sphaeram, cap. Ili; ed. cit., p. 404 .
24
In sphaeram, cap. III, loc. cit.
21 In sphaeram, Ioc. cit., pp. 404-405 .
26 «Porro autem quaecumque miracula, sive per angelos sive quocumque m odo 1·ci_
e11
divinitus fiunt, ut Dei unius, in quo solo beata vita est, cultum religionem que com !Jl
Nigromanzia e astrologia tra religione e scienza 285

te tra il mago e il santo, che si trova riformulata da Cecco d'Ascoli nel


t9Jl t esto magico necromantico-astrologico, dove definisce il problema
Jdla grandezza dei circoli celesti in questi termini: «La grandezza e la
. colezza dei circoli [celesti] si intende in due modi: in uno, in ragione
rue a costituzione della sfera celeste; in un altro, per le nature occulte che
. trovano negli elementi del mondo [. .. ]. Per questo dovete intendere
\ e gli spiriti qui sunt extra ordinem gratiae, non possono fare niente di
�iru rn se non mediante le virtù delle cose naturali. Pertanto, tutte le co­
se meravigliose che fanno gli spiriti, le fanno per le nature e le virtù oc­
cult e che sono nelle cose del mondo. Tali operazioni compiono i demo­
ni e la loro azione avviene in due modi: in un modo ab intra, come quan­
d� il dèmone può modificare la fantasia di un uomo e tutte le sue sensa­
zioni sì che esso veda altra cosa da quella reale, et hoc/it virtute rerum na­
tura lium. L'altro modo è invece ab extra, per cui i demoni possono assu­
mere un corpo e l'aspetto di un uomo morto dall'aria circostante e così
manifestarsi». Questo è quello che diceva Agostino - prosegue Cecco
d'Ascoli - nel libro delle 83 questioni per cui nelle arti magiche avven­
gono miracoli per lo più somigliantissimi a quelli che fanno i servi di Dio.
Ma i maghi li fanno mediante le cose naturali per la loro gloria; i santi, in­
vece, solo per la potenza divina a cui tutto è sottomessa27 •
Sant'Agostino, come è ovvio, non si era espresso negli stessi termini
di Cecco d'Ascoli; tuttavia il significato del suo pensiero era somigliante
nel d ualismo tra angeli e demoni28 • Nonostante la citazione di Agostino,

?ent, ea vere ab eis ve! per eos, qui nos secundum veritatem pietatemque diligun t, fieri
1�8? Deo in illis operante credendum est» (AGOSTINO, De civitate Dei, lib. X, cap. 12, Pa ­
ngi 1 960, voll. II, p. 420).
27 el testo
. N (emendato) scrive pertanto: «Unde, omnia mira que spiritus faciunt, fa­
ciunt propter naturas et virtutes occultas que sunt in rebus mundi, non quod materia
co1:Poralis oboediat spiritibus ad nutum, ita quod eorum virtute possit transmutare ma­
te am de fonna
n in fo nnam. Nec in rei veritate demones possunt transmutare corpus hu­
lllanum in bestiale, nec quod corpus hominis reviviscat, sed hoc accidit quandoque se­
��um �pparentiam et non secundum realitatem. Et hoc potest fieri dupliciter: uno
O O ab mtr a,
ro quia demon potest irnmutare fantasiam hominis et omnes sensus corpo­
� � Ut res videatur quam sit in rei veritate: et hoc fit, virtute rerum naturalium. Alio
o O
ap ab extra, nam demon potest sumere corpus ab aere, et formam illius mortui, et sic
r
ra P� et. ldcirco dicebat Augustinus in libro 83 questionum quod in magicis artibus mi­
re� et plerumque simili a illis miraculis que fiunt per servos Dei. Sed magi faciunt per
a
a rales
et e �? quaerentes gloriam suam; sed sancti faciunt solum per potentiam divinam
ed Tu iu ssu et nutu cui omnia subiiciuntur» (CICCHI AEscULANI, In sphaeram , cap. Il;
• 2 8 °rndike, p. 395).
Dei « �aemones autem non aeternas temporum causas et quodam modo cardinales in
rien :apientia contemplantur; sed quorundam signorum nobis occultorum maiore expe­
ia m ulto plura quam homines futura prospiciunt; dispositiones quoque suas ali-
286 Medioevo magico

la posizione di Cecco ne è molto distante poiché il connubio tra ast ro}0


gia-magia-necromanzia e una religione a sfondo dualistico-manich eo :
molto forte. L'astronomia è lo strumento col quale il mago dom in a
cose e se ne fa signore tramite i demoni al suo servizio. L'astrologia a s su�
t
me un carattere demoniaco per il quale l'astrologo diventa il sacerdote
il ministro dei segreti della natura, di tutte le cose e degli altri uo rnin/
Egli conosce verità segretissime, lui solo, e questo lo distingue dagli altrt
esseri mortali: ne fa il ministro di un culto orrido e occulta2 9 •
Le dottrine magico-necromantiche o nigromantiche di Cecco sono
terribili: tra esse quella che gli meritò probabilmente il rogo, e cioè la ter­
ribile interpretazione magica degli angoli coluri30 ; i loro spiriti dai norni
impronunciabili di Incubi e Succubi, entrando negli organi del corpo
dell'uomo e della donna, sotto determinate congiunzioni astrali, avr eb ­
bero determinato la nascita degli uomini quasi divini, e cioè dei grandi
legislatori del mondo, dei maghi, dei profeti di Cristo e dell'Anticrista3'.
Infatti gli avvenimenti miracolosi che sono narrati nei libri sacri, come la
nascita di Cristo da una Vergine, l' eclisse miracolosa che accompagnò la
sua morte sono ampiamente spiegati da lui come fenomeni magico-ast ro ­
nomici. E Cecco d'Ascoli come professore di filosofia e astrologia all'U ­
niversità di Bologna insegnava queste dottrine ex cathedra.
Tutto l'impianto del commento è chiaramente nigromantico: vi si
danno ben due definizioni di necromanzia che non sono a carattere me­
ramente didattico, ma rivelano le intenzioni del loro autore: una è quel ­
la che evoca gli spiriti dei morti, pertanto il medico senza le stelle e il ne­
cromante senza le ossa dei morti, è come una immagine non vivificata da ­
gli spiriti (ed. Thomdike, p. 345). L'altra definizione di «necroman zia»

quando praenuntiant. Denique saepe isti numquam illi omnino falluntur. Aliud est enim
temporalibus temporalia et mutabilibus mutabilia coniectare eisque temporalem et mu ·
tabilem modum suae voluntatis et facultatis inserere, quod daemonibus certa rat ione per·
missum est; aliud autem in aetemis atque incommutabilibus Dei legibus guae in e!u s_ sa·
pientia vivunt, mutationes temporum praevidere Deique voluntatem guae tam certiss�
a
s
quam potentissima est omnium, spiritus eius partecipatione cognoscere ; quod sanc;;
angdis recta discretione donatum est» (AGOSTINO, De civitate Dei, lib. IX , ap . � c -
ed. cit., voi. Il, p. 362). Sull'importanza di questo come dell'altro passo in cui _ Ag�-
trasforma gli dèi pagani in demoni (libro VIII, pp. 14-22), cfr. le osservazioni di R. · e
SELLI, Le premesse medievali della caccia alle streghe, in La stregoneria in Europa , ci · •
pp. 4 1 ss. e
29 Sulla segretezza e oscurità di queste dottrine e il loro carattere sacro cfr. anch
Picatnx (si veda qui il Capitolo 1). .88) -
3 0 C1ccm AEscULANI In sphaeram, Venezia 1499, cap. Il (ed. Thomdike, PP · 3 87 teS
31 In sphaeram, loc. cit., p. 388: «Unde ista bestia Zoroaster et aliqui e� seq::n n
et
dicunt quod Christus fuit ortus in dominio istarum quartarum ex virtute m u c b o i" ·
b
succuborum, de quibus supra dixi vobis, quod orribile mihi videtur scribere ist a ver
Nigromanzia e astrologia tra religione e scienza 287
_ . ile a quella di Picatrix e si chiama propriamente «nigromanzia»:
e 51� una scie nza divinatoria che invoca i demoni per dare responsi il
er a vvie ne in tutti i trivii e massimamente in quelli esposti a Nord («est
d
e e am scie ntia divinativa qua advocantur demones ad dandum re­
que »). Pertanto egli unisce le due forme medievali di divinazione ne­
sp onsa a, quella per l'invocazione degli spiriti dei morti e quella per
antic
e'"rornrvento de1" demom. o enuta . ,
astrali
l te
mI demoni poi occupano tutta la sfera celeste e terrestre e hanno la
ura delle intelligenze celesti espulse dal cielo: invadono tutta
tessa nat
f• aria e i attro elementi, gli equinozi e i solstizi i quali sono come i loro
qu
sto per quanto riguarda i demoni della gerarchia maggiore.
t roni e que
Questa dottrina è attribuita a un libro di Ipparco dell'Ordine delle intel­
32
ligenze (De ordine intelligentiarum ) . A lui è riferito anche il potere ma­
gico degli angoli coluri (gli angoli circolari formati dalle intersezioni di
due cerchi celesti), in cui risiedono gli spiriti incubi e succubi33 • Pertan­
to, se condo le congiunzioni astrologiche maggiori di Saturno, Marte e
Giove, nei punti cardinali Cancro e Capricorno, in virtù delle loro capa­
cità divine, gli spiriti incubi e succubi avrebbero fatto nascere gli uomi­
ni che sembrano divini, come il mago Merlino e l'Anticristo (p. 388). Il
test o a noi pervenuto è emendato e non parla esplicitamente di Cristo,
ma la affermazione molto azzardata è riferita più avanti a quella «be­
st ia » di Zoroastro.
34

Ora, tutti questi demoni si gloriano quando possono ingannare gli


�omini. Il testo contiene anche alcune formule per imprigionare le intel­
�genze che sono fuori dell'ordine della grazia (extra ordinem gratiae) per
unp rigionare i demoni nelle immagini di pietre, in idoli d'oro, o d'ar­
gento, di stagno, pratiche attribuite a Salomone per le quali essi danno
3
�h pons� '. _ Tra questi demoni il più elevato è Floron che/uit de hierarchia
e[:'�zn , il quale può essere costretto a entrare in uno specchio. Esso ha
P ro etizzato la nascita di Cristc3 6 •
I �ltre l'eclissi che accompagnò la morte di Cristo non fu un miraco­
I di��o, ma
; può essere spiegata, oltre che astronomicamente, per virtù
t g ca dell'eliotropia («Eclipsis fuit facta in Hierusalem virtute eliotro­
pe \
to. L'oan che _se chi lo afferma è un bugiardo, sostiene nel testo emenda-
p e ra s1 chiude così con una lunga ritrattazione della spiegazione ar-

l2 [
3 3 ;/Phaeram, ed. cit. , p. 3 9 1 .

J
34 r. n ota 3 1 .
is testo è em endato: Zoroastro è una bestia.
\)çEQL �sphaeram, p. 3 97 : «Salomon in libro de mundi idearum » Per questa fonte cfr.
l6 AROT, I demoni della Sfera cit., a nota 38.
I11 sphaer
am, cit., p. 409.
288 Medioevo magico

tificiale e naturale dell'eclissi della morte di Cristo, per sostenere c h e fu


miracolosa, con un atto di sottomissione alla correzione della «sacro san .
ta romana Chiesa».
Nonostante la ritrattazione sulla circostanza della morte di Cri sto e I
dottrine necromantiche messe in bocca all'empia bestia di Zoroast ro , �
testo non lasciava dubbi su una visione demonologica dualistica dell a
sfera del mondo, interamente in mano alle forze del male, senza o mbra
di salvezza, né di ordinamento al bene. Le dottrine blasfeme sulla reli­
gione cristiana dipendevano tutte da questa concezione della te rra in
preda alle forze demoniache malvagie di cui il mago necromante era il re
il principe e il dominatore.
Non mi soffermo qui oltre sulle altre dottrine magico-necrom anti­
che3 7 astrologiche (sebbene orribili) di Cecco38 , che costituiscono quasi
un unicum 39 nel panorama filosofico istituzionale del Medioevo .

3 . Perché fu bruciato Cecco d'Ascoli? Le condanne


Molti storici si sono interrogati sui motivi della condanna al rogo di Cec­
co d'Ascoli. Dopo quanto ho premesso sui contenuti filosofici e scienti­
fici, astrologici e magici dell'opera in latino di Cecco riprendo qui il pro ­
blema della sua condanna dal punto di vista dei contenuti delle o pere
scientifiche in latino in relazione ai documenti della condanna. Fino ra in­
fatti Cecco d'Ascoli ha interessato più la storia della letteratura per il suo
poema l'Acerba, rivale della Divina Commedia di Dante, che per gli scrit ­
ti scientifici e quindi erano state esaminate in particolare solo le su e ope­
re in volgare: pochi o nessun cenno ai suoi scritti che contenevano i t esti
delle sue lezioni bolognesi, per cui eccessiva e del tutto sproporz io na�a
appariva la condanna al rogo. Tuttavia da quanto abbiamo già messo �
evidenza, egli non insegnava la «vera astrologia» permessa dalla filo sof�a
cristiana medievale, ma la vera e propria arte nigromantica divin at oria
fondata su una visione dualista del mondo, di cui il mago è il padron � e
dominatore ed a questa arte è sottomessa anche la vicenda della na sc ita
di Cristo. .
Per quanto riguarda i testimoni numerosissimi delle condanne in vd
I-
gare che ci sono pervenute, un racconto di tali vicende fu pubbli c at � o
lgnaz von Dollinger (alla fine del secolo XIX), da un manoscrit t o a ssai

37 Crccm AESCULANI, In sphaeram, cap. II (ed. Thomdike, pp. 387-88). •co


3 8 Cfr. anche N. WEILL-PAROT, I demoni della Sfera, la «negromanzia » cosmo logtrso·
astrologica di Cecco d'Ascoli, Atti del Convegno «Cecco d'Ascoli», Ascoli 2005 , in co
di stampa.
39 Ringrazio Nicolas Weill-Parot per avermi messo a disposizione il suo stud i o-
Nigromanzia e astrologia tra religione e scienza 289
fondo Magliabechi della Biblioteca Nazionale di Firenze, del
rdo del
ra olo XIX, in nome dell'Inquisitore fiorentino frate Accursio dell'Or­
s�c dei Frati Minori Conventuali e del frate Lamberto del Cingulo del­
e
rordine dei _ Predica�ori, Inquisitore di �ombard!a, il_ quale già più volte
v vitato a ritrattare le sue teorie. Esso e chiaramente un testo
10 ave a in è intitolato Casi /unesti 40 • Questo documento fu studiato ai
f
8 oc ri o ed
�uni del Novecento da Augusto Beccaria (La condanna in volgare di
�ecco d'As coli, Torino, 1909) e dal Boffitto. Ma esistono altri numerosi
documenti di condanna che ci sono pervenuti quasi tutti tardissimi e che
p aiono rinviare a un primo originale per i tratti comuni o la somiglianza
dello schema seguito.
Uno degli elementi vistosi che li accomuna è il periodo tardo in cui fu­
r no redatte, quei secoli del Seicento, del Settecento e dell'Ottocento
o
che avevano, da un lato una idea generica a teorica, dell'astrologia me­
dievale considerata con il canocchiale dell'avversione di Pico o di alcuni
scritti giovanili di Ficino4 1 , dopo le condanne ripetute del secolo XV e,
d all'altro, riflettevano l'avversione del secolo dei lumi contro la Chiesa e
le superstizioni del Medioevo. Per la prima considerazione, egli fu con­
dannato perché sosteneva l'astrologia giudiziaria applicata anche alla na­
scita di Cristo e della Vergine. Ciò non toglie che proprio in quei secoli
alcuni autori come l'Appiani l'avessero giustificato al punto che il Thorn­
dike riferendosi a queste difese si è chiesto quali potevano essere le vere
cause della sua condanna, dato che le dottrine astrologiche da lui pro­
fessate, anche se censurate, non avevano mai condotto al rogo nessuno
fino a d allora. Per la seconda considerazione egli appare quasi un marti­
re del libero pensiero.
Il carattere magico-demoniaco-necromantico dell'astrologia che pro­
fes�ava, mediante la quale si possono realizzare cose meravigliose co­
nngendo gli spiriti maligni che si trovano nei circoli celesti; la dottrina
�et
e nninistica che esclude ogni possibilità di libertà per l'uomo, estesa
anche alla
nascita e morte di Cristo e alla venuta dell'Anticristo42 , tutti
sogg tti alle
� leggi degli astri, sono in queste copie i tratti comuni sottoli­
neati ed esposti con particolare insistenza: «Disse maestro Cecco che si

40 Do LLI NG ER, Geschichte der gnostisch-manichaistischen Sekten, cit., p. 589.


41
di I: Cfr. la �a�s destruens della dottrina astrologica di Ficino da me ricostruita nello stu­
o
espressività de( cielo di Ma�silio !icin� , lo �o��aco m�dieval� e lo spir�to �efeste, cit.,
Pp . _
lo. 1 1 1 · 2 5 a proposi to dello scrt tto giovanile d i Fi cmo, Dzsputatzo contra z udtczum astro-
42 e
.,oru m e il ommento
alle Enneadi.
agli J a �ascita di Cristo sarebbe riconducibile a un fenomeno magico astrologico come
l'e dt etti demon iaci dell'angolo coluro. La dottrina è messa in bocca a Zoroastro e nel­
n Ztone a cu i faccio riferimento, che è emandata, è d ichiarata orribile da Cecco, ma ciò
on ogl e nie
t i nte al fa�to che Cecco la riferisca e se ne d ilunghi come fosse vera.
290 Medioevo magico

può rispondere in quattro modi (come dimostra Ermete) , che si posson o


sapere gli accidenti degli uomini: cioè [ . . .] mediante il principio della
« natività»[. .. ] perché le intelligenze che muovono i cieli, hanno influ s so
sopra gli uomini inclinandogli a fare un quesito in modo che in tali que.
siti gli uomini sono piuttosto spinti a atri, che di loro medesimo». C osì
la Divina Sapienza sopportò la sua passione e morte « per necessità dei
corpi superiori e virtù delle costellazioni celesti» e che, costringendola la
necessità loro, « bisognò "che Cristo" fusse povero». « Non solo , con
grande e maggiore ignoranza disse "che l'Anticristo avere a nascere d'u­
na virgine e finiti gli anni 2000 della natività di Cristo abbia da venire n el
mondo in forma di soldato valente accompagnato da nobili" [. . . ] ».
Questo documento prosegue narrando che sebbene più volte richia­
mato e perdonato, pur avendo fatto menda, avrebbe tuttavia continuato
a insegnare queste dottrine. La sua fede nell'astrologia demoniaca era
così radicata, che la credenza nel carattere magico-demoniaco della p re­
visione astrologica non lo avrebbe mai abbandonato, nemmeno in pun­
to di morte sul rogo. Consegnato al braccio secolare « insieme al suo li­
bro o libretto superstizioso, sciocco e necromantico sulla Sfera, pieno di
eresia e d'inganni, e un altro libro nominato l'Acerba, per essere punito
colla debita pena», si racconta che fino all'ultimo momento avrebbe so­
stenuto che la sua morte avveniva così come aveva « inteso dal demo­
nio», «dover lui morire di morte accidentale infra l'Affrica (cioè il fiume
Affrico) e Campo di Fiori» (cioè Firenze) .
Questi numerosi documenti apocrifi della condanna di Cecco d' A­
scoli al rogo per heretica pravitate, pongono molti interrogativi allo stori ­
co tra i quali quello che riguarda l'esecuzione immediata della condan na
al rogo per eresia. Esso rappresenta un caso isolato nella storia della ma­
gia dotta medievale, prima del processo del 1398 al medico Jean de B a�
intentato dal Collegio dei Teologi dell'Università di Parigi, in cui quesU
fu condannato per idolatria in ragione delle sue operazioni magich e e
bruciato (egli era un medico e pare non avesse una carica di insegna­
mento istituzionale come Cecco) (si veda qui il Capitolo VIII) .
Le condanne che si erano avute lungo i secoli precedenti, come quelle
del XIII e gli inizi del XIV secolo, si erano indirizzate per lo più verso le
eresie patare e catare, che erano a carattere politico e sociale, più ch_e do&
trinale come ha messo in luce Raul Manselli e la sua scuola, nei suoi st u
sull'eresia del male. Il catarismo, ha scritto il Paolini, rappresenta la verll
eresia medievale43 •

4' L. PAOLINI, Il modello italiano nella manualistica inquisitoriale nei secoli XII� e Xl�i
in A. BORROMEO (a cura di) , /;inquisizione, Biblioteca Apostolica Vaticana (studi e teS
4 1 7 ) , Città del Vaticano 2003 , p. 1 03 .
Nigromanzia e astrologia tra religione e scienza 291

Inoltre nel XIII secolo prevaleva ancora la dottrina, magistralmente

i
vilup pata anche da Tommaso d'Aquino, fondata sul Canon Episcopi per
quale la credenza nei demoni e le operazioni magiche erano forme di
s:perstizione e ad esse non era stata associata l'eresia.
Perché dunque Cecco fu ritenuto eretico, sulla base dei documenti di
con danna letti alla luce del suo tempo, gli inizi del XIV secolo?
Almeno dai suoi scritti, ad esempio, non si ricava nessuna formalizza­
zion e di patto con il diavolo, elemento essenziale per cadere nell'eresia
secondo la casistica della procedura dei secoli successivi che ebbe l'os­
sessione delle streghe e del demonio e che processò per questo numero­
se persone come è tristemente noto. Tuttavia il suo corso di astronomia
e cioè il suo commento al De Sphael'a del Sacrobosco (anche se emenda­
to dopo la prima condanna) conteneva qualcosa di più generalizzato ri­
spetto all'idea di un patto personale con il diavolo e forse ancora più gra­
ve. Come sappiamo dagli Statuti dell'Università di Bologna del 1405 44
che formalizzavano una tradizione di testi di insegnamento della Facoltà
di medicina, filosofia e arti dell'Università di Bologna del secolo prece­
dente, gli studenti di questo corso di medicina e filosofia dovevano ave­
re una solida preparazione astronomica e astrologica, dato che la pro­
gnosi medica era una prognosi astrologica e, pertanto, dovevano avere
conoscenze fondate sulla lettura del De sphaera di Sacrobosco per la co­
smologia e, per la dottrina dei movimenti dei pianeti, dovevano avere
studiato la Theorica planetarum Gerardi. Per i fondamenti astrologici del­
la medicina dovevano conoscere l'Introductorium minus dell'Alkabizio e
il Centiloquium dello Pseudo Tolomeo, nonché le Tavole del De Lineriis.
Ora i testi astronomici che costituivano gli argomenti dei suoi corsi di
medicina, filosofia e astrologia dal 1322 al 1324 sono appunto un com­
ent
:e o all'Introduzione minore dell'Alkabizio, il commento al De sphaera
l S acrobosco e l'innocuo testo De excentricis et epicyclis 45 •
In questo commento all'Alkabizio non ci sono le affermazioni che si
trov o nel
an commento alla Sphaera nelle copie a noi pervenute, che sono
quelle emendate probabilmente dopo la prima riprovazione dell'anno

:: Cfr. F'EDERICI VESCOVINI, I programmi degli insegnamenti, cit., pp. 193-223.


3 8 _ Per l'edizione di questo testo cfr. Appendice n. 2, in P. D'ABANO, Lucidator, cit., pp.
39 ;
10 d ' � per l'edizio!J.e del Commento dell'Alkabizio, cfr. G. BOFFITO, Il commento inedi-
1 9� tco d 'Ascoli all'Alkabizio, «Bibliofilia», 1904 , V, dispense 11-12, pp. 22-33 e VI,
ast Ì 1�P en�e 2-6, pp. 53-67 e 111-23. Egli avrebbe redatto anche una Physiognomica
ali
va r ogi�a _di cui si hanno ampie digressioni ne L'Acerba. Una copia frammentaria si tro­
Ph _a B iblioteca Laurenziana di Firenze, ms. Pluteo 40,52, f. 78r-84r: De quodammodo
c:e rt�; om ie ( incipit): «Quatuor genera veteres instituerunt». Ma l'attribuzione non è
y
a. testo è anonimo.
292 Medioevo magico

1324, così come risulta dall'unica copia manoscritta4 6 pervenuta ci il cu1·


testo è uguale alle edizioni di Venezia con il testo emendato47 • Tuttavi a 1e
fonti sono le stesse, in particolare un misterioso libro di Zoroas t r o D
dominio quartarum octavae sphaere, il quale nel De sphaera è citato c�rn e
colui che divise i climi in zone necromantiche, il primo inventore deU:
arti magiche. Il clima è uno spirito che dà responsi con sacrifici di sa .
gue di corpi umani morti (ed. Thorndike, p. 404). n

4. Alcuni documenti della condanna


I documenti delle condanne, come ho accennato in precedenza, non ci
aiutano molto a ricostruire la storia della condanna, anzi ci fuorvi ano .
Una circostanza, tuttavia, da non sottovalutare è che essa fu emanata
proprio intorno agli anni della consultazione di Giovanni XXII sulla m a­
gia (1320), e della promulgazione della Bolla Super istius specula 48 • È cu­
rioso che, a parte un documento di cui parlerò, della sua condann a ci
sono pervenuti numerosissime redazioni in italiano e non in latino, come
avrebbero dovuto essere, quasi tutte romanzate che vanno dai secoli
XVI-XVII le più antiche fino al XIX secolo le più tarde. È chiaro che la
sentenza originaria doveva essere stata redatta in latino e il tenore dove­
va essere diverso. lo ho rintracciato in Italia ben più di diciassette copie
manoscritte della sentenza di condanna per frate Accursio Inqui sito re
della Toscana, oltre le due citate dal Thorndike, ma esse sono s icura­
mente in numero superiore (se ne trovano anche in Spagna)4 9 e t ratterò
solo di alcune.
Si tratta di redazioni che per lo più si rifanno alla copia: 1) Fi renze,
Biblioteca Nazionale Il, IV, 322, in folio n. 956 (vecchia colloc azione,
Strozzi, XXV n. 556), f. 178r-187v, del XVII secolo (Mazzantin i G . , In -

46 Parigi, BnF lat. 7337, XV secolo ff. 32v-4 1v.


47 Venezia, per Simone Pavese detto Bevilacqua 1499 e Venezia eredi Ott av1 0
.
ai;
Scoto, 15 18. Il testo è riprodotto da TH0RNDIKE, The Sphere o/ sacrobosco, cit . , P P · 3 4 ·
411
�8 Alain Boureau esamina le obiezioni fondamentali della critica storica ch e n eghe·
rebbero la paternità di questa bolla a Giovanni XXII per sostenere che le tes i qu i _s_o::
nute sono in ogni caso conformi alle convinzioni di Giovanni XXII. Tra es�e 1� p iu d el
·
portante è che tale bolla non si trova nei registri pontifici. Tuttavia la pubblica z 10n e j .
le opere di Giovanni XXII è lungi dall'essere compiuta (cfr. BoUREAU, Satana eretrco, e
t ,
trad. italiana, pp. 23-26).
49 Cfr. anche G.A. GENTILI, Un esemplare bolognese della sentenza cap tt. ale contro
a}i l'>,
Cecco d'Ascoli, maestro di eresia, «Rivista di storia delle scienze mediche e n atr 011
0
1953, 44, pp. 172-87. Siquenza, A.rchivio de la Catedral, ms. 66 , mise. sec. XV ( e e
ho visto). Cfr. anche la nota 52.
Nigromanzia e astrologia tra religione e scienza 293

n ta ri
dei mss. , Firenze, Bibl. Nazionale, volume XI, Forlì, 1901, p. 25).
; ona parte delle altre, come la copia edita dal D ollinger50 dal mano­
ritto 2) Firenze, Bibl. Nazionale, II, IV, 321 (Strozzi classe XXV, n.
;�9), sec. XIX, ripren�o�o la pre�edent� con rimaneggiamenti; 3) la co­
ia di Firenze della Biblioteca Riccardiana del secolo XVIII, numero
}B 95 [R.I. 38] f. 1-11: (Incipit «Noi frate Accursio di Firenze dell'ordi-
e »5 1 ), segue la stesura dei due Strozziani precedenti. La copia 4) Firen­
;e Bibl. Nazionale, Conv. Soppr. SS. Annunziata, G. 9. 1608, sec. XVII
0 :XVIII, ff. 3.1-3.6 ha un prologo educativo. Titolo «La morte di Cecco
d ' Ascoli seguita in Firenze l'anno 1327 ally 15 di settembre fu tale che
mediante le sue cause merita viverne largamente la memoria, acciò serva
per freno et_ esempio a col?r� c? � [. .. ] ». Il te�to è diverso �ai pr�ced�nti
e vi si sottolmea la sua fam1gliar1ta col demomo, la suggestione diabolica;
5 ) u na narrazione chiaramente romanzata che assicura la figura di Cecco
alla leggenda appare il racconto che si legge nel manoscritto di Roma (Bi­
blioteca dei Lincei, Ferraioli, ms. 789, fine sec. XVII-XVIII ff. 247r
( 77r)-260v (91v)), che si discosta dalle narrazioni delle altre sentenze
apocrife. Non pretende riportare la sentenza di condanna di frate Ac­
cursio, ma un «breve racconto della vita di Francesco» che andandose­
ne in Calabria accettò la proposta di alcuni pastori calabresi di calarsi in
una grotta dove era nascosto un tesoro, per recuperarlo. E qui trovò un
libretto che, apertolo, ne uscirono degli spiriti che lo pregavano di co­
mandarli: «Il libro del comando» della leggenda della vita di Cecco d'A­
scoli. Tutto il racconto è centrato sui poteri di questo libro.
U n'altra copia che segue il testo della redazione delle copie degli
Strozzi sopra ricordate, ma assai più tarda e piena di errori, è quella di
Roma. 6) Vat., Chigi M.V. 109, sec. XVIII, f. 1-16v, che addirittura por­
ta la data errata 1328 e scambia la modalità della morte per impiccagio­
n e, an ziché per il rog 2 •
c5
. Tutti questi documenti, se si considera la distanza della loro stesura
rispetto ai tempi reali, possono sembrare poco utili. Tuttavia se ne pos­
sono ricavare
alcuni elementi preziosi.

'0 D?UI NGER, Geschichte der gnostisch-manichafstischen Sekten in Fruheren Mitte­


!a lt
fi-4t� cu., �P - 5 85 -87. Cfr. anche A. BECCARIA, La redazione in volgare della sentenza di
� 1 ccu rsz o, «Atti e Memorie della R. Accademia di Torino», 1902, 44, 1908.
n a . S� �rate Acc�rsio Bonaccorso, Corso Bonfantini da Firenze figlio di Ghino - Ghi-
22 ct� ei Bo�f�tini cfr. ad vocem «Archivum franciscanum historicum», 1915 , VIII,
,� on/antznz A ccursio, in Dizionario biografico degli italiani, 12 (col. 10- 11).
in Fi « Sententia contro a maestro Cecco di magistro Simone degli Stabili di Ascoli, data
Citt ' 0J�nza !: ann o di nostro Signore 1328. Al nome di Dio amen Noi frate Accursio»,
no � yaticano, Vat . , Chigi M.V. 109 sec. XVIII, ff. 1- 16v. Gli inquisitori «lo rilascia-
nobile soldato e cavaliere il signore Jacopo da Brescia Vicario fiorentino» . (f. 16v)
294 Medioevo magico

Queste sentenze in volgare sono assai sgrammaticate, i nomi dei testi­


moni e degli accusatori sono storpiati e deformati, in quanto passando d
una copia all'altra il copista spesso ne fraintendeva la lettura. Tuttavia :
interessante osservare che da queste letture delle Sentenze apoc rife , iù
P
delle pratiche astrologiche e della dottrina del commercio con il Dem o.
nio di cui il primo Inquisitore di Lombardia Lamberto de Cingoli, d o.
menicano, lo aveva trovato colpevole nel 1324, in quanto professate pub .
blicamente nel suo insegnamento sul libretto della Sfera, l'accusa più g ra­
ve dell'Inquisitore di Firenze nella seconda sentenza del 1327, risulta es­
sere di carattere giuridico formale: ossia di non aver rispettato il giu ra­
mento che aveva fatto a detto Inquisitore di Lombardia e in aggiunta di
non ricordarsi se aveva fatto la penitenza commessagli, e quindi di aver
continuato a professare le stesse dottrine di prima.
Tutte queste sentenze, anche se sono alquanto imprecise, ci fornisco­
no inoltre alcuni dati probabilmente attendibili relativi alle autorità pre ­
senti e ai testimoni. Il dato più importante è che questa sentenza fu ema­
nata da tutte le autorità tramite i loro rappresentanti: quella dell'Inquisi­
tore, quella del Vescovo di Firenze, quella del Legato papale e del rap­
presentante del Comune; in altre parole ci fu unanimità da parte di tutte
le autorità del tempo. La sentenza dell'Inquisitore francescano fu pro­
nunciata di fronte al Vicario Generale del Vescovo di Firenze che gli con­
feriva l'autorità della sentenza, del Cancelliere, del Diacono Cardinal Le­
gato con autorità Apostolica per la Toscana e quindi per l'immediato af­
fidamento al braccio secolare, al nobile soldato Iacopo da Brescia con
onor ducale Vicario fiorentino: si ricava inoltre che il «doversi proc ede ­
re alla sentenza degli errori dipendeva dal fatto che Cecco era «casc ato »
nella pena dell'inosservanza del giuramento dato di non attendere p i ù al ­
i'eresia». Dunque l'esecuzione pare essere in dipendenza della prim a
sentenza che era stata assai mite, come vedremo, dell'Inquisitore di Lom ·
bardia, Lamberto de Cingoli, e cioè fu condannato perché era rec i d ivo .
Esiste tuttavia un'altra copia in latino redatta nel XV secolo, s ic ura­
mente più vicina alla sentenza originaria e forse più attendibile ris petto

ano
« Il sopradetto signor Vicario immediatamente e senza delatione mandò per il Capit a
e sua famiglia, et al luogo della giustizia dinanzi a una moltitudine grande di po polo r ·
dunato fece impiccare predetto maestro Cecco». La copia segnalata dal Thomdike, pi:
pi 199, sec. XVIII, Vita e morte di Cecco d'Ascoli, contiene anche una nota su pa dre . e
cursio Bonfantini inquisitore che esaminò e condannò Cecco. L'altra copia Firenz e , :Rie;
Palat . 895, sec. XVII porta la data erronea della morte di Cecco 1328: « Sentenza co;�
a maestro Cecco di maestro Simeone» (cfr. THORNDIKE, A History, cit. , New �o�k 1 )O{·,
v. II, pp. 95 1-52); altre copie Venezia, Marciana, Ital. VI, 120 e 121, (Mazz antt�1 • L >>
,
VII, p. 37 ss.); Firenze, Naz. Fondo Principale II, I , 5 19, sec. XIX (cfr. « Rinascun en ro
1963, 3 (seconda serie) pp. 115-43.
Nigromanzia e astrologia tra religione e scienza 295

. Essa si trova nella Biblioteca Riccardiana di Firenze ed ha due


�e altre sitivi: è del XV secolo ed è redatta in latino e probabilmente
t ib
u ti po
�t �ten tica. Si tratta forse di un registro della sentenza dal titolo: De ma­
e ·\ Cech o de Asculo quare combustus sit. Essa fa riferimento a due date,
ro
gtS 3 e il 1 327 5 3
il 1 24

male
5 . !}iter for
Questo documento è innegabilmente prezioso: tuttavia restano aperti al­
cuni problemi che qui non esaminerò esulando dall'intento di questo
stu dio che riguarda solo molto indirettamente la storia dell'Inquisizione
m edievale come le vicende dei rapporti dei Tribunali dell'Inquisizione di
questo secolo: in particolare tra gli Inquisitori di Lombardia (Bologna),
i domenicani, e gli Inquisitori di Toscana (Firenze) appartenenti all'ordi­
ne dei Minori. Gli studi esistenti sull'Inquisizione nel Medioevo di Cele­
stin o Douais (Parigi, 1905), diJ. Guiraud (Parigi, 1938) sono assai data­
ti. I due volumi54 apparsi di recente dedicati alla Inquisizione dei Frati
predicatori sono assai pregevoli e aggiornano molte circostanze storiche
della Inquisizione moderna. Tuttavia, tranne l'analisi di Giovanni Merlo
sulle origini dell'Inquisizione medievale" e di Lorenzo Paolini, non mol­
te risposte si possono ricavare su questo primo quesito dei rapporti tra
gli Inquisitori dei due Ordini e il braccio secolare nei secoli XIII e XIV,
se non che esso riguarda le storie particolari per ogni vicenda, dei rap­
po rti tra potere politico e ecclesiastico e tra i vari organi ecclesiastici che
anco ra sono lungi da essere conosciuti perfettamente. Tuttavia il Paolini,
�ella sua ricostruzione del modello italiano della manualistica inquisito­
riale ( XIII e
XIV secolo) approfondisce il contenuto dei documenti già
segnalati dal Dondaine56 e mette in luce i contrasti tra le varie forme di
auto rità, in
d.�1
quisitoriali, vescovili e papali, fino alla stesura di un unico e
ren t e regolamento che riunisce le disposizioni sparse in settant'anni
1 ot�a all' eresia. Verrebbe così sanzionata la definizione estensiva del-
1' eresia di
, qualunque eresia come crimen pubblicum, cioè la lesa maestà
l} p·
ren
4 ,1 ze, Bibl. Riccardiana, 673, M.I., 25, ff. 124rv (vecchia numerazione l l l rv).
2 00J ) L inquisizion e (Atti del Simposio Internazionale Città del Vaticano, 29-31 Ottobre
5
h
411d a ra _ di Agostino Borromeo, cit. e Praedicatores lnquisitores - I. The Domenicans
cu
and �e Medz��� { Inquisition (Acts of the 1st lntemational Seminar on the _ Dominicans
2 004_ e I nqu1s1t1on, Rome, 23-25 February 2002), Istituto Storico Domemcano, Roma

In �'- � - MERLO, Predicatori e inquisitori, Per l'avvio di u na riflessione, in Praedicatores


q s ores I.
,! � , cit. , p p. 13-31.
1 94 · DONDAINE, Le manuel de l'Inquisiteur, «Archivum fratrum predicatorum »,
7 ' 1 7 , p p , 85 - 193.
296 Medioevo magico

eterna è fatta rientrare nel diritto comune e ha la stessa natura di pe rs e .


guibilità e di punizioni come la confisca dei beni e la pertinenza del fis co
pubblico. Sulla base del documento De officio inquisitionis (circa 13 2 0 )
il Paolini sottolinea come alle autorità civili sembra che non fosse più ri ­
chiesto altro che l'executio sententiae, con l'avallo dei giuristi, civilist i e
canonisti fondato sull'autorità di Bonifacio VIII57 • Non sappiamo se an­
che questa disposizione possa essere considerata valida nel nostro ca so
per l'affidamento e l'esecuzione immediata al rogo da parte del Vicario
Jacopo da Brescia, di Cecco d'Ascoli.
Merlo si interroga se è possibile distinguere una Inquisizione medie­
vale da quella moderna come pure è stato sostenuto' 8 , in quanto quella
moderna riposa su un lento e faticoso strutturarsi dell'Ufficio dei sec oli
XIII e XIV che è stato assai complesso e difficile. Merlo sottolinea la di­
fesa da parte dell'Inquisizione di una ortodossia che più che dottrinale è
formale e giuridica, in cui la dimensione politica è intrinseca al grande
impegno antiereticale dei secoli XIII e XIV. Il caso di Cecco d'Ascoli è
in questo contesto anomalo, trattandosi di eresia magica, a meno che non
fosse riconducibile, come appare dalla cronaca in latino del XV secolo, a
un atto di disubbidienza formale e giuridica da parte di Cecco: elementi
questi che riguardano solo molto indirettamente la magia. Infatti fino ad
allora valeva quanto anche il maestro parigino Pietro il Cantore (Pierre
le Chantre) aveva affermato a proposito dei criteri di persecuzione san­
guinosa dell'eretico per cui heretici non licet ecclesie e/fundere sangui­
nem 59 . Si applicava un decreto del Concilio Lateranense del 1 17 9 , pe r
cui la disciplina ecclesiastica sacerdotale cruentas non efficiat santion es e
tra gli eretici non comprendeva i maghi, così come era stato affermato
nella bolla Accusatus di Alessandro IV ( 1260)60 • Pare così che tutta la sto­
ria dell'Inquisizione dei secoli XIII e XIV riguardi una drammatica vi­
cenda di contraddizioni61 , per cui dalla preoccupazione della salv ezza
delle anime, si passava alle pene del corpo, che tuttavia non spet tav a al
Tribunale dell'Inquisizione comminare, ma al braccio secolare . Esso
dunque non poteva agire che in associazione con i poteri laici62 • Il c aso
della morte sul rogo di Cecco d'Ascoli si intreccia quindi fortemente con

57 PAOLINI, Il modello, cit., p. 106.


58 Cfr. lLARINO DA MILANO, Eresie medievali, scritti minori, Rimini 1985, (Studi e fl·
cerche dell'Istituto di Storia della Filosofia di Magistero di Perugia, 1 ) , pp. 44 1 ss . h
5 9 Cfr. J .W. BALDWIN, Masters, Princes and Merchands. The Socia/ View o/ Peter t e

Chanter and bis Circle, I, Princeton 1970, pp. 3 18-23 .


60 Conciliorum oecumenicorum Decreta, a cura di G. Alberigo, Bologna 1 97 2 , P· 2 2 4.

Liber sextus, V, II, cap. 8.


61 MERI. o , Predicatori e inquisitori, cit. , p. 38.
62
Cfr. J . -L. BIGET, I.:inquisition en Languedoc, in L'inquisizione, cit., p. 75.
Nigromanzia e astrologia tra religione e scienza 297
politica di Firenze degli anni 1325-1326- 1327, divisa tra Guelfi
Ia storia
Ghibellini, retta dal governo del duca di Calabria, Carlo d'Angiò ca­
detto degli angioini e del suo Vicario Jacopo da Brescia e dipendente dai
uoi rapporti con il papato nella lotta tra i seguaci dei Bianchi o dei Neri.
Anche in questo caso l'Inquisizione medievale pare figlia sia di problemi
di questioni religiose, soprattutto in quegli anni in cui singo­
politici che
lari esempi si ebbero nella lotta tra Filippo il Bello e Bonifacio VIII,
quando le accuse di magia e di eresia rimbalzavano dall'uno all'altro ed
er ano sicuramente strumenti di potere 63 Il caso dell'accusa seguita dalla

condanna dell'Inquisitore Umberto di Parigi, confessore di Filippo il


Bello nel 1308 di Margherita Poreta, autrice del Miroir des ames sim­
ples 64, bruciata a Parigi nel 1 3 1 0, è ancora un altro caso che non rientra
nel nostro tema della magia né nell'eresia dualista catera, bensì nei pro­
blemi della mistica e del beghinaggio.
Dai modesti e fantasiosi accenni della Cronica del Villani della vita di
Cecco non si può certo credere che fosse stato affidato al potere secola­
re solo perché aveva urtato il signore (il duca di Calabria di cui era me­
dico e astrologo) per avere fornito un ritratto immorale (lussurioso) del­
la figlia Giovanna. In realtà documenti attendibili potrebbero essere
rappresentati dai registri dei notai, degli officiali laici al seguito degli In­
quisitori, e da quei documenti attestanti i rapporti istituzionali tra questi
notai, l'Inquisizione, il Vescovo, l'autorità papale e il Comune di Firen­
ze: una ricerca compito certamente degli storici medievali di quel perio­
do65 e che non è il mio campo.
Qualcosa di più certo si sa per esempio dall'opera del giurista Zan­
c hino Ugolini, notaio al seguito dell'Inquisizione di Rimini nel 1299-
1300, redattore di un trattato Super materiam inquisitionis, studiato dal
�ondaine. Lo Zanchino è prudentissimo nel caso di eresia per pratiche
di ?1agia. L'Inquisitore aveva stabilito che egli non si doveva intromette­
re 10 t q
ali uestioni, senza aver fatto le debite distinzioni («non intromit­
tet se de talibus indistincte») perché queste pratiche dovevano risultare

no ;;: - PARAVICINI BAGLIANI, Bonifacio VIII, idolatra?, in Bonifacio VIII, Einaudi, Tori-
3,
64 . pp , 325-30.
rito Ed z�ORETA
M_ , Le miroir des times simples, in R. GUARNIERI, Il movimento del libero spi­
Ali.;
sta : ui io?e di storia e letteratura, Roma 1965 ( testo a pp. 52 1 -635). Il testo dell'inchie­
P bblicato d� José Pou y Martì, Visionarios Beguinos y Fraticelos (siglos XIII-XIV),
REA;�e l 996, pp. 660-96 ( riedizione recente da quella Vich del 1930); cfr. anche Bou­
Gio,,,' a�an a eretico, cit . , pp. 69-70, 255 che sottolinea a questo proposito il problema di
d ann anni XXII della ricerca di una spiegazione della possessione per giungere alla con-
65� m
en? , � relazione alle visioni demoniache oppure a quelle dei santi.
t
e Gh·1 lli �n� d1 Firenze dal 1324 al 1327 è tra le più complicate, per le lotte tra Guelfi
be nt , t seguaci dei Neri o dei Bianchi, l'influenza del papato di Giovanni XXII
298 Medioevo magico

all'Inquisitore in maniera manifesta e senza alcun dubbio («hec con stent


manifeste sine dubietate inquisitionis») 66 • Nel caso di magia necro rnan.
tica di Cecco d'Ascoli le pratiche erano manifeste? Ma sulla gui da di
Zanchino rispetto alle arti magiche tratterò più avanti.
Nell'insieme, per quanto ho potuto verificare, le altre sentenze si di.
scostano da questa stesura ultima in latino perché seguono tutte, solo con
varianti formali e lessicali, la redazione della copia dei Codici contenuti
nella Biblioteca Nazionale di Firenze, appartenuti alla famiglia Stroz zi67
Queste stesure espongono l'iter regolare dei processi del Tribun a!�
dell'Inquisizione che dovevano procedere, come stabilito formalmente
dalle disposizioni di Giovanni XXII, ad accertare il «fatto» eretico s ine
dubio. Pertanto la sentenza rispetta la procedura che l'Inquisitore deve
seguire, in particolare: la fama sparsa da persone degne di fede che rife­
riscono «che egli andava spargendo per la città di Firenze molte eresie e
quello che era più brutto dava a leggere per le scuole pubbliche un cer­
to suo eretico e brutto libretto fatto da lui sopra la sfera celeste e tutto
operava persuadendoglielo il Diavolo per sua dannazione e contro il giu­
ramento altre volte da lui dato ritornando come il cane al vomito ». Qui
si allude alla prima condanna dell'Inquisitore di Bologna; ma l'indica­
zione risulta vaga e viene successivamente chiarita.
Il secondo elemento procedurale è la confessione dopo che l'In q uisi­
tore ha accertato la veridicità delle affermazioni dei testimoni degni di
fede e ritrovato il documento («detto libretto») da cui dipende la
«fama». Dopo aver giurato di dire la verità, Cecco confessa una s erie di
dottrine, ma prima di tutto ripete le confessioni fatte allorché era s tato
citato e richiesto la prima volta dal religioso frate Lamberto del Cin g ol�
dell'Ordine di Predicatori, Inquisitore dell'Eresia nella provincia di
Lombardia: confessa che l'uomo poteva nascere sotto tale costellazione ;

tramite gli Angioini, che si interessarono direttamente di Firenze in fasi diverse seconto
e
le situazioni del momento: Giovanni XXII doveva fronteggiare Ludovico il Bavaro c
nel 1324 era sceso in Italia e intorno al quale si era costituito il gruppo dei disside� ti
cescani sostenuti da filosofi come Guglielmo d'Occam e sul piano politico dalle i dee �
frfj
De/ensor Pacis di Marsilio da Padova. Di tutto questo fermento filosofico, poli ti co e r
eh·
gioso non si ha traccia nell'opera di Cecco, che alcuni storici ritengono che no n avess�
preso alcuna posizione a Firenze tra la fazione dei Bianchi e quella dei Neri. Fir�n ze PN.
era assediata dai Ghibellini di Pistoia e Lucca guidati da Castruccio Castracant (cfd _ f.
MACHIAVELLI, Vita di Castruccio Castracani da Lucca, in ]storie Fiorentine, a cu ra 1
I
Gaeta, Feltrinelli, Milano 1962, p. 27, e G. GALASS0, Storia d'Italia, UTET, To rino vo ·
VIII, 1987, pp. 624-50). . . te) ,
66 Cfr. J. DALARUN, Héresie commune et lnquisition à Rimini (fin XIII et XIV szec
«Studi medievali», 1988, 29, p. 669.
67 DòLLINGER, Geschichte, cit. , p. 589.
Nigromanzia e astrologia tra religione e scienza 299

necessariamente sarebbe stato ricco o povero [ ... ] Ancora aveva det­


ch � u na sua lezione «che dal dominio delle quarte dell'ottava sfera na­
to o uomini divini, che si chiamano Dii di Nabeoh o che mutano le leg-
sc. on ù manco, siccome · fu Mose,' Merlino e s·1mon M ago»: m .
altre pa-
t 0 pi
g delle religioni, senza alcuna mitigazione.
rolale l'o ros copo Aveva confessa­
d etto Inquisitore altre dottrine gravissime, come l'oroscopo di Cri­
t� to dell'Anticristo. Inoltre aveva promesso al detto lnquisito­
s o l'avven
;
e tt fa o giuramento «di lasciare ogni eresia e credenza». Aveva ricevu­
;0 la penite nza da detto Inquisitore [. . . ] la qual penitenza «benché non
se ne ricordi», disse di averla interamente fatta. Confessò dopo aver fat­
t o detto giuramento, dopo che era venuto a Firenze, che per scienza di
ast rolo gia si può conoscere la fortuna o sfortuna di un principe, la vitto­
ria O sconfitta in battaglia; confessò altre previsioni come l'arrivo di Lu­
dovico il Bavaro, i suoi onori, la sua gloria e la sua morte. Confessò per
s cienza di astrologia altre cose come la vittoria di una città sopra l'altra,
che Firenze era sotto il segno dell'Ariete e Lucca del Granchio (allusio­
ne della guerra tra Firenze e Lucca?); confessò per scienze di astrologia
conoscere il futuro di un nato; gli accidenti contrari o favorevoli. Con­
fessò di conoscere tecniche di interrogazioni secondo i quattro modi sta­
biliti da Ermete, confessò che secondo il corso delle stelle si conoscono i
costumi, le azioni e gli accidenti degli uomini. Confessò inoltre di avere
risposto affermativamente a un fiorentino che glielo aveva domandato se
« c redeva essere vere quelle cose che si contengono nell'arte magica e ne­
cromanzia». Confessò come per scienza di astrologia si poteva conosce­
r� l' adulterio. Disse di aver scritto un libro sulla sfera dell'incipit: «Gio­
na est mortem vivere in mente humanorum ! Per tutto ciò disse di essere
stato corretto da frate Lamberto Inquisitore predetto».
Questa prima parte della sentenza riepiloga quindi il processo prece-
dent e che come
sappiamo dall'ultimo documento da me ricordato, si
svolse a Bolog
na nel 1324. Confessò pertanto di avere trasgredito al giu­
ramen to
fatto al detto Inquisitore di Lombardia di non professare l'a­
s trologia p
oiché, venuto a Firenze, aveva risposto a un fiorentino che lo
aveva in te
rrogato su molte cose, parlando «per scienza di astrologia».
. S eguono le accuse dell'Inquisitore di Firenze che riepilogano le dot­
t
/10e P rofe ssate da Cecco: il determinismo astrologico, a cui aveva as­
g°�ettato anche la nascita e la povertà di Cristo, la tecnica delle interro­
r:i°�i �he eglì usava, la quale impedisce il libero arbitrio, l'avvento del-
hcristo e tutto il resto.
f
se ��zo elemento formale del processo è la difesa: benché Cecco aves­
s ott0l e tarato a sua difesa di aver emendato il testo e di aver dichiarato di
lll ettersi alla correzione della chiesa cattolica, è stato «convinto del
300 Medioevo magico

contrario per testimoni che hanno contro di lui deposto». E dopo ch e i


testimoni ebbero confermato, fu dato a Cecco il tempo per difende rsi
ma «infra quel tempo non fece alcuna scusa». La ritrattazione è il qua r �
to elemento formale necessario per l'assoluzione. Rispettato questo it er
in cui determinante era l'abiura e il pentimento che egli non manifes tò
l'Inquisitore procedette nella sentenza di condanna, alla presenza dell�
altre autorità che furono unanimi: dell'Inquisitore, del Vescovo, del L e­
gato papale, del Vicario del duca di Firenze, Jacopo da Brescia che rap­
presentava il braccio secolare insieme ai suoi assessori e famigli. Ma n on
sappiamo se fu giudicato anche da un tribunale del potere politico, il che
non appare. Si legge quindi che: «Nel medesimo giorno il Vicario Iaco­
po di Brescia senza dilazione mandò il predetto Cecco al luogo di G ine­
stra dinanzi a una moltitudine di radunamento di popolo, come richie­
devano i suoi errori insino alla sua morte fissare, da terrore et esempio di
tutti gli altri».
I testimoni dell'esecuzione che riferirono «di aver veduto con gli o c ­
chi» furono «ser Vanni di Borgo, Borghino di Maestro Chiarito da P ra­
to, Monvello di Iacopo et Giovanni Serafeno».
La diverse copie che riportano il medesimo testo, contengono molte
storpiature nei nomi dei testimoni presenti alla condanna, pertanto non
sappiamo quanto siano attendibili.

6. La leggenda della fine di Cecco d'Ascoli


Le numerose copie apocrife della Sentenza di condanna di Cecco d'A­
scoli, sebbene quasi tutte molto tarde, dal XVII al XIX secolo, han no
contribuito ad assicurare alla leggenda, più che alla storia, un fatto inso ­
lito e cruento, non tanto per la condanna di eresia, ma piuttosto per l'e­
secuzione al rogo dovuto a una dottrina alquanto tollerata nel Medioevo ,
nei suoi aspetti moderati anche se attentamente esaminata e censurat a
nei suoi caratteri estremi: ossia la divinazione l'astrologica.
Se alcune copie possono derivare da una medesima stesura, la cop ia
del manoscritto Ferraioli 789 fine secolo XVII-inizi XVIII ha una nar ra ­
zione diversa e affida alla letteratura favolistica popolare la storia di C e c ­
co: egli è ritratto come uno stregone cercatore di tesori nascosti, un b u r­
lone, tuttavia, con una sua dignità. La storia di questa vita è divers a d a
quella narrata nelle copie similari e contiene anche errori di temp o. L a
motivazione della narrazione è sempre quella edificatoria «a mo' di i ns e ·
gnamento per i posteri (acciò serva per freno)».
La storia comincia in Calabria, in una terra dove alcuni pecorai ra c ·
contano che un ricco signore da poco defunto aveva nascosto in un a
Nigromanzia e astrologia tra religione e scienza 301

rofon dissima grotta il suo tesoro che aveva sottratto ai suoi eredi. Tut­
p v a i pecorai raccontavano che nessuno aveva il coraggio di scendere
i
t ael grotta perché dicevano che si nascondeva uno spirito «il quale cu­
la
n va il detto tesoro e non lo lasciava prendere a nessuno». Cecco, che
od i
:tveva ascoltato i loro discorsi mentre se ne stava cenando, propose ai pe­
corai di calarsi nella grotta. Ciapone, che era il capo, portò tutti sul luo­
trovava la grotta e poco dopo passata la mezzanotte calarono
go dove si
Cecco dopo averlo sorretto con una fune con la scorta di un lanternino.
Cecco n on sap eva che in quella grotta c'erano gli spiriti che custodivano
il tesoro, perché i p ecorai non glielo avevano detto. Cecco, appena arri­
vato in fondo «sentì un gran fracasso d'urli e di strida», ma esso «di ciò
nulla temendo si mise con il lanternino» a trovare il nascondiglio del te­
soro, che trovò subito, e tirò la fune perché lo tirassero su. Ma i p ecorai,
tirato su il tesoro, lasciarono Cecco nella grotta, per non dargli la sua p ar­
te del tesoro, «acciò che morisse». Cecco rimase addolorato nel vedersi
abbandonato da quei villani, aspettò il sole per chiedere aiuto e mentre
« stava per venir meno il lume» sentì un rumore e «vide in terra un libro
che dal sudiciume di quel luogo a mala pena si distingueva, onde piega­
ta la mana e raccoltolo lo riconobbe per tale». Da qui comincia la leg­
genda del libro maledetto (la Sphaera), trasformata popolarmente come
il libro degli spiriti, «onde Cecco ap ertolo [...] gli comp arvero due spiri­
ti diabolici con dire «'comandi comandi che lo serviremo'». Cecco spa­
ventato «serrò il libro e gli spiriti disparvero». Da qui in avanti il libro
prende il nome di Libro del comando; a Cecco, poco dopo, riapertolo, ri­
comparvero i soliti due spiriti con il dire «comandi, comandi», «egli co­
mandò ed essi lo fecero uscire». Egli uscì dalla grotta - p rosegue il testo
- ma il libro da quel momento fu causa della sua dannazione. Infatti si
mise in viaggio, si dette allo studio dell'Astrologia e riuscì così famoso ed
ec cellente che entrò al servizio del Duca con il titolo di suo astrologo, te­
e
� n ?o però sempre segreto quel suo libretto. Questa versione riporta
Isodio che si trova anche nel Villani dell'oroscopo della figlia del
r:? u ca, Giovanna che fu causa della sua disgrazia presso il Duca: «come
Cec co era
piccante e mordace sparse voce che quella bambina nella sua
n s cita
� aveva avuta, per ascendente, una stella che l'avrebbe non solo in­
tlinata, ma ancho costretta a far vendita della sua onestà p er la quale cosa
costretto il Duca a licenziarlo dal suo servizio [. .. ] perseguitandolo
se pre
� fino alla morte». Da questa leggenda la disgrazia di Cecco pres­
o
; il D uca sarebbe dovuta a una storiella del genere. La narrazione segue
/cc?n tando «tanti belli usi che faceva con questo libretto, come dislo­
a s i e realizz
se� te are i desideri di alcune dame in tempo di inverno le quali
U a una bella tavola avevano chiesto di trovarsi nel mese di ottobre
3 02 Medioevo magico

in un bel giardino sotto una pergola; Cecco aprì il libro, comandò agli
spiriti e poscia fu fatto». «Ma volendo una delle suddette dame spic care
uno di quei grappoli con le mani, disparve ogni cosa [ ... ] dicendo s ern.
pre Cecco che quelli erano giochi d'Astrologia».
Secondo la storiella qui narrata, Cecco, «licenziato che fu dal Duca di
Calabria, se ne passò nella Lombardia, dove si trattenne qualche tem po
dandosi allo studio cl.ella negromanzia e contro la santa fede dissemin an ­
do una dottrina diabolica et altro tanto perniciosa alla fede cristiana » .
Non si fa qui riferimento al suo insegnamento istituzionale di arti e me­
dicina all'Università di Bologna e si equivoca sul nome dell'Inquisitore.
«Per la qual cosa fu Cecco ad istanza del reverendo frate Lamberto d el­
l'ordine del Cingolo (sic!) de Predicatori, Inquisitore Generale nella
Lombardia, fatto carcerato al Santo Officio» (allora il Tribunale dell ' In ­
quisizione non aveva questo nome) e «formatone il processo dell'eresia
da lui praticata e scritta, fu costretto ad abiurare pubblicamente, on de
impostegli molte penitenze salutari, le quali adempiute fu rilasciato in li ­
bertà. È fama che alla sua carcerazione il diavolo gli levasse il suddetto li­
bro [ ... ] - ma alcuni vogliono di no - perché fece di molte altre cose le
quali certo non poteva fare se non con l'arte diabolica». Poi se ne venne
a Firenze, qui si scordò della promessa fatta a Dio e a quel Tribunale del
Santo Uffizio, «di lasciare l'intelligenza e famiglianza del demonio [. . . ] ».
Ora nel tempo che Cecco stette a Firenze il cronista ce lo presenta come
un burlone che si dilettava di fare varie burle, come di fare «apparire al
barbiere che gli faceva la barba, la sua testa tagliata in terra e spumante
di sangue [ ... ] ». L'imprigionamento sarebbe avvenuto in una casa priva­
ta sulla piazza degli Agli, da parte dei famigli d'Otto. Chiese da bere, gli
fu data una boccetta, ma appena bevutola si trasformò in un grosso fa ­
stello di paglia, ma poiché i famigli sapevano «che questo modo di t ra­
sformarsi era il suo mestiere, lo tenevano senza timore alcuno e forte ,
onde Cecco ritornò in breve spazio nella sua forma [ ... ] . Giunti sulla
piazza di Santa Maria degli Agli (oggi dei Greci) richiese da bere in voc�
di donna, ma non gliela dettero e fu condotto in prigione, ma ne usci
[ ... ] ». Il testo prosegue che Cecco faceva, insegnava e praticava q ueste e
simili cose «togliendo a Dio la sua potenza e all'uomo il libero arbitrio » •
Sparsasi per Firenze la magia che insegnava quest'uomo e la sua ere t ica
dottrina e venuto all'orecchio al Reverendo padre Accursio fiorent in o ,
Inquisitore generale « [ ... ] di nuovo fu preso e condotto nelle carceri del
Santo Officio impiegandosi i ministri di quel Tribunale a formare il p ro ­
cesso esaminandolo rigorosamente e con la tortura». Questo test o ag ·
giunge alla storia questo ultimo particolare assente in tutti gli altri docu ·
e
menti di condanna. Il cronista prosegue che «confessate le diabol i ch
Nigromanzia e astrologia tra religione e scienza 303

s su perstizioni ed azioni, fu condotto ad abiurare nella Chiesa di San­


tlc roce [ . . .J » e di fronte a tutti fu « letto il sunto e ristretto del suo pro­
Ul so e , d'ogni capo domandato se ciò fosse vero, con diabolica presun­
c
�ne diceva: l'ho detto, l'ho insegnato, lo credo». Terminata questa fun­
z��ne, fu sentenziato « Cecco essere abbruciato vivo con tutti i libri da lui
z�mposti e che entro quindici giorni chi aveva i suoi libri doveva conse­
c
n arli al Santo Officio». Furono dichiarati per sentenza confiscati tutti i
�uoi beni mobili e immobili. Dopo che Cecco ebbe udita la sentenza, egli
non si turbò, beffando i circostanti affidatosi alla promessa fattagli dal
diavolo di non poter morire se non fra Africa e Campo dei Fiori. « Sceso
che fu Cecco dal palco fu consegnato a Iacopo da Brescia, bargello di
questa città di Firenze, acciò immediatamente facesse seguire la senten­
za »; «il che tosto inteso, fu condotto fuori dalla Porta alla Croce, al luo­
go solito della giustizia, mostrando sempre per la strada un animo più
che intrepido». Giunto Cecco al luogo destinato al patibolo, legatolo e
non vedendo scampo « chiese ai presenti se quel luogo si chiamasse Af­
frica»; gli fu risposto di sì. « A queste parole il miserabile Cecco disperò
affatto del suo scampo e considerato che il diavolo aveva voluto inten­
dere la città di Firenze per Campo de' Fiori, più che mai ostinato nella
sua eretica pravità e perfidia disse allora: "lo sono spedito, attacca il fuo­
co " e così fu fatto [ ... ] perdendo d'un tratto la vita e l'anima [ ... ] » « e ac­
ciò ogni cristiano sappia che "indebita agenti inopinata accidunt"». La
chiusa finale (f. 259-260) porta una inesattezza dell'esecuzione che sa­
rebbe avvenuta nel mese di ottobre e non di settembre. I testimoni e au­
torità appaiono gli stessi delle sentenze precedenti. In questo testo si fa
inoltre riferimento a un primo imprigionamento per cause sconosciute
da parte di una famiglia (degli Otto) , episodio di cui non vi è traccia ne­
gli altri documenti da me studiati.

7 · Registro della condanna dalla copia riccardiana del secolo XV.·


« De magistro Cecho de Asculo quare combustus sit »
ll co nfronto di queste sentenze tarde con il testo della cronaca in latino
ne fa e
mergere la differenza che in primo luogo è linguistica (in latino e
n on
in volgare) e poi di contenuto, perché estremamente succinta.
Probabilmente le sentenze in italiano sono il risultato della raccolta di
tizie da narrazioni precedenti ricavate da testimonianze orali o scritte,

e e si d ilungano sulle vicende della vita più o meno romanzata di Cecco
e P ertanto
non sappiamo quali siano precisamente quelle vere o quanto
qu elle romanzate e amplificate. Probabilmente i nomi delle autorità sono
st t i
a ricavati da qualche registro sopravvissuto, sia del Vescovato che del-
304 Medioevo magico

l'Inquisitore o del Papato o del Comune. Anche di questa cronaca bre


in latino della sentenza dal manoscritto riccardiano del secolo XV non vzs
o
molto: essa ci appare una registrazione di alcuni fatti che riguardano �
Sentenza poiché non è stesa in prima persona, nel nome dell'lnquisit or a
ma in ter� a � er� ona. Dò ": appendice il tes�o in ! atino per inte�o che q�i
_
trascrivo m italiano. Esso e estremamente smtetlco, ma essenzial e in tut.
te le sue fasi che sono poi quelle imperative che si trovano nelle senten.
ze successive. Sono omesse le dottrine magiche di Cecco e la des crizione
dettagliata delle fasi del processo.

Perché il maestro Cecco d'Ascoli fu bruciato? Il reverendo padre frate L arn .


berto del Cingulo dell'Ordine dei Predicatori, Inquisitore dell'eretica m al­
vagità di Bologna, nell'anno 1324, nel giorno 16 del mese di dicemb re sen­
tenziò che il maestro Cecco figlio di un certo maestro Simone Stabili di Asco­
li aveva parlato male e disordinatamente della fede cattolica. Per questo mo­
tivo gli impose una sentenza che «da quel momento per i prossimi quindici
giorni, doveva fare una sincera e generale confessione dei suoi peccati, che
ogni giorno doveva dire trenta Pater Noster e altrettante Ave Maria; ugual­
mente che in un sesto giorno feriale qualunque da quel momento per un
anno doveva digiunare in riverenza della Croce e del Crocifisso. Che ogni
domenica doveva ascoltare la predica nella chiesa dei Frati Predicatori o dei
Minori». Inoltre lo privò di tutti i libri di astrologia grandi e piccoli che egli
doveva depositare presso il maestro Alberto da Bologna. Volle ancora che
mai egli potesse leggere l'astrologia a Bologna, né in altro luogo, né pubbli­
camente, né privatamente. Inoltre lo privò del diritto di insegnare e del tito­
lo di dottore fino all'arbitrio della sua volontà. Lo condannò alla multa di
settanta libbre bolognesi che avrebbe dovuto pagare da quel momento en tro
la prossima Pasqua di resurrezione del Signore, sotto pena doppia.

