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MAGIA NATURALE
Edizione 2022
Dedicato agli Increduli
Giovan Battista nasce a Vico Equense, per alcuni a Napoli, nel 1535. Suo
padre è Leonardo Antonio. Sua madre, di origini calabresi, è sorella di Adriano
Gugliemo Spadafora. Egli ha tre fratelli, Francesco, Giovan Vincenzo, Ferrante e una
sorella, della quale però non si conosce il nome. Si sposa e ha una figlia chiamata Cinzia.
I suoi primi maestri sono lo zio materno, il quale possiede un ricco museo e
una grande biblioteca, e il fratello Giovan Vincenzo, studioso di filosofia naturale e di
antichità. Fin da giovanissimo Della Porta si dedica all’indagine della natura. Eclettico,
curioso, dedito tanto allo ‘sperimentalismo’, quanto allo studio delle res antiche, si
circonda di dotti e artigiani, al fianco dei quali egli spesso opera.
L’esperienza di Della Porta non risulta priva di ostacoli, anche a causa dei
suoi non facili rapporti con l’Inquisizione. Il processo sembra risalire al 1574 e sarebbe
stato aperto a seguito di una denuncia di complicità con l’astrologo Vitale, per poi
concludersi nel novembre del 1578, con il giuramento di innocenza dell’imputato.
Sappiamo che la prima edizione latina del De humana physiognomonia - trattato nel
quale il carattere umano è studiato tramite i tratti somatici - viene data alle stampe nel
1586. A causa dell’ambiguo statuto della Fisonomia con i suoi riferimenti al
determinismo astrologico, Della Porta incorre nel rischio di censura. Lo
stesso imprimatur all’opera tarda non poco ad arrivare e, a stampa compiuta, Della Porta
è costretto a lavorare incessantemente sul testo, apportando rapidamente una serie di
annotazioni di chiarimento poste a margine. Infatti, quando il 5 gennaio 1586 viene
promulgata da Sisto V la bolla Coeli et terrae contra exercentes Astrologiae Iudiciariae
Artem, la prima edizione del De humana physiognomonia è praticamente ultimata e
Della Porta, costretto a correre ai ripari, aggiunge in coda alla dedica al cardinal d’Este
poche righe in cui dichiara che il libro trattava «di materia congetturale, di segni utili a
riconoscere nient’altro che inclinazioni, senza che il libero arbitrio concesso in dote agli
uomini da Dio ne fosse minimamente scalfito». Si tratta di precisazioni tradizionali in
astrologia (e nelle arti divinatorie in genere), che poco sarebbero perciò servite dopo la
presa di posizione di Sisto V.
Il 4 febbraio 1615 moriva Giovan Battista Della Porta, uno dei protagonisti del rinascimento
italiano, che seppe essere scienziato eclettico, filosofo della natura, drammaturgo noto in Europa,
nonché apprezzato studioso di medicina, matematica, astrologia, alchimia e botanica oltre che di
demonologia, chiromanzia, crittografia, magnetismo, architettura, ottica e meccanica: Una
personalità eclettica, dalla curiosità enciclopedica che fu esaltata sia dal clima culturale della
complicata Napoli della seconda metà del Cinquecento sia dall’opportunità di viaggiare sin da
piccolo in Italia e nel mondo con il padre, che prestava i suoi servigi per l’imperatore Carlo V.
Eppure di lui si può ripetere tranquillamente quanto scrisse Giuseppe Gabrieli: “Tuttora più famoso
che noto”. Parole riprese qualche anno fa da Eugenio Garin: “Purtroppo a una notorietà e a un’eco
eccezionali fra i contemporanei, a un’influenza a volte sottile e nascosta nei tempi successivi, anche
lontani, non ha corrisposto, in anni a noi più vicini, una pari messe di studi critici e di analisi
storiche”. Il compianto storico della filosofia – che non dimenticherà di far cenno a una delle poche
eccezioni, ovvero il prezioso lavoro di Raffaele Sirri - ebbe anche a spiegare quella che, molto
probabilmente, fu la principale causa della “vistosa lacuna” negli studi, e cioè quella che definisce
“una valutazione tutta in negativo della ‘magia’ dellaportiana e dei ‘segreti’ che erano al centro dei
suoi interessi”.
Il teatro e i segreti
Come autore teatrale al Della Porta saranno attribuite (da editori e biografi) quasi una trentina di
opere ma i testi autentici sono in realtà 17, esattamente 3 tragedie (di scarso successo e pressoché
sconosciute ai più) e 14 commedie (più volte stampate e ristampate), recentemente raccolte nella
Edizione nazionale delle opere di G. B. Porta, lodevole iniziativa delle Edizioni scientifiche
italiane.Il suo lavoro più noto è invece il “Magiae Naturalis” (1579), una sorta di antologia nella
quale il filosofo-mago (nell’accezione rinascimentale ovviamente) spazia tra argomenti solo
apparentemente eterogenei, dagli esperimenti magico-alchemici agli studi sull’ottica, passando per
la botanica e per mille altre questioni che in qualche caso, oggi (ma un po’ anche allora) risultano di
difficile interpretazione ai più. Tra i titoli dei paragrafi troviamo: “Della repulsione e dell’attrazione
delle piante”; “Del modo di rendere più pesanti i metalli”; “Dell’amore e del segreto arcano degli
afrodisiaci”; Delle straordinarie possibilità dei suoni”; “Dei sogni e dei mezzi infallibili per
dominarli”; “Dei segreti dei mostri e delle virtù magiche della putrefazione”.
Il testamento ermetico
Negli ultimi anni il maestro napoletano è corteggiato da Rodolfo II d’Asburgo, imperatore del Sacro
romano impero germanico, famoso per la sua passione per l’alchimia; il sovrano lo vuole a Praga,
dove ha trasferito la capitale (era a Vienna) e dove - facendone così una capitale mondiale
dell’ermetismo - ha riunito un gran numero di astrologhi, scienziati, filosofi e artisti, tutti grandi
esperti di cose occulte (tra i tanti: John Dee, Edward Kelley; Tycho Brahe, Keplero, Giordano
Bruno, Michael Sendivogius, Giuseppe Arcimboldo). L’imperatore - la cui collezione di oggetti
esoterici era la più vasta del mondo - era rimasto molto colpito dalle ricerche sulla trasmutazione
dei metalli e in generale dal “De Distillationibus”(che riprendeva e ampliava le parti più alchemiche
del “Magia Naturalis”) e quel “De Aeris transmutationibus” che è considerato il suo “testamento
ermetico”. Nel 1677, dunque postumo, uscirà il trattato sulla lettura della mano “Chirofisonomia”,
che aveva scritto nel 1581.
GIOVAN BATTISTA DELLA PORTA
LA VITA
Nato a Napoli (o a Vico Equense) nel 1535, dal nobile Nardo (o Leonardo) e da
una sorella dello studioso di antichità Adriano Guglielmo Spadafora, ebbe a
fratelli Francesco, Giovan Vincenzo e Ferrante, e una sorella il cui nome è
ignoto; gli nacque da matrimonio la figlia Cinthia. La sua famiglia fu sospettata
dal governo spagnolo a motivo dei rapporti con Ferrante Sanseverino, ribelle al
viceré Pietro di Toledo nel 1552; nel 1485 il ramo salernitano dei Della Porta
aveva peraltro seguito Antonello Sanseverino nella cosiddetta congiura dei
baroni.
fu detta altra magia scientifica, altra magia cerimoniale […] pare concedendo i
scrittori di magia approbata esser quella che, conoscendo la natura delle cose
[…], produce effetti meravigliosi, come s’affatica d’insegnar il Porta napolitano
(G. Casoni, Della magia d’amore [1591], a cura di A. Maggi, 2003, p. 38).
La Magia naturalis conosce entro la metà del Seicento 58 edizioni nel testo del
1558, anche in traduzione francese, italiana, olandese, tedesca, inglese; la
Magia ampliata del 1589, 35 in varie lingue. L’impegno si arrestò solo
all’incompiuta Taumatologia, dedicata all’imperatore-mago Rodolfo II, ma
offerta anche al cardinale Federico Borromeo, e che infine non venne
pubblicata per l’opposizione invincibile della censura.
Ma Giovan Battista Della Porta offre una vastissima silloge divulgativa dei
‘secreti’, ampliandone i termini, dall’ottica all’arte delle cifre, dai veleni ai
rimedi medici, dalla numerologia alla trasmutazione dei metalli e alla spagirica,
ma anche all’economia e all’arte bellica, proponendone verifica dettagliata. Il
sapere magico-naturale sostiene la simpatia e antipatia universale delle cose,
collocata nel quadro dei coelestia, la cui influenza sulla Terra non è risolta in
moto, luce e calore, ma ricevuta per virtutes specifiche, anche catturabili. Non
impone decostruzioni della filosofia aristotelica, come quelle, tutte diverse, di
Francesco Patrizi, Campanella e Bruno, ma accade però che vi si colleghi
secondo una varietà di motivi e di esiti; e a partire da quella può addirittura
mettersi a tema proprio la ‘naturalità’ del magico.
Sono state cancellate, disperse e rimosse molte altre cose, vagliate con
eccessiva severità dai censori, non senza mio rammarico, poiché degnissime per
il filosofo intelligente che avrebbe dovuto ammirarle, piuttosto che del lettore
profano dell’opera (prefazione a Magiae naturalis sive de miraculis rerum
naturalium libri IIII, 1558, s.p.).
