Sei sulla pagina 1di 10

RICERCHE INTERMEDIEVALI

CONOSCERE IL MEDIOEVO ! ATTRAVERSO I MEDIOEVI

DIRETTORE

Francesco Mosetti Casaretto

COMITATO SCIENTIFICO

Stefano Asperti, Alberto Blecua, Massimo Bonafin, Rita Caprini, Stefano Carrai,
Gioachino Chiarini, Giulio d’Onofrio, Edoardo D’Angelo, José Manuel Díaz de
Bustamante, Vittoria Dolcetti Corazza, Lucie Doležalová, Peter Dronke, Johann
Drumbl, Alessandro Fo, Enrico Giaccherini, Thomas Haye, Marcello Meli, Pao-
lo Odorico, Veronica Orazi, Tiziano Pacchiarotti, Nicolò Pasero, Stefano Pittalu-
ga, Pietro B. Rossi, Kurt Smolak, Francesco Stella, Federica Veratelli, Maurizio
Vitale.

SEGRETERIA SCIENTIFICA

Michael P. Bachmann

REDAZIONE

Roberta Ciocca

redazione: <ric-intermed@bachmann-verlag.de>
MIRABILIA
Gli effetti speciali
nelle letterature del Medioevo
Atti delle IV Giornate Internazionali
Interdisciplinari di Studio sul Medioevo

(Torino, 10-12 Aprile 2013)


a cura di
Francesco Mosetti Casaretto e Roberta Ciocca

Edizioni dell’Orso
Alessandria
Volume pubblicato con contributo di fondi per la ricerca locale 2012 del Dipartimento di
Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Torino.

Francesco Mosetti Casaretto ha curato il progetto scientifico e l’organizzazione delle


«Giornate», l’allestimento complessivo del presente volume e l’editing di metà dei contri-
buti; Roberta Ciocca ha curato l’editing della restante parte dei contributi.

© 2014
Copyright by Edizioni dell’Orso s.r.l.
via Rattazzi, 47 15121 Alessandria
tel. 0131.252349 fax 0131.257567
e-mail: edizionidellorso@libero.it
http://www.ediorso.it

Realizzazione editoriale e informatica a cura di BEAR (bear.am@savonanonline.it)

È vietata la riproduzione, anche parziale, non autorizzata, con qualsiasi mezzo effettuata,
compresa la fotocopia, anche a uso interno e didattico. L’illecito sarà penalmente perse-
guibile a norma dell’art. 171 della Legge n. 633 del 22.04.41

ISBN 978-88-6274-557-4
INDICE

FRANCESCO MOSETTI CASARETTO


Mirabilis effectus p. VII

MASSIMO MANCA
Gli specchi ustori di Archimede: una «science fiction»
prima della «science fiction» 1
ARMANDO BISOGNO
Il lessico del meraviglioso nella speculazione patristica
e altomedievale 19
CLEMENTINA MAZZUCCO
I «mirabilia» nel «De civitate Dei» di Agostino 31
FRANCESCO MOSETTI CASARETTO
Appunti per una poetica medievale dell’«effetto speciale» 71
ROBERTA CIOCCA
«Mirabilia» come «messaggio politico»: Teodulfo d’Orléans 113
JEAN-YVES TILLIETTE
«Technopaegnia». Les jeux poétiques de la lettre et du sens 161
FRANCESCO STELLA
Poesie computistiche e meraviglie astronomiche:
sull’«horologium nocturnum» di Pacifico 181
RITA CAPRINI
Il pericolo dei viaggi per mare. Tra mostri marini e
gorghi del Mare del Nord 207
MELITA CATALDI
La funzione dei «mirabilia» nella «Topographia Hibernica»
di Giraldo Cambrense 217
FABIO OTTA
«Iter puerorum»: «mirabilia» e stupore popolare 227
VI Indice

TOMMASO BRACCINI
«Questa porta è l’Eden»: una rivolta nel Palazzo di Costantinopoli
e gli «effetti speciali» di Nicola Mesarita 239
CARLO DONÀ
Meraviglie e meraviglioso nella tradizione arturiana 255
TIZIANO PACCHIAROTTI
Il «meraviglioso» materiale nei romanzi di Chrétien de Troyes
(con particolare riferimento all’«Yvain» e al «Jaufre») 277
VERONICA ORAZI
Funzioni del metareale e del soprannaturale nella letteratura
(spagnola) del Medioevo 299
LENKE KOVACS
The Special Effects in the Majorcan Llabrés
Manuscript (Ms. 1139 Biblioteca de Catalunya)
and in Late Medieval Catalan Drama 321
SANDRA PIETRINI
Nell’inferno del teatro: lo spettacolo della crudeltà
nella «Visio Thurkilli» di Ralph of Coggeshall 337
CHIARA GUERZI
«Effetti speciali» e retorica figurativa nelle immagini
delle confraternite laiche medievali. Varianti emiliane 365
ENRICO GIACCHERINI
Bleeding Wafers and Marvellous Jews. The Profanation
of the Host on the Late-Medieval European Stage 403
MICHAEL RYZHIC
Basilisco e dragone vs vipera: la propensione
verso il meraviglioso nella scelta di nomi di rettili
nei volgarizzamenti giudeo-italiani della Bibbia 425
GIULIO D’ONOFRIO
Lo «stupore» della teologia in Dante 449
MARINA MONTESANO
I «mirabilia» del Milione 475
LUDOVICA RADIF
Effetto greco fine Quattrocento 491
Indice VII

