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L'astrologia
storia e metodi
Teti editore
Copertina di Max Huber
Note
L'astrologia greca
Nella mitologia greca la genesi del mondo, di Urano, il cielo, e di Gea, la terra, e
successivamente di Chronos e Zeus, parte da un Chaos primordiale. «La terra era
deserta e vuota e le tenebre coprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque» 1.
I termini ebraici di tohu-wa-bohu esprimono il concetto di deserto, o disordine, e di
vuoto, situazione anarchica e informe. I Rosacroce, chiamando «gas» questa sostanza
primordiale, non si sono molto allontanati dal Chaos delle antiche cosmologie: è il Noun
egizio, padre degli dei, del Sole e degli uomini, è lo spazio omogeneo e indifferenziato dei
cinesi; è ciò che, più tardi, i pitagorici e i neoplatonici chiameranno la protomateria
informale e passiva, in quanto sta al di là del mondo fisico e sensibile, oltre lo zodiaco e
l'intero mondo stellare. Oltre al Chaos, i miti greci postularono il suo polo contrario, l'a-
chaos, ciò che nella tradizione indù è l'akasha, il quinto elemento che non rientra nelle
mutazioni e rappresenta l'etere. In effetti, nelle antiche teogonie greche si riscontrano
molti elementi orientali. In quelle di Ieronimo, Ellanico, Ferecide, ma soprattutto nelle
cosmogonie orfiche, il principio di vita nell'universo è il movimento perpetuo e
s'identifica nel concetto del tempo, ossia l'eterno moto del cerchio zodiacale attorno alla
Terra. Il tempo viene rappresentato come nell' Atharvaveda
Atharvaveda indù nel I millennio avanti
Cristo: è il Dio supremo, è kàla, un cavallo in continuo moto le cui redini sono i sette
pianeti e i suoi mille occhi le stelle fisse. Egli è eterno, ricco di seme, e tutti gli esseri
umani sono le ruote del suo carro.
Nel mito e nella lingua greca il tempo è Chronos. In queste teogonie si identifica con
la sapienza divina creatrice e la sapienza divina è, a sua volta, la necessità razionale
(Adrastea o, appunto, Ananke) che regola l'ordine cosmico e la vita umana. Secondo la
cosmologia di Ieronimo, dall'acqua e dalla terra nacque il Chronos-Eracle, enorme drago
con una testa di leone da un lato e di toro dall'altro. Il rapporto con la costellazione del
Drago è immediato: essa è una costellazione circumpolare, che sorge nel cielo
all'equinozio di primavera e tramonta all'equinozio d'autunno e può, quindi, scandire
l'anno solare, la rotazione del cerchio zodiacale. È, inoltre, nella costellazione del Drago
che si trova il polo nord dell'eclittica.
Secondo gli orfici, dal Chronos-Eracle primordiale nacque Fanes, il dio assimilato al
16 L'astrologia. Storia e metodi
Sole visibile. «Il dio è descritto come possedente quattro teste: quella di un toro, di un
drago e di un leone, nel mezzo delle quali appariva il proprio viso divino [...]. Fanes è il
corpo d'intelligenza del mondo nato dalle qualità dell'uovo, dall'empireo celeste che lo
circonda e che egli riflette. Le teste rappresentano le quattro direzioni della creazione, la
croce fissa dello zodiaco, i quattro elementi; esse simbolizzano il regno della natura. Le
ali di Fanes significano che, simile all'etere, egli è diffuso dappertutto e che, diverso dalla
materia grezza, non è sottomesso all'inerzia. Il potente drago che l'avvolge nelle sue
spire, rivestito di molteplici forme di animali selvaggi, è il serpente zodiacale che,
secondo il linguaggio dei misteri, circonda il corpo del mondo»2. Il serpente è, infatti,
una delle prime rappresentazioni da noi conosciute dello zodiaco. Se per molte ragioni i
miti greci sembrano dipendere e derivare dal Rigveda indù, o dalle tradizioni
mesopotamiche, si può anche congetturare che tutte le tradizioni che parlano del
serpente cosmico e zodiacale abbiano un'unica origine. Secondo la tradizione greca, le
cosmogonie orfiche sarebbero anteriori a Omero, sebbene raccolte e scritte circa due
secoli più tardi.
