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Marco Mastrorilli

Perchè si chiama Gufo?


Segreti e curiosità dei nomi di gufi, civette, allocchi, barbagianni & C.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 1 MARCO MASTRORILLI


Cit. raccomandata: Mastrorilli M., 2020. Perché si chiama Gufo? Segreti e curiosità
dei nomi di gufi, civette, allocchi, barbagianni & C. Noctua Book , Parma. pp. 76

Testi a cura di Marco Mastrorilli


Impaginazione a cura di Noctua Book.
Pubblicato on line con distribuzione gratuita 6 Gennaio 2020
Illustrazioni
Copertina: Picture from Meyers Lexicon books collection published in 1906.
pag. 43 Valentine Cameron Prinsep, The Owl (before 1863), oil on canvas
IV di copertina: Birdcraft by Mabel Osgood Wright., 1897.
© Proprietà letteraria riservata a Marco Mastrorilli e Noctua Book.
Il suddetto libro può essere richiesto gratuitamente ad una di queste mail:
gufotube@gmail.com
festivalgufi@libero.it
info@noctua.it
Se ne vieta qualsiasi altra forma distributiva, se non l’invio via mail da parte delle
mail sopraindicate. La suddetta opera non può essere pubblicata online ne
interamente, ne parzialmente. L’ebook una volta ricevuto non può essere inviato ad
altre persone.

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Indice

Premessa ………………………………………………………………………………….. 5

Etimologia dei nomi …………………………………………………………………….. 7

Titonidi Barbagianni …………………………………………………………………… 10

Strigidi Assiolo ………………………………………………………………………….. 14

Gufo reale …………………………………………………………………………………… 16

Civetta nana ………………………………………………………………………………. 19

Civetta ………………………………………………………………………………………. 21

Allocco ………………………………………………………………………………………. 25

Allocco degli Urali ………………………………………………………………………… 28

Gufo di palude ……………………………………………………………………………… 30

Gufo comune ……………………………………………………………………………….. 33

Civetta capogrosso ………………………………………………………………………… 35

I nomi scientifici nel corso dei secoli ………………………………………………….. 38

Parte II Gufi civette tra leggende, folklore e realtà ………………………………… 43

Ringraziamenti ……………………………………………………………………………. 66

Bibliografia …………………………………………………………………………………..67

Biografia Marco Mastrorilli, I miei libri ……………………………………………….. 71

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I gufi

Sotto i tassi neri che li ospitano,



i gufi stanno come dei esotici

schierati tutti in fila, saettando

a tratti l'occhio rosso.Meditano.


Senza muoversi così staranno 

fino all'ora malinconica

quando, spingendo via l'obliquo sole,

le tenebre si stabiliranno.


Al saggio dice il loro atteggiamento

che a questo mondo deve aver paura 

del tumulto e del movimento;


l'uomo attratto da un'ombra che si sposta

paga sempre con pena sicura

l'aver voluto cambiar di posto.

Charles Baudelaire

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Premessa

Dal primo giorno in cui ho iniziato a studiare i rapaci notturni, mi


sono sempre chiesto perché l’Allocco avesse questo nome, o come
mai un piccolo rapace dagli occhi gialli si chiamasse Civetta, o per
quale motivo il nome scientifico con il quale è classificato il
Barbagianni fosse Tyto alba.
Tante domande alle quali ho cercato di trovare risposte ed ho deciso
di condividerle con voi.

Dopo oltre 30 anni di studio dedicati ai rapaci notturni, ho pensato


fosse venuto il momento di raccontarvi la storia dell’etimologia dei
nomi dei 10 rapaci notturni italiani, tra segreti, curiosità, aneddoti
italiani e internazionali.

Un libro che ho deciso di regalare a tutti coloro che amano le creature


alate della notte, scientificamente note con il termine di Strigiformi.

Per cominciare, quindi, partiamo dal termine con il quale viene


indicato l’ordine di appartenenza degli uccelli che abitualmente in
italiano chiamiamo rapaci notturni.
Strigiformes, ovvero dal latino striges (strega) e formes (forma),
significa “uccelli a forma di strega”.
Proseguendo nella lettura del libro il termine strix sarà uno di quelli
più analizzati e frequenti e capirete al meglio la profondità di questa
parola correlata a gufi e civette.

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Dedico questo libro a tutte le persone che amano i gufi e con le quali ho
condiviso esperienze meravigliose.

Grazie a tutti voi ho imparato e imparo ogni giorno tante curiosità,


aspetti etologici sui rapaci notturni e questo regalo serve a
contraccambiare la grande disponibilità, amicizia con tutti voi e il mio
desiderio di condivisione.

Melchior d’Hondecoeter (1636–1695), Concerto degli uccelli (1670), olio su tela, 84


x 99 cm, Private collection. Wikimedia Commons.

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Etimologia dei nomi

Nel mondo molti naturalisti si sono occupati dell’etimologia dei nomi


scientifici e di quelli comuni riferiti agli uccelli e persino agli
Strigiformi, tenendo presente anche le valenze storiche forti, che
hanno intriso l’antichità, e la relazione antropica di questi predatori
notturni.
Nella sua decima edizione del Sistema Natura, Linneo aveva
classificato i rapaci notturni con il genere Strix, che oggi comprende
gli allocchi, ma in passato annoverava tutti gli Strigiformi. Strix
flammea, ad esempio, era il Barbagianni, mentre Strix passerina era la
Civetta nana e così via.
In particolare una curiosità emerge dalla decima edizione del
“Systema naturae”, per cui in quei tomi Linneo divise i rapaci in due
categorie, in base alla presenza di ciuffetti auricolari che molti
confondevano, all’epoca, con i padiglioni auricolari.

• Auricolatae, che comprendeva al suo interno le sottocategorie:


Bubo, Scandiaca, Asio, Otus e Scops;

• Inauriculatae, che includeva: Aluco (che divenne flammea dalla


12° edizione del Systema Naturae di Linneo), Funerea, Nyctea,
Stridula, Ulula e Passerina.

Tra la fine del ‘700 e quella dell’‘800 vi furono diverse revisioni


scientifiche operate da alcuni naturalisti e tassonomisti che
determinarono un proliferare di nomi per la classificazione dei rapaci
notturni. Nel 1760, il naturalista Brisson diede i nomi a questi due
gruppi: con Asio furono chiamati gli Strigiformi dotati di ciuffi
auricolari e con Strix quelli con la testa priva dei medesimi ciuffi.
Cuvier rivoluzionò questa classificazione nel 1799, attribuendo alle
due categorie rispettivamente i seguenti nomi: Otus e Strix.

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Infine nel 1806, Dumeril denominò i gufi con ciuffi auricolari con il
termine Bubo.
Rosa Ronzitti, professoressa dell’Ateneo senese, stabilisce in modo
dettagliato l’etimologia del nome latino Strıx. Definendo con questo
termine il rapace notturno per eccellenza, evidenziando la genesi del
nome dal termine strige, che trova evidenze in numerosi testi latini e
raffigurava un essere demoniaco capace di molestare i bambini,
nonché una negativa messaggera di morte, un demone femminile
capace, al sopraggiungere della notte, di divenire nutrice di infanti
allattandoli.
Proprio nel genere sessuale del demone trova la sua radice e genesi il
termine strega che ha trovato ampio spazio anche nella letteratura
post-latina. In inglese il termine Owl indica genericamente tutti i
rapaci notturni, che poi vengono denominati in base alla specie
aggiungendo al nome Owl un altro termine, ad esempio Barn Owl, il
Barbagianni ovvero il Gufo del granaio, oppure il Long-eared Owl

Brachyotus Palustris (Short-eared Owl), tavola di John


Gould, "The Birds of Great Britain”, 1873

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Civetta (ph. Luca Avanzini)

ovvero Gufo dalle lunghe orecchie, o ancora Short-eared Owl come


Gufo dalle corte orecchie. Si presume che il termine “owl” abbia
avuto origine in alcuni idiomi europei, basta ricordare che nella
vecchia lingua norvegese si utilizzava “urla” così come nell’antica
lingua germanica si usava dire “uwila”, entrambe queste parole sono
onomatopeiche e probabilmente derivano direttamente dal canto dei
rapaci notturni.
Nell’inglese antico (tra il 600 d.C. e il 1000 d.C.) si usava il termine
“ule” che ricorda molto i termini attuali in lingua olandese e tedesca.
Tra l’anno Mille e il 1400 d.C. la parola gufo divenne molto simile
all’attuale, infatti era abitudine comune chiamare questi rapaci con il
termine “owle”. Nel tempo questa parola è stata abbreviata ed oggi il
termine più comune nel mondo è “owl”.
La seguente sezione è stata realizzata sulla base di uno splendido
lavoro scritto negli anni ’30 da Edgardo Moltoni, un grande
ornitologo italiano, che ha sintetizzato la genesi dei nomi italiani e
scientifici di tutti gli uccelli, permettendo così un approfondimento
etimologico della nomenclatura utilizzata.

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Titonidi

Barbagianni Tyto alba Scopoli, 1769

Il nome scientifico Tyto alba ha origini meno certe e più misteriose,


stando a quanto scriveva Moltoni si pensa che Tyto derivi dal vocabolo
greco thutes = sacerdote, poiché questo elegante predatore abita
anche campanili e chiese.
Non a caso, in francese, il Barbagianni è chiamato Chouette effraie ma
sovente anche Effraie des clochers, ovvero Gufo dei campanili.
Il termine alba è più facile da associare a questo predatore poiché è
certamente correlato al candido piumaggio del nostro barbagianni,
derivando dal latino albus = bianco.