Segue immediatamente alla riga successiva che:

Il frate Accursio fiorentino dell'Ordine dei Frati Minori, Inquisitore d ell ' e·
retica malvagità richiesto nel giorno 17 di luglio del 1327 che fosse ri me�so
a sé il processo contro Cecco de Esculo dal frate Lamberto di Cingulo, c!tdi
to il maestro Cecco come presente nel coro della Chiesa dei Frati Mino ri
Firenze nell'anno 1327, indictione decima, nel giorno 15 del mese d i se t ·
tembre, lo dichiarò eretico, e quindi lo lasciò al braccio secolare perc hé fos ·
se inquisito, al signor Iacopo da Brescia Vicario generale presente che lo p re·
se in consegna perché fosse punito con la debita punizione. Condannò :;­
0
che il suo libro sull'astrologia scritto in latino e un certo suo altro I ib
scritto in volgare chiamato l'Acerba e decretò di mandarlo al fuoco. Sc omu·
nicò tutti quelli che possedevano i suoi libri o somiglianti. Nel med esi JJ:�
giorno il sopradetto Vicario senza indugio fece condurre per i suoi soldati
servitori il maestro Cecco davanti a una moltitudine di popolo che si era ra·
Nigromanzia e astrologia tra religione e scienza 3 05

dun ato , lo f�ce bruciare ad esempio agli altri della sua morte terribile (vedi
u Appendice 1 ) .
q i

magiche nel trattato «De hereticis» di Zanchino Ugolini


8 Le arti 3
. (1 335-1 40)
L'eccezionalità di questo evento ha colpito gli storici anche perché du-
ante tutto il medioevo si erano susseguite negli anni precedenti lungo il
XIII se colo numerose condanne dottrinali senza tuttavia avere esiti fune­
s ti e l'astrologia nei suoi aspetti moderati era permessa: anzi quel periodo
può essere caratterizzato da una dialettica continua di censure e contro­
versie dottrinali provenienti da scuole diverse. Esemplari nel XIII secolo
i Co"etto ri (tra Tommaso d'Aquino e Guglielmo de la Mare) , le contro­
versie accanite sulla visione beatifica di Giovanni XXII e le soluzioni di
Benedetto XII egregiamente studiate da Christian Trottmann (si veda Ca­
pitolo VIII) , le accuse reciproche di eresia tra Bonifacio VIII e Filippo il
Bello68 • Si tratta in buona parte di condanne emesse da Autorità Vescovi­
li: le celebri condanne dottrinali del 1270 e 1277 delle tesi dei maestri di
teologia e poi di arti dell'Università di Parigi furono emanate da Etienne
Tempier Vescovo di Parigi e quelle del 1286 contro i maestri dell'Univer­
sità di Oxford fu emanata dal francescano Jean Peckham a Londra insie­
me all'arcivescovo di Canterbury, primate d'lnghilterra69 • Riguardavano
controversie filosofiche e teologiche vivacissime70 che testimoniano la ric­
chezz a del pensiero medievale, la tensione continua tra le varie scuole e
sono lungi da poter essere rappresentate in un modo lineare o uniforme.
In ogn i caso esse non hanno molto in comune con un evento storico come
l � con danna al rogo per eresia, di Cecco per aver sostenuto dottrine ma­
faich e : le accuse, come era accaduto spesso nei casi più gravi, portavano al­
�comunica e alla censura, ma non alla morte. Tuttavia le arti magiche co­
lll. �cian o ad entrare in modo dettagliato nelle guide dell'Inquisitore, do­
po � caso di morte di C ecco con il trattato De hereticis di Zanchino, giuri­
sta Italiano avvocato dell'Inquisitore francescano7 1 •

= f
Cfr. PARAVICINI-BAGLIANI, Bonifacio VIII, cit., pp. 324-28.
Pe r la ricostruzione di questo controversia filosofica e teologica e la rdativa censu­
ra
L� � �- BouREAu, Théologie, science et censure au XIII• siècle, le cas de ]ean Peckham,
V e es Lettres, Parigi 1999, sulle controversie tra Peckham e Tommaso, capitoli IV e
' pp , 1 38 -96 '
70
fi ca t �olt� censure filosofiche si ebbero proprio agli inizi dd XIV secolo sotto il ponti-
1 3 2 6) G ��vanni XXII: Maestro Eckhart (1326-1329), Guglidmo d'Ockham (1324-
1 1 M:arsilio da Padova (1327).
t ru Cfr. A . D ONDAINE O.P., Le manuel de l'Inquisiteur (1230-1330), « Archivum fra­
in
Predicatorum», 1 7( 1947) , pp. 121 ss.
3 06 Medioevo magico

Le condanne da me citate, tranne il documento del secolo XV, ri.


guardano un periodo successivo alla stesura del De officio Inquisition i
redatto sotto il pontificato di Giovanni XXII, testo che secondo P aolin�
conferisce libertà di giudizio e di procedura agli Inquisitori, per cu i i do�
veri che competono alle autorità civili possono essere suppliti dalla di.
retta intraprendenza degli Inquisitori. Si vengono così a erodere le com.
petenze delle autorità civili e vescovili. Gli inquisitori pertanto hanno n u.
merosi privilegi, elencati dal Paolini, nell'esame del De officio Inquisitio­
nis 72, tra cui: il potere di convocare clero e popolo di una città ad vo lun­
tatem; eleggere gli ufficiali e i componenti della polizia inquisitoria , in ­
terpretare le leggi, statuti e costituzioni civili ed ecclesiastiche, il potere
di giudicare per sententiam, con o senza il parere del vescovo, tutti gli
eretici ostinati e di abbandonarli al braccio secolare (pp 1 07- 108 ) . Egli
rileva tuttavia che alla fine del secolo XIV tali poteri subirono un ridi­
mensionamento e non furono applicati.
Nel caso dei documenti tardi delle sentenze di condanna di Cecco
d'Ascoli qui esaminati si riscontrano alcuni tratti comuni ai documenti
esaminati dal Paolini, che ci possono aiutare a comprendere le ragioni
della pena capitale per un reato dottrinale, fino ad allora censurato, ma
senza rogo, e la procedura, tra cui la stretta collaborazione tra i due In­
quisitori (il domenicano e il francescano) , l'autorità del Vescovo e l'ab­
bandono al potere civile con l'immediata esecuzione da parte del potere
politico. Infatti le incriminazioni degli Inquisitori non avevano come fine
la pena capitale, ma la ritrattazione, l'abiura e la conversione. Finché
l'accusato non dava prova di definitiva irriducibilità veniva trattato pa­
storalmente mediante penitenze spirituali, altrimenti la condanna era ca­
pitale. Noi abbiamo prova di questo atteggiamento nella prima sen ten za
del 1324 da parte dell'inquisitore di Bologna come risulta dalla version�
in latino del codice riccardiano del XV secolo sopra riportato, il quale gli
aveva imposto solo delle devozioni, tolto i libri e comminata una multa
pecuniaria. Dagli altri documenti apocrifi in italiano risulta in modo
«evidente» invece l'irriducibilità. Benché redatte molto tardi (non si sa
quando e come) esse paiono contenere alcuni elementi della tradizione

72 Cfr. M. ALATRI, Inquisizione, in Dizionario degli Istituti di Perfezione , IV, R0


1977, col. 1708, e PAOLINI, Il modello italiano della manualistica inquisitoriale (XIII-X
7v
secolo), cit., pp. 102-103, quando viene codificata agli inizi del XIV secolo - fine XIIl _ u;;:.
nuova organizzazione territoriale che segna la fine della collaborazione a ttiva fra gli
gli
quisitori e i Vescovi, poiché gli Inquisitori dipendevano dalle disposizioni continu e s u
L I·
eretici inviate loro dal papato nel grande disegno di unità e centralismo roma n� � PAf ro
NI, Il modello italiano, cit., p. 103) e di solito i vescovi erano più tolleranti e �1t1 I � h e
o
censure. Si veda qui il caso della mite censura di Biagio Pelacani del Vescovo d1 P av i a e
era anche Rettore dello Studio (cfr. Capitolo XVI).
Nigromanzia e astrologia tra religione e scienza 3 07

. uisitoriale precedente, tra cui in particolare quelli formali nel trattato


;q b ereticis del giurista Zanchino Ugolini. Esso è uno dei pochi, fino a
ee1 mom ento, che tratta delle arti magiche in relazione all'eresia, in
u
q do dettagliato tranne i brevi cenni dedicati ai maghi e agli indovini
dell a Practica inquisitionis di Bernardo Gui • Questi due manuali sono
73

delle ve re e proprie redazioni ragionate a differenza dei precedenti, se-


ondo il Dondaine che li ha studiati per primo.
e S crive il Dondaine74 che Zanchino « est imbu des esprits des écoles de
droit de Bologne ». Tutta l'opera ha un forte carattere giuridico. Zanchi­
no figlio di Ugolino di Rimini, attivo intorno agli anni 1335- 1340, fu un
co� sulente giuridico dell'inquisitore generale francescano nel Ducato di
Ferrara e Mantova (secondo Dondaine Donato di Santa Agata) e redige
nel 1 3 40 il suo importante Tractatus de hereticis destinato ad essere stam­
pato nel 1568 con un lungo commento e un sommario da parte del do­
menicano Camillo Campegio di Pavia75 • Esso è successivo alla condanna
al rogo di Cecco e ci interessa in relazione alle condanne apocrife di Cec­
co , p roprio perché sicuramente redatte in anni molto posteriori a questo
documento a cui avrebbero potuto essersi ispirate.
Nonostante la spinta in avanti avvenuta sotto il pontificato di Giova­
ni XXII nella direzione di un avvicinamento all'eresia delle pratiche ma­
giche delle immagini per la presenza in esse del demonio per cui esse di­
venivano un segno efficace (che dà effetto a ciò che raffigura, per l'inter­
vento del rito di consacrazione che esprime una devozione al demonio -
sp inta in avanti, contenuta nella risposta di Enrico del Carretto del 1320
alla con sultazione sulla magia di Giovanni XXII (vedi Capitolo VIII) -
questa ope ra di Zanchino rivela ancora una notevole prudenza nei con­
fronti dell'equiparazione della magia all'eresia e notevoli dubbi sulla
Pos sib ilità di comparare queste pratiche all'idolatria. Tuttavia egli ne
P arla. N on è esplicitato il crimine di patto diabolico.
. Alcuni elementi di questo manuale mi paiono interessanti: il trattato
r pete la definizione generale di eresia, per cui l'eretico è colui che erra a
i
hecto (c ap. 1 ) , che devia dalla rettitudine della fede cattolica, o è colui che
1 � a falsa opinione della fede cattolica (cap. 9) . Pertanto eretico sarà
so O /idel
il is, cioè il battezzato: non riguarda né gli ebrei, né i gentili. Così

Le 11za ERNARDo GUI, Practica inquisitonis , a cura di C . Douais, pp. 292-93 ; DONDAINE,
13 B

n u el cit p 1·24
1 DON'DAINE
4
·, ,· Le manuel
· , cit. , p . 122 .
75
siJn· De �� ereticis D. Zanchini Ugolini senae clarissimi Tractatus aureus cum completis­
inJ8 a� dittonibus et sommariis [ . . . ] Camilli Campegii papiensis ordinis praedicatorum
:ao;nuniis illustrissimi Dominorum Ferrariae et Mantue Ducum, Generalis lnquisitor,
ae , apu d haeredes Antonii Bladii Impressores Camerales, A.O. 1568.
308 Medioevo magico

eretico è colui che intende la Sacra scrittura diversamente (a/ite r) d all a


dottrina (cap. 11), chi dubita della fede (cap. 15), chi è scomunicato ( cap .
18). Da qui è chiaro che la dottrina a cui ci si riferisce è quella rivela t a e
interpretata dai Canoni. Pertanto eretici per eccellenza sono i Pat ari
(«patareni a " patior pateris" quasi debeant pati mortem tamq u arn
martyres pro illa eorum fide» (cap. I, p. 5). Ma solo la confessione ver­
bale, fatta scientemente e con proposito, rivela che qualcuno è eretico
(cap. 7, prop. 3, p. 31).
Zanchino sostiene che l'Inquisitore non è preparato giuridicamente e
deve essere sostenuto dal parere di esperti giuristi e di dottori in sacra
teologia. Che il crimine di eresia è sostanzialmente giuridico. I giudici
sono due: il Vescovo e l'Inquisitore. Per l'istruttoria del processo devo­
no essere rispettate le procedure che sono ben definite. Esse si devo no
appoggiare su probae probatae di genere diverso (probationes) : tr amite
scritti (libri), orali (predicazioni) su fatti evidenti per testimonianze, per
confessione, anche per tortura (capitolo 12); prima di essere condan n ati
devono essere riscontrati pertinaci e relapsi (cap. 18) poiché l'errore non
fa di per sé l'eretico, ma chi vi aderisce (cap. 7, prop. 5, p. 31). Il fine del­
l'accusa è la conversione e non la pena mortale (sanguinem non eliciat) .
Quando i due giudici discordano e rimangono dubbi (dubietates) allor­
ché l'imputato è vacillans e non confessa, è competente la Santa Sed e a
dare il verdetto definitivo (p. 113).
Le arti magiche non rientrano nel reato di heresia, anche se possono
essere avvicinate (proximae) a questa. Il loro giudice è il Vescovo. S u
questo Zanchino è prudentissimo: pur dandone le definizioni corren ti e
che risalgono alla tradizione di Isidoro di Siviglia e dei suoi ripetitori sco­
lastici, egli parla di necromanzia e non di nigromantia (da niger-n igri, le
entità demoniache), come faranno i veri maghi quali Cecco d'Ascoli 0
Antonio da Montolmo: necromanzia viene da necros, cioè da morte ed è
una operazione che si compie con riti evocativi degli spiriti dei defun ti _ e
non di demoni. Essa non è una scienza ed è condannata «Necroman na
proprie non potest dici scientia et est penitus imputata»). Egli affe rm a
che di queste arti magiche (che egli ora definisce) si danno modi d iffe ­
renti, opinioni diverse (prout sunt variae opiniones eorum - cap. 2 2 , P ·
175). Alcune di queste discipline, poi, sono lecite, come l'astrologia : essd
è una delle sette scienze liberali, non è proibita formalmente (de iure ) e
è separata dalle divinazioni illecite (cap. 22, p. 176); tutte le altre sono
prohibite, vietate per legge e condannate dalla Chiesa. Tuttavia bisog n a
provare accuratamente sine dubietate che l'eretico sta colui che c re de
che avvenga qualcosa di divino senza Dio, oppure che qualcosa pos s a e s·
sere creato o trasformato da un essere che non sia Dio. Così dà l ' avver·
Nigromanzia e astrologia tra religione e scienza 309
. ento importante all'Inquisitore e cioè che l'Inquisitore a cui è affida-
4a giurisdizione nelle cause di eresia, non si immischi in tali faccende

%
�a 1110 do indistinto, ma solo quando l'eccesso (l'excessus) , l'estremismo
tali fatti si configuri manifestamente come eresia, per esempio se tali
dicono in modo chiaro (manifeste) che essi possono con le loro
0 eratori
�giche arti prevedere il futuro che in verità è solo di Dio. Ma ad essi la
mena non sarà inflitta dall'Inquisitore, ma dal Giudice secolare76 • Ora le
p
l ostre condanne apocrife attestano esplicitamente che Cecco affermava
fare le sue trasformazioni «persuadendolo il Diavolo» e che «Crede­
va esser vere quelle cose che si contengono nell'arte magica e negro­
mantica» . Ma la dottrina più grave è quella dell'oroscopo di Cristo, cioè
che egli è morto per soggezione degli astri e non per la redenzione degli
uomini.

9. Gli operatori di magia secondo Zanchino


Le persone che sono vicine (proximi) agli eretici e con le quali gli Inqui­
sitori non si devono intromettere in modo indistinto (indistincte) hanno
nomi e atti diversi. Essi sono: 1) i divinatori (divinatores) che si chiama­
no così poiché derivano il loro nome dalla divinità (a divinitate dici seu
deo). Essi si vantano di conoscere il futuro per una certa loro astuzia in­
gannevole; 2) gli incantatori (incantatores) che sono coloro che si servo­
no dell'arte delle parole e che dicono che in esse ci sarebbe un potere
qu asi sovrannaturale che essi eserciterebbero. 3) I sortilegi che sono co­
lo ro che sotto il nome di una religione puramente inventata, mediante
cene sorti che chiamano Sorti degli Apostoli, proferiscono una scienza
divin ativa e promettono il futuro sulle basi di una ispirazione che ver­
rebb e loro dalla lettura di un qualunque testo scritturale. 4) Gli idolatri
sono coloro che adorano gli idoli o li venerano, dedicando loro sacrifici
0 olo causti. 5) I magici sono propriamente i matematici; essi sono colo-
10e coche non solo si sforzano di dare vaticini futuri ma anche di conoscere
se occulte e, per una certa arte magica, costruendo immagini, si sfor­
z an o di torcere il cuore di qualcuno, di farlo soffrire oppure di spingere
una e
P_ rsona verso di sé, oppure di piegare la volontà di un'altra. E tutti
es
�U t1 tendono a questi fini di divinazione, di predizione del futuro e co­
o
al ��enze _di cose occulte, operando non per volontà e potestà divina, ma
1 ori d i ess� (praeter potestatem et permissum Dei sive ab a/io quam
a De fu) È
tn a � . notevole in questo elenco come sia assente la parola «nigro-
n zia » e
la formulazione chiara di un patto diabolico.

76 DGOLIN I , Tractatus de hereticis, cit. , cap. 22, p. 174.


3 10 Medioevo magico

Se Zanchino stabilisce così che gli operatori di magia possono es ser


proximi, vicini all'eresia ma non sono ancora espressamente definiti i do�
latri e quindi eretiçi, egli definisce chiaramente in che cosa consist e l ' er.
rore di deviazione dalla fede: redigendo un formulario legale che d eve
essere usato nella stesura della condanna (De /ormis sententiarum) sta .
bilendo in cosa consista l'errore nella fede che è la deviazione da essa .
Constatate la prove: che l'eretico è stato riscontrato tale pubblicamente
ed esplicitamente (pub/ice e esplicite), che non è confesso, ma è pe rtina .
ce, è codificata una opposizione religiosa contro la verità sostenuta d al.
la Chiesa e contro il papato, come è sancito nella Decretali. Pertanto af.
ferma Zanchino: in una quarta accezione viene chiamato eretico colui
che per disprezzo della Chiesa Romana e del sommo pontefice trasg re­
disce ai precetti della Sede apostolica, trascura di osservare le Decretali
(op. cit., cap. 15, pp. 1 15 - 1 6), ma soprattutto nega la divinità di C risto,
che sia nato per opera dello Spirito Santo e da Maria Vergine (cap. 4 1 ,
pp 280-281).
Entriamo così nei contenuti della condanna di Cecco. Infatti anche se
non possono essere a lui riferite esplicitamente le prescrizioni di questo
testo (del resto assai generiche di Zanchino), poiché sono state redatte
successivamente, tuttavia nelle sentenze del Seicento che certamente le
conoscevano, ritroviamo esposto l'iter procedurale. Inoltre gli estensori
dovevano conoscere le sue opere condannate, sebbene vietate e bruciate
con Cecco, come il Commento sulla Sfera e l'Acerba, dato che anche s e con
qualche errore, ne è riportato l'incipit nelle Sentenze sopra citate: ess o non
corrisponde con quello del testo emendato che conosciamo e con tiene
una formulazione più grave, che si può interpretare in chiave nigrom anti­
ca: «gloria est mortem vivere in mente humanorum» (è gloria vivere la
morte nella mente degli uomini). Invece il ms di Parigi BnF 7337, f. 3 2 v
emendato dà un diverso incipit che ha poco senso ed è uguale a quell o del ­
le edizioni emendate: « Supra mundi gloriam est post mortem in men tib us
humanorum: hii vero sunt illi qui scribendo eorum elevant intellectu m »
(al di sopra della gloria del mondo vi è dopo la morte nella mente degli u o­
mini: essi sono coloro che scrivendo elevano il loro intelletto). Ques te s en ­
tenze riferiscono poi alcune formule incriminate della sua opera, o s ue
espressioni che rientrano, anche se non direttamente, nel caso in c ui la
magia definita da Zanchino era eretica: che le operazioni meravigli os e �
occulte si effettuano non per potestatem Dei, ma per un potere che è al d1
là di tale potestà divina (praeter potestatem et permissum Dei) . Inoltre l ' a f­
fermazione iniziale dell'opera di Cecco che l'astrologia con la conos ce� z a.
che dà, ne fa un essere divino, nel senso magico operativo necroman u c o ,
riportata all'inizio della condanna, lo immetteva fra gli operatori dei m a ·
Nigromanzia e astrologia tra religione e scienza 311

. . matem atici.• • Era• poi stato riscontrato pertinace nell'errore e aveva


g1c1 • •
fe ss ato t utti i suoi errori senza pentimento.
con ste condanne in altre parole raccolgono oltre che i probabili fat­
Q ue
. alcuni dati esistenti e sparsi, ma codificati che si erano stratificati nel
f�go p eriodo: la condanna della sua attività di negromante esplicita-
ente confessata da lui come la grave affermazione che la missione re­
rentrice di Cristo e le vicende della sua vita erano opera dei demoni si­
gn o ri degli astri _ (e non di Dio). Se Cecco_ fosse stato �rso per le sue pre �
dizioni astrologiche, come parrebbe dai documenti delle sentenze di
condanna del XVII e XVIII secolo, considerato che nel Medioevo molti
filosofi avevano sosten uto l'oroscopo delle religioni anche se mitigato e
ad attato al cristianesimo e all'ebraismo senza essere condannati al rogo
sebbene censurati, è evidente che il suo caso deve essere stato più com­
plesso e diverso tale da non rientrare genericamente nella casistica delle
cond anne dell'astrologia come poi avverrà nei secoli XV e XVI. Alludo
77

ai casi di Ruggero Bacone, Abramo Savosarda, Biagio Pelacani da Par­


m a, Pierre d'Ailly e a molti altri filosofi e scienziati. Questi avevano adat-•
tato la pericolosa dottrina di Abumasar dell'oroscopo delle religioni alla
credenza religiosa, mettendo in luce che i pianeti agivano solo sulla com­
plessione fisica e non sulla libertà razionale senza fare intevenire né de­
moni, né entità astrali (si veda qui il Capitolo IX); questa mitigazione e
in debolimento del determinismo astrologico dell'oroscopo di Cristo,
non si trova affatto negli scritti di Cecco né che egli professasse la « vera »
astrologia come Alberto Magno o Tommaso, ma egli operava per la for­
za dei demoni a cui tutte le vicende del mondo erano soggette come la
n ascita del Cristianesimo.

B JeaG VANNI PICO, Disputationes contra astrologiam divinatricem, in Opere, libro IV,
JWi IO
157 2- 157 3, Cap. IX, p. 468. Per queste polemiche al tempo di Pico e agli inizi del
se
l' rolocolo si veda il mio studio che riepiloga le difese di Lucio Bellanti e la riforma del­
L o) �a in senso cattolico (de catholica veritate secondo Alberto Magno e Raimondo
:
d1 Gabriele Pirovano nel suo De astronomiae veritate opus absolutissimum, Basilea
1 55 4
eh = Note di
commento ad alcun passi del «Libro di pittura » di Leonardo: Tastrologia
e e n ulla fa senza la prospettiva'. . . , in F. FROSINI (a cura di), Leonardo e Pico. Analogie,
0"1atti, confronti, Olschki, Firenze 2005, pp. 99-129.
te qu a
p ar in t
Ma gi a e scien z e
_ Magia e matet?ati �a . La �las�ificazione delle scienze
1 2 magiche, magia e Immagmaz1one .
Tad deo Da Parma, Bologna 13 1 8

Un interrogativo che non può mancare di porsi uno storico della scienza
0 anche uno storico della magia è come sia accaduto che nel Medioevo la
classificazione delle scienze magiche sia stata strettamente connessa con
le discipline matematiche secondo le dottrine di alcuni filosofi come
Ruggero Bacone che non era un aristotelico, ma anche secondo un mae­
stro come Taddeo da Parma che invece lo era con venature averroistiche
e platoniche. Come si sa la magia non ha molto a che vedere con la dot­
trin a della scienza delle cause di Aristotele. Infatti una delle più estese e
dettagliate classificazioni delle arti magiche, meno note di quelle del­
l 'Autore dello Speculum astronomiae, anche se proibite ed illecite, ci è
fornito proprio da Taddeo nella sua esposizione delle scienze matemati­
che che egli pone nell'esordio del testo che commentava per il suo inse­
a
f�n8 � ento di medicina e astronomia (astrologia) , presso la Facoltà di Fi­
0?a e Medicina dell'Università di Bologna: per il suo corso degli allie­
� di medicina egli doveva commentare il testo di astronomia della Teo­
rica dei pian eti attribuito a un Gerardo da Cremona'.
na spiegazione del perché le scienze magiche siano state inserite en­
t ye matematic
/0 he tradizionali del Quadrivio boeziano è possibile trova­
ne n�l lo ro legame con l'astronomia e nella centralità che questa discipli­
a� VI assume. Le matematiche liberali di Boezio erano come è noto solo
un tm e�ic a, geometria, astronomia e musica. Pertanto l'astronomia era
la : sc�enza matematica (e non comprendeva l'astrologia) . Tuttavia dopo
t
10 0 rizzazione del carattere pratico dell'astronomia fornita dallo stesso
� ! 9,uadripartito, per le implicazioni divinatorie che l' astrolo-
e ne
Ria ��ei gi ud1 1 portava con sé, ne risultava che l'astrologia, scienza mate-
z

Scie��fr. � FEDERICI VESCOVINI, Miche/ Scot et la 'Theorica planetarum' Gerardi, « Early


1he Pr: an Medecin e. A Journal for the Study of Science, Technology and Medicine in
•IIJ.odern Period », 1 996, 1 , pp. 272-82.
3 16 Medioevo magico

matica, era rivolta non solo alla scienza razionale del calcolo e dei n t.un
ri, ma anche alla divinazione. Inoltre l'etimologia di mathematica e r a a. st
ta ricondotta al termine mathesis e, come ci ricordano Michele S coto
poi Ruggero Bacone, questa conoscenza matematica razionale e ra stat
falsamente avvicinata a tutte le mathesis divinatorie e magiche. Questa
ultime dovranno invece essere scritte senza la h affermava Bacon e ( cf:
qui a p. 27, nota 66).
La digressione sulle arti magiche distinte dalla «matematica dis cipll .
na liberale» e lecita del Quadrivio boeziano nell'opera di Taddeo è m o).
to interessante anche perché l'inserzione di queste arti sarebbe, se condo
Taddeo, strettamente collegata ad un tipo di conoscenza oscurata dai
sensi. Essa sarebbe dovuta alla immaginazione e non alla pura ragione
che attinge gli enti matematici senza mescolanze sensibili. In altre paro ­
le le scienze magiche sarebbero riconducibili a una facoltà parti colare
sensibile che è l'immaginazione che coglie entità confuse che sono l'og­
. getto delle arti magiche.
Di Taddeo conosciamo assai poco: ha insegnato a Bologna all a Fa­
coltà delle Arti e Medicina dal 1 3 1 8 al 1 32 1. Lasciò Bologna per Siena
nel 132 1 all'epoca della fuga degli studenti e dei professori bolognesi,
provocata dalla condanna a morte di uno studente, comminata dal
Podestà della città. Se conosciuta è la sua attività di commentato re dd
De anima di Aristotele e di altri testi di metafisica studiati da alcun i stu­
diosi interessati2 a ricostruire l'averroismo bolognese, al margine era ri­
masta la sua opera scientifica che riguardava il suo insegnament o di
astronomia, come questo commento alla Teoria dei pianeti di Gera rdo .
Taddeo spiega che essa è un riassunto dell'Almagesto di Tolomeo.
Taddeo sviluppa una teoria metafisica delle entità matematich e di cui
esclusivamente si dà scienza, poiché esse rispettano le tre condizio ni n�­
cessarie alla scienza stessa che sono: 1) la solidità (ex /irmitate) d ella di_ ­
mostrazione; 2) la stabilità dell'oggetto conosciuto; 3) la certezza dei p fl ·
mi principi.
Pertanto le conoscenze matematiche sono delle essenze etern e e 10 j
telligibili. Egli le divide in essenze in sé o separate, divine, e in essenze a
al
aliquid, ossia entità rispetto ad altro e quindi congiunte (coniun c!�e�
movimento e alla materia. Ora saranno proprio le seconde le en ttta g
ose
getto delle scienze matematiche magiche, anche se, essendo n elle c
che sono mosse, tali entità saranno accidentali e quindi mutevoli e
divine. Questa filosofia delle entità matematiche è giustificata da Tad
o
d�
2
Su ciò cfr. G. FEDERICI VESCOVINI, I.:exorde de l'Arithmétique de Boèce et le_e;:�
mentaire de /'averroiste Thaddée de Parme (13 1 8), in A. GALONNIER (a cura di), Boec
la chaine des savoirs, Peeters, Lovanio 2003, pp. 697-7 1 1 .
Magia e matematica. La classificazione delle scienze magiche 3 17

ase di una complessa dottrina gnoseologica dell'astrazione e della


5olla b ne dalla materia e dal movimento, che ha dato luogo a inter­
a zio
seP ar ni diverse3. Le matematiche appartengono alle realtà metafisiche
tazio
Pdivine perché esse sono le più percettibili dall'occhio dello spirito. Esse
0
n son o oscurate dai fantasmi sensibili come le realtà corporali. Nella
:sura in cui sono illuminate dal sole sensibile, esse sono visibili all'oc-
chio del corpo che è sempre inviluppato nei fantasmi dell'immaginazio­
e. Questo occhio sensibile dovrà abituarsi alla visione delle realtà lumi­
:ose, sforzandosi di allontanarsi dai fantasmi sensibili materiali con l' a­
st razione dei loro accidenti e trasformarsi in occhio spirituale. Esso si
realizzerà così come intelletto «acquisito» (adeptus) il quale è il nostro
vero intelletto nella sua condizione migliore. Tra le scienze matematiche
l'astronomia è la scienza più perfetta perché essa studia i corpi celesti che
sono le entità più nobili ed eccellenti di tutte in quanto sono i motori in­
telligibili i quali rappresentano il fine del nostro sapere in quanto entità
universali e necessarie nella loro essenza. Nei corpi celesti si trova effet­
tivamente un motore (movens) che non è un vero corpo, né in potenza né
in atto; si tratta di un intelligenza astratta che questo corpo (il cielo) co­
nosce immediatamente e che questa intelligenza trasforma secondo il suo
desiderio di conoscenza. Di conseguenza Taddeo stabilisce una connes­
sione stretta come già nel De substantia orbis di Averroè4 tra metafisica,
teologia e astronomia come scienza delle cause necessarie. Le res mathe­
matica e divengono delle realtà razionali intelligibili, le quali sono gli in­
telletti o le intelligenze che scaturiscono da Dio e che sono a loro volta le
cause motrici di tutte le realtà. Tali entità finiscono per essere i motori dei
cieli. Da qui il nesso tra fisica e astrologia, metafisica e arti magiche.
La s�ienza è sempre la scienza delle cause alle quali si giunge risalen­
d� dagli accidenti alla loro causa intelligibile. Così l'astronomia come
c
� iernnza matematica è la scienza delle realtà immutabili la quale è il fon-
a ento dell'ordine delle cose accidentali del mondo sublunare. Per­
;i
; nt o queste realtà accidentali del mondo fisico che sono l'oggetto del­
c
alle chio sensibile e sono le entità magiche, dovranno essere ricondotte
!o ro forme essenziali le quali sono le forme matematiche che reggo­
no , 10 quanto
cause necessarie, la sfera tutta intera.
tn a 9uesti sono i precedenti teorici che spiegano come le scienze mate-
ti che magiche
che non astraggono dai fantasmi sensibili e si arrestano
3
Pp. 6;itiamo solo P. H. MERLAN, From Platonism to Neoplatonism, Nijhoff, L'Aja 1968,
l'infl · 64 ; H . HUGONNARD ROCHE, La classi/ication des sciences de Gundissalinus et
les luence d'Avicenne, inJ . JOLIVET, R. RAsHED ( a cura di ) , Études sur Avicenne, Les Bd-
4�
tres , Parigi 1984, pp . 4 1 -75.
e s u bstantia orbis, in Op era , Giunti, Venetiis 1 533 , voi . IX , pp. 7-8.
3 18 Medioevo magico

alla immaginazione possano essere classificate tra le scienze matem a t ich


e
razionali che invece prescindono dai fantasmi. Le prime poggiano s ufi•
strazione razionale dei loro accidenti, le seconde sull'attività dell'im mat
nazione degli accidenti. Gli intelletti infatti sono in parte (partim) s epar;.
ti dal moto e dalla materia e in parte sono congiunti per le loro ope razio .
ni perché tutti gli intelletti si distinguono e si differenziano per tali o pera.
zioni di separazione (o congiunzione) dal movimento o dalla mate ria .
Pertanto la conoscenza può avvenire o con l'occhio della fanta sia 0
senza tale occhio per l'astrazione completa dalla immaginazione. C osì la
vera matematica attinge sempre le entità matematiche separatam en te e
senza la materia, mentre la falsa matematica, ossia la divinazione magica
le coglie nel movimento e nella materia, nei suoi accidenti mutevoli. fu
questo caso le realtà matematiche colte nell'astrologia con la divina zione
magica sono alterate dal corpo corruttibile e dalla sua immaginazion e,
per cui tali conoscenze sono oscurate dai fantasmi, perché inviluppate
nei fantasmi stessi (sunt res abvolutae phantasmatibus) dell'immaginazio ­
ne sensibile. L'uomo pertanto, se non si libera con l'astrazione razionale
dai fantasmi sensibili e rimane legato alle conoscenze della natura s ensi­
bile senza elevarsi alla scienza delle essenze immateriali divine, può ave­
re solo una conoscenza di enti tenebrosi, non chiari, che sono gli enti di
natura sensibile magica. Pertanto la conoscenza del mondo terreno po­
trà essere solo quella delle scienze matematiche, magiche, frutto dell'irn­
maginazione5. Così Taddeo distingue nell'anima dell'uomo un intelletto
mescolato ai fantasmi dell'immaginazione da cui proliferano tutte le arti
(mathesis) magiche, e un intelletto metafisico e matematico che astrae to·
talmente dal moto e dalla materia e che attinge la vera conoscenza . Per·
tanto egli ci fornisce una ampia classificazione di queste arti magiche ne!
suo Prologo all'esposizione della Theorica planetarum Gerardi, le qu�
rappresentano la matematica proibita ed illecita, o anche improp ria rt·
spetto a quella propria che è rappresentata dal Quadrivio boezian o.
Egli procede, anche se con impianto teorico ben diverso, a dist• ing ue·
re come Ruggero Bacone la vera matematica dalla falsa matemati ca. 0Jl
carattere distintivo di questo elenco di discipline, di libri e dei no mi del

' Per il ruolo dell'immaginazione e la magia oltre L. THORNDIKE, lma gina tion . a;
Magie. The Force o/Imagination on the Human Body and o/ Magie on the Hu ma n }Jin v'
in Mélanges Eugène Tisserant, Città del Vaticano 1 964, VI, 2, pp. 353 -58 cfr. P. ��:
rse
I.:ambigua natura della magia, Il Saggiatore, Milano 199 1 , pp. 53 -75 e gli stu di d1 WAf:
The Magie, cit. Il tema è tuttavia molto complesso e andrebbe analizzato nell e d! iJe
ve

scuole filosofiche e nei singoli autori. Si vedano ora gli atti del Convegno lnternaztO:cO
tenutosi a Porto 26-3 1 agosto 2002, a cura di Maria Candida Pacheco e Fran � tJI,
Meirinhos, lntellect et imagination dans la philosophie médiévale, Brepols, Turn o
3 voli., 2006.
Magia e matematica. I.A classificazione delle scienze magiche 3 19

utori, rispetto a quello fornito dall'autore dello Speculum astrono­


lo�; ae al sifl:1ilare di Pi�tro d_' A?ano è che esso è pi� 1ettagliato, e tra l'al­
e '.
r,tto è esplicitamente citato il libro mterdetto che e il fondamento della
rr ia simpatetica non destinativa che la Teoria delle arti magiche di
�di, non citato invece negli altri elenchi.
magia come matematica impropria
a ) La
la matematica impropria e si divide in due parti (si veda qui
La magia è
lo sc h e m a in _Appendice 11) ch_e sono la ma7:tica in gene��e o _la scienz�
della di vinazi one, e la matheszs che e, la scienza della divmaztone negli
en ti astratti, ma non astraendo completamente dai sensi e dall'immagi­
n azione: essa è la vera magia destinativa, demonologica, necromantica.
Questo elenco è molto ampio e rinvia a numerosi trattati di magia pa­
g ana che dipendevano dalle concezioni filosofiche dell'ellenismo, del­
'l e rmetismo, dalla teoria delle intelligenze separate di Avicenna e di altra
fonte. Le entità o i demoni di cui egli tratta non sono il demonio del cri­
stian esimo, ma si associano all'idea del demone di Socrate, all'idea di uno
spirito saggio, così come aveva sostenuto anche Calcidio e, soprattutto,
rimandano alla teurgia6 di Giamblico e di Proclo, alla magia ebraica e
arab a. In altri termini queste entità sono di tutti i tipi, ma non concerno­
no la credenza cristiana della caduta dell'angelo o demonio.
b) La classificazione delle arti magiche
La magia è la falsa matematica, afferma Taddeo, non perché come la vera
matematica ha come suo oggetto la conoscenza di entità matematiche
ast ratte o divine, ma perché si sforza di assomigliare all'astronomia va­
len dosi di immagini falsamente matematiche, poiché essa elabora le pre­
sun te entità matematiche oscurate dai fantasmi dell'immaginazione .
. _ Ta d deo afferma che in questa classificazione bisogna seguire la ripar­
��1��� . che proverrebbe dalla terza parte della Teoria delle arti magiche
i ,1.UUOdi7.
a
in gLe matematica impropria e proibita si divide in due: 1) mantica che è
ti ne rale la scienza della divinazione perché deriva secondo una cu-
08 et olo
111ath esz�ch gia da manchos (quod est divinatio) e ycos (scientia) e in
2)
s e deriva, secondo la medesima curiosa derivazione, da astrat-

l..z 1� �err _le differenze dei riti della teurgia neoplatonica cfr. C. VAN LIEFFERINGE,
gi0n ;u gze des Oracles Chaldiiiques à Proclus, Centre Intemational d'Études de la réli­
h:talin ecque antiq ue, Liegi 1 999. Si veda qui il Capitolo VI dedicato a Enrico Bate de
r

7
es.
· ·
"'t add È n otevole clI' questa c1taz1one · · · · · '
e no 1a constatazione eh e questa sezi one a cw s1 rieh1ama
p
sa pi� n si riscontra nelle copie latine della Teoria di Alkindi che conosciamo. Non
0 P ena to a quale copia dell'opera
n di Alkindi egli si riferisca.
320 Medioevo magico

to o divino (abstractum ve! divinum) e pertanto la mathesis è la scienti


(scientia) della divinazione in astratto (in abstractis) , vera e propri a ne�
cromanzia8 •
A sua volta 1) la mantica si divide in quattro discipline che sono s ud .
divise secondo i quattro elementi terrestri: la geomanzia ossia la divin a .
zione secondo la terra, l'arimanzia secondo l'aria, l'idromanzia sec on do
l'acqua e la piromanzia secondo il fuoco. La geomanzia, afferma Tad deo
è la più conosciuta ed è trattata da numerosi autori, ed egli ricord a ( fo r'.
nendo l'incipit) quella di Guglielmo di Morbeke, di Gerardo Cremone­
se, di Bartolomeo da Parma, di frate Alberto e di molti altri. Segue la cla s ­
sificazione della mathesis accompagnata dalle curiose etimologie d ei s in­
goli termini per cui ycos sta sempre per scientia.
2) La mathesis è divisa in altimanzia e teurgica; essa è la vera e prop ria
magia, ed è distinta a seconda che invochi entità superiori, medie o infe­
riori, benefiche o malefiche, angeliche o nigromantiche. La teurgica si
chiama così perché il suo nome viene da Dio (a deo) e da scienza (urgeor
- sic ! ). Essa ha ugualmente due parti che concernono una teurgica mag­
giore e una minore. La prima sarebbe stata inventata da un certo Natabet
e comprenderebbe la cachedemonica, inventata da Cambrino, la agato­
manzia scoperta da Simon Mago e la cacomanzia, inventata da Nenroth .
Di esse la più articolata ancora è la cacomanzia, poiché questa si distin­
gue in eumanzia, consistente nell'invocazione degli angeli (de angelorum
adiuratione) il cui inventore fu Arphasach, e nella nigromanzia. Que­
st'ultima prende questo nome da nero (nigron) che significa mort e (ni­
gromantia dicitur a nigrum quod sit mors et /it de /avillis mortu o rum):
«questa arte si fa con le faville dei corpi dei morti e si chiama così an che
perché applicarsi in essa significa la perdita dell'anima e quindi la m orte
o anche ha questo nome perché gli uomini che la studiano e che v oglio ­
no operare con questa scienza devono mortificare tutte le loro passi oni» .
Il suo inventore fu Belial e Archita9 • La teurgica minore è stata sco perta
per prima da Avenderit e si divide in scenobatica (comprendente l ' a ugu­
rio, il garispicio, l'avispicio e l'orospicio) e l'aliptica che comprende il ve­
neficio, il maleficio, il sortilegio e il prestigio.

8
Per l'edizione di questo Prologo di Taddeo cfr. G. FEDERICI VESCOVINI, La clas5!e:
cation des mathématiques d'aprés le Prologue de l'Expositio super Theorica planeta r� ,n ·
!Ja
rardi de /'averroiste Thaddée de Parme (Bologne 1 3 1 8) , in J. HAMEssE (a cura _ d 1 �•
a /es,
nuels, Programmes de cours et Techniques d' enseignement dans les Universités m edt eV e i
Lovanio la Nuova 1994, pp. 163-82. Sulla tradizione della Geomanzia nel Medi oevo di·
trattati qui nominati da Taddeo cfr. M.T. CHARMASSON, Recherches sur une techn zqu e
vinatoire: la géomancie dans l'Occident médiévale, Droz, Ginevra-Parigi 198 0.
9
La classi/ication, cit. , p. 177.
Magia e matematica. La classificazione delle scienze magiche 32 1

La ,nathesis detta altimantia si divide impropriamente in I) magica


ic ) e Il) giromanzia. Taddeo non la definisce, si limita solo a suddi­
( �ag a ntendendo con la prima la magia dei segni, dei caratteri e delle
erla i
6 u re la quale si chiama propriamente la scienza delle immagini (et dici-
gr scientia imaginum nigromanticarum) . Il nome di nigromanzia, ag­
':unge Taddeo, le è attribuito poiché questo nome è comune a tutti i li­
fri p roibi�i che �ross?lanam�nte (vul�ariter) sono �hiamati nig�om�tici
_
(dicitu r sczentza zmagznum nzgromantzcarum a nomzne communz quza om­
nes li bri prohi b iti vulgariter dicuntur nigromantici 10
) . Parallelamente a
quest a cla ssificazione Taddeo fornisce una lunga lista preziosa da un
punt o di � ista s o
� � ico dei _ libri de� e immagini d i
� �pi neti, ?ei _ si_g�i, d�g�
lli
ane , dei prest1g1 e degli specchi accompagnati dai loro znczpzt, m cm s1
b
fa riferimento a molti li ri planetarum della tradizione di Ermete, di Toz
Greco, nonché dei libri dell'arte di Salomone, dei quattro anelli che si in­
titolano dal nome dei suoi quattro discepoli de arte entonica e ydaica 1 1 , il
Liber Almandal, il Liber Razielis, Liber secretissimus e molti altri. Questa
descrizione di Taddeo è certamente più dettagliata di quella fornita dal-
1'Autore dello Speculum astronomiae e anche di quella di Pietro d'Aba­
no 12. Ciò fa pensare che la fonte usata da Taddeo possa essere diversa da
quella usata dai due autori citati.
La seconda forma di mathesis altimantica è la giromanzia, una disci­
plina magica poco conosciuta e praticata, se si esclude l'opera di Cecco
d'Ascoli e che si ritrova se mai nella copia tarda del Liber Raziel o Razie­
lis (si veda qui il Capitolo VII) . Infatti la giromanzia è la divinazione o il
p res agio dei fenomeni celesti: essi sono quelli che appaiono nel circolo
celeste, nei paralleli a seconda dei differenti colori delle comete, delle
stelle, del sole e della luna. A sua volta la gyromantia si divide in due for­
m e che sono l'ylemanzia e l'omosmanzia. Quest'ultima prende questo
n ome poiché la divinazione scaturisce dall'analisi del corpo umano nella
totalità (hom
osmantica ab homos quia est divinatio in toto corpore huma­
no) . Essa contiene quattro parti che corrispondono a quelle del corpo
f°1an°,
a h iog
la mano ( chiromantia), le spalle (spatulamantia), la polismantia e
P is nom ù:a. Taddeo ci informa che la polismanzia, come indica il
suo _ no
me, è la più complessa e si divide in tre parti anch'essa: 1) la fasci­
a
� zi�n e (fascinatio), la salisaliptica e l'haustum (il soffio). Secondo Tad-
1:tr0 1 maestri di queste discipline sarebbero stati Plinio il Giovane ed
o do to.

IO
lbZd. , p , 177.
Il
lbzd. p 179
12 p ,' ' • . .
c�0 S · D ABANO, Luadator, ed. c1t., pp. 1 17-23 ; per lo Pseudo-Alberto cfr. ALBEKro MA -
, Peculum
astronomie, a cura di P. Zambelli, Brill, Leida 1 992, con traduzione in inglese.
322 Medioevo magico

Alla fine della sua digressione delle arti magiche proibite, prima d '
passare al commento della Teoria dei pianeti di Gerardo, egli con d ude1
che tutte queste materie fanno parte della matematica illecita e devon
essere separate dalle altre discipline del Quadrivio. Tuttavia egli giusti6�
ca l'attenzione per queste discipline affermando che anche se esse t ra tta .
no di scienze malvagie e di conoscenze false perché oscurate dai fanta srni
sensibili dell'immaginazione, tuttavia, come dice Boezio, interpretan do
un passo dei Topici di Aristotele, la conoscenza delle cose malvagie p uò
essere buona perché il male può essere evitato solo se conosciuto.
Una osservazione finale si impone a proposito di questo testo. Le ope ­
re qui citate rivelano che anche se interdette, dovevano avere avuto una
certa circolazione, subito frenata e arrestata. Alcuni di questi test i s on o
esaminati nella mia presente ricerca. Tuttavia, come ho messo in luce , si
tratta di copie assai tarde, del XV, del XVI sec., se non più avanzate anco ­
ra. Quello che è notevole è che questa elencazione di Taddeo, post a all'i­
nizio del suo corso universitario, dimostra come sia passata nel Medioevo
una magia dotta filosofica e teorica, di derivazione greco-romana, elleni­
stica, araba e ebraica; come la magia e la stregoneria potessero essere pra ­
ticate non tanto e solo da donnette superstiziose, ma da pretesi saggi, m a­
ghi, indovini, imbevuti di conoscenze. Ed è curioso come in alcune delle
numerose copie manoscritte, di questa opera di Taddeo, in alcune di esse,
quelle più tarde, sia scomparso questo prologo sulle arti magiche 13 •
Il testo che è stato esaminato, con la sua interessante spiegazione del-
1'origine delle conoscenze magiche, false, dovute all'immaginazione, at­
testa che la magia sotto tutti i suoi_differenti aspetti, era una forma di co ­
noscenza elaborata, anche se falsa, che veniva da lontano e che poteva co­
stituire una forma di sapere praticata da uomini che intendevano mani­
polare la natura, con conoscenze irreali e fantastiche, tuttavia di un livel:
lo superiore rispetto alle pratiche delle donnette e delle mulierculae , a cut
tradizionalmente erano associate le pratiche di stregoneria.
Comunque è interessante la condanna gnoseologica di Taddeo comu­
ne alle posizioni filosofiche di queste opere ossia che tali discipline s ono
da espungersi in quanto non forniscono conoscenze vere, ma solo illu­
sioni dei sensi e quindi falsità.

n Cfr. FEDERICI VESCOVINI, La classi/ication, cit. , pp. 1 4 1 -42 .


M agia e astronomia. Astrologia e pronostico
13 .
me dico, difesa della « vera » astrologia delle
immagini come scienza razionale di Pietro d ' Abano
contro la superstizione magica. L'immaginazione

Come abbiamo accennato nei capitoli precedenti l'astronomia-astrologia


è la disciplina cerniera tra la divinazione magica e una scienza razionale
perché fornisce i principi di una conoscenza per previsione, fosse la pro­
gnosi medica, la metereologia dei naviganti e le previsioni del tempo per
gli agricoltori. Se essa è considerata una disciplina che fonda le sue pre­
visioni su cerimonie di invocazioni di entità astrali, rappresentate nelle
loro immagini fossero spiriti angelici, o demoni dei pianeti, comunque
entità preternaturali, siamo nell'ambito dell'astronomia necromantica,
destinativa e superstiziosa. Quando invece la si ritiene una disciplina ra­
zionale con tutti gli attributi della scienza certa e non superstiziosa, non
«destinativa», non cerimoniale, siamo nell'ambito della vera scienza per­
messa e lecita .
. Pietro d'Abano si accinge a sviluppare questa seconda concezione ra­
f
zionale della «vera» astrologia nella sua opera di astronomia dal titolo:
hiarimento dei dubbi di astrologia (Lucidator dubitabilium astronomiae
astro logiae) 1 , opera redatta nel 1303 e rivista nel 1310 (dopo le prime ac­
c�se dei frati di Saint Jacques) di Parigi: la tesi è dimostrata nella dire-
zione che porta argomenti su argomenti per collocare la astronomia­
aSt rologia
tra le scienze teoretiche, speculative e non magiche.
a ) L' ast
rologia è una scienza certa
C o me alcuni dotti nel Medioevo, anche se con le dovute eccezioni ri­
j tt_o alla classificazione degli enciclopedisti cristiani dei secoli prece­
e

dor ti c_he_ avevano espunto l'astrologia giudiziaria dall'astronomia (!si­


en
o
n on ?� Siviglia, ·Ugo di San Vittore, Roberto Kildwardby e altri), Pietro
ritiene che si possa distinguere l'astrologia come egli la intende, dal-

2' e� P�ETRo D' ABANO, Trattati di astronomia, a cura di G. Federici Vescovini, Padova,
· , 9 92 (testo pp. 57-324 ) .
324 Medioevo magico

l'astronomia. Ma egli comprende che bisogna dimostrare che es se son


una stessa e unica disciplina dato che non tutti lo riconoscono per l' a0.
spetto magico superstizioso che veniva attribuito alle immagini a st ro}o.
giche. L'astronomia, in quanto matematica ( o meglio algoritmica ) fo n d
ta sui calcoli delle Tavole considera il lato teorico, mentre l'astrolo gi a et
prende in considerazione l'applicazione dei movimenti dei cieli al rn on�
do inferiore, è la scienza «pratica» dei giudizi. Pietro unisce te orico e
pratico nella stessa disciplina, e questo è un elemento distintivo e origi.
nale della sua concezione della scienza per la quale l'arte è scien z a e la
scienza è arte venendo così ad unificare gli aspetti teorici e prati c i delle
due discipline. Egli la sviluppa sulla base dell'ordinamento delle sc ienze
dato da Aristotele nell'Etica a Nicomaco (VI, 2, 1139a 1-30; 1139b 15 ; VI ,
4, 1140a 5-20)2 . Naturalmente questa idea si riferisce non solo alla astro­
logia come scienza, teorica e pratica insieme, ma soprattutto alla medici­
na, anch'essa disciplina attaccata su tutti i fronti dai suoi avversari che la
intendono come una vile scienza meccanica, oppure pratica magi c a.
Pietro procede a livello teorico per dimostrare che essa è scienza cer­
ta, determinata dal suo sostrato (subiectum) , vicina a tutte le scienze del­
la natura e pertanto è una fisica poiché è la scienza del movimento di tut­
te le cose. A livello pratico, afferma che è una scienza difficile, ma utilis­
sima alla teologia (come chiarirà) e pertanto l'astrologia precede tutte le
altre scienze, così è la prima di tutte (prior) . Soprattutto come egli dimo ­
strerà, essa è una scienza lecita e non una arte magico-necromantica e
pertanto non è condannabile (si tratta, com'è evidente, anche di una di­
fesa da accuse che non conosciamo bene).
1) Sul piano teoretico uno dei problemi più difficili da risolvere è
quello di dimostrare che l'astrologia è una scienza certa che stud ia un a
moltitudine di cose individuali e contingenti, in contraddizione co n l' in ·
terpretazione corrente della scienza che, sull'autorità di Aristotele affer­
ma che si dà scienza certa e vera solo dell'universale, del necessari o e non
si dà scienza del transeunte contingente. Pietro d'Abano modific a il c0?·
cetto di oggetto (subiectum) della scienza, in questo caso dell'astro n omia ,
nel senso che l'oggetto corruttibile e quello incorruttibile non s o n o to ·
talmente separati, ma anche se essi non coincidono mai nel gen e re , co ·
municano tuttavia tra essi in ragione di una certa analogia e d i una cert a
attribuzione in una determinata passione o proprietà.
Si può esprimere questa proprietà per quanto riguarda l' astro�om91�
con il concetto di «applicabile» e per la medicina con il concetto d i « 5

2 Per l'analisi dettagliata cli questa dottrina cfr. il mio studio, La médecin e sy n fb:;�
d'art et de science se/on Pie"e d'Abano, in R RASHED, J. BIARD (a cura di ) , Les doctrt
de la science, Peeters, Lovanio 1999, pp. 237-56.
Magia e astronomia. Astrologia e pronostico medico 325

bile » . Sono due concetti che permettono a ciascuno di congiungere in-

r
0:�e due nozioni, l'una che considera l'attività (corpo mobile ) incor­
si
ttibile che è il cielo che si applica ai corpi inferiori corruttibili, e l'altra
(il corpo corruttibile al quale il cielo è applicato ) . Applicabile
a passività u
b lica m
app t sono dunque le determinazioni del soggetto o oggetto (su­
·1ectum ) dell'astronomia-astrologia che è il ciel�.
Dopo aver cercato di dimostrare che si può conoscere qualcosa di in­
ge erabile che è il cielo, ma che è anche corruttibile nella forma del cor­
n
po umano curabile, ossia il cielo nelle sue forme di applicabile e applica­
tu m 4. Pietro d'Abano cerca di dimostrarlo procedendo con la sua teoria
dell'astrazione che egli ricava dalla gnoseologia di Avicenna semplifican­
dola alquanto, e intendendola come «considerazione» dell'intelletta5.
Pietro d'Abano ci fornisce una notevole definizione del soggetto (su­
biectum) dell'astronomia che costituisce chiaramente l'oggetto della
scien za potenzialmente dal lato della considerazione del nostro intellet­
to anche nella differenzia VI del Conciliator, propter primum, come nella
differenza I del Lucidator, propter primum; la definizione data da Pietro
d'Abano è la seguente: il soggetto (subiectum) nella scienza è ciò che l'in­
telletto considera nel soggetto stesso e che si chiama propriamente l'og­
getto (obiectum) 6 • Egli aggiunge che il soggetto può essere in atto o in po­
tenza: in atto è l'essente attuale il quale è tuttavia in potenza in relazione
a un altro ente che è causato da lui stesso; invece il soggetto nella scien­
za è lo stesso che l'oggetto dell'intelletto (intentio rez) . Siamo di fronte ad
una teoria della scienza derivata da Avicenna che permette di distingue­
r� tra una della scienza ex parte rei (dal lato della cosa) e una considera­
zi one ex parte intellectus (dal lato dell'intelletto).
La separazione tra la cosa particolare (res particularis) e la cosa uni­
versale dipende dalla considerazione del nostro intelletto nel senso che
la cosa particolare è tale solo perché è considerata dal nostro intelletto in

3
Lucida tor, differentia I, propter tertium ad primum et propter tertium ad tertium et
p ropter qu
artum, responsio, ed. cit. , pp. 133-34; 137-38, 15 1; Conciliator, differentia 3,
p ropter se
n r cu ndum, a proposito della distinzione dei soggetti di natura che si possono ge­
d� e �subiecta naturte generabilia) che sono divisi in tre rami, di cui il terzo è il sostrato
a
� scie�za della medicina e dell'astronomia.
Lucidator, differentia a, propter
l tertium, 134-38.
, fr. il m io studio La médecine synthèse d'art et de science, cit. , in particolare pp. 242-
44 e �
cen -�-- HASSE, Avicenna on Abstraction, in R. WISNOVSKY (a cura di), Aspects of Avi­
1t ,
Ch a rinceton 2001, pp. 39-72. Per la nozione di materia "soggetta" cfr. C. BELO,
2 , � �e and Determinism in Avicenna and Ave"oes, Brill, Leida 2007 , in particolare cap.
1t

,.,_v,cenna on matt
er, pp. 64-66.
est illC�nt:!liator, differentia 6, propter primum: «sciendum quod subiectum in scientia
6

u Ct rca quod speculatur intellectus in ilio quod proprius dicitur obiectum ».


326 Medioevo magico

un modo particolare secondo la materia particolare e distinta da un' altra


materia, secondo degli attributi essenziali, mentre le cose universali son o
considerate nella materia comune; così come diceva Avicenna, qui cit ato
da Pietro d'Abano, il soggetto di tutte le scienze è il medesimo ente co.
mune a tutte e pertanto le scienze si distingueranno tra loro, secondo le
considerazioni del nostro intelletto, delle passioni e proprietà di questo
soggetto (subiectum) o ente in comune. Pertanto le tre scienze specul ati­
ve di Aristotele e di Avicenna, i tre «modi» della conoscenza specul ativa
(il modo divino o teologico, il modo matematico e il modo naturale) non
si distingueranno che secondo la considerazione del loro soggetto ; pe r­
tanto secondo la differente considerazione dell'entità, in sé, o essentialis
sarà il divino, in relazione alle proprietà, o intentio rei, sarà il modo m a­
tematico; quanto al modo dell'astronomia e della fisica chiamato da Pie­
tro il modo sostanziale (substantialis) esso si distinguerà dal modo essen­
ziale che è il divino, ossia il modo dell'essere in sé. Ne consegue che tut­
te le scienze non sono subordinate alla scienza prima, così come era sta­
to teorizzato da Roberto Grossatesta nella sua teoria della subordin azio­
ne di tutte le scienze dalla scienza prima sviluppata nel suo Commento
agli Analitici posteriori di Aristotele: una interpretazione che è stata il
fondamento degli sviluppi della teologia7 come scienza prima razionale.
Qui invece Pietro d'Abano, elaborando una dottrina della scienza «fi si­
ca» che fosse adattabile alla medicina, arriva al risultato finale che tutte
le scienze non sono subordinate alla scienza somma, la metafisica , non
c'è subordinazione causale delle scienze tra di loro, subordinate a loro
volta alla conoscenza delle essenze separate o divine; ma tutte le scienze
sono situate al medesimo livello, costituito dal subiectum il soggetto o la
materia comune. Così Pietro arriva a concludere e specificare il soggetto
della medicina e dell'astronomia-astrologia, dal lato della cosa (ex pa rte
rei) che è la natura in movimento non fortuito, e dal lato dell'intelletto
considerata con le passioni e le proprietà che sono intimamente leg ate al
loro soggetto (subiectum) e che l'intelletto, considera per l'astrazione fa�­
ta degli accidenti particolari della materia e del movimento. Tali a c �1:
denti sono: la qualità o passione «sanabile» per la medicina e la qualit a
«applicabile» per l'astrologia.
Comprendiamo adesso la concezione della scienza astrologica c orn e
sintesi di arte pratica e di scienza speculativa dal lato della cosa (ex pa rte
ret) e dal lato dell'intelletto (ex parte intellectus) . Pietro d'Abano n on

7 M.P. CHENU, La théologie camme science au XIII• siècle, Vrin, Parigi 196 3 , P_P }
� é./0
ss. Cfr. anche E. GRANT, Scienza e teologia nel Medioevo, in Dio e natura (trad . 1t. d t
and Nature, Historial Essays on the Encouter between Christianity and Science, Lon d a ·
r
Berkeley-Los Angeles 1989), La Nuova Italia, Firenze 1994, pp. 39-76.
Magia e astronomia. Astrologia e pronostico medico 327

f°f ncepisce più un'opposizione radicale fra la nostra opera e l'opera del­
n atura, tra l'opera di natura che sarebbe necessaria, immutabile, per­
tt a, divina e intelligibile, e la nostra opera pratica, l'opera della nostra
�e ch e non sarebbe che possibile, contingente e imperfetta, sempre in
a
to con le cose che sono «altrimenti».
rappor
Secondo l'interpretazione di Pietro d'Abano dell'Etica a Nicomaco di
Aristotele, la scienza è concepita come una disposizione pratica dell'ani­
m a razionale. La scienza è definita come un'abitudine (habitus) pratica
dell'intelletto associata alla ragione e acquisita con il ragionamento (lo­
gos) il qu�e dirige l'azione sc�gliendo_ i mezzi più ada!ti_ �ell' az�one men­
tre il fine e sempre lo stesso: il compunento della felicita che e la cono­
scenza inerente alla forma della natura umana razionale.
Pietro d'Abano congiunge dunque l'operazione intellettuale della
p roduzione o dell'arte, all'operazione intellettuale dell'azione, con una
dottrina dell'intelletto che è insieme pratico e speculativo. In altri termi­
ni la dottrina di Aristotele secondo la quale l'arte e la scienza possono es­
sere concepite come delle virtù razionali, in quanto disposizioni pratiche
o attitudini naturali alla verità razionale, dà a Pietro d'Abano l'occasione
di elaborare la sua peculiare interpretazione: egli concepisce la scienza
come un sapere che è un habitus intellettuale all'operazione conoscitiva
acquisito con il ragionamento. Collega l'habitus o abitudine della cono­
scenza e della produzione (poiein) o arte i cui principi sono nella mente
di colui che fa ( in /aciente) con l'habitus che è acquisito dall'anima e che
si riferisce alle cose che possono essere fatte (factibiles) . In altre parole
secondo Pietro d'Abano noi abbiamo nella nostra anima un habitus (abi­
tudine) alla conoscenza acquisito in facto esse (un abito acquisito in es­
sere di fatto) e abbiamo un habitus di conoscenza che riguarda le cose
che possono ancora essere fatte (factibiles) mentre si tende a compierle
kioè le cose che stiamo facendo e che ancora non sono realizzate). Non
� ' è opposizione fra i due abiti. Pertanto Pietro d'Abano impiega le due
In�erpretazioni di exis (disposizione) che era possibile ricavare dalla dot­
t a di Aristotele:
� 1 ) disposizione come attitudine razionale alla virtù ra­
zion le e
a all'azione che è inerente alla natura razionale umana, e 2) di­
�P osizione come acquisto durevole delle virtù per mezzo di questa ten-
enz a o disposizione la quale è l'habitus come stato durevole ottenuto
o
c n �'educazione, l'esercizio e l'apprendimento8 •
a
di spL strologia .è dunque un'arte ed una scienza poiché è l'insieme delle
o sizioni virtuose dell'anima razionale il cui fine è la conoscenza (epi­
Sfe,n e). V hab itus intellettuale della scienza e quello dell'arte sono gli

8
Con ciliator, differentia 4, propter tertium, Venezia 1565, f. 8vb.
328 Medioevo magico

aspetti intercambiabili della medesima virtù razionale dell' anirn a : 1


scienza della quale l'oggetto è in facto esse, è anche l'arte della quale l' og�
getto è in divenire (fieri) .
È quindi a questo livello del discorso che Pietro d'Abano pon e l' a ­
stronomia-astrologia concependola come una scienza matematica e fisi ­
ca, teorica e pratica che, per questa ragione, sulle orme della dottrina g e .
nerale della fisica di Aristotele, contiene tutte le altre scienze. Per tali mo .
tivi essa non è condannabile come la magia, la quale, come tale, non ha
questi requisiti.
L'astronomia-astrologia è definita in generale come la scienza della
quantità e dei moti dei corpi celesti considerata universalmente in sé e
nei loro effetti. Essa misura le grandezze celesti, le loro distanze , tratta
delle loro congiunzioni e figure, congettura i moti universali di esse e
quelli singolari di ciascun astro e per questo si è soliti chiamarla scienz a
del movimento del tutto (scientia totius) , come sostiene Albumasar.
Pertanto una parte dell'astronomia è teorica ed è quella che misura
le quantità dei movimenti celesti. L'altra parte è pratica ed è quella che
è «applicata» ai movimenti dei corpi inferiori, i quali sono consecutivi
all'azione dei movimenti celesti, ed essa si chiama scienza dei giudizi o
giudiziale.
Inoltre, poiché la causa prima che è Dio non può essere conosciuta in
sé, ne segue che Dio può essere conosciuto solo negli effetti che p ro d u ­
ce per la mediazione dei movimenti celesti. Questo significa che l'as tro ­
logia-astronomia il cui oggetto è la conoscenza di questi movimen ti, è la
scienza privilegiata necessaria e indispensabile alla teologia o alla filoso­
fia prima, nella misura in cui l'astrologia è la conoscenza per e/fectus o a
posteriori dell'azione di Dio, inconoscibile in sé.
Dopo aver stabilito i principi generali della scienza e le sue rela zioni
con le scienze speculative, Pietro d'Abano sviluppa una serie di a rgo­
mentazioni per difendere i due aspetti dell'astronomia sia quello s p e cu ­
lativo che quello pratico, dagli attacchi di tutti i suoi nemici che son o nu ·
merosissimi. Pertanto egli procede nel Lucidator a dimostrare analitica ­
mente non solo che essa è una «scienza certa, determinata dal s u o s��­
getto (subiectum) , una, simile alle scienze della natura e quindi una �­
ca, ma anche dal lato pratico o morale, che essa è nobile, anche s e d 1 •
cile, utile alla teologia, non superstiziosa e quindi lecita.
2) Pietro d'Abano constata che quasi tutti si oppongono e combatt_oi
c
no l'astronomia-astrologia, non solo per i principi teorici e mate� ad i
che reggono i movimenti dell'universo intero secondo la geometri a e
cerchi eccentrici ed epiciclici di Tolomeo, ma anche dal lato m� r�e J':ri
le pratiche ritenute magiche e superstiziose che reggerebbero 1 g i u 1
Magia e astronomia. Astrologia e pronostico medico 329

ci: ma n�ll'ins�e�e l'as_trolo�ia-astrono�ia è com? �ttu�a dall'u-


9,s· trologi
rso in tero dei dotti, stano filosofi che teologi che med1c1. Pietro non
01ve
di minimizzare gli errori e gli sbagli degli astrologi del suo tempo
chrea r oranza e per pigrizia trascurano lo studio dell'algoristica
e pe ign
( uarnp lurimis odiosa) i quali confondono i calcoli delle tavole non im­
� si a correggere i valori astronomici delle _longitudi?i T?edie dei
p gnando
i9,0eti, del corso del sole e della luna sulla base dt osservaz1om nuove e
; mp re rinnovate. Inoltre ci sono dei medici che da grandi ciarlatani e il­
e
lusionisti pretendono di esercitare la loro professione senza richiamarsi
ille conoscenze astronomiche alle quali preferiscono le pratiche magi­
che, mentre la vera astrologia evita tutte le scienze divinatorie e necro­
mantiche fondate sulla magia destinativa delle immagini degli spiriti dei
pianeti o delle forze occulte delle figure delle costellazioni che sono da
invocare e da implorare. Tali arti, afferma con disprezzo Pietro d'Abano,
son o degne delle donnette e di menti malate.
È a questo proposito che Pietro affronta quello che è l'argomento più de­
licato e controverso che attraversa tutta la riflessione medievale, che ri­
guarda i rapporti dell'astronomia di Tolomeo con la divinazione astrolo­
gica destinativa e necromantica della magia ermetica, consistente nelle
pratiche magiche del paganesimo greco-romano, dell'ermetismo arabo
latino o orientale che sono state ereditate dal Medioevo. Egli afferma con
forza che l'astrologia rifiuta ogni arte divinatoria necromantica e magica
fon data sulla teoria delle immagini degli spiriti dei pianeti da invocare e
catturare nelle immagini astrologiche. Pietro sostiene decisamente che la
�ua dottrina delle immagini astronomiche non può essere avvicinata alle
unmagini destinative della divinazione astrale greco-latina ermetica o
arab a dei libri da lui citati in quanto le immagini di cui egli parla appar­
en
�e go_n? al terzo genere lecito, classificato dallo Specu lu m come semplici
s cr1z1oni del cielo astronomico.
b ) lib ri
I necromantici osceni e corruttori

I
A questo proposito egli introduce una digressione sulle arti magiche
ne cro
ma 9
e eh e so ntiche con l'indicazione dei libri di magia illecita e detestabi­
no enumerati dettagliatamente e che è particolarmente interes-

ni � �ucidator, diff. 1, propter primum, pp. 117- 18. La lista riporta i libri delle immagi­
rn�� te secondo la divisione dell'Autore dello Speculum astronomiae in libri delle im­
crorn 1 a�tronomiche che sono leciti, e quelli delle immagini illecite, le propriamente ne­
lo st an tiche e malefic he (ac potius male/ice) senza fornirne gli incipit, diversamente dal­
e
f
il C a;�o P ecu lu m e dalla lista che fornisce in quegli stessi anni Taddeo da Parma (cfr. qui
1�0 0 XII e l' Appendi
.
glj alt s im ce Il). Dei libri malefici Pietro di ce di c itarne solo una parte:
S11zod,.t' ili li tralasc ia perché os ceni e perché corrompono l'intelletto (et celeri huiu­
quod pertranséo lib ri satis obsceni ac intellectus depravativi) .
330 Medioevo magico

sante. Egli nomina queste opere sulla base dell'ordinamento delle tecni.
che astrologiche, per le quali è possibile un innesto delle pratiche n e .
cromantiche nella teoria delle «elezioni» (electiones) e delle interroga.
tiones dei pianeti (che è una sezione importante dell'astrologia c ome
astrologia «esercitativa» dei giudizi) . Egli segue il testo dei Libri liciti et
i/liciti o Speculum astronomia? attribuito ad Alberto Magno, per cui s ot­
tolinea con grande precisione la differenza tra le teorie delle influen ze
delle immagini puramente astronomiche di Tolomeo e del suo commen ­
tatore Alì e le separa dalle immagini necromantiche di Ermete Thébit e
degli altri esegeti della dottrina magica delle electiones e delle interroga­
tiones astrologiche dell'ermetismo (si veda qui il capitolo I, parte prim a ) .
Esse sono fermamente condannate ed espulse. A questo proposito di ­
stingue la necromanzia dalle altre arti magiche: essa è una parte di esse
ed è la «mantica» che consiste propriamente nel rituale cerimoniale del ­
le immagini astrologiche connesse con la tecnica delle elezioni e delle in­
terrogazioni. Essa è una specie a sé (mantica) della magia generale o ga­
ramantia, di cui le altre specie sono la matesi, il sortilegio, il prestigio e
il maleficio 10 •
Pietro ricorda in un passaggio del Lucidator che né Tolomeo nel suo
Quadripartitum (testo canonico per i fondamenti dell'astrologia) né il
suo commentatore Alì trattò delle interrogazioni né delle elezioni « per­
ché egli le stimò cose di poco conto e di minore fondamento e per que­
sto non degne della sua disciplina» 1 1 • Tuttavia la tecnica delle elezioni e
delle interrogazioni è legittima quando è fondata esclusivamente s ui
transiti delle rivoluzioni astronomiche nelle quali non c'è niente di m a­
gico (ossia di destinativo) né di occulto e non richiede operazion i ceri ­
moniali delle loro immagini. Esse sono una semplice descrizione della
volta celeste.
Se si confronta questo passaggio di Pietro d'Abano della enumera ­
zione dei libri di magia con la classificazione delle arti magiche pro p oste
quasi nello stesso periodo da Taddeo da Parma nel suo Prologo al co� ­
mento della Teorica dei pianeti di Gerardo da Cremona (cfr. qui il capl ·
tolo XII), si può notare fino a che punto essi sono simili nella con dann a
ma come divergano le loro posizioni quasi contemporanee, e con sta��r
come Taddeo sia molto più compiacente con i libri di magia anch e s _
a

base della diversa concezione dell'astrazione dei fantasmi dell'im m !· ag


a
nazione rispetto a Pietro d'Abano. L'astronomia è per entrambi tut t ��
a
il fondamento della medicina perché il cielo con il suo movimen t o e

1 0 Vedi più avanti, nota 23.


