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L’ETÀ DELLE GUERRE PERSIANE

I. La rivolta ionica mero delle navi. Invece di cento ne avrai pronte due-
cento all’inizio della primavera. Ma per questo oc-
ERODOTO V 30: Alcuni ricchi uomini di Nasso, essendo corre l’approvazione personale del re».
perseguitati dal popolo, fuggirono e si recarono a [32] Ascoltata la risposta, Aristagora, tutto soddi-
Mileto, a quel tempo retta da Aristagora figlio di Mol- sfatto, se ne tornò a Mileto; Artafrene a sua volta,
pagora, genero e cugino di Istieo figlio di Lisagora, mandò a riferire a Susa le parole di Aristagora; rice-
trattenuto da Dario a Susa. (...) I Nassi, una volta arri- vuta la approvazione personale di Dario, equipaggiò
vati a Mileto, chiesero ad Aristagora se in qualche duecento triremi, allestì un contingente assai nume-
modo poteva fornire loro delle truppe con cui rien- roso di Persiani e di vari altri alleati e vi pose a capo
trare in patria. E Aristagora, considerando che se fos- Megabate, un Persiano della famiglia Achemenide,
sero rientrati in patria grazie a lui avrebbe coman- cugino suo e di Dario. Con la figlia di Megabate, se è
dato su Nasso, facendosi forte dei vincoli di ospitalità vero ciò che si racconta, si fidanzò, in tempi poste-
di Istieo rivolse loro il seguente discorso: «Io perso- riori, lo spartano Pausania, figlio di Cleombroto, bra-
nalmente non sono in grado di garantirvi una forza moso di diventare tiranno della Grecia. Affidato il co-
tale da farvi rientrare contro la volontà dei Nassi che mando a Megabate, Artafrene spedì l’esercito a rag-
tengono la città. Mi dicono infatti che i Nassi dispon- giungere Aristagora.
gono di un corpo di 8000 uomini e di molte navi lun- [33] Megabate prese con sé da Mileto Aristagora,
ghe; ma escogiterò qualcosa con tutta la mia buona il contingente della Ionia e i Nassi e navigò apparen-
volontà. Ecco come io ragiono. Si dà il caso che Arta- temente in direzione dell’Ellesponto; quando giunse
frene sia un mio amico; Artafrene, lo sapete bene, è a Chio andò a fermare le navi a Caucasa, intenzionato
figlio di Istaspe e fratello di re Dario, e comanda su a passare da lì a Nasso approfittando del vento di
tutti gli abitanti della fascia costiera asiatica, dispo- nord. Ma poiché evidentemente non era destino che
nendo di un esercito numeroso e di molte navi. Lo i Nassi perissero per opera di questa spedizione, ca-
ritengo l’uomo adatto per realizzare quanto deside- pitò il seguente fatto. Megabate faceva il giro dei
riamo». Udito ciò, i Nassi incaricarono Aristagora di corpi di guardia delle navi e per combinazione sulla
agire come meglio poteva; lo invitarono a promet- nave di Mindo nessuno era di sentinella. Megabate
tere doni e il vettovagliamento dell’esercito, a cui considerò grave la cosa e ordinò alle sue guardie di
avrebbero provveduto essi stessi, perché nutrivano scovargli il comandante di quella unità, che si chia-
molte speranze che i Nassi avrebbero obbedito ai mava Scilace, e di legarlo attraverso a un foro del più
loro ordini appena essi fossero comparsi nelle acque basso ordine di remi nella nave, infilandolo con il
di Nasso; speravano lo stesso degli altri isolani: in ef- corpo dentro e la testa fuori. Mentre Scilace era così
fetti di tutte queste isole [Cicladi] nessuna era ancora imprigionato, qualcuno andò a informare Aristagora
sotto Dario. che Megabate aveva ignominiosamente fatto legare
[31] Aristagora si recò a Sardi e disse ad Artafrene il suo ospite di Mindo; allora Aristagora si presentò
che Nasso era un’isola non grande, quanto a esten- dal Persiano a intercedere, ma, non ottenendo nulla
sione, però bella e fertile, e vicina alla Ionia, piena di di ciò che chiedeva, andò lui stesso a liberare Scilace.
ricchezze e di schiavi. «Tu dunque muovi guerra a Messo al corrente, Megabate se la prese molto a
questo paese, rinsedia in Nasso gli esuli fuoriusciti. male e andò su tutte le furie con Aristagora, il quale
Se lo fai, ho pronto per te molto denaro oltre le gli rispose: «Tu cosa c’entri in questo affare? Arta-
somme necessarie per l’esercito (che giustamente frene non ti ha inviato perché tu mi obbedissi e navi-
tocca a noi, che vi guidiamo, di pagare); tu aggiun- gassi ai miei ordini? Perché ti immischi in tutto?».
gerai ai domìni del re varie isole, Nasso stessa e Così disse Aristagora. E l’altro, irritato da queste pa-
quelle dipendenti da Nasso, Paro e Andro e altre, le role, come scese la notte, mandò a Nasso degli uo-
così chiamate Cicladi. Muovendo da quelle basi met- mini su un battello per avvertire i Nassi della situa-
terai facilmente le mani sull’Eubea, un’isola vasta e zione.
prospera, non inferiore a Cipro e sicuramente più fa- [34] In effetti, i Nassi non si aspettavano per nulla
cile a prendersi. Ti basteranno cento navi per conqui- che questa flotta dovesse muovere contro di loro.
