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Radical Antispeciesism

Un’esperienza a margine dell’educazione


libertaria
That Pagan Anarchist 1 Maggio 2023
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A seguire, proponiamo la traduzione italiana di un testo personale di Fra De Biagi
(@giacominopratoverde). Revisione a cura di G. Heliaha Di Loreto
(@thatpagananarchist). Come sempre, un immenso grazie a Fra per il suo
impegno rispetto al progetto della Libreria Collettiva, motivo per cui invitiamo a
recuperare gli altri suoi lavori presenti su questa piattaforma (link nel menù del
presente blog).

Introduzione dell’autor*. Il presente contributo mancherà di oggettività. È


importante che io lo premetta. Da molti anni ho deciso di parlare solo di ciò che
conosco. Questo articolo dovrebbe fare seguito al lavoro del dr. Raffaele Rubechini,
[A] offrendo un possibile punto di vista sulla messa in pratica di una precisa modalità
pedagogica sperimentale: l’educazione libertaria. Ma sarebbe disonesto da parte mia
dichiarare che il mio percorso rappresenti uno sguardo dall’interno. Non può esserlo
per tre motivi: il primo è che, quando si parla di educazione libertaria, ogni singola
associazione ha modalità e dinamiche diverse; il secondo è che la “teoria”
dell’educazione libertaria spesso si allontana dalle pratiche; il terzo è che
personalmente ho attraversato l’ambiente dell’educazione libertaria per poi
distaccarmene, senza trovare una realizzazione completa delle mie idee pedagogiche.

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Dunque è più che altro il racconto di un percorso al margine, poiché ho sfiorato e
sono entratə in varie realtà senza integrarmi in nessuna di esse. Questo mi ha
permesso di sviluppare una veduta generale delle dinamiche dall’esterno e da vicino
ma non dall’interno: per questo penso che sarebbe interessante raccogliere la
testimonianza diretta di qualcuno che vive quotidianamente e da molto tempo la
pratica dell’educazione libertaria. Non citerò nomi di persone o luoghi in cui si è
svolta la mia esperienza, il fine di questo testo non è portare giudizi, ma mostrare una
modalità di lavoro poco conosciuta e le difficoltà quotidiane che essa solleva.
Specifico che il mio percorso attraverso l’educazione libertaria è avvenuto tra il 2015 e
il 2018, dopodiché ho perso l* appartenenti al movimento, quindi la mia
testimonianza si riferirà a quell’epoca.

LUCIO: SE IO CONTINUO A DIRE: “GAIA, GIOCA, SII LIBERA!” FORSE


A 12 ANNI SARÀ SOLO IMPEGNATA A GIOCARE ED ESSERE LIBERA.
ANDRÉ: E? SAREBBE UN PROBLEMA?
LUCIO: FORSE, PERCHÉ…
ANDRÉ: MA NON LO SAI.
LUCIO: SÌ, NON LO SO.
ANDRÉ: QUESTO È IL PROBLEMA, CHE NESSUNO SA DOVE QUESTO
PORTI. ABBIAMO COSÌ TANTA PAURA DEL GIOCO CHE NESSUNO PUÒ
RISPONDERE ALLA DOMANDA:“COSA DIVENTA UN BAMBINO CHE NON
VIENE INTERROTTO DAL SUO GIOCO?”, E NON PER UN GIORNO, PER 45
ANNI! [1]

Che cos’è l’educazione libertaria. Non esiste una sola definizione di educazione
libertaria. Direi piuttosto che si tratta di un termine ombrello all’interno del quale
ricadono molte esperienze educative sperimentali. I punti di riferimento basilari sono
la filosofie e le sperimentazioni pedagogiche di Alexander Neill, Ivan Illich, Janusz
Korczak, Paulo Freire, Marcello Bernardi, Francisc Ferrer i Guardia. Ma non sono
assenti elementi delle pedagogie di Maria Montessori, Mario Lodi, Alice Miller,
Danilo Dolci, Rudolph Steiner, Don Lorenzo Milani, Lev Tolstoj, Arno e André Stern,
Paolo Mottana. Attualmente il divulgatore più conosciuto in Italia è Francesco
Codello.