Poiché le somiglianze delle cosmologie greche «si riscontrano anche in miti
scandinavi e polinesiani» e in molti miti africani, oltre che in tutte le tradizioni
indoeuropee «bisogna pur ammettere che non si spiegano necessariamente con un
influsso diretto, ma piuttosto [...] con una reazione identica della coscienza collettiva,
secondo leggi ancora mal conosciute, di fronte a realtà naturali identiche» 3. Riferisce
infatti il trattato Dell'astrologia dello pseudo-Luciano: «I Greci né dagli Etiopi, né dagli
Egizi appresero niente di astrologia; ma ad essi Orfeo, figlio di Eagro e Calliope, primo
insegnò queste cose, non troppo chiaramente, né fece apparire in luce la dottrina, ma in
servizio dell'arte magica e dei vani discorsi, com'era sua intenzione; perché, toccando la
lira, celebrava le orge e cantava i carmi rituali; ed essendo la lira formata di sette corde,
consuonava con l'armonia degli astri in movimento»4.
Per gli orfici, l'uomo è un composto, in perpetuo divenire, di dodici energie
primordiali. Queste energie sono la frammentazione dell'energia unica e primitiva
rappresentata da Fanes, l'intelligenza del mondo, la mente cosmica che, come tale, è
assimilata al Sole, come riferisce Macrobio nei Saturnalia. Oltre ai pronostici basati
sull'anno zodiacale e alla definizione dei giorni fausti e infausti riferiti al ciclo lunare, gli
orfici avevano un loro piccolo ciclo di dodici anni, basato probabilmente sulla
rivoluzione zodiacale del pianeta Giove. Agli orfici è anche attribuita la concezione del
grande anno. Censorino5 riferisce che il ciclo del grande anno è composto da centoventi
anni comuni, sebbene più oltre 6 affermi che il ciclo del grande anno si compie quando il
Sole, la Luna
Luna e i cinque pianeti
pianeti ritornano a occupare le primitive posizioni zodiacali. Poi-
L'astrologia greca 17
ché nell'estate del grande anno avviene la conflagrazione del mondo, mentre
nell'inverno ha luogo il diluvio, si ha qui la stessa oscura teoria che riprenderà più tardi
Nigidio Figulo, contemporaneo di Cicerone. Apparentemente, questa concezione orfica
del grande anno non ha riferimenti astronomici evidenti, tali da poter consentire di
ricostituire un grande ciclo evolutivo fondato, come nelle tradizioni orientali, sul
movimento di precessione degli equinozi.
È luogo comune affermare che il movimento di precessione degli equinozi fu
scoperto da Ipparco nel II secolo a.C.: confrontando le longitudini delle stelle di qualche
secolo prima con le longitudini da lui realmente osservate, trovò che le longitudini di
tutte le stelle erano aumentate nel corso dei secoli di un medesimo numero di gradi. Ne
dedusse di conseguenza che l'aumento delle longitudini era dovuto a un movimento
retrogrado e uniforme dell'eclittica zodiacale. Eppure, restando all'interno della
tradizione greca, già Platone, due secoli prima di Ipparco, parla, nell'VIII libro della
Repubblica , dei 25.920 anni che porterebbero a una valutazione del movimento di
precessione degli equinozi di un grado ogni 72 anni: cifra diversa da quella di Ipparco e
di Tolomeo (un grado ogni cento anni) e più vicina ai valori attuali.
I culti misterici dei primi greci non intendevano i miti delle antiche cosmologie nel
loro semplice significato allegorico. Nella Teogonia di Esiodo, dei dodici Titani nati da
Urano e Gea, sei sono femminili e sei sono maschili e rappresentano le dodici sorgenti di
vita uscite dal Chaos primordiale. I versi e i ritmi degli antichi poeti erano vere e proprie
formule magico-religiose, di cui più tardi filosofi come Platone e Aristotele
conserveranno ancora una certa consapevolezza. L'ascetismo orfico tendeva alla
purificazione (catarsi) tramite i riti orgiastici. Lo stato festoso, l'orgia, è inteso come
liberazione dell'uomo dalla legge della necessità e come guarigione «omeopatica» dei
mali: «Il flauto», scrive Aristotele nella Politica, «non esplica una efficacia etica, ma
piuttosto produce lo stato d'animo proprio degli orgia, cosicché conviene ricorrere a
esso in quelle particolari situazioni nelle quali la contemplazione ha la potenza di
produrre catarsi». E Platone, nelle Leggi: «le danze accompagnate da musica, e
suscitatrici di entusiasmo rituale, sovrappongono allo scotimento interiore
un'agitazione provocata artificialmente che domina l'agitazione naturale e ristabilisce
un po' per volta l'equilibrio e la calma» 7.
