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Un'esperienza a margine dell'educazione libertaria

LUCIO: Se io continuo a dire: “Gaia, gioca, sii libera!” forse


a 12 anni sarà solo impegnata a giocare ed essere libera.
ANDRÉ: E? Sarebbe un problema?
LUCIO: Forse, perché...
ANDRÉ: Ma non lo sai.
LUCIO: Sì, non lo so.
ANDRÉ: Questo è il problema, che nessuno sa dove questo
porti. Abbiamo così tanta paura del gioco che nessuno può
rispondere alla domanda:“Cosa diventa un bambino che non
viene interrotto dal suo gioco?”, e non per un giorno, per 45
anni!1

Il presente contributo mancherà di oggettività. È importante che io lo premetta. Da molti


anni ho deciso di parlare solo di ciò che conosco. Questo articolo dovrebbe fare seguito al lavoro
del dr. Raffaele Rubechini, offrendo un possibile punto di vista sulla messa in pratica di una precisa
modalità pedagogica sperimentale: l'educazione libertaria. Ma sarebbe disonesto da parte mia
dichiarare che il mio percorso rappresenti uno sguardo dall'interno. Non può esserlo per tre motivi:
il primo è che, quando si parla di educazione libertaria, ogni singola associazione ha modalità e
dinamiche diverse; il secondo è che la “teoria” dell'educazione libertaria spesso si allontana dalle
pratiche; il terzo è che personalmente ho attraversato l'ambiente dell'educazione libertaria per poi
distaccarmene, senza trovare una realizzazione completa delle mie idee pedagogiche. Dunque è più
che altro il racconto di un percorso al margine, poiché ho sfiorato e sono entratə in varie realtà
senza integrarmi in nessuna di esse. Questo mi ha permesso di sviluppare una veduta generale delle
dinamiche dall'esterno e da vicino ma non dall'interno: per questo penso che sarebbe interessante
raccogliere la testimonianza diretta di qualcuno che vive quotidianamente e da molto tempo la
pratica dell'educazione libertaria. Non citerò nomi di persone o luoghi in cui si è svolta la mia
esperienza, il fine di questo testo non è portare giudizi, ma mostrare una modalità di lavoro poco
conosciuta e le difficoltà quotidiane che essa solleva. Specifico che il mio percorso attraverso
l'educazione libertaria è avvenuto tra il 2015 e il 2018, dopodiché ho perso l* appartenenti al
movimento, quindi la mia testimonianza si riferirà a quell'epoca.

Che cos'è l'educazione libertaria

Non esiste una sola definizione di educazione libertaria. Direi piuttosto che si tratta di un termine
ombrello all'interno del quale ricadono molte esperienze educative sperimentali. I punti di
riferimento basilari sono la filosofie e le sperimentazioni pedagogiche di Alexander Neill, Ivan
Illich, Janusz Korczak, Paulo Freire, Marcello Bernardi, Francisc Ferrer i Guardia. Ma non sono
assenti elementi delle pedagogie di Maria Montessori, Mario Lodi, Alice Miller, Danilo Dolci,
Rudolph Steiner, Don Lorenzo Milani, Lev Tolstoj, Arno e André Stern, Paolo Mottana.
Attualmente il divulgatore più conosciuto in Italia è Francesco Codello.

