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1.

Genesi dell’opera

L’isola del Tesoro è uno dei romanzi più conosciuti e apprezzati dello scrittore
inglese Robert Louis Stevenson. L’idea della stesura del testo nacque quasi per
gioco: dopo aver dipinto la mappa di un’isola, iniziò ad immaginare possibili nomi
da attribuire alle spiagge, montagne e insenature. Da questo momento in poi andò
sempre più delineandosi la struttura specifica dello scritto: i personaggi presero
forma quasi naturalmente, così come tutti i dettagli caratterizzanti e specifici.

La genesi dell’opera seguì un duplice percorso. Inizialmente essa venne concepita


come una storia breve, ricca di elementi fanciulleschi, e venne pubblicata per la
prima volta su una rivista per ragazzi chiamata Young Folks 1, tra il 1881 e il
1882.

La pubblicazione avvenne sotto lo pseudonimo di Captain George North, ma suscitò un


interesse quasi nullo da parte da parte della critica ottocentesca. L’accoglienza
mediocre da parte del pubblico inglese indusse l’autore ad una revisione del testo.
Nella nuova versione del libro lo stile narrativo assunse un carattere più adulto e
consapevole, ma il grande cambiamento venne apportato all’interno della struttura:
fu il passaggio da storia a romanzo a creare la differenza. Nella revisione
dell’Isola, Stevenson si lasciò ispirare da grandi romanzieri d’avventura come
Daniel Defoe, Washington Irving, Edgar Allan Poe, ma il testo più incisivo e
determinante fu General History of the Robbers di un certo Captain Charles Johnson,
dal quale trasse spunto per la fisionomia, le fattezze dei propri pirati 2.

2. Un romanzo di avventura

Le informazioni più attendibili circa la rivisitazione dell’opera coincidono con la


pubblicazione del saggio A Gossip on Romance (1882). Ivi l’autore opera una
distinzione tra il genere letterario del dramma e quello del romanzo, affermando
che «il drammatico è la poesia del comportamento, il romanzesco la poesia di
circostanza» 3.

Ed è proprio il fascino della circostanza una delle chiavi interpretative per la


lettura dell’Isola del tesoro. Tale aspetto trascina il lettore in una dimensione
suggestiva, inaspettata, imperscrutabile. Nel romanzo di avventura, il protagonista
– vuoi per destino, vuoi per cause esterne – finisce sempre nel trovarsi in
condizioni di pericolo, inattese; ed è proprio nel verificarsi di eventi
insospettabili che l’intenzionalità del personaggio viene meno. La perdita del
controllo dei sensi e delle azioni deve, allora, tramutarsi in una carica
innovatrice e conservatrice che consenta il superamento degli ostacoli, e dunque la
sopravvivenza.

Per Stevenson gli elementi di carattere straordinario costituiscono il fulcro del


romanzo di avventura. L’enfasi posta nelle azioni e nei luoghi inusuali è di
estrema rilevanza per qualunque scrittore che intenda approcciarsi a tale genere. È
proprio grazie all’elemento straordinario che il lettore può sognare ad occhi
aperti e fantasticare. I luoghi esotici, il carattere inusuale, fantastico,
trasportano il lettore in una dimensione onirica, di particolare impatto per la
memoria visiva. Stevenson ci dice che «non è il personaggio, ma l’evento che ci
sollecita ad abbandonare la nostra riservatezza. Succede qualcosa che noi
desidereremmo succedesse a noi stessi; una certa situazione che noi abbiamo a lungo
accarezzato nella nostra immaginazione giunge a realizzarsi nel racconto tra
dettagli appropriati e avvincenti» 4. L’ordinaria quotidianità viene, dunque,
accantonata per dar spazio ad evocazioni di carattere eccezionale.

Come vedremo, nell’Isola del tesoro le avventure romanzesche del protagonista


verranno tratteggiate tramite gli elementi tipici del suddetto genere letterario.
Affinché si verifichi il cosiddetto piacere del testo 5 è opportuno prestar fede
alle diverse componenti tipiche del romanzo. Prima fra queste, ricordiamo
l’utilizzo della memoria autobiografica 6.

Il giovane protagonista, Jim Hawkins, racconta in prima persona le vicissitudini


susseguitesi nel corso della storia – fatta eccezione per tre capitoli in cui il
narratore è rappresentato dal dottor Livesey. Lo stile narrativo è lineare,
scorrevole, ma soprattutto consapevole. Jim non nutre forme di esitazione
nell’esposizione dei fatti. L’evocazione dei ricordi, circa l’avventura vissuta in
mare e in terra, è vivida e ben strutturata. Ciò avviene anche grazie al secondo
elemento tipico del romanzo: la famiglia come elemento minore, quasi come una forma
di impedimento 7.

Il giovane protagonista rimane orfano del padre, ed è costretto a dire addio alla
madre. Il distacco dal nucleo familiare, dal paese natale, dalla sua locanda,
rappresentano il nucleo portante per l’intreccio dell’avventura, ma soprattutto per
la crescita personale di Jim. Difatti, egli sarà catapultato in un mondo ostile,
freddo, sconosciuto. Prenderà coscienza della natura corruttibile e spietata degli
altri (in particolar modo dei pirati) e imparerà a prestar fede esclusivamente al
proprio intelletto e alle proprie forze. Infine, troviamo l’elemento spazio-
temporale 8, che rappresenta un fattore indispensabile per la narrazione.

Le avventure del giovane Jim Hawkins, infatti, verranno descritte a partire da un


luogo a lui sconosciuto, ricco di insidie, e non in un ambiente familiare,
ristretto, che egli è in grado di conoscere ed esaurire nella sua completezza –
come la sua locanda.

