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Sotto il segno di Cagliostro Nell'affrontare la vita, la via iniziatica, la missione esoterica del conte di Cagliostro, bene premettere qualcosa

a di molto preciso: egli non fu un uomo dell'Illuminismo e del razionalismo, fu un maestro della Tradizione, della conoscenza segreta, della Gnosi. Si pone sulla scia della grande stagione medievale, come Paracelso, Agrippa, Faust, solo per fare alcuni nomi. Affonda le radici nell'antico Egitto, sino al punto di chiamare "egiziano" il rito massonico da lui fondato e presieduto, come Gran Cofto. Anche se la sua figura viene accostata alla rivoluzione francese, non fece parte di quel mondo antitradizionale e controiniziatico: col suo agire, ma soprattutto per il sistema insostenibile di un tempo che andava spegnendosi sul piano politico, contribu al crollo di un mondo ormai inaccettabile. Ma che non aveva nulla a che spartire con la Tradizione, l'esoterismo, la verit segreta. Mentre agiva Cagliostro, altre grandi personalit erano sulla scena: il medico Anton Mesmer, col suo magnetismo animale, che non era altro che la neurologia scoperta e applicata da un genio; il conte di Saint-Germain, l'immortale, che fu amico di Maria Antonietta e tent di salvarla, sino all'ultimo momento, anche quando era gi prigioniera nella torre del Tempio. Avrebbe dovuto essere morto, e invece era ancora vivo, tanto che fu visto in diversi luoghi, sempre giovane, sempre uguale, anche decenni dopo; il filosofo occulto Louis-Claude de Saint-Martin e fondatore del Martinismo. Gli orpelli e i vizi di certe societ iniziatiche e, come vedremo, della massoneria, spinsero il grande iniziato a ritirarsi da tutte le societ esoteriche, che secondo lui avevano perso la via iniziatica, a parte le strette, occultissime osservanze dei Templari e dei Rosacroce, per iniziare un solitario cammino sulla via secca, o eroica, che lo avrebbe poi portato ad avere nuovi discepoli, a penetrare a fondo nel mondo della Gnosi, arrivando sino ai nostri tempi. Nel mio libro "Le profezie di Papa Giovanni", (Edizioni Mediterranee, 1976) pubblico qualcosa di illuminante, che lega questi personaggi singolari e unici. l'ormai famosa "tavola dei tre maestri", redatta a Parigi da LouisClaude de Saint-Martin, dal conte di Saint-Germain e da Cagliostro, che per questo si erano incontrati nel laboratorio alchemico del "maestro sconosciuto". Sui significati di questo testo si discute da molti anni e le sue interpretazioni sono diverse. Si tratta comunque di un documento che porta a un ritorno alla Tradizione da parte dei massimi possessori della "conoscenza" sul "piano sottile". I puntini che precedono e seguono il testo sono "colpi di batteria" a scopo evocativo e di unione delle forze benefiche, soprattutto coi "maestri
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passati". Ci che certo che in quel periodo, mentre il mondo profano andava incontro a un capovolgimento rivoluzionario, a un rinnovamento anche infausto per l'umanit e i suoi valori, buttando nella polvere chi non era stato degno del trono e dell'altare e dei relativi doveri, i massimi esoteristi ritennero giusto trovarsi e sancire una "tavola" che ribadisse il valore tradizionale della conoscenza esoterica, che doveva restare immutata nel solco della Tradizione. Una testimonianza di verit in un mondo, quello dell'occulto, ormai fatto di menzogne, di caricature, di riti e simboli, di esoterismo che non era pi tale, di ordini improvvisati, di profanizzazione, per moda, per noia, per ambizioni spesso inconfessabili e pi spesso ancora per superficialit, di cose esteriori ma prive di contenuti reali, che si erano perduti. Ed ecco la volont di fermare, da parte dei tre grandi iniziati, i punti chiave di una conoscenza che non doveva essere n profanata n perduta. Dopo la firma di Saint-Martin, ci sono sei punti: il doppio triangolo, con tre punti in basso e tre in alto, del martinismo, qui messi in forma di "batteria". In quanto al S.I.I., significa Superiore Incognito Iniziatore, il massimo grado nel martinismo, che ha s i suoi conventi e le sue logge, ma ha soprattutto "maestri liberi iniziatori", che possono iniziare chiunque ne ritengano degno e pronto sul "piano sottile". I S.I.I. hanno una discendenza diretta, di maestro in maestro, con il fondatore. Il rituale di iniziazione molto affascinante e prevede che l'adepto firmi il giuramento, che poi verr bruciato dall'iniziatore, perch il legame nel martinismo quello del cuore, non della parola profana. lo stesso concetto che esige che i grandi maestri templari siano analfabeti. Come lo era Jacques de Molay, l'ultimo gran maestro "palese", arso sull'isolotto degli Ebrei, a Parigi. Analfabeti in quanto incontaminati dal pensiero contorto e deviante del mondo profano, dalla sua cultura che deve non imparentarsi con quella iniziatica. Del resto anche il Cristo e il Profeta Maometto erano analfabeti. Il Profeta aveva steso al sole una pelle di cammello, quando i raggi solari, fortificati dalla volont dell'Altissimo, incisero su quella pelle i primi versi di uno dei libri pi grandi di ogni tempo, il Corano. E nel Cristianesimo, quanti mistici e santi parlavano la loro lingua, o addirittura il loro dialetto, a stranieri venuti da ogni dove, eppure si facevano capire, ottenevano conversioni, confessioni, testimonianze di verit? Uno dei tanti doni dello Spirito Santo. Tornando alla "tavola", la sigla G.C., dopo il nome di Cagliostro, significa Gran Cofto, ci che era nella massoneria di rito egiziano.