1 Conversazione fra Lucio Basadonne e André Stern. Trailer di Figli della Libertà.
“- If I continue saying 'Gaia, play, be free!', maybe at 12 years she's just playing and being free.
- And? Would that be a problem?
- Maybe, because...
- But you don't know.
- Yeah, I don't know.
- C'est ça le problème. C’est que personne ne sait où ça conduit. On a tellement peur du jeu que personne ne peut
répondre à la question : 'Que devient un enfant que l’on interrompt pas dans son jeu?' Et pas une journée, pendant 45
ans.”
Lucio Basadonne, Anna Polio, Figli della libertà, Terra Nuova Edizioni, 2017.
Alla base dell'educazione libertaria ci sono due idee: l* bambin* hanno già tutti gli strumenti
che servono loro; e adult* e bambin* sono paritar*, non esiste gerarchia, nemmeno di età.
Nell'educazione libertaria l* adult* possono essere considerat* educator*, ma si preferisce definirl*
“accompagnator*”. Il loro compito non è “tirare fuori” qualcosa da un essere umano, ma fare un
percorso insieme a quell'essere umano, fornirgli degli strumenti e non mettergli ostacoli fisici o
mentali. Esattamente come si farebbe con dei fiori2 che crescono in un prato, il compito dell'adult* è
assicurarsi che il fiore abbia sufficiente nutrimento, sufficiente luce, sufficiente spazio, nient'altro:
un fiore sa benissimo come crescere, non dev'essere “tirato fuori”, sboccia secondo i suoi tempi, i
suoi colori, le sue possibilità. Se il fiore è nato su un terreno arido o in mezzo ai sassi, il nostro
compito è di nutrire il terreno o trapiantare il fiore. Fuor di metafora: fornire lo spazio, il tempo e i
mezzi richiesti dall* bambin*. Questo significa ovviamente che non esistono banchi, classi, materie,
orari, obblighi. Ogni associazione si costituisce in assemblea e decide ogni singola regola della vita
quotidiana della comunità, e il voto del* bambin* di 4 anni vale quanto il voto dell'adult* di 50. In
alcune assemblee si decide di accogliere le mozioni votate all'unanimità, in altre assemblee si
definiscono altre maggioranze. Le mozioni possono vertere su qualunque argomento: si sono rotte
due sedie, è necessario comprarle nuove o no?, visto che ad alcun* bambin* piacerebbe suonare la
chitarra si può chiamare qualcuno che mostri loro come fare?, quell'accompagnator* non ci piace,
lo licenziamo? nella nostra comunità ci si può picchiare o no?, nella nostra comunità si segue un
regime alimentare condiviso od ogni individuo mangia ciò desidera?, nella nostra comunità
vogliamo che ci siano dei “corsi” veri e propri di qualche argomento od ogni apprendimento deve
venire spontaneo?
Una comunità può essere composta dalle 5 alle 300 persone, bambin* e accompagnator* e
talvolta genitori che danno una mano. Esse decidono della loro vita quotidiana, che cosa fare, che
cosa non fare, ogni giorno c'è un incontro mattutino per definire le volontà della giornata, e almeno
3-4 volte a settimana (ma in alcuni casi tutti i giorni) c'è l'assemblea in cui si prendono decisioni, si
stabiliscono le regole della comunità, si valutano le infrazioni. Visto che le assemblee sono continue
le regole possono cambiare continuamente. Questo significa non solo che non esiste una comunità
libertaria uguale ad un'altra, ma anche che la stessa comunità libertaria può essere radicalmente
diversa a seconda dei periodi. E una volta stabilite le regole comuni (dal basso) è la stessa
assemblea a valutare chi ha trasgredito le regole che la comunità si è data. Si valuta caso per caso:
perché è avvenuta la trasgressione,? è grave?, è importante dare una risposta o una penitenza a chi
l'ha commessa? Non esistono regole o valori precedenti alla comunità: teoricamente una comunità
potrebbe anche decidere che è accettata la violenza fisica come mezzo di risoluzione dei conflitti
interni, o che alcun* bambin* scelgano di mangiare carne, pur sapendo di quali orrori e dolori è
portatore lo specismo. La libertà totale di scelta in assemblea non assicura la mancanza di gerarchie,
semplicemente assicura che esse siano scelte. Il paradosso, conosciuto e accettato, all'interno di
un'associazione libertaria, è che un gruppo di bambin* possa decidere di fare lezione frontale
secondo il sistema della scuola pubblica, con banchi, sedie, manuali: se l'assemblea comunitaria lo
decide lo si applica, fino a nuova decisione. (A margine di questa riflessione annoto che, all'epoca
della mia esperienza, esistevano effettivamente associazioni in cui la violenza fisica era un mezzo
possibile di risoluzione dei conflitti, esistevano associazioni in cui si mangiava carne, esistevano
associazioni in cui si faceva anche lezione in maniera simile alla scuola pubblica. Oggi, a 5 anni di
distanza, è possibile che alcune modalità siano scomparse o cambiate.)