1 1 Lucidator, diff. 1, propter primum, ff. 116- 17.
Magia e astronomia. Astrologia e pronostico medico 33 1

causa e il principio del movimento naturale di tutte le cose e quindi essa


configura come una fisica celeste e terrestre.
5i n soggetto dell'astronomia-astrologia è dunque il cielo con i suoi astri
considerato secondo la dottrina gnoseologica di Pietro, della « conside­
�azione» del nostro intelletto il quale « considera» le proprietà e le pas­
sioni del cielo. Se per il soggetto della medicina questa proprietà può es­
sere espressa grazie al concetto di « sanabile», per l'astronomia essa sarà
espress a con il concetto di « ap plicabile». Quest'ultimo è un concetto
ch e permette di congiungere due nozioni: l'una che considera l'attività
del corpo mobile incorruttibile che è il cielo che si applica ai corpi infe­
riori corruttibili, e l'altra concerne l'attività di quelle cose ai quali il loro
m ovimento è app licato (applicatum) , ossia quelle del mondo sublunare o
terreno. Dunque applicabile e applicatum sono le determinazioni del sog­
getto dell'astronomia-astrologia che è il cielo, nella sua duplice attività:
come «causale» e come « causato».
Questo concetto di « applicazione» contiene la teoria notevolissima
da un punto di vista filosofico, della causalità, o meglio dell'« azione» dei
cieli di Pietro d'Abano. Si tratta di un'idea globale che riguarda il siste­
ma causale naturale che è assente nella magia astrale ermetica e nella ma­
gia salomonica, così come ha sottolineato Jean-Patrice Boudet 12 nel suo
saggio magistrale sul Secretum nella magia rituale medievale. È propria­
mente a questo livello che la astronomia-astrologia è una scienza teorica
e pratica la quale, per questo, contiene tutte le altre senza tuttavia essere
la scienza della causa prima inafferrabile in sé, che è Dio. Egli crea il
mondo immediatamente, nutu dei. Ma al di sotto di Lui, esso può essere
conosciuto negli effetti che p roduce p er la mediazione 13 dei corpi celesti
e da ciò consegue che l'astrologia è una scienza privilegiata poiché è ne­
�essaria e indispensabile alla teologia o filosofia prima nella misura in cui
e la conoscenza a posteriori dell'azione di Dio e per questo essa è legitti­
ma e giustificata.
Dio agisce nel mondo inferiore per la mediazione della rivoluzione
d a volta
� celeste delle costellazioni e dei pianeti che vi si trovano. Sono
1 8s1 che con il loro movimento producono tutti i movimenti inferiori. Il
o o tnoto è
r regolare pur essendo variato e le leggi matematiche che per­
llletto no di spiegarlo rendono possibile scoprire un ordine, una regola

12
J BOUDET, Le secret dans la magie rituelle médiévale, in Il segreto (Micrologus
·:P-
Xlv) s
13 • Si mel Edizioni del Galluzzo, Firenze 2006, p. 103.
Quest? concetto di mediazione sarà uno degli errori gravissimi censurati da Sinfo-
rie
1/ n C. ham p1er, di Pietro nei suoi Annotamenta errata et castigationes, in App. a Petri Apo­
e
Pi �Szs Opera, Venezia 1512. Su ciò in particolare B. NARDI, Le dottrine filosofiche di
e ro d'Abano
in Saggi sull'aristotelismo padovano, S ansoni, Firenze 1958, pp. 28-38.
332 Medioevo magico

razionale intrinseca anche a tutto ciò che accade sulla terra. Ne cons egu
che gli astri non sono le cause 14 di ciò che dipende da essi, ma sono i rn o�
vimenti dei cieli con le loro differenti caratteristiche qualità e nature st u.
diate dagli astronomi, ad essere le cause di ciò che dipende da ess i . S e.
condo Pietro d'Abano, le immagini delle costellazioni, i pianeti con i loro
aspetti non sono né dèi minori né demoni, né intelligenze divine , rna
sono da un punto di vista razionale e filosofico, dei principi di tn ovi.
mento regolati da norme precise, cioè essi sono cause intermedie de riva ­
te e mediane, fisiche e naturali.
Le accuse contro l'aspetto pratico dell'astronomia, ossia cont ro
l'astrologia stricto sensu sia a livello teorico che sul piano operativo pe r le
pratiche ritenute magiche, sono ancora più virulente perché essa preten ­
de di essere la scienza sia di ciò che è ingenerabile sia di ciò che è cor­
ruttibile di cui, secondo i principi della scienza di Aristotele, non si può
avere una scienza certa.
Pertanto in quanto essa è quella scienza connotata secondo la elabo­
razione filosofica precisata di sopra, l'astronomia-astrologia ha in orrore
le pratiche necromantiche che impiegano i riti di suffumigazione, le inci­
sioni di amuleti e di segni, le immagini magiche degli spiriti dei pianeti
che rappresentano la vera magia destinativa cerimoniale che non hanno
niente di razionale.
L'introduzione delle pratiche magiche nell'astrologia è legata all' uso
delle immagini celesti soprattutto al momento della scelta (electio) dd­
l'immagine del cielo favorevole a un trattamento medicale o men o, di
qualunque operazione si tratti. L'«elezione» è associata ad un ri tu ale
complesso, ricco di formule e di suffumigazioni delle immagini che ra c­
chiuderebbero gli spiriti dei pianeti, fossero demoni o angeli che ren de­
rebbero efficace l'operazione. Anche per Pietro d'Abano come medi co è
indispensabile scegliere il momento temporale più adatto o favorev ole al
trattamento di un malato e quindi conoscere (interrogatio) la raffigura­
zione (imago) del cielo di quel momento particolare 15 • I transiti celes ti �0:
no messi in relazione con la radix (radice) cioè con la figura della nativit_a
radicale del paziente. La conoscenza del cielo di nascita (nativitas) era ri­
tenuto un mezzo indispensabile per valutare le probabilità di guarigio�e
e
del malato e di conoscere il momento più adatto per la cura per la qu
o 9
avrebbe potuto essere guaribile (sanabilis) . Si comprende dunque fin

Cfr. Lucidator, differentia quinta, pp. 28 1-95.


14

i, Così Pietro definisce l'interrogazione e l'elezione: «[pars] interrogativa � ive_ qdi­
stionativa: interrogatione visa indagare veritatem eius quod petitur hora quest10n! . ne5
0
gende dispositione celestis suscepta [... ] De electionibus: qua considerata dispos lt l
celesti laudabili agire incipimus» (Lucidator, propter primum, pp. 116, 20-30) .
Magia e astronomia. Astrologia e pronostico medico 333

h p un to la conoscenza della rappresentazione astrologica (imago) del


'· elo d'un momento particolare del trattamento medico messo in rela­
'! n la natività del malato, fosse necessaria alla medicina di Pietro
zione co . .
d 'Abano e perehe, eg 1·1 ne par1asse Iungamente a proposito de11a tecmca
delle dezioni soprattutto nel Conciliator. Il medico tuttavia non compie
es s u
n rito, nessuna cerimonia di invocazione, supplica o altro, né suffu­
�igazioni. Pertanto le immagini non hanno per lui la stessa funzione del­
l ' astrologia cerimoniale o teurgica, abbastanza corrente nel suo tempo
perché a suo avviso la conoscenza delle immagini astrologiche del cielo
nel momento della scelta (electiones) dell'intervento del medico non è al­
tro che la descrizione astronomica del cielo di nascita allo stesso modo
che la lettura di un oroscopo, e non è un rituale di invocazioni degli spi­
riti dei pianeti che sarebbero racchiusi in queste immagini, i quali rap­
p resenterebbero il cielo in quel momento. Si sa bene che l'inserzione del­
la magia nella pratica astrologica medica dipendeva dalle operazioni del­
le immagini dei pianeti che vi avrebbero introdotto una virtù magica oc­
culta per la quale esse sarebbero state efficaci. L'idea di virtus occulta in
medicina e in astrologia pareva essenziale per spiegare le proprietà tera­
peutiche altrimenti sconosciute di certe sostanze o di certe immagini (si­
gilli) costruiti con pietre o sostanze particolari dai poteri ignoti. Piero
d 'Abano non ritiene che certe qualità rare o sconosciute come quelle del
corallo dipendine da una forma specifica occulta che sarebbe una so­
stanza o una entità permanente come le essenze o le idee eterne di Plato­
n e al di fuori dalla natura: al contrario questa virtù occulta è per lui una

t
qualità attiva della materia composta, un'operazione anche se «rara» del­
su e qualità che producono un loro effetto sebbene la loro causa non sia
en conosciuta (si veda qui il Capitolo IX) in relazione a Pietro d'Abano.
Ma quale genere di influenza, di causalità producono i corpi celesti
h e
e sono i pianeti?
L'interpretazione di questa dottrina della influenza è strettamente le­
ata alla su
h a teoria della casualità del cielo (actio, causa, impressio, in-
uen t!a variamente chiamata). Questa dipende dalla natura delle confi­
u
� \�zioni a ) del firmamento o ottava sfera, b) dei sette cieli, c) dei piane­
1 e e li ab
s n e itano e delle tecniche degli aspetti fra di loro secondo le cono­
d� z c�e Pietro ne aveva. In particolare questa concezione dipende
teoria
ne/ e delle immagini (vultus) sia dell'ottava sfera che dei sette pia­
a r/ � ? lle loro configurazioni: quale era la loro natura? quale era la loro
t a
fi.s t'I/J. ? quale era la loro influenza nel mondo inferiore? divina oppure
ti eca_? S ono degli effluvi spirituali di origine divina? Su questi argomen­
1 r
nan�oP ?pone incessantemente dei chiarimenti dettagliati e analitici tor-
Plu volte sul tema in tutte le sue opere essendo questo il proble-
334 Medioevo magico

ma centrale per �scludere _ la visi�me ma�ica e s�stenere quella �at urale


Pertanto egli delmea una t1polog1a ben d1fferenz1ata della casualit à astr
le. Pietro distingue in primo luogo una casualità soprannaturale , D io et e
governa il mondo con la sua volontà (nutu Dei) di cui l'azione è irnrn
J.:
i
diata e per conseguenza Pietro afferma che essa è miraculosa qui dquid
cat Peripateticus. AI di sotto della casualità divina (cioè il miracolo) c' è
causalità naturale del cielo astrale che si produce in tre modi: il rnod:
universale, quello generale e quello individuale. 1 ) Il modo univers ale è
quello dell'ottava sfera o del firmamento, dal quale dipende la sto ria uni­
versale dei popoli e delle religioni (l'oroscopo delle religioni e della na­
scita dei regni) . 2) La maniera generale della casualità è quella delle 48
immagini «contratte» costituite dai: 12 segni e delle 36 costellazion i. Da
essa dipendono i destini delle città e delle regioni. 3 ) La maniera in divi­
duale è quella da cui dipendono le natività, cioè i temi natali degli in di­
vidui umani.
Pietro parla di questa causalità, trattando sia di quella naturale ch e di
quella magica delle immagini «ermetiche», non solo nel Lucidator ma
anche riferendosi espressamente alle immagini di Ermete, in un modo as­
sai prolisso e meno chiaro che nel Lucidator, proprio nel Conciliator.
Questi passi hanno dato origine a molti equivoci nella sua interpretazio­
ne e alle accuse tra le tante, di Sinforien Champier e Gianfrancesco Pico
della Mirandola 16 • Infatti se la condanna delle immagini astrologiche ce­
rimoniali dei pianeti e dei loro aspetti contenute nei testi di magia ceri­
moniale astrale di Ermete Thebit o di Ermete Enoch e di tutti gli altri te­
sti di magia è chiaramente formulata nel Lucidator sulla base delle sue
sintetiche argomentazioni, nel Conciliator Pietro tratta questo medesimo
argomento, in modo più esteso sia secondo la magia astrale ed erm etica ,
sia spiegando razionalmente la natura causale della forma specifi ca della
virtus occulta. Qualche interprete, influenzato probabilmente dalla let­
tura del Conciliator proposta qualche tempo dopo, per esempio da �1ar­
silio Ficino o da Cornelio Agrippa ne hanno dedotto che anche P�etro
avesse ceduto alla tentazione di considerarle come delle entità m agi cbe.
Questi tardi interpreti hanno contribuito senza dubbio a costru�re della
storia il ritratto di Pietro d'Abano come mago e necromante (st ve a
Capitolo XIV) .
Ma qual è la natura dei corpi celesti? In considerazione del fat�o e
Pietro nella Differenza 9 del Conciliator presenta alcune definizio n i j,
h
0
t
)
to articolate del concetto di natura (medicus multos nature locat ,no 0:a
possiamo constatare più da vicino qual è la sua concezione della n a tll

16 Si veda nota 1 3 .
Magia e astronomia. Astrologia e pronostico medico 335

dei cieli da cui deri�a la sua_ impost�zione ant�agi�� e razional_e _d�ll'_a­


Jd ,n ologia. Il pronostico medico che e anche un gmdlZlo sulla nativita (ju­
U de nativitate) suppone che prima del trattamento il medico scel-
t ( electio) i tempi secondo i quali la configurazione celeste si mostra
g�me la più favorevole alla terapia in corrispondenza col tema radicale o
'-adix del malato o oroscopo, il quale è appunto esso stesso un'immagine.
Questa tecnica astrologica che il medico deve conoscere bene, è molto
sofisticata. In generale essa è fondata sulla nozione di influenza, astrolo­
az one dell'ast�o, ben esist�ndo l'equivoco di _ciò �he è indicat? col
g i ca O �
te rm in e mfluenza o znfl,uxus per il mago o per lo scienziato; esso puo es­
se er sem plicemente fisico, secondo il movimento mediato dei cieli, op­
pu re ma gico, immediato, sovrannatural e e divino e ottenuto con il rito
r
ce im oni ale. Per questo motivo Pietro d'Abano è spinto a chiarire che
tale a zione che tutti chiamano influenza non è altro che una azione fisica
dipendente dal calore connesso alla luce e al movimento dei cieli, e che
essa non ha niente a che vedere con gli effluvi o le essenze spirituali pro­
m ananti dai poteri occulti dei pianeti. Il primo senso da lui sostenuto
esclude ogni azione demoniaca e soprannaturale. Per giustificare questa
sua tesi Pietro d'Abano esamina e discute ripetutamente anche nei Pro­
blemata la dottrina corrente al suo tempo di Aristotele e di Averroè del­
la natura eterna dei cieli e della loro perfezione divina che sarebbe con­
ness a con la loro particolare costituzione o quinta essentia da cui gli er­
metici 17 facevano dipendere la loro azione magica. Anche se Aristotele ha
sostenuto che i corpi celesti come i pianeti sono perpetui e che la loro es­
senza è immutabile, egli ritiene che essi agiscono non per la loro forma
s�stanziale, cioè/orma/iter, ma grazie alla loro complessione e cioè e//ec­
ttve: il che significa che egli considera i pianeti in rapporto ai loro effetti
Pe� i quali essi sono provvisti delle medesime combinazioni delle qualità
fisich e elementari freddo, caldo, umido, secco, che si tratti di terra, d'ac­
qu a , d'aria e di fuoco, come nel mondo sublunare 18 •
. Questa dottrina delle complessioni fisiche dei pianeti è un concetto
distintivo generale dei medici medievali che applicavano una astrologia
n a al
r e fisica alla loro disciplina. La si trova più tardi anche nell'inse­
ntua
g ?Ien to medico astrologico di Biagio Pelacani da Parma che sopprime
��ni rnagia astrale secondo un razionalismo «spinto» (si veda qui il Ca­
t-ltolo XVI).
e E �osì come nei temperamenti umani le complessioni derivano dalla
0tn b azione delle loro qualità e delle loro proporzioni, allo stesso mo-
in

:: Cfr. Picatrix, cit., cap. I, parte prima.


2Q_ Cfr. anche la stessa idea svolta in Lucidator, diff. 1, propter secun dum, pp. 126 ,
25 _
336 Medioevo magico

do la complessione delle stelle ( complexio stellarum) è ordinata t utt a a]J


stesso modo così come è nella natura umana, la quale tende o al cal do O �
freddo, al secco o all'umido. Pertanto, la concezione medica e ter a p euf .
ca di Pietro d'Abano è fondata su questa teoria fisica della causalità O azi� .
ne complessionale «effettiva» dell'influenza dei pianeti, la quale esclud
dalla teoria delle immagini astrologiche di Pietro d'Abano, ogni rico rso :
una magia teurgica cerimoniale delle immagini e così a una dott ri na de .
stinativa della virtus occulta. In altre parole non sostiene l'idea c h e tali
operazioni siano dovute a un'essenza o a uno spirito soprannatural e cele ­
ste da invocare al momento della immagine delle electiones che è la c au sa
del potere occulto delle qualità mirabili. Essa non è magia destinativa, né
cerimoniale e per conseguenza una astronomia-astrologia così conc epita
è una disciplina razionale che non ammette nessuna forma di astro latria
divinatrice demoniaca. Evocazioni di tale genere sono invece proferite
nelle orazioni (orationes) dei maghi che compiono gli incantesimi . Le ora­
zioni che concepisce Pietro sono ritenute poter avere la loro efficacia sul­
l'immaginazione in relazione all'influenza delle posizioni dei pianeti, dei
loro aspetti di congiunzione o opposizione, che è innegabile, ma tale in­
fluenza non è mai un incantesimo magico come per gli ermetici.
c) Le orazioni
La sua spiegazione ci è data nelle Differenze 156 e 64 del Concilia tor, in
cui si richiama proprio alle dottrine magico-evocative delle preghiere dei
pianeti ricordate da Sadan nella sua opera Estratti dei segreti di Albu ma­
sar di cui era allievo. In questo passo Pietro d'Abano cita Sadan, Albu :
masar, i re greci, i seguaci di Ermete e si riferisce anche alle pratiche di
magia bianca dell'ars notoria, per le quali le orazioni del Sacramen to d el-
1'Eucarestia avrebbero un potere magico. Il testo è ferraginoso e le d �t­
19
trine dei maghi riportate in queste Differenze di Pietro, lette al di fu ori
del contesto generale della sua opera, sono state interpretate in sen so ma­
gico e attribuite a Pietro stesso. Ciò a motivo anche della digression e sul
ruolo dell'immaginazione come Intelligenza universale, quest'ulti m a ap ­
partenente alla gerarchia delle Intelligenze motrici astrali della co s molo­
gia di Avicenna, le quali sono ritenute mediatori essenziali delle op �ra­
zioni magiche secondo quanto ne riferisce Pietro stesso. Questi p as s i fa-

19 Si veda qui il capitolo VII. DELAURENTI, La puissance des mots, cit. , P P· 25 4 -��•
analizza questa dottrina di Pietro d'Abano della differenza 156 in modo con vi n cen b :
Tuttavia se l'avesse più strettamente messa in relazione con la 1• diff. del Lucida to r avr: di
b� potuto chiarire meglio il carattere naturalistico dell'incantazione delle parol e ch e e e
natura astrologica. Inoltre Pietro svolge una articolata distinzione logica dell' ora tto : comi­
r
concetto, carmen, verbum, con significato o senza (Dilf. 156, in oppositum, prop ter p
mum ff. 2 12-2 1 3 ) .
Magia e astronomia. Astrologia e pronostico medico 337

si dd Conciliator che sostengono l'efficacia delle orazioni come in­


Jil;tesirni per guarire il malato, devono tuttavia essere interpretate nel
e ntesto e in particolare alla luce della sua concezione dell'immaginazio­
c� che è facoltà individuale e non entità universale e della natura non ne­
o
rom antica delle immagini astrologiche di cui egli sostiene l'efficacia.
rirnrn aginazione è una facoltà psicologica sensibile, inferiore all'intellet­
superiore ai sensi; egli la interpreta in senso aristotelico, come at­
tco� rna ologica e fisiologica fondata sulla confidenza (con/identia) o fi­
i t à psic
du cia del malato verso il medico. Pertanto queste differenze devono es­
sere lette insieme alla 135 «utrum confidentia infirma de medico confe­
rat in ipsius salutem necne».
L'immaginazione è funzione psichica, di pura suggestione psicologica
dipendente dalle parole del medico per cui i suoni funzionerebbero
come effetto placebo (diremo oggi) sull'anima del malato per la forza del­
l 'immaginazione mossa dalla grande fiducia nelle parole del medico e
così l'anima è certa della prossima guarigione anche senza alcu n fonda­
mento razionale. L'immaginazione modificherebbe il corpo spingendolo
alla guarigione2 ° .
I suoni della musica, delle melodie, le parole delle orazioni hanno si­
curamente per Pietro d'Abano una vera efficacia; essa è psico-somatica e
in relazione alle congiunzioni astrali. Pertanto domandosi nella differen­
za 1 56 se le orazioni contribuiscono alla cura, risponde di sì. Solo che tale
efficacia non è dovuta al valore incantatorio o magico delle orazioni
( come aveva sostenuto Alk.indi), ma a un effetto meramente psicologico
e fisiologico secondo i principi della sua medicina astrologica.
L a spiegazione che egli dà di questo argomento nella celebre Diffe­
renza 1 56 è molto complessa ed è articolata secondo il modo di proce­
d�re dell'insegnamento scolastico per cui l'argomentazione procede me­
d� ante defi
nizioni, distinzioni e articolazioni interne arricchite di citazio­
�1 di tesi differenti pro e contro, dalle quali si deve individuare la sua.
ertan to la sua risposta affermativa, ossia che le orazioni conferiscono
f 01to alla cura, fu interpretata in senso magica2 1 • Infatti in generale, af­
e rrn a Pietro, le orazioni sono usate come incantesimi da parte dei maghi

astr� S ulla immaginazione universale astrale su cui Avicenna costruisce la sua teologia
e, la quale p�rmette di conoscere una parte del reale che l'intelletto non può attin­
ge
c{�fr. anche M. RASHED, Imagination astrale et physique suvlunaire selon Avicenne, in
te/le DER.r�r VESCOVINI, V. SORGE, C. VINTI (a cura di), Corpo e anima, sensi interni e in­
t
sco � � dai secoli XIII-XIV ai post-cartesiani e spinoziani, introduzione di G. Federici Ve-
� • B repols, Turnhout 2005 , pp. 103-17.
1 3 e Tra_ tu tti Gianfrancesco Pico, Sinforien Champier e molti esegeti moderni, cfr. nota
Cap nolo XIV. .
338 Medioevo magico

seguaci di Er?1ete che invoca°:o sostru:ize assolut� � �bso!uta e) b uon


. e
��me gh angeli, �eprava�e come 1 demom, _ oppure spmt1 dei _morti , i qu a.
h mtervengono m loro amto, ma solo per mgannare - sottolmea Pietro _
come accade alle donnette e ai sempliciotti, ma non ai sapienti ch e ur
P
sono più capaci di loro. Pertanto anche se Pietro cita diffusamente le ra�
P
tiche delle donnette di magia demoniaca, le teorie degli spiriti e delle in ­
telligenze dei pianeti, le preghiere al Sole, alla Luna, alla Testa del D rago
di Sadan, dei maghi greci e persiani e fa riferimento anche l'immagin a­
zione universale profetica di Avicenna, nell'insieme la sua esposi zione
chiarisce che l'efficacia dell'orazione è reale ed egli non la nega, essa è
collegata con l'influenza astrale ma l'immagine astrologica che agis ce sul ­
la complessione è naturale, anzi fisiologica. L'orazione è naturale pe rché
agisce sull'immaginazione, che a sua volta agisce sull'anima modifican­
dola e questa modifica il corpo inducendo la guarigione.
La complessione corporea del'individuo dipende da quella dell ' a stro.
Pertanto se l'orazione è più efficace sotto determinati aspetti astrali del­
la natività di un individuo (come la Testa del Drago), questa connessio­
ne astrologica per l'efficacia delle orazioni, non ha niente di necromanti­
co. L'equivoco dell'interpretazione di questo testo di Pietro riposa sul-
1' accento magico (gli ermetici) o meno delle immagini astrologiche. Se­
condo Pietro d'Abano esse sono efficaci anche nell'orazione, ma di una
efficacia non incantatoria.
d) L'immaginazione
Questi passi della Differentia 156 del Conciliator sono pertanto chiariti
alla luce della condanna delle arti magiche e delle immagini necrom anti­
che non astronomiche che egli ci presenta con grande ricchezza di det ·
tagli nella digressione della prima Differenza del Lucidator 22 in c ui sono
citati tutti i libri delle arti magiche.
Essi si camuffano abusivamente di scienza ponendosi sotto il man to

22 La nigromanzia che riguarda espressamente le operazioni delle elezioni e delle in:


terrogazioni delle immagini astrologiche che si nascondono sotto l'astronomia_ ve ra ;:.
pria, con le procedure di incisioni di sigilli, invocazione di demoni e di angeli e �u gi·
gazioni, è da Pietro riferita agli stessi libri citati dallo Speculum. Queste sono le un_bator,
ni malefiche della nigromanzia ("imagines nigromantie ac potius malefice ": L uet r·
e
cit., p. 117, righe 6- 15). Tutti questi libri sono osceni: «et ceteri huiusmod1 qu \d llsve
transeo libri satis obsceni ac intellectus depravativi et universaliter prava det e sta . i
aie 9
omnis huiusmodi garamantia». L'altra definizione di necromanzia è quella ch e n: . f:
Isidoro di Siviglia, da necros e mantia «id est mortis divinatio» (Lucidator, 120 , � 4 · i cui
5 )
d
prosegue: «la conoscenza che è perversa nel fine è universalmente chiamata mag � Qlle tc

cinque sono i modi: la mantica, la matesi, il sortilegio, il p restigio e il maleficio » <�je·


siquidem cognitio perversa in finem universaliter appellatur magica cuius quippe !1l
Magia e astronomia. Astrologia e pronostico medico 339

dell' astronomia vera e propria, come la «garamantia» («universalis pra-


detestabilisve omnis huiusmodi garamantia»), la cui conoscenza che è
Vii rversa nel fine, è chiamata universalmente magica. Essa comprende
P�que modi: la mantica, la mathesis, il sortilegio, il prestigio e il malefi­
cio . Questo rinvio dal Lucidator al Conciliator, è espressamente dichiara­
�d' d a Pietro stesso che scrive nel seguito delle elencazioni delle arti ma­
giche garamantiche condannate del Lucidator (per la quale si invocano
gli spiriti dei morti per dare responsi nei trivi e nei quadrivi) che a ciò cre­
dono soprattutto i più semplici, «ut ostensum Conciliatoris differentia
64 et 15 6». E questo perché tali maghi possono produrre sulla loro im­
m aginazione debole e malata24, delle illusioni con fatture e malefici.
L'immaginazione ha dunque una funzione importante nella costru­
zione della visione di immagini, dei suoni e della credenza nella loro ef­
ficacia. Così nel Lucidator Pietro rinvia a questa Differenza 156 e anche
alla 64, che è altrettanto illuminante per comprendere la sua spiegazione
anti magica delle orazioni in relazione alla funzione fisiologica dell'im­
maginazione e la sua condanna della magia necromantica come dell'ars
n otoria.
Nella Differenza 64 del Conciliator esamina la teoria dei raggi visivi, a
proposito della vista e della «perspectiva». In questa sede tratta della
eventuale azione magica dei raggi, sulla quale si baserebbe l'effetto del­
l' azione dei suoni e delle immag ini: questa può essere passiva, attiva o en-

res sunt quin que puta: mantica, mathesis, sortilegium, prestigium et maleficium»). Il te­
st0 prosegue con la descrizione di tali operazioni. È da sottolineare che la magia cerimo­
i.
n ale e destinativa delle immagini astrologiche, propriamente detta «nigromanzia» è ci­
t� t a o
c n i suoi libri più dettagliatamente separatamente dalla magica di cui è uno solo dei
cmq�e modi, cioè è la mantica e Pietro d'Abano, citando Alì nel Commento al Quadri­
f tzto la definisce anche come l'operazione dell'indovino che predice il futuro occulto
ar

g
i �orandone la causa e forzando le cose secondo la sua volontà «Divinator est ille in
CU!u� volutatem res veniunt dicens futura occulta, nesciens causam superiorum ex qua
ÙeilI�t im pressiones» (Lucidator, cit., p. 118, rigo 5-9). Pertanto gli elementi essenzia­
cost tutivi della magia: la predizione dell'occulto per gli spiriti dei morti e le operazio­
ni e !
zi ) nmo�iali e teurgiche destinative per determinati fini (buoni o malvagi) (nigroman-
a �ono epilo
2 pn gati in questa definizione generale di magia o garamantia.
toru «_I
sa enim garamantia extat qua invocantur spiritus et anime incantantur defunc­
llla � - Ul responsis dandis in quadriviis, triviis et cimiteriis maxime. Cuius efficaciam,
nils Ul s�ptentrione et universaliter sub polis et in locis minus cultis simplicioribusque
i1I us� ern Ulveni ut ostensum Conciliatoris di/ferentia 64 et 156. Amplius enim possunt
r

nes in illis inducere. Haly tamen Quadripartiti quarto: necromanticus est qui facit
Pop:0 _
ini a . �ascmamenta et facturas, seu malefitia que maxime dico imprimere propter
at
l 4 _ff;1 ionern impressam lesionis talium». Lucidator, Diff. I, propter primum, pp. 120,
2
4 LUctdato r, Differentia prima, 120, 18-25.
340 Medioevo magico

trambe le cose. Si tratta, tuttavia, sempre di una azione puramen t e fisi


e non soprannaturale che rinviano ad altra realtà come le intelligenz e oe�
1
demoni delle radiazioni contenute nei poteri delle immagini, poic h é u
q
ste modificano le attività fantastiche della psiche, spingendo sia a un e�:
fetto benefico che a uno cattivo25 • In questo contesto introduce un ini. .
portante giudizio sulla costruzione delle immagini della natività, c h e è si .
mile a quello dato nel Lucidator: cioè che i maghi ritengono che t ali ini ­
magini astrologiche siano le cause attive delle azioni umane. In pa rti co.
lare i teologizzanti hanno detto che questo accade per la forza dei d emo.
ni26 • Ribadendo quanto già sostenuto nel Lucidator egli afferma ch e tali
immagini sono «a caso» e non hanno alcun effetto; se eventualmente
l'avessero, sarebbe possibile solo «perché i soggetti vi credon o e cosÌ
qualche volta l'effetto accade perché viene alterata la loro facoltà imma­
ginativa e estimativa». Ma sostiene Pietro: «questa persuasione» che l' a­
zione dipenda dagli spiriti (a spiritibus sumpta) non è la via da seguirsi
(presentis non est methodi) 27 • Con questa affermazione egli inten d e con­
trapporre ai maghi ermetici che fanno intervenire le intelligenze e ai teo­
logizzanti che credono nel vigore dei demoni, la sua dottrina della susci­
tazione (susceptio) delle forme dalla materia soggetta per esempio dalla
materia della natività di un individuo: tale sollecitazione è provocata dal­
la causa strumentale del movimento e della luce dei pianeti, soprattutto
sull'immaginazione al momento del concepimento. Egli così contrappo­
ne questa sua dottrina non solo a quella degli ermetici, ma anche alle cre­
denze dei teologizantes che sono da lui accumunati alle donnette che ere·
dono che tutti gli effetti delle orazioni sull'anima avvengano per la fo rz�
(ex vigore) dei demoni mettendo in ridicolo i teologizzanti par agon a�
alle donnette. Tale affermazione di Pietro, probabilmente, come altre st ·

25 «Cum enim quid boni, aut pravi debeat alicui ex astralitate nativitatis sue contin·
gere, hoc incitat artem ad costruendum imagines vel quid simile cuius gratia videtu r hoc
imperitis evenire. ·Sed quia hoc videtur esse a casu respectu artis et quod nihil o peret� ,
r

cum etiam videmus tales imagines indifferenter ex parte subiecti et temporis imp :r; re s
e
nes causare cum tamen quod natum sit differens et ordinatus, unde quis ab hac sece
positione» (Conciliator, diff. 64, f. 96vb).
26 «Propter quod theologizantes dixerunt hoc ex vigore magis contingere de� onulll )u s
se artibus implicantibus talibus, quare dicunt simplicibus et precipuis mulie_r c �b s Pde·
quam prudentibus hinc effectus consurgere, has etenim amplius possunt astut1 0r1bu5
cipere» (ibid. ).
27 «Quia tamen hec persuasio a spiritibus sumpta presentis non est met od i , et q�0dt
e
simplices magis aliis consequantur effectus, fortassis evenit: quia firmius in his c red un9re•
ideo in his magis possunt estimativas illorum pro quibus talia fiunt alterare et im m \ sit
u

Cum geneasticis tamen magis consentio ut quicquid natura/iter homini accidit , o p rte "
u

m 9b 9
materia disposita ex eis coastralitate quocumque modo consurgere, iuvari ta en
diff. 64, propter quartum, f. 96vb.
Magia e astronomia. Astrologia e pronostico medico 341
r qua e là nel Conciliator, non mancarono certamente d'irri­
il ri spa se
tll s i frati di St.Jacques che gli mossero le prime accuse di eresia28 rima­
rare o ra sconosciute.
fin
ste Era infatti opinione diffusa che l'immaginazione fosse la facoltà pre-
. 0 9 dell'illu sione magica. Tuttavia, secondo le diverse dottrine psico­
f1Piche condivis e dai dotti del tempo si ebbero, come è noto, risvolti dif­
29
f��ti �ei c�nfronti della magia o della scienza medica in relazione al-
one.
1' it1Unagmaz1
La posizione di Pietro d'Abano si colloca in questo quadro dove è
cent rale l'elaborazione del De anima di Aristotele. Tralascio qui di ricor­
dare i complessi sviluppi psicanalitici della magia pneumatica studiati da
Josn Couli�o a �roposito ?�l fantasma erotico nella filos�fi� d�i �randi
m aghi del Rinascimento (F1cmo o Bruno), come pure le d1stmz1om ope­
rate da D.P. Walker tra operazione magica soggettiva che agisce sul sog­
getto stesso e quella transitiva che agisce nel mondo circostante allo sco­
po di controllare o indirizzare i comportamenti agendo sull'immagina­
zione. Ogni operazione magica piscoanalitica è tuttavia per sua natura
sempre transitiva o transattiva perché le influenze provocate dall'opera­
tore si ripercuotono anche sull'autore stesso30 •
Intendo invece sottolineare lo stretto ambito naturale della psicologia
di Pietro d'Abano in cui ha una funzione importante la sua teoria della
conoscenza da cui dipende la sua concezione anti-magica delle orazioni.
Qu esta facoltà non è concepita come quella di Taddeo da Parma (che era
un averroista, anche se platonizzante) (vedi qui il Capitolo XII) come

28 e
L accuse in tutto erano cinquantaquattro, di cui non si sa molto, tranne che avreb­
be sostenuto
p · et _ che l'anima intellettiva è edotta dalla potenza della materia. Di ciò scrive
ro m D iff ere nza 48 propter tertium, f. 7 1 vb, affermando che da tali accuse si sarebbe
s�v o pe
: r �'intervento del Papa.
e l' della teoria dell'immaginazione di Avicenna per la fascinazione (fa­
sci z�o),r cfmfluenza
(I ;;i r. _ DELAURENTI, La fascination et l'action à distance. Questions médiévales
54 cf·l370) , m «Médiévales» (Presses Universitaires de Vincennes), 2006, 50, pp. 137-
c:i ( nota 19. Alla fine del XIV secolo, per opera di Oresme e dei fisici inglesi (come
S.sicg1 e�o di �eytesbury), a motivo dell'applicazione delle regole logiche terministe alla
( ,,_,4� ltn� agmazione sarà anche una facoltà che presiede alle attività matematiche
la �11Z�tzca_ secundum imaginationem). Questo discorso esula però dalla mia analisi sul­
d11 ,4 agmaz1one magica e naturale. Cfr. J. MURDOCH, Rationes mathematicae. Un aspect
ParjJ�ort des mathefmatiques et de la philosophie au moyen tige, in Histoire des Sciences,
e '4 s �62 , P P- 32 -33, e il mio studio La physica « nova » o moderna del basso medioevo
t0


'1'zode rz_ogra/ia contemporanea , in 'Arti ' e filosofia, Studi sulla tradizione aristotelica e i
tetn.a�nz, N uove Edizioni Vallecchi, Firenze 1 983, in particolare sulla immaginazione ma-
10 pp. 15 - 16.
n
1o, S · C?ULIANO , Magia soggettiva e magia transattiva in Eros e magia nel Rinascimen­
aggi atore, Milano 1 987, pp. 168-69.
342 Medioevo magico

astrazione dai fantasmi dell'immaginazione, ma come «consider a zio


ne
dell'intelletto delle qualità che determinano un sostrato materiale co »
ho accennato di sopra. La conoscenza intellettiva non attinge m a i le me
senze immutabili, ma è un esercizio continuo dell'intellezione, p er ;s:
l'intelletto è un «habitus» esercitato a conoscere dipendente dalle se�'.
sazioni corporee e dalle immagini che gli forniscono le facoltà sens ibili
interne. La fantasia, l'immaginazione, la cogitativa e l'estimativa so no di
grande importanza ed esse interagiscono tra di loro e con l'intelletto . Ne
risulta che per Pietro d'Abano l'immaginazione modifica l'intell etto e
questo l'immaginazione, quindi si origina un processo fisiologico e psi­
cologico che applicato alla psiche di un malato, può spiegare com e le pa.
role, i suoni o le immagini visive possano modificare le sue funz ioni fi.
siologiche e psicologiche e indurre la guarigione: ma non per quest o s ono
operazioni magiche dovute alla credenza nel valore incantatorio delle pa­
role, espressioni di entità magiche occulte, sostiene Pietro.
La spiegazione di questa teoria affatto magica dell'immaginazione è
complessa e diversa da quella di Taddeo da Parma, per il quale p oiché
l'intelletto materiale non ha la capacità di astrarre completamente dai
fantasmi dell'immaginazione, da essa dipende la proliferazione dei fan ­
tasmi magici che sono realtà tenebrose. Il ruolo dell'immaginaz ione in­
vece, secondo Pietro, è fisiologico, pertanto non crea demoni. Pietro si
rende conto che esistono nessi tra immaginazione, magia e profetismo
secondo filosofi come Avicenna soprattutto, e i libri dei seguaci di Er­
mete e le credenze dei teologizzanti. Tuttavia egli condivide un 'altra teo·
ria, usando la terminologia della psicologia di Aristotele: l'immagin azio ­
ne se è immagine (species) di qualcosa, non è altro che la rappresent azio:
ne di una immagine somigliante a qualcosa, e il suo carattere precip uo e
di essere una similitudo (immagine) corporea o sensibile. Il tema è trat ­
tato ampiamente in una importante differenza del Conciliator (1 35 ) dove
si chiede: se la fiducia (con/identia) nel medico, la quale è una specie ?�­
l'immaginazione, apporti un beneficio alla guarigione e rispon de _d i ;:
ma per dimostrarlo porta una serie di argomenti, alcuni fon d a u_ 5
e
l'esperienza (i quali sono meno rilevanti), altri fondati sulla ragion ,
Questa fiducia è una «specie» (species) che esiste nell'anima, la qu �e e�:
struisce (movet) una immagine a somiglianza di un qualcosa ch e esis:
l'esterno3 1 • Infatti, l'immaginazione è, in generale, la facoltà ch e e� a olle9
i fantasmi, che sono le similitudini3 2 cioè le immagini somigli an t i d e

l i «Confidentia est species quedam», la quale «existit anime»; essa «movet_s �ili;f�
dinem rei existentis extra»; «essa altera la mente, la fantasia, il senso e le medit azJO
(Conciliator, diff. 135, propter tertium, f. 192rv). . ·
32 «Quid enim intellegit intellectus, necesse est aliquid phantasma sp eculari . Ph a 11ci
Magia e astronomia. Astrologia e pronostico medico 343

ree. Come agisce sull'intelletto? Tanto più l'intelletto è debo­


ose corp o
c e il senso è forte, tanto p iù l'immaginazione è efficace. Siccome l'intel­
le intende sempre speculando sui fantasmi e il fantasma è l'immagine
let�O nte della cosa corporale, la fiducia che esiste nell'intelletto di­
ia
so igl m pre da un modo suo proprio, poiché dipende dalla alterazio­
d e se
pendel senso. Ora, quando questa alterazione è di piccola entità e la rap­
n;esentazione della salute è molto distante dalla salute reale, allora la fi­
�ucia immaginata della guarigione non apporta molto alla salute, poiché
l 'intelletto non si rappresenta bene la salute futura, essendo essa distan­
t e dalla situazione attuale. Le alterazioni del senso sono quelle che agi­
scono di più sul corpo di quelle esistenti nell'intelletto. Infatti la fantasia
e l ' intelligenza non si comportano allo stesso modo e non hanno le stes­
se virtù, per cui, quando «confidentia sanitatis imaginata et confidentia
sanitatis intellecta», si uniscono insieme e sono in accordo con la imma­
gine della salute, esse conducono presto alla guarigione. Pertanto, la fi­
ducia (con/identia) è una certa affezione dell'anima razionale che provie­
ne dall'opinione (fede o credenza) della cosa desiderata ed essa aiuta la
guarigione, perché la fiducia segue l'opinione. Dunque, la fiducia nella
guarigione dipende da due fattori: 1) o meramente fantastici e sensibili ed
è correlata solo alle virtù fantastiche; oppure 2) questa fiducia è dedotta
nell' intelletto, perché la fiducia, «quando fuerit in intellectu, deducitur
ad vires p hantasticas ut ad aestimativam, deinde ad cogitativam et ima­
ginationem, et tunc velut materialis facta et particularis», produce un ca­
lore naturale, lo eccita al massimo e così produce la guarigione. Da que­
sto passo risulta in modo evidente come ritenendo Pietro l'anima umana
°:°a potenza intellettiva legata alle virtù e passioni corporee, le varie fun­

'Jf
zioni dei sensi interni, come la estimativa e la cogitativa, se da un lato
5 0 legate all'immaginazione sensibile, dall'altro sono contigue all'in­
t etto, anche se solo in potenza, e non sono separate. Anche in questo
Pas so Pietro d'Abano introduce una interessante digressione sulla teoria

�� quoq ue est similitudo rei corporalis et ideo confidentia existens in intellectu modo
a

telq� h abebit, cum dependeat a sensu magis alterato» (Conciliator, diff. 135, propter
o

rn:ium, f. 192rv). Su questo stesso concetto di immagine che proviene dall'esterno, in


O el tu
la s a i tto opposto e cioè magico a Pietro d'Abano, Gianfrancesco Pico costruisce
ne : gura della donna quale Strix: egli dedica infatti all'argomento dell'immaginazio­
capi� rattato , De if!taginatione (in Opera, apud Sedum romanum, 1501), in cui scrive nd
del! 0 0 VIII « De imaginationum varietate», dedicato al carattere particolare di quella
as
tern treg�, che l'immaginazione della strega è ispirata dal demonio cosicché: « boni au­
et tnah
!tic a e a angeli, bona et mala formare in nobis phantasmata possunt, a bonis enim ma­
lit i ; � e P rophetiae pars pendet, [ ... ] a malis item angelis pseudo-prophetae fiunt [. ..]
qu0r�ant, illu dentque in phantasmatibus viro rum pheminarumque quas striges vocant
s ensus pemi-tiossissime perstringunt».
344 Medioevo magico

�ell'imma�inazione che n�n è la s1:1a e che egli_ attribui�ce ad Avi cen n a 0


sta la dottrina della «duplice» amma: una amma che e una forza ( vin s.
o intelligenza immaginativa, divina e superiore, che dà le forme al rn0zts)
do come dator Jormarum 33 , immediatamente e senza un interme di a rio
cui dipende la profezia e le arti magiche3 4 , e una anima inferio re e 8 a

bordinata. Egli la espone pur essendo superstiziosa, ma non l ' accettu .
perché i Cristiani �on a�tribui�cono 1 � ca1;1sa motrice �el mondo a quest�
dator Jormarum o intelligenza 1mmag1nat1va, quanto invece l'att ribuisco.
no alla virtù di Dio che compie le mirabili opere sovrannaturali median.
te i profeti come strumenti, quasi mediani tra Dio e noi.
L'immaginazione insieme alla virtù informativa è così per Piet ro d'A­
bano un principio materiale interno alla generazione umana, la quale av­
viene per la commistione di due virtù: la virtù elementare, che è com une
a tutte, e quella celeste che è propria di ciascun individuc3 5 ; questo per-

n Questo tema è complesso. Cfr. ora J.L.


JANSSENS, The notion o/ Wahib-al Suwar
(Dator /ormarum), Giver o/ Forms et Wachib al-Aql (Bestower o/ Intelligence) o/ Ibn Sina ,
in M.C. PACHECO, J.F.
MEIRINHOS (a cura di), Intellect et imaginaiton dans la p hilosophie
médiévales, Actes, Porto 26-31 agosto 2002), Brepols, Turnhout 2006, voi. I, pp. 55 1-62
e per la identificazione del Dator /ormarum con Dio da parte di Alberto Magno (Super
primum sententiarum), cfr. D.N. HASSE, Avicenna's De anima in the Latin West , Th e War­
burg Institute, Aragno, Londra-Torino 2000, pp. 189 e 620; cfr. anche Fr. GRIFFEL, Apo­
stasie und Toleranz in Islam, Brill, Leida 2000, p. 138.
34
Conciliator, diff. 135, propter tertium, f. 192rb-va: «Propter huius se cund�
sciendum quod Avicenna visus cum Algazele in parte cum magno philosoph orum di­
screpare: scripsit namque in quarto de anima quod anime duplicis sunt nature: quedam
enim sic sunt elevate nobiles et tam grandium et mirabilium operationum ut non m�do
operentur in corpore proprio factis alterationibus et transmutationibus; ve rum e�am
alieno et absque medio quale opus oculi fascinantis [ ... ]. Et pro voluntat e talis anune
contingunt pluvie, fertilitates, absorbitio a terra et mortalitas [ ... ]. Et hec eti am es t una
de proprietatibus virtutum prophetalium. Quod autem ipsum movet fortassis it a s �per:
stitiose in philosophia narrare, cuius est causam omnium propriam assignare; et quta ac
quievit incanta tionibus et fascinationibus que ponuntur ab earum defensorib us p rot
nire ex virtutibus anime pretacte, quas suscipit a celestibus, prout eorum mo t u um et �:
cis facta est imago»; essa muove il tutto, perché essa è imago di quel motore . Pertallt ·
Sa
«Habet namque duo ea, et quod est anima et quod est imago motoribus sphere_ �� o·
turni et lovis aut talium.... Huius virtutem non solum movere habet cor� us si 1 c
jrna

niunctum, verum totum quod subiacet spherae, quam movet eius motor, cu1 us � . o· s t
c
go» (Conciliator, diff. cit., f. 192rb-va). I cristiani (christicole) tuttavia non l ' attrtb_�ase
no alla causa di q1:1esta anim�, ma so!o alla v�rtù _divin � che c�mpie queste mera�: tfll•
_ s
cose �upern�tural1 so�o �edian�e gli_ uomtru ch 1amat1 pro�etl che �peran o q u risti·
. aben t c h
menti come 1ntermediar1 tra noi e D10 «sed causam non altcums antme h a
t u r�
cole principaliter attribuere, verum virtuti divine operando hec miranda supe;a j ter
per viros tamquam per instrumenta prophetas appellatos quod medium quod am n
nos et Deum obtinentes» (loco cit).
i, Diff. 62, propter tertium, ff. 108- 109.
Magia e astronomia. Astrologia e pronostico medico 345
, iascu n essere naturale36 non è mai una forma semplice e astratta
c
ch e le sp ecies o le forme sostanziali dei metafisici, ma è un composto di
e

colll ria e forma sempre generabile e corruttibile, ed è in movimento. Se­


t
JJl ll do questa dottrina anche i principi materiali della generazione come
con tu ra femmin ile e le immaginazioni della donna hanno riconosciuto
�8n;ietro d'Abano una funzione attiva e positiva nel concepimen to. Il
corso attivo della madre per la formazione dell'embrione è rintrac­
'?�0 nel principio della forza minore o maggiore dell'immaginazion e, e
Clll , · li · " · '
esto perehe 1a materia, ne 'onto1og1a d1 ptetro d'Abano non e una
&
q�rll p rivazione, ma già, come aveva affermato Alberto Magno, è dotata
disp.osiz. ioni materiali come una inchoatio /ormae, ossia ha una «virtus
· 37
activa md1ta mater1ae»
Data questa idea della interazione tra passioni dell'anima e quelle del
corpo, sulla cui base egli sviluppa anche la dottrina psicosomatica della
fisiognomica per cui è andato famoso nei successivi secoli fino al Rin asci­
mento inoltrato, soprattutto tra gli artisti38 , alla immaginazione sono at­
tribuite da Pietro due altre funzioni importanti, di cui l'una non è molto
originale, in quanto si trovava già enucleata nel De somniis di Aristotele;
la seconda invece è sua propria e caratteristica39 • La prima riguarda l'im­
portanza dell'immaginazione nella elaborazione dei sogni, la seconda in­
vece la funzione attiva dell'immaginazione nella generazione umana. Co­
me ho accennato sopra l'immaginazion e ha una funzione fondamentale
16 Un
altro principio è che ogni azione avviene sempre per la qualità e non per la for­
ma so stanziale per cui l'azione è sempre «conversiva», cioè che ogni agente subisce a sua
;�!�a l' azione del passivo che egli ha alterato (Conciliator, diff. 60, propter tertium, ff. 89-
\ne consegue che gli elementi agiscono e patiscono insieme solo per le qualità e non
per 1 °rme sostanziali. Cfr. anche Conciliator, diff. 64, propter quartum, f. 96vb.
particolare, B. NARDI, La dottrina di Alberto Magno sul/'« inchoatio formae », in
St"d'. dI�z filosofia medievale, Roma 1980, pp. 69-90.
1�
e
be . Ptrar una storia della sua influenza sugli artisti del Rinascimento: su Leon Battista Al­
d,.;:1' mite lo Speculum physiognomiae di Michele Savonarola, cfr. il mio studio La me­
CUr n� rologica dello «Speculum», phisionomie di Michele Savonarola, in P. CASTELLI (a
{1
schki p-' In supreme dignitatis (per la storia dell'Università di Ferrara (1391-1991), 01-
tu,4 Je,{enze 1?95, pp. 4 15-29 e Premesse a Leonardo Il vocabolario scientifico del « De pic­
la c 111 1lb�tz » e la bellezza naturale, «Achademia Leonardi Vinci», 1991, X, pp. 23-34.
¾ch: rla t!o physionomie di Pietro fu edita presto a Padova per Petrum Maufer, 1474, cfr.
Li sim111 �010 studio dedicato all'antropologia estetica della fisiognomica di Pietro:
in ono
19 Nl" fisiognomica di Pietro d'Abano, Un canone estetico, in Concordia discors, Studi
G�ovannf Santinello (a cura di Gregorio Piaia), Padova 1993, pp. 327-60.
Sol!llo ella �ifferenza 158, propter primum, f. 213vb del Conciliator interrogandosi se il
glj appconti:ibuisce alla cura oppure no, attribuisce anche un valore conoscitivo ai sogni;
&eli, le :n �unenti dei sogni sono di tre tipi: i sogni veritieri che si attribuiscono agli an-
80no is _,v,�azioni per somnia che derivano dai demoni oppure dalla filosofia; quelli che
P irati da Dio con un medio o senza un medio. I sogni poi si dividono in sogni, ani-
346 Medioevo magico

nella generazione umana e da essa dipendono anche gli aspetti, le figu


le configurazioni corporee dei nascituri, poiché la forza dell'irn rn ag�e,
zione è grandissima nel concepimento4 0 • Essa è una delle cause gener a :
della generazione a cui si associano la forza della costellazione e la n atuali
r
universale4 1 • Questo vigore della impressione dell'immaginazione può esa
sere tale da mutare solo il sesso maschile o femminile. Esso agisce insi :
me alla forza della costellazione che è rappresentata nella config u ra z io:e
celeste42 dell'ascendente del nascituro con tutti i pianeti collocati in ess
La natura universale tende alla conservazione della specie e ques t a n at�:
ra è la vis syderum, che qualcuno attribuisce anche ai demoni degli inferi
che alcuni ritengono che infestino il mondo. Non saranno dunque né gli
spiriti né i demoni ad agire nella natura; quanto invece questa o quella
materia verrà resa adatta a questo o a quello effetto nelle sue dis posizioni
latenti, in virtù della luce celeste della configurazione astrale che l a spin ­
ge in tal senso, piuttosto che un'altra configurazione, in virtù dell'a zione
intenzionale dell'astro vòlto a questo o a quel fine. Pertanto esiste un con­
senso tra gli astrologi geneastici (delle natività) nel sostenere che tutto ciò
che accade nell'uomo come sostanza naturale, «opus sit materia disposi­
ta ex astris» sulla base della sostanziale concordanza delle loro n a ture fi­
siche. Ma né i demoni né gli spiriti agiscono nella natura, nonost a nte che
sia una concezione diffusa in medicina.

mali e naturali; ma a suo parere nessuno di essi è divino o ,deste. L'immaginazi�ne �:


in funzione nei sogni naturali che provengono dalla temperanza delle virtù animali�­
sieme allo spirito animale che porta la virtù formale verso l ' immaginazione. U sog?0 e·
vv
male nasce invece da una grande preoccupazione dell'anima circa qualcosa ch e e a
r ill
nuta nella vigilia. A questo proposito Pietro racconta una sua esperienza m en t re e a 0•
di n a 111
viaggio verso Parigi. Egli ebbe il sonno turbato per più di due anni a causa � �de111
t
zione violenta avuta lungo il viaggio verso lo Studio di Parigi: «Et huiusm o dt qu e1ie·
somnium ultra duos annos quam multipliciter fatigavit ex impressione causa tum v
mente itineris ad Studium Parisiense» (Conciliato, 158, propter primum, 2 13vb ) .
4° Conciliato,, diff. 28, propter tertium, f. 42rb.
4 1 Conciliato,, diff. 71, propter tertium, ff. 107v-108v.
42 Conciliato,, diff. 71, propter tertium, loco cit.
Pietro d'Abano tra scienza e magia
14

Pietro d'Abano è un personaggio che appartiene sia alla realtà che alla
leggenda.
E questa è tanto fantasiosa quanto complessa è la sua storia. Le sue
opere, in particolare quella di medicina, gli hanno assicurato la fama e il
successo p er un lungo periodo, fino al secolo XVII e oltre, allorché con
le scoperte di Vesalio 1 , i suoi principi medici, fondati su Tolomeo, Gale­
no e Avicenna, furono messi da parte e superati.
Il mistero della sua morte, i suoi resti scomparsi (fu bruciato post mor­
tem 2 o fu assolto per eresia?) hanno contribuito molto ad alimentare la
sua leggenda. Amato o esecrato, celebrato o condannato, più che ci si al­
lontana nei secoli dal tempo in cui visse e operò effettivamente, più la sua
figura si dilata e si perde nei fumi delle evocazioni magiche. In altre pa­
role la rapp resentazione del suo ritratto fra magia e scienza risente mol­
to del momento in cui se ne delineano i tratti. Pietro d'Abano, filosofo e
rn:dico, aperto alle innovazioni del suo tempo fu un sicuro esponente di
tlII_1o pian o della medicina aristotelico-galenica medievale, ma quando
riletto nei secoli successivi, nel pieno Rinascimento dei secoli XV e
� . quan do si affermeranno le filosofie magiche neoplatoniche ed er­
:r�che ?ei grandi filosofi e medici rinascimentali come Ficino, Agrippa
li ite_nuo, al di fuori del contesto storico, egli esce dai suoi confini rea-
e tn1s ce nella leggenda e nell'improvvisazione3.

in A'. �r. J .J • BYLEBYL, Disputation and Description in the Renaissance Pulse Controverse,
Ce111 EAR, R.K. F'RENCH, I.M. LONIE (a cura di), The Medicai Renaissance o/the Sixteenth
2 �l'JI , Cambridge'University Press, Cam bridge 1985, in particolare pp. 225-35.
'lìeck � sua im m agine di m ago entrata nella novellistica e nel teatro è costruita da Ludwig
d'llb 1 7 7 3 - 185 3 ) nella novella dedicata a Pietro d'Abano, ora in L. TIECK, Pietro
llan0llÈ,} u�a storia di magia, a cura di A. Gargano, traduzione di M.C. Boeds e A. Gar-
i 'o 1z 1one Studio Tesi, Pordenone 1993.
n respons abile �ei raintendimenti in senso magico di Pietro è stato S. CHAMPIER
f
348 Medioevo magico

Alcuni autori del Cinquecento, nell'arte il Lomazzo4, in filos ofi a Pi


no, Agrippa, Tritemio, Giovanni Pico, trasformarono completarn e:'·
questo ritratto: invece di un acuto medico e filosofo razionalista, n e
cero un mago stregone che commerciava con i demoni. Proprio lui ,
t
et
invece nella storia reale incorse probabilmente nelle censure dei frati �
St. Jacques per un eccesso di razionalismo nel limitare tra l'altro l 'inter
vento dei demoni nelle malattie psichiche come la malinconia. .
Il Lomazzo lo descrive' come un necromante nel suo Libro dei Sog,i"
mentre discorre piacevolmente sugli spiriti con il vero mago e ne cro�

(in particolare del Conciliator di/I. 156, di/I. 64 a proposito della praecantatio e degli in­
cantesimi) nei suoi Annotamenta, E"ata et Castigationes, pubblicati in append ice all'e­
dizione PETRI APoNENSIS, Opera, Giunta, Venezia 1520, il quale si ispira chiaramente ai
giudizi di negromante dati da Gianfrancesco Pico nel De rerum praenotione , in Opera,
VII, cap. 7, Basilea 1573.
4
Per la immagine magica di Pietro nel Cinquecento, esemplare il Libro dei sogni di
Gian Paolo Lomazzo (1538- 1600), artista e trattatista che si ispira ad Agrippa di Nette­
sheim. Il Lomazzo pone qui Pietro d'Abano a dialogare con il vero mago-ast rologo ne­
cromante del Medioevo Cecco d'Ascòli ma i ruoli sono invertiti: il vero maes tro di ne­
cromanzia non è Cecco, ma Pietro; cfr. G .P. LOMAZZO, Libro dei sogni, in Scritti sulle arti,
a cura di R.P. Ciardi, Firenze 1973, v. I, pp. 168-90.
5 Nel Ragionamento VII Pietro è il maestro e difende l'arte magica occul t a ai iù e
p ,
necromantica per l'evocazione di demoni, angeli e spiriti. L'esposizione segue in bu ona
parte il De occulta philosophia di A&:rippa, libro I, capp. 8, 10, 13, 15, 17 , 18, 2 0, 23, di
cui ripete quasi tutti gli argomenti. E curioso che egli la difenda contro Cecco che se ne
lamenta a causa della sorte che l'ha condotto alla infelice fine che egli «ebbe in Campo
di Fiore», cioè di essere arso vivo (LOMAZZO, Libro dei sogni, Ragionamento VII, cit ., PP·
168-69). Ma Pietro gli controbatte che non si deve lamentare della sorte, bensì della poca
intelligenza che egli ebbe negli esperimenti, poiché non aveva bene inteso «gli indizi per:
fetti e buoni» dei loro libri. Cecco risponde che invece la causa furono proprio i suol
esperimenti poiché essi non mantengono le loro promesse giacché è «falsa e precip itosa
la magia che è la loro falsa madre». Tutto il Ragionamento è pertanto una difesa d ella _ve·
rità della magia necromantica che è vera matematica, divisa in naturale e se rve alla fis:•
e in cerimoniale e serve alla religione. La giustificazione di tale utilità è quella comune �
8
filosofie magiche neoplatoniche ed ermetiche in questo caso di Agrippa, cioè che .la � •
gia avvicina l'anima alle realtà divine e addirittura la fa «divenir fabbricatrice d e [Jllf8
coli» (op. cit. , p. 178; AGRIPPA, De occulta, libro III, cap. 6). di
Della leggenda fa parte anche la moltiplicazione delle fonti fantasiose del se�olcr<>dei
Pietro (S. F'ERRARI, I tempi, la vita, le dottrine di Pietro d'Abano, Tipografia R . I su tu�ofll·
Sordomuti, Genova 1900, p. 128) tanto più che secondo Tommaso di Strasb u rgo , 558
mentaria in IV libros sententiarum, Genue 1585, lib. IV, dist. 19, a. 4, f. 17 1 , le suditae
sarebbero state bruciate perché condannato post mortem. Racconto poco �ttend · pie·
dopo i documenti ritrovati da P. MARANGON, Per una revisione dell'inte,pretazzon e ; 50,
3
tro d'1 b�no, in Il pensiero ereticale nella Marca Trevigiana e a Venezia da_l _ 12 00 a 1 e uJI
h
Franc1sc1, Abano Terme 1984, pp. 82-85 . Forse nòn poco sorprendente e il fatt c li dei o

monumento sepolcrale di Pietro si trovi a Berlino. Qui agli inizi degli ann i qu� ra��e iJ­
XIX secolo il principe di Prussia Karl affiderà la progettazione del Parco di Glt enic
Pietro d'Abano tra scienza e magia 349
er eccellenza del suo tempo, Cecco d'Ascoli. L'equiparazione tra
jlflte p
lll du e figure è compiuta. Così Pietro d'Abano sarà quel negromante au­

:�li
le e di q uelli apocrifi magici a lui attribuiti dal Tritemio e da Agrippa con
diversi come Elementa magica, Elucidarium e Annulorum experi-
ta 6
,nein pieno rinascimento maturo, con le filosofie magiche o la magia dot-
dei secoli XV, XVI e XVII, sono andate perdute tutte quelle distin­
t� e articolazioni concettuali del Medioevo che concernevano la de­
oni
�onologia,_ 1� pratiche cerimoniali _e la divin�zio�e astrol�gica: soprat­
o cambia il contesto culturale nei confronti dell astrologia e della pre­
tutt n soprattutto della prognosi medica come prognosi astrologica: la
vi si e e
o
natura non è più riconducibile alla dottrina meccanica dell'essere in mo­
vimento secondo la fisica aristotelica e galenica dei quattro elementi, ma
è anima, pneuma, soffio divino, celeste o elementare che tutto anima e fe­
con da e il filosofo, che è anche medico dell'anima (Ficino), sarà il mago
che conosce questi processi animati e segreti della natura e li ripercorre
fino al cielo. Basti rileggere le Disputationes contra astrologiam divinatri­
cem di Pico con i suoi attacchi feroci7 ai principi astrologici della medi­
cina di Pietro d'Abano, per cogliere il divario tra la filosofia magica di
Pico e la scienza medica di Pietro d'Abano, centrata sulla astronomia­
astrologia tolemaica. Pertanto il ritratto di Pietro d'Abano deve essere ri­
condotto al suo reale contesto storico per essere inteso nella realtà e non
nella leggenda, che gli ha variamente nociuto.

l'architetto Persius, al quale succederà dopo la sua morte nel 1845 Ferdinand von Arnim.
�sè al von Arnim che si deve la costruzione di un chiostro di stile bizantino-veneto, nel­
o _ pirito delle nostalgie italiane del principe. All'interno di questo, che il principe
chiamò « Venetianischer Klosterhof», si trova proprio il sepolcro di Pietro ( cfr. J. SIE­
�• Bauten /ur den Prinzen Karl von Preussen, Deutschen Kunstverlag, Berlin 1 942, pp.
·60, Cfr. G.-H . ZUCHOLD, Der «Klosterho/» des Pn'nzen Karl von Preussen im Park
��) Schloss Glieneke in Ber/in, I, (Die Bauwerke und Kunstdenkmiiler von Ber/in, Beiheft
•?ebr. Mann Verlag, Berlino 1993 .
ca Num erose sono le copie manoscritte anche in volgare italiano degli Elementa magi­
,/ ��r �sem pio : si veda il ms. Vat. 5356, f. 28: Questa sia la profezia composta per il reve­
s� �o negromante Pietro d'Abano, Bologna 1495 e Padova, Bibl. del seminario 235,
�� I I , ff. 1-30 ; Firenze, Naz. Pal. lat. 1022, inizi sec. XVI, ff. 188v-2 16, Città del Vat.,
at. 1 15, ff. 97v- 1 14v. Per le altre copie cfr. THORNDIKE, KlBRE, A Catalogue, cit.,
cou·� 1 1 � e 1120.
do q;e iovanni Pico 'è velenosissimo contro Pietro e la sua erudizione, per esempio quan-
8'tiera �ti_ cit a il lib ro di Sadan degli Excerpta dei segreti di Albumasar relativo alla pre­
lllezzo �1 Re greci alla configurazione celeste della Testa del Drago (Caput Draconis ) nel
flatus cielo P�r ottenere favori e la scienza: « Petrus Apponensis homo congerere plura
Dragoquam digerere [ ... ] »; egli non acquisiva la scienza per l'influenza della Testa del
' m a per le sue c�pacità ( GIOVANNI PICO, Disputationes, cit., libro VII , cap. 7 e 17).
350 Medioevo magico

Infatti per una curiosa vicenda della sorte, l'immagine più app ropri
ta di Pietro d'Abano (Pietro de' Sclavione, 1248-50 - post-1315 ) eh/
quella che crediamo gli spetterebbe di diritto, è invece una dalla quale �
esegeti e gli interpreti del suo pensiero si sono discostati maggiormente
ossia quella di «Conciliatore», come lui stesso e gli altri amarono chia'.
marlo al suo tempo: essenzialmente quella di uno che ebbe una pos izio.
ne moderata, anche se innovativa.
L'interpretazione della sua opera, l'immagine della sua persona, ris en .
tono di tutte le differenze di impostazione e di concezione, relative s ia al­
la magia che alla scienza. In particolare il discorso sembra ruotare in tor.
no alla natura dell'astrologia (e della medicina che ne dipende ), come
disciplina cerniera tra magia «destinativa», necromantica o angeli ca (An.
tonio da Montolmo) occulta, e scienza fisica razionale. Pertanto la difesa
che Pietro d'Abano ha fatto di questa disciplina come scienza razionale
lecita e non superstiziosa (ossia magica) ha una importanza fondamenta­
le per comprendere il suo pensiero. Un altro argomento delicato che in ­
veste le ragioni probabili delle accuse che gli furono mosse riguarda il suo
rifiuto di far intervenire i demoni per spiegare la malinconia e la possibi ­
le spiegazione psicologica di certi miracoli narrati nella Bibbia, come la
resurrezione di Lazzaro. Qualunque negazione del demonio potev a ap­
parire una posizione filosoficamente troppo spinta e contraria alla reli­
gione. Sulla base di queste considerazioni di metodo il pensiero di Pietro
d'Abano nella storia della sua fortuna o sfortuna ha risentito di tutto il
cammino della magia medievale dalla superstizione alla stregoneria .
I giudizi, i profili, le ricostruzioni del suo pensiero, come ha messo in
luce anche Gregorio Piaia8 , sono quasi sempre state proiezioni della cul­
tura o le mode del momento. Salverei forse, se fosse il caso, il ritratt o che
ci ha fornito Bruno Nardi9 che resiste ancora anche alla verifi ca di una
migliore conoscenza delle opere di Pietro, non perché il Nardi no n fos ­
se sostenitore di una certa tesi, ma perché il rigore filologico-storico e fi­
losofico che sorreggeva le sue analisi, non lo indusse mai a forzare il pr ·
siero del suo autore ben collocato all'interno del pensiero mediev e :
La dottrina di Pietro d'Abano ha sofferto pertanto, forse più di 0�
altro, di quella metodologia storica che perviene a conclusioni de finiuve
al di fuori della lettura effettiva dei testi, per cui egli è stato per lo più pr ·
e

· Ve·
8
G. PIAIA, /;immagine di Pietro d'Abano nella storiografia del Sei-Settecen to , 111
stigia philosophorum, Rimini 1983, pp. 199-232. . , baflO,
9
B. NARDI, La teoria dell'anima e la generazione delle /orme secondo Pzetr? dA. 1 920,
«Rivista di filosofia neoscolastica», 1912, 4, pp. 723-37, e «Nuova Rivista Sto rica '.> , ptJ·
4, pp. 481-97; 464-81; ivi, 1921, 5, pp. 300-13, ristampato in Saggi sull'aristo telzs tn°
dovano dal secolo XIV al XVI, Sansoni, Firenze 1958, pp. 1-69.
Pietro d'Abano tra scienza e magia 35 1

tato in forma _ r_adicale o in u?_ senso � nell �alt�o, �rascurand? que� ca �


sencere di «Conciliatore» che gli e proprio e di cui lm stesso amo fregiarsi
r1tt e significa proprio il contrario di quello che le sue interpretazioni
e b
e entano: e cioè «mediatore» tra tesi opposte. Naturalmente si potrà
re s
p ervare che non è detto che egli ci sia riuscito, ma anche questo do-
oss
b e essere spiegato.
vrebC ertamente vi sono delle ragioni ben precise che possono giustificare
un fenomeno interpretativo così vistoso. Esse si possono, semplificando,
ricondurre ad un duplice ordine: di fatto, ossia storico-documentario,
opp u re teorico, a priori, relativo a ciò che si intende per magia e scienza.
Di fatto: la mancanza di fonti, documenti, testi ed opere attendibili
del suo pensiero e della sua biografia. Non sappiamo quasi nulla della
sua vita 1 0 , quando e nato e quando è morto, le ragioni e gli esiti delle sue
condanne perché siamo privi di documenti certi e sicuri. Tutto quello
che ne sappiamo è tardo, per sentito dire, riportato da altri, con intenti
qu a si sempre o denigratori o del tutto assolutori e spesso inquinato dal­
le interpretazioni contraddittorie che vi si sono sovrapposte
All'ignoranza di documenti certi e attendibili che lo riguardano di­
rettamente, si aggiunge la scarsa conoscenza del dibattito filosofico,
scientifico di quella particolare congiuntura che fu il passaggio dal seco­
lo XIII al XIV, soprattutto relativo alla scienza fisica (la medicina) e la
magia. Esso fu uno dei più complessi (come tutti i trapassi di secolo) e,
tra l'altro, ha meritato nella storiografia filosofica e scientifica medievale
0 un a ricostruzione di maniera (si passerebbe dal secolo XIII al XIV dal­
! ' apogeo della Scolastica alla sua decadenza) oppure sono state date di
�uesto periodo interpretazioni assai divergenti, sia a proposito delle va­
�� s cuole teologiche che degli sviluppi del nominalismo, in ambito scien­
tifico 1 1 della physica nova e, in anni più recenti, a proposito delle inter­
P re�azioni troppo generali della magia astrale, dell'occulto, della strego-
e
6 na e della magia «naturale» 12 • Fino alla riforma medica di Pietro d'A-
0, _ l� medicina non era una scienza e apparteneva al dominio del-
1 ' :°
lllp1na e della magia.