Ma egli tratta arti la cui liceità è ancora in riassesto. L’Indice del 1564 vieta
solo i libri astrologici che annuncino previsioni certe. Sono sempre proibiti
quelli delle altre mantiche, ma alla fisiognomica non si fa cenno, e neppure ad
altra scienza anche da Della Porta studiata, l’alchimia; priva in sé di rilievo
dottrinale per la Chiesa, essa è immune, eccetto se sviluppata entro teologie
eterodosse, come nel caso di Paracelso, o se strumento di illecito, quale il falso
conio, o se avvinta ad altri esoterismi.
Un dì disse al Principe che non lo facesse uscire, che pericolava di qualche cosa
che li desse in testa: […] uscendo di una Camera all’altra li cascò un quadro in
testa che gliela ruppe. Un altro dì li disse che non cavalcasse, che sarebbe
cascato; uscì in carrozza, et andando appoggiato alla portiera della carrozza,
quella li venne meno, e cascò con grande pericolo di esser calpestato dalli
cavalli (G.B. Longo, Notizie su Gian Vincenzo Della Porta, cit., p. 683).
Nel 1637 Francesco Stelluti provò a inserire analoghe referenze anche per
Giovan Battista nella sua edizione della Fisiognomica, ma la censura lo fermò.
Lo fece in una lettera privata: Della Porta previde morte al principe di Scalea,
Francesco Spinelli, e questi si rifugiò nel suo feudo; ma le coste erano infestate
dai pirati, e fu atterrato da proiettile turco (p. 758).
La natura ‘operata’ dalla magia e dalle altre arti capaci di ‘portenti’ (ottica,
idraulica, pneumatica, alchimia) ha per fine il beneficio dell’uomo.
L’enciclopedia di scienza agraria Villae è la magia al lavoro nei campi.
L’agricoltura costituisce il modello della vita associata, e il suo oggetto, la
sylva, è il luogo in cui da sempre la ricerca umana di beni vitali ha incrociato il
divino ivi dimorante. È arte filosofica, teste Aristotele, che nella Politica cita il
successo negli affari di Talete (Villae libri XII, edizione diretta da F. Tateo,
2010, p. 15); è fondata nella monarchia del pater familias, che dev’essere
«espertissimo in filosofia» (p. 31): la villa (la famiglia Della Porta ne aveva
due) impone studio di arti, anche magiche, abbracciate dal filosofo. All’ombra
del cardinale d’Este, fra Venezia e Padova, Della Porta percorre il mondo di
Sarpi, Cesare Cremonini e Galilei, dove aristotelismo areligioso, interessi
scientifici e vene scettiche e politiques scorrono quanto possibile al riparo dal
Santo Uffizio, grazie a dissimulazione, tutela politica, patronage ecclesiastico;
Bruno e Campanella, più isolati e imprudenti, incappano invece nelle maglie
inquisitoriali. Nella seconda Magia Della Porta tratta il magnetismo con un
taglio che gli verrà contestato da William Gilbert (1544-1603). Elogia Sarpi,
«degnissimo» procuratore dei serviti, dal quale, «lustro e vanto del mondo, non
solo di Venezia o dell’Italia» (Magiae naturalis libri XX, 1589, pp. 127 e 128),
si onora di essere stato introdotto allo studio del fenomeno. Tributo rivolto a un
frate allora di forte ambizione, vicino a Bellarmino, prima che nel 1594 una
denuncia per antitrinitarismo, e poi la ‘crisi dell’interdetto’ lo compromettano.
Ma siamo di qua da quel conflitto con la Santa Sede, e Venezia conforta un’idea
di sapere utile alla civitas, in equilibrio difficile con papato e Inquisizione.
Vertono sulla solidarietà fra ‘portenti’ e utilità gli Pneumaticorum libri tres,
usciti a Napoli nel 1601, in volgare nel 1606 (I tre libri de’ Spiritali), nei quali
Della Porta, che intendeva concorrere a un incarico di ingegnere presso la corte
pontificia, si misura con la scienza alessandrina, tra Archimede ed Erone di
Alessandria, ed entra nella disputa sul vuoto. Alla ‘magia’ agricola contemplata
in Villae si affianca la manipolazione delle forze naturali per addomesticamento
del paesaggio: «inalzar l’acqua»; mirabilia come l’organo idraulico «visto in
Tivoli, nel giardino dell’illustrissimo cardinal di Este» (Pneumaticorum libri
tres, a cura di O. Trabucco, 2008, p. 154); e il terzo libro degli Spiritali s’apre
su
come si possano […] dalle valli profonde condur i fiumi per le cime de monti e
luoghi precipitosi in basse ancor valli, così per l’uso de gli uomini come per
disseccare alcuni laghi (p. 133).
APOLOGIE TEATRALI
La relativa stima che Della Porta ostentava verso il suo teatro, ridotto a
divertimento, benché copioso (gli sono attribuite 28/29 fra commedie e
tragedie, 17 delle quali tràdite con sicurezza), è stata definita un «vezzo»
dell’autore, che lasciò invece testimonianze brillanti di lingua, maestria e
invenzione, e di ambizione teorica (R. Sirri, Introduzione, in G.B. Della Porta,
Teatro, a cura di R. Sirri, t. 1, 2000, pp. 8-9).
Della Porta fu ascritto ai Lincei l’8 luglio 1610, quinto socio, apponendo la sua
firma nell’Albo linceo appena prima di quella di Galilei, che reca la data del 25
aprile 1611. Del Cesi promosse a Napoli la conoscenza innanzitutto
fisiognomica: ne teneva in camera un ritratto, di cui tutti «restano innamorati»
(Gabrieli 1996, p. 49). Nel 1610 l’Accademia curò in Roma, entrambe dedicate
al Cesi, il De aëris transmutationibus e la seconda accresciuta edizione degli
Elementorum curvilineorum libri tres, già apparsi a Napoli nel 1601, che furono
accolti dai competenti con rispettoso silenzio. Ottenne dal princeps, con l’avallo
di Galilei, cooptazioni piuttosto eclettiche, ma le prime tre di ottimo senso:
Stigliola, forse fra i primi copernicani del Sud; il botanico Fabio Colonna,
l’orientalista Diego de Urrea Conca, e suo nipote Filesio Costanzo Della Porta,
sprovvisto di altri meriti (Gabrieli 1996, pp. 209-210). Nel luglio 1611 difese
Galilei dalla Dianoia astronomica, optica, physica di Francesco Sizi: «i Lincei
non sogliono allucinarsi» (Gabrieli 1996, p. 169).
Nelle ore dell’entusiasmo suscitato dalle scoperte del pisano, Cesi si impegnò
anche nello studio «del Porta» (Gabrieli 1996, p. 160). Intorno alla competenza
di questi in ottica nutriva però riserve Giovan Francesco Sagredo, che ne scrisse
a Galilei il 22 settembre 1612: il De refractione optices frutta al suo autore, fra
gli ottici, «il luogo che tengono le campane tra gli instrumenti di musica»
(Gabrieli 1996, p. 272). In un’orgogliosa missiva diretta forse al futuro linceo
Johann Faber (Gabrieli 1996, pp. 308-10), il ‘mago’ ricordava però che Kepler
aveva riconosciuto il suo primato nell’invenzione del cannocchiale. Induce
tuttavia a riflettere sul suo atteggiamento verso la questione copernicana il fatto
che accusasse incidentalmente Gilbert di approvare la «follia del moto della
Terra» (p. 310). In quegli anni compose la tragedia L’Ulisse, uscita nel 1614
con dedica al princeps, che piacque alla censura. Il maestro del Sacro Palazzo la
disse «degna dell’eccellenza dell’Autore» (Teatro, cit., t. 1, p. 111). Un avviso
ai lettori metteva in guardia da «fato, destino, sorte, fortuna, forza e necessità di
stelle», parole inevitabili nella riscrittura di una vicenda omerica (p. 116). E
Della Porta rinnovò l’esortazione a non credere alle «superstizion bugiarde e
vane […]. È verità già terminata e chiara che gli futuri eventi incerti sono» (pp.
192-93). Egli si conferma il fulcro dell’operazione volta a dotare l’Accademia
di una sede a Napoli. Cesi premeva affinché, eletto viceprincipe dei Lincei, ma
vacillante in salute, onorasse la promessa di legare la sua biblioteca al sodalizio.
Della Porta tuttavia, che già contribuiva alla ben diversa Accademia degli
Oziosi, a carattere oratorio ed erudito, e sotto l’influenza della corte vicereale,
riteneva che i Lincei dovessero costituire una tipica adunata erudita e mondana:
Ciò che faceva «quasi disperare» il princeps, diffidente verso nobili dilettanti e
«curiosetti» (Gabrieli 1996, p. 247). Al Cesi, impegnato a sostenere Galilei
nella polemica sulle macchie solari, Della Porta comunicò con quale rituale
avesse consegnato l’anello ai nuovi soci napoletani; e quanto fosse importante
che solenni cerimonie dessero ai Lincei un tale nome, che «sarà col tempo più
gran cosa l’esser linceo, c’haver ricevuto la croce» dell’Ordine di Malta; né
mancò di giovarsi del Cesi per beneficio dell’anima, chiedendogli di ottenere
un’indulgenza per la cappella con immagine di san Giovanni Battista, protettore
dei Lincei, fatta riparare nella sua villa (Gabrieli 1996, pp. 225, 227, 232).
Le istruzioni con cui nella primavera del 1613 Cesi spedì a Napoli quale
procuratore nell’affare del Liceo lo Stelluti, documentano la tensione ideale e
organizzativa del princeps, e le vanità e illusioni di Della Porta, che voleva un
ritratto autentico di san Carlo Borromeo, e libri difficili a trovarsi, usciti in
Germania, mentre forse si avviava a pubblicare ad Augusta la Taumatologia, di
cui Cesi non riuscì a ottenere l’approvazione dei censori neppure per la stampa
del solo indice, quelli «havendolo per sospettosissimo». Della Porta «non
s’immagini che qui sia cosa facile o breve l’approvazion de libri, e creda pure
che per servitio suo io ci fo e farò ogni sforzo» (Gabrieli 1996, p. 344).
