I Giochi Olimpici dell'era moderna hanno ormai più di un secolo di vita. In questo tempo il loro cammino non è stato
privo di difficoltà, le più gravi delle quali sono consistite nell'assicurarsi la sopravvivenza nel corso del primo decennio
ma, soprattutto, nel far fronte alle conseguenze delle vicende politiche internazionali. Tra queste spiccano ovviamente le
sospensioni delle edizioni del 1916, 1940 e 1944 a causa delle due guerre mondiali e i boicottaggi che, quasi sempre
legati alla guerra fredda, resero largamente incompleto il numero delle nazioni partecipanti in diverse edizioni. Con il
virtuale esaurimento delle cause della guerra fredda, dal 1992 in poi le vicende politiche internazionali hanno influito
sempre meno sull'organizzazione dei Giochi, mentre il problema principale sembra essere divenuto, prescindendo da
quello del doping, che in un'era ormai votata allo sport professionistico si è obiettivamente fatto sempre più serio, il
gigantismo da cui essi sono stati connotati nel corso degli ultimi anni, tale da impensierire qualunque città se ne voglia
assumere l'incombenza. A dispetto di tutto questo, però, è indubbio che i Giochi hanno da tempo finito per rivestire il
ruolo di manifestazione faro dello sport mondiale, tanto che la loro risonanza ha travalicato la sfera dello sport stesso,
attirando l'interesse di altri rami della vita sociale di qualsiasi angolo del mondo: non è un caso che svariati movimenti
politici abbiano pensato di servirsi dell'importanza dei Giochi, oggi teletrasmessi in quasi tutti i paesi della Terra, come
cinghia di trasmissione dei loro problemi e delle loro aspirazioni.
LE GUERRE E LE LORO CONSEGUENZE La Prima guerra mondiale, che dal 1914 al 1918 coinvolse buona
parte dell'Europa e diversi paesi di altri continenti e dal 191anche gli Stati Uniti, mise il Comitato internazionale
olimpico davanti a problemi nuovi e particolarmente gravi. L'attività sportiva divenne per ovvie ragioni molto precaria
per tutte le nazioni coinvolte. Pierre de Coubertin scrive nelle sue Memorie: "La guerra creò uno stato di cose che
rischiava di mettere in pericolo l'essenza stessa dell'istituzione olimpica". I Giochi del 1916 avrebbero dovuto svolgersi
a Berlino, ma la Germania era una delle nazioni in guerra e aveva tra l'altro invaso il Belgio. Fin dall'inizio delle ostilità
si capì che quei Giochi dovevano esser cancellati, pur salvando il numero progressivo di quella edizione (la sesta) in
omaggio all'antica tradizione greca. Il CIO si trovò in difficoltà, avendo tra i suoi membri rappresentanti di tutte le
potenze in guerra. L'organo internazionale non aveva una sede per così dire ufficiale. In tempi in cui ci si poteva
regolare semplicemente con un gentlemen's agreement, era da tutti sottinteso che Parigi dovesse esser considerata tale,
in quanto città di residenza del presidente de Coubertin. Ma il conflitto aveva creato una situazione nuova e lo stesso
barone ebbe l'intelligenza di accorgersene: "Dopo avere avvisato quei membri con cui potevo ancora comunicare, decisi
di rinunciare ad altre impossibili consultazioni e guardai alla neutrale Svizzera come sede ideale del CIO". Il progetto
divenne realtà e la scelta fu a favore di Losanna che divenne sede amministrativa mondiale del CIO e dei suoi archivi il
10 aprile 1915, quando al Comune di quella città furono firmati gli accordi. Non c'è dubbio che quella scelta fosse
indovinata: a quasi 90 anni da allora Losanna è ancora la sede del CIO. Quando il grande conflitto ebbe fine (1918) de
Coubertin e i suoi affrontarono il problema di ridare vita ai Giochi Olimpici. Già nel 1919 fu presa la decisione di
assegnarli ad Anversa, nel Belgio, che per la verità aveva posto la sua candidatura fin dal giugno 1914, insieme a
Budapest. Più tardi era stata avanzata anche quella di Lione, in Francia. La scelta definitiva a favore di Anversa,
