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FONTI Confronto tra la Vita Willibaldi e l' Itinerarium Bernardi: come due viaggi di pellegrinaggio rivelano i profondi cambiamenti

avvenuti nelle comunicazioni e negli scambi nel Mediterraneo tra il 720 e l'870 Hodoeporicon Sancti Willibaldi o Vita Willibaldi [723-726], Hugeburc, (BHL 8931), Ed. O. Holder-Egger, MGH SS 15.1 (1887) ; anche in Ed. T. Tobbler-A. Molinier, Itinera Hierosolymitana 1.2, X (Genova, 1880) Itinerarium Bernardi monachi franci [c.870], Ed. T. Tobbler-A. Molinier, Itinera Hierosolymitana 1.2, XIII (Genova, 1880) I movimenti di individui rappresentano la pi ricca fonte d'informazione sulle comunicazioni, nello specifico su quelle di lunga distanza, facendo luce direttamente o indirettamente sulla configurazione del mondo dei contatti e degli scambi commerciali, ancor pi in un et come quella del primo medioevo in cui la documentazione molto spesso scarsa, recalcitrante e non immediatamente interpretabile. Se San Girolamo narra di essersi recato a Gerusalemme nel 386 senza pensarci due volte e da qui scrive lettere senza difficolt, con persone che giungono sistematicamente a visitarlo nelle decadi subito successive, se, allo stesso modo, Pisani (si pensi in particolare ai viaggi di San Ranieri, 1115/17-1160, e Santa Bona, 1156-1207, in Terra Santa), Genovesi e Veneziani mantenevano intorno al 1200 stretti contatti con i porti levantini, rivelando una familiarit non molto dissimile da quella che avevano con gli stessi porti italiani, viene automaticamente testimoniata, per queste epoche, l'esistenza di una normale rete di scambi economiciculturali trans-mediterranei, che vede centinaia di navi, secondo rotte consuete e senza difficolt o barriere, solcare pressoch tutto il bacino; al contrario, in mezzo a queste due realt cronologicamente distanti ma ugualmente ordinarie e non problematiche, l'esperienza di Villibaldo, recatosi a Gerusalemme nel 723/4, configurandosi come un'impresa nettamente pi avventurosa e pericolosa, a tal punto da sembrar degna di esser narrata estesamente e in tutti i suoi dettagli, rivela certamente come le condizioni di viaggio e delle comunicazioni in generale nel Mediterraneo agli inizi dell'VIII sec. appaiano drammaticamente mutate. Villibaldo, originario del Wessex, divenne vescovo di Eichstadt e collaboratore di san Bonifacio (741-787). L'autrice della Via Willibaldi(costituita dal racconto del viaggio, cio I'Hodoeporicon, pi un breve prologo, un paragrafo de pueritia Villibaldi e alcuni riferimenti al suo episcopato) la monaca Hugeburc di Heidenheim, sua parente. All'et di 20 anni, egli decise di partire dalla sua casa dell'Hampshire dirigendosi a Roma, con l'intenzione poi di compiere, insieme a due compagni, un lungo pellegrinaggio verso la Terra Santa, passando per la Sicilia e la costa dell'Asia Minore e trattenendosi, al suo ritorno, per due anni a Costantinopoli, passando per Nicea. L'intero viaggio, come gi asserito, lungo, sfiancante, pieno di rischi e pericoli, descritto con dovizia di particolari, sotto dettatura dello stesso Willibald, alla monaca di Heidenheim e rappresenta una delle principali fonti, relative a viaggi e itinerari di pellegrini dell'alto medioevo. [159]...Cos, dopo che furono terminate le solennit della Domenica di Pasqua, questo inquieto combattente part per il suo viaggio con due compagni. Sulla loro strada, giunsero a una citt a est di Terracina [Fondi] e vi rimasero due giorni. Poi, lasciandola alle spalle, hanno raggiunto Gaeta, che si trova sul bordo del mare. A questo punto sono andati a bordo di una nave ed hanno attraversato il mare fino a Napoli, dove hanno lasciato la nave [160] su