OPERE
Magiae naturalis sive de miraculis rerum naturalium libri IIII, Napoli 1558.
De furtivis literarum notis, vulgo de ziferis libri IV, Napoli 1563; completata di
un libro V nel 1602.
Pneumaticorum libri tres, e in appendice I tre libri de’ Spiritali cioè d’inalzar
acque per forza dell’aria, a cura di O. Trabucco, 10° vol., Napoli 2008.
BIBLIOGRAFIA
G. Gabrieli, Contributi alla storia della Accademia dei Lincei, 2 voll., Roma
1989.
Giovan Battista Della Porta nell’Europa del suo tempo, Atti del Convegno di
Vico Equense (29 settembre-3 ottobre 1986), a cura di M. Torrini, Napoli 1990.
Catholic church and modern science. Documents from the archives of the
roman congregations of the Holy Office and the Index, ed. U. Baldini, L. Spruit,
1° vol., Sixteenth-century documents, t. 2, Roma 2009, pp. 1507-64.
MAGIAE NATURALIS
di Giambattista della porta - 1584
Introduzione
Giambattista della Porta era un nobile italiano, vissuto poco prima dei grandi cambiamenti che
stavano per verificarsi nella scienza all'inizio del XVII secolo. Ispirò la ricerca dell'indagine in
altri, come quelli dell'Accademia dei Lincei, e fece parte del circolo accademico dell'Università
di Padova che comprendeva Galileo, Santorio, Fabricius, Sagredo e Sarpi, che credevano nel
detto pitagorico che "l'universo è scritto nel linguaggio della matematica”. Hanno cercato di
misurare il tempo, il calore, l'umidità, ecc.; dal loro lavoro uscirono il termometro, il
barometro, l'idrometro, l'igrometro, oltre al telescopio e al microscopio. Il libro di Della Porta,
qui abbreviato, è un mix tra credenze oscure, magia incompresa, effetti speciali per stupire i
frequentatori di teatro e gli inizi della sperimentazione. È un'eccellente introduzione al periodo
misterioso appena prima della rivoluzione scientifica inaugurata da Keplero e Galileo.
Libro V - Alchimia
Tanto per cominciare, una parola di cautela, perché l'intero soggetto è guardato con disprezzo e
disonore grazie a uomini rozzi attratti da vane speranze di fare l'oro.
Invece di trasmutare i metalli, hanno convertito in nulla i loro beni, ingannando gli altri. È un
argomento meraviglioso, ma non faccio promesse d'oro, di pietre filosofiche o di liquori
immortali.
Lo stagno sembra un po' come l'argento. Si lega con altri metalli per renderli più bianchi ma più
fragili (tranne con il piombo). Ciò che distingue lo stagno dall'argento è una serie di qualità
accidentali: si rompe più facilmente, ha un suono sordo, ha un colore più chiaro e si scioglie più
velocemente. Rimuovendo queste qualità lo si fa passare per argento. Per cambiarne il suono,
scioglilo e spegnilo in urina o olio di noci, e ripeti sette volte. Per renderlo più duro, prima
romperlo in polvere; fatelo sciogliere fino a renderlo molto liquido, e mentre si raffredda
mescolatelo continuamente con un pestello di legno per formare polvere come particelle.
Passate al setaccio e fate sciogliere di nuovo i pezzi più grandi. Mettere lo stampo in polvere su
un crogiolo e fatelo scaldare ma, prima che si sciolga e cominci a montare in un solido,
lascitelo raffreddare e poi sbriciolarlo nuovamente in polvere; ripetere questo almeno tre volte.
Sembrerà molto simile al piombo. Ora che è impermeabile allo scioglimento, mettilo in una
fornace per quattro giorni finché non diventa cenere bianca. Mettere nell'aceto e portare a
bollore finché il colore non cambia e si addensa; togliere il liquido e versare l'aceto fresco;
ripetere fino a quando tutta la cenere è sparita. Ora distillate l'aceto, e alla latta rimasta
aggiungete un po' di piombo e una terra grassa per unirli insieme, ad esempio sapone e calce, o
salnitro e zolfo. Il risultato dello stagno che unisce il piombo è un ottimo argento.
Che lo stagno fosse molto simile al piombo era noto agli antichi che a volte chiamavano lo
stagno "piombo bianco" e il piombo "stagno nero". In effetti, si può cambiare piombo in stagno
rimuovendo la sua terrosità dal suo argento vivo. Lo fai sciogliendolo più volte. Dioscoride
scrive anche che se uno si scioglie e poi brucia completamente l'antimonio si trasforma in
piombo. Galeno dice che se metti il piombo in cantine umide, si gonfia e diventa più pesante. È
facile cambiare il piombo in argento vivo: limalo in una polvere fine e per ogni 2 libbre di
piombo metti 1 oncia di salnitro, 1 oncia di sale comune e 1 oz polvere di antimonio. Mettere il
composto in una storta di vetro circondata da sabbia e scaldare in un forno, prima a fuoco basso
ma poi a tutto volume per quattro ore. Il liquido che ne esce è argento vivo, un'oncia per ogni
libbra di piombo. L'argento vivo contraffatto a buon mercato che si ottiene di solito prendendo
il piombo, e per ogni libbra si aggiunge un'oncia del metallo chiamato marciasite. Scioglieteli
insieme, mescolate e aggiungete quattro libbre di argento vivo caldo; quando è ben legato,
versalo in acqua fredda in modo che galleggi sopra. Non è vero argento vivo, ma si comporta
molto come tale.
Per sbiancare l'ottone, prendere i liquidi di arsenico o litargico [PbO] o marcasite [FeS 2 ] o sale
alcalino (trovato in Africa sotto la sabbia) o salnitro, e in esso versare ottone rovente; oppure
fondere il rame e versarlo dentro. Diventerà bianco come argento. Ma un avvertimento: queste
operazioni cambiano semplicemente il colore attaccandosi alla superficie; non durano nel
tempo e si scopre facilmente che sono contraffatti testando con una pietra di paragone. Eppure
la lucentezza che danno alla superficie è ancora meravigliosa. Un modo migliore è sciogliere
del piombo in una pentola di terracotta e cospargervi un terzo della quantità di polvere
d'argento. Dopo che si sarà raffreddata, rompete la pentola e sopra ci sarà una gelatina;
applicalo sull'ottone fuso per farlo diventare tutto bianco.
Anche legare argento e ottone insieme va bene, ma con il tempo si annerisce.
Ancora meglio è il seguente: prendi 6 once di fecce di vino, 8 once di cristallo di arsenico, 12
once di argento vivo sublimato, 2 once di salnitro, 1 bicchiere da 12 once; schiacciare il
composto in una polvere e cospargerne un po' in una pentola di terracotta, quindi aggiungere 3
once di lastre di rame sottili e continuare ad aggiungere la polvere; coprire e sigillare la pentola
con malta, legarla con del ferro e metterla in una fornace coperta di carbone per sei ore. Fate
raffreddare, rompete la pentola e vi accorgerete che i piatti sono diventati fragili. Ora sciogli 2
libbre di ottone e cospargici questa polvere, quindi aggiungi 1 libbra di argento; finalmente
lancia in acqua bollente con sale e fecce di vino per far diventare la lega bianchissima.
Un altro metodo consiste nel prendere polvere di un minerale arsenico di colore dorato,
mescolarla con una uguale quantità di limatura di ottone e metterla in un po' di feccia di vino;
poi sciogliere un po' d'argento in acquaforte e versare sopra il rame; lavorare l'impasto con il
marmo rosso fino a formare un solido, lubrificandolo con gocce di olio di sale ammoniacale;
asciugarlo al sole caldo e ripetere aggiungendo l'olio e facendo asciugare; mettere in un
bicchiere, immergere in un letamaio, fino a quando il composto non si scioglie in una gelatina;
immergi i pezzi di bronzo e si tingeranno come l'argento. Un metodo semplice è prendere
quantità uguali di sale ammoniacale, allume e salnitro, con un po' di limatura d'argento,
scaldare forte e strofinare la miscela sull'ottone. Meglio è sciogliere dell'acquaforte d'argento, e
aggiungere delle fecce di vino e di sale ammoniacale; lasciare decantare, formare delle palline
con il precipitato e strofinare su un metallo. Ma nota che qualsiasi liquido tagliente come l'aceto
sbiadirà il colore.
Il ferro è pieno di zolfo terroso che lo rende difficile da sciogliere e lavorare.
Per cambiarlo in ottone, è necessario rimuovere questa terra. Si dice che in Pannonia vi sia un
lago tale che il ferro che vi viene immerso diventi fangoso, ma quando viene cotto nel fuoco si
trasformi in ottone. Possiamo farlo artificialmente riscaldando il ferro fino a quando non è
rovente, cospargete un po' di zolfo e, una volta sciolto, versatelo in un calco.
Sciogliere con acquaforte composto da vetriolo e allume. Fate bollire questo liquido e il
restante solido, una volta fuso, è di ottone. Per rendere bianco il ferro, pulirlo prima
accuratamente riscaldandolo molto e facendolo raffreddare in un liquido composto da lisciva
forte e aceto con un po' di sale e allume. Quindi fare un impiastro di argento vivo e piombo,
pestarlo in polvere e metterlo con il ferro in un recipiente. Sigillate il recipiente con della
calcina, e mettetelo in una fornace per un giorno intero; il ferro fuso diventerà bianchissimo.