Le 3 sottospecie presenti in Italia: Tyto a.ernesti, Tyto a. alba e T. a. guttata


presso collezione museale ISPRA (ph. Marco Mastrorilli)

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In riferimento al Barbagianni della sottospecie guttata, questo nome
deriva dal piumaggio punteggiato sul petto, traendo origine dal latino
gùtta = goccia o macchiolina.
In Italia abbiamo anche la fortuna di avere un vero endemismo, il
Barbagianni di Sardegna, Tyto alba ernesti, classificato
dall’ornitologo tedesco Kleinschmidt che, nel 1907, descrisse questa
sottospecie tipica della Sardegna e della Corsica e nominato in onore
dell’ornitologo tedesco Ernest Hartert.
Il termine italiano barbagianni trova la sua fonte etimologica più

Tyto alba in Meyer, H. L.; Meyer, H. L.; S. & J. Bentley and Henry Fley; S. & J.
Bentley, Wilson & Fley, 1842. British birds, and their eggs

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accreditata dal latino bàrba = barba e géna = guancia, che deriva dalla
presenza nel disco facciale di piumini piccoli e flessibili, dall’aspetto
quasi setoloso.
Se vi capiterà di leggere vecchi cataloghi di collezioni ornitologiche,
troverete che sovente il Barbagianni era denominato Strix flammea.
In questo caso, Strix stava ad indicare il rapace notturno e flammea
indicava il caratteristico piumaggio del dorso, che presenta un
evidente color fiamma.

Strix Flammea (Barn-Owl), disegno di John Gould, tratto da "The Birds of Great
Britain" London 1873

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Tuttavia, un’altra ipotesi etimologica fa riferimento ai termini
flammeata o flammeum che indicava un nuziale color giallo, traendo
origine da un naturalista tedesco, Gessner, che aveva latinizzato il
nome in lingua germanica “Scleyereul”, chiamando il Barbagianni
con il termine Ulula flammeata.

• Nome inglese: Barn Owl


• Nome francese: Chouette Effraie
• Nome spagnolo: Lechuza común
• Nome olandese: Kerkuil
• Nome tedesco: Schleiereule
• Nome portoghese: Coruja-das-torres
• Nome svedese: Tornuggla
• Nome finlandese: Tornipöllö

Barbagianni (ph. Luca Salvioli)

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Strigidi

Assiolo Otus scops Linnaeus, 1758

Assiolo è una forma diminutiva di àsio o àsius = specie di gufo con i


ciuffi, ovvero di àxio, che Moltoni ricorda derivi da un verbo antico
che voleva dire gridare.
Otus deriva dal greco òtos, che era il termine con il quale Aristotele
definiva una specie di gufo non ben identificata.
Morellini, nel suo libro, riporta anche una curiosa associazione
definendo questi predatori un pò sciocchi o balordi in virtù
dell’aspetto addormentato che mostrano i rapaci notturni durante il
giorno.

John Prideaux Selby Illustrazione British ornithology 1833 Volume 1 Land birds
Plate XXII Scops Eared Owl

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L’associazione iconografica al Gufo comune con il quale l’assiolo ha
in comune i ciuffetti auricolari, sebbene le dimensioni siano molto
diverse, è la più accreditata. Scops deriva dal greco classico skops,
termine che indica una specie di Strigiforme. Un’ipotesi attribuisce
anche un’origine mediorientale al nome scops, immaginando possa
essere correlato al Monte Scopus che domina la parte nord-orientale
della città sacra di Gerusalemme, ove la specie è molto comune.
In francese viene chiamato Petit-duc per sottolineare che i ciuffetti lo
fanno identificare come un gufo e, considerate le dimensioni, diventa
un piccolo gufo.

• Nome inglese: Scops Owl


• Nome francese: Petit-duc scops
• Nome spagnolo: Autillo de Mindanao
• Nome olandese: Dwergooruil
• Nome tedesco: Zwergohreule
• Nome portoghese: Mocho-d'orelhas
• Nome svedese: Dvärguv
• Nome finlandese: Kyläpöllöne

Assiolo (ph. Luca Avanzini)

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Gufo reale Bubo bubo Linnaeus, 1758

Il termine Bubo è certamente onomatopeico ed infatti il suo nome


evocando il verbo “bubolare” che indica il verso del gufo.
In diverse opere classiche latine si rinviene la parola Bubo con la quale
si indica la figura del gufo o di un rapace notturno
Il nome italiano “gufo” deriva probabilmente sempre dal latino poiché
sono noti termini come gufo e gufonis.

Bubo Maximus (Barn-Owl), disegno di John Gould, tratto da "The Birds of Great
Britain" London 1873

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Il termine “reale”, indica una superiorità legata alle dimensioni che lo
classificano come il gufo più grande del mondo. In inglese è chiamato
Eagle Owl che significa Gufo Aquila per evidenziare questo
parallelismo tra questi due super predatori alati. Questo taxa ha avuto
altri nomi scientifici, oltre a quello descritto nella tassonomia odierna,

Bubo bubo in Meyer, H. L.; Meyer, H. L.; S. & J. Bentley and Henry Fley; S. & J.
Bentley, Wilson & Fley, 1842. British birds, and their eggs

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ad esempio nel libro, illustrato da John Gould edito nel 1873, il nome
scientifico riportato era Bubo maximum.
Ma scorrendo le varie denominazioni ritroviamo Strix bubo (Linn.),
Bubo ignavus (Forster), Asio bubo (Swains) e persino Otus bubo.

Nome inglese: Eagle Owl


Nome francese: Grand-duc d'Europe
Nome spagnolo: Búho Real
Nome olandese: Oehoe
Nome tedesco: Uhu
Nome portoghese: Mocho-d'orelhas
Nome svedese: Berguv
Nome finlandese: Huuhkaja

Gufo reale (ph. Jurro88/shutterstock.com)

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Civetta nana Glaucidium passerinum Linnaeus,1758

Il nome del genere Glaucidium deriva dal greco glaux che significa
“civetta”, mentre glaukos significava “lucente”, in virtù dei grandi
occhi tipici delle civette, capaci di essere brillanti e dotati di grande
capacità visive anche nell’oscurità.
Passerinum è un termine correlato alle dimensioni di questa civetta,
poco più grande di un passero, e da qui emerge anche il nome “nana”.
In passato, Linneo aveva classificato questo predatore con il termine
Strix passerina. Le dimensioni ispirano anche il nome inglese Pygmy
Owl.

Glaucidium passerinum illustrazione di John Latham in A general history of birds.


Vol. 1., 1821

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Nome inglese: Eurasian Pygmy Owl
Nome francese: Chevêchette d'Europe
Nome spagnolo: Mochuelo Alpino
Nome olandese: Dwerguil
Nome tedesco: Sperlingskauz
Nome portoghese: Mocho-pigmeu
Nome svedese: Sparvuggla
Nome finlandese: Varpuspöllö

Civetta nana (ph. MarcinPerkowski/shutterstock.com).

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Civetta Athene noctua Scopoli, 1769

I nomi scientifici più ricorrenti presentavano porzioni di quello


attuale, ricordiamone alcuni: Strix noctua e Carine noctua, ma anche
Athene passerina, Athene meridionalis e persino Noctua minor e Strix
passerina (nome utilizzato per molte specie).
Se vi capitasse di imbattervi in questi nomi, ricordate che, si parla
sempre di civetta. Athene noctua è il nome scientifico attribuito da
Boie nel 1822, ma nel 1829 Kaup tolse il termine del genere Athene
e lo commutò in Carine perché Athene era il nome di un genere di
farfalle.

Athene noctua (Little Owl), disegno di John Gould, tratto da "The Birds of Great
Britain" London 1873

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In effetti il descrittore della Civetta è Antonio Scopoli che classificò
gli Strigiformi nel suo approfondimento pubblicato a Lipsia su
Hilscher l’Annus I historico-naturalis.
In quel testo la Civetta era classificata come Strix noctua e Scopoli la
descriveva così: “Pallide rufa, fulcisqve maculi longitudinaliter
variegata. Irides flavae. Statura Columbae”.
Carine, che in greco significava “donna piangente”, come ricorda
Moltoni, era un verso lamentoso. Carine noctua, Kaup 1829, divenne

Athene noctua (Little Owl), tratto da “The birds of the British Islands” 1885

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per molti decenni il nome scientifico della Civetta, che poi tornò al
nome originale per merito di Saunders che rispolverò il primo nome:
Athene.
E cosa si può dire di noctua, il nome attribuito alla specie?
Noctua trova la sua radice etimologica nella parola latina nox = notte
ed è correlata alle abitudini notturne di questo predatore.
In diversi testi scientifici e naturalistici tra il ‘600 e l’’800 troverete
riportato il nome “nottola” che in alcuni casi, partendo proprio da
Noctua, era una sorta di diminutivo e si riferiva alla civetta.
Tuttavia, con il passare del tempo con questo nome si indicò con
sempre più frequenza il pipistrello, stesse abitudini notturne, ma
animale completamente diverso.
In merito alla parola “civetta”?
Moltoni ipotizza che derivi dal greco cìeo = metto in moto, o dal greco
kinétos = mobile, che si muove (pronunciato civetòs invece di
cinetòs), in virtù della grande vitalità e mobilità della civetta. 

Civetta con un Grillotalpa nel becco (ph. Andrea Daina Palermo)

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Nome inglese: Little Owl
Nome francese: Chevêche d'Athéna
Nome spagnolo: Mochuelo Europeo
Nome olandese: Steenuil
Nome tedesco: Steinkauz
Nome portoghese: Mocho-galego
Nome svedese: Minervauggla
Nome finlandese: Minervanpöllö

Civetta giovane con un geco appena predato (ph. Andrea Daina Palermo)

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Allocco Strix aluco Linnaeus, 1758

Aluco dà origine anche al termine italiano e deriva dal latino: la


traduzione del suo nome latino deriva dall’uso della lettera a come alfa
privativo, usata in termini di negazione e lux = luce (cit. Moltoni,
1946), ovvero “animale che rifugge la luce”. 
Il nome scientifico dell’allocco è Strix aluco e anche il binomio latino
della classificazione merita un approfondimento. 