cui avevano navigato ed erano rimasti per due settimane. Queste citt appartengono ai Romani: sono nel territorio di Benevento, ma devono la loro fedelt ai Romani. E subito, come normale quando opera la misericordia di Dio, le loro speranze pi care sono state soddisfatte, perch per caso incapparono in una nave che era venuta dall'Egitto, cos si imbarcarono su di essa e salparono in una citt chiamata Reggio in Calabria. In questo luogo sono rimasti due giorni, poi partirono e si recarono verso l'isola di Sicilia, vale a dire, a Catania, dove il corpo di S. Agata, la vergine, riposa. L'Etna l. Ogni volta che il fuoco vulcanico esplode e inizia a diffondersi in tutta la regione, minacciandola, la gente della citt prende il corpo di S. Agata e lo mette di fronte alle fiamme in arrivo, cosicch esse si fermano immediatamente. Rimasero l tre settimane. Di qui fecero vela per Siracusa, una citt nello stesso paese. Salpando da Siracusa, hanno attraversato l'Adriatico e raggiunto la citt di Monembasia [piccola citt vicina alla parte meridionale della Morea, che come una sorta di Gibilterra bizantina, appariva invulnerabile e lontana dall'entroterra invaso dagli Slavi], nel paese di Slavinia, e da qui salparono poi verso Chios, lasciando Corinto sulla sinistra. Salpando da l, passarono Samos e si diressero spediti verso l'Asia, in direzione della citt di Efeso, che si trova a circa un chilometro dal mare. Poi andarono a piedi fino al punto in cui si trovano i Sette Dormienti a riposo. [caverna dove sette martiri,

durante il regno di Decio, 250 d.C., si sono rifugiati e fatti morire di fame] Da l si diressero verso la tomba di San Giovanni, l'evangelista, che si trova in un bel posto nei pressi di Efeso, e di l a due miglia pi in l lungo la costa del mare verso una grande citt chiamata Phygela, dove sono rimasti un giorno. In questo luogo hanno pregato un po 'di pane e si sono recati presso una fontana nel centro della citt, e, sedendovi sul bordo, hanno intinto il loro pane in acqua e quindi hanno mangiato. Essi proseguirono il loro viaggio a piedi lungo la riva del mare fino alla citt di Hierapolis, che sorge su un alto monte, e da l andarono in un luogo chiamato Patara, dove rimasero fino a quando il rigido e ghiacciato inverno era passato. Poi salparono da [161] l e raggiunsero una citt chiamata Mileto, che stata precedentemente minacciata di distruzione dalle acque. In questo luogo c'erano due solitari che vivevano su"stiliti", ovvero colonne costruite e rafforzate da un grande muro di pietra di altezza immensa, per proteggerli dall'acqua. Indi attraversarono direttamente [transfretabant] il mare fino al Monte Chelidonium e lo attraversarono per intero. A questo punto hanno sofferto molto la fame, perch il paese era selvaggio e desolato, e sono divenuti cos deboli per mancanza di cibo che temevano che il loro ultimo giorno era venuto. Ma l'Onnipotente Pastore del suo popolo si degnato di fornire cibo per i suoi poveri servi. Salpando da l, hanno raggiunto l'isola di Cipro, che si trova tra i Greci e Saraceni, e si sono recati alla citt di Pamphos, dove rimasero tre settimane. Era il periodo di Pasqua, ad un anno di distanza da quando loro erano partiti. Da l sono andati a Constantia [vicino Famagosta, anticamente chiamata Salamis] dove il corpo di S. Epifanio riposa, e vi rimasero fino a dopo la festa di San Giovanni Battista. Ancora una volta si misero i loro saii e raggiunsero la citt di Antarados [Tortosa nel Medioevo, oggi Tartus], che si trova vicino al mare nel territorio dei Saraceni. Poi andarono a piedi per circa nove o dodici miglia ad un forte chiamata Arche, [Akkar, Jebel Akkar o Husn el-Akrad, un castello saraceno in