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Per il conte di Saint Germain, R.C. significa Rosa Croce, com' facilmente intuibile. Leggiamola, dunque, la "tavola dei tre maestri", che si pone sulla scia della Tavola di Smeraldo di Hermes Trismegistus. "Essi non capivano quelle parole. Erano tanto oscure per essi che non ne afferravano il senso, ma temevano di interrogarlo su questo punto." (Luca, 9,45) ... ... ......... ......... ..... ... ... Per colui che non si deve nominare Pace. Pace nel triangolo nella piramide nei tre punti che abbiamo conosciuto, riconosciuto, rivelato. (Rivelare significa svelare, ma anche rimettere il velo, n.d.a.). La pace delle fiamme dei maestri passati nei tre colori sacri. Ci riconosciamo nel rosso del sacrificio che cementa il matrimonio del bianco e del nero, che nessuno sapr mai separare sino alla fine dei tempi nascosti nei templi. Sono aperte le ali del pellicano. Squarciato il petto, dai nostri maestri a noi, ai discepoli. A coloro che chiameremo maestri. Ai fratelli. Oggi la rosa fiorir sulla croce. H.M.T. Liberi i fratelli, liberi i maestri nel disegno che continua. Liberi nella spada, nella maschera, nella mano. Quando fu chiesto distruggete venne conservato. Ma i figli della discendenza dell'aquila e del serpente, della freccia e del serpente, sapranno riconoscersi fuori delle celle. Oggi escono e si trovano sulla strada con la carne viva dei maestri passati. E uniti sono luce. Il Tempio stato distrutto, perch immortale. Non aveva tetto, oggi non ha pareti. lo stesso della tavola del sole. Ovunque il Tempio e i nostri passi saranno sempre pi leggeri. Scegliete il tempo e l'uomo. Scegliete l'uomo. E imponete per la forza che possedete. Conoscete il gesto e la
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parola. Siate liberi, come liberi furono i maestri. E solo sul silenzio costruite la Parola. Cercatela in voi. Sia sempre la stessa dell'operazione del sole. Nel grande Tempio rinato rinasce il Tempio del momento quando vi incontrate. E mai spezzate la catena. Noi vi siamo testimoni. H.M.T. Spendetevi e vi arricchirete. Lasciate profonde orme sul vostro cammino, sempre da sud a nord, come il vento vuole. E non vi volgete. E queste sono le quattro parti del mondo. La prima luce. La catena di luce. La luce nel pugno. La prima luce che donerete. Siate liberi nel farlo. Ascoltate la chiamata di chi vuole. Siate liberi di scegliere. E del giuramento fate fuoco per la libert di essere. H.M.T. Cercate i sepolcri. Non li ebbero i nostri maestri, non li avremo noi, voi non li avrete. Essi vivono, cercateli. Per colui che non si deve nominare. ... (firme autografe) LOUIS-CLAAUDE DE SAINT-MARTIN S.I.I. (......) LE COMTE DE SAINT-GERMAIN R + C LE COMTE DE CAGLIOSTRO G.C. Uno dei punti chiave di questo libro la distinzione, ben chiara e inequivocabile tra le persone del palermitano Giuseppe Balsamo e del conte Alessandro di Cagliostro, di origine portoghese. La confusione tra i due personaggi fu voluta dai nemici di Cagliostro, tanto che nel famoso processo, ai testimoni veniva presentato Balsamo, e le accuse riguardavano poi Cagliostro.
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Balsamo fu pagato per recitare, con sua moglie, il ruolo di Cagliostro, in un'epoca dove non c'erano i mass-media e dove questi giochetti si potevano anche fare. Ma Cagliostro disse e ripet sempre: "lo non sono Balsamo". In diritto stabilito che una verit tale fino a quando non si dimostra il contrario. E nessuno ha mai dimostrato che Balsamo e Cagliostro fossero la stessa persona, come ci hanno voluto far credere i gesuiti e il "Compendio", il testo fasullo redatto da monsignor Barbri, o il falso atto di morte redatto in San Leo. Ma se Cagliostro una vittima, lo anche Giuseppe Balsamo. Costretto a essere Cagliostro, entr veramente nella parte, tanto che, entrato in un paese dove quasi tutti erano morti per epidemia, si disse Cagliostro e voleva curare i moribondi, cos come Cagliostro aveva guarito, in una sola mattina, tutti i malati del lazzaretto di Strasburgo. Fu sua moglie a riportarlo alla ragione, a farlo desistere, sino al punto di trascinarlo via. L'invenzione dell'identit stessa tra Cagliostro e Balsamo, trasse molti in inganno. Tra essi, Giacomo Casanova, che conobbe Balsamo e Lorenza, e credette fossero, come dicevano, Cagliostro e la sua pupilla. Anche il grande Goethe cadde nell'inganno, durante il suo famoso "Viaggio in Italia". A Palermo, si finse un ricco nobile inglese che voleva conoscere, pagando in monete d'oro, i parenti di Balsamo per scoprire se si trattava veramente di Cagliostro. I parenti di Balsamo, pur di incassare, dissero, millantando, che il loro Giuseppe Balsamo era veramente Cagliostro e se ne attribuirono meriti e fama. L'inganno inquisitoriale fu dunque facile a diffondersi. Ma lo stesso Giuseppe Balsamo, quando fu imprigionato in Castel Sant'Angelo con la promessa della libert per lui e la moglie, se avesse continuato a fingersi Cagliostro anche durante il processo, ebbe una reazione dura, di grande dignit. Quando cap che per lui era finita e che si voleva uccidere Cagliostro scambiandolo con Balsamo, disse che era infame che lui, seppur prezzolato e costretto, si fosse spacciato per Cagliostro. Ma era ancora pi infame, disse, che Cagliostro diventasse Giuseppe Balsamo. Ormai non serviva pi, e venne assassinato. Col duplice nome di Cagliostro e Balsamo, il maestro sconosciuto venne rinchiuso a vita nel forte di San Leo di Montefeltro. Prima nella cella del "tesoro", dalla quale riusc a uscire e venne fermato prima che l'evasione si completasse,