Syrnium aluco (Tawny Owl), disegno di John Gould, tratto da "The Birds of Great
Britain" London 1873

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Strix proviene dal greco strix o strigx = specie di gufo con una voce
stridula. Di aluco abbiamo parlato precedentemente. 
Ma torniamo alla genesi del nome “allocco”, che deriva dal latino
alùccus o ulucus, o ancora alùcus, secondo alcune fonti sarebbe stato
ispirato dalla sua tendenza a rifuggire i posatoi esposti alla luce; non è
un caso che si tratti di uno degli Strigiformi dalle abitudini più
notturne.

Syrnium aluco (Tawny Owl), disegno di Albin, tratto da “A natural history of birds"
Albin, Eleazar; Derham, W., 1731. London

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Nome inglese: Tawny Owl
Nome francese: Chouette Hulotte
Nome spagnolo: Cárabo
Nome olandese: Bosuil
Nome tedesco: Waldkauz
Nome portoghese: Coruja-do-mato
Nome svedese: Kattuggla
Nome finlandese: Lehtopöllö

Allocco con piumaggio grigio (ph. Roberto Cobianchi)

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Allocco degli Urali Strix uralensis Pallas, 1771

Lo zoologo tedesco Peter Simon Pallas ha determinato l’Allocco degli


Urali e il nome scientifico uralensis è legato al fatto che l’olotipo era
originario dei Monti Urali.
La sottospecie del Nord Europa è Strix uralensis liturata, che deriva
dal latino litùra = cancellatura, ricordando le macchie sul piumaggio
simili a cancellature. 
In Italia vive la sottospecie Strix uralensis macroura, con il termine
macroura che deriva dal greco makros = lunga, grande e ouros - oura
= coda. 

Strix uralensis . pall.(Tawny Owl),, tratto da “Die Raubvögel Deutschlands und des
angrenzenden Mitteleuropas” , 1876.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 28 MARCO MASTRORILLI


Nome inglese: Ural Owl
Nome francese: Chouette de l'Oural
Nome spagnolo: Cárabo Uralense
Nome olandese: Oeraluil
Nome tedesco: Habichtskauz
Nome portoghese: Coruja-uralense
Nome svedese: Slaguggla
Nome finlandese: Viirupöllö

Allocco degli Urali (ph. OndrejProsicky/shutterstock.com).

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Gufo di palude Asio flammeus Pontoppidan, 1763

Il nome scientifico ad oggi riconosciuto è quello di Asio flammeus,


tuttavia nell’articolo di descrizione della specie di Erik Pontoppidan
del 1763, il binomio scientifico riportato è Strix flammea.

Otus brachyotus,, tratto da “1800-1812 - Print - Iconographia Zoologica - Special


Collections University of Amsterdam” , illustrazione di Johann Conrad Susemihl

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 30 MARCO MASTRORILLI


L’aspetto curioso è che quest’ultimo binomio latino sarebbe stato in
seguito attribuito al Barbagianni e, per arrivare al nome scientifico
oggi riconosciuto, dobbiamo percorrere un lungo cammino, durato
poco meno di due secoli con svariati nomi scientifici poi
abbandonati. Paolo Savi pubblicò molti scritti di zoologia, fra cui tre
volumi sull'ornitologia toscana, editi fra il 1827 e il 1831.
In “Ornitologia Toscana – tomo primo”, sempre il Savi indicava tra
gli uccelli da rapina, con il nome scientifico Strix brachyotus il nostro
Gufo di palude, definito però come Allocco di padule.
Leggendo i nomi francesi e tedeschi scopriamo che questa evoluzione
nominale ha coinvolto anche altri paesi. 
Questa specie era chiamata “La chouette à aigrettes courtes” o
“Brachiòte” in Francia (oggi è chiamato Hibou de Marais ovvero Gufo
di palude), mentre in Germania il nome era più affine a quello odierno
(Sumpfohreule): Die Sumpf-Ohr-eule. 
Sfogliando vecchi tabulati compilati a mano dal celeberrimo Prof.
Edgardo Moltoni, custoditi al Museo di Storia Naturale di Milano, ove
è conservato il maggior numero di individui di gufo di palude
tassidermizzati italiani, scopriamo che il nome del genere Asio inizia a
fare la sua prima comparsa affiancato ad un nome scientifico, diverso
da flammeus, ovvero accipitrinus (termine comparso nella descrizione
di molti animali conservati nei musei tra il 1920 e il 1935).
Successivamente Moltoni, nel lavoro “L’etimologia ed il significato

Gufo di palude in volo (ph. Luca Avanzini)

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dei nomi volgari e scientifici degli uccelli italiani”, pubblicato nel
1946, spiega il significato dei nomi volgari e scientifici di tutti gli
uccelli italiani. Per il Gufo di palude, Moltoni scriveva: “[...] di
palude, perché frequenta le località acquitrinose. Flammeus in latino
significa color “fiamma”, per il piumaggio giallo fulvo con abbondanti
striature sul petto che ricordano le fiamme”.

Nome inglese: Short-eared Owl


Nome francese: Hibou des marais
Nome spagnolo: Búho Campestre
Nome olandese: Velduil
Nome tedesco: Sumpfohreule
Nome portoghese: Coruja-do-nabal
Nome svedese: Jorduggla
Nome finlandese: Suopöllö

Marco Mastrorilli al Museo Doria di Genova con due gufi di palude della collezione
museale. (ph. Greta Pastorino)

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 32 MARCO MASTRORILLI


Gufo comune Asio otus Linnaeus, 1758

Per questi termini abbiamo già fornito esaustive origini etimologiche,


ma nel caso del Gufo comune è curioso che fosse definito comune
poiché lo status di questa specie in passato, era fortemente
sottostimato, ma probabilmente più raro di quanto non lo sia oggi.
In alcuni casi il nome scientifico nell’’800 attribuito a questa specie
era Otus vulgaris, come riportato in questa vecchia tavola.

Otus vulgaris,, tratto da “- 1700-1880 - Print - Iconographia Zoologica - Special


Collections University of Amsterdam , illustrazione di Nicola Martinet

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 33 MARCO MASTRORILLI


Nome inglese: Long-Eared Owl
Nome francese: Hibou Moyen-Duc
Nome spagnolo: Búho chico
Nome olandese: Ransuil
Nome tedesco: Waldohreule
Nome portoghese: Bufo-pequeno
Nome svedese: Hornugle
Nome ungherese: Erdei fülesbagoly
Nome finlandese: Sarvipöllö
Ala aperta di
Gufo comune
(ph. Kjell
Janssens)

Borra prodotta da
un giovane Gufo
comune
(ph. Per Goran
Granquist) 


PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 34 MARCO MASTRORILLI


Civetta capogrosso Aegolius funereus Linnaeus, 1758

Il nome “civetta” lo abbiamo già analizzato fornendo le origini


lessicali ed il termine “capogrosso” è facile da intuire.
Questo rapace ha una testa abbastanza grossa, quasi squadrata,
rispetto al corpo.
Il piumaggio inoltre, particolarmente abbondante, conferisce un
aspetto ancor più massiccio e sproporzionato.

Nyctale tengmalmi (Tawny Owl), disegno di John Gould, tratto da "The Birds of
Great Britain" London 1873

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 35 MARCO MASTRORILLI


In inglese, la Civetta capogrosso è chiamata Tengmalm’s Owl, in
onore di Peter Gustav Tengmalm, celebre naturalista svedese.
Una prima classificazione risale al 1746 per opera di Linneo che
definì così questo predatore: “Strix capite laevi, corpore fusco,
iridibus flavis”.
Fu Johann Friedrich Gmelin che rinominò questo Strigide nel 1788
chiamandolo Strix tengmalmi in onore dell’ornitologo svedese, ed
ancora oggi questo nome persiste, sebbene si stia diffondendo molto
anche il termine Boreal Owl, soprattutto in America e recentemente
anche nel Vecchio Continente.
Sulla genesi del nome Aegolius funereus, Edgardo Moltoni nel 1946
suggeriva due interessanti ipotesi, anche se non univoche; sebbene
sia certo che Aegolius derivi dal greco Aigolios,  Moltoni scriveva
testualmente: “[…] dal greco Aigolios, nome di uccello notturno, che
significa preda capre, da aìx (aigos)=capra e lèia=preda, ovvero dalla
particella aìe=sempre e golèos=spelonca cioè uccello che abita le

Civetta capogrosso (ph. Simone Bottini)

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 36 MARCO MASTRORILLI


spelonche, le caverne. […]”. Meno difficoltà per comprendere
l'origine di funereus, che in modo classico Moltoni ipotizza derivi dal
suo canto, sebbene il canto della civetta sia davvero flautato e forse
trai meno cupi tra i rapaci notturni.
Nella tavola di Gould il nome scientifico era Nyctale tengmalmi in
onore del naturalista Tengmalm, ma in realtà un nome che ricorda
molto quello usato attualmente in Francia: Nyctale de Tengmalm.

Nome inglese: Boreal Owl o Tengmalm’s Owl


Nome francese: Nyctale de Tengmalm
Nome spagnolo: Mochuelo Boreal
Nome olandese: Ruigpootuil
Nome tedesco: Raufußkauz
Nome portoghese: Mocho de Tengmalm
Nome svedese: Pärluggla
Nome finlandese: Helmipöllö

Pullo di 3 settimane di Civetta capogrosso (ph. guentermanaus/shutterstock.com).

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 37 MARCO MASTRORILLI


I nomi scientifici nel corso dei secoli

Diversi rapaci notturni tratti da Johns, C. A.; Visger, Jean Allen (Pinder) Owen nel
volume: British birds in their haunts. 1922. Tavole di William Foster.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 38 MARCO MASTRORILLI


Barbagianni Tyto alba

Strix flammea, Linn., S.N., vol. I, pag. 82.


Aluco flammeus, Flemm., Brit. Ann., pag. 176.
Ulula flammea, James & Wilson, Ann. orn. Vol. II, pag. 264.
Strix vulgaris, Brehm, Naumannia, 1855. pag. 215.