appoggiata da quelle che durante il conflitto erano definite le 'potenze alleate', fu in sostanza un gesto di sfida nei
confronti dell'altra coalizione, composta da Germania, Austria, Ungheria, Bulgaria e Turchia, che era uscita sconfitta
dalla guerra. E infatti il CIO decise di non invitare ai Giochi queste cinque nazioni. De Coubertin si rendeva conto che
sarebbe stato rischioso far sfilare ad Anversa le squadre di coloro che, come i tedeschi, erano stati gli invasori del
Belgio, visto che le ferite morali e materiali causate dalla guerra erano fin troppo recenti. Egli stesso, nelle sue
Memorie, dirà più tardi che permettere ai tedeschi di partecipare a quei Giochi sarebbe stato imprudente. Ma
aggiungeva anche: "D'altra parte, proclamare solennemente un qualsiasi ostracismo, sia pure all'indomani di un conflitto
che aveva insanguinato l'Europa, sarebbe equivalso a derogare da quello spirito olimpico che fino ad allora era stato
sempre così resistente; e quindi a creare un pericoloso precedente. Ma la soluzione era molto semplice. Ad ogni
Olimpiade è il Comitato organizzatore che trasmette gli inviti, secondo la formula adottata fin dal 1896. Esso è quindi
maestro di tale distribuzione, senza che il principio fondamentale dell'universalità ne risulti leso". Così sembrò lecito
risolvere la questione semplicemente con un 'non invito' ai paesi promotori della guerra. Formalmente tale decisione
poteva anche apparire corretta, ma è certo che nella realtà rappresentò il primo caso di boicottaggio olimpico. Di fatto si
rivelò corretta la previsione di de Coubertin relativa al 'pericoloso precedente'. La stampa dei paesi esclusi dai Giochi fu
comunque presente ad Anversa e i suoi commenti non furono certo teneri nei confronti dell'organizzazione, giudicata
più carente di quanto non fu in realtà. La ferita aperta nel 1920 fu più lunga del previsto almeno per quanto riguarda la
Germania alla quale fu imposta la formula del 'non invito' anche per i Giochi del 1924 a Parigi, che fecero comunque
registrare un nuovo record in quanto a partecipazione: 3076 atleti di 44 nazioni. Quello fu davvero un anno magico per
la Francia, che già in febbraio ebbe l'onore di ospitare a Chamonix i primi Giochi Olimpici invernali. E già all'avvio, nel
1924 a Chamonix, erano presenti 258 concorrenti in rappresentanza di 16 nazioni. Nell'edizione di Amsterdam 1928,
tornò a gareggiare la Germania. Non figurava invece per sua propria scelta l'Unione Sovietica, che si sarebbe presentata
solo nel 1952. Per molti anni, infatti, prevalse nella filosofia dello Stato sovietico l'idea che i Giochi fossero soltanto un
prodotto della borghesia capitalistica e come tali non frequentabili. Negli anni fra le due guerre mondiali l'URSS
conobbe solo il cosiddetto 'sport di massa', nel quale valevano le cifre dei partecipanti assai più che il valore dei
risultati. Per quanto riguarda l'attività internazionale, l'Unione Sovietica si limitava a partecipare alle Olimpiadi
Operaie e alle Spartakiadi che erano organizzate dalla SASI (Sozialistische Arbeiter-Sportinternationale), organismo
dello sport operaio fondato in Germania nel 1913, al quale avevano aderito formazioni di ispirazione socialista di
diversi paesi. Anche il nome Spartakiade era stato ereditato dall'antichità: Spartaco era un trace, che dopo aver
combattuto con l'esercito romano aveva disertato; catturato, ridotto in schiavitù e destinato agli spettacoli nell'arena,
riuscì a fuggire con altri gladiatori, rifugiandosi nella zona del Vesuvio; il gruppo di ribelli si unì ad altri schiavi e
impegnò i romani in severi combattimenti; Spartaco morì durante una di queste battaglie nel 71 a.C. Chiaro quindi il
significato che gli aderenti alla SASI avevano voluto dare alle loro manifestazioni sportive. I Giochi Olimpici di Los
Angeles del 1932 furono splendidi per molti versi, ma non per la partecipazione, limitata a 1332 atleti di 37 nazioni.