rovina?], dove incontrarono un vescovo greco. [...][162] In quel tempo c'erano sette compagni con Villibaldo e lui era l'ottavo. Quasi subito sono stati arrestati dai Saraceni pagani, e poich erano stranieri ed venuti senza credenziali sono stati fatti prigionieri. Questi non sapevano quale fosse la loro nazione di appartenenza, e, pensando che fossero spie, li sottoposero a un certo vecchio uomo ricco per scoprire da dove erano venuti. Il vecchio pose domande chiedendo loro da dove venivano e per quale commissione fossero stati impiegati. Loro gli dissero tutto sin dall'inizio e lo misero a conoscenza del motivo del loro viaggio. E il vecchio disse: "Ho visto spesso gli uomini provenienti da quelle parti del mondo. Voi siete compaesani di costoro, che non causano il male e sono solo ansiosi di compiere la loro legge" Cos loro lasciarono il vecchio e si recarono presso la corte, per chiedere il permesso di passare fino a Gerusalemme. Ma quando arrivarono, il governatore disse subito che erano spie e ordin loro di essere respinti in prigione fino al momento in cui avrebbe dovuto sentire dal re quello che doveva essere fatto con loro. Mentre erano in carcere hanno avuto un'esperienza inaspettata della meravigliosa prodigalit di Dio Onnipotente, che si degna misericordiosamente di proteggere i suoi servitori in tutto il mondo, tra armi da guerra e torture, barbari, e dai soldati, le prigioni e bande di aggressori, conservandoli e proteggendoli da ogni male. Un uomo era l, un mercante, che ha voluto redimere loro e liberarli dalla prigionia, in modo che essi dovessero essere liberi di proseguire il viaggio come volevano. Lo ha fatto a titolo di elemosina e per la salvezza della propria anima. Ma non riusc ugualmente a liberarli. [] I cittadini della citt, che sono persone curiose, venivano regolarmente a guardarli, perch erano giovani e belli e vestiti in abiti bellissimi. Poi, mentre stavano ancora languendo in carcere, un uomo dalla Spagna giunto e ha parlato con loro all'interno dello stesso carcere, realizzando indagini accurate circa la loro nazionalit e patria. Essi[163] gli raccontarono tutto il loro viaggio dall'inizio alla fine. Questo spagnolo aveva un fratello alla corte del re, che era il ciambellano del Re dei Saraceni. E quando il governatore che li aveva mandati in prigione arrivato alla corte, sia lo spagnolo che aveva parlato loro in carcere sia il capitano della nave su cui erano salpati da Cipro si sono riuniti alla presenza del re dei Saraceni , il cui nome era Myrmumni [amir al mum'minin, Comandante del fedele]. E quando la conversazione cadde sul loro caso, lo spagnolo disse a suo fratello ci che aveva appreso su di loro, parlandoci nella prigione, e chiese a suo fratello di trasmettere queste informazioni al re e di aiutarli. Cos, quando, in seguito, tutti questi tre vennero dal re ed ebbero menzionato il loro caso, dicendogli tutti i dettagli dal primo all'ultimo, il re domand da dove venissero, ed essi risposero: "Questi uomini vengono da occidente dove il sole tramonta; non sappiamo nulla del loro paese, tranne il fatto che al di l di esso non si trova nient'altro che l'acqua." Allora il re chiese loro, dicendo: ". Perch dovremmo punirli? Costoro non ci hanno fatto nulla di male. Consentite loro di partire e andare sulla loro strada." Gli altri prigionieri che erano in cattivit dovettero pagare una multa di tre misure [tremessis d'oro, probabilmente riferibile alla jizya, la tassa pagata dai non credenti]di mais, ma furono lasciati liberi da altre imposte. Cos, con questa autorizzazione subito essi si misero in viaggio per un centinaio di miglia fino a Damasco, in Siria, dove il corpo di S. Anania riposa. [Traduzione da C. H. Talbot, The Anglo-Saxon Missionaries in Germany, Being the Lives of SS. Willibrord,