GIANFELICE PERON
Iperbole e meraviglioso nella «Guerra d’Attila»
di Niccolò da Casola 505
Il lessico del meraviglioso
nella speculazione patristica e altomedievale
di Armando Bisogno

Nel secondo libro del De divinatione, dopo aver discusso dei vaticini che
gli indovini realizzano osservando le viscere degli animali e i fenomeni
atmosferici, Cicerone si sofferma sull’analisi dei prodigi che producono negli
uomini una admiratio, delle res cioè che possono essere definite mirabiles o
perché se ne ignorano le cause o, più spesso, per la loro novitas: anche l’ac-
cadimento più strano, infatti, se verificatosi più volte, non desta più stupore
anche quando le sue cause restano sconosciute (Causarum enim ignoratio in
re nova mirationem facit; eadem ignoratio si in rebus usitatis sit, non mira-
mur)1. Per Cicerone non esistono, dunque, eventi che sia possibile definire
stricto sensu miracolosi: come la novitas è una caratteristica transitoria, lega-
ta soltanto al primo verificarsi di un avvenimento, anche l’ignoranza della
corretta eziologia è generata soltanto da una sempre colmabile, e dunque
momentanea, incapacità umana di portare a compimento la sua indagine.
Esiste infatti una ratio per ciascun fenomeno, anche per quelli apparentemen-
te innaturali e che si verificano raramente. Qualsivoglia cosa nasca, ha neces-
sariamente nella natura la sua causa: pur se inconsueto (praeter consuetudi-
nem), nessun avvenimento potrà mai essere contro natura (praeter naturam).
Dinanzi ad una res nova, vale a dire nei confronti della quale non c’è il con-
forto della consuetudo, non si può che indagarne (investigare) le cause; lad-
dove non sia possibile rintracciarle, sarà necessario concludere soltanto che
esse siano momentaneamente sconosciute, senza attribuire a tali eventi carat-
teristiche soprannaturali2. Nei confronti dei fenomeni che appaiono inspiega-

1
Cfr. Cicero, de divinatione, II 22.49 (Ax ed. 1965, p. 84): Sed quoniam de extis et de
fulgoribus satis est disputatum, ostenta restant, ut tota haruspicina sit pertractata.
Mulae partus prolatus est a te. Res mirabilis propterea quia non saepe fit; sed si
fieri non potuisset, facta non esset. Atque hoc contra omnia ostenta valeat, num-
quam quod fieri non potuerit esse factum; sin potuerit, non esse mirandum.
Causarum enim ignoratio in re nova mirationem facit; eadem ignoratio si in rebus
usitatis est, non miramur. Nam qui mulam peperisse miratur, is, quo modo equa
pariat aut omnino quae natura partum animantis faciat, ignorat. Sed quod crebro
videt, non miratur, etiamsi cur fiat nescit; quod ante non vidit, id si evenit ostentum
esse censet. Utrum igitur cum concepit mula an cum peperit, ostentum est? Con-
ceptio contra naturam fortasse sed partus proprie necessarius.
2
Cfr. Cicero, de divinatione, II 28.60 (Ax ed. 1965, p. 89): An vero illa nos terrent, si

«Mirabilia». Gli effetti speciali nelle letterature del Medioevo,


a cura di F. Mosetti Casaretto e R. Ciocca, Alessandria 2014, pp. 19-29
20 Armando Bisogno

bili, pertanto, è necessario rifuggire, usando la ragione, la superstizione (vale


a dire l’acritica attribuzione al divino di ciò che appare ancora inspiegabile)3
e preservare invece i riti dei maiores, quella religio cioè che indica all’uomo
razionale la bellezza del mondo e l’ordine delle cose celesti come segni del-
l’esistenza di una natura superiore ed eterna, che genera una sana meraviglia:
Nam et maiorum instituta tueri sacris caerimoniisque retinendis sapientis est, et
esse praestantem aliquam aeternamque naturam et eam suspiciendam admiran-
damque hominum generi pulchritudo mundi ordoque rerum caelestium cogit con-
fiteri4.