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Alla base dell’educazione libertaria ci sono due idee: l* bambin* hanno già tutti gli
strumenti che servono loro; e adult* e bambin* sono paritar*, non esiste gerarchia,
nemmeno di età. Nell’educazione libertaria l* adult* possono essere considerat*
educator*, ma si preferisce definirl* “accompagnator*”. Il loro compito non è “tirare
fuori” qualcosa da un essere umano, ma fare un percorso insieme a quell’essere
umano, fornirgli degli strumenti e non mettergli ostacoli fisici o mentali.
Esattamente come si farebbe con dei fiori [2] che crescono in un prato, il compito
dell’adult* è assicurarsi che il fiore abbia sufficiente nutrimento, sufficiente luce,
sufficiente spazio, nient’altro: un fiore sa benissimo come crescere, non dev’essere
“tirato fuori”, sboccia secondo i suoi tempi, i suoi colori, le sue possibilità.

Se il fiore è nato su un terreno arido o in mezzo ai sassi, il nostro compito è di nutrire


il terreno o trapiantare il fiore. Fuor di metafora: fornire lo spazio, il tempo e i mezzi
richiesti dall* bambin. Questo significa ovviamente che non esistono banchi, classi,
materie, orari, obblighi. Ogni associazione si costituisce in assemblea e decide ogni
singola regola della vita quotidiana della comunità, e il voto del bambin* di 4 anni
vale quanto il voto dell’adult* di 50. In alcune assemblee si decide di accogliere le
mozioni votate all’unanimità, in altre assemblee si definiscono altre maggioranze. Le
mozioni possono vertere su qualunque argomento: si sono rotte due sedie, è
necessario comprarle nuove o no?, visto che ad alcun* bambin* piacerebbe suonare la
chitarra si può chiamare qualcuno che mostri loro come fare?, quell’accompagnator*
non ci piace, lo licenziamo? nella nostra comunità ci si può picchiare o no?, nella
nostra comunità si segue un regime alimentare condiviso od ogni individuo mangia
ciò desidera?, nella nostra comunità vogliamo che ci siano dei “corsi” veri e propri di
qualche argomento od ogni apprendimento deve venire spontaneo?

Una comunità può essere composta dalle 5 alle 300 persone, bambin* e
accompagnator* e talvolta genitori che danno una mano. Esse decidono della loro vita
quotidiana, che cosa fare, che cosa non fare, ogni giorno c’è un incontro mattutino per
definire le volontà della giornata, e almeno 3-4 volte a settimana (ma in alcuni casi
tutti i giorni) c’è l’assemblea in cui si prendono decisioni, si stabiliscono le regole
della comunità, si valutano le infrazioni. Visto che le assemblee sono continue le
regole possono cambiare continuamente. Questo significa non solo che non esiste una
comunità libertaria uguale ad un’altra, ma anche che la stessa comunità libertaria può
essere radicalmente diversa a seconda dei periodi. E una volta stabilite le regole
comuni (dal basso) è la stessa assemblea a valutare chi ha trasgredito le regole che la
comunità si è data. Si valuta caso per caso: perché è avvenuta la trasgressione,? è
grave?, è importante dare una risposta o una penitenza a chi l’ha commessa? Non
esistono regole o valori precedenti alla comunità: teoricamente una comunità
potrebbe anche decidere che è accettata la violenza fisica come mezzo di risoluzione
dei conflitti interni, o che alcun* bambin* scelgano di mangiare carne, pur sapendo di
quali orrori e dolori è portatore lo specismo.

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La libertà totale di scelta in assemblea non assicura la mancanza di gerarchie,
semplicemente assicura che esse siano scelte. Il paradosso, conosciuto e accettato,
all’interno di un’associazione libertaria, è che un gruppo di bambin* possa decidere di
fare lezione frontale secondo il sistema della scuola pubblica, con banchi, sedie,
manuali: se l’assemblea comunitaria lo decide lo si applica, fino a nuova decisione.

A margine di questa riflessione annoto che, all’epoca della mia esperienza, esistevano
effettivamente associazioni in cui la violenza fisica era un mezzo possibile di
risoluzione dei conflitti, esistevano associazioni in cui si mangiava carne, esistevano
associazioni in cui si faceva anche lezione in maniera simile alla scuola pubblica.
Oggi, a 5 anni di distanza, è possibile che alcune modalità siano scomparse o
cambiate.