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poi murato vivo in una cella con una piccola apertura dall'alto, una finestrella con tre grate sull'abisso, una feritoia attraverso la quale veniva torturato a colpi di lancia pi volte al giorno, non potendosi muovere molto, perch aveva un piede incatenato alla parete. A parte l'affaire della collana e il relativo processo, nel quale Cagliostro ridicolizz Maria Antonietta, fu assolto e acclamato dal popolo, quali sono le vere ragioni dell'odio della delfina, poi regina, nei confronti di Cagliostro? Al punto che, uscito dalla Bastiglia, Cagliostro venne esiliato in poche ore, dopo che la regina convinse Luigi XVI che la troppa popolarit di Cagliostro poteva scatenare la folla contro di lui e la monarchia. Maria Antonietta, venendo dall'Austria in carrozza per raggiungere il delfino a Parigi, si ripeteva, come le era stato profetizzato dai suoi occultisti di fiducia, che il suo destino di regina sarebbe dipeso dal primo uomo che avesse incontrato entrando in terra di Francia. E quell'uomo fu Cagliostro. Il quale si trovava ospite del castello di Maison Rouge, decadente e impoverito, a causa della decadenza della famiglia. Cagliostro disse ai presenti che sarebbe venuta la delfina e che dovevano ospitarla. Terrorizzati per la miseria che non consentiva di accogliere un s alto personaggio, il cavaliere di Maison Rouge e i membri della sua famiglia furono tranquillizzati da Cagliostro che, con uno dei suoi prodigi, trasform piatti e candelabri, posate e tovaglie, arazzi e dipinti, nel meglio che ci potesse essere: servizi d'oro, coppe con gemme. Un'illusione, disse Cagliostro, sino a quando la delfina non se ne sarebbe andata. Un modo per aiutare i suoi amici a far bella figura. Trasform i loro abiti, le livree dei loro servi, le carrozze, tutto nel lusso pi sfrenato. Arrivata a Maison Rouge, Maria Antonietta venne accolta da Cagliostro, all'ingresso: il primo uomo che incontrava sulla terra di Francia, quello legato al suo destino. Venne accolta con ogni onore e, dopo le libagioni, quando seppe che l'uomo tanto misterioso e impenetrabile era il famoso Cagliostro, noto anche presso la corte austriaca dalla quale veniva, gli domand di dirle il proprio destino. Cagliostro chiese di esserne dispensato, ma la delfina insistette, arrivando, con arroganza, a ordinarglielo. Allora Cagliostro la condusse dinanzi a uno specchio nero e la invit a guardarvi dentro. Maria Antonietta vide la ghigliottina che le mozzava la testa. Furente, se ne and. E a Maison Rouge tutto torn come Cagliostro l'aveva trovato.
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Vi fu poi l'affaire della collana, di cui nel libro si parla nei dettagli, e ancora una volta vi fu uno scontro diretto tra Maria Antonietta e Cagliostro, con quest'ultimo vincitore. Prima, una dama di corte aveva riferito alla regina, incinta, che Cagliostro aveva detto che il figlio sarebbe stato un maschio e avrebbe avuto il titolo classico di duca di Normandia, ma che la Francia non avrebbe mai conosciuto un Luigi XVII. Facendosi informare dalle sue spie, la regina seppe dove Cagliostro e Serafina tenevano una riunione della massoneria di rito egiziano, ed entr nel tempio, affrontando violentemente Cagliostro, che era in piedi all'oriente. Disse che suo figlio sarebbe stato re e che lei avrebbe lottato con tutte le sue forze, per questo. Ma Cagliostro ribad che un Luigi XVII non ci sarebbe mai stato e che Maria Antonietta, sdentata e coi capelli bianchi, invecchiata anzitempo, non avrebbe potuto difendere nemmeno se stessa dalla furia del popolo. La regina se ne and giurando di distruggere Cagliostro. E fece poi di tutto, tramite il libellista Morande a Londra, l'esilio forzato, l'alleanza con gli altri nemici di Cagliostro. Gi era riuscita a farlo imprigionare alla Bastiglia, nel corso dell'affaire della collana. Quando ne usc, Cagliostro disse al governatore che il popolo avrebbe fatto della Bastiglia un pubblico passeggio. Il governatore rise: nessun esercito aveva mai preso la Bastiglia. Sorrise anche Cagliostro, invitando il governatore a non confondere gli eserciti coi popoli. Interessanti sono anche i rapporti con papa Clemente XIII, che ebbe come confidente Cagliostro, che aveva libero accesso nelle sue stanze. Il Papa voleva conoscere a fondo i "segreti" di Cagliostro e teneva in gran conto i suoi consigli anche sulle vicende della Chiesa. Clemente XIII venne assassinato per aver sciolto la Compagnia di Ges. Nel frattempo Cagliostro si incontrava in segreto con il cardinale Braschi, che non voleva si sapesse dei loro rapporti. Il cardinale era molto malato e quando chiese a Cagliostro di guarirlo, quest'ultimo gli diede delle monete d'oro. Cos faceva con i poveri, spieg il taumaturgo: non solo guariva, ma distribuiva oro a chi ne aveva bisogno. Infatti Cagliostro stato accusato di tutto, ma non di aver mai preso un centesimo, come guarito re o alchimista. Nessuno lo accus mai di speculare; anzi, ci si domandava come mai fosse tanto ricco da elargire oro a chi ne aveva bisogno e da dove venisse tanta fortuna. Si disse che fabbricasse l'oro nell'atanr dei suoi