3. Struttura e descrizione del testo

Abbiamo visto come l’Isola del tesoro contenga molti degli elementi tipici del
romanzo di avventura. Questi elementi sono indispensabili per la creazione di una
narrazione lineare, ma soprattutto di carattere fantastico. La presenza di
terrificanti pirati, di un tesoro non ancora dissepolto, di un luogo misterioso e
sconosciuto formano una sorta di struttura triadica su cui si fonda l’intreccio
d’avventura.

Stevenson narra le vicende di un giovane ragazzo di nome Jim Hawkins, la cui vita
ordinaria si trasforma in straordinaria a causa di una serie di incidents 9, di
eventi inaspettati. I più rilevanti riguardano la morte del padre, il ritrovamento
di una mappa del tesoro e il successivo viaggio in un’isola a lui sconosciuta.
Molti dei compagni che lo seguono in questa avventura si rivelano fidati, come il
capitano Smollet, lo squire Trelawney e il dottor Livesey; altri, come i pirati e
Long John Silver, si rivelano sleali.

Sin da subito appaiono evidenti nel romanzo i tratti distintivi tra gli
Avventurieri 10 – parola utilizzata all’interno del testo per designare i pirati –
e il resto dei protagonisti, che potremmo indicare con il termine di avventurosi
11.

I primi vengono descritti come uomini spietati, corruttibili, che operano in


funzione della propria sopravvivenza. Vivono una vita dissoluta, si concedono ai
piaceri dell’alcol, delle ricchezze materiali e utilizzano spesso un linguaggio
scurrile. Sono subordinati al capitano Long John Silver, il quale impartisce loro
gli ordini da eseguire. Uno dei tratti distintivi è sicuramente riscontrabile nella
dubbia moralità presente in tutti i pirati, ma soprattutto in Silver. Quest’ultimo,
infatti, rappresenta un incessante dualismo tra bene e male: in alcune occasioni si
rivela gentile e sincero, in altre spietato e crudele.
È privo di una gamba, segnato in corpo da numerose cicatrici, ma al contempo è
abile e non si lascia scalfire o sopraffare a causa del deficit fisico. È spinto
dalla brama del possesso e ciò lo distingue dagli altri personaggi. Gli avventurosi
come lo squire Trelawney, il capitan Smollet, il dottor Livesey, per contro,
vengono descritti come uomini razionali, pacati, ma, tuttavia, anch’essi in alcuni
momenti si rivelano sin troppo autoritari nei confronti del ragazzo.

La dicotomia bene-male, tuttavia, non è così evidente e scontata. Stevenson non si


schiera mai a favore dell’una o dell’altra faccia della medaglia, non opera una
scissione netta, ma effettua un continuo rimando tra i due elementi.

Questo aspetto ci conduce direttamente a un secondo punto fondamentale del romanzo:


il tempo. Il tempo lega i personaggi allo spazio circostante. Sappiamo che gli
eventi descritti ruotano intorno al XVIII secolo, ma non abbiamo una data precisa
circa lo svolgimento dei fatti.

La voce narrante rimane sempre un po’ ambigua circa la contestualizzazione storica


e geografica delle ambientazioni.

La prima parte della storia si svolge nei pressi di Bristol, la seconda parte –
riguardante le avventure in mare e nell’isola – è priva di coordinate territoriali.
Jim Hawkins mette in rilievo le dinamiche all’interno della nave e quelle
riguardanti l’isola, e non eventuali informazioni geografiche. È all’interno della
Hispaniola (nave) che avvengono i primi tradimenti tra la ciuma. Qui, i pirati,
definiti anche lupi di mare, filibustieri, carogne, si coalizzano, tradendo il
resto dei compagni. Non operano azioni sovversive, né si ribellano al capitano
Smollet, ma una volta scesi a terra – nell’isola – danno avvio ad assalti ed
imboscate. Questa forma di ammutinamento, aggressiva e spietata, è favorita anche
grazie all’ambientazione scelta. L’isola rappresenta l’elemento perfetto che lega
questi avventurieri, avidi di ricchezze, a un giovane ragazzo che fa di queste
esperienze una lezione di vita.

Il mare in tempesta, i fitti boschi dell’isola, le alte montagne che si erigono dal
suolo rappresentano un luogo ostile, avverso nell’immaginario collettivo. Basti
pensare ai grandi stereotipi della letteratura occidentale in cui le acque
minacciose, i boschi sono la causa principe delle avversità e delle sciagure dei
personaggi.

Nel nostro romanzo i pirati, tuttavia, sfruttano la pericolosità del luogo a loro
vantaggio: i fitti boschi rappresentano uno spazio favorevole per tendere delle
trappole e attaccare gli avversari. Per il giovane Jim, invece, la presenza di un
ambiente sconosciuto, potenzialmente ricco di insidie, rappresenta un elemento di
sfida. Egli è costantemente messo alla prova dalle condizioni che gli si presentano
lungo il cammino, e dunque non gli rimane che fare affidamento sulle proprie
capacità e sul proprio intelletto per superare gli ostacoli.

Infine, l’ultimo aspetto su cui vorrei porre l’attenzione riguarda proprio il


tesoro. Quest’ultimo rappresenta la causa dominante cui ruotano tutte le
vicissitudini dei personaggi. Nella narrazione stevensoniana il possesso del denaro
è fonte di contese tra i protagonisti adulti e i pirati. La brama della ricchezza
accomuna tutti gli avventurieri descritti nell’Isola, ed è proprio questa forte
avidità che spinge i nemici ad affrontare tutte le insidie che si prospettano lungo
il loro cammino.

In conclusione, per i pirati descritti all’interno del testo, l’immagine di una


vita all’insegna dei piaceri materiali è più forte di qualunque rischio mortale.

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