Esperienze libertarie. Poiché “libertario” è un termine ombrello, all’interno vi


possono ricadere le realtà più disparate. Le comunità libertarie a cui si guarda con più
attenzione in Europa sono: Summerhill, fondata nel 1921 da Alexander Neill e tuttora
esistente a Leiston, nel sud-est dell’Inghilterra; Kapriole, fondata nel 1997 a Friburgo
in Germania; Kether, nata col nome “Kiskanu” nel 2004 a Verona; nel mondo
esistono realtà libertarie in Brasile, Stati Uniti, Giappone, Israele, Nuova Zelanda, e in
Europa ulteriori scuole a metà strada tra l’impostazione libertaria e la cosiddetta
“scuola democratica” in Francia, Germania, Inghilterra, Austria, Danimarca.

L’Italia è probabilmente tra i paesi dove l’esperienza libertaria è più presente sul
territorio: continuamente gruppi libertari nascono, evolvono e talvolta muoiono. Le
realtà più longeve sono la già citata Kether vicino a Verona, Urupia vicino a Brindisi,
Ubuntu ad Abbiategrasso (MI), I Saltafossi a Bologna e I Prataioli vicino a Modena.
Questa disamina è ovviamente parziale, non è possibile mappare tutti i gruppi
libertari nel mondo: talvolta essi sono troppo piccoli, talvolta vogliono restare
sconosciuti e non utilizzano mezzi di comunicazione per farsi conoscere, talvolta
nascono e scompaiono nell’arco di pochi mesi e non hanno il tempo di farsi
conoscere, talvolta non utilizzano la dicitura “libertario” perché mischiano più
pedagogie e non vogliono identificarsi in un’etichetta, o ancora, infine, talvolta i
gruppi lavorano clandestinamente, in paesi dove l’educazione libertaria è vietata o
concessa in casi rarissimi (ad esempio in Germania, nei Paesi Bassi, in Grecia e da
qualche mese in Francia. Qui i gruppi libertari devono trovare un accordo con le
istituzioni per essere riconosciuti come “scuole private sperimentali” e quindi seguire
parzialmente le indicazioni statali).

Percorsi di avvicinamento. La mia esperienza di accompagnamento nel contesto


dell’educazione libertaria non è iniziata dall’oggi al domani, mi sono avvicinatə a
questo mondo per piccoli passi. Istintivamente sentivo che c’era qualcosa di
profondamente sbagliato nella scuola ufficiale, e non solo in quella italiana. Durante

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un corso universitario sull’Animazione teatrale, [3] ebbi la possibilità di conoscere le
molte sperimentazioni pedagogiche e artistiche messe in atto negli anni ’70, fra i cui
soggetti c’era anche il Movimento di Cooperazione Educativa. Il MCE è
un’associazione nata negli anni ’50 per promuovere la “scuola democratica”, portando
in Italia le sperimentazioni di pédagogie populaire del francese Célestin Freinet. Il
più conosciuto fra i pedagogisti che applicarono le idee di Freinet al contesto italiano
è Mario Lodi, che propose per la prima volta dei metodi che oggi definiremmo
“progressisti” nella piccola scuola elementare di Vho di Piadena (CR), raccogliendo
testimonianze e rappresentazioni del nuovo modello di apprendimento in Il paese
sbagliato, testo ancora oggi fondamentale per ritrovare le prime speranze di un
approccio diverso nella scuola italiana. [4]

Alla base della pedagogia di Lodi c’era una ferma volontà di lasciare esprimere
liberamente l* bambin, di non imporre delle nozioni ma indurl alla scoperta del
mondo e della società attraverso l’esperienza, senza “insegnare” loro il calcolo e
l’alfabetizzazione, ma piuttosto portandol* a fare esperienze pratiche di vita
quotidiana in cui l’apprendimento delle parole e dei numeri derivasse dall’uso. Una
scuola dove l* bambin* decidessero da sol* i propri voti, dove il corpo insegnante si
spogliasse dell’autorità per diventare figure più simili a moderatori di discussioni, per
“distruggere la prigione, mettere al centro della scuola il bambino, liberarlo da ogni
paura, dare motivazione e felicità al suo lavoro, creare intorno a lui una comunità di
compagni che non siano antagonisti, dare importanza alla sua vita e ai sentimenti più
alti che dentro gli si svilupperanno.” [5]