Esperienze libertarie

Poiché “libertario” è un termine ombrello, all'interno vi possono ricadere le realtà più


disparate. Le comunità libertarie a cui si guarda con più attenzione in Europa sono: Summerhill,
fondata nel 1921 da Alexander Neill e tuttora esistente a Leiston, nel sud-est dell'Inghilterra;
Kapriole, fondata nel 1997 a Friburgo in Germania; Kether, nata col nome “Kiskanu” nel 2004 a

2 Riprendo la metafora “vaso” (da riempire di nozioni), “creta” (da plasmare a piacimento), “fiore” (da nutrire e
lasciar crescere) da Francesco Codello.
Verona; nel mondo esistono realtà libertarie in Brasile, Stati Uniti, Giappone, Israele, Nuova
Zelanda, e in Europa ulteriori scuole a metà strada tra l'impostazione libertaria e la cosiddetta
“scuola democratica” in Francia, Germania, Inghilterra, Austria, Danimarca. L'Italia è
probabilmente tra i paesi dove l'esperienza libertaria è più presente sul territorio: continuamente
gruppi libertari nascono, evolvono e talvolta muoiono. Le realtà più longeve sono la già citata
Kether vicino a Verona, Urupia vicino a Brindisi, Ubuntu ad Abbiategrasso (MI), I Saltafossi a
Bologna e I Prataioli vicino a Modena. Questa disamina è ovviamente parziale, non è possibile
mappare tutti i gruppi libertari nel mondo: talvolta essi sono troppo piccoli, talvolta vogliono restare
sconosciuti e non utilizzano mezzi di comunicazione per farsi conoscere, talvolta nascono e
scompaiono nell'arco di pochi mesi e non hanno il tempo di farsi conoscere, talvolta non utilizzano
la dicitura “libertario” perché mischiano più pedagogie e non vogliono identificarsi in un'etichetta, o
ancora, infine, talvolta i gruppi lavorano clandestinamente, in paesi dove l'educazione libertaria è
vietata o concessa in casi rarissimi (ad esempio in Germania, nei Paesi Bassi, in Grecia e da qualche
mese in Francia. Qui i gruppi libertari devono trovare un accordo con le istituzioni per essere
riconosciuti come “scuole private sperimentali” e quindi seguire parzialmente le indicazioni statali).

Percorsi di avvicinamento

La mia esperienza di accompagnamento nel contesto dell'educazione libertaria non è iniziata