Non erano ancora diffusi nel mondo mezzi veloci che permettessero di varcare l'Oceano in tempi brevi e i costi dei
viaggi erano proibitivi. Così accadde per esempio che il Comitato olimpico del Brasile, i cui atleti raggiunsero la
California dopo un lungo viaggio via mare, si vide costretto a finanziare la spedizione dotando i suoi di 50.000 sacchi di
caffè. Solo il ricavato della vendita di questo prodotto nei vari porti toccati lungo il viaggio avrebbe potuto
sovvenzionare adeguatamente la spedizione, soprattutto per il lungo soggiorno a Los Angeles. Lo scopo fu in parte
raggiunto, ma solo un terzo degli atleti poté permettersi di sbarcare a Los Angeles e partecipare alle gare. Gli altri
rimasero sulla nave per tutta la durata delle Olimpiadi. Nel 1936 l'onore e l'onere di organizzare le due sezioni dei
Giochi toccarono alla Germania, che ospitò i Giochi invernali in Baviera e quelli estivi a Berlino. Questa scelta era
stata fatta nel 1931, cioè prima dell'ascesa al potere di Adolf Hitler, ma le leggi razziali da lui introdotte
successivamente in Germania resero incandescenti i mesi che precedettero i Giochi. Fu inevitabile che in alcuni paesi
del mondo si parlasse di Nazi Olympics. Soprattutto negli Stati Uniti c'erano dirigenti sportivi di razza ebraica che
avrebbero boicottato volentieri l'appuntamento tedesco, anche se alla fine prevalse l'idea di partecipare. Anche in
Francia finì per prevalere la stessa tendenza, pur dopo molte esitazioni. Hitler, in principio contrario all'idea di ospitare i
Giochi, espressione a suo dire del 'giudaismo internazionale', si lasciò infine convincere da certi suoi consiglieri e cercò
poi di usare la manifestazione come veicolo di propaganda del suo regime. Com'era intuibile, nuovi e gravi problemi
stavano per rendere arduo il cammino della famiglia olimpica. Il Secondo conflitto mondiale era ormai alle porte.
Scoppiò nel 1939, due anni dopo la morte di de Coubertin, e costò due edizioni dei Giochi Olimpici, quelle del 1940 e
del 1944. Per i Giochi estivi fu adottato il metodo di applicare la numerazione progressiva anche per le due edizioni
non disputate, che risultarono rispettivamente la dodicesima e la tredicesima.
I Giochi di Londra del 1948 si svolsero in un clima di austerità per il disagio economico del dopoguerra, ma
risultarono nel complesso molto dignitosi tecnicamente. Naturalmente fu applicato nei confronti degli ex nemici lo
stesso discutibile criterio usato dopo il Primo conflitto mondiale: stavolta i 'non invitati' furono la Germania e il
Giappone. Miglior trattamento fu riservato invece all'Italia, che poté partecipare. E le cifre dei presenti furono
leggermente superiori a quelle di Berlino 1936: parteciparono infatti 4104 atleti di 59 Paesi. L'Unione Sovietica avrebbe
potuto essere presente, ma decise di astenersi ancora. Non mancò però di mandare a Londra una 'delegazione di studio'.
L'URSS aveva fatto il suo ingresso nella famiglia internazionale partecipando ad alcune importanti manifestazioni
sportive, come i Campionati Europei di atletica del 1946 a Oslo. Forse la sua rinuncia ai Giochi di Londra fu motivata
da ragioni politiche: non si sentiva ancora pronta per primeggiare su tutti, come la filosofia del suo regime le imponeva
di fare. Da tempo era invalsa l'abitudine nei giornali di tutto il mondo di pubblicare una classifica delle nazioni in base
alle medaglie ottenute nel complesso degli sport (che la lettera e lo spirito del CIO in realtà non avevano mai
contemplato). Gli Stati Uniti avevano da sempre la leadership e solo nel 1936 avevano dovuto cederla alla Germania.