1
in:•-t°aPz�ieosnienbitaziblilaoneografiche, Lucidator dubitabilium astrono­
11zi Cfr. ora mia introduzione all'edizione critica del
di Eugenio Garin, edizione Programma, Padova 1988, pp. 19-31, con
tab Trattati di astronomia (Lucidator dubi­
ristampato con il titolo
do,�a"'1111 astronomiae, De motu octavae sphaere e altre opere), Edizioni Programma, Pa-
• I l 992 .
app � C�r. la mia rassegna La storia della filosofia medievale nei secoli XIII e XIV Nuovi
Pp , ;��'• « �ochumer philosophisches Jarbuch fiir Antike und Mittelalter», 200 1, 6,
ii �6 e In forma più estesa, «Filosofia», 2001, 52, pp. 183-223.
is. llinvio alla rassegna critica di MANOOSIO, Problèmes et controverses, cit., pp. 207-
352 Medioevo magico

Sul piano teorico interpretativo non si deve dimenticare che n el 1 2 7


0
e nel 1277 13 il mondo dottrinale fu sconvolto dalle condanne pa rigin
che riflettono una polemica e una tensione ideologica che ebbe co�'.
plessi aspetti che rispecchiavano le diverse posizioni delle scuol e 14 su.I
concetto della scienza, della filosofia e della teologia, della magia « n atu .
rale», della divinazione astrologica o destinativa necromantica . Qu est
tensione non poteva non ripercuotersi anche nell'opera di Pietro d ' Aba�
no, che proprio a Parigi si trovava poche anni dopo quelle con d ann e
E, quindi, quel concetto di conciliazione, quell'immagine d i Co nci:
liatore di Pietro, non può non essere calato in quell'effettivo contesto
storico, di dispute e di elaborazioni concettuali sui modi di conc epi re la
teologia, la scienza e la filosofia e la magia cosiddetta «naturale», a cui in
molti casi veniva associata la medicina, che rappresenta uno degli as pet ­
ti più vivi e ancora meglio da precisare nella sua effettiva consisten z a sto­
rico-dottrinale, della fine del secolo XIII e degli inizi del XIV. Nella sto­
ria della filosofia medievale questo è uno dei temi su cui si è concentrato
in questi ultimissimi anni l'attenzione della storiografia, pervenendo a ri­
sultati meno scontati di quanto si creda.
Questa ignoranza di fatto non riguarda solo le vicende biografiche di
Pietro, ma anche quelle delle sue opere. Esse giacciono in maggior parte
ancora inedite; quelle edite, poi, sono sepolte in rari incunaboli o in edi­
zioni cinquecentine, così emendate, corrette e riviste, da farci nascere il
sospetto (verificato da un confronto con le copie manoscritte più atten ·
dibili, ossia quelle riviste da Pietro stesso) di non trovarci veramente di
fronte al reale pensiero di Pietro, ma ad emendazioni e interpretazioni
successive. Ci rimangono così solo quelle opere manoscritte, nelle cop ie
sicuramente da lui redatte, difficilmente reperibili, a potersi offrire come
documenti sicuri del suo pensiero.
Le ragioni ideali, filosofico-ideologiche, che hanno portato all e inter·
pretazioni radicali del pensiero di Pietro d'Abano, possono essere mol-

7'J Bi·
n In particolare, J.M.M.H. THIJSSEN, What Really Happened on 7 Ma rch 12 7 · ' . ,,.
shop Tempier's Condemnation and its Institutional Context in Ancient and Medieval �':eal
ce, in E . SYLLA, M. McVAUGH (a cura di), Texts and Contexts in Ancient an d Me 1�,
Science (Studi in onore di John Murdoch), Brill, Leida 1997 , pp. 84- 144 ; A. DE _LIB bi·

;n
Faculté des Arts ou Faculté de Philosophie? sur l'idée de philosophie et l'déa l p htlof-°�s à
que au XIII• siècle, in L. HOLTZ, O. WEIJERS (a cura di) , J;enseignement des dzsetP
la Faculté des Arts (Paris et Oxford) XIII• et XIV• siècles, Brepols, Tumhout 1 9 9 ' p,e-
429-44. Della stessa, Le maniement du savoir, Pratique intellectuelles à l'époqu e 1 ��.e

mières universités (XIII•-XIV, siècles), Tumhout 1996. Ma in particolare, R. J-IISS


Enquete sur !es 21 9 Articles, Lovanio la Nuova 1987. ,0,Jine
1 4 Si veda anche le analisi storiche di P. MORPURGO, /;armonia della natu ra e I

dei governi, (Micrologus Library), Brepols, Tumhout, Sismel-Firenze 2000.


Pietro d'Abano tra scienza e magia 353

11 tutte, crediamo, si possono riassumere in una: quella della conce­


t�, n111e che si è avuta lungo i secoli, dell ' astrologia in relazione, da un lato,
:ita religione e alla magia e, dall ' altro, alla scienza e alla filosofia. L'astro­
è sempre presentata con due teste, una volta alla religione e alla
l0gia si 'altra alla scienza. L'astrologia, in altre parole, è sempre stata un
rnagiin a, l
o ento controverso, sia che fosse considerata dal versante della
a�g nza, sia dal versante della religione e della magia, perché veniva ad
5 ie
vocare l 'astrolatria pagana, cioè l ' antica superstizione delle religioni po-
�teistiche e l ' invasamento 15profetico.
Così Natale delle Laste , alla metà dell ' Ottocento, in pieno clima po­
sitivistico, chiamerà l ' astrologia di Pietro d ' Abano «scabbia di quel tem­
po » e accrediterà quella battuta (assai cattiva, a dire il vero) mettendola
in bocca proprio a Pietro d ' Abano morente e che tutti immagino cono­
scano: se sottile lo aveva fatto la filosofia e ricco la medicina, bugiardo
l ' aveva fatto l 'astrologia !
Con giudizi di questo genere, non arriveremo mai a comprendere Pie­
tro d 'Abano. Essi testimoniano, tuttavia, che egli non fu solo quel perso­
naggio dotto che noi adesso conosciamo meglio, quello scienziato, me­
dico e astrologo dei ceti colti ed influenti di Padova, ma anche una figu­
ra popolare, forse anche troppo, entrata nella immaginazione della gen­
te, proprio per quelle sue straordinarie capacità di medico, per la fama
delle sue guarigioni che doveva compiere (come dice il Facciolati) 1 6 non
solo per la sua grande scienza, ma anche per le virtù terapeutiche delle
Terme di Abano !
Il problema della conoscenza delle opere autentiche di Pietro d ' Aba­
n� ci conduce anche a quello, ben più complesso ancora, da un punto di
Vist a storico e filologico, dei falsi, o degli apocrifi magici 1 7 di Pietro d '
Ab ano. Esso costituisce un curioso capitolo della storia della fortuna (o
6 eglio, della sfortuna del suo pensiero) su cui ancora nessuno - ci sem-
ra ha d
- etto una parola chiara e che merita uno studio attento e circo-

UN 1844,
P · 1 1 ss. · DELLE LASTE, Brano storico postumo dello Studio di Padova, Padova
16 p
Ci _ACC IOLATI }ACOBI ab anno 1260 Fasti Gymnasii Patavini primo ad 1405 principum
�� 'j;nsium u ltimum, Patavii 1757 , voi. I, p. XLVI.
trod . er una prima indicazione di alcune opere manoscritte di questi apocrifi cfr. l'in­
ques�Zlo�e alla mia· edizione del Lucidator dubitabilium astronomire, cit., pp. 3 5 · 3 7 e in
°�
110, 111 1? studio la nota precedente numero 6. Si veda ora J.-P. Boudet: Pietro d'Aba­
Méd a�zczen à la Renaissance: !es Annulorum experimenta attribués à Pie"e d'Abano, in
(,\ct; � e, astrologie et magie entre Moyen Àge et Renaissance: autour de Pietro d'Abano
ci

lu� s � Coll oque intemational de Paris, 29 et 30 sept. 2006), Sismel, Edizione del Gal-
0 (M
icrologu s), F:irenze (in corso di stampa).
354 Medioevo magico

stanziato del perché queste opere furono redatte a suo nome, e d a p


di chi, ricerca alla quale si è dedicato recentemente Jean-Patrice B ou�rte e
Ma prima dello studio e della raccolta degli apocrifi magici dei s e t:
�I e �II- 1i Pietro, è ben necessa!io torn�re a st_u�a�� i testi orig�:�
li � at��nd1bili delle s�e opere, tra c_w uno d�1 �agg101;, e il Lucidato , du.
b1tabzl1um astronomue (o astrologue), a cw Pietro d Abano affian cò I
a
stesura del De motu octavte sphterte; questi adesso si possono legg ere .
edizione critica e possono essere considerate le maggiori opere di astr:
nomia medievale latina degli inizi del secolo XIV.
Il De motu porta un chiarimento decisivo e completa molte dott rine
astronomiche trattate nel Lucidator, come, ancor più nel Conciliato r me­
dicorum et philosophorum dove erano esposte con grande prolissit à e po­
ca chiarezza e nei Problema/a dove erano esposte troppo succintamente e
pertanto, non sufficientemente elaborate e spiegate nei loro principi.
Vorrei adesso tentare di recuperare quella immagine di Conciliatore,
ossia di mediatore, su cui, ci sembra, che per ora, nessuno abbi a suffi­
cientemente insistito, forse, proprio e perché, si ignoravano i termini di
questa «conciliazione».
Ma per far questo, dobbiamo uscire dai nostri soliti clichés in t erpre ­
tativi e calarci nelle discussioni effettive di quel tempo, per quanto è
possibile.
Non bisogna dimenticare che la controversia filosofica della fine del se­
colo XIII riguardava lo statuto della scienza, il modo di concepire il modus
sciendi dell'uomo, sia in ambito teologico che in ambito strettament e na­
turale, fisico-medico. Poteva (ed è accaduto con il pensiero di Pietro d'A­
bano in naturalibus e di San Tommaso in divinis) che fosse possibile rin ­
tracciare un concetto di scienza razionale che accordasse sia la teologia con
la ragione, che la medicina con la speculazione scientifica e l' allont an ass�
dalla magia. È stato osservato dal padre Louis-Jacques Bataillon ch e, tr� il
XIII e il XIV secolo, il massimo sforzo speculativo fu volto alla costruzio·
ne non solo, da un lato, della teologia come scienza razionale, ma dall ' altro
anche della medicina come scienza teorica. L'idea di una scienza fonda�
a

sulla ratio naturalis poteva conciliare teologia e natura, medicina e phys , ts

spiritualità e naturalità allontanandola dalla superstizione magica.


Ma questa operazione dottrinale, come hanno mostrato anch e 1 re·
centi studi di Roland Hissette 18 , fu interamente avversata da qu ell a te:;
denza espressa nelle condanne parigine della fine del secolo XI I I, c _
0
metteva al bando la concordanza tra filosofia e teologia, la quale era co ­
cepita come tutta riposante sulla fede, sulla illuminazione in teriore e 5
ol

7
18 R. H!SSETIE, I.:implication de Thomas d'Aquin dans la censure parisienne de 1 2 7 '
« Recherches de théologie ancienne et médiévale », 1 997 , 64, pp. 3 -3 1 .
Pietro d'Abano tra scienza e magia 355

tura del testo biblico e confinava le discipline mondane come la fisi­


lia Iet medicina, che riguardavano il mondo esteriore, al rango delle arti
la
;�erali e non speculative, ossia come meccaniche e «adulterine» e, nel­
me, le accostava alle pratiche magiche e alle arti delle fattucchiere.
}"1llsie f
La ri orma concettuale che opera Pietro d'Abano è in accordo con il
0 tempo, ma secondo quella linea filosofico-razionalista aperta in teo­
tgia da San Tommaso e da una certa corrente dell'ordine del Domeni­

f
:ni no n da tutti condivisa, ma espressa magistralmente anche da Vite­
O O it
V ellone nell'opera De natura dtemonum 19 , scritta proprio a Pado­
tra il 1262 e il 1268. La posizione di Pietro sui demoni è so­
va negli anni
stanzi alm en te simile a quella di Vitellione che, in una precisa e acuta di­
slllll ina svolta in questa operetta, nega qualsiasi realtà sovrannaturale dei
demoni, natura/iter loquendo (si veda qui il Capitolo V). In altre parole i
teolo gi della fine del secolo XIII erano divisi anche all'interno dello stes­
so ordine (per esempio, per i Domenicani si pensi alle critiche di Rober­
to Kilwardby delle dottrine di Tommaso), tra una corrente fideistica,
agostiniano-platonica e una razionalista aristotelica.
Tra i primi dovevano trovarsi proprio quei theologizantes, quei predi­
cato ri che Pietro irrita con i suoi rimandi testuali, che cercano di sbar­
rargli la strada, i quali sono contrari ad ogni forma di spiegazione natu­
rale, sia in divinis che in physù:is.
Non bisogna dimenticare che le prime disavventure con l'Inquisizio­
ne dei Domenicani, Pietro le ebbe proprio nel periodo del suo soggior­
no a Parigi, quando più vivace e dibattuta doveva essere la controversia
sul modo di concepire i rapporti tra scienza e teologia, tra scienza e di­
scip line mondane e naturali come la medicina. Infatti, se le scuole di teo­
logia erano divise, lo erano ancor di più quelle di medicina, come ci ri­
corda Pietro stesso delineando una storia di questa disciplina nelle pri­
me differenze del Conciliator.
Delle dispute sulla medicina come scienza alla fine del secolo XIII noi
non sappiamo molto e, solo in questi ultimi decenni, esse hanno merita­
to l ' attenz
ione di lingua anglos assone2 °, ma
sop rattutto degli studiosi, in particolare
sono state studiate in campo sociale e istituzionale. Mentre

Sia ;_ Cfr. per l'edizione del testo


1
J. BURCHARDT, List Witelona do Ludwika we Lwowku
%: 111 • �ssolineu!ll (Varsavia), Studia Copernicana XIX, 1979, e Witelo, De natura de-
2� • m E. PASCHETTO, Demoni e prodigi, Torino 1978.
111

\'ork (tr. L. VERN BULL?UG, The D�elop1:1ent ofM_edici� e as a P�o/ession, �asil�a, �ew
sità d· 66 - Per una cod1ficaz1_ one dei cumcula dei filosofi , med1_ c1 e astrologi ali Umver­
Co/l 1 .Bologna, agli inizi del '400, cfr. il mio studio I programmi degli insegnamenti del
in J. izo di medicina, filosofia e astrologia dello Statuto dell'Università di Bologna del 1405,
AMESSE (a cura di), Roma magistra mundi, Mélanges offerts au Père L.E. Boyle, Lo-
356 Medioevo magico

assai meglio conosciute restano in ultima analisi le dispute teolo gi ch e


filosofiche di questo periodo2 1 • e
L a ricostruzione che ci presenta Pietro d'Abano di queste dive rse co
rent�, è quindi _u? documento ?11portante per compr�� de�e que s to �:
battito. In medicma, secondo Pietro, le scuole erano divise m tre indiri2: .
zi: il primo negava qualunque carattere di «natura», ossia di razion alità
alla medicina che pertanto veniva considerata come una pura arte mec'.
canica che opera fortuitamente e a caso, e si vale anche delle arti magi .
che. Esso era rappresentato dagli empirici o dagli «sperimentali »22 . Un
altro indirizzo era puramente astratto, paragonabile a quello dei m etodi.
ci dell'antichità. Esso studiava solo gli aspetti universali della medi cin a
quanto il primo si limitava solo a quelli particolari. Esisteva poi u n a ter'.
za scuola, intermedia tra le due, quella dei logici sive rationales (tra i qua­
li, come vedremo, si colloca Pietro d'Abano stesso), che è intermedio e
considera il particolare entro l'universale e questo nel particolare . Se­
condo questa scuola la medicina è una scienza operativa e speculativa in ­
sieme: né tutta teorica, né tutta pratica, intermedia cioè tra la mera ars e
l'astratta natura. La conciliazione che Pietro d'Abano cerca di compiere,
passa proprio attraverso la trasformazione del concetto di medicina, arte
pratica meccanica, in scienza filosofico-teoretica, ed è importantissima
perché riguarda un concetto intermedio di scienza teorico-pratica23 , se ­
condo una articolazione concettuale e logica di cui egli è l'ideatore e che
merita una grande attenzione approfondita (rimando su ciò al mio stu­
dio nel Capitolo XIII di questo volume)24 •
Il concetto di scienza e di logica nel pensiero di Pietro d'Abano è sta -

vanio la Nuova 1998, voi. I, pp. 193 -223 . Per una storia delle prime istituzionalizz�i�ni
dell'insegnamento della medicina alla Corte di Aragona, cfr. M. McVAUGH, Mediane
be/ore the Plague, Cambridge University Press, Cambridge 1993 ; cfr. anch� �- G ARCr :
BALLESTER, R.K. F'RENCH, J. ARRIZABALAGA, A. CUNNIGHAM, Practical Mediane /rom a
lerno to the Black Death, Cambridge 1994; I.:Université de Médicine de Montpel�ier et s�;
rayonnement (Xllle-XIVe siècles) (Actes du Colloque international de Montp elher, 1 7 ·
mai 200 1 ) , a cura di Daniel Le Blévec e Thomas Granier, Brepols, Turnhout 2 003 .
2 1 Si vedano i numerosi Atti dei Convegni Internazionalei della Societé In te rna ttna·
le de Philosophie médiévale tra cui Was ist philosophie im Mittelalter? (Atti del X_ ::
gresso Internazionale della SIPHM, Erfurt, 25-30 Agosto 1 997 ) (Miscellan ea M ediae
lia 26), De Gruyter, Berlino-New York 1998. .
22 Si veda in questi miei studi un esponente di questo indirizzo: l'empirico Nt c0la da
Polonia a p. 183 . �,
21 In generale, cfr. J.M. RIDDLE, Theory and Practice in Medieval Medicin_e, «V1.;0r/.11
5, 1974, pp. 157-84; si veda anche in relazione stretta con la medicina il m io st u �u rB
médecine, synthèse d'art et de science selon Pie"e d'Abano, in R. RASHED , J. BrARD ( a
di) , Les doctrines de la science, de antiquité à l'age classique, Peeters, Lovanio 1 9 99 · j t9·
24 FEDERICI VESCOVINI, La médecine, cit., pp. 237 -56, per un'analisi pi ù dett agJ a
Pietro d'Abano tra scienza e magia 357

ra - ci sembra - interpretato assai semplicisticamente alla luce dei


tO nfineoti di deduzione e di induzione degli Analitici di Aristotele, e non
ct
�a luce della revisione che i filosofi arabi, come Alfarabi e Avicenna25 ,
vano compiuto della logica aristotelica, in vista di un diverso concet­
ave e rapporti tra teoria e prassi. Questi aspetti della logica di Avicenna,
t�nd i ati messi in luce negli studi più recenti a partire dal 19842 6 • Non è
o st
�ui il luogo di entrare nei dettagli dell'articolazione del discorso svilup­
pato da Pietro d'Abano, là dove polemizza contro il concetto di arte ri­
sp etto alla natura e di natura rispetto all'arte, così come era stato inter­
pretato e che riguardava quella dottrina della imitazione della natura di
Aristotele e di Platone seguita da una certa corrente medievale.
Pietro d'Abano, in particolare, contribuisce a chiarire quella conta­
minazione fatta da Aristotele soprattutto nella Politica, nell'Etica a Nico­
maco 27 e in altre opere, a proposito del concetto di practiké, tra il sostan­
tivo praxis e quello di poiein, per cui le virtù pratiche intese come dia­
noetiche, coincidevano con l'intelletto puramente speculativo unito alla
scientia ed erano essenzialmente teoresi.
Come ha messo in luce anche il Wolfson nei suoi magistrali studi sul­
la classificazione delle scienze nella filosofia medievale ebraica e islamica,
ristampati nel 197328 e poi Rashed, di tale contaminazione si erano accorti
anche i filosofi arabi come Algazali, Alfarabi, Avicenna e un non ben iden­
tificato Alì. Questi filosofi erano giunti ad una elaborazione che aveva
modificato fondamentalmente non solo il concetto di «teoretico», ma an­
che quello di pratico29 in un senso che non è più quello di Aristotele.
Così Pietro d'Abano riallacciandosi a queste elaborazioni concettua­
� ( in particolare, a quelle di Alfarabi relative alle scienti;e ingegnorum),
Inten de il pratico in un senso duplice: nella sfera pratica non rientrano

,i, �i veda sulla logica di Avicenna in particolare A. DE LIBERA, I.:art des généralités,
Theo es

t rz de l'abstraction, Aubier, Parigi 1999, pp. 499-509. J . JOLIVET, R RASHED, Études


A�icenne, Les Belles Lettres, Parigi 1984, e dello stesso, Aux origines de l'ontologie d'Ibn
1n4; In dello stesso: Philosophie médiévale arabe et latine, Vrin, Parigi 1995, pp. 221-36_­
6
ce D .N. HAssE, Avicenna on abstraction, in R. WISNOVSKY (a cura di), Aspects o/Avt­
e
,0n n , Princeton 2001, pp. 39-72 e HERBERT A. DAVIDSON, A l/arabi, Avicenna and Aver-
es n ln
; �ellect, New York-Oxford 1992.
28 Eth zca Nicom. , VI, 2,1 139a 1-30; 1 139b 15; VI, 1 140a 5-20.

}t 11.,,}'" WOLFSON, Studies in the History o/Philosophy and Religion, I, Cambridge 1973.
Ples fi l-IED , Problrms o/ the Transmission o/ Greek Scienti/ic Thought into Arabic Exem­
d e b°m M4th ematics and Optics, in Optique et mathématiques (Variorum Reprints), Al-
rs
�/ 992, I, pp. 199-209.
r: J . ]OLIVET, Classi/ication des sciences arabes et médievales, in Les doctrtnes de la
29

SCie
le sc·n ce, cu., PP- 2 1 1 -23; mi si permetta di rinviare in particolare per la classificazione del­
I>p. ���; . di Pietro anche alla mia introduzione dell'edizione critica del Lucidator, cit.,
358 Medioevo magico

solo le arti operatrici o produttive o meccaniche che sono ex opere n ostr,


in senso stretto (puramente estrinseche ed esteriori), ma anche quelle h�
e
richiedono la scientia intesa in un modo ben preciso da Pietro, cioè come
un habitus intellectivus acquisito nell'anima, per il quale si conosco no i
principi della generazione della natura su cui si deve operare. In tal tno do
Pietro introduce il concetto di arte entro e non al di fuori della nat ura
secondo una idea dinamica di natura, di subiectum, sostrato o materi a '
sulla quale si può direttamente e attivamente operare proprio perch é si
procede dal suo interno e non dal suo esterno come piatta imitazione del.
le forme. E questi concetti di materia e di natura non sono più quelli di
Aristotele, ma quelli interpretati da Avicenna, in altre parole contamin a­
ti con la filosofia neoplatonica. Pietr& 0 , pertanto utilizzando filosofie di ­
verse da quelle di Aristotele, compie una mediazione tra teoria e pratica
entro il concetto della medicina come scienza, conciliando e mediando
tra la scuola dei medici astratti e universalizzanti come i metodici da un
lato e gli empirici sperimentali, dall'altro.
Con questa impostazione Pietro afferma la dignità di una professione
emergente-3 1 , quella del medico, a cui rivendica un carattere di serietà e
di professionalità, fondato sulla preparazione pratica e sulla conoscenza
scientifica. Ciò presuppone un mutamento nel quadro epistemologi co,
nell'architettura mentale medievale, che è in contrasto con una parte del­
l'ideologia del sapere del tempo concepito ancora come ascetico, ma che
è consonante con quella dei ceti sociali emergenti della sua epoca, impe­
gnati nelle attività sociali e cittadine. La malattia cessa di essere ascetica ­
mente concepita come un castigo di Dio e la guarigione come una gra ­
zia32 . Il corpo umano è concepito invece positivamente, e il bene del co�­
po come qualcosa di lecito e naturale-3 3 . Pietro esalta per primo la g u ari­
gione come il bene d corpo, sottolineando il suo nesso inscindi bile con

3
° Cfr. per l'influenza di Avicenna su Pietro d'Abano il mio studio, La piace pr v leg �
i i i e

de l'astronomie-astrologie dans l'enciclopédie des sciences théoriques de Pierre d'A bano , !Il
Knowledge and the Sciences in Medieval Philosophy (Proceedings of the Eight In te�;::
tional Congress of Medieval Philosophy), a cura di R. TYORINOJA e altri, vo . i III , Hdsi J
1990 (Acta philosophica Fennica, 48), pp. 42-5 1. Cfr. anche nota 5 cap. 13.
l i Cfr. nota 34.
3 2 Cfr. R. PORTER, Religion and Medicine, in Companion Encyclopa?dia o/ th e His

o/Medicine, a cura di W.F. Bynum, R. Porter, Londra-New York 1993, II, 1449-6 8; � 'ci
ry

­
'w.
AMUNDSEN, Health, Medicine and Faith Traditions, An lnquiry into Religion an d Me �al
ne, Philadelphia 1982; D.W. AMUNDSEN, Medieval Canon Law on Medicai and Su g r l

Practice by the Clergy, «Bulletin of the History of Medicine», 1978, 52, pp. 22 - 4 4 - . •ng
s
33
L. GARCIA BALLESTER, Th e Construction o/ a New Form o/ Learning and Practt �­
Medicine in Medieval Latin Europe, «Science in Context», 1995 , 8, pp. 75- 102 . Cfr, jJ1
che J . ZIEGLER, Medicai Knowledge at the Service o/ Religions Debates and Qu estton ,
Medicine and Religion c. 1300, Clarendon Press, Oxford 1998, pp. 157-259 .
Pietro d'Abano tra scienza e magia 359

uello dell'anima. La professione del medico è rivalutata quindi, nei suoi


q e ti di serietà scientifica, morale e spirituale. E questo poteva corri­
t
asp ere con gli intenti delle nuove classi dirigenti di Padova34 con le na­
s o nd
�enti e rafforzantesi professioni organizzate nei Collegi di Medici, nelle
Corporazioni di Arti e Mestieri.
Sarebbe troppo lungo soffermarci qui sulla preziosa descrizione del­
l' magine ideale del medico tratteggiata da Pietro stesso nel Concilia­
im
tor, ch e diventerà un topos lungo i secoli. Il suo «medico» deve posse­
dere i numerosi requisiti morali e spirituali che rimodellano l'antica
deontologia medica del De lege di Ippocrate. Essa è fondata sull'idea del
nesso inscindibile di anima e di corpo e non su quella della loro ascetica
separazione o subordinazione. Il medico, per Pietro d'Abano, in realtà
non cura solo il corpo ma anche l'anima, anche se non directe, cioè indi­
rettamente; e questo per il principio che tutti i moti corporali, sia stret­
tamente fisici che emozionali, sono le conseguenze (ossia gli effetti) dei
moti dell'anima. Pietro d'Abano può essere indicato pertanto, a giusto ti­
tolo, come uno dei primi esponenti dei principi della medicina psicoso­
m atica35 sviluppata anche nella sua Compilatio physionomiae opera che
ebbe una grande fortuna anch'essa nei secoli successivi.
Questa armonia, tra spirituale e corporale nell'unità inscindibile del
corpo umano, si realizza pienamente anche nell'unione tra medicina e
astrologia, tra prognosi medica e prognostico astrologico in cui si mani­
festa la corrispondenza tra cielo e terra, tra il superiore e l'inferiore. I
moti del corpo infatti sono influenzati dai moti dei corpi celesti e reagi­
scono ad essi secondo ben determinate regole e principi che il medico
deve conoscere, secondo l'idea che la natura è tutta congenere.
. La situazione dell'astronomia al tempo di Pietro d'Abano era assai si­
mile a quella della medicina, secondo una classificazione delle scienze
eo
: �etiche e speculative che non era più quella di Aristotele3 6 • In genera­
; 1 astrologia era al tempo di Pietro d'Abano secondo il modello dello
l :cu lum astronomiae lo stesso che astronomia, considerata negli effetti
ei movi
n o nel menti celesti. Ma sia la medicina che l'astrologia non rientrava­
le scienze teoretiche e l'astrologia era avvicinata alla divinazione
4
B � D . W. AMUNDSEN, Medicine, Society and Faith in the Ancient and Medieval Worlds,
a!tunora -L
1
ondra 1996.
..,.p , Mi s1 p ermetta di rinviare al mio studio !.:antropologia naturale di Pietro d'Abano,
a dig
Ph:�z m i», nuova serie, 1997, 45 , pp. 525-4 1 ; e La simmetria del corpo umano nella
dis S ogn om ica di Pietro d'Abano, un canone estetico, in G. PIAIA (a cura di), Concordia
o ,
rnec ? Studi offerti a Giovanni Santinello, Padova 1993, pp. 347 -60; cfr. anche il volu-
11-za :����ll��o R. CARDINI, M. REGOLIOSI (a cura di ) , Umanesimo e medicina, il proble-
1
6 z ndz vzduale, Bulzoni, Roma 1996.
ÀRISTOTELE, Metaphysica, VI, 1, 1026a 13- 16; Physica, II, 12, 194a, pp. 7- 12 .
3 60 Medioevo magico

magica e superstiziosa. Inoltre, la medicina era posta a un rango a ncor


più basso dell'astrologia-astronomia, in quanto quest'ultima stando tra t
a
fisica e la matematica, secondo Aristotele, avrebbe potuto appartenere
uno dei tre modi dell'essere speculativo e, in certo qual modo, l'ast ron o�
mia poteva assumere dignità di scienza teoretica. Averroè aveva i nter.
pretato questi passi di Aristotele3 7 , nel senso che l'astronomia-astrol ogia
(come l'ottica o la perspectiva), era una scienza «media»38 , senza però
ben precisare che cosa si intendesse con questo concetto e quin di qu ale
fosse la sua precisa collocazione e dignità (tra il sensibile e l'intelligibile
tra il singolare e l'universale).
Questo quadro interpretativo non è quello di Pietro d'Abano: costi­
tuisce anzi il polo di riferimento contrario a quello che Pietro fa suo e che
ha invece come modello generale quello della filosofia di Avicenn a, sia
per quanto riguarda la medicina, che per quanto riguarda l'astronomia­
astrologia
Nella classificazione delle scienze di questo indirizzo della filosofia
araba, diverso da quello di Averroè, la medicina apparteneva a pieno di­
ritto alla scienza speculativa ed era insieme pratica e teoretica. L' astrolo­
gia poi coincideva totalmente con l'astronomia e questa con la matema­
tica e quindi con la scienza universale. I due termini erano sinonimi
(come ci ricorda con insistenza Pietro nel Lucidator dubitabilium astro­
nomùe 39). Al contrario, come è noto, nel mondo latino Isidoro di S iviglia
e Ugo di S an Vittore avevano cercato di adattare queste discipline al sa­
pere cristiano secondo un ideale contemplativo, espungendo l 'aspetto
pratico dell'astronomia (costituito dall'astrologia, ossia la dottrina del­
l'influenza dei pianeti), dall'astronomia stessa, e quindi ponendo que­
st'ultima (spurgata dall'astrologia posta nel rango delle arti magiche �
superstiziose), tra le scienze teoriche, e relegando la medicina al di fuori

37 ARISTOTELE, Physica, II, 2, 193b 31; 194a 12; De anima, I, 403b 7 - 17 , III , 43 l b 1 5 ·
.
20; De caelo, I, 1, 268a 1- 10; Metaphysica V, 6, 1016b24-28; AVERROES, Commen ta ri\,n_
magnum in Aristotelis de anima libros, a cura di S. CRAWFORD, Cambridge Mass . 195 3 ,
bro terzo, Comm. 50; De sensu et sensato, Venezia 1562, voi. VI, parte 2, pp. 15� 16 . 'e
38 Cfr. J. GAGNÉ, Du quadrivium aux scientiae mediae, in Arts libéraux et p h rlosoP,h�
e
au moyen age (Actes du IVe Congrès international de philosophie médiévale, M ont r /
27 agosto-2 settembre 1967), Parigi 1969, pp. 975-86 e il mio studio La perspec11 va n e
l'enciclopedia del sapere medievale, «Vivarium», 1968, VI, pp. 35 -46. . i
39 Pietro d'Abano è esplicito: «Sciendum quod quidam assignarunt differenuaJJl n·
er ·
ter astronomiam et astrologiam dicentes astronomiam fore illam que parte� rnot u5 i!Ìio ·
tractat, astrologia autem que iudicia instruit. Sed illud neque ratio constru1t aut � ero
rum usus persuadet: cum astronomia dicitur ab «astro» et «nomos», lex. Astrolo gia v G,
a «logos» ratio, «sermo» ve! logia, locutio: hoc autem indifferenter» (Lucidato r, e
d
Federici Vescovini, diff. I, propter primum, p. 108).
Pietro d'Abano tra scienza e magia 361

quadro, per il suo aspetto pratico e strumentale, sul piano del­


di qu estoe e illiberali.
rt m ccaniche
le a i non accetta questo ordinamento delle scienze. Fa suo invece
e
Pi tr o
uello di questa corrente neoplatonizzante araba che a sua volta era in
rt
;pe o con trasto con _ q�ello di Aver;oè; e cer�a una media�ione co�cet­
la medicma che per 1 astronomia o astrologia, per d1mo­
tuale, sia per
trare che esse sono scienze filosofiche, insieme pratiche e teoretiche de­
�e della massima considerazione e rispetto. Le opere astronomico­
ast rologiche di Pietro d'Abano, in cui egli compie questa operazione di
re cupero della scientificità dell'astrologia-astronomia, come ho ricorda­
to di sopra, sono il Lucidator dubitabilium astronomi;e (astrologi;e), il De
motu octav;e sph;er;e e il De imaginibus, se è opera sua (ma non è certo),
che potrebbe costituire la seconda parte del Astrolabium planum che
Giovanni Engel gli attribuisce40 (ossia la parte scritta dello strumento per
cal colare la posizione del sole e della luna e dei pianeti all'orizzonte di
ciascun giorno dell'anno)4 1 •
Questi scritti di astronomia sono più brevi del Conciliator di/ferentia­
rum philosophorum et medicorum; essi affrontano l'argomento della dife­
s a della scientificità dell'astronomia-astrologia e i più controversi pro­
blemi astronomici del tempo che riguardavano il sistema di Tolomeo, in
modo specifico e diretto, senza divagazioni, così che questi scritti sono di
grande chiarimento anche di quei passi del Conciliator, dove Pietro af­
fronta argomenti analoghi di carattere astronomico-astrologico, ma som­
mersi entro altri di interesse diverso, soprattutto medico, tra citazioni ed
esposizioni di dottrine altrui, che ne rendevano assai difficile la com­
prensione. Un'altra opera importante, di chiarimento anche questa,
sop rattutto dei problemi di medicina, sarà rappresentata dai fortunati
Pro blemata.

u / GIOVANNI ENGEL, Astrolabium planum, Augusta 1488; cfr. B.D. HAAGE, Dekane
Paranat llonta des Astrolabium planum in einem Niirberger Fragment, « Archiv fiir
I<�t r �
ge
ta eu sch1chte », 1 978, 60, pp. 12 1 -3 9 nota 1 8 . Pietro dichiara infatti nel De motu oc­
tov; rdhaerae di avere costruito effettivamente questo strumento che deve essere anda­
rn a � U to p er ché di solito questi astrolabi erano di legno o di metallo; e così, è facile im­
g
De lll are per ch é non ci sia pervenuto. Numerosissimi sono i manoscritti invece del suo
Sai :a tu octavae sphaerae che affrontano il problema della precessione degli equinozi; as­
ar
co k se sono invece le copie del Lucidator, per non parlare del De imaginibus: l'unica
p
ediii Pervenu t a n on sappiamo se sia sua. In particolare su ciò la introduzione alla mia
i�� e d� De motu octavae sphaerae, in Lucidator, cit., pp. 334-3 5 .
ces au ugli st_rumenti astronomici medievali come l'astrolabio, cfr. E. POULLE, Les sour­
o
� o o r �� mtques (Textes, Tables, Instruments), Brepols, Turnhout 1 98 1 ; cfr. il fascicolo
n g c
ni
t an r � � The Oldest Latin Astrolabe, «Physis » 1 995 , 3 2 ( Olschki, Firenze 1 996) . Per
s
ltlia e: � nt ti di queste opere di Pietro, mi si permet t a di rinviare alle in t roduzioni della
:Zt one sia del Lucidator che del De motu octavae sphaerae.
3 62 Medioevo magico

In questi scritti di astronomia, egli dichiara di averli elaborati into rn o al


1302-3 e di averli rivisti nel 1310. Qui si delinea ancor meglio la sua P o si.
zione di Conciliatore e di mediatore. In un codice di Oxford, che contien
una copia della sua physionomia - opera anch'essa che ebbe tanto s ucces�
so nei secoli successivi - si legge che egli compose, insieme a un Libro su/
moto del!'ottava sfera, un libro De discordantiis utriusque partis astro logiél!
titolo che ci fa intendere quanto fossero divise e discordi le scuole di astro�
nomia-astrologia del suo tempo in relazione soprattutto alla magia e ch e ri­
manda al titolo poi scelto definitivamente per la sua opera, ossia il Lucida.
tor dubitabilium astronomiae. Leggendolo ci rendiamo conto che egli vo­
leva trovare una soluzione intermedia (e la troverà secondo il suo co n cetto
di scienza teorico-pratica) a quanti denigravano l'astrologia-astronomia da
due versanti diametralmente opposti: dalla parte della scienza, dicen do
che è pura magia e vana superstizione e, dalla parte della religione e della
morale, sostenendo che se essa è una scienza necessaria fondata sull'idea di
una causalità deterministica del cielo, essa uccide il libero volere umano.
Ma l'accusa grave da cui Pietro intende scagionare l'astrologia non è tanto
il secondo, quanto il primo, ossia la sua non-scientificità per il suo caratte­
re magico-superstizioso: in altre parole non lo preoccupa più di tanto ri­
solvere il problema morale connesso con le teorie astrologiche della cau­
salità astrologica, quanto di difenderla dalla magia astrale. Questo anche
perché i filosofi medievali arabi e latini cristiani del secolo XIII riten ev ano
che l'influenza astrale non costringesse la libertà, e avevano risolto il p ro­
blema morale affermando che i corpi celesti agiscono solo sulla comples­
sione fisica dell'uomo, ossia sul suo corpo (donde il nesso strettissim o co n
la medicina) salva restando la libertà dell'agire dell'anima razionale creata
da Dio, per cui «gli astri inclinano, ma non necessitano».
In altri termini il quesito che vuole risolvere Pietro d'Abano , n on _ e
tanto morale, quanto scientifico. La conciliazione tra le liti e le dis cordie
degli astronomi era da porsi a livello teoretico e filosofico, com e Piet ro
chiarisce bene nel suo Lucidator. Egli cerca di vincere l'avversa rio su due
s
fronti, come per la medicina: da un lato, combatte contro l'idea dell 'a ­
sociazione dell'astronomia-astrologia con la magia demoniaca, ossi a cor
le scienze divinatorie del paganesimo e della magia ermetica ar aba , P� ;
quali l'astronomia è molto vicina all'astrolatria pagana e ad u n e . t9


t
astrale zoroastriano che è da condannarsi. I pianeti non sono né �nt1 �
e
né divinità, né demoni da invocare, ma corpi fisici. Un portavo�e _ di e·
sta concezione astrologica-astronomica magica, era stato agli in1 z1 de �tls
colo precedente Michele Scoto42 nella cui opera, il Liber intro du cto rt
fo-
42 Cfr. CH. BuRNEIT, Michael Scot and the Transmission o/ Scienti/ic Culture fro : fe­
ledo to Bologna via the Court o/ Frederick II Hohenstau/en, in Le scienze alla co rte
Pietro d'Abano tra scienza e magia 363
. astro logiam, egli aveva associato l'astrologia alla necromanzia e alle arti
tt1 culte e giustificato un culto astrale (si veda qui il Capitolo III). Il cielo
c
o_ opola di divinità da invocare i quali sono gli spiriti dei pianeti dai fan-
51 p
siosissimi nomi arabi, cristiani ed ebraici che anche Pietro ricorda e che
t: no comuni anche nella tradizione angelologica43 • Essi devono essere
ea
con riti consistenti in orazioni, formule, incisioni di caratteri,
ropiziati
frnmagini e suffumigazioni esecrabili, secondo Pietro. Tra queste opera­
zioni rientrano quelle dell'astrologia pratica de electionibus, fondate sul­
44
la costruzione di immagini dei demoni o degli spiriti dei pianeti • Pietro
le aborrisce e le condanna dicendo che sono tutt'al più degne delle don­
nette e delle fattucchiere. L'altra concezione che divide i litiganti sulla va­
l idità o meno dell'astronomia-astrologia e che bisogna conciliare, è quel­
la ch e riguarda la spiegazione scientifica, meramente matematico-geo­
me trica oppure metafisica dei moti dei corpi celesti. Non è stato suffi­
cien temente ancora messo in luce che le discussioni sui problemi dell'a­
stronomia e della cosmologia medievale del tempo di Pietro d'Abano, ri­
salivano alle discussioni dibattute già alla metà del secolo XIII, che ri­
gu ardavano una controversia accesa tra i filosofi (ossia i metafisici), da un
lato, e i matematici, ossia gli astronomi-astrologi, dall'altro, i quali con­
trapponeva l'ontologia metafisica di Aristotele rielaborata da Averroè e
da Alpetragio alla fisica del moto dei pianeti di Tolomeo.
Come ci testimonia anche un testo importantissimo risalente alla metà
del secolo XIII, la Summa philosoph iae attribuito a Roberto Grossatesta
(ma in realtà è di altri), le discussioni scientifiche sull'astronomia di quel
pe riodo riguardavano da un lato la concezione di Aristotele e dei suoi fe­
d�li interpreti quali Averroè e Alpetragio (che, per non alterare il princi­
�10 dell'incorruttibilità e della perfezione dei cieli, avevano reintrodotto
rigo rose s
fere omocentriche) e dall'altro, invece la concezione di Tolo­
m eo e dei suoi seguaci arabi, gli astronomi-matematici quali Albattani,

:zzco secondo, (Micrologus II) , Brepols, 1994, pp. 101-26. P. MORPURGO, Michele Scoto
_
. colazzone dei manoscritti scientt/ici in Italia Meridionale, in La diffusione delle scien­
/:S
z c;;
mich e nel Medioevo europeo (Atti del Convegno dell'Accademia dei Lincei Roma
�ttob re 1984), Roma 1987 , pp. 167-69.
an La tradizione dell'angelologia medievale ebraica del Liber Raziel, era conosciuta
h
7o� f da Pietro, cfr. Federici Vescovini (a cura di) , Pietro d'Abano Il Lucidato;, cit., ?�·
veg c r· an che F. SECRET, Sur quelques traducttons du Se/er Razze!, « Revue des etudes JUI­
}2
F�;• 8 0 969), ·p p. 223 -45 . Per l'angelologia cristiana medievale, cfr. B. DE MOTTONI
qui . ' a n �onaventura e la Scala di Giacobbe, Letture di angelologia, Napoli 1995 (si veda
!? P ant colare il Capitolo VII) .
in St In P articolare, il mio studio Stregoneria e magia cerimoniale nel XIII e XIV secolo,
1->at:�goneria e Streghe nell'Europa moderna, Atti del Convegno Internazionale a cura di
zia Castelli, Pacin
i, Pisa 1996, pp. 23 -47 .
3 64 Medioevo magico

battani, Alfargano, Geber ibn Alflah45 e altri che, per spiegare le an o .


malie apparenti nei moti dei pianeti veloci, avevano accettato le spiega .
zioni geometriche di Tolomeo degli eccentrici e degli epicicli. Qu este
sembravano agli occhi dei filosofi aristotelici andare contro il prin cip io
della perfezione celeste e inserire la confusione nei cieli. Così, se co n do
gli aristotelici, le previsioni degli astronomi-astrologi matematici, ch e si
fondavano sui presupposti geometrici degli eccentrici e degli epici cli di
Tolomeo, non potevano non essere che confuse, disordinate e incene
come le loro dottrine, e, quindi, non potevano avere nessun caratt ere
scientifico. Pietro d'Abano ci riporta ampiamente una eco precisa di
queste discussioni tra le opposte scuole e dimostra, nella differenza IV
del Lucidator di trovare una conciliazione tra le idee dei filosofi a rist o ­
telici e quelle degli astronomi seguaci di Tolomeo. Le ipotesi matemati ­
che di Tolomeo degli eccentrici e degli epicicli non introducono il di­
sordine nei cieli, anzi lo spiegano, essendo presentate secondo una di­
versità di ragione (diversitatem rationis) e non per una diversità del loro
oggetto (diversitatem subiectz) (ossia del cielo) che quindi rimane immu­
tabile. Pertanto essi non introducono nessuna alterazione nella materia
celeste, ma ne spiegano la diversità degli effetti secondo ragioni e attri­
buti diversi.
La concezione astronomica-astrologica di Pietro d'Abano -non allon­
tana i cieli dall'uomo, bensì li avvicina, li rende comprensibili. Niente di
mostruoso o di miracoloso avviene nella volta celeste. La conciliazione
che compie Pietro riguarda anche e proprio il rifiuto dell'inclusione di
tutto ciò che sembra inspiegabile o difficile riguardo ai fenomeni astro ­
nomici, nell'ambito del miracoloso o del fortuito, del magico e del ca ­
suale.
La volta celeste è concepita come naturale e non divina e pertan to è
spiegata con i suoi stessi principi cioè natura/iter. Così il metodo di spie :
gazione del naturale natura/iter, è impiegato da Pietro nel modo pe r cUl
entro la conoscenza dell'uomo sono ricondotti anche quei fenomeni com­
plessi, più difficili e straordinari, come quelli delle eclissi o delle com �te,
a cui i suoi contemporanei attribuivano un carattere di eccezionalità rite-

45 Per un riesame sintetico di queste discussioni e una antologia dei testi degli a s_ ;
te­
nomi arabi utilizzati da Pietro, mi si permetta di rinviare al mio studio Perspectives me t
vales sur /'astronomie ancienne: /'astronomie arabe du IXe au Xlle siècle et le tém�ig;::.
de Pierre de Padoue, in A. HASNAOUI, A. ELAMRANI JAMAL, M. Aouad (a cura di) , ­
rs
spectives arabes et médiévales sur la tradition scientifique et philosophique grècq�e , Pe: r
to
e t
IMA, Lovanio-Parigi 1997, pp. 173-87, e della stessa, Gli astronomi arabi i Luet . 4
11
dubitabilium astronomiae di Pietro d'Abano, in Filosofia e scienza classica, arabo-lal! i
medievale e l'età moderna, Seminari internazionali, a cura di G. Federici Ve s cov i n
Fidem, Lovanio la Nuova 1999, pp. 29-42.
Pietro d'Abano tra scienza e magia 365
46
en d oli occulti e sovrannaturali • Del resto Pietro delle comete parla po­
Jlhissimo e tutto rientra entro un quadro di spiegazione fisico-matemati­
c S
a embra proprio che Pietro non ritenga che i cieli siano divini e che i lo­
�o - corpi siano costituiti da una sostanza immateriale come la quinta es­
senza che sprigioni spiriti e demoni. Infatti, se l'interpretazione religiosa
della cosmologia di Aristotele aveva diviso il cosmo in due parti, una ter­
mondana, e l'altra celeste, spirituale e divina, sede del Paradiso dei
ren a e
b e ati, Pi etro non riconosce neppure la decima sfera teologica dell'Empi­
reo, ch e dice è inutile e oziosa per un astronomo. Egli riporta pertanto i
cieli sul la terra, e con la sua concezione astronomico-astrologica dà una
sp i egaz ione della interazione tra uomo e astro, cielo e terra a livello natu­
rale e fi sico, medico. Queste tesi rendono comprensibili le censure dei do­
menicani in cui egli incorse e la sua ritrattazione del 13 15 47 •
Al di sopra dei cieli sta infatti Dio, creatore del tutto. Per questo il Pa­
radiso non può avere una collocazione astronomica in una decima sfera.
Al di sotto di Dio si trova l'universo che comprende nove cieli, la terra e
l'uomo; i cieli, per volere di Dio, nutu Dei, reggono le vicende terrene .
Ma colui che sulla Terra è capace di tutto intendere e risolvere, sia negli
aspetti particolari, che in quelli universali, perché legge gli eventi parti­
colari nei moti universali, è il filosofo medico-astrologo. Lo scienziato di
Pietro, con il suo sapere, parte dai principi della natura, li legge nella cor­
rispondenza cielo-terra e quindi ritrova le leggi operative della realtà.
I:opus natura? è compreso e spiegato sulla base dei principi stessi del­
la natura che il filosofo-medico-astrologo rintraccia secondo le regole
delle corrispondenze tra cielo e terra. Così l'opus natura? solo indiretta­
m ente è spiegato come opus Creatoris, in quanto è inteso direttamente
corne op us natura? natura, ossia in sé. Si capisce da qui quanto la conce­
zione della scienza di Pietro, applicata sia all'astronomia che alla medici­
n a, si allontani da quella di quei teologizantes che vogliono spiegare la na­
tura in rnodo simbolico e mistico, come prodotto diretto del Creatore
che la manifesta per simbola e vestigia e che opera con interventi mira­
colosi e prodigiosi.
Pietro d'Abano rivendica al medico-filosofo-astrologo, quindi l'inter­
retazione della natura, negandola a quella di quel teologo che espunge
fa
ragione dalla natura.
Può essere abbastanza comprensibile, quindi, la ragione delle sue
Persecuzioni da parte di quelle correnti teologizzanti ostili al razionali-

46

4
L . THORNDIKE, Latin Treatises on Comets between 1238 and 1 3 1 8, Chicago 1950 .
in I 7 Su ciò cfr. P. MARANGON, Per una revisione dell'interpretazione di Pietro d'Abano ,
cfr t Pensiero ereticale nella Marca Trevigiana e Venezia dal 1250 al 1300, cit., pp. 66 - 1 04;
. anche nota 28 cap. XIII .
366 Medioevo magico

smo filosofico che veniva sempre più prendendo piede alla fine del XI II
secolo in tutti i campi, come è testimoniato egregiamente dalle condan .
ne parigine; così può essere abbastanza facile intendere la difesa del C o.
mune di Padova di un cittadino così illustre e che delineava un ro.
P
gramma dottrinale conforme agli intenti politici e sociali della città . Il
Comune lo protesse e ne tutelò l'eredità, come ci è attestato dall'iscrizio.
ne posta pare nel 1420 sotto il suo busto collocato sulla porta del Salone
della Ragione: «Pietro d'Abano padovano, dottissimo di filosofia e di
medicina, per cui ebbe il nome di Conciliatore, espertissimo anch e di
astrologia da cadere in sospetto di magia, falsamente accusato di eresia
fu assolto»48 •
Infatti il programma di una scienza mundana 49 , di un sapere terreno
che non escludeva tuttavia la fede e le verità religiose, ben si poteva adat­
tare con gli ideali del Comune di Padova e, poi, con le direttive dei Car­
raresi volte ai commerci e alle professioni civili come quelle della medici­
na e del diritto. Esso dovette realmente essere accolto dal Comune e il do­
cumento più illustre ci sembra rappresentato dal Ciclo degli affreschi
astrologici che si trovano nella fascia superiore del Palazzo della Ragione.
Come è noto, il Palazzo della Ragione è sede del Podestà; è il Tribu­
nale della città e serve ad altri compiti, come per esempio gli scambi com­
merciali che si svolgevano in basso nelle gallerie. Sopra sta la dimora del­
la legge, dei processi, dei giudici. Non si tratta dunque di una costruzio­
ne sacra, chiesa o convento, ma laica, ed essa rispecchia la grandezza del
Comune. All'interno il Palazzo fu affrescato e la grande cavità si riempì
di un ciclo di immagini astrologiche che, come ci dimostrano alcun i do­
cumenti, dovettero essere ispirate dalle teorie astrologiche di Pietro d'�­
bano. Si tratta di un programma che invita a leggere gli eventi, terreni ,
individuali e particolari, quali le azioni buone o cattive degli uomini, nel ­
le immagini celesti dei 360 ascendenti che influenzano le nature, le p r� ­
fessioni e le azioni dell'uomo. Questa teoria degli ascendenti era stat� �Vl ­
luppata da Pietro un poco dappertutto nelle sue opere sia di med i clll a
che di astronomia, secondo le sue dottrine di fisiognomica.
È un richiamo della terra al cielo, secondo una dottrina che esp unge

48 «Petrus Aponus Patavinus philosophire medicinreque scientissimus oh i dqu� �::


ciliatoris nomen ad eptus, astrologia vero adeo peritus, ut in magia: suspicionem � cl .11_
rit, falsoque d e heresi postulatus, absolutus fuit». Cfr. J. SALOMONIUS, Urbis Pat��ma ed l­
scriptiones sacrae et prophanae, Patavii 1701; cfr. anche MARANGON, Per una revmot1 e e
l'interpretazione, cit., pp. 66- 104. ·
49 Cfr. PIETRO o'ABANO, Lucidator, ed . cit., p. 29. Per una storia d ella scienza « JllUJl ·
Sa
dana» nel Medioevo e gli ideali del sapere, cfr. gli studi di T. GREGORY, «�� n�a;;:sto·
pientia», Forme di conoscenza e ideali del sapere nella cultura medievale, E d 1z10n1
ria e letteratura, Roma 1 992.
Pietro d'Abano tra scienza e magia 367
tere e aspetto demoniaco o magico dalla volta celeste, per in­
ogni carat
e rlo in modo razionale e renderlo accessibile poi nelle figure che fu­
tend p resentate nel Salone. L'iconologia, la comprensione teorico­
no r ap
d:ttrinale di questi affreschi hanno dato molto da fare agli studiosi. Il
:B arzo n, nel 1924 e poco dopo Franz Saxl, cercarono di arrivare a una
omprensione di questo cielo astrologico, ma non vi riuscirono piena­
�en te, perché gli scritti astrologici-astronomici di Pietro d'Abano non
erano noti, anche se il Saxl, nella sua grande competenza, aveva già nota­
to la vicin anza di queste immagini pittoriche con la descrizione delle im­
magini astronomiche descritte nell'Astrolabium planum, a lui attribuito.
Lo schema astrologico del Salone corrisponde pienamente alla visio­
ne cosmologico-astrologica di Pietro, che fu fatta propria dal Comune e
aresi' 0 , e che fu riconfermata e consolidata in Padova anche per
dai Carr
l'insegnamento di Biagio Pelacani5 1 negli anni 1382/3-86 e poi dal 1407
al 1411. Essa corrisponde con quell'ideale di scienza terrena, mondana e
laica, razionale e positiva, che si adattava perfettamente agli ideali ope­
rosi della città che non escludevano né la fede né le verità religiose fon­
date sulla Bibbia. Queste infatti non sono mai messe in dubbio da Pie­
tro, come si può leggere nelle sue opere. Se conflitto ci fu, esso era nel
tempo, e come ho ricordato di sopra riguardava non solo il modo di in­
tendere l'astronomia o la medicina, ma lo statuto della scienza, sia ri­
spetto alle discipline mondane che le divine come la teologia e soprat­
tutto la divinazione magica connessa con l'astrologia.
Pietro d'Abano si sforzò nel complesso di conciliare le posizioni
est reme del suo tempo, secondo un atteggiamento che faceva pernio sul­
la centralità dell'uomo: un uomo, inteso, tuttavia, come un nesso inscin­
dibile di anima e di corpo, di naturalità e umanità, dove l'accento positi­
vo secondo gli obbiettivi del medico batte su una naturalità da rivaluta­
e.
� Pietro celebra così l'uomo come microcosmo, come modello sublime
�a natura creato da Dio, in virtù del suo corpo che è una mirabile mi­
tione delle qualità elementari e celesti in forza della sua forma universa­
Ìe
e comune che è l'umanità. Quest'ultima è il più alto o l'ultimo com-

fr s·
5o 1 veda ora il volume Padova ca"arese, a cura di O. Longo, Padova 2005 . Sugli af-
.
scb·chì del salone, cfr. il mio studio La teoria delle immagini di Pietro d'Abano e gli a/fre­
1 4strolog
be b ici del Palazzo della Regione di Padova, in Naturwissenscha/t und Natur­
A . :a achtung, Natu_r und Bildende Kunst vom 14 zum 1 6 Jahrhundert, a cura di W. Prinz,
0
e er,
sco uy st Weiheirn 1987 e «Labyrinthos», 1986, 9, (Firenze), pp. 50-75 , in cui ricostrui­
Spi � 0 percorso. Cfr. anche G. MARIANI CANOVA, Duodecim celestia signa. . . , in A.M.
q
��� ed. : Il_ Palav.o della Ragione di Padova, Treviso 1998, pp. 26-61.
Que . u B1ag10 Pelacani da Parma si veda ora l'edizione critica della sua opera di logica,
con 0n es super tra ctatus logice Petri Hispani, a cura di ] . Biard, G. Federici Vescovini,
j1'
a collaborazione di O. Ri gnani e V. Sorge, Vrin, Parigi 200 1.
368 Medioevo magico

pletamento dell'ordine dell'universo naturale. Come è evidente qu e sto


concetto che esalta l'uomo, come microcosmo naturale52 , non ha molto
in comune con l'esaltazione dell'uomo, concepito come animale re tori.
co-politico morale degli umanisti. E si comprende quindi come esso Pos.
sa essere stato uno dei meno intesi del pensiero di Pietro d'Abano. E sso
non coincide né corrisponde con le rappresentazioni più correnti, um a.
nistiche e rinascimentali, dai forti accenti neoplatonici ed ermeti ci del .
l'uomo (minor mundus) sul modello dell'Asclepius, costruite dall a sto­
riografia dell'Umanesimo e del Rinascimento dei secoli XIX e XX ; e nep ­
pure con l'immagine dell'uomo ascetico del Medioevo.
Per questa sua diversa concezione del modus essendi e del modus
sciendi dell'uomo, che male rientrano nelle categorie storiografich e più
correnti del pensiero medievale e rinascimentale, l'opera e la personalità
di Pietro d'Abano finiranno per essere riportate o da una parte o dall'al ­
tra: sarà presentato come un mago necromante o come un razionalista
miscredente; come un impostore o come uno scienziato e nascerà e si ali­
menterà da qui tutta quella letteratura «fabulosa», quella leggenda su
Pietro d'Abano che lo accredita come necromante e occultista, come
stregone, oppure come volgare materialista, danneggiandone la fisiono­
mia dottrinale.
In realtà egli è stato certamente un innovatore, ma senza demolire
niente che non fosse già sul punto di modificarsi e forse già devitalizza­
to, indicando ben precisamente quale doveva essere la via da percorrere
a livello teorico e di metodo, alle scienze mondane e positive; in partico­
lare, alla medicina e alle scienze biologiche che dovevano essere lib erate
da tutte le incrostazioni magiche e necromantiche superstiziose. Anziché
costruire una fisica come risposta all'interrogativo metafisico intorn o all a
natura, egli si è sforzato di costruire una scienza fisica che rispon d a al ­
l'interrogativo dell'esperienza della natura, secondo un nesso più v alido
tra arte e natura, una diversa concezione del modus sciendi e del modus
essendi, in cui nodale è il concetto positivo di modus operandi che esclu­
desse tuttavia le operazioni della magia.

'
2 Cfr. nota 35 .
1 5 . .M agia, medicina e religione
<< Sigilli » cosiddetti arnaldiani
I

Magia medicina e religione


Ad Arnaldo di Villanova ( 1240 circa, morto nel 13 1 1 ) , il più famoso me­
dico del Medioevo insieme a Pietro d'Abano, e suo contemporaneo, è at­
tribuito un testo di Sigilli, che è opera controversa come la sua attività,
non tanto quella di medico, ma di riformatore religioso, sostenitore di un
cristianesimo molto vicino a quello dei Francescani Spirituali.
L'attività di Arnaldo si colloca nel contesto della controversia tra il
Papato e gli Spirituali sia al tempo di Bonifacio VIII ( 1210/35- 1303 ) di
cui egli era medico personale, che di Giovanni XXII e del suo successo­
re. Autore di numerosi scritti di medicina redasse anche un testo apoca­
littico, De adventu Antichristi 1 , che immediatamente incorse nelle de­
nun cie di quattro o cinque maestri di teologia dell'Università di Parigi
presso il Tribunale Vescovile di Tolosa in quanto ritenuto colpevole di
profess are profezie pericolose e oltraggiose per la Chiesa; le sue opere
spiritu ali furono condannate post mortem nel 13 16 e bruciate pubblica­
�en te n ell a cattedrale di Girona insieme a quelle dell'Olivi nel 13462 • In
t
; a Arn aldo protestò con una lagnanza che fece pervenire al Papa chie-
en do la sua protezione il 12 ottobre 1300. Le vicende della sfortuna di
fiuest� opera e la protezione larvata da parte del papa (date anche le dif­
tcolta del papa stesso con Filip po il Bello) che non la condannò come
0Pe ra eretica, ma « presuntuosa e temeraria », è magistralmente raccon­
a
t ta n ello studio di Paravicini Bagliani su Bonifacio VIII. Qui mi limito
1
Cf • Cfr. A. PARAVICINI BAGLIANI, Bonifacio VIII, Einaudi, Torino 2003 , pp . 4 64-66 ss.
s,. \ � questo volume cap. X paragrafo 8; cfr. anche per la polemica escatologica}. MEN­
ALLs, Arnau de Vilanova Espiritual Guia bibliografica, lnstitut d'estudis catalans,
Bar�ellona 1994 , pp . 145-5 8 .
rend Cfr. J . ZIEGLER, Medicine and Religion c. 1300. The Case o/Arnau de Vilanova, Cla­
on Press, Oxford .1998, pp. 32 ss.
370 Medioevo magico

solo a ricordare che egli non desistette dalle sue profezie sul disastro del .
lo stato della Chiesa, e pare che oltre avere guarito il papa con il sigillo
del Leone si interessasse per conto del p_apa di procedimenti alchem ici
per fabbricare l'oro, di veleni e antidoti3 • E assai probabile che non fu er
P
queste attività che rientravano nelle conoscenze della medicina e farin a .
cologia del suo tempo, che egli fu formalmente condannato dall'In quisi­
tore Nicolas Eymeric nel suo Directorium inquisitorum, sotto la rubrica
«Herejes condenados en los reinos de Aragon sin mandato expreso del
Papa»4 , contenente la lista delle proposizioni condannate, ma sicura­
mente per le sue idee, assai più gravi per il potere papale, di riforma sp i­
rituale della Chiesa5 che avevano indotto i suoi inquisitori a bruciare i
suoi scritti insieme a quelli di Pietro di Giovanni Olivi. È chiaro che tut­
ta l'opera di Arnaldo risente di questo clima e l'interpretazione del testo
di terapia medica dei Sigilli può prestarsi bene a una lettura che lo con ­
danna come espressione di magia talismatica, di immagini ermetiche
necromantiche, in quel momento in cui le accuse di magia erano scam ­
bievoli, aggiungendosi così un elemento in più, quello di magia ermetica
necromantica, alle accuse di eresia religiosa.
A mio avviso questo testo sia o non sia redatto da lui (da qualche suo
discepolo come il nipote) , non è un'opera di magia ermetica destinativa
delle immagini astrologiche e si colloca nel contesto di una filosofia del­
la medicina a carattere razionale (si veda qui il capitolo sull'occulto in
medicina, Capitolo IX).
Il testo tuttavia contiene un elemento in più rispetto alla terap ia me ­
dica e all'astrologica del tempo, ossia ha un carattere religioso cristiano
devozionale, molto accentuato. E anticipando le nostre conclusioni, n on
ci pare che abbia niente di magico necromantico qualora sia collocato ne!
contesto della pietà e della devozione di quel periodo: non con tiene ne
descrizioni di operazioni occulte per l'intervento di demoni astrali e�o ­
cati, né rituali di suffumigazioni come nella magia ermetico- astrolo gica .
Esamineremo quindi questo breve trattato per cercare di precisare
il contenuto: se magico destinativo necromantico, oppure di semp ce
suggestione «placebo».
a) Il «De sigillis»
Il De sigillis attribuito dalla tradizione ad Arnaldo di Villanova, fu p u��
blicato insieme agli altri suoi scritti per la prima volta nell' Opera otnn

3 Cfr. PARAVICINI BAGLIANI, Bonifacio VIII, cit., pp. 267-75 .


4 Cfr. nota 57. c g,111 ·
' Per la vita di Arnaldo, cfr. M. McVAUGH, The Medecine be/ore the P/agu e ,
bridge University Press, Cambridge 1 993 , pp. 7 ss.
Magia, medicina e religione 37 1

r,za ldi a Lione nel 1504 e, successivamene condannato tra i suoi scritti
_A
eretici, scomparve dalle edizioni che seguirono.
Si tratta di una operetta discussa e controversa lungo i secoli, sia per
fin ne del suo contenuto, che per l'attribuzione: è veramente
l de izio
�'opera di magia? è opera di Arnaldo o è apocrifo?
En trambi i quesiti sono complessi e difficili, ma credo più il primo,
ella specificazione del suo contenuto (magia o meno) che il se­
quello d
co n d o d ell'attribuzione al suo autore, poiché ci pone il compito di vede­
re s e è co erente o meno con la dottrina generale di Arnaldo. Infatti esso
riguarda le relazioni tra medicina terapeutica, astrologia, magia e religio­
ne. Come ho già osservato, le interpretazioni per quanto riguarda il Me­
dioevo dei rapporti tra magia e astrologia, tra medicina e religione, sono
tutt'altro che concordi, anche per il pregiudizio contro i secoli cosiddet­
ti bui e, a livello storiografico per l'estensione ai secoli anteriori, dei con­
cetti di magia filosofica, magia «naturale»6 , superstizione popolare e
astrologia magico-cerimoniale (elaborati dai grandi filosofi del Rinasci­
mento, come Marsilio Ficino, Pico della Mirandola o Agrippa) che sto

6 Per un esame del problema, cfr. V. FERRONE COMPAGNI, Abracadabra. Le parole nel­
la magia (Ficino, Pico, Agrippa), «Rivista di Estetica», 2002, 42, pp. 105-30; I. RosIER-CA·
TACH, La parole efficace, signe, rituel sacré, Seuil, Parigi 2004, che mette in luce l'impor­
tanza del patto con il diavolo per definire la magia «naturale» di Guglielmo d'Alvernia
e lo scritto provocatorio di A. DE LIBERA, La /ace cachée du monde, «Critique», 2003,
LIX, pp . 430-48, volume interamente dedicato ai problemi della magia e del pensiero
�agico. S. GIRALT, nella prefazione alla sua edizione critica del De improbatione male/i­
c�o�m di Arnaldo, osserva che la distinzione tra magia naturale e magia demoniaca è fa.
cile 1I1 teoria e difficile in pratica. A parer mio, il discorso deve essere rovesciato, nel sen­
o ch
�t e è facile in pratica, poiché la descrizione delle operazioni in generale è comune
ranne il patto con il diavolo, che appartiene a una determinata corrente della tradizio­
n cristi na),
� a ma difficile in teoria per la confusione introdotta tra filosofia, religione e
scienza, da F
icino e Pico, Agrippa, dovuta anche alle dottrine dei testi magici, ermetici­
e
� �omantici anche anonimi (dr. l'opera edita da Richard Kieckhefer, forbidden Rites.
e ancer's Manual o/ the Fi/teenth Century, Pennsylvania 1997). E la teoria, che è
diffi.c?"om
eh ile da districare, perché dipende dalle commistioni delle diverse posizioni filosofi­
e eligiose
e scientifiche astronomiche che si sono avute nei vari periodi storici. Per il
Me;if o ciò riguarda le correnti che l'attraversano: le platonico-agostiniane e poi neo­
piat �
on c
l)j o i he, oppure quelle aristotelico-tomiste o meno; riguardava la credenza se i demo­
tu :e no creature angeliche decadute e quindi superiori agli uomini comuni, oppure crea ­
na
la s turali ma non intermedie tra Dio e l'uomo, come riteneva il razionalista Vitelo nel­
di:i opera De causa primaria poenitentiae in hominibus et de natura daemonum a cura
telo� asche�to, Giappichelli, Torino 1978, pp. 89- 132; a cura di }. Burchardt, in List w,·.
4 '. t
Pianet S u dia copernicana XIX, Breslavia 1979, pp. 161-214). Se poi i corpi celesti e i
luce e�non erano considerati animati o intelligenti ma corpi fisici che conferiscono solo
fis ic� ore e movimento, anche la loro influenza non era più magico-demoniaca, ma solo
·meccanica nat1,1rale.
372 Medioevo magico
cercando di chiarire in questo mio lavoro. Con l'opera di Marsilio Fic· ­
no, il concetto della magia filosofica dell'ermetismo, connesso con l 'idei
di una medicina naturale sì, ma magico-astrologica cerimoniale, si diffu�
se per l'Europa e colorò quasi tutte le interpretazioni mediche an t erio rj
riguardanti il Medioevo. Infatti, anche Marsilio Ficino7 tratta delle p rati­
che terapeutiche protettive e guaritive degli amuleti e delle medagliette
in senso filosofico magico-ermetico, e questa è stata una delle inte rp reta'.
zioni più correnti del contenuto dei sigilli attribuiti ad Arnaldo che con.
cernono la fabbricazione di essi. Ma si tratta di questo? I sigilli arn al dia­
ni sono di ispirazione astrologica magico-ermetica cerimoniale evo c atori
degli spiriti dei pianeti, attraverso la loro effigie ( o immagine) scolp ita nel
sigillo, da invocare per ottenere i benefici richiesti?
Il discorso sulla astrologia «naturale» tra Medioevo e Rinascimento
che investe anche la medicina se fisico-naturale o solo demoniaca so '.
vrannaturale, sarebbe troppo lungo, per cui adesso rinvio al Capitolo IX
e toccherò l'argomento solo in modo molto sintetico e indiretto.
b) Problemi della definizione del contenuto del «De sigillis»
Nicolas Weill-Parot, nell'esame di un altro testo8 attribuito ad Arnal do ,
ne ha escluso l'attribuzione, oltre che per la datazione tarda delle copie
manoscritte da lui esaminate, per il contenuto a suo avviso di magia
astrologica ermetica destinativa di evocazione degli spiriti delle imm agi­
ni dei pianeti e dei segni, chiaramente a suo avviso dipendente da un pas­
so del manuale di magia filosofica cerimoniale ermetica arabo-latina,
Picatrix II, 12. Ma non si tratta delle copie da me studiate (cfr. Appen di­
ce III).
Un interrogativo da porsi confrontando i sigilli attribuiti ad Arnaldo,
con quelli di Picatrix, è se il testo di cui si discute sia a carattere preva·
lentemente astrologico cerimoniale, in altri termini, se le immagin i as t ro ·
logiche dei segni, dei pianeti e dei loro aspetti siano introdotti sec on do

7 T. KATINIS, Sulla storia di due «imagines» contro i veleni descritte da Ficin o , in P: Lt

CENTINI, I. PARRI, V. FERRONE COMPAGNI (a cura di), Hermetism /rom Late Antiquity e
0

'
·
Humanism (La tradizione ermetica dal mondo tardo-antico all Umanesimo, Atti v
k�
del C on
gno internazionale di studi, Napoli, 20-24 novembre 2001, Brepols, Turnhout , 2 0?t
613-20; in particolare, N. WEILL-PAROT, Les images astrologiques au Moyen-tige et_ a G.
naissance, Champion, Parigi 2002, pp. 643-708; si veda anche la mia interpre_tazio nep o­
/
�ERICI VESCOVINI: I.:espr�ssività del cielo d�_ Mars�lio Ficino, _Lo zodiaco medieva le e 1 1 1 .
tino, «Bochumer philosophischesJahrbuch fiir Antike und M1ttdalter», I, 1996,_ P P ·
Vgo
26, e in modo più esteso Marsilio Ficino e lo spirito celeste, «Annali della Fond�zione i4·
n
Spirito », 1993, 5, pp. 7 1-90. Cfr. anche J.P. COULIANO, Magia spirituale e magi a demo
ca nel Rinascimento, «Rivista di storia e letteratura rdigiosa», 198 1, 17, pp. 36 0-4 6 8 ·
8
WEILL PAROT, Les images, cit., pp. 477-96, i n particolare, p. 492.
Magia, medicina e religione 373

t
I �0ual0 giunzioni, le opposizioni, in modo dettagliato, sotto l'influenza del­
i si devono compiere le operazioni di costruzione del sigillo, op­
e l ontenuto prevalente dei sigilli sia altra cosa. Come sappiamo l'u­
ei c
pllr erapeutico dei sigilli in medicina in quegli anni, a Montpellier so­
s� t u
att tto, non era applicato solo da Arnaldo di Villanova, ma anche dal
famoso medico Bernardo de Gordon, oltre che da alcuni medici ebrei,
a p artire �alla se onda metà del secolo XIII, da Guido de Caulico e,
giàI al a, da Pietro d�Abano.
in i t
Mentre Pietro d'Abano tratta dell'uso terapeutico dei sigilli, soprat­
mtto del Leone e dello Scorpione, ma non ci ha lasciato nessun trattato
al proposito, a Bernardo de Gordon, è attribuito un «Tractatus magistri
Bemardi de Gordon ad faciendum sigilla et imagines contra infirmitates
diversas»9 • Un breve confronto tra i due testi ci permette di individuare
Ja differenza tra i sigilli arnaldiani e quelli di Bernardo; prendiamo ad
10
esempio il segno della Bilancia : come è dato constatare in questo segno
come negli altri, sono descritte le /acies, cioè la raffigurazione delle im­
magini astrologiche del segno ascendente, cioè nelle medaglie deve esse­
re inciso secondo Bernardo la figura del segno che è di «hominis haben­
tis duo manus, tenentis in manibus dextra libram et in sinistra librum».
Come si può leggere (cfr. Appendice III), nel testo arnaldiano si presen­
ta la descrizione dell'immagine di un solo segno da incidere, che è quel­
lo della Bilancia appunto, ma non si trova più la descrizione dell'imma­
gine del segno per le incisioni degli altri undici segni. Quella della Bilan­
cia poi è diversa dalla immagine del testo di Bernardo, perché in questo
s� accompagna a regole precise di posizione del segno solare della Bilan­
cia , che deve essere «existente in prima facie» 1 1 , Venere non deve essere