Anche la dottrina della metempsicosi, che non fu solo orfica ma generalmente
presocratica, è generata dal bisogno di liberarsi dalla ruota delle nascite e del destino,
dalla legge inflessibile del circolo zodiacale, sottomesso al tempo. Già nell'antica
cosmologia eptadica si legge: «Il primo posto fra tutte le cose è assegnato al mondo che
regola senza interruzione il corso dell'estate e dell'inverno» e Galeno, nel II secolo d.C.,
18 L'astrologia. Storia e metodi
commenta: «il tempo è la sfera dello zodiaco e degli astri che è causa dell'inverno e
dell'estate»8. Anche i pitagorici identificavano il tempo con la sfera zodiacale e
credevano nella metempsicosi; e Aristotele spiega, nella Fisica, che questa concezione
deriva dal fatto che tutto quello che è nel tempo è anche nella sfera del mondo.
Purtroppo, se le antiche cosmologie greche ci mostrano una sicura rappresentazione
dello zodiaco, è pressoché impossibile, sulla base delle fonti rimasteci, sperare di
ricostruire il quadro di un'astrologia greca «arcaica». All'epoca in cui Platone scrive il
Timeo e parla, come gli orfici, dell'intelligenza del mondo, non esiste forse più un sapere
astrologico organico. Anzi, tra il V e il IV secolo a.C., quando l'astrologia cominciava a
crearsi fondamenti meccanici e matematici, l'osservazione del cielo e l'insegnamento
dell'astronomia divennero ad Atene un reato penalmente perseguibile; ne fecero le
spese, tra gli altri, Socrate e Protagora.
Il conflitto religioso tra i culti lunari e i culti solari si risolve a vantaggio di questi
ultimi. Da questo punto di vista, il pensiero mistico di Platone ci appare teso verso la
legalizzazione degli elementi magici e religiosi. È la codificazione di un culto solare
apollineo e statale che ha sconfitto il culto degli dei lunari, le sue manifestazioni agrarie
e le sue infiltrazioni orientali.
Fu il prevalere dei sacerdoti del Sole che favorì, in periodo ellenistico, la diffusione di
un'astrologia a carattere prevalentemente solare. Gli Astrologumena
Astrologumena di Nechepso e
Petosiride, datati da Riess intorno all'80 a.C.9, erano destinati a divulgare in Grecia
l'astrologia solare egizia con maggior successo dei tentativi che il sacerdote babilonese
Berosso nel III secolo a.C. aveva operato in favore d'una diffusione del sistema
babilonese. Ne consegue che l'astrologia ellenistica ignorava quasi i pronostici lunari. E'
tutta un'antica tradizione divinatoria che viene così esclusa e sepolta; eppure, l'oracolo
lunare di Sparta aveva trattenuto l'esercito in partenza per Maratona fino al giorno del
plenilunio, come riferisce Erodoto10. In epoca ellenistica, Doroteo di Sidone è l'unico
astrologo che parla di uno zodiaco lunare e gli astrologi arabi si riferiranno a lui nella
loro compilazione delle dimore lunari.
La grande importanza assegnata dalla tradizione astrologica occidentale al segno
ascendente e, a tratti, al corpo astrologico del Sole è una conseguenza del prevalere
dell'astrologia solare egizia. Tuttavia, l'egiziano Claudio Tolomeo, nato verso il 100 d.C.
nelle vicinanze di Alessandria, discute criticamente diversi assunti del sistema egiziano.
Egli rifiuta la concezione dei «decani», che due secoli più tardi Finnico Materno
accetterà pienamente; dubita del metodo di Nechepso e Petosiride sull'oroscopo del
concepimento, che si basava sul postillato che il grado zodiacale occupato dalla Luna nel
tema di natività è lo stesso occupato dal segno ascendente al momento del
concepimento. Infine, contrasta con con i presupposti dell'astrologia stellare egizia che dava
L'astrologia greca 19
ampio risalto al segno ascendente della figura oroscopica e, nel III libro della
Tetràbiblos , considera il medio cielo come il punto più importante dei quattro cardini
del tema di natività, in quanto rappresenta la culminazione superiore, il mezzogiorno,
l'età matura dell'uomo e le sue capacità di realizzazione.