Come congelare l'argento vivo: metterlo in un recipiente e aggiungere dell'acqua, quella che il
fabbro usa per spegnere il ferro. Aggiungere anche sale ammoniaco, vetriolo e verderame, il
doppio della quantità di mercurio. Mettetelo a bollire, sempre mescolando il composto.
Aggiungere acqua calda mentre bolle; dopo sei ore è solido. In alternativa, fatene due semisfere
di fissaggio in ottone; versare l'argento vivo insieme a quantità uguali di arsenico bianco e
tartaro. Chiudete e sigillate, quindi riscaldate fino a quando diventa rovente, aprite la sfera
(potrebbe essere necessario martellarla) e troverete l'argento vivo rappreso. Scioglierlo,
aggiungere tre parti di ottone fuso, per farlo sembrare molto simile all'argento. Con l'argento
vivo si possono usare anche argento e arsenico rosso; bollirlo in olio di lino per dodici ore.
Prendi un vaso di terracotta lungo sei piedi, largo un piede, rivestito di vetro all'interno e una
piccola storta che si apre in alto; quando è rovente, versare dieci libbre di argento vivo, togliere
il fuoco e circa un'oncia d'acqua di mercurio uscirà dal tappo. Sciogliere un po' d'argento
nell'acquaforte e farlo evaporare a fuoco basso. Distillare un po' d'acqua due volte e versarla
sulla spessa evaporazione. Aggiungi una libbra di argento vivo; dopo un giorno, un bellissimo
albero d'argento spunta dal basso. Lo stesso può essere fatto di oro e acquaragia.
Per dare all'argento un colore dorato, fondere l'ottone con l'antimonio e aggiungere una mezza
parte di argento, meglio con un po' d'oro. Per tingere l'argento con l'oro, mettere prima la calce
viva in una pentola bucherellata sul fondo e coprire con un pezzo di legno; aggiungere acqua
calda, raccoglietela dal fondo e aggiungetela ancora fino a quando il liquido non sarà una
lisciva nitida.
Metti la polvere di antimonio in questa lisciva a fuoco basso e lasciala bollire ed evaporare
finché non diventa di un colore viola e si asciuga. Scioglietelo nell'olio di tartaro e colatelo su
piatti d'argento e d'oro; riscaldarlo fortemente fino a quando la lega appare come l'oro. Se
aggiungi tre parti di argento vivo congelato, come descritto prima, con una parte di argento,
questa miscela assume una tonalità dorata. Per rendere il colore più intenso, scioglierlo con una
parte uguale d'oro, versarvi sopra dell'aceto piccante e far bollire per sei ore.
Per fare l'oro dall'argento, riscaldare e fondere la limatura di ferro in un crogiolo, aggiungere
crisocolla artificiale o saldatura d'oro e arsenico rosso, quindi aggiungere una quantità uguale di
argento; aggiungere acqua e l'oro precipiterà. Spezzettare il cinabro e aggiungere tre volte la
quantità di argento in un recipiente di vetro con acqua; far bollire a lungo finché non assume un
colore plumbeo, quindi aggiungere due parti di piombo. Spalmare questo cinabro fisso con
albume d'uovo sbattuto, arrotolarlo con un terzo di limatura d'argento, sigillare il recipiente e
scaldare forte per tre giorni; lavalo e metti un pezzo d'argento, scaldalo dolcemente e l'argento
farà crescere i capelli.
Per estrarre la vita dalla latta, metti la limatura di latta in una pentola di terracotta, con una pari
quantità di salnitro. Metti altri sette vasi di terracotta con dei buchi sopra con un vaso di vetro
in cima. Riscalda l'intero set ed emetterà un suono mentre la sua vita vola nelle pentole.
Scaldare fortemente un crogiolo e cospargervi di antimonio, due parti di tartaro e quattro parti
di salnitro; coprilo perché fuma; continua fino a quando tutta la polvere non è bruciata. Quando
si sarà raffreddato, troverai in fondo “regulus”, che sembra piombo.
Come si può cambiare l'argento in oro, quando quest'ultimo è più pesante? Si può aumentare il
peso di un metallo come l'oro. Strofina l'argento sull'oro; preparare una miscela di zolfo e calce
viva e aggiungerla all'oro in una pentola di coccio; Fate bollire dolcemente fino a quando il
colore non sarà quello dell'oro. Portare l'argento in polvere usando acquaforte e applicarlo
sull'oro bagnato in modo che si attacchi ad esso; aggiungere ora tre parti di vetriolo rosso
(bollito) e un terzo di sale finemente in polvere, il tutto in un recipiente di terracotta; scaldare
forte in una fornace per sei ore, e l'oro diventerà come l'argento. Ora prendete quattro parti di
verderame, due parti di sale ammonico, mezzo salnitro e un quarto allume; sciogliete in acqua e
lavate con essa l'oro; portare immediatamente a fuoco rovente e spegnerlo con l'urina;
riacquisterà il suo colore. Un altro modo: fondere due parti di ottone con una d'argento; fate
anche una polvere di salnitro e vetriolo, e mettete il tutto con oro in un recipiente; sigillatela e
fatela scaldare dolcemente per mezza giornata; il suo peso aumenterà. Per rimuovere le quantità
di oro, procedi come segue: polvere di pietrame sul vaso d'oro e applica una candela; se lo
colpisci con un martello, si staccheranno scaglie d'oro. Per le coppe in argento dorato, fare una
polvere di sale ammoniaca e zolfo e applicare con olio sulla coppa; scaldalo forte e colpiscilo
con un martello in modo che la polvere si stacchi con l'oro. Quicksilver farà lo stesso. Per
rimuovere l'oro dall'ottone, basta scaldarlo e raffreddarlo in acqua fredda.
Come separare l'oro o l'argento dall'ottone senza usare l'acquaforte, è difficile da realizzare.
Metti una lega oro-argento in un vaso di terracotta; scaldarlo fino a farlo diventare rovente e
farlo sciogliere, quindi aggiungere una pari quantità di antimonio, poco alla volta, finché tutto
si scioglie; lasciamo bollire per un paio di minuti. Mettere il liquido in un crogiolo di aniron
che ha sul fondo grasso di montone; scuotendolo si ottiene l'oro separato dall'argento.
Toglierlo, far bollire di nuovo la feccia rimanente e l'argento rimarrà. Un altro modo è prendere
3 once di polvere di zolfo, aggiungerlo a 1 oz di olio comune, scaldare bene poi lasciarlo
raffreddare e versare nell'aceto; l'olio lo farà galleggiare, ma lo zolfo cadrà; versatelo in aceto
nuovo forte, fatelo bollire e prenderà colore. Filtrare, aggiungere altro zolfo, far bollire e
ripetere fino a quando la liscivia non è molto scura. Dopo una notte, sul fondo rimane uno zolfo
bianco. Far bollire di nuovo con aceto distillato fino a quando rimane una polvere secca.
Ripetere l'operazione fino a quando la polvere non è molto pura. Aggiungilo alla lega oro-
argento fusa e si separeranno. Per separare l'argento dall'ottone, usa la seguente polvere: una
parte ciascuno di zolfo, arsenico, sale e salnitro, con due parti di polvere di piombo. Aggiungilo
alla lega d'argento in un recipiente forte, scioglilo e cola sul recipiente con grasso di montone. I
metalli si separeranno. Per separare l'oro dall'ottone usa una polvere a base di vetriolo, allume,
sale, zolfo e mezzo sale di ammoniaca. Lessateli in una lisciva composta da quattro parti di
frassino di faggio e una parte di calce viva, fino a quando rimane una polvere secca, quindi
aggiungete una parte di polvere di piombo. Alla lega aggiungi sei parti di questa polvere, poi
fai come prima.
Come separare l'oro o l'argento dall'ottone usando l'acquaforte. Sciogliere una lega argento-
ottone-oro-ottone in acquaforte. Aggiungere all'acqua in un recipiente e posizionare i piatti di
ottone. L'argento si attaccherà. Non gettare via l'acqua; riscaldare invece fino a quando sul
fondo rimane un'acqua gialla, quindi distillare quest'acqua e l'acqua che ne esce è acquaforte.
Gli uomini sono diventati ricchi usando questi metodi.
Libro X – Distillazione
Geber definisce la distillazione come l'elevazione dei vapori umidi in un recipiente e ne dichiara
tre tipi, per ascesa, per discesa e per filtrazione. Si ha bisogno di un recipiente a forma di pera e
di un vaso superiore che vi si inserisca, con un becco e una pipa che vadano in un altro vaso,
chiamato ricevitore. Tutte le prese d'aria devono essere tappate con stracci di lino di calcina per
evitare che gli alcolici fuoriescano. Quando il vaso inferiore è riscaldato, la materia racchiusa
emette un vapore di rugiada che sale in alto, dove, incontrando la testa fredda, condensa in
gocce. Queste si avviano nel tubo che va al ricevitore. Ma se la materia è di natura vaporosa il
ricevitore deve essere più grande, altrimenti lo spirito, trovandosi confinato da piccoli vasi, li fa a
pezzi e ferisce gli astanti. Le piante emettono tre umidità. La prima è acqua pura, la seconda è
più densa ed è ciò che fa unire le parti, la terza è oleosa, in cui risiede la sua forza. Inoltre, alcuni
esalano prima un vapore caldo e sottile, e poi uno denso e umido. Altri prima respirano uno
spirito terroso flemmatico, poi uno spirito interiore caldo e focoso.
