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Canale B, corso 6
Relazione di pedagogia
Lo sport agonistico
Testo
Si presenta il nuovo calendario gare, con molte competizioni importanti dove i tempi
da raggiungere sono fondamentali per la convocazione ai Campionati Italiani
invernali. Di conseguenza cresce anche la tensione nel cercare di non deludere le
aspettative dell’allenatore, dei compagni e le proprie.
Si giunge, dopo allenamenti pesanti e non del tutto proficui, alla prima
competizione.
La distanza da ricoprire è la stessa dell’ultima gara disputata, i 5Km, che però
purtroppo per Tommaso risultano più complicati da affrontare in termini di risorse
fisiche e di gestione del percorso, terminando, dunque, con un tempo troppo alto
per poter essere tenuto in considerazione, per un eventuale convocazione ai
Campionati Italiani, e per cui poter essere soddisfatti.
Come da previsioni iniziano ad arrivare le prime critiche relative alla sconfitta da
parte dell’allenatore, che si rivela essere un uomo scortese e senza tatto, tutto ciò di
cui Tommaso in quel momento avrebbe fatto a meno, essendo lui stesso demotivato
per la competizione
Purtroppo, seguirono commenti poco educati e decisamente non comprensivi anche
da parte dei compagni di squadra, cosicché, dopo queste ultime ed estenuanti
pressioni, inizia a dubitare di sé stesso e a perdere quel senso di fiducia e rispetto
nei confronti del suo, fino a qualche mese prima, punto di riferimento: l’allenatore.
In seguito a questa deludente prestazione e all’insuccesso che ne era derivato,
l’atleta torna a casa senza più neppure la voglia di riscattarsi, di rimettersi in gioco,
di ripartire con la grinta che lo contraddistingueva da sempre, sentimento che lo
spinge, gradualmente, ad allontanarsi dalla disciplina e dall’ambiente di contorno di
quest’ultima, divenuto fonte di stress e demoralizzazione sempre più presente,
decidendo così di concludere definitivamente e voltare pagina.
Domande
Discussione
Dopo la vittoria ottenuta, l’obiettivo che si erano posti atleta ed allenatore era stato
ampiamente conseguito, e c’era stata, da parte di entrambi la volontà di migliorare
e puntare ad un costante progresso.
Nel momento in cui l’atleta vince la gara ed ottiene notevoli tempi e risultati,
naturalmente, accrescono, da parte dell’allenatore, la fiducia e le aspettative nei
confronti dell’atleta, determinando anche un aumento delle responsabilità di
quest’ultimo.
Tutto ciò, tramuta in stress psico-fisico e pressione sul ragazzo, divenendo
controproducente e andando ad interferire sulle prestazioni sia in allenamento sia in
gara.
Non vengono tenute in considerazione le eventuali risposte e pensieri dell’atleta,
che, spronato in modo scorretto, comincia a dare segni di cedimento e peggiorare.
L’allenatore, offuscato dal desiderio di vedere il suo atleta nella miglior condizione
possibile, non tiene conto della volontà del ragazzo di dare importanza non soltanto
al mondo dello sport ma anche a quello scolastico e familiare, ciò che rispecchia il
carattere ligio e preciso dell’atleta.
Purtroppo, l’allenatore non si affida ad opzioni differenti dal fare continuare ad
allenare il ragazzo, che probabilmente preferiva che venissero allentate le pressioni
o che potesse venirgli concesso un periodo di pausa, anche a causa alla crescente
intensificazione delle sedute di allenamento; il che porta alla sconfitta della gara
successiva, dopo cui l’allenatore inizia a infondere pressioni nel ragazzo.
Tutto ciò conduce ad un calo di fiducia da parte dell’atleta nei confronti di sé stesso,
innanzitutto, dell’allenatore e del proprio sport.
A questo punto l’allenatore potrebbe aver commesso un errore significativo nella
posizione dell’obiettivo, senza riuscire, forse senza voler, comprendere le necessità
e le volontà dell’atleta stesso.
Il focus che è cambiato tra una gara e l’altra è probabilmente quello dell’atleta, che
non riesce più a convogliare tutte le sue forze nello spronare sé stesso ad un
continuo migliorarsi ma solamente su aspetti negativi che derivano dalle estenuanti
pressioni ed elevate aspettative da parte dell’allenatore e, ormai, anche da parte
dello sport stesso.
L’atleta, dunque, si ritrova sormontato da tutte queste continue ed incalzanti
sollecitazioni, che inizia a sentire come un peso ed un obbligo, che va a sovrastare
tutto ciò che era e continua ad essere importante per l’atleta, ovvero lo studio e la
famiglia.