La rinuncia dell'Unione Sovietica tenne lontani dai Giochi di Londra anche gli atleti dei Paesi Baltici, Estonia, Lettonia,
Lituania, a essa annessi dopo la fine della guerra. Tutto questo rifletteva una situazione ben lontana dagli ideali di de
Coubertin, così come li aveva sintetizzati in un suo discorso molti anni prima, alla vigilia di una celebrazione olimpica:
"Mi auguro che a questi Giochi possano partecipare in gran numero gli atleti del mondo. Quando potranno mettere a
confronto la forza e l'agilità dei loro corpi assisteremo a magnifiche gare; ma il mio desiderio più profondo è che da
questo incontro dei loro ideali possa nascere una comprensione più profonda dei loro diversi punti di vista. Così queste
pacifiche lotte potrebbero dare origine a durevoli amicizie, capaci di servire la causa della pace".
LA RIPRESA DEL DOPOGUERRA. Helsinki poté avere finalmente i Giochi nel 1952. Fu una grande festa per la
Finlandia, paese di grandi tradizioni dove cultura e sport erano uniti in modo veramente raro, difficile da trovarsi
altrove. A Helsinki entrò in lizza l'URSS, che subito colse successi importanti in vari sport, arrivando seconda dietro gli
Stati Uniti in quella classifica generale tanto avversata dai dirigenti del CIO. L'URSS e i paesi suoi alleati preferirono
alloggiare i loro atleti in un villaggio olimpico (Otaniemi) diverso e separato da quello delle altre nazioni (Käpilä). Si
rividero anche gli atleti tedeschi, sia pure limitatamente alla Repubblica federale perché la Repubblica democratica non
era ancora riconosciuta dall'organo internazionale. Nel 1956 si ebbe un'altra novità importante. Per la prima volta i
Giochi estivi si tennero in una città dell'emisfero Sud, a Melbourne, in Australia. L'appuntamento di Melbourne pose
la maggioranza dei partecipanti, residenti nell'emisfero Nord, davanti a un problema per loro nuovo, lo stesso che
australiani, sudafricani, argentini ecc., avevano sempre avuto nei Giochi precedenti, quello cioè di gareggiare fuori
stagione. Nel periodo dei Giochi a Melbourne (novembre/dicembre) era primavera inoltrata, mentre era autunno in
Europa e negli Stati Uniti. A questo problema, in fondo normale perché era toccato prima ad altri, si aggiunsero
difficoltà ben più gravi. Tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre due conflitti in particolare misero in agitazione
l'Europa e il mondo in generale: Israele invase la zona egiziana del Sinai e truppe sovietiche fecero lo stesso con
l'Ungheria. Diverse nazioni scelsero di astenersi dai Giochi per protesta contro tali eventi: Egitto, Libano e Iraq per il
Medio Oriente; Olanda, Spagna e Svizzera per l'Ungheria. Ci fu anche un altro boicottaggio: la Repubblica popolare
cinese si astenne dai Giochi in segno di protesta per la presenza della Cina nazionalista (Taiwan). Malgrado tutte queste
traversie, i Giochi di Melbourne furono molto belli per splendore di gare e concorso di pubblico. Una nota positiva
venne anche dalla Germania che presentò una squadra unica Est-Ovest, come avrebbe fatto nelle due edizioni
successive. Poi per 20 anni le rappresentative rimasero distinte, per tornare alla formazione unica a Barcellona 1992,
dopo la caduta del Muro. Nel 1960 toccò finalmente a Roma avere i suoi Giochi Olimpici, 42 anni dopo la rinuncia
all'edizione del 1908 e dopo altri due tentativi (1924 e 1936) falliti. La lunga attesa fu ripagata da uno spettacolo che gli
storici dell'olimpismo hanno definito 'una meraviglia'. Si riuscirono a collocare le prodezze dello sport moderno fra le
secolari bellezze della città, come nel caso della maratona, snodatasi attraverso luoghi famosi, con partenza da piazza
del Campidoglio e arrivo sotto l'Arco di Costantino. Le cifre della partecipazione superarono tutti i precedenti: 5338
atleti di 83 nazioni. Nel suo complesso fu un'edizione memorabile, soprattutto alla luce dei problemi di ogni genere che
dovevano angustiare le successive per quasi 30 anni.