starle tutte». E Artafrene gli rispose così: «Tu ti fai per Quando ne furono avvisati, subito trasferirono den-
la casa reale promotore di imprese eccellenti e sei tro le mura quanto avevano nei campi, fecero prov-
anche buon consigliere in tutto, tranne che per il nu- viste di cibo e di bevande per sostenere un assedio e
rinforzarono le mura. Costoro dunque si preparavano

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per una guerra imminente, gli altri, una volta trasfe- come ho chiarito già nel mio primo libro. L’idea di
rita la flotta da Chio a Nasso, assalirono gente ormai Ecateo non si impose; si decise comunque di ribellarsi
arroccata nelle sue difese e la assediarono per quat- e che uno di loro si recasse a Miunte presso l’esercito
tro mesi. Quando i Persiani ebbero esaurito le scorte di stanza là dopo la ritirata da Nasso, e cercasse di
con cui erano venuti e molto ebbe sborsato Arista- catturare gli strateghi imbarcati sulle navi.
gora in aggiunta di tasca sua, mentre l’assedio neces-
sitava di ulteriore denaro, edificarono una fortezza II. Dario intima ai Greci di concedere acqua e terra
per gli esuli di Nasso e si ritirarono in brutte condi-
zioni sul continente. ERODOTO VI 48-49. In seguito Dario cercava di son-
[35] Aristagora non era in grado di mantenere la dare le intenzioni dei Greci, se volevano fargli la
promessa fatta ad Artafrene; intanto gli pesavano le guerra oppure arrendersi. Perciò inviò araldi, un po’
spese militari che gli si chiedevano, poi lo spaventa- dappertutto in Grecia, con l’incarico di esigere terra
vano il cattivo stato dell’esercito e l’aver litigato con e acqua per il re. Oltre agli araldi mandati in Grecia,
Megabate: pensava che gli avrebbero tolto il governo altri ne spedì nelle città costiere sue tributarie con
di Mileto. In apprensione per ciascuna di queste ra- l’ordine di costruire navi lunghe e imbarcazioni
gioni, meditava una ribellione; e proprio in quel mo- adatte al trasporto di cavalli. [49] Tali città dunque
mento per combinazione arrivò da Susa, da parte di allestivano la flotta; intanto agli araldi arrivati in Gre-
Istieo, il messaggero con segni tatuati sul capo che cia molti sul continente concessero ciò che esigeva il
avvertivano Aristagora di ribellarsi al re. Infatti Istieo, re persiano; gli isolani a cui giunsero le richieste si
volendo comunicare ad Aristagora l’ordine di insor- adeguarono tutti.
gere, non aveva sistema sufficientemente sicuro per
avvisarlo, dato che le strade erano tutte sotto con- III. La battaglia di Maratona
trollo; allora, rasato il capo al più fidato dei suoi servi,
vi tatuò dei segni, attese che ricrescessero i capelli e ERODOTO VI - ; - : Dopo la presa di Ere-
appena furono ricresciuti lo mandò a Mileto con il tria e pochi giorni di sosta colà, salparono verso la
solo incarico, una volta giuntovi, di invitare Arista- terra d’Attica, stringendo gli Ateniesi in una morsa,
gora a radergli i capelli e a dargli una occhiata sulla convinti di destinarli alla stessa fine degli Eretriesi. E
testa. Il tatuaggio ordinava, come ho già detto, la ri- poiché Maratona era, in Attica, la località più adatta
bellione. Istieo agiva così perché gravemente tor- a operazioni di cavalleria, e vicinissima a Eretria, qui li
mentato dalla propria segregazione a Susa; se fosse guidò Ippia, figlio di Pisistrato.
scoppiata una rivolta aveva certo buone speranze di [ ] Gli Ateniesi, come lo seppero, accorsero an-
essere rispedito verso il mare, pensava invece che se che loro a Maratona per difendersi, al comando di
a Mileto non succedeva nulla non vi sarebbe tornato dieci strateghi; tra i dieci c’era Milziade, il cui padre
mai più. Cimone, figlio di Stesagora, era stato costretto ad ab-
[36] Istieo, dunque, agitato da questi pensieri, bandonare Atene da Pisistrato figlio di Ippocrate. (...)
mandava il messaggero; ad Aristagora accadde che [ ] Allora dunque questo Milziade comandava
tutti questi eventi coincidessero. Si consigliava dun- l’esercito ateniese. Era arrivato dal Chersoneso ed era
que con quelli della sua fazione rivelando la propria scampato due volte alla morte: infatti non solo i Fe-
idea e il messaggio ricevuto da parte di Istieo. Tutti nici che gli avevano dato la caccia fino a Imbro ci te-
gli altri si trovarono d’accordo con lui e lo esortarono nevano assai a catturarlo e a consegnarlo al re, ma
a ribellarsi; invece lo scrittore Ecateo in un primo mo- per giunta, proprio quando, sfuggito ai Fenici e arri-
mento sconsigliava di far guerra al re dei Persiani, vato in patria, era ormai convinto di essere in salvo, i
specificando tutti i popoli su cui Dario comandava e suoi nemici, che lo avevano atteso al varco, lo perse-
l’entità della sua forza; ma visto che non riusciva a guirono penalmente accusandolo di essersi reso ti-
persuaderli, in un secondo momento propose loro di ranno del Chersoneso. Sfuggito anche a questi accu-
impegnarsi per diventare padroni del mare. E disse, satori fu proclamato stratego di Atene, per scelta po-
continuando, che non lo vedeva raggiunto questo polare.