9 l tes
I to è collocato tra le opere non datate e spurie da L.E. DEMAITRE, Doctor Ber­
n ,J de Gordon Professor and Practitioner, Pontificai lnstitute of Mediaeval Studies, To­
a
;��to 1980, pp. 96-97, su due mss: Vienna, Biblioteca Nazionale, 3162, sec. XV, f. 239r­
r, e Wiesbaden, B ms 79, an no 1 5 18- 1 520, ff. 54v-56r; J. SHATZMILLER, In Search o/
th oo o
40; � B k f Figures» , «Association of Jewish Studies Review», 1982- 1 983, 78, pp. 383-
10 Rin VIam o per il testo attribuito a Bernardo all'edizione di Demaitre, op. cit. , nota
1 33
CUi ' P 98, fo rnendo solo le prime righe del testo: «Libra est signum aureum masculinum
nis us f"tgura sit homo habens libram in manibus suis. Et subvenit egritudini matricis, spie­
e
bu � st0machi, fiat ergo impressio hominis habentis 2° [duo] manus, tenentis in mani­
s e t a co
Sole . ic � [ "ige] libram et in sinistra librum eeconverso. Fiat ex quocumque metallo
lllen� Lib�a ��istente in prima facie ipsius et non sit Venus retrograda et Luna sit in aug­
O
alite et s1 stt m Libra erit valde bonum: fiat quoque in die et bora Solis tan tum et non
cu
� : Pr ti�do, vel alter fiat impressio secundum quod dixit Enoch . . .». Da qui si
non e� ' a �es_c�1z_ione precisa degli as petti, come la precisione del giorno e dell'ora, che
1 1 e nei sigilli arnaldi ani.
C fr. nota precedente.
374 Medioevo magico

retrograda e la Luna deve essere crescente. Tutto il seguito del t est


Bernardo è una descrizione di aspetti astrologici dei pianeti tra di lor� f
quale non si riscontra nel nostro testo: infatti, come è stato accertato ' a
che da altri studiosi, questo scritto di Bernardo de Gordon è strettan:i an..
te vicino al passo analogo di magia astrologica ermetica contenuto in . e;:
catrix, Il, 12 che deriverebbe secondo Pingree 12 da un altro autore, al-] z
bari, seguace dell'astrolatria dei sabeani. Lo stesso però non si può di:·
riguardo ai Sigilli arnaldiani, per quanto stiamo precisando, proprio er�
P
ché mancano tutte queste descrizioni astrologiche degli aspetti dei pia ­
neti tra di loro nel segno (si veda la nostra edizione) . In altre parole, è as ­
sente nel testo arnaldiano qualunque riferimento alle immagini dei p ia ­
neti, Marte, Venere ecc. Allora, in che cosa consiste il carattere astrolo­
gico di questi Sigilli, se non è quello delle immagini astrologich e della
magia ermetico-araba di Picatrix individuabile come fonte di ispirazione
anche nel trattatello di Bernardo de Gordon?
Come si sa l'Autore controverso dello Speculum astronomie 1 3 , aveva
distinto le immagini astrologiche lecite, da quelle necromantiche illecite
e detestabili. Le prime sono le descrizioni figurate della volta stellata, dei
pianeti e dei segni e astratte geometricamente per i loro aspetti secondo
l'astrologia del Quadripartito di Tolomeo: sono fisico-naturali, ossia si di­
rebbe in termini moderni, astronomici e non magico-demoniache so ­
vrannaturali e necromantiche, le quali sarebbero proprio quelle cerimo ­
niali per le quali si invocano gli spiriti di Marte, Venere, Mercurio ecc. ,
con riti di suffumigazioni 14 , attraverso le raffigurazioni dei loro aspetti.
Nel testo arnaldiano dei Sigilli, l'aspetto astrologico, ma io direi me­
glio astronomico, è collegato con la suddivisione della tipologia delle me ­
dagliette secondo i dodici mesi, che come si sa, nel Medioevo eran o fat­
ti coincidere con i Segni. Il mese di marzo-aprile coinciderà con l'Ariete ,

12 D. PINGREE, Al-Tabari on the Prayers to the Planets, «Bulletin d'Études o rien tales
(Sciences occultes et Islam)», tome XLIV, 1992, pp. 105-12.
1 3 P. ZAMBELLI, The «Speculum astronomiae » and its Enigma. A strology, Theo/o
and Science in Albertus Magnus and his Contemporaries, Dordrecht-Bosto n 1997 ; A . ' s
pf
t,
RAVICINI BAGLIANI, Le «Speculum astronomiae», une énigme? Enquete sur les ma n �s7 e
ar
Micrologus Library 6, Sismel, Edizioni del Galluzzo, Firenze 2001, in p a rtico
pp. 158-60.
1 4 Le suffumigazioni sono di rito in questi libri, cfr. V. FERRONE CoM�AG N I , u;� fon·
te ermetica, il «Liber orationum planetarum», «Bruniana e Campanellia na »,
pp. 189-97, in particolare p. 197, Su/lumigatio lunae. J. SHATZMILLER, In Sea rc: �ga·
i l 7
, /ihe
,

«Book o/ Figures» cit., p. 392, rileva come ho osservato anch'io che queste s u� pifl·
zioni sono del tutto assenti nei Sigilli arnaldiani. In particolare Picatrix, a cura di D · e ·
op
gree, si veda p. 319 sotto la voce sul/umigacio, su/fumigare. La sul/umigatio è la t erz a ziolli
razione da compiersi nella definizione di scienza magica , che comprend e tr e op e ra

per essere perfetta tra cui la sul/umigatio (Picatrix II, 5, ed. cit., p. 46).
Magia, medicina e religione 375

n c
ardinale come la Bilancia - mese di settembre-ottobre. Quindi gli
seeg �nti astrologici dei sigilli arnaldiani sono 1) il nome del mese con il
el tn 2 ) l' ordine della successione dei segni, che non segue corretta­
0
segflt; l' ordine dei mesi, perché la Bilancia viene dopo l'Ariete, anziché
rforo (fattore distintivo che ha fatto meravigliare gli interpreti), questo
e ché,
secon do le nozioni elementari di astrologia fisico-naturale, l'A­
� e�e e la Bilancia sono segni opposti privilegiati perché cardinali, in
ri
anto dall 'uno inizia l'anno con l'equinozio di primavera e con l'altro
��uino zio, l'autunno. lnol_tre, 3) secondo le_ convinzioni della medicina
astrologica del tempo, a ciascun segno corrispondeva un organo con le
sue p atologie, e quindi vi è applicata la dottrina della melotesia zodiaca­
le . L a medicina di Arnaldo era fondata come quasi tutta la medicina del
tempo, su principi di astrologia naturale dipendente dalle dottrine del
Quadripartito di Tolomeo e del Centiloquio pseudo-tolemaico nel com­
m ento di Alì. Nell'opera di Arnaldo si hanno affermazioni di principio
dell' utilità delle conoscenze dell'astrologia e del quadrivio, nei passi del­
le opere di sicura attribuzione in cui espone la sua enciclopedia del sa­
pere, anche in testi di carattere religioso-teologico come il De semine
scrip turarum, là dove definisce il compito dell'astrologus, insieme alle al­
tre discipline del quadrivio; pertanto, anche se la critica non è sicura del­
!' attribuzione ad Arnaldo di diverse operette di medicina astrologica che
circolarono sotto il suo nome, è innegabile che i fondamenti teorici del­
la sua medicina erano collegati all'idea di una influenza dei cieli e si tro­
vano esposti nelle sue opere di medicina di sicura attribuzione.
Nella Reportatio super « Vita brevis» abbiamo una attestazione impor­
tante dei legami strettissimi tra le discipline scientifiche e la conoscenza
s uperiore del governo del mondo di Dio altissimo, degli angeli spirituali
e del loro ordine, dove il nesso tra astrologia e ordine celeste è dichiara­
to espressamente, così come nel De semine scripturarum 1 5 • Nell'altra sua
o er , e p
� � D arte operativa, è esposta l'idea, accettata e articolata in modo
Plu ncco da Pietro d'Abano, che i cieli agiscono al di fuori delle qualità

1
5 A
focu . · DE VILLANOVA, Introductio in librum {]oachim] De semine scripturarum, Al-
(A.v;;,:;per significatione nominis «Thetragrammaton », in Opera Theologica omnia
1 1 6_ 1 ,0) III, a cura di J. Perarnau, lnstitut d'Estudis Catalans, Barcelona 2004, pp.
t i11s te7 · L astrologia è una delle scienze del quadrivio che permette di conoscere « rota to­
hic inporis seculi .huius [ ...] Hic astrologus metitur corporum sfericorum dimensiones,
sa1�� narium sferarum visibilitus signis enumerat [ .. . ] eclipses luminarium previdet et
to

la e Il 0 0? sine misterio coniecturare futura» (op. cit. , p. 116); da questo passo è chiara
d' A.bn cezio_ne �stronomico-fisica dell'astrologia di Arnaldo, comune anche a Pietro
tifen:o, d i cui condivide il carattere di previsione congetturale, senza nessun possibile
cj P a 1to a una astrologia magico-ermetica. E questa visione astrologica del De semine
re a stessa dei Sigilli. Per una possibile collocazione cronologica del De sigillis
376 Medioevo magico

elementari, cosicché, « in ogni ora le parti del cielo infondono un


un'altra capacità o forza agli esseri generabili, la quale esige che la fi� e
del cielo sia determinata dall'oroscopo o dall'ascendente nell' o ra rife �a
ri..
bile al generabile o al generato qualunque esso sia » 16 •
Arnaldo qui afferma che si tratta di una virtù infusa dal cielo, P e r
CUi
i corpi si dispongono o per agenti naturali o per mezzo dell'arte, co si .
ché in parte alcuni individui di una certa specie acquistano un' alt ra p r�.
prietà, la quale non conviene ad altri esseri della stessa specie. D a q ues '
t
passi che riguardano direttamente la possibilità che certi oggetti n atura�
li, pietre o piante, sprigionino qualità o proprietà diverse dalla loro na .
tura elementare per virtù infusa dal cielo, deriva l'impressione ch e Ar­
noldo riterrebbe che tutte le forme vegetali, animali o min erali sian o su­
scettibili per l'azione esterna degli astri in un certo momento, di s p rigio­
nare delle proprietà, anche se queste ci sono ignote. In realtà, tutt o ciò
che si produce nell'orbe per arte o per natura riceve dall'orbe u n a pro­
prietà di patire l'azione da altro o di agire su altro, anche se quest a qua­
lità ci rimane ignota 17 •

all'interno della successione delle opere di Arnaldo, sappiamo che la discussione è aper•
ta, per cui tanto più ipotetica è la certezza di poter stabilire in che periodo Arn aldo po­
trebbe averla redatta: dai riferimenti al De parte operativa, alla Reportatio super « Vita bre­
vis », alle Parabole, che paiono sviluppare le medesime idee contenute nei Sigilli, all'Al­
locutio super significa/ione nominis ecc., si potrebbe avanzare l'idea che quest a operett�
fosse completata alla fine della carriera a Montpellier, che non avesse avuto il tempo di
prepararla per la pubblicazione e la circolazione, come è successo per le altre opere, eh�
invece sono state sopravvissute in molte copie. Potrebbe essere stata redatta intorno agli
anni 1300- 130 1, dopo il successo della guarigione di Bonifacio VIII per l'applica zione
del sigillo del Leone: «Arnaldus modo mense iulii preterito dum sol esser in sign o �­
nis fecit quemdam denarium et quoddam bracale pape, que cum portaret, malum ! api i5
amodo non sentiret» (H. FINKE, Aus dem Tagen Boni/ax VIII, Monaco 1902 , P · � ·
Non se ne sarebbe più occupato lasciando opere incomplete come il De parte op erar: •
tutto teso a difendersi dai suoi nemici. Cfr. M. McVAUGH, Chemical Medicin e in th e
dica! Writings o/ Arnau de Vilanova, II Trobada internacional d'Estudis sobre Arn ad o
d�
Vilanova, Barcelona, 30 settembre - 3 ottobre 2004, Barcellona 2004, pp. 1 -24 e
ell

stesso ed., ARNALDI, Aphorismi de gradibus, cit., pp. 80-82.


16 ARNALDI De parte operativa, in Opera omnia, Lione 1520, f. 127ra.
·i-
17 «Omne enim quod sub orbe per artem vel naturam producitur aliqua m p rop fle a
(De
tem ab orbe recipit patiendi ab allo vel agendi in aliud quamvis illa sit nobis ign ot_a » edi·
parte operativa in Opera, Lione 1520, fol. 127ra). «Patet ratio propter quarn m u t �uo·
l
corum vocaverunt proprietatem virtutem occultam. Sed pro tanto dicitur occu t S CC""
niam ea quibus res cognoscitur omnino apud humanam rationem ignot� [est J » , ( pp ro­
Ls
lum medicine, in Opera Lione 1520, f. 6 vb). Cfr. S. GIRALT, Arnaud de Vtla nova . ' Bisro:
d
priétés occultes de la magia à la medicine universitaire, in Actas de la V Trob�d a
Jotffl•
ria de la Sciencias y de la Tecnica, Barcelona 200 1, pp. 393-98, e il mio studw La oé·
na delle virtù oc�lte di Pietro d'Abano e 1" rnaldo di Vil�nova, in qu�sto v? lum e al 1 .64·
_ _ 16
tolo IX. In parti colare, DRAELANTS, La vtrtus umversal zs, m Hermettsm, c1t ., P P·
Magia, medicina e religione 377

In questi passi, che sono stati interpretati anche in senso magico, Ar­
1 rim ane a mio avviso, nell'ambito della fisica astronomica dei corpi
11 doc superiori che influiscono sugli inferiori, ossia in una visione di
es i
ce ologia medica fisico-naturale e non magico-ermetica 1 8 , bensì aristote-
��:-galenic�, �e�ta dall'ordine superiore 1i Dio, �ommo Bene.
li Questi s1gill1, dunque, se hanno un mnegabile aspetto astrologico,
da questo punto di vista assai generici, perché privi della de­
app aiono
zi o ne delle immagini degli aspetti planetari, che è invece prevalente
s�ri gilli della magia ermetica. Dal punto di vista della farmacologia, non
i si
�acchiudono sostanze medicinali magiche, erbe o polveri o altro, e non
vi si prescrivono operazioni di suffumigazione, incensi, soprattutto non
n ocano gli spiriti dei pianeti o dei segni, come nei sigilli astrologici
si i v
ermetico-magici di Picatrix attraverso la costruzione delle loro immagini.
Soltanto per il sigillo della Vergine e dello Scorpione si fa accenno al fat­
to che in essi siano sigillati dei medicinali.
Sempre rimanendo nell'ambito della discussione, se questi sigilli sia­
no riferibili alle immagini astrologiche della magia ermetica medievale
arab a di Picatrix, occorre rilevare un altro aspetto astronomico che lo
escluderebbe.
Abbiamo sostenuto che i segni esprimono i mesi e il segno dell'Arie­
te l'inizio dell'anno che l'astrologia tolemaica medievale faceva coincide-

18
Ha pesato per l'interpretazione in senso magico della virtus occulta di Arnaldo l'in­
terp retazione di Agripp a , che proprio anche a lui e a Pietro d'Abano si richiama , per cui
�ali ��ù la cui causa è la tente dipenderebbero dalle idee della mente divina, trasmesse
all anuna del mondo che imprime le loro proprietà tramite le immagini celesti. C.
�GRIPPA, De occulta philosophia, libri tres, a cura di V. Ferrone Comp agni, Brill, Leida
' 92 , , cap. X, pp. 105 - 107 : «Nam heae virtutes [occulta e] quia multum formales sunt,
1deo cIu
m minima ma teria plurirnum possunt; elementalia autem virtus quia materialis
U
:• t multum a gat, multam etiam desiderat materiam. Vocantur autem proprietates oc­
tae, q
g re . uia causa eorum la tentes sunt, ita quod non potest humanus intellectus investi­
� » _Nel capitolo seguente (lib. I, cap. XI, pp. 108- 11), spiega come tali «virtutes oc­
racj�� infun duntur in rerum speciebus ab ideis per ra tiones animae mundi stell arumque
e

ll)u::
u s et guae res hac virtute ma gis abundant». È la dottrin a rifiutata espressamente da
Piei ,
d Ab ano, mentre secondo Agrippa quante sono le «rationes seminales in anima
Vit sib • � • tant� sono le idee nella mente divina, per cui: «quibus ipsa rationibus a edifica ­
ita u I II} c?dis ultra stellas etiam figuras impressitque hiis omnibus proprieta tes. Ab bis
itaqUt stelli�, figures ac omnes specierum inferiorum virtutes et proprieta tes dependent,
e

llit sib�ua�lib � _ species habeat figuram celestem sibi convenientem, ex qua etiam prove­
Jlrop rj1 m ira�ilts potestas in operando, qualem per ra tionem anime mundi seminalem
di un aarn a� idea sua suscipit dotem». Pertanto, le idee non sono causae dirette, essendo

dern ;nun
1< sUnt s�ec�e qualunque, ma causa di una virtù qualunque che inerisce a tale specie,
ideae non modo causae cuiusque virtutis quae tali species inest [... ] Quae qui­
lllentj cll�es _ [occult ae] sunt idearum opera tiones» (op. cit. , pp. 107- 108) . Per i riferi-
gnpp a ad Ai:naldo, dr. AGRIPPA, De occulta, cit. pp. 70 e 111.
378 Medioevo magico

re con l'entrata del Sole nel grado zero dell'Ariete. Nei Sigilli a rnal dia
l'inizio dell'anno definito nell'equinozio di primavera, viene fi s s at n,,
condo _le procedure dei calendari litu�gici che s�gui�ano le regol e d� �e­
lendario romano per Kalendas ( da cm calendario) diversament e d ai t a:
esti
canonici di astrologia.
Pertanto, l'inizio dell'operazione dell'incisione del sigillo d ell ' Ari
è descritto con il Sole che entra nell'Ariete secondo il calendario litut•e
co-rom_ano, e così il 15 die ante Calende di_ a pr�e, che corrisponderebf�
,
al 13 d1 marzo. Dunque, 1 autore del De szgzllzs segue una datazione e .
clesiastico-liturgica convenzionale e non astrologica del momento elet�­
vo di costruzione del sigillo 19 •
c) L'importanza della devozione e delle preghiere cristiane per l' efficacia
dei sigilli
Dopo aver sottolineato l'aspetto secondario riguardante le notazioni
astrologiche (che quindi non permetterebbero di includere il tes to nella
tradizione di magia ermetico-astrologica medievale che hanno una tipo­
logia ben caratterizzata) , si tratta di individuare da quale altra convin­
zione dipenderebbe l'efficacia di questa terapia delle medagliette.
E qui entriamo a esaminare l'aspetto di devozione religiosa che deve
accompagnare l'impiego terapeutico di questi sigilli. Infatti un carattere
che colpisce subito il lettore, è il tono religioso e devozionale dell e invo­
cazioni e delle parole che devono essere proferite e quindi incise nel di­
ritto e nel rovescio, nell'orlo esterno e nel centro del sigillo.
Queste espressioni religiose non si trovano né nei Sigilli attribuiti �
Bernardo de Gordon, né in Picatrix, né owiamente nel Libro delle dodi­
ci figure, utilizzato da quei medici ebrei di Montpellier che applicavano
questa terapia20 • • .
Come può riscontrare il lettore, il testo indica minuziosame n te il_ � ­
tuale che presiede alla confezione dei dodici amuleti per i dodici mesi �
metalli preziosi, d'oro per lo più e di argento, che portano su un a faccia

di
1 9 Ringrazio Emmanuel Poulle per questo chiarimento, in particolare la recen st�to-
E. POULLE a A. BoRST, Die Karolingische Kalenda"e/orm, Hannover 19 88, « 1
thèque de l'École des chartes», 2003, 161, pp. 694-70 1. . del·
2° Cfr.J. SHATZMILLER, In Search, cit., pp. 383-406, che ricostruisce questa p ra�ic: asar
la terapia medica delle scuole ebraiche di Montpellier confrontando il Su rot shn etff 94v­
mazzalot » (Le figure dei dodici segni) del ms Cambridge University, Add. 17 4 , � ell�
u
97v), con la citazione di Abba Mari, il Trattato dei Sigilli di Bernardo de Go:do;b M�
dei Sigilli arnaldiani e Picatrix, nella controversia che appare nella letter di A a
a
Ut
i cO di
di Montpellier (1300) a Rabbi Salomon ben Adret di Barcellona sull'uso ter ap � ,atiO­
questi sigilli. Cfr. in particola re D. SCHWARTZ, La magie astrale dans la pensée ;utVe
naliste, cit., pp. 32-55.
Magia, medicina e religione 379

ura del segno (di cui non è descritta l'immagine, come nei sigilli er­
l!i figd ), tranne che per il segno della Bilancia (che però è generica e di­
ti
me a da quella di Bernard de Gordon, come abbiamo accennato prima).
r
r s: è in fatti assente negli altri undici segni, mentre tutte le altre incisio-
� 000 ugualmente di carattere religioso riguardanti per lo più il Nuovo
�e!t arnento, i nomi dei santi e degli angeli in ebraico, e alcune lettere del
rn di Dio il Thetragrammaton di Jahvé: ]oth, Van (Vau), Heth.
o e
n L' artista deve profferire un certo numero di invocazioni, mentre la-
ora il metallo, che sono delle espressioni importanti dei Vangeli e dei
:ersetti dei Salmi (per l'Ariete, Salmo 8; Toro, Salmo 19 ( 1 8); Gemelli,
silino 7; Cancro, Salmo 9; Leone, Salmo 43 (42); Vergine, Salmo 44 (43 );
Bilan cia, Salmo 27 (26); Scorpione, Salmo 57 (56); Sagittario, Salmo 59
(58 ) ; Capricorno, Salmo 70 (69); Acquario, Salmo 80 (79); Pesci, Salmo
13 2 ( 1 3 1 ). La prima invocazione è sempre rivolta a Dio, «In nomine Dei
vivi Patris domini nostri Jhesus Christi», a cui segue il versetto di un
Salmo. Segue la descrizione delle incisioni che da un lato deve portare la
figura del segno che non è descritto, e nella circonferenza il nome di una
tribù d'Israele; nel rovescio sulla circonferenza una formula religiosa del
Vangelo, e al centro il nome di un santo cristiano e di un angelo ebraico.
Pertan to, tutto intorno nella circonferenza, nel rovescio, devono essere
incise espressioni centrali dei Vangeli, come per l'Ariete: «Verbum caro
factum est et habitabit in nobis», oppure «Consummatum est» per la Bi­
lan cia. In tal modo si invoca sempre Dio in tutti i dodici sigilli, «Domi­
ne Deus qui semper fuit», con formule religiose canoniche del Nuovo
Testamento, insieme ad alcuni Salmi.
�evono essere incise poi le lettere dell'alfabeto ebraico, che esprimo­
no il Thetragrammaton:Joth, Heth, Van (Vau), Heth, di cui si tratta este­
s�ente nell'Allocutio super signi/icatione nominis « Thetragrammaton »,
(�amente in un contesto ben diverso21 ; dei motti: Salus (Gemelli), Vita
an cro), P
A.rahel, t _ ax (Scorpione); sono incisi i nomi delle tribù di Israele:
nbù diJuda (Ariete), Giuseppe (Toro) ecc., e i nomi di santi cri-

1
tre ;eCfr Allocutio, cit., dove riduce il nome del Thetragrammaton di quattro lettere a
.
stian �Prirn�re la Trinità. Il Thetragrammaton rivela il mistero dell'Incarnazione cri-
r
3
49 e ; °tn e rileva PERARNAU nell'introduzione alla sua edizione dell'Allocutio, cit. , pp.
to Run' Arnaldo do,veva essere stato introdotto all'alfabeto ebraico dall'ebreo converti­
�� In°� Mani ; cfr. J .M. MARCH, Ramon Marti y la seva Explanatio simboli Apostolo­
tur � �ltu t d' Estudis Catalans, Barcellona 1908, pp. 443-96. Scrive Arnaldo: « Cum igi­
teinprl e tem poris hebrayca lingua precedat latinam, in acceptione Sacre Scripture con­
he: �u � prim o figuras litterales quibus in hebreo scribitur illud nomen. Sunt autem
'-'iain.0 ' ' id est yod, he, vau, he>> (Allocutio , ed cit. , p. 15 1). Ora, nei nostri sigilli ritro-
queste lettere.
380 Medioevo magico

stiani e di angeli ebraici: sant' Andrea Turiel per i Gemelli, Cherub ieJ
san
Giovanni per il Cancro, ecc.
Dopo la formulazione delle preghiere e la descrizione delle i ncisio
sul diritto del segno con il nome del reggitore delle Tribù d'I s r a ele ni
ne
rovescio sono incisi i versetti del Nuovo Testamento nella circon fer;n }
z
e i nomi dei santi cristiani e gli angeli ebraici al centro. Segue l a desc �,
zione dell'azione terapeutica dei Sigilli, i quali in generale non solo p rn:
servano dalle malattie tipich e di ciascun segno, ma tengono lo n t a ni rn�
e disgrazie, sia fisiche che morali, che sono dovuti ai luogh i, all e ternpe .
ste, ai pericoli dei viaggi e ai peccati mortali, come la lussuria. Non si fa
cenno alla invocazione degli spiriti dei pianeti di ciascun segno, e solo
dei due segni cardinali, ch e sono gli equinoziali, cioè l'Ariete e l a Bilan .
eia, si fa menzione del fatto ch e tali medaglie tengono lontani tutti i de ­
moni. Sono anche i due sigilli ch e conferiscono qualità morali perché
preserva dai peccati gravi l'Ariete e conferisce onestà, sapienza e bontà
la Bilancia . .
Se si mette a confronto questo testo di Arnaldo con quello attribuito
a Bernardo o di Picatrix, e si esaminano attentamente, si rileva che nel te ­
sto attribuito a Bernardo e che è stato accostato alla tradizione terapeu­
tica ebraica di Montpellier, risalente al Libro delle dodicifigure, che a sua
volta ha come fonte comune il testo di Picatrix Il, 12 (come crediamo ab­
bia dimostrato Shatzmiller), non si trova ovviamente alcuna d i q ueste
preghiere cristiane, né citazioni di salmi, né invocazioni al Re dento re
Gesù, mentre si trovano descrizioni dettagliate delle immagini as trologi­
che, degli aspetti con i riti di suffumigazione. Pare innegabile da una let­
tura dei Sigilli arnaldiani la disposizione religiosa e devozionale che deve
presiedere alla fabbricazione di queste medagliette che devono p o rta re
incisi i nomi di Dio Salvatore, formule del Nuovo Testamento , d evo�o
essere accompagnate da recitazioni di Salmi, e richiamarsi all a d evozio ­
ne dei santi. L'autore è certamente un medico cristiano, molto d ev�� •
che conosce il Nuovo e il Vecch io Testamento, le lettere della ca a
ebraica e i nomi dei santi anche in ebraico e per molti aspetti ess o ha ���
noscenze molto vicine a quelle dell'Allocutio super signz/ication e nomznt
« Thetragrammaton ».
o5 8
A che servono questi sigilli? Sono terapeutici in quale senso , ?a c li
guariscono? Sono evocativi di demoni o spiriti da un lato o dall alt:0 •
cacciano? sono esorcistici?, agiscono per qualità occulte che son o d e_ ofl
e

niache? Presuppongono un patto con il demonia22 ? Questo as p e t t o

rt• 1 ,
22 Cfr. TOMMASO D'AQUINO, Summa theologiae, Bologna 1985, Il-II, q u . 92 a
p. 291, e qu. 95, artt. 4-6, pp. 317 -25.
Magia, medicina e religione 381

t ra i più delicati nella valutazione del contenuto di questo testo, per­


sl�e��e si t rattasse di amuleti evocativi di spiriti planetari angelici o meno,
\e a loro volta cacciano, compellunt, cogunt, i demoni e i malefici,
e emmo veramente a che fare con un testo magico-necromantico. Il let-
.
avre potrà constatare che non s1 tratta di tutto questo.
ro\ du e segni cardinali dell'equinozio di primavera e dell'equinozio di
tunno, aprile (Ariete) e settembre (Bilancia) sono i più estesi e quelli
a� hanno maggiori poteri: il termine della loro efficacia protettiva è
e
�presso con il verbo valet, ossia « valgono», hanno efficacia. Il testo er­
metico di Picatrix usa prevalentemente il termine vincit, liberabitur, e de­
nuziosamente tutte le /acies e le immagini dei transiti astrologi­
s crive mi
ci d e i p ian eti ascendenti di cui nel nostro testo non vi è traccia. Il sigillo
dell 'A riete vale sia contro le disgrazie che derivano dall'ambiente ester­
no c h e da alcune malattie; in generale, ha valore per acquisire ricchezza
tt
e o enere grazia ed è di aiuto contro tutti i pericoli e i bisogni. Vale con­
t
tro le empeste, i fulmini e le inondazioni e contro l'impeto dei venti e la
pestilenza dell'aria. Nell'abitazione in cui si troverà, nessuno potrà nuo­
cere a quella casa né ai suoi abitanti. Vale contro gli indemoniati e i ma­
niaci, i frenetici, i pazzi e contro tutti i mali della testa e degli occhi e tut­
te quelle malattie reumatiche che dipendono dalla testa, e in generale di­
stoglie da tutti i mali e apporta bene. Inoltre, chi porta questo sigillo tie­
ne lontano il suo portatore per quanto è possibile da ogni immundizia e
lussuria e da tutti i peccati mortali. Dovrà essere portato sulla testa con
riverenza e rispetto.
Questo sigillo, insieme a quello della Bilancia, ha la notazione impor­
a� t� che esso valet contro tutti i demoni, i nemici capitali e contro i ma­

efi c1, ma non si dice che compellunt o cogunt i demoni, cioè non li co­
man dano, ma solo proteggono da essi.
er sigillo della Bilancia, segno equinoziale, si può dire la stessa cosa
deJ r �
. A iete, con la differenza che esso è l'unico segno che porta la de­
scri�ione astrolog
ica della figura della Bilancia, che è diversa da quella er­
�eti ca d i Pic
atrix, perché l'uomo « qui ascendit23» ha in mano una bilan­
:� diritta , mentre nei nostri Sigilli non si parla di ascensione, che è ter­
m� tecnico e si dice solo sculpatur figura, la quale tiene la bilancia « ad
0
llJ. � crucis». Così, anch'esso protegge contro le insidie dei demoni in
re�� • 10 _ter�a e libera subito chi lo porta dalla morte improvvisa. Inoltre,
e s
si r nu encordioso e paziente, sapiente e onesto chi lo porta, il quale
lle I?trà _ utile dando buoni consigli. Esso vale per acquistare ricchezza
g 1 a ar e
1 amore sia di uomo che di donna con zelo buono. Esso ha un
3 82 Medioevo magico

valore particolare se portato insieme a quello dell'Ariete, per cu i l ' uo


rn
che lo porta insieme a quello non potrà mai essere accusato ingiust 0
mente di fronte al principe. Si comprende da questa affermazione
e
et
consiglia di portare insieme i due sigilli per avere la più grande efficac ·
a
la loro rilevanza rispetto agli altri sigilli. Essa dipende dall'esprim er� '.
mesi equinoziali, che sono per questo di importanza speciale nel co rs 1
dell'anno, indicando il cambio delle stagioni con l'inizio della prim avera
e dell'autunno. Pertanto è dato intendere l'ordine scambiato pe r cui k
Bilancia segue immediatamente l'Ariete, anziché il Toro, come nell a suc­
cessione mensile.
Questo sigillo della Bilancia vale per le malattie che derivano dal san .
gue e come quello dell'Ariete contro l'impeto del vento, l'inon dazione
dei mari e il dolore dei reni. E ugualmente, se posto in una casa dove ci
fossero malefici e sortilegi, nessuno potrebbe nuocere in quella casa . Vale
contro molte altre cose. Chi lo porterà, sarà sicuro in mare e pregherà im ­
plorando sempre la misericordia di Dio, e chiederà perdono dei suoi
peccati. Sarà portato con riverenza e timore di Dio. Anche in questo si­
gillo è evidente l'ispirazione religiosa, l'atteggiamento devozionale che è
rivolto, non al segno o al pianeta, ma a Dio misericordioso.
Gli altri dieci sigilli sono molto semplificati. A parte la descrizione
della preghiera iniziale a Dio, «adiutor meus», la recitazione del salmo,
la descrizione dei nomi dei santi e degli angeli che devono essere scolpi­
ti al centro nel rovescio, e la formula di benedizione di Dio n ell a cir­
conferenza, essi valgono solo contro le malattie: il segno del Toro con­
tro le malattie degli occhi, i tumori e tutte le loro indisposizioni, le alte­
razioni e tutte le malattie del collo e della gola; il segno dei Gemelli vale
in generale contro il cancro, i condiloma, il fico, la cyragra e cont ro tut·
te le malattie degli omeri, delle braccia e delle mani; il sigillo del Cancro
contro le malattie del petto, dello stomaco, del cuore, dei polm oni? del­
le vene, delle arterie e delle costole, contro la pleurite e il vomito di s� ­
gue. Il sigillo del Leone, che è quello che sappiamo sicuramen te fu i·:
piegato da Arnaldo per curare Bonifacio VIIl24, con scandalo de�a
ria (ma non abbiamo elementi per affermare che si tratti proprio di qu
e 1
24 Per una ricostruzione di questa guarigione per l'applicazione dd Sigill_? del
cfr. H. FINKE, Aus den Tagen Boni/ax VIII, Funde und Forschungen, M un ste 2 _7
;;�1'.
6 9;
p. XXVI; RE. LERNER, The Pope and the Doctor, «Yale Review», 1988-89 , 78, P P · togia
P. DIEPGEN, S tudien zum Arnald von Villanova, IV, Arnalds Stellung zur Magie, A! '�pa·
1

und Oneiromantie, «Archiv fiir Geschichte der Medizin», 5, 1911, pp. 88- 115 ,
_ _ ifd -
to in Medizin und Kultur, F. Enke, Stoccarda 1938, pp. 150-72. Su Bomfac1o_ v� diflsli
r 0r�
A. PARAVICINI BAGLIANI, Bonifacio VIII, Torino, Einaudi, 1992. «De quo dtct t c a\111 111·
mirati fuerunt tum de magistro qui se talibus immiscebat et de papa qu�m od�I ) .
lia publicare vd etiam sustineri» (FrNKE, Aus den Tagen Boni/ax VIII, c1t. , P ·
Magia, medicina e religione 3 83

f ui d escritto) , non è più esteso degli altri. Dopo le solite procedure di


lo ta zione di preghiere mentre viene foggiato in oro, e di incisione di
re�ett i, si afferma che le proprietà di questo sigillo in generale sono
ve e di valere per tutte le malattie dello stomaco, dei fianchi, del dor­
u ll
q edei reni, mestruali, le scottature del sole, le febbri acute e acutissime,
so� tro tutti gli apostemata. Deve essere portato sui reni. Il sigillo del­
f on
Vergine difende dal dolore del ventre e dalle coliche, da tutte le feb­
:ri cefalargiche e intestinali; quello dello Scorpione contro la febbre
rt quotidiana, le malattie dei nervi, del ventre, della vescica e
qua an a e
contro l'epilessia. Per questo sigillo come per quello della Vergine, l'au­
tore afferma che deve essere mescolato e somministrato con altri anti­
doti peraltro non descritti; in questo caso, vale negli svenimenti, per i ti­
sici, e per tutte le infezioni. Quello del Sagittario vale in generale per gli
epilettici, gli indemoniati e i maniaci, le sciatiche e contro la febbre da
colera putrefatta e molte altre malattie. Questo sigillo deve essere fog­
giato non in oro semplice, ma in oro puro. Il sigillo del Capricorno vale
contro il morso velenoso di animali e da quello del cane rabbioso e dal­
la gotta ai ginocchi. Quello dell'Acquario vale contro tutte le cose che si
muovono come le serpi, le lacrimazioni degli occhi, la cecità, il dolore
delle tibie ecc. Il sigillo dei Pesci vale contro la podagra, il dolore dei
piedi, il glaucoma, il cancro e le fistole e tutte le malattie che dipendo­
no dal flegma ecc.
Per concludere, è dato sottolineare da questo breve esame come que­
sti sigilli non contengono prevalentemente medicine, come erbe, polveri
0 alt ro, tranne che per il segno della Vergine e dello Scorpione; che l'ele-
1!1ento materiale di fabbricazione è il metallo, in oro o in argento. Solo
�oro d� segno cardinale dell'Ariete è foggiato in oro purissimo; quello
ell a Bil ancia e della Vergine e del Sagittario, in oro puro; dei Gemelli,
del eo
L ne, dell'Acquario in oro semplice, mentre tutti gli altri possono
essere gg
fo iati in oro o argento indifferentemente.
taijLa vinù curativa di queste medagliette dipende dalla natura del me­
ea O O da altro? Racchiudono questi sigilli virtù terapeutiche occulte di
rattere
magico o altro?

daij� � a !ettura del testo, non pare che l'efficacia d�a terapia di� enda
zio VJ.nu del metallo, che viene lavorato quanto pmttosto dalla mten­
è �etevozionalè al Salvatore, nel momento particolare astrologico, che
q
cor/ 0 d ell'inizio del mese, in cui viene forgiato e in conseguenza della
1
così ;P o ndenza tra segno e organo secondo la melotesia astrologica. Se
forre o s se, ossia dipendesse dalla virtù del metallo, il testo avrebbe una
co n notazione_ magico-alchemica. Sono assai contestate le attribu-
384 Medioevo magico

zioni degli scritti alchemici ad Arnaldc25 , tra cui anche il De vin is . S e e


h
r
8
fosse suo, l'autore nel De vinis attribuisce grandi capacità terap e uti 0
all'oro, purché sia purissimo, che è solo quello creato da Dio e P e rt; e
«fallantur in hoc alchimiste: non etsi substantiam et colorem auri
ciunt, non tamen virtutes predictas in eo infundunt», perché t ale sost a ­
za è solo di Dio26 • Ma se solo l'oro puro di Dio ha questi pote ri , nei : ·
stri sigilli l'unico oro puro o purissimo riguarda solo sei segni, men t re· ;
altri possono essere foggiati anche in argento o in oro generico. D unqu
allora, se così fosse, quest'ultimi non avrebbero alcun potere. N on di r�'.
pertanto che queste medaglie valgono perché foggiate in un met allo eh
particolari virtù, tranne per il caso dell'oro purissimo creato da Dio (ma
qui il discorso si fa complicato e rimane aperto). Hanno quest i amuleti
altre virtù, ignote o occulte?
Ci pare che la virtù terapeutica di queste medagliette possa essere ri­
condotta alla concezione di astrologia medica naturale del tempo condi ­
visa da Arnaldo stesso e non quella ermetico-demoniaca, ossia non per la
virtù dello spirito planetario ivi invocato e racchiuso. Pertanto come ave ­
va affermato nel De parte operativa, i cieli agiscono al di fuori delle qua­
lità elementari, cosicché in ogni ora, le parti del cielo infondono una o
un'altra capacità o forza agli esseri generabili, la quale esige che la figura
del cielo sia determinata dall'oroscopo o dall'ascendente nell'ora riferi­
bile al generabile o al generato, qualunque esso sia27 • Da quest i passi,
pare che Arnaldo ritenga che tutte le forme vegetali, animali e m inerali
siano suscettibili per l'azione esterna degli astri in un determinato mo­
mento di sprigionare delle proprietà, anche se queste ci rimangon o oc·
culte. Ma di che genere è questo influsso? .
Il potere terapeutico di questi sigilli potrebbe essere interpret ato 1Il

2
' M. PEREIRA, Arnaldo di Villanova e l'alchimia . Un'indagine preliminare, in IJ::
RARNÀU (a cura di), Actes de la I Trobada lnternacional d'Estudis sobre A rna u de �
nova, lnstitut d'Estudis Catalans II, Barcellona 1995, pp. 95- 174; e S. MATION, He'";;:
dans la littérature alchimique médiévale, in Hermetism, cit., pp. 643-44; J.A. P� N !AG :
Notas intorno a los escntos de alchimia atribudos a Arnau de Vilanova, Artes grafi cas
, Ma
drid 1958, in Estudios y notas sabra Arnau de Vilanova, cit., pp. 56-57.
26 De vinis, in Opera omnia, Basilea 1585, ff. 263h-264a; su questa ci tazion e , ef Ja
, e

nota di PANIAGUA, Estudios y notas sobre Arnau de Vilanova, cit., p. 67, e J. ZrEG LER
dicine and Religion c. 1300, cit., p. 40.
27
t
il' s se·
«In omni enim hora influunt partes orbis aliam et aliam virtutem gener a? b ua re·
cundum quod requirit figura orbis determinata per oroscopum vel ascenden s in . 0;9 jp ·
lata ad generabile vel generatum quecumque sit, sed tamen virtutem quam_ su p erldfni.Pi·
fluunt non suscipiunt nisi corpora disposita vel solum per agentia natu raha v e! a rieta·
culo artis, ut ex parte quadam individua cuiuslibet species acquirunt aliqu am p r � Lio•
o

tem que ceteris eiusdem species non convenit» (De parte operativa in Opera o i mn
ne, 1532, fol. 127ra).
Magia, medicina e religione 385
zione alla concezione di medicina fisico-astrologica esposta nelle al­
relas opere, per cui ai nativi di ogni segno o mese corrisponde un or­
ue
tre o n le malattie connesse a questo. L'amuleto agirebbe secondo la
O c
g� tesia zodiacale, ossia secondo la corrispondenza del mese del nativo
o
!ll: il gno celeste che infonde la sua qualità terapeutica specifica che
co i se amo, nel metallo stesso per la guarigione del malato nato nel
i gnori
�:gno corrisp�n�e? t�. Pertanto una sp_iegazione dell'_i�ea dell'efficaci�
dei sigilli, potrebbe essere mclusa nella vlSlone generale di
terapeutica
!lle dicin a astrologica naturale, che sappiamo da alcune sue opere di si­
28
cura attribuzione , che Arnaldo condivideva, per cui dipenderebbe dal­
l'influsso fisico del pianeta, 29 •
di cui ignoriamo le caratteristiche e che sa­
rebbe una forma specifica

Si tratta dunque di medagliette la cui efficacia dipende dalla accurata for­


gi atura nel momento astrologico giusto per la forza dell'azione dell'immagi­
ne del pianeta, che vi viene imprigionato, il quale è uno spirito sovrannatu­
rale, oppure agisce semplicemente per una azione stellare, fisico naturale sul­
la complessione fisica dell'organismo del malato unita alla sua suggestione?
Non conosciamo altrettanto chiaramente di come possiamo fare per
la medicina astrologica di Pietro d'Abano, cosa Arnaldo pensasse della
n atura dei cieli, se sono corpi fisici naturali, oppure domicili di demoni
o entità sovrannaturali. Tuttavia da quanto Arnaldo ci dice sulla natura
dei demoni e i loro malefici, nel De improbatione male/iciorum 30 , si rica­
va una dottrina dei cieli che ci può chiarire anche il testo dei Sigilli. I cie­
li e gli aspetti appaiono cause estrinseche dei corpi superiori che agisco­
no sugli inferiori e sono di natura fisica corporea. In un aforisma delle

28 f . nota
�� 15. Delle numerose copie manoscritte che attribuiscono ad Arnaldo testi
di medicma astrologica,
ancora non è chiara la loro attribuzione. Sebastian Giralt ne fa
�o spoglio espungendone molti, tra cui quello da De iudiciis astronomie che ebbe larg·a
rt�lazi?ne : S. GIRALT, Medicina, astrologia en el Corpus arnaldià, «Dynamis, Acta Hisp.
e ; Sc1. ist. li.», 2006, 26,
2 u H pp. 15-38, in particolare p. 34.
S lla forma specifica di Arnaldo messa in relazione con la dottrina di Avicenna, cfr.
DRAE
in!
su etA�Ts, La virtus universalis, cit., pp. 161-64, e M. McVaugh nell'introduzione alla
zione degli Aphorismi de gradibus di Arnaldo, che è stato uno dei primi a mettere
A.rn��come �uesta dottrina derivi da un passo di Avicenna (M. McVAUGH (a cura di),
1 1 5 _ . de Villanova, Aphorismi de gradibus, in Opera omnia, II, Barcelona 1975, pp.
c411 2 l , cfr. anche Z�GLER, Medicine an religion, cit., p. 247), e ora M. McVAUGH, «In­
ia t4�0� e� » in late Medieval Surgery, in Ratio et Superstitio, Essays in honor of Graziel­
F
ioo� erici Vescovini, Fidem, (Textes et études du Moyen age, 24), Brepols, Turnhout

'ep,�:
3� P p. 33 4-3 5. Cfr. qui cap. IX.
Ctiti Ringrazio Sebastian Giralt che ha messo a mia disposizione la sua recente edizione
del De imp robatione male/iciorum: Arnaldi Opera medica omnia VII, Epistula de
4ctone ntgromantice /icciones (de improbatione male/iciorum), Bar ellona 2004 .
c
3 86 Medioevo magico

Medicationis parabole riflette sulle cause e sui meccanismi dell'infl u en


dei pianeti, per esempio delle fasi della Luna, per praticare la flebotorn�a
a
nel momento più favorevole. In un altro aforisma afferma una ide a tno;.
to interessante, e cioè che l'influenza delle stelle proviene da una virt '
specifica che è più forte di quella che proviene da una virtù comune (« in�
fluentia stellarum proveniens a virtute specifica fortior est que p rovenir
a virtute communi»)3 1 • Tutto ciò non giustifica, come invece è st at o fat­
to, a mio awiso, una interpretazione di magia ermetica di questa teoria
di Arnaldo, che risalirebbe alla dottrina della forma specifica di queste
qualità presentata da Avicenna e interpretata alla luce della scien za er­
metica di Picatrix, quanto può essere spiegata come una teoria filo sofica
ontologico-naturale, che si colloca nell'ambito della fisica aristoteli ca ga­
lenica avicenniana32 •
Infatti i sigilli non agiscono per virtù occulta demoniaca contenuta
nelle immagini o Jacies astrologiche, da invocare con riti di suffumigazio­
ni e purificazioni, come in Picatrix. A mio awiso, questi amuleti non cac­
ciano, né imprigionano entità sovrannaturali. Come ho messo in luce di
sopra, solo due segni, l'Ariete e la Bilancia, parlano dell'efficacia di tene­
re lontani i demoni e tutti i malefici; ma a parer mio, si tratta di un a n ot a­
zione generica e generale che fa rientrare i demoni nell'idea dei malefici
degli uomini malvagi che praticano queste operazioni, ed è signific ativo
che in queste righe i demoni siano accostati ai nemici capitali e ai malva ­
gi, che possono essere tenuti lontani con le preghiere. È significativo per­
tanto che questi sigilli non comandano ai demoni, cioè non li compellunt
né cogunt, come farebbero i sigilli magici demoniaci riprovati da Arnaldo
nel De improbatione maleficiorum; le loro proprietà indicano solo che e� ­
si proteggono chi li porta, dai demoni. Per questa ragione cadono a mio
awiso gli argomenti di Sebastian Giralt33 contro l'attribuzione ad Arn al·

3 1 Dall'Aforisma II, 32 a II, 4 1 Arnaldo sviluppa questa idea della differenza de�a v!:
tus communis, rispetto alla virtus propria, cfr. ARNALDI DE VILLANOVA, Opera medtca 0
nia VI, 2, pp. 6 1 -63 . . U
32 In particolare, M. McVAUGH, ARNALDI DE VILLANOVA, Opera medica 0':1nti'su,'.
Aphorismi de gradibus, cit., pp. 1 15-2 1 , e dello stesso Incantationes in La te MedteV
4
gery, cit., pp. 333-34. r
33 Cfr. S. GIRALT, De improbatione maleftciorum, ed. cit., pp. 3 07 ss. La v!rt . u. fo ·
� vir­
ma specifica è distinta in quella comune a tutti gli individui di una stessa spe cie e � JII ·
o
tus o forma specifica propria, che è quella che risulta in un individuo dall a s u � divi­
plessione accidentale: ossia è una forma che è propria accidentalmente di q� �b 9 o ell

duo perché non l'hanno per esempio tutti gli altri individui di quella me de sim a e pCO­
to
pietra (De parte operativa in Opera Arnaldi, Lione 1520, f. 127ra). Cfr. su qu e� _ cit-,
s 1 0
blema McVAUGH , Incantationes in Late Medieval Surgery, in Ratio et u r 1 1 ' s p e 1
pp. 334-35 .
Magia, medicina e religione 3 87

sta operetta che descriverebbe sigilli che comandano e espello­


d di que
o i dem oni. Di ciò non vi è traccia nel testo che stiamo esaminando.
00 mandiamoci ora se credeva Arnaldo nei demoni . Diversamente da
Do
p1-etro d'Abano, egli vi crede. Pietro d'Abano si esprime chiaramente in
3 4 e nel Conciliator 35
rie part i delle sue opere, nel Lucidator , anche se in
:odo farraginoso, affermando che questa credenza è propria dei theolo-
ntes e delle mulierculae, ed egli non l'accetta, e spiega le malattie
g;z,a la melanconia con dottrine umorali, senza far intervenire i demoni
ome
�he vesserebbero gli uomini per i loro peccati, né spiega le guarigioni con
il ricorso ai miracoli . Arnaldo, nel De improbatione male/iciorum, dimo­
stra di essere molto vicino a una6 interpretazione canonica della Bibbia ri ­
salente all'autorità di Agostino3 e più tardi di Guglielmo d'Alvernia, per
cui i demoni esistono. Secondo un certo orientamento della dottrina cri­
stiana, Arnaldo sembra essere molto vicino alla demonologia di Gugliel­
mo di Alvernia.

'4 Come chiaramente spiega nel Lucidator dubitabilium astronomiae (astrologiae), Pie­
ro d'Abano distingue le immagini astronomiche da quelle magiche e necromantiche. In­
fatti, secondo la teoria delle «elezioni» dell'immagine del Cielo del momento più favo­
revole a una impresa qualunque, ad essa è subordinata la scienza delle immagini astro­
nomico-astrologiche ma anche magiche secondo quanto ne hanno scritto (afferma Pietro
d 'Abano) Tolomeo, T hebit, e Zahel nel libro dei Sigilli (Lucidator dubitabilium astrono­
miae, diff. I, propter primum, ed. G. Federici Vescovini, Padova 1988, p. 117). Questi
maghi intendono rendere onesta la loro disciplina sottomettendola all'astronomia, «ut
honestentur et defendantur imagines necromantie ac potius malefice, characteres sigillo­
rum et que invocationes demonum etiam sive angelorum in earum expetunt structura
suffumigationibusque aromaticis vel fetidis suffumigare. Quales sunt Hermetis Belenus,
�ro zz greci, Germath babilonensis, Job iudei, arabis Zekel caputque Saturni, necnon Li-
Lune, Liberque Veneris et aliorum planetarum . [ ... ] et ceteris huiusmodi quod per­
transeo libri
satis obsceni ac intellectus depravativi.» La condanna di questi libri necro­
mantici delle immagini demoniache planetarie e dei loro sigilli è fermissima (si veda in
qu�!0 vol e il capitolo XIII).
Conczliator differentiarum medicorum et philosophorum, diff. 156, propter tertium
u_m
e . erenza
1: 64, a proposito dell'azione attiva delle imagines e degli spiriti che agiscono
Il! te esse: «Propter quod theologizantes dixerunt hoc ex vigore magis contingere de­
pl: urn actibus implicantium talibus quod dicant simplicibus et precipue mulierculis
n

tio�bquarn � rudentibus hinc effectus consurgere, has etiam enim amplius possunt astu­
s
dice � dec1pere. Quia autem hec persuasio a spiritibus sumpta presentis non est methodi,
Qlit; lum forsitan magis erit quod materia stellis proportionali suscepta et liquata sic aut
è tni. {rtJ». ( Con cil�ator, Gabriele Tarvisiense, Venezia 1476, ff. 208vb-209r). (Il corsivo
o
36
22 ; cf J\.f°STIN o, De civitate dei, libro IX, 23, Parigi 1960, voi. II, p. 362; libro VIII, 14-
� - Il�· e osservazioni di R MANSELLI, Le premesse medievali della caccia alle streghe, in
Sull MJ\NF.LLo (a cura di), La stregoneria in Europa, Il Mulino, Bologna 1975, pp. 4 1 ss.
ad
le ef!i elllonologia di Guglielmo di Alvernia , cfr. in particolare ROSIER-CATACH, La paro-
cace, cit., pp. 115 ss. e in questo volume il capitolo Il.
3 88 Medioevo magico

Il trattato De improbatione male/iciorum di Arnaldo è stato s critt


contro quanti praticano formule e pratiche esorcistiche, come le in cis _ o
ni di caratteri per cacciare i demoni pretendendo di averne la P ot es��­
per virtù loro propria, diversamente (aliter) da quanti hanno quella vi�
concessa immediatamente solo per grazia (per gratiam) , e così solo ai s
an
ti e agli uomini puri37 • Tutte le argomentazioni sono condotte sulla b�
della differenza di natura di chi compie queste pratiche, corporea O in ­
corpora dei demoni e dei mezzi usati per cacciarli (ossia per virtute Pro.
pria o virtute alterius) . Queste pratiche sono fisiche e corporee e non pos ­
sono niente contro la sostanza di questi demoni che è incorpore a. Per­
tanto nemmeno le sostanze corporee come l'uomo, sebbene do tato di
anima e di intelletta3 8 , possono in virtù propria del loro intelletto com ­
piere questa operazione, perché essa è commista al corpo e no n ha un
grado superiore alla virtù intellettiva del demone, che non è legato al cor­
po. Né può farlo per virtù di altro, come il cielo, secondo il principio che
nessuna sostanza incorporea quale può essere l'anima o l'intelletto um a­
no, finché è congiunta al corpo, ha una potenza più forte e alta (altior) di
una sostanza incorporea non congiunta o separata dal corpo (che è quel­
la dei demoni), così per quanto riguarda la possibilità che si possano cac­
ciare per mezzo delle virtù dei corpi celesti, questo è impossibile perché
essi agiscono per la luce che agisce per contatto fisico, mentre è manife­
sto che ciò che è incorporeo come il demone «tactui nullo modo subici­
tur», e dunque i cieli non hanno né spiriti, né anima né intelletto.
Da queste proposizioni si ricava una notazione molto interessante, e

:r
cioè che i demoni in quanto incorporei, non possono essere cacciati nep ­
pure per virtù dei corpi celesti, perché questi ultimi agiscono con la loro
luce che è per contatto e quindi per azione fisico-corporea, mentre _è
nifesto che ciò che è incorporeo non può sottostare al tatto. I corpi e e­
sti, gli astri e le stelle che agiscono nei sigilli per azione corporea, sono fi ­
sici, così i loro amuleti non imprigionano nessun demone, int elligenz
a

astrale, o spirito incorporeo, capace di cacciare i suoi simili.


l0
Sia Pietro d'Abano che Arnaldo di Villanova assicuravano un ruo a
importante all'immaginazione sollecitata o meno dalle parole e dalle · or

J\e11·
37 ARNALDI, De improbatione male/iciorum, a cura di S. Giralt, cit. , pp. 3 05 · 3
38 Interessante in questo testo è la negazione dell'idea di magia cerimoni al e ei jjllZB
c
tili e dei filosofi, che tuttavia «est opinio plurimorum», per cui nessun uom o O soGiove
intellettiva animata, congiunto al corpo può impossessarsi della virtù di Saturno O O per·
e mediante esse cacciare i demoni. Se qualcuno potesse farlo, dovrebbe �sse re u o� cOpo
fetto e mondo, mentre coloro che fanno queste invocazioni sono esseri ch e �on u Jeile
O
una vita sordida e spregevole, sono dei puri idioti e le maestre di tali inganni so ri
donne puzzolenti.
Magia, medicina e religione 3 89
. i (pre catantio) nella cura del malato, sulla base della fede o della fi­
j°�a (con/identia) 39 da parte del paziente nella futura guarigione trami­
ll� p reghiere. Sia Arnaldo che Pietro d'Abano possono essere conside­
te i antesignani della medicina psicosomatica40 • Infatti dall'idea del­
i gl
tffert o di suggestione fiduciosa delle parole del medico o delle orazioni
itll siche, nascerà la scoperta dell'effetto-«placebo» di alcuni amuleti
5 a p uarigione. Una tale idea era stata sviluppata prima di Arnaldo e
er la g
� Pietro d'Abano, nel De physicis ligaturis, opera attribuita al medico e
st ronomo Costa ibn Luqa, un cristiano melkita nato vicino a Baabek in
;iria e vissuto a Bagdad e in Armenia dall'830 circa al 910 circa. La tra­
duzione dall'arabo del De physicis ligaturis fu per secoli attribuita ad Ar­
naldo di Villanova, sulla base del colofon di alcuni manoscritti e di una
imp ortante citazione di Arnaldo41 • Gli editori dell'edizione critica che è
uscit a nel 1994 in Medieval Jewish, Christian and Muslim Culture En­
counters in Confl,uence and Dialogue, Judith Wilcox e John Riddle l'at­
t rib uiscono, ora, per alcune evidenze interne della tradizione manoscrit­
ta, a Costantino Africano. In questa opera Costa ibn Luqa afferma tra
l'altro che l'azione farmaceutica degli amuleti appesi al collo capaci di so­
spendere il dolore, o difendere la parte malata, è provocata dalla pro­
prietà dell'amuleto e non dalla sua natura e dipende dal conforto della
mente42 , ossia dalla suggestione mentale.
Arnaldo di Villanova, come è stato sottolineato anche da altri, ha una
teoria epistemologica in cui l'esperimento, la scienza e la rivelazione

39 Conciliator, diff. 135, propter tertium, f. 192rv, «Confidentia est species quedam »,
tI qu�e � existit anime», «movet similitudinem rei existentis extra», altera la mente, la
antasia , il senso e le meditazioni. Su ciò in particolare in questo volume il capitolo XII.
40
� P�rticolare PIETRO D'ABANO, Compilatio physionomie, Padova, Pietro Maufer,
1 474, lil CUI è espressa chiaramente questa idea della interrelazione tra psichico e corpo­
:eo, Ec li inizia questa tradizione fisiognomica con grande autorità, allorché sarà consa­
g
ch�o ome un maestro nello Speculum physionomic dal medico padovano-ferrarese Mi­
"' . e S a�onarola (cfr. il mio studio, La medicina astrologica dello «Speculum phisiono­
ri':;, �z1' M!ch ele Savonarola, in P. CASTELLI (a cura di), In supreme dignitatis. . . Per la sto-
Università di Fe"ara, 139 1 - 1 99 1 , Olschki, Firenze 1995, pp. 4 15-29.
4�
dei eSulla legatio o sospensione di medagliette per curare la perturbazione dello spirito e
tera� rvello, parla Arnaldo in Speculum medicine, Opera 1520, f. 5ra: « Sed propter rei al­
folln onem de�et corpori applicare suspendendo vel applicando vel alligando secundum
ai;
42 a sapien tibµs traditam in Physicis ligaturis specialiter a Galeno et Dioscoride».
Jlri etat go quousque in multis
« antiquorum libris legi suspensa collo suffragari cum pro-
. n cum natura sUI;. quod non denego posse fieri. propter conrortauonem
tis. Ut de" no e • men-
tt" ib 't » , a cura diJ. Wilcox, J.M. Riddle, p. 34. Su Costa ibn Luqa cfr. J. WILCOX, Qu­
S� uqa and the Eastward Diaspora o/ Hellenic Medicine, in J . GREPPIN, E. SAVAGE­
/i.f;dd/e 1L, GUERIGUIAN (a cura di ) , The Di/fusion o/ Greco-Roman Medicine into the
ast and the Caucasus, Caravan Books Delmar, New York 1999, pp. 73 - 1 28.
390 Medioevo magico

hanno un ruolo importante, senza scomodare la magia43 • Il caso dell ' eff
cacia terapeutica del medaglione portato indosso, come i Sigilli, rient r�:
rebbe nell'esperimento pratico basato sull'esperienza, che è com un e so.
prattutto al volgo. Rispetto a Pietro d'Abano, in cui l'accento sull a s cien .
za è fortissimo ed assai minore è quello sull' experimentum, quan do ad.
dirittura nullo è quello sulla rivelazione, sia l'interpretazione del termine
« esperimento » che di quello di « rivelazione » hanno dato molto da di­
scutere agli interpreti: le tesi a questo proposito sono diverse e dipen do.
no dalla visione generale dell'opera di Arnaldo: se la sua dottrin a m edi ­
ca è intesa come totalmente separata dalla sua concezione religio sa
(come ritengono alcuni come Paniagua44 , Perarnau e Giralt) , o invece è
concepita come strettamente collegata alla sua visione religiosa, com e so ­
stengono altri come Ziegler, Crisciani e Lerner45 , si hanno conclusioni di­
verse. Invece, più chiaro è il significato dell' experimentum nella medici ­
na arnaldiana, data l'importanza che egli attribuisce a questa terapia e
che tutti gli interpreti riconoscono. Pertanto nell' experimentum 46 po ­
trebbero entrare tutte le pratiche curative relative alle virtù occulte47 del­
la forma specifica di Avicenna derivante da una causa estrinseca celeste,
come nell'uso terapeutico dei sigilli o amuleti.
Pertanto, se negli Aphorismi de gradibus Arnaldo afferma che la cer­
tezza nella ricerca umana si può avere solo per esperienza o ragione o en-

4 3 « Nam cum noticia proprietatum non possit haberi per rationem, sed tan tum ex­

perimento et revelatione et experientia casuali et revelatio sunt communes vulgo et sa­


pientibus, possibile est ut proprietatum noticie primo habeantur a vulgaribus qu am ab
aliis » (Reportatio super « Vita brevis», in Opera, Lione 1520, f. 276 ra).
44 J.A. PANIAGUA, E/ maestro Arnau de Vt'/anova medico, lnstituto de histo ria de _la
Medicina, Valencia 1960, ristampato con edizione rivista in, dello stesso, Studia arnaldza­
na, cit., pp. 49- 143 , e Abstinencia de carne y medicina, « Scripta theologica» 19 84, 1 6 , PP·
323-24; cfr. GIRALT, De improbàtione, cit., pp. 190-91 .
4' C . CRISCIANI, Exemplum Christi e sapere. Sul'epistemologia di Arnaldo di Villano·
va, «Archives internationales d ' histoire des sciences», 1978, 28, pp. 245-92; ZIEGLER,
Medicine and Religion, cit., in particolare pp. 1 16- 17, 126-34, 241 e 246. .
46 Sull' experimentum nella medicina di Arnaldo, cfr. anche l'introduzione di. M . M;
VAUGHT all'edizione Aphorismi de gradibus, in Arnaldi de Villanova opera m edica 0� '.
II, Granada, Barcellona 1975, pp. 1 - 136; cfr. dello stesso M. McVAUGH, Tke expert 1en1,
ta o/Arnald o/ Villanova, «The Journal of Medieval and Renaissance St ud1es », 1 97. ;,,.
pp. 107-18; J. AGRIMI, C. CRISCIANI, Per una ricerca su «experimentum » - « exP�.
ta», riflessione epistemologica e tradizione medica (sec. XIV-XV), in P. G IAN NI, I . rata
NI (a cura di), Presenza del lessico greco e latino nelle lingue contemp oranee, M a ce
1990, pp. 9-49. . ,,iJ·
47 «Effectus autem proprietatis nequit ratione cognosci cum priora sin t in -s � io•
: t
ta, nec etiam collegi potest rationabili experimento, scilicet tantummodo casu �: 1. eoif11
nabile enim experimentum semper presupponit determinatum obiectum [ . . . J . 1 � 8tiJlll
e xperimento casuali vel aliquo modo revelationis sciretur corallum habere deterJJl
lfl
Magia, medicina e religione 391

be combinate insieme48 , nelle Medicationis parabole, aggiunge anche


t�am ortanza della rivelazione proprio a proposito delle proprietà ignote
ilnp

d
� cculte) che possono nuocere o giovare: «Proprietas incognita ratione
sillogismo revelatione vel experimento iuvantium et nocentium inno­
; scit » . Se Giralt, seguendo !'inte1:Pr�t�zion� di �t�nio �aniagua e Pe­
e -
dro Gil Sotres esclude che s1 tratti di r1velaz1one divma, Z1egler ammet­
interpretazione di una rivelazione da altre persone presenti intor­
te sia l'
no al malato che la possibilità di una illuminazione personale del medi­
co di altra origine spirituale, data la robusta fede religiosa di Arnaldo.
c�me è stato sottolineato anche da Michael McVaugh49 , l'importanza
dell'esperienza è di grande rilievo, quando la ragione non riesce a spie­
gare le azioni che agiscono nelle complessioni. Pertanto dall'esame di
questi passi risulta che la dottrina di nessun essere mortale è sufficiente
al medico allorché deve avere la certezza delle azioni dei complessionati
per la cura, per cui per avere la certezza di queste attività, quando è ne­
cessario, deve ricorrere all'esperienza. Per quanto riguarda l'interpreta­
zione di «rivelazione», Ziegler esamina un passo dello Speculum medici­
ne 50 , dove si afferma l'idea di una «revelatione facta per substantias se­
paratas», che supera la facoltà umana e non rientra nell'arte, e che po­
trebbe alludere all'esperienza religiosa e alla fede5 1 •
Le proprietà dunque di certe pietre, come il corallo o lo smeraldo, Ar­
n aldo ritiene che siano ignote, e la defmizione che si ricava dai passi in
cui tratta di queste proprietà è che esse non si comprendono con la ra­
gione e il ragionamento sillogistico: pertanto «nisi experimento casuali
vel aliquo modo revelationis sciretur corallum habere determinatam

'.'5J>ectum ad stomachum, non posset ullo modo ratione cognosci» (Speculum medicine,
IIl Opera, Lione 1520, f. 6vb).
48 Apho
rismi de gradibus, ed. McVaugh, p. 199: «Cum ergo dicat hoc esse infallibile,
0 et t
P<>n u ad hoc dicendum moveatur ab aliqua ratione qua secum experimentum valla­
�� �osito quod fuisset expertus». M. McVAUGH, The Nature and Limits o/Medicai Cer-
r

1/u 49e at Early Fourtheenth Century, Montpellier, «Osiris», 2• serie, 1990, 6, p. 68.
50 5Cfr. nota 32
5 1 feculum medicine, in Opera Arnaldi, Lione 1520, f. 22 rb.
te . t esperienza religiosa non è esclusa dall'attività di medico di Arnaldo. Questo at­
dtilllento è confermato nelle Medicationis Parabole, in cui egli attesta l'origine divina
« O �onoscenza medica, sulla base non solo di Ecclesiasticus 38, ma anche Giacomo 1, 1 7:
dei gn, dono buono e ogni perfetto dono viene da lui, dal Padre delle luci.» «Omnis me­
a
B
cer Procedit a Sumino Bono [. .. ] Sumit autem exordium hic auctor ab Altissimo, scili­
rn� oP rimo fonte cuiuslibet boni quod est Summum Bonum». «Potuit informari a Sum­
tur no secundum modum in/luentie particularis in qua Deus propria bonitate digna­
rn;11�e11In �t imprimere notitiam alicuius veritatis et circa eam illuminare notabiliter
a.l"ei8 lll eius, ut sit Minister veritatis illius et ut canalis a fonte propinans aquam pilis et
aut piscinis» Cammentum super quasdam parabolas, in ARNALDI DE VILLANOVA,
3 92 Medioevo magico

aspectum ad stomachum, non posset ullo modo ratione cognos ci »s2


Così, la conoscenza di queste proprietà non si può avere per ragi one ·
«sed tamen experimentum vel revelationem». Inoltre nell'A n tidota'.
rium 53 afferma che Dio rivela gli occulti poteri delle medicine comp oste
attraverso l'esperienza: «Experimento enim innotuit Deus largiflu u s ser.
vis suis effectus aliquos compositi». Pertanto, si può concludere c he ne} .
l'uomo si possono dare due tipi di rivelazione, una umana54 che è dei m e.
dici, e una divina, che è concessa a pochi.
Le medicine hanno dunque delle virtù ignote che dipendono dalle
loro sostanze, e la loro applicazione può essere fatta anche medi ante la
sospensione di sigilli o medagliette curative. Tutti sanno che Arnal do ha
costruito e applicato con successo, il sigillo del Leone, per guarire il m al
di reni di Bonifacio VIII. Arnaldo ne allude in varie opere5 5 e anche nei
passi della Reportatio super « Vita brevis », dove tratta dell'efficacia delle
sospensioni o legazioni di amuleti secondo gli esempi del De physicis li­
gaturis di Costa ben Luqa, riferiti a Galeno e a Dioscoride56 • Si può dun­
que arrivare alla conclusione generale: Arnaldo definisce le proprietà te­
rapeutiche di questi amuleti come ignote, senza darne nessuna spiega ­
zione di causa razionale specifica di azione delle qualità elemen tari, a
meno che non si tratti di una virtù che dipende dall'influenza di azioni
celesti, secondo una loro forma specifica. Essa deriva dalla sua teoria me­
dica della generazione e corruzione dei corpi di ispirazione aristotelica e
avicenniana. Tali virtù occulte si conoscono sulla base dell'esperienz a e

Opera medica omnia, a cura di Paniagua, P. Gil-Sotres, VI, 2, pp. 154-54 e 282- 83 . �fr.
ZIEGLER, Medicine and Religion, cit., pp. 119-20 (e passim) e dello stesso, Steinschnez�r
(1816-1907) revised, «Medieval Encounters» 1997, I, pp. 96-97, a proposito delle omis ­
o
sioni a causa delle difficoltà incontrate dal traduttore ebreo delle Medication is parab le
La ter 1•
di questi passi che fanno riferimento al Dio dei cristiani. Cfr. anche L. FERRE, ;
nologia medica en las versiones hebreas de textos latinos, «Miscellanea de estudios a ra es
y hebraicos», 1991, 40, pp. 87- 107.
2
' Cfr. nota 47.
' 3 Antidotarium, in Opera, cit., fol. 243vb.
.
54 «Et primus est revdatio que prout fit a Deo paucis conceditur, sed prout fit ab . o
h -
o-
mine debet communiter a medicis observari. Nam prudens medicus debet s�u� p a: ­
e
tem diligenter interrogare vd assistentes ut ei proprietas iudicetur illius. Tah e n a� . 00•
latione humana scilicet multarum medicinarum proprietates individuale s m ult 1: :01izs,
tuerunt. Secundus modus est experimentum» (Commentum super quasda m pa �
ed. cit., p. 160). . . at do·
" «Sigillum Leonis ab Hermete traditum, si lumbis applicatur, p rotinus m 1t!g igilli
lores in calculosis» (Speculum medicine, in Opera, Lione 1520, f. 7ra). �< Presenti�; ope·
Leonis lumbis appositi non permettit sensum percipere lesionem calculi » ( De pa r
rativa, Opera, Lione 1520, f. 127ra).
5 6 Cfr. nota 4 1.
Magia, medicina e religione 3 93

di ciò ne tratta il volgo. Arnaldo non parla mai di misteriose virtù dipen­
denti da spiriti o da demoni, né ci fa intendere che il medico abbia que­
sti poteri per un patto con il demonio. L'efficacia terapeutica di questi si­
gilli p otrebbe dunque dipendere, da un lato, dall'influsso fisico del pia­
e a, e dall'altro dall'effetto-placebo connesso alla fiducia nelle preghie­
n t Salvatore, all'atteggiamento pio e devoto verso Dio, che è il nostro
re al
5 0nuno Bene, sulla base dell'idea dell'interazione tra corporeo e spiri­
tuale nell'anima dell'uomo (principio della medicina psicosomatica).
d) L'attribuzione del «De sigillis»
L' autenticità di questo breve testo come opera di Arnaldo, è stata messa
in discussion e di recente con argomenti articolati nella revisione del­
l'autenticità delle opere attribuite ad Arnaldo iniziata da tempo e che si
continua anche per merito dei lavori di Paniagua e diJosef Peramau e di
altri, in quanto ritenuta una opera di magia ermetica, a carattere super­
stizioso-57.