Dinanzi a res almeno apparentemente mirabiles Cicerone ipotizza dunque


una polarità tra la meraviglia che spinge virtuosamente l’uomo alla investiga-
tio delle cause e il terror che ne annichilisce la razionalità e ne mortifica la
ricerca; tra la religione, cioè, che è conoscenza (cognitio) della struttura ordi-
nata della natura, e la superstizione, che sottomette la razionalità umana
all’ignoranza5.
Interpretato alla luce di questa precisa dicotomia, il variegato lessico con
il quale la speculazione teologica ha analizzato, sin dai primi secoli dell’era
cristiana, il tema della meraviglia, fornisce una efficace chiave ermenutica
della relazione gnoseologica che l’uomo costruisce con la trascendenza di un
Dio al contempo prossimo, perché causa prima del Creato, ma sempre altro,
perché in sé inconoscibile. Se il divino è infatti sovraordinato rispetto al
piano del Creato, ma ne è al contempo causa diretta e volontaria, ogni parte
del Xreato sarà fenomenicamente riconducibile al suo Creatore che però
rimarrà in sé (e nel suo piano provvidenziale) inattingibile per l’uomo. Ogni

quando aliqua portentosa aut ex pecude aut ex homine nata dicuntur? Quorum
omnium ne sim longior una ratio est. Quicquid enim oritur qualecumque est, cau-
sam habeat a natura necesse est, ut etiamsi praeter consuetudinem extiterit praeter
naturam tamn non possit existere. Causam igitur investigato in re nova atque admi-
rabili si poteris; si nulla reperies, illud tamen exploratum habeto, nihil fieri potuisse
sine causa, eumque errorem quem tibi rei novitas attulerit naturae ratione depellito.
3
Cfr. Cicero, de divinatione, II 72.148 (Ax ed. 1965, p. 128): Nam ut vere loquamur,
superstitio fusa per gentis oppressit omnium fere animos atque hominum imbecillita-
tem occupavit (…) Multum enim et nobismet ipsis et nostris profuturi videbamur si
eam funditus sustulissemus. Nec vero (id enim diligenter intellegi volo) superstitione
tollenda religio tollitur.
4
Cicero, de divinatione, II 72.148 (Ax ed. 1965, p. 128).
5
Cfr. Cicero, de divinatione, II 72.149 (Ax ed. 1965, p. 128): Quam ob rem, ut religio
propaganda etiam est, quae est iuncta cum cognitione naturae, sic supertitionis stir-
pes omnes eligendae.
Il lessico del meraviglioso nella speculazione patristica e altomedievale 21

res sarà, dunque, in sé ‘meravigliosa’ non perché inspiegabile o inusuale, ma


proprio in quanto riconducibile al più ampio e mirabile ordine voluto da Dio.
In tal senso, ben al di là della descrizione del semplice stupor ingenerato dai
miracoli e dai prodigi, che, come mostrano le Scritture, Dio ha compiuto sin-
gulatim nella storia dell’umanità6, emerge nei teologi cristiani la necessità di
una riflessione che per un verso esalti la genuina meraviglia prodotta dall’or-
dine del mondo e dalla consonanza con le leggi del suo ordinatore, e per un
altro denunci i tentativi di sottomettere il credente alle logiche mortificanti
della superstitio intesa in senso ciceroniano.
L’attitudine degli uomini e, in particolar modo, di quelli incolti, a identifi-
care il meraviglioso con ciò che non è possibile spiegare (e che andrebbe ri-
condotto a una inarrivabile dimensione divina) spinge infatti quanti vogliono
ingannare e convincere gli altri della divinità di un fenomeno, afferma Tertul-
liano, a usare ad arte exempla, prodigia, miracula, quae omnia adulterinam
istam divinitatem corroboraverunt7. In una apparentemente paradossale in-
versione del senso comune, il credente deve acquisire consapevolezza del fat-
to che ciò che genera meraviglia non è legato alla straordinarietà di una res,
ma alla sua più completa normalità, al suo essere cioè perfettamente omoge-
nea all’ordine del Creato; così il meraviglioso prodotto dall’Incarnazione,
evento fondativo della fede cristiana, nasce proprio dallo scarto tra la norma-
lità dell’apparenza della carne di Cristo e la capacità dell’uomo di intuire la
straordinarietà dell’evento che l’ha prodotto e degli eventi che essa produrrà
(Etiam carnis in illo novitas miraculo habita. Sed carnis terrenae non mira
conditio: ipsa erat, quae caetera eious miranda faciebat)8. Appare infatti me-
raviglioso, al credente, non il fenomeno inspiegabile di una miracolosa mani-
festazione divina, ma la intellegibile potenza che Dio riesce a rivelare anche
nella semplicità di una carne comune a quella di tutti gli esseri umani.
Pur avendo costruito, con il loro sapere filosofico, strumenti finalizzati a
una efficace interpretazione del mondo e delle sue leggi, dunque, i Pagani —
continua nella stessa prospettiva Lattanzio — si sono fermati a godere della
meraviglia suscitata dalle opere di Dio, senza risalire, come era possibile e,
dunque, necessario per la razionalità umana, dalle opere a chi le aveva pro-
dotte9: l’uomo è stato, infatti, anteposto a ogni altra cosa creata da Dio pro-

