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“Sono

così stordito dal niente che mi circonda…”

Nel 1819 Leopardi tenta invano di fuggire da Recanati e viene anche colpito da una malattia agli occhi
che gli impedisce di leggere e studiare. In questa disperata lettera a Pietro Giordani (19 novembre
1819), descrive la noia che devasta la sua vita: un niente che lo avvolge totalmente, a cui preferibile
anche il dolore. La lettera l’esempio pi eloquente di come le sofferenze isiche e psichiche siano lo
stimolo esterno a grandi ri lessioni iloso iche (passaggio dal bello al vero), l’occasione per la presa di
coscienza di verità fondamentali (consapevolezza del nulla e necessaria infelicit dell’uomo;
possibile riferimento a Schopenhauer).

In questo passo si trova una descrizione di uno stato depressivo, che era diventato il terreno della
poesia leopardiana.
Nelle sue poesie per si nota il desiderio di una vita diversa, che rimane un sogno o un rimpianto: la
depressione di Leopardi nasce da un’ oscurità che crea sofferenza perch colpisce un mondo
teoricamente pieno di colore. Infatti Il depresso "Leopardiano" si muoverebbe, saprebbe dove andare,
di solito ha aspirazioni anche grandi, ma come ancorato, frenato da una depressione che lo
magnetizza dalla parte opposta. Crudele il constatare di esser fermo e inchiodato quando invece
dentro si sente un moto ad andare lontano, a sognare. Per questo a parit di limiti, i depressi "in
movimento" con il pensiero soffrono molto di pi di quelli semplicemente “spenti". Soffrono in
maniera pi concitata, e a volte quest'idea di doversi muovere per andare altrove a trovare un senso
sfocia nella progettazione del suicidio, come fuga all'angoscia di voler fare ed essere invece frenato.

Nel passo Leopardi infatti dice di essere stordito dal niente che lo circonda, non ha pi forza di
concepire nessun desiderio, neanche della morte, dal momento che non scorgeva pi differenza tra la
morte e la sua vita. Tutte le cose sono vane, tutte le passioni sono morte, anche la sua disperazione era
diventata un niente.
Egli non trova conforto neppure nell'attivit intellettuale, poich un disturbo agli occhi gli impediva
di leggere.
Egli si muove solo perch "costretto" a farlo, da una forza che lo vorrebbe altrove rispetto al dolore, ma
non ha nessun luogo felice a cui inviarlo, riesce solo a farlo spostare inutilmente da seduto a sdraiato,
da sdraiato a seduto.
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