obiettivo in altro modo (già si sapeva che militar- [ ] Per prima cosa gli strateghi, mentre erano
mente Mileto era debole): ma se avessero prelevato ancora in città, inviarono a Sparta come araldo il cit-
le ricchezze consacrate nel santuario dei Branchidi da tadino ateniese Filippide, che era, di professione, un
Creso di Lidia, nutriva buone speranze che avrebbero messaggero per le lunghe distanze. Filippide, come
conseguito il dominio del mare. E così loro avrebbero lui stesso raccontò e riferì ufficialmente agli Ateniesi,
potuto usufruire di quel denaro e i nemici non avreb- nei pressi del monte Partenio, sopra Tegea, s’imbatté
bero potuto rapinarlo. Si trattava di ricchezze ingenti, in Pan. Pan, dopo aver gridato a voce altissima il

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nome di Filippide, gli ingiunse di chiedere agli Ate- divisi fra due diversi pareri: alcuni di noi sono pro-
niesi perché mai non si curavano affatto di lui, ben- pensi a combattere, altri no. Ebbene, se non scen-
ché fosse loro amico e li avesse aiutati molte volte in diamo in campo io mi aspetto che una ventata di di-
passato e fosse pronto a farlo per il futuro. E gli Ate- scordia investa gli Ateniesi e ne sconvolga le menti,
niesi, una volta ristabilitasi la situazione, avendo cre- inducendoli a passare con i Medi. Se invece attac-
duto veritiero tale racconto, edificarono ai piedi chiamo prima che questa peste si propaghi ai citta-
dell’acropoli un tempio di Pan, che venerano ogni dini, se gli dèi si mantengono imparziali, noi siamo in
anno, dopo quel messaggio, con sacrifici propiziatori grado di uscire vincitori dalla lotta. Tutto questo ri-
e una corsa di fiaccole. guarda te e da te dipende; infatti se tu ti schieri sulle
[ ] Filippide, inviato dagli strateghi, proprio mie posizioni, per te la patria sarà salva e Atene la
quella volta lì, in cui disse che gli era apparso Pan, era prima città della Grecia. Se invece ti schieri con chi è
già a Sparta il giorno dopo la sua partenza dalla città per il no, accadrà esattamente il contrario di quanto
di Atene. Presentatosi ai magistrati spartani, disse: ti ho detto in positivo».
«Spartani, gli Ateniesi vi pregano di venire in loro [ ] Con tali parole Milziade si garantì l’appog-
soccorso e di non permettere che una città fra le più gio di Callimaco, e grazie al voto aggiuntivo del po-
antiche della Grecia cada in schiavitù per opera di lemarco si decise di dare battaglia. Dopodiché gli
genti barbare; è così: ora gli Eretriesi sono schiavi e la strateghi favorevoli allo scontro, quando a ciascuno
Grecia risulta più debole, perché le manca una città di loro toccava il turno di comando, lo cedevano a
importante». Egli dunque comunicava il messaggio Milziade; Milziade accettava, ma non attaccò batta-
che gli era stato affidato; gli Spartani decisero sì di glia finché non giunse il suo turno effettivo.
inviare aiuti, ma non erano in grado di provvedere [ ] Quando toccò a lui, allora gli Ateniesi si
subito, perché non volevano violare la legge: era in- schierarono in ordine di combattimento. Alla testa
fatti il nono giorno della prima decade del mese, e il dell’ala destra c’era il polemarco [Callimaco]. Infatti
nono giorno non potevano partire, specificarono, all’epoca la consuetudine ateniese voleva così, che il
perché non c’era ancora il plenilunio. polemarco guidasse l’ala destra. Da lì si allineavano
[ ] Ippia interpretò che la sua visione così aveva le tribù, una accanto all’altra, secondo il loro numero;
avuto compimento. Agli Ateniesi schierati nell’area l’ultimo posto, cioè l’ala sinistra, l’occupavano i Pla-
del santuario di Eracle giunsero in soccorso i Plateesi teesi. (...)
tutti; in effetti i Plateesi si erano messi sotto la prote- [ ] Quando furono ai loro posti e i sacrifici eb-
zione di Atene, e gli Ateniesi si erano già sobbarcati bero dato esito favorevole, gli Ateniesi, lasciati liberi
varie gravose imprese per loro. (...) di attaccare, si lanciarono in corsa contro i barbari.
[ ] Le opinioni degli strateghi ateniesi erano di- Fra i due eserciti non c’erano meno di otto stadi. I
scordi: mentre alcuni non volevano ingaggiare batta- Persiani vedendoli arrivare di corsa si preparavano a
glia (sostenendo che erano pochi per misurarsi con riceverli e attribuivano agli Ateniesi follia pura, auto-
l’esercito medo) altri invece, tra i quali Milziade, spin- distruttiva, constatando che erano pochi e che quei
gevano in tal senso. Erano dunque così divisi e stava pochi si erano lanciati di corsa, senza cavalleria, senza
prevalendo l’opinione peggiore; ma esisteva una un- arcieri. Così pensavano i barbari; ma gli Ateniesi, una
dicesima persona con diritto di voto, e cioè il citta- volta venuti in massa alle mani con i barbari, si bat-
dino estratto a sorte per la carica di polemarco in tevano in maniera memorabile. Furono i primi fra
Atene (anticamente, infatti, gli Ateniesi attribuivano tutti i Greci, a nostra conoscenza, a tollerare la vista
al polemarco lo stesso diritto di voto degli strateghi). dell’abbigliamento medo e degli uomini che lo vesti-
In quel momento era polemarco Callimaco di Afidna. vano; fino ad allora ai Greci faceva paura anche sem-
Milziade si recò da lui e gli disse: «Callimaco, ora di- plicemente udire il nome dei Medi.
pende da te rendere schiava Atene, oppure assicu- [ ] A Maratona si combatté a lungo. I barbari
rarle la libertà e lasciare di te, finché esisterà il genere ebbero il sopravvento al centro dove erano schierati
umano, un ricordo quale non lasciarono neppure Ar- i Persiani stessi e i Saci; qui i barbari prevalsero, sfon-
modio e Aristogitone. Oggi gli Ateniesi si trovano di darono le file dei nemici e li inseguirono nell’interno.