'7 La sua opera fu condannata dall'Inquisitore Nicolas Eymeric nel suo Directorium
inquisitorum, sotto la rubrica: «Herejes condenados en los reinos de Aragon sin manda­
to expreso del Papa « (Directorium inquisitorum [. .. ] cum commentariis Francisci Pegiie,
Roma 1587, parte II, qu. IX, p. 265, con la lista delle proposizioni condannate. Le edizio­
ni dell'Opera di Arnaldo vennero censurate e alcune opere non pubblicate, fra cui il De si­
gillis, secondo le indicazioni degli Indices Toledanos librorum prohibitorum edito a Ma­
drid, 1612 per Bernardo de Sandoval (cfr. R VERRIER, Études sur A. de Villeneuve (1240-
13 1 1), Brill, Leida, I, 1947 ; Il, 1949; ].A. PANIAGUA, Il maestro A. de V, medico, Valencia
1 969 , p. 92) . Sul Directorium di Eymeric cfr. ora}AUME DE PuIG I OLIVER, Nicolas Eyme­
rich un inquisidor discutido (a proposito della condanna di Lullo) e C. HEIMANN, Quis pro­
f rie hereticus est? Nicolaus Eymerichs Hiiresiebegri/1und dessen Anwendung au/die ]uden,
in Praedicatores inquisitores I, The Dominicans and the Mediaeval Inquisition, (Acts of the
1 " lntemational Seminar on the Dominicans and the lnquisition, Roma 23-25 feb. 2002),
Roma, Istituto Storico domenicano, 2004, rispettivamente pp. 545-93; 595-624. Il riferi­
mento della frase dello Speculum medicine, al sigillo del Leone, in quanto trasmesso da Er­
mete, è stato amplificato da alcuni studiosi, al punto da ritenere che anche i Sigilli che gli
sono attribu
ap _ iti, siano di magia ermetica. In realtà, come sappiamo da Pietro d'Abano, che
� licava questa terapia, i riferimenti a Ermete sono generici e presuppongono una con­
� ztone vaga ma complessa e differenziata della tradizione ermetica astrologica, di cui solo
e

; qu�ti ultimi anni gli studi più recenti cercano di districarne le diverse tradizioni.
v· r. g� studi raccolti in Hermetism /rom Late Antiquity to Humanism, cit., e le ricerche di
zt�na,�errone Compagni. Si veda in questo volume il capitolo Il. Comunque le distin­
c�� all !�temo della tradizione astronomico-ermetica tra le immagini astronomiche sulla
Sp ase vtene costruito il sigillo, introdotte dalla classificazione data sia dall'Autore dello
l>i�culu m Astronomie che da Pietro d'Abano sono abbastanza chiare: cioè, esiste per
llles� d'Abano e per i medici che applicano l'astrologia del Quadn"partito anche un Her­
to olomeo, che è un astronomo, e non un mago, distinto da un Hermes-Thebit fonda­
r
f00�della magia astrolatrica arabo-sabeana confluita in Picatrix e un Hermes Enoch o Noé
ato re della magia
ebraica-salomonica. Cfr. PIETRO D'ABANO, Lucidator, ed. cit.,
394 Medioevo magico

Fino ad alcuni decenni fa, l'opera era attribuita ad Arnaldo, an che 8e


rientrante nella terapia alternativa della sua dottrina medica a caratter
pratico. Gli studi più antichi, come quelli di Finke, di Diepgen, che que}�
li più recenti di Luke Demaitre, di Bruno Delmas, di Josef Shatzmiller
di Michael McVaugh, di Josef Ziegler, non ne discutono l'attribuzion�
che pare accettata, ad Arnaldo: la giustificazione principale dipend ereb .
be dalla constatazione che effettivamente Arnaldo si era avvalso dell 'uso
terapeutico dei sigilli astrologici; ne ha fatto cenno più volte5 8 , e l a sua
medicina dà largo spazio alla pratica e all'esperimento. Essendo da un
lato un empirico, dall'altro un dottrinario, dai principi della sua ep iste­
mologia medica che sosteneva l'importanza della rivelazione e dell' espe­
rimento accanto alla dottrina, quest'ultimo utile là dove non arriva la
dottrina, poteva conseguire anche l'idea di una stesura di un trattatell o
come i Sigilli, di terapia empirica. Infatti essi non contengono da un pun­
to di vista medico, niente di contrario ai principi generali della medicin a
di Arnaldo. Questa pratica empirica medica, che usava queste medaglie
a scopo terapeutico era abbastanza comune a Montpellier, ed è docu­
mentata fin dagli inizi del XIII secolo anche presso i medici ebrei di
Montpellier oltre che essere stata impiegata da Bernardo de Gordon, da
Pietro d'Abano e Guido di Caulico. Già nel XII secolo, gli ebrei di An­
dalusia che si erano rifugiati in Languedoc e a Montpellier, avevano fon­
dato delle scuole di medicina. Secondo una testimonianza, il celebre rab ­
bino spagnolo Mosè Nachmanide, originario di Gerona, sarebbe ven uto
a studiare medicina a Montpellier sotto la direzione dell'altrettan to fa ­
moso Iuda ben Tibbon. Sulla base della testimonianza di uno dei suoi di­
scepoli, Salomon ben Adereh, «egli guariva il mal di reni con d ei p ezzi
di piombo rappresentanti la figura del Leone»-'9 •
L'impiego di questa terapia risulta anche da una vivace polemica che
e
scosse l'ambiente medico ebraico di Montpellier, sulla base di una lett -

pp. 116- 17, «Nosce quippe Ptolomeus in Quadripartito non tetigit interrogati �n �s ne<l;:
electiones eo quod, secundum Haly Rodoan ipsum commentantem existimavit ip sJ bt1
,4
viles et debiles fore» (Cfr. anche CH. BURNETI, The Legend o/ the Three Herm es an u r·
Co
Ma'shar Kitab al Uluf in the Latin Middle Ages, «Joumal of the Warburg an d e th
tauld lnstitutes», 1976, 39, pp. 231 ss.).
'8 Cfr. nota 55.
entre
'9 J. SHATIMILLER, In Search, cit., pp. 384-85, e dello stesso: Contaci� et échani�7 , 12 ,
savants jui/s et chrétiens à Montpelliers vers 1300, «Cahiers de Fan1ea ux » ,_ 1 ste efl
i
pp. 334-37. Cf r. anche D. SCHWARTZ, La magie astrale dans la pensèejuive ra ttonal 'Atf '1>•
Provence au XNe siècle, «Archives d'histoire doctrinale et littéraraire du Mort; et sofl
1994, 69, pp. 31-55 e il volume degli Atti I.:Université de Médecine de Mon tp e � rnboll1
rayonnement (Xllle-XVe siècles), a cura di D. Le Blevec, T. Granier, Brepol s , u
2004.
Magia, medidna e religione 3 95

ra del rabbino di Montpellier, Abba Mari, inviata nel 1303 a proposito


del sigillo della figura del Leone, al celebre Salom ben Adereth di Bar­
a cui chiede se era vero che aveva permesso questa terapia che
cello na,
sap e va di superstizione. Salomon risponde che l'aveva tollerata perché
an che il grande Nachmanide l'aveva praticata. Secondo gli studi diJosef
Shatzm iller a proposito di questa testimonianza di Abba Mari risulta che
un codice di Cambridge risalente alla metà del XIII secolo da lui ritro­
vato contiene proprio un Libro delle figure dei dodici segni, (Surot shneim
mazzalot>>) 60 • E Shatzmiller avrebbe messo in luce la somiglianza di
<<asa r
questo testo, da un lato, con il trattato delle immagini dei dodici segni di
Bemard de Gordon, e dall'altro con alcuni passi delle immagini dei se­
gni di Pica trix, che sarebbe la loro comune fonte di ispirazione. Shatz­
miller li avrebbe confrontati anche con i Sigilli attribuiti ad Arnaldo. Sia
Shatzmiller che Duke Demaitre61 , confrontando tra loro queste tre reda­
zioni con quella attribuita ad Arnaldo, avrebbero riscontrato forti diver­
sità tra di loro, come io stessa ho cercato di mettere in luce nei paragrafi
p recedenti.
Questa controversia sull'uso terapeutico del sigillo del Leone nel­
l'ambiente medico-ebraico di Montpellier negli anni di attività di Arnal­
do è veramente interessante, perché dimostra quanto fosse discusso l'uso
medico degli amuleti sia nei circoli ebraici che in quelli cristiani, da par­
te delle autorità mediche e religiose. Anche la ripercussione della guari­
gione del mal di reni di Bonifacio VIII per l'applicazione del sigillo del
leone costruito da Arnaldo ne è un esempio significativo. Essa fece un
gran rumore62 sia nella corte pontificia, ostile a Bonifacio VIII, che negli
ambienti medici. Non riesce difficile comprendere come anche ai tempi
�ostri si abbia difficoltà ad attribuire ad Arnaldo il testo dei Sigilli che ci
e P�rvenuto, proprio per questo sospetto di terapia superstiziosa, non
razion ale.
Arnaldo aveva parlato più volte del sigillo del Leone e nello Speculum
medicine aveva affermato: «presentia sigilli Leonis lumbis apposito, non
Permittit sensum percipere lesionem calculi». Negli Aforismi particula ­
res �gli scrive a proposito dei Pesci: «celeste sigillum dolores pedum fu­
gat 10 aeternum»63
. Inoltre, nell'inventario dei suoi beni scoperta dal

: �fr. SHATZMII:LER, In Search, cit. , p. 398.


. . . . .
infi, . al rns. BERNARDI DE GORDONIO Tractatus ad faczendum stgtlla et tmagmes contra
lll 11l t z ta es div er sas, Vienna, Biblioteca Nazionale, lat. 3162, f. 239r-24 1v, e Wiesbaden
., 62rn.8 • 7 9 , f• 5 4v-5 6r.
6J �lN I<E , _A us dem Tagen Boni/ax VIII, cit., p. XXVI e PANIAGUA, Il maestro, cit. , p. 63.
dell ·btorzsmi particulares, Opera medica omnia, VI, 2, ed. cit., p. 236. Sul manoscritto
a B1 oteca
Nazio.nale di Madrid, n. 138 (cfr. lnventario generai, voi. I, Madrid 1953,
3 96 Medioevo magico

Verrier a Valenza, dopo la sua morte, sono indicate numerosi esernpI


di medaglie come a lui a�parten�nti. S�condo Bruno Delm.as64 Arn a1�:
ha trasm�sso questa p�auca a G1?v�nm � Er�er_igar?o Blaise! n ip oti
di
sua moglie Agnese Bla1se. La famiglia Bla1se, di r1cch1 mercanti di Mont­
pellier, dovette lasciare la città verso il 1304-1305 . Ermengaldo Blaise
fratello di Giovanni, si ritirò a Barcellona, dove divenne medico p ress ,
Guglielmo V. Quindi Giovanni Blaise insieme ad Arnaldo fu no minat�
medico del re Roberto di Napoli, Conte di Provenza. Egli si st abilì a
Marsiglia e continuò la tradizione dell'insegnamento di suo zio. Egli ri­
correva all'astrologia usando personalmente delle immagini del Leone.
Sette in oro e undici in cuoio sono ricordate nell'inventario autogr afo dei
suoi beni65 • D'altronde, anche Guido di Caulico credeva all'effic acia di
questa terapia per la malattia della pietra, e riferisce66 questi sigilli a E r­
mete e a Pietro d'Abano. Quest'ultimo, infatti, ne parla in tal senso, ma
distingue ben tre tipi di immagini astrologiche di Ermete e non tutte
sono magiche: egli parla delle immagini di Ermete Thebit (che sarebbe­
ro di astrolatria ermetico-sabeana), le immagini di Ermete Enoch, che sa­
rebbero di ispirazione ebraica di magia salomonica, e le immagini di To­
lomeo, che sarebbero fisico-naturali, e non immagini di entità planetarie
sovrannaturali.
Parrebbe dunque che agli inizi del XIV secolo, i più grandi medici
come Arnaldo, Pietro d'Abano, Guido di Caulico, Bernardo de Gordon
abbiano, come alcuni medici ebrei di Montpellier, impiegato delle me­
dagliette (sigilli) con i segni astrologici per uso terapeutico, attribuen do­
le a un generico Ermete, con particolare attenzione al sigillo del Leone.
A questo punto, viene da domandarsi se le terapie di Arnaldo con­
tengono qualcosa contro la religione, comprese quelle di questi sigilli . Se
queste, come ritengo, non sono di magia astrologica ermetica - cerim 0·

p. 117) si trova una nota: Aphorismi de Arthetica (incipit) fol. 7v: « conseivat io s� it ati�
in lapsis corporibus», dopo la enumerazione delle proprietà di erbe curative ( « s a l"!� r:
,
ta et erebro sumpta» insieme alla verbena), si indica il modo di confezionare u n 51g\ u

di
che dovrebbe essere dei Pesci perché cura i piedi, che termina con le stesse p aro
quello degli Aphorismi particulares sopra citato dopo le parole: « pedibus numqua
ee
}idt
m

st robur prosperitatis (?), celeste sigillum dolores pedum effugat in eternu m . Ex p bili
etc.». Segue: « Ordinationem presentem dictavit magister Arnaldus de Vill an ova no
64 Cfr. B. DELMAS, Médailles astrologiques et talismanes dans le midi de la France (XIII
viro comiti [ ... ? ... ] de virtutibus herbe» (fol. 8r). ·
AI·
l (
XVI siècle), in Actes du 96im• Congrès national des Sociétés savantes, Tolo sa 1 97
chéologie, t. II), pp. 437-5 1, in particolare p. 450.
65 Cfr. DELMAS, Médailles astrologiques, cit., p. 450. . , ·
66 « Et Hermes dixit, ut Arnaldus et Conciliator testantur, quod ymago Leonts s b11Jpe0
ta in auro purissimo Sole existente in Leone, Luna, Saturnum non respiciente nec a ,al·
a

recedente, in bracali aut in zona de corio vituli marini aut leonis portata, prese rv at
Magia, medicina e religione 397
ai spirata dal manuale di magia medievale ermetica che è Picatrix,
01· e i rrebbe risultare da una analisi dei testi rispettivi, se nella sua te­
com e pa
pia l'esperimento pratico è ammesso, se l'accento religioso è fonda­
:entale, come la purezza dei costumi, le astinenze, se è forte in lui l'idea
della fonte unica divina della conoscenza medica, perché Dio è la fonte
com un e sia della contemplazione religiosa che della dottrina medica, se
le pratiche di castità e di morigeratezza nei costumi sono utili alla salute,
secondo l'insegnamento morale e religioso, non si vedono particolari ra­
gioni per escludere l'attribuzione di questi sigilli ad Arnaldo che sareb­
be dovuta alla commistione di una astrologia medica naturale con tutte
le espressioni devozionali e le preghiere dei credenti qui contenute. La
pratica medica di Arnaldo non era neutrale rispetto alla religione; essa
tuttavia non era condizionata da alcuna visione di magia cerimoniale er­
metica, così come si è voluto interpretare il contenuto del De sigillis. Essa
non ci pare neppure da avvicin arsi alle pratiche superstiziose delle mu­
lierculae, quelle delle donne ignoranti condannate tra il 1303 e il 1348 se­
condo i documenti pubblicati da Perarnau, le quali prescrivevano ai pa­
zienti la recitazione di Ave Maria e Pater Noster e una serie di verba ade­
gu ate in volgare67 • Non è lecito, ci pare, condannare a priori l'ispirazione
religiosa e devozionale di queste incisioni come superstiziose, delle qua­
li alcune espressioni si trovano anche nell'Allocutio super signi/icatione
nominis «Thetragrammaton», per esempio Alpha e Omega, Leo, Tribù
]uda , per indicare Christo, le quali mostrano una religiosità dotta68 • Ma
Prima di arrivare a questa conclusione che non escluderebbe la possibi­
lit à che questi sigilli siano di Arnaldo, di valore ipotetico perché non ab­
biamo dati materiali di fatto per sostenerla ulteriormente, vediamo di
esaminare le argomentazioni di Nicolas Weill-Parot e di Sebastian Giralt
che, di recente, hanno escluso nel modo più categorico, l'attribuzione di
qu�sta opera ad Arnaldo, apparendo a loro avviso redazione chiaramen­
te Ispirata da passi analoghi di Picatrix.
_ Nicolas Weill-Parot, nel suo vasto studio sui prcedenti medievali del­
Ie mag
llll ini astrologiche del secolo XV, con particolare attenzione all'o­
Pera di Gerolamo Torrella, largamente ispirata al De vita ccelitus compa­
r�n da di Marsilio Ficino, ossia l'Opus prteclarum de imaginibus astrologi­

a 'Ar Prende in esame tra le fonti precedenti anche il De sigillis attribuito
n aldo. Si tratta tuttavia di copie manoscritte che non sono le stesse

�oh
u ,
GUIGONIS DE CAULHIACO, Inventarium sive chirurgia magna, a cura di M. Mc­
! M .S. Ogden, Brill, Leida, 1997, voi. I, p. 380.
J.
e,, la �ERARN AU Y ESPELT, Activitats i Formules supersticioses de guariciò a Catalunya
P rt mera meitat del Segle XIV, « Arxiv de textos catalans antics», 1982 , pp. 66-76.
,,,, A.l
locutio, a cura di ]. Peramau, p. 15 1.
3 98 Medioevo magico

da me studiate, pertanto valgono le sue argomentazioni che ne esclu do


no l'attribuzione ad Arnaldo.
Se i sigilli cosiddetti arnaldiani non sono un testo di magia ast rol ogi.
ca cerimoniale ermetica69 , come pare, e non hanno un carattere esorci .
stico cioè non comandano (cogunt, compellunt) i demoni, come si uò
P
constatare, cade anche la critica, la più forte, che è quella portata d a Se.
bastian Giralt. L'argomentazione di Sebastian Giralt sviluppata nella sua
introduzione70 alla nuova edizione critica del De improbatione maleficio.
rum, nega l'attribuzione ad Arnaldo, sottolineando la condanna di Ar­
naldo di tutti gli amuleti, medaglie, incisioni e formule per cacciare i de ­
moni con l'argomento della loro non efficacia, perché essi sono esseri in ­
corporei, e qualunque amuleto è corporeo, anche se usato dagli uomini
che sono sempre sostanze corporee, anche se dotati di anima e intelletto
perché legati al corpo, e così non hanno la stessa natura incorporea dei
demoni. E il corporeo non può agire su ciò che non ha corpo. Solo colo­
ro che sono stati scelti da Dio per grazia, possono cacciarli. Il testo di Ar­
naldo è corretto dal punto di vista della credenza cristiana nel demonio,
essere incorporeo, e si colloca nella linea di sant'Agostino e della demo ­
nologia di Guglielmo d'Alvernia. Anche nel De parte operativa, trattan ­
do dei prestigi e dei malefici dei maghi, aveva fatto intendere che i de­
moni esistono e somministrano ogni male, ma questi malefici compiuti
da maghi non hanno alcuna efficacia7 1 , perché sono «delusiones incan­
tatorum», inganni di nessun effetto («Et magorum prestigia et incanta­
torum delusiones et maleficiorum vexationes ac etiam festinante impres­
siones non aliter efficaciam habent, licet demones subministrent » ) .

69 Come è noto, nel 1346 i suoi scritti, compresi quelli di Pietro di Giovanni
Olivi, fu ­
rono bruciati di fronte alla cattedrale di Gerona, ma ciò riguardava la sua opera di rifor­
ma spirituale e meno quella medica. Cfr. per il testo di condanna di Tarragona , F. SAN�,
Arnau de Vilanova, cit., pp. 283-89. Cfr. anche } . PERARNAU, Problems i criteris d'autenttj
citat d'obres espirituals attribuides a Arnau de Vilanova, in J. Perarnau ed., Actes de Ia
_
Trobada internacional d'Estudis sobre Arnau de Vilanova, Barcelona, 1995, I , PP· �5
b
103; cfr. anche C. Du PLESSIS o'ARGENTRÉ, Co/lectio iudiciorum de novis errorib�s quz;
B
initio duodecimi saeculi ad annum 1 735 in Ecclesia proscripti sunt et notati, Paris 17
parte 1• primi, pp. 268-69; cfr. anche R.E. LERNER, Ecstatic Dissent, «Specul um » , 6 7
(1992), pp. 33-57 .
70 GIRALT (a cura di), De improbatione male/iciorum, cit., p. 307 e dello s tes s o MeJi·

cina i astrologia en el Corpus arnaldià, cit., pp. 26-29.


7 1 De parte operativa, in Opera, Lione 1520, f . 127ra. A questo proposi to osse rvo e
be
pe
egli crede nell'efficacia delle benedizioni e delle orazioni che sono superiori al comuJll "
0
ultra �b 5
corso della natura, da parte d i Dio, donate ai credenti in grazia di Dio: «Deus · 0
munem nature cursum non solum rebus, sed etiam virtutum prestat efficac1am voct J·'
quamquam veritas ministeralium gratuita salus nobisque necessaria postulat ». Qu � pe· e e

fermazioni fanno ritenere che Arnaldo credeva nell'efficacia sovrannaturale delle


e
Magia, medicina e religione 399

Com e ho messo in luce, i Sigilli arnaldiani hanno un forte accento re­


ug oso devozionale, curano contro mali esterni e malattie organiche se-
i 72

nd la melotesia zodiacale; ma non sono nel complesso esorcistici, non


co o cacciare i demoni, né a comandarli. Solo il segno dell'Ariete e
lgono a
�auello corrispondente della Bilancia porta un rigo, per cui esso vale an­
« tra demones et inimicos capitales et contro maleficia» (Ariete),
che con
e « contra insidias demonum in mari et in terra» (Bilancia). Come inter­
p retare queste frasi? A mio avviso si tratta di una notazione che ricon­
duce i sigilli alla loro funzione di protezione, contro i demoni, come tut­
ti i nem ici capitali. Infatti, i demoni sono avvicinati ai nemici capitali e a
chi compie malefici, alle tempeste del mare e in terra. Se i malefici e gli
uom ini malvagi esistono, fanno ingiurie e danni, provocano sofferenze,
chi sono i demoni in questo testo, dato che la loro opera è sempre illu­
soria? Sono quegli spiriti incorporei della religione cristiana, o sono solo
gli uomini malefici? Non ci è dato dare una risposta soddisfacente, per­
ché non possiamo penetrare nell'intimo della credenza cristiana di Ar­
naldo. Si può affermare solo che questi sigilli non sono nel complesso
esorcistici, ma un testo di terapia protettiva non magico-ermetica necro­
mantica, bensì fondata sulla melatesia zodiacale della medicina medieva­
le: protezione assicurata anche dall'atteggiamento religioso, devozionale
che esige raccoglimento e preghiere a Dio, Sommo bene e Salvatore del
mondo, secondo quella interrelazione tra medicina e religione che ci
pare un aspetto essenziale di tutta l'opera di medicina di Arnaldo. Le
espressioni delle Medicationis Parabole, come alcuni Aforismi e altri pas­
si ricordati di sopra, non lasciano dubbi. Arnaldo sembra condividere
l'idea della medicina psicosomatica come Pietro d'Abano, di interazione
tra corporeo e spirituale, per cui l'efficacia della preghiera e la fede in

�zioni e delle orazioni consigliate da un medico ispirato e contemplator delle Verità di­
vtne, quale egli riteneva di essere, come si può dedurre dai presupposti religiosi delle sue
�fl �e escatologiche come il De mysterio cymbolorum Ecclesiae e il De tempore adventus
e
�ttchristi: «Et licet speculatores ordinari sint prelati... nihilominus etiam speculatores
�ISt�! in Ecclesia prophetarum.. . quicumque scrutantur sacra eloquia, speculatores
0
�111J. sunt ad populum suo modo.... Unde licet ad clamandum non sint ex auctoritate
0 aria quia
!din tamen divine veritatis hauriunt cognitionem, per ipsam debitores effi­
��nt�r Deo et proximo». Tractatus de tempore adventus Antichristi, ed. J. Perarnau,
u
henn. de Textos Catalans Antics», Barcellona XI, 1988- 1989, 7 -8, pp. 67- 133. Cfr. an­
i J MENsA y VALLS, i_Fue Arnau de Vilanova un Pro/eta apocaliptico?, «Bulletin de phi-
0So h ie médiéva
le», 1996, 38, pp. 129-40.
f2
v Sulla religiosità di Arnaldo, cfr. R. MANSELLI, La religiosità di Arnaldo di Villano­
Bollettino dell'Istituto Storico italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano»,
l;�tl, 63 ,
e .,4 98, e gli studi di F. SANTI, Arnau de Vilanova, I:obra espiritual, Valencia 1987,
i,,J,.0rnaldo di Villanova. Dal potere medico al non potere pro/etico, in Poteri carismatici e
'11tali, Palermo J 991, pp. 262-86.
400 Medioevo magico

Dio possono essere necessari alla guarigione, perché Dio può anda re an
che ultra «communem cursum nature» per colui che ha la fede e la gr
zia. In ogni caso, il fine di ogni conoscenza, anche quella medica, è vo}:
alla acquisizione della perfezione dell'anima umana che si ottie ne rn e�
diante la conoscenza del governo di Dio Altissimo, degli angeli s piritu a.
li, del loro ordine e dell'ordinamento della composizione dei cieli, e ri ­
chiede la fede e la preghiera. Dunque, come per Pietro d'Abano, ma con
accenti diversi, perché quest'ultimo non possedeva tutta la spiritualit à di
Arnaldo e non aveva interessi religiosi, la cura del corpo passa anc h e per
la cura dell'anima, la quale si può meglio disporre con le preghiere al S al .
vatore per ottenere la guarigione desiderata.

Per concludere: non sappiamo con certezza se questi sigilli son o p ro­
prio di Arnaldo, oppure no, non avendo riscontri materiali precisi73 • Pro­
cedendo per esclusione, si può però affermare che non sono avvicinabi­
li alle immagini dei segni e all'evocazione delle /acies dei pianeti , della
magia astrologica ermetica cerimoniale di Picatrix: cioè non si tratta di un
testo di magia astrale destinativa.
Non sono medaglioni con incisioni di caratteri di formule esorcistiche
per cacciare i demoni, anche se per due segni, si fa incidentalmente rife­
rimento alla protezione contro di essi, a parer mio per indicare solo la ef·
ficacia di salvaguardia del sigillo. Hanno una forte connotazione religio­
sa pia e devozionale, e dal punto di vista astrologico, non portano effi­
giate le_immagini ascendenti dei pianeti secondo il culto astrale dell a ma­
gia ermetica di Ermete Thebit. Non si parla di suffumigazione come nel­
la magia ermetica; non contengono elementi tecnici di astrologia, come
la divisione in /acies dei decani planetari, né i loro aspetti, che si invo��­
no e si comandano. Invece seguono le indicazioni generali della medici ­
na astrologica naturale condivisa anche da Arnaldo, o melotesia z o diac a·
le. Contengono dottrine eretiche e superstiziose estranee alla me dicin d e
alla visione religiosa di Arnaldo? A nostro avviso, non pare, non aven °
i sigilli nessun carattere di magia ermetico-astrolatrica cerimoniale, b �n �
sì solo una forte ispirazione mistico-religiosa cristiana. Sono stati s c rtttl
proprio da Arnaldo? Non possiamo affermarlo, ma non possiam o n e� ­
meno escluderlo, perché le argomentazioni portate contro la loro attrt·
­
buzione ci sembrano deboli. Così ci pare anche l'argomentazione p o rt�
0
ta dal Giralt, perché i sigilli non hanno il potere di comandare i d ern ° �
Se anche il testo non è autentico di Arnaldò, certo è molto vicino alla s tl

n Bruno Delmas ha ritrovato due medagliette del segno dell'Ariete e dei Pese( c�dj i,
ispirano ai Sigilli attribuiti ad Arnaldo nd fondo della Biblioteca Nazion ale di P a ri g
XVII secolo l'una e l'altra dd XVI secolo.
Magia, medicina e religione 401

emologia e alla sua dottrina generale sia religiosa che medica, la qua­
ipe iestra stata continuata dai suoi nipoti Giovanni e Ermengardo Blaise:
e rtanto , se non lui, il nipote Giovanni, del quale sono stati ritrovati nu­
�erosi sigilli74 , potrebbe averlo redatto.
D'altronde, come si sa, i confini tra razionalità e superstizione non
gli stessi lungo i secoli e noi non conosciamo certamente bene
5000 stati
e i di quegli anni tormentati in cui visse Arnaldo. Con l'edizione cri­
qu lldd De sigillis, il lettore potrà giudicare da solo, anche se l'equivoco
tica
della credenza se la guarigione medica sia una pratica magica oppure mi­
racolosa quando la scienza pare insufficiente, �ontinui ad essere un topos
universale a seconda delle diverse opinioni. E certo, comunque, che le
caratteristiche del contenuto di questo testo non possono essere portate
come un argomento contro la sua autenticità, quanto invece il contrario.
Per l'attribuzione alla sua opera, molto ha nuociuto il dilagare di que­
sta p ratica tra praticoni, maghi e astrologi, che si diffuse alla fine del XIV
secolo e soprattutto la polemica che ne seguì, che portò alla condanna
dd 1398 della Facoltà di Teologia di Parigi di questa terapia ritenuta su­
perstiziosa. Su questa condanna si appoggiòJean Gerson75 nella contro­
versia contro Giacomo Angeli, con tutte le conseguenze che ne seguiro­
no e la condanna al rogo diJoan de Bar (si veda qui Capitolo VIII).

74
Delm as riporta l'inventario dei beni del nipote di Arnaldo Giovanni Blaise, se­
:ci��o il quale egli avrebbe posseduto sette immagini in oro del segno del Leone e un-
. In cuoio. Secondo un'altra testimonianza, cfr. VERRIER, Études sur A. de Villeneuve,
t
l . , e PANIAG UA , El maestro Arnau, cit., p. 7 1 , nell'inventario dei beni di Arnaldo a Va­
d��• dopo la sua morte, al n. 330 si sarebbe trovata l'indicazione di esemplari di me­
d: ;tte. ( Cfr. q ui nota 4 1 ) . Cfr. anche R. CHABAS, lnventarios de los libros, ropas y
�t
1

1 9 9e/ectos de Arnaldo de Villaneuva, «Revista de Archivos, Bibliotecas y Museos »,


7; , pp . 1 1 -49.
GERs0B . DELMAs, Medailles astrologiques, cit., p. 45 1 , che ricostruisce la controversia ; J.
17 0 _ N , De erroribus circa artem magicam, in Opera omnia, ed. Ellies du Pin, Anversa
t..iab6mcol. 21 7-219 ; }.-P. BOUDET, Les condamnations de la magie à Paris en 1398, «Revue
200 1 tn, Revue international d'histoire et de littérature réligieuse», nouvelle série 12,
I.es 1.'1114t . 73 ), pp. 12 1-57, dello stesso Entre science et "nigromance", cit., e WEILL- PAROT,
ges , cit. , pp. 593 -601 .
1 6. Un caso di razionalismo estremo e la negazione
dei demoni
Biagio Pelacani da Parma « doctor diabolicus » 1

Astrologia e scienza
L'astrologia è sempre stata la disciplina di confine tra scienza e magia2 •
Qualora i movimenti dei cieli fossero spiegati secondo una legge di natu­
ra (opus naturae) che fosse autonoma dal dator /ormarum e fosse la causa
prima necessaria secondo la cosmologia di Aristotele o dei filosofi arabi,
si a rriva alla formulazione di un cosmo che può essere spiegato secondo i
semplici movimenti astrali, vis syderum, senza fare intervenire un Dio
creatore dal suo esterno, o dai demoni al suo interno. Se la metafisica e la
fisica di Aristotele, centrata sulla teoria del movimento celeste e terrestre,
è intesa come una pura cosmologia, con l'espunzione degli adattamenti in
sen so teologico compiuto dai filosofi cristiani del XIII secolo si arriva al­
la formulazione Deus sive natura scandita dai ritmi astrali.
. Come vedremo, sarà questa la concezione dell'astronomia (astrolo­
gia ) che porterà Biagio Pelacani da Parma (Costamezana, Parma, 1357
ca .-Pa rma 14 16 ) a condividere un materialismo astrologico. Chiamato
fors e per questo doctor diabolicus, fu filosofo e scienziato ottico, astro­
nom o, matematico assai famoso nel suo tempo e successivamente per le
s�e lezioni di matematica e di perspectiva3 , ma anche noto per le sue dot­
trine non propriamente conformi alla dottrina della fede. Da una lettura
atten ta delle sue opere si evince che egli professava un aristotelismo cri-

1
. Per la vita, le opere e la dottrin a cfr. G. FEDERICI VESCOVINI, Astrologia e scienza. La
Cris' e a stotel
11t�
le h1 ll'. ri ismo sul cadere del Trecento e Biagio Pelacani da Parma, Nuove ed. Val-
1 • Firen� 197 9; per un aggiornamento dei mss., della stessa Opere di Biagio Pelaca­
l>h Parma, m Filosofia, astrologia, scienza a cura della stessa, Il Poligrafo, Padova 1992,
., , 18 1-2 16 •
2

3 C anche COPENHAVER, Astrology and Magie, cit., in particolare pp. 264- 7 5 .


fr.
de ' �fr. ora l ' edizione critica Blasii Parmensis Questiones perspective, a cura di G. Fe­
rlci Vescovini, . Biard et al.,
J Vrin, Parigi 2008.
404 Medioevo magico

tico, fortemente rivisto e interpretato in senso materialista, da fil oso


E0
naturale, come egli si professa e non da credente cristiano. In ques to co .
testo si colloca la sua dottrina astrologica dei cieli antianimistica , antid°
moniaca e antispirituale per cui tutto è ricondotto a un moviment o fis�:
co del cielo identificato con Dio sive natura: un vero anti-mago. Egli ,
tuttavia critico nei confronti della ontologia «realista» di Aristotele , det
la sua dottrina delle forme sostanziali, soprattutto riguardo all a t eoria
della causalità universale e necessaria. Così egli finisce per ricondu rre
tutto il mondo naturale a un insieme di cause contingenti e arriv a a con­
durre una confutazione della dimostrazione sia a posteriori ch e a prio ri
dell'esistenza di Dio: l'unica causa vera universale da lui ammessa è l ' in­
fluenza astrale che segue leggi fisiche razionali, le altre sono tutt e acci­
dentali. Se Dio è causa universale, essa è volontaria e dunque è in cono ­
scibile, non rientrando nella sfera delle regole della conoscenza natura­
le4 . Pertanto Biagio ritiene che nel mondo naturale si possono d are solo
cause sufficienti, le quali sono quelle che producono gli effetti d i fatto .
Gli eventi quando si verificano sono necessari e non altrimenti. E si veri­
ficano per una causalità astrale. In che senso allora si può parlare di de­
terminismo astrologico nell'opera di Biagio, se le cause non sono neces­
sarie e quindi non determinano?
Le sue dottrine astrologiche, più spinte di qualunque dei suoi prede­
cessori, tranne quelle di Cecco d'Ascoli (ma in senso del tutto opposto )
furono riprovate, ma assai blandamente dal Vescovo di Pavia nel 1396
che lo mandò a chiamare e
alla sua presenza lo interrogò chiedendogli se era scontento (male con �entu�
di ciò che aveva detto contro la Fede Cattolica e la Santa Madre Ch iesa .
quale rispose quod sic. Quindi lo interrogò se voleva tenere la Fe de Catto�­
ca , i suoi articoli e le determinazioni della Chiesa. Al che rispose qu od st�•
chiedendo perdono degli errori commessi. Il Vescovo , ottenuta così la n­
trattazione da parte di Biagio , lo reintegrò nella carica e nd salario sen za nes·
sun' altra conseguenza'.

Da quel momento egli mitigò tutte le dottrine estreme di materi�istn f.


astrologico e soprattutto la negazione dell'immortalità dell'anima m te
o
lettiva umana, introducendo la nozione di intellectus indivisibilis ete rn e
immutabile, centrata sul concetto matematico di proporzione di u g �: u

glianza da me analizzata in altra sede, su cui non posso qui sofferm artJl

4 Cfr. Quest. physic. , VIII, qu. 1, ms. Vat. lat. 2159, citazione in FEDERICI VE 5coVJNI ,
cit., pp. 377-81. . 398-
, Per l'edizione di questo documento cfr. il mio studio Astrologia e scienza, c tt . ' Pc�,ufll
6 Per la nozione di intellectus indivisibilis e quindi eterno cfr. Questiones phy5i
Un caso di razionalismo estremo e la negazione dei demoni 405

9) n materialismo astrologico di Biagio. La causalità astrale


futtavia all'inizio della sua speculazione Biagio ammette come unica cau-
v ale possibile l'aspetto o la congiunzione celeste. Come si ac­
s9 un i ers
or questa concezione con la sua negazione delle cause necessarie?
d a
�ome agisce la causa universale del cielo in questo cosmo dove tu tto si
er moto alterativo relativo?
genera p
Per usa universale del cielo Biagio intende l'insieme di tutte le cau­
ca
se p articolari che ne dipendono, ossia la pluralità degli aspetti celesti,
come le relazioni intercorrenti tra le grandi congiunzioni e le piccole, se­
con do la dottrina astrologica risalente ad Albumasar (si veda il Capitolo
X) per cui, propriamente parlando, non si producono mai effetti ontolo­
gicamente reali universali, contrapposti ad altri effetti ontologicamente
reali singolari. Dagli astri e dai loro aspetti derivano nel mondo terreno,
movimento, luce ed influenza. Essi sono le cause agenti principali da cui
dipendono le qualità elementari come il caldo e il freddo. Le disposizio­
ni qualitative che sono nei quattro elementi di cui è costituito l'intero
universo, realizzano la perfezione della materia prima. Ma tali disposi­
zioni qualitative degli elementi entrano in una certa proporzione tra di
loro solo per l'azione, la luce e l'influenza di questi aspetti astrali, che,
pertanto, causano ogni latitudine delle proporzioni delle qualità elemen­
tari e di tutti i loro composti.
Si comprende come secondo Biagio gli astri siano le uniche cause da
lui riconosciute per la generazione delle forme, intese come determinate
«latitudini delle proporzioni» di tali qualità che si realizzano nella mate­
ria p rima, e come l'astrologia sia la prima scienza e possa paragonarsi alla
teologia7 • Egli giunge così ad ammettere non solo la generazione univo­
ca, ma anche quella equivoca: il passaggio da una specie all'altra, dalla
Putrefazione della materia per il concorso dell'influenza astrale, anche se
o
ie � è desiderato dagli esseri, passare dalla specie superiore a quella in­
nore, dall'uomo all'asino, bensì il contrario8 •
nerIl fenomeno della generazione equivoca è l'unico caso in cui si ha ge­
azione per la sola causa universale, ossia per l'influsso generale del

:da�e dopo la condanna, libro VI, qu. 4, ms. Vat. lat 2159, f. 172va (Astrologia e scien­
i ' CJ.t., P P - 2 11- 12). Su ciò anche la mia introduzione all'edizione critica della Questio de
nte�sione /ormaru� di Biagio, «Physis», 1994, 3 1, in particolare p. 444, nota 30.
a f Cfr. BLAsn Questiones supra tractatus logice magistri Petri Hispani, I, qu. 2, secondo
r col
ne !s ?, a cura di J. Biard, G. Federici Vescovini e altri, Vrin, Parigi 200 1, p. 44: «Ratio­
Uo ubiecti theologia ve! saltem astrologia est scientia scientiarum ve! aliis scientiis nobi-
r ;. ( S i veda qui anche Appendice IV).
f. 1 3 pu estiones de anima, II, qu. 1, (prima redazione) Città del Vaticano, ms. Chigi 0.IV4 l ,
rb; e II qu. 7, (a cura di G. Federici Vescovini, Olschki, Firenze 1974, p. 111).
406 Medioevo magico

cielo, senza l'intervento di altre cause particolari. Ma in tutti gli al tri ca s ·


di generazione univoca, ossia di esseri della medesima specie, la gen er/
zione avviene per cause particolari o sufficienti, supposta, però, un a ini.
ziale azione degli astri a dare una certa proporzione alle qualità el ernen .
tari9 • Tale proporzione è, quindi, la causa totale 10 ma non univers ale, de
per se, che li spinge a divenire «questo» cavallo e «questo» uomo . M a
come si può allora prevedere un evento futuro se tutte le cause son o, in
definitiva, solo meramente sufficienti?
Le cause agenti particolari che dipendono dal cielo come causa uni­
versale che agisce con il suo movimento, la sua luce e la sua influenza
(che non è altro - quest'ultima - che una azione a distanza fino all e vi­
scere più intime della terra) sono cause agenti particolari come c ause
«influenti»". Ciò in due modi diversi: 1) esse influenzano a produrre un
effetto che è della stessa sostanza di quell'effetto; 2) oppure influenzano
preparando la materia. Ma vi sono anche cause particolari non influenti,
quelle che applicano l'attivo al passivo, come quando il combustibile è
applicato al fuoco o viceversa. Con cause definite in tale modo , possono
gli effetti avvenire necessariamente così come avevano affermato Aristo­
tele e i suoi commentatori arabi, Averroé ed Avicenna? No, certamente.
Biagio ha modificato il concetto di necessità: e così anche il concetto di
previsione che ne deriva, quando si passi dal mondo degli accadimenti
necessari a quello della loro previsione scientifica, esso risulta modifica­
to. Tenendo presente queste precisazioni si comprende come sia p riva di
significato la polemica contro il determinismo astrologico come teoria
che prevede necessariamente l'evento futuro e l'azione umana, quindi li­
miti la libertà individuale. L'astrologia come scienza della previsione è
previsione di un avvenimento contingente, ossia d'un evento possib?e
12
che avviene necessariamente se avviene di fatto, per cause sufficient1 •
L'effetto si pone necessariamente, dunque, se si pongono tutte le _ c au·
se sufficienti a produrlo. Ci si muove qui nell'orizzonte ontologic o di dÌa
scienza possibile e del possibile, non nell'orizzonte ontologico � a
scienza necessaria, così come avevano teorizzato Aristotele e i . s uol :X).
guaci arabi. Come ho messo in luce recentemente (si veda il Cap1 t old
o
era stato, invece, un altro filosofo arabo Albumasar che aveva intr0 .0�t
a
questo concetto di una scienza della previsione possibile - che è P 01 1 ·

9
Questiones physicorum, Il, qu. 6.
fieri
10 Questiones de anima, II, qu. 8, f. 167rb, 14• conclusione: «nihil potes t a deo
totaliter». ·
s ch i
11 Questiones de generatione, Il, qu. 10, (prima redazione) Città del Vat icano , m -

gi O.IVA l , f 57rb.
1 2 Questiones de anima, Il, qu. 9 (a cura di G. Federici Vescovini, cit., P · 14
1)
Un caso di razionalismo estremo e la negazione dei demoni 407

- sviluppando una nozione di possibile veramente importante


st rologiaIntroductorium maius in astrologiam, scritto a Bagdad nell'848
0el s uo
D ., e tradotto in latino ben due volte, da Giovanni di Siviglia nell'anno
�"i 3 3 , e da Ermanno di Carinzia nel 1140 13 • L'astrologia come scienza
della previsione di un evento «futuro» che, come tale, non può rientra­
re io una concezione causale necessaria, appartiene alla sfera che studia
l' evento come intermedio tra l'essere e il non essere: non è ancora in es­
sere, ma non è neppure un non essere. Quindi l'evento futuro non è ne­
cessario né impossibile, ma è qualcosa di intermedio; pertanto l'evento
futu ro è il possibile come ciò che può essere, ma anche non essere e da
questa nozione si esclude solo l'impossibilità di non essere a/fatto, modi­
ficandosi così anche la nozione di impossibile, che si trasforma nella no­
zione di possibilità di non essere affatto 14 •
Biagio sembra avere meditato a lungo sulle categorie logiche della
s cienza della previsione astrologica, incentrate sulla nozione di una ne­
cessità «di fatto». Esse rendono vana l'intera polemica contro l'astrolo­
gia congiunzionista, di un Nicola Oresme per esempio 15 • In altre parole

13 In particolare R. LEMAY, Abu Mashar and Latin Aristotelianism in the Twel/th Cen­
tury Trought Arabic Astrology, cit., pp. XXVIII-XXIX; cfr. anche P. ZAMBELLI, Da Ari­
stotele a Abu-Ma'shar, da Richard de Fournival a Guglielmo da Pastrengo, «Physis», 15
( 1 973), pp. 1-24. Si veda qui il Capitoolo IX.
1 4 ALBUMASAR, Introductorium maius in astrologiam, E. Ratdolt, Augsburg, 1489, I,
cap. 4. Cfr. anche LEMAY, Abu Mahar, cit., p. 218.
1 1 Ci sembra proprio questo il caso delle critiche contro l'astrologia giudiziaria di Ni­
cola Oresme, come anche di Pico della Mirandola. Cfr. l'introduzione alla edizione della
Quaestio contra divinatores horoscopios di Oresme, di Stefano Caroti, «Archives d'hi­
s�oire doctrinale et linéraire du moyen-age», cit. pp. 201-209. Dal punto di vista di Bia­
f,0 sarebbe del tutto vana la polemica di Pico contro l'astrologia in quanto secondo Pico
astrologia pretende di spiegare gli eventi singoli, vari e diversi a partire da una causa uni­
versale, il cielo, o anche di ridurre gli effetti, non alle cause prossime, ma alle remote. La
P0s�ione astrologica di Biagio sulle cause non è questa; egli sostiene proprio la tesi con­
r
;ea ?a: cioè che le proprietà particolari delle cose corporee non traggono origine dalle stel­
, m quanto derivano dalla natura propria delle cose stesse e solo da cause prossime e con­
eneri che dipendono, poi, dall'influenza generale del cielo. In altre parole Biagio giusti­
t
c previsione «possibile» dell'astrologia proprio sulla base dei principi che Pico del­
!a ;ltra
ndola fa suoi per criticarla: naturalmente ciò dipende dal diverso concetto di cau­
: « necessaria» e di previsione scientifica che probabilmente li vedrebbe divisi. La ridu­
one della spiegazione causale alle cause prossime, con esclusione delle cause remote,
era stat
e u � proprio 1 \1 dottrina sviluppata da Biagio contro la teoria della conoscenza per
s
eau e di Aristotele, fondata anche sul libero adattamento della teoria neoplatonica delle
s�ci� del Liber de causis di cui nega la concatenazione necessaria deduttiva. Per i prono­
e

di
Po_litici del secolo XVI cfr. in particolare: E. GARIN, Il pronostico dell'Arqua/o sulla
,:/ruzzone dell 'Europa, in I.:età nuova, Morano, Napoli 1969, pp. 105 - 12 ; P. ZAMBELLI ,
!inostNlogi halludnati». Stars and the End o/ the World in Luther Time, De Gruyter, Ber-
. ew York 1986; in particolare gli studi di pp. 129-93.
408 Medioevo magico

l'ideale della previsione scientifica, connesso con la scienza astrologi ca 8 .


muove nella sfera del possibile e ha il carattere non deterministico deij 1
previsione «possibile», (che non esclude, dunque, tutti i gradi dell' e rro�
re, per cui è possibile); al contrario la polemica condotta sul piano s cien .
tifico da Oresme fino al secolo XIX muove da un ideale infallibile della
scienza. Si è trattato di una polemica tra sordi, guidata molte volt e da
preoccupazioni morali e religiose o anche politiche (si pensi ai pron osti .
ci della nascita di Lutero tra Scorpione e Capricorno per la storia della
Riforma e della Chiesa Cattolica del secolo XVI), che non molto aveva ­
no a che fare con gli intenti puramente scientifici del sapere.
Per concludere questo discorso, sembrerebbe che la prevision e del
futuro sia assolutamente impossibile sulla base di una tale teoria caus ale.
Biagio ribatte che l'uomo può conoscere i futuri contingenti quando essi
hanno una dipendenza da una verità presente o del passato: egli si vale
della nozione di ens /ore, che contiene in sé sia la possibilità dell' affer­
mazione che l'evento si verifichi de praesenti sia della negazione che non
si verifichi nel presente; essa è, quindi, previsione possibile nel senso che
contiene in sé quel carattere di indeterminazione per cui contiene insie­
me sia la sua affermazione che la sua negazione. Quando, invece, si trat­
ta di prevedere eventi che non hanno nessuna dipendenza né dal pre­
sente, né dal passato, la previsione del futuro contingente è impossibile 16 •
L'effetto necessario, considerato dal punto di vista della causalità on­
tologica e non del discorso logico consequenziale, è inteso da B iagio
come ciò la cui necessità dipende esclusivamente dalla suf/icientia delle
cause a produrlo: in altri termini quando si verificano tutte le cond izioni
sufficienti e non ci sono impedimenti né dalla parte dell'agente , n é d�
quella del paziente, l'effetto si produce necessariamente17 • Se l'effe tto si
produce, esso è necessario in quanto le cause che l'hanno prodotto s on o
state sufficienti. Dunque non sono le cause necessarie che fanno l 'effet·
to necessario, ma l'effetto se è necessario, cioè se si verifica, riman d a a
cause sufficienti a produrlo 1 8 •
Questa concezione della causalità in essendo, applicata a Dio , in t:�
come causa quare e non quid, porta a un contingentismo 19 o ad un a re ta
n
16 « Hic tamen ausculta quod de futuris contingentibus non habentibus dep en �e ·
ssib ·
tiam ab aliqua veritate de presenti vel preteritis, notitia evidens non est nobis p o �; ;
Questiones physicorum, libro I, qu. 2, seconda redazione emendata, ms. Vat . l a t . 2
terzo articolo, seconda di/ficultas, seconda conclusione, f. 62rb.
1 Questiones de anima, III, 9, a cura di G. Federici Vescovini, Fire nze 1 974 , P·
7 14 1 .
is O'P- ctt.
. , loco c1t. . Jeus
1 9 « Deus movens celum localite , movet ipsum libere et n n ne essar10 , c uJJ1
_ � ? � hr
non necessario agat ad extra. Patet: illud quod movetur, mover1 conungenter » (qu -Jens
sic. , VII, qu. 1 , f. 1 88vb, seconda redazione .emendata) . « Licet deus sit, non e st e vi
Un caso di razionalismo estremo e la negazione dei demoni 409

intesa come puramente possibile: concezione che viene a negare la vali­


dità de lla conosc�nza �atu�ale necessaria di Di?, a meno che n�n si_ vo �
lia rim anere nell ambito d1 una natura astrologicamente concepita, 1 cm
;iuni contingenti sono retti dai moti astrali e dalle influenze dei corpi ce­
lesti, secondo una causalità astrologica universale, per motu, lumine et in­
fluentta. 20 : . . . . .
Non s1 puo,' allora, m nessun modo d1mostrare l'esistenza d1 D10:""' Ed
ecco che, dopo la condanna del Vescovo, fa un tentativo, l'unico a suo pa­
rere vali do, per dimostrare l'esistenza di un essere assoluto, estrapolando
dalla sua visione astrologica del cosmo, un nutus Dei, ossia una volontà
o nnipotente che reggerebbe le congiunzioni astrali e le influenze celesti.
Egli compie, cioè, una operazione di accordo tra visione astrologica e vi­
sione religiosa del mondo, simile - ma non uguale - a quella dell'autore
dello Speculum astronomiae che Biagio conosce e cita come Alberto Ma­
gno. L'argomentazione, detta argumentum coloratum, in definitiva non fa
che porre sullo stesso piano causalità divina e causalità astrologica. Il pri­
mo motore, se così vogliamo ancora chiamare Dio, non è una causa ra­
zionale, perfetta e necessaria del moto, ma una libera volontà che tutto
può. Al di sotto del nutus Dei (che come tale non conosciamo) sta la vera
e propria causa universale che non è altro che l'aspetto celeste, la con­
giunzione astrale o l'insieme di tutte le rivoluzioni dell'ottava sfera. Il cae­
lum o firmamento sarebbe il vero luogo delle cose divine e, per questo, è
ingenerabile ed incorruttibile. Così lo descrive nel prologo del pronosti­
co del 1386. In questo testo descrive secondo una visione (topos di queste
trattazioni) una classificazione delle sette arti liberali secondo i sette cie­
li, con al sommo nel VII l'astrologia chiamata anche Profetissa. Ma al di

quodlibet aliud dependere a deo», aveva scritto nella prima redazione più spinta delle
qu. physic. , I, qu. 4, ms. Vat. Chig. 0.IV4 1, f. 231vb.
Queste affermazioni di Biagio relative alla causalità divina segnano una evoluzione
nel s
u o pensiero prima e dopo la condanna del Vescovo di Pavia del 1396. Pertanto le
c nclusioni a cui ero arrivata nel mio studio dedicato al problema dell'ateismo di Biagio

� . gono per le sue posizioni filosofiche anteriori al 1396: Il problema dell'ateismo di
z�gzo Pelacani da Parma, «Rivista critica di storia della filosofia», 1973, 28, pp. 123-37
� lil F. N IEWòHNER, O. PLUTA (a cura di), Atheismus im Mittelalter und in der Re-
4tssanc
pp. 19 e, (Wolfenbiitteler Mittelalter-Studien Band 12), Harrassowitz, Viesbaden 1999,
3 -214.
20
« _Celum agit tripliciter: uno modo agit suo motu, secundo modo agit sua influen­
tia,
rn �rtto m?do agii suo lumine» (qu. de caelo, II, 3, f. 45 rb; e qu. de g eneratione, II, 10,
e{ t·
ss e
C h1g. O.IV.4 1, f. 55va). In particolare le cause agenti in relazione all 'influenza si
e t no in due modi: la) «influentes in effectum aliquod quod est de substantia illius
ff, t a
s, I?) ve! praeparantes materiam; 2) non influentes, sed solum applicantes activa
_s;���'.
Pa:� � s1cut
f. si applicares combustibile igni ve! econtra» (Qu. de g eneratione, II, qu. 10,
4 10 Medioevo magico

sopra, nell'ottavo cielo (il firmamento) delinea i tratti di un'altra n obi}


Dama la quale presiede tutte le altre sedendo su un carro imperiale , in�
coronata da un diadema, al cui cenno nel medesimo tempo si muovono
luci infinite descrivendo circoli impari. Essa con voce altissima grida ch e
Cristo, re dei Giudei, è nato da una Vergine2 1 • Prima del richiamo Bia gio
aveva sostenuto, infatti, che Dio è la natura celeste o il cosmo nella su a to ­
talità e, come tale, non si sottrae alle leggi naturali, particolari o men o del
moto. Successivamente alla riprovazione del Vescovo ne fa, invece , un a
volontà imperscrutabile, conoscibile solo attraverso gli aspetti celesti, in
questo caso per i moti universali degli astri del firmamento.
Allo stesso modo egli cerca di estendere la spiegazione della causalità
astrale anche ad altre verità rivelate del Cristianesimo, come alcuni pen ­
satori avevano fatto prima di lui, incorrendo in gravissime sanzioni che
erano arrivate fino al rogo. Alludo alla spiegazione naturale-astrologica
dell'eclissi che aveva accompagnato la morte di Cristo: tema su cui si era
cimentato anche Cecco d'Ascoli nel suo Commento della sfera, negando
che l'eclissi fosse miracolosa, ma, bensì, spiegabile come un fenomeno di
magia, come per effetto dell'eliotropia22 • Come sappiamo dai documen­
ti del processo, Cecco d'Ascoli fu bruciato a Firenze nel 1327 23 proba­
bilmente anche per questa affermazione, come per quella dell'oroscopo
di Cristo e della sua nascita magica. Biagio, assai imprudentemente non
esita ad affrontare il problema della natura dell'eclissi di sole che si veri­
ficò alla m orte di Cristo; ma l'inserisce in un problema più generale al ­
trettanto delicato: se la nascita di Cristo fu prefigurata negli astri e nota­
ta dai sapienti. La soluzione che egli offre in questa questione è ambigua:
da un lato non esita ad accettare l'oroscopo di Cristo sulla base dell ' a u­
torità di Albumasar; dall'altro nega su basi astronomiche che vi fu un a
eclissi naturale al momento della passione di Cristo. La descrizione del-
1' eclisse che ci viene data non è possibile secondo natura, o «deus ex n a ­
tura patitur» (espressione blasfema attribuita a Dionigi Areopagita , ma
probabilmente di Cecco d'Ascoli, per la quale incorse nelle sue incre­
sciose disavventure) in quanto Dio non può patire dalla natura ! Se il te­
sto che ci trasmette il passo di Biagio non è corrotto24 , è dato const � ta r_e
di fronte a queste affermazioni blasfeme, quanto le autorità ecclesia5t1·
che fossero più tolleranti ai tempi di Biagio che non in quelli di C e cco

21Cfr. il testo in Appendice IV.


22Si veda qui il Capitolo XI.
23 Capitolo XI, p. 287-88.
ec-
24 BLASII, Qu. de sphera, qu. XI, ms. Parma, Bib. Palatina, fondo Parm ense , _ 9 � :e,
9
, b l
XV, 84, ff. 7 1v-72r; altrea copia che non avevo ancora segnalata, in Madrid Bi io
Nazionale, ms. lat. 6560 ff. 1 15r- 146v, secolo XIV-XV.
Un caso di razionalismo estremo e la negazione dei demoni 411

d' Ascoli. È certo, - tuttavia - che Biagio esclude qualunque spiegazione


sia naturale che demoniaca, del fenomeno sovrannaturale dell'e-
rn agica,
lisse . Se abbiamo bene interpretato il testo, Biagio insinua che siccome
�uesta eclisse non si può spiegare astronomicamente e Dio non può es­
sere soggetto ad eventuali irregolarità della natura, tale eclissi non ci fu
affatto !
Lo stesso cnteno ·
· · egli sembra app11care · ·
alla sp1egaz1one b1" blica deila
conservazione delle specie animali nell'Arca di Noè al tempo del diluvio
universale. Questo è uno di quei racconti biblici che ha il valore delle fa­
vole delle donnette («nec in hoc velis credere parabolis mulierum ut
quod Noè fecerit arcam in qua posuit multa animalia diversarum specie­
rum»)25. Il fenomeno si può, invece, benissimo spiegare con il principio
dell'influenza celeste o per la causa universale del cielo, - l'unica am­
messa da Biagio - da cui dipende la generazione equivoca, ossia la gene­
razione spontanea dalla putrefazione della materia anche di specie di­
verse, compreso l'uoma26 •
Come è noto da questa idea egli fece derivare la negazione dell'im­
m ortalità dell'anima umana. Inoltre Biagio interpreta l'Incarnazione di
Cristo in un modo per cui il suo pensiero può essere quasi definito ateo
e, certamente, blasfemo, avvicinando la natura umana di Cristo secondo
la te cnica dei sofismi logici del terminismo francese da lui condiviso, a
quella dell'asino e finendo per concludere (prima della riprovazione del
Vescovo) che dio è esteso, dio è corruttibile, dio è l'uomo, dio è l'asino e
l' uomo è l'asino27 •

b) L' oroscopo delle religioni e Albumasar


L a spiegazione naturalistica della nascita di Cristo, arriva a Biagio dalla
teoria delle grandi congiunzioni di Albumasar che egli, prima della con-

2
' Questiones de anima, I, qu. 8, a cura di G. Federici Vescovini, pp. 78 ss. e qu. de
sphera , qu. XI, f. 7 1r.
. 26
« Evidens est ex putrefactione hominem naturalem posse generari. Patet evidenter
t
h a conclusio, quia, alias mundus fuit sic reparatus ut quod post tempus diluvii, natus est
0 ? ex putref
pro1ll actione et supposita eternitate mundi ut philosophi volunt, non habeo
In convenienti quod constellatio consimilis illi in futuro reformabitur et materia
g abuntur mult� homines ex putrefactione». Questiones de anima, I, qu. 8, ed. cit.,
p�;�
27
Si edC�r. qu. de anima, II, qu. 3, ms. Città del Vaticano, Chigi O.IV.41, f. 136rb- 137ra.
st; V a In pa rticolare i Sophismata introdotti sempre nel primo articolo delle sue Que­
scines super tractatus, cit. , per es., III, 15 (pp. 318- 19): «sit hoc sophisma "deus est"» di­
du � o secondo le regole dell'obbligazione. Su ciò in particolare anche J. BIARD, Intro-
s

Z one a J. BURIDAN, Sophismes, Vrin, Parigi 1993.


i
4 12 Medioevo magico

danna, non esita ad accettare senza soverchie limitazioni prudenzi ali. Do.
po sarà più cauto. Le citazioni della dottrina di Albumasar dell'oros copo
delle religioni non sono generiche; egli non le riporta come una sem pli ce
curiosità, bensì le ritiene vere. Nella redazione padovana del 13 85 delle
questioni de anima, dopo aver ricondotto l'origine diversa delle reli gion i
alle «grandi» congiunzioni astrali, fa dipendere anche la libera scelt a di
un individuo tra religioni diverse, dalla costellazione. I motivi razion ali
della bontà di una religione si equivalgono con quelli di un'altra e l' in di .
viduo non può scegliere tra di esse a meno che non intervenga, app unto
un motivo determinante che è sempre una «certa» influenza della con�
giunzione o aspetto, al momento della nascita28 • Scrive Biagio: ci son o di­
verse sette religiose. Alcuni popoli seguono Cristo, altri preferis con o
Maometto. Perché? Secondo quanto narra Albumasar ciò dipende dalle
grandi congiunzioni astrali. Dalla congiunzione di Giove con Saturno è
nata la religione Ebraica; da quella di Giove con Marte la Caldea, da quel­
la di Giove con il Sole, l'Egiziana; da quella di Giove con Venere la Sara­
cena; da quella di Giove con Mercurio, la Cristiana29 • Dalla congiunzion e
di Giove con la L una (da cui Bacone faceva nascere la setta dell'Anticri­
sto) avverrebbe una rinascita della prima religione, quella ebraica. Si ori­
gina da qui il problema se si possono salvare i seguaci di tutte le religioni,
oppure quelli di una sola30 • Facciamo il caso dice Biagio, di un giovane di
venti anni, che non abbia mai sentito parlare di nessuna di queste religio­
ni e che, tuttavia, creda in un unico Dio. Egli vi crede e agisce bene s olo
28
Questiones de anima, I, qu. 8, a cura di G. Federici Vescovini, cit., p. 81 ( testo in
traduzione italiana a cura di V. SORGE, Biagio Pelacani, Questiones de anima. Alle origini
del libertinismo, Morano, Napoli 1995, pp. 63- 105). ..
29
« Quare est quod diverse sunt septe? Aliqui enirn sequuntur septam Christi , et alii
septam Machometi fatentur meliorem et illam insequuntur et sic de aliis. Responde tu r se­
cundum quod narrat Albumasar in libro suo De magnis coniunctionibus, quod J uppi�er
iungendo se modo cum Saturno, deinde cum Marte et sic de aliis, facit sex coniun ctl�­
nes, et per hoc sunt septe quinque vel sex ab invicem varie. Unde ex coniunct io ne J�s
cum Saturno septa Iudeorum causatur, quorum est portare nigra vestirnenta qu am a
ratione Saturni. Et ex coniunctione Jovis cum Marte causatur septa Caldeorum ignern �o ­
lentium, quorum est portare vestirnenta rubea. Et ex coniunctione Jovis cu m Sole in ·
ducta est septa Egiptiorum celi militiam colentium, quorum est portare vestirnenta pu ­
r
e s t,
purea et deaureata. Et ex coniunctione Jovis cum Venere lex Sarracinorum ind u c ta
actus venereos pro posse adirnplentes, quorum est portare vestimenta alba. E t x e c o·

niunctione Jovis cum Mercurio inducta est septa Christi et hec est septa Chri sti ano r�
prophetas et prophetias et decretales colentium, quorum est portare vestimenta va ru _
maculata coloribus propter mobilitatem Mercurii. Et ex coniunctione Jovis curo L�n �;eo
e
parabitur prima septa Judeorum, que autem de predictis septis sit stabilior et m a gis
grata, nunc non dico» (Questiones de anima, I, qu. 8, ed. cit., pp. 80-8 1). . jta
10
« An sit possibile unumquemque secundum suam legem et septam s�va ri et; sit
beata gaudere. Respondetur quod sic, et hoc moraliter persuadeo. Pono em m qu o
Un caso di razionalismo estremo e la negazione dei demoni 413

er ché ritiene razionalmente che sia meglio agire bene che fare il male.
bra questi, pur non credendo in nessuna setta, se è vissuto virtuosamen­
te, meriterà la salvezza di per sé. Immaginiamo ora che un cristiano si pre­
senti a questi e gli spieghi le ragioni che lo spingono a credersi cristiano.
Quindi gli si presenti il seguace di una altra setta e gli spieghi le ragioni che
lo spingono a seguire la sua religione. In questo caso, dice Biagio, costui
p otrebbe accettare l'una e rifiutare l'altra e viceversa: potrebbe, ma non si
deciderà a seguire le ragioni dell'uno né quelle dell'altro, a meno che non
s opraggiunga un motivo determinante che, è sempre una influenza astra­
le, cioè una congiunzione o un «aspetto>>3 1 •
Questa spiegazione dipenderebbe dall'idea che tutte le sette ebbero
origini per il verificarsi di determinate congiunzioni: ogni uomo segue la
religione in cui è inclinato naturalmente da esse al momento della nasci­
t a. Ciò - aggiunge Biagio in un altro testo - può dipendere anche dal­
l'apparizione delle comete. Anzi, secondo una dottrina largamente dif­
fusa dal commento di All al Centiloquio 32 dello pseudo Tolomeo e ripre­
sa da Biagio nel commento dei Meteorologici33 , le conversioni in massa di
tanti popoli che da infedeli divennero fedeli, può dipendere dalle appa­
rizioni delle comete, come quella che apparve al tempo di san Pietro e di
Nerone. La spiegazione consisterebbe nel ritenere che dalle comete di-

puer adultus, in etate viginti annorum, nunquam informatus secundum aliquam septam.
Volo tamen quod firmiter credat unum Deum esse et non plus. Et cum hoc credat firmi­
ter quod melius est bene operaci quam turpia committere. Tunc clarum est quod uhi iste
per vitam vix erit virtuose, quod iste meretur salutem sui, eo quod nullum bonum irre­
rnuneratum. Item stante isto casu accedat ad istum unus Christianus et adducat sibi ra­
tionem moventem ipsum, ut quattuor ad fidem de etemitate et incamatione Christi.
�de accedat unus de alla septa et adducat similiter unam evidentiam moventem
1
Psum ut quattuor sicut prima. Et volo quod iste septe sint incompossibiles invicem.
Tunc quaero quid potest iste facere pro salute sui quam cupit» (ibidem) .
3 1 «Et clarum est intelligenti quod licite potest refutare utramque e t licite potest ac­
ceptare deteriorem meliorem refutando, potest igitur salvari inseguendo fidem Judai­
c�. Dico tamen quod retento casu, talis non se determinabit ad aliquam nisi superve­
n iat determ
inans ut certa influentia alicuius coniunctionis vel aspectus, que in eius con­
ceptione p revaluit in figura». Pertanto conclude Biagio: «homo debet insegui septam in
quarn naturaliter inclinatur; quia naturaliter inclinabitur a constellatione, quam tempore
s ue conceptionis obtinuit in figura, que constellatio fuit beneplacito dei» (ibidem).
32
� identificazione dell'autore di questo commento è controversa: secondo Thom­
dike l autore del commento è Haly ibn Ridwan, secondo Steinschneider, Ahmad ibn
i.;�,
y
secondo Lemay è comp ilazione del traduttore ebreo David [cfr. L. THORNDIKE,

xi,tzn Treatise on Comete between 1238 and 1368 a. D . , University Press, Chicago 1950,
p 4;
R. LEMAY, The Teaching o/ Astronomy in Medieval Universities, « Manuscrip ta»,
( 197 6), p p. 20 ss.].
7
e 33 Cfr. Quest. metheor, I, 1, prima redazione Vat. Chig. 0.IV.4 1, fol. 60vb. «Q uarta
00 clusio:
quicquid voluntas vult mere naturaliter et inevitabiliter vult. Patet conclusio
414 Medioevo magico

scendano dei particolari effluvi che incidono sulla complession e urn an


modificandola. Questa poi inciderebbe sull'anima modificando i s u oi a �
t
teggiamenti e le sue scelte' 4 •
Nonostante queste dottrine Biagio ritiene che l'astrologia poss a a suo
modo offrire qualche strumento per dimostrare l'esistenza di dio, come
causalità libera e volontà imperscrutabile. Il suo pensiero a questo p ro .
posito oscilla tra un volontarismo assoluto di tipo mussulmano e un a po .
sizione razionalistica da deista. Quest'ultimo atteggiamento avreb be c a­
ratterizzato il suo pensiero giovanile; il secondo quello succes sivo alla
condanna.

e) Dimostrazione astrologica dell'esistenza di Dio


L'argomento astrologico, detto da lui colorato (coloratum), è svolt o nell a
seconda redazione del Commento della fisica ed è collegato con il p ro­
blema della libertà individuale. Essa sarebbe negata se si ammettesse l'in­
fluenza celeste secondo le obbiezioni degli avversari dell'astrologi a . Bia­
gio, al contrario, paragona l'azione dell'influenza astrale che è indeter­
minata, all'azione di Dio che è altrettanto libera. Perciò se mancasse l'a­
zione dell'astro, da cui dipende sempre la nostra possibilità di scelta, bi­
sognerebbe ammettere l'azione di Dio che ne prenda il posto, in qu anto
l'uomo (o più prudentemente l'animale come il cane) con la ragione sola
non ha motivi razionali per scegliere tra due beni uguali; così, è necessa-

per hoc quia ut volunt astronomi et specialiter Ptolomeus nona propositione sui Centi­
loquii iste mundus inferior subiectus est cdestis imaginibus et sic iste mundus inferior de­
pendet a superiori ut ab astris que utique sunt naturalia agentia que in suis actionib us ��­
quaquam impediri possunt. Hoc idem vult Philosophus primo Metheororu m et alibi in
multis passibus [. . . ] Pro ista conclusione declaranda narro sententiam Albumasaris � de
magnis coniunctionibus et verba que collegi succinte sunt hec» (segue la medesim a c�a­
zione dd De anima I, q. 8, cfr. nota 29). (Questiones de anima, III, 9, utrum vol un t as u ­
mana in utramque (partem) contradictionis sit libera, ed cit. p. 142). . h
}◄ Questiones metheororum, I, qu. 9, ms. cit., f. 68rb; ms. Firenze, Laurenziana, Asb �
185, f. 15ra: «Octava conclusio: comete significant mutationem legum et septaru m- fl�
patet experimento quoniam tempore Neronis vise fuerunt tres comete, in qu� tem�a
tunc Nero totum mundum sibi subiungavit; alio tempore vise fuerunt comet� m_ � li�
in quo tempore rex Anglicorum magnam pattern France et Scotie subiungav1t 51�1 · A 8
tempore ut tempore sancti Petri, vise fuerunt plures comete et tunc plures receptl 5�5ca:
t
deo [ . .. ] et multi infiddes facti sunt fiddes; sed causa et ratio istorum effect uu est 1
� . se·
quoniam secundum quod scribitur iuxta principia physonomie Aristotelis , an i!Il a �u ­
quitur complexionem corporis. Cum autem tempore cometarum corpora h um a� a aJ!l ,
tentur de complexione flemmatica in colericam et prius in flemmaticam et sangu l��eJll
sunt multum immobiles in suis operationibus. Tunc propter huiusmodi permut atl fege5 •
complexionis immobilis in complexionem mobilem et bonam mutationem 5 unt
cum anima insequitur complexionem corporis et ideo infideles facti sunt fideles » -
Un caso di razionalismo estremo e la negazione dei demoni 4 15

• ntervento di un'altra causa «determinante» - o meglio inclinante -


r1o l'i . abb'1a . e-
ché si azion -�5 .
p erL' influenza astrale, come abbiamo visto precedentemente, è una con-
ausa nell'agire umano, in quanto l'uomo come soggetto dell'influenza
�on è totalmente passivo nel riceverla. In quanto è un essere naturale, co­
stituito di materia, la sua forma materiale possiede qualitative «disposi­
zioni » che pos�ono variamente essere influenzate, secondo le loro possi­
bilità virtuali. E questo il significato delle argomentazioni svolte da Bia­
gio soprattutto in una questione del commento dei Meteorologici (in cui
il p roblema era d'obbligo nella tradizione scolastica): dato che il mondo
sensibile dipende dal cielo, la volontà umana è regolata dal cielo. Questa
con clusione è contra/idem, afferma Biagio: tuttavia la si può intendere in
un modo per cui l'azione determinante del cielo sulla volontà umana, è
interpretabile non come «gubematione cogente ipsam», ma come «in­
clinante»3 6. Per comprendere nella sua vera portata questa affermazione
ch e esclude il determinismo astrologico, bisogna ricordare che Biagio
ammette una virtualità, o possibilità libera, una potenzialità libera, nel
s oggetto naturale umano, come intrinseco alla sua costituzione naturale.
Le affermazioni a questo proposito, saranno tuttavia più o meno pru­
denti a seconda che si trovino svolte negli scritti antecedenti alla censu­
ra del 1396, o successivi, come nell'oroscopo mondiale che egli stese per
l ' anno 1405 37 sembra per «magnifico et excelso Domino Facino Cane».