Boniface, Leoba and Lebuin together with the Hodoepericon of St. Willibald and a selection from the correspondence of St. Boniface, (London and New York: Sheed and Ward, 1954)] Oltre un secolo e mezzo dopo Villibaldo, l'altro viaggiatore che percorre un lungo tragitto fino al Medio Oriente Bernardo, monaco franco proveniente dalla regione della Champagne, il quale, dopo aver ottenuto dal papa Niccol I la benedizione e la licentiam peragendi, parte intorno all'870 per Gerusalemme insieme a due confratelli, imbarcandosi a Taranto, non prima d'aver fatto visita al santuario di San Michele sul Gargano, e passando per Bari, sottoposta all'epoca allautorit del temibile emiro Sawdn, che costringe Bernardo a pagare una tassa che avrebbe dovuto permettergli di viaggiare nel dar al Islam, ossia in territorio musulmano. Da qui egli si diriger direttamente ad Alessandria, proseguendo di l via terra fino in Palestina. L'Itinerarium piuttosto sintetico. Al di 1 dell'aspetto devozionale, si tratta di una fonte ricca di informazioni, che va a colmare il vuoto documentario dei secoli IX e X. Emerge l'immagine di un Medioevo mobile e frenetico, i cui protagonisti sono cavalieri e signori feudali in cerca di terre e matrimoni, monaci in viaggio o in missione, mercanti e pellegrini che attraversano il mare, contadini che escono dai villaggi all'alba e rientrano al tramonto. Nell'attraversare i tre continenti, le frontiere non sembrano intralciare la mobilit: "tutto concorreva a rendere labili i legami tra uomo e territorio". L'itinerario di Bernardo rappresenta una delle migliori testimonianze della circolazione di uomini, merci e idee nel Mediterraneo medievale. Nell'anno dell'incarnazione di nostro Signore Ges Cristo 867, volendo nel nome del Signore visitare i Santi luoghi a Gerusalemme, io Bernardo, avendo preso per miei compagni due fratelli monaci, uno dei quali era del monastero di San Vincenzo a Benevento e si chiamava Teudemundo, l'altro era Spagnolo e si chiamava Stefano, venimmo a Roma dal papa Nicola e ottenemmo la desiderata licenza di partire con la sua benedizione ed assistenza. Di l venimmo al Monte Gargano, dove la chiesa di San Michele sotto una roccia, coperta dal di sopra da alberi di quercia. [...] Lasciando il monte Gargano viaggiammo per 150 miglia, ad una citt in mano ai Saraceni, chiamata Bari che era formalmente soggetta a Benevento. E' posta sul mare ed fortificata a sud da due grandi muri; a nord sporge alta sul mare. Qui ottenemmo dal principe della citt, chiamato sultano, il necessario equipaggiamento per il viaggio, con due lettere di salvacondotto che descrivevano le nostre persone e l'oggetto del nostro viaggio al principe di Alessandria e al principe di Babilonia. Questi principi sono sotto la giurisdizione dell'Emir-al-Mumenin, che governa su tutti i Saraceni e risiede a Bagdad e ad Axinarri che sono oltre Gerusalemme. Da Bari andammo al porto della citt di Taranto, alla distanza di 90 miglia, dove trovammo sei navi che avevano a bordo 9000 schiavi cristiani di Benevento [ambulavimus ad meridiem per XC miliaria usque ad portum Tarentinae civitatis ubi invenimus naves sex, in quibus erant novem millia captivorum de Beneventanis Christianis]. In due navi che salpavano per prime e che erano dirette in Africa c'erano 3000 schiavi; nelle due seguenti che erano destinate a Tunisi ce ne erano altri 3000. Le ultime due che contenevano parimenti lo stesso numero di schiavi cristiani, ci portarono al porto di Alessandria dopo un viaggio di 30 giorni. Qui ci fu proibito di sbarcare dal capitano dei marinai (che ne ha 60 sotto il suo comando) fino a che non gli demmo 6 aurei per la nostra partenza. Allora andammo dal principe di Alessandria e gli mostrammo le lettere che il sultano ci aveva dato, alle quali, comunque, egli non mostr attenzione, ma obblig ciascuno di noi a pagare 13 soldi, e allora ci diede lettere per il principe di Babilonia. E' costume di questo popolo di prendere in considerazione solo ci che pu essere pesato; e 6 dei nostri soldi e 6 denari fanno 3 soldi e 3 denari della loro moneta. [Traduzione da "Early travels in Palestine", ed. T. Wright, Londra 1948, pp. 23-31] * Entrambi i pellegrini coprono con i loro viaggi un'immensa distanza (oltre 6000 km), con lo scopo di recarsi a venerare i siti pi sacri della Cristianit. Ma ci che colpisce maggiormente non la distanza da loro percorsa o le difficolt da loro affrontate ma la grande divergenza tra le loro esperienze in generale. Tempo, spazio, qualit stessa dell'esperienza distingue i due viaggi in maniera fondamentalmente marcata. Anzitutto, il tempo che impiegano complessivamente nel pellegrinaggio: Villibaldo ci mette 8 anni, Bernardo 8 mesi. Per quanto entrambi gli itinerari siano ugualmente carichi di preoccupazione, per il tratto da Roma in poi, in realt essi seguono rotte verso li porti lontani totalmente differenti: Villibaldo s'imbarca sulla sua prima nave a Gaeta, successivamente prende un'altra nave a Napoli e salpa in varie tappe dell'Egeo bizantino; poi, procede lungo la sua strada, attraverso tappe simili, verso Cipro e Siria, raggiungendo la Terra

Santa dal nord, con un viaggio di andata che dura complessivamente due anni; Bernardo, d'altro canto, salpa direttamente dall'Italia arrivando ad Alessandria in 30 giorni, per poi completare il resto del viaggio a piedi, nell'entroterra egiziano, fino a Gerusalemme, presumibilmente entrando in contatto con viaggiatori locali lungo tutta la strada e servendosi delle loro infrastrutture. Una volta raggiunta la Terra Santa, le esperienze dei due pellegrini continuano a divergere: Villibaldo trascorre vari anni a vagare intorno tra i santuari della regione, compiendo una serie di viaggi collaterali che non sembrano aver avuto motivazione religiosa; inoltre, per tornare nell'Europa occidentale, egli avverte la necessit di navigare prima verso Costantinopoli, dove, cosa usuale per l'epoca, decise di fermarsi un altro paio di anni prima di tornare in Italia e andare a risiedere a Monte Cassino. Bernardo e i cuoi compagni, invece, visitano gli immediati dintorni di Gerusalemme e poi tornano semplicemente indietro sulla costa, imbarcandosi su una nave che salpa direttamente in direzione della costa tirrenica italiana; una volta giunti qui, visitano un altro santuario regionale e rientrano a Roma. Mettendo a confronto le due esperienze radicalmente diverse, da un lato si assiste ad un viaggio penosamente lento e indiretto, incentrato su una navigazione sostanzialmente di cabotaggio, in cui i viaggiatori rimangono abbarbicati ai territori cristiani per quanto pi tempo possono; dall'altro, invece, si assiste ad un viaggio relativamente rapido e diretto, su tratte di pi lunga percorrenza, con i pellegrini che si lasciano alle spalle il territorio cristiano alla prima opportunit. Inoltre, Villibaldo descrive l'esperienza visiva dei siti sacri visitati in doviziosi dettagli: egli consente al lettore di immaginarsi, quasi di toccare con mano, una realt distante che presumibilmente non avr mai modo di vedere coi propri occhi (emblematica in tal caso la sua descrizione del Santo Sepolcro, preziosa testimonianza di prima mano su questi luoghi in quell'epoca). Le distanze sono indicate solo occasionalmente e raramente