fronte al pericolo più grande mai incontrato dai Invece alle due ali la spuntavano gli Ateniesi e i Pla-
tempi della loro origine: se chineranno la testa da- teesi; essi, vincendo, lasciarono scappare i barbari
vanti ai Medi, è già deciso cosa patiranno una volta volti in fuga, e operata una conversione delle due ali
nelle mani di Ippia; ma se vince, questa città è tale da affrontarono quelli che avevano spezzato il loro cen-
diventare la prima della Grecia. E ora ti spiego come tro; gli Ateniesi ebbero la meglio. Inseguirono i Per-
ciò sia possibile e come l’intera faccenda sia venuta a siani in fuga facendone strage, finché, giunti sulla riva
dipendere da te. Noi strateghi siamo dieci e siamo

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del mare, ricorsero al fuoco e cercarono di catturare gli ordini, i Fenici con funi di lino bianco, gli Egiziani
le navi. con funi di papiro. Ci sono sette stadi da Abido alla
[ ] In questa impresa morì il polemarco Calli- costa di fronte. E quando il braccio di mare era stato
maco, che si dimostròun uomo valoroso, e fra gli ormai aggiogato, sopraggiunse una violenta tempe-
strateghi Stesilao, figlio di Trasilao; inoltre Cinegiro, sta, si abbatté su tutte quelle opere e le disfece. [35]
figlio di Euforione, mentre si afferrava agli aplustri di Serse, come lo seppe, adirato con l’Ellesponto diede
una nave cadde con la mano troncata da un colpo di ordine di infliggergli trecento colpi di frusta e di tuf-
scure; e perirono molti altri illustri Ateniesi. fare in acqua un paio di ceppi. E ho pure sentito dire
[ ] In tal modo gli Ateniesi catturarono sette che assieme a costoro inviò dei marchiatori a bollare
navi nemiche; sulle rimanenti i barbari presero il largo l’Ellesponto. Ordinò poi di pronunciare, mentre lo fu-
e, caricati gli schiavi di Eretria dall’isola dove li ave- stigavano, le seguenti barbare e insolenti parole:
vano lasciati, doppiarono il Capo Sunio, con l’inten- «Acqua proterva, il tuo signore ti infligge questa
zione di arrivare ad Atene prima delle truppe ateniesi. pena, perché lo hai offeso senza aver da lui ricevuta
In Atene corse poi la voce accusatrice che essi aves- alcuna offesa. Re Serse ti varcherà che tu lo voglia o
sero concepito questo piano grazie alle macchina- no. A te nessun uomo offre sacrifici, ed è giusto: per-
zioni degli Alcmeonidi. Essi, infatti, d’accordo con i ché sei un fiume melmoso e salmastro». Il mare or-
Persiani avrebbero fatto segnali con uno scudo dinò di punirlo così, e a chi sovrintendeva alla costru-
quando questi erano già sulle navi. zione del ponte sull’Ellesponto fece tagliare la testa.
[ ] I Persiani dunque doppiavano il Sunio. Gli
Ateniesi il più velocemente possibile corsero a difen- V. La risposta ateniese alla seconda invasione per-
dere la città, e riuscirono a precedere l’arrivo dei bar- siana
bari; partiti dal santuario di Eracle a Maratona, ven-
nero ad accamparsi in un’altra area sacra ad Eracle, ERODOTO VII 138-143: La spedizione del re, formal-
quella del tempio di Cinosarge. I barbari, giunti in vi- mente muoveva contro Atene, ma in realtà era diretta
sta del Falero (era quello allora il porto di Atene), so- contro tutta la Grecia. I Greci, che ne avevano avuto
starono alla sua altezza e poi volsero le prue e torna- notizia con largo anticipo, non tenevano la cosa tutti
rono in Asia. in ugual conto: quanti avevano consegnato terra e
[ ] Nella battaglia di Maratona morirono acqua al re persiano confidavano di non patire danno
barbari circa e Ateniesi. (...) alcuno dal barbaro; quelli che non l’avevano fatto
erano in preda a un grande terrore, un po’ perché in
IV. L’intervallo tra la prima e la seconda guerra Grecia non c’erano navi sufficienti a reggere l’urto
persiana dell’invasione, un po’ perché le masse non erano di-
sposte a intraprendere la guerra e inclinavano volen-
ERODOTO VII 1; 32-35. Dopo che la notizia della bat- tieri a schierarsi coi Medi.
taglia svoltasi a Maratona ebbe raggiunto re Dario 139. A questo punto mi sento obbligato a espri-
figlio di Istaspe, costui, che era già fortemente ostile mere una opinione che i più respingeranno; tuttavia
agli Ateniesi per l’assalto a Sardi, tanto più grave- non mi asterrò dal dire quella che a me pare una ve-
mente si adirò ed ebbe fretta di marciare contro la rità. Se gli Ateniesi, terrorizzati dal pericolo incom-
Grecia. Inviati de messaggeri nelle varie città, subito bente, avessero abbandonato il loro paese, o, senza
ordinò di allestire un esercito, imponendo a ognuno lasciarlo, pur rimanendovi si fossero arresi a Serse,
contributi ben maggiori di quelli versati in prece- nessuno avrebbe tentato di opporsi al re per mare. E
denza, e navi da guerra e cavalli e vettovaglie e mer- se nessuno si fosse opposto a Serse sul mare, ecco
cantili. Attraversata in lungo e in largo da tali ordini, cosa sarebbe accaduto in terraferma: anche se i Pe-
l’Asia fu sconvolta per tre anni, mentre i migliori sol- loponnesiaci avevano gettato molte cinta di mura da
dati venivano arruolati e tenuti pronti per l’immi- un capo all’altro dell’Istmo, gli Spartani (...) sarebbero
nente spedizione contro la Grecia. [32]. Arrivato a rimasti soli; e una volta soli, pur avendo compiuto im-
Sardi, <Serse> per prima cosa da lì inviò araldi in Gre- prese eccezionali, sarebbero periti gloriosamente (...)