dall'oggi al domani, mi sono avvicinatə a questo mondo per piccoli passi. Istintivamente sentivo che
c'era qualcosa di profondamente sbagliato nella scuola ufficiale, e non solo in quella italiana.
Durante un corso universitario sull'Animazione teatrale 3, ebbi la possibilità di conoscere le molte
sperimentazioni pedagogiche e artistiche messe in atto negli anni '70, fra i cui soggetti c'era anche il
Movimento di Cooperazione Educativa. Il MCE è un'associazione nata negli anni '50 per
promuovere la “scuola democratica”, portando in Italia le sperimentazioni di pédagogie populaire
del francese Célestin Freinet. Il più conosciuto fra i pedagogisti che applicarono le idee di Freinet al
contesto italiano è Mario Lodi, che propose per la prima volta dei metodi che oggi definiremmo
“progressisti” nella piccola scuola elementare di Vho di Piadena (CR), raccogliendo testimonianze e
rappresentazioni del nuovo modello di apprendimento in Il paese sbagliato, testo ancora oggi
fondamentale per ritrovare le prime speranze di un approccio diverso nella scuola italiana. 4 Alla
base della pedagogia di Lodi c'era una ferma volontà di lasciare esprimere liberamente l* bambin*,
di non imporre delle nozioni ma indurl* alla scoperta del mondo e della società attraverso
l'esperienza, senza “insegnare” loro il calcolo e l'alfabetizzazione, ma piuttosto portandol* a fare
esperienze pratiche di vita quotidiana in cui l'apprendimento delle parole e dei numeri derivasse
dall'uso. Una scuola dove l* bambin* decidessero da sol* i propri voti, dove il corpo insegnante si
spogliasse dell'autorità per diventare figure più simili a moderatori di discussioni, per “distruggere
la prigione, mettere al centro della scuola il bambino, liberarlo da ogni paura, dare motivazione e
felicità al suo lavoro, creare intorno a lui una comunità di compagni che non siano antagonisti, dare
importanza alla sua vita e ai sentimenti più alti che dentro gli si svilupperanno.” 5 Una scuola libera,
dignitosa, ma comunque una scuola, un programma, dei valori condivisi vissuti dall* bambin*, non
“insegnati”, ma comunque provenienti da un pensiero del maestro (nel caso di Lodi e del MCE i
valori erano quelli espressi nella Carta Costituzionale italiana, e lo scopo era la loro piena
applicazione). Nel 2009 frequentai per sei mesi le riunioni del gruppo MCE della città dove vivevo,
mi confrontai con maestri e maestre. Mi dissero che queste erano vecchie utopie, che il sistema
burocratico aveva reso impossibile l'applicazione di quella pedagogia, che quel che non era riuscito
a fare il sistema democristiano degli anni '70 l'avevano fatto le farraginose riforme degli anni 2000,
e che ormai la pedagogia Lodi-Freinet consisteva in poco più di qualche piccolo accorgimento
3 Per un meraviglioso sguardo d'insieme sulle sperimentazioni educative di quegli anni si veda Loredana Perissinotto,
Animazione Teatrale, Roma, Carocci, 2004 (2a ed.).
4 Non è possibile riassumere in poche parole l'importanza di questo testo, rimando perciò alla lettura di Mario Lodi, Il
paese sbagliato, ET Scrittori, Einaudi, 2022 (prima ed. in tascabile).
5 Mario Lodi, “Lettera a Katia”, prefazione a Il Paese Sbagliato, Torino, Einaudi (l’anno di pubblicazione e la pagina
variano a seconda dell’edizione).
all'interno di un sistema che puntava totalmente altrove.
Nello stesso periodo mi avvicinai all'homeschooling e alle numerose applicazioni e anime
che ne derivano. All'epoca sapere che “scuola” e “educazione” non erano la stessa cosa, e che la
scolarizzazione non è obbligatoria, sembrava già rivoluzionario. In effetti l'art. 34 della Costituzione
stabilisce che “l'istruzione è obbligatoria”, non la scolarizzazione, il che significa che ogni famiglia
può decidere come e dove istruire l* figl*. Negli anni '90 e 2000 varie leggi e decreti legge
regolamentano le modalità di istruzione dei minori al di fuori della scuola pubblica o paritaria, e i