accompagnate dalle relative direzioni, non fornendo cos pi di tanto indicazioni utili e pratiche per render pi facile un' eventuale ripetizione dell'impresa. Parecchie generazioni dopo, Bernardo ricorre a tutto un altro modo di procedere: salta ad esempio ogni accurata descrizione del Santo Sepolcro (De hoc sepulcro non est necesse plura scribere, cum dicat Beda in historia sua Anglorum inde sufficientiam, Quae et nos Possumus referteaa., questo genere di cose lo si pu trovare in Beda, afferma) e preferisce abbondare in consigli pratici, soffermandosi ad riferire come, ad esempio, ottenere un passaporto dalle autorit arabe, come funziona la tassa della jizya, quanto i diversi cristiani devono pagare per beneficiare della loro protezione, ecc. Egli specifica i giorni o le miglia necessarie, indica le direzioni, annota come si debba pagare per qualsiasi cosa si necessiti in alcune locande e stabilisce il tasso corrente di cambio tra la valuta carolingia e quella araba. Il monaco franco rivela chiaramente come la parte pi pericolosa del suo intero itinerario sia rappresentata dal ducato di Roma mentre il Califfato la zona pi sicura di tutte. Gli avvertimenti astuti ed i consigli importanti forniti da Bernardo con cos tanta insistenza sarebbero stati assolutamente inutili per chi non avesse avuto intenzione di pianificare o intraprendere da s un viaggio simile; questo dimostra che l'autore stesso presupponeva che i lettori potessero affrontare autonomamente un viaggio che, fino a cento cinquant'anni prima, doveva sembrare virtualmente impossibile. I resoconti di Villibaldo e di Bernardo suggeriscono cos che le cose, tra 720 e 870, sono cambiate profondamente e che notevolmente trasformato si rivela il modo in cui le persone e i beni si muovono attraverso il Mediterraneo, dall'Europa occidentale fino ai margini del mondo bizantino ed islamico. In particolare, i viaggi dei due pellegrini, riflettendo indirettamente il reale movimento delle navi, nella maggior parte dei casi mercantili, e dunque, in generale, i movimenti connessi con il commercio per il Mediterraneo, gettano luce sui cambiamenti avvenuti proprio all'interno dello scenario politico ed ancor pi economico-commerciale nel bacino tra le due epoche. Villibaldo racconta di esser riuscito ad imbarcarsi a Napoli su una nave per caso, fortunatamente trovatasi l proveniente dall'Egitto, nave certamente mercantile ( altamente improbabile che si trattasse di una nave nemica che si stesse servendo dei circuiti regionali nell'Italia bizantina); lo stesso Villibaldo, pi in l nel suo racconto, riferisce, a testimonianza della fluida commistione esistente tra il ruolo di pellegrino e quello di mercante, di aver finanziato parte del suo epico pellegrinaggio contrabbandando del balsamo da Gerusalemme a Costantinopoli (questo rivela proprio che, anche in un'epoca come il primo VIII sec. di difficoltose comunicazioni e ridottissimi scambi commerciali interregionali, questi non cessarono o scomparvero mai del tutto). Il caso di Bernardo, cento cinquant'anni dopo, , a tal proposito, ancora pi interessante: egli racconta di esser salpato dall'Italia per l'Egitto su una nave schiavista, una delle 6 navi destinate a commercio di schiavi che egli trova (invenimus) ancorate a Taranto, al momento del suo imbarco, delle quali due partono per lAfrica, due per Tripoli di Siria, due infine per Alessandria (su una di queste presero appunto posto i tre monaci). La necessit di trovare intenzionalmente una nave implica chiaramente il fatto che il viaggiatore