Una scuola libera, dignitosa, ma comunque una scuola, un programma, dei valori
condivisi vissuti dall* bambin*, non “insegnati”, ma comunque provenienti da un
pensiero del maestro (nel caso di Lodi e del MCE i valori erano quelli espressi nella
Carta Costituzionale italiana, e lo scopo era la loro piena applicazione). Nel 2009
frequentai per sei mesi le riunioni del gruppo MCE della città dove vivevo, mi
confrontai con maestri e maestre. Mi dissero che queste erano vecchie utopie, che il
sistema burocratico aveva reso impossibile l’applicazione di quella pedagogia, che
quel che non era riuscito a fare il sistema democristiano degli anni ’70 l’avevano fatto
le farraginose riforme degli anni 2000, e che ormai la pedagogia Lodi-Freinet
consisteva in poco più di qualche piccolo accorgimento all’interno di un sistema che
puntava totalmente altrove.

Nello stesso periodo mi avvicinai all’homeschooling e alle numerose applicazioni e


anime che ne derivano. All’epoca sapere che “scuola” e “educazione” non erano la
stessa cosa, e che la scolarizzazione non è obbligatoria, sembrava già rivoluzionario.
In effetti l’art. 34 della Costituzione stabilisce che “l’istruzione è obbligatoria”, non la
scolarizzazione, il che significa che ogni famiglia può decidere come e dove istruire l*
figl*. Negli anni ’90 e 2000 varie leggi e decreti legge regolamentano le modalità di

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istruzione dei minori al di fuori della scuola pubblica o paritaria, e i genitori devono
semplicemente “dimostrare di averne la capacità tecnica od economica e darne
comunicazione anno per anno alla competente autorità”. [6] L’MCE non aveva più
manovra nella scuola per sradicarne il sistema gerarchico, era possibile farlo in
famiglia a casa? No. Molte famiglie ritiravano l* figl* da scuola semplicemente per
motivi religiosi, o perché volevano impartire una morale differente (dal punto di vista
sociale, etico, ambientale, intellettuale), e d’altronde la legge limitava molto lo spazio
d’azione dell’homeschooling, spesso si trattava di trovare semplicemente metodologie
meno invasive per instillare le stesse cose, poiché a fine anno bisognava dimostrare di
essere allo stesso livello degli studenti della scuola pubblica e paritaria.

Si trattava ancora, per dirla con la metafora di Codello, di riempire un vaso, solo con
un imbuto più gentile. Era il 2015 quando mi imbattei per la prima volta
nell’educazione libertaria. Partecipai a Prato all’incontro nazionale delle scuole
sperimentali: Waldorf, Montessori, Scuola senza Zaino, homeschooling. Erano
progetti affascinanti, ma per il mio sentire anarchico si trattava di contentini: tutt*
mantenevano alla base la gerarchia adult*-bambin*, insegnante-alliev*, educante-
educat*.

A margine dell’incontro c’era un rappresentante dell’educazione libertaria che, forse


infastidito dai discorsi dell* altr* educator*, aveva parlato per un solo minuto
dicendo che l’educazione libertaria non poteva essere presentata in un convegno,
andava compresa e vissuta, e rimandava al sito della “rete educazione libertaria”
[7] per capirne i valori. Lessi quello che era possibile reperire, soprattutto Neill,
Illich e Codello. A settembre 2015 ci fu il convegno nazionale delle Rete Educazione
Libertaria. La mattina era dedicata alla presentazione delle esperienze italiane
libertarie più longeve e all’incontro con Francesco Codello. Le associazioni
rappresentanti delle realtà libertarie spiegarono le loro esperienze quotidiane:
l’impossibilità di stabilire un percorso condiviso nazionale, proprio perché il
principio assembleare presuppone un cambiamento continuo di ogni comunità;
l’essere sempre in bilico sulle leggi dello Stato, perché i genitori delegano alle
associazioni l’accompagnamento educativo, ma nessuna associazione può chiedere
fondi pubblici come “scuola” o “doposcuola” – per avere queste prerogative
dovrebbe seguire un percorso preimpostato dai programmi scolastici, avere una
sede fisica a norma, con aule, lavagne, manuali didattici. Da qui anche il paradosso
di essere una realtà educativa potenzialmente davvero aperta a tutte le soggettività,
ma la necessità di dipendere economicamente da persone che la finanzino e, in
mancanza di magnati miliardar* (poco probabile in ambiente libertario), l’unica
possibilità è condividere i costi tra accompagnator* e famiglie, e spesso questo porta a
gruppi provenienti da ambienti borghesi.