genitori devono semplicemente “dimostrare di averne la capacità tecnica od economica e darne
comunicazione anno per anno alla competente autorità”. 6 L'MCE non aveva più manovra nella
scuola per sradicarne il sistema gerarchico, era possibile farlo in famiglia a casa? No. Molte
famiglie ritiravano l* figl* da scuola semplicemente per motivi religiosi, o perché volevano
impartire una morale differente (dal punto di vista sociale, etico, ambientale, intellettuale), e
d'altronde la legge limitava molto lo spazio d'azione dell'homeschooling, spesso si trattava di
trovare semplicemente metodologie meno invasive per instillare le stesse cose, poiché a fine anno
bisognava dimostrare di essere allo stesso livello degli studenti della scuola pubblica e paritaria. Si
trattava ancora, per dirla con la metafora di Codello, di riempire un vaso, solo con un imbuto più
gentile.
Era il 2015 quando mi imbattei per la prima volta nell'educazione libertaria. Partecipai a
Prato all'incontro nazionale delle scuole sperimentali: Waldorf, Montessori, Scuola senza Zaino,
homeschooling. Erano progetti affascinanti, ma per il mio sentire anarchico si trattava di contentini:
tutti mantenevano alla base la gerarchia adult*-bambin*, insegnant*-alliev*, educant*-educat*. A
margine dell'incontro c'era un rappresentante dell'educazione libertaria che, forse infastidito dai
discorsi dell* altr* educator*, aveva parlato per un solo minuto dicendo che l'educazione libertaria
non poteva essere presentata in un convegno, andava compresa e vissuta, e rimandava al sito della
“rete educazione libertaria”7 per capirne i valori.
Lessi quello che era possibile reperire, soprattutto Neill, Illich e Codello. A settembre 2015
ci fu il convegno nazionale delle Rete Educazione Libertaria. La mattina era dedicata alla
presentazione delle esperienze italiane libertarie più longeve e all'incontro con Francesco Codello.
Le associazioni rappresentanti delle realtà libertarie spiegarono le loro esperienze quotidiane:
l'impossibilità di stabilire un percorso condiviso nazionale, proprio perché il principio assembleare
presuppone un cambiamento continuo di ogni comunità; l'essere sempre in bilico sulle leggi dello
Stato, perché i genitori delegano alle associazioni l'accompagnamento educativo, ma nessuna
associazione può chiedere fondi pubblici come “scuola” o “doposcuola” – per avere queste
prerogative dovrebbe seguire un percorso preimpostato dai programmi scolastici, avere una sede
fisica a norma, con aule, lavagne, manuali didattici. Da qui anche il paradosso di essere una realtà
educativa potenzialmente davvero aperta a tutte le soggettività, ma la necessità di dipendere
economicamente da persone che la finanzino e, in mancanza di magnati miliardar* (poco probabile
in ambiente libertario), l'unica possibilità è condividere i costi tra accompagnator* e famiglie, e
spesso questo porta a gruppi provenienti da ambienti borghesi. Come scardinare il sistema
patriarcale e gerarchico se la maggior parte dell* finanziator* sono borghesi? Incrociando le dita e
sperando che siano tutt* ex proletar*, o che vogliano tutt* tradire i valori borghesi e insegnare all*
figl* a distruggere i valori dei genitori?
In una pausa del convegno mi infiltrai nei vari gruppi per ascoltare, non conoscevo nessuno e
nessuno mi conosceva. Ascoltai genitori sconvolti dalle proposte di demolire la gerarchia e
partecipare solo a una riunione serale settimanale, dando all* bambin* tutto il potere decisionale.
Ascoltai anche accompagnator* confessare a bassa voce che nella realtà del loro quotidiano veniva
ben poco applicato il pensiero alla base di Summerhill: “il gioco appartiene ai bambini. Noi non
abbelliamo le situazioni di apprendimento affinché il gioco diventi 'produttivo', non osserviamo e
valutiamo cosa potrebbero imparare da questo o quel gioco. I nostri bambini giocano,