La concezione cosmica di Tolomeo appare quella di uno spazio chiuso: dopo la sfera
di Saturno vi è immediatamente quella delle stelle fisse. Occorre però sottolineare che
tutti i rapporti cosmici erano per lui intesi in termini temporali piuttosto che in termini
di spazio. In termini temporali, lo spazio appare infinito e la Terra non è altro che un
punto inesteso nello spazio.
È interessante osservare che, proprio come Keplero millequattrocento anni dopo,
Tolomeo riprende le teorie pitagoriche e nel suo libro Sull'armonia parte dagli accordi
musicali per approfondire e spiegare come le influenze astrali rispecchino l'armonia del
cosmo e come, a sua volta, l'armonia del cosmo obbedisca agli stessi rapporti armonici
musicali.
La vecchia questione per cui ci si chiede se gli antichi greci immaginavano o no il
movimento della Terra esce da un quadro strettamente astrologico. In base alle pure
conoscenze astronomiche, doveva pur esser chiaro che la Terra era dotata di
movimento. Non solo perché ciò è espressamente detto nei testi attribuiti a Ermete
Trismegisto: la stessa ammissione dell'esistenza della precessione degli equinozi
presuppone, di per sé, la conoscenza del movimento dell'asse terrestre. Ora, come s'è
visto, la precessione degli equinozi era conosciuta prima di Tolomeo, prima di Ipparco e
prima di Platone.
Tolomeo tuttavia si pone il compito di far concordane le ipotesi più semplici con i
movimenti celesti, anche a costo di dover assumere solo quelle ipotesi astronomiche che
siano convenienti unicamente dal punto di vista dell'osservazione terrestre. Il suo
sistema è, in fondo, una sistemazione scientifica della dualità cielo-Terra. Nella sua
Sintassi matematica dell'astronomia dichiara: «Ci siamo proposti di dimostrare che le
anomalie apparenti delle cinque stelle erranti, come pure quelle del Sole e della Luna,
possono essere tutte ridotte a movimenti uniformi su dei cerchi, poiché solo tali
movimenti convengono agli esseri divini, mentre l'irregolarità è loro estranea». Il
sistema astronomico di Tolomeo coincide così con i desideri di Platone intorno a un
movimento regolare dei pianeti, che sarebbe segno della loro natura divina; ma nello
stesso tempo Tolomeo vuole dare una spiegazione rigorosamente fisica e naturale del
moto degli astri, rifiutando indirettamente il pensiero mistico e religioso di Platone e gli
antichi culti astrali. Quell'astrologia religiosa che è propria di tutta la nostra preistoria
umana e di cui i sabei di Harran ci hanno tramandato suggestive preghiere ai pianeti
non esisteva in Grecia come semplice movimento mistico marginale e periferico.
20 L'astrologia. Storia e metodi
Dovremmo, anzi, stupirci se un popolo che ha istituito templi e culti particolari ai
dodici segni dello zodiaco, sotto l'aspetto dei dodici dei olimpici governatori del mondo,
non avesse posseduto una tradizione culturale verso le divinità planetarie. Ecco allora
Esiodo parlare delle preghiere e delle offerte mattutine e vesperali alla Luna; e Platone
nel Convito11 ci mostra Socrate pregare il Sole all'alba.
Se molti grecisti hanno insistito sull'origine «barbara» dei culti astrali, Platone
nell'Epinomide sembra così rispondere: «A ogni modo poniamo con sicurezza che tutto
ciò che i greci hanno potuto apprendere dai barbari, essi lo hanno portato a un punto di
perfezione più compiuto; così, e tanto più, riguardo al presente argomento, dobbiamo
persuaderci che è la stessa cosa: e cioè che se è certamente difficile scoprire, senza
possibilità di dubbio, tutta la verità in simile materia, nondimeno vi è grande e bella la
speranza che i greci si prenderanno cura di tutti questi dei in maniera realmente più
bella e più giusta che non facciano le tradizioni e il culto venuto dai barbari, e questo in
virtù della "paidèia" dei greci, perché i greci posseggono le prescrizioni dovute
all'oracolo di Delfo e tutto il complesso del culto divino istituito dalle leggi: la divinità
non può essere mai irrazionale, né ignorare la natura umana» 12. Che questo trattato sia
stato scritto da Platone o dal suo discepolo Filippo di Opunte, nondimeno rivela le idee
correnti nel pensiero greco nel IV secolo a.C.