Come scardinare il sistema patriarcale e gerarchico se la maggior parte dell*

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finanziator* sono borghesi? Incrociando le dita e sperando che siano tutt* ex
proletar*, o che vogliano tutt* tradire i valori borghesi e insegnare all* figl* a
distruggere i valori dei genitori? In una pausa del convegno mi infiltrai nei vari gruppi
per ascoltare, non conoscevo nessuno e nessuno mi conosceva. Ascoltai genitori
sconvolti dalle proposte di demolire la gerarchia e partecipare solo a una riunione
serale settimanale, dando all* bambin* tutto il potere decisionale. Ascoltai anche
accompagnator* confessare a bassa voce che nella realtà del loro quotidiano veniva
ben poco applicato il pensiero alla base di Summerhill: “il gioco appartiene ai
bambini. Noi non abbelliamo le situazioni di apprendimento affinché il gioco diventi
‘produttivo’, non osserviamo e valutiamo cosa potrebbero imparare da questo o quel
gioco. I nostri bambini giocano, semplicemente – e sanno farlo benissimo, anche
tutto il giorno se vogliono.” [8]

Capendo che qualcosa mi chiamava in quel mondo e che volevo viverlo da dentro per
conoscerne i funzionamenti, contattai un’associazione libertaria del nord Italia, vicino
alla mia città. Seguii i loro incontri di informazione e conoscenza, le loro riunioni e le
discussioni a distanza per circa un anno. Trovai un ambiente costruttivo e
affascinante, per l’associazione non c’era dubbio che l* bambin* fossero l* unic*
protagonist*, che ogni bambin dovesse scegliere i propri tempi, viverli: alcun*
necessitano di mesi di gioco libero e solitario prima di avvicinarsi ad altr* bambin,
per giocare insieme o all* accompagnator*, per esprimere una volontà. Altr* hanno
bisogno di strumenti pratici: una chitarra, un pezzo di tessuto, un bastoncino di
legno, un filo d’erba. Se possono trovarli da sol* ottimo, altrimenti lo si fa insieme.
Altr* ancora pongono domande: perché quest’oggetto è così? Perché l’albero ha
questa forma? Che cos’è questo? Altr* fanno richieste: voglio mangiare questo, voglio
dire questo, voglio andare lì. Altr* agiscono senza domandare.

Ci sono un sacco di questioni da affrontare anche semplicemente in queste due righe.


Dare una risposta alle domande o rendere la domanda all* bambin, rispondendo “tu
cosa ne pensi”? Esistono risposte che abbiamo appreso e di cui abbiamo certezza?
Quale risposta si potrebbe dare a un* bambin* che chieda dov’è andato il suo gatto
dopo la morte? Abbiamo davvero una risposta? Conosciamo davvero e con certezza i
misteri della vita, dell’universo, al punto da poter tramandare risposte? Se il principio
di base è “l* bambin* sanno già, non hanno bisogno delle nostre opinioni”, allora ci
sono pochissime risposte che possiamo dare. Il 90% delle informazioni che
conosciamo sul mondo sono opinioni, punti di vista, sentire personale, legati alla
nostra storia, se abbiamo decostruito, o a uno schema culturale, se non abbiamo
decostruito. Se chiedessimo perché una quercia ha la sua forma a un botanico
americano, uno sciamano messicano, un mistico buddhista indiano e un contadino
giapponese, avremmo quattro risposte diverse. E se l* bambin* volesse fare
un’azione? Ad esempio stropicciarsi le mani ed il viso con sterco di cane, o mangiare
un pezzo di carne bovina, o picchiare selvaggiamente un* altr* bambin* indifes. Come