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laboratori alchemici, che fosse una spia straniera, stessa accusa lanciata al conte di Saint-Germain, che fosse addirittura un emissario dei suoi pi spietati avversari, i gesuiti. Cagliostro era arrivato a Roma e introdotto presso alti personaggi e il Papa stesso, con lettere del gran maestro dell'ordine di Malta, Immanuel Pinto de Fonseca. La sua fama di guaritore e benefattore si sparse ben presto. Cagliostro guar il cardinale Braschi, ma provvisoriamente: tenne la sua salute nel proprio pugno e ne fece uso, come vedremo in seguito. Dopo la morte, anche questa misteriosa - si pensa per avvelenamento - anche di Clemente XIV, divenne papa proprio il cardinale Braschi, col nome di Pio VI. Era stato sostenuto in conclave, presso i cardinali, dalla potenza e dal denaro dei gesuiti. Ma, prima di eleggerlo, i padri conciliari pretesero che giurasse dinanzi al crocefisso di non riabilitare mai la Compagnia di Ges, seguendo cos la politica dei suoi predecessori. Il cardinale lo fece e non trad la promessa. Ma, nella gestione del potere ecclesiastico e politico, si affianc sempre di gesuiti, che praticamente lo controllavano. Pio VI fu un nemico implacabile di Cagliostro e seppe tessere la tela per screditarlo, poi per arrestarlo e condannarlo. Non riusc per a ucciderlo, anche se la condanna a morte era stata sancita dalla Santa Inquisizione. Ogni volta che si accingeva a firmare la condanna, veniva preso da una crisi del suo male, che glielo impediva. Sapeva di essere "prigioniero" di Cagliostro. Il quale agiva su di lui a distanza, anche quando era murato vivo nel carcere di San Leo. Lo faceva ammalare e lo guariva a distanza. E, per ottenere la libert, volle dimostrare cosa sapeva fare, per lui. Per ben due volte, dalla cella dove era murato vivo, Cagliostro inform per tempo il governatore della fortezza di tentativi per assassinare il papa. E tutte e due le volte gli attentatori vennero fermati in tempo, grazie alle indicazioni di Cagliostro. Tra gli altri, una ragazza travestita da paggio che, con un pugnale nascosto sotto un cuscino, arriv a pochi passi dalla persona del papa. Seguendo l'avvertimento di Cagliostro l'attentato fu sventato. In Vaticano c'era il terrore che Cagliostro potesse fuggire, nonostante fosse murato vivo e incatenato alla parete. E Pio VI temeva quel personaggio, che aveva tanta influenza su di lui. Sapeva dei suoi rapporti con Clemente XIII e vedeva che anche nel mondo ecclesiastico le sue idee facevano strada, in modo sconcertante. Prima che venisse arrestato e processato il Gran Cofto, un suo grande amico e sostenitore, il grande
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elemosiniere di Francia, principe cardinale di Rohan, aveva scritto a Pio VI, inviandogli il rituale della massoneria di rito egiziano di Cagliostro, chiedendo che la Chiesa lo riconoscesse come documento ufficiale e desse all'ordine un riconoscimento di istituto laico approvato dalla Chiesa. Questo fatto mand su tutte le furie Pio VI. Il quale disse che Cagliostro e i suoi seguaci, con quel rituale e quell'ordine, volevano riabilitare i templari, volevano instaurare ufficialmente l'eresia nel mondo cattolico. Se anche cardinali dell'importanza di Rohan credevano a queste cose, il pericolo per la Chiesa, pensava il Papa, era enorme. Per questo bisognava stroncare Cagliostro, distruggerlo, per far piazza pulita delle sue eresie e della sua influenza sia sui re e i principi della Chiesa, sia sul popolo. Quando Cagliostro venne condannato, infatti, il suo rituale, gli altri documenti e i simboli del suo rito vennero pubblicamente bruciati a Roma, in piazza della Minerva. Era tanta la paura ecclesiale di Cagliostro e dei suoi seguaci che, dopo la condanna, tramutata in carcere a vita, dovette essere trasferito nel carcere nella fortezza papalina di San Leo di Montefeltro e furono prese misure incredibili. I gendarmi pontifici, travestiti, stavano nascosti in un bivacco durante il giorno, in numero spropositato, tenendo guardato a vista Cagliostro, che era anche incatenato. Marciavano a tappe forzate solo di notte. La paura era dovuta anche a numerosi manifesti apparsi sui muri di Roma che dicevano: "Un'altra ingiustizia dell'Inquisizione, un'altra vittima innocente, il conte di Cagliostro". E seguivano minacce di insurrezioni popolari e di colpi di mano per liberare il prigioniero. Gi, quando era in Castel Sant'Angelo, aveva ricevuto la visita del Papa, che lo pregava di guarirlo: come tutta risposta, Cagliostro gli diede una moneta d'oro e il Papa si infuri. Da Castel Sant'Angelo era quasi riuscito a fuggire, travestito coi panni di un frate confessore che aveva tramortito e legato nella sua cella. Il pi duro avversario di Cagliostro, che avrebbe voluto che il Papa firmasse la condanna a morte, per consegnarlo al braccio secolare e al boia, fu il cardinale Zelada, segreto protettore dei gesuiti e potente segretario di Stato. Quando Cagliostro fu in San Leo, egli si trasfer nelle vicinanze, a Pesaro, e disse personalmente al governatore della fortezza/carcere papalina, che, se Cagliostro fosse fuggito, avrebbe fatto tagliare la testa a lui e a tutte le guardie.