La più semplice è l'estrazione di acque dolci dalle piante, come rose, fiori d'arancio, mirto,
lavanda e basilico. Si dovrebbe aumentare il fuoco lentamente, altrimenti bruciano. Le piante
adatte a tale distillazione sono quelle che hanno il loro sapore su foglie e fiori. Puoi testare
questo: se strofinandole il profumo rimane lo stesso, allora sono adatte per la distillazione,
altrimenti se l'odore puzza, la fragranza è solo in superficie. I gilliflowers, muschio, rose,
violette, gelsomino e gigli, estraggono il loro succo a bagnomaria; non lasciarli troppo a lungo,
ma togliere il liquido e metterli con fiori freschi finché non ne hai abbastanza. Ora, poiché a
volte le parti inferiori si bruciano e lasciano cattivo odore, usate un fuoco molto dolce. Succede
anche che la testa diventi calda e prevenga la formazione di goccioline; in tal caso versare acqua
fredda intorno alla testa. Puoi circondare la testa con piastre di ferro a tenuta stagna e tappare in
modo da poter versare acqua fresca e fredda. In questo modo si produce una maggiore quantità di
acqua distillata.
Come estrarre l'acquavite. Prendi materiale da viticoltura forte in luoghi asciutti, come ad
esempio sul Vesuvio; distilla una terza parte di questa materia in una storta di vetro con cenere e
riserva il resto come aceto piccante. Quindi distillalo ancora e ancora, estraendo sempre una
terza parte. Distillalo un'ultima volta in un recipiente più lungo. Solo gli spiriti più sottili del vino
passano fino alla fine. Saprai che non rimane deposito quando una goccia di esso brucia e non
lascia nulla dietro. Per aiutare la condensazione fare un tubo di ottone, avvolgerlo al tappo e
inserirlo in un barile di acqua fredda. Alcuni fanno più teste, con la più alta che dà lo spirito più
puro.
Si può distillare senza usare il fuoco, poiché un grande calore può alterare la natura delle cose. Il
sole estivo può estrarre l'acqua anche meglio del fuoco, perché ha meno forza. Bisogna salire al
bordo dei ricevitori in modo che non ricevano calore. Raccogli, lava e asciuga le tue erbe
aromatiche e mettile nell'alambicco. Mettere i ricevitori in piatti d'acqua per condensare i vapori.
Passiamo ora agli oli, che richiedono più ingegno. Per prima cosa c'è il metodo di espressione:
sbollentate e mondate le mandorle, poi riducetele in polvere. Sfumatele con il vino e mettete sul
fuoco, mescolando per tutto il tempo. Quando cominciano a spargere un po' d'olio, toglietele,
avvolgetele in un telo di lino bagnato e mettetele tra due piastre di ferro, abbastanza calde da far
uscire una goccia d'acqua. Raccogliete l'olio che esce; spruzzate altro vino e ripetete. Altri
premono il panno attorcigliandolo con forza. Per estrarre l'olio dalle noci moscate, spremere
l'olio, ma poi distillare cinque volte per renderlo più fluido. Allo stesso modo si estrae l'olio di
semi di cedri, papaveri, coloquintidi e ortiche. Per l'olio di uova, bollire una cinquantina di uova
sode, sbucciarle e mettere i tuorli in una teglia su carboni ardenti finché tutta l'umidità non sarà
evaporata. Alzate il fuoco e, mescolando continuamente per evitare che brucino, fuoriesce
dell'olio; mettere le uova in una pressa per estrarre tutto il loro olio.
Poiché l'olio è così denso che sale con difficoltà, si richiede un grande calore per estrarlo. Ma
poiché le erbe aromatiche sono delicate e bruciano facilmente, hanno bisogno dell'aiuto del
vapore acqueo per portare i loro oli in alto nell'alambicco. I semi devono essere appena maturi;
lasciarli in ammollo in acqua e distillarli a fuoco vivo. Usa l'acqua che è stata distillata tre volte
per renderlo più nitido: da 135 libbre prendi 40 libbre, da queste 15 libbre e da queste 5 libbre.
Tagliare la cannella in quest'acqua e distillarla; il flusso è una miscela lattiginosa di acqua e olio
che può essere separata. Allo stesso modo si estrae l'olio di chiodi di garofano, noce moscata,
macis, pepe, anice, finocchio, coriandolo, ecc. I fiori secchi di rosmarino e lavanda non
producono olio in questo modo; bisogna metterli al sole cocente per un mese, a quel punto
aggiungere acqua e distillarli. Per la polvere di legno di ginepro o di cipresso, metterli in acqua
per un mese e poi distillarli.
Come separare l'olio dall'acqua: Un modo è distillare la miscela a fuoco dolce; l'acqua evaporerà
per lasciare l'olio limpido. C'è anche un'ingegnosa recipiente con un orifizio a metà altezza.
Fermare l'apertura con il dito e far uscire lentamente l'acqua fino a quando rimane solo l'olio. Un
altro modo è aggiungere acqua, sollevando così l'olio che poi fuoriesce dall'orifizio. Se l'acqua
galleggia sopra l'olio, allora fai il contrario.
Ho ideato uno strumento per estrarre grandi quantità di olio senza pericolo di scottatura.
Preparare un recipiente a forma di uovo delle dimensioni di mezza botte, stagnato all'interno;
mettervi sopra una testa di ottone alta un piede, con un tubo di quindici piedi che termina in un
altro vaso simile al primo. Fissate anche su questo una testa, con un tubo della stessa lunghezza,
che termina all'interno di un ricevitore in un barile di acqua fredda. Metti le foglie o i semi nella
pentola di ottone e coprili con acqua per cinque dita. Sigillate bene tutte le giunture, quindi fate
bollire la pentola, aumentando lentamente la fiamma.
Ci sono altri due strumenti che ho escogitato per estrarre l'olio delicato senza bruciarlo. Il primo
è costituito da un vaso di ottone a forma di uovo, alto due piedi, diviso nel mezzo. La parte
superiore funge da copertura; la parte inferiore presenta una lastra di rame con tre fori per
ricevere tre storte in vetro. Il lato del recipiente ha tre fori attraverso i quali passano i colli delle
storte. Riempire le storte con i fiori o le foglie e sigillare eventuali giunti attraverso i quali
possono passare i vapori. Riempite il recipiente d'acqua quasi fino al coperchio e coprite il tutto.
Accendi il fuoco finché non diventa veemente. I vapori, che fanno un terribile rumore,
producono prima acqua, poi acqua e olio. Il secondo strumento è il discendente, per cui l'olio
scende. Un vaso ovale in ottone ha un foro sul fondo con un tubo sporgente e un coperchio. Uno
speciale forno riscalda il vassoio dai lati. Passare una storta di vetro attraverso il foro, riempirla
con i fiori ma legarli con uno spago in modo che quando la storta è invertita, non cadano.
Riempite d'acqua il recipiente, mettete il coperchio, sigillate le giunture e accendete il fuoco; il
vapore acqueo riscalda il vetro che estrae l'acqua e l'olio dai fiori e cade dal tubo in un ricevitore.
Puoi estrarre olio da fiori di rosmarino, bucce o fiori di agrumi, rose, muschio e ambra. È meglio
tagliare i fiori e lasciarli a bagno in acqua prima di distillare.
Per estrarre l'olio dall’albero della gomma, come dall beniamino, si può applicare la stessa
procedura.
C'è un altro modo per farlo. Tagliare il beniamino in acqua di rose, metterlo in una storta, che
viene posta in una pentola piena di sabbia che arriva ai lati; fate distillare l'acqua a fuoco basso,
poi alzate il fuoco moderatamente in modo che l'olio fuoriesca. Storax richiede un fuoco più
delicato, trementina e olio d'oliva ancora di più perché possono prendere fuoco da soli; il laudano
ha bisogno di immerrsione in acquavite per due settimane.
Alcuni oli, riscaldati, sono sublimati e non formano vapore; altri sono bruciati. Ad esempio, non
si può estrarre direttamente l'olio dal miele, perché semplicemente cade inalterato nel ricevitore.
Mettere il miele in un contenitore a collo largo corto e avvolgerlo con uno spesso strato di lino.
Dapprima l'acqua si raccoglierà nel ricevitore; quando inizia a colorarsi, sostituire il ricevitore
per raccogliere l'olio nuovo. Per l'olio di canfora, macinarlo in polvere e metterlo in acqua
fortificata a base di salnitro. Metti la pentola in un bagno per mezza giornata e un olio chiaro e
brillante galleggerà sull'acqua. Versarlo e chiarificarlo in una storta per produrre un olio
agrodolce. Per l'olio di carta, arrotolare la carta a piramide, darle fuoco e mentre brucia, tenerla
su un piatto largo in modo che il fumo non si allontani. Sul fondo del piatto si forma un olio
giallo. Per l'olio di frumento, mettete i chicchi su un mortaio di marmo, coprirli con una piastra
di ferro quasi rovente, e pressare bene; fuoriesce un olio giallo.
Fare un tubo di argilla dura con il fondo pieno di buchi; adagiare su un altro pipkin di terra con
una bocca larga e sigillarli bene. Riempi quella superiore con polvere di legno, come lignum
gauiacum, ginepro, cipresso o lignum aloe; coprire e sigillare; quindi scavare una buca, adagiarvi
i semi, arrotolarli intorno con la sabbia, e fare un fuoco dolce dall'alto, aumentando la quantità
per un giorno intero. L'olio scende fino al recipiente inferiore. Distillate questo olio per
purificarlo dalla sporcizia. Questi medicinali non devono essere ingeriti ma applicati solo
esternamente.
Passiamo ora all'estrazione delle quintessenza, che sono lo spirito o la vita di un corpo, separato
dalle sue impurità elementari, prive di ogni potere. Esse contengono le sue proprietà medicinali
al massimo grado, essendo liberate dalle parti grossolane. La forza di un'essenza determina
quanto sia forte la sua azione. Così l'essenza del ginepro è di primo grado perché purifica solo il
sangue; l'essenza dell'ambra è del secondo perché purifica il cuore, i polmoni e gli organi.