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accompagnator* dobbiamo rispettare le regole che le comunità si è data: ma, se la
comunità si è data come regola la non-violenza, dobbiamo fermare e separare l*
bambin* o lasciare che si picchino e vengano poi
valutat* dall’assemblea per le trasgressioni? Di solito anche questo viene deciso
precedentemente in assemblea: quando l’accompagnator* possa o non possa
intervenire. Ma in alcuni casi non c’è precedente e allora si deve riflettere e scegliere
in poche frazioni di secondo. All’epoca, il gruppo dove mi formavo era inattivo, non
aveva iscritti, era in fase di formazione di nuov* accompagnator* e ricerca di nuove
famiglie, non feci quindi esperienza pratica in quell’occasione. Ebbi però la possibilità
di incontrare due altri gruppi libertari del nord Italia. Il problema che notavo più
spesso nelle riunioni informative e di confronto era la tendenza a “smussare gli
angoli”.

Il mio gruppo aveva preso decisioni molto precise: l* bambin* scelgono, non i
genitori. Se l* bambin* pone domande sulla sessualità, sull’identità di genere, sulla
religione, o se esprime un desiderio contrario alle aspettative dei genitori, la
prerogativa è il dialogo con li. Non pochi genitori erano contrari al fatto che l
bambin* potessero bestemmiare, masturbarsi, identificarsi col genere scelto e non
con quello assegnato, mostrarsi nud* l* un* con l* altr, fare attività “non produttive”,
scegliere di mangiare ciò che desideravano. Non pochi genitori rifiutavano di
perdere totalmente il loro potere sull figl* per otto ore al giorno, scontrandosi poi a
casa con dinamiche di libertà a cui loro non erano abituati. Se i genitori avessero
posto la comunità davanti a un ultimatum, la volontà era allontanare la famiglia dal
gruppo e preservare i valori, d’altronde la firma del manifesto dei valori sarebbe stata
la prima cosa che i genitori avrebbero dovuto fare per entrare nella comunità. Gli altri
due gruppi incontrati non erano così stabili su queste regole: alcuni genitori erano
anche accompagnator*, e d’altronde per sopravvivere come gruppo erano necessarie
le iscrizioni, i soldi, quindi si tenevano dentro anche le famiglie che non avevano
nessuna intenzione di distruggere le gerarchie, ci si manteneva in bilico fra i valori e
le necessità. Ben presto anche i valori del mio gruppo di formazione cambiarono,
nuov* accompagnator* erano entrat*, con una formazione più montessoriana, e
portavano con sé famiglie paganti, bisognava accettare di mantenere il nome
“libertario” e trovare compromessi con la pedagogia montessori (che è una pedagogia
meravigliosa ma non ha fra i suoi cardini l’abolizione della gerarchia e la totale
spontaneità dell’apprendimento) per far sopravvivere il gruppo.

Esperienze. Contemporaneamente alla fine della “formazione”, venni contattatə da


un gruppo di genitori
della mia città. Si trattava di un gruppo composito di una decina di famiglie che
volevano ritirare l* figl* da scuola per i motivi più vari. Tre di queste famiglie
desideravano un approccio anarchico-libertario, e il motivo per cui ritiravano l* figl*
dalla scuola pubblica era esattamente il desiderio di una relazione non gerarchica.

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Venni chiamatə alle riunioni congiunte di tutto il gruppo, ci si riuniva ogni settimana
per discutere quale tipo di comunità volevamo creare. L’età dell* bambin* andava dai
3 agli 8 anni. Era piuttosto chiaro che alcune persone erano affascinate dall’approccio
libertario, altre lo rifiutavano. Le proposte variavano dall’approccio montessoriano,
steineriano, olistico, scuola nel bosco (programmi della scuola pubblica ma svolti
all’aperto e gestiti dalle famiglie), homeschooling, un misto di tutti, o approcci senza
alcuna etichetta.