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In San Leo si viveva nel terrore, dunque, di una fuga di Cagliostro. E, quando per poco non riusc ad evadere dalla cella del "tesoro", venne appunto murato vivo. Nel frattempo, chiusa in un convento a Roma, la povera contessa Serafina, sua moglie, veniva torturata, perch si pretendeva che avallasse false accuse contro il marito. Negli ambienti egizi della loggia "La saggezza trionfante" di Lione, tuttora attiva, si sostiene che, con un rituale pi giansenista che cattolico, dopo averla torturata, le suore del convento dove era prigioniera, la facessero morire in croce. E che sulla croce, dopo la sua fine, sbocciasse una rosa bianca. Una mattina le guardie si accorsero che dalla cella, per quanto murato vivo e con una gamba incatenata al muro, Cagliostro era sparito. Dalla finestrella con tre grate, da cui non poteva certo fuggire, perch dava su un immenso baratro, si poteva vedere il monte a forma di tartaruga. Cagliostro a suo tempo aveva profetizzato: "lo soffrir accanto alla tartaruga". Temendo per la sua testa e per quella delle guardie, il governatore fece uccidere un altro prigioniero. Ce ne erano alcuni, sempre, incatenati al muro, immersi nell'acqua fetida, tra serpi e topi, nei sotterranei bui del castello. Nel buio, diventavano tutti ciechi e spesso venivano lasciati morire di fame e di sete. Lo sventurato venne sepolto in un luogo segreto, in terra non consacrata, affermando che non aveva voluto confessarsi e redimersi. Quanto invece fosse forte la fede di Cagliostro, lo dimostra la scritta, fatta col proprio sangue e un pennellino ottenuto dai peli della sua barba ispida, che lasci sul muro della cella: una invocazione alla Vergine Maria. La congiura riusc, anche grazie all'arciprete Marini (poich anche la sua testa era, in pericolo) che si prest alla stesura di un falso atto di morte. Il cardinal Zelada credette alla messa in scena e se ne torn a Roma. Ma Cagliostro era ancora vivo. Esistono sue lettere da San Leo e dintorni inviate ai "fratelli" della loggia di Lione, nelle quali si parla di fatti accaduti dopo la data della sua presunta morte, tra cui un terremoto che scosse San Leo. Cagliostro fu visto a Malta, a Strasburgo, a Parigi il giorno della presa della Bastiglia, come anche il conte di Saint- Germain. Nel suo testamento spirituale, Cagliostro scrive: "Versate una lacrima sul mio sepolcro". Ma questo sepolcro non si sa dove sia, a meno che non sia un segreto del rito egiziano, noto soltanto ai suoi adepti.
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Cagliostro, a Roma venne arrestato dopo una clamorosa seduta a Villa Malta, che poi sarebbe, ironia della sorte, diventata la sede ufficiale, come anche oggi, proprio della Compagnia di Ges. In quell'occasione, alla presenza di nobili, cardinali, ambasciatori e personalit di gran rilievo, fece alcune profezie: annunci la fine dei Capeto, la decapitazione di Luigi XVI, nonch l'avvento, dalla terra di Francia, di un suo discepolo, che avrebbe strappato il papa da Roma per farlo morire in esilio. Lo scandalo fu enorme. Di qui la decisione dell'arresto, che era maturata, voluta da tempo. Con lui venne arrestata anche sua moglie Serafina, con la quale non avrebbe mai avuto rapporti carnali. Cagliostro, come i cavalieri templari, era legato al voto di castit. Nessuno dei suoi nemici ha mai messo in dubbio la sua moralit, anche se qualche libellista lo confuse addirittura con Casanova. La condotta morale di Cagliostro fu sempre irreprensibile. Serafina era la sua "colomba", la sua "pupilla" attraverso la quale vedeva nel futuro e faceva le evocazioni nei rituali. La "colomba" di questi riti, secondo la tradizione, deve essere vergine e pura. Cagliostro incontr Serafina quando giunse alla sua maturit iniziatica sul piano sottile: quando, come gli era stato profetizzato dal suo maestro Althotas, in lui si sarebbero fusi l'ego maschile con quello femminile, dando vita al "bambino nuovo", al suo nuovo essere: le nozze chimiche, dentro di lui, che si sarebbero compiute con i dolori del parto e subito dopo con il pianto di un bambino nel suo cuore. Cagliostro visse e super questa prova mistica ed iniziatica e subito dopo incontr Serafina, la compagna del suo errare iniziatico. Una fascinosa leggenda, che noi riportiamo, ci parla di un triste funerale, per le vie di Roma. Il funerale di una ragazza bellissima. Cagliostro ferm il carro funebre e, tra lo stupore dei presenti, si chin sulla bara scoperchiata della ragazza bellissima, la baci sulla fronte, sugli occhi e sulle labbra, quindi la fece rivivere, per condurla con s: la sua Serafina. Era un tempo, quello, in cui, proprio in opposizione all'arrivo dell'Illuminismo, del razionalismo, della negazione del soprannaturale e dello spirituale, nel trionfo del profano e della controiniziazione, si credeva a tutto. Quanti ciarlatani e falsi maestri, per l'Europa. Ma quanti grandi iniziati, tra cui appunto Cagliostro. Il quale non era il miscredente e l'ateo che si voleva far credere, non odorava di zolfo e di magia nera.