cia a chiedere terra e acqua e a intimare che prepa- oppure si sarebbero accordati con Serse. E così, in
rassero banchetti per il re; inviò questa richiesta di entrambi i casi, la Grecia sarebbe stata sottomessa ai
terra a tutte le città, tranne Atene e Sparta. (...) [33] Persiani. (...) E invece, neppure terrificanti oracoli pro-
Poi si preparò a raggiungere Abido. Nel frattempo le venienti da Delfi, che li gettavano nel panico, indus-
sue truppe aggiogavano l’Ellesponto dall’Asia all’Eu- sero gli Ateniesi ad abbandonare la Grecia: rimasero
ropa. (...) [34] Partendo dunque da Abido in direzione e si prepararono a resistere all’invasione del loro
di questo tratto di costa, costruirono i ponti secondo paese.

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[140] A Delfi essi avevano inviato degli incaricati a navi ed esortavano ad allestirne e a lasciar perdere il
consultare l’oracolo. Compiuti gli atti rituali intorno resto. Però quelli che spiegavano il muro di legno con
al santuario, come entrarono e si sedettero nella sala, le navi erano messi in imbarazzo dalle ultime parole
la Pizia, che si chiamava Aristonice, pronunciò il se- pronunciate dalla Pizia: «Divina Salamina, farai morire
guente responso: «Sventurati, perché state qui se- figli di donne, quando si semina o quando si racco-
duti? Fuggite ai limiti estremi del mondo, lasciate le glie il frutto di Demetra». Su queste parole le idee di
case, le alte cime della tua città a forma di ruota. Né chi indicava nelle navi il muro di legno erano confuse;
la testa né il corpo restano saldi né i piedi né le mani; gli interpreti ufficiali di oracoli le intendevano nel
e nulla di quel che c’è in mezzo rimane, tutto è deso- senso che se gli Ateniesi avessero preparato una bat-
lazione; la distruggono fuoco e l’impetuoso Ares, che taglia sul mare sarebbero stati sconfitti presso Sala-
guida un carro assiro. Abbatterà numerose altre for- mina.
tezze, non solo la vostra; darà al fuoco devastatore [143] C’era però fra gli Ateniesi un uomo entrato
molti templi degli dèi, che già ora si ergono trasu- di recente nel novero dei cittadini più autorevoli; si
danti sudore, pallidi di paura; e giù dagli altissimi tetti chiamava Temistocle figlio di Neocle. Egli affermò
scorre sangue nero, presagio di sciagura inevitabile. che gli interpreti ufficiali non avevano spiegato l’ora-
Uscite dal sacrario del dio; stendete sulle sciagure il colo correttamente e sosteneva che se davvero esso
vostro coraggio». fosse stato rivolto agli Ateniesi, a suo parere non
[141] Udite queste parole, gli inviati ateniesi pro- avrebbe detto così serenamente «Salamina divina»,
varono un profondo dolore; si erano già persi bensì «Maledetta Salamina», se davvero i cittadini
d’animo, quando Timone figlio di Androbulo, uno fra stavano per morire nelle sue acque. Invece, a inten-
i personaggi più ragguardevoli di Delfi, suggerì loro derlo correttamente, l’oracolo si riferiva ai nemici e
di prendere rami da supplici e in tale veste presen- non agli Ateniesi; li invitava dunque a prepararsi per
tarsi una seconda volta a interrogare l’oracolo. Gli la battaglia con le navi, perché proprio queste erano
Ateniesi si lasciarono convincere e dissero al dio: «Si- il muro di legno.
gnore, dacci un responso più favorevole per la nostra
patria, per riguardo a questi rami da supplici, con i VI. Temistocle e le mura di legno secondo Plu-
quali siamo qui davanti a te; altrimenti non lasceremo tarco
più il sacrario, ma resteremo qui finché non mori-
remo». Questo dichiararono; e l’indovina pronunciò PLUTARCO, Temistocle 10, 1-5: Allora Temistocle, tro-
questo secondo vaticinio: «Pallade non può propi- vandosi in difficoltà a trascinare la folla con ragiona-
ziarsi Zeus Olimpio, benché lo preghi con molte pa- menti umani, innalzò una macchina come nelle tra-
role e con astuta saggezza; a te però darò questo se- gedie e fece entrare per loro in scena segni divini e
condo responso, rendendolo saldo come l’acciaio. oracoli. Prese come segno divino la sparizione del
Quando sarà preso tutto ciò che è racchiuso fra il serpente dal recinto sacro, avvenuta, come sembra,
monte di Cecrope e i recessi del divino Citerone, l’on- proprio in quei giorni. [2] Quando i sacerdoti trova-
niveggente Zeus concede alla Tritogenia che resti in- rono intatte le primizie che ogni giorno a lui venivano
tatto soltanto il muro di legno, che salverà te e i tuoi offerte, annunciarono al popolo, dietro suggeri-
figli. E tu non startene tranquillo ad attendere la ca- mento di Temistocle, che la dea aveva abbandonato
valleria e la fanteria che irrompono in massa dal con- la città indicando agli Ateniesi la via del mare. [3] Con
tinente; ritirati, volgi le spalle; un giorno verrà in cui l’aiuto di un vaticinio egli cercava di nuovo di persua-
sarai di fronte al nemico. Divina Salamina, farai mo- dere il popolo, dicendo che con l’espressione «mura
rire figli di donne, quando si semina o quando si rac- di legno» null’altro indicava l’oracolo se non le navi,
coglie il frutto di Demetra». e che perciò il dio chiamava Salamina «divina» e non
[142] Poiché queste parole erano e parevano più «terribile» o «crudele», in quanto avrebbe dato il suo
benevole delle precedenti, le trascrissero e tornarono nome a un evento di grande fortuna per i Greci. [4]
ad Atene. Quando gli inviati, al loro arrivo, le riferi- Essendo riuscito nel suo intento, Temistocle propose