15
«Et uhi hoc argumentum factum fuisset ante creationem mundi, dum non causat
aliqua constellatio, retento casu, qui modo est positus, dicetur quod Deus determinabit
canem sic ad unum obiectum quod non ad aliud. Et ita etiam stante constellatione pos­
se_t poni casus quod omnia essent paria ut quod constellatio non determinaret ipsum nec
:quod a�ens particulare. Et tunc esset dicendum quod agens qui est ipse Deus bene-
_ctus fac1ens de possibilibus quod melius est, determinare canem ad unum quam ad
aliu d, dicetur hoc esse voluntate Dei; et istud posset esse argumentum coloratum per­
suadens Deum esse (questiones physicorum, VIII, qu. I, prima redazione, f. 212 rab).
16
Questiones metheororum, I, qu. 1; Absh. cit., f. 2rb-va.
37 Contenuto i Parigi, ms. Bibl. Nat., lat. 7443, f. l lv- 17r. (la citazione del condot­
ti ro Faci n
� n o Cane è a f. 17r: De Facino). Il pronostico dopo le preposizioni preambule
( 1 ve a la
nota seguente) inizia con il capitolo primo f. 12r che tratta «de impressionibus
s� � . u
:Plici m et ortus [. .. ] » e pone un'evidenza: «Primo suppono istud mihi evidens: quo­
q
so�um ue siderum radios versus centrum piramidum congregari et hoc omnes philo­
rn � antes admittunt» e un corollario: «Corollarium: inter sidera fortius illa agunt et
ilii��res 0stendunt effectus radii quorum in orizonte ducto perpendiculariter incidunt et
1 e
se ndm quanto predictis propinquiores, tanto remotioribus fortiores». Prosegue con il
0 capi��lo dedicato alla peste (De peste, f. 12v) e alle malattie; il terzo alle città sog­
ge��
rn { fe _ am1c1zie e inimicizie, miserie e ricchezze, fornicazioni per le quali nasceranno
o 1
to /a _igli (f. 13v) ; nel quarto parla «de sancta civitate Jerusalem»; quindi segue il quin­
« ab pi�olo « de principibus et imperatoribus et regibus» (f. 14v) ; prosegue procedendo
universalibus ad &ingularia » trattando delle singole città: dei rapporti politici e mili-
4 16 Medioevo magico

Qui egli premise una serie di regole3 8 che potevano essere condivis e an
che da Pierre d'Ailly, conformemente con i principi generaµ dell ' a u tore·
dello Speculum astronomiae: gli astri influiscono o possono influ ire so}
per volontà di Dio e non altrimenti39 • Pertanto la creatura razionale pu?
resistere agli astri quando vuole. Si tratta tuttavia di sapere «quando vuo�
le». Queste affermazioni stese nel 1405 e, certamente, dettate anche da}.
la prudenza, vanno confrontate con quelle sviluppate in due impo rtanti
testi di commento del De anima.

d) La libertà
Qui esamina il problema se l'anima umana sia causa libera delle sue voli ­
zioni di libertà di indifferenza o di differenza40 . La libertà di libertà di dif­
ferenza è quella per la quale, nonostante che si possa agire in un a a zione
e nella sua contraddittoria, si sia, quindi, indeterminati nell'agire, tutta ­
via, la volontà è più inclinata a scegliere una azione che la sua contraddit­
toria41 . Per questo si chiama libertà di differenza della contraddizione. In-

tari tra Milano e Pavia, Mantova (f. 15ra) ; successivamente tratta della situazione « de
Roma», « de Florentia » (f. 16r) , « de Bonomia », « de civitatibus Vercellarum », « de Ve­
netiis », « de Ianua» (f. 16v) . Al f. 17v parla dell'apparizione della cometa: « presenti anno
die 5a lanuarii per horam 14am et 15um minutum cum luna in 18 gradu pis c ium exi­
stente quia sub ea assub apparuit autem velud cometa cum magna cauda [. . . ] . Predictwn
astrum caudatum iunctum videbatur cum luna et sic significat mortalitatem c asuram
contra homines populares et alias viles personas. Significat etiam paucitatem aqu arum et
etiam significat super guerras de quibus religiosi se intromittunt ultra modum ei us com­
petentem » (f. 17r.) . Il codice fu posseduto da Simon de Phares (cfr. J. PATRICE BouoET,
Le reciti! des plus célebres astrologues de Simon de Phares, Champion, Parigi 1 997 , voi. I,
p. 527) . Cfr. anche il mio studio: Una «rivoluzione» mondiale alla fine del Medioevo,
« Abstracta », 1 990, 47 , pp. 7 1 -77.
38
« Antequam invadam presentem materiam pro mei informatione et alterius cutu·
scumque, presuppono aliqua moventia me latius ad loquendum quod erit in mo�um P::
positionum iuxta formam et consuetudinem philosophantium. Prima con clu st o : qu ·
tercumque astra influunt et influere possunt, sic nutu dei influunt et influen t et no� alin
ter. Corollarium: quecumque eveniunt qualitercumque eveniant non evenient ubt no _
volet Deus illa non evenire. Aliud corollarium: quecumque evenient qualitercum q ue ;_
e

niant, possunt non evenire, dato quod eveniant. 2a conclusio: qualitercumq u e 35 tra
gi
fluant vel influent non sic influunt vel influent quod oh hoc libere agens et vol� tas ':1-
d
possit. Corollarium: sola rationalis creatura astris resistere potest cum velit . � u �%ter
larium: asserentes hunc vel illud interficere inevitabiliter vel interfici, sunt ra tt on a
increpandi » (Judicium, cit., f. lva) .
"� .
40 Cfr. Le quaestiones de anima di Biagio Pelacani da Parma, III, 9, a cura d t G . ��
rici Vescovini, pp. 133-45 . . e tie et
41
« Libertas contradictionis est duplex: quedam est libertas libertate di�e r ns qll'
t
quedam est libertas libertate indifferentie. Libertas libertate differentie est hbe r a
Un caso di razionalismo estremo e la negazione dei demoni 417

ce la libertà di indifferenza della contraddizione è quella per la quale la


"�lo ntà non si muove più verso una azione che verso un'altra. Biagio in­
"ro duce un a argomentazione in cui, in definitiva, distingue tra libertà di
t
k ens are e libertà di fare: cioè tra libertà del conoscere e libertà di agire, per
quale viene ad essere negata la tradizionale coincidenza propria dell'eti­
ca intellettualistica aristotelica tra intelletto e volontà. Secondo Biagio l'uo­
rno quando intende, non è libero di prescindere dalle regole poste dall'in­
telletto stesso, come42il principio di non contraddizione e così l'intelletto
può essere costretto dalla verità del primo principio. Ma la libertà non
coincide con le sole operazioni conoscitive, in quanto l'uomo compie an­
che una serie di atti, verso i quali egli non è necessariamente costretto ad
43
agire. La conoscenza cioè non è causa della volontà • In particolare la co­
noscenza di un oggetto appreso sotto la forma del bene non è la causa de­
tenninante della volontà. Biagio, a questo proposito si separa dall'etica in­
tellettualistica di Aristotele, per introdurre un contingentismo del volere,
che è collegato con la messa in dubbio che l'uomo possa avere una cono­
scenza infallibile del vero bene, anche se qualunque azione che l'uomo vuo­
le, la vuole liberamente sotto «l'apparenza del bene». Proprio perché Bia­
gio mette in dubbio la realtà della conoscenza certa di :un essere che appaia
come «vero» bene e che esso sia la causa razionale della volizione, egli am­
mette una libertà di volere, che è libertà di fare una azione piuttosto che
un'altra. Tuttavia ad agire così, oppure in un modo diverso, comportamen­
to in cui consiste la libertà di differenza, contribuisce una influenza mera­
mente naturale, che è quella inclinante dell'astro; quindi «determinante a
inclinare» in un modo piuttosto che nell'altro, ma non necessitante come
la necessità della ragione. Siccome la necessità naturale degli eventi era sta­
ta concepita come pura sufficienza delle cause a produrli, si comprende co­
me Biagio introduca la possibilità nella necessità, la contingenza nella de­
:nninazione, mediante la riduzione della necessità razionale alla necessità
. fatto a cui siamo inclinati dalle nostre potenzialità sollecitate a realizzar­
j1 �all� influenze degli astri. Hanno, quindi, un significato chiaro le formu­
o
futu n1 solo apparentemente paradossali del De anima: «cum necessitate
rorum stat multa a casu fieri et a fortuna» e, quindi, la sua rivalutazio­
e d
n ella libertà umana entro una concezione astrologica di questo tipo.

�� oh stante quod possit in utramque partem contradictionis, tamen magis inclinatur in


n

di�?1 �artem contr�dictionis quam in oppositam et per hoc appellatur libertas contra­
llla � 8 i s differentie. Sed libertas contradictionem indifferentie est illa qua voluntas non
on

Fef .�0vetur ad unam partem quam ad alteram» (Quaestions, cit., III, 9, a cura di G.
enci Vesco
vini p. 139) .
.,
42 Ib 'd pp
4J 1/ . 135' ss.
zd., p . 142.
418 Medioevo magico

In questa luce vanno interpretate anche le numerose citazioni d a p ­


r
te di Biagio dell'opera astrologica di Albumasar"4 sull'oroscopo d ell e :e.
ligioni, ossia la teoria delle grandi congiunzioni.
Se da un lato, secondo l'interpretazione corrente, la nascita delle teli .
gioni, è determinata, cioè ricondotta, a un evento fisico-naturale, corn e I
grandi congiunzioni dei pianeti, dall'altro, nella particolare interp reta�
zione della causalità astrologica di Biagio - essa è ricondotta a un even to
naturale contingente, come sono tutti gli eventi del mondo: ossi a non si
sostiene tanto un determinismo naturale della nascita delle religioni ( o
necessitarismo), bensì un relativismo nel loro prodursi e succedersi, an ­
cor più pericoloso per le sue implicazioni concettuali. Non riesce diffici.
le comprendere come tali dottrine potessero urtare le autorità religiose e
le menti spirituali del suo tempo.

e) Astrologia naturale e non magico-demoniaca


Evidente è l'influenza dell'opera di Albumasar su questi aspetti del pen­
siero di Biagio, citato a più riprese in opere diverse come nel commento
dei Meterologica, del De anima, della Sfera, anche se le nozioni astrologi ­
che di tecnica «giudiziaria» gli dovevano provenire attraverso tramiti ol­
tremodo mediati come il manuale commentato dell' Alcabizio45 . Rilevan­
te è a mio avviso la capacità di distinguere entro la visione della causalità
astrologica del mondo, l'aspetto della causalità per influenza ch e è con­
tingente46 o indeterminata, da quello secondo il movimento e la luce, che
dà la regola razionale, ossia, la misura dell'influenza47 . Questo concetto è
sviluppato in una questione del commento della Sfera in cui afferma che

44 Rinvio al Capitolo X. .
45 Sui mss. e le edizioni dd testo dell'Alcabizio cfr. CARMODY, Arabic Astron omicaI
and Astrologica/ Science, cit., pp. 144 ss. Importante poi la compilazione che ne fe�e � -�­ e
us
co d'Ascoli, ms. Vat. lat. 2366, f. 133r- 140v: «incipit scriptum super librum de p nn cip
astrologie». Confron ta Capitolo XI.
7 3r.
46 Questiones
de sphera, qu. XI, ms. Parma Bibl. Palatin a, Fon do Parm. 9 84 , f.
Cfr. Speculum astronomie, ed. cit. p. 43, cap. XIV. . dici·
4 7 «Regularitas a
u tem motus attenditur ex parte temporis, ita quod motu s �e s · cut
tur regularis quan do ipsum mobile movetur aque vdociter in una parte temp o ns �ris
in alia; sed motus ille dicitur irregularis quan do movetur mobile in una parte teitcmi·
vdocius et in alia tardius. Verumtamen scien dum quod aliqui distinguun t de _u0\ " c:1'
0

tate motus de quo ante fecimus sermonem: dicunt enim quod potest attend i v e tll e O
p
parte partium mobilis vd ex parte partium temporis uniformiter. Primo � o d o v��riUS
est eadem cum uniformitate. Secundo modo dieta est eadem cum regul ar tate . ·
r eg o
i

sciendum quod non est inconvenien s aliquem motum esse un iformem et no� es s�br- ,
larem» (qu. de sphaera, qu. III, Pal., f. '57v ; cfr. questiones de celo, Il, qu. 3, B i b l.
p. 12c sup., f. 4'5rb).
Un caso di razionalismo estremo e la negazione dei demoni 419

tl circolo zodiacale è diviso in parti che hanno ragioni diverse; esse di-
48

en dono dalle diverse proprietà delle stelle corrispondenti che si trova­


�o nelle singole parti: così i gradi matematici non devono essere confusi
spetti o le figure delle immagini astrologiche magiche, ossia con
con gli a
le di ver sità accidentali in cui si dividono le influenze dei pianeti. In altre
r ei gradi come parti diverse dello zodiaco, prendono la loro natura
p a ol
da quella parte del pianeta stesso a cui i gradi corrispondono e non da
spiriti o entità contenute in quei gradi •
49

Così il grado si colora di influenza dal segno, il segno dal pianeta e


dalle stelle collaterali. Ma tutte le influenze si possono «misurare» in ter­
mini di gradi e di distanze e non sono entità magiche da invocare.
Biagio ci offre un altro documento interessante della trasformazione
dell'idea della sfera, cosiddetta grecanica, in quella barbarica che fu ac­
colta da tutta la tradizione astrologica medievale, con le differenze, natu­
ralmente esistenti tra una visione magica dei cicli ed una fisico-naturale
spiegate in termini rigorosi di movimento. Come ha dimostrato il Boll50 ,
l'astronomia medievale, seguendo la tradizione aperta da Albumasar, ha
introdotto accanto ai nomi dei segni della sfera greca, anche quelli della
sfera egiziana, babilonese, persiana o barbarica. La sfera zodiacale fu chia­
m ata grecanica da Nigidio e non greca, probabilmente in contrapposizio­
ne a quella barbarica dell'astronomia egiziana e babilonese5 1 • Albumasar
si serve delle nozioni di Ermete, Tolomeo, Doroteo, di Teucro babilone­
se, usa cioè fonti disparate, dall'astronomia indiana, caldea, persiana a
quella egiziana con elementi ermetici dell'astrolatria dei sabeani e co­
struisce la sfera «barbarica» medievale con contaminazioni di dottrine
m agiche. Accanto al primo grado di ciascun segno denominato da un pia­
neta, introduce la considerazione delle stelle paranatellonta ossia le co­
stellazioni extrazodiacali già descritte da Tolomeo che sorgono contem­
P?raneamente ai segni, da cui si farebbe dipendere l'idea dell'influenza
diversa esercitata dal pianeta a seconda di queste costellazioni vicine52 •

48
lis . Questiones de sphera, qu. X, ms. Pal., f. 67r: «utrum zodiacus sit circulus divisibi­
ll1 P anes distinctas diversarum rationum».
:: Ibidem, f. 69r.
St t,
e zlder,

BOLL, Sphaera, Neue griechische Texte und Untersuchungen zu Geschichte der
Lipsia 1903, p. 349-63.
l\lc� IRM1co MATERNO, Mathesis, ed. Kroll, Lipsia 1907- 13, VIII, I; cfr. anche L. Au-
52 , Il segno zodiacale dello Scorpione, Einaudi, Torino 1976, p. 5 1.
dei �er �e interpretazioni ermetico-magiche delle figure ascendenti decaniche nell'arte
la;:,; as�1mento di cui tratta Albumasar, cfr. il mio studio Gli affreschi astrologici del Pa­

aoM
.1>. Schzfanoia e l'astrologia a lla Corte dei Duchi d'Este tra Medioevo e Rinascimento, in
111°REL (a cura di), Art de la Renaissance entre Science et Magie, Académie de France,
a 2 006, in particolare pp. 75-79 con
le tavole sinottiche degli affreschi dei Decani e
420 Medioevo magico

Biagio si riferisce a questa complessa tradizione della sfera barb a rica


senza connotazioni magiche, da Albumasar passata nel mondo l atin
,
anche per le traduzioni di Pietro d'Abano e di Enrico Bate di M alin;
8
dell'opera astrologica di Ibn Ezra. Quando allude ai cinque modi dell
influenze diverse dei pianeti come distribuite nei 360 gradi dello z odia�
co e alla dottrina per cui i nomi dei segni zodiacali deriverebbero dalle
diverse figure, nella descrizione del cielo che avrebbero le stelle situ ate
nel circolo zodiacale, come animali, Biagio rinvia a questa tradizion e51
Tuttavia egli ci fa capire, riferendo la teoria magico-astrologica della di�
visione della fascia zodiacale nei 36 decani, che egli intende le influ enze
dei segni in senso puramente naturale-meccanico e collegabile al moto
dei segni stessi e non l'intende come divinità planetarie. Non la concepi­
sce affatto in senso magico-religioso, così come erano state, per esempio,
interpretate !'influenze delle immagini dei decani54 nel testo magico di
Picatrix e che erano collegate con i poteri di tutte queste numerose stel­
le nei 360 gradi.
L'atteggiamento di Biagio nei confronti della magia è fermo: egli non
ammette incantazioni (incantationes) 55 , né naturali né tantomeno demo­
niache e combatte ogni forma di credenza superstiziosa. Tra queste fa
rientrare anche quelle della religione cristiana, come la venerazione del­
la reliquia di Sant'Antonio5 6, conservata nella basilica del Santo. Egli usa
un altro argomento razionalistico, di sapore libertino, che sarebbe pia ­
ciuto ai liberi pensatori del XVI secolo. Egli si domanda: cosa rimane
dopo la morte, cos'è che si corrompe se, dopo la corruzione, l'anima non
è tuttavia corrotta, in quanto il corpo rimane conservando la sua figura,
come avviene appunto nelle reliquie? E tranquillamente ribatte : niente
rimane, tutta la sostanza è corrotta. Ma, prosegue: «questa risposta è ere­
tica perché negherebbe la verità della reliquia di Sant'Antonio »57 •
Ma aggiunge: questo è perfettamente vero, né i dotti adoreran�o
come vera la reliquia come fosse il corpo di sant'Antonio. Piuttos to , ID ·

I'Introductorum maius di Albumasar. Cfr. GIULIO CESARE SCALIGERO, Notae in sp ha � :


a

barbaricam Mani/ii, in Astronomicon, Parigi 1579 (a cura di J. Van Wagenin gen, Lip
st

1915, pp. 379-80).


5
Questiones de sphaera,
ivi.
Per l'influenza della teoria magica dei decani ricavabile da questo testo ?f 6Ri·9 ,
)
54

nascimento cfr. F.A. YATES, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Laterza, B ari 9
pp. 66 ss. ' ·rur
" Cfr. questiones physicorum, VII, qu. 3 , prima redazione, f. 193 rb: « curn di c�jsi
quod reperiuntur incantatores, dico quod illud cum difficultate credo; nec cre d o
oh c
haberet notitiam experimentalem vel aliam ».
56 Questiones de anima, II, qu. 1 , prima redazione, f. 130va.
57 Ibid.
Un caso di razionalismo estremo e la negazione dei demoni 42 1

vece, la reliquia è una occasione per la quale l'intelletto viene in se e da


se a ricordarsi di sant' Ap.tonio. Gli argomenti con cui Biagio nega la
re�tà sostanziale della reliquia sono, come si vede, strettamente connes­
si con quelli cui si appoggia la sua negazione dell'immortalità dell'anima
da lui sostenuta.
La negazione del sovrannaturale in tutte le forme sia religiose che ma­
giche, si ritrova nelle spiegazioni razionalistiche della sua ottica geome­
trica, sviluppate nel terzo libro della sua Prospettiva dove tratta delle il­
lusioni demoniache, a cui appartengono molte apparenze ottiche.
Dopo aver parlato dell'arcobaleno Biagio da Parma conclude le sue
questioni di ottica descrivendo alcuni fenomeni ottici che parevano ma­
gici che egli si compiace di demitizzare riportandoli a un piano di spie­
gazione naturale. Qui è possibile avere la misura dello spirito disincanta­
to con cui il Maestro affrontava certi fatti della natura che avevano del
sovrannaturale o dello straordinario. Giacché queste «apparenze», di
cui afferma orgogliosamente Biagio, Aristotele ossia il «Philosophus pa­
rum aut nihil scripsit» (libro III, qu. 3 )58 non sono altro che illusioni ot-·
tiche, in quanto si spiegano come fenomeni di riflessione atmosferica do­
vuti all'apparizione dell'arcobaleno. Egli ne descrive cinque assai curio­
se e interessanti, quattro di giorno e una di notte. La prima illusione è do­
vuta a una riflessione per la quale si vedono passeggiare nel cielo uomini
a piedi, a cavallo, oppure tutti insieme sia a piedi che a cavallo. Altre vol­
te (seconda apparenza) nell'ora di apparizione dell'arcobaleno nell'at­
mosfera appaiono pesanti navi cariche, anche accampamenti militari, uo­
mini e cavalieri che vanno e vengono nell'aria e anche questo fenomeno
dipende da una riflessione. Egli stesso osservò in Lombardia nell'anno
1403, presso Busseto, per tre giorni consecutivi, sempre alla stessa ora
d� giorno, come passasse nell'aria una turba di soldati a cavallo e a pie­
di, armati di spade e di lance. Il fatto sembrava misterioso, ma in realtà
non era dovuto che a un fenomeno di riflessione, aiutato dalla forza del
vento, per il quale venivano proiettate nel cielo le immagini riflesse dei
ol
Ì dati radunati lì vicino dal Duca di Milano, per avere la soluzione dei
0ro stipendi.
Un'altra volta (terza illusione) era accaduto che nel cielo di Milano,
sernp re
di giorno, ma all'ora del tramonto si verificasse un fenomeno ec­
cezionale: una schiera di angeli impugnanti trombe e spade era vista cor­
rere nel c
ielo in mezzo alle nubi. E dopo l'apparizione era comparso l'ar­
cobaleno. Ma
anche questa volta il fenomeno non aveva nulla di magico,

V. s'8orge, O. Rignani, Vrin, Parigi 2008.


B lasii questiones perspective, III, 3, ed. critica di G. Federici Vescovini, J. Biard,
422 Medioevo magico

poiché si trattava di un inganno ottico provocato dalla riflessione deij


a
statua dell'Angelo posta in cima al campanile della chiesa di San G ot ta
do di Milano sulle nubi che facevano da specchio. E niente di demon iato

gr
ha anche l'apparizione (quarta illusione) di uomini dalla testa di vip er
che serpeggiano nel cielo o meglio di vipere con la testa di uomo che
uomini credono demoni. Atterriti gli uomini che le vedono gridano a d al�
ta voce che sono stati mandati da Dio per sterminare il mondo in p uni­
zione dei loro peccati. « lo rispondo loro - afferma Biagio - che ciò avvie­
ne senza artificio», ma solo per natura ottica, per le regole di rifle ss ione
delle acque del mare o del fiume che funzionano come specchi piani O va­
riamente curvi con il concorso del vento da cui hanno origine. Un alt ro fe­
nomeno (il quinto) si verifica di notte e non di giorno, come le altre quat­
tro illusioni sopra ricordate. Sia d'inverno che d'estate, in una stanza chiu­
sa è dato vedere frutta fuori stagione e così d'inverno grappoli d'uva o di
ciliege, oppure anche figure strane di animali. Ma tutto questo non h a
niente di misterioso o di miracoloso e non avviene per l'intervento di de­
moni. Anche in questo caso non si tratta altro che dell'immagine della lu­
ce di una candela riflessa e rimandata da uno specchio sospeso in una stan­
za buia, sulla superficie dei muri, ossia per un fenomeno di proiezione di
ombre prodotte da un lume di candela in una camera oscura.
Biagio argomenterà, quindi, alcune affermazioni paradossali e blasfe ­
me59, anche se poste in forma dubitativa come di/ficultates, che ci rendo­
no perfettamente plausibile il richiamo del Vescovo e che lo collocano in
questo contesto teorico60 • Per esempio quella che l'uomo può an che
odiare Dio del cui odio egli ha un merito, qualora confonda Cristo con il
demonio; oppure l'altra che pone l'interrogativo se l'uomo ha la libertà
di suicidarsi, a cui Biagio risponde con una argomentazione astrologica .

f) Conclusione
Per concludere: in questi aspetti del pensiero di Biagio da Parma abbi� :
mo ritrovato più di un elemento che ci permette di connotarlo come <� o
bertino» ante litteram; in particolare: la riduzione dell'aspetto rivelauv
della verità religiosa a quello meramente naturale astrologico; la neg 0·
a

zione di una causalità divina diversa da quella meramente continge n t e

' 9 Esse si trovano nella prima redazione delle questiones physicorum, la più _sP_i0 }: �::.
a
gli procurò il richiamo, ms. Vat. Chigi 0.IV.4 1, I, qu. 14, quinto articolo , di/ftcu eli-
1\,Rf.·
m e
,
60 Mi si permetta di rinviare al mio studio Alle origini del libertinismo od r
gione, astrologia e morale, in Astrologia e scienza, cit. , pp. 369-408; cfr. anch e · 0re ,
n
GORY, Aristotelismo e libertinismo, in Aristotelismo veneto e scienza moderna, Ance
Padova 1983, vol. I, pp. 279-96.
Un caso di razionalismo estremo e la negazione dei demoni 423

aturale; l'affermazione dell'autonomia della ricerca filosofica che non


deve tener conto della verità di fede; una affermazione edonistica, anzi
tilitaristica, del bene; una mondanizzazione dell'operato virtuoso del­
r.uomo, che si spende tutto in questa vita. L'immortalità è la vita glorio-
a intesa come la fama che attende gli uomini dopo la morte. Al cielo
�;omesso da_ �ris_to ai cristiani Biagio sosti�uisc,�, secondo l'ideale del
50,nn iu m Sctpzonts commentato da Macrobio, I ideale della grandezza
um ana nella storia dovuta alla fama come quella che ha assicurato im­
mort alità a Platone, a Boezio, a Socrate e ad Aristotele vissuti prima di
Cristo. Se si confronta la modestia della censura del Vescovo con gli esi­
ti delle vicende del Vanini che portarono alla sua tragica fine nel 16 19, si
potrà constatare l'enorme distanza che separa l'età moderna dal Me­
dioevo, relativa ai temi del sovrannaturale, fosse credenza magica o fede
religiosa61 e la notevole tolleranza dei secoli medievali su questi temi.
Pertanto il razionalismo estremo di Biagio negava qualunque forma di
sovrannaturale sia nel cielo che sulla terra e rifiutava gli interventi di spi­
riti e demoni a qualunque credenza appartenessero. Inoltre il suo pensie­
ro modificava radicalmente dal suo interno la filosofia naturale di Aristo­
tele e le interpretazioni più fedeli sia dei filosofi arabi come Averroè che
dei teologi cristiani come Tommaso ed era troppo anticonformista per il
suo tempo. In più, era critico nei confronti delle mode della «via moder­
n a», indifferente in sovrappiù nei confronti della religione. La sua dottri­
n a provocò a Padova quella massiccia reazione degli aristotelici, sia aver­
roisti che cristiani che si avrà agli inizi del XV secolo e che vedrà le opera­
zioni culturali di accordo tra scienza, logica, teologia e filosofia aristoteli­
co -averroista di Paolo Veneto, di Gaetano da T hiene e di altri, come quel­
la dei teologi scotisti padovani del secolo XV. Inoltre il libertinismo anti­
religioso di Biagio contrastava con la spiritualità e la religiosità degli at­
-gg�a
�ta menti umanistici nascenti esemplarmente espressi dal Petrarca.
g10 è stato proprio un filosofo contro i tempi: si capisce, quindi, come
la � ua lezione potesse venire fraintesa. Essa sarà intesa nei suoi aspetti più
8P 1?ti, solo molto tardi, da Pomponazzi sul piano morale, e sul piano filo­
sofico gen
erale, dall'altro libertino e materialista Giulio Cesare Vanini62 •

61

62
Qua stiones de_ anima, III, qu. 2, prima redazione, f. 219 ra.
7
bot · Cfr. � mio studio Il problema dell'ateismo di Biagio Pelacani da Parma « doctor dia­
va:� » , c1t., pp. 193-214 relativo all'analisi delle dottrine prima della condanna e sul
sea l I Estremi esiti radicali delle teorie astrologiche della scuola aristotelica 'padovana' del
,ft/ 0 X/V.XVI nelle
opere del Vanini, in F.P. RA!MONDl (a cura di), Giulio Cesare Vanini
Ott
0 bre 1985) Congedo
1 rd0
Rinascimento al 'libertinisme érudit ' (Atti del Convegno Lecce-Taurisano 24-26
editore Galatina, 2003, pp. 325 -407.
A,pp endice I
Con danna di Cecco d'Ascoli

Perché fu bruciato Cecco d'Ascoli?


De magistro Cecho de Asculo quare combustus sit.

(Firenze, Bibl. Riccardiana, 673, (M.I. 25), fine secolo XV, una co­
lonna, ff. 124rv (l l lrv vecchia numerazione).

(F. 124r): «Reverendus pater frater Lambertus de Cingulo ordinis


predicatorum lnquisitor heretice pravitatis Bononie anno 1324 die XVI
decembris: magistrum Cechum filium quendam magistri Simonis Stabi­
li de E sculo·sententiavit malo et inordinate locutum fuisse de fide catho­
lic a et propterea eidem videlicet penitentiam imposuit ut inde ad XV dies
p ro ximas per peccatorum suorum confessionem veram et generalem fa­
c�ret. Item quod omni die diceret XXX Pater noster et totidem Ave Ma­
na. Item quod qualibet sexta feria jeunari deberet in reverentiam Crucis
et Crucifixi, hinc ad annum. Item quod omni die dominica audiret ser­
?10n em in domo Fratrum Predicatorum vel Minorum. Item privavit
lp s� omnibus libris astrologie magnis et parvis quos deponerit apud
tn ag1strum Albertum Bononiensem. Et voluit quod numquam posset le­
gere _astrologiam Bononie vel alibi publice vel private. Item privavit eum

"
°;°
0 1 magisterio et honore cuiuslibet doctoratus usque ad sue arbitrium
tatis.
a� �asc Et condannavit eum in LXX libris bononiensibus quas inde
a Resurrectionis Domini proxime solveret sub pena dupla».
(f. 1 24 v): «Prater Accursius Florentinus Ordinis Fratrum Minorum,
I
f:quisitor heretice pravitatis, misso ad se processu die XVII iuli 1327 a
�te Lamberto de Cingulo contra Magistrum Cechum de Esculo, citato­
qan e Cecho ut presente in choro Ecclesie Fratrum Minorum de Florentia
n
p,-, o 132 7 indictione decima die 15 mensis septembris eum hereticum
coon un tia vit undeque reliquit seculari iudicio inquirendum Domino la-
P o de Brixia ducali vicario presenti et recipienti animadversione deb i-
426 Appendici
ta puniendum. Librumque quoque eius in astrologia latine scriptum et
quendam alium vulgarium libellum Acerba nomine, reprobavit e t igni
mandari decrevit omnesque qui tales aut similes eius libris tenerent , e:x­
comunicavit.
Eodem die supradictus Vicarius indilate transmittens per militi arn et
familiam suam magistrum Cechum coram populi multitudine congreg a­
ta, cremare /ecit ad feralem mortem ipsius et exemplum aliorum». (Il cor­
sivo è mio).
Ap pendice II
L a classificazione delle scienze magiche secondo Taddeo da Parma
( 1 3 1 8)

Taddeo Da Parma
Le arti magiche o la matematica proibita
Expositio super Theoricam planetarum Gerardi
(Firenze, Bibl. Laurenziana, ms. Ashbur. 205 ( 13 1 ) , sec. XIV, f. 3v)

« Mathematica improprie dieta sive prohibita »


Scientia autem mathematica, improprie dieta, que dicitur prohibita non
etiam dicitur mathematica, non quia sit de entibus mathematicis, sed
quia scientie mathematice et maxime astronomie falsis simulacris nititur
similare.
Prima sui divisione dividitur in duas partes, sicut dicit Alkindus ter­
tia sue Theorice magicarum, scilicet in manthicam et mathesim1 •

Manthica
Et dicitur manthica a manchos quod est divinatio, et ycos, scientia.
Mathesis dicitur a matheseos quod idem est quod abstractum vel divi­
num: enim mathesis [est] scientia divinationis in abstractis.

Manthica dividitur in quattuor partes scilicet I) geomanthiam, 2) ari­


srn an tiam, 3 ) ydromantiam et 4) pyromantiam.
c:;eom antia tradita est a multis: primo ab Indis in libro: Estimaverunt
In dz et a fratre Guillemo Morbeca et a magistro Gerardo Cremonensi et
��rtolomeo de Parma in suo Previlogio et a fratre Alberto et a multis
s.

I
e N on si trova questa divisione nella Theorica artium magicarum, sive de radiis, se­
on o l'edizione D'Alvemy-Hud .
� ry
S ulla Geomanzia nel Medioevo e i trattati nominati da Taddeo, cfr. M.T. CHAR­
M.<\.S N, Recherc
l) SO hes sur une technique divinatoire: la géomancie dans l'Occzdent médiéval,
roz, Ginevra- Parigi _ 1980.
428 Appendici
Mathesis
Math_e�is dividitur in du_as partes: a) in theurgicam et b) al�im anti arn .
D1c1tur autem theurg1ca a theos, deus et urgeo et ycos sc1enti a , al ti ­
mantia ab alti et manthos.

«Mathesis: a. T heurgica»
a) Etiam theurgica est duplex, scilicet I) theurgica maior et Il) theurgica
minor.

«a.I. T heurgica maior»


a.I.) T heurgica maior est cuius inventor fuit Natanabet. Et divit u r in t res
partes: 1) in cachedemonicam, 2) agathomantiam, et 3) cacomantiam .

Prime partis inventor fuit Cambrinus, secunde Symon Magus, tertie


Nenroth.

3) Cachomantia divitur in duas partes: in heumantiam et nigroman­


tiam. Heumantia est de angelorum adiuratione, cuius inventor fuit
Arphasach.
Nigromantia dicitur a nigron, quod sit mors et fit de favillis mortuo­
rum, vel quia mors et perditio anime est studere in ipsa, vel quia homi­
nes in ipsa studentes et per ipsam. volentes operaci debent habere p as­
siones mortificatas. Cuius inventor fuit Belial et Architas.

Hee sunt partes theurgice maioris ratione distinte.

«a.II Theurgica minor»


in
a II.) Theurgica minor, quoniam primo adinvenit Avenderich, di vi tu r_
duas partes: I) in scenobathicam et 2) alipticam, quas invenit Syndonius
b
et Ptolomeus. Et dicitur theurgica minor cum aliqua ex spiritualibus �u ­
s et
stantiis in aliqua mundi parte operatur, sicut Galiel in phano Veneri
Astaroth in phano Saturni.

a.11.1) Scenobatica in quattuor partes dividitur: in auguriurn et ga ­


ri

spicium, avispicium et horispicium3 •

3 Questa classificazione non corrisponde con quella di Pietro d'Abano nel s uo L:�
dator, di/lerentia prima, propter primum (ed. cit., p. 120) dove aveva posto queste q u e tll ·
a
t
forme nella mathesis semplicemente senza dividerle. Le aveva chiamate più co rr
Appendici 429

a. 11 .2) Alyptica divitur in quattuor partes: in veneficium, maleficium,


r gium et prestigium.
5 0 tile
Hee sunt partes theurgice minores ratione distincte.

«Mathesis: b. Altimantia»
b) Altimantia dividitur I) in magicam et II) gyromantiam.

b.l. «Magica»
b . l.) Magica dividitur in altigraphiam et incantationem et dicitur alti­
graphia quia est de caracteribus et figuris, et dicitur scientia ymaginum
nigromanticarum a nomine communi quia omnes libri prohibiti vulgari­
ter dicuntur nigromantici.

Hanc autem scientiam cuius primus inventar fuit Firmicus Materni


minoris nobis tradunt multi: primo Hermes in multis suis libris quo­
rum unus est: Liber prestigiorum: Qui geometrie aut philosophie peri­
tus 4 . Et liber Lune5: Probavi omnes libros cui adiungitur Liber de ho­
rarum opere 6 : Dixit Belenuz qui Apollo dicitur. Et liber eiusdem De
quatuor ymaginibus ab aliis separatis // f. 3vb //: Quamquam (?) fue­
rint ymagines 7 •
Item liber eiusdem Hermetis Mercurii ymaginum in quo sunt multi
tractatus: unus de imaginibus Mercurii. Alius de caracteribus eius, alius
de annulis et aliis de sigillis, cuius principium est: Dixit expositor 8 • Item
liber Veneris eiusdem habens similiter multos tractatus, scilicet de yma­
ginibus , de caracteribus, de annulis et de sigillis, quorum inceptiones
non recolo nisi illius qui est de annulis qui est talis: Mentio decem capitu­
lorum atque annulorum Veneris 9 • Post hos autem est liber Solis: Lustravi
Plu res ymaginum scientias 10 . Item liber ymaginum Martis: Hic est liber

lll�n_te, riferendosi a Lucano (Pharsalia, Lipsia 1905, 1 , pp. 609-30), horospicium, haru­
spzctum, augurium e auspi
4 I:incipit cium.
!\ atalogue e il nome dell'Autore, Ermete, corrisponde con L. THORNDIKE, P. KIBRE,
C o/Incipits o/Mediaeval Scienti/ic Writings in Latin, The Mediaeval Academy
f
0 Arnerica, Cambridge
(Mass.) 1963, col. 1207.
s THORNDIKE, KIBRE, A Catalogue, cit., col. 1136.
6
lbid., cit., col. 450 con un titolo dd libro differente.
7 Non sono sicura di questa lettura.
THORNDIKE, KIBRE, A Catalogue, cit., col. 45 1.
8

9
lbid. , col. 87 1.
1 0 lb d., col. 840.
i
430 Appendici

Martis 1 1 quem tractat. Item liber Saturni: Hic est liber Saturni quem t rac.
tat Hermes 12 • Item liberJovis: Hic est liber Jovis quem tractat 13 •
Hos autem septem libros sequitur liber qui incipit: Tractatus octa vu
in magisterio ymaginum 14 • Item est unus liber de septem annulis, sep te�
planetarum incipiens: Divisio lune quando impleta 15 •
Tradit etiam hanc partem Toz Grecus in suis libris quorum unus es t de
stationibus ad cultum Veneris: Commemoratio hystoriarum 16 • Et liber de
quatuor speculis eiusdem: Observa Venerem cum pervenit 17 ad Phades et
alius de ymaginibus Veneris: Observabis Venerem 18 cum intrabit Taururn .
Tradit insuper hanc artem Salomonion in suis libris quorum unus est
liber de quatuor annulis qui intytulatur quatuor nominibus discipulo­
rum suorum De arte entonica et ydaica 19 • Et liber De quinque caldariis:
Locus admonet ut dicamus 20 . Et liber De tribus figuris spirituum: S ic ut de
celestibus 2 1; et Liber de figura Almandal: Capitulum in figura Alman­
dal 22 , Et alius parvus de sigillis ad demonicos: Capitulum sigilli Gendal
et Tanchil 23 •
Tradit autem hanc artem Mahomet in suis libris quorum unus est
septem nominum: Dixit Mahomet nuncius Halhaz 24, et Liber trium no­
minum eiusdem: Hec sunt nomina secreta 25 • Est et alius liber in hac arte
Razehelis qui dicitur Liber institutionis: In prima huius prohemi parte de
annulis tractemus 26 . Est etiam unus alter liber in hac arte cuius auctorem
ignoro, incipiens: Liber secretissimorum 27 • Omnium autem pessimus in
hac arte est liber quem scripsit Aristoteles ad Allexandrum quem
11 Ibid., col. 616.
12 lbid., col. 616.
n Ibid., col. 616.
14
Non ho trovato questo incipit.
1 ' THORNDIKE, KIBRE, A Catalogue, cit. , col. 443 .
16 lbid., col. 236.
11 Ibid , col. 974.
.
18 lbid., col. 974.
19
Ibid., col. 366, De arte eutonica et ideica.
2 0 Ibid., col. 83 1
21 Ibid., col. 148 1 .
22 Ibid., col. 1 89, liber de figura Almandel.
23 Ibzd. c I. 190: come capitulum sig lli gandel et tanchil [. .. ] Uber d fig ura A lm;n-
: � � _, � O;
dal, sono citati dallo Speculum astronomzae, cap. XI, Domus Galilaeana, Pisa 197 7 , P·
e anche da GUILIELMUS PASTREGICUS, De originibus rerum, Venezia 1547 , f. 17 r.
24 Anche in Speculum astronomie, cit., p. 30.
2' Speculum, cit., p. 3 1 .Questo titolo è nelle varianti poiché gli editori h anno p referi·
BllE,
to Hec sunt quindecim nomina piuttosto che hec sunt nomina secreta. THORNDIKE , J(I
A Catalogue, cit., col. 605 .
26 THORNDIKE, KIBRE, A Catalogue, cit., col. 703 .
27 Ibid. , col. 823 .
Appendici 43 1

am vocant Mortem anime: Dixit Aristate/es Allexandro regi si vis


quid•
p erczpere 28

b.II. «Gyromantia»
b . 11.) Gyromantia dicitur, quia est de divinatione et presagio eorum que
apparent in circulo celesti sicut de cometis et paraleliis rubicum dicati­
bus (?) et viriditatibus et iaculus in aere et stellis cadentibus et aparitio­
nib us duplicibus vel triplicibus solis et lune que divinationem exibent
hominibus.

Gyromantia dividitur in: I) yllemantiam et 2) homosmantiam.


I) Yllemantia est de divinatione super materia mundi et conversione
elementorum in varios colores qui hominibus mortem aut peregrinatio­
nem significant.
2) Homosmantia dividitur in quattuor partes: in cyromantiam et spa­
tolomantiam, polismantiam et phisonomiam.
Et dicitur homosmantia ab homos quia est divinatio in toto corpore
humano. Spatolomantia quia de spatularum hominis mortui proprie fiat,
aut hedi, ut ex ea apparent quesita
Polismantia dividitur in fascinationem, salisalipticam et haustum /f.
4ra/ cuius inventionis auctor fuit Plinius secundus et Herodotus.
Hec igitur sunt partes scientie prohibite distinte que licet sint malo­
rum, possunt tamen esse scientie bone iuxta illud Philosophi tertio Topi­
corum, quod scientie malorum sunt bone, quia malum non evitatur nisi
cognitum, ut dicit Boetius in tertio suorum Topicorum .

. . Ex dictis autem prius in divisione astronomie potest apparere cui par­


p
�el sius supponitur scientia Theorice planetarum quam pre manibus ha­
. us exponendam, quam si consideremus quantum ad illa que tractat
rn
se
:e et quantum ad motum secundum quam de ipsis tractat, quia tractat
tnotibus planetarum et aliis requisitis ad huiusmodi motum, expo-
endo sic possumus dicere quod subicitur astronomie specifice de moti­
6u
s que narrativa dicitur.
Si vero consideretur hec scientia respectu finis ad quam illa que trac­
t t
� 0rdinantur quia ipsa finaliter fuit ordinata ad scientiam Tabularum,
sirc di�emus quod hec scientia supponitur astronomie de motibus, que
r> actica nominatur.

2a T
HORNDIKE, KIBRE, A Catalogue, cit. , col. 449.
432 Appendici
Subiectum autem in hac scientia est corpus celeste ut eius mot us t
suarum partium et passiones sibi et suis partibus et ex eorum motib �
contingentes super propris circulorum portionibus figurabiles. 8
Causa efficiens fuit Magister Gherardus Cremonensis; causa fin alis et
utilitas similiter est facilior et completior cognitio eorum que in Tab uli
8
edocentur. Libri titulus est: Incipit Theorica planetarurn.
Modus sciendi est diffinitivus et narrativus. Ad evidentiam autem fo r.
me tractatus que in divisione libri consistit, est sciendum quod ist a s cien .
tia exponit ista que supponuntur in Tabulis ad habendos veros motus
planetarum, ad quos habendos passiones eis ex eorum motibus co ntin­
gentes Tabule sunt principaliter ordinate.
Appendici 433

'};f_a tematica proibita impropria

geomanzia
arimantia
MANTICA in quattro <
idromantia
piromantia

cachedemonica

<
agatomantica

I
Maggiore in tre
eumantia
cacomantica
TEU RG ICA nigromantia da morte
sulle faville dei morti
augurio
garispicio
/ scenobatica
aruspicio
MATESI \ MINORE< orispicio

aliptica in 4 veneficio
� \ maleficio

�=:�
ALTIMANZIA
\

incantazione
MAG ICA <
GI ROMANZIA altigrafia
ossia divinazione e presagio dei caratteri e figure e si chiama
dei fenomeni che appaiono scienza delle immagini
nel circolo celeste, come nigromantiche. Tutti i Libri proibiti
le comete, nei paralleli delle immagini volgarmente
chiamati nigromantici

omosmanzia ilemanzia

chiromanzia
spatolomanzia
fisiognomica
polisrnanzia
I
in tre

lascina�ffio
Appendice III
I sigilli cosiddetti arnaldiani

Sigilla Arnaldi De Villanova


Incipit Liber sigillorum Magistri Arnaldi De Villanova 1
Et primum sigillum est signi Arietis
In nomine Dei vivi patris domini nostriJhesus Christi: accipiatur aurum
purissimum et fundatur sole intrante Arietem in primo gradu scilicet 15
[ante] Kalendas aprilis. Postea formetur inde sigillum rotundum et dum
formatur in rotundum dicas hec verba: «Exurge lux mundiJhesus Chri­
stus, vivus agnus qui tollis peccata mundi, illumina tenebras nostras». Et
dicatur Psalmus «Domine Deus noster quod cum semper fuerit»; et cum
factum fuerit reponatur.
Et postea luna existente in Cancro vel Leone sculpatur in eo ab eius
una parte figura Arietis dum sol est in Ariete. Et in circumferentia
«Arahel tribus Juda V et VII»; et ex alia parte in circumferentia scul­
pantur hec sacratissima verba «Verbum caro factum est et habitabit in
nobis», et in medio «alpha» et «omega» et «sanctus Petrus».
Valet autem istud pretiosum sigillum contra omnes demones et ini­
micos capitales et contra maleficia.

1 D iamo qui una copia dell'edizione critica da me apprestata senza l'apparato critico
h e
c si trova nell'edizione pubblicata in «Traditio - Studies in Ancient and Medieval Hi­
story, Thought and Religion», 2005, 60, pp. 231-4 1. Questa edizione è condotta su cin­
que copie manoscritte su quattro finora conosciute,di cui la più antica è
G == Gottingen, Stadtarchiv AB III 11, fol. 25v-27r (fine secolo XIV-XV incipit): «In
� omin e domini vivi (fol. 27r) . .. fluant. Expliciunt sigilla magistri Arnaldi de Villanova».
�gue a fol. 27v il De intentione medicorum: cfr. Arnaldi de Villanoua: Opera medica om­
nz_a, V 1, a cura di M. McVaugh (Barcellona 2000), pp. 97- 126; cfr. W Meyer, Verzeich­
nzs der Handschr /ten im preussischen Staate, Gottinga 1894, 5 15 . Ringrazio particolar­
z
�e�t� Michael McVaugh, per avermi segnalato la quinta copia non ancora nota del De
s zs a
�g�ll rnaldiani e di avermi incoraggiato da lungo tempo in questa ricerca sull'autenti­
cita o meno di questo trattatello ad Arnaldo.
L on
8ec == L don, Wellcome Library, 560 (Miscellanea Medica XXXVI), fol. 175v-179v,
, XV (circa 1475)'. (Incipit): «Incipiunt sigilla Magistri Raynaldi de Villanova In no-
436 Appendici

Et valet ad lucrum et gratiam aquirendam et in omnibus subven ef t


I
periculis et necessitatibus.
Et valet contra fulgura et tempestates et inundationes aqu a rum et
contra impetum ventorum et pestilentia aeris.
Et qui portat eum honoratur et timetur ab omnibus et in casis omn ibu s
_Et in domo in qua fuerit nullus illi domui nec habitantibus noce re po:
terlt.
Et valet demoniacis et maniacis et freneticis et squinanticis et omni­
bus passionibus capitis et oculorum et illis quibus reuma descendit a c a­
pite et ut universaliter dicam, omnia mala avertit et bona confert. Et qui
portat eum caveat in quantum poterit ab immundicia et luxuria et ab aliis
peccatis mortalibus. Et portetur in capite cum reverentia et honore.

Sigillum Libre quod sit in mense septembris2


In nomine domini nostri Ihesus Christi: accipiatur aurum purum et fun­
datur, postea formetur sigillum rotundum et dum formabitur dicas:
«Exurge domine in statera et exaudi vocem meam qua clamavi ad te, mi-

mine patris... fluant. Explicit liber de sigillis secundum magistrum Raynaldum de Villa­
nova». Cfr. S.A.J. Moorat, Catalogue o/ Western Manuscripts on Medicine and Science in
the Wellcome Historical Medicai Library, Londra 1962, p. 432.
Pl = BnF latin 7337, sec. XV, 1 16v- 1 19b; è insieme a opere varie come il De impro­
batione male/iciorum di Arnaldo, al De occultis di Antonio di Montolmo, a un Introduc­
torius ad indicia astrologie medicorum Arnaldi de Villanoua ecc. Su ciò in part icolare cfr.
di S. Giralt, introduzione alla sua edizione critica del De improbatione maleficioru m, cit .,
pp. 286-87. Cfr. Catalogus codicum manuscriptorum Bibliothecae Regiae codices latini (Pa­
ris, 1741), 343; Delisle, Le cabinet des manuscrits (Paris, 1868-1874), pp. 439 -5 17 .
P2 = BnF latin 7349, fol. 127r-128v, anonimo, sec. XVI, unito a opera ast rologie� �a­
ria; è seguito a fol. 19r-v: Sigilla in speciali (anonimo) (incipit): «ecce enim in gene rali VJr·
tutes duodecim sigillorum et qualiter fieri debeant diximus . . . et sic servari cum rev�re�­
tia et honore amen». Questo Sigilla in speciali contiene un testo che non si può attribf"
re ad Arnaldo aggiunto al De sigillis arnaldiani da altro autore per complete zza astr0 �­
gica, perché è fondato sulla tecnica sofisticata delle tnplicitates, ed è privo della des_c;.­
zione delle benedizioni, delle invocazioni e dei segni cristiani che si trovano invece n_e; I·
gilli arnaldiani, quindi tratta di sigilli tecnicamente astrologici perché conside rat i n_ei ?r�
aspetti di triplicità. Tali interpolazioni hanno nociuto alla individuazione dei t esti ong
i

nali di Arnaldo contribuendo alla confusione.


P3 = BnF latin, 7408, fol. 39r-40v, sec. XV: d'altra mano, nel margine superiore si. 1eJJI g-
ge Sigilla magistn· Arnaldi de Villanova (incipit): «in nomine domini nostr . rn': i i . . o
s
fluxum. Expliciunt sigilla Arnaldi de Villanova». Segue immediatamente d ella st
mano una ricetta: «capiatis lapides ... in comitatu Burgundie anno 1483». me
Esistono numerosissime copie apocrife attribuite falsamente ad Arn al do c Vit·
Gand, ms. 1021 A, manoscritto comunicatomi gentilmente da Jean -Patrice Boudet e
toria Ferrone Compagni, che ringrazio; ma se ne possono ritracciare molte alt_re . . se·
Qui, senza seguire l'ordine dei segni, si trascrive di seguito quello della Bil an c a ,
2 i
Appendici 437
se rere mei et exaudi me». Et dicas psalmum «Dominus illuminatio
mea ». Quod cum factum fuerit, reponatur. Et hoc fiat Sole intrante in Li­
bra videlicet XV [ante] Kalendas octobris et postea, luna existente in Ca­
pricorno vel in Aquario, sculpatur ab una parte figura hominis tenentis
in manu libram ad modum crucis, sole existente in Libra, et in circum­
ferentia sui sit: «Hely Hely alabazatani, consummatum est». Et ex alia
parte in circumferentia «Ihesus Nazarenus rex iudeorum» et in medio
« Michael Ioth. Matheus Vau».
Valet istud sigillum sacratissimum contra insidias demonum in mari et
in terra et a morte subitanea liberat portantem se. Et qui portet eum erit
mansuetus et misericors sapiens et honestus et ad dandum consilia utilis.
Et valet ad lucrum aquirendum in mercaturis quibuslibet.
Et valet ad dilectionem tam virorum quam mulierum bono zelo. Et
qui eum portat cum sigillo Arietis iniuste non poterit coram principe ac­
cusari.
Et valet contra infirmitates que fiunt ex sanguine.
Et valet contra impetus ventorum et marium inundationes et contra
dolorem renum. Et in domo uhi fuerint maleficia et sortilegia non pote­
rit nocere illis de domo.
Et valet ad multa alia. Et qui portabit securus per mare navigabit im­
plorando semper dei misericordiam et ab eo de peccatis veniam postu­
lando. Portetur autem cum reverentia et timore dei.

Sigillum Tauri
Accipiatur aurum vel argentum et fundatur sole existente in Tauro. Et
fiat inde sigillum et quando cum malleo ferietur dicas «Exurge domine
deus meus, adiutor meus» et post dicatur psalmus «Celi enarrant» et po­
stea sc ulpatur ibi ex una parte figuram et in circumferentia signi Tauri
« Theonel, sanctus Paulus» et in alia parte in circumferentia «benedic­
tum sit nomen domini nostri Ihesus Christi» et in medio «On loseph
Oytheon». Valet autem generaliter sigillum Tauri contra obtalmias ocu­
lorum tumoresque et omnes malas dispositiones eorum et squinantie et
0rnnibus passionibus colli et gutturis.

Sigillum Geminorum
Aliud sigillum e�t Geminorum: Sole ergo existente in Geminis accipe au­
rum et fiat sigillum rotundum ut supra. Et dum fiat dicas: «Exurge do-

:o ca_r�ale opposto all 'Ariete poiché, secondo quanto afferma in alcune copie se sono
nan lllsiem e hannq più efficacia.
438 Appendici
mine Sol iustitie in precepto quod mandasti et Synagoga populorurn ci r­
cundabit te». Psalmus: « Domine deus meus in te speravi».
Valet hoc sigillum in generali ad cancrum et condilomata et fi curn et
cyragram et ad omnes passiones humerorum et brachiorum et rnanuu�
et ad multa alia. Et dum Sol erit in Geminis sculpatur in eo ab una p ane
signum Geminorum et in circumferentia « Turiel, sanctus Andreas » e t e x
alia parte in circumferentia « qui crediderit et baptizatus fuerit salvus
erit», et in medio « Sother salus».

Sigillum Cancri
Sigillum est Cancri: Sole ergo existente in Cancro accipe aurum vel ar­
gentum et fac inde sigillum et dum ferietur dicas: « Exurge domine de us
meus et exaltetur manus tua ne obliviscaris pauperum». Psalmus: « Con­
fiteor tibi domine in toto corde meo. Narrabo omnia mirabilia tua ». Et
ab una parte sculpatur in eo figura Cancri et sigillum Cancri « Cherubiel
sanctus Iohannes» et ex alia parte in circumferentia sculptatur « Ego
sum resurrectio et vita, qui credit in me etiam si mortuus fuerit, vivet».
Et in medio « Adonay vita». Valet in generali ad omnes passiones pecto­
ris, stomaci cordis et pulmonis et venarum et arteriarum et costorum et
ad pleuresim et ad vomitum sanguinis.

Sigillum Leonis
Sigillum est Leonis: XI die ante kalendas Augusti accipe aurum et fa c
inde sigillum ut superius. Et sculpetur in eo forma Leonis observatis con­
ditionibus que supra diete sunt in primo sigillo Arietis. Et dum mallio fe­
rietur dicas: « exurge Leo de tribus }uda et intende iudicio meo, de�s
meus in causam meam». Postea dicatur Psalmus: « ludica me deus et di ­
scerne causam meam».
Et ex parte Leonis in circumferentia sigilli Leonis « Thoel sanctu s la ·
cobus» et ex alia parte in circumferentia: « Vicit Leo de tribus J u da, ra­
dix David alleluia». Et in medio « Heloy Saday».

Sigillum Virginis
Sigillum est Virginis: Accipe ergo purum aurum sole existente in Virg:
videlicet Xl die [ante] Kalendas septembris et fiat inde sigillum rotu? d . e
ut supra de aliis. Et sculpatur in eo figura Virginis dum Sol est in Virg�s
n
et dum malleo ferietur dicas sic: « Exurge domine, adiuva nos et libera
tc
propter nomen tuum». Psalmus: « Deus auribus nostris audivirn u s » �u�
etc.; et ex parte Virginis in circumferentia sculpetur « Kyriel sanctu s 0 .
cas». Et ex alia parte in circumferentia sculpetur « Spiritus sanct u s 5
Appendici 439

perveniet in te et Virtus Altissimi obumbrabit tibi». Et in medio «Pantuel


Ernanuel». Proprietates huius sigilli sunt hec quoniam defendit portan­
tern se a dolore ventris et a colica passione. Et cito sedat orripilationem et
cypum febris et cephalargiam et omnem dolorem intestinorum solvit. Et
valet ad multa alia. Sigillentur autem ex eo alia medicinalia.
Sigillum Scorpionis
Sigillum est Scorpionis: Sole existente in Scorpione scilicet Xl die [ante]
Kalendas novembris accipe aurum vel argentum et fiat sigillum rotundum
et dum malleo ferietur dicas «Exurge domine gloria mea, exurge psalte­
rium et citara exurgam diluculo». Psalmus: «Miserere mei, deus misere­
re mei, quoniam in te anima mea». Et sculpatur in eo figura Scorpionis et
in circumferentia «Dyhael, sanctus Philippus» et in alia parte in circum­
ferentia «Volo mortem peccatoris, sed ut magis convertatur et vivat». Et
in medio «Ananelon, pax». Virtutes in generali sunt hec: valet etiam con­
tra quartanam et cothidianam et contra alias malas dispositiones nervo­
rum et ventris et vesice et contra epylentiam. Cum aliis antydotis mixtum
et propinatum valet in languidis et ptisicis et omnibus infectis.
Sigillum Sagittarii
Sigillum est Sagittarii: die ergo 15 precedente Kalendas decembris acci­
piatur aurum purum et fiat inde sigillum rotundum et dum percuties
cum malleo dicas «Exurge domineJhesu Christe in occursum meum et
vi de tu domine deus virtutum deus Israel». Psalmus «Eripe me domine
de inimicis meis» et sculpetur in eo figura Sagittarii et dum Sol est in eo
et in circumferentia Sagittari figuretur «Scharphiel, sanctus spiritus,
sanctus lu das» et in circumferentia alterius partis fit «Jhesus autem tran­
siens per medium illorum ibat». Et in medio «Sabaoth athanatos». Va­
let autem in generali epileticis et demoniacis et maniacis et arteticis et
sciaticis et contra febrem de colera putrefacta et ad multa alia.

Sigillum Capricorni
Sigillum est Capricorni, cum sol erit in Capricorno accipe aurum vel ar­
gentum et
fiat inde sigillum et dum fiat dicatur «Exurge domine deus
tneus et libera me quoniam tu es spes mea, domine et potentia mea a iu­
Ventute mea». Psalmus: «deus in adiutorium meum intende». Et sculpa­
u
! r � eo figura éapricorni dum Sol erit in eo et in circumferentia sculpa-
u r s ic «Ch
ananel sanctus Bartholomeus» et in alia circumferentia sic
8
�Patu r «gloria in altissimis et in terra pax hominibus bone voluntatis»,
: in medio «Ihesubra sim». Virtutes in generali sunt hec: valet contra
0 ts um venenosum animalium et canis rabidi et contra guttam genu um.
440 Appendici
Sigillum Aquari
Sigillum est Aquarii: die ergo precedente 13 kalendas februarii a ccipe
aurum et fiat inde sigillum rotundum et dum malleo ferietur clic
«Exurge domine deus noster, excita potentiam tuam et veni ut salvos f:�
cias nos». Psalmus: «Qui regis Israel intende». Et dum Sol erit in Aqu a­
rio sculpatur in eo ex una parte figura Aquarii « Sadachiel sanctus Tho.
mas» et ex alia parte in circumferentia «Ecce agnus dei qui tollit pe cca­
ta mundi» et in medio «usion ioth heth».
Virtutes autem sigilli sunt hec: qui ipsum sigillum portabit null a res
que serpit sibi nocere potest videlicet appropinquare.
Et valet ad lacrimas oculorum et ad obscuritatem visus et ad dolorern
tibiarum et crurium et ad omnes infirmitates que fiunt ex sanguin e in­
fecto et ad multa alla.

Sigillum Piscium
Sigillum duodecim est Piscium: sole existente in Piscibus accipiatur au­
rum vel argentum et fundatur et fiet inde sigillum et dum fiet dicas:
«Exurge Sol iustitie Domine Ihesu in requiem tuam, tu es archa sancti­
ficationis tue Virgo Maria». Psalmus: «Memento Domine David » et po­
stea sculpatur in eo figura Piscium sole existente in eis et in circumfe­
rentia «Malchiel, sanctus Marcus, sanctus Mathias». Et ex alla parte in
circumferentia sculpatur «Qui credit in me etiam si mortuus fuerit vivet,
consummatum est». Et in medio sic «Agla theos». Valet istud sigillum in
generali podragricis et doloribus peduum et glaucitati oculorum et ad
cancrum et ad fistulas et vulnera saniosa et ad omnes infirmitates sanio­
sas que sunt ex flegmate ubicumque sint et undecumque fluant.
Expliciunt sigilla magistri Amaldi de Villanova.
App endice IV
L a visione delle scienze liberali con l'astrologia al sommo di Biagio
pdacani da Parma ( 1 3 86)

Prologo del pronostico del 1386


«Pande iram Dei»

In quodam iudicio magistri Blasii de Parma anno currente 86" 1


(Città del Vaticano, Bibl. Vaticana, ms. Reg. lat. 1973 , f. 48rb-48vb)

Qui maxime se diligit seductus est, ut ira Dei super eum cadat.
Hec Ptolomaeus in preambulis maioris Almaiestt2, que verba illustris
principis mentem compellunt cuiuscumque, ut necessario sibi maximus
sit amicus, quare, nisi fallor, sola3 Deo fruendum est. Uhi, ergo, aliqua re­
ferrem que domum Dei triumphantem aquassarent vel quomodolibet ei
obviare viderentur, nunc, ut alia retractare proposui, fide itaque Athena­
sii supposita, cuius est « Unum in Trinitate et Trinitatem in unitate vene­
raci » , Illum sine quo nihil a me distantem, quaeso4 , de gradu in gradum
regulariter gradatim ascendendo. Si, ergo, itaque, venerande Crucis pre­
tnis so boni Jesus sectam cuius irrefragabiliter propono imitaci, me acu-

. * La trascrizione è fatta secondo i criteri dd latino medievale (senza dittonghi uma­


n1sti
ci e così per tutte le citazioni dd presente volume).
1 Biagio re
• dasse dopo il richiamo dd Vescovo successivamente nd 1405 un pronosti­
co � cu i adatta la sua astrologia alla dottrina della Chiesa. Cfr. il mio studio Biagio Pela­
n
; z. _Astro/ogical History /or Year 1 405, «Culture and Cosmos», 1998, 1, pp . 24-32 e più
re�isamente Biagio Pelacani, Una storia astrologica, cit., qui Cap. XII.
eon Non abbiamo trovato questa espressione precisa nell'Almagesto di Tolomeo, ma un
ce o simile, in PrOLOMAEUS, Liber quadripartiti, Venezia 150 1, intr. e tract. I, 15 a
p ropon_
suo della superbia dell'astrologo.
1
so/lo.
e� /uesso. Sul Credo dr. N.M. HARING, Commentaries on the Pseudo-Athanasian
4

ee • « M ediaeval Studies», 1972, 35, pp. 208-52 .