Gufo reale Bubo bubo

Strix bubo, Linn., S.N., vol. I, pag. 131.


Bubo ignavus, Forster, Syn. Cat. Brit. B. pag. 3.
Bubo maximus, Flemm., Brit. Ann., pag. 57.
Bubo aeuropaeus, Less., Traité, vol. II pag.115.
Asio bubo, Swains, Class. B., vol II, pag. 217.
Otus bubo, Schele., Revue Critique, parte XIII

Assiolo Otus scops

Strix scops, Linn., S.N., vol. I, pag.132.


Scops giu (Scop), Sharpe, Cat. Of B., vol.II pag. 47.
Strix zorca, Swains, Classif. B., vol. II, pag. 217.
Scops ephialtes, Savig., Descr. Egypte, pag.291.
Scops Aldovrandi, Fleming, Brit. Ann., pag. 57.
Ephialtes scops, Keys et Blas., Wirb.Eur., pt. XXXIII.

Civetta Athene noctua

Strix noctua, Scopoli. Ann. I, Hist. nat. pag. 22 (1769).


Carine noctua, Kaup., Naturl. Sist., pag. 29.
Strix passerina, Gmelin, S.N. vol I, pag. 296.
Athene passerina, Boie, Isis. pag. 549.
Noctua minor, Del. & Gerbe, Orn. Eur., Vol.I, pag. 122.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 39 MARCO MASTRORILLI


*Athene meridionalis, Kauup’s, Monogr. Strigidae, c.s. (trans. Zool.
Soc., 1859, pag. 209).

Civetta nana Glaucidium passerinum

Strix passerina, Linn., S.N., vol. I, pag.133.


Glaucidium passerinum, Boie (Isis).
Strix pusilla, Daud., Traité. Vol.II, pag. 205.
Strix pygmaea, Bechst., Naturg., Deutsche, vol. IV, pag. 978.
Strix acadica, Temp., Ma. d’Orn., vol.I, pag. 96.
Surnia passerina, Bp., Kaup’s, Monogr., Strigidae,(trans. Zool. Soc.,
1859, pag. 213).
Noctua passerina, Gould, Birds eur., vol. I, tav. 59. Bp., pag. 6.
Athene passerina, Gray, Gen. of Birds, vol. I, pag. 35.
Microptynx passerinum, Kaup, Contr. Orn., pag. 107. 1857.

Gufo comune Asio otus

Strix otus, Linn., S.N., vol. I, pag.132.


Bubo otus, Savig., Descr. Egypt, Vol.I, pag.109.
Otus asio, Leach, Syst. Cat., 1816, 11
Otus vulgaris, Flemm., Kaup, Monogr., Strigidae, (trans. Zool. Soc.,
1859, pag. 232).
Asio otus, Less, Sharpe, Cat. vol.II pag.227.
Otus otus, Cuv., Régne An., vol. I, pag.341.
Aegolius otus, Keyserl. & Blasius, Wirb. Eur., 1840, pag. 32.

Gufo di palude Asio flammeus

Strix accipitrina, Pallas, Reise Russ. Reichs, vol. I, pag. 455.


Strix brachyotus, Forster, Phil. Trans., vol. XII, pag. 384.
Otus brachyotus, Steph. Gen. Zool. vol. XII, pag. 384.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 40 MARCO MASTRORILLI


Otus palustris, Brehm, V.D. pag. 124.
Brachyotus palustris, Bp. Compt. List. B. Eur. And N. Amer., pag. 7.
Asio brachyotus, Macgill. Brit. B., vol.III, pag. 461.
Aegolius brachyotus, Keyserl. & Blasius, Wirb. Eur., 1840, pag. 143.
Asio accipritrinus, Sharpe, Cat. B., vol.II, pag. 234.

Allocco Strix aluco

Strix aluco, Linn. S.N., vol. I, pag. 132.


Syrnium aluco, Boie, Isis, 1828, pag. 315.

Allocco degli Urali Strix uralensis

Strix uralensis, Pall, Reise, vol. I, pag. 455.


Syrnium uralense, Boie, Isis, 1828.
Noctua uralensis, Cuv., Régne An., vol.I, pag. 344.
Ptynx uralensis, Gray, Hand-list of Birds, pag. 8.
Ulula uralensis, Keyserl. & Blasius, Wirb. Eur., 1840, pag. 32.

Civetta capogrosso Aegolius funereus

Strix Tengmalmi, Gm., S.N., vol. I, pag. 291.


Strix dasypus, Bechst. Natura. Deutschl., vol. II, pag. 972.
Athene tengmalmi, Boie, Isis, 1828.pag. 721.
Aegolius tengmalmi, Kaup, Nat. Syst., pag. 34.
Noctua tengmalmi, Cuv., Régne An., vol.I, pag. 345.
Nyctale tengmalmi, Bp., Compt. List. B., Eur.
Nyctale funeraea, Kaup, Monogr., Strigidae, (trans. Zool. Soc., 1859,
pag. 207).
Nyctala tengmalmi, Sharpe, Cat., vol. II.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 41 MARCO MASTRORILLI


Abbreviazioni bibliografiche di alcuni determinatori:
Linn. = Linnaeus
Savig. = Savigny
Pall. = Pallas
Cuv. = Cuvier
Macgilliv. = MacGillivray
Flemm. = Flemming
Schle. = Schlegel

* Athene meridionalis
A fine ‘800 si era pensato che in Italia vi fossero una specie endemica
chiamata appunto Athene meridionalis o Carine glaux, ma fu
Salvadori, celebre ornitologo italiano a sconfessare questa ipotesi.
Anche Giglioli nel suo volume Avifauna italiana, pur evidenziando
che possono esistere individui più chiari, esclude l’esistenza di una
specie italiana di Civetta.

Qualche curiosità

Leggendo questa lista si può facilmente comprendere come i nomi


scientifici nel corso del tempo abbiano subito autentiche tempeste e
che molti nomi si siano alternati simili o uguali per specie anche molto
diverse fra loro.
Basti pensare al nome del Barbagianni che in passato fu denominato
da Flemming come Aluco flammeus e che oggi sarebbe un misto tra i
nomi scientifici di Allocco (Strix aluco) e Gufo di palude (Asio
flammeus).
Per un certo periodo gli allocchi furono denominati Syrnium, sia il
comune che quello degli Urali.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 42 MARCO MASTRORILLI


PARTE II leggende e miti da sfatare
PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 43 MARCO MASTRORILLI
Gufi & civette
tra leggende, folklore e realtà

Ogni notte, al sorgere della luna, si rinnova il millenario spettacolo


che elegge a protagonisti civette, gufi, barbagianni, allocchi; uno
show precluso ai nostri occhi dalle tenebre e che solo le recenti
conoscenze etologiche ci hanno svelato. Per molta gente, i gufi o le
civette si associano ad un immaginario pervaso da stimoli negativi.

Atena in una statua romana, replica di scultura bronzea greca, con la civetta
sull’elmo di Atena (ph. M.Mastrorilli)

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 44 MARCO MASTRORILLI


Le limitate conoscenze in merito agli animali crepuscolari o notturni
hanno favorito nel corso dei secoli la nascita di maldicenze,
grossolane calunnie etologiche, visioni demoniache che hanno
determinato per animali come lupi, rospi, pipistrelli e gufi un destino
indissolubilmente legato a segnali di sventura, morte o malefici.
Per scoprire quale percorso storico, culturale e di tradizione popolare
abbia condotto i rapaci notturni a trasformarsi in icone della sfortuna
è necessario fare un tuffo in un passato lontano.
Nell’antica Grecia, e per un certo periodo anche in epoca romana, la
Civetta (Athene noctua) fu contemplata e venerata come un animale
“sacro”, simbolo di Atena dea della saggezza.
Nel libro molto bello di Giuliana Borghesani, dedicato al mito di
Atena, si evidenzia che la stretta connessione tra la civetta e questa
divinità possa esser accredita ad un tempo più antico, assimilata alle
divinità uccello come Lilith o ad una divinità ritrovata in una
raffigurazione di un vaso mesapotamico in terracotta, risalente al II
millennio a.C., che mostra ali giganti di civetta e artigli enormi.
Una leggenda mitologica narra che la Civetta divenne animale
raffigurativo di Atena poiché Nittimene (figlia di Epopeo, re di
Lesbo), dopo un rapporto incestuoso con il padre, assalita dalla
vergogna fuggì nella foresta e fu proprio Atena, impietosita dal suo
stato, che la tramutò in una Civetta, colei che rifugge gli sguardi e la
luce e sfrutta l’oscurità per muoversi.
Atena raffigurava la sapienza e la prudenza, peculiarità della scienza:
l’occhio della civetta, si narrava, brilla nella notte come il saggio
emerge nel popolo.
Le civette capaci di muoversi al buio, di vedere nella notte quando gli
uomini non riuscivano a distinguere nulla, erano un perfetto simbolo
della forza della scienza e del sapere.
Spontaneo chiedersi come un animale così ben considerato abbia
vituperato la sua credibilità (e con la civetta anche i suoi simili:
barbagianni, allocchi…) trasformandosi in un animale iettatore.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 45 MARCO MASTRORILLI


Civetta raffigurata su una tazza proveniente dall’Attica, conservata presso il Museo
Jerome Carcopino di Aleria (Corsica - Francia) (Ph. M. Mastrorilli)

Alcuni celebri autori latini, Claudio Eliano e lo stesso Plinio,


cominciarono ad associare ad alcune specie (come gli assioli e i gufi)
la capacità di portare sventura, iniziando un lungo processo di
mistificazione e demonizzazione che ha portato questi animali a
divenire icone della sfortuna e della stregoneria.
Il disfacimento dell’Impero Romano stravolse gli ambienti rurali,
aumentarono le zone forestali, i lupi divennero autentiche minacce
per l’uomo e molti altri animali furono demonizzati per paure reali ed
inconsce. Nella maggior parte dei casi fu l’ignoranza etologica a
creare falsi miti e credenze popolari, non permettendo di
comprendere alcuni comportamenti.
L’avvento dei “bestiari” e della stregoneria durante il Medioevo non
fece altro che accreditare determinati ruoli ad alcune “bestie”.
Una zampa di Assiolo (Otus scops) legata con fili d’erba era un ottimo
rimedio contro i morsi di serpenti, le uova di gufo erano soluzioni
contro le imperfezioni delle capigliature e lo stesso uovo dato ad un