rono al popolo, fra quanti cercavano di interpretare una legge con cui, posta la città sotto la protezione
l’oracolo sorsero molti pareri diversi; ma cito i due più di Atena, patrona di Atene, si ordinava che tutti i cit-
contrastanti. Alcuni dei più anziani dicevano che, se- tadini in età atta alle armi s’imbarcassero sulle triremi
condo loro, il dio aveva predetto che l’acropoli si sa- e che ciascuno provvedesse a mettere in salvo come
rebbe salvata, dato che anticamente l’acropoli di poteva bambini, donne e schiavi. [5] Approvata la
Atene, era difesa da uno steccato di graticci. Questo legge, la maggior parte degli Ateniesi trasferirono fi-
steccato, secondo la loro interpretazione era il muro gli e mogli a Trezene perché ivi fossero custoditi, e i
di legno; altri sostenevano che il dio si riferiva alle

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Trezeni li accolsero assai onorevolmente e decreta- quanti fossero e cosa stessero facendo; ancora in
rono di mantenerli a spese pubbliche assegnando Tessaglia aveva saputo che lì si era radunato un pic-
loro un sussidio giornaliero di due oboli a testa; di colo esercito e che a comandarlo erano gli Spartani
permettere ai ragazzi di prender la frutta donde vo- con Leonida, della stirpe di Eracle. Il cavaliere, avvici-
lessero e in più di pagare l’onorario dei loro maestri. natosi all’accampamento, poté spiare e osservare
La proposta di questa legge fu presentata da Nica- tutto tranne l’esercito: infatti non era possibile scor-
gora. gere i soldati appostati al di là del muro che avevano
eretto e presidiavano; osservò quelli di fuori, le cui
VII. La battaglia delle Termopili armi giacevano davanti al muro. Lì in quel momento
erano schierati per caso gli Spartani. E li vide intenti
ERODOTO VII 201-228. Il re Serse aveva il campo nella in parte a compiere esercizi fisici in parte a pettinarsi
zona di Trachis, nella Malide; i Greci, invece, si accam- le chiome; stupefatto, li guardava e li contava. Me-
parono nel passo. Questa località è chiamata Termo- morizzato per bene ogni particolare, tornò indietro
pili dalla maggior parte dei Greci, ma Pile dalla gente indisturbato: nessuno lo inseguì, incontrò l’indiffe-
del luogo e del vicinato. (...) [202] Ed ecco quali con- renza generale; tornato al suo campo, riferì a Serse
tingenti greci attendevano il Persiano in questa loca- tutto ciò che aveva veduto.
lità: trecento opliti Spartiati, mille fra Tegeati e Man- [209] Serse, ascoltandolo, non riusciva a capire la
tinei (metà ciascuno); centoventi venivano da Orco- realtà, e cioè che gli Spartani si preparavano a morire
meno d’Arcadia e mille dal resto dell’Arcadia: tanti e a uccidere secondo le proprie forze; poiché anzi gli
erano gli Arcadi; quattrocento erano gli uomini di parevano intenti ad attività ridicole, mandò a chia-
Corinto, duecento di Fliunte e ottanta di Micene. mare Demarato, figlio di Aristone, che si trovava
Questi erano i Peloponnesiaci presenti. Dalla Beozia nell’accampamento. Quando fu da lui, Serse lo inter-
c’erano settecento Tespiesi e quattrocento Tebani. rogò su ciascun particolare, desideroso di sapere
[203] A essi si aggiunsero i Locresi Opunzi con tutte cosa stessero combinando gli Spartani. E Demarato
le loro forze e mille Focesi. I Greci, in effetti, li avevano rispose: «Già mi hai sentito parlare di questa gente,
chiamati in soccorso informandoli attraverso mes- quando eravamo in partenza per la Grecia: ma poi,
saggeri di essere arrivati come avanguardia: che il re- dopo avermi ascoltato, ridevi di me, che esprimevo il
sto dell’esercito alleato era atteso da un giorno all’al- mio parere sull’esito di questa spedizione. Sovrano,
tro, che il mare era sotto controllo, guardato da Ate- per me è una vera impresa praticare la verità di fronte
niesi, Egineti e da quanti prestavano servizio nella a te. Ascoltami, dunque, anche ora. Questi uomini
flotta; che non avevano nulla da temere. Non era un sono venuti a combattere contro di noi per il passo e
dio, dicevano, l’invasore della Grecia, ma un essere ci si stanno preparando. Hanno infatti una regola che
umano, e non c’era né ci sarebbe mai stato un uomo vuole così: allorquando si apprestino a mettere a ri-
che dopo la nascita non venisse colpito da qualche schio la propria vita si ornano la testa. Sappilo: se pie-
disgrazia; anzi agli uomini più grandi toccano le scia- gherai costoro e quelli rimasti a Sparta, non c’è altro
gure più gravi; quindi anche il capo dell’esercito in- popolo al mondo che ti contrasterà opponendosi a
vasore, in quanto essere umano, era destinato a sve- te con le armi; ora, in effetti, stai attaccando il regno
gliarsi dai suoi sogni di gloria. E quelli, sentendo simili più bello esistente fra i Greci, gli uomini più valorosi».
discorsi, erano accorsi nel paese di Trachis. Serse trovò tale discorso assai poco degno di fede e
[206] Gli Spartiati avevano inviato per primi Leo- si rivolse a Demarato una seconda volta chiedendogli
nida e i suoi perché gli altri alleati, vedendoli, scen- come avrebbero fatto gli Spartani a combattere in
dessero in campo e non passassero anch’essi al ne- così pochi contro il suo esercito. E Demarato rispose:
mico, qualora avessero udito che gli Spartani differi- «Mio re, trattami pure da mentitore, se le cose non
vano la partenza. Poiché c’erano di mezzo le feste andranno come sostengo». (...)