Tutti questi allenamenti, pian piano, si trasformano in un lavoro, che inizia a
diventare inutile e distruttivo.
Sommata a tutti questi fattori, c’è la paura delle gare successive, importanti per la
carriera dell’atleta, che aveva cominciato a dubitare delle sue stesse capacità,
convincendosi che non sarebbe stato in grado di soddisfare le aspettative createsi
dopo la Vittoria.
Le gare successive, sono un vero e proprio cedimento che è cominciato nei mesi
precedenti, vengono definitivamente meno il senso di appagamento personale e la
volontà di porsi un obiettivo sportivo, su cui andare a lavorare per poterlo
raggiungere.
L’atleta comincia a sentir meno la fiducia in sé stesso, e inizia a farsi domande, a cui
però non è in grado di darsi risposte.
Perde definitivamente l’idea di allenatore come punto di riferimento.
Un possibile scenario potrebbe essere la scelta di cambiare allenatore o società, ma
l’atleta dopo costanti frustrazioni aveva iniziato a perdere la passione che tanto
aveva per questa disciplina atletica, e per l’ambiente che la circondava.
Non va sottovalutato il drastico cambio di programmazione negli allenamenti, che
sono stati notevolmente intensificati ed ampliati in termini di orari.
L’atleta ha dovuto mettersi a dura prova e tutto ciò che prima poteva essere inteso
come volontà di migliorare e superare i propri limiti, ben presto si è trasformato in
un frustrante obbligo da eseguire per non deludere l’allenatore.
Qual è il confine tra seguire la passione del figlio per lo sport e diventare una
presenza morbosa ed opprimente?
Indubbiamente, un adolescente, ha necessità di avere la figura genitoriale al suo
fianco durante il suo percorso sportivo e non, sia nei successi sia, e soprattutto, negli
insuccessi; è però, estremamente facile e “pericoloso”, diventare degli “allenatori in
famiglia”, figura che non va a spezzare il continuum temporale che viene a crearsi tra
gli allenamenti ed il tempo libero, determinando, in questo modo, una visione
corrotta e snaturata dello sport.
In questo modo la passione viene a mancare e si trova a prevalere l’agonismo. Di
conseguenza, tutti quegli obiettivi e tutto ciò per cui l’atleta si impegnava tanto,
mosso dalla passione, vengono meno. Tutti gli impegni presi in precedenza, hanno,
oramai, il sapore amaro dell’obbligo e impedimenti alla vita esterna allo sport e
l’atleta inizia a sentire il peso della mancanza del tempo libero e ogni suo sforzo di
trovare negli allenamenti la connotazione di svago che li rendeva cosi piacevoli,
diventa vano.
Tutte le pressioni, interne ed esterne, tutte le nuove responsabilità, gli impedimenti
alla vita esterna, portano l’atleta a prendere la decisione di abbandonare, non solo
la propria disciplina, ma di allontanarsi da tutto l’ambiente e la vita che circonda e
che caratterizza lo sport.
La drastica decisione non ha solo interessato l’atleta, ma anche l’allenatore e la
squadra. Tommaso come ha comunicato la notizia? L’escamotage più semplice è
quello, probabilmente, di non ammettere effettivamente la volontà di abbandonare,
ma quello di allontanarsi in sordina, a poco a poco, senza dare vere e proprie
spiegazioni.
L’allenatore, per dissuaderlo dal prendere questa decisione, avrebbe potuto,
dovuto, comportarsi in maniera differente? Avesse avuto una visione più chiara
della situazione e si fosse reso conto che, così facendo, stava perdendo un atleta
avrebbe potuto parlargli e fargli capire che avrebbe sprecato il suo potenziale, di cui
si sarebbe pentito in un secondo momento.
Conclusione
È mancato il momento in cui l’allenatore ha spiegato all’atleta che il suo fine non
doveva essere la vittoria isolata, ma il miglioramento personale in campo agonistico
e non. Difatti, l’atleta non è stato in grado di costruirsi un percorso mentale che gli
permettesse di andare oltre e porsi come fine il miglioramento ed il superamento
dei limiti personali, proprio perché non ha ricevuto dall’allenatore l’impalcatura
necessaria per questo.
Oltretutto, c’è stata, a posteriori con connotazioni negative, l’influenza in sordina
della famiglia e della società, che ha incrementato le aspettative senza però
affiancarsi all’atleta nel suo percorso.
Da parte loro sono arrivate unicamente risposte esterne alla vittoria, ed è stata
sottovalutata la possibilità che l’atleta potesse sentirsi sotto pressione ed
attraversare una crisi.
Riflessioni personali