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 46 MARCO MASTRORILLI


bambino aveva la facoltà di impedire allo stesso di divenire (da adulto)
un ubriacone!
Sembrano pensieri incredibili, quasi divertenti e molto surreali ma
erano convinzioni che portarono realmente a creare intrugli degni
delle migliori fattucchiere, a scapito della fauna!
Le pozioni magiche ed i rituali contro il “male” hanno creato grandi
proseliti e non deve stupire se su questa scia rospi, pipistrelli, lupi
“mangiatori di uomini” e serpi divennero compari di sventura dei gufi
che furono considerati autentico simbolo iettatorio.
Persino la sistematica scientifica non ha dimenticato questo trascorso
di sventura millenario: l’ordine d’appartenenza dei rapaci notturni è
quello degli Strigiformi che letteralmente tradotto dal latino significa:
striges = streghe e formes = forma, quindi uccelli dalla forma di
strega!
Assimilare l’immagine di una strega da quella di un gufo oggi fa
sorridere, ma pensando alla cultura delle popolazioni in epoca
medioevale o a quelle di qualche secolo fa, questo sorprende meno.
Le conoscenze naturalistiche del tempo erano pressoché nulle e i
comportamenti dei rapaci notturni avvaloravano alcune maldicenze
basate peraltro su falsi etologici.
Forme strane, occhi grandi, canti lugubri emessi nell’oscurità,
abitudini che li portano a volare nella notte: non è difficile capire le
motivazioni di questo percorso culturale.
Molte di queste credenze popolari, con passaggi generazionali, sono
giunte fino ai giorni nostri e persino nel mondo dell’Hi-tech e di
internet, c’è ancora chi crede a queste superstizioni o banalità.
Assumendo il ruolo di avvocati dei gufi, cerchiamo ora di sfatare
queste convinzioni attraverso la ricostruzione di un'immagine
scientificamente corretta che possa restituire la giusta dimensione a
questi sfortunati e denigrati pennuti!

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 47 MARCO MASTRORILLI


Gufi, civette e barbagianni: messaggeri di morte

I rapaci notturni spesso sono accomunati a segnali di sventura ed


addirittura di morte e questa è la forma di denigrazione più radicata
che induce spontaneamente a domandarsi quali comportamenti
abbiano indotto la nascita di questo luogo comune.
La correlazione tra morte e rapaci notturni è frequente ed accresciuta
poiché il trapasso è un momento misterioso ed i rapaci notturni, in
virtù di abitudini ecologiche curiose, incarnano al meglio questo
momento luttuoso.
I cimiteri, ad esempio, sono luoghi di riflessione e afflizione, ma se li
guardiamo con occhi da naturalista sono habitat perfetti per essere
colonizzati da varie comunità di Strigiformi.
Durante la notte, a meno che non vi sia l’intrusione di qualche pseudo
setta satanica o qualche bullo di periferia con strane idee, il cimitero si
tramuta in un territorio di caccia ideale per gufi e barbagianni che
trovano piccoli roditori, insetti, invertebrati e tanta tranquillità.

Dormitorio di gufi in Serbia, a Kikinda, oltre 700 gufi comuni (ph. Milan Ruzic)

Il risultato è che all’interno di questi luoghi sacri non è raro trovare


qualche nido di Civetta o Barbagianni e sono luoghi molto graditi ai

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 48 MARCO MASTRORILLI


gufi per svernare; infatti i “roosts” (nome attribuito a posatoi
collettivi di svernamento) di gufo comune sono abbastanza frequenti.
Ascoltando la testimonianza di qualche anziano si sente associare alla
Civetta un presagio di sventura; questa tradizione trova origine nelle
campagne, per evoluzione di una interpretazione errata di un
comportamento peculiare di civette ed assioli.
In passato le veglie funebri si svolgevano nei porticati e nelle aie delle
cascine; i ceri ed i lumi attiravano falene ed insetti trasformando
queste serate in un invitante banchetto per i pipistrelli ma anche per
civette, assioli e barbagianni che emettendo qualche vocalizzazione,
“tradivano” la loro presenza accreditando così la loro nomea
iettatoria.
Una recente ricerca condotta, anni fa, dall’Ateneo pavese ha
documentato un comportamento che spiega interessanti dettagli di
questa relazione tra cascine e rapaci notturni.
In Pianura Padana le civette, specialmente durante il periodo
riproduttivo, assolvono le proprie esigenze biologiche senza
allontanarsi troppo dagli edifici rurali; cacciando nelle aie, nei cortili e
nell’immediato circondario, restano comunque in vicinanza delle
abitazioni frequentate dall’uomo.
Civette ed assioli cantano durante l’anno ed è facile per i superstiziosi
accostare il loro canto o la loro presenza ad un segnale iettatorio.
Questo, però, non ha alcun fondamento o connotazione scientifica.

Tetradramma con la icona di Civetta, simbolo di Atena impressa sul conio, peso 16,5
gr in argento (ph. M..Mastrorilli) 


PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 49 MARCO MASTRORILLI


Allocchi e lugubri canti ?

Cambiando scenario, non muta l’immagine negativa di questi rapaci e


per comprenderlo entriamo nel buio di una sala cinematografica
mentre si proiettano film gialli o di genere horror.
Registi e sceneggiatori, ogni volta che le scene si girano in notturna,
per accrescere il nostro stato d’ansia e terrore al protagonista di turno
affiancano una colonna sonora facile da identificare: un canto sinistro,
simile ad un ululato, quasi agghiacciante rompe il silenzio del bosco…
ovvero quello di un Allocco che canta!
I rapaci notturni che vivono in Italia emettono vocalizzazioni
caratteristiche e particolari, ma l’Allocco (Strix aluco), più di ogni
altro Strigiforme, evoca paure e ansie ancestrali.
Il maschio dell’Allocco emette canti udibili anche a grandi distanze,
caratterizzati da ripetuti “hoot” per difendere il proprio territorio.

Allocco (ph. Carmelo Milluzzo)

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 50 MARCO MASTRORILLI


La difesa del territorio attraverso l’uso dei vocalizzi è una abitudine
“sfruttata” per svolgere i censimenti di questi elusivi uccelli e da
diversi decenni i naturalisti di tutto il mondo studiano la distribuzione
degli Strigiformi con la “metodologia del playback”.
La ricerca con questa tecnica prevede il contatto di un individuo
territoriale attraverso l’uso di richiami registrati di un conspecifico,
cioè di un uccello della stessa specie.
La coppia o il singolo volatile possono rispondere per difendere il
territorio e ogni vocalizzazione di risposta deve essere interpretata e
catalogata (a livello informatico) seguendo una serie di procedure
tecniche predefinite.
Ogni risposta, ottenuta entro parametri prestabiliti da appositi
protocolli, permette di evidenziare il territorio di una coppia nel
periodo riproduttivo e su vasta scala favorisce lo svolgimento di un
censimento aiutando l’ornitologo a comprendere il criterio di
selezione dell’habitat di una specie.
La metodologia del Playback si può impiegare con molti uccelli (es.
Succiacapre, Porciglione, Gallinella d’acqua, ecc.) ma è tra gli
Strigiformi che, probabilmente, ha trovato la sua dimensione
d’impiego ottimale.
In Italia questa tecnica può essere utilizzata con successo con la
Civetta, l’Allocco, l’Assiolo e le civette alpine (Civetta capogrosso e
Civetta nana), mentre con il Barbagianni, il Gufo comune e il Gufo
reale risulta meno efficace.
L’Allocco in virtù delle sue abitudini, mostra autentici spettacoli a
coloro che lo ricercano: l’aggressività e la curiosità ne fanno un
predatore spiccatamente territoriale, ma la sua indole è mal
interpretata ed associata paradossalmente ad una nomea poco
edificante.
Attribuendo il nomignolo di Allocco ad un’altra persona, quest’ultima
potrebbe trovare in questa denominazione un sinonimo di
“stupidità”.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 51 MARCO MASTRORILLI


Un luogo comune che trae spunto proprio dal comportamento vocale
dell’Allocco: questo rapace, se stimolato con richiami o persino con
simulazioni fatte a voce, può rispondere dimostrando un’aggressività
che, da profani del verbo etologico, può apparire quale una
dimostrazione di stupidità!

Allocco (ph. Luca Salvioli)

Questo è un grossolano errore di interpretazione del comportamento


dei rapaci notturni che sono da sempre bistrattati e non agevolati a
causa di peculiarità morfologiche e comportamentali che ne fanno
comunque un gruppo di volatili dal fascino irresistibile.
I canti di civette ed allocchi hanno sempre suscitato contrastanti
sentimenti e sensazioni ed in alcuni casi hanno stimolato fantasie
popolari e persino influenzato la storia.
In Francia il canto della civetta alla fine del XVIII secolo divenne
emblema di libertà e rivoluzione.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 52 MARCO MASTRORILLI


Tra il 1793 ed il 1796 nelle campagne del Nord della Francia si
assistette a massacri di contadini che tentavano di opporsi al “nuovo
ordine”. Addirittura fu coniata una moneta con una civetta posata su
un ramo e affiancata da due gigli borbonici. Il capo di questi insorti,
un contrabbandiere di nome Jean Cottereau aveva come soprannome
Chouan da Chouette (civetta in francese) poiché per comunicare nella
notte con gli altri rivoluzionari e contrabbandieri emetteva imitazioni
dei canti della civetta.