In Five stages of Greek Religion, Gilbert Murray ha scritto che l'astrologia
«s'impadronì della mentalità ellenistica come una malattia fino a quel momento ignota
s'impadronisce d'una qualche remota popolazione isolana». In effetti, una delle
caratteristiche principali dell'epoca ellenistica è il generale ritorno alle tradizioni più
antiche; e questa sorta di ritorno alle credenze originarie riportava alla luce frammenti
di dottrine e di credenze astrali non sempre chiaramente interpretabili. Dalle tombe
mitraiche d'epoca ellenistica, per esempio, vennero scoperte alla fine del secolo scorso
alcune statue che sono le rappresentazioni fedeli dello Zervan iranico, il tempo infinito o
il Fanes orfico;13 e nel pensiero gnostico di Simon Mago si fa riferimento ad antichissimi
testi magici babilonesi sui miti di Ishtar. Filone Biblo, infine, che viveva nel II secolo d.C.,
rispolverava scritti assai antichi la cui autenticità venne casualmente dimostrata con la
scoperta di alcune tavolette ugaritiche risalenti a millecinquecent'anni prima di Cristo.
Ora, l'astrologia di Tolomeo non parte dal pensiero platonico e, pur vivendo egli in piena
epoca ellenistica e nel massimo fiorire delle sette gnostiche, insiste sul fatto che
l'astrologia è una scienza naturale, fondata sulla qualità della materia. Le predizioni
astrologiche sono tratte da cause fisiche che provengono dal moto degli astri: «parlerò
ora di queste cose, mostrando apertamente le semplici cause da cui questi effetti sono
prodotti, respingendo lontano le cose che non hanno una causa fisica e su cui molti
tuttavia non cessano di pignoleggiare curiosamente, al di là dei limiti assegnati alla
L'astrologia greca 21
scienza»14. Se nella sua Sintassi Tolomeo concepisce l'astronomia come la parte più
filosofica delle matematiche, nella Tetràbiblos egli tratta dell'astrologia in quanto
scienza interpretativa dell'astronomia sferica: «Di queste dottrine, quella che precede
[l'astronomia] ha la sua arte che le è propria ; ma la seconda che la segue [l'astrologia]
non raggiunge lo stesso grado di certezza [...] non è così sicura, né così perfetta»15.
Nel primo libro della Tetràbiblos , Tolomeo tratta delle qualità naturali degli astri e
delle loro diverse determinazioni celesti e terrestri. Il secondo tratta dell'astrologia
mondiale che riguarda la ripartizione geografica delle terre abitate secondo i dodici
segni dello zodiaco. Espone inoltre il sistema dei pronostici universali, fondati
soprattutto sull'osservazione delle eclissi di Sole e di Luna. Grazie al sistema babilonese
del «saros» era possibile prevedere anticipatamente non solo il momento esatto di
un'eclisse, ma anche il luogo dove essa si sarebbe prodotta e, quindi, la regione terrestre
che ne avrebbe subito l'influenza. Una carta del cielo veniva così compilata per l'ora, i
minuti e i secondi esatti del momento dell'eclisse, tenendo conto della latitudine e della
longitudine del luogo interessato. Il terzo e il quarto libro trattano dell'astrologia
genetliaca o individuale, ossia del modo di erigere un tema di natività di un essere
umano e la sua interpretazione. Qui, pur conservando al medio cielo – culminazione
superiore o mezzogiorno della genitura – una maggiore energia potenziale, Tolomeo
avverte l'importanza del segno ascendente e della necessità di annotarne con esattezza
il grado, in quanto indispensabile alla determinazione del pianeta maestro della
genitura. Sono inoltre contenute nel terzo libro le questioni della iatromatematica ,
ovvero la medicina astrologica e i rapporti dei segni zodiacali e dei pianeti con il corpo
umano.