6 D. lgs. n. 297/1994, art. 111, comma 2.


7 http://www.educazionelibertaria.org
semplicemente – e sanno farlo benissimo, anche tutto il giorno se vogliono.”8
Capendo che qualcosa mi chiamava in quel mondo e che volevo viverlo da dentro per
conoscerne i funzionamenti, contattai un'associazione libertaria del nord Italia, vicino alla mia città.
Seguii i loro incontri di informazione e conoscenza, le loro riunioni e le discussioni a distanza per
circa un anno. Trovai un ambiente costruttivo e affascinante, per l'associazione non c'era dubbio che
l* bambin* fossero l* unic* protagonist*, che ogni bambin* dovesse scegliere i propri tempi,
viverli: alcun* necessitano di mesi di gioco libero e solitario prima di avvicinarsi ad altr* bambin*,
per giocare insieme o all* accompagnator*, per esprimere una volontà. Altr* hanno bisogno di
strumenti pratici: una chitarra, un pezzo di tessuto, un bastoncino di legno, un filo d'erba. Se
possono trovarli da sol* ottimo, altrimenti lo si fa insieme. Altr* ancora pongono domande: perché
quest'oggetto è così? Perché l'albero ha questa forma? Che cos'è questo? Altr* fanno richieste:
voglio mangiare questo, voglio dire questo, voglio andare lì. Altr* agiscono senza domandare. Ci
sono un sacco di questioni da affrontare anche semplicemente in queste due righe. Dare una risposta
alle domande o rendere la domanda all* bambin*, rispondendo “tu cosa ne pensi”? Esistono
risposte che abbiamo appreso e di cui abbiamo certezza? Quale risposta si potrebbe dare a un*
bambin* che chieda dov'è andato il suo gatto dopo la morte? Abbiamo davvero una risposta?
Conosciamo davvero e con certezza i misteri della vita, dell'universo, al punto da poter tramandare
risposte? Se il principio di base è “l* bambin* sanno già, non hanno bisogno delle nostre opinioni”,
allora ci sono pochissime risposte che possiamo dare. Il 90% delle informazioni che conosciamo sul
mondo sono opinioni, punti di vista, sentire personale, legati alla nostra storia, se abbiamo
decostruito, o a uno schema culturale, se non abbiamo decostruito. Se chiedessimo perché una
quercia ha la sua forma a un botanico americano, uno sciamano messicano, un mistico buddhista
indiano e un contadino giapponese, avremmo quattro risposte diverse. E se l* bambin* volesse fare
un'azione? Ad esempio stropicciarsi le mani ed il viso con sterco di cane, o mangiare un pezzo di
carne bovina, o picchiare selvaggiamente un* altr* bambin* indifes*. Come accompagnator*
dobbiamo rispettare le regole che le comunità si è data: ma, se la comunità si è data come regola la
non-violenza, dobbiamo fermare e separare l* bambin* o lasciare che si picchino e vengano poi
valutat* dall'assemblea per le trasgressioni? Di solito anche questo viene deciso precedentemente in
assemblea: quando l'accompagnator* possa o non possa intervenire. Ma in alcuni casi non c'è
precedente e allora si deve riflettere e scegliere in poche frazioni di secondo.
All'epoca, il gruppo dove mi formavo era inattivo, non aveva iscritti, era in fase di
formazione di nuov* accompagnator* e ricerca di nuove famiglie, non feci quindi esperienza pratica
in quell'occasione. Ebbi però la possibilità di incontrare due altri gruppi libertari del nord Italia. Il
problema che notavo più spesso nelle riunioni informative e di confronto era la tendenza a
“smussare gli angoli”. Il mio gruppo aveva preso decisioni molto precise: l* bambin* scelgono, non
i genitori. Se l* bambin* pone domande sulla sessualità, sull'identità di genere, sulla religione, o se
esprime un desiderio contrario alle aspettative dei genitori, la prerogativa è il dialogo con l*i. Non
pochi genitori erano contrari al fatto che l* bambin* potessero bestemmiare, masturbarsi,
identificarsi col genere scelto e non con quello assegnato, mostrarsi nud* l* un* con l* altr*, fare
attività “non produttive”, scegliere di mangiare ciò che desideravano. Non pochi genitori rifiutavano
di perdere totalmente il loro potere sull* figl* per otto ore al giorno, scontrandosi poi a casa con
dinamiche di libertà a cui loro non erano abituati. Se i genitori avessero posto la comunità davanti a
un ultimatum, la volontà era allontanare la famiglia dal gruppo e preservare i valori, d'altronde la
firma del manifesto dei valori sarebbe stata la prima cosa che i genitori avrebbero dovuto fare per
entrare nella comunità. Gli altri due gruppi incontrati non erano così stabili su queste regole: alcuni
genitori erano anche accompagnator*, e d'altronde per sopravvivere come gruppo erano necessarie
le iscrizioni, i soldi, quindi si tenevano dentro anche le famiglie che non avevano nessuna
intenzione di distruggere le gerarchie, ci si manteneva in bilico fra i valori e le necessità. Ben presto