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tempo di togliere la patina diabolica, messa confusamente da sprovveduti bigotti o da zelanti nemici di tutto quanto non era bigotteria, ai grandi personaggi dell'esoterismo e del magico. Essi furono, nelle loro epoche e nei loro luoghi, personaggi straordinari, che per seppero coniugare con rispetto la pratica esoterica con quella exoterica. Come scrive Ren Gunon, non si pu seguire una via esoterica, senza praticare un culto exoterico. E questi personaggi straordinari furono credenti, profondamente, e fecero molto, per la fede e per la verit religiosa, per la speranza e soprattutto per quella gran luce della pratica religiosa, senza la quale non c' sincerit religiosa, che la carit. Furono maestri nelle scienze esoteriche uomini che praticarono la fede exoterica con zelo e impegno: da Raimondo Lullo, che fu anche frate francescano, oltre che alchimista e iniziato, a Nostradamus, la cui rettitudine religiosa venne messa sotto osservazione, di continuo, dalla Santa Inquisizione. Furono maestri della conoscenza occulta, ma anche credenti, uomini come Paracelso, Cornelius Agrippa, Maitre Philippe, Mesmer, fino al mistico Rasputin, solo per fare alcuni nomi. Altri, soprattutto Rosacroce, praticavano la virt di venerare e rispettare le divinit dei paesi in cui si trovavano o solo anche passavano, nel nome del Dio unico e della sola verit finale. C'era una gran confusione, in quel tempo, sulle verit esoteriche e iniziatiche. In tutti i tempi, possiamo dire, ma in quello in modo particolarmente accentuato. L'esoterista pieno di desiderio, ma sulla via sbagliata si trovava ovunque, in ogni classe sociale, a ogni livello culturale. Classico esempio i! cardinale di Rohan, che divenne poi amico e protettore di Cagliostro: si impegnava nell'alchimia per trovare la pietra filosofale, non gi quella che cambia l'anima e porta alla nascita dell'uomo nuovo, ma quella speculativa per trasformare il piombo in oro. Rohan, in disgrazia presso Maria Antonietta, venne coinvolto dalla contessa de La Motte nello scandalo della collana, che lui compr per rientrare nelle grazie della regina. Un uomo diviso tra potere religioso, politico, ambizioni occultistiche. Cagliostro lo inizi al suo rito egiziano e fece dei prodigi, per lui, trasformando, per esempio, un diamante in un altro dieci volte pi grande. Ma disse al cardinale che queste cose non contavano nulla. Che la verit era altrove, dentro l'uomo. Che il suo potere Cagliostro lo traeva in "verbis, herbis et
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lapidibus". Rohan cap e si mise in umilt sulla via della ricerca, come molti altri personaggi illustri o pi semplici, che da Cagliostro ebbero la rivelazione, l'iniziazione, l'ammaestramento. La confusione pi grande era nella massoneria. Ne parliamo a lungo, nel libro, a proposito del Convento dei Filaleti per l'unit di tutte le tradizioni e le obbedienze massoniche. Cosa praticamente impossibile, tanto che Cagliostro, invitato, ingiunse di distruggere rituali e documenti di tutte le grandi logge e di far convergere i "fratelli" solo sul suo rito egiziano. Non se ne fece nulla, naturalmente. La massoneria, in quel tempo, conosceva una miriade di realt contrastanti tra loro. Era massone Cagliostro, ma lo era anche la sua grande nemica Maria Antonietta, a capo di una obbedienza femminile fatta di snobismo e capricci della nobilt, nonch di tresche di corte. Quando ci si chiede come mai la massoneria non fece nulla per salvare Cagliostro, per aiutare o fermare la Rivoluzione francese, la cosa si spiega con i fatti. Nella massoneria c'erano le divisioni politiche, religiose e corporative, specchio profano, spesso, di realt in lotta tra loro. Era massone Luigi XVI, come lo era Robespierre, che lo fece ghigliottinare. Era massone Mesmer, ma lo erano anche i medici alla moda, delle logge di medicina ufficiale, legata alla corte e ai privilegi, che lo combatterono fino a costringerlo a lasciare Parigi. Erano massoni i principi, i nobili, ma anche i cospiratori che volevano abbatterli. Anni prima, durante la guerra di indipendenza americana, il massone generale George Washington, piomb all'improvviso su un accampamento di inglesi, che si diedero alla fuga. Nella tenda del comandante, Washington trov che era allestito un tempio massonico e che i lavori dei fratelli inglesi li aveva interrotti lui. Il giorno dopo chiese una tregua e mand arnesi di loggia e paramenti ai nemici "fratelli". Quando negli Usa vi fu la guerra di secessione, il massone Abramo Lincoln mand il massone generale Grant a Caprera, per chiedere al massone generale Garibaldi, porgendogli la spada del massone Washington, di assumere il comando delle truppe nordiste. Garibaldi, sempre smanioso di combattere, volle per pensarci e dopo qualche giorno chiam il generale nordista e gli disse: "Fratello Grant, restituite al fratello Lincoln la spada del fratello Washington e ditegli che il fratello Garibaldi non combatte guerre fratricide". Erano massoni Napoleone e Wellington, che si scontrarono a
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Waterloo. Era massone Simon Bolivar che, una volta al potere, bruci le logge e mise in galera i massoni. Nel periodo di Cagliostro, in Francia, erano massoni i pi acerrimi nemici tra loro, legati a logge improvvisate o a grandi logge di diverse obbedienze. Cagliostro prov a trovare una via unica, esoterica ed iniziatica, senza scorie politiche e sociali, per la massoneria, con il suo rito. Non gli riusc, cos come non sempre riusc a distogliere gli ingenui della pratica esoterica dagli alambicchi e delle sfere di cristallo, per portarli sulla giusta via. Per impedire, come lasci scritto, che si inoltrassero "in una di quelle strade da cui non si fa ritorno". Cagliostro cambi il suo tempo e cambi gli uomini che incontr. Si radic nel popolo, ove ancora vive, si spese avanzando, come il vento del sud, seminando se stesso e la sua