L'antimonio è del terzo, perché purifica tutto il corpo. Ma l'oro solo è di quarto grado, poiché ha
il potere di purificare e rinnovare il corpo intero. Il modo per estrarli dipende dal fatto che siano
olio, sale o acqua. Le essenze non devono essere mescolate o inquinate con qualcosa, ma devono
essere pure, semplici e immacolate. Ad esempio, per estrarre l'essenza di zibetto, muschio o
ambra, prendi l'olio di mandorle, aggiungi il muschio e sbatti bene; lasciare in bottiglia di vetro
al sole per dieci giorni; scolare le fecce, aggiungere acquavite e acqua distillata se di natura
odorosa; lascialo digerire per sei giorni; poi distillalo per ottenere l'essenza; puoi metterlo a
bagnomaria per far evaporare l'acqua. Per estrarre l'essenza della carne, prendere del pollo,
privarlo del budello, lasciarlo bollire per un giorno fino a quando tutta la carne e le ossa si
saranno staccate, filtrare il liquido con un canovaccio; metterlo a bagnomaria e l'essenza rimane
sul fondo. Ha una grande forza di nutrimento per i malati che non mangiano da giorni. Per
estrarre l'essenza dei sali, adagiate il sale in polvere in una cantina umida, lasciatelo sciogliere e
fermentare per un mese; distillatelo a fuoco dolce, conservate il liquido che rimane sul fondo,
fate fermentare per un altro mese e distillate nuovamente; ciò che resta in fondo è l'essenza. Per
estrarre le essenze dalle erbe, macinare le erbe, lasciarle fermentare per un mese in bottiglia,
quindi distillarle, e ripetere per sei giorni, facendo circolare l'acqua che esce con le erbe. Per
l'essenza dell'acquavite, fermentare il vino vecchio per due mesi in grandi bottiglie chiuse, quindi
distillarlo; conservate gli spiriti, ma fermentate e distillate nuovamente la feccia; lavare il
materiale simile al miele che rimane e bruciarlo in una fornace per ridurlo in cenere bianca;
aggiungere un po' d'acqua per renderli salati: è l'essenza dell'acquavite; versandone un po' sulla
piastra rossa dovrebbe evaporare completamente.
Un magisterio è ciò che si può estrarre dalle cose senza separare gli elementi, ma perdendo il
colore dell'originale. Per estrarre il magisterio delle gemme o dei coralli, macinarli, calcinarli a
fuoco ardente, mescolarli con una pari quantità di salnitro, e dissolvere in acquavite. Ciò che
rimane, calcinalo ancora e dissolvilo. Poni ora in una calda fornace finchè la mistura evapora.
Quello che rimane è il magisterio. Per le perle usa aceto o succo di limone. Il magisterio
dell’albero della gomma è estratto dissolvendolo in acquavite, faro riposare per un mese, quindi
evaporarlo a fuoco. Il magisterio del legno di guaiaco o del legno di aloe è un rimedio contro il
pox e viene estratto lasciandolo in acquavite per un giorno intero fino a quando diventa rosso;
quindi metterlo a bollire fino a quando la mistura si consuma, lasciando dietro il magisterio. Per
il magisterio del vino, comunemente chiamato spirito di vino, prendere una bottiglia sigillata di
vino, tenerla a fuoco per tre mesi, poi raffreddarla in acqua. Infine aprire le bottiglia e versare la
parte liquida: questa è lo spirito.
Una tintura è il colore puro e attivo di un corpo, libero dai suoi altri elementi. Non è possibile
estrarre la tintura d'oro, il colore più nobile, il miscuglio di elementi più temperato,
il restauratore della giovinezza. L'ho messo a fuoco per tre mesi senza il minimo
cambiamento. L'unico modo è scioglierlo in un'acqua più forte dell'aquaforte, cioè
l'acquaragia. Per la tintura di rose o altri fiori, tagliare i petali a pezzetti e metterli in
acquaforte; metti fiori freschi dopo tre ore; quando l'acqua evapora, la tintura rimane. Per i
fiori dell'arancio, metterli in acquavite fino a quando l'acqua non sarà gialla e
profumata. Per il corallo, macinarlo in polvere, salarlo a fuoco vivo, aggiungere una
pari quantità di salnitro, quindi acquavite per far risaltare la sua tintura.
I sali conservano grandi virtù penetranti, che non sono diminuite dal fuoco. Per
estrarre il sale dai limoni, distillate le loro bucce, trattenete l'acqua ed asciugate il
resto; sigillateli in una pentola e calcinateli a fuoco vivo, quindi sciogliete la
polvere in acqua, fatela bollire in una lisciva forte, purificatela dalle fecce e fate
evaporare l'umidità. Sul fondo rimane solo il sale. Per il sale dell'erba della
parietaria spagnola o del cumino, bruciare le radici essiccate in una pentola sigillata
per tre giorni fino a ridurle in cenere; aggiungere acqua, distillarla e calcinarla
ancora per tre volte; infine far bollire con un albume fino a quando appare un sale
bianco. Il sale di sassifraga protegge dai veleni del pane o della carne e dall'aria
pestilenziale. Altri sali proteggono dalle malattie veneree, dall'idropisia, ecc., ma non bisogna
assumerli tutti i giorni, perché non diventino cibo e perdano il loro potere.
Gli elisir conservano un corpo nelle stesse condizioni, proteggono dalla corruzione, non
migliorando lo stato ma preservandolo. Lavorano soprattutto sul cuore e sul cervello, la
residenza degli spiriti. Esistono tre tipi di elisir: quelli di metallo , quelli di gemme e quelli di
piante. Un elisir è composto di molte cose ma non di olio. Per fare un elisir di anagallide, metti la
polvere delle sue radici, fiori e semi in un alambicco, tira fuori l'acqua e l'olio e separa il primo.
Ci sono molte ricette inutili ma probabilmente falliranno. Questa l'ho provato io stesso: prendi
1,5 once di fiori di salvia, origano, artemisia , santoreggia, sambuco , foglie di salvia, menta
bianca, rosmarino, basilico, maggiorana, mentuccia, boccioli di rosa, radici di betonia, paritaria ,
erba di serpente , cardo bianco, aristolochia , dittanio cretese, ribes, ananas, datteri, pillola di
cedro; 3 dracme di zenzero, chiodi di garofano, noce moscata, zedoary, galangal, pepe bianco e
lungo, bacche di ginepro, nardo, macis, cubebs, semi di prezzemolo, cardamomo, cannella,
staechados, germander, granes, rosa di Gerusalemme, doronicum , ammoniaca, opoponax ,
spodio , schaeinanthus, bidellium, mummia, sagapenum, canfora, mastick, incenso, aloe, polvere
d'ebano, bole-armenick, melassa, muschio, galle, mitridato, lignum aloe e zafferano; 13 libbre di
zucchero, 2 libbre di miele; polverizza tutto insieme e metti in un alambicco cieco con 12 libbre
di acquavite. Lasciamo circolare a bagnomaria per un mese. Scremare l'olio giallo, che è la
quintessenza, e aggiungere un dracma di muschio e ambra. Distillare il resto in un'acqua chiara e
gialla.
Un clysso è l'estratto degli spiriti della radice, foglia, fiore, frutto e seme di una pianta. Penetra
nei passaggi più remoti del corpo. Per prepararlo, tagliate tutte queste parti quando sono fresche
e piene, distillatele separatamente per estrarne l'essenza, quindi mescolatele insieme. Alcuni li
mettono in un apposito alambicco con tre contenitori e li distillano insieme.
Ho già mostrato come estrarre l'olio. Ora mostro come farlo senza sali.
Per estrarre l'olio di tartaro, bruciate il tartaro, riducetelo a sale, lasciatelo in un luogo umido e in
pochi giorni si trasforma in olio. Puoi anche aggiungere una pari quantità di salnitro prima di
bruciarlo. Per l'olio di soda, sciogliere il sale in acqua, asciugarlo e lasciare in un luogo umido.
Per l'olio di talco, mettere la polvere fine in un forno forte per tre giorni, finché non sarà
perfettamente bianca; quindi lasciare in un ambiente umido fino a quando non diventa un olio.
Per l'olio rosso di zolfo, mescolarlo con l'olio di tartaro, farli bollire per 3 ore, quindi mettere a
fuoco dolce fino a ottenere un liquido denso e rosso; di nuovo, asciugarlo e lasciarlo in una
cantina umida. Per l'olio di mirra, togliere i tuorli delle uova sode e sostituirli con la mirra;
lasciare in cantina.
Infine, ci sono distillazioni che estraggono una miscela di olio e acqua. Per prima cosa, come
ottenerere l'aquaforte: mettere il sale grosso in una storta di vetro, scaldare molto, versare l'acqua
sulla feccia e distillare di nuovo, e ripetere una terza volta fino a quando tutto il sale non sarà
diventato liquido. Per l'acqua che dissolve l'argento: mettere quantità uguali di salnitro e polvere
di allume calcinato in una storta di vetro, riscaldare da tutte le direzioni per sei ore e raccogliere
gli alcolici. Per l'acqua che scioglie l'oro: usa salnitro, allume e vetriolo, in quantità uguali;
l'acqua è così forte che corrode anche la tintura d'oro. Si può anche aggiungere una piccola
quantità di sale ammoniacale. Per purificare il catarro da queste acque, scaldarlo con un po'
d'argento sciolto e toglierne la feccia. Per fare l'olio di vetriolo: sciogliete il vetriolo in un tegame
di terracotta, fate evaporare l'acqua, poi aumentate il fuoco fino a consumarne una quarta parte e
diventa rosso. Distillare per tre giorni a fuoco forte, fino a quando non si raccoglie un olio. È così
forte che brucia istantaneamente un pezzo di legno. Per fare l'olio di zolfo: metti un vassosio con
lo zolfo sul fuoco; lo zolfo fumerà dove si condensa e produce un olio. Ho scoperto che il sale
estratto da questo olio non è altro che sale ammoniacale!