442 Appendici
leis scutiens et puribus alterari et in regione dissipationis permanere in ·
tuitione forti, oculos bine divertere coepi. '
Presto namque spheram passivorum trascendens, ad planetaru rn cu
sus ingredior, ut planetis sicut gradibus, supremum celurn gra dat;
ascenderem. Cum, igitur, in primo gradu, videlicet lunari sphera, con si ­
sterem, virgo pulcherrima in sede consistens, occurrebat quam labo rio­
sam facies palida demonstrabat, vestis cuius alba similis papiro nitebat
Hec autem puerum gestabat in ulnis cui pleno lacte ubera ministrab at �
dextra manu scutica sub qua puer timidus latitabat, in sinistra ve ro 'ta­
bula alfabeto descripta, que mulier omnibus se Gramaticam fateb at ur et
sedem patenter aliarum. Cui inquam reverenter «si primum valeo geni­
torem intueri». At, inquit - «ascende, si placet; non novi quid di cis »
(Mathei XIIII)5.
Ego autem secundum gradum ascendens et in altiori loco cathedre
confingens, dominam videns oculi cuius uti stelle micabant, vestis cuius
inter obscurum et clarum obtinebat, ac serpentes duos suis manibus per­
stringere videbatur, que mulier auditores Loycam instruebat, interdum
varia sophismata proponendo, quam reverenter salutans postulavi « an
primum creaturarum nosceret opificem». Cui dixit: «ascende gradatim
quoniam virum non cognosco luce prima».
Tunc ad tertium celum attingens, virginem inveni que sermonis mo­
dulatione omnium miro modo afficiebat auditum, cuius vestis multipli­
cibus videbatur coloribus variari. Hec autem, nunc ridere, nunc flere vi­
debatur et locutionis6 arte multa miranda, sed non credenda, canebat et
hec se publice Rethoricam fatebatur. Ad quam me humiliter pro stern ans
oculis nutum feci «an trinitatem vidisse in unitate». Cui «recede » ait -
«non vidi quid quaeris» ( Thimothei sexto epistula prima)7.
Hunc autem ad quartum orbem me transferens8 , quamdam vidi m u ­
lierculam vultu gentilem quam color purpureus venustabat, cuius dextra
tabulam gestabat, figuris scriptam quam pluribus, altera vero numerab at
ad digitos, que clara voce Arismetrica dicebatur. Cui - inquam -. reved
renter «an de ineffabili legum condictore, posses tuis num eris �i quo9
certum reperire». At illa inquit: «anima mea hic defecit» (Psa lmos 9l )
Cum vero ad quintum celum accederem, puella mihi occurreb at que
sceptrum manu gestans, spheram terre circulumque maris mens� rab �
cui caritative me inclinans rauca voce clamavi: «oh, oh, ooh, domlll a,

5 Il rimando di Biagio è inesatto: si tratta di Matteo 26, 70.


6 loqutionis.
7
Epistola I a Timoteo, 1, 6, 11.
8 transl/erens .
9
Salmo 88 (87 ) .
Appendici 443

terram spatiumque maris inhaustum // f. 48 va // mensurando, Patrem


filium et Spiritum sanctum in unitate mensurasses». Cui, ense evagina­
to, sic ait: «va, va, quid loqueris ignoro» (]ohannis primo) •
10

C um autem ad sextum celum attingerem, miro modo virginem vidi


11
decoratam (Genesis XXIl) in cuius manibus citara pendebat, figura mi­
rabili perornata. Ad cuius sonum mens mea quasi liquefacta permansit.
Et eius vox dulcis meum estuabat auditum. Hec autem Musica et merito
se dicebat. Quam presto reverenter quesivi an verbis eius mellifluis illum
p ossem attingere qui vitam desuper ducit beatorum, que persuadendo
sic inquit: «querenti datur et pulsanti aperitur» (Mathei VII) 12 •
Ego utique lapsus ad septimum orbem transferebam, in quo robusta
m ier sedem suam posuerat et cum quadrante solem apparebat intueri,
ul
altitudinem cuius capiendo, cum lingua adventum emanabat de futuris.
Haec autem a superis dicitur Profetissa, nunc Astrologia a nobis nuncu­
patur. Cui inquam erupto «an Deum Patrem omnium actorem tuis va­
leam profetiis intueri». Hec autem me informando sic ait: «hoc est sca­
bellum pedum et bibliotheca librorum, desuper autem commoratur et
vitam ducit beatam» (Ysaiae LXVD 1 3•
Cum autem ad octavum celum pervenerim, inter multas mulieres una
tamen, presidebat in curru imperiali diademate decorata. Ad cuius nup­
tum eodem tempore uti infinita luminaria movebantur impares circulos
describendo. Hec namque mulier alta voce fatetur Ihesum genuisse de
Nazareth Iudeorum Regem. Verbis cuius fere obstupui, et presto, oculos
meos in oppositam partem coepi divertere et in curru praesidentem vidi
quem tanto labore quesieram moribus ponderosum, lingua cuius se fi­
lium Virginis proclamabat. Ad cuius pedes, capite depresso me proster­
n an s sic inquam: «quamquam in omni creatura vestigium Trinitatis tran­
sumptum repertum sit Magistro Sententiarum sacro concilio aprobante,
te solum quero, te solum veneror, qui omnium rerum celestium terre­
strium et infernorum es creator visibilium et invisibilium, qui ante tem­
f0ra 14etemaliter existens mundum crea(vi)sti, ut Genesis primo scriptura
atu r : in principio creavit Deus celum et terram quatenus mihi notitia
�t u rorum non lateat et gratia sancti Spiritus vitam beatorum valeam ob­
tine re. Cui dixit: «vade
ad inferos et iram pande dei».
N unc autem a luce retrorsum moveor in opacum, in cuius ruina non
P arum confractus presentibus divinum verbum orectenus explicavi, ab-

IO G ·
iovanni, I, 1 9-23 .
11
Gen esi' 24 ' 64 •
12
13 M�tte o, 7 , 7 .
Isaia , 66, 1 .
14
Gen esi, I, 1 .
444 Appendici
sentibus autem per scripturas, retenta forma, proposui explicare «ir
pande dei». atn
Mihi igitur et singulis ad quos presentes littere pervenerin t eg o BI
a
sius de Parma futura satis terrenda emanare proposui, quorum o rdine ­
· r: rn
m rorma proposUI" observandum.
Dividetur namque scruptinium istud in septem paragrafos. In prirn
scilic�t premissa_ disp?�itione m�� di,_ queram dom�um anni. In s ecun�
!
do scilicet, ex disposmone caeli mdicando mutatlones ut stabilitatern
temporum. In tertio scilicet, me de gravitate anonae providebo. In quar­
to scilicet, dicam quantum boni // f. 48 vb // possit mercatoribus succe­
dere. In quinto scilicet de statu humani corporis et brutorum querendo
an presenti anno vitam ducant salubrem. In sexto scilicet para(gra) fo, ad
discordias futuras fieri condescendam. In ultimo scilicet paraffo di spo­
nam me retrorsum ire a tenebris in sinceram veritatem, ut quod som­
niando intueor, frui valeam in gloria; ad quam et vos me Ille perducat,
cum tempus adfuerit. Amen 15 •

Ul·co
15 Da queste affermazioni dd prologo si comprende che doveva esis te re un s eg
che conteneva il vero e proprio pronostico.
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Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana
Archivio Segreto, Reg. lat. 109, p. 154
Borghese 348, p. 152
Chigi O.IVA 1, pp. 189, 404-405, 409,
4 1 1-4 13
Chigi M.V. 109, p. 293
Reg. lat. 1 1 15, p. 349
Reg. lat. 1283a, pp. 19, 1 16
Reg. lat. 1300, pp. 1 16-119, 121, 126-
127
Reg. lat. 1386, pp. 44 1 -444
Vat. lat. 2159, pp. 404-405, 6, 8
Vat. lat. 2168, p. 8
Vat. lat. 2191, pp. 103, 107-1 13, 242
Vat. lat 2366, p. 418
Vat. lat. 3 180, pp. 126, 127, 138-4 1
Vat. lat 4085, pp. 21 1, 218
Vat. lat. 5356, p. 349
Do uai, Biblioteca Municipale, 434/II, p. 127
Firenze, Biblioteca Laurenziana, Ashburham 185, pp. 4 14, 415
Ashburham 205, p. 427
Ashburham 210, p. 206
Pluteo XV,52, p. 291
Biblioteca Nazionale, II, I, 519, p. 294
II, IV, 321, n. 459, p. 293
II, IV, 322, n. 956, p. 292
Conv. Soppr. SS. Annunziata, G.9. 1608, p. 293
Palat. lat. 1022, p. 349
Biblioteca Riccardiana, 673 [M.1.25], pp. 303-305, 306, 425-
26
476 Indice dei manoscritti

921, pp. 60-62, 63


1895 [R.l.38], pp. 293, 425-26
Palat. 895, p. 294
Friburgo Biblioteca Universitaria, 458, p. 123
in Brisgovia,
Gand, Biblioteca Municipale, 1021 A, p. 436
Gottingen, Stadtarchiv AB III 11, p. 435
Halle, Biblioteca Universitaria e Comunale pp. 115, 121, 12 4-2 5
Klagenfurt, Biblioteca Vescovile, XXIX.e.12, p. 211
Limoges, Biblioteca Municipale, n. 9, p. 267
Lipsia, Biblioteca Universitaria, lat. 1467, pp. 104, 256, 265, 270-
75
Londra, Wellcome Library, 560, p. 435
Madrid, Biblioteca Nazionale, lat. 138, p. 395
lat. 6560, p. 410
Milano, Biblioteca Ambrosiana, P. 120 Sup., p. 418
Monaco, Bayerischen Staatsbibliothek, p. 123
Codex Latinus Monacensis, 407,
Codex Latinus Monacensis, 849, pp. 210-12
Codex Latinus Monacensis, 10268, pp. 56, 60-61, 64
Oxford, Bodleian Library, Canonici misc. lat. 190, p. 267
Padova, Biblioteca del Seminario 235, p. 349
Parigi, BnF, ital. 1524 , pp. 121-22
lat. 610, p. 58
lat. 7162, pp. 121-22
lat. 7337, pp. 211, 212-218, 280-
81, 292, 310, 436
lat. 7349, p. 436
lat. 7408, p. 436
lat. 7443, pp. 415- 17
lat. 9336, p. 142
lat. 10269, pp. 105-267
lat. 14075, p. 122
lat. 15127, p. 122
lat. 16195, p. 104
tedesco n. 160, p. 123
Parma, Biblioteca Palatina, Fondo Parmense, 984, pp. 410-19
Poppi, Biblioteca Comunale, 199, p. 294
Roma, Biblioteca dei Lincei, Ferraioli, n. 789, pp. 293 , 300- 303
Siquenza, Archivio de la Catedral, no. 66, mise., p. 292
Indice dei manoscritti 477
Venezia, Biblioteca Marciana, ital . VI, 120, p. 294
ital. VI, 12 1 , p. 294
Vienna , Biblioteca Nazionale, lat. 3 162, pp. 373 , 395
Wiesbaden, LB, n. 79, pp. 373 , 395
Wolfenbiittd, Herxog August Bibliothek, lat. 479 pp. 256, 265 , 270-75
Indice dei nomi
Abano, Pietro, vedi Pietro d'Abano Agrippa, Cornelio de Nettesheim, XII, XIII,
Abba Mari, 378, 395 XVII, 17, 37, 143 , 146, 174, 181, 184
Abelardo, 3 0 Ahmad Ibn Ysuf, vedi Alì
Abele, 20-23 , 120 Ala (trattato) , 118-19, 181, 228, 334, 348,
Aben Masarra, 258 371, 377
Abbiati, Sergio, 54, 59 Alano di Lilla, 30, 106
Abracadabra, nome magico, 371 Alatri, Mariano, 306
Abramo Ibn Ezra (Abraham Ibn Ezra, Ave­ Albattani (Al-Battani Muhammad b. Gabir
narius, Avenazre) , 104, 236, 266-67 b. Sinan), 178, 263
Abramo Savosarda detto Nasi (Savasorda, Alberigo, Giuseppe, 296
Abramo Bar Hiyya, Bar Chjja), 19, 59,
233 , 236, 253-59, 311 Alberti, Leandro, 48
Liber de redemptione Israhel, 256-66, Alberti, Leon Battista, 345
269-74 Alberto, maestro di Bologna, 304, 425
Liber revelatoris (Megillat ha-Megalleh), Alberto Magno, XXII, XXVI, 35, 56, 77,
255-58 125 , 174-77, 195, 251, 264, 269, 311
Abramo, 261-63 , 267 De mineralibus, 176
Abu-Ma'sar, vedi Albumasar De natura locorum, 175-76, 199, 320, 345
Abulafia, David, 57 Alberto Magno (pseudo) (Magister Speculz),
Accursio (Bonfantini, Accursio), frate del- XIY, 115 , 123 , 138, 283 -84, 315
1 ' ordine dei Frati Minori, Inquisitore fio­ De mirabilibus mundi, Liber aggregatio­
rentino, 289, 292-94, 3 02-304, 425 nis, Liber institutionum activarum, 29
Achillini, Alessandro, 27 Speculum astronomiae, 18, 35, 69, 106,
Adamo, 75 , 117, 124 166, 178-80, 215 , 241, 243 , 321, 329-30,
Adelardo di Bath, 19, 24, 120, 236-37 430
Adonay (nome di Dio), 121, 139, 146, 438 Albumasar (Abu Masar, Abu Ma ' sar Al­
Aertsen, Jan A., 39, 103 , 183 Balki), 104-105 , 113 , 225, 234-42, 250,
A/alion, entità magica, 221 262-63 , 267, 336, 394, 405-406
Agnese, Blaise, 396
De magnis coniunctionibus, 243-46, 250-
Agnoletto, Attilio, 54
Agostino santo, XIII, XXII, XXIII, 35, 41- 53 , 411-13
45, 52, 69, 74-75 , 81, 108, 110-12, 248- Introductorium maius, 239-42, 420
49, 255, 284-86, 398 Alcabizio (Al-Qabisi), 263 , 418
De dvitate Dei, 41,52, 110-11, 285-86, 387 Introdudorium minus Quadripartiti, (Ysa­
De doctn'na christiana, 41-45 goga mz'nor), 189, 195 , 213 , 249, 281, 291
De genesi ad litteram, 42 Alessandro di San Elpidio (generale degli
Agostino Kazotic (vescovo di Zagabria) , 153 , Agostiniani), 156
156 Alessandro, imperatore, 430-31
Agrimi, Jole, 50, 64, 3 9Q Alessandro IV, papa, 153-54, 296
482 Indice dei nomi
Alfarabi (Alfarabius, Al-Farabi), 6 , 4 1 , 5 6 , Apollonio (pseudo) , 24-26 , 14 6
59, 357 Aponensis Petrus, vedi Pietro d'Abano
Alfargano (Al-Fargani, Ahmad b. Muham- Appiani, Paolo Antonio, 28, 289
mad b. Katir), 178, 233 Apuleio (Apuleius Madaurensis) , 106 , 108 - 1 0
Alfonso I, 257 Arahel, Tribù di Israele, 379, 435
Alfonso X, 15, 19, 1 15, 1 1 8, 126 Archita, mago, 320, 428
Alfonso X el Sabio, re, vedi Alfonso, X Arecco, Davide, 1 16
Alfredo Marchesi, vedi Ilarino da Milano Aristotele, XII, XXV, XXVIII, XXIX, 17,
Algali (Al-Gazel), 95 , 197, 357 19, 4 1 , 5 6 -57, 83 -84, 97, 103 , 106 , 1 7 3
Alhazen (Alacen, Ibn Al-Haytham Al Ala­ 180, 182, 1 99, 229, 233 , 239, 246, 3 1 6 °
san), 4 1 , 49, 9 1 , 94 335, 358, 417, 421
Alì (Almad ibn Ysuf), 413 Analitica posteriora, XXIV, 326-27 , 35 7
Alì Rodoan (Alì ibn Ridwan) , XXVIII, De anima, 34 1 , 3 60
XXIX, 233 -34, 257, 269, 294, 339, 3 94, De somniis, 345
4 13 Ethica Nicom. , 324, 327-28, 357
Ali ibn Ridwan, vedi Alì Rodoan Topica, 322
Alkindi (Al-Kindi, Abu Ysuf, Ya'qub b. Aristotele (pseudo), 63
Ishaq) , 5 - 14, 23 , 14 1 , 233 , 259, 263 , 2 69 Secretum, 213 (vedi anche Ruggero
De aspectibus, 15- 17 Bacone)
De radiis o Theorica artium magicarum, Arnaldo di Quinquepoint (Arnoul de Quin­
XV, XIX, XXIX, 10- 14,233 , 3 19, 337, 427 campoix, medico di Filippo il Bello) ,
Alla (Allah) , nome di Dio, 125 25 6 , 259
Allevi, Febo, 282 Arnaldo di Villanova (Arnau de Villanova),
Almadel Auctor Pseudonymus, 123 Arnaldus de Villanova, XXII, 39, 5 1 , 91,
Almandal, vedi Liber Almandal 97-99, 1 66, 174, 294, 370, 392, 396
Al-Ma Mum, 24, 23 6 -37, 2 62 Allocutio super Signi/icatione nomine
Alpetragio (Al-Bitrugi Nuraddin), 56-57 Thetagrammaton, 379-80, 397
Al-Tabari, vedi Omar Tiberiade De improbatione male/iciorum, 97-99,
Altercatio Ecclesiae contra Synagogam, 26 1 178, 189, 1 92, 387-89, 398
Altitudini, Principi, Intelligenze, Angeli, De- De parte operativa, 189-90, 1 98
moni, Spiriti, 1 19, 139-42, 213-18 De tempore adventu Antichristi, 245,
Amaymon (spirito o demone) , 284 250, 369, 379
Amundsen, Darrel W., 358 Sigilli (?), 1 90, 370-40 1 , 435-40
Anatoli, 58 Speculum medicine, 187-90
Anawati, Georges Chehata, 9 Aronne, profeta, 14 6
Andrea, santo, 380 Arphasach, entità, 320
Andujar, Eduardo, 25 6 Arquato (o Torquato) Antonio, 407
Anebo, 226 Arrizabalaga, Jon, 356
Aneguemis, vedi Liber Neumich, Newemich, Ars entonica et ydaica, (De arte eutonica et
liber Vacce ideica) , 35, 430
Anonimo (X secolo) , 26 1 Ars notoria, XIX, 126 , 128-30, 133 -37 , 14 1 -
Anselmo d'Aosta, santo, XXIII, 75-7 6 42, 2 1 9, 22 1
Anticristo, 245-53 , 274, 287, 289, 299, 399 Ars paulina, 126-30, 138-42 .
Antonelli, Roberto, 58 Arzachel (Arzachiel, Az-Zarquali s. Ibrahun
Antonio, santo, 420 b. Yahya) , 178, 1 89, 192, 387 -89 , 3 98
Antonio da Montolmo (Antonius de Monte Asclepius, 30, 3 6 , 108- 109, 3 68
Ulmi), 125 , 139, 172, 22 1 , 280, 308, 350 Asin Palacios, Miguel, 258
De occultis et mani/estis sive Liber Intel­ Asor Rosa, Alberto, 58
ligentiarum, 2 10-20 Assub, costellazione o cometa, 4 1 6
Glosa super imagines duodecim signorum Astaroth, diavolo o spirito, 428
Hermetis, 2 1 1 Aurigemma, Luigi, 41 9
a
Aomar (Umar Ibn Al-Farruan), 1 69 Avenarius, Avenazre, vedi Abramo Ibn Ezr
Aouad, Maroun, 57, 364 Avenderich, mago, 320, 428 . "
Apocalisse dello Pseudo-Baruch, 260 Averroè (Averroes, Ibn Rushd, Abu 1-W:al�d)
Apocalisse, 1 3 1 -32, 245, 250-5 1 , 265 4 1 , 5 6 , 59, 197, 20 1 , 3 17 , 335 , 3 60 , 09
6
Apollo, 225 Avicenna (Ibn Sina, Abu Ali), XXIX , 4 1 . 5
Indice dei nomi 483
64-65, 95, 97, 186-88, 1 97, 226, 3 17, 3 19, Bidez, Joseph, 280
325, 337-38, 341, 347, 357-58, 390, 406 Biget, Jean-Louis, 296
Liber Canonis, 192 Bing Gertrude, XVII
Ayhon, nome appellativo ordinale dei demo- Biondi, Albano, 48
ni, 62, 107 Birkenmajer, Alexander, 28, 103 - 104, 244
Bjornbo, Axel Anthon, 5, 8, 10
Bacone Ruggero, vedi Ruggero Bacone Blaise, famiglia, 396
Baldwin, John W., 296 Blasius de Parma, vedi Biagio Pelacani da
Ballester, Louis Garda, 358 Parma
Banu Hud, principe di Saragozza-Lerida, 257 Blum, Paul Richard, 1 84
Baroja, Julio Caro, 47, 54 Blumenkranz, Bernhard, 261
Bartocci, Giuseppe, 281 Bodin, Giovanni, 7 1
Bartolomeo Anglico, 104 Boeds, Maria Cristina, 347
Bartolomeo da Parma, 320, 427 Boezio, Manlio Severino, 3 15, 322, 43 1
Bartolomeo, santo, 439 Boffito, Giuseppe, 283 , 289, 291
Barzon, Antonio, 367 Boyle, Leonard E., 281
Bascour, Hildebran Dom, 158 Boll, Franz, 232, 234, 278, 41 9
Basilio, santo, 7, 7 1 Bonaventura, santo, XXIX , 79-81 , 129-32
Bataillon, Louis-Jacques, IX, 76 Bonfantini, Accursio, vedi Accursio
Bauer, Ulrike, 60 Bonifacio VIII, papa (Benedetto Caetani),
Baur, Ludwig, 27 xxx, 149, 151 , 158, 296-97, 305, 369,
Bazan, B. Carlos, 256 376-77, 382, 392, 395
Bazzi, P., 73 Bonincontri, Lorenzo, 19, 195
Beaumker, Clemens, 3 1 B6noli, Fabrizio, 2 10- 1 1
Beccaria, Augusto, 281 , 289 Borghino di Maestro Chiarito da Prato, 300
Beleno (Balino, Belino) , 24, 1 17, 179, 387 Borromeo, Agostino, 290, 295
Bel/agor, diavolo come ordo spirituum, 62 Borst, Arno, 378
Belgibuth, diavolo come ordo spirituum, 62 Bossier, François, 246
Belial, mago, 320, 428 Bottin, Francesco, XXVI
Bellanti, Lucio, 3 1 1 Boudet, Jean-Patrice, IX, 29, 4 1 , 59-60, 88,
Belo, Caterina, 325 1 17 , 120-22, 126, 134, 138, 143 -44, 147,
Benedetto XII, papa, 143 , 149 2 12, 218, 222, 244, 256, 267 , 33 1 , 354,
Benson, Robert L., 236 40 1 , 4 16, 436
Beonio Brocchieri Fumagalli, Maria Teresa, Boureau, Alain, XXXI, 4 1 , 72, 149-51, 156,
104 159, 1 6 1 , 163 , 165, 292, 297, 305
Bériou, Nicole, 249, 274 Brach, Jean-Pierre, XV
Bernardo di Gordon (Bernardus de Gordo- Brady, Ignazio, 79
nio), 51, 373 -74, 378, 380, 395-96 Brams, Josef, 105
Bernardo Gui, inquisitore, 154, 164, 307 Bremmer, Jan N., XVII, 4 1 , 1 10, 123 , 126
Beyer, Andreas, 367 Bresc, Henri, 120
Bezold, Carl, 278 Brewer, John Sherren, 126, 247
Biagio Pelacani da Parma (Blasius de Pelaca­ Bridges, John Henry, XXVI, XXVII, 247
nis de Parma, Blasius Parmensis), XXXI, Brisson, Luc, 225
50, 1 89, 210, 219, 245, 306, 3 1 1 , 403-23 Brockelmann, Carl, 5
De sphaera, 4 10, 4 18-20 Broedel, Hans Peter, 161, 166
In quodam iudicio anno cimente 1386 Broek, Roelof Van Den, XV, 108
(Pronostico), 44 1 -44 Brown, Peter, 54, 248
]udicium revolutionis anni 1405, 4 15- 16 Bruno Giordano, XII, XVII, XX, 143 , 174,
Quaestiones metheorologicorum, 4 1 3 - 15, 34 1 , 420
420 Bulloug, L. Vern, 355
Quaestione physicorum, 408-9, 4 14-15 Burchardt, Jerzy, 40, 371
Quaestiones super 'Perspectiva commu­ Burgundio da Pisa, 8 1 , 129
nis', 42 1 -22 Burnett, Charles H., 15, 2 1 , 23 , 56-57, 59,
Bianchi, Luca, 248 1 15, 194, 237, 394
Biard, Joel, 58, 204, 325, 356, 403 , 405, 4 1 1 , Butler, Elisabeth, 1 1 6
42 1 Buytaert, Eligius M., 81
484 Indice dei nomi
Bylebyl, Jerome J., 347 Ciapone, capo dei briganti, 30 1
Bynum, William F., 358 Ciardi Roberto Paolo, 348
Cicerone, Marco Tullio, XVIII, XIX, 225 , 23 1
Cados, nome di Dio, 121 Ciliberto, Michele, 256
Caiazzo, Irene, 16, 26-27 Clagett, Marshall, 206
Calcaterra, M., 73 Clavicula Salomonis, 120-22, 2 12-13
Calcidio, 57, 84, 95 , 3 19 Clavis, trattato, 1 18- 19
Calippo, 28 1 Clemente V, papa, 149
Cambrino, mago, 320, 428 Codex theodosianus, 54, 227
Campano da Novara, 18 Cohn, Norman, 47, 52, 60, 147, 25 1 , 265
Canon 35 (del Concilio di Laodicea), 135 Collard, Frank, 155, 222
Canon Episcopi, 45, 50, 152, 165 , 291 Collins, R, 225
Canova Mariani, Giovanna, 367 Concilio di Latrano (745) , 135
Cantimori, Emma, XVII Condillac Étienne Bonnot de, IX
Capitani, Ovidio, 79 Constable, Giles, 236
Cardano, Girolamo, 6, 1 15 Copenhaver, Brian, 23 , 183 , 200, 403
Cardini, Roberto, 359 Corona, nome di Altitudine, 140
Carena, Cesare, 273 Cortabarria, Angel, 6
Carlier, Jeannie, 1 10, 226 Costa Ibn Luqa (Qusta Ibn Luqa), 3 92
Carlo d'Angiò, duca di Calabria, 297 De physicis ligaturis, 389
Carlo N, Imperatore, 2 10- 1 1 Couliano, Joan P., XII, 53, 220, 341 , 372
Carlo, principe di Prussia, 3 48 Craveri, Marcello, 47
Carlo V, re di Francia, 2 1 8 Crawford, F. Stuart, 360
Carlo VI, re di Francia, 165 Crespi, Achille, 28 1
Carmody, Francis J., 227, 235 -3 6, 4 1 8 Crisciani, Chiara, 50, 390
Carneade, 23 1 Cristina de Pizan, 218
Caroti, Stefano, 106, 205 , 283 , 407 Cumont, Franz, 278-80
Carrara, signore di Padova, 367 Cunnigham, Andrew, 356
Castelli, Patrizia, 264, 3 45 , 389 Cupido entità magica, 22 1
Castruccio Castracani, 298 Cusano, Nicola (Nicholaus Cusanus) , XIX,
Causse, André, 261
Cecco d'Ascoli (Francesco Stabili, Cecco di
xx, 1 10, 252
Maestro Simone, Ciccus Aesculanus), XX, D'Agostino, Alfonso, 19, 1 16
XXIX, 49, 71 , 143 , 15 1-52, 163 , 172, 2 1 1 , D'Ailly (Pierre d'Ailly, Petrus de Alliaco) ,
221 , 265, 277-306, 3 08- 1 1 , 321 , 404, 4 10, vedi Pietro d 'Ailly
425-26 D'Alvemy, Marie Thérèse, 6, 10, 236, 427
Commento dell'Alkabizio, 291 D'Onofrio Giulio, 135
De excentricis et epicyclis, 28 1 Dalarun, Jacques, 298
De sphaera, 280-88, 3 0 1 -3 02, 304-305 , Dalla Porta Giambattista, 182
3 10 Danet, Amand, 5 3
Il libro del Comando (La sfera), 301 -302 Daniele (Libro dz), 255
I.:acerba, 281 -82, 288, 290-91 , 294, 304- Daniele di Morley, 1 8
305 Dannenfeldt, Karl H . , 280
Censore B., 281 Dante Alighieri, 39-40, 47, 69, 141, 288
Censorino, 246 David re (di Gerusalemme), 1 17, 139
Centi, T.S., 73 David, 261
Chabas, Roc, 401 Davidson, Herbert A. , 357
Champier, Sinforien, 3 3 1 , 334, 3 3 7, 347 De hereticis accusatus (Bolla di Aless andro IV
Chananel, Angelo, 4 3 9 papa), 153 , 296
Chaquin, N. Jacques, 48 De Jong, Alberto, 280
Charles, Robert Henry, 60 De Langenstein, Enrico (Henricus de_ Lan­
Charmasson, Marie Thérèse, 320, 427 genstein o de Hasse), vedi Enrico d1 Lan­
Chenu, Marie Dominique, XXN, 249, 326 genstein
Cherubiel, angelo, 3 80, 438 De Leemans, Peter, 198
Choffat, Pierre-Han, 49 De Libera, Alain, 39, 176, 183 , 248, 35 2 , 35 7 ,
Chwolshon, Daniil, 227 371
Indice dei nomi 485
De Lineriis, Giovanni, 291 Eckhart, 144, 305
De Mottoni Faes, Barbara, 80, 131 Edwards, Glenn M., 60
De Muralt, André, IX Egidio de Tebaldi, 15
De o/licio inquisitionis, 296, 306 Egidio Romano, 7
De Puig I Oliver Jaume, 393 De collectione errorum Alkindi, 6-8, 10
De Rijk, Marie-Lambert, IX Egim, spirito o demone, 284
De Rossi, Gianbattista Bernardo, 260-61 , Elamrani-Jamal, Ahmad, 57, 364
266 Elbidis, 18-19
De Sclavione, Pietro, vedi Pietro d 'Abano Eleazar di Worms cabalista (Eleazar Ben
Delatte, Louis, 2 1 luda Ben Kalonimos), 1 15
Delaurenti, Beatrice, 45, 158, 183, 336, 34 1 Elgibor, nome di Dio, 121
Delisle, Leopold, 28, 436 Elia, profeta, 132, 146
Della Rovere, famiglia, 264 Ellis, Roger, 236
Delle Laste, Natale, 353 Elysan, Altitudine, 140
Delmas, Bruno, 394-96, 400-401 Emanuele, santo, 439
Delorme, Ferdinand, 131 Emery, Kent, 103
Del Torre, M. Assunta, IX Empedocle, 95
Demaitre Luke, E., 373, 394-95 Empireo, 74 , 365
Demonio, primo angelo caduto, 71 -76, 127, Enoch, vedi Ermete
293 Enrico Bate di Malines, 103, 1 13, 236, 242,
Des Places, Éduard, 226 253, 266, 270, 319, 420
Determinatio magistralis (Parigi, 1 1 settem- Speculum, 103- 13
bre 1398), 165-67, 401 Enrico del Carretto vescovo di Lucca,
Detienne, Marce!, 1 1 1 XXIII, 72 , 149, 152-65 , 278, 307
Diana, culto, 50 Enrico di Harclay, vedi Harclay
Diavolo, il, 298, 309 Enrico di Langenstein o de Hasse, 1 1
Diepgen, Paul, 382, 394 Ercen, Altitudine, 140
Dihael, angelo, 439 Ermanno di Carinzia, 18, 26, 30, 234, 236,
Dii (de Nabeoth) , 299 407
Diogene lo Stoico, 246 Ermengardo Blaise, 396
Dionigi Areopagita (pseudo Dionigi), 60, 63, Ermete, 18-2 1 , 22-31, 107- 13, 179, 201 -99,
8 1 , 143, 2 19, 410 32 1 , 334, 336, 338, 392, 4 19, 429
Dioscoride, 389, 392 Ermete (i tre E.), 394
Dodds, Enrich R. , 1 1 1 , 279 Ermete Abidimon, 201
Dombart, Bernhard, 1 10 Ermete Belino, 387
Dominguez Rodriguez, Ana, 1 16 Ermete Enoch, 2 1 , 334, 393, 396
Donato di Santa Agata, inquisitore france- Ermete Thebit, XXX, 18-20, 35, 194, 2 12,
scano, 307 330, 334, 393, 396
Dondaine, Antoine, 49, 295 , 297, 305 , 307 Ermete Tolomeo, 393
Doroteo, astrologo, 419 Ermete Trismegisto, 2 1 , 30, 87, 108, 121
Douais, Celestino, 295 Ermete (pseudo), vedi Liber de sex rerum
Douglas, Mary, 54 principiis
Draelants, Isabelle, 27-28, 188, 376, 385 Ermete (pseudo), vedi Liber viginti quattuor
du Pin, Ellies, 401 philosophorum
Du Plessis d'Argentré Charles, 398 Erodoto, 431
Duca di Milano, 42 1 Esiodo, 95
Duhem Pierre, XXVII, 253 Esodo, 125, 144, 146
Duns Scoto, 43, 59, 74 Etzkorn, Girard J., 252
Dupèbe, Jean, 126 . Euclide, 12
Durkheim, Émile, XV, 277 Eudosso, 281
Duscheme, Guillemin Jacques, 280 Eva, 75
Duvernoy, Jean, 154 Eymerico Nicola inquisitore, 143, 370, 393
Ezechiele, 74, 158
Eamon, William, 63, 173, 185
Ecate, 50 Facciolati, Jacopo, 353
Ecclesiastico, 39 1 Facino Cane, 415
486 Indice dei nomi
Faggin, Giuseppe, 252 Galiel, spirito o demone, 428
Faivre, Antoine, XV Galonnier, Alain, 3 16
Famigli d'Otto, 302-303 Ganszyniec, Ryszard, 185
Fanger, Claire, 16, 1 16, 120, 134 Garda Aviles, Alejandro, 19
Federici Vescovini, Graziella, XII, XIX, XX­ Gardet, Louis, 5
VII, 6, 8, 21, 66, 68, 1 10, 1 13 , 122-23 , Gargano, Antonella, 347
163 , 182, 186, 189, 196, 202, 222, 233-34, Garin, Eugenio, 275, 278, 351 , 407
24 1 -42, 247, 252, 268, 281 , 291 , 3 15- 16, Geber (Jeber, Jabir lbn Aflah) , 178
320, 322-23 , 337, 356, 360, 363 , 365, 372, Geber (Jeber, Jabir lbn Hayyam) , XXIII, 27-
385, 3 87, 403 -406, 408, 4 1 1 - 12, 4 16- 17, 28
42 1 Gendal, sigillo, 430
Federici, Renzo, 279 Gentile, Sebastiano, 12 1
Federico II, imperatore, 23 , 29, 56-57, 212, Gentili, G.A., 292
227 Gerardo da Cremona (Gherardus Cremonen­
Federico da Montefeltro, duca, 195, 264 sis), 5, 19, 236, 244
Fenoglio, Carlo, 278 Theorica planetarum, 271 , 291 , 3 15- 1 9,
Feraboli, Simonetta, 2 1 , 230 330, 427, 432
Ferrari, Sante, 348 Gergis, 269
Ferraro, Domenico, 38, 182 Germath Babilonese, mago, 18, 106, 179, 387
Ferre, Lola, 392 Gerson Giovanni (Johannes Gerson) , 48,
Festugière, André Jean, 30, 232, 278 165-66, 401
Ficino Marsilio, XII, 14- 15, 17, 38, 5 1 , 12 1 , Geruzzi, Salvatore, 264
174, 182-83 , 230, 289, 334, 3 4 1 , 371 -72, Ghayhat al-Hakim (Il fine del saggio), vedi
397 Picatrix
Fieschi, famiglia, 158 Gherardacci, Cherubino, 210
Filippo di Tripoli, 27 Giacobbe, 80, 13 1
Filippo il Bello, re di Francia, 151 , 297, 305 Giacomo (Libro di), 391
Filippo, san, 439 Giacomo Angeli, 401
Filolao, 246 Giacomo de Vie (Jacques de Vie), cardinale,
Filoramo, Giovanni, XVIII 156
Finke, Heinrich, 376, 382, 394-95 Giacomo di Concots, vescovo, 156
Fiorentino, Francesco, 77, 8 1 Giacomo Foumier (Jacques Foumier), ve-
Firmico Materno Giulio, 4 1 9 scovo di Parniers, 156
Firmico Materno Minore mago, 429 Giacomo, santo, 438
Flores aurei, 135-36 Giambattista della Porta, XXII
Floron, demone, 22 1 , 227, 287 Giamblico, 89, 109, 134, 226, 3 1 9
Folkerts, Menso, 1 17 Gianfrancesco Pico, vedi Pico, Gianfrance-
Fon taine, Jacques, 108 sco
Francesco da Carrara il Giovane, signore di
Gianni, Marta, 161
Padova, 2 1 1
Gianni, Pietro, 390
Francesco Eiximenes, 133
Giansante, Massimo, 283
Lliber dels Angels, 132-33
Gigliotti, Gianna, 38, 182
Francesco, figlio di Ludovico Gonzaga, 2 1 0
Gilberto Crispino, 261
Francesco, santo, 1 3 0
Disputatio iudei et christiani et anonymz ,
Frazer, James Georges, XV
251 -52
Frati di St. Jacques, 3 4 1 , 348
French, Roger Kenneth, 347, 356 Gilberto di Tùbury, 138
Frosini, Fabio, 6, 233 , 3 1 1 Gilly, Carlos, 108, 121
Fumi, Luigi, 154 Gilson, Étienne, 5
Gil-Sotres, Pedro, 391 -92
Gagné, Jean, 360 Gioacchino da Fiore, 80, 132, 245, 247, 25 0 '
Gabriele arcangelo o angelo planetario, 122 375 .
Gabrieli, Francesco, 5 Giovanna, figlia del Duca di Calab na, 2 83 '
Gaetano da Tiene, 423 297, 301
Galasso, Giuseppe, 298 Giovanni II, imperatore, 123 "..,,..,
Galeno, XXIX, 28, 99, 389 Giovanni XXII papa (Jacques Duèse ) , �•
Indice dei nomi 487
45 , 74, 143 -44, 149, 165 , 1 67 , 292, 297, Guarnieri, Romana, 297
305-307 , 369 Guenée, Bernard, 267
Giovanni Angeli (Engel), 267, 27 1 , 361 Gueriguian, John L., 389
Giovanni Blaise, nipote di Arnaldo, 396, 401 Guglielmo V, 396
Giovanni Cacanzio, 156 Guglielmo d'Alvernia ( Gauillaume d'Avergne),
Giovanni Chierico (Johannes Clericus), tra­ XXII, XXIII, 18, 27-28, 35-46, 123 , 138,
duttore, 1 16, 126 147, 172-73 , 1 8 1 , 183 , 205 , 208, 3 7 1 ,
Giovanni de Bar (Jean de Bar, Johannes de 387, 398
Barro) mago, XXVIII, XXX, 4 1 , 48, 125, De fide et legibus, 36, 37
165-67 , 290, 401 De universo, 33, 39-40
Giovanni di Damasco (Damasceno) , 74, 89, Guglielmo da Brescia, 185
82 , 129 Guglielmo da Pastrengo, 430
Giovanni di Parigi (Johannes Parisiensis, Guglielmo de la Mare, 78, 305
Jean Quidort) , 78 Guglielmo di Hangest, 157
Giovanni di Salisbury, 30 Guglielmo di Heytesbury, 341
Giovanni di Siviglia, 19, 234, 236-37, 244, 407 Guglielmo di Moerbeke ( Guillelmus Moer-
Giovanni Eschenden, 23 3 beca), 105-106, 427
Giovanni Gerson, vedi Gerson Guglielmo d' Ockham ( Occam), 59, 298, 305
Giovanni Peckham, vedi Peckham Guglielmo Godin, 162
Giovanni Pico della Mirandola, vedi Pico, Guidentops, Guy, 103
Giovanni Guido d'Arezzo, 185
Giovanni, san, 92, 438 Guido de Caulico (Guy de Chauliac, Guigo
Giovanni Serafeno, 300 de Caulhiaco), 394, 396, 398
Giovanni Wiilfing, vescovo di Bressanone, Guido Terreni teologo, generale dei Carme­
156 litani, 156
Giralt, Sebastian, 37, 98, 189, 376, 385-86, Guidort, Giovanni, vedi Giovanni di Parigi
388, 390-9 1 , 397-98 (Johannes Parisiensis)
Girolamo, san, 255 Guilielmus Pastregicus, vedi Guglielmo da
Giuliano, 261 Pastrengo
Giusti, Martino, 152 Guiraud, Jean, 295
Giustina, santa, 52 Gundel, Wilhelm, 232
Glose (dell'Ars notoria), 137-38 Gundissalino (Gundissalvi Domenico, Do-
Glose super Trismegistum, 30 minicus Gundissalinus), 5, 8, 59, 3 17
Goehl, Konrad, 1 85 Guttmann, Julis, 256-57, 270
Gèista, Hedegard, 143 , 147 Guy de Hainaut, 105 , 1 12
Go/or, Altitudine, 140
Gondras, Alexandres Jean, 78 Haage, Bernhard D., 361
Gonzalez, Serafin Vegas, 15 Hackett, Jeremiah, XXVI, 247 , 252
Goyens, Michèle, 198 Hadot, Ilsetraut, 246
Graf, Fritz, 1 10 Hagins (o Chaiim), 104, 259
Granier, Thomas, 356, 394 Halhaz, angelo, 430
Grant, Edward, 104, 206, 326 Haly Abenrudianus (Ali Ibn Ridwan) , vedi
Green, Tamara M., 16, 227 Alì Rodoan
Gregorio da Lucca (Magister Theologiae), Hamesse, Jacqueline, XIII, XIV, 10, 281, 320
156 Hanegraaff, Wouter J., XV-XVI
Gregorio di Tours, 52 Hansen, Bert, 206
Gregorio Magno, 74, 145 Hansen, Joseph, 50, 54, 153 , 165
Gregory, Tullio, 103 , 254, 3 66, 422 Harclay, Enrico (Heinrich Von Harclay,
Greppin, J ohn A.C., 389 Henricus de Herkeley), 249-.5 1
Grevin, Benoit, 120- Haring, Nikolaus M., 44 1
Griffel, Frank, 344 Harmening, Dieter, 150
Grignaschi, Mario, 27, 63 Harran, vedi Sabeani o Sabei di Harran
Grodzynski, Denise, 227 Haskins, Charles H., 56, 62
Grossatesta, Roberto (Robertus Grossatesta Hasnaoui, Ahmed, 57, 364
Lincolniensis) , XXIV, 7, 1 1 , 24, 27, 9 1 , Hasse, Dag Nikolaus, 325 , 344, 357
269, 326 Heinemann, Claudia, 393
488 Indice dei nomi
Heinrich Institor, vedi Kramer Kildwardby, Roberto, 212, 323
He/en, nome di Dio, 139 Kirie/, angelo, 438
He/men, nome di Dio, 139 Kitab a/-manazir, vedi Alhazen
He/oy (E/oy), nome di Dio, 125, 438 Kitab al-nawamis, 27-29
He/y, nome di Dio, 139, 437 Kitab al-tajmi, 29
He/yon, nome di Dio, 139 Kitab al-u/uf, 194, 394
Hermon, Altitudine, 140 Kitab si" al-asrar, vedi Ruggero Bacone, Se-
Heth, nome di Dio, 179 cretum secretorum
Hissette, Roland, 76, 183 , 248, 352, 354 Kitab si"-a/-ha/iqua, 24-26
Hjiirpe, Jan, 227 Klaasen, Frank, 134
Holtz, Louis, 352 Klein, Robert, 279
Hopken, Charles Edward, 77 Klopsch, Paul, 250
Horowitz, S., 9 Koch, Josef, 252
Hubert, Henri, XVI Kramer, Enrico (Heinrich lnstitor)
Hiibner, Wolfgang, 274 Ma/laeus male/icarum (Il maglio delle
Hudry, Françoise, 6, 10, 25-26, 30, 427 streghe) , XII, XXIII, 42, 48, 53 , 161, 166
Hugonnard-Roche, Henri, 59, 3 17 Kristeller, Paul Oskar, 77
Hunain Ibn Ishaq (Johannitius), 28 Kroll, Wtlliam, 280, 419
Kunitzsch, Paul, 22-23 , 1 17 , 232
Idei, Moshe, 120 Kyranides, 2 1 -22
Ilarino da Milano (Alfredo Marchesi), 296
Incubi spiriti, 286 Lanham, Caro! D., 236
lntrovigne, Massimo, IX, XVI Lamberto del Cingolo (de Cingolo) frate del­
Ipparco, 254, 284 l'Ordine dei Predicatori, Inquisitore di
Isaia, 443 Lombardia, 289, 294, 298-99, 302, 304-
Isidoro di Siviglia (Isidorus Hispa/ensis) , 305, 425
XIV, XX, 8 8 , 106, 108, 225 Lapidari, 1 16
Lattanzio, 35-36, 108
Jabir Ibn Hayyam, vedi Geber Ibn Hayyam
Jacopo da Brescia vicario fiorentino, 293 , Lavatori, Renzo, 7 1
296, 300, 303 -304 Lazzati, Maria Rosario, 53-54
Jacopo da Varagine, 52 Le Blevec, Daniel, 356, 394
Jacquart, Danielle, 63 Le Goff, Jacques, XII
Jacques Duèse, vedi Giovanni XXII papa Leges Platonis, vedi Liber neumich
Jahve, nome di Dio, 258 Legione (Ordo daemonum) , 73
Janssens, Jules L., 344 Lemay, Richard, 236-37, 249, 407 , 4 13
Johannes de Bar, vedi Giovanni de Bar Leonardo da Vmci, 233 , 3 1 1 , 345
Job Judeo, mago, 387 Leopoldo d'Austria, 269
Johannes Clericus, traduttore, vedi Juàn Lemer, Robert E., 382, 398
d'Aspa Lettera ai Corinzi, 13 1
Johannes Parisiensis Uean Quidort), vedi Levack, Brian, 52
Giovanni di Parigi Levi, Ben Gerson, 19
Joht, nome di Dio, 379 Levy, Raphael, 104
Jolivet, Jean, 5, 8-9, 14, 59, 357 Lévy-Bruhl, Lucien, XV
Juan d'Aspa (o d'Aspes), traduttore, 1 16 Lewy, Joseph Hillel, 280
Juda Ben Barzillai, 259 Liber Almandal Almadal Almandel, Man­
Juda Ben Tibbon, 394 dai, 35, 123 -24, 134, 138-3 9, 179, 2 12 ,
Jung Gustavo, 229 217, 321 , 430
Liber Aristotelis ad Alexandrum, 430
Kalb, Alfons, 1 10 Liber dabessi, 24-28
Katinis, Teodoro, 38, 182, 372 Liber de accidentibus hermeticus, 22
Keil, Gundolf, 1 84-85 Liber de causis, 130
Kennedy, Edward S., 225, 263 Liber de duobus principiis, 49
Kissling, Robert Christian, 279 Liber de imaginibus septem planetarum, 1 5 ,
Kibre, Pearl, 62, 349, 429-30 19-2 1 , 36, 172, 179, 212
Kieckhefer, Richard, XX, XXX, 38, 51 , 147, Liber de sex rerum principiis, V, 18, 3 1
150, 153 , 220, 371 Liber de ste/lis 'beibeniis', 22-23
Indice dei nomi 489
Liber de triginta sex decanis, 21 Maimonide, 58
Lliber des Angels, vedi Francesco Eiximenes Maisonneuve, Henri, 162
Liber iuratus sive sacratus, vedi Onorio di Malchiel, angelo, 440
Tebe Malinowski, Bronislaw, XV
Liber magice, 118 Malter, Heinrich, 256
Liber Neumich o Newemich (aneguemis) sive Mandala, 123
Liber vacce sive Leges Platonis, V, 15, 18- Mandonnet, Pierre, 6
20, 28-29, 36 Mandosio, Jean-Marc, IX, 26, 38, 177, 181,
Liber orationum planetarum, 195 205, 351
Liber prestigiorum Abel, vedi Abele Mani, 42
Liber &1.ielis (&1.iel o &ciel) o De secretis Manilio Marco, 420
Salomonis, 115-20, 122, 126, 136, 140, Manselli, Raul, 41, 110, 152-55, 157, 159,
145-46, 221, 321, 430 161, 245, 286, 290, 387, 399
Liber rebis, vedi Liber dabessi Maometto, 250-51, 265, 273, 430
Liber Salomonis, 35, 126 Marangon, Paolo, 348, 365
Liber Semiphoras, vedi Semiphoras Marco evangelista, santo, 73, 440
Liber temporum, 118 Margherita Poreta, 297
Liber vacce, vedi Liber Neumich Marsilio da Padova, 298, 305
Liber viginti quattuor horis, 36, 117 Marsilio Ficino, vedi Ficino Marsilio
Liber viginti quattuor philosophorum, 25, 30- Marx, Alexande� 256
31, 35-36 Maslama Ahmed al-Magriti, 15, 66
Libro del giuramento (Liber sacratus sive iu- Massimo di Madaura, 279
ratus) , vedi Onorio di Tebe Matteo santo, evangelista, 437, 440, 442
Libro di Enoch, 41 Matton, Sylvain, 384
Likada, Juris G., 120 Mauss, Marcel, XV-XVI
Lilith, entità magica, 221 Mazzantini, Giuseppe, 292
Lindberg, David C., 253 Mazzetti, Serafino, 210
Litt, Théodore, 180 Mazzini, Innocenzo, 390
Little, Andrew George, 247 McVaugh, Michael, IX, 185, 340, 352, 356,
Li Vigni, Ida, 116 370, 385-87, 394, 435
Lohr, Charles, 56 Meersseman, Gérard, 158
Lomazzo, Gianpaolo, 348 Meirinhos, José Francisco, 318, 344
Longo, Oddone, 367 Melantone, 228
Lonie, Iain M., 347 Mensa i Valls, Jaume, 369, 399
Lopez, Alvaro, 116 Merlan, Philip H., 317
Lorch, Richard, 117 Merlino Mago, 95, 106, 247, 287, 299
Luca, san, 438 Merlo, Giovanni, 295-96
Lucano, 429 Meroi, Fabrizio, 13
Lucentini, Paolo, XXIX, 21-23, 38, 116, 177, Messahalla (Masha' Allah), 178, 212, 233,
188, 372 262-63
Lucifero, 62, 92, 140 Metatron, angelo della magia ebraica, 120
Ludovico de Liberti, consigliere fiorentino, Meyer, Wtlhelm, 435
211 Michele, santo, 437
Ludovico de Lwovek, 92 Michele Scoto, XIV, XX, 18, 36, 47-69, 88,
Ludovico il Bavaro, im peratore, 149, 298-99 117, 120, 125, 227, 315, 366
Lullo, Raimondo, 311, 393 Liber introductorius, 59-69
Lullo ( pseudo), XXVII Michelet, Giulio, 50
Lutero, Martino, 255, 408 Millas-Vallicrosa, M. José, 255, 257-58, 267
Minio Paluello, Lorenzo, 56
March, Joseph M., 379 Mircea Eliade, XII, 123
Machiavelli, Niccolò, 298 Mitra, 278
Macrobio, 110, 423 Moerbeke Guglielmo, vedi Guglielmo, di
Madrec (Ordo spirituum et daemonum), 62 Moerbeke
Magi del Faraone, 35 Mollat, Guillaume, 154, 164
Mahé, Jean Pierre, 108 Monvello (di Jacopo), 300
Maier, Anneliese, 153- Moorat, Samuel Anhur Joseph, 436
490 Indice dei nomi

Moreau, Alain, 126 Orioli, Raniero, 79


Morel, Philippe, 195, 242, 4 1 9 Oroscopo di Cristo, 265-67, 273-75, 3 1 1
Morélon, Régis, IX, 19, 227 Otto, Rudolf, 278
Morenzoni, Franco, 35, 83 Ovidio (pseudo), 244
Moreschini, Claudio, 1 1 O De vetula, 250-51
Morgan, Miche! A., 120
Morpurgo, Piero, 56-57, 352 Pacheco, Maria Candida, 3 18, 344
Mosé, 124, 144, 299 Pack, Roger A., 123 , 212
Mosé Nachmanide (Moses ben Nahman), 394 Palencias, Gonzales, 59
Muller, Jean Pierre, 78 Panella, Emilio, 259
Mundicia (Libro) , 1 18 Paniagua, Juan Antonio, 384, 3 90-93 , 395,
Munk, Salomon, 5 40 1
Murdoch, John, 352 Pantuel, angelo, 439
Murray, Margaret Alice, 50 Paolini, Lorenzo, 150, 290, 295-96, 306
Mu-ta:àla, 9 Paolo dal Pozzo Toscanelli, 278
Paolo di Middenbourg (Paulus o Pavulus de
Nader, Albert N., 9 Middelburgo) , 159, 264
Nagy, Albino, 5, 7-8 Paolo Pomponazzi, 423
Nallino, Carlo Alfonso, 263 Paolo, santo, 13 1 -32, 144, 146, 437
Nardi, Bruno, 74, 33 1 , 345, 350 Paolo Veneto, 423
Natabet, mago, 320, 428 Paravicini Bagliani, Agostino, XXVII, 178,
Nemesio, 57 194, 297, 305, 369, 374, 379
Nemroth (Nenroth, Nembrot, Neroth) Parethem, Altitudine, 140
astronomo, 68, 320 Paris, Paulin, 259
Nicola Cusano, vedi Cusano Parri, Ilaria, 38, 1 88, 372
Nicola da Polonia, 38, 180, 356 Paschetto, Eugenia, 40, 9 1 , 1 1 1 , 371
Anti-Yppocras, 183 -85 Pastine, Dino, 182
Nicola Eymeric, vedi Eymerico Nicola Patari, 308
Nicola Oresme, vedi Oresme Pax (Scorpione), 379
Niewohner, Friedrich, 409 Paymon, spirito o demone, 284
Nock, Arthur Darby, 30 Peckham, Giovanni (Johannes Peckham),
North, John, 246, 247, 265, 273 252, 305
Notae (dell'Ars paulina), 138-39 Pedersen, Olaf, 238, 271
Noym, Altitudine, 140 Pedretti, Carlo, 6, 233
Ockham Guglielmo, vedi Guglielmo d'Ock- Pegna, Francesco, 393
ham Pelacani Biagio, vedi Biagio Pelacani da Par­
Odetto, E., 73 ma
Odo Rigaldi, XXIV Pelzer, Franz A., 1 15, 249-50
Ogden, Margareth S., 397 Peramau y Espelt, Josef, 245, 250, 375 , 3 79 ,
O'Leary de Lacy, Evans, 8 3 84, 3 90, 3 97-99
Oliger, Livarius, 252 Pereira, Michela, XXVII, 106, 203 , 384
Omar Tiberiade (Umar AI-Tabari), 1 94, 233 Perrin, Miche!, 108
Omero, 95 Ferrone Compagni, Vittoria, IX, 19, 21 , 2 3 ,
Origene, 82-83 38, 120, 1 8 1 , 1 88, 371 -72, 377, 393, 43 6
Oym, Altitudine, 140 Persius, architetto, 349
Oytheon, nome di Dio, 437 Pession, P.M., 73
Onorio di Tebe, 142-43 Peters, Edward, 150
Liber iuratus sive sacratus, 142-47 Petrus de Abano, vedi Pietro d'Abano
Oresme Nicola (Orem), XXII, 9, 37, 46, 104, Peucer, Gaspar, 228
174, 204-208 Peuckert, Will Erich, 53 , 278
De causis mirabilium o de mirabilibus Piaia, Gregorio, 345, 350
mundi, 209- 10 Picatrix (Ghayhat al-Hakim, Il fine del sag­
De con/igurationibus qualitatum et mo­ gio), XXIII, XXIX, 8, 14- 1 8, 88 , 1 1 6,
tuum, 206-209 172, 178-80, 1 92, 194-95, 226 , 259 , 3 3 5 ,
Quaestio contra divinatores oroscopios, 377-78, 3 8 1 , 3 97, 400
235, 407 Piché, David, 76
Indice dei nomi 491
Pico, Gianfrancesco, 48, 3 3 7, 345, 348 Porro, Pasquale, 87
Pico, Giovanni, XII, XVII, XXII, 28, 37-38, Porta, Giambattista, 283
51, 174, 182, 235, 257, 266, 278, 289, Porter, Roy, 358
311, 348-49, 380-81, 407 Poulle, Emmanuel, 361, 378
Pietro d'Abano (Pietro de' Sclavione, Petrus Pou y Marti, José, 297
Aponensis, Petrus de Padua), XIII, XXII, Poznanaski, Adolf, 256
18, 21, 35, 37, 46, 51, 68, 88, 113, 122, Préaud, Maxime, 48
125, 178, 186-87, 190, 228, 236, 253, Prinz, Wolfram, 367
321, 343, 345-68, 375, 385, 390, 392, Prisciano, Pellegrino, 242
394, 396 Proclo, 89, 106, 107-109, 111-13, 279, 319
Condliator, 193, 194-97, 200-204, 325, Pruckner, Hubert, 11
327, 333-49, 387 Pseudo Atanasio, 441
De motu octavae sphaere, 354 Pseudo Dionigi, vedi Dionigi Aeropagita
Luddator, 193-94, 213, 267-68, 291, 323- Pseudo Empedocle, 258-59
31, 338-39, 362-66, 387, 394 Pseudo Grossatesta, vedi Grossatesta
Problema/a, 193, 197-98, 202 Pseudo Zoroastro, 280
Pietro d'Abano (pseudo), 222
Annulorum experimenta, 349, 353 Quidort Jean, vedi Giovanni di Parigi
Elementa magica, 222, 349
Eluddarium artis nigromantie, 222, 349 Rabano, Mauro, XIV, 67
Heptaemeron, 222 Rabbi Salomon ben Adret, 378
Pietro d'Ailly (Petrus Alliacensis), 233, 248, Ragep, E. Jamil, 58
252-53, 266, 311 Ragep, Sally P., 58
Elucidarium astronomicae concordantiae Raimondi, Francesco Paolo, 423
cum theologia et historica veritate, 256, Raimondo Lullo, vedi Lullo
266, 269-75 Raimondo Martì (Ramon Martì), 379
Pietro de Falco, 78 Rashed, Marwan, 202, 337
Pietro de Ptatis (Magister Iuris Civilis), 155 Rashed, Roshdi, 5, 10, 12, 19, 58-59, 204,
Pietro di Giovanni Olivi (Petrus ]ohannis 325, 356-57
Olivz), 77-78, 80, 245, 370-71, 398 Raziel (Razielis), vedi Liber Raziel (Razielis)
Pietro di Limoges (Pierre de Limoges), 249 Reeves, Marjorie, 247
De antichristo, 249-50, 274-75 Regiomontano (Johannes de Monteregio,
Pietro il Cantore (Pierre le Chantre), 296 Johannes Miiller), 211
Pietro Ispano (Petrus Hispanus), 367 Regogliosi, Maria Angela, 359
Pietro Lombardo (Magister Sententiarum), Riccardo de Foumival, 18, 28-29, 178, 244,
76, 129, 443 250-51
Pietro, santo, 435 Ricci, Agostino (Augustinus Ridus), 19
Pietro Textoris (Maestro), 155 Riddle, John M., 356, 389
Pignon Laurens, 167 Rignani, Orsola, 367, 421
Piliarvu, Daniela, 210-11 Roberto di Somercotes, cardinale inglese,
Pingree, David, 15-16, 19, 23, 28-29, 60, 66, 244
116, 123, 194, 212, 263, 273, 374, 381 Roberto Grossatesta (Robertus Lincolniensis
Pirovano, Gabriele, 311 pseudo), vedi Grossatesta
Pitagora, 21, 108 Roberto Kildwardby, vedi Kildwardby
Platone, 9, 26, 28-29, 95-96, 103, 185, 193, Roberto, re di Napoli, 396
201, 225, 245 Roboam, re dei Giudei, 122
Fedro, 225 Robothan, Dorothy M., 250
Timeo, 84, 93, 109-13, 185, 245-46 Rodriguez, Llopis, Miguel, 19
Platone di Tivoli, 236, 256 Rodriguez Montalvo, Sagrario, 116
Plessner, Martin, 21, 27 Romanello, Marina A., 41, 72, 110, 153, 162,
Plinio, 50, 431 277, 387
Plotino, 9, 182, 230, 252-53, 289 Rosier-Catach, lrène, 37, 39, 42, 164, 183, 387
Pluta, Olaf, 409 Rossatti, Alberto, 53
Poimandro, 30 Rossi, Paolo Aldo, 116, 278
Pomian, Kcysztof, 254-55 Roy, Bruno, 177-78, 244, 250
Porfirio, 81, 226, 280 Ruces, entità magica, 221
492 Indice dei nomi

Ruggero Bacone, XXII, XXV-XXVII, 7, 1 1 , Sed, Nicolas, 1 15


24 , 56, 9 1, 126, 13 4 , 138, 237, 24 6, 3 1 1 , 3 18 Sefer ha-Raz.im, 1 15 , 120, 1 4 6
Epistula de secretis naturae, XXV, XX­ Sefer Raz.iel, vedi Liber Raz.ielis (Raz.ie[)
VII, 7, 27 Semiphoras (Seme/foras, Schem Hamephora-
Opus maius, XXVI, 9 1 , 247 , 25 1 -53 sch) Libro, 1 17, 120-2 1 , 124 -25 , 1 4 5
Opus minus, XXVII Sezgin, Fuat, 232-33, 237 , 280
Perspectiva, XXV, XXVI, 7 Shatzmiller, Josef, 373-74 , 378, 380, 394 -95
Secretum secretorum, 25-27, 4 8, 63 Sibille, 24 7 , 261
Russe!, Jeffrey Burton, 50, 60 Sigeri di Brabante, 6
Russo, Renato, 57 Sigillo del Leone, 376-77, 382, 390-94 , 3 96 ,
Ryan, William Francis, 63 401
Sileo, Leonardo, XXIV
sabba, 4 8 Silver, Abba Hillel, 256
Sabeani (Sabei) di Harran, XXVIII, XXX, Silverstein, Théodore, 3 1
16, 20, 1 16, 146, 172, 227 , 374 Simon de Phares, 4 1 6
Sachot, Maurice, XIX Simon Mago, 299, 320, 428
Sacrobosco Giovanni (Johannes Sacrobosco) , Simon, Marce!, 259
D e sphaera, 195 , 2 12, 280-8 1 , 284 Simone Stabili padre di Francesco d'Ascoli o
Sadachiel, angelo, 44 0 Cecco, 28 1 , 304, 425
Sadan (Abu Sa'id Shadan b. Bahr), 1 13 , 228, Simplicio, 246
234, 24 1 , 3 4 9, 263 , 336, 338, 438 Sindonio (Syndonius) , 428
Excerpta de secretis Albumasar, 242-44 Sinesio di Cirene, 279
Saday, nome di Dio, 121 , 139 Singer, Dorothea Waley, 28, 29
Sagiys, traduttore, 24 Sirat, Colette, 104, 258
Saliba, George, 232 Socrate, 106, 108, 209, 246, 3 19
Salio da Padova, 22 Sodano, Angelo Raffaele, 226
Salomon ben Adereth (di Barcellona), 394- Solino, 123
95 Sorge, Valeria, XII, 337, 367, 4 12, 42 1
Salomon lbn Gabirol, 258 Speer, Andreas, 39, 103 , 183
Salomone, 35, 60, 106, 1 16-17, 124, 126, Spettmann, Hieronymus, 252
136-37, 140, 179, 217, 287, 321 (vedi an­ Spiazzi, Anna Maria, 367
che Libri Salomonis, Liber Raz.iel) Spina, Alfonso, 266, 275
Salomonio, Jacob, 366 Spirito, Ugo, 372
Salus (Gemelli), 379 Sprenger, Jacopo, XII, XXIII, 42, 48, 53 ,
Samayn (Libro), 1 1 8 1 6 1 , 166
Samuele, 108, 1 1 1 Stabili Francesco, vedi Cecco D'Ascoli
Sanhedrin, 262 Stark, Rodney, XVI
Sannino, Antonella, 29-30, 1 16 Steele, Robert, 27, 247
Santi, Francesco, 398-99 Stefano Tempier (Étienne Tempier) vescovo
Santinello, Giovanni, 45, 345 di Parigi, 248, 305
Saphot, nome di Altitudine, 140
Steinschneider, Moritz, 5-6, 256-57, 392, 4 13
Satana, 72, 74-75, 86, 126, 160, 165 , 221 , 297
Stephens, Walter, 153
Savage-Smith, Emilie, 389 Steuco Agostino (Steuchus Augustinus) , 280
Savonarola, Michele, 3 45, 3 89 Stobeo, 246
Sax!, Franz, 367 Suarez-Nani, Tiziana, 120, 13 1
Succubi, spiriti, 286
Sbrocchi, Léonard G., 256
Suchla, Beate Regina, 8 1
Scaligero, Giulio Cesare, 19, 1 15 , 195 , 420
Su/fumigatio, 374
Scapparone, Elisabetta, 13 Super istius specula (bolla), 165 , 292
Scharphiel, angelo, 439
Surot shneim «asar maz.z.alot» (Libro delle do­
Schmitt, Charles B., 63 dicifigure), 378-79, 3 95
Schwab, Moi:se, 125 Sylla, Edith, 352
Schwartz, Dov, 104, 258, 378, 394
Scolastica, santa, 4 8 Taddeo da Parma ( Thaddeus de Parma), 1 8 ,
Secret, François, 19, 1 15 35, 88, 123 , 3 15-22, 330
Secretum secretorum, vedi Ruggero Bacone, Expositio super Theorica planetarum Ge­
vedi Aristotele (pseudo) rardi, 427-33
Indice dei nomi 493
Tanchil, sigillo, 430 Summa theologiae, 85-89, 129-30, 137
Tardieu, Miche!, 16, 227 De occultis, 180
Tavola di smeraldo (Tabula smaragdina), 22-27 Tommaso di Pizan (Thomas de Pizan), 2 18
Tavole, 432 Tommaso di Strasburgo, 348
Tavole Alfonsine, 269, 27 1-72, 274 Torrella Gerolamo, 397
Tavole De Lineriis, 291 Toussaint, Stéphane, XIV, 13
Tavole della legge, 124 Toz ( Thozz) Greco, 18, 106, 122, 179, 32 1,
Taylor, Edward Bumett, XV 387, 430
Templari, 15 1 Trachtenberg, Joshua, 125
Teodorico di Chartres (Thierry de Chartres), Travaglia, Pinella, 25
30 Trevor-Roper, Hughes, 47
Teodorico di Northem, 259, 273 Tritemio Giovanni, ab ate di Spanheim, XII,
Teodorico Russi, frate minore, 27 1 143, 148
Teofilo, 72 Trottmann, Christian, 143, 149, 305
Tertulliano, XIX Tuban, entità magica, 22 1
Testa del drago (Caput Draconis, Dragonis), Turiel, angelo, 180
338, 349 Turpin, Jean Claude, 126
Teucro Bab ilonese, 419
Thabit (Thebit) ben Qurra (Thebit ben Corat), Ugo di San Cher (Hugues de Saint Cher), 127
De raptu, 127
15, 18-20, 57, 120, 227, 235, 387
Thaoz, Altitudine, 139-40
Ugo di Santalla, 24-27, 155
Theonel, 437
Ugo di San Vittore, 323
Thetagrammaton, nome di Dio, 125, 139,
Ugo Géraud (Hugues Géraud vescovo di
379-80, 397 Chahors), XXX
Umberto di Parigi, inquisitore, 297
Thijssen, Johannes M.M.H., 352 Urb ano VIII papa, 273
Thion, Anne, 27
Thoel, angelo, 438 Vajda, Georges, 258
Thomas, Keith, 277 Valois, Noel, 154
Thorndike, Lynn, XIII, 35, 62-63, 126, 220, Van den Abeele, Baudouin, 27
278, 280, 286, 318, 349, 365, 413, 429-30 Van der Lof, L. Johan, 52
Thymiama (Trattato), 1 18 Van de Vyver, Ernie!, 103, 105
Tieck, Ludwig, 347 Vanhamel, Willy, 105
Tilliette, Jean Yves, 35 Van Heertum, Cis, 108
Timoteo, 442 Vanini, Giulio Cesare, 423
Tyorinoja, Rejo, 358 Van Liefferinge, Carine, 319
Tiraboschi, Gerolamo, 282 Vanni di Borgo (ser), 300
Tisseran, Eugène, 220, 318 Van Wageningen, Jacob, 420
Tito, imperatore, 273 Vasoli, Cesare, 256
Tixier Réné, 238 Vau ( Van) , nome di Dio, 379
Tolomeo Claudio (Claudius Ptolomaeus Phi­ Veenstra, Jan R, XVII, 41, 1 10, 123-24, 126,
ludensis), 12, 185, 2 12, 237-39, 329, 387, 134, 167
419, 428 Veijers, Olga, 15
Almagestum, XXVIII, 178-79, 228-29, Verbeke, Gérard, 109
232, 316, 44 1 Verbeke, Werner, 255
Quadripartitum ( Tetrabiblos), XXVIII­ Verdiglione, Armando, 53
XXIX, 17, 179, 230, 232, 234, 315, 330, Verhelst, Daniel, 255
334, 374-75, 394 Vemant, Jean-Pierre, 54, 225
Tolomeo (pseudo), Centiloquium, XIX, 19, Véronése, Julien, 126, 134-37
195, 232, 291, 4 14 Verrier, René, 393, 401
Tommaso Bradwadine, 27, 49 Versnel, Henk S., XVII
Tommaso d'Aquino santo, XII, XXIV, XXX, Vesalio, 347
39, 43, 59, 7 1 -89, 76, 81, 91, 125, 128-30, Vescovo di Cartagine, autore ignoto, 30
134, 136-38, 152, 164, 166, 172, 180, Vescovo di Pavia, rettore dello Studio, 306,
183, 305, 354, 381, 440 409, 4 1 1
De malo, Qu . 1 6: De daemonibus, XVI, Vetula o strega, 48-5 3
73-87 Vezarnerch, Altitudine, 140
494 Indice dei nomi
Vicaire, Paul, 225 Wolff, Gustav, 280
Vidal, Jean Marie, 162 Wolfson, Henry Austryn, 357
Villani, Giovanni, 283, 297, 301
Vincenzo di Beauvais, 104 Yamamoto, Keiji, 237
Vinti, Carlo, XII, 337 Yano, Michio, 237
Vita (Cancro), entità, 379 Yates, Frances Amelia, 22, 420
Vitellione (Vitelo, Witelo), XXIII, 40, 49-50, Ydea Salomonis et entocta (eutunta), 35 , 430,
91 -99, 1 1 1 , 152 vedi anche Ars entonica et ydaica
De substantia et natura daemonum, 92-97 Ye/feray, nome di Dio, 121
Vogl, Sebastian, 5, 10 Yeth, nome di Dio, 139
Von Amim, Ferdinando, 349 Yeuda, Ben Mosé, 15
Von Bezold, Franz, 254
Von Dollinger, Ignazio, 283, 289, 293, 298 Zaam, Principe delle altitudini, 140
Zahel (Sahel, Zekel, Zahel ben Brix, Sahl b.
Walker, David P. , 53, 280, 318, 34 1 Bisr), 387
Wallerand, Gaston, 103- 104 Zahim, Principe delle altitudini, 140
Walzer, Richard, 5 Zambelli, Paola, XXX, 38, 106, 178, 1 94,
Warburg Aby, XVII 205, 220, 255, 283, 318, 374, 407
Wear, Andrew, 347 Zamboni, Stefano, 106, 283
Weijers, Olga, 15, 352 Zanchino Ugolini, 154, 230, 297-31 1
Weill-Parot, Nicolas, IX, XIII, XXIII, De hereticis, 305-1 1
XXVI, 10, 38, 126, 17 1 , 177, 181, 193, Zarathustra, 280
2 1 1 , 2 18, 222, 283, 288, 372, 397, 401 Zelia, Liliana, 225
Weisser, Ursula, 25 Ziegler, Josef, IX, 358, 369, 384-85, 390-9 1
Welkenhuysen, Andries, 255 Zilboorg, Gregory, 53, 54
Wier (o Weyer), Giovanni, 72 Zodiaco, 230
Wilcox, Judith, 389 Zoroastro (religione di), XXIX, 42, 72, 2 12,
Williams, Steven J., 27 , 63 2 19, 277, 280-88
Wisnovsky, Robert, 325, 357 Zuchold, Gerd-Harald, 349
Witelo, vedi Vitellione Zuffi, Stefano, 1 16

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