6
Cfr. Lc 5.26: Stupor adprehendit omnes et magnificabant Deum et repleti sunt timo-
re dicentes: quia vidimus mirabilia hodie.
7
Cfr. Tertullianus, ad nationes, II 1 (Dekkers ed. 1954, I, p. 41).
8
Cfr. Tertullianus, de carne Christi, 9 (Kroymann ed. 1954, I, p. 892).
9
Cfr. Lactantius, divinae institutiones, II 5 (Heck-Wlosok ed. 2005, I, p. 131): Qui
cum Dei opera mirarentur, id est coelum cum variis luminibus, terram cum campis
et montibus, maria cum fluminibus et stagnis et fontibus, earum rerum admiratione
22 Armando Bisogno

prio perché capace di provare razionalmente ammirazione dell’ordine del-


l’universo e della legge che lo domina10.
I termini di tale riflessione sul rapporto tra le capacità gnoseologiche del-
l’uomo e l’ordinamento del Creato giungono, dopo i primi secoli della specu-
lazione cristiana, a completa maturazione nella riflessione di Agostino. Nelle
prime pagine del suo De ordine viene, infatti, analizzata compiutamente la
relazione tra le capacità conoscitive dell’uomo e l’intricato groviglio di sim-
boli che il Creato gli offre da decodificare. Dinanzi all’apparente complessità
del mondo fenomenico, l’uomo, capace di riconoscere quanto di razionale
(quidquam rationis) c’è nei movimenti che non vengono generati dalla vo-
lontà umana, deve attribuirli a Dio, che può e sa (perché possiede potentia e
moderatio) ordinare il mondo. Se l’uomo, caecus mente, non giungesse a tale
conclusione, si troverebbe nella condizione di dover attribuire al caso la per-
fetta armonia delle parti dell’universo e non potrebbe godere della meraviglia
ingeneratagli da un Creato ordinato dalla volontà divina e non da un’ars
umana:
Sed quis tam caecus est mente, ut quidquam in movendis corporibus rationis quod
praeter humanam dispositionem ac voluntatem est, divinae potentiae moderationi-
que dare dubitet? nisi forte aut casibus tam rata subtilique dimensione vel minu-
tissimorum quorumque animalium membra figurantur; aut quod casu quis negat,
possit nisi ratione factum fateri; aut vero per universam naturam, quod in singulis
quibusque rebus nihil arte humana satagente ordinatum miramur, alienare a secre-
tissimo maiestatis arbitrio ullis nugis vanae opinionis audebimus11.

Accogliendo e ampliando i termini della riflessione offerta dal modello ci-


ceroniano e dalla riflessione patristica, Agostino indica allora nell’eruditio,
vale a dire nel percorso di formazione che avviene mediante lo studio delle ar-
ti liberali, l’acquisizione della strumentazione che permette all’uomo di libe-
rarsi dall’ignoranza per accogliere la vera meraviglia che deriva dal pieno ap-
prezzamento della capacità divina di ordinare il mondo; l’invito ciceroniano a
ritrovare nella pulchritudo e nell’ordo dell’universo una traccia di una aeterna

obstupefacti, et ipsius artificis obliti, quem videre non poterant, eius opera venerari
et colere coeperunt; nec umquam intelligere quiverunt, quanto maior quantoque
mirabilior sit, qui illa fecit ex nihilo.
10
Cfr. Lactantius, divinae institutiones, VII 4 (Heck-Wlosok ed. 2011, IV, pp. 657-
658): Magna igitur, et recta, et admirabilis est vis, et ratio, et potestas hominis,
propter quem mundum ipsum, et universa quaecumque sunt, Deus fecit; tantumque
honoris illi habuit, ut eum praeficeret universis, quoniam solus poterat Dei opera
mirari.
11
Augustinus, de ordine, I 2 (Green ed. 1970, p. 89).

Potrebbero piacerti anche