Carnee, contavano, più tardi, celebrate le feste e la- [213] [Per vari giorni i Persiani vengono respinti
sciato a Sparta un presidio, di accorrere in massa e dall’armata di Leonida] Proprio quando il re non sa-
con rapidità. E altrettanto pensavano di fare anche gli peva più che fare in quel frangente, gli si presentò un
altri; infatti, nello stesso periodo, con questi avveni- abitante della Malide, Efialte figlio di Euridemo, certo
menti erano venuti a coincidere i Giochi Olimpici; convinto di ricevere da lui qualche grande ricom-
pertanto, non credendo che la guerra alle Termopili pensa, e gli parlò del sentiero che portava alle Ter-
si sarebbe decisa così rapidamente, avevano inviato mopili attraverso i monti; e così segnò la fine dei
solo delle avanguardie. Greci che là avevano resistito. In seguito, per paura
[208] Mentre essi si consigliavano così sul da farsi, degli Spartani, Efialte si rifugiò in Tessaglia; dopo la
Serse mandò un cavaliere in esplorazione a spiare sua fuga, alla riunione degli Anfizioni a Pile, i Pilagori

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misero una taglia sulla sua testa e più tardi (era rien- suggerito Efialte: infatti la discesa dal monte è assai
trato ad Anticira) morì per mano di un uomo di Tra- più rapida e la distanza molto minore che non l’aggi-
chis, Atenade. (...) [215] Serse si compiacque di ramento e la salita. I barbari di Serse avanzavano e i
quanto Efialte gli prometteva di fare: subito, tutto al- Greci di Leonida, da uomini che marciavano incontro
legro, ordinò a Idarne e ai suoi uomini di partire; si alla morte, si spinsero ormai molto più che all’inizio
mossero dall’accampamento all’ora in cui si accen- verso lo spazio più aperto della gola. Molti Persiani
dono i lumi. (...) finirono in mare e annegarono, molti di più ancora
[217] Seguendo tale sentiero fatto così, i Persiani, morivano nella calca calpestandosi a vicenda: nem-
attraversato l’Asopo, marciarono tutta la notte (...). meno uno sguardo per chi cadeva. I Greci, sapendo
Spuntava l’aurora quando giunsero sulla vetta del che sarebbero morti per mano di quanti avevano ag-
monte. Nei pressi di questo monte, come ho già spie- girato la montagna, mostravano ai barbari tutta la
gato, erano di guardia mille opliti focesi, che difen- propria forza, con disprezzo della propria vita, con
devano la loro patria sorvegliando il sentiero; la via rabbioso furore.
d’accesso inferiore, infatti, era presidiata da quelli che [224] Alla maggior parte di loro, intanto, s’erano
si è detto, i Focesi invece vigilavano sul sentiero, di ormai spezzate le lance, ma massacravano i Persiani
loro iniziativa, dopo essersi impegnati in tal senso a colpi di spada. E Leonida, dopo essersi comportato
con Leonida. [218] (...) Efialte la nazionalità di quei veramente da valoroso, cadde in questo combatti-
soldati; ricevuta l’informazione esatta, dispose i Per- mento e con lui altri Spartani famosi, dei quali io
siani in ordine di battaglia. I Focesi, fatti segno a ri- chiesi i nomi, trattandosi di uomini degni di essere
petuti e fitti lanci di frecce, si rifugiarono in ritirata ricordati; e chiesi anche i nomi di tutti i trecento. (...)
sulla cima del monte, credendo che i nemici fossero [226] Spartani e Tespiesi si comportarono altrettanto
venuti ad attaccare proprio loro, ed erano pronti a bene, ma il più valoroso si narra sia stato lo spartano
morire. Questo pensavano, ma i Persiani di Efialte e Dienece, che prima dello scontro coi Medi avrebbe
di Idarne, senza affatto badare ai Focesi, in fretta e pronunciato la seguente battuta. Sentendo dire da
furia, scesero giù dalla montagna. uno di Trachis: «Quando i barbari scaglieranno le
[219] Ai Greci di stanza alle Termopili il primo a frecce, copriranno il sole con la moltitudine dei
predire la morte che li avrebbe colti all’aurora era dardi» (tante erano le frecce), Dienece non rimase per
stato l’indovino Megistia, dopo aver osservato le vit- nulla scosso da questa osservazione e rispose, mo-
time dei sacrifici. Poi dei disertori portarono notizia strando di disprezzare il numero dei nemici, che
dell’accerchiamento persiano (la segnalazione era ar- l’ospite di Trachis stava dando tutte notizie magnifi-
rivata quando era ancora notte). Il terzo avviso lo die- che: visto che i Medi oscuravano il sole, contro di loro
dero le sentinelle che corsero giù dalle alture, ormai la battaglia si sarebbe svolta all’ombra e non al sole.