8 “At Summerhill, play belongs to the child. We do not dress up learning situations so that the play will be
“productive”, we do not look on and evaluate what they might learn form this or that game. Our children just play
— and they can do it pretty well all day if they want to.” A.S. Neill Summerhill,
https://www.summerhillschool.co.uk/play
anche i valori del mio gruppo di formazione cambiarono, nuov* accompagnator* erano entrat*, con
una formazione più montessoriana, e portavano con sé famiglie paganti, bisognava accettare di
mantenere il nome “libertario” e trovare compromessi con la pedagogia montessori (che è una
pedagogia meravigliosa ma non ha fra i suoi cardini l'abolizione della gerarchia e la totale
spontaneità dell'apprendimento) per far sopravvivere il gruppo.

Esperienze

Contemporaneamente alla fine della “formazione”, venni contattatə da un gruppo di genitori


della mia città. Si trattava di un gruppo composito di una decina di famiglie che volevano ritirare l*
figl* da scuola per i motivi più vari. Tre di queste famiglie desideravano un approccio anarchico-
libertario, e il motivo per cui ritiravano l* figl* dalla scuola pubblica era esattamente il desiderio di
una relazione non gerarchica. Venni chiamatə alle riunioni congiunte di tutto il gruppo, ci si riuniva
ogni settimana per discutere quale tipo di comunità volevamo creare. L'età dell* bambin* andava
dai 3 agli 8 anni. Era piuttosto chiaro che alcune persone erano affascinate dall'approccio libertario,
altre lo rifiutavano. Le proposte variavano dall'approccio montessoriano, steineriano, olistico,
scuola nel bosco (programmi della scuola pubblica ma svolti all'aperto e gestiti dalle famiglie),
homeschooling, un misto di tutti, o approcci senza alcuna etichetta. Una delle tre famiglie che mi
avevano contattatə decise di tirarsi indietro quando dissi loro che, se sceglievano un approccio
libertario, il bambino avrebbe potuto scegliere cosa mangiare, non sarebbe stato costretto a seguire
la dieta macrobiotica voluta dai genitori. Il clima rimase molto teso per numerose sedute, mi si
chiedeva quali erano i valori dell'educazione libertaria e solo le due madri che mi avevano
contattatə rimanevano convinte, il resto dell'assemblea propendeva per intenti diversi. Una delle
frasi che ascoltavo più spesso era: “i bambini hanno bisogno di guide”. Ci furono varie giornate in
cui l'associazione si riuniva e io seguivo le bambine delle due famiglie, senza essere pagatə per il
mio lavoro perché eravamo in fase sperimentale, e le mie richieste di essere affiancatə da altr*
educator* vennero ignorate a lungo. (Esistono comunità libertarie che nascono anche con due o tre
bambin*, ma ci sono sempre almeno due accompagnator*, è necessario per avere feedback, per
rilanciarsi idee, per comprendere cosa possiamo fare per far crescere in maniera più libera i fiori,
ma anche per far notare gli errori, o quando stiamo agendo secondo un retaggio gerarchico, quando
la nostra intenzione non è rivolta all* bambin* ma al nostro egoismo: è umano che ciò possa
accadere ed è fondamentale ricevere feedback in questo tipo di lavoro e di relazione). Le giornate
comuni erano ricche di scoperte: le due bambine cominciavano a conoscersi, ad avvicinarsi e a
litigare, a giocare insieme fra le fontane di un parco e ad allontanarsi ognuna in un angolino;
inventavano giochi insieme e lentamente facevano conoscenza con la natura. Una di loro adorava
un ramoscello, lo utilizzava per creare disegni nell'aria e nell'erba. Un giorno rimase a lungo a
osservare una parte di tronco d'albero, e continuò a chiedermi “che cos'è? Inizialmente tentai
ingenuamente di proporre delle risposte, ma poi percepii che la sua domanda non aveva a che fare
con la nomenclatura umana, piuttosto cercava parole per esprimere l'essenza, l'anima, di ciò che
vedeva, quindi le resi la domanda, “che cos'è per te”?, non rispose a parole ma continuando a fissare
l'albero. Queste esperienze erano ridicolizzate dai genitori delle altre famiglie, per i quali si trattava
di “comuni automatismi infantili”; più di una famiglia voleva creare situazioni “produttive”. Per
questo si crearono gruppi taciti, dinamiche di potere, mobbing dei due nuclei che cercavano di
lavorare con me, e venne chiamata un'educatrice con una formazione vicina al modello steineriano,
che mi affiancò, lavorando con coloro che erano scontenti dell'approccio libertario. Giorni dopo,
invitai il gruppo a riunirsi interamente per vedere il documentario Figli della libertà9, il viaggio di
una famiglia genovese nel mondo dell'homeschooling e delle associazioni libertarie europee, ma
pochissime persone parteciparono e all'uscita nessuno commentò. Nell'ultima assemblea a cui
partecipai, i genitori esplicitarono a maggioranza il rifiuto della pedagogia libertaria, votando in un
momento in cui le uniche due famiglie che lavoravano con me erano assenti. Incontrai queste ultime
ancora due volte, nelle loro case, non potendo più stare negli spazi comuni dell'associazione. La