Civetta in volo con Ortottero nel becco (ph. Tommaso Nuti)

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 53 MARCO MASTRORILLI


Gufaggine

A questo campionario di maldicenze e simbolismi negativi sui rapaci


notturni non fa sconti nemmeno la tradizione popolare che ha
tramutato in proverbi l’iconografia di questi splendidi volatili.
Ogni qualvolta un amico o un nostro avversario ci riserva ironici
complimenti o qualche augurio è facile affiancare un commento che
indica che il nostro dirimpettaio intende “gufare”: un modo di dire
che definisce un comportamento dai molteplici risvolti. Può
annunciare ironicamente o meno l’arrivo di una sventura o, in modo
più beffardo, sottolinea situazioni che determineranno evoluzioni
grottesche o di sbeffeggio rivolte al malcapitato che riceve tali
anatemi.
In realtà i gufi sono predatori come squali, leoni, tigri, pantere, ma a
differenza di quest’ultimi hanno accumulato in tanti secoli malignità
che ne hanno trasfigurato la vera immagine.
Abitudini solitarie, un’indole introversa sono caratteristiche peculiari
in persone per le quali spesso si conia il termine di “gufo”: anche in
questo caso la denominazione ironica interpreta (in modo errato) il
comportamento di alcuni Strigiformi.
Il Gufo comune è uno dei rapaci notturni più diffusi in Europa e gode
di un trend demografico favorevole, agevolato da poche esigenze nella
selezione del sito riproduttivo e delle prede.
Una delle caratteristiche più curiose del suo profilo biologico è legata
al suo svernamento; in Italia oltre alle popolazioni nidificanti
costituite da svariate migliaia di coppie si aggiunge un buon numero
di individui che scendono dal centro e nord Europa per svernare in
Pianura Padana e negli ultimi anni anche nel centro e sud Italia.
Ora sveliamo un comportamento sociale che accresce il fascino di
questo predatore: in fondo, non tutti sanno che, nel periodo
compreso tra fine novembre e inizio marzo, i gufi comuni si
aggregano in roost, vale a dire in posatoi di riposo diurno collettivi.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 54 MARCO MASTRORILLI


I roost offrono la possibilità di osservare, in pieno giorno, autentici
spettacoli: molti di questi posatoi tra l’altro sono collocati in aree
urbane e persino in giardini pubblici e privati.
Il Gufo comune è una specie forestale ma può svernare in gruppi
composti anche da svariate decine di gufi che durante il giorno
restano assopiti e confidano sul proprio mimetismo per nascondersi.
Il piumaggio del Gufo comune è infatti un perfetto mosaico criptico
capace di renderlo quasi invisibile il gufo agli occhi dei predatori o
dell’uomo stesso!

Gufi comuni in un roost invernale (ph. M.Mastrorilli)

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 55 MARCO MASTRORILLI


Il comportamento tranquillo, riservato e (di giorno) un po’
sonnolento ha prodotto nel corso del tempo un’associazione tra
l’uomo un po’ bucolico, introverso e questo pigro rapace.
Invero, all’arrivo del crepuscolo, l’attività dei gufi si “accende” e
lasciati i posatoi si lanciano nelle campagne circostanti per andare a
caccia di micromammiferi e piccoli uccelli.
La preferenza nella selezione dei siti per creare un posatoio di
svernamento non ha ancora permesso di definire un vero e proprio
identikit del sito perfetto ma in Italia i nostri gufi sembrano mostrare
alcune preferenze sia nella scelta degli alberi sia degli habitat.
Qualche anno fa a Milano, è stato localizzato un roost con oltre 70
gufi posati su pochi alberi in un giardinetto e nel periodo più recente
in Veneto, Piemonte, Lombardia i gufi hanno selezionato persino dei
piccoli giardini privati di villette.
A suffragare la tendenza di un’espansione demografica del Gufo
comune, anche nelle regioni meridionali sono stati scoperti nuovi
roost ed uno di questi, nella Riserva del Bosco dell’Incoronata in
Puglia, è davvero imponente, con un picco in annate favorevoli di
oltre 100 gufi svernanti!
Negli ultimi 5 anni abbiamo registrato, in Italia, dormitori di gufi con
regolarità in Toscana, Lazio, Campania e persino in Sardegna.
I roost di gufi svernanti sono anche il luogo migliore per
comprendere al meglio l’uso dei ciuffi auricolari dei gufi.
Ricordiamo l’immagine del gufo: l’iconografia classica vuole questo
animale dotato di occhi grandi e di vistose orecchie poste sul capo; in
realtà sorpresa… sorpresa… non si tratta di orecchie, ma di ciuffi di
penne!
L’apparato uditivo, infatti è caratterizzato da grandi cavità auricolari
nascoste dietro il fitto piumaggio del disco facciale.
Gli ornitologi si sono interrogati a lungo sulla funzione etologica di
questi curiosi “ciuffi” e le risposte sono state molteplici. Mysterud e
Dunker ipotizzavano che il gufo, subendo predazioni da parte di linci
e volpi, utilizzasse queste false orecchie per assumere una silhouette

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 56 MARCO MASTRORILLI


simile alla testa di un mammifero con la speranza di scoraggiare i
potenziali predatori.
In seguito questa teoria è stata messa in discussione da altri
naturalisti, che fornirono nuove interpretazioni, più credibili. Si è
scoperto, ad esempio, che sono oltre 50 le specie di gufi nel mondo
che hanno questi ciuffi sul capo ed evidenziano tutti una distribuzione
legata ad ambienti forestali. Questo non deve sorprendere, poiché si è
orientati a credere che i ciuffi auricolari siano da loro utilizzati per
camuffarsi nei boschi. Talvolta, di fronte ad una minaccia, il gufo eleva
i ciuffi ed allungando il corpo (con un movimento affine al bitterning
dei tarabusi, quando questi aironi allungano il collo e restano
immobili per accrescere l’effetto criptico), aumenta il mimetismo con
i tronchi d’albero e quindi la possibilità di eludere i pericoli.

Penne dei ciuffi auricolari idi un Gufo comune Asio otus (ph. M. Mastrorilli)

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 57 MARCO MASTRORILLI


La civetta fiera della vanità?

Nell’immaginario umano, spesso zooantropomorfo, è frequente


abbinare il termine “civetta” alla donna vanitosa, voluttuosa e capace
di attrarre gli uomini con un campionario di sguardi, mosse e
atteggiamenti davvero provocanti e sexy.
Questa “diceria” affonda le proprie radici in una credenza antica che
riemerge sfogliando i manoscritti di Claudio Eliano, autore e
naturalista latino, che descrisse la civetta come un rapace, utilizzato
dai cacciatori del tempo e capace di “attirare” i piccoli uccelli.
“La civetta è un animale astuto e assomiglia alle fattucchiere; quando
è catturata è in realtà lei che cattura per prima gli uccellatori”. Queste
le parole che Claudio Eliano usava per descrivere le arti ingannevoli
della civetta, però hanno un fondamento etologico.

Mobbing di una Rondine verso una Civetta (ph. Aldo Tonelli)

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 58 MARCO MASTRORILLI


Al linguaggio quotidiano, ormai da qualche tempo, hanno accesso
termini d’origine straniera, con i quali s’identificano oggetti, status
symbol, alimenti e persino pensieri e comportamenti.
Pensiamo a coloro che, sul lavoro, subiscono con regolarità un’azione
di disturbo, d'irritazione e provocazione da parte dei propri direttori
o superiori, non è certo fenomeno infrequente e questo stato di
malessere è ormai unanimemente conosciuto con il termine Mobbing.
Cercando le origini di questo termine, scopriamo che gli etologi ne
fanno uso da tempo, poiché testimonia un pattern comportamentale
comune nel regno animale ed abbastanza facile da osservare in natura.
Il Mobbing è una reazione collettiva o singola diretta verso un
predatore da parte d’altri animali: un assalto di gruppo o compiuto da
indomiti individui che serve a disorientare, allontanare e confondere il
rapace.
Il Mobbing, invero, è una realtà etologica conosciuta da tempo ed
ispirò persino una curiosa tecnica venatoria, ormai proibita, ma
praticata sino ad un decennio fa e che riguarda i nostri Strigiformi.
Le cronache di caccia, comparse negli scritti di Marco Porcio Catone
(II sec. a.C.), fanno riaffiorare l’uso di rapaci notturni come zimbelli
vivi (in prevalenza civette), che probabilmente determinarono l’inizio
di questa curioso luogo comune che vuole le belle e procaci donne
“mangiatrici d’uomini” accomunate alla civetta.
Questi rapaci notturni legati in mezzo ad un campo, su posatoio
artificiale in pieno giorno diventavano una sorta di richiamo
irresistibile per alcuni Passeriformi quali allodole, passeri, fringuelli e
tottaville.
Alla vista della civetta, le allodole e gli altri uccelli presenti, anche di
piccole dimensioni, si avvicinavano e nel manifestare attività di
scherno e aggressione nei confronti del rapace spesso si posavano su
rami vicini che essendo imbrattati di vischio, intrappolavano i piccoli
uccelli che poi erano presi dai cacciatori.
Nel corso del tempo al vischio si sono sostituite con maggior efficacia
le reti e i fucili: una pratica che diede vita ad un commercio davvero
incredibile.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 59 MARCO MASTRORILLI


Mosaico del III sec. A.gufo presso Museo Archeologico di El Diem (Tunisia)
(Ph. David Stanley)

Il divieto di praticare questa tecnica di caccia ha certamente agevolato


lo status della Civetta che ha registrato negli ultimi anni un trend
demografico di crescita, ma non impedisce di osservare questa forma
di mobbing in ambienti naturali.
In realtà, i cacciatori avevano sfruttato un atteggiamento di scherno e
aggressione operata dai piccoli uccelli potenziali prede di civette e
gufi. Alla vista di un rapace notturno in pieno giorno i Passeriformi
non esitano a praticare un’azione di mobbing, convinti dell’incapacità
di reagire da parte di rapaci abituati a cacciare al buio.
Sulla costa del Tirreno, a qualche km dall’antica strada Aurelia, nel
bosco di Palo un ricercatore italiano, Roberto Casalini, anni fa
realizzò una tesi davvero interessante sul mobbing subito da una
civetta.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 60 MARCO MASTRORILLI


Per queste osservazioni utilizzò, come zimbello, una Civetta viva che
presentava un trauma alare che le impediva di volare e quindi di essere
rilasciata.
Nascosto all’interno di un capanno, fu possibile osservare e registrare
i comportamenti di mobbing nei confronti di questa civetta e ne uscì
un corollario, mai documentato prima, di azioni assai diversificate al
punto da codificare almeno 15 diversi comportamenti dei
Passeriformi che si alternavano al cospetto della Civetta.
Accanto ad azioni di mobbing classiche, fatte di volo associato a canti
d’allarme, giri intorno allo zimbello con possibili posate a fianco dello
stesso, si registrarono comportamenti più audaci e curiosi quali il
rilascio degli escrementi, picchiate e persino contatti fisici.
Il fascino del mobbing intriga lo spirito curioso d’ogni etologo: negli
Stati Uniti un team d’esperti coordinato da Caroline Deppe, ha
monitorato la Civetta nana centro - americana (Glaucidium gnoma)
arrivando ad interessanti scoperte legate alla relazione tra gli Eyespot
e il mobbing.