In Tolomeo i pianeti non rappresentano virtù morali, né qualità o caratteri divini. Di
primo acchito, può apparire che il sistema aristotelico sia, nel suo complesso,
scarsamente adatto a una costruzione astrologica; eppure, alla base dell'astrologia
razionale di Tolomeo v'è l'approfondimento aristotelico dei rapporti fisici tra corpo e
corpo. L'unità della materia, l'interagire dei suoi quattro elementi costitutivi (il caldo e il
freddo, il secco e l'umido) sono i concetti medesimi che, nel sistema tolemaico, formano
la natura dei pianeti e dei segni zodiacali: Saturno raffredda, Giove riscalda; la Luna e
Venere, in quanto corpi astrologici femminili, creano e portano l'umidità sia come forma
generale del loro influsso sul mondo sublunare, sia nella costituzione dei temperamenti
degli esseri umani.
Sono estranee al rigore di Tolomeo le speculazioni astrali degli stoici e dei
neoplatonici. Egli era forse l'ultimo rappresentante della scuola scientifica di
Alessandria e ci appare assai lontano dal sincretismo mistico religioso dell'epoca
ellenistica, dal risorgere delle antiche tradizioni astrali proprie della speculazione gno-
22 L'astrologia. Storia e metodi
stica, e dallo spirito generale di quel periodo che abbraccia, grosso modo, una larga
fascia che va dal III secolo a.C. al IV della nostra era. In effetti, tra i contemporanei di
Tolomeo vi sono taumaturgi neopitagorici come Apollonio di Tiana o Numenio di
Apomea, o il sacerdote dell'oracolo delfico di Apollo, Plutarco di Cheronea. Lo stesso
Apuleio di Madaura, di pochi anni più giovane di Tolomeo, esprime bene la credenza
dell'epoca alla magia naturale quando ritiene, «sulla fede di Platone, che tra gli dei e gli
uomini si trovino certe potenze divine, intermediarie per loro natura e per loro
posizione, e che mediante loro vengano operate tutte le divinazioni e i miracoli della
magia»16.
Nel secolo successivo, il pensiero filosofico di Plotino coinciderà perfettamente con
l'idea gnostica e giudaica dell'esistenza, fra la Terra e la sfera della Luna, di infiniti esseri
intermediari: i demoni eterni di cui tutta la Terra è popolata e che possono assumere
una corporeità ignea o aerea, terrea o acquea traggono la loro origine da antiche
tradizioni astrologiche; specie dalla concezione egiziana dei decani, volutamente
ignorata da Tolomeo. Il risorgere di queste credenze proponeva una visione astrologica
più mistica e, nel contempo, più duttile e aperta delle recenti sistematizzazioni
tolemaiche di Efestio di Tebe e di Paolo Alessandrimo. In effetti, Plotino le criticava
apertamente e suggeriva una sorta di emendamento alla tecnica astrologica che la
rendesse più compatibile con la visione gnostico-ermetica che dominava l'epoca.
«Plotino», riferisce Macrobio, «dichiara che niente accade agli uomini in virtù della forza
e del potere degli astri, ma gli avvenimenti che la necessità del decreto divino ha
regolato per ognuno di noi, il cammino delle sette stelle erranti, con le sue stazioni e le
sue retrogradazioni, ce li fanno conoscere; così gli uccelli, sia che avanzino nel volo sia
che si fermino, ci significano, attraverso le piume e il canto, cose future che essi
ignorano. E' solo così che si potrà dire che Giove è salutare e che Marte è terribile,
poiché tramite il primo sono significati gli avvenimenti felici e tramite il secondo le
sfortune»17.
Nel secolo successivo, il latino e cristianeggiante Firmico Materno considererà
Plotino un nemico dell'astrologia e la sua avversione lo spingerà a rappresentarlo
agonizzante con una disgustosa cancrena, mentre Giamblico riprenderà la critica al-
l'astrologia razionale, affermando che «la divinazione non si effettua tramite una azione
d'ordine fisico, ma è un che di natura divina e soprannaturale; essa ci viene
direttamente dal cielo» 18. E altrove rifiuta la concezione dei pianeti malefici: «Tu mi
domandi come sia possibile che, fra gli dei, alcuni abbiano un'azione benevola e altri
un'azione malevola. Quest'opinione, tratta dai facitori di oroscopi, è assolutamente falsa.