Una delle tre famiglie che mi avevano contattatə decise di tirarsi indietro quando
dissi loro che, se sceglievano un approccio libertario, il bambino avrebbe potuto
scegliere cosa mangiare, non sarebbe stato costretto a seguire la dieta macrobiotica
voluta dai genitori. Il clima rimase molto teso per numerose sedute, mi si chiedeva
quali erano i valori dell’educazione libertaria e solo le due madri che mi avevano
contattatə rimanevano convinte, il resto dell’assemblea propendeva per intenti
diversi. Una delle frasi che ascoltavo più spesso era: “i bambini hanno bisogno di
guide”. Ci furono varie giornate in cui l’associazione si riuniva e io seguivo le bambine
delle due famiglie, senza essere pagatə per il mio lavoro perché eravamo in fase
sperimentale, e le mie richieste di essere affiancatə da altr* educator* vennero
ignorate a lungo.

Esistono comunità libertarie che nascono anche con due o tre bambin*, ma ci sono
sempre almeno due accompagnator, è necessario per avere feedback, per rilanciarsi
idee, per comprendere cosa possiamo fare per far crescere in maniera più libera i
fiori, ma anche per far notare gli errori, o quando stiamo agendo secondo un retaggio
gerarchico, quando la nostra intenzione non è rivolta all* bambin* ma al nostro
egoismo: è umano che ciò possa accadere ed è fondamentale ricevere feedback in
questo tipo di lavoro e di relazione.

Le giornate comuni erano ricche di scoperte: le due bambine cominciavano a


conoscersi, ad avvicinarsi e a litigare, a giocare insieme fra le fontane di un parco e ad
allontanarsi ognuna in un angolino; inventavano giochi insieme e lentamente
facevano conoscenza con la natura. Una di loro adorava un ramoscello, lo utilizzava
per creare disegni nell’aria e nell’erba. Un giorno rimase a lungo a osservare una
parte di tronco d’albero, e continuò a chiedermi “che cos’è? Inizialmente tentai
ingenuamente di proporre delle risposte, ma poi percepii che la sua domanda non
aveva a che fare con la nomenclatura umana, piuttosto cercava parole per esprimere
l’essenza, l’anima, di ciò che vedeva, quindi le resi la domanda, “che cos’è per te”?,
non rispose a parole ma continuando a fissare l’albero. Queste esperienze erano
ridicolizzate dai genitori delle altre famiglie, per i quali si trattava di “comuni
automatismi infantili”; più di una famiglia voleva creare situazioni “produttive”. Per
questo si crearono gruppi taciti, dinamiche di potere, mobbing dei due nuclei che
cercavano di lavorare con me, e venne chiamata un’educatrice con una formazione

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vicina al modello steineriano, che mi affiancò, lavorando con coloro che erano
scontenti dell’approccio libertario. Giorni dopo, invitai il gruppo a riunirsi
interamente per vedere il documentario Figli della libertà, [9] il viaggio di una
famiglia genovese nel mondo dell’homeschooling e delle associazioni libertarie
europee, ma pochissime persone parteciparono e all’uscita nessuno commentò.
Nell’ultima assemblea a cui partecipai, i genitori esplicitarono a maggioranza il rifiuto
della pedagogia libertaria, votando in un momento in cui le uniche due famiglie che
lavoravano con me erano assenti. Incontrai queste ultime ancora due volte, nelle loro
case, non potendo più stare negli spazi comuni dell’associazione. La volontà di
continuare il progetto c’era, il denaro, il luogo e il numero di persone necessario per
farlo no, quindi decidemmo di terminare il nostro tentativo di creazione di una
comunità libertaria.

Mesi dopo incontrai per caso in città uno dei padri scontenti: ci tenne ad avvicinarsi
per salutarmi e ripetermi che “i bambini hanno bisogno di una figura superiore”. Non
so se fosse un monito a me o se volesse rincuorare se stesso. Nel 2018, provatə dalle
dinamiche vissute, abbandonai il lavoro nella pratica libertaria e mi allontanai dalla
mia città. Fui molto felice quando, nel 2021, dopo aver essermi trasferitə in Francia,
in un gruppo online della regione in cui abito conobbi una madre tedesca emigrata in
Francia per poter praticare l’unschooling (una forma di homeschooling che si
avvicina all’educazione libertaria), poiché in Germania avrebbe rischiato l’arresto non
mandando la figlia a scuola. Mi descrisse la vita quotidiana della figlia, che a 10 anni
senza aver mai studiato alcuna lingua ne parlava due, che senza aver mai studiato la
musica stava imparando il canto, che decideva di vivere nuda in casa in qualunque
momento, anche in pieno inverno e in presenza di ospiti. La frase che più mi colpì fu:
“non comprendo come possano altri genitori voler indurre i figli a fare qualcosa,
qualunque cosa. Io non solo non voglio, ma anche se osassi farlo, mia figlia non mi
ascolterebbe mai, non si potrebbe mai obbligarla a fare qualcosa contro la sua
volontà”. Senza dare alcuna etichetta a ciò che stava facendo, aveva messo in pratica il
principio di non gerarchia: stava lasciando crescere libero un fiore.

