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11 Cesare, dopo aver trascorso una notte nelle navi, ora bianche come il
cielo, quando stava tentando di partire, fu improvvisamente allevato
dallo stesso errore, una parte delle navi di cui aveva paura. Cesare,
informato di questa circostanza, ordina prontamente a tutti di partire
dalle navi, e di aspettare che gli altri soldati armati arrivino a riva.
Perciò, senza indugio, ricevute le navi nel porto e da esse condotte le
forze dei soldati e dei cavalli, torna di nuovo alla città di Ruspina, e
lì sistemato il suo accampamento, egli stesso con trenta coorti di
fanteria leggera, stabilì fuori a foraggiare. Da ciò si seppe che il
disegno di Cesare, che lui, con la flotta delle navi da trasporto che
aveva mancato, voleva andare in una riserva, segretamente al nemico e la
moltitudine del nemico svenne dalla paura.
12 Nel frattempo, quando Cesare era già avanzato di circa 3 miglia dal
campo, gli viene riferito da esploratori e predecessori di cavalleria,
che le forze del nemico non erano lontane l'una dall'altra. E per Ercole,
con questa notizia cominciò a vedersi una gran polvere. Cesare, informato
di questa circostanza, ordina prontamente tutta la cavalleria, della
quale non aveva attualmente molta abbondanza; egli stesso lo precedeva
con pochi uomini armati. Ed ora, quando si vide da lontano il nemico,
ordinò ai suoi soldati in pianura di elmo, e di prepararsi a quella
battaglia; Il numero totale di questi era di trenta coorti, con
quattrocento cavalli e 150 arcieri.
13 Nel frattempo il nemico, al comando di Labieno, e dei due Pacidi,
schierarono un meraviglioso, non della lunghezza della fanteria, ma della
cavalleria, che mescolarono con Numidi armati leggeri e arcieri era che
il piede imperiale fino a non era tanto la forza di terra, e pensavano
che fosse sua; avevano rafforzato la loro ala destra e sinistra con
grandi forze del cavallo. Nel frattempo Cesare schierò il suo esercito il
più semplice possibile, a causa del loro piccolo numero; Posò gli arcieri
davanti alla linea di battaglia, e sollevò il cavallo sull'ala destra e
sull'ala sinistra, e comandò loro di prendere precauzioni per non essere
circondati dalla moltitudine della cavalleria nemica; poiché pensava di
aver schierato in battaglia, avrebbe combattuto con le forze di fanteria.
37 Cesare, dopo aver aumentato le sue forze dal secondo convoglio a due
legioni veterane, con cavalleria e fanteria leggera, ordina alle navi
scaricate di marciare subito a Lilibeo per trasportare il resto
dell'esercito; lui stesso il 6 di Kal. febbraio ordina per la prima
guardia, tutti gli scout e gli inservienti, di essere a sua disposizione.
Perciò, all'insaputa di tutti, e non ignaro, alla terza vigilia, ordina
che tutte le legioni siano condotte fuori dall'accampamento, e di
seguirlo verso la città di Ruspina, nella quale egli stesso aveva una
guarnigione, e non appena ha aggiunto alla sua amicizia. Di là
discendendo un piccolo pendio, conduce le legioni sul lato sinistro della
pianura a causa del mare. Questa pianura si trova a quindici miglia; che
cingeva il giogo che sale dal mare, e non tanto profondo, per così dire,
fa l'apparenza di un teatro. In questo crinale ci sono alcune alte
colline
42 Quando Cesare aveva atteso che il tramonto del sole fosse vicino, e
non si era accorto che Scipione si stava avvicinando al luogo dove si
trovava, e se la situazione lo aveva costretto a difendersi in una
determinata posizione, che ad osare stando in piedi vicino alla pianura,
non sembrava esserci motivo di avvicinarsi quel giorno più vicino alla
città, perché lì c'era una grande guarnigione Aveva scoperto che erano
Numidi e che il nemico aveva posizionato il centro della battaglia, e
aveva capito che fu per loro impresa ardua sia assediare la città in una
volta, sia combattere in posizione più sfavorevole sul fianco destro e
sinistro, soprattutto quando i soldati erano rimasti saldi sotto le armi
dalla mattina del giorno, sfiniti. Pertanto, dopo aver ridotto le sue
forze all'accampamento il giorno successivo, iniziò ad estendere le sue
linee più vicino alle loro linee.