contasse su qualunque tipo di imbarcazione posto a sua disposizione, dimostrando come fosse ancora pi consueto per i pellegrini dell'epoca viaggiare su navi mercantili. Di notevole rilievo, , in particolare, proprio il dettaglio sulla crescente importanza nel IX sec. del commercio di schiavi, di cui Taranto, sotto il controllo dei Saraceni fino allanno 880, sembra essere stata un centro di smistamento considerevole; il numero degli schiavi imbarcati, secondo Bernardo (9000), anche se presumibilmente esagerato, lascia comunque trasparire quali fossero i rapporti di forza tra i poteri che combattevano per il controllo dellItalia meridionale alla met del IX sec. Litinerario del monaco franco Bernardo sembra cos confermare il ruolo crescente dal punto di vista di scambi e comunicazioni, gi a partire dall'800, del litorale adriatico, a proposito del quale Cardini ha parlato di linea di sutura tra Oriente e Occidente, in cui centrale, anche e soprattutto in riferimento al commercio di schiavi, si rivela l'emergente realt di Venezia, vero crocevia e punto di riferimento per gli scambi di beni di lusso e per i contatti in generale tra i due versanti del Mediterraneo. Tutto questo, tuttavia, non avviene a danno della direttrice tirrenica. Si tratta di un sistema portuale bilanciato. Inoltre, la sua esperienza di viaggio a contatto col mondo islamico permette di intravedere, rispetto all'epoca di Villibaldo, una realt nettamente pi composita e articolata a livello politico ed economico: la frammentazione dei poteri infatti sembra non essere unesclusiva occidentale a tal punto che le autorit islamiche che Bernardo incontrer lungo il viaggio non riconosceranno alcuna validit al lasciapassare dellemiro di Bari, cosicch, suo malgrado, egli dovr pagare ben tre volte il diritto di passaggio. In generale comunque, dal suo resoconto, si riscontra chiaramente il fatto che la presenza musulmana, in Europa e in Oltremare, non affatto d'ostacolo alla navigazione. Gi nell'869 il patriarca di Gerusalemme Teodosio, scrivendo al concilio di Costantinopoli, aveva plauso al sistema di sicurezza di cui potevano beneficiare i pellegrini di Terra Santa, sottolineando, come gi asserito nel caso dell'esperienza riportata dal monaco franco, la notevole sicurezza e affidabilit del sistema installato dai Musulmani in questi territori da loro conquistati. Per quanto la narrazione dell'itinerario del monaco franco Bernardo, rispetto al particolareggiato racconto di Villibaldo della sua esperienza al limite del mirabolante e del rocambolesco, prospetti un Mediterraneo notevolmente pi aperto, dinamico, stimolato dall'affermarsi di nuove realt politiche e di rinnovati fermenti economici, maggiormente interconnesso e pi stabilmente organizzato, in cui molteplici circuiti dall'800 in poi tornano a riconnettere pi strettamente Occidente e Oriente, entrambe le testimonianze costituiscono una vivida e preziosa voce che contribuisce a gettar luce su un Mediterraneo ritenuto fino a tempi recenti moribondo in un periodo in cui gli stessi movimenti e viaggi apparivano scarsissimi e quasi totalmente impraticabili. Insieme alla documentazione e all'evidenza fornita dai resoconti di altri 667 viaggiatori individuati e analizzati per il periodo che va dal 700 al 900, gli itinerari di Villibaldo e Bernardo, nonostante le dovute differenze e le attestazioni dei dinamici cambiamenti avvenuti tra le rispettive epoche, rappresentano solo uno scorcio, uno spiraglio straordinariamente variegato e interessante, di un mondo di comunicazioni e scambi proto-medievale incredibilmente pi vasto, ricco, movimentato di quanto sia mai stato immaginato. Bibliografia di riferimento: -M.McCormick, Origins Of the European Economy, Communication and Commerce, AD 300-900, Cambridge (2001)

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