Ogni composto è costituito da quattro elementi, di solito con uno di essi predominante. Ad
esempio, la ninfea è principalmente acqua. Possiamo estrarne l'acqua di principio, non
letteralmente, ma figurativamente. Così alcuni materiali hanno aria nel senso che possono
riempirne i vasi e farli scoppiare facilmente. Per separare gli elementi di un metallo, scioglierlo
in acquaforte, ed estrarlo in un bagno, finché non diventa olio rosso rubino, che è la terra e il
fuoco del metallo. Aggiungi più acquaforte e lascialo depositare per un mese; distillare
delicatamente fino a far uscire l'acqua, raccoglierla e distillare nuovamente. Metalli diversi
possono dare colori diversi. Solo nello stagno, prima viene estratta l'acqua, poi il fuoco, e la
terra, lasciando l'aria. Per erbe aromatiche: tagliate e assimilate le foglie, poi distillatele: prima
sale il fuoco, poi l'acqua. Si può sapere di quale elemento è ricca una pianta pesandola prima e
dopo la distillazione.
Libro XI - Profumi
Mi rivolgo ora ad insegnare come comporre acque dolci e fiori per fare acque profumate. Prendi
3 libbre di rose damascate, muschio e rose rosse, 2 libbre di fiori di arance e mirto, 0,5 libbre di
Claver da giardino, 1,5 once di chiodi di garofano, 3 once di noce moscata e tenlilies; mettere tre
parti di muschio, una ambra, metà di zibetto in un alambicco, e sigillare il collo con uno straccio;
distillare a fuoco dolce. Un altro profumo: prendi 2 libbre di acqua di mare, 0,5 libbre di lavanda,
13 dracme di vino, 0,5 libbre di fiori di gillflowers, rose, rosmarino, gelsomino, foglie di
maggiorana, betonia selvatica, santoreggia, finocchio e basilico, 30 grammi di scorza di limone,
un dracma di cannella, benjamin, storace e noce moscata; mescolarli, lasciarli al sole per quattro
giorni, quindi distillarli. Per l'acqua nanfa, prendi 4 libbre di acqua di rose, 2 libbre di fiori di
arance, 1 libbra di mirto, 3 oz di trifoglio dolce, 1 oz di lavanda, 2 oz di benjamin, 1 oz storace,
fagioli labdano, macis e chiodi di garofano, adracma di cannella, levigatrici, aloe lignum e nardo.
Macinare e far bollire a fuoco dolce per un'ora; scolarli con un canovaccio; della polvere
rimanente si possono fare delle pastiglie da utilizzare per la profumazione. Se volete che l’acqua
sia limpida, mettetela a bagnomaria fino a quando non si sarà chiarificata.
L'acqua non è il liquido migliore per mantenere l'odore, perché essendo fredda per natura, fine e
sottile, l'odore svanisce. Meglio olio e distillato. Come fare l'acqua di muschio in modo che
riceva il profumo: prendi un'acquavite forte, aggiungi alcuni granelli di muschio, ambra e civit,
sigilla il vaso e mettili al sole per alcuni giorni.
L'acqua di gelsomino: rose muschiate, gillflowers, violette e gigli, viene estratta in acquavite allo
stesso modo, ma troppo calore ne distruggerà la delicata fragranza.
Per fare l'olio di ben, prendi 1 oz di ben, una dracma di muschio, ambra, metà di civit; chiudeteli
in una bottiglia di vetro e lasciateli al sole per venti giorni.
Un altro: sbollentare le mandorle, adagiarle tra due file di fiori in una cassetta di piombo;
rinnovare i fiori se perdono il loro profumo; quindi spremere l'olio con una pressa.
Per fare un'acqua dolce con le gomme, come storace, benjamin e labdano, mescolarle con l'olio
di mandorle e lasciarle digerire a bagnomaria per un mese; estrarre l'olio con una storta per
ottenere un odore molto fragrante.
Come profumare la pelle. Vediamo prima come lavare gli otri: lasciarli riposare nel vino per
alcune ore; asciugarli e lavarli di nuovo se necessario. Poi lavateli con acqua dolce, cioè acqua di
rose, mirto, fiori d'arancio e lavanda, per un giorno. Quando saranno quasi asciutti, stendeteli e
lisciateli per eliminare eventuali rughe. Si possono anche strofinare con olio, preferibilmente di
uova, profumato con i fiori di stagione, dalle violette in primavera al gelsomino in inverno. Il
migliore è muschio, ambra e civit. Strofinateli sulla pelle. Per togliere un odore dai guanti, fai
bollire un po' di acquavite e mettili dentro per un po'.
Come fare le polveri dolci. Polvere di cipriano: prendi il muschio di quercia, lavalo bene, quindi
asciugalo; immergilo in acqua di rose per due giorni e asciugalo di nuovo. Ripeti questo
parecchie volte. Macinarlo in polvere, quindi metterlo in un colino; far bollire acqua dolce e
lasciare che i fumi salgano attraverso il setaccio per essere assorbiti dalla polvere.
Come fare palline dolci, come i grani del rosario: prendi 1 oz di polvere di cipriano e benjamin,
0,5 oz di trifoglio, una quantità di iris illirico; sciogliere un po' di gomma adragante acqua di rose
e aggiungerla alla polvere per formare delle palline. Quindi sciogliere quattro grani di muschio in
acqua di rose e lavate le palline con esso. Lasciateli asciugare e ripetere finché non hanno un
odore gradevole. Puoi usare altre polveri, come l'ambra, il labdano, ecc. Per lavare le palline di
sapone, purificare il grasso di una capra con liscivia bollita per un'ora; scolatela con un
canovaccio di lino. Prepara la liscivia dalle ceneri dell'albero di ceruse, del tiglio e dell'allume.
Profumateli mettendoli in acqua di rose per dieci giorni finché non saranno morbidi. Quindi
aggiungere mezzo dracma di muschio, zibetto e cannella.
I profumi sono fatti di acque o di polveri. Per i primi, prendi quattro parti di storace, tre di
benjamin, una di labdano, lignum aloe e cinnamon, un ottavo di chiodi di garofano, muschio e
ambra. Macinali e mettili in una pentola con 1,5 once di acqua di rose o acqua nanfa. Portare a
bollore e lasciar evaporare per rafforzare. Altri ingredienti che si possono provare sono la noce
moscata e l'acqua di fior d'arancio. Per profumare una camera, aggiungi una goccia di questo
liquido all'acqua di rose calda e posizionala sulla cenere calda. Per fare un pomander profumato,
prendi 1,5 libbre di polvere di carbone di salice, 4 once di labdano, 3 dracme di storace, 2 di
benjamin, 1 di lignum aloe; sciogliere la gomma adragante nell'acqua di rose e lasciarla cadere
lentamente sulle polveri miste. Puoi modellarli in forme e asciugarli. Quando li bruci emettono
fumi dall'odore dolce.
Ora vi mostro come distinguere i falsi profumi, che contengono piccole quantità di muschio. Il
muschio nero è contraffatto con sangue arrostito; ma questo sangue si discerne dal suo splendore
quando viene spezzato. Per mascherarlo bene, aggiungete il sangue dei piccioni e asciugate il
composto, poi bagnateli con acqua di rose e asciugateli ancora, più volte, in modo che il sangue
sia ben mescolato. Altri sostituiscono la maggior parte del muschio con lo zibetto, o radici di
angelica.
È noto che il ferro indurisce quando viene temperato, ma può anche essere reso più morbido.
Gli antichi pensavano che l'operazione fosse fatta per superstizione e giuravano sull'acqua del
loro fiume. Quando l'ho studiato, ho scoperto che non importa se vengono aggiunte cose calde,
fredde, secche o umide. Invece la cosa più importante è il liquido in cui viene immerso il ferro
rovente; cresce duro dall'acqua contraria e morbido nell'olio amico. Prima l'olio ammorbidisce il
ferro in modo che non sia fragile, poi viene spento in acqua, quindi è abbastanza duro da tagliare,
come il piombo.
Il ferro diventa più morbido se viene spesso arroventato e lasciato raffreddare sul fuoco, a meno
che non lo si sbatti forte. In alternativa, applicare olio o cera sul ferro, coprire con paglia e sterco
e asciugarlo; fatelo rovente sulla brace e fatelo raffreddare. Puoi usare invece tre parti di zolfo,
quattro parti di argilla sott'olio; o sego e burro.
Per temperare e affilare il ferro, tutto dipende dalla tempra. Non va spento quando è bianco
caldo, altrimenti verrebbe consumato. Dovrebbe essere di colore giallo o rosso. Per le spade, il
colore deve essere viola; per coltelli da pane con un carattere morbido, dovrebbe essere color
cenere. Strofina il coltello con del sapone e il suo bordo con l'olio di oliva finché non si
raffredda. Per un ferro adatto a tagliare la legna, riscaldare fino a quando diventa viola, quindi
immergerlo nell'acqua fino a quando non diventa cinereo, e dopo immergerlo in acqua fredda.
Per i coltelli da sangue, spegnili nell'olio; per una falce, scaldala fino a renderla dorata, quindi
spegnila nell'olio e spalmala di sego.