44 Nel frattempo, del secondo convoglio che Alieno aveva inviato dalla
Sicilia, una nave, in cui Q. Cominius e L. Ticidas, un cavaliere romano,
era stato un cavaliere romano, si era smarrita dal resto della flotta, e
fu portato a Thapson dal vento, e portato a Scipione da Virgilio, tranne
che per barche, barche e rimorchi. Un'altra galea della stessa flotta,
vagando in una tempesta e segnalata agli Aegimuri, fu presa dalla flotta
di Vario e M. Ottavio, nella quale erano soldati veterani con un
centurione, e alcune reclute; il quale Varo osservò che i prigionieri,
senza biasimo, dovevano essere portati a Scipione. E quando vennero da
lui e presero posto davanti al suo palco, disse: "So per certo che tu non
sei il tuo libero arbitrio, ma che i tuoi stessi compatrioti, spinti
dall'impulso e dall'autorità di quell'imperatore malvagio, persegui
malvagiamente ognuno dei tuoi migliori». E poiché la fortuna ci ha
conferito il nostro potere, se, ciò che devi fare, Difenderai anche la
repubblica con il migliore degli uomini, certo ti darà vita e denaro.
Perciò fai discorsi ciò che pensi.'
45 Hac habita oratione Scipio cum existimasset pro suo beneficio sine
dubio ab his gratias sibi actum iri, potestatem eis dicundi fecit. Ex eis
centurio legionis xiv 'pro tuo' inquit 'summo beneficio Scipio, tibi
gratias ago--non enim imperatorem te appello--quod mihi vitam
incolumitatemque belli iure capto polliceris, et forsan isto uterer
beneficio, si non ei summum scelus adiungeretur. Egone contra Caesarem
imperatorem meum apud quem ordinem duxi, eiusque exercitum pro cuius
dignitate victoriaque amplius + XXXVI annos + depugnavi, adversus
armatusque consistam? Neque ego istud facturus sum et te magnopere ut de
negotio desistas adhortor. Contra cuius enim copias contendas, si minus
antea expertus es, licet nunc cognoscas. Elige ex tuis cohortem unam quam
putas esse firmissimam, et constitue contra me; ego autem ex meis
commilitonibus quos nunc in tua tenes potestate, non amplius X sumam.
Tunc ex virtute nostra intelleges, quid ex tuis copiis sperare debeas.'
49 Cesare, dopo aver notato che quasi tutti gli ausiliari che aveva
previsto erano radunati presso Scipione e che non ci sarebbe stato
ritardo nel combattimento, cominciò ad avanzare lungo la sommità del
crinale con le sue forze, e subito marciò con le sue armi, e fortificò le
fortezze e, avvicinatosi a Scipione, si affrettò ad impadronirsi degli
alti luoghi. I nemici, confidando nella grandezza delle loro forze,
avevano preso possesso della collina più vicina, e così si erano
impadroniti dei mezzi per avanzare più lontano. Labieno aveva preso il
consiglio di impadronirsi della stessa collina, e più vicino si trovava,
prima lo incontrava.
51 Cesare, fatto ciò per mezzo del cavallo, distribuisce i lavori alle
legioni e fortifica l'accampamento sul colle sul quale aveva preso
possesso. Poi, dal suo accampamento più grande, in mezzo alla pianura, di
fronte alla città di Uzitta, che era situata nella pianura tra il proprio
accampamento e quello di Scipione, e tenuta da Scipione, cominciò a
tirare con due braccia, e quindi mirateli in modo da radunarsi all'angolo
destro e sinistro di quella città. Elaborò quest'opera per questo motivo,
che, quando avesse avvicinato le sue forze alla città, e avesse
cominciato ad assalirla, l'avrebbe coperta con i suoi fianchi e con le
sue fortificazioni; sarebbe stata pericolosa, sia facilmente che senza
Pericolo. Voleva anche tentare di avere il coraggio di impegnarsi quando
si fosse avvicinato al nemico. Aggiunse anche altre ragioni, perché
questo luogo era molto basso, e non potevano esservi molti pozzi, perché
usavano acqua lunga e stretta; Mentre queste opere di cui ho detto prima
erano fatte dalle legioni, nel frattempo una parte dell'esercito,
schierata prima dell'opera, stava sotto il nemico; I barbari, il cavallo
e gli uomini dalle armi leggere, combattevano in minuti combattimenti
corpo a corpo.