Invero tutti gli dei sono benefici e sono causa di bene e sono volti solo verso il bene ed
evolvono unicamente attorno al bello e al bene». Giamblico non ignora e non contesta
L'astrologia greca 23
che «l'influenza di Saturno ha una certa forza di tensione» e che quella di Marte «è
motrice», ma spiega che la natura malevola non è in loro, bensì può solo provenire dal
nostro modo di recepire il loro influsso. Così Marsilio Ficino tradurrà quest'idea di
Giamblico sulla ricettività umana degli influssi astrali : «Quella [la forza condensatrice di
Saturno], in verità, cadendo, è di frequente nociva quando è assorbita da una materia
più fredda; questa [la forza motrice di Marte] quando lo è da una più calda. Egualmente
quella nuoce quando è raccolta e costretta come se raggelasse; questa quando è
assorbita da una bollente; ciò avviene nella composizione della materia, cioè quando
quella non è abbastanza calda e perciò più densa; questa, infatti, è di per sé più calda e
sottile. La luce e il calore del Sole, per quanto sembrino giungere debolmente, tuttavia
sono necessari alla vita; similmente tutti gli influssi dei celesti giungono in modo
salutare, per quanto soggetti a cambiare per la differenza della materia accogliente o
perché la debolezza di questa non può facilmente tollerare la forza dei superiori. Tutti i
moti convergono universalmente e dalle esatte parti dell'universo, per quanto fra le
parti più piccole, in questo moto, capiti che qualcuna di esse nuoccia all'altra o che
alcuna di esse non sostenga facilmente il moto dell'universo. Come in una danza corale,
dove mentre i singoli danzano armoniosamente e si raggruppano con gesti fra di loro,
pure, in tutta la danza delle mani e dei piedi vengono premuti ed urtati. E se entra
qualcosa di debole, va in rovina»19.
In verità, l'astrologia ellenistica era divenuta una scienza specializzata che aveva, di
per sé, un'esistenza quasi autosufficiente e, comunque, quasi isolata dalla speculazione
filosofica che si sforzava di ricomporre i modi e le manifestazioni del principio vitale
dell'universo. Poteva così Plotino accusare a ragione gli astrologi di dissolvere la natura
di questo mondo, che è dotata di una causa prima (archè) già di per sé dissolta in tutte le
cose. Attraverso il paziente lavoro di traduzione di Marsilio Ficino, saranno in effetti i
testi di Giamblico, di Proclo e tutti quegli scritti ermetici anonimi che verranno
genericamente chiamati «antichi teologi» a influenzare massicciamente la rinascita di
un'astrologia naturale nel Rinascimento, accanto ai contributi arabi come il testo del
Picatrix.
24 L'astrologia. Storia e metodi
Note
1 Genesi, I, 2.
2 M. HALL, Man, the great symbol of the mysteries, New York s.d., p. 70.
3 L. ROBIN, Storia del pensiero greco, Torino 1951, p. 47.
4 Cit. da M. LOSACCO, Introduzione alla storia della filosofia greca, Bari 1929, p. 129.
5 CENSORINO, De die natali, 18, 6.
6 Ivi, 18, 11.
7 Cit. da A. S EPPILLI, Poesia e magia, Torino 1971, p. 324.
8 M. LOSACCO, op. cit., p. 222.
9 «Philologus», 6, 1892.
10 ERODOTO, Storie, VI, 106.
11 PLATONE, Convito, 220D.
12 Epinomide, 987E-988A. Oltre al culto dei dodici dei olimpici, ai quali i Pisistratidi avevano eretto un altare in Atene,
ancora nel II secolo a.C. «gli ateniesi facevano offerte senza vino a M nemosine, a Eos, a Helios, a Selene, alle Ninfe e a
Afrodite Urania». M.P. N ILSSON, Symbolistne astronomlque mystique dans certains cultes pubtics grecs, in «Hommage à F.
astronomlque et mystique
Cumont e J. Bidez», p. 219.
13 F. CUMONT, Textes et monuments figurés relatifs aux mystères de Mithra, Bruxelles 1899, pp. 74 ss.
14 TOLOMEO, Tetràbiblos, III, 3.
15 Ivi, prefazione al libro I.
16 APULEIO, Apologia, 43.
17 MACROBIO, Commento al sogno di Scipione, I, 19.
18 GIAMBLICO, Misteri egizi, III, 1
19 Ivi (traduzione di A. Boffino).
L'astrologia nell'impero romano
Note
1 A. VOLGUINE, L'ésotérisme
L'ésotérisme de l'astrologie, Paris I953, p. 150.
2 M.T. CICERONE, Il sogno di Scipione , VI, 12, 14.