verit. Dimostr che il male viene dal male e che solo la verit pu salvarci. Non per nulla il suo nome celebre nel mondo, ancora nel nostro tempo. Pier Carpi 1. Il maestro sconosciuto: "La verit su di me non sar mai scritta, perch nessuno la conosce". Sono parole del conte di Cagliostro che tengo ben presenti nell'iniziare questo libro su di lui, un libro che non ha dunque la pretesa di dire tutta la verit su questo straordinario personaggio, ma che ha la ferma ambizione di tentare di dargli quella giusta dimensione che sino a oggi gli stata negata. "lo sar l'ultima vittima". Questo disse ancora il conte di Cagliostro, e lo fece nella cella ove era stato murato vivo, nel carcere papalino di San Leo. E fu davvero l'ultima vittima dell'Inquisizione. "lo sar l'ultima vittima, perch una volta giunto ai piedi dell'Eterno, sapr tanto piangere e pregare finch sulla terra non vi sar un nuovo ordine di cose. Versate una lacrima sul mio sepolcro". Cagliostro fu anche l'ultimo grande perseguitato a non rinnegare le proprie idee, a non piegarsi alla tortura e alle umiliazioni. Questi i due motivi principali per cui contro il conte di Cagliostro stata montata, durante la sua vita e dopo la sua misteriosa scomparsa, la pi grande montagna di calunnie, libelli, falsi storici. stata dedicata a questo personaggio - pur stranamente giudicato un volgarissimo imbroglioncello - tutta la fatica della grande macchina temporale, in proporzioni gigantesche, nemmeno sfiorate nel far guerra a personaggi che pure sono parsi pi scomodi e pericolosi, da Savonarola a Lutero, da Galileo a Giordano Bruno, da Enrico VIII ai mille altri riformisti, ribelli, liberi pensatori, mistici e scienziati
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giudicati figli del demonio. Nessuno si mai chiesto perch Cagliostro faccia ancora tanta paura ai suoi nemici, che sono rimasti gli stessi. Perch la documentazione sul suo allucinante processo venga tenuta nascosta, perch nessuno osi pronunciarsi su di lui, perch si subiscano pressioni, ricatti e minacce quando si propone di fargli un processo di riabilitazione, come quello che era in programma a San Leo, con precisi impegni da parte delle autorit nei confronti di chi scrive, anche con insistenti dichiarazioni alla stampa, e poi subdolamente affossato. Nessuno si mai chiesto perch San Leo, che della prigionia di Cagliostro vive in turismo, rifiuti costantemente di dedicare una via o anche solo una lapide a colui che tenne murato vivo nella sua fortezza. I lunghi anni che ho dedicato allo studio del personaggio Cagliostro mi hanno sempre portato a incontrare sulla mia strada un falso plateale alternato a una calunnia, una contraddizione alternata a una menzogna. E mi sono imbattuto sempre in tentativi di aumentare la confusione attorno alla figura del grande perseguitato. Ma una verit nessuno mai riuscito a cancellarla. Quella che riscontrabile nei fatti e nell'abitudine quotidiana. Per quanto male si sia tentato di fare a Cagliostro, nessuno riuscito a demolire la sua figura. Personaggi giudicati anche pi importanti e sconcertanti sono da secoli nell'oblio, mentre Cagliostro resta. Il suo nome ha un fascino impareggiabile e, sebbene solleciti a ciascuno diverse evocazioni, le pi contrastanti, resta il fatto che questo nome mantiene intatto il suo mistero e che tutti, anche i bambini, conoscono almeno il nome di Cagliostro. Mi sono convinto che tutti i falsi luoghi comuni su di lui non hanno importanza alcuna. Che la cronaca abbini il suo nome a quello di un avvelenatore o a quello di un plagiatore non importante quanto il fatto che la cronaca trovi proprio questo parallelo. Che alcuni lo giudichino un santo e altri un saltimbanco, non ha importanza quanto il fatto che tutti lo giudicano. E nemmeno mi chiedo se stata la sproporzionata pubblicistica calunniosa a creare questo mito o se il personaggio ha saputo sopravvivere nelle sue dimensioni, senza essere scalfito nella sua roccia, nonostante gli strati artefatti. Sebbene io propenda per la seconda tesi. Un libro scritto solo in difesa di Cagliostro sarebbe forse inutile, perch Cagliostro ha dimostrato di sapersi difendere da solo. Un libro su Cagliostro invece utile, soprattutto perch ne esistono troppi, quasi tutti infelici. Non abbonder in polemica, dunque, in queste pagine, nemmeno
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nei confronti di quel "Compendio" di monsignor Barberi, ordinato dall'Inquisizione e al quale hanno attinto quasi tutti gli storiografi di Cagliostro. Si tratta di un libro nato gi con la vocazione del suicidio e del ridicolo, e per il quale, se non fosse per le grossolane calunnie che riuscito a contrabbandare, basterebbe il sorriso che si dedica a certi sgrammaticati romanzi d'appendice. Alessandro Dumas, con il suo "Giuseppe Balsamo", gi storicamente molto pi serio. Nel rinunciare comunque alla rissa storiografica e non accettando il dialogo coi parrucconi, da parte mia credo di fare la scelta giusta. Perch desidero presentare Cagliostro qual , nella sua realt non soltanto storica, ma anche leggendaria e soprattutto popolare. Perch era il popolo il grande amico dell'amico degli uomini, come fu definito, e nel popolo fu sepolto, dato che le sue spoglie non ebbero mai una tomba e sulla sua morte rimase per sempre il mistero. Cagliostro era immortale? Era giunto alla perfezione dei Rosa + Croce, per i quali la materia non un legame, per i quali il tempo non esiste, per i quali c' sempre ritorno? Non voglio contrabbandare meravigliose leggende o sciocche credulit. E sapr anche tacere. Ma chi avr occhi per vedere vedr tra le righe quella che pu essere una spiegazione sulla quale non mi soffermo. La realt che la fine di Cagliostro resta un mistero. E questo degno del personaggio, anche se l'uomo aveva chiesto di piangere sul suo sepolcro. E sino a quando gli uomini soffriranno, queste lacrime saranno purtroppo versate. La storia che racconto, dunque, la storia di un mito, ben