Ma cosa sono gli Eyespot?

In alcuni rapaci notturni, anche europei, come la Civetta (Athene


noctua), la Civetta capogrosso (Aegolius funereus), l’Ulula (Surnia
ulula) e le civette del genere Glaucidium (le civette nane) sono
presenti sulla nuca dei falsi occhi (eyespot) molto vistosi che hanno
sempre suscitato interesse tra gli ornitologi che si pongono il
problema di comprenderne la funzionalità.
Questi falsi occhi compaiono sulla nuca di alcune civette di piccole
dimensioni che, oltre a subire il mobbing dai Passeriformi, possono
ricevere attacchi letali anche da rapaci diurni ed altri Strigiformi e
pare che questo stratagemma garantisca loro la possibilità di sfuggire
a qualche attacco, poiché il predatore crede che la civetta (potenziale
preda) lo stia guardando anche quando in realtà è posata da tergo.
La civetteria trova spazio nel linguaggio comune anche in altre forme
di confronti: la nave civetta, l’auto civetta, i prezzi civetta nei

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 61 MARCO MASTRORILLI


supermercati…sono altri esempi di questa forma di ingannevole
presentazione.
Persino in editoria il foglio civetta è un titolo che è stampato in
dimensioni eclatanti per richiamare il lettore ed invitarlo all’acquisto
di un quotidiano o un mensile.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 62 MARCO MASTRORILLI


I falsi occhi della Civetta nana Danimarca (2 ph. Helge Sorensen)

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 63 MARCO MASTRORILLI


Gufi tra tenebre e saggezza

Dopo un così vasto campionario di luoghi comuni e maldicenze, è


piacevole scoprire che almeno qualcuno nel mondo riesce ad
associare ai gufi alcune immagini positive.
La visione nel mondo anglosassone, ad esempio, è notevolmente
differente, tanto da far diventare il gufo o la civetta il simbolo per
eccellenza dello studioso e lo testimoniano migliaia di ex libris nuovi,
vecchi ed antichi che spiccano in università, biblioteche, librerie e
collezioni di grandi autori e persino in letteratura, tradizione e
folklore. I rapaci notturni sono visti in modo completamente diverso,
come animali portafortuna, invertendo il pensiero delle popolazioni
mediterranee!
Tra gli indiani Omaha (coloro che vanno contro il vento), il gufo era
ritenuto una guida per gli uomini che si muovevano nell’oscurità delle
tenebre. In una leggenda indiana si narra di un uccello che apparve in
sogno ad uno stregone indiano che ricevette l’ordine di costruire un
bastone piumato che avrebbe permesso al Gufo di vigilare sulla
propria dimora durante la notte ed anche di poter tener sveglie le
persone. Anche in questo caso furono i canti dei gufi a generare
queste credenze dei pellerossa nativi americani.
Nel complesso oggi grazie ai numerosi studi condotti sui rapaci
notturni ed anche alle grandi potenzialità offerte dai mass media
(documentari, libri ed articoli), ci si può solo auspicare che queste
tradizioni e maldicenze siano prossime a scomparire.
I rapaci notturni sono animali all’apice di catene alimentari, autentici
simboli del prodigioso cammino di un’evoluzione genetica che
consente a questi uccelli di cacciare nel buio assoluto e di comunicare
con vocalizzi di grande fascino. La loro unica colpa è di avere forme
stravaganti, abitudini notturne, ma questo popolo della notte anima il
nostro pianeta sin da quando l’uomo abitava le caverne: forse anche
per questo merita rispetto e di essere in alcuni casi tutelato.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 64 MARCO MASTRORILLI


Vari esempi di ex libris a tema gufo


PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 65 MARCO MASTRORILLI


Collabora con me, arricchiamo questo volume insieme!

Il mondo è pieno di storie, informazioni perse nei meandri di


biblioteche polverose, libri quasi dimenticati, articoli vetusti, se vuoi
integrare le notizie di questo volume inviami notizie e riferimenti,
ogni tanto ci saranno versione riaggiornate. Se hai volumi, articoli,
informazioni da suggerire che possano migliorare le conoscenze di
tutti: scrivimi a questo account: gufotube@gmail.com

Un libro aperto al quale tutti possiamo fornire il nostro contributo, per


crescere insieme, con umiltà e voglia di conoscere.
Visita il mio sito web www.mastrorilli.it

Ringraziamenti

Ringrazio per questo volume molte persone che, in questi anni, mi


hanno permesso di raccogliere informazioni, notizie o mi hanno
aiutato nelle stesura di questa opera.
Grazie a Stefania Montanino, Alice Cipriani, Valeria Gereschi,
Denver Holt, Karla Bloem, Jean Claude Genot, Stefania Faro, Andrea
Daina Palermo, Carmelo Milluzzo, Luca Avanzini, Matteo Pagnoni,
Roar Solheim, Per Goran Granquist, Helge Sorensen, Simone
Bottini, Milan Ruzic, Tommaso Nuti, Greta Pastorino, Paolo Taranto,
Roberto Cobianchi. Aldo Tonelli.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 66 MARCO MASTRORILLI


BIBLIOGRAFIA

Arrigoni degli Oddi E., 1929. Ornitologia Italiana. Hoepli, Milano,


1046 pp
Borghesani G., 2018. Athena - Minerva. Dielle editrice. pp.76
Buffon, Georges Louis Leclerc Comte de Buffon, 1820. Storia
naturale di Buffon. Tomo I., pp. 286. Dai Torchi del Majno,
Piacenza.
Cattabiani A., 2000. Volario. Simboli, miti e misteri degli esseri alati:
uccelli, insetti, creature fantastiche. Mondadori. pp.620.
Claudio Eliano, 1998. La natura degli animali. BUR Biblioteca Univ.
Rizzoli pp. 900.
Cramp S. (ed.), 1985. The Birds of the Western Palearctic. Vol. IV:
Terns to Woodpeckers. Oxford University Press. Oxford, 970 pp.
Coues E., 1874. Birds of North West. Washington G.P.O., 1874.
Dei A., 1862 - Catalogo degli Uccelli che si trovano nella Provincia
Senese - Tipografia Moschini, Siena.
Jobling J.A., 2010. Helm Dictionary of scientific Bird Names.
Cristopher Helm, London.
Giglioli E. H., 1889 - Primo resoconto dei risultati della Inchiesta
Ornitologica in Italia. Parte prima. Avifauna Italica - Le Monnier,
Firenze.
Lindsay W. M., 1918. Bird-Names in Latin Glossaries. Classical
Philology, Vol. 13 (1): 1-22.
Martorelli G., 1895. Monografia illustrata degli uccelli di rapina in
Italia. Memorie Tomo V. Museo Civico di Storia naturale di Milano.
Mastrorilli M., 2010. E la volpe disse all’uva. Teramata ediz.
Mastrorilli M., 2015. Gatti e gufi. Noctua Book. pp.170.
Mastrorilli M., 2017. Sulle tracce dei gufi. Noctua Book. pp.176.
Mastrorilli M., 2019. Guida dei rapaci notturni d’Europa. Ricca ed.
pp.180.
Morellini M., 2017. Uccelli d’Italia. Dizionario etimologico e
fantastico. Effegi pp. 432.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 67 MARCO MASTRORILLI


Moltoni E., 1946. L’etimologia ed il significato dei nomi volgari e
scientifici degli uccelli italiani. Riv. Ital. Orn., Milano, 16: 33- 50;
69-92; 133-162.
Plinio, 1983. Storia naturale. Con testo a fronte. zoologia. Libri
7-11. Einaudi Ediz. I Millenni. pp.704
Polito A., 2015. Altro che gufo, ecco a voi la “cuccuàscia”!
Fondazione Terra d’Otranto.
Ronzitti R., 2009. L’etimologia di latino strix. Romance Philology
63:183-193.
Savi P., 1827. Ornitologia toscana. Ossia descrizione e storia degli
uccelli che trovarsi nella Toscana. Dalla Tipografia Nistri. Tomo I
Pisa. pp.332
Savi P., 1873-77. Ornitologia Italiana. Successori Le Monnier,
Firenze.
Schlegel H., 1844. Revue critique des Oiseaux d’Europe. A. Arnz.
Leiden, pag. CXXXV + 116
Sharpe R. B., 1885. Catalogue of the Birds in the British Museum.
Vol. X. The Trustees, London, pagg. 682
Stone W., 1903. On the Generic Names of the North American Owls.
The Auk, Vol. 20 (3): 272-276.
Schembri A., 1846. Vocabolario dei sinonimi classici dell’ornitologia
europea. Nuovi Annali delle scienze naturali. Tipografia Sassi nelle
spaderie.
Temminck J.-C., 1815. Manuel d’Ornithologie. Chez Dufour, Paris,
pagg. 618