Bibliografia.

[1] Conversazione fra Lucio Basadonne e André Stern. Trailer di Figli della Libertà.

“If I continue saying ‘Gaia, play, be free!’, maybe at 12 years she’s just playing and
being free.”

“And? Would that be a problem?”

“Maybe, because…”

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“But you don’t know.”

“Yeah, I don’t know.”

“C’est ça le problème. C’est que personne ne sait où ça conduit. On a tellement peur


du jeu que personne ne peut répondre à la question : ‘Que devient un enfant que l’on
interrompt pas dans son jeu?’ Et pas une journée, pendant 45 ans.”

Lucio Basadonne, Anna Polio, Figli della libertà, Terra Nuova Edizioni, 2017.

[2] Riprendo la metafora “vaso” (da riempire di nozioni), “creta” (da plasmare a
piacimento), “fiore” (da nutrire e lasciar crescere) da Francesco Codello.

[3] Per un meraviglioso sguardo d’insieme sulle sperimentazioni educative di quegli


anni si veda Loredana Perissinotto, Animazione Teatrale, Roma, Carocci, 2004 (2a
ed.).

[4] Non è possibile riassumere in poche parole l’importanza di questo testo, rimando
perciò alla lettura di Mario Lodi, Il Paese Sbagliato, ET Scrittori, Einaudi, 2022
(prima ed. in tascabile).

[5] Mario Lodi, “Lettera a Katia”, prefazione a Il Paese Sbagliato, Torino, Einaudi
(l’anno di pubblicazione e la pagina variano a seconda dell’edizione).

[6] D. lgs. n. 297/1994, art. 111, comma 2.

[7] http://www.educazionelibertaria.org

[8] “At Summerhill, play belongs to the child. We do not dress up learning situations
so that the play will be “productive”, we do not look on and evaluate what they might
learn form this or that game. Our children just play — and they can do it pretty well
all day if they want to.” A.S. Neill Summerhill,
https://www.summerhillschool.co.uk/play

[9] Lucio Basadonne, Anna Polio, Figli della libertà, Terra Nuova Edizioni, 2017.

[A] Pedagogia e Anarchismo, Dottor Raffaele Rubechini, Dottoressa Giulia Heliaha


Di Loreto. Link all’intervista:
https://www.instagram.com/tv/Cg9nWpFK1Xh/?
igshid=YmMyMTA2M2Y=. Profilo personale e professionale di R. Rubechini:
https://instagram.com/dr.raffaele_rubechini?igshid=YmMyMTA2M2Y=.

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Approfondimenti.

Marcello Bernardi, Educazione e libertà, Milano, Rizzoli, 2009.

Francesco Codello, La campanella non suona più. Fine dei sistemi scolastici e
alternative libertarie possibili, Lugano, La Baronata, 2015.

Janusz Korzcak, Il diritto del bambino al rispetto, Milano, Luni, 1999.

Ivan Illich, Descolarizzare la società, Milano, Mondadori, 1972.

Alexander Neill, I ragazzi felici di Summerhill, Como, Red 1990.

Rete per l’Educazione Libertaria : manifesto, storia, valori e mappatura delle


comunità libertarie più longeve in Italia e nel mondo.
https://www.educazionelibertaria.org

Educare alla Libertà: sito di aggregazione di materiali sulle pedagogie alternative, con
un focus particolare sulla libertaria. https://www.educareallaliberta.org

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That Pagan Anarchist 1 Maggio 2023


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