L''INQUINAMENTO' DELLA POLITICA. Tali problemi cominciarono a manifestarsi con i Giochi del 1964, che si
svolsero a Tokyo, prima città asiatica a ospitare la manifestazione. Già prima dell'apertura ci fu un incidente
procedurale, assai rivelatore della futura intromissione della politica nel mondo dello sport. Corea del Nord e Indonesia
si astennero dal partecipare, dopo che alcuni dei loro atleti erano stati dichiarati non abilitati a competere dal CIO,
perché l'anno precedente avevano preso parte ai GANEFO (Games of the new emerging forces) tenuti a Giakarta,
Indonesia, dai quali erano stati esclusi Israele e Taiwan. La non ammissione ai Giochi di Tokyo di tutti gli atleti che
avevano partecipato ai GANEFO era stata decretata dalle Federazioni mondiali dell'atletica, del nuoto e del tiro. Già
era stato escluso dai Giochi di Tokyo il Sudafrica a causa della politica di apartheid praticata dal suo governo e contro la
quale si erano sollevate molte nazioni africane nonché quelle del blocco comunista. L'esilio si sarebbe rivelato il più
lungo mai registrato nella famiglia olimpica: solo nel 1992, dopo l'abrogazione del regime segregazionista, il Sudafrica
tornerà a partecipare ai Giochi. Il Giappone, quale paese organizzatore, scelse come ultimo tedoforo Yoshinori Sakai,
che era venuto al mondo a Hiroshima il 6 agosto 1945, il giorno in cui quella città fu vittima del primo bombardamento
atomico della storia, un gesto di pace, da interpretare nel senso: "la vita continua". Ottima l'organizzazione dei Giochi,
che fecero segnare un nuovo record quanto a nazioni partecipanti (93), anche se il numero degli atleti (5151) rimase
leggermente al di sotto della cifra di Roma. I Giochi estivi del 1968 si tennero a Città del Messico e anche in questa
edizione non mancarono le agitazioni d'ispirazione politica. Le Olimpiadi, grazie alla televisione, erano ormai visibili in
tutto il mondo e per certi movimenti politici costituivano una 'finestra' ideale attraverso la quale era possibile esporre a
livello universale i loro problemi e la loro immagine. Già prima dei Giochi ci furono a Città del Messico manifestazioni
di studenti che criticavano le ingenti spese cui era andato incontro il governo per organizzare l'Olimpiade e che erano in
contrasto con i gravi problemi economici che affliggevano il paese. Il risultato degli scontri con la polizia fu terribile: i
comunicati ufficiali parlarono di oltre 400 morti e alcune migliaia di feriti . I 'venti' della politica soffiarono ancora
più forte nel caso dei Giochi di Monaco del 1972. I problemi sorsero a cinque giorni dalla chiusura, quando otto
terroristi arabi, appartenenti al gruppo 'Settembre Nero', entrarono nel villaggio olimpico e uccisero due membri della
squadra olimpica di Israele, prendendone in ostaggio altri nove. Purtroppo le interferenze politiche erano destinate a
crescere e a farsi sempre più serie. Alla vigilia dei Giochi di Montreal del 1976 le nazioni africane decisero di
boicottare la manifestazione in segno di protesta per la presenza della Nuova Zelanda, la cui squadra nazionale di rugby
aveva avuto di recente relazioni sportive con il Sudafrica dell'apartheid, a suo tempo escluso dalla famiglia olimpica. Il
boicottaggio delle nazioni africane fu particolarmente sentito in atletica, visto che soprattutto il Kenya e l'Etiopia
avevano nelle loro file alcuni tra i più forti mezzofondisti e fondisti, che si videro pertanto esclusi dalla competizione.