Per fare un ferro estremamente duro, adatto ad essere usato su altro ferro, come una lima o uno
scudo, deve essere del miglior acciaio; per prima cosa preparate una polvere a base di zoccoli di
bue essiccati al forno, sale comune, vetro battuto e fuliggine. Coprire la lima con questa polvere
all'interno di una cassa; poi coprire e sigillare la cassa con argilla, quindi circondare con carbone
che diventi rovente. Quando tutta la polvere sarà bruciata, tuffate il materiale in acqua molto
fredda. Per renderlo più forte, bagnalo nell'aceto prima di riscaldarlo.
Il ferro è ammorbidito da cose grasse, che ne aprono i pori, e indurito da cose fredde che, al
contrario, li chiudono. Per fare una sega abbastanza dura da tagliare il ferro, tuffate il ferro
rovente in acqua con allume e piscio, tiratelo fuori, poi quando sarà di colore viola, rimettetelo
nel liquido finché non sarà freddo. Per gli ami da pesca che devono essere piccoli ma resistenti,
riscaldarli e immergerli due volte in acqua. Albertus Magnus dice che il ferro dovrebbe essere
temperato con il succo di ravanello e lombrichi, ma ho trovato che questo è falso. Per ottenere
l'acciaio migliore, copri i pezzi di ferro con una polvere di borace, gusci di ostriche e ossi di
seppia, prima di scaldarli sul fuoco e farli raffreddare in acqua. Per una minore durezza, spegnere
il ferro quando è rovente in acqua, rimuoverlo; quando è giallo, spegnerlo di nuovo e lasciarlo
nell'acqua.
È un disonore il fatto che trascuriamo, ai nostri tempi, le scoperte dei nostri antenati i quali
sapevano bene come temprare i loro strumenti per tagliare facilmente la pietra di porfido. Perché,
se lo scalpello è troppo duro, si frattura, e se è troppo morbido, si piega. Con molti esperimenti e
prove, ho finalmente recuperato questo metodo per caso. Il trucco è il colore del ferro, che deve
essere tra l'argento e l'oro, e l'acqua che deve essere molto fredda. Spegnilo a questo punto,
rimuovilo, quindi immergilo di nuovo quando è di un colore viola. Anche l'aceto distillato con
sale ammoniacale, o distillato di urina, o la calce viva sciolta con sale di soda, sono ottimi per
l'indurimento. Il sale conferisce forza e tenacità al grasso.
Alcuni incidono il porfido senza scalpello, usando solo acqua forte e corrosiva.
Distillare un po' di mercurio, sublimare con sale ammoniaca; quindi distillare per tre volte la
polvere di verderame, stagno calcinato, pietra refrattaria, salgemma, sale ammoniaca e sale
comune. Spalmare il porfido con uno spesso strato di sugna di capra, ma solo quelle parti che
non devono essere incise. Versare il liquido corrosivo che penetrerà nelle parti esposte; sostituire
con liquido fresco fino al termine del lavoro.
Molti cercano di creare un ferro che resista agli spari. Le corazze sono perforate a causa dei
difetti del ferro, appena visibili ad occhio nudo. Le parti solide si piegano sempre senza
rompersi. Quando ho studiato la causa dei difetti e delle piccole cavità, ho scoperto che i fabbri
non stanno attenti alla polvere di carbone che aggiungono all'acciaio, che è mescolato a
minuscoli granelli di pietra e gesso. Metti la polvere di carbone in una ciotola d'acqua; le
macchie di carbone galleggiano, mentre la pietra affonda; separarli e asciugarli. Con essi, ho
costruito pettorali a prova di moschetto.
Per rinnovare i segni di usura sui coltelli damascati, lucidarli con polvere di smeriglio e olio,
pulirli con il gesso e bagnarli con il succo di limone mescolato con acqua al vetriolo dei
conciatori; diventeranno come nuovi. Per fare nuovi segni, ricopri il coltello con pasta di gesso;
fare i segni secondo necessità, quindi spalmare con acqua al vetriolo. Macchierà la lama dove
non c'era gesso.
Infine, per preservare il ferro dalla ruggine, coprilo con olio di cerus, o con deersuet, o la
sostanza grassa degli zoccoli dei buoi.
Libro XV - La Caccia
Gli animali sono allettati da esche di carne e amore. Storioni e balene sono adescati dai polmoni
arrostiti di un toro. Le orate sono attratte dal pesce topo salato; ogni pesce ha la sua prelibatezza,
dai moscerini ai bocconi prelibati. Un'eccellente esca multiuso è composta da 4 dracme di fegato
di tonno, 8 di canocchie, 4 di semi di sesamo, 8 di fagioli macinati e 2 di pescecane crudo, il
tutto macinato e incollato con il vino.
Come sedurre gli animali con amore: liberate una seppia femmina, e subito tutti i maschi si
avvicinano a lei, e possono essere facilmente catturati. Per catturare carpe e pesci pappagallo,
legare una femmina grassa a un lungo palo sulla riva e sistemare le reti sul lato; mentre il
maschio nuota verso di lei, i pescatori lanciano le reti in riva al mare, intrappolandole. Come si
catturano gli elefanti: quattro femmine sono tenute in una fossa e un ponte di legno è abbassato
fino in fondo; quando i maschi lo attraversano, gli uomini rimuovono il ponte. Per catturare un
usignolo, metti una femmina in una gabbia: i maschi vengono a vederla, cadendo così nella rete.
L'orata ama così tanto le capre che sussulta di gioia nel vedere la loro ombra. Opianus racconta
come un pescatore, mettendosi una pelle di capra con le corna e tenendo il sole alle spalle,
lancia una pasta con sangue di capra, e ne cattura in abbondanza.
Allo stesso modo, le pernici vengono catturate usando un travestimento da cervo e le otarde
usando un travestimento da cavallo. Le seppie si deliziano con l'olivo o il fico; basta abbassare in
acqua un ramo pieno di frutti e in breve tempo si copre di questi polipi.
Anche i rumori e la musica attirano gli animali. I delfini amano l'arpa, come racconta Erodoto; i
lupi amano un flauto, e i cavalli diventano docili quando lo sentono; cervi e cinghiali amano così
tanto la zampogna che dimenticano dove sono e vengono intrappolati; la razza è così presa dalla
musica che affiora in superficie.
I pesci sono attratti dalla luce di notte. Ho fatto una luce subacquea per attirare i pesci: fai un
pilastro di ottone, di tre piedi di diametro con cerchi di ferro per mantenerlo verticale, e con circa
sei finestre di vetro nel mezzo, fatto a tenuta d'acqua con la pece; ci dovrebbe essere un tubo
cavo che li collega alla superficie, alto due piedi sopra la superficie; metti le candele alle finestre
e affonda il pilastro nelle profondità.
Gli animali possono anche essere attratti dal riflesso di se stessi. La seppia afferra un vetro che
riflette la sua immagine e viene così intrappolata. Le taccole adorano gli specchi; un cacciatore,
vedendoli, fa una piccola pozza d'olio così quando scendono per vederne il riflesso, si imbrattano
d'olio e non sono in grado di volare. Le quaglie possono essere catturate posizionando una
trappola davanti a uno specchio.
Altri animali seguono gli odori. Si dice che gli unicorni diventino docili con l'odore delle giovani
vergini. Le donnole seguono il fiele di una lucertola drago o di un camaleonte; i topi inseguono
l'odore delle fecce d'olio solo per rimanerne bloccati. Per sbarazzarsi delle pulci, spalmare il
grasso del riccio su un bastone e metterlo sotto il letto. Le rane seguono il galoppo di una capra.
Vediamo ora, come renderli così ubriachi da poterli prendere con le mani. Cani e corvi si
ubriacano con la radice dell'erba aenothera, secondo Ateneo. Hemlock fa ubriacare gli asini in
modo insensato; semi di giusquiamo con orzo stupefanno i cavalli fino a farli cadere in un sonno
profondo; le pernici e le anatre si appisolano mangiando farina impastata col vino, o semi con la
buccia, o tormentil bollito nel vino, ecc. Perfino i pesci si ubriacano con semi sparsi. Sia le
scimmie che gli elefanti si ubriacano con il vino.
Contro gli uccelli che mangiano il grano, gettate nel campo un certo aglio bollito, chiamato
allume, che li stupefa.
Un veleno che uccide cani, maiali, topi e persino giovenche, è la miscela di erba bianca
camaleontica bagnata nella farina d'orzo. Veleno per i cani, e nux vomica con burro, uccidono
anche un cane. 2 once di elleboro nero, 1 oncia di foglie di tasso, 1,5 once di scorza di faggio,
vetro, calce viva e arsenico giallo, 3 once di mandorle, il tutto mescolato nel miele, creano un
potente veleno. Sono veleno anche le erbe aconitum, stavesacre, radici di narciso, e killmice.
L'erba aegolethros uccide le capre; la polvere di pesce velenoso che si trova in America, quando
è disseminata nella foresta, uccide animali come cervi e cinghiali; sale ammoniaco con mais
uccide le donnole; l'acqua con il rododendro uccide il bestiame; semi di polline di ginestra;
eccetera.
I pesci vengono uccisi dalla radice della birthwort, mescolata con la calce; o da radici di tithymal
finemente tagliate; o da palline fatte di fiele orientale, formaggio, farina di fagioli e acquavite.
Per cambiare il colore di un cane, dipingilo con calce viva bollita in litargio. Un cane non
scapperà da te se lo spalmerai di burro dappertutto. Se tieni la membrana di una cagna o il pelo
di una lepre, o porti la pelle di una iena, o tieni la lingua di un cane nella scarpa, un cane non
abbaierà contro di te. Per incoraggiare un falco, dagli un po' di vino o aceto nel cibo.
Riferimento:
http://www.mindserpent.com/American_History/books/Porta/jportah.html