62 Nel frattempo Varo aveva ritirato la sua flotta, che aveva prima
trasportata a Utica per l'inverno, e, apprendendo l'arrivo dell'ottava e
della nona legione, rapidamente scende dalla Sicilia, e lì completa i
marinai gaetuli e gli epibatiti, e, avanzatosi da Utica all'agguato,
arriva all'Adrumetum con cinquanta navi. All'insaputa del suo arrivo,
Cesare invia Lucio Cispiano con una flotta di ventisette navi, verso
Tapso, come guarnigione per il bene della sua guarnigione; Cispius,
dov'era mandato, arrivò presto, e l'aquila, sballottata da una tempesta,
non poté superare il promontorio; Il resto della flotta, essendo i
marinai usciti in mare aperto a Leptis, vagava qua e là sulla riva, e in
parte, essendo avanzato nella città, per essere sconfitto dal loro
commercio, rimase vuoto dal difensori.
63 Cesare, intanto, essendo stato subito informato dei lavori che stava
compiendo nell'accampamento per mezzo di messaggeri nell'accampamento,
che era distante sei miglia dal porto, e gettato tutto il suo cavallo sul
suo cavallo, presto arrivò a Lepti, e quivi esortò tutte le navi a
raggiungerlo; [poi] si imbarcò egli stesso su una piccola barchetta, e
alla velocità dell'Aquila, spaventato dalla moltitudine delle sue navi, e
trovandosi allarmato, cominciò a seguire la flotta nemica. Nel frattempo
Varo, spaventato dalla velocità e dall'audacia di Cesare, con tutta la
sua flotta che ha voltato le sue navi, si affretta a fuggire verso
Hadrumetus. Il quale Cesare, dopo aver ottenuto a quattro miglia,
recuperò, con tutti i suoi uomini di cinque epibati, e anche centotrenta
guardie del nemico, dopo aver preso quella nave, catturò la galea più
vicina del nemico, che aveva alloggiato in resistenza , carico di remi ed
epibata. Le altre navi nemiche superarono il promontorio e si recarono
all'Adrumetum, da un'assemblea generale. Cesare non riuscì a superare il
Capo con lo stesso vento, e dopo aver trascorso quella notte all'ancora
in mare aperto, allo spuntare del giorno si avvicinò ad Hadrumeto, e lì
aveva bruciato le navi da trasporto che erano fuori dell'assemblea, e con
tutti i il resto di loro o bloccato o ricacciato a Cothobo, rimase per
breve tempo, se forse volevano impegnarsi con la flotta, e di nuovo si
ritirò nel campo.
68 La città era Zeta, che era distante dieci miglia da Scipione, ed era
situata nelle vicinanze di essa e parte dell'accampamento, ma diversa e
lontana da Cesare, che era distante da lui quattordici miglia. In questo
luogo Scipione inviò due legioni a scopo di foraggiamento. Dopo che
Cesare seppe ciò da un disertore, essendo il suo accampamento radunato su
una collina e in una pianura aperta, e lasciandovi una guardia, egli
stesso uscì alla quarta veglia e passò davanti al campo del nemico con le
sue forze, e prese possesso della città. Scoprì che le legioni di
Scipione stavano raccogliendo grano per una considerevole distanza nei
campi, e si sforzò di contendere con lui, e osservò che le forze del
nemico fornivano loro aiuto a queste legioni. Questa circostanza ha
ritardato il suo attacco. Pertanto, dopo la cattura di C. Biocius
Reginus, un cavaliere romano, il più intimo amico di Scipione, che
presiedeva quella città, e P. Atrius, un cavaliere romano del convento di
Utica, e i 22 cammelli del re,
72 Cesare era molto commosso da queste cose, perché ogni volta che una
battaglia era iniziata, la sua cavalleria, senza soldati legionari, non
poteva in alcun modo essere uguale alla cavalleria del nemico e alla loro
fanteria leggera. Era sollecitato da queste cose, perché non aveva ancora
scoperto le legioni del nemico, e come avrebbe potuto resistere loro
dalla loro cavalleria e fanteria leggera, il che sarebbe ammirevole se
anche le legioni si fossero fatte avanti. Questo era anche il motivo per
cui le dimensioni e la frequenza degli elefanti tenevano in allarme le
menti dei soldati. Ma aveva trovato una cura per questa cosa. Perché
aveva ordinato di trasportare dall'Italia gli elefanti, che il soldato
conosceva sia per l'aspetto che per il valore della bestia, e a quale
parte del suo corpo potesse essere facilmente portata un'arma; inoltre,
che le bestie da soma non debbano temere il loro aspetto, l'odore
ronzante delle bestie feroci, catturate dalla loro abitudine. Con questi
mezzi li aveva ottenuti generosamente. Anche i soldati, infatti,
maneggiavano le bestie con le mani e ne riconoscevano la lentezza; e il
cavallo lanciò loro la palla davanti a loro, e la resistenza delle bestie
aveva portato i loro cavalli, secondo l'usanza.