9 Lucio Basadonne, Anna Polio, Figli della libertà, Terra Nuova Edizioni, 2017.
volontà di continuare il progetto c'era, il denaro, il luogo e il numero di persone necessario per farlo
no, quindi decidemmo di terminare il nostro tentativo di creazione di una comunità libertaria. Mesi
dopo incontrai per caso in città uno dei padri scontenti: ci tenne ad avvicinarsi per salutarmi e
ripetermi che “i bambini hanno bisogno di una figura superiore”. Non so se fosse un monito a me o
se volesse rincuorare se stesso.

Nel 2018, provatə dalle dinamiche vissute, abbandonai il lavoro nella pratica libertaria e mi
allontanai dalla mia città. Fui molto felice quando, nel 2021, dopo aver essermi trasferitə in Francia,
in un gruppo online della regione in cui abito conobbi una madre tedesca emigrata in Francia per
poter praticare l'unschooling (una forma di homeschooling che si avvicina all'educazione libertaria),
poiché in Germania avrebbe rischiato l'arresto non mandando la figlia a scuola. Mi descrisse la vita
quotidiana della figlia, che a 10 anni senza aver mai studiato alcuna lingua ne parlava due, che
senza aver mai studiato la musica stava imparando il canto, che decideva di vivere nuda in casa in
qualunque momento, anche in pieno inverno e in presenza di ospiti. La frase che più mi colpì fu:
“non comprendo come possano altri genitori voler indurre i figli a fare qualcosa, qualunque cosa. Io
non solo non voglio, ma anche se osassi farlo, mia figlia non mi ascolterebbe mai, non si potrebbe
mai obbligarla a fare qualcosa contro la sua volontà”. Senza dare alcuna etichetta a ciò che stava
facendo, aveva messo in pratica il principio di non gerarchia: stava lasciando crescere libero un
fiore.
Testi e contatti per un primo avvicinamento all’educazione libertaria.

Marcello Bernardi, Educazione e libertà, Milano, Rizzoli, 2009.


Francesco Codello, La campanella non suona più. Fine dei sistemi scolastici e alternative libertarie
possibili, Lugano, La Baronata, 2015.
Janusz Korzcak, Il diritto del bambino al rispetto, Milano, Luni, 1999.
Ivan Illich, Descolarizzare la società, Milano, Mondadori, 1972.
Alexander Neill, I ragazzi felici di Summerhill, Como, Red 1990.

Rete per l’Educazione Libertaria : manifesto, storia, valori e mappatura delle comunità libertarie più
longeve in Italia e nel mondo. https://www.educazionelibertaria.org

Educare alla Libertà: sito di aggregazione di materiali sulle pedagogie alternative, con un focus
particolare sulla libertaria. https://www.educareallaliberta.org

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