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 68 MARCO MASTRORILLI


Alcuni libri di Marco Mastrorilli

(puoi richiederli tutti via mail all’autore, anche con dedica, scrivendo
a gufotube@gmail.com)

Guida ai rapaci notturni d’Europa

Mastrorilli Marco
Ricca editore

ISBN13: 9788866940548

Cacciatori della notte e del crepuscolo, vedono


nell’oscurità, volano nel silenzio e si avventano
all’improvviso sulle ignare prede. Venerati
nell’antica Grecia, temuti e perseguitati nel
medioevo, gli Strigiformi hanno da sempre destato
un grande interesse nell’uomo.
Questo manuale, che include oltre 200 splendide
fotografie a colori, intende fornire una panoramica
di tutti i rapaci notturni presenti in Italia e in
Europa. Un’ampia introduzione presenta alcune tra
le caratteristiche principali degli Strigiformi, dal
piumaggio mimetico alle peculiari borre, dalla
straordinaria vista al fine udito fino all’occultante
contrombreggiatura. Ideale per riconoscere gufi,
barbagianni, civette e tutti gli altri rapaci notturni, questa guida descrive in modo
esaustivo ogni specie: Morfologia, habitat e comportamento. Il piumaggio, il canto,
le borre, i nidi: per una descrizione esauriente. Circa 10 fotografie a colori per ogni
specie per una facile identificazione. Minuziose carte di distribuzione per
conoscere con precisione i loro areali. I capitoli conclusivi completano il manuale
approfondendo, tra gli altri, il comportamento territoriale, le tecniche di caccia, il
mobbing e la conservazione.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 69 MARCO MASTRORILLI


Sulle tracce dei gufi

Mastrorilli Marco
Noctua Book

ISBN 9788894252002

Sulle tracce dei gufi è un volume che tratta in modo


esauriente il mondo dei rapaci notturni analizzando gli
elementi che consentono al lettore di avere le chiavi per
riconoscere le tracce, le penne, i resti alimentari ed
introduce, unico libro a farlo, il mondo dei canti e
dell'owlwatching, ovvero i segreti della comunicazione di gufi
& c. Grazie a una raccolta iconografica straordinaria, il libro
permette a chiunque di scoprire segreti inesplorati nella
biologia ed etologia degli Strigiformi, grazie alla trentennale
esperienza dell'autore, Marco Mastrorilli. Prefazione di
Emanuele Biggi.
 

Storie di gufi

Mastrorilli Marco (illustrazioni di Stefano Torriani)


Noctua Book

ISBN 978-8894252026

Attraverso i racconti di Marco Mastrorilli scopriamo il


mondo dei rapaci notturni e di tanti altri animali che vivono
protetti dall'oscurità della notte. Quasi trent'anni
di  avventure e di uscite nottune di Marco Mastrorilli, il
primo gufologo italiano, splendidamente illustrate da
Stefano Torriani, fra i più bravi illustratori naturalisti
italiani ed europei. 

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 70 MARCO MASTRORILLI


Segui il primo canale YouTube al mondo sui gufi

GUFOTUBE

E poi su spreaker.com puoi trovare GUFOSPEAKER il primo


canale podcast al mondo sui gufi

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 71 MARCO MASTRORILLI


Per info, per segnalazioni o altro contatta
Marco Mastrorilli
www.mastrorilli.it
www.festivaldeigufi.it
Mail : gufotube@gmail.com

Biografia dell’autore.
Marco Mastrorilli nasce a Milano e abita a Parma.
Nel 2005 esordisce con il libro La civetta in Italia (Araspix edizioni), cui fa
seguito nello stesso anno Non volare nasconditi (Teramata edizioni)
dedicato al mimetismo degli uccelli, un’opera bilingue realizzata con David
H Johnson, biologo americano. Nel 2007 presenta il libro Notte da Gufi
(Teramata edizioni) presentato nel 1°
Festival dei gufi di cui è anche l’ideatore e
direttore artistico. 
Nel 2008 pubblica con il redattore capo
della rivista Airone, Cesare della Pietà, il
libro Gufi e civette (Muzzio). Nel 2009
pubblica il saggio E la volpe disse all’uva
(Teramata edizioni) e nello stesso anno il
libro Gufi e civette viene pubblicato da
Emmebi edizioni Firenze. Nel 2010
pubblica un libro per ragazzi dal titolo Il
fantastico mondo dei gufi (La Rondine
editrice). 
Nel 2011 pubblica il saggio Ali tra le spighe
(Il Telaio dell’angelo) e nel 2011 esce anche
la monografia dal titolo Il gufo di palude con
Paola Bressan (Grafiche Cesina).
Nel 2012 presenta un’opera tascabile, sui rapaci notturni, dal titolo
Gufoguida  (Edinat) con le illustrazioni di Stefano Torriani. 
Nel 2013 viene pubblicato Quelli della notte (Maria Margherita Bulgarini)
scritto con Cesare della Pietà.

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 72 MARCO MASTRORILLI


Nel 2014 pubblica, una delle sue opere più apprezzate, Gatti e gufi (Noctua
Book) con le illustrazioni di Antonia Rao.
Questo libro viene premiato nel 2015 ad Abbateggio (Pescara), con il Primo
Premio Assoluto del XVIII Premio Nazionale di Letteratura Naturalistica
Parco Majella 2015, nella sezione saggistica mentre nella sezione narrativa,
quell’anno, vinse Valerio Massimo Manfredi con il libro Otel Bruni
(Mondadori).

A fine 2015 pubblica la favola Le avventure di Sebastiano il gufo vegetariano


(Noctua Book) con Stefania Montanino e i disegni di Roberta Banino.
Questo libro che vince il Premio Cultura Miglior Storia infanzia del Premio
nazionale La Fiabastrocca 2016. 
Nel 2016 il libro Gatti e Gufi riceve in Sicilia, il Premio speciale cultura
nell’ambito del Premio Internazionale “Antonio Filoteo Omodei” 2016 XIV
Edizione.
Sempre nel corso del 2016 realizza il libro Sulle tracce dei gufi
( coproduzione AIGAE - Noctua Book) e il volume Grazzano Visconti la
Guida (Noctua Book) con Stefania Montanino e Alice Cipriani.
Nel 2017 cura la redazione di un antologia di poesie di autori molto famosi
sui gufi, dal titolo Gufi e poeti (Noctua Book) e pubblica il libro Il gufo cerca
casa (Noctua book) con Alice Cipriani e Stefania Montanino e il volume
Felini di casa Guida fotografica alle razze di gatti (Noctua Book) con
Martina Loschi, Alice Cipriani ed Erika Passerini. 
Nel 2018 pubblica il libro di racconti Storie di gufi con le illustrazioni di
Stefano Torriani (Noctua Book /Equa), il volume nel 2019 riceve il premio

PERCHÈ SI CHIAMA GUFO? 73 MARCO MASTRORILLI


Menzione Alto Merito Narrativo a Marco Mastrorilli nel Premio letterario
Nazionale Dickens Book Awards 2019. Sempre nel 2018 pubblica il libro
Amori a 4 zampe (Noctua Book) 
A fine 2018, pubblica uno dei libri di maggior successo, la favola ambientale
Sybilla l’odissea di una bottiglia di plastica (Noctua Book) con illustrazioni
di Imma Vitello e con la collaborazione della cantante Giorgia, Emanuele
Biggi, Fulvio Mamone Capria, Alessia Zecchini, Gianluca Genoni e
Francesca Barra che hanno realizzato brevi testi per questo libro che punta a
sensibilizzare il pubblico inducendolo ad agire per limitare i danni della
plastica nel mare.
Nel 2019 realizza un’opera dal titolo Guida dei rapaci notturni d’Europa
(Ricca Editore) e il libro Sos Gufo delle nevi. Salviamo l’Artico, il regno
ghiacciato del Gufo bianco (Noctua Book) con Alice Cipriani e Valeria
Gereschi e la prefazione del professor Peter Wadhams.
Nel 2005 scrive un capitolo nella monografia scientifica La cicogna nera in
Italia (Ente Parco Naturale del Monte Fenera, Borgosesia).
Nel 2011 lancia un prodotto multimediale innovativo, con l’App solo per
iPad I.owls, la prima per i prodotti Apple dedicata ai rapaci notturni e
realizza anche il documentario Uomini e gufi (produzione Telecolor).
Nel corso del 2015 Marco Mastrorilli riceve negli Stati Uniti (Minnesota) il
prestigioso riconoscimento Special Achievement Award 2015 per le ricerche

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svolte e per le attività di divulgazione e tutela degli Strigiformi e viene
inserito nella World Owl Hall of Fame, assegnato da un team di studiosi
americani facenti parte dell’organizzazione Global Owl Project. E’ direttore
artistico del festival dei gufi ®, l’evento più grande al mondo dedicato ai
rapaci notturni.  www.festivaldeigufi.it Nel 2017 scrive un capitolo nel libro
Loro e noi storie di umani e altri animali (Neos edizioni) di Fabio Balocco e
Piero Belletti. 
Fondatore e presidente del Gruppo Italiano Civette, è ideatore e direttore
artistico del Festival dei gufi e del Festival dei gatti.

Il più grande evento mondiale sui gufi: FESTIVAL DEI GUFI ®

Curiosità

Il libro è scritto con un font a me molto caro Bodoni 72 Oldstyle


e poiché abito a Parma, ricordo che proprio qui il grande
tipografo, stampatore e incisore GIAMBATTISTA BODONI
visse e realizzò la produzione di caratteri e font meravigliosi,
tanto che qui a Parma (dove morì nel 1813) è presente il Museo a
lui dedicato. Ora vivendo a Parma ho pensato di pubblicare
questo libro con un suo font.

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