73 Per queste ragioni, che ho sopra accennate, Cesare fu chiamato a un
intrigo, ed era diventato più lento e considerevolmente più piccolo, e si
era allontanato dalla sua antica consuetudine di combattere e veloce. Né
c'è da meravigliarsi: perché aveva le sue genti in Gallia avvezze a fare
guerra nelle pianure, e contro i Galli, uomini esposti e per nulla
insidiosi, che sono soliti combattere per valore, non per astuzia; ma poi
dovette darsi da fare per familiarizzare i soldati del nemico, imparare
gli inganni delle imboscate e dei mestieri, e cosa conveniva loro
seguire, e cosa evitare. Pertanto, affinché potessero concepire queste
cose il più presto, si sforzò di non contenere le sue legioni in un
luogo, ma trascinarle di qua e di là allo scopo di foraggiare; E dopo il
terzo giorno, dopo aver dispiegato le sue forze con maggiore cura, come
aveva schierato, passando per l'accampamento del nemico a causa del
nemico, li invita a combattere in un luogo tranquillo. Dopo averli visti
contrari, la sera riconduce le legioni all'accampamento.
78 C'era una città sotto il campo di Scipione, chiamata Tegea, dove era
solito avere una guarnigione di cavalleria di circa 2mila. Con la sua
cavalleria a destra e a sinistra, le legioni stesse, tirate fuori
dall'accampamento e tirate fuori dai lati della città, e tirate fuori
sull'altura sull'altura inferiore, avanzano in assetto di battaglia, non
più di un miglio dalle sue fortificazioni. Dopo che Scipione si trattenne
più a lungo in un luogo, e il tempo della giornata fu trascorso in ozio,
Cesare ordina alle sue truppe di cavalli di fare un attacco alla
cavalleria nemica che era nel presidio della città e si sottomette alla
stessa luce- arcieri armati e frombolieri. E quando questo cominciò ad
accadere, e dopo aver eccitato i cavalli di Giuliano, avendo fatto un
attacco, Pacideio cominciò a estendere il suo cavallo, in modo che
potessero avere i mezzi per circondare gli squadroni giuliani, e tuttavia
combattere più valorosamente e più vigorosamente . Che quando Cesare
osserva ordina a 300, che era solito tenere armati alla leggera delle
legioni, della legione che era stata schierata nella battaglia più vicina
a lui, di soccorrere la cavalleria. Labieno, nel frattempo, sottoporre ai
suoi ausiliari di cavalleria una carica di cavalleria, e fornire nuova
cavalleria ai feriti e agli sfiniti, e alle forze più recenti. Dopo che
quattrocento cavalieri di Giuliano non poterono sostenere la forza del
nemico, circa quattromila in numero, e furono feriti dalla fanteria
leggera dei Numidi, e minutamente si ritirò, Cesare manda un altro
squadrone, il quale, mentre cercavano di incontrarlo , rapidamente. Con
questo atto, tolti tutti loro, e facendo impressione al nemico, diedero
il nemico in fuga; molti essendo stati uccisi e molti feriti, inseguendo
il nemico, dopo aver guidato per 3 miglia su per la collina, si
ritirarono nel loro campo. Cesare, essendo rimasto dieci ore, come gli
era stato ordinato, si ritirò nel proprio accampamento, tutto salvo.