Malgrado tutto questo, lo spettacolo fu degno delle migliori tradizioni anche se i costi dell'organizzazione si rivelarono
così proibitivi da aprire una falla che i cittadini del Quebec poterono colmare solo dopo parecchi anni e molte tasse. Il
'gioco' dei boicottaggi, così perverso da generare reazioni a catena, colpì ancora alla vigilia dei Giochi di Mosca del
1980. Nel dicembre dell'anno precedente l'URSS aveva invaso l'Afghanistan. Il presidente degli Stati Uniti, Jimmy
Carter, minacciò il ritiro della sua squadra dai Giochi di Mosca se i sovietici non avessero lasciato il paese asiatico. Al
rifiuto dell'URSS, Carter proseguì nel suo disegno, cercando di coinvolgere nel boicottaggio i suoi alleati della NATO.
Fu assecondato dal Comitato olimpico americano, che votò a maggioranza per l'astensione dai Giochi, ma tra gli alleati
le cose andarono in differenti maniere. Germania federale, Kenya, Giappone, Canada, Taiwan, Nuova Zelanda e
Norvegia concordarono nell'astenersi, ma in Gran Bretagna e in Italia i rispettivi Comitati olimpici non seguirono il
consiglio dei loro governi e votarono per la partecipazione ai Giochi. Anche fra le nazioni presenti a Mosca non tutte
procedettero allo stesso modo: alcune si astennero dalla cerimonia d'apertura e altre vi parteciparono solamente sotto le
insegne olimpiche, anziché nazionali. La cifra dei partecipanti risultò la più bassa degli ultimi venti anni: 5179 atleti di
80 paesi. Malgrado ciò le gare offrirono in quasi tutti gli sport un livello molto alto. Il clima di guerra fredda tra i due
blocchi, le nazioni della NATO e del Patto di Varsavia, continuava a persistere e i Giochi del 1984, assegnati a Los
Angeles, offrirono al secondo di questi blocchi una possibilità di rivalsa. Tre mesi prima dell'apertura dei Giochi,
l'URSS annunciò la sua volontà di astenersi, ufficialmente per 'motivi di sicurezza', nel presunto timore che i suoi atleti
non venissero accolti favorevolmente in terra americana. A questa decisione si unirono gli altri paesi di quel blocco,
tranne la Romania, che decise di essere presente. Furono assenti quindi Germania dell'Est, Polonia, Ungheria,
Cecoslovacchia, Bulgaria, nonché paesi extraeuropei come Cuba, Etiopia, Corea del Nord e Afghanistan (dal quale le
truppe sovietiche si sarebbero ritirate solo nel 1989). Il numero di nazioni presenti a Los Angeles (140) risultò
comunque il più alto nella storia dei Giochi e quello dei partecipanti (6829) secondo solo a Monaco 1972. Anche i
Giochi del 1988 ebbero problemi extrasportivi, ma in misura attenuata rispetto alle edizioni precedenti. Erano stati
assegnati a Seul, capitale della Corea del Sud, paese con cui alcune nazioni del blocco comunista non avevano relazioni
diplomatiche. Prevedibilmente la prima complicazione venne dalla Corea del Nord, a regime comunista, che chiese al
CIO di potere ospitare sul suo territorio metà delle gare olimpiche. Tale richiesta fu fatta a pochi mesi dai Giochi, per
cui il CIO ritenne di poterla esaudire solo in parte e quindi il governo di Pyongyang annunciò la sua intenzione di
boicottare l'avvenimento. Per solidarietà con la Corea del Nord si astennero dai Giochi anche Cuba, Etiopia, Nicaragua
e Albania. Ci fu il ritorno dell'URSS e dei suoi alleati europei e quindi le tre maggiori potenze dello sport mondiale,
USA, URSS e Germania Est, si trovarono riunite per la prima volta dal 1976. Che i giorni bui fossero ormai passati lo
si poteva dedurre dalle cifre della partecipazione. A Seul fu superato ogni precedente record: 8391 atleti di 159 nazioni.