radicato nella realt, ma quasi senza dimensioni, cos come Cagliostro stato in vita, cos come continua a essere. E se qualcuno avesse voglia di contestarmi qualche episodio, qualche ricciolo di leggenda, pu accomodarsi a farlo direttamente con l'animo popolare, che ha raccolto e nutrito in Cagliostro una delle sue pi semplici immagini. Accanto a essa, occorre porre il Cagliostro prima discepolo e poi maestro dell'autentica Tradizione, l'iniziato che nessuna fandonia di stregoneria, bassa magia, pseudoalchimia riuscir a trasformare in un apprendista stregone. Accanto a Cagliostro, nello stesso periodo, vivevano personaggi singolari come il conte di Saint-Germain, lo scienziato Mesmer, lo straordinario Casanova, il grande iniziato Louis-Claude de Saint-Martin, il fondatore del Martinismo. E giungeva al suo culmine una corrente di pensiero destinata a essere superficialmente travolta dalla rivoluzione francese - ma in realt sua vera ispiratrice - per essere fissata profondamente nelle pi antiche ferite del mondo. Quelle che non si rimarginano mai, che sono nel nostro microcosmo, quelle il cui sangue pu essere raccolto solo dal Sacro Graal. Non bisogna dimenticare che il
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trinomio "Libert-Egalit-Fraternit" fu coniato dal conte di Cagliostro. Gli anni che stiamo vivendo, per i segni che ci giungono, avvertono che il tempo vicino e che ancora una volta l'umanit potr trovare salvezza e nutrimento in quella forza tradizionale che se a volte pare scomparsa, quando riaffiora sempre identica e forte, impossibile da distruggere, lenta e inesorabile seminatrice di se stessa. Non a caso, alla vigilia di grandi sconvolgimenti storici, appaiono personaggi singolari, che in molto si assomigliano e che sono destinati a lasciare dietro di s una grande impronta. Cagliostro per la rivoluzione francese, Pugacioff per la grande Russia, Joseph Smith per la guerra di secessione statunitense, Rasputin per la rivoluzione d'ottobre, Alisteir Crowley per il nazismo e l'elenco sarebbe interminabile, sino alle radici della civilt, con il Simon Mago della decadenza imperiale romana. Ma non dir, e sarebbe facile, che Cagliostro fu il seminatore della rivoluzione francese, anche se la profetizz e anche se fu proprio la sua figura a scuotere le fondamenta della monarchia dei Capeto. Uscendo dalla Bastiglia, dove era stato imprigionato ingiustamente per il celebre affare della collana di Maria Antonietta, Cagliostro disse che quel posto sarebbe presto diventato il tempio della libert e che il popolo l'avrebbe fatto suo. Cagliostro non era forse il discendente iniziatico dei Templari, l'ordine sterminato da Filippo il Bello e Clemente V? Il papa e l'imperatore sterminarono i Templari per impossessarsi dei loro beni e per mettere fine alla loro potenza militare: dopo la caduta dei regni latini in Terrasanta, i Templari tornarono in Europa e, tra fortezze, castelli, propriet, numero e potenza di cavalieri, potevano sconfiggere qualunque re. Il papa pens di fame una forza supernazionale ai propri comandi, per dissuadere qualunque monarca dal voler espandersi e voler dichiarare guerre: i Templari glielo avrebbero impedito. Clemente V, che difese i Templari nel concilio di Vienna, cedette alle pressioni di Filippo il Bello e li trad. L'ultimo gran maestro dei Templari, Jacques de Molay, fu messo al rogo a Parigi, ma prima di morire lanci una famosa maledizione: "Chiamo, entro un anno, dinanzi al tribunale di Dio, il papa, il re e il suo primo ministro Nogaret e l'ultimo discendente di Filippo il Bello sar giustiziato a Parigi da un templare." I tre maledetti morirono in modo misterioso entro l'anno, e io ne spiego la verit nel mio libro "Testimoni del mistero". Luigi XVI, ultimo discendente di Filippo il Bello, "venne giustiziato a Parigi dalla ghigliottina", un mezzo di morte voluto dal dottor Guillotine, iniziato a un rito templare e quasi sicuramente discepolo di
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Cagliostro. La ghigliottina porta il suo nome ma, contrariamente a quanto si dice, non ne fu lui, l'inventore. Veniva usata da alcuni secoli. Guillotine la fece solo adottare perch credeva che, con quella macchina, i condannati soffrissero di meno. Il medico, e rivoluzionario, assisteva per questo alle esecuzioni e, di notte, andava in segreto a trovare il boia Sanson, per farsi dire se secondo lui il suo scopo umanitario era stato raggiunto. Una fine non certo pi bella ebbero tutti gli altri nemici di Cagliostro. Finirono tutti per morte violenta, dalla contessa Valois de la Motte al libellista Morande, dai suoi falsi accusatori inglesi a Maria Antonietta, sino al papa, cui Cagliostro profetizz l'esilio e la morte in cattivit. Stando murato vivo nel carcere di San Leo, Cagliostro fece sapere al papa che qualcuno sarebbe venuto dalla terra di Francia per portarlo via. E venne Napoleone, il quale dette anche ordine ai suoi soldati, prima della presa di San Leo, di ritrovare la tomba di Cagliostro. Su questo e molti altri avvenimenti le leggende si sprecano. certamente non vero che Napoleone bevve ritualmente nel teschio di Cagliostro, cos com' falsa la testimonianza di una vecchia leontina, che giur di aver visto Cagliostro librarsi dalle torri di San Leo, in volo trionfale verso il cielo, alla guida d'un carro di fuoco, circondato dagli angeli della vendetta. Ma altrettanto falso che Cagliostro mor in San Leo secondo le indicazioni dell'atto di morte ufficiale, una grossolana montatura per salvare la testa dei suoi aguzzini, che temevano le ire del cardinale legato, cui la sorte di Cagliostro stava pi a cuore della stessa cupola di San Pietro. Per quanto riguarda poi l'identificazione tra il conte di Cagliostro e Giuseppe Balsamo, da alcuni indicati come una stessa persona e da altri come due personaggi ben distinti, la mia opinione certamente la seconda, suffragata ormai da troppe prove.

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