82 E così, andando in giro per il suo esercito, notò che i nemici erano
in preda al panico intorno al bastione, e correvano avanti e indietro nel
loro allarme, e ora si ritiravano all'interno delle porte, e uscivano in
modo incoerente e incontrollato . Quando la stessa cosa cominciò a essere
osservata da molti, gli ambasciatori e i volontari supplicarono
improvvisamente Cesare, perché non esitasse a dare un segnale, per
prefigurare la propria vittoria contro gli dei immortali. Mentre Cesare
esitava e resisteva al loro zelo e avidità, e che la battaglia non gli
piaceva facendo una sortita, gridò, e anche mentre sosteneva la linea di
battaglia, improvvisamente, costretto dall'ala destra, iniziò a suona la
tromba, senza gli ordini di Cesare, dai soldati. Fatto ciò, tutte le
coorti cominciarono ad avanzare le insegne contro il nemico, quando i
centurioni resistettero al petto del nemico e trattennero con vigore i
loro soldati, per timore che si incontrassero senza gli ordini del
comandante e non guadagnassero nulla.
85 Nel frattempo Tapso, che era una guardia, fa una sortita fuori dalla
città dalla porta del mare, e sia come mezzo per attaccare il proprio
soccorso, sia perché si preparino per la loro sicurezza da soli fuggendo
dal deserto di la città, ed entrando così nel mare attraverso l'ombelico,
mendicare terra. Coloro a cui era stato impedito l'ingresso in città
dagli schiavi e dai bambini che erano nell'accampamento, con pietre e
pietre, si ritirarono di nuovo in città. Intanto le truppe di Scipione
erano prostrate e fuggendo per tutta la pianura, subito le legioni di
Cesare lo seguirono e non gli diedero tempo di radunarle. I quali dopo
essere fuggiti in quel campo a cui miravano, per essere rieletti al campo
per difendersi di nuovo, e per cercare un capo al quale dovrebbero
guardare, per la cui autorità e condotta stavano facendo; Quando
arrivarono vedono anche che sono affascinati dai Giuliani. Disperati per
la sicurezza, stanno su una collina e, abbassando le braccia, fanno un
saluto alla maniera di un soldato. Per questi miserabili questa
circostanza era una piccola guarnigione. Perciocchè i soldati veterani,
infuriati di collera e di dolore, non solo poterono essere indotti a
risparmiare il nemico, ma anche ferire o uccidere molti de' distinti
cittadini del loro proprio esercito, che chiamarono autori; Tra quelli
annoverati fu Tullio Rufo, questore, il quale, dopo essere stato trafitto
da una pestilenza, morì dopo aver consultato i soldati; allo stesso modo
Pompeo Rufo, ucciso per un braccio con la spada, se non fosse venuto
presto da Cesare, e fu ucciso. Fatto ciò, parecchi de' cavalieri e
senatori romani, spaventati dalla battaglia, si ritirarono, per timore
che i soldati che, dopo una così grande vittoria, si erano presi la
libertà nel commettere una smodata speranza di impunità, fossero uccisi a
causa di questi risultati molto grandi.
86 Cesare, dopo aver preso il controllo dei tre accampamenti, dopo aver
ucciso diecimila nemici e averne messi in fuga diversi, si ritirò, con la
perdita di 50 soldati, nell'accampamento con pochi feriti, e subito si
fermò sulla strada davanti al città di Tapso; Questo disegno, se fosse
possibile Virgilio e quelli che erano con lui assediati, doveva essere
portato avanti dall'ostinazione de' suoi uomini dall'evidenza dei suoi
successi. Allora si chiamò Virgilio, e lo invitò alla sua sottomissione,
e raccontò la sua clemenza e clemenza. Dopo essersi accorto che non stava
dando una risposta, partì dalla città. L'indomani, radunato divinamente
l'avvenimento, applaude i soldati alla vista dei cittadini, e presenta
l'intero esercito come un veterano; e subito di là da Rebilo, il
proconsole, con le terze legioni a Tapso, e Cn. Lasciato Domizio con i
due Tisdra, dove comandava Considio, per assediarlo, M. Messala, mandata
avanti con la sua cavalleria davanti a Utica, si affretta a marciare per
la stessa via.
98 Queste cose furono fatte alle idi di giugno Salì a bordo della flotta
ad Utica, e dopo il terzo giorno arrivò a Cagliari in Sardegna. Là multò
i Sulcinii, perché avevano ricevuto Nasidium e la sua flotta, e li aveva
aiutati con le sue forze, e ordina a HS 100 di pagare ottave, e vende la
proprietà di alcuni, e prima del quarto giorno di dicembre. Quinta. La
nave s'imbarcò e, dopo essere stata fatta sbarcare dai Caralia, il
ventottesimo giorno, perché confinata nei porti dalle tempeste, giunse
alla città di Roma.