allo spuntare del giorno. Allora i Greci tennero con- Queste e altre simili battute lo spartano Dienece la-
siglio e i pareri erano divergenti: c’era chi proibiva sciò a ricordo di sé, secondo quanto si racconta. [228]
che si abbandonasse la posizione e chi premeva per In onore di quanti furono sepolti esattamente là dove
il contrario. Quindi si divisero: alcuni di loro si allon- caddero e di quanti erano morti prima che partissero
tanarono, e, sbandatisi, rientrarono nelle rispettive i Greci dimessi da Leonida, sono scolpite le seguenti
città, altri erano pronti a restare lì assieme a Leonida. parole: «Qui, un giorno, contro tre milioni di nemici
[220] Ma si racconta anche che fu Leonida a conge- combatterono quattromila Peloponnesiaci». La pre-
darli: si preoccupava, pare, di sottrarli alla morte, cedente iscrizione vale per tutti, la seguente per i soli
mentre a lui e agli Spartiati presenti non si addiceva Spartani: «Straniero, porta agli Spartani la notizia che
abbandonare la postazione che erano venuti espres- noi giacciamo qui, obbedendo ai loro ordini». Così
samente a presidiare. (...) [221] A questo riguardo esi- per gli Spartani; in onore dell’indovino: «Questa è la
ste una prova niente affatto trascurabile. Anche l’in- tomba del famoso Megistia, ucciso, un giorno dai
dovino al seguito dell’esercito, che si diceva discen- Medi che avevano varcato il fiume Spercheo, dell’in-
desse da Melampo, Megistia d’Acarnania, e che os- dovino che allora, pur conoscendo il suo destino di
servando le vittime aveva predetto l’immediato fu- morte, si rifiutò di abbandonare il comandante di
turo, fu congedato da Leonida perché non morisse Sparta». Esclusa la scritta relativa all’indovino, furono
con loro. Ma lui, benché mandato via, rimase e allon- gli Anfizioni a onorarli con iscrizioni e con stele. La
tanò invece il figlio, a sua volta presente nella truppa, stele dell’indovino fu fatta scolpire da Simonide figlio
il solo che avesse. di Leoprepe, per ragioni di amicizia.
[223] Serse, dopo aver offerto libagioni al sorgere
del sole, attese fino all’ora in cui la piazza del mercato
è più affollata e quindi ordinò l’assalto; così gli aveva

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VIII. Il decreto di Trezene («Hesperia» XXIX, 1960, dove l’amico delle danze, Pan,
pp. 198-223 = M.-L. 23) va camminando lungo la marina.
Qui li mandò, perché quando il nemico
Dei. La boule e l’ecclesia hanno deliberato; Temistocle disperso trasbordasse dalle navi
figlio di Neocle, del demo di Frearrioi, propose: «La nell’isola, potesse massacrare
città venga affidata ad Atena protettrice di Atene e facilmente l’esercito dei Greci,
agli altri dèi tutti, affinché la custodiscano e la difen- salvando i loro su quel mare angusto.
dano dal barbaro a tutela del paese; tutti gli Ateniesi Male studiò il futuro. Poi che la dea
e gli stranieri residenti ad Atene pongano i bambini diede la gloria alle navi dei Greci,
e le donne al sicuro a Trezene (...) archegete del lo stesso giorno con tutta l’armatura,
paese; gli anziani e i beni mobili siano portati a Sala- balzando dalle navi circondarono
mina; i tesorieri e le sacerdotesse restino invece tutta l’isola, bloccando i movimenti
sull’acropoli a custodire i templi degli dèi. Tutti gli al- degli occupanti: i sassi che lanciavano
tri Ateniesi e gli stranieri in età (militare) si imbar- colpivano se stessi, le saette
chino sulle duecento navi (già) approntate e affron- vibrate dai loro archi li uccidevano:
tino il barbaro in difesa della libertà propria e degli e dopo si gettarono d’un solo
altri Elleni assieme ai Lacedemoni, ai Corinzi, agli Egi- balzo, picchiando e macellando corpi,
neti e agli altri che vogliano partecipare all’impresa. finché spensero tutte quelle vite.
Gli strateghi nominino duecento trierarchi, uno per A quell’immenso orrore Serse urlò:
ciascuna nave, a partire da domani, tra quanti pos- sedeva in vista dell’intera armata,
seggano beni di famiglia in Atene, abbiano figli legit- su un colle arduo presso il fondo mare:
timi e non siano sopra i cinquanta anni, e sorteggino con un lamento acuto stracciò il manto,
tra di loro le navi; inoltre assegnino venti fanti di ma- e subito comandò a tutti i fanti
rina a ciascuna nave tra quanti abbiano oltre di cedere e ritirarsi alla rinfusa.
vent’anni e sino a trenta, più quattro arcieri; e asse- Questa fu la sciagura che s’aggiunse
gnino anche gli altri sottufficiali alle navi all’atto all’altra che ti ho detto, e di cui piangere.
stesso in cui sorteggiano i trierarchi. Gli strateghi
iscrivano su tavole bianche anche gli altri (marinai),
nave per nave, (prendendo) gli Ateniesi dai registri
dei lexiarchi e gli stranieri tra quelli registrati presso
il polemarco; e li iscrivano dividendo il numero com-
plessivo in duecento equipaggi eguali, e scrivano so-
pra ciascuna ciurma il nome della trireme, del trie-
rarco e dei sottufficiali, affinché ciascun equipaggio
sappia su quale trireme dovrà salire. Quando tutte le
ciurme siano state formate e siano state sorteggiate
per le rispettive triremi, la boule e gli strateghi com-
pletino gli effettivi di tutte le navi dopo aver com-
piuto un sacrificio propiziatorio a Zeus onnipotente,
ad Atena, a Nike e a Posidone protettore. E dopo che
le navi siano complete, con cento di esse si accorra
all’Artemisio dell’Eubea e con le altre cento si resti
all’ancora presso Salamina e la restante costa dell’At-
tica, e si protegga il paese. Affinché poi tutti gli Ate-
niesi concorrano unanimi alla difesa dal barbaro, gli
esiliati per dieci anni si rechino a Salamina e vi si trat-
tengano sino a che il demo non prenda una decisione
su di loro; gli atimoi invece (...)».

XI. La battaglia di Salamina nei Persiani di Eschilo

ESCHILO, I Persiani 447-471:


[Araldo] C’è un’isola, davanti a Salamina,
esigua, senza approdo per le navi,

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